8 Fedele allamontagna - ana.it · 32 Il 70° di Monte Marrone ... Bruno Fasani EDITORIALE...

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N. 8/2014 AGOSTO/SETTEMBRE MENSILE DELL’A.N.A. Poste Italiane S.p.A – sped. in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1- LO/MI Anno XCIII – N. 8 Fedele alla montagna Fedele alla montagna

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N. 8/2014AGOSTO/SETTEMBREMENSILE DELL’A.N.A.

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3 Editoriale

4 Lettere al direttore

6 Primo Stagnoli premiato per la fedeltà alla montagna

10 Pellegrini in Adamello

14 Gli alpini all’Ortigara

18 Musei all’aperto

23 A San Candido con gli alpini del 6°

26 Nostri alpini in armi

28 Raduno al Contrin

30 Campo scuola ANA sul lago di Como

32 Il 70° di Monte Marrone

36 Raduno al Colle di Nava

39 Esercitazioni di Protezione Civile

42 I sentieri degli alpini 1914-1918

44 I papà del Trentatré

46 Incontri

48 Alpino chiama alpino

50 Dalle nostre Sezioni

54 Intesa ANA-Onorcaduti per i Sacrari

55 Calendario manifestazioni

sommario IN COPERTINA

Primo Stagnoli impegnato nella lavorazione del “bagoss”.L’ANA lo ha premiato per la fedeltà alla montagna.(Foto di Guglielmo Bottarelli)

agosto/settembre 2014

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Se saremo tutti uniti faremo della nostra città la città più bella del reame. Così recitava undetto del 1200, che cito a braccio per il suo messaggio ancor oggi attualissimo. Parafrasandopotremmo dire che questa è la storia che si ripete ad ogni nostra Adunata. Una volta l’anno,un capoluogo scelto dagli alpini fa di una città italiana, la più bella d’Italia. Quasi la meta di un corteo nuziale, dove fiumi di uomini giungono da ogni parte, del Paese edel mondo, a portare il regalo della loro festosa presenza e i suoi preziosi valori. Sono i valoridell’allegria, della fratellanza, della solidarietà, dell’amore di Patria, del valore della famiglia,dei sentimenti religiosi... Un caleidoscopio di colori di vita, che compone insieme le diversità,in una armoniosa fantasia, ogni volta imprevedibile e dagli esiti altrettanto imprevedibili. Per il 2015 sarà L’Aquila la città destinata ad essere la più bella. La sua è comunque unabellezza antica, a prescindere dalle Adunate. Una bellezza aristocratica, rigorosa e compostanelle sue tradizioni e nella sua storia, passando da Celestino V, il Papa santo che rinunciò allatiara. Bellezza legata alla sua cultura, alla sua università che fu, a partire dal Rinascimento,faro di eccellenza. Storia di dominazioni straniere, che qui lasciarono traccia della lorocultura, ma anche storia di fatiche, in gran parte dovute ai suoi violenti terremoti che lapiegarono più volte senza mai sconfiggerla. L’Aquila terra di alpini, che qui hanno messoradici con il 9º Reggimento e l'omonimo battaglione. Senza scordare gli alpini nel dopoterremoto del 2009 e le trentatré case di Fossa, con la loro chiesa, icona di quella solidarietàalpina che fa della terra d’Abruzzo un santuario privilegiato. Oggi la bellezza de L’Aquila è una bellezza violata ma non sfiorita. Come negli esiti di unamalattia, essa sta consegnando ai ritmi del tempo il recupero delle proprie energie. Ma primaancora del tempo essa attende le sollecitudini della stima e dell’amore di chi deve farla vivere.Penso agli amministratori di quella terra e, per quanto ci riguarda, l’amore degli alpini d’Italia.È una chiamata morale quella che ci invita ad essere tutti presenti all’appuntamento. Forseuna mancanza di informazione ha portato qualcuno a chiedersi: ma davvero riusciremo a fareun’Adunata in una città ancora così profondamente segnata dalle ferite del terremoto? Sono stato recentemente nel capoluogo abruzzese e porto ancora negli occhi lo spettacolo chemi è apparso alzando gli occhi sopra la città. Una miriade infinita di gru, di bracci meccanici,simili a mani operose intente a riaprire i canali della vita. Una città dove i giovani hanno sceltodi restare, fieri del loro passato, ma anche tenacemente convinti di dover scrivere la storia dellaloro terra, rimanendo al proprio posto. È a questi giovani e alla bellezza della loro terra, agli alpini e alla loro gente che gli alpinid’Italia devono dare risposta, con una partecipazione capace di seminare speranza, comeaccade ogni volta dopo il loro passaggio. Oltretutto l’Abruzzo è terra in grado di raccontaremeraviglie storiche e paesaggistiche invidiabili. Solo la composta aristocrazia morale della suagente ha impedito, nei secoli, di trasformare queste meraviglie in un mercato turistico dicelluloide. Una ragione in più per scoprire questa terra, per sostare ammirati della suaincontaminata bellezza, una terra ospitale ed unica nella sua indole più vera.

Bruno Fasani

EDITORIALE

L’Aquila, la più bella del reame…

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FRECCE… A COSTO ZERO

Le scrivo in merito ad una mail letta dalla conduttrice del pro-gramma Coffee Break di LA7 di un telespettatore che denun-

ciava il non trascurabile costo dell’intervento delle FrecceTricolore nel corso dell’Adunata nazionale di Pordenone, all’arri-vo di Renzi. Il telespettatore precisava che il costo di ogni passag-gio della squadriglia acrobatica era di 950 mila euro e che i pas-saggi erano stati due. La prima considerazione che mi è venuta in mente, ammettendoanche la mia ignoranza, è che non so se la cifra snocciolata daltelespettatore sia reale o esagerata; come pure non è risaputo chiabbia commissionato l’esibizione. So però il considerevole indot-to economico dell’Adunata per la città ospitante, oppure le cen-tinaia di migliaia di ore di volontariato della nostra PC e deinostri alpini per le varie comunità documentate dal Libro Verde eultima, ma non meno importante, l’immagine di speranza, solida-rietà ed onestà che diamo all’Italia intera con l’Adunata, che sep-pure non quantificabile è di estrema importanza a mio dire, inquesto delicato momento.

Gino Carraro – Padova

Ecco in breve i fatti, giusto per chiudere la bocca ai seminatori disospetti e nella speranza che chi conduce il programma su LA7 trovi iltempo di documentarsi, perché le notizie di cronaca corrispondano real-mente alla verità. Iniziamo subito col dire che le Frecce Tricolore nonsono costate un solo euro, né all’Adunata degli alpini, né allo Stato. Equesto semplicemente perché la squadriglia acrobatica ha rinunciatoall’addestramento settimanale, facendolo coincidere con i due passaggi

IL MIO EROESono la madre di un soldato, uno di quelli della guerra vera,

la guerra in Afghanistan. Partito, tornato; ripartito, ritorna-to. Il suo silenzio a proteggerci dalla paura, dal senso di inutilitàe impotenza, dal nulla che avevo il diritto, la capacità di saperesu quei suoi “viaggi”, buchi neri di sospensione della sua e dellanostra vita. Un silenzio denso, pieno di sentimenti forti, caricodi emozioni struggenti, di pudore, di tenerezza reciproca, dinostalgia e di orgoglio. Un silenzio che vaga anche in casa,riempito ogni tanto da sguardi furtivi, da eloquenti abbracci trasuo padre e me. Un silenzio segretamente concordato: non michiedere nulla, mamma; non mi dire nulla figlio. Parlarne nonservirebbe a sciogliere l’angoscia; raccontare non basterebbe acondividere, ad alleggerire la scia di dolore per quello che chissàcos’ha vissuto laggiù, coperto da quel velo impermeabile di sab-bia sottile e crudele. Una sabbia che tutto ricopre e fa tuttiuguali, senza più colore. Quel velo che in qualche modo conti-nua a nascondere una parte profonda di lui, che le parole nonriuscirebbero a spiegare. Cosa vuoi che ti dica, madre, cosa vuoisapere? Se ho paura? Se sono in pericolo? Se sto bene? E poi cosìal telefono, lì come una scema, a far finta che lui sia qui a pochichilometri, a non sapere cosa dire, troppe sarebbero le cose chemi riempiono l’anima. Le notti intanto passano a cacciare fan-tasmi, a pensare a quel nulla che non conosco. Scene si accaval-lano immaginandolo in pericolo, immaginandolo a ridere con i

suoi compagni, immaginandolo come in un film. Ma non è unfilm, è tutto vero e anche peggio. E quando arriva la notiziadella bomba, del lince esploso, dell’agguato, il fiato si fa corto,il cuore rallenta fino a perdere colpi, la mente confusa non con-trolla più le emozioni, finora educate e contenute. Finché, mise-ricordioso, lui che sa, invia un breve, potentissimo messaggio:“Non vi preoccupate, sto bene, io sto bene”. Mi vergogno unpo’ di quel sospiro di sollievo; non è lui, neanche stavolta è lui.Mi concedo il lusso di piangere di pietà per altri. Se sonosopravvissuta, più o meno sana, a tanta angoscia è grazie al suosilenzio, grande gesto d’amore. Questo è il mio eroe.

Maria Grazia Ometto Beccegato – Arsego (Padova)

Cara e gentile signora, ho chiuso la lettura del suo scritto con la pelled’oca e le lacrime agli occhi. Lei ha un grande merito, quello di averdescritto cos’è la guerra fuori dagli scenari operativi. Ed è la guerrache, prima ancora che sul corpo, lascia ferite nell’animo, nellamente, nella coscienza, nelle emozioni… Ma lei ha anche il grandemerito di dar voce, con una capacità psicologica e descrittiva unica,a tutti quei genitori che vivono le stesse situazioni senza saperle opoterle raccontare. La capacità di rendere giustizia al valore dei figli,là dove il pudore alza muri invalicabili nella comunicazione e dove ilsilenzio copre, sotto il velo del non detto, la luce dell’eroe che brillanel volto di un figlio.

lettere al direttore

domenicali. Questo grazie alla sensibilità del comandante e di tutta lasquadriglia, ai quali va tutta la nostra sincera gratitudine, per averefatto questo gesto squisito di omaggio agli alpini. Quanto poi a chiaccampa spese da 950 mila euro a passaggio, credo che ragioni ancoracon le lire. Di sicuro è rimasto indietro. Il ché non gli impedisce comun-que di dire stupidaggini.

PAPÀ PERRUCCHETTI

Quando posso seguo il coro Montenero della mia Sezione, enell’ultima trasferta fatta a Romano di Lombardia ho cono-

sciuto una ragazza che si è laureata in filosofia, discutendo la suatesi sul generale Perrucchetti. Il giorno successivo ci siamo nuo-vamente incontrati e mi ha regalato la sua tesi di laurea con alle-gato un foglio scritto la sera stessa dopo il concerto. Il sentimentoespresso nei confronti degli alpini non posso tenerlo solo per me:ecco la sua lettera.

Bruno Pavese – presidente sezione Alessandria

“Perché parlare di Perrucchetti? Perché credo che mai come inquesti anni di incertezza e di sbandamento sociale, di pessimismoed egoismo, si abbia la necessità di avere dei punti fermi. Si habisogno di sapere che ci sono persone che da sempre lavorano peril bene degli altri, in allegria, con il sorriso gentile, senza rispar-miare fatica e lavoro. Quel che ho imparato da bambina, ascol-tando in casa i racconti e le avventure di un papà alpino, è chequeste persone sono gli alpini. Gli alpini sì, al plurale, perché que-sto nome ha senso solo così, l’alpino, da solo, proprio non si può

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sentire. Anche in casa mia, dove il cappello con la penna ha sem-pre avuto un posto di rilievo, in realtà i cappelli sono due. Questoperché gli alpini esprimono il loro essere solo in gruppo, sono unCorpo che lavora sodo e si diverte, solo quando è in compagnia.Quando gli alpini, senza pensarci troppo, lasciano il lavoro peraiutare chi è in difficoltà, lo fanno in gruppo. Quando gli alpinipartono macinando chilometri e si organizzano, per vivere unmomento irrinunciabile, come il raduno nazionale, lo fanno perstare insieme. Questi sono gli alpini così come papà Perrucchetti, come lo chia-mano gli alpini di Cassano d’Adda, li aveva ideati e voluti. Lui dasubito aveva compreso che l’unicità di questo Corpo, sarebbestata la coesione. Di Corpi militari ce n’erano già, perché crearneuno nuovo? Cosa avrebbero dato in più all’Italia gli alpini? Ilcuore, perché loro nascono per difendere gli aspri territori dimontagna, luoghi che però amano e conoscono come nessunaltro, perché in quei posti ci sono nati e cresciuti. Montagne che,troppo spesso ho sentito dire, non perdonano chi non le rispetta,ma che regalano vita ed emozioni, che solo chi le vive può coglie-re. Da allora, questo spirito non si è mai spento ma, anzi, si è spin-to in terre lontane, per arrivare ovunque ci fosse bisogno di unaiuto, di un canto, di un viso sorridente arrossato dal freddo, maanche dell’immancabile gioviale bicchiere di vino. Oggi forse nonabbiamo più la necessità di difendere le nostre montagne, maabbiamo ancora tanto bisogno degli alpini, loro, che esistono solose li chiamiamo usando il plurale. Un’aquila, con un’ala sola, nonpuò volare e le penne degli alpini volano solo se si muovono tutteinsieme.”

Laura Gandelli

Grazie, caro Bruno, per questa bella segnalazione. Vorrei chiedere aLaura, alla quale va tutta la nostra ammirazione e i nostri complimen-ti, se mai fosse possibile avere una copia della sua tesi. Da tenere quinel nostro Centro Studi, tra le opere da consegnare alla memoria di chiguarda al passato, camminando avanti.

IL CAPPELLO DI MIO MARITO

Sono friulana e vedova di un abruzzese alpino, abbonato e tes-serato che amava molto il Friuli. Mio marito adorava parteci-

pare alle Adunate con il suo cappello e non mancava mai una sfi-lata per cui avevo pensato quest’anno a Pordenone di sfilare conil suo cappello d’alpino. Ma la sfilata ha voluto farla la sorella dimio marito e io ho accettato perché per me sarebbe stato troppodoloroso. Domenica mia cognata ha iniziato a sfilare con il cap-pello del 9°, al primo controllo è andato tutto bene, ma al secon-do l’hanno fatta uscire. Sono rimasta tanto male che ho pianto,perché un cappello d’alpino non si fa uscire dalla sfilata, devefarla tutta con tanto orgoglio. Perché è successo? Il prossimo annoa L’Aquila come posso fare per sfilare con il cappello di mio mari-to? Non voglio un cappello sul cuscino, il cappello deve marciare,camminare con forza e orgoglio come era lui.

Paola Filiputti Cirulli – Roma

Gentile signora, sono dispiaciuto per quanto accaduto, ma il regola-mento su questo punto è molto preciso. Come lei sa, possono sfilare colcappello soltanto gli iscritti all’ANA, che hanno fatto il servizio milita-re. Potrà sembrarle crudele, ma anche questo è un modo per conserva-re l’identità di un’Associazione, evitando di trasformarla in un circoloculturale.

AVANTI COSÌ!

Da tempo desideravo indirizzarti qualche riga per complimen-tarmi per la nuova veste editoriale de L’Alpino in merito ai

suoi contenuti. In modo particolare ho anche molto apprezzato laguida all’Adunata di Pordenone che ritengo realizzata magistral-mente. Onestamente non so se un plauso vada anche rivolto allaregione Friuli Venezia Giulia, provincia e comune di Pordenone.Per concludere mi sia consentito un “avanti così”.

Dario Soffiantino – Genova

Grazie degli apprezzamenti, caro Dario. Ricorda comunque che dietroad ogni successo, c’è sempre una grande macchina, dove tanti silenziosi“operai” operano con discrezione e dedizione. Il direttore va all’incas-so, ma il merito è davvero di tante persone.

LA PRIGIONIA DI DON FRANZONI

Ringrazio la redazione del giornale per avermi fatto pervenire lalettera di Pio Penzo di Modena: nel 1990, fece il viaggio in

Russia con noi suo papà, il capitano Alberto Penzo. Pio Penzonomina un fatto su don Enelio Franzoni, cappellano militare inRussia, sul quale avete fatto un articolo sul giornale dello scorsomese di marzo. Avete fatto un errore. Don Franzoni è stato rimpa-triato nell’autunno del 1956; dopo aver passato 14 anni di prigio-nia. Sul giornale avete messo 1946: 10 anni di differenza. Questolo lessi in un libro che parla di don Franzoni. Ho assistito alla tele-visione del 70° anniversario dello sbarco alleato in Normandia inpresenza di parecchi capi di Stato, fra cui il nostro Napolitano eavevano postato i veterani o reduci (meno di una ventina) al sole;in faccia alle tribune. Vedendoli mi è venuto un colpo al cuorepensando a tutti quelli che abbiamo lasciato in Russia. Veramentela Francia aveva organizzato qualcosa di grandioso.

Marco Beraldin – Sollies Pont

Caro amico, è sempre una gioia sentirti in comunione con noi, pursapendoti in quel di Tolone, vicino alla splendida Costa Azzurra.Quanto a don Enelio Franzoni non è un errore il nostro: fu fatto pri-gioniero il 16 dicembre del 1942 e liberato nel 1946 tanto è vero che glifu conferita la MOVM nell'aprile del 1951.

ALPINITÀ ANCHE IN PIANURA

Un bravo al tesoriere per l’editoriale di luglio sull’alpinità. Ilconcetto di compattezza e povertà non deve essere però asso-

ciato solo alle popolazioni di montagna, fatto salvo il legameAlpi, alpino, alpinità, ma a tutti coloro che vivevano e letteral-mente riuscivano a sussistere solo con i prodotti della propriaterra. Io, alpino e figlio di contadini di pianura, vivo ancora ogginel ricordo dei rapporti di mutuo soccorso tra i vicini, della sem-plicità, dell’onestà, del rigore morale, del rispetto per l’autoritàreligiosa, militare, civile, che esisteva nei piccoli paesi. Tutto ciònon significava appiattirsi o essere succubi, ma amare tutti queivalori più autentici che oggi fatichiamo a comprendere. Sintetizzoqueste positività con l’espressione “venire dalla scuola dellafame”, il sapersi accontentare ed apprezzare anche le cose piùsemplici, senza prevaricare nessuno.

Adelio Panero - gruppo di Cherasco, sezione di Cuneo

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di Cesare Fumana

PRIMO STAGNOLI PREMIATO PER LA “FEDELTÀ ALLA MONTAGNA”

In montagna

uesto premio è stato istituito34 anni fa perché si era capi-to quanto fosse importante,

non solo per gli alpini ma per tutti inItalia, guardare alle montagne, a quelpunto di riferimento che vuol dire primadi tutto impegno, sacrificio, disponibili-tà. Voglio perciò complimentarmi con ilvincitore di quest’anno, unitamente allasua famiglia; sono la sintesi indovinata

di quello che la nostra Associazionevuole esprimere con questo premio: quelmodo silenzioso ma vero di impegno,quel guardare alla montagna come unarisorsa da amare e rispettare”. Sono queste le parole del presidente na-zionale Sebastiano Favero durante la ce-rimonia di consegna del Premio Fedeltàalla Montagna, assegnato quest’anno aPrimo Stagnoli, alpino e allevatore di

Bagolino, provincia di Brescia, sezionedi Salò.Questo prestigioso riconoscimento vie-ne attribuito ogni anno dalla nostra As-sociazione “all’alpino che abbia operatoper la difesa, la valorizzazione e l’arric-chimento dell’ambiente montano e del-la sua cultura, onde evitarne il depaupe-ramento e contribuire al mantenimento,alla prosperità e al potenziamento degli

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Il presidente Sebastiano Favero consegna il premio a Primo Stagnoli; accanto la moglie Maria.

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per passione

Alpini in sfilata a Malga Bruffione. Sullo sfondo la casera dove la famiglia Stagnoli produce i formaggi.

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insediamenti umani in montagna”. Nonvi è dubbio che Primo Stagnoli l’abbiameritato, a sentire i tanti elogi, giunti dapiù parti nei due giorni della manifesta-zione.Primo Stagnoli è nato a Bagolino 53 an-ni fa. La sua famiglia è “bagossa” per an-tonomasia e anche lui, come la maggiorparte dei suoi compaesani, ha svolto ilservizio militare nelle Truppe alpine,esattamente a Malles, nella CompagniaComando. È figlio di Giuseppe, oggi ot-tantaduenne, anch’egli alpino a SanCandido. Dal papà ha ricevuto la passio-ne e il rispetto per la montagna e da luiha imparato il lavoro come contadino,allevatore e produttore caseario. Ancheil papà ha gestito una malga e Primo ilmestiere lo ha appreso sin da bambino. La montagna e le malghe sono semprestate il suo mondo. Ricorda di avere avu-to solo due parentesi nella sua laboriosavita: il periodo militare e il tempo disposarsi con Maria, la sua compagna divita e il suo braccio destro sul lavoro.Hanno messo al mondo due figli: Mi-chele, 27 anni, diploma di ragioniere, eRoberto 19 anni, diploma all’alberghie-ro; ambedue hanno deciso di condivide-re con i genitori la vita e il lavoro delnonno e del papà. Non è stato facile: èuna scelta però che rende onore a en-trambi.Primo è una persona seria, di poche pa-role, la maggior parte delle quali sonoespresse nello stretto idioma locale, edha le idee chiare. Si impegna anche perla sua comunità ed attualmente ricoprela carica di presidente della CooperativaValle che riunisce i produttori di for-maggio locali.Al paese, la famiglia Stagnoli conduceuna stalla con una sessantina di bovini eun’ottantina di capre di proprietà; inproprio produce il caratteristico formag-gio della Valle del Caffaro, il “Bagòss”.Da giugno a ottobre svolgono l’attivitàsull’alpeggio, alla piana del Bruffione,nella Malga Bruffione Basso, a 1.745metri di quota, aggiungendo alle suevacche altrettante che gli vengono affi-date.Da Malga Bruffione ha preso il via la duegiorni alpina, organizzata dalle pennenere di Bagolino, guidate con ammire-vole tempra alpina dal capogruppo EliaBordiga e dalla sezione di Salò, con ilpresidente Romano Micoli in testa. Complice la splendida giornata di sole,sabato 19 luglio, più di 300 persone, sisono recate al Bruffione per un’escursio-

ne partita da Gaver, con sosta alla mal-ga, dove Stagnoli ha preparato succulen-ti assaggi dei formaggi che produce.Quindi la Messa presso l’ex cimitero del-la prima guerra mondiale, a qualchecentinaio di metri dalla malga, celebratadal parroco di Bagolino, don Paolo Mor-bio.Dopo pranzo - preparato dagli alpini diBagolino presso la malga di Bruffione dimezzo - il ritorno in paese. Nel teatrodell’oratorio si è tenuta la presentazionedel premio e del premiato con la visionedi filmati sull’attività di Primo e dellasua famiglia, alternati ai saluti delle au-torità e allietata dai canti del locale coro“Beorum”.Domenica mattina il borgo montanodell’alta Valle Sabbia è stato pacifica-

mente invaso dalle penne nere. Insiemeai rappresentanti di numerose sezioniANA di tutto l’arco alpino, “dalla Val-sesia alla Carnia”, per dirla con le paro-le del presidente Micoli, a Bagolino so-no arrivati non solo il presidente nazio-nale Sebastiano Favero, ma anche i pastpresident Corrado Perona e Beppe Pa-razzini. La cerimonia principale è avvenuta sulsagrato della parrocchiale, che a fatica èriuscito a contenere la folla. A solenniz-zare l’evento anche la presenza del Laba-ro dell’ANA, scortato dal Consiglio Di-rettivo Nazionale. Presenti anche diver-si sindaci valsabbini e una quindicina dipremiati delle edizioni precedenti.“Non è facile vivere di montagna - ha ri-cordato il sindaco di Bagolino GianlucaDagani - se non si è temprati per questolavoro. Se non si è sinceri, appassionatidel proprio operare, la tentazione di la-

sciare il tutto verso più facili lidi di fon-dovalle è davvero forte. Il premio oggiconsegnato a Primo non solo è il ricono-scimento di una vita vissuta in monta-gna, di una vita di attaccamento al terri-torio e alla propria azienda agricola, maè anche la certificazione dell’importanzadi una famiglia che ha in malga tre gene-razioni: la generazione di Primo con lamoglie, quella del padre Giuseppe e del-la madre e quella dei figli Michele e Ro-berto. La capacità di appassionare i gio-vani alle attività agricole in montagnanon è da tutti, ma questo è davvero unvalore aggiunto di Primo in grado di co-municare concetti profondità pur nellesue rarissime parole”.E in merito all’attitudine degli alpini e lamontagna, così si è espresso il primo cit-tadino: “Anche oggi, soprattutto nei no-stri Comuni, ritengo di fondamentaleattualità la “mentalità alpina” che in-

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Primo Stagnoli con la moglie Maria davanti alle loro montagne.

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tendo e che vedo ogni giorno come inse-gnamento alla volontà, allenamento alsacrificio e alla rinuncia, impegno nellaformazione di caratteri saldi e seri, comeeducazione alla fortezza interiore pernon farsi travolgere dalle difficoltà, ilnon cedere alla pigrizia, il mantenere fe-de alla parola data e al dovere. Gli alpi-ni per questo sanno farsi volere bene,ovunque e da chiunque”.Il presidente della sezione di Salò haparlato delle persone che vivono inmontagna, “questa nostra gente, sim-bolo delle nostre valli alpine, che sonoin credito con il Paese, avendo in pas-sato pagato con il più alto tasso di emi-grazione in assoluto. Questa nostragente che da sempre non vede intera-mente realizzate le tante promesse uffi-ciali che vengono loro fatte, che ancoroggi riscontra, in molti casi, il vanifi-carsi di anni di lavoro di fronte ad unaburocrazia lontana che sta imponendotroppe regole, che non tengono nel do-vuto conto le loro centenarie storie etradizioni”.Dopo la consegna del premio, la cerimo-nia si è conclusa con il passaggio di con-segna della “radice”, il simbolo della fe-deltà alla montagna, fra il premiato del-lo scorso anno, Osvaldo Carmellino diRiva Valdobbia, e il suo capogruppo conStagnoli e il capogruppo di BagolinoElia Bordiga.

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oSopra: la cerimonia all’ex cimitero militare.

...Anche oggi... ritengo di fondamentale attualità la“mentalità alpina”... per non farsi travolgere dalle

difficoltà, il non cedere alla pigrizia, il mantenere fedealla parola data e al dovere. Gli alpini per questo sanno

farsi volere bene, ovunque e da chiunque...La famiglia Stagnoli durante la cerimonia di premiazione: da sinistra Maria, Primo, suo papà Giuseppe e Roberto.

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di Mariolina Cattaneo

L’Adamello Iramponi stridono sul ghiaccio vivo, lo

graffiano senza cautela mentre il lentoprocedere della colonna supera il pia-

no e punta un valico ancora miraggio,nel silenzio vuoto di quota tremila. Lui, il ghiacciaio, antico, imperturbabilemaestro s’eleva al cielo, abbraccia la ter-ra e si lascia percorrere porgendo laschiena carica di neve fresca.Peregrinare sui sentieri in costa, oltre ivalichi e i passi imbiancati. In colonna,legati l’uno all’altro. E infine avvistaredi lontano la meta, una sorta di traguar-do spirituale che pone fine alla fatica, al-la stanchezza e mette a tacere i disagi.Accade così ogni anno, gli ultimi giornidi luglio. Ma non questa volta. La mon-tagna ha cambiato i piani, disfatto i pro-grammi imbastiti mesi prima: ha lasciatoche giovedì e venerdì i pellegrini iscrittia questa cinquantunesima edizione rag-

boato; passa qualche istante prima dicomprendere cosa stia accadendo: sonole cinque e il temporale a tremila metri èneve che cade fitta. Al rifugio “ai Cadu-ti dell’Adamello” si torna a dormire,non vi è alternativa. Il pensiero correagli altri pellegrini in fermento nei rifugipiù a valle, pronti a raggiungere in cam-mino, l’altare del Papa per assistere allaMessa. Gli alpini della colonna sei, par-titi alle due e mezza di notte dal rifugioCarè Alto, hanno arrestato il loro ince-dere in prossimità del ghiacciaio: il tem-porale imperversava, metteva paura.Quelli del rifugio Garibaldi, del Man-drone, del Prudenzini, del Val di Fumo,della piana di Bedole erano in attesa co-sì come i capi colonna, le guide e i ragaz-zi del Soccorso Alpino. Ma la pioggiaanziché dare tregua, riversava i suoiscrosci sulla montagna. Sempre più vio-lenti. Arrivava così la rinuncia definiti-va: “Hanno chiamato dal Garibaldi: nonpartono. E nemmeno dal Mandrone. Nonpartono gli elicotteri dal Tonale. Non partenessuno, giù piove e qui nevica”.Nella stanza da pranzo del rifugio “ai Ca-duti dell’Adamello”, monsignor Luigi

Gli alpini in cammino sulle vette checircondano l'antico ghiacciaio, nel ricordo del Papa che amava la montagna e chequassù salì per la prima volta trent'anni fa

giungessero i diversi rifugi collocati nel-le valli che salgono a cingere il più vastoghiacciaio italiano. Solo tre colonne,due della sezione ANA di Trento e unadella sezione di Vallecamonica erano alrifugio “ai Caduti dell’Adamello” a quo-ta 3.040, costruzione aggrappata al fian-co della Lobbia Alta. Il resto dei pelle-grini, invece, venerdì riposava nei rifugiposti più sotto, consumando la cena, sulfar della sera. Attorno a un tavolo,un’intimità insolita legata alla faticacondivisa, una serenità che prende for-ma nei racconti, nelle confidenze, nei ri-cordi di salite passate. Sono le amiciziedi vetta che la montagna riserva ai suoiviandanti. Una canta, un’altra ancora,sembra notte fonda, invece sono appenapassate le dieci quando in camerata sispegne l’ultima luce. D’un tratto un ba-gliore poi un colpo, come l’eco di un

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dei pellegrini

Mons. Luigi Bressan, vescovo di Trento, celebra la Messa al rifugio ai Caduti dell’Adamello.

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del 2º reggimento genio guastatori, il ge-nerale Primicerj, il presidente Faverocon i consiglieri nazionali e il cardinaleRe. Labaro, vessilli e gagliardetti insie-me, ancora una volta. Negli interventidelle autorità il rammarico di non esseregiunti in vetta per la consueta cerimoniadel sabato. “Mi rivolgo soprattutto ai pelle-grini che hanno affrontato i sentieri di que-ste meravigliose montagne testimonianzapresente delle sofferenze passate”, così ilgenerale comandante le Truppe alpine,Alberto Primicerj. Parole in armoniacon quelle pronunciate dal presidente

Bressan vescovo di Trento, celebra laMessa per i pellegrini delle tre colonneche hanno passato lì la notte. Due pic-cole candele si specchiano in una foto-grafia che ritrae Papa Giovanni Paolo II,unico ornamento di un altare arrangiatocon cura. Il tempo di uno scatto, poi giù,le spalle al Cavento e gli scarponi chesprofondano nella neve fresca. Giù lun-go la val di Genova fino a Tione di Tren-to, paese che ospiterà la cerimonia con-clusiva il giorno successivo. Un giornodi sole che ha visto tutti ritrovarsi: i pel-legrini, le autorità, il picchetto armato

Discesa sul ghiacciaio durante la nevicata estiva.

“Hanno chiamato dal Garibaldi: non partono. E nemmeno dal Mandrone.

Non partono gli elicotteri dal Tonale. Non parte nessuno, giù piove e qui nevica”.

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nazionale Sebastiano Favero poco dopo.“A voi il mio grazie, pellegrini dell’Adamel-lo. Attraverso la fatica, avete saputo cele-brare la memoria, elemento fondamentaleper poter guardare al futuro fermi sui nostrivalori, sull’impegno nel tramandare, testi-moniare, condividere questo spirito che cirende unici”.Poi la Messa celebrata dal cardinaleGiovanni Battista Re che ha ricordato lafigura di Giovanni Polo II, il Papa santo.“Un uomo straordinario. Un gigante misti-co che durante le passeggiate desideravapregare in solitudine, contemplando la bel-lezza delle vette. Egli resterà per sempre, unsegno nel mondo”.La Preghiera dell’alpino recitata condolcezza ha preceduto la benedizione so-lenne del cardinal Re, prologo di giorniintensi, già ricordo indelebile. Protago-nista la montagna, unica regista. Essa hadeciso che fosse il pellegrinaggio dei di-scepoli dell’Adamello, quelli che quassùin colonna un passo dopo l’altro, vengo-no da anni. Questi uomini sono statipremiati: con lo spirito si sono ritrovatinell’ombra fredda del gigante di granitoche già conobbe e accolse i loro Padri.Lontani un secolo dalla guerra, più vici-ni alla Croce del Papa santo che su que-ste rocce spigolose s’abbandonò alla pre-ghiera. I pellegrini lo hanno ricordatonel lungo, silenzioso incedere sui sentie-ri divenuti ora un comune solco. Legatiad un’unica cordata, hanno riscopertol’incanto di vivere. Di essere alpini.

Il gen. Primicerj e il presidente nazionale Favero passano in rassegna il picchetto armato del 2° Genio guastatori.

I pellegrini in sfilata a Tione.

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Esempioperpetuo

di Matteo Martin

DALL’ORTIGARA UN INVITO ALLE NUOVE GENERAZIONI

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Le toccanti parole del Signore delle cime, intonate dagli alpini al-la Colonna Mozza, si spandono per le trincee, i camminamentie lo splendido vallone dell’Agnellizza, luoghi che un secolo fa

odoravano di morte e in cui dominava il cupo suono del “ta pum”.Alpini, bersaglieri, fanti, in migliaia, ragazzi di nemmeno vent’anniaffrontavano i loro coetanei, un po’ più biondi, gli occhi un po’ piùazzurri, ma con le stesse speranze e aspettative. Uguali nell’onore enella dignità con i quali hanno affrontato l’estremo sacrificio.“Oggi più che dividere questi luoghi uniscono i popoli in fraternaamicizia”, ha ricordato il cappellano della sezione di Verona donRino Massella durante la Messa a quota 2.105, concelebrata con ilcappellano sloveno don Milan Pregelj. Accanto alla Colonna Mozzale Medaglie d’Oro del Labaro dell’ANA brillavano ai timidi raggi del

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Il sentiero domina un tratto delle trin-cee austro-ungariche, scavate nella roc-cia per celarsi al nemico e per dominarela valle sottostante. Fu qui che nel giu-gno 1917 i battaglioni alpini e gli altrisoldati della 52ª Divisione si immolaro-no: avanzarono faticosamente sui pendiiverso le postazioni controllate dallemitragliatrici nemiche, conquistarono lequote palmo a palmo, fino alla cimadell’Ortigara. La ripersero e furonoricacciati a valle, poi ancora di nuovoall’assalto, fin quasi all’ultimo uomo,finché nulla più poterono.“Ore 24 del 18 giugno 1917. Cari genito-ri, (…) sento le mie ore contate, presagiscouna morte gloriosa, ma orrenda. Fra cin-que ore qui sarà un inferno. (…) Mi sentoora commosso, pensando a Voi, a quantolascio; ma so di mostrarmi forte dinanzi aimiei soldati, calmo e sorridente. (…)Quando riceverete questo scritto, fattovi

sole. C’erano il presidente nazionaleSebastiano Favero, il vicario RenatoZorio, il vice comandante delle Truppealpine gen. D. Federico Bonato e i con-siglieri nazionali al completo. Pocodistanti un plotone di alpieri del 7°, iKaiserjäger e una rappresentanza dei sol-dati da montagna sloveni. Tutt’attornogli alpini con i vessilli, i gagliardetti tri-colori e i rappresentanti delle istituzioni:l’assessore della Regione Veneto ElenaDonazzan e i sindaci dei Comuni dell’al-tipiano di Asiago.Le autorità hanno deposto una coronaalla Colonna, mentre echeggiavano lenote del Silenzio. Quindi il presidentedella sezione di Marostica Fabio Volpatoha recitato la Preghiera dell’Alpino e lepenne nere si sono recate a quota 2.101,per rendere omaggio ai Kaiserjägercaduti deponendo una corona al cippoche li ricorda.

recapitare da un’anima buona, non piange-te. Siate forti come avrò saputo esserlo io.Un figlio morto in guerra non è mai morto.Il mio nome resti scolpito nell’animo deimiei fratelli. (…) Un bacio ardente d’affet-to dal vostro Adolfo”. Questa lettera nonvenne mai recapitata. Fu trovata, anco-ra insanguinata, quarantun anni dopo,nella dolina grande, proprio tra quellerocce che gli alpini di oggi hanno per-corso a ritroso, seguendo i cammina-menti di avvicinamento alle postazioni

...Mi sento oracommosso, pensando aVoi, a quanto lascio; maso di mostrarmi forte

dinanzi ai miei soldati,calmo e sorridente.

ln corteo verso il Sacrario del Leiten di Asiago.

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austriache, per raggiungere Cima Lozzedove era da poco terminata la Messa,celebrata da mons. Bruno Fasani in con-comitanza con quella in vetta. Nella chiesetta del Lozze il presidenteFavero e il gen. Bonato hanno scopertouna targa in memoria di Bepi Nisio, alsecolo Giuseppe Sinico, l’amico deglialpini del gruppo di MontecchioMaggiore che lo scorso anno perse lavita in un incidente durante il pellegri-naggio. Gli alpini lo hanno ricordatoanche con uno striscione che recitava:“Nisio sfila con noi”, issato sul pendioche domina la conca.“L’Ortigara a cent’anni dall’inizio dellaGrande Guerra vuole lanciare un mes-saggio di fratellanza, di condivisione e dipace”, ha ricordato il presidente Favero,esortando le nazioni ad “essere capaci dicostruire e trovare sempre di più i moti-vi che uniscono e non quelli che divido-no. Queste montagne e gli uomini del-l’una e dell’altra parte che qui si sonosacrificati ci devono ricordare quanto

essi hanno fatto per noi. E noi abbiamol’obbligo morale di trasmettere questomessaggio alle nuove generazioni.Vogliamo che i giovani capiscano i valo-ri fondanti che legano una realtà e chefanno diventare un ragazzo e una ragaz-za un uomo e una donna. Valori sintetiz-zabili con il saper dare con generositàsenza chiedere. Saper dire che i doveridevono venire prima dei diritti – ha pro-seguito Favero – ci può aiutare ad esserecoesi e poter guardare il nostro futurocon più speranza. Dobbiamo avere ilcoraggio di far rispettare gli obblighi cheognuno deve avere nei confronti deglialtri, della società, della nazione. A cen-t’anni di distanza il messaggio chel’Ortigara ci suggerisce è soprattuttoquesto”. E gli alpini in pellegrinaggio all’Ortigarapregano “per non dimenticare”, perchéil tempo potrà rendere offuscata lamemoria dei volti e dei nomi dei soldatiche caddero su quelle balze, ma il ricor-do del loro esempio rimarrà immortale.

...“L’Ortigara a cent’annidall’inizio della Grande Guerra vuole lanciareun messaggio di fratellanza, di condivisione

e di pace”, ha ricordato il presidente Favero...

La cerimonia alla Chiesetta del Lozze.

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Gioiello di pietra

La parte occidentale dell’Altipianodei Sette Comuni è un luogo di ra-ra bellezza. Le ultime case di Tre-

sché Conca si consegnano ai prati e aiboschi tra i quali serpeggia un’anticastrada militare che conduce all’estremitàdel pianoro. A Punta Corbin (1.077 me-tri), incastonato tra le rocce, c’è ForteCorbin, un gioiello d’ingegneria militareche domina la Val d’Astico.Il forte è di proprietà della famiglia Pa-nozzo dagli anni Quaranta, come ricordail capofamiglia Severino: “Questa erauna zona di pascolo e quando mio papàEmilio seppe che il Demanio aveva mes-so in vendita l’area del forte dove c’era-no alcune vasche utili per dissetare glianimali, decise di provare a comprarla”.Fu così che versò le 3 mila lire richiestee il 13 giugno 1942 divenne proprietario

con suo fratello Francesco di un’area di22mila metri quadri, comprensivi di al-cune strutture che erano state depredatedei materiali più nobili e versavano instato di estremo abbandono.Il forte restò nell’oblio fino agli anniSettanta quando Severino e la moglieCostanza riunirono la proprietà e nel1982 iniziarono il recupero di un edificiocon l’intento di realizzare un alloggio perle ferie estive: “I primi scavi per la rimo-zione delle macerie - ricorda Severino -portarono alla luce interessanti repertibellici e intere zone del forte che eranorimaste nascoste dai detriti e dalla vege-tazione”. Sorridono orgogliosi, pensandoalla fatica che hanno fatto. Senz’acqua,né elettricità e senza grandi disponibilitàfinanziarie, interi giorni a spalare conl’aiuto occasionale di qualche amico.

Ma la fatica è spesso foriera della passio-ne, che negli anni crebbe e seguì di paripasso il rispetto per quelle opere così mi-rabilmente realizzate dai nostri padri co-struttori. “È importante - suggerisce Se-verino - recuperare i manufatti cercandodi mantenere il più possibile il loroaspetto originale”.Il forte fu progettato dallo Stato Maggio-re del Genio di Verona e i lavori furonodiretti tra il 1906 e il 1914 dal ten. An-gelo Abbate Daga. Era pensato comeuna vera e propria cittadella indipen-dente in alta quota, dotata di camerate,magazzini, cucine, infermeria, approvvi-gionata di elettricità grazie ad un enor-me generatore e servita da una telefericaper facilitare il trasporto dei materialidalla valle. La parte superiore del corpoprincipale era dominata da sei cupole di

RECUPERATO DALLA FAMIGLIA PANOZZO, PREMIATA CON L’IFMS

Vista aerea del forte.

MUSEI ALL’APERTO

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spesso acciaio dalle quali si levavano icannoni da 149A. L’intera struttura eradifesa da un profondo fossato anti-uomoed era collegata da una rete di gallerie etrincee che permetteva ai soldati di spo-starsi senza uscire allo scoperto.In realtà il forte fu utilizzato poco alloscopo per il quale era stato creato. Nelmaggio 1915 i cannoni spararono controle postazioni nemiche a Cima Norre e aCampo Luserna ma la posizione troppoarretrata rispetto al fronte che si era spo-stato più a nord e l’inadeguatezza dellastruttura ai nuovi calibri austriaci, lo re-legarono al ruolo di semplice comparsa.Nel luglio 1915, dopo soli due mesi dal-l’inizio della guerra, forte Corbin fu spo-gliato dei suoi pezzi d’artiglieria e le boc-che da fuoco furono sostituite da tronchid’albero per ingannare le vedette au-striache. E, forza dell’ingegno e dellacreatività tutta italiana, ci riuscirono,tanto che il caposaldo, ormai inerme, fupiù volte bersagliato dalle artiglierie ne-miche.Al Corbin gli austriaci ci arrivarono a fi-ne maggio del 1916 per abbandonarloun mese più tardi non prima di averlodanneggiato in alcune delle sue strutturecome la trincea coperta. Quando ritornòin mano italiana il forte era totalmenteinoffensivo e da quel momento fu utiliz-zato come deposito e come privilegiatopunto di osservazione. I soldati che vistazionavano nell’ultimo periodi di atti-vità erano un esiguo manipolo di diversespecialità che si autoproclamarono iro-nicamente “Repubblica Corbin”.Dopo quasi un secolo, grazie a Severinoe Costanza Panozzo e alla passione tra-

smessa ai figli Ilaria e Federico, forteCorbin è una struttura storico-didatticaesemplare, un luogo dove si tengonomanifestazioni e incontri che è stato ri-conosciuto come museo storico militareed è entrato nel circuito regionale del-l’Ecomuseo della Grande Guerra. Pro-prio per l’impegno e la passione nel re-cupero del forte, la famiglia Panozzo haricevuto il Premio IFMS 2014, promossodal gruppo alpini di Azzano San Paolo(sez. di Bergamo). Oggi è visitato ogni anno da 10mila per-sone, tra cui numerose scolaresche cheSeverino e Ilaria accompagnano; rac-contano ai giovani la storia e le vicendedel territorio, e fanno visitare il museo direperti e cimeli, con due delle sale dedi-cate ad Antonio Longo, combattentedella prima guerra mondiale e a MatteoMiotto, l’alpino caduto in Afghanistannel 2010.

m.m.

Forte Corbin si raggiunge dalla frazioneTresché Conca del comune di Roana, per-correndo una strada di 5 km, il cui ultimotratto è sterrato ma in buone condizioni.Da Pedescala, in Val d’Astico, parte un ri-pido sentiero (segnavia 635) che permet-te di raggiungere Punta Corbin a piedi.

Museo Storico Militare Forte diPunta Corbin, località Corbin, 36010Treschè Conca di Roana (VI); famigliaPanozzo, tel: 349.2685543, 368.227954;[email protected] - www.fortecor-bin.itOrari di apertura: da aprile a novem-bre tutte le domeniche e i giorni festivi,dalle ore 10 alle 18; luglio e agosto tuttii giorni, dalle ore 10 alle 18. Biglietto diingresso euro 5; ragazzi (7-14 anni) eu-ro 3; gruppi di almeno venti persone eu-ro 4 (euro 5 con guida); scolaresche euro3, con guida. Al forte c’è un punto di ri-storo gestito dalla famiglia Panozzo.

La palazzina di comando del forte, sede del museo.

La consegna del Premio IFMS. Al centro, all’altezza del trofeo, la famiglia Panozzo: Ilaria, Costanza, Federico e Severino.

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MUSEI ALL’APERTO

Nella foto: i ragazzi di Nervesa della Battaglia in visita alle trincee del Lagazuoi

Cengia Martini: uomini d’oro

Cengia Martini: uomini d’oro

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Il verde è ormai padrone delle alture che circondano icentri abitati. Sfumature smeraldine si inseguono,s’accendono nei toni in un continuo alternarsi tra pa-

scoli e larici e cembri profumati. Sul fitto tappeto d’erba,piccoli capolavori miniati, saturi di colore. Sono i fiori dimontagna. E poi, loro: giganteschi monoliti di dolomiache affiorano dai prati, bianchi nella luce delle ore cen-trali, grigi e cupi addirittura spettrali durante i tempora-li estivi. Arancioni quasi rossi, come coralli marini al-l’imbrunire. Questa terra appartiene alla Ladinia e al Ca-dore, è la conca ampezzana incorniciata dal Cristallo, dalSorapis, dalla Croda del Lago e dal Nuvolao. Ancora daiprofili irregolari delle Tofane, del Lagazuoi e delle Cin-que Torri. Massicci indimenticabili. Ai loro piedi, nel-l’andirivieni di auto sulla strada che collega la valle alpasso Falzarego e più in là a quello di Valparola, c’è unabaracca. Durante l’inverno giace sotto metri di neve.

Nei mesi di luglio e agosto si anima e diventa casa.L'idea fu dell’ingegner Ugo Illing, personalità poliedricadei Monti Pallidi: alpinista, progettista, studioso. Eglidiede avvio, oltre quindici anni fa, a questa nuova mac-china vivente, poi cedette il passo a Franco Fiorese, ca-pogruppo di Cortina. Un sorriso, il suo, che si apre lumi-noso sulla barba incolta, quasi bianca. Un uomo pratico,diretto, per nulla lezioso. Al suo fianco l’ingegner Stefa-no Illing, figlio di Ugo, profondo conoscitore di questaporzione di paradiso qual è la valle d’Ampezzo. Della suastoria, dei fatti d’arme che la stravolsero. Insieme diede-ro vita al Comitato Cengia Martini, un modo per cele-brare luoghi e soldati, protagonisti di quel passato indis-solubilmente intrecciato al nostro presente. Un modoper non dimenticare. Il migliore. Ecco quindi che il de-stino arriva puntuale e combina l’incontro tra FrancoFiorese e Sergio Furlanetto, allora responsabile della

Da sinistra: Igor, Angelo, Fabio, Sergio Furlanetto, Mirco, Franco, Renzo e Andrea.

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Protezione civile dell’ANA di Treviso.Era il 1999. Così fu che gli alpini trevi-giani, in particolare della porzione diterra a ovest del Piave, quelli della zonasacra del Montello, iniziarono a operaresul Lagazuoi. Il lavoro sembrava infinito.C’erano cumuli di sassi ad ostruire le gal-lerie, i ricoveri, le trincee. Muri a seccoda ricostruire, passaggi da sgomberare.Scalette e baracche che andavano ri-messe a nuovo. La collaborazione di Guido, gestore delrifugio Lagazuoi e dei ragazzi della funi-via furono rilevanti. La sensibilità di Il-ling unita alle braccia degli alpini realiz-zarono un’opera straordinaria. E unavolta terminato l’intervento sul Laga-zuoi, fecero lo stesso sul Sass de Stria.

Ora continuano, ogni estate, con i lavo-ri di manutenzione. Forse inconsapevol-mente, hanno costruito il più grandemuseo all’aperto sul fronte della GrandeGuerra. In silenzio si sono succeduti ol-tre cinquecento volontari per 8.000giornate di lavoro. Fino all’anno 2000 vihanno preso parte anche gli alpini di le-va e i militari tedeschi e austriaci. Poi latriste vicenda della sospensione dellanaja. Da allora è tutto sulle spalle degliuomini di Sergio Furlanetto, Primo capi-tano, in congedo… ma non troppo! Unnajone che tiene unito un gruppo dipenne nere meravigliose, inclini al mu-gugno, ma mai sfaccendate. Difficile descrivere l’allegria che si respi-ra nella baracca sul far della sera, all’oradi cena. C’è complicità. Lo stanzone ac-canto alla cucina ospita una fila di letti acastello. Sopra ad ognuno è riposto unsacco a pelo, un cuscino e il cappellocon la penna. Su alcuni in modo ordina-to, su altri più approssimativo come asvelare l’indole dell’ospite che si accoc-colerà ogni sera per sette giorni. Il tempodi un turno. Il sabato segna la fine di unasquadra e la domenica l’inizio di quellasuccessiva. Tempi scanditi dall’alzaban-diera e dall’ammainabandiera e da unpranzo a cui partecipa sempre ancheFranco e l’ingegner Illing, quando può. Chi ha lavorato tra le torri del Lagazuoi,sulla schiena curva del Sass de Stria neparla con gli occhi lucidi. Racconta del-la squadra ‘Sacramento’ e della galleria‘Furlanetto’, di quei fiori sotto la trinceache Illing si è raccomandato di conser-vare. Dei ragazzi delle scuole che ognianno giungono lassù e che restano in-cantati dai racconti di Sergio e Andrea.Tracce vive che questi uomini, i nostrialpini, hanno scavato e che ora amanoperdutamente.Ecco dunque che quella guerra lontanad’un secolo, oggi non è più morte né do-lore. Gli uomini della Cengia Martini l’-hanno mutata in ricordo vivo. Ora lassùsul Sass de Stria, sul Lagazuoi, sulla cimadel Col dei Bos, tra torri ardite e campa-nili di roccia, salgono i bimbi: la maninaallungata che scompare in quella dei loropapà. Salgono i giovani delle scuole, gliappassionati di storia. Giungono ognianno migliaia di viandanti delle terre al-te. Perché “le montagne sarebbero unmucchio di sassi se non ci fosse l’uomo adare loro vita”, diceva il maestro WalterBonatti. E questo è ciò che hanno fattogli uomini della Cengia Martini. Uominid’oro. Mariolina Cattaneo

Franco Fiorese,capogruppo di Cortina d'Ampezzo.

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DUE SETTIMANE A SAN CANDIDO CON GLI ALPINI DEL 6°

Incontrare la montagna

Sono trentacinque i giovani berga-maschi che hanno accettato dimettersi in gioco per un periodo di

due settimane alla caserma Cantore del6° reggimento Alpini di stanza a SanCandido.Il primo giorno è iniziato con una lezio-ne, quasi un ritorno in classe, utile peraffrontare i giorni successivi. L'attivitàfisica è iniziata l'indomani, con una bel-la scarpinata sopra Braies, al rifugio Val-landro, a quota 2.040, dove ad attenderei giovani bergamaschi c’erano gli alpinidella compagnia comando del 6° reggi-mento. Hanno predisposto un campo base per le

attività del reparto che ha ingrossato leproprie fila con altri alpini rientrati dalmonte Specie: erano lassù in occasionedella festa del Reggimento, accompa-gnati dal loro comandante, il colonnelloLuigi Rossi e dal comandante delleTruppe alpine, gen. C.A. Alberto Primi-cerj. Gli ufficiali hanno rivolto il benve-nuto ai ragazzi ed evidenziando comequesta iniziativa possa essere positiva siaper i giovani, sia per i militari che avran-no la possibilità di far conoscere la pro-pria attività in modo diretto e non me-diato da altri.Nei giorni successivi l’attività è intensa:arrampicata in roccia, escursioni ai piedi

delle Tre Cime di Lavaredo e del monteCristallo, lungo vallette e torrenti, im-bragati per salire qualche ferrata. Leuscite sono alternate da lezioni teorico-pratiche sull’impiego delle attrezzature,sul primo soccorso, sulla condotta inmontagna ed il meteo. Senza dimenticare l’attività di protezio-ne civile con la sezione di Bergamo cheha tenuto alcune lezioni ai ragazzi sullaprevenzione e lo spegnimento degli in-cendi, le trasmissioni radio e altre attivi-tà. Particolarmente apprezzata è stata lavisita al museo storico di Sesto Pusteriae alla pista di addestramento-fuoristradadove gli autisti bergamaschi stavano se-

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Ragazzi a lezione di tecniche di arrampicatacon il capitano Dal Lago.

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guendo un corso di formazione con gliistruttori del Reggimento.Dalle relazioni di fine corso risultanopromossi a pieno titolo l’attività fisica ele escursioni. Promosso, dopo gli inizialicomprensibili malumori, anche l’obbli-go di seguire le regole comportamentali.Dieci e lode al 6° Alpini e ai suoi istrut-tori, in particolare al capitano Dal Lagoper aver saputo guidare la “truppa berga-masca” in questa esperienza. I ragazzihanno giudicato positivamente anchel’opportunità di incontro e scambio diopinioni con gli alpini in servizio appe-na giunti al reparto, che hanno raccon-tato le motivazioni di questa scelta di vi-ta e le aspettative per il futuro. Tutto sommato il bilancio è positivo, alpunto di decidere di continuare, anche aBergamo, attività analoghe a contattocon gli alpini della Sezione. A questo

proposito, sono stati promossi a pienivoti anche gli accompagnatori: pazientima non indulgenti, attenti ma non stres-santi, compagni di viaggio più che mae-stri. Portiamo con noi un buon ricordodi questa esperienza: volti nuovi che ri-troveremo nelle fotografie e una granvoglia di stare insieme per vivere espe-rienze come queste, semplici, ma che la-sciano un segno profondo. Dopo la riconsegna dei materiali di ca-sermaggio (perché a casa non si fa il cu-bo!), il carico dei bagagli sul bus e viaverso “baita”: “Ciao mamma tutto bene,dove hai parcheggiato? Dai, su, che que-sta sera devo uscire con gli amici”.“Chissà, forse l’anno prossimo ritorno…magari nel frattempo se la Sezione orga-nizza qualche uscita, mi posso aggrega-re.. ah mamma, cosa c’è per cena?”.

Carlo Macalli

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“Buon 10 giugno!”, così ha chiuso il suo discorso il comandante delle Truppe alpinegen. C.A. Alberto Primicerj, in occasione della festa del 6° reggimento Alpini celebrataa Prato Piazza, sopra Braies. La cerimonia in realtà si è tenuta il 24 giugno, volutamen-te rinviata affinché si potesse svolgere in un contesto alpino, quindi più intimo e sugge-stivo. Il generale Primicerj ha condotto i suoi alpini sul monte Specie, a 2.307 metri diquota, poi al forte di Prato Piazza dove ha avuto luogo la cerimonia. Nonostante il cielocoperto, brevi schiarite hanno permesso di ammirare il panorama sull’altopiano e sullecime circostanti: il picco di Vallandro, la Croda Rossa d’Ampezzo, le Tre Cime diLavaredo ed il monte Cristallo. Dopo l’alzabandiera e la Messa celebrata da donLorenzo Cottali, cappellano del comando Truppe alpine, sono seguiti i discorsi delcolonnello Luigi Rossi che ha espresso gratitudine al personale per le capacità opera-tive, illustrando i risultati conseguiti e gli impegni futuri. Il generale Primicerj ha ricorda-to gli eventi storici legati al reggimento, apprezzandone il lavoro in grado di garantireun’attività quotidiana efficace ed efficiente anche nell’ambito dell’attività formativa e del-l’addestramento in montagna. Un saluto e uno sprone lo ha riservato ai giovani delcorso di “avvicinamento alla montagna” provenienti dalla sezione ANA di Bergamo, feli-ce della loro volontà di comprendere da vicino il mondo degli alpini e dell’esercito. I rin-graziamenti al comandante delle Truppe alpine e al 6° sono stati espressi dal presiden-te della sezione di Bergamo, Carlo Macalli: “Auguri di lunga vita al 6° Alpini, forte delsuo motto: più salgo, più valgo!”. Ciemme

Più salgo,più valgo

Prova di destrezza conla lancia, in dotazione

ai nuclei ANA diantincendio boschivo.

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Dallo scorso 1° luglio il 4° reggi-mento Alpini paracadutisti non èpiù sotto la guida del comando

Truppe alpine ma dipende dal comandoForze Speciali, una struttura di recentecostituzione che raggruppa tutte le ForzeSpeciali e per Operazioni Speciali del-l’Esercito. Questo cambiamento, che si inquadra

Il generale Primicerj saluta il colonnello Radizza,comandante del 4° Alpini paracadutisti.

NOSTRI ALPINI IN ARMI

Dopo 30 mesi di mandato, il generale degli alpiniPaolo Serra ha ceduto il comando della missioneUNIFIL al gen. D. dei bersaglieri Luciano Portola-

no (a destra nella foto). Alla cerimonia hanno presenzia-to le massime autorità politiche e militari libanesi, il mi-nistro della Difesa Roberta Pinotti, il Capo di SMD am-miraglio Luigi Binelli Mantelli e il comandante del Co-mando Operativo Interforze, gen. C. Marco Bertolini. “Il consenso della popolazione libanese - ha detto il gen.Serra nel discorso di commiato - i miglioramenti nell’am-bito della sicurezza del Sud del Libano, il costante dialogotra le parti (Libano e Israele) cercato in oltre 30 incontriconvocati da UNIFIL, i continui interventi per le fascedeboli della popolazione e le relazioni di partnership a li-vello internazionale, hanno consolidato il successo dellamissione ONU, composta da 12mila uomini e donne pro-venienti da 38 nazioni che dura da oltre 36 anni in unadelicata area della regione mediorientale”. Al termine deldiscorso, il gen. Serra ha ricordato i 283 caduti della mis-sione, con una cerimonia di suffragio. Anche il portavocemilitare del gen. Serra, magg. Antonio Bernardo, si ècongedato passando il testimone al magg. Fabrizio Farese.

nell’ambito del processo di riorganizza-zione delle Forze Armate, rappresentaun’attestazione di merito per un’unitàd’élite della Forza Armata che, con gran-de professionalità, è sempre impiegatanei più difficili teatri operativi in cui so-no presenti i militari italiani. Il comandante delle Truppe alpine, gen.Alberto Primicerj, si è recato a Montorio

Veronese, sede del 4° reggimento, perrendere omaggio alla Bandiera di guerradel reggimento e salutare i militari e ilcomandante col. Salvatore Paolo Radiz-za. I parà continueranno a portare il cap-pello alpino - e saranno gli unici - tra i re-parti d’elite, che contano tra le fila anchele forze speciali del 9º reggimento d’as-salto paracadutisti “Col Moschin”, il185º reggimento paracadutisti ricogni-zione acquisizione obiettivi “Folgore”, il28º reggimento “Pavia”, e il 26º repartoelicotteri operazioni speciali.

I parà nelle Forze Speciali©

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Cambio alla guida di UNIFIL

278-2014

Magnifici gli alpini!

Ardimentosi passaggi in parete inassetto tattico, funamboliche tra-versate aree, simulazioni di attac-

co in montagna con discesa in cordadoppia dall’elicottero. L’esercitazionesulle Torri del Falzarego e al Col del Bosè spettacolare e dà prova delle grandi ca-pacità degli alpini, sia in campo alpini-stico sia in quello tattico-militare.“Chi sa vivere, sopravvivere e muoversiin estate e in inverno in ambiente mon-tano - ricorda il comandante delle Trup-pe alpine gen. Alberto Primicerj - sa,con opportuni accorgimenti e adatta-menti, farlo ovunque. Anche perché glialpini, sia come carattere, sia come spiri-to di squadra e di Corpo, hanno un ad-destramento che altri non posseggono”.L’importanza dell’esercitazione è anchequella di creare un amalgama sempre piùaffinato con le varie specialità delleTruppe alpine e con la cosiddetta “terza

dimensione”, l’aviazione, che è fonda-mentale qualora si debbano accelerare imovimenti in montagna dei reparti diintervento rapido.Una novità di quest’anno è stata anchequella della partecipazione alle attività,accanto agli alpini e agli avieri dell’Eser-cito, dei militari di Francia, Spagna, Slo-venia e Libano che con l’Italia coopera-no a livello internazionale.Soddisfatto il ministro della Difesa Ro-berta Pinotti, che ha osservato tutte lefasi dell’esercitazione accanto al Capo diStato Maggiore dell’Esercito, gen. Clau-dio Graziano. “La nostra sicurezza - hadetto il ministro - si gioca oggi in unoscenario ampio, globale. I militari italia-ni fanno la loro parte con grandissimacompetenza e umanità”.Un bagaglio non solo professionalequindi, ma anche umano di indubitabilevalore: “Il legame stretto con i luoghi

che ci hanno visti nascere come Corpo -ha sottolineato il gen. Primicerj - creaun legame forte con gli alpini non più inservizio e con la popolazione civile. Stia-mo ad esempio offrendo spunti di colla-borazione all’ANA, in particolare nellenostre caserme che non sono più opera-tive, perché l’Associazione possa even-tualmente utilizzarle per fare educazionedi protezione civile a quei giovani chenon hanno più l’esperienza del serviziodi leva”. Su questo punto il presidentenazionale Sebastiano Favero tiene a pre-cisare: “Come Associazione, insieme al-le nostre Truppe alpine, abbiamo inizia-to a parlare con il ministro Pinotti di unpossibile impiego dei giovani. Quelladell’utilizzo delle caserme è una delleipotesi che intendiamo proporre. Po-trebbero essere utilizzate per esempio al-cune di quelle a noi più care, dove tantialpini hanno fatto la naja”.

AL FALZAREGO ABILI INTERPRETI DELLA MONTAGNA

Alpini paracadutisti utilizzano la tecnica del rappeling (calata in corda doppia).

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288-2014

La Commissione NazionaleGiovani dell’ANA hainaugurato la stagioneestiva al rifugio Contrin,posto ai piedi della Marmolada. All’iniziativa ha preso parteun plotone di formazione del 2° reggimento Genio guastatori Alpino, di stanza a Trento

Nella foto a sinistra: il presidente della Commissione GiovaniBertuol, il ten. Bucci e i genieri alpini verso il Passo San Nicolò.

Bocia al Contrin

Volontà di pace

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GIOVANI ANA E GENIERI ALPINI SUI LUOGHI DELLA GRANDE GUERRA

RADUNO AL CONTRIN

“La pace è unvalore indiscutibile cheva coltivato con la buonavolontà, ma soprattuttocon le azioni concrete...”

298-2014

L’ANA è promotrice di una seriedi iniziative, in accordo con lecompetenti autorità governative,

per commemorare adeguatamente glieventi bellici del primo conflitto mon-diale, durante il quale il Corpo degli Al-pini ha scritto pagine importanti dellasua storia e dal quale sono sorti i presup-posti per la fondazione dell’ANA, avve-nuta nel 1919. In tale prospettiva ilConsiglio Direttivo Nazionale, attraver-so la Commissione Giovani ha volutoorganizzare, d’intesa con il ComandoTruppe alpine e il comandante del 2°reggimento Genio guastatori alpino, col.Giovanni Fioretto, un’uscita congiuntanel cuore delle Dolomiti - teatro di im-portanti eventi nella prima guerra mon-diale - facendo tappa al rifugio Contrindi proprietà dell’ANA. Oltre a rinsalda-re proprio in montagna il rapporto chelega gli alpini in congedo a quelli in ser-vizio, l’incontro ha presentato ai giovanialpini, nel meraviglioso contesto natura-le della Valle di Fassa e nella splendidorifugio, le tante attività che l’Associazio-ne mette in campo per onorare le tradi-zioni degli alpini. I giovani dell’ANA

sono partiti dalla funivia di Alba di Ca-nazei, hanno pernottato al rifugio Con-trin (a quota 2.016) e il giorno seguentehanno raggiunto il Passo San Nicolò(2.339 metri) per la cerimonia, culmina-ta con la lettura della Preghiera dell’Al-pino. Il ricordo è andato alle battaglie ditrincea e ai Caduti di entrambi i fronti.Faceva parte del gruppo anche il neoeletto a revisore nazionale e componen-te della Commissione Giovani, MicheleBadalucco, che così ha descritto questaesperienza: “Grazie all’aiuto delle nostredue guide esperte, Roberto e Bruno, del-la sezione ANA di Trento, abbiamo ri-percorso alcuni dei sentieri storici chehanno segnato una pagina dolorosa del-la nostra storia nazionale”. Nel discorsodi commemorazione, il consigliere na-zionale e presidente della CommissioneGiovani Roberto Bertuol ha offerto nu-merosi spunti di riflessione, riuscendo atrasmettere il senso di questa triste pagi-na della nostra storia, quel miscuglio disentimenti che in quei giorni si respira-vano sul Contrin: dalla paura, all’amorpatrio, all’esasperazione, all’esaltazione.Il 24 giugno è stata anche l’occasione di

celebrare la festa dell’Arma del Genio,che proprio in quei luoghi nei primianni del Novecento aveva dato provadi grande perizia e spirito di sacrificio,scavando con mezzi rudimentali e conestrema difficoltà la costa delle monta-gne per far esplodere le trincee nemi-che. Il plotone dei genieri del 2° reggi-mento, comandato dal ten. FrancescoBucci, ha partecipato con entusiasmoalle attività, permettendo una veracondivisione dello spirito alpino cheda sempre accomuna penne nere in ar-mi e in congedo. Le due giornate han-no rappresentato un piccolo omaggio achi ha saputo e voluto credere all’amordi Patria, fino al sacrificio estremo. So-no state anche un momento di convi-vialità e di confronto sulla vita di tuttii giorni: una rievocazione del passatocon lo sguardo rivolto al futuro dei gio-vani alpini. Il ringraziamento più gran-de va ai partecipanti che hanno con-tribuito ad arricchire quel mondo alpi-no che non dimentica le proprie radi-ci, anzi, le tramanda di “vecio” in “bo-cia” con esempi concreti e riflessioni atratti struggenti.

Se è vero che “gli alpini non sono so-lubili in acqua”, come ama ripetereil nostro presidente nazionale, le

Adunate alpine di quest’anno stannomettendo a dura prova la simpatica af-fermazione… Dopo la pioggia di Porde-none, Giove pluvio ha voluto tenerecompagnia agli alpini anche in occasio-ne dell’annuale raduno nazionale al rifu-gio Contrin, ma nessuno ha osato lascia-re il parterre nella scenografica conca er-bosa soprastante il rifugio: 25 vessilli,anche di altre associazioni d’Arma, eben 138 gagliardetti hanno fatto cornicedurante lo svolgimento della cerimonia,apertasi con gli onori al vessillo della se-zione di Trento, scortato per l’occasionedal presidente nazionale Sebastiano Fa-vero e dal presidente della sezione diTrento Maurizio Pinamonti, oltre che danumerosi consiglieri nazionali e dal gen.Federico Bonato, in rappresentanza del-le Truppe alpine. Dopo l’alzabandiera e l’onore ai Caduti,è stata la volta delle allocuzioni ufficiali.Fra gli ospiti d’onore, va menzionatol’intervento del presidente della Provin-cia Autonoma di Trento, Ugo Rossi, il

quale ha voluto sottolineare la vicinanzadel territorio trentino alle tradizioni del-l’alpinità. La dottoressa Morena Berti,delegata della Fondazione Campana Ca-duti di Rovereto, ha invece voluto rin-graziare gli alpini per la collaborazionenell’organizzazione del pellegrinaggiolaico che ha appunto preso avvio dal ri-fugio Contrin, l’indomani del raduno,per concludersi poi il 20 luglio a Rovere-to di Trento presso la Campana che ognisera, dal Colle di Miravalle, con i suoirintocchi ricorda i Caduti di tutte leguerre.Il presidente della sezione ospitante,Maurizio Pinamonti ha voluto invece ri-cordare l’avvio ufficiale, proprio inTrentino, delle manifestazioni comme-morative per il centenario della Grande

Guerra che qui deflagrò sin dal 1914,con l’auspicio che, sempre in questo ter-ritorio, possa di pari essere organizzata, aconclusione del centenario, la manife-stazione alpina per eccellenza.Al presidente Favero è toccata, come diconsueto, l’ultima parola: “La pace è unvalore indiscutibile che va coltivato conla buona volontà, ma soprattutto con leazioni concrete in favore del prossimo,attività questa che agli alpini riesce mol-to bene. L’avvio di questo importante momentostorico, qual è appunto il centenario, do-vrà rappresentare per tutti gli alpini dibuona volontà lo sprone per un impegnoa favore della pace ed a supporto diquanti avranno bisogno dell’interventodegli alpini, quale miglior modo per ri-cordare i Caduti aiutando i vivi”. La Messa celebrata da mons. Bruno Fa-sani, pur in forma “concentrata” a causadell’infittirsi della pioggia, non ha co-munque scalfito l’alto momento di spiri-tualità che ogni anno rinvigorisce i cuo-ri alpini al Contrin, quando le ultimelingue di neve delle terre alte lascianospazio all’erba nuova. Paolo Frizzi

308-2014

di Chicco Gaffuri

Ventisei ragazzi per dieci giorni hanno dato vita al primo Camposcuola ANA, allestito a Griante sul lago di Como

Giovedì 3 luglioLa mattina del primo giorno è dedicata all’accoglienza dei r

agazzi, giunti con puntualità dalle tre Sezioni coinvolte nel progetto, ossia

Biella, Valdagno e Como. I ragazzi veneti provengono dai paesi di Castelgomberto, Brogliano e Valle e sono accompagn

ati da tre alpi-

ni che rimarranno al campo fino al termine. Sono Edoardo Bocchese, Dario Spanevello e Giacomo Gasparelle. La loro

presenza si ri-

velerà preziosissima. I ragazzi ricevono i gadget: cappellino, maglietta, quaderno e penna personalizzati. Vengono loro il

lustrati gli sco-

pi del campo e sottolineato il regolamento, fatto sottoscrivere ad ognuno, come impegno al rispetto. Poi l’alzabandiera:

da questo mo-

mento in poi, tutte le fasi della giornata saranno scandite dai segnali di tromba perché le impostazioni del campo sono d

i stile militare.

La mattinata si conclude con il pranzo, seguito dallo sgombero dei tavoli ad opera dei ragazzi. Questo criterio verrà ten

uto sino alla fi-

ne del campo. Nel pomeriggio visita al patrimonio boschivo della zona, accompagnati da Silvio Fraquelli, alpino del gru

ppo di Griante.

Silvio si guadagnerà subito la stima e l’affetto dei ragazzi e diventerà uno dei loro idoli e un riferimento sicuro.

Dopo la cena Corrado Perona parla ai ragazzi della storia dell’ANA. Poi il rientro al campo, e per la prima volta il ‘Silenz

io’... anche se

il silenzio vero è sceso solo verso le 4 del mattino, quando anche i più vivaci cedono al sonno.

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Venerdì 4 luglioPronti per Villa Carlotta! Accompagnati da una guida speciale, la dott.sa Bertolucci, direttrice dell’Ente Villa Carlotta.I ragazzi però scalpitano per il programma del pomeriggio, che prevede una gita in battello, per raggiungere Bellagio sulla sponda op-posta del lago. Piove, ma ci si diverte ugualmente. All’attracco di Bellagio ci aspettano gli alpini del Gruppo locale, che ci guidano nel-la visita del paese e ad incontrare il reduce alpino Pierino Gervasoni, classe 1918, che ha combattuto a Nikolajewka, dove è stato fe-rito alla gola. Pierino in seguito rimarrà congelato e, dopo l’8 settembre sarà deportato per 26 mesi in Germania. Nonostante tutto ciòè assolutamente lucido e in piena forma fisica. Mangiamo il gelato sotto la pioggia e raggiungiamo la casa della M.O.V.M. comasca Te-resio Olivelli, tenente di artiglieria da montagna, per il quale è in corso la causa di beatificazione. Rientro, cena e serata con il reducetenente col. Sergio Pivetta di Milano per una lezione sulla storia degli alpini, corredata dalla proiezioni di immagini e da un bel video.

Campo scuola: sapore di naja

318-2014

Sabato 5 luglioLa prima parte della mattina è dedicata al tema del ‘risc

hio sismico’. Arriva da Milano il sismologo Graziano Cireddu, della Protezione

Civile Lombardia. È bravissimo a dialogare con i ragazzi che sono coinvolti in continuazione. È uno degli incontri p

iù apprezzati. Dispo-

nendo di un po’ di tempo prima di pranzo Silvio, alpino di Griante, conduce i ragazzi al santuario della Madonna d

i San Martino, con un

dislivello di 220 metri. Da lassù si gode un panorama stupendo. Dopo pranzo è sempre Silvio, giardiniere di pro

fessione, a guidare la

comitiva attraverso lo splendido parco della Villa Carlotta. Di ritorno al campo, troviamo ad aspettarci la fanfara

alpina di Olgiate Co-

masco, una delle due della sezione di Como. Dopo cena la Fanfara presenta un concerto al campo sportivo de

l paese, con un buon

pubblico di abitanti e turisti stranieri. Facciamo la nostra bella figura.

Lunedì 7 luglioAltra trasferta in pullman sotto una pioggia molto antipatica. La destinazione è Como, dove fortunatamente troviamo il sole. Accompa-

gnati da una guida professionista, i ragazzi visitano la città. Rientro e pranzo al campo. La lezione prevista si tiene all’aperto, sotto le

piante dell’accampamento: il tema è il canto alpino ed il relatore è un alpino speciale di Milano che si chiama Bruno Zanolini. Speciale

perché fino a un paio d’anni fa è stato il direttore del conservatorio Giuseppe Verdi di Milano ed ora insegna composizione al conser-

vatorio di Lugano. E speciale anche per me: erano insieme ad Aosta nel 62° corso AUC. Ad assistere alla lezione arrivano altri due ‘fra-

telli’ di corso: Adriano Crugnola e Augusto Tevini. Bruno parla delle ragioni che spingono gli alpini a cantare e di come sono nati i no-

stri canti. A supportarlo c’è il coro alpino del gruppo di Canzo, che la sera presenterà un bel concerto nel salone dell’oratorio.

Domenica 6 luglioDestinazione Claino con Osteno, sulla parte italiana del Ceresio, il lago di Lugano. Il paese, che fa parte della Valle Intelvi, quest’anno ospi-ta la manifestazione itinerante che commemora il sacrificio del battaglione Valle Intelvi, unico reparto alpino ad aver portato il nome di unalocalità comasca. L’obiettivo è quello di far partecipare i ragazzi ad una cerimonia alpina. Si ritorna al campo per il pranzo e ci si preparaall’attività del pomeriggio. È il comandante della caserma di Como, il col. di artiglieria da montagna Marco Tesolin, a tenere una interessan-te lezione di topografia e orientamento nell’area a monte della Villa Carlotta. Il posto è favoloso, tra boschi e uliveti, con numerose capreal pascolo. Dopo cena di nuovo tutti all’oratorio, dove Gianluca Marchesi del Centro Studi ANA parla di letteratura alpina.

Ultimo giornoAdunata della mattina con molti occhi lucidi. L’unità di Protezione Civile è già presente, per lo smontaggio del campo. Ci si avvia in cen-tro paese, dove ci sarà una cerimonia di Onori ai Caduti, davanti al monumento. Rientro al campo, sempre più tristi. I volontari di P.C.hanno già smontato un po’ di tende e c’è davvero aria di smobilitazione. Prima dei saluti e della consegna dei ricordi, si procede conl’ammainabandiera. Edoardo inquadra i ragazzi e mi presenta la forza: “Comandante, ventisei allievi presenti!”. Gli occhi sono semprepiù lucidi, primi tra tutti i miei. Mattia legge una lettera di saluto e ringraziamento, scritta a più mani. La mamma di Christian mi raccon-ta che il figlio l’ha chiamata tutte le sere per dirle di quanto fosse felice. L’abbraccio con i tre alpini accompagnatori rimasti al campouna settimana è particolarmente forte e fraterno. È l’ora del congedo... la mente ripercorre questi giorni: il mio grazie è per i ragazziche ricorderò sempre e per i miei alpini che ancora una volta mi hanno reso orgoglioso di essere il loro presidente.

Mercoledì 9 luglioÈ l’ultimo giorno di attività. Visita alle trincee

della Linea Cadorna, recuperate dai nostri alpini del lago. Ad attenderci gli alpini di Menag

-

gio e l’alpino Carlo Pedraglio, insegnante comasco, che racconterà ai ragazzi le ragioni de

lla costruzione delle fortificazioni. C’è anche

un sacrario ricavato in una galleria sotterranea, sopra la quale gli alpini hanno costruito un

a bella cappella a ricordo dei Caduti. Edoardo

inquadra i ragazzi, rendiamo gli onori e viene letta la Preghiera dell’Alpino, nel silenzio per

fetto della montagna. È commovente. Si fa la

colazione al sacco: panini, frutta e dolce, preparati la mattina di buon’ora dai cuochi del

campo. Il programma per la serata prevede il

karaoke. Sulla strada di ritorno al campo si nota una certa malinconia: è l’ultima sera. Edoa

rdo propone che venga suonato il silenzio fuo-

ri ordinanza, per i bocia ormai prossimi al congedo. Sulle note della tromba i ragazzi piangono. L’ultim

a notte è la più tranquilla.

Martedì 8 luglioIl tema del giorno è quello degli incendi boschivi, ad illustrarlo arriva una splendida squadra di volontari dell’A.I.B. dell’ANA di Sondrio, chepartecipa con noi all’alzabandiera. Arriva anche il coordinatore nazionale della P.C. ANA Giuseppe Bonaldi, accompagnato da MicheleLongo. I volontari A.I.B. dividono i ragazzi in squadre. Una volta che tutto è pronto, si inizia a provare gli idranti e i naspi. È divertimentoallo stato puro: i ragazzi completano l’addestramento bagnati come pulcini. La vita del campo continua con il solito ritmo: adunata, am-mainabandiera, adunata rancio e cena. A tavola con noi c’è il generale degli alpini Giorgio Romitelli, ormai comasco di adozione che haal suo attivo moltissime missioni all’estero. Il tema della serata è proprio l’Afghanistan. Si fa tardi e il gen. Romitelli dice che ci sarannoaltre occasioni per parlare di mezzi e armamento dei reparti italiani all’estero. I ragazzi lo pregano di non smettere e la lezione continua.

Campo scuola: sapore di naja

328-2014

Settant’anni in gloriaIN MOLISE A RICORDO DELLA CONQUISTA DI MONTE MARRONE

Si sono ritrovati a Scapoli, Pizzone,Rocchetta a Volturno e il giornoseguente a Colle Rotondo, in quel

Molise entrato a far parte della vita ditanti alpini e della nostra storia, per ce-lebrare la ricorrenza della conquista diMonte Marrone e della vittoriosa batta-glia delle Mainarde che segnano la rina-scita, dopo l’8 settembre 1943, del rico-struito Esercito Italiano.Il raduno ha avuto inizio a Scapoli il 20giugno con la cerimonia dell’alzabandie-ra, accompagnata dall’Inno Nazionalesuonato dalla banda del gruppo di San-t’Agapito e con la deposizione della co-rona alla lapide inaugurata dal presiden-te Moro, alla presenza di tanti alpiniprovenienti da tutt’Italia e dei consiglie-ri nazionali Curasì, Di Nardo, Greco,Robustini e Sonzogni.Dalla piazza comunale si poteva ammira-re in tutta la sua bellezza il massiccio diMonte Marrone sulla cui vetta nel 1975gli alpini del btg. Piemonte issarono la

croce di ferro sormontata da un’aquila inprocinto di spiccare il volo. La pregevo-le opera fu realizzata dallo scultore alpi-no Vittorio Piotti e venne restaurata nel2010 dagli alpini molisani del gruppoMainarde.Nel suo intervento il reduce Sergio Pi-vetta ha raccontato delle tre direttricilungo le quali, la mattina del 31 marzo1944, venne scalato e conquistato Mon-te Marrone: sul saliente sinistro dalla 2ªCompagnia comandata dal capitano Ri-gi Luperti, al centro altri alpieri dalla 1ªagli ordini del capitano Sacca, sul ver-sante destro dalla 3ª del capitano Cam-panella. La cerimonia è proseguita a Pizzone, se-de del gruppo alpini Mainarde, alla pre-senza del presidente nazionale Sebastia-no Favero e del ten. col. Giovanni Cor-vino. Quest’ultimo ha ricordato che del btg.Piemonte facevano parte gli alpini dellaTaurinense, nella maggioranza piemon-

tesi (astigiani, alessandrini, torinesi, val-susini) e valdostani - rientrati fortunosa-mente dal Montenegro dopo l’8 settem-bre 1943 - ma anche nuclei di piacenti-ni, di valtellinesi, di veneti. Tra questic’erano anche molti molisani ed abruz-zesi - ha confermato Pivetta - sofferman-dosi su due splendide figure di combat-tenti: l’allora capitano Enzio Campanel-la, di Bojano e l’allora sottotenente Gio-vanni Corvino, di Foggia, che, con il lo-ro decisivo intervento, ebbero un ruolodi primo piano nel contrassalto del 10aprile 1944. Alpini e reduci hanno quindi inaugura-to il monumento ai Caduti, posizionatodavanti al municipio di Pizzone. Nel-l’occasione il sindaco Letizia Di Iorio haproclamato cittadini onorari i combat-tenti di Monte Marrone: il gen. EnzioCampanella, il gen. C.A. Medagliad’Argento al V.M., Luigi Morena - im-possibilitati ad intervenire - GiovanniCorvino e Sergio Pivetta.

© Arata Vico

Scapoli, deposizione di una corona alla lapide che ricorda gli eventi di Monte Marrone.

Settant’anni in gloria

338-2014

Terminata la cerimonia, le autorità e glialpini si sono trasferiti a Rocchetta aVolturno per deporre una corona sullatarga della via che ricorda la Medagliad’Oro Enrico Guerriera, caduto a MonteMare nel ’44.Il 21 giugno la cerimonia conclusiva si èsvolta a Colle Rotondo, presente il ten.col. Roberto Neri, comandante del bat-taglione L’Aquila. Dopo la Messa, nelpiazzale dove sorge il monumento alC.I.L, c’è stata la premiazione delle inse-gnanti che avevano accompagnato aColle Rotondo 140 ragazzi dei due istitu-ti comprensivi Alto Volturno. Nell’intervento il presidente nazionaleFavero ha sottolineato l’importanza del-l’impresa di Monte Marrone, che colsedi sorpresa i Gebirgsjäger e stupì gli al-leati, i quali, dopo il battesimo di sanguedi Monte Lungo erano orientati ad uti-lizzare i nostri soldati nelle retrovie co-me forza lavoro. “Da quel momento glialleati dovettero ricredersi - ha ricordato

Favero - restituendo alsoldato italiano pienadignità di combatten-te. Quando gli ufficia-li statunitensi arriva-rono ansimando alletrincee della 1ª Com-pagnia, vennero ac-compagnati a quota1.800, dove gli arti-glieri avevano issatoun pezzo da 75/13 e glialpini una mitraglia-trice pesante Breda37. Alla vista delle po-stazioni, poste a ridos-so di dirupi e precipizi,si chiesero come aves-sero fatto gli elicotteria portare tutti quei pe-si fin lassù. E quando dissero loro che glielicotteri in realtà… erano gli alpini, gliufficiali statunitensi li guardarono conammirazione e incredulità”. (s.p.)

Il ten. col Corvino, il sergente Pivetta scrutano il monte dove combatterono, durante la cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria.

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Cerimonia a Colle Rotondo: il presidente Favero al monumento ai Caduti.

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Parola di reduceLUIGI MORENA RACCONTA MONTE MARRONE E LA GUERRA DI LIBERAZIONE

Occhi azzurri, sguardo fiero, sorrisofranco. Appena lo si incontra si capi-sce tutto. Il peso dei 97 anni lo frena

nel fisico ma la lucidità, lo spirito e l’elegan-za d’un uomo d’altri tempi, quelle l’età non leha scalfite. Il tenente Luigi Morena, oggi ge-nerale di Corpo d’Armata, a Monte Marronec’era e con i suoi alpini del battaglione “Pie-monte” ha concorso a scrivere una delle piùimportanti pagine della Guerra di Liberazio-ne e della nostra storia.Il corso degli eventi, degno di uno splendidoromanzo, inizia quasi un secolo fa in un pic-colo borgo di montagna in provincia di Cu-neo. Il 15 agosto 1917 a Scaletta Uzzone sicelebrava l’assunzione della Madonna in cie-lo, ma si festeggiava anche la venuta al mon-do di due gemellini: Luigi e Angelo che an-davano ad ingrossare la famiglia Morena, ac-canto al fratello più grande, Secondo. “Era-vamo tre fratelli ragionieri - ricorda il gen.Morena - destinati alla vita da commerciali-sta. All’epoca il Regime Fascista consentivalo svolgimento di corsi premilitari da allievoufficiale e decisi di provare. Conclusi il corso a Bassano del Grappa e po-co dopo, da sottotenente di complemento,

mi destinarono al 1° Alpini, btg. Mondovì.Fu lì che mi entusiasmai e contrassi la malat-tia… alpinite!Nel 1941 mi destinarono al btg. Exilles, al 3°Alpini della Taurinense, di stanza in Vald’Arc, nella Francia occupata. Poi nel marzo1943 venni trasferito al btg. “Fenestrelle”, aPriepolje, in Montenegro. Nel combatti-mento della Selletta Kapak, compiuto perconsentire al btg. Intra di ripiegare, ebbi ilmio battesimo del fuoco. Ero con il 1° ploto-ne fucilieri della 28ª compagnia del Fene-strelle e persi in un’unica azione il mio co-mandante di Compagnia ten. Panizza, quellodi battaglione ten. col. Galliano e il sergentemaggiore Bella, Medaglia d’Oro al V.M., checadde a dieci metri da me.Il corso degli eventi si susseguì frenetico. Do-po l’8 settembre 1943 il Fenestrelle conl’Exilles e il Pinerolo furono comandati inrinforzo alla Divisione Emilia e combattei al-le Bocche di Cattaro e al Forte Gruda perconsentire l’imbarco ai soldati dell’Emilia.Sulle navi, alla fine, ci salimmo pure noi, an-che se non ero molto tranquillo perché, dabuon montagnino, non sapevo nuotare!Partimmo il 16 settembre 1943 da Zelenika

con una carboniera che ci condusse a Bari eda lì fummo trasferiti a Presicce (Lecce), do-ve si ricostituì il battaglione Taurinense,chiamato successivamente “Piemonte” per-ché la gran parte degli alpini provenivano daquella Regione.

Come prendeste Monte Marrone?L’occupazione di Monte Marrone è statauna conquista di sorpresa. Siamo partiti alle3 di notte del 31 marzo 1944. La 1ª compa-gnia con direttrice al centro, la seconda sul-la cresta di sinistra, la terza su quella di de-stra. La vetta abbondantemente innevataera solamente pattugliata dagli alpini d’altamontagna tedeschi, poiché le condizioniclimatiche rendevano proibitivo viverci.Sapendo che le pattuglie si davano il cam-bio, abbiamo pensato che l’unico modo fos-se quello di prenderli di sorpresa perché, di-ciamolo, una vetta controllata difficilmentesi prende con un’azione alla luce del giorno!Avevamo zaini pesantissimi e più silenziosa-mente possibile siamo saliti. Io ero tenentee mi trovavo direttrice di sinistra. All’albadel 31 marzo ci siamo ritrovati in cresta sen-za vedere anima viva. È così, senza sparareun solo colpo, che abbiamo occupato la cre-sta di Monte Marrone! Quando i tedeschi si accorsero della nostrapresenza decisero di attaccare tra il 10 e l’11aprile - era Pasqua e pensavano di trovarciimpreparati - con tre battaglioni, per ripren-dersi la vetta. La difesa da parte degli alpinipiemontesi che erano dei veri “Bugia nen”(“non muoverti” in dialetto piemontese), futenace, anche grazie alle artiglierie alleate,posizionate sulla Piana del Volturno che bat-terono il monte con intensità.L’occupazione di Monte Marrone e la sua di-fesa determinò un cambiamento da parte de-gli alleati nella considerazione dell’apportodei soldati italiani nella guerra di liberazione.Fu solo dopo gli eventi di Monte Marroneche i comandi alleati autorizzarono un mag-gior impulso e organizzazione dei reparti ita-liani, fino alla costituzione del Corpo di Li-berazione.

E dopo cosa accadde? Come fu sfondatala Linea Gotica?Il caposaldo tedesco di quota 363 in ValleIdice era il punto di congiunzione di dueCorpi d’Armata tedeschi. Le unità statuni-tensi che erano schierate dovevano esseremandate in Normandia e quindi hanno ap-

Luigi Morena con il presidente nazionale Favero.

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profittato della disponibilità degli alpini delbtg. Piemonte per schierarci su quella partedella Linea Gotica, che era quasi interamen-te occupata da reparti italiani. Gli alpini delbtg. Piemonte e del btg. L’Aquila con il btg.Goito dei bersaglieri facevano parte del Reg-gimento Fanteria Speciale, nel gruppo dicombattimento Legnano, comandato dal ge-nerale Umberto Utili.Io lo affrontai dando il cambio con il mioplotone a quello statunitense che era a 900metri dal caposaldo tedesco. Il cambio di li-nea è un’azione militare tra le più rischioseperché ci sono reparti che arretrano e altriche subentrano e se il nemico si dovesse ac-corgere può attaccare creando gravi danni.Diciamo anche però che era il 1945 e i tede-schi erano al limite delle loro forze.Mi piace ricordare un avvenimento. Al ter-mine di un’azione fui avvertito che c’eranodei soldati tedeschi che issavano bandierabianca e si dirigevano verso noi alpini cheavevamo conquistato la posizione. Normal-mente chi conquista la posizione non fa pri-gionieri, perché deve prevedere un contrat-tacco. Quindi ero preoccupato, perché noieravamo le avanguardie e di solito i prigio-nieri non li facevamo noi, ma i plotoni dirincalzo. Vedendo il folto drappello di tede-schi che avanzavano verso di me, mi sforzaidi trovare le parole giuste e urlai: “KommenSie!” (venite) invece di dire “Gehen” (anda-te). E questi avanzavano e io gridavo più for-te dicendo “venite” ma intendendo “andate-vene”… e andavo loro incontro. Ad un cer-to momento sento urlare: “Achtung! Mi-nen!”. In pratica mi avevano avvisato chestavo entrando in un campo minato e che ri-schiavo di saltare in aria…Questo per dire che in combattimento ci so-no anche degli episodi di grande umanità erispetto. Loro si arrendevano e mi avvisaronodel pericolo che stavo correndo.Quando riuscimmo a creare una breccia sullaLinea Gotica ci fu il cosiddetto sfruttamentodel successo che è creato dalle truppe celericome i bersaglieri che passarono nella brec-cia creata dal btg. Piemonte e giunsero a Bo-logna, seguiti dagli alpini.Ricordo che in piazza Grande eravamo por-tati in trionfo dalla popolazione. Una signo-ra mi avvicina e mi dice: “Tenente posso ba-ciarle le stellette?”. Perché le stellette eranosinonimo di monarchia e lei era stufa di ve-dere i fasciolini della RSI sulle divise.Fu così che lo sfondamento della Linea Goti-ca di fatto pose fine alla guerra.

E per l’azione di “quota 363” si è merita-to la Medaglia d’Argento al Valor Milita-re…Le ricompense vanno date in funzione del ri-sultato: la Medaglia d’Argento è stata data ame perché non potevano darla a 40 persone.Sarebbe stato come svalutare il significato diquella medaglia. L’hanno data a uno solo, ma

Ma gli alpini di allora, quelli del suo bat-tesimo di fuoco e quelli che ha coman-dato alla Smalp dal ’68 al ’71, erano simi-li per spirito e impegno?Certo! L’alpino semplice in fondo non deveimparare granché. L’azione di comando è for-male ed è basata sulla disciplina. L’ubbidien-za deve essere pronta, immediata e assoluta,come si dice. Deve essere tale perché in com-battimento non si ragiona, si ha un’adrenali-na che altera tutto perché si odora la morte.E nessuno credo piaccia morire per la Patria,vivere sì per la Patria, ma non morire! Quan-do arriva l’ordine e mi dicono: “Ten. Morenaparta all’attacco!”. Io parto e gli altri mi se-guono non solo perché sono comandati, maanche perché mi vogliono bene. Vedo addi-rittura qualcuno che mi precede e che devocalmare.E quindi dico: vogliate bene ai vostri alpini,perché se voi volete bene ai vostri alpini loro

sono anche i miei 40 alpini che l’hanno gua-dagnata!

Tornato dalla guerra, Morena incontrò la fa-miglia dopo due anni di silenzio, si sposò inValchiavenna e proseguì la vita militare.

A distanza di tanti anni cosa ci può diredel Corpo di liberazione?Molti sono diventati partigiani per scelta. Seti dicono devi rimanere con i reparti a questecondizioni e tu non vuoi, per evitare l’arrestohai solo una scelta. Poi, dopo la guerra, alcu-ni si sono proclamati partigiani anche perchéfaceva moda.Ricordo che in occasione della commemora-zione dei Caduti nella guerra di Liberazionedel 2 Novembre al Cimitero Monumentaledi Milano, l’allora sindaco Albertini avevachiesto che si pregasse per i Caduti di en-trambe le parti. L’appello del sindaco mi

commosse perché trovo giusto pregare ancheper i miei compagni alpini del btg. Exilles oFenestrelle rimasti con la RSI e Caduti perquella Patria che, combinazione vuole, coin-cideva con la mia. Io mi son trovato dallaparte dei vincitori e gli altri dalla parte sba-gliata, ma la Patria era una. Perché dunquenon rendere onore a quanti hanno combat-tuto per la Patria anche dalla parte sbagliata?Poi, davanti alla morte ci si inchina e si per-dona, sempre. Scrissi al sindaco, dissi che se non ci sarebbestato nessun partigiano sarei andato io a ren-dere omaggio ai Caduti dell’altra parte. E co-sì ho fatto. All’indomani i giornali parlaronodi gesto storico, ma quello che non hannodetto è che i partigiani iniziarono ad igno-rarmi.

vi considereranno per tutta la vita il loro co-mandante. Non solo: rispettate la loro perso-nalità, anche perché non debba accaderequello che è successo ad un ten. col. in servi-zio permanente effettivo che dovendo pren-dere un provvedimento disciplinare nei con-fronti di un suo s.ten di complemento cheaveva commesso una leggerezza, lo ha convo-cato nel suo ufficio investendolo in malo mo-do e dicendogli infine: “Si accomodi, lei è uncretino!”. E l’altro, scattato sull’attenti: “Si-gnorsì… ma di complemento!”.Vogliate bene agli alpini, perché loro ricam-bieranno. Quando sto con i miei alpini misento giovane come loro. Guardate quantianni son passati, loro sono ancora qui conme e ogni anno festeggiamo insieme il miocompleanno! Matteo Martin

Monumenti viventiCOLLE DI NAVAdi Gian Paolo Nichele

“MESSAGGIO AI GIOVANI” AL 65° RADUNO AL COLLE DI NAVA

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“Gesù dov’eri? Dov’eri settan-t’anni fa? Dov’eri quando ireduci erano in Russia a 19,

20 anni?”. Con queste parole don Alber-to Casella, cappellano della sezione diImperia, ha aperto l’omelia, alla Messacelebrata in occasione del 65° radunonazionale al Colle di Nava, il 6 luglioscorso. “Non ho risposte – ha continuato donCasella – ma vi leggo le parole di chi havissuto sulla propria carne quei mo-menti”. «La notte di Natale calò sulla distesa bian-ca; era patetica e struggente come solo i sol-

dati in trincea la sentono, lontani da ognibene, dispersi nel silenzio, prossimi alle stel-le. Il cappellano pregava con fervore ma unpoco in fretta, perché gli alpini tremavano difreddo, quarantadue feroci gradi sotto zero,ma erano venuti da Lui. Stavano fermi ebuoni nella neve, le ginocchia sprofondatenel bianco parevano di ghiaccio; tenevanola testa bassa a dire le loro semplici preghie-re e ogni tanto l’alzavano a guardare il chia-rore delle due candele. Vedi, Bambino Ge-sù -forse diceva il suo cuore mentre gli occhiscorrevano sulle righe del messale - questisono gli alpini che fanno la guerra. Ma nonne hanno colpa, Tu lo sai. Sono stati man-

dati, e devono ubbidire. Preferirebbero la-vorare tranquilli nelle loro case, per i loro fi-gli e per le mogli che sono rimaste sole, e peri vecchi. A loro non manca la buona volon-tà di servirTi in pace proprio come vorrestiTu, Pax hominibus bonae voluntatis. Vediinvece dove sono finiti e come soffrono, chevita fanno! Guardali come sono ridotti,quasi peggio di Te quando nascesti: hannosolo un po’ di fradicia paglia per sdraiarsi;Tu almeno avevi, scusa, il bue e l’asinello ariscaldarTi col fiato. Loro, no».Un’omelia originale, breve, incisiva cheha commosso quanti al Colle di Navahanno voluto ricordare gli oltre 13.000

Monumenti viventi“MESSAGGIO AI GIOVANI” AL 65° RADUNO AL COLLE DI NAVA

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I giovani dell’ANA con il reduce Leonardo Sassetti.

La sezione di Imperia ha voluto rinnovare la me-moria del tenente Angelo Bracco con la posa diuna targa al Sacrario della Cuneense al Colle diNava (nella foto). Il ten. Bracco figura tra i rifon-datori, nel secondo dopoguerra, della sezione di

Imperia e del gruppo di Porto Maurizio, paese in cui nacque nel 1917. Eccellentesportivo, di carattere vivace e goliardico, trasfuse la sua esuberanza anche nellavita militare. Da sottotenente al battaglione Mondovì partecipò alla Campagna gre-co-albanese al comando di un plotone di arditi assaltatori, ottenendo per le sueazioni, tre Medaglie di Bronzo al Valor Militare.Promosso tenente partì per la Russia, sempre nelle file del Mondovì, al comandodi un plotone di arditi della Compagnia Comando, con il quale riconfermò le sue ec-cellenti doti militari anche nel corso della ritirata, meritandosi la Medaglia d’Argen-to al Valor Militare. Durante la ritirata venne catturato dai sovietici e iniziò l’odisseanei campi di prigionia con il concittadino Carlo Ghiglione, tenente del Gruppo ValPo e il ventimigliese Beppe Cumina, s.ten del btg. Vicenza della “Julia”. Rientrò inItalia nell’estate del 1946.Ritenuto non più idoneo alla vita militare a causa del congelamento ai piedi, vennecongedato. Ritornò alla vita civile, prima come maestro elementare e quindi comecommerciante. A metà degli anni ’50 emigrò in Ecuador.Le sue spoglie riposano nel cimitero di Porto Maurizio.

Caduti e dispersi della Divisione alpinaCuneense, che questa cerimonia onoradal 1950.Il raduno era iniziato il 5 luglio sera conla 16ª edizione del Cantamontagna. Ilcoro alpino Monte Saccarello ha ospita-to il coro “Bric Boucie” di Pinerolo edinsieme hanno percorso in musica le or-me della storia degli alpini nella GrandeGuerra, nella seconda guerra mondiale,in montagna, nelle storie di emigrazionee nella preghiera, semplice e diretta co-me gli alpini sanno rivolgere. I cori han-no cantato con il cuore, scaldando ilpubblico che ha risposto con applausicalorosi. Poi, tutti al Sacrario dove ripo-sa il gen. Battisti, a rinnovare il rito delfalò, davanti al quale le vecchie colonnedella sezione di Imperia hanno narrato

le storie dei reduci, sempre quelle, com-moventi e autorevoli.Il raduno al Colle di Nava è nazionale,dicevamo, ma il suo richiamo va oltrequesta qualifica. Quasi ogni famiglia delbasso Piemonte, della Liguria e dell’altaToscana ha avuto un Caduto o un di-sperso nella steppa gelata. Quasi ogni fa-miglia è stata mutilata nella carne vivadella propria gioventù e il pellegrinaggioal Colle di Nava è più che un dovere: èun imperativo del cuore per non dimen-ticare. Lo ha ricordato il presidente se-zionale Vincenzo Daprelà nel suo saluto:“Gli alpini non fanno solo feste ma san-no andare in pellegrinaggio in luoghi co-me Nava. In questi anni di rievocazionedella Grande Guerra ho invitato a por-tate i bambini a visitare i luoghi sacri

Il picchetto d’onoredegli alpini in armi al Sacrario.

IN MEMORIADEL TEN. BRACCO

della storia: spiegate loro che i monu-menti non sono solo pietre ma ricordanoragazzi come loro, caduti per il dovere;insegnatelo anche a loro, per non di-menticare”. Gli applausi, non di circostanza, sonostati ancora più calorosi per il gen. Mar-cello Bellacicco, vice comandante del-l’Allied Rapid Reaction Corps della Na-to: “L’aria che respiriamo qui a Nava ècarica del profumo di questi uomini chehanno imparato dall’uniforme che dareviene molto prima di ricevere. Pensofermamente che gli alpini in armi di og-gi sono all’altezza degli alpini in Russiache qui commemoriamo. Le contrade diieri – ha continuato il gen. Bellacicco –oggi sono estese a tutto il mondo; la gen-te del paese è diventata il mondo interoche soffre, senza pace. Ed è anche grazieal sacrificio degli alpini di Russia che glialpini di oggi possono compiere il lorodovere in nome dell’Italia”.Ha chiuso le orazioni il vice presidentenazionale vicario Renato Zorio che haricordato il valore e la testimonianza deireduci ancora presenti al Colle di Nava,seppur in numero sempre minore.Presenti anche i consiglieri nazionaliButtigliero, Cordiglia, Curasì, Greco eLavizzari.Sono seguiti gli onori ai Caduti, resi dalvice prefetto Lazzari, dal presidente delConsiglio Provinciale Piana, dal genera-le Bellacicco, dal vice presidente nazio-nale Zorio, dal presidente sezionale Da-prelà e dall’assessore del Comune di Por-nassio Sappa.Una cerimonia toccante, vissuta nel si-lenzio rispettoso dei numerosi parteci-panti, impreziosita dalla fanfara dellabrigata alpina Taurinense e da un pic-chetto armato del 2° Alpini di Cuneo.Anche a loro va il grazie della sezione diImperia.

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COLLABORAZIONE ANA-FORZE ARMATE ALLA “GALILEO 2014”

L’esercitazione di protezione civile“Galileo 2014” è stata la primagrande esercitazione che si svolge

a Padova e che vede l’attivazione in for-ma congiunta del sistema di protezionecivile territoriale e degli assetti militaridell’Esercito italiano su un articolatoscenario operativo.Dal brillamento di ordigni bellici, all’al-lagamento di vaste zone abitate, squadredi volontari e strutture civili e militari sisono messi alla prova dal 19 al 21 giugnoscorso, simulando una grave emergenza.Sono state oltre venti le organizzazioniche hanno partecipato all’esercitazione,promossa dal Comando delle Forze diDifesa Interregionale Nord in collabora-zione con la Prefettura di Padova: il 1°reggimento trasporti, la struttura ospe-daliera campale (con sala degenza, ope-ratoria, terapia intensiva, laboratorioanalisi, farmacia), l’8° Reggimento Ge-nio Guastatori, il 2° Genio pontieri, il7° NBC, il 4° Altair, il reggimento Lagu-nari, il 7° reggimento trasmissioni, il co-mando provinciale dei Vigili del Fuoco,il Comune di Padova, la Polizia di Stato,alcuni volontari della Protezione Civiledi Padova e i volontari dell’ANA.La rilevanza dell’evento ha raccolto lapartecipazione di qualificate e importan-ti realtà istituzionali tra le quali anche ilcapo di Stato Maggiore dell’Esercitogen. Graziano. Che l’Esercito intrapren-

da questa linea di collaborazione con glienti istituzionali del territorio e si misuriper un obiettivo di protezione civile loritengo estremamente positivo. Sottoli-neo l’importanza di questo orientamen-to e di sistema che ho condiviso con ilcapo del dipartimento nazionale FrancoGabrielli, presente all’esercitazione.La partecipazione che l’ANA avevaproposto per la “Galileo 2014” non hapotuto essere pienamente accolta per

Con l’Esercito a Padova

Il Posto Medico Avanzato allestito dall’ANA sul lungargine Terranegra.

dare spazio alle altre organizzazioni divolontariato del territorio. I volontaridell’Associazione sono stati impegnatisimulando un’attività sanitaria nelleimmediate vicinanze del fiume Bacchi-glione, sulla sponda destra del lungargi-ne Terranegra. Lo scenario ha previstola richiesta da parte della Prefettura diPadova di un Posto Medico Avanzato inaiuto alla popolazione evacuata in se-guito ad una inondazione. Le squadresanitarie ANA hanno installato in bre-vissimo tempo una struttura campaleper l’accoglienza degli sfollati, garan-tendo anche il supporto medico e infer-mieristico con il Gruppo di InterventoMedico Chirurgico. È opportuno rammentare che nelleemergenze degli ultimi anni l’ANA hapartecipato sempre accanto all’Esercito.Un’attività come la “Galileo” è fonda-mentale per il confronto e lo scambio diesperienze a livello organizzativo e ope-rativo tra gli enti territoriali, l’Esercito eil volontariato, ed è altresì indubbio chequesta collaborazione porterà risultatipositivi, diretti e indiretti, al sistema diProtezione Civile.

PROTEZIONE CIVILEdi Giuseppe Bonaldi

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“FULL SCALE”: ESERCITAZIONE DEL 4° RGPT. IN MAJELLA SETTENTRIONALE

La tipologia e la complessità degliscenari scelti, la meticolosa prepa-razione, l’appassionata partecipa-

zione dei volontari, il coinvolgimento diparte della popolazione e l’intensa fre-quenza di eventi hanno fatto sì chel’esercitazione “Full scale” (“A larga sca-la”) sembrasse una vera emergenza.Il coordinatore del 4° Raggruppa-mento Nicola Cianci e i suoi colla-boratori sono stati i principali arte-fici dell’ottima riuscita nella piani-ficazione dell’esercitazione. Per es-sere produttiva e ottenere una cre-scita professionale degli attori im-pegnati, essa deve tenere in massi-mo conto il territorio in cui si ope-ra e i rischi al quale può essere sog-getto. Quindi, tenuto presente chesi era nella Majella settentrionale,il programma ha simulato un ri-schio sismico.La “Full scale”, programmatadall’11 al 13 luglio scorsi, ha testa-to la risposta - positiva - del volon-tariato di Protezione Civile del-l’ANA e ha verificato le strutture ei mezzi campali del 4° Raggruppa-mento. La parte di maggiore inte-resse è stata quella di aver coinvol-to anche gli enti territoriali, qualila Prefettura, la Regione, le Pro-

Terremoto estivoramonacesca, Lettomanoppello e Turri-valignani, con la conseguente attivazio-ne del Centro Coordinamento Soccorsipresso la prefettura di Pescara ed il Cen-tro Operativo Intercomunale, al qualefacevano riferimento tutte le comunica-zioni radio degli operatori delle squadredei volontari che operavano sul territo-rio. È in questo centro che si sono assun-te le decisioni operative, verificando al-tresì l’efficacia funzionale dei piani co-munali. Lo scenario è stato quello di un forte si-sma (6,5 della scala Richter) che haprovocato lo straripamento di una pic-cola diga artificiale in seguito ad un ce-dimento e il conseguente interventodei volontari della specialità idrogeolo-gica; il recupero di feriti in zona inac-cessibile con l’intervento della squadradi alpinisti, che ha montato una telefe-rica per il loro recupero e un incendioda corto circuito, con l’intervento disquadre di antincendio boschivo chehanno montato le vasche di accumulod’acqua con l’ausilio di pompe ad altapressione. Alle operazioni hanno parte-

cipato anche le squadre cino-file da soccorso che hannoaiutato nella ricerca dei feriti- meravigliosamente truccati -rimasti intrappolati sotto lemacerie, mentre le squadre sa-nitarie li hanno recuperati etrasportati al Posto MedicoAvanzato, dislocato al campobase.In tutto sono stati impiegatioltre duecento volontari(evento piuttosto raro per il 4Raggruppamento) il che dimo-stra la volontà di crescita e dipartecipazione alle attività diprotezione civile su un territo-rio molto vasto che comprendele sezioni Abruzzi, Firenze, La-tina, Napoli, oltre agli speciali-sti formatori delle sezioni diBergamo, Trieste, Treviso e ivolontari appartenenti alla Sa-nità dell’ANPAS e agli Psico-logi Emergenza Abruzzo. (g.b.)

vince e i Comuni, in modo che potesse-ro operare in sintonia per il superamen-to dell’emergenza e il ritorno alla nor-malità.Gli eventi simulati hanno coinvolto al-cune aree comunali a Manoppello, Ser-

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ESERCITAZIONE IN EMILIA ROMAGNA PER LA CURA DEGLI ALVEI

L’esercitazione di bonifica e pre-venzione ambientale “Fiumi si-curi”, voluta con determinazione

dal presidente della commissione ANAdi Protezione Civile Corrado Bassi, èstata ideata presso la sede dell’agenziadella Protezione Civile della RegioneEmilia Romagna che ha coinvolto glienti territoriali dell’Agenzia Interregio-nale per il fiume Po, oltre che i Servizitecnici di bacino dei suoi affluenti (fiu-mi Reno, Secchia, Panaro).Sono stati aperti 7 cantieri in cui è statarimossa la vegetazione infestante sugliargini ed è stata compiuta la manuten-zione sulle paratoie e sui canali scolma-tori. A questi cantieri ne sono stati ag-giunti in un secondo tempo altri 4 ri-guardanti la sistemazione dei parchi cit-

“Fiumi sicuri”magazzino regionale all’area di installa-zione del campo base, la verifica dellafunzionalità della segreteria e delle unitàdi auto protezione sanitaria dei volonta-ri impegnati, quelle sull’efficienza delleunità logistiche (cucina, distribuzione,servizi igienici, ecc.), e sull’installazionedella rete radio per il collegamento con icantieri. Sono tante attività che sareb-bero però poca cosa senza uno degli sti-moli che l’Associazione ricerca nelleesercitazioni e che rende sorridenti egioiosi i volontari anche dopo una gior-nata di fatiche: lo stare insieme. Domenica, presente il presidente nazio-nale Sebastiano Favero, si è svolta unabreve sfilata dei volontari per il centrodi Finale Emilia. Hanno costeggiato lecase puntellate, i fabbricati in corso diristrutturazione e altri edifici, speciequelli pubblici (compresa la famosa tor-re dell’orologio simbolo della città, co-perta da una struttura metallica provvi-soria) che attendono finanziamenti perla loro ricostruzione. La popolazione ha accolto tra gli applau-si le tute gialle dell’ANA, esprimendogratitudine per quanto l’Associazione hafatto nelle zone colpite dal sisma, doveha gestito per diversi mesi tre campi diaccoglienza per gli sfollati. (g.b.)

tadini di Finale Emilia, città che ha ospi-tato l’esercitazione. In totale hanno par-tecipato circa 480 volontari della Prote-zione Civile ANA provenienti dalle se-zioni dell’Emilia Romagna, da alcune diquelle lombarde e i volontari della sezio-ne di Udine per le attività di auto-prote-zione sanitaria. Una parte significativa di “Fiumi sicuri”è stata l’attività di formazione, rivolta aduna ventina di volontari, che hanno im-parato ad usare le motopompe di diversaportata e tipologia, seguendo una lezio-ne sulle caratteristiche tecniche delleapparecchiature e successivamente cu-randone l’assemblaggio e lo smontaggio. Altre interessanti attività, utili per valu-tare il livello organizzativo raggiunto,sono stati i trasporti dei materiali dal

Raduno sezioni ANA in AustraliaSi terrà al Fraternity club di Wollongong,

il 4 e 5 ottobre, il 29° raduno degli alpi-ni d’Australia. Questo il programma dei so-li due giorni del raduno, poiché nei giorniprecedenti non sono previste escursioni or-ganizzate.

Sabato 4 ottobreOre 14/15, visita al parco alpino di Tarrawanna – A partiredalle 18 serata di gala con complesso musicale alla quale sa-ranno presenti le autorità e i vessilli sezionali accompagnatidai rispettivi presidenti. Dopo la cena sarà distribuita una me-daglia ricordo e il giornale “L’Alpino in Australia”.

Domenica 5 ottobreOre 9.45 Ammassamento presso la catte-drale di Fairymeadow - ore 10 Messa seguitadalla sfilata fino al Fraternity Club - ore 12pranzo - ore 14.30 riunione dei presidenti edei rappresentanti delle Sezioni ANA in

Australia, alla presenza del presidente nazionale ANA Seba-stiano Favero e del vice presidente nazionale e delegato aicontatti con le sezioni all’estero Ferruccio Minelli.

Informazioni: Ferruccio Minelli, cell. 335.8172682, e-mail:[email protected] o Paolo Ghioldi cell. 345.2537944,e-mail: [email protected]

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millecinquecento metri, fino ai 3.200metri di quota, e il suo fronte (compresol’attaccato Ghiacciaio di Vernel) è largopoco meno di cinque chilometri.La Marmolada, lo abbiamo detto, è ilcuore delle Dolomiti, un cuore contesodove la storia è passata spesso lasciando ilsuo ricordo peggiore. Guerre, controver-sie amministrative, contrasti si sono con-sumati sopra e sotto la superficie di que-sto ghiacciaio. Dentro le sue gelide visce-re, un secolo fa si estendeva la Eisstadt, la“Città di ghiaccio”: dodici chilometri digallerie e sale stipate dai soldati del-l’aquila bicipite. Magazzini per munizio-ni, infermeria, mense, sala di comando,bar ufficiali, tutto con cinquanta metri dighiaccio sopra la testa per nascondersidall’artiglieria degli italiani. Ma nienterimane nel ghiaccio del capolavoro deltenente-ingegnere dell’Impero LeoHandl che costruì la Eisstadt con mine,picconi e centinaia di soldati. Gli effetti dello sparo in quel 28 giugno1914 a Sarajevo si vedono ancora sullagiubba macchiata di sangue che fu del-

Quando cala la sera, su al Passo Fe-daia, l’aria sembra prendere un sa-pore diverso, tutto particolare ri-

spetto al resto delle Dolomiti. È aria geli-da, profumata di ghiaccio, e non ha nien-te a che vedere con quella che si respirasulle aride cime circostanti. La Marmola-da è il centro dei Monti Pallidi, non peraltro è chiamata la “Regina delle Dolo-miti”, eppure, qui, sotto questo ghiaccia-io è come se fossimo in un altro angolodelle Alpi. L’aria punge, ed è più simile aquella che si respira sulle Occidentali, sulBianco, sul Rosa. E ciò, ovviamente, èdovuto al ghiacciaio che avvolge il latosettentrionale della grande montagna diroccia calcarea. L’ottanta per cento diquesto grande ghiacciaio – l’unico verodelle Dolomiti – sgorga nel bacino del-l’Adige, il venti in quello del Piave. Dauna parte, l’acqua della Marmolada vadunque verso il Trentino, l’antica terradei principi vescovi, degli imperi conti-nentali e dello speck; dall’altra, oltre lagrande parete che precipita sulle valli diContrin e d’Ombretta, cala verso il mon-

do cisalpino del Veneto, il preludio alMediterraneo e della Serenissima. Ma stando qui, di fronte all’insieme deivari circhi, dei seracchi, delle creste roc-ciose come il Sasso delle Undici e il Sas-so delle Dodici, delle lingue e delle fron-ti di ghiaccio bisognerebbe immaginarecome cento anni fa, durate la Primaguerra mondiale, questo ghiacciaio fossemolto più esteso. Quasi il doppio di comeè oggi! E, ancora di più, era esteso nelpassato remoto. Nel 1774, quando per laprima volta veniva disegnato su una car-ta (l’Atlas Tyrolensis di Anich e Huber)sotto la scritta “Marmolata Vedretta”,questo ghiacciaio misurava 495 ettari:136 anni più tardi, nel 1910, si era già ri-dotto a 392. Poi, negli anni Sessanta delNovecento, il ghiacciaio era arrivato a305 ettari e oggi si stima ben al di sottodei 250. Ma la massa glaciale ha mante-nuto comunque una notevole imponen-za, soprattutto sotto lo sguardo del viag-giatore che sulle Dolomiti non si aspettadi trovare tanto bianco, tanta luce abba-gliante: si sviluppa in lunghezza per circa

La regina delle Dolomitidi Marco Albino Ferrari, direttore di

Continua la serie di appuntamenti legata al centenario della Grande Guerra che culminerà con un’indimenticabile monografia di Meridiani Montagne, nelle edicole a novembre.

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i sentieri degli alpini 1914-1918

LA GRANDE GUERRA

La regina delle Dolomiti

Periplo della Cima orientale d’Ombretta (3.011 m)Dal rifugio Contrin si seguono i cartelli segnavia

contrassegnati dal n° 607, in direzione del Passo delleCirelle. Risalendo la Val delle Cirelle si transita sotto il versanteovest della Cima d’Ombretta Occidentale alternando prati adistese di ghiaia. Raggiunto un bivio segnalato (n° 612b) si prosegue a sinistra indirezione del Passo d’Ombrettola, e si aggira verso destra unrisalto roccioso per arrivare a un altro bivio. Si seguel’indicazione verso sinistra (segnavia n° 650), e imboccando ilsentiero per ghiaie e attraversando un tratto di grossi massi cisi porta sotto il muro che sostiene la Vedretta del Vernale. Qui inizia la ferrata, con una serie di paretine appoggiate ealternate a qualche canalino, che portano alla base di unapancia rocciosa. La si aggira salendo a sinistra e si traversafacilmente alcuni metri sopra di essa lungo una cengettarocciosa che porta alla base di un lungo canale diagonale; lo sirisale facendo attenzione ad alcuni tratti con fondo detritico,fino a un traverso verso destra su zolle erbose che porta alleghiaie sommitali di un’ampia sella dove terminano gli infissi. Sirisale la pietraia, seguendo i segni di vernice rossa e i numerosiometti di pietre, fino a un traverso verso destra che porta allasella tra la Cima di Mezzo e la Cima Orientale. Piegando adestra per una traccia tra ghiaie e roccette lungo la cresta siperviene in breve alla Cima d’Ombretta Orientale (3.011 m). La discesa avviene sul versante opposto: si rientra alla sellaproseguendo in cresta verso la Cima di Mezzo. Per tracce disentiero e camminamenti di guerra si scende rapidamenteverso nord, raggiungendo una zona di placche rocciose che si

scendono servendosi di un cavo metallico. Raggiunti il bivaccoMarco dal Bianco (2.727 m) e il Passo Ombretta (2.702 m), sipiega a sinistra in discesa (segnavia n° 610) immettendosi nelsentiero proveniente dalla Forcella Marmolada e raggiungendonuovamente il rifugio Contrin (2.016 m).

ITINERARIOPunti d’appoggio e partenza: rifugio Contrin (2.016 m)Arrivo: Cima d’Ombretta Orientale (3.011 m)Dislivello: 1.000 mDurata: 5/6 hDifficoltà: EEA (escursionisti esperti-alpinisti)

l’arciduca Francesco Ferdinando e cheoggi è custodita in un Museo di Vienna.Ma niente, paradosso della storia, è rima-sto della città di ghiaccio che ne fu unaconseguenza diretta. Sciolta, sprofonda-ta, colata nell’Adige e nel Piave. Nonuna goccia di sangue è rimasta di queicinquemila soldati caduti sul ghiacciaionel giro di sessanta giorni alla fine del1916 (tremilacinquecento italiani e mil-lecinquecento austriaci). Cinquemilasoldati… un numero asettico che non di-ce molto? Proviamo però a pensare chese quei cinquemila soldati si tenesseroper mano formerebbero una catena uma-na che farebbe su è giù senza interrom-persi almeno per tre volte lungo ilGhiacciaio della Marmolada.Da quasi un quarto di secolo, di quellaguerra dentro il cuore della Marmolada e

del “ghiacciaio in fiamme” si può sapernequalcosa di più prendendo la funivia cheparte da Malga Ciapela e arriva a PuntaRocca. Bisogna fermarsi alla stazione diForcella Serauta dove c’è un illuminantemuseo inaugurato nel giugno del 1990grazie al lavoro di un farmacista ed ex di-rigente delle funivie Tofane & Marmola-da Spa. Quando andò in pensione nel1986, Mario Bartoli si diede da fare e do-po quattro anni ottenne un finanziamen-to di 120 milioni di lire e uno spazio alcoperto dalla società delle funivie. Poimise insieme centinaia di cimeli, risulta-to delle ricerche sul ghiacciaio. Oggi,con il bel tempo, dalla grande vetrata delmuseo si domina un paesaggio abbaglian-te di luce e di inimmaginabile bellezza.Gli occhi abbracciano una buona porzio-ne di Dolomiti proprio dove tuonava il

fronte della Grande Guerra. Bisognasforzarsi e assecondare l’effetto per vede-re il teatro delle operazioni: certo, alloratutto quell’asfalto che abbraccia le mon-tagne non c’era, così come gli impianti disci, e il Ghiacciaio della Marmolada eraben più vasto di oggi. Ma quello è esatta-mente il luogo dove si fronteggiaronoitaliani e austriaci, fin sul labbro superio-re della montagna, la cresta oltre la qua-le precipita la parete sud. Nell’itinerarioche qui consigliamo, si raggiunge un su-perbo belvedere affacciato proprio sullaparete sud. Dalla Cima d’Ombretta èpossibile osservare i passaggi delle centi-naia di cordate che ogni estate percorro-no gli itinerari alpinistici. E chiudendogli occhi, e sentendo l’odore del ghiac-ciaio, si può forse immaginare cosa vole-va dire vivere per mesi nelle sue viscere.

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Il nostro inno è stata una delle primecanzoni che ho imparato. Mio papà lointonava di ritorno dalle gite in mon-

tagna, mia mamma e noi fratelli, tuttiassieme, davamo il nostro contributo.Era l’inno degli alpini, lo cantavamocon orgoglio e questo bastava.La curiosità di saperne di più è nata inseguito, ma le notizie sono sempre statepoche e contraddittorie finché lo scorsoanno un alpino di Vercelli chiede unincontro, dice di avere notizie sulTrentatré e per una di quelle coincidenzeinspiegabili, vengo incaricato di ascol-tarlo. Durante le ricerche storiche con-dotte per scrivere una pubblicazionesulla banda di Trino Vercellese, FrancoCrosio e Bruno Ferrarotti si imbattononella figura del maestro e compositoreEugenio Palazzi. Un tipo molto schivo e riservato tant’èche le notizie sul suo conto sono davve-ro poche. L’unica fonte nota, infatti, èun articolo apparso su La Provincia diVercelli nell’aprile del 1940 in occasionedella sua morte. È in questo articolo cheviene citato, fra le sue opere, il cantomilitare Valore Alpino divenuto musicad’ordinanza delle Truppe alpine.L’articolo riprende le notizie scritte sul

Dizionario Universale dei Musicisti diCarlo Schmidl e pubblicato dalla CasaEditrice Sonzogno nel 1928/’29 (primaedizione) e nel 1936/’37 (seconda edi-zione). Qui c’è qualcosa in più: “Scritto per ilbattaglione Susa e cantato da tutti glialpini durante la guerra”. Da questeparole si comprende che il nostro innoera ben noto già durante la guerra.Eppure mancava ancora la prova certa einconfutabile che si trattasse propriodell’inno così come lo conosciamo noi.Consultando gli archivi locali, Crosio eFerrarotti riescono a risalire ad unanipote ancora vivente del maestro,Giovanna Zatti, la quale fornisce loro

altri documenti. «All’Illustrissimo Sig.Ten. Colonnello Bassino Cav. RobertoComandante il Battaglione “Susa”,VALORE ALPINO canto militare, paroledell’Avv. Camillo Fabiano, trascrizionemusicale di Eugenio Palazzi già capo musi-ca nel R. Esercito e Tenente nella Riserva».La musica e per larga parte il testo corri-spondono a quelli a noi ben noti. Non cisono date, ma la dedica può farci direche questo spartito è antecedente allaprima guerra mondiale. Infatti il ten. col.Bassino cav. Roberto ricevette la nominail 1° febbraio 1912 e lo stesso EugenioPalazzi è citato come “tenente nellaRiserva”, mentre sappiamo che parteci-pò alla guerra col grado di capitano.

di Mariano Spreafico

A UN SECOLO DI DISTANZA SCOPERTI GLI AUTORI DEL NOSTRO INNO

I papà del “Trentatré”La copertina dello spartito stampato dalle Premiate Officine Grafiche Musicali Fratelli Amprino, di Torino.A destra: le parole di Valore Alpino, dell’avv. Fabiano di Susa.

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Ci sono poi altri documenti interessantifra cui un listino degli spartiti delPalazzi. Qui, fra le varie composizionibuona parte delle quali in francese, c’èanche Valore Alpino, canto militare, tra-scrizione di Fiers Alpins. Non viene cita-to l’autore del pezzo e questo potrebbeindurci a pensare che fosse un cantopopolare o addirittura una sua preceden-te composizione, come altre, scritta peril mercato francese.Per diverso tempo, il noto spartito FiersAlpins scritto da Alfred d’Estel e musica-to da D. Trave è stato da molti indicatocome il precursore del nostro inno. Lospartito in oggetto però si presenta comela partitura di una canzone con accom-

pagnamento per pianoforte. Inoltre ladatazione non è certa: tutte le copie cheho esaminato hanno, sopra il prezzo ori-ginale, una stampigliatura con aggiorna-mento il che presuppone siano stateposte in vendita dopo la guerra. Dallospartito risulta che il pezzo fu scritto perHenry Helme il celebre “tenore dellealpi francesi”, a cui i critici dell’epocaattribuivano una buona voce, ma scarsapresenza scenica. La sua carriera si svi-luppò dai primi anni del novecento finoagli anni venti, ma al Bataclan, il localeindicato sullo spartito, arriva senz’altrodopo il 1910 il che ci spinge a credereche questo spartito sia contemporaneo aquello del Palazzi. L’immagine sullo

spartito richiama gli Chasseurs Alpins,penso per iniziativa dell’editore, ma neltesto non si parla di loro - ma generica-mente di alpini - ed il pezzo mal si adat-ta alle tradizioni degli Chasseurs che,come è noto, marciano al ritmo di 130battiti al minuto ed infatti non hannoquesto inno o canzone nel loro reperto-rio. Anche se permangono delle incer-tezze sull’ispirazione, possiamo affermareche il nostro inno, così come lo cono-sciamo, è frutto del maestro EugenioPalazzi e dell’avvocato Camillo Fabianoai quali va reso il giusto merito.Adesso lo canteremo se possibile conpiù orgoglio… anche la seconda strofache, chissà perché, cantiamo in pochi.

I papà del “Trentatré”Eugenio Palazzi, secondo da sinistra, con alcuni ufficiali.

Gli artiglieri del gruppo Belluno, 3° da montagna, brigata Julia si sono dati appuntamento a Parre (Bergamo). Per la prossima rimpatriata, pro-grammata per sabato 27 settembre, contattare Gianni Cominelli al nr. 349-1049073.

Incontro a Bucarest dopo 50anni in occasione della celebra-zione del 4 Novembre al cimite-ro militare italiano. Sono il con-sigliere della sezione di MilanoGiancarlo Piva e il capogruppodi Isola della Scala (Verona) An-gelo Cozzi. Nel 1963 erano allacaserma Fantuzzi di Belluno ealla caserma Toigo, reparto Ri-fornimento Riparazioni e Recu-peri.

Nuovo appuntamento degli allievi della 3ª e 4ª cp., 40° corso ACS della SMALP. Per festeggiare i 40 annidal congedo si ritroveranno ad Aosta nei giorni 4 e 5 ottobre. Contattare Valerio Zago, tel. 045-7680939;e-mail: [email protected] oppure Dario Domenighini, tel. 0364-344504.

Foto di gruppo dei veterani della 40ª batteria del Susa davanti al Santuario di Crea. Al prossimo incontro, mi raccomando, tutti con il cappello! (n.d.r.)

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INCONTRI

Venticinquesimo anniversario della 20ª cp. Fucilieri “La Valanga”, btg.Cividale, 9°/’88. Sono Vignando, Pittolo, Banelli, Spizzo, Coren, Mari-nig, Galesso, Palamin, Zinutti, Calligaro, Vecile, Picco, Forgiarini, Pia-ni e Paoluzzi. Per il prossimo incontro contattare Gianluca Vignando,tel. 347-3173094; e-mail: [email protected]

Incontro a Salò per il 10° raduno della cp. Trasmissioni della Tridenti-na, caserma Schenoni di Bressanone. Contattare Enrico Monza, tel.348-2753245.

Artiglieri del gruppo Lanzo a trent’anni dalla naja, al raduno della Ca-dore. Sono Martinello, Lommi, Carli, Fochesato, Meliti, Grimaldi, Mi-chelin, Corà, Meneghetti, Bicocchi, Zambonin e Donada. Per il pros-simo incontro contattare Giancarlo Fochesato, tel. 328-5810800.

A Verona 40 anni dopo: sono gliartiglieri della 25ª batteria,gruppo Osoppo, caserma Ber-tolotti di Pontebba.

Ritrovo dopo 42 anni in Vallecamonica di alcuni alpini della 63ª cp.,scaglione 2°/’70 di stanza alla caserma Cantore di San Candido, conil loro tenente Venturi, oggi generale.

Gli allievi del 24° corso ACS si sono ritrovati a Pistoia. Per il prossimoraduno contattare Ezio Derqui al nr. 335-5695096; e-mail: [email protected] oppure [email protected] Artiglieri del 3° da montagna, gruppo Conegliano si sono dati appun-

tamento nella baita degli alpini di Vigasio (Verona), dopo 26 anni. Ne-gli anni 1986-87 erano alla caserma Piave.

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INCONTRI

Erano alla caserma Mario Musso di Saluzzo, 50 anni fa. Sono gli arti-glieri Manera, Quaglia, Piola, Laudadio e Scalabrino al raduno delgruppo Aosta, 1° da montagna.

Molteni e Rossi a 53 anni dallanaja a San Candido, nella 74ªcp., btg. Bassano. Si sono ritro-vati a Goito davanti alla tombadel commilitone Malerba.

Caserma Sausa di Foligno, nel 1965, 8° corso ACS, 10ª batteria, 2ª se-zione capi pezzo. Sono: Ponta, Nani, Giovanola, Battistella, Vercellotti, Fo-golin, Milano, Lago, De Martin, Franzoso, Self e Piana. Contattare Ales-sandro Paris, al nr. 347-0575185.

Erano al CAR a L’Aquila, scaglione 1°/’65. Contattare Eleano Carpi al nr.333-8612835.

CAR della Julia a L’Aquila, 2°/’67, 4ª cp., 13ª squadra con il caporaleistruttore Bruno Mazza di Rezzonico. Scrivere a Sgualdino, e-mail:[email protected]

Santo Stefano di Cadore nell’agosto del 1958, 2°/’35 prima del congedocon il tenente Giorgio Bolcati. Contattare Antonio Martini, al nr. 339-3202514.

CAR a Merano, caserma Rossi a Maia Bassa, 5° Alpini, btg. Edolo,2°/’74, 51ª cp. Contattare Francesco Giupponi, tel. 329-6512274; e-mail: [email protected]

Gli alpini della fanfara della Taurinense, anni 1960-61 si danno appunta-mento il prossimo 12 ottobre all’hotel Europa di Viverone. Per informa-zioni telefonare a Luciano Tarello, 334-1557974; oppure Gianni Vioglio,015-7388189.

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CHI SI RICONOSCE? INCONTRIAMOCI! - ALPINO CHIAMA ALPINO

FANFARA TAURINENSE

AL BATTAGLIONE EDOLO

NEL CADORE, CON IL 2°/’35 ALLA QUARTA COMPAGNIA

L’AQUILA, 1°/’65

CORSO ACS, 10ª BATTERIA

Quinto Ceresa, classe 1944, caporale cannoniere della cp. Comando eServizi, 35a cp. del battaglione Susa, cerca i commilitoni che erano aBra, Pinerolo e Dronero nel 1965. Contattarlo al nr. 339-3059427;e-mail: [email protected]

BRA, PINEROLO E DRONERO NEL 1965

Alpini del genio Pionieri della caserma di Pinerolo, anni 1985-86, dovesiete? Contattare Renzo Conti, al nr. 339-2537053.

GENIO PIONIERI

Chi era alla caserma Mignone di Bolzano, negli anni 1963-64? Contat-tare Mario Turani, tel. 338-6076023; e-mail: [email protected] per ri-trovarci nel mese di ottobre.

CASERMA MIGNONE, 50 ANNI FA

Passo del Turlo con la 42ª cp., btg. Aosta nel 1959, con il tenente Asei.Telefonare a Giovanni Preatoni, al nr. 333-4619704.

Bruno Bosca (tel. 333-3475638) cerca i commilitoni che erano a Udine,negli anni 1966-67. Con lui nella foto ci sono Brollo, Giovanelli, Sebastia-no, Cortello e Macario. Inoltre cerca anche Lupi e Andretti. Contattatelo.

Artiglieri del 3°, gruppo Conegliano, 1°/’70, caserma Goi di Gemona.Contattare Fontana al nr. 340-9887355; e-mail: [email protected]

Flavio Cagno del btg. Susa cerca gli alpini che nei mesi di settembre e ot-tobre 1966 erano sul ghiacciaio del Similaun. Contattarlo al nr. 339-6715266.

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CHI SI RICONOSCE? INCONTRIAMOCI! - ALPINO CHIAMA ALPINO

CHI C’ERA SUL SIMILAUN? GR. CONEGLIANO, CASERMA GOI

UDINE, ANNI 1966-67BTG. AOSTA, NEL 1959

Luigi Pasquali (tel. 339-2488121)cerca gli artiglieri del 3° della Julia,scaglione 1°/’35.

TERZO DA MONTAGNA, 1°/’35

Quartier generale della Tridentinaalla caserma Schenoni di Bressa-none. Era il 1965, ora Giorgio Gi-romella (tel. 328-6875351) cercaMario Magnani di Borgo a Mozza-no (Lucca).

ALLA TRIDENTINA, NEL 1965

Giuseppe Marchetti, tel. 334-2412712 cerca Giuseppe Coro-net, classe 1948 o 1949, origina-rio di Millesimo (Savona). Nel1968 erano a Udine, caserma DiPrampero: Coronet era dell’8° Alpi-ni e faceva l’imbianchino, Marchet-ti era del 3° e faceva il muratore.

GIUSEPPE CORONET, DOVE SEI?

A quarant’anni dal congedo, adu-nata degli artiglieri della 23ª batte-ria del 3° da montagna, che nel1972-73 erano alla caserma Italiaa Caporaso, Tarvisio (Udine). Tele-fonare a Francesco Meneghello,335-1612928.

ARTIGLIERI DEL 3°, 23ª BATTERIA

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SEZIONI ITALIA

La chiesetta “Madonna degli Angeli” sorge sulla collina che sovra-sta Brusnengo, paese raggiungibile solo a piedi o con veicoli fuo-

ristrada. È molto cara agli abitanti del luogo perché durante le dueguerre mondiali molte mamme e spose qui pregavano per i loro cari.Ancora oggi, nel giorno di Pasquetta, è meta di un pellegrinaggio chesi conclude con la Messa e con la festa organizzata dagli alpini delGruppo locale. Purtroppo la chiesetta portava i segni del tempo e unablanda opera di manutenzione realizzata nei primi anni Novanta da-gli alpini di Brusnengo-Curino non ne aveva arrestato il decadimen-to: l’intonaco era scrostato, gli infissi arrugginiti e il tetto malridotto.

BIELLA La chiesetta di Brusnengo

E così gli alpini hanno deciso di rimboccarsi le maniche e portare anuovo splendore l’edificio. Sono state fatte tutte le opere di cui la struttura necessitava, compre-sa la posa delle pietre nella parte inferiore della facciata, la pulitura ela tinteggiatura degli infissi, la sistemazione e l’intonacatura del cam-panile, la pulizia e la sistemazione delle grondaie. I lavori eseguiti neifine settimana dalle penne nere e da molti volontari non alpini han-no raggiunto le 600 ore. E la chiesetta restaurata è stata dedicata allamemoria degli alpini “andati avanti”.

Dario Romersa

TREVISO Incontro a sorpresa

Il gruppo di Zero Branco ha organizzato unsorprendente, quanto inaspettato, incontrotra due commilitoni che non si vedevano dallontano 1976. Una sorpresa per il socio Ame-deo Sottana, classe ’54, che ha fatto la naja aGemona proprio nel 1976. Si tratta di uno deisopravvissuti del terremoto del Friuli, rimastosotto le macerie della caserma “Goi-Pantana-li”. Uno dei suoi salvatori, il ten. Angelo DelBianco, lo ha cercato e, dopo tanti anni, è riu-scito a raggiungere il suo capogruppo AdrianoBarbazza e a chiedere informazioni su Amedeo.Amedeo è senza la gamba destra dal ginocchioin giù, ha segni delle ferite riportate su tutto il

corpo, ma, in un certo senso, è stato fortunato poiché altri due alpiniin quella circostanza sono morti sotto le macerie. Alla cerimonia diringraziamento nella sede del Gruppo c’erano gli alpini di Zero e ungruppetto di alpini di San Martino al Tagliamento, al quale è iscrittoDel Bianco. Più tardi sono arrivati i friulani capeggiati dal consiglie-re sezionale Tarcisio Barbui, con l’assessore Francesco Del Bianco,cugino di Angelo, assieme al capogruppo Claudio Volpatti. Da partetrevigiana c’erano il sindaco alpino di Zero Branco Mirco Feston, ilpresidente sezionale Raffaele Panno, i consiglieri sezionali Marco Si-meon, Silvio Nino Forner e Italo Scapinello, assieme al segretario se-zionale Roberto De Rossi. Gli alpini di Zero hanno portato anche unmulo, per rendere ancor più tradizionale la giornata di festa. I detta-gli narrati da Amedeo e da Angelo sono terribili, ma la schiettezza del

racconto dei due alpini, legati per sempre daquesto rapporto speciale che unisce solo chiha condiviso un’esperienza così forte, così du-ra, fa capire che la vita può assumere dellepieghe inaspettate e che a volte una bellaamicizia può nascere anche da fatti tragici.Nel breve intervento il presidente sezionalePanno ha sottolineato che proprio dopo il ter-remoto del 1976 ha avuto inizio una dellemaggiori e più significative conquiste degli al-pini nella loro storia civile recente: la creazio-ne della moderna Protezione Civile su basenazionale. Al termine dei saluti ci sono statigli scambi dei doni: guidoncini, libri, gagliar-detti, per rinsaldare l’amicizia alpina in ungiorno così speciale. p.b.

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SEZIONI ITALIA

Nel 1991, in occasione dell’Adunata nazionale di Vicenza, venneorganizzata a Bassano del Grappa la 1ª rassegna di cori alpini e il

teatro Astra fu letteralmente preso d’assalto.Da allora la rassegna viene riproposta ogni anno ed è curata dal corosezionale “Edelweiss ANA Monte Grappa”, diretto da MassimoSquizzato, a nome della sezione di Bassano e dell’amministrazione co-munale. I cori che partecipano non sono mai gli stessi, in tal modo il pubbli-co ha la possibilità di ascoltare generi musicali diversi, fedeli alle tra-dizioni alpine. Ma l’elemento più importante rimane lo spirito dellarassegna, da sempre rivolto alla solidarietà.Dopo i contributi ai progetti umanitari della Sede Nazionale e diquella sezionale, quest’anno l’obiettivo è stato quello di raccoglierefondi per aiutare alcune famiglie in difficoltà. Per realizzarlo il coroha aderito al progetto dell’emittente televisiva Rete Veneta, che daanni aiuta famiglie, piccoli imprenditori e cittadini che hanno persoil lavoro. Non si tratta di risolvere i problemi di una vita, ma di do-nare un po’ di sollievo a genitori e bambini che a volte non riesconoa mettere insieme il pranzo con la cena. E anche l’edizione di que-st’anno ha avuto grande successo risolvendo, seppur momentanea-mente, i problemi economici di due famiglie che hanno presenziato

BASSANO DEL GRAPPA Note di solidarietà

alla serata. Al termine del concerto, il presidente del coro GianniGottardi ha consegnato alla responsabile dell’iniziativa Mirella Tuz-zato la somma raccolta di 2.500 euro, davanti al pubblico in sala e aitelespettatori che hanno assistito alla diretta trasmessa da Rete Ve-neta. Note di cante alpine e di solidarietà. Gesti di speranza.

Flavio Gollin

Marco Zanotti è un alpino dell’11° reggimento, btg. Trento.Quando suo papà Luigi lo avviò agli sport invernali a sette anni

non immaginava certo che un giorno avrebbe partecipato alle gare disci mondiali. Fin da ragazzo Marco aveva dimostrato le sue eccellen-ti qualità di slalomista, poi però il lavoro in un’impresa edile non glilasciò più tempo per allenarsi. Nel 2001 dopo un grave infortunio alpiede, inizia a frequentare corsi per disabili sotto la guida dell’istrut-tore nazionale Martino Belingheri.Arriva la partecipazione ai campionati italiani FISIP 2013 di Ovin-doli e Campo Felice (Abruzzo) che gli frutta la vittoria in super G eil secondo posto in gigante. A conferma dei buoni risultati viene con-vocato nella squadra nazionale che partecipa alle Paralimpiadi di So-

BERGAMO Zanotti, alpino paralimpico

chi, in Russia. L’emozione e il tempo bizzarro lo frenano un po’, ma irisultati sono comunque degni di nota: nello slalom si è classificato27° e primo degli italiani e nel gigante, 17° e secondo tra gli italiani.Al rientro a Parre c’è una folla festante ad accogliere Marco: gli alpi-ni del suo gruppo capeggiati da Gianni Cominelli lo portano in trion-fo! Ma gli abbracci più calorosi sono quelli di sua moglie, delle suedue bambine e della mamma. Quando gli domandiamo di questa incredibile esperienza ci dice:“Tutti gli atleti delle Paralimpiadi meriterebbero una medaglia per-ché dimostrano al mondo intero cosa sono in grado di fare, nono-stante la loro disabilità”.

Luigi Furia

La squadra italiana alle Paralimpiadi di Sochi. Zanotti è il terzo, da sinistra, in prima fila.

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SEZIONI ITALIA

INTRA L’esempio dei nostri veciha ricordato che la scritta Noi siamo gli alpini morti perl’Italia che campeggia quassù è un monito per coloroche hanno dei valori nel cuore: “Noi siamo eredi diquegli alpini che nel 1921 vollero erigere la ColonnaMozza sull’Ortigara, apponendovi la sola scritta Pernon dimenticare. Dobbiamo continuare a tradurrequesto sentimento con il fare, silenzioso e quotidia-no. Grazie a questi valori possiamo trasmettere aigiovani il senso del dovere e dell’amor di Patria. Eaggiungo che in questo senso stiamo lavorando pro-prio con il Governo. A questi Caduti, a questi redu-ci, diciamo di continuare ad essere d’esempio, perchévogliamo proseguire il nostro cammino sulla stradache hanno tracciato”. Le note del Signore delle Ci-me facevano da sottofondo ai versi della Preghieradell’Alpino recitata da Giuseppe Bianchi. Note e pa-

role sono state portate dal vento nei nostri paesi e nel cielo delle no-stre valli per diventare le nuove armi dei Caduti dell’Intra, le armicon le quali quegli eroi continuano a proteggerci. Paolo Broggi

Nel 2013 due alpini motociclisti,Aldo Bergoglio, capogruppo di

Brozolo-Robella (sez. di Torino) eMassimo Rubeo della sezione diBiella, nel 70° dalla Campagna diRussia, decidono di viaggiare, a ca-vallo delle loro due ruote, ripercor-rendo le tappe dell’epopea alpina:Rossosch, Nikolajewka, Nowo Ka-litwa. Durante il viaggio incontranoil prof. Morozov che consegna loroun piastrino appartenuto ad un alpi-no. Al ritorno in Italia inizia la ri-cerca dei parenti e si scopre ben pre-sto che il proprietario del piastrino è ancora vivo! È l’alpino Giovan-ni Polli, classe 1920. Durante la Campagna di Russia era con il 9° Al-pini, btg. Val Cismon. Polli vive ad Arcore in Brianza ed è iscritto al

MONZA Il piastrino ritrovatolocale Gruppo della sezione di Mon-za. Grazie all’interessamento del-l’Associazione Alpini Motociclistipresieduta da Francesco Tajana e delGruppo arcorese guidato da ValerioViganò, è stato possibile organizzareuna bella cerimonia ad Arcore, pres-so le scuderie di Villa Borromeod’Adda. Erano presenti il consiglierenazionale Cesare Lavizzari, il vessil-lo della sezione di Milano e quello diMonza, scortato dal presidente se-zionale Penati e da alcuni consiglie-ri. L’alpino Giovanni Polli, attornia-

to dai soci del Gruppo e da tutti i parenti, ha ricevuto il suo piastrino.Dopo settant’anni torna al legittimo proprietario un piccolo pezzo dimetallo, carico di tanti ricordi. Dario Bignami

Salire al Memoriale di Pala per il raduno intersezionale è l’occa-sione per abbracciare i reduci del battaglione Intra e per onorare

insieme a loro quei fratelli che hanno dato la vita per la Patria. Bello vedere lassù, accanto al vessillo della sezione Intra, quelli diConegliano, Cusio Omegna, Domodossola, Luino, Valsesiana, Vare-se e Vercelli, più di cinquanta gagliardetti, i gonfaloni delle associa-zioni d’arma, tante autorità, i sindaci e tanti amici.Salire al Memoriale di Pala vuol dire anche scegliere di riflettere, diriaprire la ferita che ogni guerra lascia dietro di sé, di riaffermare i va-lori nei quali crediamo. Un primo spunto di riflessione lo ha fornitodon Eraldo: “La gratitudine deve essere il nostro impegno. Erano inguerra, quei ragazzi, ma nessuno più di un soldato ama la pace ed ènostro compito onorare questi nostri fratelli che sono vivi in eterno”.Anche l’allora vice presidente vicario dell’ANA Adriano Crugnola

Il monumento a MonegliaSul numero di giugno abbiamo scritto del nuovo monumento agli alpini di Moneglia, fortemente voluto dal capogruppo Carmelo Staderoli e dai suoi alpi-ni ed inaugurato con una bella cerimonia, presenti tante autorità fra le quali il consigliere nazionale Curasì, il presidente della sezione Firpo, il coman-dante dell’Esercito in Liguria gen. Patrone, il grande reduce gen. Modesto Marchio. Per un disguido tipografico il nome ‘Moneglia’ è saltato, per cui re-stava ignota la località. Rimediamo ora all’involontario errore, scusandoci e dando conto del lavoro degli alpini di Moneglia e della loro passione alpina.

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SEZIONI ITALIA

“ICaduti non muoiono sui campi di battaglia, ma quando sono di-menticati. È allora che il popolo dei vivi non è più degno del

grande popolo dei Caduti”. Questa è la frase incisa sulla lapide dedi-cata ai Caduti di tutte le guerre, che gli alpini del gruppo di Calusohanno posto alla base della colonna al centro del Parco della Ri-membranza, recentemente inaugurato. A tagliare il nastro del “luogodella memoria”, dimenticato da tempo e lasciato in uno stato di de-solante abbandono, è stato monsignor Edoardo Cerrato, vescovo del-la diocesi di Ivrea, che ha celebrato la Messa al campo. Gli alpini del

IVREA L’importanza del ricordo

gruppo di Caluso, guidati da Paolo Boggio, si sono fatti carico dellespese dell’intera opera di ristrutturazione del monumento, curandonecon scrupolo tutti gli aspetti (progettuale, esecutivo e finanziario).Erano presenti alla cerimonia, oltre alle autorità civili, numerosiGruppi del canavese con il presidente della sezione di Ivrea MarcoBarmasse, che ha sottolineato il valore dell’iniziativa e ha ringraziatogli alpini calusiesi per la caparbietà e la costanza dimostrate nella rea-lizzazione dell’opera, a testimonianza dell’impegno dell’ANA nellasalvaguardia della memoria dei Caduti per la Patria. (f.a.)

Si sono svolte a Lanzo Torinese le celebrazioni per il 94° di fonda-zione della sezione ANA di Torino - chiamata “La Veja” perché è

la prima nata - e il 90° di fondazione del locale Gruppo alpini.La giornata uggiosa non ha scoraggiato i numerosi partecipanti, chehanno invaso il capoluogo delle Valli di Lanzo. Le cerimonie hannopreso avvio con gli onori al pluridecorato vessillo della sezione di To-rino, scortato dal presidente Gianfranco Revello e dal consiglio se-zionale. L’alzabandiera e la deposizione della corona al monumentodei Caduti di tutte le guerre hanno preceduto la sfilata per le vie delcentro cittadino, aperta dalla fanfara sezionale “Montenero”.Nella sala polivalente comunale di piazza Rolle il capogruppo di Lan-zo, Giuseppe Perucca, ha fatto gli onori di casa. Il sindaco di Lanzo,Ernestina Assalto, ha parlato dei valori che gli alpini sanno trasmet-tere: “Sono un punto di riferimento irrinunciabile per la nostra so-cietà. Nella nostra comunità, non hanno mai fatto mancare il lorofondamentale supporto. Personalmente, ho cercato di far miei gli in-segnamenti di un alpino per me speciale, mio papà. Spero di esserciriuscita e vi ringrazio di cuore per quello che siete e per quello cherappresentate”.Il presidente Revello ha ricordato quanto sia giovane e viva la sezio-ne di Torino, nonostante i suoi 94 anni. Una Sezione che continua a

TORINO Buon compleanno “Veja”!

protendersi verso il futuro con progetti e opere concrete rivolte alprossimo, come le borse di studio “Presidenti Fanci e Scagno” chenell’occasione sono state consegnate agli studenti. Sono stati conse-gnati anche il premio sezionale “Fedeltà alla Montagna” all’alpinoDelfino Dordino del gruppo di Viù e il premio “Alpino dell’anno” al-l’alpino Idilio Marchese, del gruppo di San Mauro.La Messa e il passaggio della stecca tra il sindaco di Lanzo e il sinda-co di Vinovo, Comune che il prossimo anno ospiterà il 95° di fonda-zione della Sezione, hanno concluso la cerimonia. Luca Marchiori

Un momento della sfilata e della Messa.

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DOCUMENTO D’INTESA ANA-ONORCADUTI PER LA TUTELA DEI SACRARI

“Mi impegno a rispettare e a farrispettare le regole che ordi-nano questo luogo, consa-

pevole che il terreno dove poggiano imiei piedi è sacro alla Patria e vi riposa-no coloro che hanno dato la vita per ga-rantire a noi la libertà, un luogo intrisodei più alti valori morali che sono propridell’Associazione Nazionale Alpini e

che saranno per me da guida nel serviziodi questi giorni e nella vita”.Un vero e proprio giuramento il “Codicedi Impegno Morale” che ogni volontariosottoscrive prima di entrare in servizio disorveglianza al Sacrario di Cima Grappae che sarà trasmesso ad ogni visitatoreche vi giungerà per un omaggio e unapreghiera.

Il 9 luglio scorso, a Crespano del Grap-pa, il presidente nazionale SebastianoFavero e il ten. col. Riccardo La Bella,per conto del Commissariato GeneraleOnoranze Caduti (nella foto), hanno fir-mato il “Documento Operativo d’Inte-sa” allegato all’ “Accordo Quadro”, da-tato 22 luglio 2013, relativo alla sorve-glianza e alla manutenzione del Sacrariodel Grappa, che sarà esteso a tutti gli al-tri sepolcreti d’Italia.Un evento importante che, proprio al-l’apertura delle celebrazioni del cente-nario della Grande Guerra, rende uffi-ciale e chiara la collaborazione tra l’Isti-tuzione militare e l’ANA che, della me-moria, fa uno dei suoi capisaldi. I volon-tari alpini e amici degli alpini si alterne-ranno nei fine settimana e, in caso di ne-cessità, cureranno la manutenzione ordi-naria del luogo.Alla firma, oltre ai consiglieri nazionaliCailotto e Munari, erano presenti i pre-sidenti delle quattro Sezioni con giuri-sdizione nel massiccio: Rugolo per Bas-sano, Balestra per Feltre, Panno per Tre-viso e Baron per Valdobbiadene, accom-pagnati dai rispettivi referenti Mellini,Mariech, Parisotto e Miotto. Il direttoredel sito di Cima Grappa, La Bella, inve-ce era accompagnato dal primo mare-sciallo Smeragliuolo.Il presidente Favero è rimasto soddisfat-to della positiva conclusione dell’inizia-tiva, considerata la difficoltà a concor-dare le esigenze, soprattutto burocrati-che, delle istituzioni con il più immedia-to spirito di volontariato degli alpini.“Con questo accordo siglato nel cente-nario della Grande Guerra – ha dettoFavero – si è trovato il punto d’incontroperché il Sacrario possa mantenere lapropria efficienza e soddisfi le aspettati-ve di chi verrà a visitarlo, italiano o stra-niero, perché dobbiamo ricordare chequi non riposano solo i nostri connazio-nali, ma anche coloro che combatteronodall’altra parte”. Soddisfatto anche il co-lonnello La Bella che si è detto ricono-scente agli alpini per tutto ciò che finorahanno fatto e fiducioso che il progettovenga presto esteso a tutti gli altri luoghidove riposano i nostri Caduti.

Flavio Gollin

Firmato l’impegno morale

© F

lavio

Go

llin

Vista aerea del Sacrario del Grappa.

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CALENDARIO OTTOBRE 20144/5 ottobreCONEGLIANO – 6° raduno del Gruppo ConeglianoNOVARA – Cerimonie per il 92° della Sezione e il 142° delleTruppe alpineTREVISO – Raduno sezionale a Falzè di TrevignanoAUSTRALIA – A Wollongong raduno intersezionale degli alpinid’Australia

5 ottobrePELLEGRINAGGIO AL SACRARIO CADUTI D’OLTREMAREDI BARIACQUI TERME – Raduno sezionale a PontiLECCO – Traversata del triangolo lariano Como-ValmadreraPADOVA – Raduno sezionale a Monte della Madonna di TeoloPAVIA – Raduno sezionale a CasteggioVARESE - Gara di marcia e tiro, organizzata dal gruppo di VareseVERCELLI – Gara podistica “Don Secondo Pollo”

10 ottobreSALÒ – Messa per il 142° anniversario delle Truppe alpine

11 ottobreCARNICA – A Tolmezzo 6° trofeo “Romeo De Crignis”, gara di tiroDOMODOSSOLA – In Valle Antigorio Formazza, Messa per il142° delle Truppe alpineMONDOVÌ – Al Santuario di Vicoforte Messa per il 142° delleTruppe alpinePALMANOVA – Raduno sezionale e 142° anniversario TruppealpineTORINO – Cerimonie per il 142° delle Truppe alpine

11/12 ottobreGORIZIA – A Tarcento gara di tiro con fucile Garand “cap. ZaniM.O.V.M.”MAROSTICA – Raduno sezionale a Pianezze San LorenzoSALUZZO – 20° raduno artiglieri da montagna gruppo Aosta

12 ottobreFESTA DELLA MADONNA DEL DON A MESTRE (SEZIONE DI VENEZIA)ALESSANDRIA – A Tortona 142° anniversario Truppe alpineASTI – A Bruno d’Asti processione alla cappella della Misericor-dia Protettrice della P.C.GENOVA – A Sampierdarena 142° anniversario costituzioneTruppe alpine e festa Madonna del DonIVREA – A Parella 62° convegno della Fraternità Alpina

REGGIO EMILIA – All’oratorio alpino di Beleo Messa in ricordodi tutti gli alpini andati avantiDOMODOSSOLA – 42ª edizione della “Marcia degli Scarponcini”CONEGLIANO – Inaugurazione sede del gruppo di Ogliano

14 ottobreTRIESTE – Messa per i Caduti alpini e 142° anniversario Trup-pe alpine

15 ottobrePORDENONE – Al Santuario Beata Vergine delle Grazie 142°anniversario Truppe alpine

17 ottobreBOLZANO – Cerimonie per il 142° anniversario Truppe alpine

18 ottobrePINEROLO – A San Maurizio Messa e concerto dei cori

18/19 ottobreA MONZA RADUNO DEL 2° RAGGRUPPAMENTO

19 ottobreACQUI TERME – A Ponzone premiazione Premio letterario “Al-pini Sempre”CUNEO – Cerimonia di chiusura del Santuario di San Mauriziodi CervascaVALDOBBIADENE – A San Vito 17° trofeo “Biscaro Enea”, mar-cia di regolarità a coppieVALSESIANA – Premio sezionale fedeltà alla montagnaVERCELLI – Messa in ricordo del 142° anniversario Truppe al-pine

25/26 ottobreA COSTALOVARA INCONTRO REFERENTI CENTROSTUDI ANA

26 ottobreASTI – Messa per i Caduti e 142° anniversario delle TruppealpineBELLUNO – Cerimonie al Sacrario di Pian dei SaleseiCASALE MONFERRATO – Messa per le Penne Mozze e 10°anniversario SacrarioSALÒ – A Campei chiusura rifugio GranataVICENZA – A Montecchio Maggiore raduno reduci del btg.Vicenza e Val Leogra

L’Adunata di Pordenone in DVDIDVD con le immagini dell’Adunata di Pordenone sono disponibiliin un cofanetto doppio: il primo disco contiene le riprese degli even-ti più significativi dell’Adunata (l’alzabandiera, la Cittadella milita-

re, l’arrivo della bandiera di guerra, l’inizio della sfilata con le SezioniEstere, la sezione di Pordenone e la fine della sfilata); nel secondo, ascelta, ci sarà la parte della sfilata, suddivisa per Sezioni. Potete sceglie-re tra questi contenuti:Cod. PN141 - DVD 1 - Sez. della Liguria e della Valle D’AostaCod. PN142 - DVD 2 - Sez. del PiemonteCod. PN143 - DVD 3 - Sez. della LombardiaCod. PN144 - DVD 4 - Sez. dell’Emilia RomagnaCod. PN145 - DVD 5 - Sez. del VenetoCod. PN146 - DVD 6 - Sez. del Trentino A.A, e del Friuli V.G.Cod. PN147 - DVD 7 - Sezioni del 4° Raggruppamento (Centro-Sud-Isole e Toscana)

I DVD possono essere ordinati dai soci ANA:• direttamente alla FTF Servizi S.r.l., con versamento sul Cre-dito Cooperativo di Binasco Filiale 015 Buccinasco - IBAN:IT29 Y083 8632 6500 0000 0450 536 - BIC: ICRAITRRAQ0

• presso la Sezione ANAdi appartenenza

• su ana.it

Il DVD doppio è in vendita a soli14,00 euro più le spese di spedi-zione (per ordini fino a 2 DVD conla stessa destinazione in Italia 7,00 eu-ro; per ordini da 3 a 50 DVD con la stessadestinazione in Italia 12,00 euro; per spedizioni all'estero occorre con-tattare prima della richiesta d'acquisto la FTF Servizi S.r.l.). I DVD sa-ranno spediti entro tre settimane dal ricevimento del pagamento.Sino ad esaurimento scorte sono disponibili anche i DVD delle Adu-nate di Piacenza 2013, Bolzano 2012, Torino 2011, Bergamo 2010 eLatina 2009.

Per maggiori informazioni, www.ana.it o contatta:FTF Servizi S.r.l. - Comunicazione Digitale, via della Resistenza 6- 20090 Buccinasco (MI), tel. 800-038450, fax 02-700523525,[email protected]

Il Giacomini chiede volontariMolte e di straordinaria suggestione sono

le leggende che la tradizione attribuisce ai Monti Sibillini che diffondono su di essi

un alone di fascino e di mistero. È sufficiente evocare i nomi e i luoghi per dare liberocorso alla fantasia su questo gruppo montuosodell’Appennino umbro-marchigiano: il Monte Sibilla sulquale si cerca ancora l’antro del mitico personaggio,oppure il Lago di Pilato, piccolo specchio d’acqua diorigine glaciale, nel quale ha trovato il suo habitat il“Chirocefalo del Marchesoni”, un piccolo crostaceod’acqua dolce con la caratteristica, unica nel genere, di nuotare con il ventre rivolto verso l’alto.In questo suggestivo scenario, ai piedi del MonteVettore, sul valico di Forca di Presta (1.600 metri), gli alpini marchigiani negli anni Sessanta decisero direalizzare il rifugio ANA “M.O.V.M. Giovanni Giacomini”. È l’unica struttura dell'ANA nell’Italia peninsulare, pressocui si svolge annualmente, da oltre quarant’anni, ilraduno della sezione Marche e la tradizionale gara di corsa “Giro da Rifugio a Rifugio nel parco dei Monti

Sibillini” che, nella passata stagione, ha avuto il bel riconoscimento dell’assegnazione del campionatonazionale ANA di corsa a staffetta.Nel rifugio, importante elemento nei programmi siadell’Associazione, sia della sezione Marche, da alcunianni sono in corso lavori di ristrutturazione edampliamento che vedono all’opera volontari di diversigruppi sezionali, consentendo notevoli risparmi egarantendo un favorevole rapporto tra somme spese e risultati conseguiti. Nell’intento di proseguire sullostesso principio, su proposta del vice presidentenazionale vicario Renato Zorio, da settembre si apriràuna nuova sessione per proseguire i lavori al rifugio. I volontari possono dare la disponibilità contattando la propria Sezione; sarà poi la commissione Grandiopere dell’ANA a valutare le candidature.Dare il proprio contributo per il rifugio Giacomini saràun’esperienza unica e un’occasione da non perdere per la bellezza del luogo e per il clima particolare, reso unico dall’ospitalità marchigiana e alpina. Vi aspettiamo numerosi!

Gli escursionisti possono contattare il rifugio Giacomini ai numeri 0736-809278 oppure 347-0875331, [email protected] – www.ana.it/page/i-rifugi-ana-

© E

nzo A

gostini