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F. TESSARO - Processi e metodologie dell'insegnamento - SSIS Veneto Mod. 8 (in presenza) – Metodologie laboratoriali e di ricerca 1 8 METODOLOGI E LABORATORI ALI E DI RI CERCA (tracce della lezione in presenza) Nel modulo precedente abbiamo avviato la riflessione sulle metodologie didattiche, affrontando in particolare il metodo espositivo : la lezione. Abbiamo tralasciato altre tipologie espositive, meno scolastiche, come la conferenza, la trattazione, la dissertazione o la prolusione (che comunque potrebbero trovare interessanti spazi didattici). In questo modulo completeremo l’analisi dei metodi e nei prossimi tratteremo le tecniche per l’azione didattica. La lezione, nelle sue diverse accezioni, è certamente il modo di insegnare più frequentato nella scuola secondaria: ciò non significa che sia il metodo più efficace per ogni disciplina e per ogni apprendimento. Al contrario, in tutte le discipline (anche in quelle più teoriche) si dovrebbero attivare metodi diversi : per sviluppare processi di apprendimento diversi e più autonomi (non solo quello per ricezione , ma anche per scoperta , per azione , per problemi, ecc.) per garantire un’offerta formativa personalizzabile (l’allievo che non impara con un metodo, può imparare con un altro ) per promuovere e/o consolidare l’interesse e la motivazione degli studenti (alla lunga ogni metodo annoia , soprattutto un adolescente). In questo modulo esamineremo il laboratorio (metodo operativo), la ricerca sperimentale (metodo investigativo), la ricerca-azione (metodo euristico-partecipativo) e il mastery learning (metodo individualizzato) 1 . (* §) Riferimento bibliografico per lo studio 8.1 I L METODO OPERATI VO: I L LABORATORI O (*§ 4.2.2) Il laboratorio è innanzi tutto uno “spazio mentale attrezzato2 . Il termine laboratorio va inteso in senso estensivo, come qualsiasi spazio, fisico, operativo e concettuale, opportunamente adattato ed equipaggiato per lo svolgimento di una specifica attività. Dal punto di vista logistico il laboratorio della scuola secondaria dovrebbe essere un locale a sé stante, appositamente costruito e 1 Sono metodi che in larga parte vengono proposti nel Corso di Pedagogia sperimentale: qui li contestualizziamo in ambito formativo (in classe con gli studenti). 2 Tra le diverse tipologie, sono noti i laboratori linguistici, i laboratori informatici e quelli multimediali. In ambito scientifico, tecnico e professionale sono presenti i diversi laboratori specialistici, quelli di ricerca e quelli sperimentali. Negli indirizzi artistici, umanistici e sociali sono laboratori gli atelier artistici, teatrali e musicali. Ovviamente ogni disciplina potrebbe essere dotata di un proprio laboratorio: nelle organizzazioni scolastiche in cui si spostano gli studenti da un’aula all’altra (e non gli insegnanti, come avviene da noi), la didattica potrebbe essere organizzate secondo metodologie laboratoriali.

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F. TESSARO - Processi e m etodologie dell' insegnam ento - SSIS Veneto

Mod. 8 ( in presenza) – Metodologie laborator iali e di r icerca 1

8 METODOLOGI E LABORATORI ALI E DI RI CERCA

( t racce della lezione in presenza)

Nel modulo precedente abbiamo avviato la riflessione sulle metodologie didattiche, affrontando in particolare il m etodo

esposit ivo: la lezione. Abbiamo tralasciato altre tipologie espositive, meno scolastiche, come la conferenza, la trattazione, la dissertazione o la prolusione (che comunque potrebbero trovare interessanti spazi didattici). In questo modulo completeremo l’analisi dei metodi e nei prossimi tratteremo le tecniche per l’azione didattica.

La lezione, nelle sue diverse accezioni, è certamente il modo di insegnare più frequentato nella scuola secondaria: ciò non significa che sia il metodo più efficace per ogni disciplina e per ogni apprendimento. Al contrario, in tutte le discipline (anche in quelle più teoriche) si dovrebbero attivare metodi diversi :

♦ per sviluppare processi di apprendimento diversi e più autonomi (non solo quello per ricezione , ma anche per scoperta , per azione , per problem i, ecc.)

♦ per garantire un’offerta formativa personalizzabile (l’allievo che

non im para con un m etodo, può im parare con un alt ro)

♦ per promuovere e/o consolidare l’interesse e la motivazione degli studenti (alla lunga ogni metodo annoia , soprattutto un adolescente).

In questo modulo esamineremo il laboratorio (metodo operativo), la ricerca sperim entale (metodo investigativo), la ricerca - azione

(metodo euristico-partecipativo) e il m astery learning (metodo individualizzato)1.

( * § ) Riferim ento bibliografico per lo studio

8 .1 I L METODO OPERATI VO: I L LABORATORI O ( * § 4 .2 .2 )

Il laboratorio è innanzi tutto uno “spazio m entale at t rezzato”2. Il termine laboratorio va inteso in senso estensivo, come qualsiasi spazio,

f isico, operat ivo e concet t uale, oppor tunam ente adat t ato ed

equipaggiato per lo svolgim ento di una specif ica at t iv it à.

Dal punto di vista logistico il laboratorio della scuola secondaria dovrebbe essere un locale a sé stante, appositamente costruito e

1 Sono metodi che in larga parte vengono proposti nel Corso di Pedagogia

sperimentale: qui li contestualizziamo in ambito formativo (in classe con gli studenti). 2 Tra le diverse tipologie, sono noti i laboratori linguistici, i laboratori informatici e

quelli multimediali. In ambito scientifico, tecnico e professionale sono presenti i diversi laboratori specialistici, quelli di ricerca e quelli sperimentali. Negli indirizzi artistici, umanistici e sociali sono laboratori gli atelier artistici, teatrali e musicali. Ovviamente ogni disciplina potrebbe essere dotata di un proprio laboratorio: nelle organizzazioni scolastiche in cui si spostano gli studenti da un’aula all’altra (e non gli insegnanti, come avviene da noi), la didattica potrebbe essere organizzate secondo metodologie laboratoriali.

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Mod. 8 ( in presenza) – Metodologie laborator iali e di r icerca 2

corredato per produrre apprendimenti specialistici3. Dal punto di vista formativo, il laboratorio si caratterizza per il suo contenuto, vale a dire per l'attività formativa che vi si svolge.

Con il lavoro in laboratorio lo studente domina il senso del suo apprendimento, perché produce, perché opera concretamente, perché “facendo” sa dove vuole arrivare.

Quali sono gli elementi fondamentali del metodo laboratoriale? A. Munari (1994) indica le seguenti caratteristiche.

L'at t iv it à proposta nel laboratorio:

♦ si deve prestare ad una m anipolazione concreta (non basta il verbale);

♦ deve im plicare le operazioni cruciali. (i passi principali di una procedura);

♦ non deve avere una soluzione unica (deve dare la possibilità di scegliere e di decidere);

♦ deve provocare uno “spiazzam ento” cognit ivo (deve far scoprire qualcosa di nuovo, mettendo in crisi le vecchie conoscenze);

♦ si deve situare ad una giusta distanza (il nuovo non deve essere né troppo vicino al conosciuto né troppo distante);

♦ deve com por t are diversi livelli di interpretazione (pluralità dei punti di vista);

♦ deve possedere valenze m etaforiche (deve richiamare esperienze lontane ed eterogenee);

♦ deve coinvolgere il rapporto dello studente con il sapere (nel laboratorio il sapere è conoscenza in azione).

8 .2 I L METODO I NVESTI GATI VO: LA RI CERCA SPERI MENT ALE ( * § 4 .2 .3 )

L'apprendimento per ricerca può attivarsi solo attraverso l'insegnamento mediante la ricerca. Oggi, la ricerca opera lungo due direttrici: la ricerca sperim entale classica , connessa al metodo ipotetico-deduttivo e la ricerca - azione espressione del metodo euristico partecipativo. È opportuno che gli studenti dell'istruzione secondaria approfondiscano entrambe le tipologie (anche contaminandole), benché la prima sia tendenzialmente indirizzata alle scienze della natura e la seconda alle scienze dell’uomo.

Nella sua forma classica, il m etodo invest igat ivo (o ipotetico-deduttivo) segue il percorso della ricerca sperimentale (ampiamente conosciuto) con le seguenti fasi:

♦ I ndividuazione e definizione del problem a4.

3 Se nella scuola di base il laboratorio può anche avvalersi di strumenti e materiali

“poveri”, nella secondaria la povertà strumentale è foriera di angustie concettuali. Talvolta, a causa della scarsità dei finanziamenti, il laboratorio viene inteso non come lavoro produttivo, ancorché protetto, ma come simulazione mentale o come rappresentazione concettuale di tale lavoro. Queste rappresentazioni, che spesso non si avvalgono di spazi appositamente attrezzati, sono concettualmente metacognitive: non si rifanno al metodo operativo, ma lo superano presupponendo la sua marginalità.

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Mod. 8 ( in presenza) – Metodologie laborator iali e di r icerca 3

♦ Analisi e selezione delle ipotesi.

♦ Delim itazione del cam po della r icerca (dei fattori che interagiscono con il problema).

♦ Cam pionatura (selezione degli elementi rappresentativi).

♦ Selezione delle font i (da cui rilevare dati e informazioni)

♦ Registrazione ed elaborazione dei dat i raccolt i.

♦ Confronto e verifica delle ipotesi.

♦ Definizione del principio generale .

8 .3 I L METODO EURI STI CO- PARTECI PATI VO: LA RI CERCA- AZI ONE I N CLASSE

( * § 4 .2 .4 )

Si fa ricerca-azione soprattutto in ambito sociale dove la ricerca non può prescindere dall’azione; in essa non c’è distinzione tra chi fa ricerca e chi è l’oggetto della ricerca5.

Metodologicamente il ciclo della ricerca-azione comprende: a) I dent ificazione dei problem i da risolvere , dei fattori causali

esistenti, delle limitazioni ambientali presenti e delle risorse umane e professionali di cui ci si può avvalere.

b) Formulazione delle ipotesi di cam biam ento e dei piani di implementazione.

c) Applicazione delle ipotesi nei contest i- obiet t ivo del piano formulato;

d) Valutazione dei cam biam ent i intervenut i ed implementazione dei metodi applicati.

e) Approfondim ento, ist ituzionalizzazione e diffusione capillare delle applicazioni con valutazione positiva.

Perché la r icer ca-azione con gli student i? Essi comprendono: § l’am m ut inam ento delle variabili (quando interviene il fattore

umano è alquanto difficile isolare e bloccare le variabili), § la parzialità del punto di vista del r icercatore (e il relativo

bisogno di comparare tutti i punti di vista), § la necessità di im m ergersi nella situazione studiata (facendo

ricerca sulla situazione-problema, lo studente fa ricerca su se stesso), § l’eurist ica della ricerca . Le soluzioni ai problemi reali solo di rado

possono essere individuate e percorse secondo logiche algoritmiche; al contrario, esse richiedono procedimenti euristici6.

4 Il problema dev'essere qualcosa che suscita interesse, curiosità, conflitto

cognitivo. Lo studente deve vivere il problema come una sfida risolvibile facendo ricorso alle sue conoscenze, competenze ed esperienze pregresse.

5 Con la ricerca-azione gli studenti imparano sia a svolgere ricerche in ambito sociale, sia a fare ricerca sul loro modo di essere ricercatori.

6 Quelli euristici sono procedimenti logici dominati dall’incertezza e quindi legati a l

pr oba bile e a l possib ile . I procedimenti algoritmici sono governati da logiche “certe”. L’algoritmo è sequenziale (step by step), l’euristica è reticolare.

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Mod. 8 ( in presenza) – Metodologie laborator iali e di r icerca 4

8 .4 I L METODO I NDI VI DUALI ZZATO: I L MASTERY LEARNI NG ( * § 4 .2 .5 )

Il m ast ery learning7 è una modalità di organizzazione dell'intervento didattico molto attenta alle diversità individuali nei ritmi e nei tempi di apprendimento degli allievi. Block (1972) fissò i seguenti procedim ent i:

- l’insegnante definisce le abilità concettuali e operat ive che gli studenti dovrebbero raggiungere al termine dell’intervento didattico;

- con l'analisi del compito stabilisce i livelli interm edi definendo gli obiettivi particolari in una successione di unità didattiche in grado di promuovere progressivamente le abilità finali;

- elabora le prove in grado di ver if icare il raggiungimento o meno degli obiettivi delle unità didattiche individuate;

- predispone poi le unità didatt iche tenendo conto il più possibile dello stato di preparazione iniziale dei suoi allievi;

- struttura successivamente le at t ività integrat ive e di recupero da proporre a quegli allievi che non avessero raggiunto ancora livelli intermedi di abilità nelle singole unità didattiche;

- controlla che gli allievi non affrontino l'unità successiva se non hanno conquistato il m inim o indispensabile di dominio delle conoscenze e competenze previste dalle unità precedenti8.

Nella scuola secondaria il m astery learning potrà essere proficuamente utilizzato come metodo di insegnamento individualizzato per l’addestramento di specifiche abilità tecniche e/o professionali, o con allievi in situazione di handicap, o in presenza di disagi nell'apprendimento più o meno gravi, anche temporanei.

7 Letteralmente significa apprendimento della maestria o della padronanza. Il

termine padronanza nel m ast ery learning è connesso all’apprendimento di abilità, mentre nelle riflessioni italiane più recenti esso rappresenta l’apice della personalizzazione dell’appreso, con lo sviluppo sistematico di processi metacognitivi, decisionali e creativi.

8 Lo schema di attuazione del m astery learning ricorda la tecnica dell'ist ruzione

program m ata , nella quale ogni fase dell'insegnamento viene prevista in anticipo e quindi dettagliatamente programmata e standardizzata. Essa si caratterizza per il fatto di scomporre la materia di insegnamento in brevi passaggi, detti f ram es, o anche it em s o cadres; tali f ram es contengono una o due informazioni fondamentali e/o richiedono al soggetto la formulazione di una risposta, sulla base delle informazioni precedentemente date.

Fondata sui principi del condizionamento operante di B.F. Skinner, l'istruzione programmata si presenta secondo sequenze linear i di piccoli passi, dello stesso Skinner, o secondo sequenze ram if icate , proposte da Crowder. Nella sequenza lineare ogni frame è costituito da un semplice periodo che comprende poche informazioni e da una domanda che implica le informazioni appena presentate. Con la sequenza ramificata, a seconda delle risposte date dall'allievo, il programma può prevedere sviluppi differenti, ad esempio specifici programmi di recupero, oppure la possibilità di saltare alcuni frames e procedere più rapidamente per i soggetti più abili. Le prime macchine per insegnare (t eaching m achines) e le prime applicazioni del computer nella didattica seguivano le impostazioni dell’istruzione programmata.

A differenza del m astery learning, le sequenze dell'istruzione programmata si presentano rigide e vincolanti, non sono affatto rispettose delle differenze individuali e veicolano una concezione dell'insegnamento inteso come modellamento, poiché fondate sulla convinzione che qualsiasi conoscenza possa essere acquisita da chiunque, purché associata a rinforzi positivi.

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Mod. 9 ( in presenza) – Tecniche simulative e di analisi di caso 1

9 TECNI CHE SI MULATI VE E DI ANALI SI DI CASO

( t racce della lezione in presenza)

Dopo aver esaminato i metodi, prendiamo in considerazione le tecniche, ed in particolare le cosiddette tecniche at t ive.

9 .1 LE TECNI CHE ATTI VE : I L QUADRO GENERALE

Queste tecniche respingono il ruolo passivo, dipendente e sostanzialmente ricettivo dell’allievo; esse, al contrario, comportano la partecipazione sent it a e consapevole dello studente, poiché contestualizzano le situazioni di apprendimento in ambienti reali analoghi a quelli che l’allievo ha esperito nel passato (attualizzazione

dell’esperienza), che vive attualmente (integrazione qui e ora della pluralità dei contesti) o che vivrà in futuro (previsione e virtualità).

Le tecniche che prenderemo in esame si caratterizzano per: § la partecipazione "vissuta" degli student i (coinvolgono tutta la

personalità dell'allievo),

§ il controllo costante e r icorsivo (feed-back) sull’apprendimento e l’autovalutazione ,

§ la form azione in situazione , § la form azione in gruppo.

Quattro gruppi di tecniche attive:

♦ tecniche sim ulat ive , in cui troviamo

il role playing (gioco dei ruoli) per l’interpretazione e l’analisi dei comportamenti e dei ruoli sociali nelle relazioni interpersonali,

l'in basket (cestino della posta) per le prese di decisione in ambito di ufficio e

l'act ion m aze (azione nel labirinto) per lo sviluppo delle competenze decisionali e procedurali.

♦ tecniche di analisi della situazione che si avvalgono di casi reali:

nello studio di caso si analizzano situazioni comuni e frequenti, nell' incident si affrontano situazioni di emergenza. Con lo studio di

caso si sviluppano le capacità analitiche e le modalità di approccio ad un problema, nell’'incident , alle precedenti, si aggiungono le abilità decisionali e quelle predittive.

♦ tecniche di riproduzione operat iva

come le dim ostrazioni e le esercitazioni: esse puntano ad affinare le abilità tecniche e operative mediante la riproduzione di una procedura. Sono complementari e richiedono la scomposizione della procedura in operazioni e in fasi da porre in successione e da verificare ad ogni passaggio.

♦ tecniche di produzione cooperat iva ,

tra cui possiamo annoverare la tecnica del brainstorm ing (cervelli in tempesta), per l’elaborazione di idee creative in gruppo, e il metodo del cooperat ive learning, per lo sviluppo integrato di competenze cognitive, operative e relazionali.

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F. TESSARO - Processi e m etodologie dell' insegnam ento - SSIS Veneto

Mod. 9 ( in presenza) – Tecniche simulative e di analisi di caso 2

Le tecniche definiscono il rapporto t ra il sogget to che apprende e la

situazione d’apprendim ento. Con le tecniche di simulazione il soggetto impara immerso nelle situazioni; con quelle di analisi della situazione impara dalle situazioni (leggendole); con le tecniche di riproduzione operativa impara operando sulle situazioni, e con quelle di produzione cooperativa impara a modificare (o a inventare) le situazioni.

Naturalmente è variabile anche il coinvolgim ento em ot ivo degli studenti: è profondo nelle tecniche simulative, con l'immersione nella realtà e con l'assunzione di ruoli specifici, più distaccato nelle analisi delle situazioni e nelle riproduzioni operative.

9 .2 LE TECN I CHE SI MULATI VE PER CAPI RE UN ALTRO PUNTO DI VI STA

9 .2 .1 I l role playing per m ettersi nei panni degli alt r i

Il role playing (gioco o interpretazione dei ruoli) consiste nella simulazione dei comportamenti e degli atteggiamenti adottati generalmente nella vita reale; i ruoli sono assunti da due o più studenti davanti al gruppo dei compagni - osservatori. Gli studenti devono

assumere i ruoli assegnati dall'insegnante e comportarsi come pensano che si comporterebbero realmente nella situazione data. Questa tecnica ha, pertanto, l'obiettivo di far acquisire la capacità di impersonare un ruolo e di comprendere in profondità ciò che il ruolo richiede.

Il role playing non è la ripetizione di un copione, ma una vera e

propria recita a soggetto. Riguarda i comportamenti degli individui nelle relazioni interpersonali in precise situazioni operative per scoprire come le persone possono reagire in tali circostanze.

Gli elementi fondamentali del role playing:

§ si predispone una scena in cui partecipanti devono agire; § i partecipanti sono al centro dell'azione e devono recitare

spontaneamente secondo l'ispirazione del momento; § l'uditorio assume particolare importanza poiché il gruppo non funge

da semplice osservatore, ma cerca di esaminare e di capire quanto

avviene sulla scena; § il docente deve mantenere l'azione dei partecipanti e la situazione

scenica, anche sollecitando, suggerendo, facilitando l'azione fino al momento in cui gli studenti protagonisti non agiscono autonomamente;

§ il docente può avvalersi di collaboratori incaricati di favorire la recita, anche con la loro recitazione: potranno utilizzare tecniche come quella dello specchio (in cui rinviano gli atteggiamenti del soggetto al soggetto stesso) o la tecnica del doppio (in cui si sforzano di cogliere gli atteggiamenti tipici del soggetto prolungandone

l'espressione e rendendo esplicito ciò che rimarrebbe latente).

Oltre alla tecnica dello specchio e a quella del doppio, il role playing si avvale di altre tecniche:

• L’autopresentazione 1.

1 L'uso didattico di questa tecnica dovrà essere utilizzato soltanto relativamente

alla “parte studentesca” dell'attore

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Mod. 9 ( in presenza) – Tecniche simulative e di analisi di caso 3

• I l m onologo ( le r iflessioni personali dell’at tore)

• La presentazione di ruoli collet t ivi ( uno stesso par tecipante

interpreta tut t i i ruoli previst i)

• L'inversione dei ruoli: ( dopo aver sostenuto una posizione, provare

a sostenere quella opposta)

Il gioco dei ruoli possiede una grande forza catalizzatrice che

coinvolge emotivamente sia i partecipanti sia gli osservatori2. A volte si tratta di esperienze difficili da vivere. Il docente è tenuto a rispettare questa presa di coscienza senza giudicare se ciò è giusto o pertinente. Come ogni tecnica di sensibilizzazione utilizzata a scopi formativi, anche il role playing dev'essere utilizzato come tale, deve avere delle sequenze

strutturate e deve concludersi con una verifica degli apprendimenti.

9 .2 .2 Dall’in basket alla posta elet t ronica per im parare in re t e

L'in basket (cestino della posta) inizialmente era riservato agli studenti dei corsi di indirizzo tecnico o professionale per le decisioni nel lavoro d'ufficio. Oggi, con il diffondersi universale di procedure di posta

elettronica, la tecnica dell’in basket si presenta particolarmente interessante per l'apprendimento di procedure di selezione e di processi decisionali. Nella sua forma classica, si consegnavano agli studenti alcuni tra i documenti (lettere, appunti di impegni, avvisi di scadenza, ecc.) che normalmente si potevano trovare sul tavolo di

lavoro o tra la posta in arrivo in un qualsiasi ufficio. Con l’e-mail la gestione della posta non è più appannaggio del solo personale d'ufficio, ma di tutte le persone che comunicano attraverso le reti telematiche. La gestione funzionale della comunicazione via e-mail non può che

considerarsi una competenza di base, altamente formativa che richiede l’attivazione di processi mentali (e non solo di sequenze tecniche) quali l’analisi e la comprensione, la scelta delle priorità, la presa di decisione sui problemi contenuti nei documenti3.

9 .2 .3 Labirint i virtuali per im parare a scegliere

L'act ion m aze (azione nel labirinto) può essere considerato il filo d'Arianna che lo studente dipana quando si inoltra in ambienti cognitivi sconosciuti4.

2 Gli insegnanti “debbono ricordare sempre di non confondere il role play ing (a

valenza pedagogica) con lo psicodram m a (a valenza psicoterapeutica)” (D. Demetrio, 1988, p. 146).

3 L’e-mail scolastica sviluppa anche le competenze più specificatamente relazionali. Basti pensare ai progetti di parternariato o di scambio tra paesi dell’Unione Europea: l’uso dell’e-m ail, al di là del consueto intreccio epistolare tra singoli studenti, è finalizzato all’analisi e alla ricerca di soluzioni di problemi.

4 Nella sua versione originaria, allo studente veniva consegnata la descrizione scritta di una situazione problematica; egli la analizzava e sceglieva una possibile soluzione tra una serie di alternative presentate. Ogni scelta comportava la consegna di un'altra scheda. Alla conclusione ogni allievo percorreva un proprio itinerario; la verifica riguardava il numero e la progressione dei nodi percorsi, l'individuazione di percorsi essenziali (con pochi nodi) o di percorsi originali (itinerari alternativi) che potevano condurre a soluzioni creative. Tutto ciò con la speranza che, nel frattempo, lo studente non si fosse perso nel labirinto.

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Mod. 9 ( in presenza) – Tecniche simulative e di analisi di caso 4

Anche questa tecnica è stata ampiamente rivisitata con l'avvento

delle reti e delle tecniche di navigazione. In questo caso la ricerca, benché in mondi virtuali di conoscenza, non è simulata; l'allievo fa ricerca e, ad ogni nodo, deve valutare l'importanza e il senso della nuova informazione, prendendo continue decisioni sulle strade da intraprendere o da scartare. (Internet è un vero e proprio labirinto) La

rapidità delle decisioni è tale che, dopo soli pochi nodi, può risultare complicato il ritorno al punto di partenza. Accanto alle competenze decisionali, la tecnica del labirinto in rete richiede anche approfondite competenze autovalutative e orientat ive .

9 .3 LE TECNI CHE DI ANALI SI PER CAPI RE LE SI TUAZI ONI REALI

9 .3 .1 Lo studio di caso: ana tom ia della com plessità

Lo studio di caso consiste nella descr izione det tagliata di una

situazione reale . Con esso si intende sviluppare negli studenti le capacit à

analit iche necessarie per affrontare sistematicamente una situazione complessa di cui sono fornite tutte le indicazioni fondamentali.

Con lo studio di caso si presenta agli studenti la descrizione di una situazione reale (e in quanto tale complessa), frequente o esemplare. La descrizione di un caso è un brano scritto al quale possono essere associati documenti, tabelle o schemi. Benché nella letteratura si prospettino descrizioni molto lunghe, si ritiene didatticamente opportuno

non superare una o due pagine.

La situazione da esaminare può anche riguardare un caso problematico, ma bisogna non dimenticare che l'obiettivo di questo metodo non è quello di risolvere un problema, bensì quello di im parare

ad affrontare i problem i, ad individuarli e a posizionarli.

La descrizione viene consegnata agli studenti che, dapprima, studiano il caso individualmente e poi lo discutono in gruppo, moltiplicando così le alternative di approccio al caso stesso.

Accanto allo sviluppo delle capacità analitiche, il metodo dei casi

presenta anche altri importanti aspetti formativi, se utilizzato come tecnica di gruppo. L'interazione tra gli studenti, infatti: § favorisce la conoscenza delle altre persone, scoraggiando

dall’emettere semplicistici giudizi nei loro confronti; § permette di capire come uno stesso problema possa essere valutato

in modo diverso da persone diverse; § consente di abbattere facili generalizzazioni, utili soltanto come difese

individuali; § sensibilizza e forma alla interazione e alla discussione creando

condizioni che facilitano una reciproca migliore comprensione;

§ mette in evidenza le difficoltà che presenta il pensare ad un problema reale e il giungere ad una eventuale soluzione di gruppo.

All'inizio delle esperienze con i casi, gli studenti sono ansiosi di conoscere le risposte ai vari interrogativi e le soluzioni adottate nella realtà. Dopo un po', comunque, comprendono che è più importante

imparare il processo di analisi per arrivare alla soluzione piuttosto che la soluzione in sé.

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Mod. 9 ( in presenza) – Tecniche simulative e di analisi di caso 5

9 .3 .2 L’incident per im parare a decidere

L'incident può essere considerato una variante del metodo dei casi, benché si differenzi da esso sia per l'oggetto di studio che per la tecnica didattica. L'oggetto dell'incident , infatti, è sì una situazione reale, ma è una situazione di em ergenza, è in procinto di esplodere, può diventare un incidente di percorso. Anche con l'incident , quindi, gli studenti

devono dimostrare competenze analitiche, e non soltanto per individuare le strategie di approccio, ma soprattutto per sviluppare le abilità

decisionali atte a superare favorevolmente l'emergenza.

Con questo metodo, come con lo studio di caso, il docente predispone accuratamente tutti gli elementi connessi alla situazione, e pertanto la

progettazione dell'intervento è analoga a quella dei casi. Nell'incident , però, varia la tecnica didattica. La descrizione scritta, molto breve, non richiede che qualche minuto di lettura poiché il materiale presentato agli studenti è volutamente mancante di molti elementi.

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F. TESSARO - Processi e m etodologie dell' insegnam ento - SSIS Veneto

Mod. 10 (on line) - Gest ione di gruppi di adolescent i in apprendim ento 1

10 GESTI ONE DI GRUPPI DI ADOLESCENTI I N

APPRENDI MENTO

La maggior parte dell’azione didattica dell’insegnante è rivolta a gruppi di studenti; normalmente al gruppo-classe, e anche ad altre aggregazioni di allievi. Ma che cosa è un gruppo? Come agisce e reagisce? Come si forma? Quali sono le dinam iche che muovono i membri di un gruppo? Perché insegnare in una classe risulta piacevole e in un’altra no?

Nella scuola dell’autonomia il docente non risponde solo alla propria disciplina (e quindi solo a se stesso, in perfetta solitudine): tutti i docenti, insieme, sono chiamati alla costruzione dei curricoli (e dei profili formativi) coerenti e integrati. Si opera insieme, secondo la strategia del team teaching, in modo coordinato e cooperativo per progettare e governare didatticamente un intervento, e per valutarne i risultati. Nonostante il proliferare di commissioni, comitati, gruppi di studio e di progetto, la diffusione della cultura del lavoro in gruppo dei docenti della secondaria risulta ancora più imposta che compresa e voluta.

Al t eam teaching degli insegnanti corrisponde il team learning degli studenti, con caratteristiche peculiari centrate sul gruppo dei pari, sull’aiuto reciproco, sulla conversazione e sulla discussione. In tal senso vanno affermandosi tecniche come il brainstorm ing (per produrre nuove idee in gruppo) o il cooperat ive learning (apprendimento cooperativo in piccoli gruppi eterogenei)1.

1 0 .1 I L GRUPPO

Alcune definizioni di gruppo:

Il gruppo può essere inteso come intersezione t ra il personale e il socia le: è “il perno tra l’individuo anonimo e il sociale organizzato” (Amerio); “… è il luogo proprio dell’intersezione tra la persona che può identificarsi e individuarsi nelle relazioni con gli altri, e il sociale che assume la configurazione di organizzazione” (Quaglino, 19922).

Una definizione, più attenta alle carat terist iche individuali e ai vincoli sogget t ivi risale a Cattel (1951): “Un gruppo è un aggregato di organismi in cui l’esistenza di tutti è utilizzata per la soddisfazione dei

bisogni di ognuno”.

Invece, altre definizioni sono più attente alle carat ter ist iche sociali e ai vincoli del collet t ivo. Il gruppo è una totalità e si identifica come sogget to sociale organizzato (come l’individuo o l’ambiente), è un’unità in grado di esprimere comportamenti, valori culturali propri, differenti da

1 Prenderemo in esame le tecniche del brainstorming e del cooperative learning

nel prossimo modulo. 2 Accanto al testo di QUAGLINO G.P., CASAGRANDE S., CASTELLANO A., Gruppo di

lavoro, lavoro di gruppo, Raffaello Cortina, Milano, 1992; si consiglia DOMINUCO G ., FRIGERIO A. (a cura di), Lavorare in t eam , Centro Doc. Educativa, 1996; MUCCHIELLI

R., La dinam ica di gruppo, LDC, Torino, 1980; SUMMA I., ARMONE A., Form arsi per form are, Editrice T.e.m.i., Bologna, 1997

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quelli delle singole persone che ne fanno parte (K. Lewin). O ancora, e in chiave psicanalitica: il gruppo è globalità interdipendente che sviluppa pensiero ed emozioni al di là del singolo membro e, parallelamente, individua nella partecipazione psicologica – oltre che nei contenuti psichici dei singoli – la fonte della costruzione del gruppo stesso (Bion).

Riflessioni: La classe è gruppo in apprendimento; tutte le definizioni di gruppo sono pertinenti (Amerio, Quaglino, Cattel, Lewin e Bion): ma quale si avvicina maggiormente alla nostra idea di classe?

1 0 .2 LE FONTI DEGLI STUDI SUL GRUPPO

La prima metà del ‘900 ha visto nascere e fiorire gli studi sui gruppi. Sono quattro le fonti principali: l’inchiesta di Hawthorne in ambito aziendale, la psicoterapia di gruppo per la salute mentale, la sociometria di Moreno per l’analisi delle relazioni affettive informali e la teoria del campo di Lewin per le dinamiche di gruppo.

L’inchiesta di Hawthorne (1927-1932)

Fu uno studio teso a rilevare quanto influiscono le condizioni di lavoro

sul rendim ento degli operai3. Risultati: a) tutto l’ambiente di lavoro (che sino ad allora era ritenuto “oggettivo”, neutro) appariva pregno di significat i psicologici e sociali; b) il gruppo genera al proprio interno una organizzazione inform ale , che ha lo scopo di mantenere modelli di vita collettiva destinati a proteggere il gruppo stesso dai mutamenti e dalle pressioni esterne.

Riflessioni: Anche nella scuola i fenomeni di gruppo incidono sui processi di insegnamento e di apprendimento: in che modo? Vanno contrastati o assecondati?

La psicoterapia di gruppo

La psicanalisi (Freud) era prevalentemente orientata al passato dell’individuo e all’inconscio individuale, ma alcuni medici già all’inizio del ‘900 ricercavano metodi diretti di r iadat tam ento sociale degli ammalati tramite la loro partecipazione in gruppi4.

Riflessioni: Senza arrivare a forme di terapia propriamente detta, la classe (come gruppo) può supportare (aiutare) il singolo allievo nell’affrontare difficoltà e problemi. Quali problemi possono essere affrontati? Senz’altro quelli cognitivi (es., difficoltà nello studio o nell’esposizione); e se questi sono a loro volta causati da problemi relazionali e/o affettivi?

3 Inizialmente (1927) fu avviato uno studio sperimentale classico (con variazioni

di condizioni oggettive) intervistando 20.000 persone della Western Electric. Poi (1931) si passò all’analisi dei fenomeni di gruppo (come le reazioni specifiche, le relazioni informali, la vita collettiva, la struttura interna, ecc.) che si ripercuotevano su: lavoro, rendimento, relazioni gerarchiche e funzionali. L’osservazione sistematica si protrasse per 8 mesi su un gruppo di 14 operai.

4 1900: R. Vogt, norvegese, colloca i malati gravi in famiglie selezionate (per terapie intra-familiari). 1905: J.H. Pratt, statunitense, organizza “classi” in cliniche “di controllo del pensiero” per spiegare agli ammalati la natura delle loro turbe psichiche. 1915: Joergensen, danese, usa come metodo di cura, scene teatrali improvvisate dagli stessi malati mentali. 1920: Green, statunitense, cura la balbuzie nei gruppi. 1934: Slavson crea la psicoterapia dei gruppi di gioco per malati in età prescolare e la psicoterapia di gruppo, con discussioni, per adolescenti e adulti.

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La sociom et r ia di Moreno

J. Moreno5 presenta due idee di fondo:

a) La dim ensione sociale è l’essenza della personalità: la personalità non è interiorità nascosta e separata, ma un insieme di ruoli sociali, che vengono vissuti e che possono essere continuamente mutare. Su questa base Moreno propone (1928) le tecniche dello psicodramma (v. role play, lezione 9) e del gioco delle parti nell’ambito della psicoterapia di gruppo.

b) Ogni gruppo um ano ha una st rut tura affet t iva inform ale che

determ ina i com portam ent i degli individui nel gruppo, gli uni nei confronti degli altri. Su questa base avvia (1932) la sociometria e il test sociometrico che punta all’analisi delle relazioni affettive informali in un gruppo ristretto.

Il test sociometrico si basa sull’analisi delle scelte e/o dei rifiuti che ogni membro del gruppo effettua verso gli altri e riceve dagli altri. Come si applica il test sociometrico in classe? Ogni allievo deve rispondere per iscritto alle domande “ con chi vor rest i …” e “ con chi non vorrest i …”

indicando i nomi dei compagni che vorrebbe o non vorrebbe con sé nello svolgere determinate “at t ività- criterio”. Es: la domanda “ con chi

vor rest i st udiare m at em at ica” è connessa ad un criterio cognitivo; “ con

chi vor rest i stare nello scom part im ento in t reno per la git a a … ” è connessa ad un criterio affettivo; “ con chi vor rest i giocare a pallavolo

( t orneo) ” è connessa ad un criterio funzionale. Ogni allievo indica fino ad un massimo di 5 scelte e di 5 rifiuti. Alla conclusione si raccolgono tutti i risultati in una tabella a doppia entrata (sociom at r ice). Le sommatorie delle scelte e dei rifiuti permettono di individuare le tipologie sociali dei soggetti: i leader (ottengono prime scelte), i popolari (presentano molte scelte, senza rifiuti), i rifiutati (ottengono molti rifiuti e poche scelte), gli emarginati (né scelti né rifiutati), le coppie (prime scelte reciproche), ecc. La distribuzione delle scelte e dei rifiuti permette di disegnare il sociogramma ossia lo schema delle aggregazioni dei gruppi e sottogruppi all’interno della classe in riferimento al criterio dato.

Riflessioni: Ci deve essere coerenza tra il criterio e l’uso del test: si applica il criterio cognitivo per formare gruppi a supporto dell’apprendimento; il criterio affettivo per migliorare le motivazioni e le relazioni interpersonali; il criterio funzionale per potenziare la coesione di un gruppo. È sempre opportuno mettere insieme soggetti che si accettano e che si scelgono? Come coinvolgere i rifiutati o gli emarginati?

K. Lewin e la teor ia del cam po

Per Lewin ogni persona (e ogni gruppo) vive una situazione psicologica costituita da eventi interdipendenti (pensieri, azioni, desideri, …); è questo lo spazio vita le di un soggetto ed è rappresentato da tutto ciò che, in un dato momento, è rilevante per l’individuo o per il

5 Moreno, della scuola psicanalitica, già nel 1913 utilizza il piccolo gruppo (in

discussione libera) per esperimenti di riadattamento sociale di prostitute. Nel 1916-17, durante la prima guerra mondiale, studia come, nei campi di concentramento, i gruppi si istituiscono spontaneamente e come evolvono i fenomeni di tensioni collettive. Nel 1918 rappresenta a Vienna saggi di teatro terapeutico. Dal 1925 è negli USA, dove nel 34 e nel 35 incontri Kurt Lewin.

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gruppo. Il gruppo è una totalità che trascende la somma dei fenomeni psicologici dei singoli membri6.

I fattori che costituiscono lo spazio vitale sono in continua interazione; non l’ambiente in sé e neppure le singole persone, ma le

interazioni t ra le persone e con l’am biente rappresentano il cam po

psicologico . Il gruppo è un campo di relazioni. Lewin distingue due sistemi di relazioni: a) relazioni interpersonali tra i singoli membri e b) relazioni sociali tra i membri e il gruppo nella sua complessità.

Il gruppo è un sistema che si evolve e, attraverso fasi di sviluppo, punta ad un adattamento che trasforma le relazioni interpersonali in relazioni sociali (massima maturità interna del gruppo).

1 0 .3 LA DI NAMI CA DI GRUPPO N ELLA CLASSE

La dinamica di gruppo prende in esame l’influenza reciproca tra i membri di un gruppo e ne analizza l’interdipendenza tra le persone. Alla base della dinamica di gruppo matura il processo di socializzazione . Qualunque cam biam ento di un membro determina un cambiamento di tutti gli altri membri; ciò determina stati di equilibrio instabile fino al raggiungimento di un com portam ento adat t ivo equilibratore .

La dinamica di gruppo segna il passaggio dal concetto di personalità a quello di sintalità. La personalità è il modo in cui l’individuo interpreta e rende unica ed unitaria la propria esperienza, secondo l’idea di sé; la

sintalità è il m odo in cui un gruppo interpreta e rende unica ed unitar ia

la propr ia esper ienza, secondo la pluralità v issuta. Essendo il gruppo un “organismo vivo” dotato di potenzialità conoscitive ed operative comuni e condivise, la sintalità (o “sintesi delle personalità”) è il processo di costruzione di una “personalità del gruppo”, della sua immagine e della sua identità.

L’insegnante, entrando in aula, percepisce la sintalit à della classe: la sintalità è bassa quando il gruppo è estremamente frammentato, con relazioni deboli e inconsistenti; è elevata quando il gruppo è coeso, compatto, solidale. La sintalità della classe può anche essere “contro” l’insegnante: ciò nonostante didatticamente è preferibile un gruppo a forte sintalità (e in opposizione al docente) ad un gruppo amorfo, disaggregato. Riflessione: ciò è vero anche per l'apprendimento?

L’apprendim ento, secondo l’ottica della dinamica di gruppo, è un insieme di processi che comportano un cambiamento: a) nella struttura conoscitiva, b) nella motivazione, c) nell’appartenenza di gruppo. Pertanto, complementare all’apprendimento, l’insegnam ento è processo di facilitazione del clima (dinamiche) e dell’atmosfera educativa.

Il gruppo in situazione educativa:

1. Garantisce il raggiungimento di un livello di sicurezza personale (Festinger, 1954)

6 Il riferimento fondamentale di Lewin è la Ge st a lt The or ie (teoria della forma:

specialmente riguardo all’interdipendenza dei rapporti parte-tutto, nel comportamento e nell’esperienza). Secondo tale concezione, la parte non ha senso di per sé ma nella sua relazione con il tutto. Allo stesso modo (sostiene Lewin) un

m em bro del gruppo esiste nella psicologia degli alt r i m em br i non com e singolo m a com e appar tenente al gruppo.

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2. Accelera e/o migliora i processi di apprendimento (Lott, 1966; Scilligo, 1973)

3. Aumenta l’efficienza e la funzionalità del lavoro (Spaltro, 1973)

4. Influenza il ritmo dello sviluppo intellettivo (Backman, 1973)

5. Influenza la maturazione affettiva dell’individuo (Lewin, 1946)

1 0 .4 I L GRUPPO COME SI STEMA

Un sistema è un com plesso di elem ent i in interazione . La complessità del sistema è data da:

• NUMERO degli elementi

• SPECI E (tipologie) degli elementi

• RELAZI ONI tra elementi

Gli elementi in un gruppo sono, ovviamente, le persone e le RELAZI ONI all'interno del gruppo variano a seconda:

• delle CARATTERI STI CHE delle persone

• dell’AMBI EN TE in cui il gruppo opera

• delle FI N ALI TÀ per cui il gruppo opera

Il gruppo come sistema sociale è:

APERTO = influenzato e condizionato dall’ambiente (sono particolari i gruppi “chiusi”, i clan o le "bande", presenti anche tra gli adolescenti).

DI NAMI CO = in evoluzione continua a causa delle interazioni fra gli elementi del gruppo e con l’esterno.

PROBABI LI STI CO = procede in modo euristico, con risultati possibili e/o probabili, ma non certi

Anche gli studi sui gruppi, secondo l’approccio sistemico, derivano dall’intersecazione di molteplici discipline; in particolare dalla cibernetica, dalla teoria dell’informazione, dalla teoria della comunicazione, dall'antropologia culturale e dalla prossemica.

La prossem ica

La prossemica è lo studio delle relazioni e delle distanze interpersonali che si stabiliscono tra gli individui, tra loro e gli oggetti che usano e gli spazi in cui agiscono.

L’occupazione degli spazi è correlata:

q alle DI NAMI CHE I NTERATTI VE (cultura, provenienza, sesso, ruolo, status, …) e

q alle DI NAMI CHE PSI COSOCI ALI (da cui: posti in aula, a tavola, in pubblico).

Riflessione: Qual è l'occupazione degli spazi in aula? Deve essere libera, guidata o imposta? Come deve essere la disposizione dei banchi per una lezione cattedratica? Per una discussione di gruppo? Per un lavoro a piccoli gruppi?

Per ciò che riguarda la distanza tra le persone, Hall ha individuato 4 categorie:

• I NTI MA: è una non-distanza, contatto fisico, ruolo determinante del corpo e degli arti, del calore, dell’odore, dello sguardo, della bassa tonalità della voce

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• PERSONALE: distanza di due braccia (nel darsi la mano), per argomenti personali e professionali; è determinata da status, posizione, ruolo, sguardo, giusta tonalità della voce

• SOCI ALE: da 1 a 4/5 metri, contatto formalizzato; è determinata da ruolo, posizione, status, asimmetria, contatto oculare, voce poco flessibile

• PUBBLI CA: oltre i 5 metri; conferenza, tribuna, comizio, spesso intervengono i media.

Riflessione: Le distanze “corrette” per la relazione didattica sono la “personale” e la “sociale”. Eppure possono avverarsi anche le altre due (intima e pubblica): in quali situazioni formative, e con quali problemi?

1 0 .5 TI PI DI GRUPPI

Esistono svariate classificazioni dei gruppi data l’eterogeneità dei criteri adottati: a seconda della sua costruzione (come nasce), della sua costituzione (da chi è composto), delle sue funzioni (per fare che cosa), dei rapporti che detiene con l'organizzazione (in che modo opera), o del campo di applicazione (dove opera).

Un'utile classificazione è quella legata allo scopo e all'impiego del gruppo7. Ecco alcuni tipi di gruppi. Tutti, ad eccezione dell'ultimo (gruppi terapeutici), possono essere gruppi scolastici.

I GRUPPI DI DI SCUSSI ONE. Lo scopo dei partecipanti è identico, spesso sono differenti le motivazioni e le opinioni, talora contrastanti. I partecipanti discutono lo stesso argomento pur partendo da punti di vista e da convinzioni differenti. Cfr. i focus group e i gruppi di brain-

storm ing.

I GRUPPI DI ATTI VI TÀ. Vivere insieme un’esperienza, un’attività facilita la maturazione sociale, il senso di appartenenza, e la coesione di un gruppo. Impegnarsi congiuntamente consente il costituirsi di una mentalità di gruppo. Appartengono a questo tipo i gruppi di gioco, che facilitano lo sviluppo della socialità e la capacità di collaborare.

I GRUPPI DI LAVORO. In senso lato tutti i gruppi tendenti ad uno scopo sono gruppi di lavoro. Più specificatamente essi sono finalizzati ed operano concretamente per il raggiungimento di un obiettivo produttivo, condiviso e verso cui tutto il gruppo tende. Sviluppano in modo spiccato il senso di appartenenza e lo spirito di gruppo. Cfr. i gruppi di proget to,

o i gruppi nei laborator i.

I GRUPPI DI STUDI O E/ O DI APPRENDI MENTO. Hanno lo scopo di progredire nell’apprendimento, utilizzando le competenze e le risorse di tutti a favore dei singoli membri del gruppo. Cfr. i gruppi nel cooperat ive

learning.

I GRUPPI DI ORI ENTAMENTO. Hanno lo scopo di indirizzare le scelte dei partecipanti, i quali prendono coscienza delle proprie capacità, acquisiscono informazioni a fondamento delle chiarificazioni personali e delle decisioni conseguenti. Cfr. i gruppi di interesse nelle attività facoltative.

7 La classificazione proposta è un'elaborazione da Novaga M., Borsatti, I l lavoro di

gruppo, Patron, Bologna 1978.

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Mod. 10 (on line) - Gest ione di gruppi di adolescent i in apprendim ento 7

I GRUPPI DI COUNSELI NG. Hanno lo scopo di aiutare (facilitare, accompagnare, consigliare) nella soluzione di problemi individuali e di gruppo. A differenza dei gruppi terapeutici (che conducono alla modificazione della personalità), i gruppi di counseling si fondano sulla chiarificazione dei problemi personali, sull’informazione e lasciano libero il soggetto di fare le proprie scelte.

I GRUPPI TERAPEUTI CI . Hanno la finalità di restituire al soggetto che vi partecipa l’equilibrio psicologico, attraverso una modificazione anche profonda e/o estesa della struttura della personalità. Possono essere centrati sul soggetto stesso (psicoterapia) anche attraverso proiezioni catartiche (drammatizzazione), sulle relazioni tra i membri (terapia relazionale o sistemica) o sull’elaborazione consapevole delle cognizioni dei singoli (terapia cognitiva). Sono terapeutici anche i gruppi di rimozione, il cui scopo è di rimuovere dalla coscienza determinati contenuti attraverso il potenziamento del super-io e del meccanismo della censura.

1 0 .6 I GRUPPI ORGANI ZZATI NELLA SCUOLA

I gruppi organizzati nella scuola sono molteplici: possono essere formali o informali.

I GRUPPI FORMALI adempiono a scopi specifici in rapporto con l’obiettivo generale dell’organizzazione. A seconda della durata, possono essere perm anent i, connessi a funzioni continue (pur modificandosi la partecipazione interna), o tem poranei (che durano secondo il ciclo di vita del compito assegnato).

Nella scuola sono gruppi form ali perm anent i:

§ gli organi collegiali (Consiglio di Istituto, Consigli di classe, e benché grande gruppo anche il Collegio dei Docenti)

§ i t eam di progetto; il team è un gruppo paritario; la responsabilità dei membri è operativa,

§ i dipart im ent i (o gruppi di insegnanti di area o di ambito disciplinare),

§ lo staff di dirigenza, con i collaboratori del dirigente scolastico, e i referenti di sedi o di succursali; lo staff è un gruppo gerarchico; la responsabilità dei membri è organizzativa,

§ l’équipe di coordinam ento per funzioni-obiettivo; l'équipe è un gruppo i cui partecipanti hanno funzioni diverse; la responsabilità dei membri è relativa ai risultati da ciascuno conseguiti,

§ il comitato di valutazione degli insegnanti,

§ le unità di servizio ,

§ i centri di r isorse,

§ l’assem blea e la consulta degli studenti,

§ le associazioni di genitori (rappresentanti di genitori sono componenti negli Organi collegiali).

Sono invece, gruppi form ali tem poranei le commissioni, i gruppi di studio, i gruppi di progetto, … (Ad essi possono partecipare, oltre ai docenti anche il personale tecnico ed amministrativo, gli studenti e i genitori). I loro scopi, durata e composizione sono definiti dagli organi collegiali.

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I GRUPPI I NFORMALI in un’istituzione come la scuola nascono da “particolari combinazioni” tra fattori formali e bisogni dei singoli. La persona ha bisogni che trascendono il semplice bisogno di fare il proprio lavoro. Esistono bisogni connessi all'affermazione di sé, di star bene con gli altri, al perseguimento di ideali, ecc.: la soddisfazione di alcuni di questi bisogni viene cercata formando una serie di rapporti con altri componenti dell’istituzione (gruppo orizzontale, verticale, misto).

I gruppi informali nella scuola sono aggregazioni spontanee di persone appartenenti al sistema-scuola (docenti, studenti, amministrativi, tecnici, ausiliari) nate per soddisfare esigenze personali e ralazionali; talvolta le attività dei gruppi informali sono svolte in ambito scolastico (es.: "spazi benessere"), ma il più delle volte si svolgono in ambienti non scolastici.

Sia per i docenti che per gli studenti le relazioni e i gruppi informali

sono determ inant i per le interazioni negli ambient i formali. Il fallimento di un’organizzazione è per lo più dovuto alla scarsa considerazione riservata agli elementi informali delle interazioni sociali.

1 0 .7 L’OSSERVAZI ONE E LA COMPRENSI ONE DEI FENOMENI DI GRUPPO

L’insegnante, attento alle dinamiche relazionali tra/con gli studenti, è un buon osservatore dei fenomeni di gruppo (presupposto per essere un buon valutatore) quando:

§ È consapevole di porsi da un certo punto di vista (e quindi di osservare solo parte della realtà e con un’ottica particolare, la sua),

§ È in possesso di concetti e conoscenze che gli permettono di riconoscere i fenomeni e di registrarli.

Riflessione: prima si osserva e poi ci si forma un’idea su ciò che si è osservato? O, al contrario, dapprima si ha un’idea (o un concetto, o un modello, o una griglia di indicatori/descrittori) e successivamente si osserva ciò che il modello esige d’essere osservato? Per l’osservazione delle dinamiche sociali, né l’uno né l’altro: tra osservazione e concet tualizzazione c’è scambio reciproco immanente, sviluppo continuo nell’intensione (profondità) e nell’estensione (ampiezza).

L’osservazione della dinamica di gruppo esige che si afferri «ciò che succede» da un certo punto di vista. Per comprendere ciò che accade, dal punto di vista docente, è necessario selezionare nella massa dei dati visibili quelli significativi che caratterizzano le dinamiche del gruppo.

1 0 .8 L’I NSEGNANTE- OSSERVATORE NELLA DI NAMI CA DEL GRUPPO CLASSE

L’osservazione dei fenomeni di gruppo pone il problema generale dell’osservatore-perturbatore . Così, il docente (che è sempre esterno al gruppo-classe) intervenendo in un gruppo t rasform a l’intera situazione e soprattutto altera la dinamica interna del gruppo. La presenza del docente-osservatore può dar luogo ad alcuni fenom eni

quali:

− gli studenti est inguono le reazioni spontanee abituali

− gli studenti spostano l'attenzione sul docente

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− gli studenti mostrano inquietudine o ost ilità verso il docente

− il gruppo solidarizza pro o contro il docente osservatore.

Per ridurre questi inconvenienti, accanto alla progressiva familiarizzazione con l'ambiente, si possono utilizzare tecniche osservat ive diverse quali :

• Osservazione partecipante ( l' insegnante partecipa at t ivam ente ai

lavori del gruppo)

• Osservazione invisibile ( l' insegnate osserva in m odo discreto e

appar t ato)

• Osservazione differita (non sono valide le pr im e osservazioni, m a

solo quelle dopo un per iodo di assestam ento)

• Osservazione ogget t iva ( l' insegnante osserva com portam ent i

sintom at ici o carat ter ist ici, predefinit i - anche t ram ite griglie)

1 0 .9 DECENTRAMENTO E OGGETTI VI TÀ DEL DOCEN TE OSSERVATORE

Ci sono situazioni didattiche (es.: tecniche attive, attività partecipative, discussioni tra studenti, …) in cui il docente è prima di tutto coordinatore e quindi osservatore delle dinamiche relazionali. Ecco alcune regole per l’osservazione delle attività del gruppo di adolescenti:

− Non lasciarsi afferrare o affascinare dal significato im m ediato

del contenuto. Se ci si lascia coinvolgere in una discussione si perdono di vista i significati degli atteggiamenti. Se viene chiesto l’intervento del docente, costui non deve dare pareri personali o prendere posizione; dovrà invece riflettere su che cosa significa tale richiesta nella dinamica del gruppo (lo si vuole coinvolgere nella discussione?, come arbitro?, o come alleato?, lo si vuole mettere alla prova?)

− Non essere im plicat i personalm ente per non essere risucchiati dalla vita socio-affettiva del gruppo. Prendere posizione in un conflitto, lasciarsi afferrare dalla simpatia o dall’antipatia per un membro del gruppo, essere esasperati per il modo di agire di un gruppo, … sono ostacoli insormontabili alla percezione e alla comprensione della dinamica del gruppo.

− Non interpretare ciò che avviene, non « proiet tarsi» sul

gruppo. I desideri e i timori dell’osservatore distorcono la sua percezione e vede solamente ciò che lui stesso ha portato (cioè il suo proprio riflesso). Decentrarsi significa comprendere i fenomeni e restare personalmente ogget t iv i, senza restare invischiati nel suo contenuto e senza credersi personalmente parte in causa.

− Essere at tent i e present i a ciò che avviene "qui e ora" , senza distrazioni e senza disinteresse. Cogliere sia i silenzi che le esclamazioni, le posizioni dei partecipanti, gli atteggiamenti discreti e gli interventi aggressivi, i soliloqui e le prese di decisione,…

− Dare prova di em pat ia : cioè comprendere (essere comprensivi) senza per questo lasciarsi trascinare dai movimenti affettivi; accettare il modo in cui gli altri sentono e ciò che gli altri provano, sempre conservando una capacità intellettuale di formulazione astratta. È necessario astenersi dal giudizio e dalle implicazioni affettive di parte.

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1 0 .1 0 TEAM TEACHI NG E TEAM LEARNI NG

Il t eam teaching è una forma di organizzazione dell'insegnamento nella quale un gruppo di docenti si prende carico congiuntamente dell'attività formativa da svolgere a favore di un gruppo di studenti. È questa una proposta avanzata negli anni '60 e diretta a rendere più flessibile l'attività formativa della scuola, permettendo di organizzarla in forme diversificate e secondo modalità organizzative collaborative.

Il t eam teaching si presenta oggi come un metodo di organizzazione degli insegnanti, degli studenti, dello spazio e del tempo e dei contenuti, all'insegna di una logica progettuale, di conduzione, di valutazione, ma anche di valorizzazione di tutte le risorse presenti.

Gli insegnanti che partecipano al t eam teaching dovranno negoziare e condividere la st rategia collaborat iva , ed in particolare:

§ gli scopi e le modalità di lavoro;

§ l'organizzazione dei gruppi (la dimensione, la costituzione e le regole);

§ le dinamiche e le caratteristiche di gruppo (le manifestazioni, le azioni, gli aspetti comunicativi, il clima, la leadership), i contenuti e le altre variabili didattiche (obiettivi, ruoli, metodi, valutazione).

Al t eam teaching corrisponde quasi sempre una qualche forma di team learning o di apprendimento in gruppo.

Il gruppo, anche abbastanza vasto, degli allievi può essere riorganizzato secondo modalità diversificate: per gruppo totale, per gruppi più ristretti ma consistenti, per piccoli gruppi, per coppie, a seconda delle necessità e delle possibilità date dalle diverse attività didattiche previste. Pertanto, e a solo titolo esemplificativo, possiamo indicare le dimensioni ottimali dei gruppi a seconda dell'azione didattica intrapresa: una lezione ex cathedra può essere rivolta a grandi gruppi (anche 50 o più studenti), mentre una lezione dialogata o

partecipata richiederà un gruppo un po' più ristretto (più o meno le dimensioni di una classe attuale); in una attività di brain storm ing o di focus group il gruppo ideale va da 8 a 12 partecipanti (come un consiglio di classe), in una seduta di cooperat ive learning le dimensioni giuste sono di quattro studenti.

Con il t eam teaching, e il corrispondente team learning, siamo dinanzi ad una proposta metodologica orientata all'acquisizione di competenze cognitive e sociali, da parte dell'individuo e del gruppo, attraverso modalità cooperative che possono essere espresse in:

§ conversazione e discussione guidata (in gruppi a diverse dimensioni, e quindi non solo con il gruppo classe);

§ gruppo dei pari (con tutte le strategie utili ad affrontare i compiti fissati, a focalizzare l'attenzione su alcuni aspetti decisivi, a incoraggiare e stimolare ma anche controllare conflitti possibili, a favorire un clima collaborativo);

§ aiuto reciproco (con l'azione di peer tutoring da parte di qualche altro studente, con azione a di scambio di ruoli fatta vivere a tutti partecipanti al gruppo).

( fine modulo 10)

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F. TESSARO - Processi e m etodologie dell' insegnam ento - SSIS Veneto

Mod. 11 (on line) – Brainstorm ing e Cooperat ive learning 1

11 BRAI NSTORMI NG E COOPERATI VE LEARNI NG

Nel periodo adolescenziale il gruppo è determinante per la costruzione della personalità dei soggetti, per la loro maturazione, non solo psichica e sociale, ma anche per quella cognitiva e intellettiva. Il gruppo sostituisce l'autorità dell'adulto, e la relazione tra l'adolescente e l'insegnante si trasforma notevolmente. Non più solo l'insegnante, quindi, ma soprattutto il gruppo, alla stregua di un ambiente organizzato, facilita e promuove l'apprendimento (così come può negarlo o contrastarlo)1.

Le tecniche proposte (il brainstorm ing ed il cooperat ive learning) si caratterizzano per la valorizzazione di competenze multiple e di stili diversi nella produzione di idee e di soluzioni condivise. Gli allievi sono chiamati ad affrontare un problema o un compito comune: ciascuno di essi proporrà le proprie idee, le proprie esperienze, le propria modalità intellettive. Il raccordo tra gli studenti dovrà svolgersi sul piano della cooperazione, e non semplicemente su quello della collaborazione. I termini sono talvolta impropriamente considerati sinonimi e in opposizione alla competizione. È opportuno, pertanto, richiamare la distinzione tra i concetti fondanti l’apprendimento in gruppo.

La com pet izione va distinta in interna (tra i membri di un gruppo) ed esterna (tra un gruppo e l’altro): il gruppo difficilmente tollera la competizione al proprio interno, ma soltanto nei confronti di gruppi esterni. La competizione interna dev'essere attentamente analizzata: può risultare utile per spronare i soggetti a dare il meglio di sé, ma se eccessiva può distruggere la motivazione personale. Le regole della competizione devono essere approvate e condivise prima di avviare il lavoro; la responsabilità dei risultati é sempre individuale.

La collaborazione promuove lo sviluppo di com petenze relazionali connesse a spiccate motivazioni di ordine personale e a fat t or i af fet t iv i. Il gruppo collaborativo generalmente non si dà regole precise prima di avviare il lavoro, ma durante il suo farsi (anche se spesso non se le dà affatto); la responsabilità dei risultati è del gruppo intero indifferenziato.

Con la cooperazione il gruppo promuove, integrandole, le competenze personali e sociali. Le regole della cooperazione devono essere approvate e condivise prima di avviare il lavoro; ogni partecipante è responsabile di un settore o di una parte del compito e contemporaneamente è responsabile del processo di produzione e del risultato complessivo finale.

1 1 .1 I L BRAI NSTORMI NG PER STI MOLARE LA CREATI VI TÀ DEL GRUPPO

Il brainstorm ing (letteralmente, t em pesta del cervello ) è una tecnica di lavoro di gruppo con cui ci si prefigge di ricercare il massimo di idee su un tema preciso e delle soluzioni creat ive ad un problema. Ad un gruppo di studenti, non particolarmente numeroso (otto / dodici), viene affidato un compito insolito, un problema nuovo, un argomento originale

1 Non esiste l'apprendimento di gruppo, ma in gruppo. L'apprendimento rimane

sempre un processo individuale e personale.

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Mod. 11 (on line) – Brainstorm ing e Cooperat ive learning 2

e complesso, e, per venirne a capo, i partecipanti dovranno far ricorso all'immaginazione.

Nelle situazioni interpersonali usuali, l'atteggiamento valutativo e la formulazione di giudizi risultano essere i principali responsabili del blocco della produzione di nuove idee; il giudizio e la cr i t ica, anche se riferiti alle proposte presentate, e non ai soggetti che hanno formulato le proposte, tendono comunque a conglobare le persone nella valutazione e nel giudizio. Questo fatto inevitabilmente provoca resistenze e paure a manifestare, in pubblico o nel gruppo, le proprie idee.

In ambito scolastico è facilmente riscontrabile la tendenza degli studenti a non svelare il proprio pensiero, a sostituirlo riportando le posizioni altrui, soprattutto quelle dell'insegnante o quelle degli autori studiati. La causa di tutto ciò sta nella paura del ridicolo, per un verso, e in quella dell’errore e delle relative sanzioni, per l’altro.

Con la tecnica del brainstorm ing si possono superare tali difficoltà eliminando ogni giudizio critico o di valore su ciò che viene espresso dai singoli in una situazione di gruppo. La situazione è non-direttiva: tutti partecipanti sono alla pari, non esistono bravi o meno bravi; tutte le idee, anche quelle che possono apparire sciocche, presentano pari dignità euristica ai fini della soluzione ricercata. L'obiettivo non è quello di aumentare le capacità creative individuali, ma quello di facilitare la libera espressione di ciascuno per aumentare le potenzialit à creat ive del gruppo.

Il brainstorm ing si rifà pertanto al principio psicanalitico della forza

creat iva dell' im m aginazione. Il giudizio critico è un blocco che lascia filtrare soltanto ciò che si considera ragionevole e accettabile, perciò va “sbrigliato” con la forza di quell’immaginazione che ciascuno può sprigionare liberamente, dicendo tutto ciò che gli passa per la mente.

Ciascun partecipante al gruppo, esprimendo le sue idee senza restrizione, provoca negli altri delle associazioni m entali che fa nascere altre idee, le quali a loro volta ne germinano altre, e così via. Grazie alle libere associazioni, anche un'idea che apparentemente può sembrare inutile o assurda potrà rivelarsi un anello irrinunciabile nella catena delle idee per una soluzione creativa.

Per condurre a buon fine una sessione di brainstorm ing, è necessario che tutti i partecipanti condividano e rispettino alcune regole fondamentali: a) Ciascuno deve poter esprimere le proprie idee sul problema posto:

senza rifletterci a lungo ("dire quello che passa per la testa in quel momento"), senza preoccuparsi di dire banalità o sciocchezze, senza preoccuparsi della forma o degli errori, senza intimorirsi dell'eventuale pensiero altrui.

b) Vanno evitate le critiche sia alle proprie idee sia a quelle altrui. Nessuno deve commentare le idee manifestate dagli altri né in modo verbale (con espressioni del tipo "non sono d'accordo con ...", e neppure "sono d'accordo"), né con espressioni mimiche o gestuali (ammiccamenti, sorrisini, sbuffi, cenni del capo, ecc.).

c) Nel portare il proprio contributo ci si deve ispirare alle idee altrui, facendo in modo di migliorarle se possibile.

d) Bisogna mirare a raggiungere un certo numero di idee: il brainstorm ing non ha lo scopo di sviscerare un'idea, ma di produrne molte.

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e) Ciascuno ha a disposizione un limite di tempo prefissato per il suo intervento. La durata massima degli interventi individuali viene stabilita e concordata prima di iniziare la seduta, in considerazione del tempo complessivo a disposizione, tenendo conto che ogni partecipante dovrà poter parlare almeno due volte.

f) Gli studenti sono chiamati all’ascolto attento: è perciò opportuno che non prendano appunti per essere totalmente concentrati su ciò che dice il compagno.

Com e si prepara una seduta di brainstorm ing

§ I ndividuare un argom ento da approfondire o un problem a da

r isolvere di part icolare interesse per gli student i ( l' interesse va

eventualm ente provocato ant icipandone i t erm ini e la

problem at icit à) .

§ Circoscr ivere l'argom ento o il problem a da affrontare: se

t roppo vasto va suddiv iso ed affrontato un solo segm ento per

volt a.

§ Scrivere la definizione del problem a in term ini chiar i e precisi,

comprensibili dalla maggior parte degli allievi.

§ Preparare una t raccia delle possibili ram ificazioni di sviluppo

dell'argom ento o delle st rategie r isolut ive del problem a.

§ Predisporre l’am biente, con le sedie e i banchi in form a ovale o

circolare, in m odo che ciascuno possa vedere chi par la.

§ Procurarsi dei fogli gigant i, per r iportare gli intervent i degli

allievi. I n alternat iva si possono ut ilizzare la lavagna lum inosa o

la t radizionale lavagna a m uro.

Come si conduce una seduta di brainstorm ing? Nella versione classica, sospendendo le molteplici varianti, un’attività di brainstorm ing procede secondo alcune azioni: § La proposta del problem a . L'argomento e/o il problema da

affrontare possono anche partire dal docente, ma, per rendere più motivante ed interessante il lavoro, è opportuno che la necessità di sviluppare un particolare argomento o di ricercare valide soluzioni ad uno specifico problema, emergano direttamente dagli studenti.

§ La ripart izione in gruppi. La classe, specialmente se numerosa, va suddivisa in gruppi. È utile che ogni gruppo non sia inferiore alle otto unità o superiore alle dodici. Si possono utilizzare gruppi con dimensioni diverse utilizzando varianti al metodo classico.

§ I ruoli interni. Tra i partecipanti di ciascun gruppo vanno individuati due studenti che assumono i ruoli rispettivamente di coordinatore e di segretar io . (Le prime volte, e in particolare con gli studenti più giovani, il ruolo di coordinatore potrà essere svolto direttamente dal docente: per motivi spiccatamente formativi, tale ruolo dovrà essere al più presto delegato ad uno studente). I compiti primari del coordinatore sono di custodire il compito e di far rispettare le regole di base. Il compito del segretario è di riportare in forma sintetica o per parole chiave, sui fogli o sulla lavagna, i concetti espressi da ciascun partecipante. I ruoli di coordinatore e di segretario, nelle successive sedute di brainstorm ing saranno sostenuti da altri studenti. Va precisato che il segretario può intervenire come tutti gli

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altri partecipanti al gruppo; invece è opportuno che il coordinatore, data la natura dei suoi compiti, si astenga dall'esprimere le sue idee.

§ La successione degli intervent i. I gruppi si riuniscono disponendosi in modo da non disturbarsi vicendevolmente; il coordinatore ripete la consegna e avvia la prima raccolta di idee. Si può usare la t ecnica della rotazione, dove inizia lo studente che sta a fianco del coordinatore, continua il compagno vicino, e così via. Se qualcuno non ha niente da dire "passa". Coloro che rinunciano a parlare saranno invitati dal collaboratore ad esprimersi alla conclusione del giro. In alternativa alla tecnica della rotazione, si può utilizzare la t ecnica libera dove parla chi vuol dire qualcosa. In questo caso sarà premura del coordinatore ripartire gli interventi, dando la priorità a coloro che non hanno mai parlato - eventualmente stimolandoli - e badando che tutti esprimano le loro idee.

§ La verbalizzazione . Appena un partecipante ha concluso il proprio intervento, il segretario sintetizza oralmente l'idea espressa in una breve frase o in due o tre parole chiave. Se il primo accetta la sintesi proposta del segretario, costui la scriverà sui fogli o sulla lavagna, facendo sì che tutti la possano leggere. In caso contrario sarà il partecipante a proporre le parole chiave da scrivere (in pochissimi secondi, senza ripetere l’intervento).

§ I l punto della situazione . Dopo il primo giro di tavolo si effettua lo spoglio: il segretario riepiloga le idee espresse leggendo le sintesi riportate. Il coordinatore richiama la consegna ed enfatizza i concetti manifestati, quelli che a suo avviso possono ulteriormente essere sviluppati. Quindi avvia la seconda tornata. È opportuno riservare sempre una seconda possibilit à di intervento.

§ La sintesi aperta . Alla conclusione del secondo giro, si ripete lo spoglio e il coordinatore procede alla selezione delle idee: richiama i punti emersi articolandoli nei possibili e diversi percorsi di soluzione del problema o di sviluppo dell'argomento. Con la sintesi del coordinatore si conclude l'attività di brainstorming vera e propria, ma si apre il confronto tra i gruppi.

§ I l confronto. Tutti i gruppi si riuniscono sotto la direzione dell'insegnante; i coordinatori ed i segretari di ciascun gruppo riportano le tesi salienti e, alla fine dei resoconti, si avvia la discussione conclusiva. In questa fase gli studenti non devono più rispettare le regole del brainstorming, sono invece chiamati ad esercitare il giudizio critico, l'argomentazione e la confutazione, esprimendo pareri, opinioni, dubbi, valutazioni.

La tecnica è particolarmente utile per gli studenti con dif f icolt à

com unicat ive (dovute, per esempio, a timidezza) o con povertà lessicale, poiché ciascuno può dire quello che vuole e come lo vuole, protetto dalla rigorosa regola dell'esclusione della critica. Per altro verso è utile anche agli studenti eccessivamente loquaci e prolissi che, costretti nei limiti di tempo a disposizione, sono invitati a sviluppare capacità di sintesi e a rispettare le regole della comunicazione sociale.

Se non svolge il ruolo di coordinatore di gruppo, il docente fungerà da supervisore e da osservatore delle attività svolte dai diversi gruppi. La presenza del docente dovrà essere discreta, stimolante e sicura: discret a

affinché gli studenti siano centrati sul problema e non sull'insegnante; st im olante perché deve introdurre, se necessario, gli opportuni stimoli per incoraggiare e rinvigorire un gruppo; sicura perché ogni studente deve sentire che il docente garantisce erga om nes l'applicazione delle

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regole del brainstorm ing durante i lavori, e perciò le sue idee non sono esposte alla derisione altrui. Alla conclusione dell'attività dei gruppi, il docente governerà la discussione conclusiva, valorizzando il lavoro di ogni gruppo e di ogni studente.

1 1 .2 I L COOPERATI VE LEARNI NG PER I MPARARE I N GRU PPO

Il cooperat ive learning, è una modalità di apprendimento che si realizza attraverso la cooperazione con altri compagni di classe, che non esclude momenti di lavoro sia individuali che competitivi. “È una modalità di apprendimento in gruppo caratterizzata da una forte interdipendenza positiva fra i membri. Questa condizione non si raggiunge né riunendo semplicemente i membri, né limitandosi a stimolarli alla cooperazione, né richiedendo loro di produrre insieme un qualche prodotto finale. Essa, invece, è frutto della capacità di strutturare in maniera adeguata il compito da assegnare al gruppo, di allestire i materiali necessari per l'apprendimento e di predisporre le attività per educare i membri ai comportamenti sociali richiesti per un’efficace cooperazione” (M. Comoglio, 1996, p. 6).

Dal punto di vista dell'insegnante, l'apprendimento cooperativo consiste in un insieme di tecniche di conduzione della classe, in cui gli studenti lavorano in piccoli gruppi per attività di apprendimento comuni e ricevono valutazioni in base ai risultati conseguiti.

Non esiste un'unica versione di cooperat ive learning, ma molte posizioni interpretate da diversi autori. Ampie rassegne possono essere ritrovate sia in letteratura che in rete.

“In Italia questa metodologia ha avuto una buona diffusione nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare2 … La penetrazione del cooperative learning a livello di scuola secondaria è invece tuttora limitata. Non bisogna confondere infatti il cooperative learning con il normale lavoro di gruppo. La specificità dell'apprendimento cooperativo sta:

a) nell'enfasi posta sul coinvolgimento attivo degli studenti in lavori di gruppo e sul successo scolastico di tutti i membri del gruppo;

b) nella presenza nel lavoro di gruppo dei seguenti elementi: positiva interdipendenza; responsabilità individuale; interazione faccia a faccia; uso appropriato delle abilità; valutazione del lavoro.

Proponiamo all'attenzione dei colleghi della secondaria un'ampia sintesi di un'esperienza di cooperative learning attuata in Italia in un corso universitario di Chimica. Ci pare un'ottima base di partenza anche per la scuola superiore.”

La sintesi è tratta dal testo "La Chim ica nella Scuola” (1999) di Liberato Cardellini e Richard M. Felder3.

2 Le riflessioni che seguono sono raccolte in rete, in particolare su

http://www.bdp.it/adi/CoopLearn/cooplear.htm 3 Cardellini opera presso il Dipartimento di Scienze dei Materiali e della Terra,

Facoltà di Ingegneria dell'Università, Via Brecce Bianche - 60131 Ancona. E-mail: [email protected]. Felder opera presso il Department of Chemical Engineering, North Carolina State University, Raleigh, NC 27695-7905, USA. E-mail: [email protected]. La versione integrale è reperibile al seguente url:

www2.ncsu.edu/unity/lockers/users/f/felder/public/Cooperative_Learning.html

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1 1 .2 .1 Dall’ist ruzione basata sulla lezione all’apprendim ento centrato sullo studente

La lezione t radizionale

La maggior preoccupazione didattica di molti docenti è il completamento del programma, minore enfasi viene invece posta su quanto sia significativo e stabile nella memoria ciò che gli studenti apprendono.

Nella lezione "ex cathedra" tradizionale il docente fornisce informazioni e lo studente concentra il proprio sforzo soprattutto nel seguire la spiegazione e nel prendere appunti.

Molte ricerche smentiscono che la lezione ex cathedra sia un modo efficiente di trasmettere informazioni in modo accurato. Di circa 5000 parole ascoltate in 50 minuti di lezione, gli studenti ne appuntano circa 500 e in media trascrivono circa il 90% delle informazioni scritte dal docente sulla lavagna.

La lezione tradizionale favorisce di più gli studenti maggiormente dotati. Anche gli studenti più dotati, però, hanno difficoltà a sostenere l'attenzione e l'interesse vivi per una intera ora o più. Dopo circa 10 minuti, l'attenzione comincia a calare. Studi ci dicono che immediatamente dopo una lezione (di 50 minuti), gli studenti ricordano circa il 70% di quanto presentato nei primi 10 minuti, e il 20% del contenuto presentato negli ultimi 10 minuti .

E' vero quanto Bodner afferma: “ insegnare e apprendere non sono

sinonim i: possiamo insegnare - e insegnare bene - senza che gli

student i im parino” .

I l cost rut t iv ism o e l'apprendim ento cent rato sullo studente4

Secondo il costruttivismo, che fonda le sue radici nell'opera di Piaget, la conoscenza è costruita dall'individuo via via che questi cerca di ordinare le proprie esperienze .

Un ramo del costruttivismo è il "costrut t ivism o sociale ” , secondo cui l'intersoggetività tra attori è il "luogo" per imparare ad elaborare strumenti di comprensione della realtà (ndr )

Driver et al. propongono una "costruzione sociale " dell'apprendim ento scient ifico: la conoscenza scientifica viene costruita quando gli studenti sono attivamente impegnati in discussioni e attività riguardanti problemi scientifici. Questa nuova concezione, che vede lo studente at t ivam ente coinvolto nella cost ruzione della conoscenza , ha sostituito la visione del "com portam ent ism o" che considerava l'apprendimento centrato sulla struttura stimolo-risposta.

Il modello costruttivistico può essere sintetizzato in una singola frase: La conoscenza è costruita nella m ente di colui che im para .

Secondo Vygotsky , lo sviluppo cognit ivo è un processo sociale e la capacità di ragionare aum enta nell' interazione con i propri par i e con persone m aggiorm ente espert e .

4 Per un approfondimento delle teorie di fondo del Cooperative learning si rimanda

all’articolo di G. Chiari (di cui si propongono alcuni straci alla conclusione del modulo).

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McKeachie sostiene che, interagendo con i propri pari, lo studente opera una m aggiore elaborazione cognit iva e può am m ettere e chiarire la propria confusione.

Lavorare in gruppo accresce le capacità di ragionamento critico.

1 1 .2 .2 Cooperat ive Learning: definizione

L'apprendimento cooperativo (Cooperative Learning, CL) è un m etodo che coinvolge gli student i nel lavoro di gruppo per raggiungere un fine com une . Perché il lavoro di gruppo si qualifichi come CL devono essere presenti i seguenti elementi:

a. Posit iva interdipendenza . I membri del gruppo fanno affidamento gli uni sugli altri per raggiungere lo scopo. Se qualcuno nel gruppo non fa la propria parte, anche gli altri ne subiscono le conseguenze. Gli studenti si devono sentire responsabili del loro personale apprendimento e dell'apprendimento degli altri membri del gruppo .

b. Responsabilità individuale . Tutti gli studenti di un gruppo devono rendere conto sia della propria parte di lavoro sia di quanto hanno appreso. Ogni studente, nelle verifiche, dovrà dimostrare personalmente quanto ha imparato.

c. I nterazione faccia a faccia . Benché parte del lavoro di gruppo possa essere spartita e svolta individualmente, è necessario che i componenti il gruppo lavorino in modo interattivo, verificando gli uni con gli altri la catena del ragionamento, le conclusioni, le difficoltà e fornendosi il feedback. In questo modo si ottiene anche un altro vantaggio: gli studenti si insegnano a vicenda.

d. Uso appropriato delle abilità nella collaborazione . Gli studenti nel gruppo vengono incoraggiati e aiutati a sviluppare la fiducia nelle proprie capacità, la leadership, la comunicazione, il prendere delle decisioni e il difenderle, la gestione dei conflitti nei rapporti interpersonali.

e. Valutazione del lavoro . I membri, periodicamente valutano l'efficacia del loro lavoro e il funzionamento del gruppo, e individuano i cambiamenti necessari per migliorarne l'efficienza.

1 1 .2 .3 Le form e di Cooperat ive Learning

Gli esperti di CL distinguono tra cooperat ive learning inform ale,

esercizi brevi assegnati in classe a gruppi non fissi di due o più studenti, e cooperat ive learning form ale , esercizi più lunghi e impegnativi assegnati a gruppi di studenti che lavorano insieme per una parte significativa del corso. I risultati didattici in entrambi i casi sono efficaci.

Nel CL inform ale, viene chiesto agli studenti di mettersi insieme in gruppi di 2 - 4 persone . Si assegna il compito di scrivere ad uno scelto a caso (gli studenti si contano, 1, 2, 3, ... e il docente assegna il compito: "il numero 2 di ogni gruppo scriverà questo esercizio"). Il docente propone poi una domanda o un problema, dando agli studenti un tempo compreso tra i 30 secondi e i 5 minuti per lavorare. Soltanto a quello scelto è permesso di scrivere. Allo scadere del tempo l'insegnante chiede ad alcuni studenti, appartenenti a gruppi diversi, la risposta elaborata dal proprio gruppo.

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La questione posta dal docente può riguardare spiegazioni precedenti, l'impostazione della soluzione di un problema, il completamento di passaggi mancanti in un procedimento di calcolo o in una procedura sperimentale, la formulazione di una spiegazione su una osservazione sperimentale, l'ipotesi di una serie di cause, il riassunto di una lezione, la formulazione di una o due domande sugli argomenti relativi ad una certa lezione, l'elenco di possibili difetti di un esperimento o di un progetto, o la risposta a domande che il docente normalmente fa alla classe durante una spiegazione.

Una variante a questo metodo è la coppia che ragiona insie m e (think-pair - share). Il docente prima chiede a ciascuno studente di formulare singolarmente la risposta, poi di unirsi in coppie e costruirne una sola, a partire dalle due risposte individualmente già date. Infine il docente invita alcuni studenti, appartenenti a coppie diverse, ad esporre la risposta.

La scelta di questi studenti non deve essere fatta né in anticipo, né sulla base della volontarietà. Infatti se il docente chiedesse di rispondere solo a dei volontari o ad alunni preventivamente individuati, verrebbe meno l'incentivo per la partecipazione attiva di tutti, che è invece l'essenza di questo metodo. Se gli studenti sanno che chiunque può essere chiamato, tutti, o quantomeno la maggioranza, sono motivati a predisporre la miglior risposta possibile.

Nel CL form ale , gli studenti lavorano in gruppi su problemi, su progetti o su relazioni di laboratorio. Il lavoro può essere fatto tutto o in parte in classe, o fuori della classe. Una interdipendenza positiva si ottiene assegnando ruoli differenti ai vari membri del gruppo, fornendo un training specifico sui differenti aspetti del progetto ai diversi membri del gruppo e assegnando a caso a ciascuno studente una relazione su una parte del progetto.

Alla fine si valuterà sia ogni singola relazione, sia il progetto complessivo del gruppo.

L'impegno individuale viene assicurato esaminando ogni studente su ogni aspetto del progetto elaborato dal gruppo.

1 1 .2 .4 Gli studi sul Cooperat ive Learning

Centinaia di studi hanno dimostrato che, quando correttamente applicato, l'apprendimento cooperativo è superiore all'istruzione tradizionale, poiché garantisce un migliore apprendimento, facilita lo sviluppo di abilità cognitive di alto livello e l'attitudine a lavorare con gli altri; aiuta gli studenti ad avere fiducia nelle proprie capacità, preparandoli all'ambiente di lavoro.

E' stato dimostrato che il cooperative learning approfondisce le capacità di comprensione e rende significativo e stabile nella memoria ciò che si è appreso.

Certamente non tutti gli studi sul CL riportano risultati positivi e molti esperti invitano a fare attenzione alle difficoltà nell'uso del metodo e ai pericoli di usarlo male. Non di meno, un numero schiacciante di prove evidenzia che se le cinque condizioni del CL sono soddisfatte e se il docente prende le misure necessarie per minimizzare la resistenza degli studenti a questo approccio, il miglioramento nell'apprendimento è inconfutabile.

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1 1 .3 COME METTERE I N PRATI CA I L COOPERATI VE LEARNI NG: I STRUZI ONI

PER L’I NSEGNANTE

L'apprendimento cooperativo è una tecnica di insegnamento centrata sullo studente che interagisce con altri studenti, ma è sempre il docente che propone i problemi da risolvere, che fissa i tempi, che fornisce gli spunti ai gruppi che lo richiedono, che stabilisce chi deve rispondere, e così via.

Perché la tecnica CL risulti vantaggiosa vanno prese delle precauzioni per evitare alcune situazioni svantaggiose o pericolose per l'apprendimento.

1 1 .3 .1 La resistenza degli student i

La maggior parte degli studenti riconosce il miglioramento nell'apprendimento con il metodo CL; tuttavia poiché non sono abituati a lavorare in gruppo, spesso, all'inizio, alcuni mostrano riserve o sfiducia verso questo approccio.

Gli studenti hanno una varietà di stili di apprendimento e nessun approccio didattico può essere ottimale per tutti.

La resistenza al CL di alcuni studenti fa parte del loro processo di maturazione dalla dipendenza all’autonomia intellettuale.

Questa iniziale resistenza può essere minimizzata se l'insegnante spiega i benefici riconosciuti dalle ricerche a questo metodo (inclusi voti più alti ottenuti all'esame). Una buona pratica è comunque quella di chiedere agli studenti, circa a metà del corso (non prima) il loro parere sul funzionamento dei gruppi.

Se il docente viene confortato dal giudizio degli studenti si sentirà incoraggiato a continuare e troverà risposte efficaci anche per quei pochi studenti che si lamentano.

1 1 .3 .2 At t ività in classe di "CL inform ale"

Una suddivisione del tempo in classe tipica di chi adotta questo metodo (CL inform ale ) consiste nel dedicare il 1 0 - 2 5 % all'apprendim ento at t ivo (gli studenti lavorano da soli o in gruppo) e il resto alle usuali spiegazioni e alla r isoluzione di problem i da parte del docente . Molte delle attività CL informali dovrebbero consistere nella formulazione da parte degli studenti di brevi risposte a domande o nel risolvere esercizi o parti di problemi in un tempo compreso tra 30 secondi e 5 minuti (v. sezione 4). Dare un tempo più lungo di 5 minuti ai gruppi per completare la risoluzione di problemi è generalmente inefficace: alcuni gruppi finiscono prima e quindi sprecano tempo, altri si distraggono e altri ancora perdono tempo in soluzioni sbagliate.

Poiché una parte del tem po a disposizione per la lezione viene im piegata nel lavoro di gruppo, è necessar ia una r iorganizzazione del program m a. Alcune parti possono essere condensate, magari fornendo agli studenti una copia dei lucidi che usiamo per la lezione. I l tem po della lezione sarà dedicato alle part i più im portant i o a quelle che richiedono un m aggiore sforzo

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concet tuale , lasciando agli studenti il compito di fare anche alcune parti da soli.

Alcune volte, l'insegnante può sentire l'esigenza di ritornare su un esempio particolarmente significativo o su un passaggio che collega concetti fondamentali del programma. In questo caso, per massimizzare le probabilità che gli studenti comprendano bene l'esempio o il passaggio, il docente può dedicare gran parte dell'ora a sua disposizione al lavoro di gruppo su quell'argomento.

La struttura CL chiamata thinking- aloud pair- problem - solving

(TAPPS) si presta bene a questo scopo. Gli studenti si raggruppano in coppie all'inizio della lezione e da soli si assegnano i ruoli, (a) ad uno e (b) all'altro, senza sapere i compiti che saranno dati a ciascuna lettera.

L'insegnante propone l'esempio o il passaggio del testo e informa che lo studente (a) è colui che spiega, mentre (b) e quello che pone le domande (o viceversa).

Il compito di colui che spiega è di spiegare l'esempio, passaggio per passaggio, o il passaggio, frase per frase. Lo studente che ha il ruolo di porre le domande, chiede spiegazioni quando qualcosa non è chiaro, suggerendo a chi spiega di prendere appunti sul ragionamento svolto e offrendo spiegazioni se lo studente (a) non sa andare avanti. Durante tutta questa fase l'insegnante gira tra i gruppi, osserva quello che stanno facendo, pone domande e offre aiuto se richiesto.

Dopo 5-10 minuti, il docente interrompe gli studenti e chiama due o tre, tra quanti avevano il compito di porre le domande, per spiegare alla classe l'esempio o il passaggio, fino al punto in cui sono arrivati, e, se necessario, fornisce egli stesso ulteriori spiegazioni e chiarificazioni.

Gli studenti poi si scambiano i ruoli e continuano a lavorare, riprendendo dal punto in cui erano giunti. Dopo altri 10 minuti l'insegnante interrompe di nuovo gli studenti e raccoglie le risposte da due o tre gruppi differenti. Alla fine della lezione gli studenti avranno capito l'esempio o il passaggio molto meglio di quanto sarebbe avvenuto se il docente lo avesse semplicemente spiegato.

1 1 .3 .3 Regole per la form azione dei gruppi nel "CL form ale"

I gruppi CL formali dovrebbero essere composti da studenti con diversi livelli di abilità.

Tutti gli studenti beneficiano da tale organizzazione: gli studenti più deboli hanno il beneficio di essere aiutati dai loro compagni maggiormente dotati, e gli studenti più preparati (che sono in genere quelli inizialmente ostili al lavoro di gruppo) forse ne traggono il beneficio maggiore, poiché potranno sperimentare quella fondamentale "prova cognitiva" che è l'imparare, insegnando.

Come ogni professore sa, anche quando si comprende un argomento, l'esercizio di formulare spiegazioni, pensare a degli esempi e rispondere alle domande, permette un approfondimento della comprensione non raggiungibile in altro modo.

Se si costituissero dei gruppi interamente formati dagli studenti migliori questi, con tutta probabilità, si dividerebbero il lavoro e completerebbero la loro parte separatamente piuttosto che funzionare come vero e proprio gruppo. E poiché non hanno la necessità di spiegare

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ad altri, non avrebbero il beneficio dell'apprendimento profondo che viene dalla "prova cognitiva" (imparare insegnando).

Un altra regola per la formazione dei gruppi è che i m em bri delle m inoranze di razza o di sesso non devono essere in m inoranza nei gruppi. Gli studenti appartenenti alle minoranze tendono ad assumere un ruolo più passivo all'interno dei gruppi, o per loro scelta o perché forzati in questo ruolo dai loro compagni; il gruppo perderebbe perciò molti dei benefici dell'apprendimento CL. Se ad esempio le donne sono una minoranza tra gli iscritti al corso, si potranno costituire gruppi formati da tutti uomini, tutte donne, un numero pari tra i due sessi o una maggioranza di donne, ma devono essere evitati gruppi con più uomini che donne.

Entrambe queste regole, livelli misti di abilità e evitare che le minoranze siano minoranza nei gruppi, indicano che l' insegnante deve form are i gruppi piut tosto che lasciare agli student i il com pito di organizzarsi, e certamente le ricerche finora svolte appoggiano questa conclusione. Quando gli studenti formano i gruppi, gli amici tendono a mettersi insieme e i migliori studenti si cercano a vicenda.

Un buon sistema per formare i gruppi è quello di form are a caso dei gruppi provvisori, di norma, per le prim e t re set t im ane di un corso; fare una prova scrit ta durante questo periodo e usare i r isultat i com e indicatori di abilità per form are i gruppi perm anent i. Se gli studenti obiettano circa la loro assegnazione ad un determinato gruppo, una risposta efficace è quella di sottolineare che quando andranno nel mondo del lavoro non avranno la possibilità di scegliere con chi lavorare: tanto vale abituarsi fin da ora a questa realtà.

Nella letteratura non c'è unanime consenso sul numero dei componenti il gruppo. Di norm a i gruppi con t re student i sono quelli che funzionano m eglio . Gruppi formati da tre studenti vengono considerati ottimali anche nella risoluzione di problemi di fisica e nel fare le relazioni su esperienze di laboratorio .

1 1 .3 .4 La necessità di sfide adeguate

Questo metodo, per dare tutti i suoi frutti, richiede che gli studenti affrontino problemi più difficili. Gli studenti, lavorando in gruppo secondo i ruoli illustrati più avanti, hanno la capacità di risolvere problemi più difficili rispetto a quelli che vengono proposti per la soluzione individuale. Le loro capacità logiche e cognitive devono essere messe alla prova.

Quando chiedono il nostro aiuto, il nostro compito non è quello di fornire la soluzione al problema, ma dare dei suggerimenti sulle strategie del problem solving; la nostra funzione è quella di facilitare la loro personale acquisizione delle abilità cognitive. Ad esempio, possiamo chiedere come è stato rappresentato il problema, se il problema è stato suddiviso in sottoproblemi più facilmente risolvibili ecc..

Spesso gli studenti, per superare l'ostacolo, ricorrono ad assunzioni sbagliate. Se gli studenti che ci chiedono aiuto hanno fatto ricorso a qualche assunzione, dobbiamo chiedere loro di dimostrarne la correttezza o di confutarla. In questo modo creiamo negli studenti un conflitto cognitivo che può essere di aiuto a formulare una nuova e migliore rappresentazione del problema, perché deriva dalla confutazione di quella precedente risultata sbagliata.

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Naturalmente dobbiamo suggerire, quando necessario, strategie generali di problem solving.

1 1 .3 .5 Facilitare la posit iva interdipendenza

Diversi metodi vengono usati per incoraggiare o anche forzare i membri del gruppo a fare affidamento uno sull'altro. Uno è quello di assegnare differenti ruoli a ogni membro del gruppo (coordinatore, colui che prende nota, controllore, ecc.), di ciò riferiremo più avanti. Un altro è quello di usare la struttura "a puzzle ": ad ogni membro del gruppo viene fornita una preparazione specializzata in un certo aspetto del lavoro del gruppo.

In esperienze di laboratorio, ad esempio, differenti membri del gruppo possono ricevere un tirocinio extra nei differenti aspetti dell'esperienza: nelle apparecchiature sperimentali, nelle procedure sperimentali, nell'analisi dei dati sperimentali e nelle basi teoriche dell'esperimento. Per ricevere un voto alto, la relazione finale deve riflettere le competenze di ogni membro del gruppo.

I benefici nell'apprendimento saranno maggiori se ogni studente verrà individualmente esaminato su tutti gli aspetti dell'esperimento, così che ogni membro esperto deve trasmettere la propria specifica competenza agli altri membri del proprio gruppo.

Una maniera per incoraggiare gli studenti a dare il meglio, promuovendo così una positiva interdipendenza tra i membri del gruppo, è quella di dare dei bonus ai gruppi i cui membri, nel compito scritto individuale, prendono un buon voto medio.

1 1 .3 .6 I ruoli individuali nei gruppi

In un gruppo di tre, ci si aspetta che ciascun membro rivesta uno dei seguenti ruoli: 1 ) leader; 2 ) scet t ico; 3 ) controllore .

Durante la discussione nel gruppo, ogni componente ha la responsabilità di prendere in considerazione questioni che vengono sollevate da un altro membro e che sono rilevanti o pertinenti rispetto al ruolo che esso riveste. Ogni membro del gruppo deve sentire l'obbligo di aiutare il gruppo a lavorare efficacemente, senza perdere tempo. E’ necessario fornire agli studenti una traccia per definire le responsabilità e una guida per la discussione.

Leader/ Coordinatore . Le responsabilità del coordinatore sono: 1) organizzare le riunioni del gruppo; 2) presiedere e facilitare la discussione nel gruppo; 3) mantenere l'attenzione del gruppo focalizzata sulla soluzione del compito; 4) incoraggiare il gruppo ad affrontare il problema secondo una successione di stadi; 5) incoraggiare la partecipazione di tutti i membri del gruppo nel processo di problem solving.

Vengono esemplificate alcune domande che il leader può porre o commenti appropriati che il coordinatore può fare.

Ciascuno spieghi o sintet izzi il testo del problem a. Possiam o usare un

diagram m a o r icorrere ad uno schem a per chiar ire il problem a o una

parte di esso? Qual è l' incognita o cosa r ichiede il problem a? Elenchiam o

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le ipotesi, le assunzioni e le diff icoltà. Concent r iam oci sul problem a.

Elenchiamo tut t i i metodi possibili di r isoluzione. Qual è l'algoritmo più

generale che perm et te la soluzione di questo problem a? Possiam o

considerare questo punto quando specifichiam o nel det taglio la

successione dei passaggi. Passiam o al prossim o stadio. I n che m aniera

puoi difendere questa tua convinzione?

Scettico . Lo scettico pone frequentemente domande rispetto al procedimento di soluzione del problema, cerca spiegazioni e chiede valutazioni. Non si accontenta di "si" o "no", ma ricorda che l'enfasi deve essere posta sul "perché" o sul "come" e sulle relazioni con informazioni e algoritmi precedentemente noti.

E' compito dello scettico stimo lare il gruppo nella ricerca di soluzioni alternative.

Le responsabilità dello scettico sono: 1) porre domande sulla ragione per cui si esegue un certo passaggio o si segue una particolare direzione nel tentativo di risolvere il problema; 2) cercare di pensare e proporre soluzioni alternative al problema; 3) determinare il numero di cifre significative in ogni calcolo; 4) stabilire se il risultato in un certo passaggio ha senso o meno; 5) focalizzare o identificare ogni assunzione fatta nella risoluzione del problema, dimostrando la correttezza o la falsità dell'assunzione considerata.

Vengono esemplificate alcune domande che lo scettico può porre o commenti appropriati che lo scettico può fare.

Perché st iam o facendo questo passaggio? Com e può la r isposta a

questo passaggio perm et terci di giungere ad una soluzione accet tabile

del problem a? Prim a di fare questo passaggio, dobbiam o considerare

questo punto. Abbiam o bisogno di tut te queste cifre signif icat ive?

Dobbiam o usare un num ero m aggiore di cifre significat ive? La nost ra

r isposta ha senso? Com e m ai non è in accordo con la nost ra st im a?

Quali assunzioni abbiam o fat to nella r isoluzione di questo problem a?

Controllore . Le responsabilità del controllore sono: 1) controllare se tutti i dati e le informazioni del testo (anche quelle derivanti da inferenze) sono state considerate; 2) tenere traccia della discussione del gruppo; 3) scrivere la soluzione del problema con tutti i passaggi e far controllare agli altri membri del gruppo la stessa; 4) incoraggiare gli altri membri del gruppo a fare la verifica; 5) preparare una versione "in bella" della soluzione del problema per il professore.

Vengono esemplificate alcune domande che il controllore può porre o commenti appropriati che il controllore può fare.

I l libro di testo pot rebbe aiutarci? Quali alt re font i di inform azioni che

ci possono essere ut ili? Ciascuno nel gruppo dovrebbe cont rollare questo

calcolo. Pr im a che scr ivo la soluzione, siam o tut t i d'accordo sul

procedim ento? Com e possiam o fare la ver if ica? E' necessar io dim ost rare

la validità di questa assunzione.

In un gruppo di quattro, un ruolo ulteriore è quello del "revisore ", con la responsabilità di verificare che quanto preparato da chi prende nota sia privo di errori.

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1 1 .3 .7 Prom uovere la piena partecipazione

C'è sempre il problema che qualcuno si limiti a copiare. Che fare? Intanto è necessario sottolineare sin dalla prima lezione che gli studenti sono responsabili del loro apprendimento.

Poi va ricordato che le prove di verifica sono individuali, e gli studenti che partecipano attivamente al lavoro di gruppo hanno maggiori probabilità di superarle. Se ad ogni soluzione proposta dal gruppo richiediamo di scrivere i nomi nel foglio e controlliamo che i ruoli ogni volta siano stati ruotati, renderemo difficile la vita a chi non vuole impegnarsi.

Naturalmente cercheremo di scoraggiare la pratica del copiare per quanto possibile, ad esempio assegnando i posti nella prova scritta con il criterio di tenere lontani tra loro i membri dello stesso gruppo.

1 1 .3 .8 Conflit t i interpersonali all'interno dei gruppi

Adottando questo metodo, all'interno dei gruppi si origina una nuova dinamica; nuove e più profonde relazioni si stabiliscono tra i membri del gruppo e alle volte si originano dei conflitti.

Se il lavoro del gruppo non è fortemente finalizzato al lavoro didattico, studenti poco motivati possono prendere il controllo del gruppo. Tra i nostri compiti dobbiamo considerare la gestione delle eventuali difficoltà che alle volte gli studenti incontrano lavorando nei gruppi.

Nella nostra esperienza, non abbiamo mai incontrato problemi interpersonali insolubili. Comunque è bene dichiararsi disponibili a dialogare e a risolvere con i membri del gruppo questi problemi.

1 1 .3 .9 Valutazione da parte degli student i del funzionam ento del gruppo

Uno degli elementi essenziali della CL formale è la valutazione periodica che gli student i fanno del buon funzionam ento del loro gruppo, identificando i problemi e suggerendo soluzioni.

La loro tendenza naturale è quella di evitare di confrontarsi con i problemi e la maggior parte degli studenti si confronterà, solo se forzata. Periodicamente ai gruppi dovrebbe essere richiesto di rispondere per iscritto a queste tre domande: ( 1 ) Che cosa com e

gruppo riusciam o a fare bene ? ( 2 ) Che cosa potrem m o fare

m eglio? ( 3 ) C'è qualcosa che in futuro potrem m o fare in m odo

differente?

L'atto di formulare risposte a queste domande spesso avvia delle discussioni tra i membri del gruppo su problemi interpersonali di vario tipo e queste discussioni possono mettere in allerta l'insegnante su potenziali disfunzioni nei gruppi. Questi problemi possono essere risolti o dagli studenti stessi o con l'intervento del docente.

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1 1 .3 .1 0 Sciogliere e riform are i gruppi

Alcuni gruppi semplicemente non possono funzionare. Talvolta uno studente rifiuta di cooperare, spesso è assente agli incontri del gruppo, arriva agli incontri impreparato/a, non svolge i compiti per i quali era responsabile.

Alle volte uno studente è costretto a fare tutto il lavoro e non ottiene cooperazione dagli altri membri del gruppo.

Talvolta i conflitti interpersonali tra i membri del gruppo raggiungono un punto che rasenta la violenza e nulla di quanto il docente suggerisce migliora la situazione.

Se il membro non cooperativo non cambia il suo comportamento, deve essere espulso dal gruppo e deve trovare un altro gruppo di tre disposto ad accettarlo come quarto membro. Nella nostra esperienza, molto raramente un gruppo si scioglie; di solito gli studenti risolvono i problemi tra loro o con l'aiuto dell'insegnante.

Le capacità che essi sviluppano nel processo cooperativo sono almeno importanti e utili quanto la conoscenza tecnica e le abilità acquisite nel corso; probabilmente diventano persino più importanti quando entrano nel mondo del lavoro alla conclusione degli studi.

1 1 .4 L'USO DEL CL PER I NSEGNARE ABI LI T À NEL PROBLEM SOLVI NG

Gli studenti di norma apprendono la risoluzione dei problemi attraverso esempi svolti dal docente. Mentre fornisce la risoluzione del problema l'esperto, però, non riesce a cogliere le difficoltà sperimentate dallo studente, che deve ordinare il ragionamento secondo una logica nuova e deve rendere a se stesso familiari nuovi processi cognitivi.

L'insegnamento e l'apprendimento di tecniche problem solving attraverso esempi non sempre è efficace. Condizioni più favorevoli all'apprendimento si verificano quando una persona deve confrontarsi con un problema per risolvere il quale non dispone di procedure note. Facendo lavorare gli studenti in piccoli gruppi, si fornisce loro l'opportunità di spiegare, di confutare, di difendere le loro convinzioni; questo è un processo che in modo attivo favorisce l'apprendimento.

E' stato adot tato un m etodo problem solving, per favorire l'analisi del problem a in m odo sistem at ico, secondo quat t ro dist int i stadi e con la costante sottolineatura che la soluzione del problema deriva dalla sua comprensione concettuale. Fornito il testo del problema, si impartiscono le seguenti istruzioni:

Ragiona in modo qualitativo sullo svolgimento, prima di sviluppare l'algoritmo.

Stim a il risultato numerico, prima di fare i calcoli.

Prova (vera o falsa) l'assunzione, il passaggio, la formula, ... .

Verifica il risultato numerico, per essere certo che sia corretto.

Spiega perché il ragionamento è corretto.

Form ula un problema più difficile sullo stesso argomento.

Sebbene questo approccio alla risoluzione dei problemi possa essere insegnato anche in una classe tradizionale, esso viene trasmesso in modo più efficace all'interno della dinamica di un gruppo.

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Alcuni studenti più facilmente di altri adottano una strategia sistematica di problem solving o riescono prima di altri a comprenderla e metterla in pratica con successo. Quando lo fanno ripetutamente come membri di un gruppo CL, gli altri studenti vengono influenzati da questa strategia di risoluzione ed è probabile che qualcun altro, apprezzandone i benefici, incomincerà ad usarla. Anche se non è garantito che tutti gli studenti in un corso useranno un approccio sistematico alla risoluzione dei problemi, la loro percentuale sarà certamente superiore a quella che si avrebbe in un corso tradizionale.

Questa percentuale verrà ulteriormente incrementata se l'insegnante fornirà adeguati feedback sulla soluzione dei problemi in classe o nel gruppo e illustrerà i benefici di usare un ragionamento sistematico. Soprattutto nelle prime esperienze di risoluzione dei problemi, è necessario raccogliere le soluzioni proposte dai vari gruppi, valutarle, fornendo commenti positivi e mettendo in evidenza le cose migliori, dando suggerimenti che aiutino gli studenti a crescere.

Lo stimolo a studiare ogni giorno e un controllo indiretto della preparazione individuale è stato operato attraverso la valutazione delle mappe concettuali: quasi tutti gli studenti hanno realizzato una mappa per ogni argomento del corso di chimica generale.

1 1 .5 CONSI DERAZI ONI FI NALI

Cooperative learning è molto più che far lavorare studenti in gruppi e chiedere loro di scrivere una relazione sui loro sforzi. Il vero CL richiede la positiva interdipendenza tra i membri del gruppo, il far sentire ogni membro responsabile dei risultati dell'intero gruppo.

Ciascuno deve avere, almeno in parte, contribuito al risultato nell'interazione faccia a faccia, sviluppato abilità di comunicazione e di rapporto interpersonale, e, periodicamente, collaborato a valutare il lavoro del gruppo.

Numerosi dati riportati dalla letteratura indicano che l'apprendimento cooperativo, quando attuato in modo appropriato, è superiore all'apprendimento tradizionale. Benché gli insegnanti che usano il CL possano incontrare una iniziale resistenza ed anche ostilità da parte di alcuni studenti, se seguono correttamente le istruzioni da tempo definite, i benefici prodotti nei loro studenti supereranno di gran lunga le difficoltà incontrate.

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1 1 .6 I RI FERI MENTI TEORI CI DEL COOPERATI VE LEARNI NG5

Numerosi sono i paradigmi teorici che stanno alla base delle procedure di Cooperative Learning:

• innanzitut to la teor ia dei clim i di apprendim ento indot t i

sper im entalm ente (Lewin, 1939) secondo cui il m etodo 'dem ocrat ive'

(dem ocrat ic+ direct ive) r isulta di gran lunga il m igliore in term ini di

acquisizioni affet t ive e cognit ive;

• un secondo im por tante elem ento teor ico sta nella t eor ia del contat to

(Allport , 1954) secondo cui si at t ivano posit ive relazioni inter-gruppo

quando gli student i a scuola par tecipano a interazioni cooperat ive e

egualitar ie;

• un terzo elem ento teor ico cruciale del Cooperat ive Learning é

rappresentato dalla teor ia del person-centered learning (Rogers,

1968) .

• I n linea più generale, i pr incipali r ifer iment i teor ici dei m etodi di

Cooperat ive Learning, essenzialm ente interdisciplinar i, ruotano

at torno a t re pr incipali prospet t ive: m ot ivazionali, sociali e cognit ive.

1 1 .6 .1 Teorie m ot ivazionali

Le prospettive motivazionali sul Cooperative Learning, secondo la tradizione degli studi sulla modificazione del comportamento, convergono principalmente sui modelli di ricompense e di obiettivi secondo cui operano gli studenti. Esse identificano tre diverse strutture di valori: cooperativa, in cui gli sforzi orientati all'obiettivo da parte di ciascun allievo contribuiscono al conseguimento degli obiettivi anche da parte dei compagni; competitiva, in cui ogni sforzo da parte di ciascun allievo tende a ridurre il conseguimento degli obiettivi degli altri; individualistica, dove il conseguimento dei propri obiettivi non influisce sul conseguimento degli obiettivi degli altri (Deutsch, 1949).

I vari modelli di apprendimento:

COMPETITIVO: "Se tu vinci, io perdo/se io vinco, tu perdi"

INDIVIDUALIZZATO: "Siamo tutti, qui, soli/ognuno lavora per sé"

COOPERATIVO: "Affondiamo o nuotiamo insieme"

(Deutsch, 1949; Kagan,1986; Johnson & Johnson, 1987)

Confronto fra st rategie di Apprendim ento cooperat ivo e di Gest ione

t radizionale della classe:

Contesto classe competitivo:

"L'insegnante è di fronte alla classe: pone domande agli allievi. Dopo ogni domanda un numero di mani si alzano. Alcuni allievi allungano

5 Tratto da un articolo pubblicato da Giorgio Chiari sulla rivista Scuola

Democratica, n° 1, 1997, pp. 24 - 34 con il titolo: "Gruppi ed apprendimento cooperativo: un'alternativa per il recupero". Editore Le Monnier, Firenze. “Per la citazione di parti o dell'intero articolo si prega di riferirsi all'edizione cartacea della rivista”.

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ansiosamente le mani nella speranza di essere chiamati. Altri, naturalmente, non alzano la mano e cercano di non incrociare gli occhi dell'insegnante nella speranza di non essere chiamati. L'insegnante chiama Giovanni. Pietro, che siede vicino a Giovanni, conosce la risposta giusta. Appena Giovanni comincia a esitare, Pietro è contento e allunga la mano più in alto. Pietro sa che, se Giovanni non sa rispondere, l'insegnante può chiamare lui. In effetti, l'unico modo in cui Pietro può ottenere un riconoscimento in questa situazione è che Giovanni fallisca.

È naturale che in questa struttura della classe così competitiva gli studenti incomincino a provare piacere del fallimento degli altri. I loro riconoscimenti coincidono con il fallimento degli altri".

Contesto classe cooperativo:

"In contrasto con le relazioni fra pari della classe tradizionale è la positiva interdipendenza fra i membri del gruppo nelle classi cooperative. Il successo di ogni membro del gruppo porta a migliori ricompense (voti, riconoscimenti, premi) per gli altri. In questo tipo di struttura gli studenti, naturalmente, tendono a sperare che i propri compagni facciano bene, incominciando in tal modo ad adottare un atteggiamento 'protosociale’ nei confronti dei propri compagni che tenderà con ogni probabilità ad essere generalizzato nei confronti degli altri" (S. Kagan, 1986, p. 250)

Secondo una prospettiva strettamente motivazionale, le strutture cooperative creano una situazione per cui l'unico modo in cui i membri del gruppo possono conseguire i propri obiettivi personali é proprio attraverso il successo del gruppo. Il gruppo assume pertanto un significato strumentale, un mezzo per conseguire gli obiettivi di apprendimento individuale. E questo fa sì che i membri del gruppo tendano ad aiutarsi l'un l'altro, a incoraggiarsi per esercitare il massimo impegno, per conseguire, attraverso il successo del gruppo, il proprio personale successo. In altre parole, le ricompense dei gruppi basate sui risultati dei gruppi stessi (o sulla somma dei risultati individuali) creano una struttura interpersonale di ricompense in cui i membri del gruppo danno o ricevono riconoscimenti sociali (come premi e incoraggiamenti) in risposta agli sforzi legati al compito dei propri compagni di gruppo (R. Slavin, 1983).

La critica all'organizzazione tradizionale della classe mossa dai teorici della motivazione é che la classificazione competitiva e il sistema informale di ricompense della classe creano un sistema di norme fra compagni (peer norms) che si oppone agli sforzi degli insegnanti (academic norms) (J. Coleman, 1961). Dato che nelle classi tradizionali il successo di uno studente riduce e frustra le chances di successo degli altri, gli studenti tendono a elaborare una serie di norme secondo cui l'elevato rendimento scolastico é per i 'secchioni' o per i 'beniamini' dell'insegnante.

Tali norme riduttive della quantità e del valore delle attività da svolgere sono assai familiari nell'industria, dove il "rate buster" é disprezzato dai compagni di lavoro. Al contrario, quando il clima di classe é cooperativo e gli studenti lavorano assieme a un obiettivo comune, gli sforzi per capire e imparare aiutano il successo dei compagni e come tali vengono accettati e rinforzati da tutti: i gruppi elaborano norme che favoriscono il successo scolastico. Come la ricerca ha messo in evidenza da vari decenni (M. Deutsch, 1949, E. J. Thomas,

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1957), in una classe cooperativa lo studente che ce la mette tutta, che frequenta regolarmente e che aiuta gli altri a imparare viene premiato e incoraggiato dai compagni, del tutto in contrasto con la situazione-tipo della classe tradizionale (Hulten and DeVries, 1976; Slavin, 1978; Madden e Slavin, 1983). In una classe cooperativa, l'apprendere é un'attività che fa emergere gli allievi nella gerarchia sociale del gruppo dei pari. Si verifica così un cambiamento radicale nelle conseguenze sociali del successo scolastico per effetto del clima e del contesto cooperativo. Già Coleman (1961), nella sua classica ricerca Adolescent Society, rilevava come gli studenti migliori delle High Schools statunitensi in cui prevaleva la cultura accademica, proprio in quanto maggiormente accettati nella leadership della scuola si applicavano maggiormente allo studio di quanto non facessero gli studenti brillanti delle scuole in cui prevalevano la subcultura e i valori dell'atletica o del successo sociale.

Chiaramente, i valori cooperativi tendono a creare norme 'proaccademiche' fra gli studenti e tali norme hanno un effetto straordinario sul loro successo scolastico.

1 1 .6 .2 Teorie cognit ive

Se le teorie motivazionali del Cooperative Learning pongono l'accento sul fatto che i valori cooperativi cambiano radicalmente le motivazioni degli studenti al lavoro accademico, le teorie cognitive - sia quelle evolutive sia quelle elaborative - enfatizzano gli effetti positivi prodotti dal fatto stesso di lavorare assieme.

Le teor ie cognit ive evolut ive

L'assunto fondamentale delle teorie cognitive evolutive é che l'interazione fra gli allievi su obiettivi cognitivi ne aumenta la padronanza dei concetti critici (Vygotsky, 1978; Murray, 1982; Damon, 1984). Il gruppo di apprendimento cooperativo e l'interazione con i 'pari più capaci' assume un'importanza fondamentale alla luce del concetto di 'zona di sviluppo prossimo' di Vygotsky, definito come "distanza fra livello di sviluppo effettivo e livello di sviluppo potenziale dell'allievo ottenibile attraverso attività di problem solving eseguita sotto la guida di un adulto o in collaborazione con compagni più capaci'". Il contatto con coetanei all'interno di un gruppo di collaborazione consente ai partecipanti di operare reciprocamente all'interno delle proprie zone di sviluppo prossimo, ottenendo nel gruppo comportamenti e risultati più avanzati di quelli conseguibili nelle normali attività individuali. Così Vygotsky descrive l'influenza dell'attività di tipo collaborativo sull'apprendimento: "Le funzioni prima si formano nel collettivo nella forma di relazioni fra bambini e così diventano funzioni mentali per l'individuo.... La ricerca mostra che la riflessione é generata dall'argomento"(ibid., 47).

L'importanza dei compagni che operano nelle rispettive, reciproche 'zone di sviluppo prossimo' fu dimostrata nel 1972 da Kuhn, che scoprì come ai fini della crescita cognitiva sia più produttiva una piccola differenza fra il livello cognitivo di un bambino e un suo modello sociale di quanto non lo sia una differenza grande.

Analogamente, Piaget (1926) scoprì che la conoscenza di tipo sociale - come il linguaggio, i valori, le regole, la moralità, il sistema di simboli (come la lettura e la matematica) - può essere appresa soltanto in

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interazione con gli altri. La ricerca di tradizione Piagetiana si é concentrata molto sul concetto di conservazione, definita come la capacità di riconoscere che certe caratteristiche degli oggetti non cambiano al cambiare di altre. Per esempio, un bambino che non ha ancora imparato il principio della conservazione guardando versare un liquido da un recipiente basso e largo in un altro alto e stretto dirà che il vaso alto contiene più liquido di quello basso, o tenderà a pensare che una palla di creta cambi di peso quando viene appiattita o allungata. Anche se la maggior parte dei bambini raggiungono il principio di conservazione fra i 5 e i 7 anni, numerosi studi dimostrano che l'interazione fra pari tende ad accelerarne l'acquisizione proprio attraverso il contatto fra bambini della stessa età e di diverso livello di acquisizione di tale principio (Mugny et Doise, 1978; Perret-Clermont, 1980; fra gli autori in lingua italiana si veda, per tutti, F. Carugati, 1996).

È sulla base di tutti questi studi che numerosi autori piagetiani hanno chiesto l'introduzione di attività cooperative nelle scuole, sulla base del fatto che l'interazione fra gli studenti su obiettivi cognitivi induce di per sé un più elevato livello di apprendimento. Nelle loro discussioni sul contenuto essi apprendono l'uno dall'altro attraverso il sorgere di conflitti cognitivi, l'esposizione di ragionamenti inadeguati, l'emergere di livelli superiori di comprensione.

Le teor ie cognit ive elaborat ive

Secondo la prospettiva di elaborazione cognitiva, se l'informazione deve essere ritenuta nella memoria e riferita ad altre informazioni in essa già presenti, il discente deve impegnarsi in una specie di ristrutturazione cognitiva, o elaborazione, del materiale (Wittrock, 1978). Ad esempio, scrivere un riassunto o lo schema di una lezione aiuta più che prendere semplicemente appunti, dato che il riassunto o lo schema richiedono la riorganizzazione del materiale e la selezione delle cose importanti (Hidi and Anderson, 1986). Uno dei modi più efficaci di elaborazione cognitiva é la spiegazione del materiale ad un altro studente. Così la ricerca sul 'Peer tutoring ha trovato benefici nell'apprendimento sia del tutore che del tutorato (Devin-Sheenan, Feldman, and Allen, 1976). Più recentemente le ricerche sul 'Reciprocal thinking' hanno trovato che anche gli studenti di College impegnati su compiti cooperativi strutturati in gruppo apprendevano i materiali tecnici e le procedure molto meglio di quanto non facessero gli studenti che lavoravano da soli (Dansereau, 1988). In particolare, in questi gruppi gli studenti ricoprivano, alternativamente, i ruoli di 'recaller' e di 'listener'. Il primo riassumeva le informazioni e il secondo correggeva gli errori, completava i materiali omessi, pensava ai modi per ricordare le idee principali. Entrambi risultarono imparare più degli studenti che lavoravano da soli, ma fu il 'recaller' ad apprendere di più, analogamente ai risultati delle ricerche sul 'peer tutoring'. In generale, dalle ricerche emerge la superiorità degli studenti dei gruppi cooperativi che fornivano agli altri le spiegazioni elaborate. In tali ricerche, gli studenti che ricevevano spiegazioni elaborate impararono di più di quelli che lavoravano da soli, ma non tanto quanto quelli che fornivano le spiegazioni (N. Webb, 1985). Analoghi risultati provengono dalle ricerche sul 'mutual feedback' e sulla 'peer-communication' (Slavin, 1996).

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1 1 .6 .3 Teorie sociali

La cooperazione come requisito essenziale di competenza sociale e cognitiva per l'evoluzione della società complessa.

"The principal reason that schools are built is to provide students with the knowledge, concepts, skills, and understandings needed for survival in our society"

(La ragione principale per la quale sono nate le scuole è fornire agli studenti le conoscenze, i concetti, le abilità e la comprensione necessaria per sopravvivere nella nostra società) (R. Slavin, 1990 ,13)

Ci stiamo avviando rapidamente verso società complesse, in cui il lavoro individuale, sia pure geniale, non é più sufficiente laddove risultano sempre più indispensabili l'interdipendenza positiva di ruoli e di persone nel Team e dei suoi prodotti più immediati: partecipazione, comprensione, autonomia, responsabilità, competenza sociale, interdipendenza positiva, accettazione dell'altro, del diverso.

Le nuove democrazie richiedono più cooperazione e meno competizione, attraverso un nuovo sistema di valori e norme di solidarietà attiva, positiva, partecipativa e non passiva, permissiva, assistenzialistica. Metodi di insegnamento/ apprendimento democratico, come quelli denominati Consistency Management, Consistency Management and Cooperative Discipline, Cooperative Learning, cercano di cambiare questa situazione, attraverso l'apporto positivo del gruppo (S.Jones, 1995; J. Freiberg, 1996).

Attraverso l'abbinamento della valorizzazione del gruppo alla responsabilità individuale i metodi di Cooperative Learning realizzano l'uguaglianza di opportunità di successo con una serie di accorgimenti tecnici fondati sul calcolo dei miglioramenti dei punteggi di apprendimento, una vera e propria 'matematica delle pari opportunità di successo' (Chiari, 1997).