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Progetto grafico, contenuti e produzione a cura di Fiori di Zucca & Luca Caratozzolo

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Io sono Filo

Grazie al tuo paese ora miopadre ha un lavoro e miamadre, grazie al microcredito,ha una piccola bottegadi tessitura!

Sono felice che un po’ delnostro denaro serva alla tua

famiglia e al tuo paese!

Io sono Andrea

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Premessa

Dopo aver preso visione di tutto il materiale che hai trovato fin qui nella mostra ti sarai reso conto di quanti e quali problemi ci siano nel mondo, e di quanto possa essere difficile risolverli.

Siamo quasi allafine...del viaggio!

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La povertà, la fame, le malattie, la mancanza di istruzione, la discrimina-zione basata sul sesso, la salute delle madri, e dei bambini, sono problemi che caratterizzano tutto il mondo, ma che affliggono in particolar modo il Sud del pianeta.

Ti sarà anche chiaro che, per quanti sforzi possa fare ogni singolo abitante dell’Occidente, a partire da te, certo non sarà sufficiente, se preso singolarmente, a sanare ferite e disparità tanto gravi.

Vogliamo dire che, se anche tu rinuncias-si, da oggi, a un paio di scarpe l’anno, ad un pranzo al fast food, al denaro speso

in un videogioco o in un cellulare, questi non arriverebbero automaticamente a chi ne ha bisogno in Africa.

Per questo è necessario un progetto mondiale, che gestisca e distribuisca le risorse eccedenti di una zona, che le faccia giungere come, dove e quando servono.

Questo meccanismo si chiama Parterna-riato Mondiale per lo Sviluppo, ed anche se è sicuramente un target ambizioso, non è certo scoraggiandoci ora che lo rea-lizzeremo.

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Sottobiettivo 1

Sviluppare al massimo un sistema commerciale e finanziario che sia fondato su regole, prevedibile e non discriminatorio.

Esso deve includere l’impegno in favore di una buona gestione, dello sviluppo e della riduzione della povertà sia a livel-lo nazionale che internazionale.

Il sistema commerciale e finanziario

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La chiave di volta dello sviluppo dei Paesi poveri è innescare un circolo virtuo-so, che stabilizzi il potere politico, che crei lavoro, che formi il personale, che realizzi, gradualmente, una struttura sociale, occupazionale ed economi-ca progettuale, che sia la base per una futura indipendenza dello Stato. E’ ovvio che, questi Paesi, debbano avere nei Paesi Industrializzati un partner commerciale.

Ed è proprio qui che nasce uno dei mag-giori problemi dei PVS nel rapporto con i Paesi Industrializzati, che è sicura-mente quello del tipo di rapporto com-merciale che essi possono stabilire con l’Occidente.

Quando i Paesi colonizzati dall’Occi-dente hanno cominciato a conquistare, uno dopo l’altro, la loro indipendenza, un percorso che è partito dalla Liberia nel 1847, e che vede come ultimo sviluppo la restituzione di Macao alla Cina nel 1999, la loro economia è rimasta comunque strettamente legata a quella dei paesi che li avevano dominati, ed alla coloniz-zazione “ufficiale” si è sostituita quelle, più strisciante e pericolosa, fondata sulla dipendenza economica.

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Uno dei sottobiettivi riguardo alla part-nership è proprio quello di creare un nuovo sistema commerciale e finanzia-rio, che sia innanzitutto basato su rego-le chiare, a cui tutti debbano sottostare, ricchi e poveri. Deve essere un sistema che non metta in posizione di sottomis-sione i Paesi meno forti, ma che, al con-trario, veda i paesi ricchi impegnati nello sviluppo dei paesi poveri.

In questo modo si potrà ottenere un dop-pio risultato: da un lato vedere lo svilup-po, l’autonomia, la riduzione della po-vertà e di tutte le sue conseguenze nei PVS; dall’altro, questi Stati, finalmente in grado di affacciarsi sulla scena com-

merciale mondiale in modo attivo, sa-ranno, per i Paesi Occidentali, un ottimo partner, sia commerciale che politico.

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Sottobiettivo 2

Tenere conto dei bisogni speciali dei paesi meno sviluppati. Questo include l’ammissione senza dazi e vincoli di quantità per le esportazioni di questi paesi, potenziamento dei programmi di alleggerimento dei debiti per i paesi poveri fortemente indebitati, cancel-lazione del debito bilaterale ufficiale, e una più generosa assistenza ufficiale allo sviluppo per quei paesi impegnati nella riduzione della povertà.

I bisogni specificidei PVS

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Come potrai facilmente immaginare, non è un’impresa facile, per un PVS, risalire la china della povertà, dell’instabilità politica, della suddi-tanza economica, e non ci si può certo aspettare che, da un momento all’altro, queste Nazioni si trasformino in Paesi stabili ed affidabili.

E’ quindi compito dei paesi Occidentali aiutarli fattivamente, tenendo conto dei loro bisogni e delle loro condizioni speciali. Un primo passo potrebbe esse, ad esempio, la-vorare sulla tassazione legata al commercio; è evidente che, tassare le esportazioni, mette un Paese povero nelle condizioni di non poter affrontare un rapporto commerciale alla pari, dato che i Paesi ricchi sono invece in grado di pagare le tasse sul commercio.

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D’altra parte però, la mancata certezza ed il mancato controllo dei sistemi fi-scali dei PVS hanno causato gravi sac-che di illegalità: occorrerà quindi miglio-rare il contesto internazionale attraverso la promozione e l’adozione di principi e norme internazionali, in materia di trasparenza e scambio di informazioni a livello fiscale. Questo per combattere l’evasione e l’elusione fiscali, il rici-claggio, la corruzione e il finanziamen-to del terrorismo.

È altresì importante rafforzare la parte-cipazione dei paesi in via di sviluppo ai forum internazionali incaricati delle que-stioni in materia di gestione tributaria.

Sarà anche fondamentale lavorare su debito che questi Paesi hanno nei con-fronti dei paesi Occidentali.

Cercando di illustrare, molto in breve ed in modo sicuramente riduttivo, la situazione del debito dei PVS, dobbia-mo tornare ad una serie di crisi econo-miche internazionali gravissime: prima quella del 1929, poi quelle petrolifere del 1973 e del 1979, poi le varie situazioni di difficoltà che hanno caratterizzato gli anni ’80.

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In mezzo a tutte queste contingenze si colloca anche la nascita, nel 1944 di due Istituzioni: la Banca Mondiale (BM) e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che, pur con differenti compiti, avrebbero dovuto stabilizzare l’economia inter-nazionale, aiutare lo sviluppo dei PVS e garantire la penetrazione americana in Europa e nel Terzo Mondo.

Durante tutti questi periodi, i Paesi ricchi hanno lavorato ai fianchi i Paesi poveri, prima cercando di ottenere da essi ma-terie prime (su tutte il petrolio) a prezzi molto bassi, poi prestando loro il denaro necessario a far acquistare a questi Stati, dall’Occidente, tecnologia che non erano

in grado di gestire, poi richiedendo loro indietro del denaro che, a causa della nuo-va contingenza economica, non erano più in grado di restituire.

I risultati sono stati terribili.

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Mentre il debito totale dei PVS si qua-druplicò nel 1982, passando da 160 a 633 miliardi di dollari, i pagamenti per inte-ressi sui debiti non pagati aumentarono di sette volte, passando da 9 a 63 miliardi di dollari.

La maggiorazione di ogni punto percentua-le sui tassi di interesse, è stato calcolato abbia prodotto un aumento medio di 2 miliardi di dollari/anno sull’onere degli interessi pagati dai PVS ai creditori del Nord. L’aumento vertiginoso del debito fu dovuto ad altri due fattori aggravanti:

1) l’apertura di crediti a lungo termine, che normalmente viene concessa a tasso

di interesse fisso, venne legata ad una clausola che, tenuto conto del rischio, prevedeva un adeguamento annuale, come è d’uso nei prestiti a breve termine;

2) le rate scadute e non saldate dal Paese debito-re vennero considerate come ulteriori prestiti che “ovviamente” fliro-no gravati da una mag-giorazione degli interes-si, rapportata al rischio di ogni transazione.

Evoluzione del Debito Estero dei PVS dal 1983

al 1999 (in miliardi di $)

1983

1985

1987

1989

1990

1992

1997

1999

819

952

1176

1165

1320

1500

1700

2200

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A tutto questo bisogna aggiungere che spesso l’unica economia che davvero funziona nei PVS è quella illegale; sia che si tratti di reddito proveniente da droga, che da deforestazione selvaggia, che da concessione di paradisi illegali per i patrimoni illegali internazionali.

E’ inoltre vero che molti PVS investono il poco reddito che hanno in modi dav-vero aberranti, come ad esempio si evin-ce da questi dati sulle spese in armamen-ti: tutto ciò si ricollega alla necessità di creare in loro una stabilità politica prima che economica.

Spese militari di alcuni PVS in rapporto al loro PIL 1996

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Una proposta di soluzione, quella che anche a noi sembra più funzionale e corretta, potrebbe essere l’idea di dare più aiuti, e con maggiore continuità, a quei Paesi che dimostrino una fattiva e produttiva attenzione al rispetto delle regole, che dimostrino efficacemente di impegnarsi in un percorso virtuoso e diverso dal precedente.

Ad esempio andrebbero incentivati: il rifiuto della deforestazione selvaggia e della distruzione di alcuni habitat che si stanno perdendo, l’impegno a non coltivare piantagioni che producano sostanze allucinogene, a non rendersi di-sponibili a coprire i comportamenti fiscali

scorretti dei Paesi ricchi, a non accettare di ospitare sul proprio territorio instal-lazioni industriali fuori regola.

Potremmo in questo modo creare un mondo più giusto, in cui i rapporti tra le persone e gli Stati siano gestiti su un piano di equità e rispetto.

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Sottobiettivo 3

In cooperazione con le aziende farmaceutiche, rendere le medicine essenziali disponibili ed economica-mente accessibili nei Paesi in Via di Sviluppo.

La salute dellapopolazione

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I farmaci essenziali sono quelle sostanze che “soddisfano i bisogni della maggio-ranza della popolazione in materia di cure sanitarie e devono dunque essere sempre disponibili in quantità suffi-ciente e sotto la forma farmaceutica appropriata”.

La prima definizione del concetto di far-maci essenziali risale al 1977, quando l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) compilò la prima lista di medi-cine che potessero coprire le necessità prioritarie nell’ambito della salute pubblica.La questione venne posta per la prima volta due anni prima, nel corso dell’As-

semblea mondiale della salute del 1975 a Ginevra, in cui trovava spazio il problema dei farmaci essenziali e della necessità di avere linee guida per migliorare l’acces-so agli ambiti di salute prioritari.

La lista nata nel 1977 comprendeva 208 medicine per le principali malattie di quell’epoca, che avrebbero dovuto es-sere disponibili nei diversi sistemi sani-tari in quantità, qualità, formulazione e prezzo adeguato alla realtà locale.

Su questo modello sono state poi svilup-pate liste nazionali e istituzionali.

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LA DICHIARAZIONE DI ALMA ATA

E’ poi del 1978 la Dichiarazione di Alma Ata che ribadisce ancora una volta la ne-cessità di azioni urgenti per proteggere e promuovere la salute per tutti in tutto il mondo. In questo ambito viene sottolineata l’importanza sia delle cure primarie sia della disponibilità di farmaci essenziali e vaccini.

Dopo la lista del 1977 ne sono state compila-te altre, a intervalli di due anni. Nel marzo 2007 si è arrivati alla quindicesima edi-zione, che comprende 340 sostanze. Sui 193 Stati membri dell’Oms sono ormai 153 quelli che hanno adottato una lista ufficiale di farmaci essenziali.

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IMPATTO SULLA SPESA SANITARIA

Nei paesi del Sud del Mondo, l’accesso alle medicine, e più in generale alle cure in caso di malattia, dipende non solo dal rifornimento e dalla distribuzione degli stessi, ma anche dalle strutture mediche, dal personale sanitario e soprattutto dai costi. L’Oms riferisce che il settore farmaceutico copre meno di un quinto della spesa sa-nitaria pubblica e privata nei Paesi maggiormente industrializzati, dal 15 al 30 per cento in quelli con una economia di transizione, dal 25 al 66 per cento nei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, i farmaci rappresentano la voce maggiore di spesa sanitaria dei nuclei familiari nella maggior parte dei Paesi a basso e medio reddito, e i costi collegati a malattie gravi in una delle cause maggiori di povertà. L’Oms riporta che in Uganda, nel 2004, nelle strutture sanitarie dove erano possi-bili trattamenti non a pagamento vi erano poco più della metà delle 28 medicine incluse nella lista nazionale. Se queste dovevano essere acquistate dagli abitanti il loro prezzo era 13,6 volte maggiore rispetto al prezzo di riferimento internazionale in caso di marchio, 2,6 volte in caso di generici.

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Secondo il Rapporto del 2001 della Commis-sione su economia e salute, sono da collega-re ai farmaci essenziali la maggior parte degli interventi che potrebbero evitare la morte di dieci milioni di persone ogni anno fino al 2015 per malattie infettive e non, condizioni materne e perinatali.

Ma vi sono stati anche esempi positivi con il passare del tempo. Se in Mozambico nel 1975 vi era accesso alle medicine per il 10 per cento della popolazione, nel 2007 è arrivato all’80 per cento; in Bhutan, dove nel 1987 è stato avviato un Programma sui farmaci essenziali, viene ora calcolato un accesso ai farmaci essenziali di qualità per nove persone su dieci.

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LA LISTA PER I BAMBINI

Un discorso a parte merittano i farmaci per bambini; siamo abituati infatti, in Occidente, ad avere accesso a farmaci studiati appositamente per la fascia infantile, ma non è così per tutti i Paesi del Mondo: molti dei farmaci qui utiliz-zati infatti non sono stati studiati per questa fascia di età o non sono presenti in formulazioni e dosaggi adeguati. Al momento in assenza di farmaci spe-cifici per l’infanzia vengono adattati i dosaggi e le formulazioni degli adul-ti, per esempio rompendo le pastiglie o sciogliendo in acqua parte delle capsule, e non sempre tutto ciò è funzionale.

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I COSTI DEI FARMACI

Il costo dei farmaci rappresenta uno degli aspetti da considerare nell’ambito dell’accesso alle terapie. Anche nel mer-cato farmaceutico sono previsti brevetti, sulla produzione, l’importazione, l’uso e la vendita degli stessi. Nel periodo in cui un farmaco è protetto dal brevetto (venti anni), il costo e la produzione del medicinale dipende dalla ditta che ne è intestataria e il prezzo del nuovo medi-cinale viene collegato ai costi di ricerca e sviluppo sostenuti dall’azienda. Allo sca-dere del brevetto vi è la possibilità di produrre farmaci generici della stessa sostanza, anche da parte di altre aziende,

con l’innescarsi di un meccanismo di con-correnza che ne abbassa i prezzi.Nel frattempo, il 2001 è stato segnato dal-la Dichiarazione di Doha da parte della Wto, in cui viene riconosciuta la gravità dei bisogni collegati alla salute pubbli-ca; pur nel riconoscimento dell’accordo Trips, della protezione della proprietà intellettuale per lo sviluppo di nuove me-dicine, viene anche riconosciuto l’effetto dei prezzi dei farmaci e la possibilità da parte dei governi di agire per la prote-zione della salute pubblica, nell’ambito delle di flessibilità dei Trips. I governi posso fare ricorso a “licenze obbligato-rie” e “importazioni parallele” a fronte di problemi gravi di sanità pubblica.

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RICERCA, SVILUPPO E OMS

A seguito delle risoluzioni derivate da molti incontri internazionali, è stato costituito un Gruppo di lavoro intergovernativo a cui è stato affidato il compito di delineare una strategia globale e un piano di azione sulla ricerca essenziale nell’ambito dello sviluppo su temi sanitari importanti per i Paesi del Sud del Mondo. LA CAMPAGNA PER L’ACCESSO AI FARMACI ESSENZIALI

L’idea alla base della compilazione della lista dei farmaci essenziali dell’Oms è sta-ta seguita anche da organizzazioni inter-

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nazionali (ad esempio Unicef e Unchr), agenzie internazionali no profit e Orga-nizzazioni non governative, fra cui anche Medici senza frontiere (Msf).

Quest’ultima, nel 1999 ha fatto partire la Campagna per l’Accesso ai farmaci Essenziali con lo scopo di migliorare l’accesso in generale agli strumenti sanitari esistenti, dalle medicine alla diagnostica ai vaccini, e stimolare lo svi-luppo in aree di maggiore bisogno, come la ricerca nel campo di malattie dimenti-cate.

Nella terapia dell’Hiv i costi dei trat-tamenti di prima generazione, grazie

ai generici, sono scesi da 10mila dol-lari statunitensi a meno di 100 l’anno per paziente, ma rimangono alti i prezzi dei farmaci di ultima generazione; nel campo della malaria, dopo le raccoman-dazioni dell’Oms del 2001, vi è stata una progressiva diffusione in molti Paesi africani della terapia combinata a base di artemisina, ma vi sono ancora ritardi rispetto a una diffusione generalizzata; sale anche l’attenzione nei confronti della ricerca sulle malattie dimenticate.

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Oltre alle singole necessità per singole malattie o condizioni sanitarie, l’obiettivo più generale è arrivare a una ricerca e uno sviluppo indirizzati alle priorità di salute pubblica del Sud del Mondo, con al centro gli interessi dei malati. In modo che tutti abbiano possibilità di accedere ai trattamenti necessari e ai farmaci che, come detto nel 1977, “soddisfano i bisogni della maggioranza della popolazione in materia di cure sanitarie”.

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Sottobiettivo 4

In cooperazione con il settore privato, rendere disponibili i benefici delle nuove tecnologie, specialmente quelle inerenti all’informazione e la comunicazione.

L’accesso alle nuove tecnologie

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Per te, che sei nato in un mondo fatto di TV, radio, cellulari, computer, palmari, Internet, l’accesso alla tecnologia è naturale; se facciamo un raf-fronto con la possibilità di accesso a questo mezzi di comunicazione, anche solo con i tuoi genitori, ti renderai conto che la maggior parte di loro ha utilizzato un computer da adulto o quasi, e che non ha avuto certo accesso ad un proprio cellulare alle scuole medie o superiori.

Se diamo un’occhiata al resto del mondo però, usando la mappa qui riportata, ti renderai conto che, a fronte di zone come quelle in cui viviamo noi, che vedono il rapporto cellulari / persone superiore al 100%, ci sono molti Paesi nei quali tutto ciò è pura utopia.

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La mappa della diffusione mondiale del cellulare in percentuale agli abitanti.

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Quasi tutta l’Africa sta al di sotto del 9%, la Cina sotto il 30%, l’America del Sud circa al 40%.

Questa situazione ha ovviamente un effet-to negativo sul livello di vita degli abitan-ti, ed in particolare sulle comunicazioni commerciali. E’ un ulteriore handicap, tra tanti, che affligge le popolazioni di questa zona, in un mondo come quello di oggi, che taglia completamente fuori dai mercati tutti coloro che non sono in grado di comunicare bene e velocemen-te.

Negli ultimi anni le cose stanno cam-biando e, stando ai dati del MDG Report,

le sotoscrizioni di contratti di telefonia mobile nel Sud del Mondo sono aumen-tate quasi del 60%.

Per quanto riguarda poi l’accesso alla Rete, se visualizziamo i dati tratti da Wi-kipedia sul numero di utenti Internet per Stato, ci rendiamo conto che, a fronte di un 78,6% di utenti negli USA e in Cana-da, di un 78% in Giappone, di una media UE del 67,3%, abbiamo punte abissali in Africa, con una media del 13,5% ma dai dati sui singoli Stati vediamo il 9,3 del Sudan, il 7,2 del Rwanda, il 3 del Benin, e molti Stati sotto l’1%, tra cui Niger, Guinea e Liberia.

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Tutto ciò comporta, ovviamente, gravi diffi-coltà di comunicazione a livello economi-co e commerciale, ma anche la possibilità, sempre più concreta, di tenere queste popo-lazioni fuori dal mondo, ed il mondo fuori dalla loro vita, e questo è gravissimo.

Anche le crisi internazionali, gli abusi commessi sulla popolazioni, il terrorismo, vengono favoriti dall’assenza di comu-nicazione tra il mondo e le sue zone più disastrate.

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Comunicare significa condividere, scambiarsi informazioni, esperienze,

dati, idee, per un confronto che arricchisca entrambe le parti.

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Progetto: Education au développement:stratégies territoriales por un défi global

Il contenuto di questo e-book è di esclusiva responsabilità dell’autoree non riflette in alcun modo il parere dell’Unione Europea

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Progetto grafico, contenuti e produzione a cura di

Fotografie di:Adelaide Di Nunzio, Valerio Acampora, Luca Caratozzolo e Michele Catalano