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Supermercati 80059 Torre del Greco (NA) Via Circumvallazione, 167 Via G. De Bottis, 51/b [email protected] Via A. Gramsci, 2 Alimentari Via Montedoro, 52 e-mail Qualità e convenienza la tófa Quindicinale per la conoscenza del patrimonio culturale torrese in collaborazione con vesuvioweb.com Anno 1 - N. 16 Quindicinale 18 ottobre 2006 Esce il mercoledì ( Non sapere cosa è avvenuto prima di noi è come rimaner sempre bambini 0,50 Ciro Cirillo si racconta 2 a parte Dopo aver formato questo primo gruppo della DC a Torre, cosa avvenne? Fui contattato da Silvio Gava, all’epoca direttore del ”Domani in Italia”, il giornale della DC: cercava persone per formare i quadri dirigenti di questo partito. Mi diedi subito da fare e in Via Piscopia, in quel palazzo prima delle scale dell’Annunziata ve- nendo da Napoli, riunii degli amici: l’avvocato Nicola Giglio, il professor Antonio Scotto, che insegnava alle medie, il prof. Ciro Ferrer, il ragionier Salva- tore Vitiello e altri e come DC ci preparammo a partecipare alla competizione elettorale per eleggere il Consiglio Comunale. Alla prima tornata elettorale fummo scon- fitti dal partito dell’Uomo Qualunque, una lista capeggiata da Crescenzo Mazza, che con i liberali elessero sindaco Crescenzo Vitelli, suocero di Maz- za. La mia prima esperienza al Co- mune fu all’opposizione unitamente al PCI, rappresentato dal farmaci- sta dott. Raffaele Murino, persona di grande valore”. C he cos’è questo burraco? Una febbre, una moda, un ri- chiamo irresistibile dei Circoli. Un tormento di sfide po- meridiane. Un selvaggio perditem- po di tornei serali. Una manìa. Un’epidemia di carte. Al principio è stata la canasta, l’antenata del burraco. Tutto quel- lo che ne ricordiamo, erano le “pinelle”. Il burraco chiama e tor- menta. La canasta di una stagione romantica fu invece come il libro galeotto di Paolo e Francesca. L’occasione di un amore giocando a carte prima di diven- tare giocatori di poker, perduti e perdenti, inse- guendo la donna di pic- che che, al tavolo della canasta, avevamo con- quistato e perduto. A guerra finita, Torre del Greco era una cit- tadina d’incanto fra le ginestre di Leopardi, la spiaggetta di sabbia nera di Santa Maria La Bruna e, Torre del Greco, la canasta e due ragazze Ai Cappuccini, il quartiere bene, c’era la villa di una affascinante nonna C’erano l’avvocato Nicola Giglio, il professor Antonio Scotto, il prof. Ciro Ferrer, il ragionier Salvatore Vitiello e altri nella parte alta, la casa di Enrico De Nicola con la severa governan- te tedesca. La canasta è il ricordo di quelle stagioni. Piero Manola, un dentista di Yalce, in Jugoslavia, che aveva giocato nel Napoli di Santamaria e Suprina, correva per la Turris. Erano i tempi della Festa dei Quat- tro Altari e si andava alla Casina Rossa, giù alla Litoranea, per pran- zi memorabili. Frequentavamo il liceo “De Bottis” e le ragazze di sogno si chiamavano Elvira, Ada, Maria, che veniva da Portici, e Liuccia che sembrava proprio una spagnola. Dal porto partivano le “coralline”, l’autostra- da era a una sola cor- sia. Ai Cappuccini, il quartiere bene, c’era la villa di una affascinan- te nonna veronese e di un comandante di navi che viveva in una stan- za coi suoi ricordi di porti e di mari. continua a pagina 2 segue a pag. 3 all’interno LA STRADA DI NESSUNO LETTERE A “LA TÓFA” MUSEO DI BARANELLO OCCHIO FOTOGRAFICO NAPOLI ALLA VIGILIA DEL 10 GIUGNO 1940 LA PATA- TA BOLLENTE LE MURAGLIE ARCHITETTONICHE IL DECALOGO DEL MACELLAIO LA CANZONE CLAS- SICA NAPOLETANA SPRULOQUIANNO A ZZIPPATA IL ROMANZO 1809 TORRE DEL GRECO DIVENTA MUNI- CIPIO SERATA DI BENEFICENZA PER LE SCUOLE DEL MADAGASCAR CONCHIGLIE PROFUMI S ETTIMANA L EOPARDIANA A T ORRE DEL G RECO di MIMMO CARRATELLI

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Supermercati

80059 Torre del Greco (NA)Via Circumvallazione, 167

Via G. De Bottis, 51/b

[email protected]

Via A. Gramsci, 2Alimentari Via Montedoro, 52

e-mail

Qualità e convenienza la tófaQuindicinale per la conoscenza del patrimonio culturale torrese in collaborazione con vesuvioweb.com

Anno 1 - N. 16 Quindicinale

18 ottobre 2006 Esce il mercoledì(

Non sapere cosa è avvenuto prima di noi è come rimaner sempre bambini

0,50

Ciro Cirillosi racconta2a

par

te

Dopo aver formato questo primo gruppo della DC a Torre,cosa avvenne?

Fui contattato da Silvio Gava, all’epoca direttore del ”Domaniin Italia”, il giornale della DC: cercava persone per formare iquadri dirigenti di questo partito. Mi diedi subito da fare e in ViaPiscopia, in quel palazzo prima delle scale dell’Annunziata ve-nendo da Napoli, riunii degli amici: l’avvocato Nicola Giglio, il

professor Antonio Scotto, che insegnava allemedie, il prof. Ciro Ferrer, il ragionier Salva-tore Vitiello e altri e come DC ci preparammoa partecipare alla competizione elettorale pereleggere il Consiglio Comunale.

Alla prima tornata elettorale fummo scon-fitti dal partito dell’Uomo Qualunque, una

lista capeggiata da Crescenzo Mazza, checon i liberali elessero sindaco

Crescenzo Vitelli, suocero di Maz-za. La mia prima esperienza al Co-mune fu all’opposizione unitamenteal PCI, rappresentato dal farmaci-sta dott. Raffaele Murino, personadi grande valore”.

Che cos’è questo burraco?Una febbre, una moda, un ri-chiamo irresistibile dei

Circoli. Un tormento di sfide po-meridiane. Un selvaggio perditem-po di tornei serali. Una manìa.Un’epidemia di carte.

Al principio è stata la canasta,l’antenata del burraco. Tutto quel-lo che ne ricordiamo, erano le“pinelle”. Il burraco chiama e tor-menta. La canasta di una stagioneromantica fu invece come il libro

galeotto di Paolo eFrancesca. L’occasionedi un amore giocandoa carte prima di diven-tare giocatori di poker,perduti e perdenti, inse-guendo la donna di pic-che che, al tavolo dellacanasta, avevamo con-quistato e perduto.

A guerra finita, Torredel Greco era una cit-tadina d’incanto fra le ginestre diLeopardi, la spiaggetta di sabbianera di Santa Maria La Bruna e,

Torre del Greco,la canasta e due ragazze

Ai Cappuccini, il quartiere bene,c’era la villa di una affascinante nonna

C’erano l’avvocato Nicola Giglio,il professor Antonio Scotto, il prof. CiroFerrer, il ragionier Salvatore Vitiello e altri

nella parte alta, la casa di EnricoDe Nicola con la severa governan-te tedesca.

La canasta è il ricordo di quellestagioni.

Piero Manola, un dentista diYalce, in Jugoslavia, che avevagiocato nel Napoli di Santamariae Suprina, correva per la Turris.Erano i tempi della Festa dei Quat-tro Altari e si andava alla CasinaRossa, giù alla Litoranea, per pran-zi memorabili. Frequentavamo illiceo “De Bottis” e le ragazze disogno si chiamavano Elvira, Ada,Maria, che veniva da Portici, e

Liuccia che sembravaproprio una spagnola.Dal porto partivano le“coralline”, l’autostra-da era a una sola cor-sia.

Ai Cappuccini, ilquartiere bene, c’era lavilla di una affascinan-te nonna veronese e diun comandante di naviche viveva in una stan-

za coi suoi ricordi di porti e di mari.

c o n t i n u a a p a g i n a 2

segue a pag. 3 all’interno

LA STRADA DI NESSUNO � LETTERE A “LA TÓFA” �MUSEO DI BARANELLO � OCCHIO FOTOGRAFICO �NAPOLI ALLA VIGILIA DEL 10 GIUGNO 1940 � LA PATA-

TA BOLLENTE LE MURAGLIE ARCHITETTONICHE � ILDECALOGO DEL MACELLAIO � LA CANZONE CLAS-SICA NAPOLETANA � SPRULOQUIANNO A ZZIPPATA � ILROMANZO 1809 TORRE DEL GRECO DIVENTA MUNI-CIPIO � SERATA DI BENEFICENZA PER LE SCUOLEDEL MADAGASCAR � CONCHIGLIE PROFUMI

SETTIMANA LEOPARDIANA A TORRE DEL GRECO

di MIMMO CARRATELLI

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la tófa n u m e r o 1 6 / 2 0 0 62

la tófa

p r o g e t t o g r a f i c o V i n c e n z o G o d o n o

EditriceAssociazione Culturale “La Tófa”

Direzione EditorialeANTONIO ABBAGNANO

Direttore ResponsabilePASQUALE MARINO

RedazioneSALVATORE ARGENZIANO

Redazione webANIELLO LANGELLA

e-mail: [email protected]

Telefono 0818825857 - 3336761294

Stampa CCIAA n. 0563366 NARegistrazione Tribunale T/Annunziata

N° 6 del 8/8/2006

Sentendo un democristiano par-lar bene di un comunista, alzogli occhi e l’osservo. Non mi

guarda neppure, è concentratissimo suquanto sta dicendo come se gli scor-ressero davanti agli occhi le immaginidell’epoca, ma intuisce il mio sguardo:

“No, no, non si stupisca. Murino erapersona di notevole spessore, bisognadirlo.

Il mio primo intervento come consi-gliere d’opposizione” riprende d’unfiato “valse ad evitare che un gruppodi speculatori, dichiarando di volercostruire case popolari, acquistassel’area di proprietà comunale ove in-sistevano le “Scuole all’aperto”sottostanti la Villa Comunale, giù San-t’Anna. Il prezzo di cessione fu moltocontenuto in considerazione delle fi-nalità sociali; vi era penuria di abita-zioni e molti alloggi erano stati distruttidalla guerra ed altri gravemente dan-neggiati. Venni invece a sapere che laSocietà acquirente aveva ottenutol’approvazione dal Comune di un pro-getto per la costruzione di apparta-menti che non avevano per niente i re-quisiti di “abitazioni popolari”.

In una vivace seduta del ConsiglioComunale intervenni con un docu-mentato discorso, parlai per oltreun’ora, citando una serie di argomentidi natura economica-tecnico-costrut-tiva che con l’aiuto di amici docentiavevo tratto da testi universitari.

Il Consiglio Direttivo dell’Associazio-ne Culturale “La Tofa” ha deliberatoche l’importo della quota per i socifondatori e ordinari per l’anno 2007sarà di 30,00 euro.I soci sostenitori stabiliranno auto-nomamente la quota annuale.Il versamento va eseguito a mezzovaglia postale intestato a: Associa-zione Culturale La Tofa, Via Cimaglia23/e 80059 Torre del Greco (Na).Tutti i soci riceveranno il quindicinale“la tofa” a domicilio.

Il PresidenteAntonio Abbagnano

Avevo avuto modo di leggere qual-che numero della tofa e ho trovatol’iniziativa indovinatissima, in unacittà dove il passato è sempre statorimosso sfregiato o cancellato, nonsolo a colpi di piccone...

Vi invio i miei migliori auguri perquesta sfida... dovrebbero leggervi itorresi che serbano ancora amore perla loro città e che non se ne vergo-gnano: ovvero una esigua minoran-za di cui mi vanto di far parte.

Quindi congratulazioni: se il gior-nale durerà vorrà dire che questa cit-tà ha ancora qualche speranza!

In bocca al lupo!Luigi Torrese

di ANIELLO LANGELLA

Mi capitò tra le mani un te-sto originale del 1887,che mi incuriosì per una

piantina del suo interno. Ma poistuzzicò i miei interessi, in quantoil titolo appariva singolare e forierodi nuove scoperte.

RAGIONI DEL COMUNE DITORRE DEL GRECO CONTROIL COMUNE DI RESINA IN MA-TERIA DI CIRCOSCRIZIONETERRITORIALE.

Portici 1887.Come sia possibile scrivere un li-

bro sull’argomento? Ancora ogginon riesco a spiegarmelo. Poi leg-gendo il testo capii che le menzio-nate “ragioni” esistevano e che nonpotevano essere risolte se non conatti giudiziari, rigidi einequivocabili. Il testo sanciva gliesatti confini e le competenze terri-toriali tra i due Comuni. Le sancivama non le regolava, in quanto i re-golamenti fanno parte del CodiceCivile prima e di quello penale poi(qualora se ne ravvedano le neces-sità).

Insomma un vero rompicapo que-sta linea di democratica demar-cazione territoriale. Ma la storia del-la Via Fiorillo è antica. È più anticadi Adamo ed Eva, anzi sono con-vinto che un seme della Mela caddeproprio lungo quella strada. Raccon-tarvi la storia della “divisione” sa-

rebbe arduo in uno spazio editorialeche ha caratteristiche particolari, maqualcosa devo assolutamente pro-porvi. La via Fiorillo intorno al 1700veniva detta “Lava di Fiorillo” perconnotare quasi topograficamente illato orientale del banco magmaticodel 1631. Ma prima del 1631 que-sta via polverosa e scassata proba-bilmente si chiamava “via della Ca-valleria”. Prima ancora non esiste-va un nome vero e proprio e così, ilsentiero percorso da pastori e mari-nai probabilmente (come asseriscelo Scherillo) veniva detto “strada diSan Pietro”.

La strada in ogni caso viene dise-gnata dal La Vega e la ritroviamoanche in una carta del 1817.

Una volta stabiliti i confini tra i due

comuni che si ritagliaronogli ambiti territoriali di com-petenza intorno alla fine del1800, i giochi così, sembra-va fossero finiti. Tutto erastato chiarito. Anni didiatribe e di lotte notarili perapprodare ad un risultatoveramente eccellente: stabi-lire che la strada Fiorillo nonapparteneva a nessuno.Strano ma vero.

Sulla carta esistono competenzechiare tra i due comuni, ma nella re-altà dei fatti ci giungono diverse no-tizie che contraddicono l’asserto.L’ultima notizia ci viene da un Let-tore de La Tofa che vorrebbe chia-rezza. Capiamo dalle parole del no-stro interlocutore che basterebbepoco per migliorare le sorti di ViaFiorillo e basterebbe poco per potervivere semplicemente meglio. Il no-stro Interlocutore chiede con garboe cortesia che vi sia più cura nellapulizia, nella manutenzione del pia-no stradale, che si abbia più rispettoper coloro che vi abitano. Insommachiede ciò che umanamente puòchiedere un comune cittadino.

Non abbiamo chiesto però se il no-stro lettore sia residente a Ercolanooppure a Torre e questa è una do-manda importante (ci sembra capi-re).

Concludo: penso che non possaesistere una linea di confine, sonocerto che tutte le frontiere sono

Sul banco dove sedevo fu lanciatada un componente della Giunta una“ceneriera” che fortunatamente nonmi colpì. Fui trascinato fuori dell’au-la consiliare dai miei amici e ancheda quelli dell’opposizione comunista.Il provvedimento fu sospeso e dopo al-cuni mesi l’Amministrazione si dimi-se. Lascio a Lei ogni commento.

Crescenzo Mazza, su pressioni diGiulio Rodinò, passò col suo eletto-rato alla DC e così la DC diventò mag-gioranza ed eleggemmo AmerigoLiguori, poi Pietro Palomba e altri chenon cito, non ricordando l’esatta suc-cessione”.

Lei ebbe grandi contrasti con Co-scia.

“Sì, se per contrasti si inten-dono contrasti dialettici all’in-terno del Partito: Coscia appar-teneva alla corrente fanfanianaed io a quella dorotea. Eranoperaltro contrapposizioni civilie democratiche: nulla a che ve-dere con quello che avvieneoggi”.

Come considera l’operato diCoscia Sindaco?

Coscia fu un buon sindaco emeritava maggiore apprezza-

mento anche sul piano locale. Forseil suo carattere autoritario non fu sem-pre gradito dalla maggioranza che lososteneva in Consiglio Comunale.Quando si dimise, Fanfani, allora senon erro Segretario del Partito, chia-mò il dott. Coscia alla Cassa per ilMezzogiorno, prima come Consiglie-re d’Amministrazione e successiva-mente come Direttore Generale”.

Ci fu il suo zampino in questo al-lontanamento di Coscia?

“Assolutamente no. Pensi che in quelperiodo a Torre del Greco gli amicidorotei e fanfaniani avevano un note-vole seguito e, quindi, in sede nazio-nale sia di Partito che di Governo se-

guivano e sostenevano le iniziative del-l’Amministrazione civica. Avevamoben 27 consiglieri su 40 e vi era unavera e propria cordata; Fanfani,Gava, Coscia, Raffaele Russo ed ioConsigliere Nazionale DC. Fu quelloun periodo splendido per Torre.

Si blocca per un attimo, come se pro-vasse una sorte di amarezza nel ricor-dare.

E poi?“…e poi il Potere soggiogò alcuni

che vollero tentare la “scalata” al Co-mune, ma non tutti poterono trovareposto però nella DC. Sorsero alloraliste locali formate in parte da demo-cristiani che non avevano condiviso

alcune scelte della precedente am-ministrazione. A questi si unirono

cittadini che non avevano suffi-cienti esperienze per il governo diuna città come Torre.Vi furono liste cosiddette colla-

terali?“Si, La Marunnella a S.Maria La

Bruna e un’altra a Torre Centro.Questo fu a mio avviso l’iniziodi un periodo politico-ammini-strativo non felice per Torre.Fin quando vi erano state “cor-

renti” di pensiero, si discuteva

Lettere a “la tófa”Le e-mail vanno indirizzate [email protected] le lettere a: Redazione “la tófa”via Cimaglia 23/E Torre del Greco

La strada di nessuno

Ciro Cirillo si racconta

anche fino all’alba, ma alla fine si riu-sciva a raggiungere un accordo e sioperava tutti uniti. Quando lecontrapposizioni diventarono soloposizioni di potere, espressioni di que-sto o di quell’altro personaggio, allo-ra cominciò la decadenza per la no-stra città.

Eppure ai vertici politici ed econo-mici nazionali vi erano “i torresi”.In Centro v’era concordia, in perife-ria No. Peccato!” Poi ci furono le Bri-gate Rosse…

Mi era sembrato di capire che nonne volesse parlare.

“No, no, non ho nessuna difficoltà aparlarne”.

Mi dica allora perché le BR scel-sero proprio lei.

“Di questo, se vuole, ne parleremoin un prossimo incontro”.

Antonio Abbagnano

s e g u e d a p a g i n a 1

Nessuno vuole adottarla. Nessuno ci crede e se ci crede, finge

valicabili, sono certo che i Respon-sabili dei due Comuni troverannoterreno fertile su questo “dettaglio”urbanistico per dimostrare che labuona volontà rende, aiuta a miglio-rare le cose e soprattutto avvia ver-so il civismo.

s e c o n d a p a r t e

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la tófan u m e r o 1 6 / 2 0 0 6 3

di ANIELLO LANGELLA

Conosco Franco da una vita.È forte e determinato. Aveva fatto il suo ingresso nel

Gruppo Archeologico già negli anni’70 e aveva dato modo di farsi no-tare per la sua intraprendenza, perla vivacissima intelligenza e soprat-tutto per la capacità di connettersi a360° con tutto il pelago delle perso-ne che contavano e che contano incampo archeologico emonumentale. Amava e ama anco-ra Torre per quello che è e non tantoper ciò che idealmente vorremmodiventasse.

Quel giorno di tanti anni fa, men-tre lavorava, incontrò in treno, untizio che dopo alcuni convenevoli“confessò” di conoscere un luogodove erano custoditi dei “tesori”archeologici provenienti da Torredel Greco. Un luogo remoto e lon-tano dove per caso erano stati tra-sportati reperti provenienti dallazona di Sora. Franco che a questecose prestava occhi, orecchie e sen-si tutti come il gatto al pesce, stipòla notizia, la metabolizzò nelle po-che ore che gli rimanevano primadi finire il turno di lavoro e appenatornò a casa, si fiondò da me perrendermi partecipe del fatto.

“Baranello?” gli chiesi.“E dove si trova questo luogo così

speciale?”. Poi altre mille doman-de.

Franco non sapeva rispondere inquei concitati momenti, ma più sene parlava e più saliva la tensione ela voglia di vedere quei reperti.

Il Comandante era un tipo so-litario. Si faceva vederepoco. Se ne stava rintanato

nella sua stanza, lontano dal mare,perdute tutte le avventure, scontro-so per quel destino di terra, allependici del Vesuvio, alla fine deisuoi viaggi. Un personaggio da ro-manzo se avessimo avuto la forzadi scriverlo. Ci sorprese un giornoche uscì dalla stanza, avvenimen-to più unico che raro, e ci chiamò.Sapeva che bazzicavamo nelle re-dazioni dei giornali e ci mostrò duecollezioni di un vecchio quotidia-no. Lo stupore si aggiunse alla sor-presa quando disse che le aveva ti-rate fuori per regalarcele. Fu undono magnifico, ma la cosa miglio-re fu che parlammo per un po’ evedemmo nei suoi occhi gli ocea-ni che aveva navigato.

La nonna era stata in gioventù unaragazza da schianto, ma non ci fecemai vedere le fotografie diquel tempo. Accontentati dicome sono oggi, diceva. Eraancora bellissima. Conserva-va il fascino che aveva incan-tato il Comandante e avevaun’ironia strepitosa. Aveva,se ben ricordiamo, un nasinoa patata su un volto che eraancora delizioso, e quel nasi-no accentuava la sua arguzia.

Era facile innamorarsi del-la nonna dei Cappuccini coibei capelli bianchi sempre inordine e il viso che era stato di unaseducente ragazza bruna ed era an-cora magnifico da guardare. Ave-va un delizioso modo di ridere, ser-rando un po’ le labbra, e ci guarda-va dolce e divertita per le nostrestorie d’amore.

E c’erano, nella villa, le due ni-poti degne di ogni sospiro. Galeotta

RAGAZZA DI 16 ANNI INVESTITA DA UNO SCOOTER GUIDA-TO DA UN 18ENNE. � CUMULI E INCENDI SI RINCORRONOSCANDENDO LE ORE DELL’EMERGENZA. LA CITTÀ È PRE-DA DI UN PROFONDO SCONFORTO. � A PARTIRE DA LU-NEDÌ SCORSO IL PAR-CHEGGIO PER LE STRA-DE È TORNATO AD ESSE-RE GRATUITO. � GAETA:PREMIATI GLI STUDENTIDELLE ACCADEMIE DI BEL-LE ARTI D’ITALIA; AL CON-CITTADINO MICHELE GA-ROFALO IL PREMIO ANTO-NIO CERVONE. � LA SEDEDELLA INFORMATION TECHNOLOGY SERVICES SPA, UNADELLE REALTÀ PRODUTTIVE CITTADINE PIÙ SOLIDE, A SE-GUITO DI ACCORDO CON LA TESS, LASCIA LA CITTÀ PERL’EX DALMINE DI TORRE ANNUNZIATA. � IL PALIO DELLECONTRADE SARÀ QUEST’ANNO INCENTRATO SULL’EPISO-DIO DEL RISCATTO BARONALE. � REVOCATO IL DIVIETOASSOLUTO DELLA RACCOLTA E COMMERCIALIZZAZIONEDEI MITILI PRODOTTI NELLO SPECCHIO D’ACQUA PROSPI-CIENTE IL MOLO FORANEO. � BANDO DI GARA PER L’ADE-GUAMENTO FUNZIONALE DEGLI IMPIANTI DI DEPU-

RAZIONE COMUNALIDI SAN GIUSEPPE ALLEPALUDI E VILLA INGLE-SE. � ENTRO LA FNEDEL 2007 LA CITTÀAVRÀ IL SUO MERCA-TO ITTICO. � QUATTROPRESTIGIOSE SERATEDI JAZZ AI MULINI

MARZOLI. � SFUMATO IL PROGETTO DI UNA CITTADELLADELLO SPORT. � VILLA PROTA NON SI PUÒ VISITARE. �IDENTIFICATO IL RELITTO DI UN PIROSCAFO DEL 1917: ÈIL “GIUSEPPE MAGLIULO”. � UNA TRE GIORNI DI MANIFE-STAZIONI CHE HA PER TITOLO “I GIOVANI, LA CITTÀ, IL FU-TURO”. � DISATTESE LE RICHIESTE DI CONCERTAZIONI DAPARTE DEL PIANO DI ZONA N.16 DI TORRE DEL GRECO–ERCOLANO; ANCORA INERZIA NELL’AMBITO DELLE POLI-TICHE SOCIALI. � A TORRE ANNUNZIATA PARTITI I LAVORIDI RESTAURO DELLA “VILLA DI POPPEA”. � DON GIOSUÈLOMBARDO, PARROCO DI SANTA CROCE: «LA CITTÀ È INUNO STATO DI ABBANDONO, STA NAUFRAGANDO. SVE-GLIATEVI, SVEGLIAMOCI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI».� IN TREDICI ANNI, NESSUN SINDACO HA TERMINATO RE-GOLARMENTE IL MANDATO.

fu la canasta in quella villa. Vi an-davamo per pescare il jolly di unsorriso, per tentare le “scale” ver-so il cuore delle due ragazze, per“chiudere” con una promessa. Piùche punti, facevamo sogni.

Una delle due ragazze aveva il fa-

scino forte della donna sportiva edue occhi che erano un traguardodi seduzione. Studiavamo insiemee insieme andavamo all’universi-tà. Se siamo riusciti a prenderci unalaurea, naturalmente giurispruden-za per far presto, poiché andava-mo già in giro a scrivere cronacheper i giornali, il merito fu tutto suo,

irriducibile e severa compagna distudi, mentre noi facevamo faticaa stare sui libri e facevamo fatica asottrarci all’incanto della ragazzache aveva il fisico di una pin-up,prorompente e vitalissima.

L’altra ragazza era una bellezzadolce che paragonavamo adAnnamaria Pierangeli, attrice gio-vanissima di quei tempi. Prepara-va dolci col sale per stupirci coisuoi deliziosi scherzi. Scartavamole “pinelle” e non sapevano qualedelle due ragazze scartare. Questaera la canasta ai tempi dell’amore.

Quando scegliemmo la ragazza,lei divenne la donna di picche cheè una carta affascinante. Ma la don-na di picche punge il cuore. E’ ilsuo mestiere. Giocando, quando citoccava di averla tra le carte asse-gnateci, la guardavamo a lungo, de-cisamente sedotti, e poi guardava-mo la ragazza. Lei giocava diver-

tendosi un mondo per-ché aveva un’allegriastraordinaria. Nel giar-dino della sua allegriapensavamo di sostareper innamorarcene.

Questo succedeva altempo della canasta,nella villa dei Cappuc-cini, quando si era ra-gazzi e la vita era pienadi sogni e di ginestre.Adesso, nel giardino deiricordi, è bello ricorda-

re. E Torre del Greco è un ricordomolto vivo. Era già una città gran-de, ma non confusa e caotica co-m’è oggi. Poi, un giorno, prendem-mo l’autostrada per andare a sco-prire il mondo dovunque un gior-nalista potesse fare il suo mestie-re.

Mimmo Carratelli

Il nostro lettore deve sapere chetra gli anni ’70 e la metà degli anni’80 il Gruppo Archeologico G.Noviportò a compimento oltre 800 rico-gnizioni (schedate) tra la Villa e laTerma di Contrada Sora e così, vo-lente e nolente, noi conoscevamo

alla perfezione tutti gli affreschi af-fiorati fino ad allora. Ne riconosce-vamo la tipologia attraverso i colo-ri, lo spessore dell’intonachino, del-l’arriccio, dall’impasto dell’arriccio,dalla pastosità delle pennellate e so-prattutto dai motivi decorativi. Oggisaprei distinguere in pochi secondigli affreschi della Terma da qualsi-asi altro manufatto del genere.

Ciò premesso, decidemmo di vi-sitare il Museo di Baranello. Era

importante vedere da vicino e ca-pire cosa era accaduto a quei re-perti. Dovevamo esserci, e tutti as-sieme. Franco organizzò quasi tut-to. Pulmino, logistica, telefonate.Partimmo avendo in testa i lavoridel Novi che aveva scavato l’areadi Sora. Sapevamo esattamentecosa cercare. Il Novi aveva de-scritto alcune forme musive pa-

vimentali assolutamente singolari,aveva annotato la presenza di alcu-ni oggetti particolari. I reperti cheerano affiorati a Sora avevano stra-ne forme ed erano particolari in

quanto i materiali utilizzati lo era-no. La nostra , quindi, non eratanto curiosità, ma voglia di sco-prire e di capire due cose. Prima,se quei reperti erano di Torre eseconda, come diamine eranostati trasportati in quel luogo.

Giunti a Baranello (Campo-basso) ci venne incontro il vigileurbano del paesino che ci accol-se con grande cordialità. Poi sa-limmo le scale del Palazzo delMuseo.

Le sale erano ampie e poco il-luminate in quella mattina fred-

da e umida. Gli ambienti vecchi epolverosi avevano soffitti molto alti,pavimenti in legno e alle pareti enor-mi bacheche che contenevano reper-ti archeologici di ogni fattura, epo-

ca, luogo. Sembrava una sortadi collezione pazza dove repertiegizi erano accostati a buccherietruschi. Bronzetti di Ercole epaste vitree mescolati. Fram-menti di affresco romano acco-stati a vasi attici con figure. LaCollezione d’arte di Baranelloera davanti ai nostri occhi tuttaper noi pronta a svelare i suoitesori. Fu molto facile ritrovarein mezzo a quella orgia confusadi bellezza, i reperti di Sora. Al-cuni reperti recavano la prove-nienza, ma la maggior parte,nulla.

Franco era felice di averci por-tato in quel luogo fantastico dovesi mescolavano le fantasie e lerealtà, dove sembrava tutto irre-ale. Ritrovammo gli affreschi

della villa con i decori tipici ed i di-segni spezzati che combaciavanocon i “nostri” reperti. Ritrovammoi pesi della palestra che descrisse ilNovi. Le cerniere bronzee foggiatecon gli stessi stampi. Migliaia di tas-selli di mosaico e pasta vitrea pro-venienti da Torre. Qualche bronzettoraffigurante Ercole. Ma ciò che ve-ramente mi colpì fu l’aver ritrovatoparte di un pavimento il cui motivogeometrico e singolare fu descrittodal Novi.

Una scoperta di eccezionale valo-re.

Nella prossima puntata vi descri-verò gli interni e cercheremo di ri-costruire l’iter attraverso il qualequei reperti erano arrivati aBaranello.

Torre del Greco, la canasta e due ragazze

di Baranello

s e g u e d a p a g i n a 1

Museo

OCCHI FOTOGRAFICO

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Saran belli gli occhi neri,saran belli gli occhi blu,…

ma le gambe,…magariaverle!!

Compito in classe: Mariùabita a Via Fontana 11. Deveandare a ritirare un docu-mento in Via Salvator Noto.Il marito è al lavoro (graziea Dio). In famiglia non c’èuna seconda autovettura(grazie a Dio). Quindi deci-de di andare a piedi.

Maria ha un bimbo di 10mesi (grazie a Dio) che tra-sporta in carrozzina perché non s’èlasciato a camminá, è ampressa an-cora.

Quesito: Come cacchio farà la no-stra Mariù a raggiungere la meta, sen-za essere travolta da auto e motorinisulle strisce (inesistenti) pedonali? Ascavalcare barriere di auto in sosta?A superare scale e grariate? Apercorrerer strade senza marciapie-di? Ad evitare muntoni di munnezza?ecc. ecc.…?

Risposta: si incazzerà!Torna a casa la nostra Mariù ed il

marito Giuseppe le sussurra: “parla-mi d’amore Mariù”.

E lei: “Lascia perdere Peppì, chestamattina sono andata a ritirare dal-l’avvocato De Sica una Gazzetta Uf-

1 Cave carnem

2 Lavora come un bue

3 Dei cattivi fanne salsicce

4 “I Vitelloni” di Fellini sia il tuo cult-movie

5 Le idi di manzo sono molto pericolose

6 Cedi alla tentazione della carne

7 Se sei giovane fatti le ossa

8 La prudenza non è mai trippa

9 Non desiderare la vacca d’altri

10Ogni uomo è figlio della polpaE discende dalla costoletta di Adamo

di MARIO PAGANO

E veniamo alla vigilia vera epropria della dichiarazione diguerra, sfogliando, stavolta,

un quotidiano del mattino (“Il Matti-no” del 9 giugno) ed unodella sera (“Il Corriere diNapoli” dell’8 giugno: il9 era, infatti, domenica, e“Il Corriere” non uscì).

Cominciamo dal primo,con una rapidissima cor-sa alla terza pagina. Inapertura, una novella diGiuseppe Longo, “La finedell’avventura” (amaraironia del caso, vista laterribile avventura che stava appe-na per iniziare); ci sono, poi, unacorrispondenza da Venezia di Pie-ro Girace, «Il ritratto alla Biennaled’arte di Venezia », e un articolo diMario Musella che ci introducebruscamente nel clima prebellicodi allora “Salute e malattia in tem-po di guerra. Stomaco e vita emo-tiva”. “La fonte di talune dispepsienon è nello stomaco, ma in un’an-sia contenuta e respinta che recla-ma consolazione”; infine, “Crona-che della moda”, di Carlo Ruvioli.

Passiamo alla cronaca. Solite lenotizie di nera: “Una vecchia signo-ra muore improvvisamente in tram”,“Arresto di una cameriera ladra”,“Soccombe ad un attaccoapoplettico”, “Nell’uscire di casacade e si frattura una gamba”. Unacomunicazione del Consiglio Provin-ciale delle Corporazioni sul prezzodel burro avverte che «il prezzo mas-

ficiale che mi interessa. Il carrozzinofaceva slalom tra macchine a passod’uomo che scaricavano gas emunnezza per i polmoni; non riusci-vo a salire in nessun modo. Il mar-ciapiedi (si fa per dire) era invasodalle auto parcheggiate. Non riusci-vo a passare. Il carrozzino s’incastra-va tra muro e parafanghi. Alla finemi facevano male le gambe. E tu pen-sa che io le gambe le ho buone. Im-magina quelli che le gambe non glifunzionano”.

“Gambe …”. Risponde Peppino.“…a me piacciono di più…”.

Mariù disperata spiega all’allupatomarito che il problema dell’attra-versamento pedonale è fortementecondizionato non tanto dal disegno

storico urbano che ha purequalche secolo, quanto dal-la incuria assoluta e pianifi-cata di tutti coloro che sonopreposti a reggere e correg-gere la cosa pubblica.

La strada che viene mo-strata in foto è un esempioemblematico di un dissestourbano che non trova spie-gazioni nelle norme comu-nitarie, civili urbane di nes-suna città italiana. Mariù nonpotrà mai (agevolmente e insicurezza) portare a termine

il suo percorso urbano, in quanto aTorre non esistono le BARRIEREma le MURAGLIE ARCHITETTO-NICHE che tutti possono vedere enon vogliono abbattere.

“Mariù hai accattato a murtadella?”.Riprese Peppino dopo una breve me-ditazione.

“Mortadella? Ma quala murtadellache non sono riuscita a fare nemme-no la spesa. Non vedi che per stradaci sono le barricate di munnezza?”.

Mariù ancora più disperata alloradecide di accedere a Internet. AttivaFirefox e digita Esselunga di Bolo-gna. Riempie il “carrello” virtuale efatta la spesa via rete riprende a net-tare le cozze.

Domani è un altro giorno.

simo al dettaglio di lire 23,20 delburro centrifugato, pubblicato vener-dì, si intendeva non comprensivo del-l’imposta generale sulle entrate checorrisponde, a centesimiquarantacinque, per cui il prezzocomplessivo da corrispondersi dalpubblico è di lire 23,65 ».

Sotto il titolo — da Italietta, ma cosìcaro come lo era inquei giorni il ricordodell’Italietta, a para-gone dei ruggiti del-l’impero – “Oggimusica in villa”,l’annunzio: “Oggi,dalle 17 alle 9, labanda del Dopola-voro “CostanzoCiano” svolgerà nel-

la Villa Comunale un interessanteprogramma di musica lirica e sinfo-nica”. Ma ci basta spostare lo sguar-do un po’ a destra per ripiombare nel-l’angoscia della vigilia, toccando unofra gli aspetti patetici del momento,cioè l’illusione (di tutti, sincera, inbuona fede) che ci si potesse difen-dere dalla morte che sarebbe venutadal cielo: “Come si allestisce un ri-covero antiaereo”. L’articolo ricorda

che “a ricovero possono essere adi-biti uno o più locali degli scantinatio piani interrati e, ove non esistano,se ne utilizzerà qualcuno terreno,sempre in modo che la cubaturad’aria sia sufficiente al numero dipersone che devono sostare nel rico-vero per un certo numero di ore. Valea dire quattro metri cubi di aria perpersona, per una permanenza di set-te ore. E sarà meglio, per gli stabilidi maggior mole, di allestire più ri-coveri di modeste proporzioni, anzi-ché un solo e grande ricovero”.

La vita, tuttavia, scorre in apparen-za tranquilla. Al “Mediterraneo”,alle 21,15, danno “Margherita frai tre”, di Fritz Schwiefert, un la-voro in tre atti recitato dalla com-pagnia dello “Eliseo” - “funzio-

nano i soliti servizi di torpedonifino alle porte del teatro, primae dopo lo spettacolo”- . Allo“Augusteo” c’è la compagnia diNino Taranto con Titina de Fi-lippo, nella rivista di Nelli eMangini “L’imbecille si diver-te” che precede il film “Il trenoscomparso”; al “Fiorentini”“L’albergo del silenzio”, con Vin-cenzo Scarpetta e Raffaele di Na-poli; al “Santa Lucia” la Compa-gnia Molinari, con Tecla Scarano,si accomiata dal pubblico napole-

tano. In tutto, i cinematografi (com-presi i cinema - teatro) che compaio-no nella rubrica degli spettacoli sonoventisei, i teatri sette, i ritrovi quat-tro: il “Giardino degli Aranci”, l’“Arizona”, il “Casanova” e il “Ma-schio Angioino”.

Ma, sempre in cronaca, il RACI(Prenotazioni pel nuovo tipo dischermaggio per auto) “invita i sociad effettuare al più presto la preno-

tazione delle cuffie schermate per ifari delle autovetture. Così si potràprovvedere alla distribuzione entroil termine fissato dal Comitato di Pro-tezione Antiaerea”. E fra le inserzio-ni pubblicitarie troviamo quella di unnoto ottico che offre “lampade antia-eree” con massimi sconti perforniture.

Nei “Mosconi” si annunzia l’inau-gurazione del galoppo ad Agnano,con il Premio di Apertura di lire20.000 ed altre sette corse, di cui l’ul-tima in siepi. Ma, anche qui, la solitadoccia scozzese. Un pò più giù, nel-

la piccola posta della medesima ru-brica, leggiamo: “Prof. V. B.(Cervinara) nessun privato è auto-rizzato ad installare “sirene d’allar-me”. Lo spirito che vi anima, nel ri-volgermi questa domanda, è certa-mente lodevole; ma il compito nonriguarda i semplici cittadini, i qualinon debbono prendere altra iniziati-va che quella di obbedire rapidamen-te, disciplinatamente”. Un altromemento è la «Convocazione delle

Napoli alla vigilia del 10 giugno 1940s e c o n d a p a r t e Infermiere Volontarie della Croce

Rossa» per comunicazioni urgentidella Ispettrice.

Ed ora un’occhiata a “Il Corriere diNapoli” che, come s’è detto, è dell’8giugno, poiché il 9 cadeva di dome-nica e il giornale non venne pubbli-cato. In terza pagina, “La musica delsilenzio”, di Onorato Fava, e «I mi-crobi fanno all’amore», divagazioniscientifiche di Ferruccio Valerio.

In cronaca: “Boccaccesco epilogod’un convegno amoroso”, “Un pez-zente ricco fermato dalla polizia”,“E’ stato identificato l’investito dal-

la Cumana”. Fra gli annun-zi economici ne peschiamouno che ci ricorda quellavecchia canzone intitolata«Se potessi avere (mille lireal mese)»: “COLTO, distin-to 25enne, l00mila contan-ti, sposerebbe subito belladistinta dotata 17-30enne,dettagliare...». L’incubo tor-na in un corsivo di “Candi-do”, “Strade buie”: “è unacosa da morire! dicevaqualcuno l’altra sera per la

Via dei Mille, nel recarsi a tentoniverso la Piazza Amedeo. Questa esimili frasi sfiorano talvolta le lab-bra del viandante notturno e fretto-loso: e fa tanto male raccoglierle alpassaggio”.

La nostra lettura è finita. Sarebbefin troppo facile far stillare amarez-za e dolore dal contrasto fra l’appa-rente anonimità di quelle giornate eil cataclisma che stava per abbattersisu Napoli, sull’Italia, sul mondo.

Mario Pagano. Giornalista, ha collaborato a quotidiani e rivistefra cui «Il Mattino», «Corriere di Napoli», «L’Umanità», «NuovaAntologia». È direttore del webmagazine Napoliontheroad.

Le Muraglie Architettonichedi ANIELLO LANGELLALa patata bollente

L’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici.Decreto del Presidente della Repubblica 24.07.1996, n. 503 (Gazzetta Ufficiale 27 settembre 1996, n. 227)

Il Decalogodel

Macellaio

Pino Imperatore,da “In Principio era il verbo”, Colonnese Editore

Totòtra Macario

e Nino Taranto

La réclame a Torrenegli anni venti

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Spruloquiannodi SALVATORE ARGENZIANO

A zzippataN’ata vota i mariuoli â casa mia.Sì, è vero. Torniamo a parlare r’a zzippata.L’articolo di Ciro Adrian Ciavolino ci riporta a tempi lontani de-

scritti, anzi dipinti, con reale partecipazione emotiva sua e nostra.Ci parla di Ken Maynard e il nostro ricordo corre a Tom Tyler e aTom Mix. Alla furbata del venditore nel disporre i fficurinie maturein alto aggiungo quella di bagnare il coltello in modo che il velod’acqua sulla lama facesse da lubrificante per lo sfilamento.

Ma non è di ciò che volevo parlarvi. Vorrei tentare un chiarimen-to sul dubbio espresso dall’autore. Si dice azzippata oppureappizzata?

Il titolo della Conchiglia di Ciradrian è: ’A zzeppata, in perfettagrafia napoletana. Questo spruloquio invece s’intitola “A zzippata”,

in chiaro contrasto conla grafia classica napo-letana.

Azzeppare in napoleta-no significa mettere unazeppa, ostruire. Azzeppáa porta sta per bloccarela porta cu na zeppe-tella.

Il termine giusto perinfilzare è mpizzá, (da in+ pizzo, cioè in + puntada cui impizzare comeimpuntare). La perditasolita della vocale ini-ziale ci porta a mpizzá,senza l’uso del pleo-nastico segno di aferesi.Aggio mpizzáto l’ágo

nt’u sfiláto disse a Gianna la signora Maria, volendo descrivere unparticolare punto di ricamo. Allora il giochino con il coltello sareb-be a ppizzata? Non è detto.

Un fenomeno comune a molte parole della lingua napoletana è lametatesi (trasposizione di suoni all’interno di una parola comepadule per palude). Prendiamo in esame la parola ppizzata. Nelnostro caso la metatesi avviene tra i gruppi consonantici [pp] e [zz]il che lascia invariata la vocale [i] tra i gruppi. Ppizzata, in fine,diventa zzippata e non zzeppata come riporta la lingua napoletana.Questo è l’ennesimo caso a dimostrazione della confusione graficadel napoletano, che risale all’origine della scrittura dell’allora dia-letto napoletano (secolo tredicesimo) quando si volle dare al letto-re la indicazione di pronuncia indistinta (cosiddetta muta) rappre-sentandola con la vocale [e], la vocale muta della lingua francese.

Ma la tradizione è sovrana e il napoletano si scrive a quella ma-niera. Non così il torrese che manca di documenti scritti.

parte seconda

Universalità deltesto musicale

di OSCAR LIMPIDO

La canzone classica napole-tana contiene elementi diuniversalità che consentono

a tutti di comprendere la sua “pro-fondità”, andando oltre la brillantepoetica musicale.

L’universalità dei contenuti sono avalere per tutti, indipendentementedai luoghi e date di nascita.

Il successo universale e definitivosta nella stretta correlazione tra l’ar-monica, piacevole e coinvolgentemelodia musicale e il linguaggioarchetipico del testo. Linguaggioarchetipico che, attraverso simboligenerali ed universali, riesce a rag-giungere l’inconscio di tutti e di cia-scuno, rispondendo alle più diverseesigenze psicologiche e nutrendol’animo umano di quanto occorre perdialogare con se stesso intorno aigrandi temi della vita e della morte.

Il binomio amore e morte, il desti-no e l’osare, il femminile e il maschi-le, il conflitto interiore tra bene emale, tra gioia di vivere e in-sanabile malinconia, in brevetutti i dilemmi con cui l’esse-re umano tanto spesso si con-fronta: tutto questo parla conla potenza delle immagini neitesti più ispirati.

Se poniamo mente a branicome “Jesce sole”, “ ‘O pae-se d’‘o sole”, “ ‘O sole mio”,si noterà come il sole, nellacanzone napoletana, rivesteun ruolo di protagonista, insintonia con le grandi leggidella natura e dell’inconscio,e in connessione con le molteculture in cui il Sole era iden-tificato con la somma divini-tà.

Ma l’aspetto forse più im-portante è quello didascalico.Il messaggio è chiaro: noi ap-parteniamo alla natura, la na-tura ci appartiene. Nella na-tura si trovano le risposte, dalei proviene il male e il rime-dio, il bene e il lato oscuro.

Se il sole è il principio ma-schile, nella sua formaindifferenziata, altrettanto vigorosisono i simboli in cui questa grandeenergia si scinde e si sostanzia.

Così se ne “ ‘O zappatore” il ruolopaterno appare carico soprattutto divalenze patriarcali, non manca quel-lo materno, che anzi alla fine si rive-la determinante per la risoluzione fi-nale del dramma: “Mamma toja sene more…”

C’è poi l’uomo d’onore (“Pupa-tella”, “ ‘O schiaffo” e soprattutto “‘O lupo”) con tutte le inevitabiliconflittualità con altre esigenze epulsioni: Come si vede, siamo difronte ad una stratificazione diarchetipi, molto simile al modello disviluppo dell’inconscio che, dispostoa livelli, secondo l’universale dimen-sione evolutiva, a livelli va, pazien-temente, decifrato ed esplorato.

Lo stesso schema vale per il princi-pio femminile, la Luna. Forse“Malafemmina” è la più esemplaredimostrazione di uno dei treinscindibili aspetti dell’archetipo“donna”, ma sull’altro versante, lamadre, (“Lacrime napulitane”) conle “spade mpietto nanze ô figlioncroce”; infine la sposa, il cui amoreè una certezza di fede e il vero valoredella vita (“Era de maggio”, “ ‘O

surdato nammurrato”).Uomo, donna, bambino: anche que-

st’ultimo archetipo, che completa latriade e la rende perfetta, è ben pre-sente nella canzone napoletana(“Piezze ‘e core”, “Tammurriatanera”).

I grandi temi ci sono tutti: c’è il sen-so del destino, dell’imprevedibile

ruota che ora porta in alto, ora trasci-na in basso, inesorabilmente (“simme‘e Napule, paisà”), c’è “quell’amordi morte” che nasce dall’accettazio-ne profonda della ciclicità naturale(“nonna nonna ncoppa all’onna …ah putesse sunnanno murì”)

Ovviamente Thanatos si presenta

molto spesso in intima connessionecon Eros che comunque, rimane ilvero protagonista della canzone na-poletana (“ ‘O cardillo”).

Giungiamo così al dualismo, la do-lorosa scissione che costituisce unadelle realtà esistenziali più difficili daaccettare, quell’angoscia di separa-zione che accompagna l’uomo pertutta la vita. Eppure accettare questaverità è la sola via di salvezza. Na-poli lo ha capito benissimo e lo cantaal mondo intero (“Tarantella interna-zionale”, “Simme ‘e Napule paisà”).

Se la separazione, la rottura, la ne-gazione, la morte, in una parolaThanatos, è l’aspetto in ombra dellarealtà, Eros è la luce, il principio or-ganizzatore, l’immensa forza che creasfidando l’impossibile. Eros nelpanteismo di “ ‘O mare canta”, Erosnell’iniziazione di “Core furastiero”,Eros in “Bammenella” dove anchela degradata, ma ancora gioiosa, ra-gazza di vita trova riscatto e grandez-za nella passione per il suo “belloguaglione” che baciandola “carnale”

le fa dimenticare tutto il maleche l’ha indotta a commettere.Eros compreso in tutta la suaformidabile potenza luminosain “Mandolinata a Napule”,dove la sconvolgente sensua-lità si sublima in vera e pro-pria trascendenza (“stanotteAmmore e Dio songo unacosa”). Non è un caso chel’Autore scrisse non solo Dio,ma anche Amore (in napoleta-no: ammore) con l’iniziale ma-

iuscola. In ciò c’è il cristia-nesimo, ove Dio è amorecosì come l’amore è Dio,e il paganesimo dellagrecia classica (nell’in-conscio, mai completa-mente scomparso da Na-poli) ove Amore è una di-vinità al pari degli altri dei.

Immagini forti, dunque,per un linguaggio che nonsolo deve colpire l’intellet-to e i sensi, ma deve an-che raggiungere l’anima:per blandirla, per rassicu-rarla, forse anche per gua-

rirla. In questo è la grandezza dellacanzone classica napoletana: comeogni vera forma d’arte (pittura, scul-tura, mitologia, fiaba ecc.) parla unlinguaggio universale proprio dell’es-sere umano di tutti i tempi e di tutti iluoghi, qualunque sia lo stato cultu-rale in cui si trova.

N’addóre ’i gesumminip’a scésa ntruppecósa,nu sciùscio ’a mare,nfàccia,liéggio cumme u pássoca me purtava a tte.Roppo nu pesemórencuóllo, cu st’allicuórdo,strascenànno u nnanzerrètoncoppa a sbrennènti mármulia nu paése furèsto.

Profumo di gelsominiper la discesa scabra,dal mare un soffiosul viso,leggero come il passoche mi portava a te.

Dopo una pesantezzaaddosso, nel ricordo,strascicando il vagaresu splendenti marmiin un’estranea città.

La canzone classica napoletanaLinguaggio universale dalle radici arcaiche

la foto di Carlo e Fabio

Giulietta è ghiuta û triato Garibbardo

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il romanzo

u n d i c e s i m o c a p i t o l o

di ANTONIO ABBAGNANO

Torre del Grecodiventa Municipio

1809

Continua al prossimo numero

Nettuno,il dio del mareTe benerico a ròta ’ipróra! Te benerico!

All’armatore GiuseppeMennella era ben nota lanovità dei piroscafi a mo-

tore e aveva altresì compreso chequesta innovazione ben presto avreb-be rivoluzionato i trasporti marittimi.Per il momento però, non essendo ingrado di acquistare uno di questimoderni motori che costavano unocchio della testa, aveva deciso dimettere in cantiere un veliero piùgrande, dotandolo di moderni stru-menti di navigazione e di alcune ca-bine per passeggeri.

Egli era ormai certo che con un ve-liero ben attrezzato, avrebbe potutoorganizzare regolari viaggi commer-ciali per l’America e con questa con-vinzione aveva studiato le preziosecarte nautiche custodite presso l’Isti-tuto Reale Navale di Napoli, nellequali erano meticolosamente indica-te le correnti, i venti e i riferimentigeografici per raggiungere il Nuo-vo Continente.

Don Peppe Mennella si era docu-mentato che, dopo lo stretto diGibilterra, virando a sud e prose-guendo al largo della costa africa-na, si sarebbe imbattuto nella cor-rente delle Azzorre e, dopo quattrogiorni di navigazione verso sudovest, avrebbe incrociato la corren-te nord equatoriale e, grazie agliAlisei, venti che in quella zona spi-rano costantemente verso ovest,avrebbe attraversato l’Oceano At-lantico. Al largo della costa ameri-cana, un’altra corrente, quella delleAntille, avrebbe poi facilitato la na-vigazione del veliero verso il NordAmerica. Semplice, no?

Il Comandante Mennella da sem-pre desiderava distinguersi da quel-li delle coralline; ormai queste era-no diventate più di 200 e “sticumannanti ‘i curalline” si sentiva-

no tutti “grandi lupi di mare” edognuno vantava prodezze e padro-nanza dei pericoli del mare e dellesue correnti.

Don Peppino Mennella aveva,come si dice, un po’ la puzza sottoil naso, si sentiva il migliore di tuttie poi il fatto di aver condottoFerdinando e Tina fin sotto le portedi Parigi, lo aveva ringalluzzitomaggiormente.

“Sono andato oltre le Colonned’Ercole, ho navigato in pieno inver-no tra gli uragani del Golfo diBiscaglia con onde alte come il Ve-suvio e dalla foce della Senna sonorisalito fin sotto le mura di Parigi, lacapitale del mondo” soleva vantarsicon chi incontrava “… i curallini, ar-rivano sulle coste d’Africa, dove c’èsempre il mare calmo e si credonotutti grandi comandanti… e poi, perpaura, se fanno benerìcere riéci votequando devono partire”.

La notizia che stava costruendo ungrande veliero per viaggitransoceanici, arrivò anche ai torresiemigrati a Livorno, alcuni dei quali

si erano messi a commerciare inmarmi di Carrara. Questi inviaronoun giorno a don Peppino Mennellauna lettera in cui gli chiedevano seper la prossima primavera sarebbestato pronto a trasportare un caricodi marmi di Carrara da Livorno aBaltimora, in America del Nord.Questa città, divenuta capitale delloStato del Maryland, aveva richiestoquesti marmi per dare lustro e bel-lezza alla costruenda sede del Go-verno federale.

Don Peppino Mennella accettò l’in-vito e diede assicurazioni che per ilprossimo maggio sarebbe giunto aLivorno col nuovo veliero per ap-prontare il carico e partire.

I lavori al cantiere di LargoPortosalvo proseguirono allora ancorpiù alacremente e ad aprile il veliero,pomposamente denominato: “Nettu-

no, il Dio del Ma-re”, era già prontoper essere varato. Ilparroco, già al cor-rente di tutto, fece immediatamentesapere che era disponibile per mez-zogiorno della domenica seguente perla benedizione ecclesiale.

L’armatore Peppino Mennellaperò, forse per rimarcare verso gliarmatori di coralline una presuntalibertà di pensiero o forse solo pervoglia di stupire, convocò i lavora-tori del cantiere per le dieci, avver-tendo che ci sarebbe stata prima la“benedizione del mare”. A questapoteva seguire, se il Parroco avesseproprio insistito, la benedizione ec-clesiale.

La voce di questa novità si sparsein un attimo per tutta la comunità,perché questo antico rito della be-nedizione del mare non si officiavapiù da anni, ma era nel contempoben radicata nella memoria degli uo-mini di mare.

Già alle nove di domenica la zonadel varo era stracolma di gente ve-

nuta sia ad assistere al rito laico siaper verificare la reazione che avreb-be avuto il Parroco al cospetto diquesta novità.

Alle dieci in punto PeppinoMennella diede il via alla funzionelaica e il masto, seguito da un gar-zone che portava un cato1 di legno,quello dei pisciavini2, colmo d’ac-qua di mare, incominciò la benedi-zione girando intorno al veliero.

Ad ogni frase spruzzava una ma-nata di acqua sulla barca, mentre ipresenti in coro recitavano: Tebenerico!

Te benerico a ròta ’i próra!3

Te benerico!Te benerico a chìglia e i mmatère!4

Te benerico!Benerico u primmo chiuóvo ca

t’aggio nchiuváto!

Te benerico!Benerico a primma tavula c’aggio

segáto!Te benerico!Benerico u primmo pertuso ca

t’aggio vrialáto!5

Te benerico!Benerico a stóppa e a pece ca

t’aggio mpizzáto!6

Te benerico!Benerico l’arbero e u pennóne ca

t’aggio aizáto!Te benerico!Benerico u spicóne ca t’aggio miso

a ppróra!7

Te benerico!E beneritto sia u nomme ca t’aggio

ráto!Te benerico!

Prima in pochi, poi in tanti, poi tut-ti, come un coro possente che si udìper tutta la zona di mare, gridaronocommossi l’ultimo “Te benerico”.

Alla fine molti dei presenti si por-tarono nei pressi di PeppinoMennella per le felicitazioni e gliauguri ma stranamente questi sem-brava aver perso un po’ della solitaspavalderia perché, con fare preoc-cupato, domandava a tutti se aves-sero visto il parroco.

Il Parroco don Vincenzo di SantaCroce giunse puntualmente a mez-zogiorno con il sindaco D’Orlandoe quattro prevetariélli.8 . Salì su unacatasta di tronchi di legno, si tolse illargo cappello, infilò la sacra stolae solo allora volse uno sguardo sor-ridente a tutti presenti:

“Quanta gente c’è questa domeni-ca per il varo di questo bel veliero!”incominciò. “Spero di vederne al-trettanta nella Chiesa dell’Assuntastasera al vespertino delle sei. Pri-ma di benedire quest’opera meravi-

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gliosa dei nostri carpentieri, chiedoall’armatore di essere al mio fiancoe al fianco del signor Sindaco, peraugurare tutti insieme che questanave porti fortuna e pruvurenza9 allenostre famiglie e chiedere al Signo-re la protezione contro i periculi”.

L’armatore Peppino Mennella salìcontrovoglia sulla catasta di piezzi10

e il parroco gli chiese che nomeavesse dato al veliero.

“Nettuno, il Dio del Mare” rispo-se timoroso l’armatore.

“…. e allora sia Zeus a benedire iltuo vascello!”, sbottò stizzito il par-roco, che già doveva sapere qualco-sa di questa faccenda.

“Iddio dell’Universo ama tutti isuoi figli” e concluse “e avrà in ognicaso un’attenzione benevola versoil tuo veliero e soprattutto verso imarinai che ci navigheranno!” Sitolse la stola, si rimise il cappello ese ne andò, insieme al disiorentatosindaco e ai chierichetti.

La sera alla messa delle sei, la pic-cola Chiesa della Madonna Assun-ta era colma fino all’inverosimile ePeppino Mennella e la moglie era-no seduti in prima fila. Il Parroco,dopo la funzione religiosa, invitò ifedeli ad essere presenti per l’indo-mani mattina alle sette alla benedi-zione e al varo del vascellotransoceanico “Santa Maria diCostantinopoli” dell’armatore Giu-seppe Mennella.

Donna Concetta Mennella sorride-va compiaciuta mentre usciva dallachiesa tra complimenti efelicitazioni, tenendosi ben strettasottobraccio al marito.

Il matriarcato imperava incontra-stato.

1 Cato: Secchio.2 Pisciavino: Pescivendolo.3 Rota ‘i prora: La prosecuzione verticale del-

la chiglia a prua, sulla quale viene fissato ilfasciame. A rota ‘i poppa è quella opposta.

4 I mmatere: le madiere, costolature dello scafo.5 Vrialato: A vriala è il trapano da legno a

mano.6 Mpizzato: Introdotto. La stoppa viene intro-

dotta dai calafati nelle connessure delle ta-vole del fasciame.

7 Spicone: Bompresso.8 Prevetarielli: Chierichetti.9 Pruvurenza: Provvidenza.10 Piezzo: tronco d’albero messo a stagionare

per essere segato.

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la tófan u m e r o 1 6 / 2 0 0 6 7

Conchigliedi CIRO ADRIAN CIAVOLINO

Sono venuti in tanti, e so-prattutto in tante, domeni-ca 8 ottobre al Circolo Nau-

tico per la serata di beneficenza proAssociazione “Lella Lullo”. L’in-contro è stato organizzato in ma-niera eccellente dalle signore Car-la Ardizzone, Elena Bianco, SasàCirillo, Maddalena Russo e Gio-vanna Di Donna, con la consulen-za della “Feburit”, Federazione Ita-liana del Burracco, e la squisitaospitalità del presidente del Circo-lo Antonio Altiero.

Il ricavato della serata è statodonato alla “Associazione Amicidi Manina”.

Manina Consiglio è un’inse-gnante napoletana che si è trasfe-rita nell’isoletta di Nosybe, nel-l’arcipelago del Madagascar, eopera, in quel contesto di analfa-betismo totale, per la realizzazio-ne di strutture scolastiche prima-rie.

P r o f u m iAppena nati, dopo un lavacro da materni umori, fummo avvolti

da una nuvola di borotalco. Era minerale, il primo contatto con laterra. Il borotalco non era borotalco, forse neanche la vammanausava dire borotalco, quella nuvola per angelo senza ali era ’apóvere, ’a póvere, sì, ’a póvere. Non era neanche in un recipientefrivolo, come al borotalco sarebbe convenuto, qualche bustina dipóvere era stata comprata, chissà, da un cartolaio che vendeva ditutto, anche merce per toilette, oppure in un negozio dove profumidi lavande, saponi e ciprie si confondevano per disorientarci comeanimali smarriti dal branco.

Profumi. Lavanda. Brillantina. Allume. Borotalco. ’A póvere. Miopadre aveva un modesto negozio di barbiere e in quello spazio dovemi ritrovavo di spalle, di profilo e di tre quarti per un gioco inter-minabile di specchi, dove sembrava si dovesse provare l’idea fisi-ca dell’infinito per una ripetizione e moltiplicazione delle immagi-ni, le nuvole di póvere cosparse sulle facce ruvide di calafati emarinai, con qualche signore che andava avanti e indietro per farciascoltare lo scrocchio delle scarpe che lo esaltavano, annebbiava-no il mio infinito, i miei cloni riflessi, i miei tuttotondi falsi. Da lìil cliente usciva sentendosi rinfrancato, come protetto dalle sueessenze che avrebbe condotto con sé fino a casa, forse pensando auna notte di amplessi vertiginosi per i turbamenti imposti dall’ac-qua profumata e dalla póvere.

Nella casa comune, nostra, dove camminavo tra gonne lunghe escure e piene di pieghe come le sculture greche arcaiche, per laloro ampiezza e per il gioco di una serie infinita di càmmisi,sottogonne e mantesini, le donne illuminavano le gote con póverecolor rosa, con sottili tamponi strofinati in scatolette rotonde, mar-ca Coty. Era la cipria, forse dono di naviganti che portavano frene-sie d’oltremare insieme ai servizi da caffè o da the di porcellanagiapponesi, con draghi a rilievo tutt’intorno, un po’ inquietanti,tazzine trasparenti come il volto diafano di quelle donne d’orienteche nascondevano il viso sotto ombrellini di seta, il loro volto sipoteva scorgere guardando il fondo della tazzina in controluce, hoimmaginato viaggi in Giappone al suono dolce dello strofinìo delletazze sui piattini leggeri. Non era difficile che dalla strada arrivas-se, come arrivava, specie la domenica mattina, il suono di un pianinodai cui cilindri veniva fuori il motivo di Balocchi e Profumi, mam-ma, mormora la bambina, mentre pieni di pianto ha gli occhi, perla tua piccolina non compri mai balocchi, mamma tu compri sol-tanto profumi per te, la canzone decideva crisi di coscienza per lenostre donne, a quella canzone erano trascinate, ad ogni tocco dicipria, quasi un senso di colpa, mentre si intravedeva un impalpabilevelo di póvere, nobile e luminescente in un raggio ben definito disole che come una lama tagliente entrava dalle imposte socchiuse.

Ma erano pur sempre profumi, come quelli delle nostre facce cheper un rituale primaverile avevamo lavato in una bacinella piena dipetali di rose, di buon mattino, per la festa dell’Ascensione, ritipropiziatori, come quelli antichi, che venivano da lontano, unguentiper esorcizzare la morte, profumi che si spargevano sulle are sacrifi-cali, per assolvere acidi odori di sangue dove si immolavano fanciul-le alle dee, a Venere, alla bellezza, all’amore, ah sì, l’amore, chepretende profumi, ma forse no, un profumo violento e insostenibilemi ha talvolta procurato una caduta emotiva, se posso dire così. Alladonna può non servire se i suoi umori carnali travolgono più di co-stose essenze, in fondo Orazio l’aveva detto che la donna ha un buonprofumo quando non ha nessun profumo.

Abbiamo avuto i nostri profumi, primordiali, veraci, dalla natura.Ci siamo inebriati all’odore del mare, delle alghe, della sabbia scurapregna di cristalli del Vesuvio, di scivolose chiane, del legno e dellastoppa incatramata nei cantieri, di reti di filo stese al sole ad asciuga-re, di scogliere, di scirocco molle sui muri volti al mare, di maestraleche ci inargentava i capelli, di grandi onde, di pioggia sul basalto deimoli. E di ginestre, di lapilli, di menta, di basilico, di tramontana, dilicheni, e di stalle, e di caffè abbrustolito in una macchina manualecilindrica, nera di fuoco di sarcinelle, e di pullanghelle vendute perla strade nei pomeriggi assolati e deserti, di castagne allesse, dicaldarroste, di castagne spezzate rammollite sul braciere, di pignesotto la cenere del focolare, e di conserva di pomodoro ncoppa ippetturate ’i ll’astichi, nel veleggiare di biancheria stesa al sole.

Ma quale profumo più dolce nella nostra vita, se non quello di unamadre, del suo seno nel quale ci siamo rifugiati, per piangere, perprendere latte, per dormire, per ascoltare cunti, per ridere, per dire,come una volta bambino le dissi, mammà, tengo nu compagno.

Serata dibeneficenzaper le scuoledel Madagascar

INIZIATIVA

Ognun vede quel che tu pari,pochi sentono quel che tu sei.

[ Niccolò Machiavelli ]

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with compliments...

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