8 marzo Ritratti di donne e bambine ribelli · 2019. 3. 8. · N!NA SIMONE CANTA NÌE ina era una...

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1 Scuola Secondaria di I grado Statale “Gesmundo - Moro – Fiore” Via Salamone 29 - 70038 Terlizzi (BA) - Tel. e fax Presidenza: +39 080 3511958 - Tel. Segreteria: +39 080 3511958 e-mail: [email protected] - e-mail PEC: [email protected] - Sito WEB di Istituto: https://www.gesmundomorofiore.gov.it/ Codice Meccanografico: BAMM290002 - Codice Fiscale: 93437870723 Codice Univoco Ufficio UFZTGG Terlizzi 8 marzo 2019 8 marzo Ritratti di donne e bambine ribelli In occasione della Festa dell'8 marzo il Dirigente Scolastico Domenico COSMAI porge due suoi personali pensieri alle donne. Il primo è un cluster letterario dello scrittore Eduardo GALEANO : 10 brevi ritratti di donne, alcune straordinarie, altre ordinarie, tutte fondamentali. Il secondo è una galleria tratta da un successo mondiale che come padre, il dirigente, non mancò di dedicare alle proprie figlie e che oggi dedica a tutte le sue alunne. SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO GESMUNDO-MORO-FIORE - C.F. 93437870723 C.M. BAMM290002 - SSIG_072 - PROTOCOLLO_2018 Prot. 0001233/U del 08/03/2019 09:21:25

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    Scuola Secondaria di I grado Statale “Gesmundo - Moro – Fiore”

    Via Salamone 29 - 70038 Terlizzi (BA) - Tel. e fax Presidenza: +39 080 3511958 - Tel. Segreteria: +39 080 3511958 e-mail: [email protected] - e-mail PEC: [email protected] - Sito WEB di Istituto: https://www.gesmundomorofiore.gov.it/ Codice Meccanografico: BAMM290002 -

    Codice Fiscale: 93437870723 Codice Univoco Ufficio UFZTGG

    Terlizzi 8 marzo 2019

    8 marzo

    Ritratti di donne e bambine ribelli

    In occasione della Festa dell'8 marzo il Dirigente Scolastico Domenico COSMAI porge due suoi personali

    pensieri alle donne.

    Il primo è un cluster letterario dello scrittore Eduardo GALEANO : 10 brevi ritratti di donne, alcune

    straordinarie, altre ordinarie, tutte fondamentali.

    Il secondo è una galleria tratta da un successo mondiale che come padre, il dirigente, non mancò di

    dedicare alle proprie figlie e che oggi dedica a tutte le sue alunne.

    SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO GESMUNDO-MORO-FIORE - C.F. 93437870723 C.M. BAMM290002 - SSIG_072 - PROTOCOLLO_2018

    Prot. 0001233/U del 08/03/2019 09:21:25

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  • N!NA SIMONECANTA NÌE

    ina era una bambina orgogliosa e molto dotata. A tre anni, men-tré era in chiesa con la mamma, si arrampicò senza farsi notarè

    sulla panca dell'organo e imparò a suonare un inno.Ouando aveva cinque anni, il datore di lavoro della madre si offrì di pa-

    garle delle lezioni di piano e Nina iniziò a studiare da pianista classica.5i impegnava molto, lavorava sodo e aveva un talento straordinario.A dodici anni, diede il suo primo concerto. I suoi genitori erano seduti

    in prima fila, ma furono costretti a cedere iì posto a degli spettatori bian-chi. Nina si rifiutò di iniziare a suonare finché isuoi genitori non furono dinuovo ìn prima fila.

    Nina riversava la sua passione nella musica e non sopportava il razzismo.Voleva che tutti i neri fossero fieri e libèri, ché abbracciassero i loro talen-ti. che pensassero liberamente.

    Ecco perché scrisse canzoni come Btown Baby o Young, Gifted andB/ack. Nìna Simone sapeva quanto il razzismo facesse soffrire i néri, e voleva che trovassero forza con le sue canzoni. «La cosa peggiore di questotipo di pregiudizio» diceva «è che per quanto ti senti ferita e arrabbiata,ìl pregiudizio alimenta lè tue insicurezze, ituoi dubbi. Cominci a pensare:"Forse non sono abbastanza brava".»

    Nina decise di coltivare il suo talento. anziché la sua paurar e divenneuna delle cantanti jazz più famose del mondo.

    21 FEBBRAIO 1933 21 APRILE 2OO3STATI UNITI

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  • "vt DlPER ME_ NINA

  • ZAHA HADIDARCHITETTA

    uando Zaha compì dieci anni, decise che voleva diventare un'ar-

    chitetla. Era una bambina molto delerminata, e crescendo di-

    venne uno dei più grandi architetti del noslro tempo. Si guadagnò anche

    un soprannome: la "regina della curva", perché 9li edìfici che progettava

    erano strutture molto audaci e sinuose.

    Un giorno, sali a bordo dì un aereo. ll piìota annunciò che ci sarebbestato un breve rìtardo nel decoìlo. Zaha non volle saperne e prètese che la

    facessero salire subito su un altro volo. «lmpossibile» protestò l'equipag-

    gio, «il bagaglio è già stato imbarcato.» Ma Zaha tanlo disse e tanto fece,

    che l'ebbe vinta lei. Come al solilo.Zaha era {atta così.Le piaceva superare i limiti, fare le cosè che tutti gli altri consideravano

    impossìbìli. Era così che aveva creato un genere di edifici che nessun altro

    avrebbe mai potuto immaginare.Progettò stazioni deivigili delfuoco, museì, ville, centri culturali, un cen-

    tro di sport acquatici e molto altro ancora.Zaha siforgiò da sola un percorso molto personale. Non aveva mai pau-

    ra di essere diversa. Uno dei suoi mentorì disse che era come "un pianeta

    sulla propria, inimitabilè orbita".Sapeva sempre cosa voleva e non si dava pace finché non lo olteneva.

    ln effelti dicono che sia questo il segrelo per ottenere grandi rìsuìtati nel-la vita.

    Zaha fu la prima donna a ricevere ìa Medaglia d'Oro del Royal lnstitute

    of British Architecls, uno dèi maggiori riconoscimenti aì mondo nell'ambi-to dell'archilettura.

    31 0TTOBRE 1950 - 31 MARZO 2016IRAO

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  • XIAN ZHANGDIRETTRICE D,ORCHESTRA?,

    I - erè una volta un Paese ;n cui il piano'orte era proibito. Non siY u"no"runo pranotortr ner negozr e non sr suonavano ar concerti. Semplicemente, non si trovavano da nessuna parte.

    Un giorno, un uomo ebbe un'idea geniale: comprò tutti ipezzi neces-sari e se ne coslruì uno da solo. Non per se slèsso, ma perché lo suonasse

    sua {iglia Zhang, che allora aveva quattro anni-Zhang amava così tanto suonare che divenne una maestra di pianoforte

    e insegnò ai cantanti del Teatro dell'Opera di Pechino. Era {elice e pensava

    che sarebbe rimasta un'insegnante di piano e una pianista per tuta la vita.Una sera, però, dopo le prove generali d elle Nozze di Figaro (una bellis-

    sima opera), il direttore d'orchestra la chìamò e senza darle ulteriori spie-gazioni le disse: «Domani dìrigerai tu l'orchestra».

    «Grazie» rispose Zhang con un filo di voce. Era terrorizzata!ll giorno dopo, convocò l'orchestra per un'ulteriore prova. Zhang era

    minuta e aveva solo venl'anni. Ouando salì sul podio, alcuni musicisti rise-ro di lei.

    lMa lèi non si scompose. Non sorrise nemmeno- Sollevò la bacchetla e

    attese.

    Dopo dièci minulì, l'intera orchestra la seguiva con rispetto.«La mia vìta è cambiata nel giro di un giorno» racconta.Oggi, Zhang è tra i direttori d'orchestra più importanti del mondo.

    1913

    CINA

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  • WILMA RUDOLPHATLE-iA

    olto tempo fa, prima che {osse scoperto il vaccino per la po-liomielite, i bambini non erano proletlì contro questa terribi-

    le malattia. Wilma era piccola quando si ammalò e rimase con una gam-

    ba paralizzata.«Non so se tornerà a camminare» disse il medico.«Camminerai di nuovo, lesoro. Te lo prometto» sussurrò la mamma di

    Ogni settimana, la mamma la portava in città per le cure. Ogni giorno,

    isuoi ventuno fratelli e sorelle le massaggiavano Ia gamba a turno. Wilmadoveva usare un apparecchio per camminarè, e ibulletti del quartiere laprendevano in giro. A volte, quando i genitori non erano a casa, provava a

    camminare senza. Fu difficile, ma a poco a poco divenne più forte.Ouando ebbe nove anni, ìa promessa della mamma divenne realtà: Wilma

    tornò a cammìnare da sola! Cominciò perfino a giocare a pallacanestro.Le piaceva molto corrère e saltare, così, quando l'allenatore le chiese se

    voleva far parte della squadra di corsa, accèttò senza pensarci su due volte.Wilma par Lecipò a venti gare, e vinse sempre.«Non so perché corro così veloce» diceva- «lo corro e basta.»Wilma divennè la donna più veloce del mondo, regalando molta gioia

    alla sua famìglia e al suo Paese. Batté tre record deì mondo alle Olimpiadi del 1960.

    Dicèva sempre che la chiave per la vittoria era saper perdere: «Nessu-no vince in continuazione. Se riesci a ripartire dopo una cocente sconfitta,per poi vincere dì nuovo, un giorno sarai un grande campione».

    23 GIUGNO 1940 12 NOVEMBRE 1994STATI UNIII

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  • WANGARI MAATHAIAT I IV IS TA?,

    f -il";li::.li:'#;nil,::,*::*'tr,Y."1',.1f Tli:scelli a scomparire, Wangari capì che doveva fare qualcosa. Così chiamò a

    raccoha alcune delle altre donne.«ll governo abbatte gli alberi per {are spazio alle {atorie, ma ora dobbia-

    mo camminare chilometri per raccogliere legna da ardere» disse una di loro.«Rìpiantiamo gli alberi, allora» esclamò Wangari.«Ouanti?» chiesero le altre.«Qualche milione dovrebbe bastare» rispose lei.«Oualche milione? Sei matta? Non esistono serre abbastanza grandi per

    coltivarne così tanti!»«Non li comprèremo in una serra. Li coltivèremo noi, a casa.»Fu così che Wangari e le sue amiche raccolsero isemi nella foresta e li

    piantarono in dei barattoli- Li annaffiarono e li accudirono finché le piantenate da quei semi non furono alte una trentina di centimetri. poi, pianta-rono gli arboscelli in cortilè.

    Tutto cominciò con un piccolo gruppello di donne. Ma poi, propriocome un albero che spunta da un minuscolo seme, l'idea crebbe e diedevita a un grande movimento.

    L'organizzazione Green Belt Movement, fondata da Wangari, ha supera_lo iconfini del Kenya. Sono stali piantati quaranta milioni di alberi, e Wan-gari Maalhai ha ricevuto il Premio Nobel per la pace per il suo lavoro. Hafesteggiato piantando un albero.

    APRILE 1940 - 25 SETTEMBRE 201KENYA

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  • SON ITA ALIZADEH

    onita aveva dieci anni quando isuoi genitori le dissero: «Dobbiamo vendertì in sposa». Cominciarono a comprarle dei bei vestiti e

    a prendersi cura di lei piir di quanto avessero mai {atto.Sonita non sapeva di preciso cosa significasse, ma di una cosa era certa:

    non voleva sposarsi. Voleva studiare, scrivère e cantare canzoni. Ouando lodisse a sua madre, lei le rìspose: «Ci servono isoldi per comprare una spo-sa per tuo fratello maggiore. Non abbiamo scelta. Dobbiamo vendere te».

    All'ultimo momento, tutlavia. il matrimonio combinato s{umò. lnAfghanistan, il Paese ìn cui la famiglia viveva, era scoppiata la guerra, eSonita e suo fratello {urono mandati a vivere in un campo per rifugiati inlran. Sonita andò a scuola da quelle parti e iniziò a scrivere le sue canzoni.

    Ouando compìsedici anni, sua madre andò a trovarla, e le disse che do-veva tornare in Afghanistan, perché avevano trovato un altro marito disposto a comprarla. Di nuovo, Sonita rispose di no. Voleva bene a sua madre,ma non voleva sposarsi. Voleva fare la rapper.

    Scrisse una canzone molto dura intitolata Brides for 'ale,

    "5pose in ven-dita". e la caricò su YouTube. ll video divenne virale, Sonita conquistò la{ama e vinse una borsa di studio per studiare musica negli Stati Uniti. «Nelmio Paese, le brave ragazze stanno zitte» racconla adesso. «Ma io vogliocondividère le parole che ho dentro.»

    199 6

    AFGHANISTAN

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  • "5ONO STANCA DEL SILENZIO."_ SONITA ALIZADEH

  • SIMONE B!LE5G IN NASTA?,

    I era una raoazza che saoeva volare. Si chiamava Simone Biles.Y s,.non" era una grnnasta, la pru grandè grnnasta della sto.adegli Stati Uniti. Ouando Simone {aceva il suo ingresso sul tappeto, il pub-

    blico non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Era così veloce, {orte, fles-

    sibìle, agile! Sapeva volare nell'aria con una grazia e una velocità stupe-facenti, volteggiava, roteava e atterrava ogni volta in modo impeccabile.

    Simone iniziò a fare ginnastica quando aveva solo sei anni. Arrivata ai

    diciolto, avèva già vinto così tante medaglie che quando partì per le Olìmpiadi di Rio tutti si aspeflavano chè non ne vincesse una, ma cinque.

    Un gìorno, un giornalista le chiese: «Come {ai ad affrontare tutta questa pressione?».

    «Cèrco di non pensarci. Al momento, il mio obièttivo è essere più co-stante alle parallele asimmetriche.»

    «E l'obiettivo di vincere una medaglia d'oro?»«Una medaglia non può essere un obiettivo» replicò Simone con un sor-

    riso. «Come dice sempre mia mamma: "Se {are del tuo meglio significa arri-vare prima, fantastico. Se significa arrivare quarta, è fantastico lo stesso".»

    5imone fu adottala dalla sua mamma quando aveva tre anni. È stata leia insegnarle che restare umili e fare del proprio meglio è l'unico modo pervivere una vita pièna ed essere d'ispirazione per tutti coloro che ti circon-dano.

    Alle Olimpiadi di Rio, Simone vìnse cinque medaglie, quallro delle qua-li d'oro!

    14 MARZO 1997

    SIATI UNITI

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  • RUTH BADER GINSBURGGIUDICE DELLA CORTE SUPRÉMA

    era una volta una ragazza che sognava di diventare una gran-de awocata. «Un awocato donna?» ìa derideva la gente. «Non

    essère ridicolal Avvocati e gìudici sono sempre uomìni.»Ruth si guardò intorno, e vide chè in effètti era vero. "Ma non c'è mo-

    tivo per cui le cose non debbano cambiare" pensò.Fece domanda di ammissionè alla facoltà di legge dì Harvard e si distin-

    se come uno degli studenti più brìllanti.Anche suo marito Marty studiava a Harvard. «Tua moglie dovrebbe sta-

    re a casa a sfornare biscottì e badare alla bambina» diceva la gente. MaMarty non li ascohava. Ruth era una cuoca terribile! E poi lui adorava oc-cuparsi della loro bambìna ed era orgoglioso del successo della moglie.

    Ruth difendeva strenuamente idiritti delle donne e disputò sei casi fon-damentali sulla parità di genere di fronte alla Corte Suprema degli StatiUniti. Poi divenne la seconda donna nominata giudice della Corte Supre-ma nella storia del Paese.

    La Corte Suprema è composta da nove giudici. «Se mi chiedono quan-do ci saranno abbastanza donne nella Corte Suprema, rispondo: "Ouandoce ne saranno nove". La gente rimane scioccata, ma ci sono stati nove uomini per un'eternità e nessuno ha mai alzato un sopracciglio.»

    Arrivala aglì ottant'anni, Ruth fa ancora venti {lessioni al giorno ed è di-ventata un'icona di slile, grazie ai colletti stravaganti che indossa in tribu-nale sopra la toga da giudice.

    15 MARZO 1933STATI UNITI

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  • ROSA PARKSATTIVISTA

    na volta la città di Montgomery, in Alabama, era una città segre-gata. Le persone nere e le persone bianche frequentavano scùo-

    le diverse, pregavano in chiese diverse, facevano la spesa in neqozi diversi, usavano ascensori diversi e bevevano perfino da fontanelle pubblichediverse. Tutti viaggiavano negli stessi autobus, però dovevano sedersi insettori diversi: i bianchi davanti, ineri dietro. Rosa Parks era cresciuta inquesto mondo in bianco e nero.

    Per ineri era dìfficìle, e molti erano tristi e arrabbìati a causa della se-gregazione, ma se p"otesLavano venivano messi in prigione.

    Un gìorno Rosa, che allora aveva quarantadue anni, prese l'autobus pertornare a casa dopo il lavoro e si sedette diètro. Lautobus era molto pie-no e non c'erano abbastanza posli davanti (nel settore riservato ai bianchi),così l'aulista disse a Rosa di alzarsi e cedere il posto a un bianco.

    Rosa disse no.Passò la notte in prigione, ma questo atto di coraggio dirnostrò aìla gen-

    te che era possibìle dire no all'ingiuslìzia.Gli amìci di Rosa organizzarono un boicottaggio. Chiesero a ogni per-

    sona nera dèlla città di non prendere gli autobus di Montgomery finché lecose non fossero cambiate. ll passaparola fu rapido ed efficace. ll boicot-taggio durò 381 giorni. Finì quando la segregazione negli ar:tobus fu di-ch;arata incostituzionale dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.

    Ci vollero dieci anni perché la segregazione fosse bandita in tutti gli al-tri stati, ma alla fine accadde, grazie al primo, coraggìoso,,No,,di Rosa.

    4 FEBBRAIO 1913 - 24 OTTOBRE 2005STATI UNITI

  • uando la sua tata morì di cancro. Rita decise di diventare unadottorèssa-

    Era particolarmente affascinata dai neuroni (ciò di cui è fato il nostrocervello), così, dopo la laurea, cominciò le sue ricerche in quèsto campo in-sieme a uno straordinario professore di nome Giuseppe Levi e a un grup-po eccezionale di scienziati.

    Erano nel bel mezzo di un'importante ricerca quando un crudele dittatore promulgò una legge: gli ebrei non potèvano lavorare all'Lrniversità.

    Rita fuggì in Belgio insieme al professore, che era ebreo come lei. Maquando i nazisti invasero il Belgio, dovette fuggire di nuovo e tornò in ltalia.

    È difficile ìavorare come scienziata quando devi nasconderti in continuazione e non hai accesso a un laboratorio, ma Rila non s; arrese.

    Trasformò la sua camera in un pìccolo laboratorio di ricerca. Affilò gliaghi da cucito per creare strumènti chirurgici e sistemò un piccolo tavolooperatorìo di fronte al letto, che usava per dissèzionare i polli e studiarele cellule al microscopio.

    Ouando la sua città fu bombardata, Rita fuggì un'altra volta, e poi un'al-tra volta ancora. Di nascondiglio in nascondiglio, tuttavia, qualunque fos-sero le difficoltà e ovunquè sì trovasse, continuava a lavorare.

    Per la sua opera nel campo della neurobiologia, Rita ricevete il Nobelper la medicina: la terza persona della sua classe di medicina a ottènerèquesto risultato!

    RITA LEVI MONTALCINISCLÉNZIATA

    22 APRILE 1909 30 DICEMBRE 2012IIA LI A

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  • MIRIAM MAKEBAATI V]STA E CA N TANTE

    n tempo gli abitanti del Sudafrica venivano trattati in modi mol-to diversi a seconda del colore della pelle.

    I bianchi e ì nèri non potèvano trascorrere del lempo insieme e non po-tevano nemmeno innamorarsi e avere figli tra loro: era illegale.

    Ouesto sìstema crudele si chiamava "apartheid".Fu ìn questo mondo che nacque Mirìam, una bambina che amava can-

    tare. Ogni domenica, Mìriam andava in chiesa con sua madre. Desideravacosì ardentemenlè cantare nel coro che si intrufolava nel retro della chiesa ogni volta che c'erano le prove.

    Ouando Miriam crebbe, registrò più di cento canzoni con il suo grup-po femminile, le Skylarks.

    Cantava della vita in Sudafrica: cosa le dava gioia, cosa la rendeva tri-ste, cosa la faceva arrabbiare. Cantava della gioia di ballare e cantavadell'apartheid.

    La gente amava le sue canzoni, soprattutto una, intitolala Pata Pata, cheera il suo pirì grande succésso. Ma al governo non piaceva il messaggioanti-apartheid della musica di Miriam. Voleva mettere a tacere la sua vocedi prolesta. E quando Miriam lasciò il Paese per andare in tour, le tolseroil passaporto e non Ie permisèro di tornare.

    Miriam canlò in tutto il mondo e divenne un simbolo della fiera bat-taglia africana per la libertà e la giustizia. La gente cominciò a chiamarla"Mama Africa".

    Passarono trentun anni e alla fine le permisero di tornare a casa. pocotempo dopo, l'apartheìd fu fìnalmente sconfitto.

    4 MARZO 1932 _ 9 NOVEMBRE 2OO8SUDAFRICA

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  • MICHELLE OBAMAAVVOCATA E FIRST LADY?,

    [ ^ era una volta una bambina che aveva sempre paura. Si chiama-Y ," Michelle Robinson è abiLava a Chicago con la sua tamiglia,in un appartamento che aveva una sola camera.

    «Forse non sono abbastanza intelligente. Forse non sono abbastanzabrava» si preoccupava Michelle.

    E sua madre diceva: «Se si può fare, puoi farcela».«Tutto è possibile» dìceva suo padre.Mìchelle si impegnava molto. A volte, gli insegnanti le dicevano che

    non doveva punlare troppo in alto, perché isuoi voti non erano abbastan-za buoni. Altri dicevano che non avrebbe mai ottenuto grandi risultati, per-ché "era solo una ragazzina nera del Soulh Side di Chicago".

    Ma Michelle scelse di ascoltare isuoi genitori. "Tutto è possibiìe" pen-sava. Così si laureò a Harvard e divenne un'awocata in un grande studio.Un giorno, il suo capo le chiese di fare da tutor a un giovane avvocalo. llsuo nome era Barack Hussein Obama.

    ldue giovani si innamorarono e si sposarono pochi anni dopo.Un giorno, Barack le disse che voleva diventare Presidente degli Stati

    Uniti. All'inizio, Michelle pensò che fosse pazzo. ma poi ricordò le paroledi sua madre: "Se si può fare, puoi farcela". Così si licenziò e lo aiutò nel-la campagna elettorale.

    Barack vinse le elezioni (due volte!) e Michelle divenne la prima {irst ladyafroamericana degli Stati Uniti. llsuo moto è: "Nessuno nasce intelligen-te. Si diventa intelligenti attravérso il proprio impegno".

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    l17 GENNATO 1964

    STATI UNITI

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  • MARY KOMPUGILE

    Tera una volta, in lndia, una bambina di nome Mary. La sua fami-glia era molto povera e faticava a procurarsi da mangiarè. Mary

    voleva aiutarla ad avere una vita migliore, così dècise di diventare pugile.Un giorno, andò in palestra e si awicìnò decisa all'allenatore. «Mi alle-

    nerai?» chiese.

    «Sei troppo minqherlina» rispose lui. «Vattene.»Ma alla fine della giornata, l'uomo scoprì che la ragazzina lo stava aspet-

    tando all'uscita. «Voglio fare il pugile. Mettimi sul ring» insisté IVlary.L'uomo si decise ad accettarla, anche se con rilullanza, e Mary comin-

    ciò ad allenarsi con molto impegno. Ouando inizìò a combattere sul ring,vinse molti incontri. Ma non aveva detlo nulla ai suoi genitori. perché nonvoleva che si preoccupassero.

    Un giorno, suo padrè aprì il giornale e trovò una notizia che parlava dilei. «Ma sei tu?» le chiese. «5ì» rispose orgogliosa Mary. «Che succederase ti farai del maìe?» chiese la madre. «Non abbiamo isoldi per il dottore!»

    «Lavorerò sodo e risparmierò il piir possibiìe. Non ti preoccupare» re-plicò lei.

    Mary dormì in ostelli, mangiò riso e verdure perché non potèva permet-tersi Ia carne, saltò la colazione pèrché avèva isoldi solo per il pranzo eper la cena- E divenne una campionessa.

    I suoi genitori guardavano isuoi incontri in TV. lMary vinceva una meda-glia dopo l'altra, e ne vinse una anchè alle Olimpiadi! Divenne l'orgogliodel suo villaggio e finalmente riuscì a provvedere alla sua famiglia, propriocome sognava da bambina.

    MARZO ',t983

    INDIA

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  • MARIA MONTESSORID OTTO R ESSA E EDUCATRICE

    ,era Lrna volta un'insegnante che lavorava con ibambini disabi-li. Si chiamava Maria ed era anche una dottoressa-

    lnvece di applicare ìvecchi metodi di insegnamento, Maria osservava ibambini per capire come imparavano. Nella sua scuola, i bambini non era-no costretti a {are quello che gli dìceva l'insègnante. Potevano muoversi lì-beramente e sceglière l'attività che preferivano.

    Le sue tecniche innovative si dimoslrarono molto efficaci con i bambi-ni disabili, così Maria decìse di aprire una scuola per tutti ibambini doveavrebbe applicato gli stessi metodi. La chiamò "La Casa dei Bambini,,.

    Per la sua nuova scuola, Ny'aria inventò dei mobili a misura di bambi-no: sedìe piccole e leggere che i bambini potevano spostare facilmente,e scaffali bassi, per consentire loro di raggiungere le cose senza doverlechiedere a un adulto.

    Maria inventò anchè deigiocaltoli che incoraggiavano ibambini a scopri,re il mondo in modo molto pratico e indipendente. Durante le sue lezioni,imparavano ad allacciarsi è slacciarsi i bottoni della camicia, a trasportareun bicchiere d'acqua senza rovesciarlo, ad apparecchiare la tavola da soli.

    «Ai bambini dobbiamo insegnare a essere aulosufficienti» diceva. «Sesanno allacciarsi le scarpe e vestirsi da soli, provèranno quella felicità cheè dala dall'indipendenza.»

    ll metodo di Maria Montessorì è applicato ancora oggi in migliaia discuole e aiuta i bambini di tutto il mondo a crescere forli e liberi.

    31 AGOSTO 1870 6 MAG G tO 1952ITALIA

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  • na volta, in una vìa di Fìrenze chiamata Via delle Cenlo Stelle,nacque una bambina. Si chiamava Margherita e da grande sareb-

    be diventata una straordinaria astrofisica, una scienziata che studia lè pro-prietà delle stelle e dei pianeti.

    Mentre studìava fisica, lMargherita si interessò sempre di più alle stelle.«Siamo parte dell'evoluzione dell'universo» diceva. «Dal calcìo delle nostreossa fino al ferro del nostro sangue, siamo fatti interamente di elèmenticreati nel cuore delle stelle. Siamo dawero "figli delle stelle".»

    ll poslo preferito di Margherita era l'Osservatorio di Arcetrì. Su una col-lina di Firenze, scrulava icieli attraverso un enorme telescopio, con la testapiena di domande: come si evolvono le galassie? Ouanto distano le stellel'una dall'altra? Cosa possiamo imparare dalla loro luce?

    lMargherita viaggiò in tutto il mondo, tenendo conferenze e ispirandoaltri a studiare le stelle. Tornata a Firenze, divenne la prima donna italianaa dirigere un osservatorio astrono.nico.

    Dìceva che alcune delle sue migliori amiche erano stelle. Si chiamava-no Eta Boo, Zeta Her, Omega laù e 55 Cygni. C'è perfino un asteroide cheporta il suo nome!

    Per Margherita, essere una scienziata significava basare la propria cono-scenza del mondo naturale sui fatti, sulle osservazioni e sugli esperimenti,e avere un'instancabile curiosità per il mistero della vita.

    MARGHERITA HACKASTROFISICA

    12 GTUGNO 't922 - 29 GTUGNO 2013ITALIA

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    Arì'

  • ATT]VISTAIera una ragazza

    Arabia Saudita,

    MANAL AL.SHARIFPER IDIRITTI DELLE DONNE

    che voleva guidare la macchina, ma viveva ìnun Paese in cui le regole religiose proibiscono

    alle donne dì guidare.

    Sì chiamava Manal, e un giorno decise di infrangere quelle regole.Prese in prèstito l'aulo di suo fratello e guidò per le strade della sua citta.Poi postò un video su YouTube che la mostrava al volante: voleva che la

    maggiore quantità possibile di donne vedesse quello che stava facendo elrovasse ìl coraggio di imitarla.

    «Se gli uomini possono guìdarè, perché non possono farlo le donne?»diceva in quel video.

    Dopotutto, era una domanda semplice. Ma alle autorità relìgiose nonpìacque per niente.

    «E se altre donne comìnciassero a guidare?» gridarono. «Andrebberofuori controllo.»

    Oualche giorno dopo, Manal {u arreslata è dovètte promettere di nonguidare più.

    Nel fraltempo, però, il suo video era slato guardato da migliaia di per-sone e, qualche settimana dopo, centinaia di coraggiose donne saudite simisero in strada con le loro auto, s{idando le autorità religìosè.

    Manalfu dì nuovo rinchiusa in prigione, ma continuò a protestare e a in-coraggiare le donne a guidare e a battersi per i loro diritti.

    «Non chiedete quando sarà abolito questo divieto. Uscite e guidate.»

    25 APRILE 1979

    ARABIA SAUDITA

    . 10é, .

  • JAN E GOODALL

    era una volta. in lnghiìterra, una bambina che amava leggeree arrampicarsi sugli alberi. Si chiamava Jane, e sognava di an-

    dare in Africa e vivere con gli animali selvatici.Ouando diventò grande, realizzò il suo sogno: andò in Tanzania. prese

    taccuino e binocolo e si dedicò a studiare gli scimpanzé nel loro habitatnaturale.

    All'inizio fu difficile. Glì scimpanzé scappavano non appèna lei era neiparaggi. Ma Jane continuò ad andare nello stesso posto ogni gìorno allastessa ora. Alla fine, gli scimpanzé le permisero di awicinarsi.

    Ma per Jane non era abbastanza: lei voleva fare amicizia. Così si inven-tò ìl "club delle banane". Ogni volta che andava a trovarli, portava un ca-sco di banane e Io mangiava insieme a loro.

    A quel tempo, si sapeva poco degli scimpanzé. Alcuni sc;enziati avevano provato a studiarli da lontano, usando dei binocoli. Altri li studiavanonelle gabbie.

    Jane, invece, passava ore in loro compagnia- Cercò di parlare con lorocon grida e grugniti. Si arrampicò sugli alberi e mangiò lo stesso cibo chemangiavano loro. Scoprì che gli scimpanzé hanno dei rituali, che usano at-trezzi e che il loro linguaggio comprende almeno venti suoni diversì.

    Scoprì per lino che non sono vegetarian;.Una volta, Jane trovò uno scimpanzé ferito e se ne prese cura finché

    non guarì. Quando lo lasciò libero, prima di tornare nella foresta, lo scim-panzé sivoltò e le diede un lungo e tenero abbraccio, quasi come per dire:"Addio e grazie".

    3 APRILE 1934

    REGNO UNITO

    .82.