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«Cerca il fiore più malandato e più piccolo del prato. Non ascoltare chi ti dice che è inutile.

Dedicagli il tuo tempo: vedrai che l’amore lo risveglierà e l’impegno lo farà crescere in alto.

Grazie al tuo esempio porterà i colori più vivi al cielo, e il profumo più dolce alla terra. Non

dimenticare mai queste parole: educare vuol dire coltivare con amore».

Nessuna scuola è stata più bella del tuo esempio, Livia Barberio Corsetti

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L’AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE

(Fabrizio Dal Passo)

CAPITOLO I

LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE AUTONOME

1. Organizzazione scolastica e istruzione

L’istruzione costituisce uno dei compiti primari dello Stato, pur non

essendo di sua esclusiva spettanza: infatti, la Costituzione riconosce che

tale fondamentale funzione può essere esercitata con pari efficacia, anche

dai privati (articolo 33 Costituzione della Repubblica Italiana).

L’interessamento dello Stato per la cultura è fenomeno moderno:

nell’antichità l’istruzione veniva, infatti, lasciata all’iniziativa dei privati e,

successivamente, degli enti ecclesiastici.

Con i principi illuministici si fece strada l’idea dell’istruzione di Stato, che

durante il periodo napoleonico si caratterizzò per il suo ordinamento

fortemente centralista, con la costituzione di un complesso organismo

burocratico ed accentrato.1

Il sistema dell’istruzione in uno Stato può essere duplice.2

Nel primo caso, lo Stato assume l’istruzione tra i pubblici servizi,

attraverso i propri organi. Tali istituti possono far parte dello Stato o essere

investiti di personalità giuridica e autarchia.

1 Per un’analisi storica cfr. FABRIZIO DAL PASSO, Storia della scuola italiana, “Semestrale distudi e ricerche di Geografia”, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Abilgraf, Roma2003, pp. 3-147.2 Cfr. il risalente ma fondamentale testo di ZANOBINI: Corso di diritto amministrativo- Giuffré1957 pag. 236-237. V. anche per l'ordinamento scolastico, in genere: LIVIA BARBERIO

CORSETTI - GIORGIO FRANCHI, Testo Unico della scuola, Pirola, 1995. Per una recentetrattazione v. anche MARINA GIGANTE, L'istruzione, in Trattato di diritto amministrativo a curadi SABINO CASSESE, Milano, 2000, p. 505; NICOLA DANIELE, La pubblica istruzione, Giuffré, 2001.

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Nel secondo caso, invece, l’attività dell’istruzione è lasciata alla libera

iniziativa dei soggetti privati e lo Stato assume funzioni di controllo e di

normazione della materia, in particolare con riguardo al valore dei titoli

rilasciati dagli istituti e all’abilitazione degli insegnanti.

Come è stato autorevolmente considerato3, anche questa forma di

intervento puramente estrinseca è mezzo sufficiente al conseguimento del

fine della funzione pubblica dell’insegnamento. Nel nostro ordinamento lo

Stato gestisce direttamente scuole e istituti di istruzione (articolo 33), pur

riconoscendo ai privati il naturale diritto ad istituire scuole.4

La gestione e l’organizzazione della scuola pubblica sono state

caratterizzate per molti anni da un forte accentramento burocratico-statale.

Emblematico è il passaggio delle scuole elementari dai Comuni (scuole che

secondo la legge Casati n. 3725/1859 dovevano avere), allo Stato in virtù

della legge 4 giugno 1911, n. 487 e del regio decreto legge n. 786/1933.

A partire dalla nota riforma introdotta con i decreti delegati del 31 maggio

1974 (in attuazione della legge delega 30 luglio 1973, n. 477) veniva

segnata una svolta nella concezione dell’organizzazione scolastica,

incentrata sull’idea della scuola autonoma e democratica.

L’innovazione riguardava la costituzione di nuovi organi collegiali e il

riordino di quelli già esistenti, nonché l’attribuzione di autonomia

amministrativa e contabile ai consigli di circolo, di istituto e ai consigli

scolastici distrettuali. Già da allora, dunque, l’idea di un’autonoma gestione

della scuola - rispetto all’apparato statale - veniva considerato dal

3 Idem pag. 2374 Con l'affermazione del principio di libertà della scuola, viene meno l'idea del monopoliopubblico dell'istruzione. Infatti la giurisprudenza della Corte Costituzionale, proprio conriferimento ai rapporti tra istruzione pubblica e privata, ha, in più occasioni, ribadito ledistinzioni e le differenze, sostenendo che “in base all'art. 33 lo Stato ha bensì l'obbligo diprovvedere alla pubblica istruzione dettando le relative norme e apprestando i mezzi necessari, ma non ha l'esclusività dell'insegnamento” (Corte Costituzionale, 29 dicembre 1972, n. 195, inGiurisprudenza Costituzionale, 1972, p. 2177), con la conseguenza che le libertà di istruzione egestione di istituti di istruzione costituisce un vero e proprio diritto soggettivo, garantito allepersone fisiche e giuridiche (Corte Costituzionale, 19 giugno 1958, n. 36, in GiurisprudenzaCostituzionale, 1958, p. 486; inoltre, Corte Costituzionale, 14 aprile 1988, n. 438, ivi, 1988, p. 1998).

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legislatore elemento fondante di un rilancio qualitativo del servizio

scolastico.

Del resto, il riconoscimento di una maggiore autonomia di organizzazione e

azione di un organo, o addirittura la sua personificazione, non è nuovo

nell’organizzazione amministrativa, ed è finalizzato ad un più efficace,

rapido e qualitativamente elevato livello di servizio.

Si ricordi ad es. il caso delle ex Aziende autonome erogatrici di servizi,

come le Ferrovie dello Stato, le Poste, i servizi telefonici ecc. (poi, come è

noto, tutte privatizzate).

L’assimilazione con tali organismi, se può essere corretto dal punto di vista

organizzativo, non lo è, invece, relativamente al profilo contenutistico: vale

a dire che il servizio scolastico non potrà mai essere assimilato ad un

servizio commerciale, né il rapporto tra discente e docente come un

rapporto contrattuale.5

Sebbene la terminologia utilizzata evochi concetti di contenuto contrattuale

(debito, credito formativo, offerta formativa, carta dei servizi ecc.), occorre

sottolineare che la stessa non può essere rapportata tecnicamente all’istituto

del contratto: infatti secondo la normativa codicistica, il contratto è il

rapporto giuridico bilaterale con il quale le parti intendono costituire

regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (articolo

1321 codice civile), i cui presupposti per la formazione sono la

patrimonialità della prestazione dedotta nel rapporto, nonché la parità della

posizione dei contraenti. Ove tali condizioni non ci siano o vengano meno,

il contratto è nullo o si risolve (nullità per mancanza di causa: articolo

1418; rescissione del contratto articolo 1447 codice civile). Pertanto,

appare ovvio che tale schema non possa essere utilizzato per il rapporto

5 Ci si riferisce al rapporto docente-alunno, e non all’aspetto all’organizzazione scolasticacomplessivamente considerata, che, relativamente agli istituti privati è considerata, ai finifiscali, come impresa commerciale (v. Cass. 9395 del 6 giugno 1995; risoluzione del Ministerodelle Finanze n. 66 del 23 maggio 2000). Sul rischio di una concezione mercantile e aziendalistica della scuola v. anche SergioAuriemma, Aspetti giuridici-operativi dell’autonomia scolastica, allegato n. 21 del 1/15 luglio2000 a «Notizie dalla Scuola», Tecnodid, p. XVIII.

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formativo tra docente e discente, trattandosi di un contenuto

eminentemente educativo diretto cioè alla formazione della persona.

In conclusione, il rapporto che intercorre tra docente e allievo non è un

rapporto giuridico.6

Trattando di autonomia scolastica, merita certo particolare interesse

l’insistenza con cui il legislatore (come avvenne anche con la legge delega

537/1993, poi lasciata cadere), ritenga necessario consolidare e accrescere

l’autonomia delle scuole.

Vero è che mentre anteriormente alla legge delega 59/97, si parlava di

autonomia in senso strettamente amministrativo (come autonomia di

gestione, di organizzazione, contabile ecc.), con tale legge si pone invece in

evidenza l’attribuzione dell’autonomia didattica, di organizzazione e di

ricerca delle scuole, unitamente all’acquisto della personalità giuridica.

Questa circostanza sembra rispondere alla necessità di rivalutare il ruolo

delle istituzioni scolastiche come centri di formazione, e di promuoverne,

proprio sotto il profilo didattico-organizzativo un’autentica

“emancipazione” dagli organi statali centrali e ciò in linea con la

Costituzione che promuove il maggiore decentramento e la maggiore

valorizzazione delle comunità locali rappresentative (articolo 5

Costituzione).7

Tale attribuzione di autonomia è evidentemente finalizzata a medio-lungo

termine, a ridare dinamicità agli operatori scolastici, valorizzandone la

creatività, e la potenziale concorrenzialità con altre scuole.

Si parla di medio-lungo termine: sembra, infatti, che in sede di prima

applicazione gli operatori scolastici si trovino per lo più disorientati dalle

nuove attribuzioni, in ragione dell’oggettiva incertezza della normativa

(che in materia scolastica è particolarmente complessa per l’ampiezza delle

6 Cfr. BARTOLOMEI FRANCO: Su alcuni profili giuridici della libertà di insegnamento- Rivistagiuridica della scuola 1987 pag. 4317 Per una interessante analisi etico-sociologica delle scuole dell’autonomia, LUISA RIBOLZI, Stato Sociale e sistema formativo: le prospettive della autonomia, in PIERPAOLO DONATI, LoStato sociale in Italia. Bilanci e prospettive, Mondadori, 1999.

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fonti secondarie), nonché delle nuove competenze e responsabilità

conseguenti a maggiori spazi di scelta per le scuole.

2. L’autonomia in generale

Nel linguaggio comune per autonomia si intende il potere di libera

determinazione della persona.

In quello giuridico la nozione non ha univocità di significati, trovandosi

una serie diversificata di opinioni.8

Il principio, infatti, non ha una definizione normativa, ed è suscettibile di

molteplicità di contenuti (amministrativa, normativa, contabile ecc.).

Al riguardo, stante la diversità di impostazioni si ritiene non opportuno

esaminare analiticamente le varie forme di autonomia, quanto invece

fornire un concetto di carattere generale, e, successivamente indicare il

contenuto di tale autonomia, in base alle disposizioni di legge.

Un punto sembra accomunare le diverse impostazioni: l’autonomia ha un

significato relazionale9, ed indica la possibilità per un organismo derivato

di gestirsi da sé rispetto all’ente derivante per il più efficace

raggiungimento dei suoi fini istituzionali; non è altro che una forma di

indipendenza relativa da altro organo sovraordinato che deve

necessariamente esistere (giuridicamente, infatti, si è autonomi rispetto a

qualche altro soggetto) ed assume configurazione più o meno ampia in base

al contenuto che ad essa danno le norme che tale autonomia conferiscono.10

Autonomia implica, quindi, un grado di possibilità di scelta per l’organo o

l’ente derivato, anche se tale ambito non è mai definibile a priori, ma è

regolato volta per volta dalla legge.

8 Stando ad un'opinione assai diffusa, il proprium dell'autonomia va ricercato in una specie di“indipendenza” (dei soggetti autonomi dallo Stato), la quale nel linguaggio giuridico va intesacome “autodeterminazione” ovvero “autoregolazione di attività e comportamenti” alla stregua di“prescrizioni poste dagli stessi soggetti i cui comportamenti risultano da esse condizionati”. Cfr. LAVAGNA, Istituzioni di dir. pubblico, Torino, 1979, p. 879. 9 Per tutti: M. S. GIANNINI, Autonomia pubblica, in “Enciclopedia del Diritto” Giuffrè, VolumeIV, pag. 356-366. 10 Cfr. G. D'AMORE e S. SCALA, Commento al Testo unico delle disposizioni vigenti in materia diistruzione, Roma, 1996, p. 52.

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Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11: la

possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede

l’autonomia (in tal caso, lo Stato), non comporta, per l’ente derivato la

libertà nell’agire e l’assenza di ogni vincolo, riconoscendosi la sovranità

solo allo Stato12, e l’unicità dello Stato italiano, nonostante la struttura

pluralista.

Parlando in modo figurato, si potrebbe dire che l’attribuzione della

autonomia e l’indicazione normativa dei limiti, è come il tracciato di un

cerchio, entro il quale il soggetto derivato (in tal caso, la scuola), può

assumere le proprie determinazioni.

Nell’ambito del cerchio segnato, l’ente derivato pone in essere le proprie

scelte, che spettano solo al medesimo.

In conclusione, l’autonomia nel diritto amministrativo può essere definita

come la capacità di un’istituzione di curare da sé i propri interessi e di

realizzare i propri fini, utilizzando i mezzi finanziari di cui ha la

disponibilità e avvalendosi di una propria struttura organizzativa, entro i

limiti posti dall’Ente, generalmente lo Stato, che essendo ad essa

sovraordinato, esercita nei suoi confronti un potere di indirizzo e di

vigilanza.13

I decreti delegati attribuivano alle scuole una limitata “autonomia

amministrativa” (articolo 25 decreto del Presidente della Repubblica

416/74, ora articolo 27 testo unico 297/94), mentre la legge delega 59/97,

non parla di attribuzione dell’autonomia amministrativa alle scuole, ma del

riconoscimento alle stesse della personalità giuridica e dell’autonomia

11 V. C. GATTI e S. ZAMBARDI nel chiaro testo: Autonomia amministrativa e gestionefinanziaria delle istituzioni scolastiche, Jovene, Napoli 1976, p. 6: “l’autonomia amministrativa, infatti, anche quando accompagna la personalità giuridica, non attribuisce poteri illimitati, ma, al contrario, comporta pur sempre un vincolo, più o meno rigido, nei confronti dell’Enteoriginario dal quale tale autonomia deriva, sì che può dirsi che le istituzioni che ne sono fornitesi trovano in posizione di indipendenza controllata”. 12 Anche per gli enti con maggiore autonomia, come quella di indirizzo, sono riconosciuti deilimiti e dei controlli: cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1982, pag. 169. 13 Così C. GATTI e S. ZAMBARDI, cit. pag. 5

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“funzionale” (articolo 1), poi specificata in autonomia didattica,

organizzativa di ricerca e sperimentazione.

Questo riconoscimento della personalità giuridica, con la conseguente

entificazione della istituzione, comporta di per sé il riconoscimento di

quella capacità di autodeterminazione che invece, in quanto organo dello

Stato, doveva essere esplicitamente riconosciuta dalla legge. Ciò spiega

perché si parli (v. decreto del Presidente della Repubblica 275/99) di

“competenze amministrative” e non già di autonomia amministrativa.14

Pertanto, con l’entificazione, si ha l’implicito e consequenziale

riconoscimento della autonomia amministrativa della istituzione. Anche in

tale caso, la legge regola il rapporto che lega l’istituzione allo Stato

(verifiche, controlli) e quindi l’effettivo ambito della sua possibilità di

autodeterminazione.15

Diversa è la natura della autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, che

attiene invece non al profilo amministrativo della scuola, quanto alla sua

finalità istituzionale dell’insegnamento16 ed assume particolare importanza

in virtù del contenuto essenziale della attività svolta dalla scuola ed

all’imprescindibile esercizio della libertà di insegnamento.

14 A proposito di autonomia organizzativa: M. S. GIANNINI rileva che quando i soggetti delrapporto sono persone giuridiche pubbliche “è evidente che ciascuna di esse, per essere soggettogiuridico, non può non avere proprie finanze, proprio patrimonio, propri poteri diautodeterminazione, direzione, gestione ecc.” (op. cit. pag. 364). In tali casi si parla diautonomia organizzativa solo come potere di determinazione generale, da parte dell’ente, delproprio indirizzo politico amministrativo. Peraltro, la variegata gamma di enti pubblici e del controllo statale, rende estremamente difficileuna schematizzazione generale degli enti secondo la natura e il contenuto dell’autonomia aglistessi riconosciuta. 15 Va notato che l'ente pubblico, pur con distinta personalità giuridica, di norma assolve compitiche in vario modo e misura interessano e pertengono allo Stato o ad ente pubblico territoriale (siparla, nel caso, di amministrazione indiretta): la personificazione dell'ente non può comportarepertanto una separazione ed indifferenza totali dell'ente rispetto all'ente di riferimento del qualeassolve i fini. Ciò rende ragione del tipo di relazione (variabile da caso a caso, con maggiore ominore ambito di autonomia), comunque di natura intersoggettiva, che la legge instaura tra ipredetti enti, che è normalmente qualificabile in termini di direzione, vigilanza e controllo, manon di gerarchia. Cfr. SCOCA, La soggettività delle amministrazioni, in AA. VV., Dirittoamministrativo, Monduzzi, Bologna, 1993, volume I, pp. 499 e 626; VIRGA, Dirittoamministrativo, Giuffré, volume I, p. 24, IV ed., 1995. 16 Sul contenuto dell’autonomia didattica e organizzativa v. cap. I, paragrafo 6 di questa ParteSeconda.

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3. L’autonomia delle scuole anteriormente alla legge delega 59/97

Nella organizzazione scolastica previgente alla riforma di cui alla legge

delega 59/1997, le scuole erano organi dello Stato, con la limitata

autonomia amministrativa riconosciuta dai decreti delegati.

Ancor prima della entrata in vigore del decreto del Presidente della

Repubblica 416/74, alcuni tipi di istituti di istruzione erano già dotati di

autonomia amministrativa e di personalità giuridica: tali erano quelli di

istruzione tecnica e professionale, di istruzione artistica, dei convitti

nazionali e degli educandati femminili.

Con i decreti delegati del 1974, veniva riconosciuta a tutte le scuole una

limitata autonomia amministrativa, ma non anche la personalità giuridica,

che può essere riconosciuta solo con legge. Venivano inoltre creati gli

organi collegiali, di amministrazione attiva, con il compito di gestirla.

Tale disciplina è stata poi inserita nel testo unico 297/94 (Capo V:

autonomia amministrativa e vigilanza: articolo 26-30), ed è destinata a

venire meno in seguito alla adozione del nuovo regolamento di contabilità

(articolo 14 comma 6 decreto del Presidente della Repubblica 275/99).

L’autonomia amministrativa regolata dall’articolo 27 testo unico cit.,

prevede che “i consigli di circolo e di istituto e i consigli scolastici

distrettuali gestiscono i fondi loro assegnati per il funzionamento

amministrativo e didattico e sulla base di un bilancio preventivo”. La

norma riconosceva quindi alle scuole un’autonomia di gestione dei fondi

assegnati e un’autonomia di bilancio, nel senso che il medesimo è diverso

dal bilancio dello Stato, pur essendo ancora le scuole organi dello Stato.

Sempre lo stesso capo (articolo 28: vigilanza), regolava dettagliatamente

l’erogazione delle risorse alle scuole e i controlli effettuati dal

Provveditore, con un regime leggermente differenziato per le scuole dotate

di personalità giuridica.

In definitiva, l’autonomia amministrativa attribuita dall’articolo 27 si

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identificava nella gestione diretta da parte degli organi collegiali dei fondi

assegnati annualmente per il funzionamento amministrativo-didattico sulla

base di un bilancio di previsione.17

Sempre Sotto il profilo organizzativo, alla scuola era riconosciuta una

limitata autonomia normativa: il consiglio di circolo o di istituto, infatti

“adottano il regolamento interno del circolo o e dell’istituto, che deve, tra

l’altro, stabilire le modalità di funzionamento della biblioteca e per l’uso

delle attrezzature culturali, didattiche e sportive, per la vigilanza degli

alunni durante l’ingresso e la permanenza a scuola, nonché durante l’uscita

dalla medesima” (articolo 6, comma 2, lett. a), decreto del Presidente della

Repubblica 416/1974).

Per quanto concerne la attività didattica, era data la possibilità di porre in

essere sperimentazioni, che si manifestavano su due piani diversi:

a) come ricerca e realizzazione di innovazioni sul piano metodologico-

didattico (articolo 227);

b) come ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle

strutture esistenti che, però, richiedeva l’autorizzazione del Ministro della

Pubblica Istruzione sia perché doveva esserne vagliata la congruità rispetto

alle linee generali di indirizzo politico, sia perché essa richiedeva l’impiego

di risorse umane e finanziarie la cui compatibilità doveva essere valutata in

un quadro di riferimento globale, sull’intero territorio nazionale.18

La autonomia così delineata aveva però ambiti assai limitati.

Dal punto di vista gestionale e contabile: i bilanci erano sottoposti al

controllo preventivo e successivo del Provveditore; così come ogni atto di

particolare rilievo patrimoniale (tramite autorizzazioni e approvazioni).

Per quanto concerne la autonomia normativa, la stessa era limitata ad

ipotesi marginali dell’organizzazione scolastica.

Sotto il profilo didattico e organizzativo, la scuola era rigorosamente tenuta

17 Così A. FERRARI, E. FOLGHERAITER in L’attività gestionale nella scuola, Giuffré 1990, pag. 4. 18 Cfr.: G. D'AMORE e S. SCALA, op. cit., p. 231.

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a seguire i programmi ministeriali e la impostazione scolastica basata

sull’unità organizzativa della classe e le scansioni temporali previste per

ogni materia.

4. La legge delega 59/97 e la normativa di attuazione

Nella prospettiva di un maggiore decentramento, la legge 59/97 contenente

“delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed

enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la

semplificazione amministrativa”, prevede - relativamente all’istruzione -

tre importanti modificazioni organizzative:

1. la riforma dell’organizzazione centrale e periferica (articolo 1-3);

2. la attribuzione della personalità giuridica e autonomia a tutte le scuole

(articolo 21);

3. il decentramento agli enti territoriali di funzioni amministrative proprie

dello Stato, ad eccezione degli ordinamenti scolastici, programmi

scolastici, organizzazione generale dell’organizzazione scolastica e stato

giuridico del personale (articolo 1 comma 3 lett. q).

La attuazione è avvenuta con le seguenti disposizioni normative (si citano

le principali):

1. decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300 artt. 49, 50, 75 e 76 per

quanto riguarda la riforma dell’Amministrazione centrale e periferica,

nonché il decreto del Presidente della Repubblica 5 novembre 2000, n.

347 recante norme di riorganizzazione del Ministero della Pubblica

Istruzione;

2. decreto del Presidente della Repubblica 275/1999 relativo

all’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, nonché di recente il

decreto del Presidente della Repubblica 234/2000 in materia di curricoli

dell’autonomia; decreto del Presidente della Repubblica 233/1998

riguardante le dimensioni ottimali per il conseguimento della personalità

giuridica; decreto legislativo 233/1998 in ordine alla riforma degli organi

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collegiali territoriali; con decreto legislativo 59/1998 che regola il

conferimento della qualifica dirigenziale ai capi di istituto;

3. decreto legislativo 112/1998 artt. 137-147 relativo alla delega alle

regioni e agli enti locali delle funzioni amministrative esercitate dallo Stato.

4. D. M. 1° febbraio 2001, n. 44, Regolamento concernente le “Istruzioni

generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni

scolastiche”.19

5. L’attribuzione della personalità giuridica a tutte le scuole

Secondo l’articolo 21 della legge 59/97, la personalità giuridica e

l’autonomia organizzativa e didattica viene attribuita alle istituzioni

scolastiche una volta raggiunti i requisiti di dimensione ottimale, attraverso

piani di dimensionamento della rete scolastica, da individuarsi tramite

successivo regolamento.

Il requisito del dimensionamento ottimale è stato applicato - stante

l’esplicito disposto della norma - anche a quelle istituzioni scolastiche che

avevano già la personalità giuridica, ai fini del conseguimento

dell’autonomia didattica e organizzativa riconosciuta dalla legge 59

(articolo 21, comma 7, legge 59/1997).

La personalità giuridica deve essere comunque attribuita entro il 31

dicembre 2000 (articolo 21, comma 4, legge 59/1997).

Il regolamento di attuazione della legge, relativo al dimensionamento delle

19 In Gazzetta Ufficiale 9 marzo 2001, n. 57, S. O. 49 decreto ministeriale emanato in attuazionedell’articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le precedenti istruzioni sonostate emanate con il decreto interministeriale 28 maggio 1975 (Supplem. Ord. N. 1 al BollettinoUfficiale del Ministero della pubblica istruzione n. 24-25 del 12-19 giugno 1975) L’articolo 12, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica. 8 marzo 1999, n. 275, richiamatodall’articolo 62 del presente regolamento, stabilisce che “Le istruzioni generali di cuiall’articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in viasperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dall’anno finanziarioimmediatamente successivo alla loro emanazione“. Le istruzioni del presente regolamentodunque, allo stato, e salvo eventuali innovazioni, essendo state emanate nel 2001, si dovrebberoapplicare dall’anno 2002. Istruzioni contabili in connessione all’avvio, dal 1° settembre 2000, dell’autonomia delle scuole ed all’attribuzione della personalità giuridica a norma del decretodel Presidente della Repubblica. 18 giugno 1998, n. 233, sono state impartite con CircolareMinisteriale n. 187 del 21 luglio 2000 e con Circolare Ministeriale n. 253 del 10 novembre2000, entrambe del “Servizio per gli affari economici” del Ministero.

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scuole è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 18

giugno 1998 n. 233 “Regolamento recante norme per il dimensionamento

ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici

funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della Legge 15

marzo 1997 n. 59”.

Secondo le disposizioni del regolamento, per acquisire la personalità

giuridica gli istituti di istruzione devono avere di norma un numero di

alunni compreso tra 500-900 alunni, numero che sia prevedibilmente

stabile per almeno un quinquennio. Tale indice di riferimento è però ridotto

in particolari zone come le piccole isole, i comuni montani o aree

contrassegnate da specificità etniche o linguistiche.

La dimensione ottimale di ciascuna scuola, nell’ambito degli indici di

riferimento, è stata definita tenendo conto della consistenza della

popolazione scolastica residente nell’area di pertinenza; delle

caratteristiche demografiche e socio-culturali del bacino di utenza, della

complessità di gestione didattica se nella stessa istituzione coesistono più

gradi di scuole, dell’estensione di fenomeni di devianza giovanile.

Le singole istituzioni che non raggiungevano i parametri indicati, sono state

unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel

medesimo ambito territoriale, o verticalmente in istituti comprensivi dei

vari gradi scuola.

I piani di dimensionamento sono stati definiti in conferenze provinciali di

organizzazione della rete scolastica e approvati dalle stesse entro il 31

dicembre 1998. Le regioni hanno poi approvato il piano regionale di

dimensionamento entro il 28 febbraio 1999 sulla base dei piani provinciali,

assicurandone il coordinamento.

I piani hanno avuto completa attuazione entro l’inizio dell’anno scolastico

2000-2001.

I dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica, adottano, in

attuazione dei piani approvati dalle Regioni, i provvedimenti di

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riconoscimento della personalità giuridica e delle autonomia alle singole

istituzioni scolastiche (articolo 4 decreto del Presidente della Repubblica

233/1998).20

Il regolamento che disciplina l’autonomia delle istituzioni scolastiche è

stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.

275 “regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni

scolastiche ai sensi dell’articolo 21 della legge 59/97”.

Il regolamento ha avuto applicazione dal 1° settembre 2000 (in sostanziale

concomitanza con l’acquisto della personalità giuridica da parte delle

scuole). Fino a tale data, però, le istituzioni scolastiche hanno esercitato

l’autonomia ai sensi del D. M. n. 251 del 29 maggio 1998 (“Programma

nazionale di sperimentazione dell’organizzazione scolastica”).

Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente riconosciute

hanno adeguato - entro il primo settembre 2000 - il loro ordinamento, in

coerenza con le proprie finalità, alle disposizioni del regolamento relative

alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative

all’autonomia didattica, organizzativa e di ricerca. Ad esse si applicano

anche le norme relative alla sperimentazione dell’autonomia.

6. L’autonomia didattica, organizzativa della scuola

Uno degli ambiti più rilevanti della riforma scolastica, sembra senz’altro

riguardare la maggiore autonomia riconosciuta a livello didattico-

organizzativo21 (nonché di ricerca).

Tale profilo di “autonomia” riguarda non tanto l’aspetto prettamente

amministrativo dell’istituzione scolastica che consegue ed inerisce alla

20 A proposito della procedura di dimensionamento delle Istituzioni scolastiche, lagiurisprudenza ha osservato che la delibera di approvazione del piano regionale didimensionamento, per taluni aspetti ha le caratteristiche dell'atto generale, ma per altri - quelliconcernenti le concrete statuizioni sulle singole scuole - assume i connotati degli atti acontenuto particolare, con il conseguente “obbligo specifico di motivazione” (v. T. A. R. Umbria sent. n. 759/2000). 21 Per organizzativo, la normativa della riforma intende la strutturazione dell’attività didattica, enon invece di quella amministrativa. Anche nel presente testo si fa riferimento al primosignificato del termine, perché appunto più aderente all'uso fatto dal legislatore.

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nuova creazione di soggetti giuridici, quanto invece alla peculiarità del

servizio reso, non riconducibile ad una funzione amministrativa.

Pare opportuno sottolineare che anche in tal caso sembra corretto l’uso del

termine “autonomia”, inteso come libertà di azione in un ambito predefinito

da parte del soggetto derivante (in tal caso lo Stato).

La necessità di delimitare i limiti della possibilità di azione delle singole

scuole in materia prettamente didattica sembra discendere da due fattori

fondamentali dell’attuale sistema scolastico: l’uno riguarda il

riconoscimento legale del titolo di studio - circostanza che determina una

necessaria uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale - l’altro

il sistema di eguale trattamento di tutto il personale scolastico, statuito, in

termini economici, dalla contrattazione collettiva.

Da quanto sopra esposto derivano i limiti all’autonomia didattica ed

organizzativa della scuola, che, in alcuni casi - specie per quanto concerne

la riduzione dell’ora di lezione - sembrano porsi in contrasto con il nuovo

spazio operativo attribuito alle singole istituzioni scolastiche.

Come sopra delineato, le esigenze rappresentate costituiscono la chiave di

lettura per comprendere le limitazioni all’autonomia, i poteri ancora

residuati in capo al Ministero rinnovato, nonché l’eventuale abrogazione (o

attuale vigenza) della normativa secondaria anteriore all’entrata in vigore

del regolamento sull’autonomia scolastica (decreto del Presidente della

Repubblica 274/1999).

Secondo il punto 7 dell’articolo 21 della legge delega 59/1997 le istituzioni

scolastiche a cui è stata conferita la personalità giuridica, “hanno

autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema

nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale”.

In base al comma 8 della stessa disposizione di legge: “L’autonomia

organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della

diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico,

all’integrazione e il miglior utilizzo delle risorse e delle strutture,

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all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto

territoriale.

Essa si esplica liberamente, anche mediante il superamento dei vincoli in

materia di unità oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo di classe e

delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di

ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e

temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale prevista a

livello nazionale, la distribuzione dell’attività didattica in non meno di

cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di

servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi, che possono essere

assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di

un’apposita “programmazione plurisettimanale”.

Secondo il comma successivo, l’autonomia didattica è finalizzata al

perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione,

nel rispetto della libertà di insegnamento, della scelta educativa da parte

delle famiglie e del diritto di apprendere.

Essa si sostanzia nella scelta “libera” e programmata di metodologie,

strumenti, organizzazione e tempi di insegnamenti opzionali, facoltativi o

aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti.

Quanto precede, “fermi restando il monte ore annuale complessivo previsto

per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed

attività indicate come fondamentali di ciascun tipo od indirizzo di studi e

l’obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della

produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi” 22 (articolo 21,

22 La norma prevede poi che le istituzioni scolastiche sia singolarmente che “in formeconsorziate” stabiliscano ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano varie iniziative, siaper la prevenzione dell'abbandono scolastico, che per l'inserimento nel mondo del lavoro, che diofferta formativa per adulti, e infine per l'utilizzazione delle strutture anche in orariextrascolastici. Nell'esercizio della nuova autonomia, le istituzioni scolastiche sono supportatedagli IRRE, dall'INVALSI, dall'INDIRE, istituti riformati proprio in vista di tale finalità (art. 21, comma 10, legge 59/1997; cfr. il Decreto legislativo 20 luglio 1999 n. 258, “Riordino del CentroEuropeo dell'educazione, della biblioteca di documentazione pedagogica e trasformazione inFondazione del museo nazionale della scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci”, a normadell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”, Decreto del Presidente della Repubblica 21

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comma 9).

La legge delega, quindi, se da un lato amplia il cerchio della autonomia

didattica ed organizzativa, dall’altro ne delimita il raggio, richiamando il

rispetto degli obiettivi nazionali fissati a livello generale, e giustificati,

come già enunciato, dalla necessità di rispettare i parametri necessari

all’uniforme livello di preparazione riconosciuto come presupposto per la

validità del titolo legale di studio.

Tali limiti vengono poi specularmente individuati nei poteri che: il decreto

legislativo 300/1999, il regolamento di attuazione (decreto del Presidente

della Repubblica 347/2000) e il regolamento sulla autonomia (decreto del

Presidente della Repubblica 275/1999) prevedono in capo al Ministro della

pubblica istruzione.23

Secondo l’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999,

il Ministro della pubblica istruzione, definisce (sentito il Consiglio

settembre 2000 n. 313, “Regolamento recante organizzazione dell'Istituto nazionale per lavalutazione del sistema dell'istruzione, attuativo degli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 20luglio 1999, n. 258 e Decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2000, n. 415, “Regolamento di organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e laricerca educativa, a norma degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258”. Articolato in tre nuclei territoriali, l'Indire è un ente dotato di autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare. L'Istituto è stato ripristinato dal 01/09/2012 conla Legge 15 luglio 2011, n. 111 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 16 luglio 2011, art. 19: «[…] Dalla medesima data (1 settembre 2012, ndr) è soppresso l'Ansas ed è ripristinatol'Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), quale ente diricerca con autonomia scientifica, finanziaria, patrimoniale, amministrativa e regolamentare. Sono conseguentemente abrogati i commi 610 e 611 dell'articolo 1 della L. 27 dicembre 2006, n. 296, ferma restando la soppressione degli ex Irre. L'Istituto si articola in 3 nuclei territoriali esi raccorda anche con le regioni […]». L'Istituto subentra all'Agenzia Nazionale per lo Sviluppodell'Autonomia Scolastica che era stata istituita con la L. 296/2006. Con decreto n. 5 del 21dicembre 2012 del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Francesco Profumo, è stato approvato lo Statuto dell'Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e RicercaEducativa. Lo Statuto è pubblicato integralmente sul sito dell'Istituto. Dell'approvazione delloStatuto è stata data comunicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - SerieGenerale - n. 41 del 18/02/2013. 23 Secondo l'art. 50 del d.lgs. 300/1999, spetta al Ministero - per quanto concerne il profilodidattico - l'assetto complessivo dell'intero sistema formativo, l'individuazione degli obiettivi edegli standard formativi e percorsi formativi in materia di istruzione superiore”, nonchél’organizzazione generale dell'istruzione scolastica, ordinamenti e programmi scolastici. Ild.P.R. 347/2000 di attuazione prevede che di tali compiti si occupi il Dipartimento per losviluppo dell'istruzione (art. 3, d.P.R. citato). Ulteriori disposizioni per l'articolazione degliUffici scolastici regionali sono state, poi, disciplinate dall'Accordo tra il Ministro della pubblicaistruzione, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane sul documento recante“Linee-guida per i provvedimenti di articolazione degli Uffici scolastici regionali” del 19 aprile2001, pubblicato su G.U. 19 maggio 2001, n. 115.

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nazionale della pubblica istruzione), per i diversi tipi di indirizzo e di

studio:

1) gli obiettivi generali del processo formativo;

2) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli

alunni;

3) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il

relativo monte annuale;

4) l’orario obbligatorio annuale dei curricoli comprensivo della quota

nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni

scolastiche;

5) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra

discipline e attività della quota nazionale del curricolo;

6) gli standard relativi alla qualità del servizio;

7) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento

dei debiti e dei crediti formativi;

8) i criteri generali per l’organizzazione dei percorsi formativi finalizzati

all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza.

Per meglio chiarire in ordine logico i vari aspetti della autonomia sopra

indicata nella formazione della quale concorrono norme presenti nelle

diverse forme enunciate, si ritiene poter procedere nella indicazione delle

seguenti modalità di impartire l’istruzione scolastica:

1. che cosa insegnare (discipline di studio);

2. come insegnare;

3. quanto insegnare (orario scolastico e durata delle lezioni).

6. 1. L’individuazione delle discipline oggetto di insegnamento (Curricolo

obbligatorio e facoltativo)

Come sopra descritto, il Ministro individua le discipline che costituiscono

la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale.

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Sembra evidente che la norma risponda alla esigenza, più volte esplicata, di

mantenere un livello culturale uniforme tra tutte le scuole della nazione.24

A differenza del passato, però, le Scuole, nell’ambito del Piano dell’Offerta

Formativa (P.O.F.), integrano la quota nazionale con quella ad esse

riservata, attraverso l’individuazione di discipline e di attività da loro

esplicitamente scelte.25

Secondo il regolamento di attuazione di tale disposizione (decreto

ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 in G. U. 25 agosto 2000), “la quota

oraria nazionale obbligatoria dei curricoli è pari all’85% del monte ore

annuale” delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali

ordinamenti, mentre quella riservata alle scuole è costituita dal restante

15%.26

I curricoli obbligatori possono poi essere “arricchiti con discipline ed

attività facoltative” che le istituzioni scolastiche programmano sulla base di

progetti con le Regioni, gli enti locali, ed altri soggetti operanti sul

territorio.

Nella scelta delle discipline obbligatorie (per la quota loro spettante), e

quelle facoltative, si può giocare gran parte di quel ruolo di competitività

che la riforma ha voluto dare alle Scuole, per favorirne una maggiore

dinamicità in un contesto scolastico caratterizzato da un rigido centralismo.

6. 2. Le modalità di insegnamento

Una più ampia elasticità rispetto al passato caratterizza le modalità con le

quali viene impartita l’istruzione.

24 Infatti, esplicitamente, il comma successivo dichiara che “nell'integrazione della quotanazionale del curricolo e quella riservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistemaistruzione ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale”. 25 Il “liberamente” scelte è però vincolato ad alcuni parametri indicati dall'art. 8, e cioè leesigenze degli alunni concretamente rilevate, le esigenze e le attese delle famiglie anche inrelazione al corso di studi prescelto, progetti ed accordi nazionali ed internazionali. 26 Tale quota, secondo il regolamento, potrà essere utilizzata o per confermare l'attuale assettoordinamentale, o per attuare compensazioni tra discipline e attività di insegnamento previstedagli attuali programmi o per introdurre nuove discipline, utilizzando i docenti in servizionell'istituto.

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In base all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999,

le istituzioni scolastiche potranno avere maggiore autonomia nella scelta

del metodo scolastico: dall’aggregazione di discipline in aree e ambiti

disciplinari, all’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti

anche da diverse classi o anni di concorso, ad ulteriori forme di flessibilità

non specificate dal regolamento e ritenute più opportune da parte delle

scuole.

Se al Ministro spetta il compito di individuare gli obiettivi nazionali delle

varie discipline, le scuole - da parte loro - “concretizzano gli obiettivi

nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto di

apprendere e alla crescita educativa degli alunni, riconoscono e

valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando

tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo”.27

In definitiva, pare che secondo l’impostazione scolastica delineata dalla

normativa, ciò che conta sia il raggiungimento dell’obiettivo finale

educativo e che la qualità della scuola si manifesti nella individuazione del

metodo migliore per raggiungerlo.

6. 3. I tempi dell’insegnamento

Particolarmente rilevante è la questione relativa ai tempi

dell’insegnamento, e cioè la durata temporale della scuola sia nel suo

complesso (calendario di inizio e di fine delle lezioni)28, che per quanto

concerne le singole unità di lezione.

L’importanza della questione non è data solo dal presupposto che - anche in

27 Nella terminologia usata dal legislatore della riforma si intreccia un linguaggio giuridico, conconcetti pedagogici anche di nuova impostazione. Non è quindi semplice per il giurista tradurrein termini precisi l'effettiva portata di determinate disposizioni, che si chiarirà solo conl'esperienza pratica. 28 Per quanto concerne il calendario scolastico di inizio e di fine delle lezioni, le singoleistituzioni scolastiche stabiliscono degli adattamenti del calendario scolastico in relazione alleesigenze derivanti dai P.O.F. nel rispetto dei 200 giorni fissati dalla legge (art. 74 t. u. 297/1994)e delle funzioni delegate in materia alle Regioni (vedi ora l'art. 3 della Legge Costituzionale 18ottobre 2001, n. 3 Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, (GazzettaUfficiale n. 248 del 24-10-2001).

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questo caso - ad un quantum di ore di lezione corrisponda un quantum di

preparazione uniforme per tutto il territorio nazionale.

Il problema è altresì legato al costo del lavoro degli insegnanti e degli

obblighi di servizio fissati dai contratti collettivi.

Come è noto la contrattazione collettiva della scuola distingue gli obblighi

di servizio in due categorie: quelli direttamente correlati alla didattica e

quelli ad essa funzionali (es. partecipazione a scrutini, a progettazione,

preparazione degli elaborati, preparazione delle lezioni).

Per il personale docente l’articolo 41 del CCNL del 4 agosto 1995 (non

abrogato dall’articolo 48 CCNL 9 giugno 1999), prevede che l’attività di

insegnamento si svolga in 25 ore settimanali nella scuola materna; in 22 ore

settimanali per la scuola elementare (oltre due ore da dedicare alla

programmazione plurisettimanale), e in 18 ore settimanali nelle scuole ed

istituti di istruzione secondaria ed artistica.29

Secondo tale disposizione qualora siano deliberate sperimentazioni che

comportino la riduzione dell’unità oraria di lezione, i docenti “completano

l’orario dell’obbligo con attività connesse alla sperimentazione o con altre

modalità previste dallo stesso progetto di sperimentazione”.

Sono poi considerate altre attività “aggiuntive”, all’insegnamento che

“vengono deliberate dal collegio dei docenti nell’ambito delle risorse

finanziarie disponibili in coerenza con il piano dell’offerta formativa”. Tali

attività sono dunque remunerate al di fuori da quelle rientranti nell’obbligo

di servizio.

Secondo l’articolo 21 della legge 59/1997 e l’articolo 4 del decreto del

Presidente della Repubblica 275/1999, nell’ambito dell’autonomia didattica

le istituzioni scolastiche “regolano i tempi dell’insegnamento”. Ad esse

29 Per le attività funzionali all'insegnamento, di carattere collegiale, l'art. 42 del CCNL prevede:a) un totale di 40 ore annue per le riunioni ai collegi docenti, il ricevimento dei genitori, ecc. b) la partecipazione ai consigli di classe per un massimo di 40 ore annue;c) lo svolgimento degli scrutini ed esami;d) la presenza in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni per assicurare l'accoglienza e lavigilanza, e la sussistenza all'uscita degli alunni alla fine delle lezioni.

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spetta, tra l’altro: “la definizione di unità di insegnamento non coincidenti

con l’unità oraria di lezione” e l’utilizzazione, nell’ambito del curricolo

obbligatorio degli spazi orari residui.

Nell’ipotesi in cui venga ridotta l’unità oraria di lezione, come

esplicitamente previsto dall’articolo 21, legge 59/1997; dall’articolo 4 e 5

del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, nonché - da ultimo -

dall’articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica 234/2000 - (secondo

cui: “l’adozione nel piano dell’offerta formativa, di unità di insegnamento

non coincidenti con l’unità oraria non può comportare la riduzione

dell’orario obbligatorio annuale costituito dalle quote di cui ai commi 1 e

2 (curricolo obbligatorio), nell’ambito del quale devono essere recuperate

le residue frazioni di tempo”) - la quota oraria dovrà essere recuperata:

a) sia in relazione al monte ore annuale da dedicare alle discipline

obbligatorie;

b) sia in relazione all’obbligo di servizio dei docenti (recupero che potrà

avvenire anche secondo le modalità dei progetti dell’autonomia della

singola scuola: v. articolo 17 CCNL 1999).30

6. 4. La rete tra scuole

L’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevede

tre modalità di collaborazione tra scuole ed altri enti pubblici o privati:

a) gli accordi in rete tra scuole

b) le convenzioni con enti pubblici o privati

c) l’istituzione o l’adesione a consorzi pubblici o privati.

L’accordo in rete può avere ad oggetto attività didattiche, di ricerca,

sperimentazione e sviluppo, formazione e aggiornamento, ma può anche

concernere attività amministrative delle scuole o addirittura la contabilità

30 Per l’attuale sopravvivenza della c. m. del 22 settembre 1979, n. 243 relativa alla riduzionedell'unità oraria di lezione - senza obbligo di recupero - per difficoltà del trasporto e ragioni dipendolarismo v. l'accordo d'interpretazione autentica 17 settembre 1997 intervenuto tra le OO. SS e l'A.R.A.N. e l'ipotesi di accordo richiamata dalla Circolare Ministeriale 225 del 5 ottobre2000.

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“ferma restando l’autonomia dei singoli bilanci”. Può riguardare anche

l’acquisto di beni o di servizi, l’organizzazione e altre attività coerenti con

il raggiungimento delle finalità istituzionali.

La competenza per l’approvazione dell’accordo spetta al consiglio di

istituto o di circolo e - per le finalità didattiche - al collegio dei docenti

delle singole scuole interessate.

Sotto il profilo organizzativo, l’accordo individua l’organo responsabile

della gestione delle risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto,

la sua durata, le sue competenze e i suoi poteri, nonché le risorse

professionali e finanziarie messe a disposizione dalla rete delle singole

istituzioni.

L’accordo è depositato presso la segreteria delle scuole, ove gli interessati

possono prenderne visione ed estrarne copia.

Gli accordi in rete sono aperti a tutte le istituzioni scolastiche che intendano

parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la partecipazione alla rete

delle istituzioni scolastiche che presentino situazioni di necessità.

Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di istituto

possono essere definiti in modo da consentire l’affidamento a personale

dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti organizzativi e di

raccordo interistituzionale.

Dal regime sopra esposto emerge il carattere associativo della rete di

scuole: dalla previsione di un fondo comune a quella di un organo

responsabile della gestione delle risorse.

Occorre a tal punto chiedersi quale sia la natura giuridica delle “reti tra

scuole”: dalla previsione di un fondo comune a quella di un organo

responsabile della gestione delle risorse.

Al riguardo, considerata la natura pubblica delle scuole facenti parte della

rete, sembra che gli stessi siano riconducibili alla lata previsione

dell’articolo 15 legge 241/1990.

In base a tale normativa, “le amministrazioni pubbliche possono sempre

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concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in

collaborazione di attività di interesse comune.

Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni

previste dall’articolo 11, commi 2, 3 e 5”.

I commi richiamati dall’articolo 11 della legge 241/1990 (norma che

disciplina gli accordi sostitutivi di provvedimenti), prevedono

l’applicazione ai medesimi dei “principi del codice civile in materia di

obbligazione e contratti in quanto compatibili” (comma 2); inoltre “gli

accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli

previsti per questi ultimi” (comma 3), e infine: “le controversie in materia

di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente

articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice

amministrativo”.

Per quanto concerne la disciplina relativa alla rete tra scuole, si ritiene

quindi applicabile - in virtù dell’espresso richiamo dell’articolo 15 legge

241/1990 - la disciplina codicistica, per le parti non regolate dall’articolo 7

decreto del Presidente della Repubblica 275/1999.

Sebbene il comma 2 articolo 11 richiamato faccia espresso riferimento alle

obbligazioni e contratti (e non quindi al libro primo, che disciplina le

persone fisiche e giuridiche), è pur vero che le associazioni vengono

costituite con contratto (contratti di comunione di scopo, categoria diversa

da quella dei contratti di scambio).

Pertanto, in virtù del suesposto richiamo, anche la disciplina relativa alle

associazioni pare applicabile alle reti di scuole, nelle parti non regolate

dalla normativa es. per quanto concerne il diritto di recesso dalle singole

scuole alla rete, o in relazione alla responsabilità patrimoniale per le

obbligazioni assunte dalla rete di scuole.

E ciò perché, come detto, la struttura delineata per le reti di scuole ha

carattere associativo in quanto diretto a creare un vincolo tra gli istituti

scolastici, per la gestione comune dei loro interessi.

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Può sorgere, però, il dubbio circa la disciplina da applicare, se quella

relativa alle associazioni riconosciute o non riconosciute come persone

giuridiche. Sembra doversi optare per la seconda ipotesi.

La struttura associativa delle reti di scuole non determina la nascita di una

nuova persona giuridica, pubblica o privata, e ciò per un duplice ordine di

ragioni.

Innanzitutto la personalità giuridica pubblica è sempre conferita con legge,

sì da ipotizzarsi unioni di enti pubblici senza personalità giuridica.31

Inoltre, la configurazione di una nuova persona giuridica sembra entrare in

contrasto con la ratio della normativa di riforma, diretta a rendere sempre

più indipendenti (se pure permettendo forme di collaborazione) le scuole,

evitando di creare strutture che si sostituiscano alle stesse.32

Relativamente semplice sembra la differenza di struttura tra le reti di scuole

e le convenzioni con università, enti pubblici e privati, prevista dall’articolo

7 comma 8 (le scuole, sia singolarmente che collegate in rete possono

stipulare convenzioni con università statali o private, ovvero con

istituzioni, enti associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendano

dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi) e comma 9

(anche al di fuori dell’ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni

scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per

il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su

progetti determinanti, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del

privato sociale).

I predetti accordi, infatti, sono stipulati anche con soggetti diversi dalle

scuole e diretti a soddisfare specifiche necessità.

Più complessa sembra, invece, la distinzione tra le reti di scuole e i

31 Cit. da SANDULLI in nota 309a, in relazione alle federazioni di enti pubblici che hannocarattere di associazioni senza personalità: così l'ANCI (Ass. Nazionale dei Comuni italiani), l'UPI (Unione delle Province d'Italia). 32 La rete di scuole, come indicato dal regolamento, potrà assumere obbligazioni, e quindi avràuna capacità processuale (similmente alle associazioni non riconosciute: art. 75 codice diprocedura civile) risponderà delle obbligazioni con il fondo comune e poi con il patrimoniodelle singole scuole.

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consorzi, che le istituzioni scolastiche possono costituire o a cui possono

aderire (le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi

pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano

dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e per l’acquisizione di servizi e

beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo).

Com’è noto il consorzio costituisce un’entità giuridica assai variegata e

presente sia nel diritto privato, che in quello amministrativo.

Secondo la disciplina civilistica (articolo 2062 codice civile e segg.) con il

contratto di consorzio più imprenditori costituiscono un’organizzazione

comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle

rispettive imprese.

La causa del contratto di consorzio non è limitata solamente alla disciplina

della concorrenza tra imprenditori, ma ha un ambito più vasto, grazie al

quale il contratto si rivela concepito quale strumento di collaborazione

generale tra imprese diverse, volto a realizzare le più razionali ed opportune

sinergie (Cassazione 3163/1995).

La normativa privatistica distingue i consorzi con attività interna, da quelli

con attività esterna (articolo 2612: v. in particolare articolo 2613 sulla

rappresentanza in giudizio e 2615 responsabilità verso i terzi); i consorzi

volontari da quelli obbligatori (articolo 2616 s.).

Elemento essenziale del contratto di consorzio è la qualità di imprenditore

rivestita dai contraenti.

Tale qualità differenzia i consorzi dalle semplici associazioni, essendo

riconducibile anche il medesimo ai contratti di carattere associativo.

Da tempo regolata con legge è anche la costituzione di consorzi tra enti

pubblici (consorzi amministrativi).

E’ caratteristica comune a tutti i consorzi di essere organizzazioni

permanenti per la realizzazione e la gestione di opere o servizi di interesse

comune ai vari consociati, senza che delle opere e dei servizi diventi

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27

titolare il consorzio.33

Già il testo unico della legge comunale e provinciale del 1934 (regio

decreto 383/1934), prevedeva la costituzione di consorzi pubblici tra enti

locali, ai quali la legge espressamente conferiva il carattere di enti

pubblici34, il cui carattere economico o no, dipendeva dal criterio

imprenditoriale o meno con cui veniva gestito il servizio.35

Successivamente la legge 142/1990 (ordinamento delle autonomie locali),

all’articolo 25, regola la costituzione di consorzi tra enti locali “per la

gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio di funzioni” “secondo le

norme previste per le aziende speciali di cui all’articolo 23 in quanto

compatibili”.

Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, “nonostante il rinvio alla

disciplina delle aziende speciali, contenuto nell’articolo 25 legge 142/1990,

la natura giuridica e l’ambito materiale di attività dei consorzi facoltativi tra

enti locali non coincide con quello delle aziende. Oltre ai consorzi istituiti

per la gestione di servizi di rilevanza economico-imprenditoriale, possono

esistere consorzi destinati allo svolgimento di servizi sociali e di funzioni,

mentre i primi si configurano - al pari delle aziende speciali - quali enti

pubblici economici, i secondi hanno natura istituzionale”.36

In definitiva, per i consorzi pubblici la giurisprudenza non distingue quelli

con attività interna od esterna, ma quelli aventi carattere imprenditoriale o

no, con le conseguenti implicazioni in ordine alla giurisdizione e alla

33 Così SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, 1982, p. 495; v. anche GIZZI, Consorzi fraenti pubblici, NssDi app., II, 486. 34 V: in tal senso: Cass. Sez. u. sent. n. 4347 del 1981; Sez. u. sent. n. 4272 del 1986 sulla naturagiuridica di tali consorzi; v. M. C. SPENA, I consorzi intercomunali, in “Rivista amministrativadella R. I. “, febbraio-marzo 1999, volume 40 fasc. n. 2/3. 35 V. ad esempio: secondo Cass. Sez. u. 1986 n. 4272 del 1986 che riconosce la qualifica di entepubblico economico ad un consorzio dei servizi pubblici di trasporto urbano ed extraurbano, inquanto gestito secondo “criteri e con strutture di tipo imprenditoriale”. Mentre invece ilconsorzio per la riabilitazione dei soggetti neurolesi, “ha natura di ente pubblico noneconomico, in quanto opera con struttura e finalità di tipo pubblicistico nel settore dellarieducazione degli handicappati” (Cass. Sez. u. n. 4793 del 1987). 36 Così T. A. R. Lombardia, Milano, 13 marzo 1995, n. 355; dello stesso T. A. R. sent. 583/1995; T. A. R. Umbria: 273/1995, per tutti.

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disciplina del personale.37

Occorre, quindi, chiedersi, se, a fronte di un accordo di collaborazione tra

scuole, se lo stesso sia riconducibile alla figura della rete tra scuole -

disciplinata dall’articolo 7, commi 2-6 - del decreto del Presidente della

Repubblica 275/1999, o ad un consorzio, previsto dal comma 10 dello

stesso articolo.

In realtà la risposta non è semplice, e sarà probabilmente oggetto di analisi

giurisprudenziale.

Sembra, al riguardo, potersi ritenere che la collaborazione tra scuole e altri

soggetti rivesta la natura di consorzio quando la gestione sia connotata da

autonomia rispetto alle singole scuole38, e quindi con proprio bilancio.

7. La natura giuridica dell’ente scuola

Rilevante è la questione concernente la natura giuridica delle scuole, cui è

stata conferita la personalità giuridica e l’autonomia, ai sensi dell’articolo

21 della legge 59/1997.

Sembra, infatti, che dalla definizione ontologica delle medesime, derivino

importanti conseguenze sia sul piano sostanziale (rapporto con lo Stato),

che su quello processuale (legittimazione attiva e passiva nei giudizi e

patrocinio della Avvocatura dello Stato).

37 Le norme sul personale dei consorzi contenute nella legge 142/1990 e nel d.lgs. 29/1993 nonsi applicano ai consorzi che hanno natura di ente pubblico economico; il rapporto di lavoro deidipendenti di tali consorzi ha natura privatistica ed è soggetto alla disciplina sostanziale eprocessuale di diritto comune” T. A. R. Lombardia, cit. 355/1995. 38 V. T. A. R. Lombardia, 1905/1997. Sembra non potersi escludere la natura economico-imprenditoriale di alcuni consorzi creati o a cui aderiscono le scuole (v. art. 20 del DecretoInterministeriale 1 febbraio 2001, n. 44 (in SO n. 49 alla GU 9 marzo 2001, n. 57) Regolamentoconcernente le "Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioniscolastiche" che prevede la gestione delle aziende agrarie e aziende speciali da parte dellescuole secondo criteri di economicità; v. inoltre l'art. 28 d. legge 28 maggio 1975; Istruzioniamministrativo contabili per le scuole). Questo non significa che le scuole assumono in tali casila qualifica di “imprenditore”. Inoltre, i predetti consorzi possono essere costituiti per“l'acquisizione di servizi e beni che facilitino lo svolgimento di attività formative” e quindi conrilevanza economica, sebbene senza scopo di lucro: v., al riguardo, sent. Cass. Sez. u. 24/1999, secondo cui un consorzio tra Comuni per l'acquisto di materiale scolastico a migliori prezzi, “palesa una indubbia valenza pubblicistica in quanto preordinata al perseguimento degliinteressi dei consorziati, escludendo ogni scopo di lucro degli interessi dei consorziati”.

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29

Dottrina e giurisprudenza, non hanno a tutt’oggi approfondito in modo

significativo tali aspetti, inerenti, peraltro, ad una materia - quella scolastica

- che non è stata particolarmente oggetto di studio sistematico su basi

dogmatiche.

Tenuto conto delle considerazioni dottrinali e giurisprudenziali, formatesi

anteriormente alla riforma scolastica, si procederà - pertanto - secondo

un’impostazione di carattere logico, in base a principi di carattere generale.

«Il regolamento sull’autonomia fa cenno (art. 1, comma 1) alla circostanza

che le scuole sono “espressione di autonomia funzionale”. La locuzione

non deve trarre in inganno fino al punto di ritenere che l’attribuzione alla

scuola di personalità ed autonomia ne modifichi il carattere di ente

strumentale dello Stato e la trasformi in un ente autarchico. Basti a tale

riguardo, da un lato, ricordare l’art. 1, comma 2, del d.lgs n. 29/1993 (ora

trasfuso nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001), che annovera gli

istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative tra le

“amministrazioni pubbliche”; dall’altro, considerare che continuano a

permanere connotazioni pubblicistiche della natura giuridica della scuola e

del suo modus operandi, nonché vincoli derivanti dall’inserimento

nell’apparato organizzativo statuale (indirizzi, controlli, vigilanza,

provvista di personale, provvista di risorse, ecc.). L’attribuzione della

personalità giuridica e la più ampia autonomia, dunque non hanno

trasformato la scuola in un soggetto giuridico indipendente e svincolato dal

sistema organizzativo-amministrativo statuale (o provinciale, laddove vi sia

inserimento nella struttura organizzativa di province dotate di autonomia

speciale). Esse, piuttosto, hanno configurato le scuole come centri di

imputazione di situazioni e rapporti giuridici, funzionalmente distinti da

altri soggetti (amministrazione centrale, amministrazione periferica)

operanti nel Sistema, secondo un modulo ben conosciuto in diritto

pubblico.39 Il concetto risulta espresso adeguatamente nella nota min.

39 Si vedano, in proposito, tra molte: Cons. Stato, Sez. V, n. 4850/2000; n. 2735/2000; n.

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09.11.2001, prot. n. 7267, dove si ricorda che l’attribuzione della

personalità giuridica non fa comunque venire meno la natura di organi

dello Stato delle istituzioni scolastiche».40

Infine, con riferimento all’autonomia negoziale, la circolare MEF n. 31 del

14 novembre 2008, nel ripercorrere il tessuto delle norme di contenimento

della spesa pubblica dettate dal D.L. n. 112/2008, conv. con modif. nella

legge n. 133/2008, testualmente precisa che “è l’Amministrazione

scolastica a stabilire le modalità attraverso le quali sarà assicurato il

raggiungimento dell’obiettivo di contenimento della spesa per quanto

riguarda le istituzioni scolastiche statali, da intendersi quali unità locali del

Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca”.

a) La natura giuridica delle scuole anteriormente alla legge delega

59/1997.

Come è noto, anteriormente alla recente riforma scolastica, le scuole

potevano essere divise in due categorie: quelle con personalità giuridica

(Istituti di istruzione tecnica, professionale artistica, convitti), e quelle

dotate di una certa autonomia amministrativa, ad esse riconosciuta dai c. d.

“decreti delegati sulla scuola” (decreto del Presidente della Repubblica 416

del 1974 in attuazione dei principi contenuti nella legge delega 477/1973).

In relazione alle scuole dotate di autonomia amministrativa, si sono

evidenziati i seguenti aspetti41, che si ritiene opportuno riportare:

1. gli istituti scolastici vanno annoverati tra gli organi dello Stato: ne

consegue che l’attività da essi esplicata per mezzo delle persone fisiche che

vi operano, va imputata direttamente allo Stato, costituisce cioè attività

statuale.42

4586/2001. 40 S. AURIEMMA, voce «Autonomia delle scuole», in Repertorio 2010, Tecnodid, Napoli2010. 41 V. C. GATTI, S. ZAMBARDI, Autonomia amministrativa e gestione finanziaria delle scuole, Jovene, 1976, p. 31 ss. 42 II direttore didattico e il preside sono al tempo stesso organi di primo grado dello Stato, dato

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2. Tuttavia, essendo agli stessi riconosciuta l’autonomia amministrativa - da

gestirsi tramite organi di natura collegiale -, gli istituti realizzano il

principio organizzatorio del decentramento funzionale, e sono sottratti al

vincolo di subordinazione gerarchica nei confronti dell’apparato

burocratico.43

3. Le istituzioni scolastiche sfuggono quindi al rapporto gerarchico che

caratterizza l’apparato burocratico: i provveditori, infatti, agiscono non

come superiori gerarchici ma, piuttosto come organi di controllo.

4. L’inesistenza di un rapporto gerarchico si manifesta in particolare nei

confronti degli organi collegiali di governo, che non sono organi esecutivi,

soggetti all’osservanza delle disposizioni impartite dai vertici dell’apparato

burocratico, ma organi la cui volontà si forma attraverso il concorso delle

autonome determinazioni dei loro componenti, onde al provveditore era

precluso il potere di annullamento delle loro deliberazioni, potere che è

espressione tipica del rapporto di gerarchia.44

5. Si osservava poi che anche il potere di impartire all’organo sottordinato

disposizioni vincolanti per mezzo di circolari, istruzioni ecc., trova

fondamento in un rapporto di gerarchia, sicché in assenza di tale rapporto, è

da ritenersi precluso alla Amministrazione, se non nei casi previsti dalla

legge, disciplinare l’attività di tali istituzioni attraverso l’emanazione di

che esplicano attività direttamente riferibili all’Ente, e organi dell’istituzione scolastica (cioèorgani statali di secondo grado), quando l'attività posta in essere è imputabile all’istituzione esolo mediatamente allo Stato. Mentre nel primo caso, gli organi considerati, in quantoespressione del decentramento burocratico, sono vincolati all'osservanza del principiogerarchico, non altrettanto avviene allorché operano come organi delle istituzioni autonome, cherappresentano invece un'ipotesi di decentramento funzionale, cui è estraneo qualsiasi vincolo disubordinazione gerarchica. 43 In tal senso si era espresso anche il Consiglio di Stato, con parere 1114 del 1983, ripreso nellac. m. 12 febbraio 1985, n. 60. 44 Cfr. Gatti, op. cit. p. 96 ove si rileva che “Orbene, posto che tra il provveditore e le istituzioniscolastiche non esiste rapporto di gerarchia e che tra le attribuzioni previste dall'art. 26 d.P.R. 416 non è compreso il potere di annullamento degli atti delle istituzioni stesse è agevole rilevareche l'organo di vigilanza non ha alcuna facoltà di provvedere in tal senso”. Si rilevava però chele delibere delle istituzioni erano soggette al potere di annullamento da parte del Governo, inquanto tale potere, conferito, dall'art. 6 del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, ha portatagenerale. Ma si segnalava anche che tale potere viene esercitato solo per questioni di altaamministrazione, che difficilmente si presentano per le istituzioni scolastiche.

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direttive per esse vincolanti.

Da ciò ne derivava che le circolari ministeriali, lungi dal rivestire carattere

di obbligatorietà, possono essere considerate al più come espressione di un

potere di indirizzo, volto ad assicurare una coordinata gestione della scuola.

Sul punto si rileva per inciso che - malgrado tale impostazione teorica - le

fonti di carattere secondario hanno disciplinato in modo penetrante la

materia organizzativa della scuola, sì da essere ritenute, da parte degli

operatori scolastici, quasi come la fonte primaria del diritto.

II potere di controllo si manifesta, invece, nella possibilità per il

provveditore di scioglimento degli organi collegiali della scuola in caso di

perdurante irregolare funzionamento (articolo 26 decreto del Presidente

della Repubblica 416/97, poi inserito nell’articolo 28 testo unico 297/1994,

relativo alle funzioni di vigilanza del provveditore agli studi).

Al provveditore spettava, inoltre, il controllo di legittimità e merito relativi

alla gestione dei fondi da parte delle scuole, attraverso le autorizzazioni e

approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi delle singole istituzioni

scolastiche (articolo 28, testo unico 297/1994).

Per gli istituti dotati anche di personalità giuridica, si era osservato che:

1. l’acquisto della soggettività rileva nei confronti dei terzi, mentre invece

nei confronti dello Stato, la Scuola rimane inserita nella sua

organizzazione, sia pure con la natura di organo-ente.45 Come organi dello

45 V. N. DANIELE, La Pubblica Istruzione, Giuffrè, 1986, p. 104 ss. Sul punto, anche la chiara sent. Cass. 10982/1996, ove si afferma: “L'attribuzione agli istitutitecnici della personalità giuridica (art. 3 secondo comma della 1. n. 889 del 1931) ne assicural'autonomia rispetto all’amministrazione centrale della pubblica istruzione, pur se soggetta allavigilanza e ai controlli di questa. Donde la possibilità di essere titolari di situazioni soggettive ein particolare di diritti soggettivi nei confronti di altri enti in relazione alla disciplinadell'erogazione di spese e di somministrazioni varie che la legge Come organi dello Stato, taliscuole esercitano una serie di attribuzioni proprie di quest'ultimo (rilascio dei titoli di studio, certificazioni, attività di amministrazione del personale e di controlli di questa. Donde lapossibilità di essere titolari di situazioni soggettive e in particolare di diritti soggettivi neiconfronti di altri enti in relazione alla disciplina dell'erogazione di spese e di somministrazionivarie che la legge prevede a carico di questi... pur nella rilevata connotazione di enti strumentaliche detti istituti hanno in quanto preordinati alla realizzazione di fini principalmente di interessegenerale. Gli enti strumentali - categoria nella quale, come già detto, rientrano gli istituti tecnici, comeanche gli istituti professionali (cfr. regio decreto legge n. 2038 del 1938) e gli istituti d'arte (cfr.

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Stato, tali scuole esercitano una serie di attribuzioni proprie di quest’ultimo

(rilascio dei titoli di studio, certificazioni, attività di amministrazione del

personale e conduzione del rapporto con gli studenti), e, attesa la

personalità giuridica di cui sono dotate, entrano nei rapporti con i terzi, nei

cui confronti possono assumere diritti e obblighi.

L’inserimento nella organizzazione dello Stato, si basava sulle seguenti

considerazioni:

a) l’istituzione da parte dello Stato;

b) la potestà per lo Stato di impartire direttive e istruzioni per quel che

attiene l’esercizio della funzione istituzionale;

c) il personale dell’istituzione è statale;

d) non è configurabile una confliggenza di interessi tra l’Ente e lo Stato per

quanto attiene al fine istituzionale.

Pertanto, si riteneva che la personalità fosse attribuita solo per assicurare

1. n. 163 del 1962) - sono caratterizzati dall'esercitare in proprio funzioni e servizi spettanti adaltro ente, al quale ne rispondono per i risultati conseguiti. La figura dell'organo-ente ricorre ogni volta in cui all'organo di una persona giuridica viene asua volta attribuita la personalità giuridica. Tale figura, che opera solitamente come organo dell'amministrazione diretta dello Stato, consegue per lo svolgimento di attività strumentali rispetto all’attuazione delle competenzefunzionali dello Stato. Pertanto il rapporto “tra l'organo-ente e lo Stato si pone in modo diverso aseconda che si tratti di rapporti con i terzi o di rapporti diretti organo-Stato”. In base a taliconsiderazioni, la Cassazione aveva escluso la legittimazione passiva del Ministero dellaPubblica Istruzione nell'azione risarcitoria per i danni provocati da personale della scuola o dasue strutture, atteso che “L'attività del personale, siccome inserita nella struttura dell'istituto ègiuridicamente riferibile a quest'ultimo per ciò che attiene ai rapporti con i terzi e comunque alpotere-dovere di disciplina e di vigilanza siccome rivolto a tutela della regolarità del servizio inproiezione del rispetto della sfera giuridica dei terzi”. In definitiva, il personale scolastico, ancorché dipendente dallo Stato, opera all'interno dell’organizzazione dell'istituto il quale, neirapporti con i terzi, diventa centro di imputazione dell’attività da detto personale svolta, assumendo rilievo non l'inquadramento di quest'ultimo nei ruoli del personale dello Stato, bensìlo svolgimento delle mansioni per il soddisfacimento dell'interesse pubblico specificamenteperseguito dall'ente strumentale (cfr. per riferimenti Cass. 4835/1979, Cass. 2700/1970). L'imputazione anche dell’attività illecita agli istituti scolastici, sulla base delle riportateargomentazioni, sembra più convincente della posizione contraria assunta dalla Cassazione inaltre pronunce (v. ad es. Cass. 341/1996, ove si ritiene sussista la legittimazione passiva delMinistero della Pubblica Istruzione, essendo ad esso riferibile l'attività illecita degli insegnanti, in quanto dipendenti statali). È inoltre da osservarsi, per quanto concerne lo ius postulandii, che specifiche normeattribuivano la difesa in giudizio all’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 43 regio decreto1611/1933: v. per gli istituti tecnici: d.P.R. 446/1977; per gli altri istituti: d.P.R. 1027/1975:“conferimento all'Avvocatura generale dello Stato della rappresentanza in giudizio degli istitutiprofessionali per l'industria e l'artigianato, per le attività marinare, per l'agricoltura, per ilcommercio, alberghieri e femminili”. Per i convitti: art. 203 t. u. 297/1994.

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una particolare autonomia all’organo e per consentirgli di amministrarsi

senza gli intoppi dell’ordinaria azione amministrativa.

Agli stessi era infatti riconosciuta una maggiore autonomia negoziale,

conseguente alla possibilità di gestire un proprio patrimonio.46

b) La natura giuridica delle istituzioni scolastiche cui è conferita la

personalità giuridica ai sensi della legge 59/1997

1. La legge 15 marzo 1997, n. 59 contiene la delega al Governo per il

conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali, per la

riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione

amministrativa. Tali funzioni, ai sensi dell’articolo 2 della legge, sono

conferite “nell’osservanza del principio di sussidiarietà”.

Il conferimento, inoltre, secondo il primo comma dell’articolo 1, avviene,

tra l’altro, ai sensi dell’articolo 5 Costituzione.

2. Come è noto, secondo l’articolo 5 della Costituzione, la Repubblica

“attua, nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento

amministrativo; adegua i principi ed i metodi della legislazione alle

esigente dell’autonomia e del decentramento.47

Il decentramento comporta che gli organi cui sono state attribuite le

funzioni “siano attributari e responsabili esclusivi delle materie nelle quali

hanno competenza, senza rapporto di soggezione gerarchica nei confronti

degli organi centrali (e il più possibile indipendenti da essi), spettando a

questi ultimi, in ordine alle materie stesse, soltanto poteri di coordinazione

46 Cfr. Istruzioni amministrative-contabili per i circoli didattici, gli istituti scolastici di istruzionesecondaria ed artistica statali e per i distretti scolastici emanate con d. legge 28 maggio 1975. Aisensi dell'art. 29 t. u. 297/1994, il riscontro della gestione finanziaria amministrativa epatrimoniale di tali istituzioni dotate di personalità giuridica, è affidato a due revisori dei conti, dei quali uno è nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione e l'altro dal Ministero delTesoro. 47 Come osservato da LIVIA BARBERIO CORSETTI, “il principio di sussidiarietà, in questo caso, siestende oltre l'ente locale, titolare della autonomia territoriale, per toccare le singole scuole, che, in quanto titolari di autonomia funzionale, dovranno essere libere di organizzarsi e realizzareautonomamente tutti gli obiettivi coerenti con le loro dimensioni”, in Commento al d. lgs112/98, Maggioli, p. 585.

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e di direzione”.48

In tale prospettiva, gli atti emanati dall’organo competente, assumono

carattere di definitività.49

Il decentramento, si differenzia dalla “delega”, attraverso la quale l’autorità

delegante non si priva dei propri poteri, ma demanda al delegato solo

l’esercizio degli stessi, né del potere di avocare a sé l’attività delegata.

3. Oggetto di decentramento è anche la materia dell’istruzione, come è

“reso palese dal fatto che la stessa legge eccettua dal conferimento le

funzioni ed i compiti riconducibili ad alcuni “settori” della materia

istruzione (ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione

generale dell’istruzione, stato giuridico del personale: articolo 1, comma 3

lett. q)”.50

L’articolo 21 della legge pone come servente il trasferimento delle funzioni

rispetto all’esercizio dell’autonomia: “Ai fini della realizzazione

dell’autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni

dell’Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in

materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari

e nazionali di fruizione del diritto allo studio, nonché gli elementi comuni

all’intero sistema formativo, sono progressivamente attribuite alle

istituzioni scolastiche”.

Come osservato in dottrina51, l’autonomia delle istituzioni si attua

attraverso un trasferimento di funzioni e di compiti, attinenti anche alla

gestione del servizio, direttamente dall’amministrazione statale alle singole

scuole. Con la legge 59/1997, si è operato così un decentramento di

funzioni (e non una semplice delega) dallo Stato alle scuole di determinate

funzioni, come peraltro confermato dal dettato dell’articolo 135 decreto

48 Così SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, cit., p. 365. 49 Idem, p. 367. 50

A. PAINO, Lo Stato autonomista, Aa. Vv., Il Mulino, 1998, p. 448. 51 Idem, p. 449; sul punto v. anche l'art. 3 del testo di legge costituzionale pubblicato in GazzettaUfficiale 12 marzo 1991 laddove, nella previsione di modifica dell'art. 117 Cost., viene fattasalva “l'autonomia delle istituzioni scolastiche”.

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legislativo 112/1998 “fatto salvo il trasferimento di competenze alle

amministrazioni scolastiche”.52

Peraltro, come sopra rilevato, di decentramento funzionale si parlava già a

proposito delle scuole dotate di autonomia amministrativa.

4. Considerato che l’articolo 21 attribuisce anche la personalità giuridica

alle scuole (che abbiano la dimensione ottimale prevista dalla stessa

disposizione di legge e dal regolamento applicativo), ne consegue - a meno

che non si ritenga che l’attribuzione della personalità giuridica sia un

semplice flatus vocis - che il decentramento così posto in essere ha natura

di decentramento autarchico: con tale formula si indica il fenomeno

organizzativo contrassegnato dalla creazione, da parte dello Stato, di enti

distinti da esso ma che perseguono fini di pertinenza dello Stato, e quindi

ad esso strumentali (esplicitamente Sandulli parla di decentramento

autarchico a proposito degli istituti dotati di personalità giuridica).

Il decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, - specifica le materie

oggetto di conferimento, perché autorizzato dall’articolo 21, comma 2,

Legge 59/199753 e puntualizza, altresì, il carattere di definitività degli atti

amministrativi emanati dalle scuole: “I provvedimenti adottati dalle

istituzioni scolastiche divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla

data della loro pubblicazione all’albo della scuola” (articolo 14, comma

7).

Secondo l’articolo 14 “A decorrere dal 1° settembre 2000 sono attribuite

alle istituzioni scolastiche le funzioni già di competenza

dell’amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica

e al rapporto con gli alunni, all’amministrazione e gestione del patrimonio

delle risorse, allo stato giuridico ed economico del personale, non

riservate, in base all’articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni,

52 Vedi, ora, la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, Modifiche al titolo V della parteseconda della Costituzione (GU n. 248 del 24-10-2001). 53 Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più regolamenti da adottare aisensi dell'ari, 17, comma 2 della 1. 23 agosto 1988, n. 400”: art. 21, comma 2, Legge 59/1997.

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all’amministrazione centrale e periferica”.

Al conferimento di funzioni alle scuole, corrisponde una importante

modifica strutturale dell’organizzazione centrale e periferica, la quale

assume funzioni di coordinamento, vigilanza in relazione alle funzioni

ancora di pertinenza dello Stato54, ma si spoglia della gestione

amministrativa delle scuole (v. decreto legislativo 300/1999, artt. 1-7, 49-

51, 75-77, 88 e regolamento attuativo n. 347/2000 in G. U. 27 novembre

2000).

Al trasferimento di funzioni amministrative si accompagna il

riconoscimento di un maggiore spazio di autonomia in materia didattica55,

che però non e riconducibile ad una funzione propriamente

amministrativa56 e costituisce la peculiarità della Scuola, rispetto alle altre

strutture amministrative.

5. Preso atto della creazione di soggetti distinti dallo Stato, occorre

considerare se gli stessi siano inseriti nell’organizzazione del medesimo,

dando luogo alla figura degli “organi-enti”.

Al riguardo, sembra doversi dare una risposta positiva in considerazione

dei seguenti elementi:

1. Inserimento del personale nel personale dello Stato, e reclutamento ad

opera del medesimo (procedura esplicitamente sottratta alle singole scuole,

ai sensi dell’articolo 15 decreto del Presidente della Repubblica 275/1999).

2. Responsabilità, nei confronti dello Stato, del dirigente scolastico sia sotto

l’aspetto disciplinare, sia rispetto ai risultati conseguiti: il nucleo di

valutazione per la responsabilità per risultati è incardinato

54 v. D.lgs. 300/1999 e d.P.R. di attuazione 347/2000: l'art. 50 del d.lgs. 300/1999 individua lefunzioni ancora spettanti al Ministero (v. par. 6 di questo capitolo nonché par. 9. 2 in relazionealla nuova configurazione della amministrazione scolastica). Cfr. anche l'Acc. 19 aprile 2001, “Linee guida per i provvedimenti di articolazione degli uffici scolastici regionali” cit. per lecompetenze regionali. 55 V. Cap. I, par. 6. 56 V. Cap. II, par. 1. È stato, inoltre, efficacemente notato che l'attività didattica - a differenza diquella amministrativa - non è direttamente riferibile allo Stato, giacché per il principiocostituzionale della libertà di insegnamento gli insegnamenti impartiti da ciascun docente - entroi limiti fissati dalla legge possono riferirsi solo a questi, non trovando Spazio nell'attualeordinamento costituzionale una dottrina di Stato”. GATTI, op. cit., p. 29, nota 8.

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nell’amministrazione scolastica è presieduta dal sovrintendente scolastico

(o da un dirigente da lui delegato).

3. Autonomia finanziaria limitata. Se è vero che sussiste maggiore elasticità

nella gestione delle risorse, è anche da constatare che le scuole, attingendo

le loro entrate per la massima parte da denaro pubblico, hanno una limitata

autonomia finanziaria, non potendo imporre tasse per il servizio scolastico

ma solo per specifiche attività. Devono inoltre destinare gran parte delle

entrate a spese fisse, già predeterminate (per il personale ecc.).

4. Il potere di vigilanza e controllo che è rimasto comunque in capo al

Ministero sia in relazione alla responsabilità disciplinare dei Capi di Istituto

(sussistendo per loro, in quanto ancora organi dello Stato per le funzioni

rimaste in capo al medesimo), il vincolo gerarchico), che alla possibilità di

scioglimento degli organi collegiali “in caso di persistenti e gravi

irregolarità o di mancato funzionamento”, ai sensi dell’articolo 28, comma

7, testo unico 297/1994, non abrogato dall’articolo 17 decreto del

Presidente della Repubblica 275/1999.

Il controllo di regolarità amministrativa-contabile è venuto meno in capo al

provveditore, ed è svolto, come per gli enti con personalità giuridica, da un

collegio di revisori dei conti (D.I. 44/2001);

5. Dalle circostanze sopra delineate, sembra non potersi escludere

l’inserimento del nuovo Ente Scuola nell’organizzazione statale.

Si può quindi affermare che lo stesso è ente-organo dello Stato.

Tale figura non è stata oggetto di particolari approfondimenti in dottrina e

giurisprudenza.

Le più puntuali pronunce57 hanno evidenziato la duplicità di veste che

l’Ente assume: persona giuridica nei confronti dei terzi; organi nei rapporti

interni con lo Stato.

In mancanza di una norma che attribuisce esplicitamente il patrocinio

all’Avvocatura dello Stato, il problema si è posto con riferimento alla

57 Cfr. per tutte Cass. 10982/1996 cit. in nota 46 di questo paragrafo.

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legittimazione processuale e alla rappresentanza in giudizio delle predette

entità giuridiche: con riferimento ad altre analoghe figure soggettive, si è

formata una giurisprudenza contrastante: chi sosteneva che il patrocinio

dell’Avvocatura dello Stato fosse obbligatorio ai sensi dell’articolo 1 regio

decreto 1611/193358, chi invece, che, prevalendo la qualità di enti diversi

dallo Stato, fosse necessaria una norma specifica che attribuisce siffatto

patrocinio.59

6. In realtà la natura giuridica dell’Ente-organo non va risolta alla stregua

della prevalenza dell’una o dell’altra caratteristica di tale figura soggettiva,

e ciò in ragione del fatto che la stessa non costituisce un tertium genus

rispetto all’organo e all’ente.

Come implicitamente riconosciuto dalla citata giurisprudenza, (che parla di

“doppia veste dell’ente-organo”), la caratteristica di tale entità, sembra

quella di avere una duplice natura giuridica: la prima, rapportabile al suo

essere Ente, la seconda all’essere ancora organo dello Stato, in quanto

inserito nella sua organizzazione.

Ne deriva che, sotto il profilo sostanziale alcune attività saranno

rapportabili all’Ente, altre all’organo60, e sotto il profilo processuale, per le

58 È stato ritenuto obbligatorio il patrocinio dell'AIMA, ai sensi dell'art. 1 regio decreto1611/1933, in quanto amministrazione dello Stato (Cass. 5544/1984). Egualmente è stato decisodalla giurisprudenza per altri organi soggettivizzati, quali il Fondo di previdenza del personaledelle Dogane (Cass. 1983 n. 2293); la CPDEL (Trib. Catania 8 marzo 1979), la Cassa per ilMezzogiorno (Trib. Catania 30 aprile 1991). Di recente, con sentenza 8708/2000 il T. A. R. Lazio ha negato ad un istituto la legittimazione processuale autonoma rispetto al Ministero, ritenendo che “II comportamento processuale della parte che ricorre (preside di una istituzionescolastica, difeso in proprio), si pone in inammissibile conflitto tra organi della stessaamministrazione e si configura in contrasto con i principi di autorganizzazionedell'amministrazione”. 59 Ss. Uu. sent. 18 marzo 1999 n. 155, in relazione al patrocinio della Cassa Ufficialidell'esercito. Hanno deciso che la stessa, prima della norma attributiva, non godeva delpatrocinio dell’Avvocatura dello Stato, non potendo “essere condivisa la contraria e quasi coevapronuncia della sezione lavoro, la quale, attenuando la portata della disposizione ... attributiva dipersonalità giuridica, la considerò come amministrazione statale... “. Cass. l luglio 1998, n. 6450. 60 Sarebbe allora necessario distinguere le materie attribuite in proprio alle scuole o ad essedecentrate (tra cui rientrerebbe anche la gestione del personale, trasferita dal decreto delPresidente della Repubblica 275/1999 alle scuole, escluso il reclutamento ed altri pochi atti), daquelle che l'istituto gestisce come organo dello Stato, per le materie ad esso rimaste. Indefinitiva, quasi tutte le controversie vedrebbero la legittimazione delle istituzioni scolastiche:dall’attività negoziale, a quella illecita, a quella di gestione del personale, salve le eccezioni

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prime sarà necessaria una norma che prevede il patrocinio della Avvocatura

dello Stato, mentre per le seconde, le istituzioni scolastiche si varranno

automaticamente del patrocinio della Avvocatura, ai sensi dell’art 1, regio

decreto 1611/1933.

Siffatta distinzione non è agevole ne pacifica, considerata la complessità -

sul piano pratico - che può portare un continuo distinguo.

Sembrerebbe che ad ovviare perplessità in merito, sia sufficiente una

norma, anche di contenuto regolamentare61, di carattere simile a quelle già

previste.

Nelle more della sua adozione, sembrerebbe corretto applicare in via di

Interpretazione estensiva (non già analogica trattandosi di normativa

speciale), la norma che attribuisce il patrocinio agli istituti già dotati di

personalità giuridica62, o - sempre in via di interpretazione estensiva -

l’articolo 1, regio decreto 1611/1933.63

Siffatta soluzione, sembra essere - allo stato - la più rispondente al pubblico

interesse, considerata la necessità anche di contenere la spesa pubblica, in

relazione ad un potenziale contenzioso scolastico, alimentato, in sede di

prima applicazione, anche dalla obbiettiva incertezza della normativa e alle

nuove questioni giuridiche che si impongono all’attenzione delle scuole.64

Con l’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto

2001, n. 352 (G.U. 26 settembre 2001, n. 224) è stato aggiunto un comma

7-bis all’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999

previste. 61 L'art. 43 r.d. 1611/1933, prevede, infatti, che l'autorizzazione ad avvalersi del patrocinio dellaAvvocatura dello Stato può essere data con disposizione di legge o di regolamento. 62 Per le università si è formato un orientamento giurisprudenziale che ritiene obbligatorio ilpatrocinio della Avvocatura dello Stato a seconda che le stesse agiscano come organi delloStato, o come ente autonomo. Tuttavia, a prescindere dal fatto che esiste una norma cheattribuisce il patrocinio della Avvocatura dello Stato, alle Università, tale distinzione, è, nellapratica, fonte di incertezze, sebbene corretta dal punto di vista teorico. È pertanto auspicabile, per le scuole, un intervento del legislatore63 Tale disposizione prevede il patrocinio obbligatorio della Avvocatura dello Stato per le“Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo”. 64 Occorre infatti non dimenticare, che il finanziamento delle scuole, è quasi esclusivamentefornito da denaro pubblico, e il ricorso a professionisti privati comporta un maggiore onere dispesa per le scuole.

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secondo cui “L’Avvocatura dello Stato continua ad assumere la

rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità

giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di

tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita l’autonomia e la

personalità giuridica a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997,

n. 59”.

8. I rapporti con il Ministero riformato

8. 1. L’ organizzazione previgente al decreto legislativo 300/1999

L’organo di vertice della amministrazione - centrale e periferica - è il

Ministro della Pubblica Istruzione.

Secondo l’ordinamento previgente al decreto legislativo 300/1999, e fino

alla sua attuazione - l’organizzazione degli uffici centrali e periferici trova

collocazione negli articoli 611 e s. del testo unico 297/1994 (Testo unico in

materia di istruzione).

In base a tale disciplina 1’amministrazione centrale è articolata in tre

ispettorati e otto direzioni generali, preposte sia alla gestione del personale,

che agli aspetti amministrativi e didattici dei diversi gradi e tipi di scuole

(Direzione generale del personale; dell’istruzione elementare;

dell’istruzione secondaria di primo grado; dell’istruzione classica,

scientifica e magistrale; dell’istruzione tecnica; dell’istruzione

professionale; della istruzione non statale; ispettorato per l’istruzione

artistica, per l’educazione fisica e per le pensioni; servizio per la scuola

materna).

Occorre anche ricordare il Gabinetto del Ministro e le Segreterie

particolari; la Ragioneria centrale dipendente dal Ministero del Tesoro.

L’amministrazione periferica della Pubblica Istruzione è, invece, articolata

nelle sovrintendenze scolastiche regionali e nei provveditorati agli studi, a

livello provinciale.

Le sovrintendenze sono preposte principalmente allo svolgimento delle

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procedure concorsuali di reclutamento del personale della scuola, mentre il

provveditorato svolge compiti di natura amministrativa di gestione del

personale dei vari gradi di scuola, nonché di coordinamento e vigilanza

sulle scuole.

Presso l’amministrazione centrale e periferica vi sono numerosi organismi

a composizione collegiale con Funzioni prevalentemente consultive; tra gli

organi collegiali rivestono particolare importanza quelli di natura

rappresentativa, formati da una rappresentanza delle componenti della

scuola (insegnanti, genitori, alunni).

Gli stessi sono stati creati o modificati dai c. d. decreti delegati della

scuola, al fine di rendere più partecipativa la gestione della scuola (decreto

del Presidente della Repubblica 416/1974: istituzione e riordinamento di

organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artistica,

norme recepite nel testo unico 297/1994: articoli 5 ss.).

• A livello della amministrazione centrale: il Consiglio Nazionale della

Pubblica Istruzione (CNPI);

• a livello decentrato: il consiglio scolastico provinciale (che opera presso il

provveditorato); il consiglio distrettuale (che opera in ambito sub-

provinciale);

• a livello delle singole istituzioni scolastiche: i consigli di classe; di

interclasse; di intersezione; il collegio dei docenti; il consiglio di circolo

(nelle scuole elementari); il consiglio di istituto (nelle scuole secondarie di

primo e secondo grado).

8. 2. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 300/1999 e del

regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica

347/2000)

II decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 contenente la “riforma della

organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo

1997, n. 59”, per quanto concerne l’istruzione, prevede:

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• l’accorpamento del Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Università

(Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca), a decorrere dalla

prossima legislatura;

• la modifica della organizzazione della amministrazione centrale e

periferica dell’istruzione, che deve essere definitiva- mente attuata entro

l’anno 2000 (articolo 75, legge 300, comma 4).

L’articolo 75 del decreto legislativo 300/1999 a livello centrale prevede la

creazione di due dipartimenti e la ripartizione fra essi dei compiti e

funzioni con criteri di omogeneità; l’individuazione di tre servizi autonomi

di supporto per l’esercizio di funzioni di interesse comune ai dipartimenti

(informatizzazione, comunicazione ed affari economici).

L’attuazione di questo nuovo modello organizzativo è demandata ad

appositi regolamenti che definiscano la dotazione organica, i compiti e gli

uffici. Con decreto del Presidente della Repubblica 347/2000 sono state

emanate le norme di organizzazione del Ministero della Pubblica

Istruzione.65 Con decreto ministeriale 30 gennaio 2001 (in G. U. 22

febbraio 2001) sono stati riorganizzati gli uffici dirigenziali di livello non

generale.

Secondo la disciplina risultante dal decreto legislativo 300/1999 e il

regolamento di attuazione 347/2000, la nuova configurazione strutturale del

Ministero è funzionale alle competenze di direzione, vigilanza e

orientamento attribuite dalla legge (v. articolo 50 decreto legislativo

300/1999).

Nella XVI legislatura le funzioni in materia di istruzione, università e

ricerca sono state riunificate in un solo Ministero (D.L. 85/2008), come già

disposto dal d.lgs. 300/1999, cui, tuttavia, aveva fatto seguito la nuova

suddivisione in due Ministeri competenti, rispettivamente, in materia di

Istruzione e in materia di Università e ricerca (D.L. 181/2006).

L’organizzazione del nuovo Ministero è stata definita, previo parere

65 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 novembre 2000, n. 277 serie generale

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44

parlamentare, con il D.P.R. 17/2009. Con il D.P.R. 16/2009, adottato

sempre previo parere parlamentare, è stata, invece, definita

l’organizzazione degli uffici di diretta collaborazione con il Ministro.

In seguito, il D.P.R. 17/2009 è stato modificato con il D.P.R. 132/2011, in

attuazione dell’art. 2, co. 8-bis, del D.L.194/2009, che ha previsto

un’ulteriore diminuzione degli uffici e delle dotazioni organiche.

Altre riduzioni sono state disposte, senza modificare il D.P.R. 132/2011, a

seguito dell’art. 1, co. 3, del D.L. 138/2011.

Da ultimo, l’art. 2 del D.L. 95/2012 ha disposto un’ulteriore riduzione degli

uffici e delle dotazioni organiche dei Ministeri, disponendo che a ciò si

deve provvedere con DPCM. Quest’ultimo è in fase di adozione.

Attuale articolazione centrale del MIUR

A livello centrale, il MIUR è articolato in 3 dipartimenti e 12 direzioni

generali, a ciascuna delle quali è assegnato un determinato numero di uffici

dirigenziali non generali (individuati con il DM 27 luglio 2009), fino a un

massimo di dieci.

Dipartimenti Direzioni generaliIstruzione - Ordinamenti scolastici e autonomia scolastica

- Istruzione e formazione tecnica superiore erapporti con i sistemi formativi delle regioni

- Personale scolastico

- Studente, integrazione, partecipazione ecomunicazione

Università, altaformazione artistica, musicale e coreutica ericerca

- Università, studente e diritto allo studiouniversitario

- Alta formazione artistica, musicale e coreutica

- Coordinamento e sviluppo della ricerca

- Internazionalizzazione della ricercaProgrammazione e - Risorse umane del Ministero, acquisti e affari

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gestione delle risorseumane, finanziarie estrumentali

generali

- Politica finanziaria e per il bilancio

- Studi, statistica e sistemi informativi

- Affari internazionali

Il D.P.R. 132/2011 ha apportato alcune modifiche, in particolare, alle

competenze della direzione generale per la politica finanziaria e per il

bilancio, al fine di allinearle alle innovazioni introdotte dalla legge di

contabilità (L. 196/2006).

Attuale articolazione periferica del MIUR

A livello periferico operano 18 uffici scolastici regionali (USR), che hanno

sede in ciascun capoluogo di regione e ai quali, in particolare, spetta la

vigilanza sul rispetto delle norme generali sull'istruzione e dei livelli

essenziali delle prestazioni, sull'attuazione degli ordinamenti scolastici, sui

livelli di efficacia dell'azione formativa, nonché la cura dei rapporti con

l’amministrazione regionale e con gli enti locali.

Per ciascun USR è stabilito il numero degli uffici dirigenziali non generali

in cui esso si articola. Per l’individuazione degli stessi uffici dirigenziali

non generali sono stati emanati altrettanti decreti ministeriali in data 29

dicembre 2009, pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 2010.

A seguito del D.P.R. 132/2011 l’USR non costituisce più un autonomo

centro di responsabilità amministrativa, né assegna le risorse finanziarie

alle istituzioni scolastiche. Infatti, secondo la L. 196/2006, centro di

responsabilità organizzativa sono le unità organizzative di primo livello,

cioè i dipartimenti.

Il coordinamento

La funzione di coordinamento tra i diversi uffici è garantita dalla

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conferenza permanente dei capi dipartimento e dei direttori generali degli

uffici centrali e degli USR, convocata in adunanza plenaria almeno ogni sei

mesi.

Attuale dotazione organica del MIUR

Il D.P.C.M. 22 giugno 2012, adottato a seguito delle riduzioni di organico

previste dall’art. 1, co. 3, del D.L. 138/2011, ha disposto che:

- resta fermo il contingente di personale di livello dirigenziale generale,

stabilito dal D.P.R. 132/2011 in 34 unità;

- le strutture e i posti di funzione di livello dirigenziale non generale sono

definiti nel numero di 544;

- le dotazioni organiche del personale delle aree prima, seconda e terza

sono rideterminate nel numero di 7034.

L'ulteriore riorganizzazione del MIUR

Nella seduta dell’Assemblea della Camera del 14 novembre 2012 il

Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, rispondendo

all’interrogazione a risposta immediata n. 3-02602, ha fatto presente che, in

attuazione dell'art. 2 del D.L. 95/2012, è in corso di adozione uno schema

di DPCM di riorganizzazione del MIUR, che prevede la riduzione di sette

uffici dirigenziali generali (dunque, da 34 a 27) e l'accorpamento degli

uffici scolastici delle regioni con il minor bacino di popolazione

studentesca. Ha, peraltro, precisato che nelle regioni coinvolte

dall'accorpamento degli uffici scolastici non cambierà il servizio prestato

all'utenza, grazie all'utilizzo delle nuove tecnologie.

Valutazione

Con decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258 il CEDE (Centro europeo

dell’educazione) è stato trasformato in INVALSI (Istituto nazionale per la

valutazione del sistema di istruzione) (articolo 1); la BDP (Biblioteca di

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documentazione pedagogica) in INDIRE (Istituto nazionale di

documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa) (articolo 2).

Gli IRRSAE (Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento

educativi), sono trasformati in IRRE (Istituti regionali di ricerca

educativa), dall’articolo 76 decreto legislativo 300/1999, che ne individua

la nuova organizzazione e funzioni.66

La riforma di tali enti è finalizzata al supporto dell’autonomia delle

istituzioni scolastiche autonome (articolo 21 legge 59/1997, comma 10).

Con legge 21 dicembre 1999 n. 508 è stata dettata la “riforma delle

Accademie di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’accademia

nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie

artistiche, dei Conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati”

(G. U. 4 gennaio 2000).

A tali istituti viene riconosciuta la personalità giuridica e autonomia

statutaria, scientifica, didattica, finanziaria e contabile, secondo le

disposizioni della stessa legge.

Dopo un percorso piuttosto accidentato - cominciato nel 2001 – è stato

approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 28 marzo 2013,

n. 80 (GU n. 155 del 4-7-2013) il nuovo Sistema di Valutazione Nazionale

di valutazione in materia di istruzione e formazione, che istituisce e

disciplina il Sistema Nazionale di Valutazione delle scuole pubbliche e

delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni. L’Italia si allinea così

agli altri Paesi Europei sul versante della valutazione dei sistemi formativi

pubblici, e risponde agli impegni assunti nel 2011 con l’Unione europea, in

66 Con il decreto del Presidente della Repubblica 313/2000, “Regolamento recanteorganizzazione dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione, attuativodegli articoli 1 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258” è stata disciplinata l'organizzazionedell'INVALSI; con il decreto del Presidente della Repubblica 21-11-2000 n. 415, “Regolamentodi organizzazione dell'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricercaeducativa, a norma degli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 20 luglio 1999, n. 258” quella dell'INDIRE;con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 190, “Regolamento concernentel'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300”, quella degli IRRE.

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48

vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020.67

Il Sistema Nazionale di Valutazione ha lo scopo di dare al Paese un servizio

fondamentale per poter aiutare ogni scuola a tenere sotto controllo gli

indicatori di efficacia e di efficienza della sua offerta formativa ed

impegnarsi nel miglioramento; fornire all'Amministrazione scolastica, agli

Uffici competenti, le informazioni utili a progettare azioni di sostegno per

le scuole in difficoltà; valutare i dirigenti scolastici e offrire alla società

civile e ai decisori politici la dovuta rendicontazione sulla effettiva identità

del sistema di istruzione e formazione.

Il Regolamento dà attuazione alla delega conferita al Governo con il

decreto legge n. 225 del 2010 convertito in legge n. 10 del 2011 e

costituisce un rilevante passo avanti nel percorso cominciato con il decreto

legislativo 286 del 2004. Il Sistema Nazionale di Valutazione si impianta

sull’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e

formazione) che predispone tutti gli adempimenti necessari per

l’autovalutazione e la valutazione esterna delle scuole, sull’Indire (Istituto

nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), che può

supportare le scuole nei piani di miglioramento, su un contingente di

Ispettori definito dal Ministro che ha il compito di guidare i nuclei di

valutazione esterna. L’Invalsi ha anche il coordinamento funzionale

dell’intero Sistema Nazionale.

Il procedimento di valutazione si snoda attraverso quattro fasi essenziali:

a) autovalutazione delle istituzioni scolastiche, sulla base di un fascicolo

elettronico di dati messi a disposizione dalle banche dati del sistema

informativo del Ministero dell’istruzione (“Scuola in chiaro”), dell'

INVALSI e delle stesse istituzioni scolastiche, che si conclude con la

stesura di un rapporto di autovalutazione da parte di ciascuna scuola,

secondo un format elettronico predisposto dall’Invalsi e con la

67 Il regolamento ha concluso il suo iter di approvazione avviato il 24 agosto 2012 data in cui èstato presentato in 1° lettura al Consiglio dei Ministri, dopo aver superato tutti i passaggiprescritti dall’art. 17, comma 2, della legge n. 400/88.

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49

predisposizione di un piano di miglioramento.

b) valutazione esterna da parte di nuclei coordinati da un dirigente tecnico

sulla base di protocolli, indicatori e programmi definiti dall’Invalsi, con la

conseguente ridefinizione dei piani di miglioramento da parte delle

istituzioni scolastiche;

c) azioni di miglioramento con l’ eventuale sostegno dell’Indire, o di

Università, enti, associazioni scelti dalle scuole stesse;

d) rendicontazione pubblica dei risultati del processo, secondo una logica di

trasparenza, di condivisione e di miglioramento del servizio scolastico con

la comunità di appartenenza.

Sono più di 1300 le istituzioni scolastiche che, già a partire dall’anno

scolastico 2012/2013, stanno seguendo in via sperimentale secondo diverse

modalità questo percorso che è stato presentato e condiviso, all' interno di

specifiche conferenze di servizio, con tutti i dirigenti delle scuole italiane e

i docenti referenti per la valutazione. Tra gennaio e marzo 2013 tutti i

dirigenti delle scuole italiane e i docenti referenti per la valutazione (circa

26.000 persone), hanno infatti partecipato a seminari di presentazione del

regolamento.

Tuttavia, elementi critici del procedimento di valutazione delle istituzioni

scolastiche possono derivare proprio dal fatto che l’esito dell’operazione è

strettamente connesso al livello di coinvolgimento e di condivisione del

personale delle scuole. Questo in mancanza di un sistema di

incentivi/sanzioni non è scontato. Si sottopone in tal senso una riflessione

finale sul documento OCSE: Education at a glance 2013 dove nella scheda

Paese relativa all’Italia troviamo il seguente esito, forse non previsto:

“Tra il 2005 e il 2011, l’Italia ha conseguito risparmi nei settori

dell’istruzione primaria e secondaria di primo grado aumentando il numero

di studenti per insegnante. […]

Si potrebbe pensare che una tale misura avrebbe potuto nuocere alle

opportunità di apprendimento degli studenti, ma fin qui, tali risparmi

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sull’istruzione scolastica non hanno compromesso i risultati

dell’apprendimento degli studenti: gli esiti per gli studenti quindicenni

nella valutazione PISA 2009 sono risultati stabili nelle competenze di

lettura (rispetto al 2000) e sono migliorati significativamente in matematica

(dal 2003) e in scienze (2006). Di conseguenza, il sistema sembra essersi

diretto verso una migliore efficienza nell’uso delle risorse.”

Tale esito, se da un lato ci tranquillizza sulla qualità del sistema educativo

italiano, dall’altro fornisce una conferma dell’utilità di monitorare con

regolarità il sistema per promuoverne una sempre migliore efficacia. Negli

anni considerati, dal 2000 al 2009, si sono svolte regolarmente le

somministrazioni nelle scuole dei test Invalsi che hanno contribuito

all’esito virtuoso misurato dall’OCSE.

8. 3. La riforma degli organi collegiali territoriali

II decreto legislativo 30 giugno 1999 n. 233, in attuazione dell’articolo 21

comma 15, Legge n. 59/1997, definisce la “riforma degli organi collegiali

territoriali della scuola, a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997

n. 59”.

I nuovi organi collegiali dovevano essere costituiti entro i1 31 dicembre

2002.68 Dopo il 1° settembre sono state anche abrogate le norme -

contenute nel testo unico 297/1994 - che li regolavano. I nuovi organi

collegiali territoriali:

• a livello centrale: il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Esso

dura in carica 5 anni ed è formato da 36 componenti (di cui 15

rappresentanti dei docenti), mentre gli attuali membri del CNPI sono 74 (di

cui 47 rappresentanti dei docenti). Quindici membri sono nominati dal

68 L'art. 6 del Decreto legge 23 novembre 2001, n. 411, Proroghe e differimenti di termini, pubblicato nella Gazz. Uff. 26 novembre 2001, n. 275 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, Legge 31 dicembre 2001, n. 463 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2002, n. 7), entrata in vigore ilgiorno successivo a quello della sua pubblicazione, ha modificato l'art. 8, comma 3, del d.lgs233/1999 relativamente alla costituzione dei nuovi organi collegiali e del Consiglio superioredell'Istruzione, antecedentemente prevista per il 1° settembre 2001.

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Ministro tra esponenti del mondo della cultura, dell’arte, della scuola,

dell’università, del lavoro, delle professioni e dell’industria, mentre i

restanti sono eletti in rappresentanza del personale delle scuole statali, non

statali.

Tale organo, viene configurato, sia sotto il profilo della composizione che

sotto quello dei compiti (il Consiglio non ha più competenze in materia di

stato giuridico dei docenti) come organo di supporto tecnico-scientifico e di

garanzia di unitarietà del sistema nazionale di istruzione.69

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) con

sentenza N. 08843/2013 REG.PROV.COLL. N. 04375/2013 REG.RIC. ha

verificato l’accertarsi dell’illegittimità del silenzio-inadempimento del

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, formatosi con

riferimento all’obbligo, previsto dall’art. 2, comma 9, del decreto

legislativo n. 233 del 1999, di emanare l’ordinanza con la quale vengono

stabiliti i termini e le modalità per le elezioni, le designazioni e le nomine

dei componenti del Consiglio superiore della pubblica istruzione,

impedendo, per tale via, la regolare costituzione dell’organo collegiale

consultivo. A sostegno del gravame ha dedotto che alla data del 31

dicembre 2012 sono definitivamente cessate le funzioni del Consiglio

nazionale della pubblica istruzione, organo collegiale istituito con D.P.R. n.

416 del 1974 e disciplinato dagli artt. 23 e segg. del d.lgs. n. 297 del 1994.

Tale organo consultivo, al quale sarebbe dovuto succedere il Consiglio

superiore della pubblica istruzione, è stato più volte prorogato dal

Legislatore, da ultimo con l’art. 14 del decreto legge n. 261 del 2011,

convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012.

69 È stato notato che la configurazione del Consiglio evidenzia come, seppure attenuato, ilverticismo continua a caratterizzare l'azione del Ministero: nonostante l'enfasi postasull'autonomia degli istituti scolastici come elemento portante della riforma, nel Consiglio (maanche negli alni organi collegiali) non si prevede alcuna forma di presenza delle scuole inquanto tali. Non diversamente dal passato, dunque, il Governo della scuola discende per cosìdire sugli istituti scolastici, e l'autonomia non ha modo di espandersi oltre la soglia di questi (o, al massimo, delle reti di scuole): M. GIGANTE, Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Milano, 2000, p. 517.

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Essendo ormai cessate le funzioni del Consiglio nazionale della pubblica

istruzione, senza che il Ministero abbia provveduto ad adottare l’ordinanza

prevista dall’art. 2, comma 9, del d.lgs. n. 233 del 1999 e, pertanto, abbia

reso possibile la costituzione del Consiglio superiore della pubblica

amministrazione, si è determinata una situazione di grave vulnus per i

principi di rappresentanza e garanzia dell’autonomia e dell’unitarietà del

sistema scolastico e formativo, che poteva pregiudicare le corrette

procedure di definizione e validazione di molti atti legislativi e

amministrativi inerenti il sistema di istruzione.

Con la memoria di costituzione depositata in data 12 settembre 2013 il

Ministero, dopo aver confermato che non sono state ancora attuate le

previsioni del d.lgs. n. 233 del 1999, ha giustificato l’inerzia

nell’emanazione dell’ordinanza ministeriale per regolare l’elezione e la

designazione dei componenti del Consiglio superiore della pubblica

istruzione argomentando dal nuovo quadro delle competenze costituzionali

in materia di istruzione risultante dalla riforma del Titolo V della

Costituzione. Più in particolare, ad avviso del Ministero, poiché il nuovo

art. 117 Cost. attribuisce alla legislazione concorrente la materia

dell’istruzione, “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con

esclusione della istruzione e della formazione professionale”, non potrebbe

essere data attuazione ad una disciplina, come quella prevista dal d.lgs. n.

233 del 1999, che lascia pochi margini decisori alle regioni nell’iter di

formazione degli organismi centrali e territoriali di rappresentanza della

scuola. Ha, pertanto, concluso per la necessità di un intervento legislativo

che, allineando la disciplina del d.lgs. n. 233 del 1999 al nuovo quadro

costituzionale di riparto delle competenze tra Stato e regioni, radichi un

nuovo sistema di rappresentanza e consulenza in materia di istruzione

scolastica e formazione.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha tuttavia rilevato che

una legge statale emanata prima della riforma del Titolo V della

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Costituzione e recante disposizioni lesive delle nuove competenze regionali

deve comunque continuare a trovare applicazione anche nel rinnovato

quadro costituzionale, finché non vengano emanate disposizioni legislative

conformi al nuovo riparto di competenze. A tale conclusioni conduce il

principio di continuità dell’ordinamento, più volte richiamato dalla

giurisprudenza della Consulta proprio per dirimere questioni di legittimità

costituzionale sollevate in relazione al riformulato art. 117 Cost.70

• a livello regionale: i Consigli regionali dell’istruzione.

Il consiglio è istituito presso ogni ufficio periferico regionale della Pubblica

Istruzione Dura in carica tre anni ed ha competenze consultive e di

supporto all’amministrazione a livello regionale. Il Consiglio è composto

anche da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Il consiglio regionale esprime parere obbligatorio in varie materie, tra cui

l’autonomia delle istituzioni scolastiche, il reclutamento e la mobilità del

personale, l’attuazione degli organici funzionali di istituto (articolo 4

decreto legislativo 233/1999).

• consigli scolastici locali: sostituiscono i consigli scolastici distrettuali e

provinciali. Possono avere sede presso gli uffici periferici

dell’amministrazione o presso istituzioni scolastiche.

Sono costituiti e sottoposti a vigilanza (con potere di scioglimento), da

parte degli enti locali, ai sensi dell’articolo 139, comma 1 lett. g del decreto

legislativo 112/1998.

I consigli scolastici locali hanno competenze consultive e propositive nei

confronti dell’amministrazione scolastica periferica e delle istituzioni

scolastiche autonome in merito, tra l’altro, all’attuazione dell’autonomia,

alle reti di scuole, all’informatizzazione, all’edilizia scolastica,

all’orientamento ecc.

70 Cfr. C. Cost. ord. 23 luglio 2002, n. 383; Id. 22 luglio 2003, n. 270; Id. 21 luglio 2004, nn. 255 e 256 nonché la chiara previsione dell’art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

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• altri organi collegiali: il singolo ente locale può istituire ulteriori organi

collegiali, temporanei o permanenti (articolo 6 decreto legislativo

233/1999).

8. 4. La responsabilità per i risultati del dirigente scolastico

Secondo l’articolo 20 del decreto legislativo 29/1993 i dirigenti “sono

responsabili del risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono

preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in

relazione agli obiettivi dei rendimenti e dei risultati della gestione

finanziaria tecnica e amministrativa, incluse le decisioni organizzative e di

gestione del personale”. La responsabilità dirigenziale si caratterizza per

essere inscindibilmente collegata alla realizzazione degli obiettivi, alla

corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, all’imparzialità e al

buon andamento dell’azione amministrativa.

A tale regola generale non fa eccezione il dirigente scolastico come emerge

dall’espressa previsione contenuta nel primo comma dell’articolo 25-bis

del decreto legislativo 29/1993 (introdotto dall’articolo 1, comma 1 del

decreto legislativo 59/1998), per cui i dirigenti scolastici rispondono no,

agli effetti dell’articolo 20, (occorre ricordare che questo è stato sostituito

dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 che all’articolo 10, comma 2,

ha abrogato i commi da 1 a 7 dell’articolo 20) in ordine ai risultati “che

sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle

verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso

l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e

composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa”.

Conseguentemente l’articolo 41 del CCNL del 31 agosto 1999, istituisce

presso ciascun ufficio scolastico regionale un nucleo di valutazione

dell’attività dei capi di istituto, presieduto dal Sovrintendente scolastico (o

da un dirigente da lui delegato), da un ispettore tecnico e da un esperto,

anche esterno, in tecniche di valutazione e controllo di gestione.

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Secondo la norma, i nuclei devono considerare i processi promossi dai capi

di istituto in ordine a:

- direzione e organizzazione dell’istituzione scolastica;

- relazioni interne ed esterne;

- innovazione e sviluppo;

- valorizzazione delle risorse umane e gestione delle risorse finanziarie e

strumentali a disposizione.

Come correttamente osservato71 la responsabilità dirigenziale trova difficile

applicazione nell’ambito della scuola, sia perché il governo è in gran parte

collegiale (al capo di istituto sono devolute precipuamente funzioni di

coordinamento, di rappresentanza e di gestione unitaria dell’istituzione) sia

in ragione della peculiarità del servizio scolastico, non valutabile in termini

di stretta efficienza economica.

È stato ritenuto72 che la previsione generica di verifiche da parte di un

nucleo di valutazione incardinato nell’amministrazione scolastica possa

difatti consentire forme indebite di condizionamento non solo per il

dirigente scolastico, ma anche per l’autonomia scolastica.

Tale affermazione sembra corretta nella misura in cui la valutazione sia tesa

anche a sindacare le scelte didattiche della scuola, nell’esercizio

dell’autonomia e della libertà di insegnamento, e nell’esercizio di tale

funzione difficilmente sindacabile. La verifica e il raggiungimento degli

obiettivi di apprendimento è pertanto oggetto di valutazione da parte

dell’Istituto Nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione.

Se invece, come si legge nella norma contrattuale, la verifica presenta

connotati organizzatori-gestionali, il problema non si pone.

71 C. MAUCERI, La dirigenza scolastica, in Il lavoro alle dipendenze delle amministrazionipubbliche, p. 903, commentario diretto da FRANCO CARINO e MASSIMO D'ANTONA (dal d.lgs. n. 29/1993 ai d.lgs. n. 396/1997, 80/1998 e 387/ 1998), Giuffrè, 2000. 72 Idem sulla valutazione dei capi di istituto, v. anche art. 25, comma 1, d.lgs. 165/2001: idirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effettidell'articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità dellefunzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito pressol'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anchenon appartenenti all'amministrazione stessa”.

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È necessario comunque, al fine di evitare responsabilità oggettive o

indirette, che sia normativamente chiarito l’ambito di competenze dei

singoli organi operanti nella scuola.

Come di recente evidenziato dal Consiglio di Stato73, si pongono problemi

interpretativi - con possibili abrogazioni - in relazione alla normativa che

regola i poteri dei dirigenti (decreto legislativo 29/1993 e successive

modifiche), e le competenze degli organi collegiali, come previste dal testo

unico 297/1994.

Ne consegue un’oggettiva incertezza circa i precisi poteri - e quindi

responsabilità - del dirigente scolastico. Anche a seguito della c.d. «riforma

Brunetta» (D.lgs. n. 150/2009) il Collegio dei docenti ha ancora la facoltà

di stabilire le modalità di impiego dei docenti. È quanto emerge da un

Parere dell’Avvocatura dello Stato, chiamata a pronunciarsi sulla cogenza

delle disposizioni di cui all’art. 28 CCNL del comparto scuola, dopo

l’approvazione del d.lgs. 150/2009.74 Secondo l’organo di rappresentanza

del Ministero, la riforma Brunetta non ha inciso sulle disposizioni

contrattuali, né ha cancellato le prerogative degli organi collegiali della

scuola. Benché il D.lgs. n. 150/2009 abbia in qualche modo ampliato i

poteri del Dirigente scolastico, tali poteri devono essere esercitati nel

rispetto delle competenze degli organi collegiali.

73 V. parere del 26 luglio 2000, n. 1021 e 27 ottobre 1999 n 1603 Cons. Stato, Sez. II74 Parere dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia prot. n. 9895 del 06.03.2013

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CAPITOLO II.

L’AUTOGOVERNO DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA

1. L’organizzazione della scuola e la libertà di insegnamento

a) La peculiarità ontologica del servizio scolastico

Nella sua struttura essenziale l’insegnamento si traduce in un rapporto tra

insegnante e allievo a contenuto formativo e didattico. Tuttavia, dato che

nell’epoca attuale l’istruzione è impartita nell’ambito di una struttura

amministrativa complessa, si pone il problema, ove si riconosca alla stessa

una certa autonomia, di quale sia l’organizzazione più confacente con il

tipo di funzione svolta e con la libertà di insegnamento riconosciuta al

singolo docente.

L’aspetto organizzativo è particolarmente complesso e delicato, con

conseguenze inevitabili, a breve e a lungo termine, sulla preparazione

tecnica e umana degli alunni. In materia scolastica ogni scelta organizzativa

è, infatti, di frequente, una scelta didattica.

Due sono gli elementi che concorrono a differenziare la struttura scolastica

da ogni altro organismo amministrativo.

Il primo riguarda la natura ontologica del servizio prestato, che non è

riconducibile ad un servizio puramente commerciale o amministrativo.

E’ stato efficacemente sottolineato, in proposito, che “la funzione docente,

non rientra nella funzione amministrativa, bensì costituisce un alterum

genus, caratterizzato dall’attività di trasmissione della cultura, di contributo

alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale

processo, nonché alla formazione della loro personalità”.75

Se è vero, infatti, che l’insegnante deve esplicare anche funzioni

75 SALVATORE MASTROPASQUA: Insegnamento (Libertà di) in “Novissimo dig.”, appendice IV, Utet, Torino, 1983, 287.

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amministrative (quella di partecipare al governo della scuola, nonché

l’attività valutativa e certificativa della preparazione degli alunni), vero è

che in essa non si riconduce se non la parte più esterna e marginale del

rapporto educativo. Non sembra, quindi, corretto far rientrare la funzione

docente in quella amministrativa, sulla base della schematica ripartizione

delle funzioni (legislativa, giurisdizionale, amministrativa).76

Diversamente opinando, viene ad essere svalutata la stessa funzione

docente e il ruolo essenziale dell’insegnamento. Il docente quindi, sotto tale

profilo, non esaurisce il suo status nella figura e funzione del pubblico

impiegato.

Proprio in ragione della peculiarità della funzione scolastica, che si

differenzia dalla normale gestione amministrativa e che non è ad essa

riconducibile, il legislatore ha “escogitato” per la scuola una forma di

governo collegiale che ne rispetti, appunto, la finalità, creando gli organi

collegiali:

- il consiglio di istituto o di circolo nelle scuole elementari

(rappresentativi delle varie componenti della scuola) avente competenze

generali in materia di indirizzi gestionali educativi, di programmazione

economico-finanziaria e in particolare con il compito di definire gli

indirizzi generali per le attività della scuola; adottare il piano dell’offerta

formativa elaborato dal collegio dei docenti verificandone la

corrispondenza agli indirizzi generali e alle compatibilità rispetto alle

risorse umane e finanziarie disponibili; determinare i criteri per

l’utilizzazione delle risorse finanziarie; approvare i documenti contabili

fondamentali e adottare il regolamento interno dell’istituzione scolastica;

- il collegio dei docenti (formato esclusivamente dai soggetti tecnicamente

competenti: i docenti) che è un organo tecnico e professionale con

competenze generali in materia didattica e di valutazione dei risultati

dell’attività didattica. Esso approva il piano dell’offerta educativa, i profili

76 ibidem

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didattici delle iniziative, dei progetti e degli accordi ai quali l’istituzione

scolastica intende aderire, la proposta di regolamento interno

dell’istituzione per le parti relative ai profili didattici, al funzionamento del

collegio stesso, delle sue articolazioni e degli organi cui compete la

programmazione didattico-educativa e ogni altro provvedimento connesso

con l’esercizio dell’autonomia didattica.

b) La libertà di insegnamento

L’ulteriore elemento che concorre a differenziare l’attività di insegnamento

da ogni altra funzione amministrativa è costituito dalla libertà di

insegnamento.77

Tale diritto è sancito innanzitutto dalla Costituzione: “L’arte e la scienza

sono libere e libero ne è l’insegnamento”(articolo 33).

Come è pacifico, la stessa si traduce nella duplice libertà: libertà “nella”

scuola (libertà di insegnamento), libertà “della” scuola (diritto dei privati di

costituire scuole non statali).

Per quanto concerne la libertà “nella” scuola, di cui si parla in questa sede,

questa si sostanzia nella libertà di insegnamento, che si traduce nella libertà

di insegnare secondo metodi e criteri didatticamente validi, senza dover

subire intromissioni altrui o condizionamenti di alcun genere.78

Secondo l’articolo 1 del testo unico 297/94 (formazione della libertà degli

alunni e libertà di insegnamento)”nel rispetto delle norme costituzionali e

degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è

garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e

come libera espressione culturale del docente.

L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto

77 È largamente diffusa nella scienza giuridica l'idea della riconduzione della libertà diinsegnamento alla libertà di manifestazione del pensiero, considerando l'insegnamento inrapporto di specie a genere con la manifestazione del pensiero; si vedano al riguardo, tra gli altriS. FOIS, Principi costituzionali e libere manifestazioni del pensiero, Milano, Giuffrè, 1957 e V.CRISAFULLI, La scuola nella Costituzione, in “Riv. Trim. dir. pubblicato”, 1956. 78 così testualmente S. MASTROPASQUA, Insegnamento (libertà di), pag. 289.

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aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli

alunni.

E’ garantita l’autonomia professionale nello svolgimento della attività

didattica, scientifica e di ricerca”.

Aggiunge l’articolo 2: “tutela della libertà di coscienza degli alunni e diritto

allo studio: l’azione di promozione di cui all’articolo 1 è attuata nel rispetto

della coscienza morale e civile degli alunni”.

Limite intrinseco alla libertà di insegnamento è la scientificità del

contenuto rappresentato agli alunni, nonché il rispetto, della persona e della

libertà di coscienza.

Ciò premesso, occorre considerare che il problema riguarda gli eventuali

limiti estrinseci alla libertà di insegnamento derivanti sia da dall’apparato

organizzatorio statale che dalla gestione collegiale e democratica della

scuola.79

Per quanto concerne il primo aspetto, si è concordemente affermato che i

poteri autoritativi dello Stato devono adottare un’organizzazione scolastica

che sia compatibile con essi, provvedendo sì ad organizzare i servizi

scolastici, le ore di insegnamento e quanto altro necessario, ma senza

prevedere né procedere ad alcuna intrusione nel rapporto didattico, che

deve essere lasciato, per ciò che concerne la trasmissione della cultura,

all’autonoma determinazione e al singolare indirizzo di ogni insegnante.80

Tuttavia, la libertà di insegnamento, essendo attribuita la singolo docente,

può vedersi limitata anche da organi della stessa scuola.

Negli ultimi decenni, infatti, si è sempre maggiormente allargata all’interno

delle strutture scolastiche la partecipazione rappresentativa, indirizzata ad

una maggiore democratizzazione della scuola. Tuttavia, anche tale forme di

partecipazione possono creare problemi di compatibilità con la libertà di

79 UMBERTO POTOTSCHNIG, in Insegnamento (libertà di), Enc. Giuffré, 1971., volume XXI, pag. 749. 80 Così: MELE, Libertà di insegnamento e metodi didattici sperimentali in: TAR 1985-parte II, pag. 33

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insegnamento, dato che quest’ultima deve essere tutelata anche nei

confronti degli organi collegiali: se, infatti, la libertà di insegnamento è

riconosciuta tout court al “singolo docente, è chiaro che essa non gli può

essere sottratta neppure da un organo collegiale di cui egli sia membro”.81

Si può quindi dare l’evenienza dell’impugnazione di atti che siano in

contrasto con la libertà di insegnamento: la giurisprudenza ha riconosciuto

l’interesse all’impugnazione degli insegnanti dissenzienti dalla

deliberazione del collegio dei docenti ritenuta lesiva della libertà di

insegnamento.82

La delibera degli organi collegiali, infatti, pur essendo efficace anche nei

confronti della minoranza dissenziente (non essendo richiesto l’unanimità

dei votanti), può essere però impugnata ove vi sia stata violazione della

libertà di insegnamento.83

c) Libertà di insegnamento e Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.)

L’articolo 4 decreto del Presidente della Repubblica 275/99 (regolamento

sull’autonomia scolastica), sancisce che l’autonomia didattica si espleta

“nel rispetto della libertà di insegnamento”.

La maggiore autonomia didattica e di ricerca riconosciuta alle scuole con la

recente riforma, nonché l’allontanamento dall’impostazione di programmi

ministeriali specifici per l’approccio alla verifica per obbiettivi, appare

maggiormente confacente al rispetto della libertà di insegnamento, intesa

come svincolo delle scuole dall’incidenza statale su scelte di tipo didattico.

Occorre verificare però se, con l’operatività del Piano dell’offerta formativa

81 POTOTSCHNIG, op. cit., pag. 749. 82 La deliberazione del collegio dei docenti non è un atto meramente programmatorio, e cometale lesivo (TAR Lombardia, Sez. III, 1984 n. 209. 83 “Al riguardo deve osservarsi che la legge attribuisce al Collegio dei docenti nella materia dicui trattasi un “potere deliberante”, che trova limiti solo nella garanzia della libertà diinsegnamento. Una volta, pertanto, che sia stato accertato, come nel caso, il rispetto di talelimite, deve ammettersi che le deliberazioni di che trattasi sono vincolanti anche nei confrontianche dei docenti dissenzienti in minoranza, non prevedendo la legge che esse debbano essereadottate all’unanimità per la loro piena operatività, né concedendo ai singoli dissenzienti unafacoltà di dissociazione nell’attuazione dei programmi didattici ed educatici deliberati” (TarLazio, Foro Amm. 1984 pag. 726).

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della scuola (P.O.F.), si verifichino situazioni incompatibili con la libertà

didattica riconosciuta al singolo docente.

Non è escluso, invero, che la possibilità per la scuola di incidere in modo

consistente nell’organizzazione del servizio scolastico (con la possibilità di

aggregare discipline scolastiche, di articolazione modulare di gruppi di

alunni, e altre forme di novità organizzativo-didattiche), possano interferire

con la libertà didattica del docente.

Non sembra, infatti, superflua la dizione della norma, laddove, nello

stabilire i contenuti della “autonomia didattica”, chiarisce che la

progettualità della scuola deve essere esercitata “nel rispetto della libertà di

insegnamento” (articolo 4).

Si deve puntualmente verificare, nelle fattispecie concrete e con la messa in

atto delle nuove scelte delle scuole, se vi siano incidenze e restrizioni sulla

libertà di insegnamento.

La soluzione, probabilmente, va cercata nei seguenti termini.

Il primo riguarda la valutazione concreta se la metodologia organizzativa

che la scuola ha operato nell’ambito dell’autonomia riconosciuta dalla

legge abbia effettivamente inciso sulla scelta didattica del docente, o se sia

puramente estrinseca alla stessa; la valutazione non è però semplice, e può

dare adito a soluzioni contrastanti.84

Ove la scelta operata sia di natura didattica, è necessario l’assenso del

84 V. in relazione all’adozione del tempo pieno; soluzioni contrastanti in giurisprudenza inordine alla lamentata lesione della libertà di insegnamento: TAR Sicilia 15. 1. 1986 n. 12 “ildiritto alla libertà di insegnamento, costituzionalmente garantito, consiste nella scelta dellemodalità e dei contenuti dell’insegnamento nel rispetto dei programmi, nonché dei fondamentalicriteri di esercizio della funzione docente: di conseguenza, l’incidenza di atti autoritativiconcretamente idonei a modificare l’attività di insegnamento, indirizzandola verso schemi olinee non logicamente scaturenti dall’insegnamento stesso, viene a ledere l’autonomia e ladignità in esso radicate (fattispecie d’istituzione del “tempo pieno” con l’inclusione di unaclasse senza il consenso dell’interessato”. Nello stesso senso: TAR Lombardia, Sez. III, 263/85, secondo cui: “per il principio di libertà di insegnamento garantita dall’art. 33 comma 1 Cost, contenuto nell’art. 1 d.P.R. 31 maggio 1974 n. 417, per la realizzazione del tempo pieno nellescuole può essere utilizzato solamente quel personale docente che vi consenta, rivelandosiarbitraria l’imposizione di tale modello didattico a quegli insegnanti che non intendono aderirvi. Confr., invece, Cons. Stato, sez. VI, 635/92 e TAR Basilicata, 26 gennaio 1990 n. 2, che, relativamente al tempo pieno, specificano trattarsi di una scelta organizzativa che non incidesulla libertà di insegnamento.

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docente.85 E’ allora necessario rispettare eventuali diverse impostazioni.

Esplicitamente per salvaguardare tale scelte, l’articolo 3, comma 2, decreto

del Presidente della Repubblica 275/99, dichiara che il P.O.F. “comprende

e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e

valorizza le corrispondenti professionalità”.

In conclusione si ritiene che nel P.O.F., debba essere lasciato spazio a

scelte metodologiche diverse da quelle adottate dalla maggioranza dei

docenti.

2. Il governo collegiale dell’istituzione scolastica

Anteriormente all’emanazione dei decreti delegati sulla scuola,

l’organizzazione scolastica era assai semplificata, facendo capo in tutto alla

struttura gerarchica del Ministero e prevedendo solo in modo limitato la

partecipazione di organi collegiali (in tema di collegio dei professori o di

consiglio di classe cfr. articolo 27, 28, 37 e 38 regio decreto 30 aprile 1924

n. 965).

Con i decreti delegati del 31 maggio 1974 (in attuazione della legge delega

30 luglio 1973 n. 477), furono istituiti nuovi organi collegiali di governo e

riordinati quelli già esistenti con la finalità di “realizzare la partecipazione

nella gestione della scuola dello Stato, dando alla scuola stessa i caratteri di

una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e

civica”(articolo 5 legge 477/1973).86

85 MELE, op. cit., pag. 37. 86 La dottrina ricorre alla figura dell'unione personale di organi per spiegare la natura degliorgani collegiali, organi dello Stato inseriti nella sua amministrazione ed al tempo stesso organidella comunità scolastica (cfr. A: PIZZORUSSO, La comunità scolastica nell'ordinamentorepubblicano, in “Foro it. “, 1975, e. 224); la giurisprudenza, se nega che l'autonomia loroconferita giunga fino al punto da configurarli quali centri portatori di autonoma soggettività, afferma che essi, che «pure fanno parte della composita struttura scolastica, operano nell'ambitodi quell'ordinamento e concorrono a perseguire e realizzare l'interesse della pubblica istruzioneproprio della scuola», non sono sottoposti gerarchicamente alle autorità scolastiche. Cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, parere 12 gennaio 1983, n. 1114, in “Rivista giuridica della scuola”, 1986, p. 397; nello stesso senso, già T. A. R. Lombardia, 7 novembre 1979, n. 925, ivi, 1982, p. 137; T. A. R. Piemonte, 18 ottobre 1977, n. 494, m, 1979, p. 649; inoltre C, Conti, Sez. II, 12luglio 1989, n. 151, in “Foro amm.”, 1990, p. 536; Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 settembre1989, n. 1222 in Consiglio di Stato, 1989, p. 1079 e sulla scia di tale parere ricordiamo la

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Gli istituiti organi collegiali dovevano, pertanto, provvedere al governo

della scuola, accanto al Preside, per gestire l’autonomia amministrativa

riconosciuta con la stessa legge.

A differenza della maggior parte delle attribuzioni degli organi collegiali

territoriali (il consiglio scolastico provinciale, il Consiglio Nazionale della

Pubblica istruzione ecc.), gli organi della scuola previsti dalla legislazione

delegata hanno potere non semplicemente consultivo, ma deliberante.

Le norme contenute nei decreti delegati, sono poi state recepite nel testo

unico 297/94, Parte prima, titolo I, intitolato: “Organi collegiali della

scuola e assemblee degli studenti e dei genitori”.

In particolare, la parte che qui interessa relativa al governo dell’istituzione

scolastica, si trova disciplinata nel capo I del titolo I, che riporta: “organi

collegiali a livello di circolo e di istituto e assemblee degli studenti e dei

genitori”.

Tali norme rimarranno in vigore fino alla riforma degli organi collegiali

della scuola, come disciplinato dal Decreto legislativo 30 giugno 1999, n.

233, Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma

dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.

Al fine di evitare prolungate elencazione delle competenze di ogni singolo

organo, si ritiene più utile esaminare brevemente alcuni punti essenziali

relativi ai medesimi.87

1. Nell’istituzione degli organi di governo della scuola, come già rilevato, il

legislatore ha tenuto presente la duplice funzione svolta nell’ambito

scolastico: quella principale – funzione docente – e quella ausiliaria –

funzione amministrativa.

Ha istituito quindi due organi con funzioni deliberanti, l’uno relativo agli

aspetti didattici dell’insegnamento, l’altro a quelli amministrativi e

circolare del 12 febbraio 1985, n. 60 che qualifica gli organi collegiali della scuola come organidello Stato. 87 Per un ampia disamina, v. G. RAPPAZZO, A. PIETRELLA: “La gestione collegiale della scuola”Giuffrè, 1987, pag. 1361.

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gestionali.

Il primo è rappresentato dal collegio dei docenti: lo stesso è formato da tutti

i docenti in servizio nella scuola (siano o no di ruolo), ed è presieduto dal

direttore didattico (nelle scuole elementari) o dal Preside, oggi unificati

nella figura del Dirigente scolastico.

Il collegio dei docenti ha potere deliberante, e, pertanto, partecipa

attivamente al governo della scuola, in materia didattica (ad esempio, tra le

competenze elencate dall’articolo 7, testo unico 297/94: cura la

programmazione dell’azione educativa e l’adeguamento dei programmi di

insegnamento alle esigenze ambientali; adotta i libri di testo; adotta le varie

iniziative di tipo didattico), ha poi funzioni consultive sempre in materia

didattica (consiglio di classe: funzione consultiva e valutativa).

Il consiglio di istituto (o di circolo per le elementari) ha carattere

rappresentativo, perché formato da rappresentanti delle varie componenti

della scuola (docenti, personale amministrativo, genitori alunni, direttore

didattico o preside; nelle scuole secondarie superiori, anche rappresentanti

degli alunni).

I poteri del consiglio di istituto sono anch’essi deliberativi, e riguardano

principalmente l’attività amministrativa della scuola (determinazione di

forme di autofinanziamento; deliberazione del bilancio; adozione del

regolamento interno, programmazione attività extrascolastiche ecc. v.

articolo 10 testo unico 297/94).

Le delibere del Consiglio di istituto sono eseguite dalla Giunta esecutiva

(con a capo il Preside o il direttore didattico), che ha anche funzioni

propulsive.

Non hanno invece funzione deliberante le assemblee degli studenti e dei

genitori.

In realtà, come da più parti rilevato è opinione diffusa quella secondo cui il

governo collegiale della scuola non si sia mai realizzato, rimanendo lo

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stesso al potere direttivo (capo di istituto e giunta esecutiva).88

L’individuazione dei motivi pare complessa. Gli stessi possono forse essere

ricondotti ad una molteplicità di cause: il limitato ruolo della autonomia

riconosciuto alle scuole in ambito amministrativo e didattico; l’eccessivo

frazionamento di competenze tra i vari organi; il numero elevato di

componenti del collegio dei docenti, senza divisione di competenze89; le

scarse competenze tecniche del massimo organo deliberante in materia

amministrativa (consiglio di istituto), dovute, probabilmente alla eccessiva

rappresentatività.90

3. Organi collegiali e competenze del dirigente scolastico

Probabilmente in ragione del fatto che nella scuola le scelte organizzative e

quelle didattiche non di rado si sovrappongono, le competenze attribuite ai

due organi collegiali a volte si confondono; così come non esattamente

delineate risultano le competenze degli organi collegiali rispetto al capo di

istituto.

La situazione è attualmente complicata dalla attribuzioni riconosciute al

Dirigente scolastico, in base al decreto legislativo 29/93 (articolo 25 bis

così come integrato dal decreto legislativo 6 marzo 1998 n. 59 e dal decreto

legislativo 165/2001), che affida al dirigente scolastico la gestione unitaria

della istituzione, la gestione delle risorse finanziarie e strumentali, nonché

poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse

88 v. per tutti: CORRADO MAUCERI: “la dirigenza scolastica” in “Il lavoro alle dipendenze dellepubbliche amministrazioni “... 2000 AA. VV. 89 Per limitare gli inconvenienti legati all’elevato numero di componenti del collegio deidocenti, con conseguenti riunioni svolte in modo confuso e non concludente, il Ministero haproposto con circolare 274/1984 del 19 settembre, moduli di organizzazione del lavorocollegiale. A tale scopo è apparso utile al Ministero suggerire, nell’esercizio dei poteri diautorganizzazione, delle forme di articolazione interna del collegio. cit. in RAPAZZO, op. cit. pag. 237. A livello amministrativo era affidata al Provveditore agli Studi la soluzione deiconflitti di competenza tra organi delle istituzioni scolastiche (art. 28 u. c. t. u. 297/94). Talepotere, che rientrava nelle funzioni di vigilanza del Provveditore, è stato abrogato dall’art. 17del regolamento 275/99 relativo all’autonomia delle istituzioni scolastiche. 90 “Al riguardo si può osservare che quanto più numeroso ed eterogeneo nella sua composizioneè l’organo collegiale, tanto più basso risulterà il livello medio della competenza, con evidentiriflessi negativi sul buon funzionamento dell’organo medesimo”. S. MASTROPASQUA, Insegnamento (libertà di) cit. pag. 293.

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umane.

Il problema è rilevante considerate le competenze amministrative che sono

state trasferite alle scuole in materia di gestione del personale (articolo 14

decreto del Presidente della Repubblica 275/1999), nonché la più ampia

autonomia finanziaria e contabile delle scuole.

Il dirigente scolastico ha il compito di organizzare l’attività scolastica

secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa e risponde in ordine ai

risultati.

La normativa precitata ha creato la nuova figura del dirigente delle

istituzioni scolastiche, modificando “le funzioni direttive” di cui all’articolo

396 testo unico 297/94 in funzioni dirigenziali.

Come di recente evidenziato dal Consiglio di Stato “il nuovo assetto della

dirigenza scolastica vale a rendere operativo il principio dell’autonomia

delle istituzioni scolastiche individuando un referente tendenzialmente

unico per la realizzazione dei fini di gestione di tutte le funzioni

amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle

istituzioni scolastiche e di realizzazione della flessibilità, diversificazione,

efficienza ed efficacia del servizio scolastico dell’articolo 21 commi 4 e 8,

come elementi qualificanti del predetto principio.

Di qui la necessità di evitare, per quanto possibile, duplicazioni, dispersioni

o frammentazioni di competenze tra i vari organi della scuola che

vanificherebbero, attraverso un assetto fluttuante e incerto delle funzioni, le

finalità di autonomia, efficienza ed efficacia dell’azione delle istituzioni

scolastiche correlate alla tendenziale concentrazione di compiti nella figura

del dirigente scolastico.

Tale necessità traspare, d’altronde con specifico riferimento al settore

scolastico, dall’articolo 21 comma 15 della legge 59/97, che nel fissare i

principi e criteri direttivi delle norme delegate per la riforma degli organi

collegiali della pubblica istruzione a qualsiasi livello, individua

specificamente quello dell’eliminazione delle duplicazioni organizzative e

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funzionali, secondo il precetto generale dell’articolo 12, comma 1 lett. g)

della stessa legge” (parere Consiglio di Stato sez. seconda 26 luglio 2000 n.

1021; nonché, parere Consiglio di Stato sez. seconda 27. 10. 1999 n. 1603).

Nel ritenere l’incompatibilità tra alcune attuali competenze del dirigente

scolastico e quelle attribuite dal testo unico 297/94 agli organi collegiali

(nel caso di specie in ordine alla scelta dei propri collaboratori, nonché di

gestione delle risorse finanziarie e strumentali), il Consiglio di Stato ha

ritenuto urgente la riforma degli organi collegiali della scuola, che metta

ordine nella materia in esame.

4. La riforma degli organi collegiali

Nuovi organi collegiali sono previsti per la scuola dell’autonomia. In

effetti, come sopra evidenziato, la riforma degli organi dell’istituzione

scolastica si rende urgente a fronte delle nuove competenze attribuite alle

scuole e ai poteri e responsabilità riconosciuti ai dirigenti scolastici dal

decreto legislativo 59/1998 e dal decreto legislativo 165/2001.

E’ attualmente ancora allo studio del Parlamento un disegno di legge

presentato in data 9 luglio 2013, annunciato nella seduta ant. n. 63 del 10

luglio 2013 al Senato. Nella relazione al provvedimento presentato dalla

Sen. Giannini, si evincono le preoccupazioni per “l'istruzione pubblica

italiana … ormai da tempo profondamente in crisi, con gravi risvolti

negativi per l'intero Paese. Testimonianza ne sono, tra le altre cose, la

dispersione scolastica, il bullismo, le classi sovraffollate, gli edifici

scolastici non in sicurezza, i giovani inoccupati, i risultati scolastici

inferiori nei raffronti internazionali dell'OCSE, la carenza di giovani

adeguatamente formati per il mercato del lavoro, l'analfabetismo di ritorno,

i docenti demotivati, l'indebolimento generale del tessuto culturale del

Paese”. Il testo recepisce l'atto Senato n. 3542, frutto del lavoro della VII

Commissione cultura della Camera dei deputati, nato dall'iniziativa

parlamentare della deputata Valentina Aprea come atto Camera n. 953 e poi

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approvato in un testo unificato da quel ramo del Parlamento, il cui iter di

esame al Senato della Repubblica si è interrotto presso la VII Commissione

permanente a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

Il disegno di legge intende, in particolare, “proporre un nuovo modello di

governance della scuola statale che punta a trasformare radicalmente la

guida delle istituzioni scolastiche, la quale si presenta, ancora oggi,

caratterizzata da elementi che non colgono pienamente i cambiamenti

costituzionali e i recenti progressi e le innovazioni sulle norme di governo

in materia sia amministrativa che didattica”. Ancor più importante,

all'interno di questo cambiamento, che può agevolmente trovare attuazione

nel titolo V della parte seconda della Costituzione, resta la sfida di

ricollocare le risorse finanziarie destinate all'istruzione partendo dalla

libertà di scelta delle famiglie.

Il disegno di legge si compone di sedici articoli.

L'articolo 1 riguarda l'autonomia delle istituzioni scolastiche,

costituzionalmente sancita e riconosciuta sulla base di quanto stabilito

dall'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive

modificazioni, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della

Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e i loro rapporti con lo Stato, le regioni e

le autonomie locali che contribuiscono al perseguimento delle finalità

educative delle stesse.

L'articolo 2 disciplina gli organi delle istituzioni scolastiche organizzati

sulla base del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo, funzioni

di gestione e funzioni didattico-educative. Tali organi sono il consiglio

dell'autonomia, il dirigente scolastico, con funzioni di gestione e di

coordinamento, il consiglio dei docenti con le sue articolazioni: consigli di

classe, commissioni e dipartimenti; il nucleo di autovalutazione.

L'articolo 3 definisce il consiglio dell'autonomia che ha compiti di indirizzo

generale dell'attività scolastica.

L'articolo 4 disciplina la composizione del consiglio dell'autonomia,

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composto da un numero di membri compreso fra nove e tredici e presieduto

dal dirigente scolastico.

L'articolo 5 enuncia le prerogative del dirigente scolastico, il quale,

nell'ambito delle proprie funzioni di cui all'articolo 25 del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha la legale rappresentanza

dell'istituzione e, sotto la propria responsabilità, gestisce le risorse umane,

finanziarie e strumentali e risponde dei risultati del servizio agli organismi

istituzionalmente e statutariamente competenti, ai sensi del decreto

legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

L'articolo 6 riguarda il consiglio dei docenti e le sue articolazioni al fine di

progettare le attività didattiche e di valutazione collegiale degli alunni.

L'articolo 7 riconosce e promuove la partecipazione e i diritti degli studenti

e delle famiglie rispetto all'attività della scuola, con particolare riguardo al

diritto allo studio e alle misure di contrasto alla dispersione scolastica.

L'articolo 8 regolamenta la costituzione in ciascuna scuola del nucleo di

autovalutazione dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità complessive del

servizio scolastico, in raccordo con l'Istituto nazionale per la valutazione

del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), di cui al

decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286.

L'articolo 9 regola la conferenza di rendicontazione che il consiglio

dell'autonomia deve promuovere annualmente, inviando successivamente

una relazione all'ufficio scolastico regionale.

L'articolo 10 disciplina la costituzione di reti e consorzi a sostegno

dell'autonomia scolastica, nel rispetto dei requisiti, delle modalità e dei

criteri fissati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1,

della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.

L'articolo 11 norma l'istituzione da parte del Ministro dell'istruzione,

dell'università e della ricerca del Consiglio nazionale delle autonomie

scolastiche e conferenze regionali del sistema educativo, scolastico e

formativo nazionale integrato.

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L'articolo 12 prevede la costituzione di una commissione di monitoraggio

da istituirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su

proposta del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca con lo

scopo di seguire per due anni il processo attuativo delle disposizioni di cui

al presente disegno di legge.

L'articolo 13 dispone una serie di abrogazioni.

L'articolo 14 include una norma di salvaguardia.

L'articolo 15 contiene una norma transitoria riguardante l'ufficio scolastico

regionale che esercita i compiti di organo competente di cui all'articolo 3,

commi 4 e 5 fino alla completa attuazione del titolo V della parte seconda

della Costituzione.

L'articolo 16 include una clausola di neutralità finanziaria.

5. La progettualità della scuola: il Piano dell’Offerta Formativa

(P.O.F.)

Caratteristica essenziale della scuola “dell’autonomia”, è la possibilità di

predisporre un piano dell’offerta formativa differenziato da scuola a scuola.

La predisposizione del piano è obbligatoria per la scuola, dovendo la stessa

indicare in che modo intende gestire l’ambito di scelta didattica e

organizzativa riconosciuto dalla legge.

“Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e

progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione

curricolare, extracurriculare, educativa ed organizzativa che le singole

scuole adottano nell’ambito della loro autonomia” (articolo 3 decreto del

Presidente della Repubblica 275/99).

Occorre a tal punto analizzare più da vicino le competenze degli organi

scolastici in ordine alla elaborazione ed adozione del P.O.F.

Il problema sembra di non scarsa rilevanza considerato che, a differenza del

passato, con l’elaborazione del P.O.F. e il riconoscimento di effettivi spazi

di autonomia, gli organi della scuola hanno un’effettiva e maggiore

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possibilità operativa.

Inoltre, l’autonomia organizzativa, riguarda proprio la gestione delle

metodologie di apprendimento (es. unificazione delle classi, aggregazioni

di materie), ambiti in cui comunque vi è un’intersecazione tra un aspetto di

tipo gestionale (legato ad es. al numero di docenti assegnati alla scuola), e

aspetti di tipo didattico (convenienza ad applicare una metodologia

didattica piuttosto che un’altra in relazione alla maturazione degli alunni

concretamente presenti nella scuola).

Se si considera che in passato il collegio dei docenti ha avuto comunque un

ruolo marginale, attualmente la possibilità di scelta, tra l’altro, del 15%

delle discipline e delle attività extracurriculari, ne amplia notevolmente la

possibilità di azione.

La molteplicità di interessi in gioco (non esclusi quelli economici legati alle

sponsorizzazioni di attività della scuola), può generare un potenziale

conflitto tra i vari organi scolastici, in ordine alla adozione della scelta

progettuale della scuola. (che ne influenza comunque, anche verso

l’esterno, l’impostazione culturale).

Secondo il regolamento sulla autonomia il P.O.F. è elaborato dal collegio

dei docenti sulla base degli indirizzi generali per l’attività della scuola e

adottato dal consiglio di circolo o di istituto.

L’elaborazione del P.O.F. deve avvenire “tenuto conto delle proposte e dei

pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni, anche di fatto dei

genitori e per le scuole secondarie, degli studenti”.

A tal fine questo il dirigente scolastico “attiva i necessari rapporti con gli

enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed

economiche operanti sul territorio” (articolo 3).

Occorre a questo punto verificare quale natura giuridica e quale

obbligatorietà abbia la consultazione con altri organismi operanti sul

territorio.

Innanzi tutto è necessario considerare quali siano gli adempimenti del capo

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73

di istituto in relazione alla attivazione dei rapporti con le varie realtà

istituzionali.

La stessa non può tradursi nell’obbligo di informazione di una serie

indeterminata di soggetti a pena di nullità del P.O.F., quanto nella

disponibilità del medesimo alle iniziative proposte dai soggetti interessati.

Il collegio dei docenti - nella elaborazione del piano - deve tenere conto

delle proposte formulate, nel senso che ha l’obbligo di valutare

l’adeguatezza didattica delle medesime, in relazione al tipo di alunni che

frequentano la scuola.

Il P.O.F., deve tenere conto anche delle esigenze del contesto territoriale,

sociale ed economico della realtà locale, ma ciò non significa che il

collegio dei docenti debba essere vincolato dall’eventuale vantaggio

economico della iniziativa.

Diversamente opinando si verrebbe ad eliminare l’autonomia didattica

riconosciuta alla scuola.

Tale autonomia, deve essere affermata non solo nei confronti dello Stato,

ma anche delle realtà locali e territoriali.91

La scuola è l’ultimo soggetto responsabile delle scelte didattiche ivi svolte.

Tale responsabilità e garanzia è peraltro manifestazione - sia pure collettiva

- della libertà di insegnamento, riaffermata da tutte le fonti normative della

riforma.

Il P.O.F., è adottato dal Consiglio di circolo o di istituto. Lo stesso è reso

pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.

91 A. PAINO: “Nel sistema della legge 59, il complesso di funzioni e compiti che possonocostituire oggetto di conferimento alle autonomie regionali e colali appare, pertanto, delimitato amonte, della riserva, allo Stato, dei compiti riconducibili alle previsioni di cui all'art. 1, comma3, lett. q, ed a valle, della riserva alle scuole dei compiti da trasferire a queste ultime nel quadrodella autonomia scolastica”.(A. Paino, Lo Stato autonomista, Aa. Vv., Il Mulino, 1998, p. 445).

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CAPITOLO III.

LA SOGGETTIVITÀ E LA GESTIONE DEI BENI

1. Personalità giuridica e titolarità dei beni.

L’acquisto della personalità giuridica determina la piena soggettività della

scuola nei confronti dei terzi.

Ciò significa che, a differenza del passato, l’istituzione scolastica è

direttamente titolare di diritti e di doveri, e non invece il Ministero della

Pubblica Istruzione.92 Questo avviene sia sul piano sostanziale che su

quello processuale.

Dal punto di vista sostanziale, le scuole, diventano titolari di diritti reali -

mobiliari e immobiliari - nonché di diritti di credito e di obblighi.

Dal punto di vista processuale, è l’istituzione scolastica ad avere la

legittimazione processuale, e quindi a stare in giudizio, in persona del

dirigente scolastico.93

Con l’attribuzione della personalità giuridica, l’istituzione scolastica, è

titolare dei propri beni, sia mobili che immobili. Gli stessi costituiscono il

patrimonio della scuola, e sono iscritti in relativi inventari, tenuti dal

direttore dei servizi generali e amministrativi.94

Per inventario si intende la procedura di ricerca e individuazione dei beni, a

cui segue l’ulteriore attività di classificazione (qualità, quantità, ecc.)

nonché di valutazione del singolo bene attraverso operazioni di valore di

stima e di costo. Il patrimonio consiste nel complesso dei beni economici

92 ad eccezione, come visto, delle scuole che, già in passato, erano dotate di personalitàgiuridica. 93 per un’esauriente disamina della capacità di agire sostanziale e processuale degli istitutiscolastici dotati di personalità giuridica, v. Cass. Sez. III, sent. n. 10982 del 1996, jonché Cass. Sez. U. 1991 n. 1316994 V. circolare ministeriale 253 del 10 novembre 2000 avente ad oggetto “Autonomiascolastica”. Acquisizione della personalità giuridica. Contabilità beni mobili dello Stato. Passaggi di consegne”.

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che appartengono alla Istituzione scolastica autonoma; essi si distinguono

in immobili, mobili infruttiferi (durevoli e di consumo) e mobili fruttiferi

(titoli e valori).

Anche i beni di consumo (di poco valore o deperibili), pur non essendo

oggetto di inventariazione, devono essere contabilizzati. Ciò serve per poter

determinare la consistenza patrimoniale, nonché la quantità di giacenza dei

beni.

Secondo il regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche95, i beni

immobili appartenenti al patrimonio dello Stato e degli enti locali, sono

concessi in uso alle istituzioni scolastiche.

La normativa non prevede quindi un passaggio di proprietà dagli enti

predetti alle scuole, non potendosi, con atto regolamentare, derogare alla

disciplina prevista dalla legge 23/96, in materia di edilizia scolastica, che

prevede la proprietà - e anche gli oneri - delle scuole a carico degli enti

locali.

Peraltro, considerati tutti fenomeni di migrazione interna, che possono

determinare nel giro di poco tempo, eccedenze o insufficienze gravi nella

disponibilità di spazi per l’attività didattica, sembra più opportuno

mantenere per le scuole l’attuale assetto amministrativo, ovvero

l’utilizzazione in uso degli edifici scolastici, che consente all’ente locale di

ridistribuire gli edifici in caso di necessità.

Ciò non toglie che le stesse possano diventare proprietarie di altri immobili

da utilizzare per le finalità scolastiche o per forme di autofinanziamento,

anche grazie a donazioni.

Ma con quali mezzi possono le istituzioni scolastiche provvedere,

eventualmente all’acquisto di immobili?

Al riguardo, l’articolo 49 del regolamento di contabilità chiarisce che

l’acquisto di immobili può essere fatto esclusivamente con fondi derivanti

95 V. art. 23 decreto ministeriale 1 febbraio 2001, n. 44: regolamento concernente le “Istituzionigenerali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche” pubblicato in G.U. 9 marzo 2001.

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da attività proprie, da legati, eredità e donazioni.

Per facilitare - in tal senso - l’incremento del patrimonio scolastico, la legge

59/97 (articolo 21 comma 6), abroga le disposizioni che prevedono

autorizzazioni preventive per l’accettazione di donazioni, eredità e legati da

parte delle istituzioni scolastiche. Sui cespiti ereditari e su quelli ricevuti

per donazione non sono poi dovute le imposte in vigore per le successioni e

le donazioni.96

2. L’autonomia finanziaria

L’autonomia finanziaria consiste nella imputazione alle istituzioni di un

complesso di mezzi finanziari da impiegare per l’espletamento delle

proprie attività97, rapportabili sempre alle finalità istituzioni, non potendo

l’istituzione scolastica perseguire fini di lucro.

La provvista dei mezzi finanziari è a carico essenzialmente del bilancio del

Ministero della Pubblica Istruzione (articolo 27 testo unico 297/94), cui si

possono aggiungere contribuzioni di enti e privati, e, i proventi delle tasse,

contributi e rette.98

Parlando di autonomia finanziaria, occorre chiarire che la stessa non

comporta un potere di diretta provvista dei fondi.

Tale aspetto dell’autonomia finanziaria si presenta con carattere di

generalità nell’ambito della finanza pubblica, atteso che il potere di

imposizione fiscale, tranne eccezioni, è riservato allo Stato.99

96 Per un approfondimento in tema di contabilità pubblica, v. A. Bennati, Manuale di contabilitàdi Stato, Napoli, 1990.V. anche S. BUSCEMA, Trattato di contabilità pubblica, Milano, 1982 e, più di recente C. MANACORDA, Istituzioni di contabilità pubblica, Giappichelli, 1998. 97 C. Gatti e S. ZAMBARDI: autonomia amministrativa cit. pag. 12. 98 v. art. 18, Istruzioni ministeriali emanate con D. I. 28. 5. 1975, che contiene l’elenco delleentrate delle istituzioni scolastiche: “I mezzi finanziari di cui i circoli didattici, gli istitutiscolastici di istruzione secondaria e artistica e i distretti scolastici dispongono sono costituiti: a)dal contributo dello Stato b) dal contributo di enti o di privati c) dalle rendite derivanti dalpatrimonio d) dalle rendite derivanti da lasciti e donazioni e) dalle tasse e contributi scolastici f)dalle rette per i convitti g) dagli utili derivanti dalla gestione di aziende speciali o agrarie h) daqualsiasi altra oblazione o provento. I mezzi finanziari di cui alle lettere c), e), f) e g) competonoagli istituti dotati di personalità giuridica. 99 E’ stato al riguardo notato che “la progressiva dilatazione del sistema di finanziamento stataledelle attività di enti e istituzioni dotate di autonomia ha per conseguenza una graduale

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Considerato il carattere eventuale dei contributi non statali, si è parlato al

riguardo, di “autonomia finanziata”, piuttosto che di “autonomia

finanziaria”.100

L’articolo 41 delle nuove istruzioni amministrative-contabili, prevede la

possibilità di accordi di sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati.101

E’ data preferenza a soggetti che, per finalità statutarie, per le attività

svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato

particolare attenzione e sensibilità nei confronti dei problemi dell’infanzia e

dell’adolescenza.

La norma fa divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti

le cui finalità ed attività siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione

educativa e culturale della scuola.

Occorre vedere di volta in volta, nella pratica, in che modo le scuole

riescano ad interagire con soggetti economici (imprese, banche ecc.),

salvaguardando - ed anzi valorizzando - il proprio progetto culturale.

2. 1. L’attuale gestione finanziaria

Particolarmente complesso è l’argomento relativo alla gestione delle risorse

alterazione della funzione del bilancio dello Stato che, da documento riflettente sul pianofinanziario il programma di Governo, si va sempre più configurando quale mera registrazione dimovimenti di cassa disposti a favore di centri decisionali abilitati all’impiego delle risorsericevute sulla base di valutazioni autonome” GATTI cit. n. 16 pag. 13. Del resto tale fatto, sembra essere una fisiologica conseguenza della progressiva attuazione del decentramentoamministrativo auspicato dalla Costituzione. 100 idem, pag. 14101 E' stato osservato che l'autonomia scolastica si esercita in un ambito che per quanto riguardale risorse finanziarie e umane è in realtà in larghissima misura definito dal centro. “Innanzitutto, le scuole sono finanziariamente dipendenti dallo Stato, oltre che dagli enti locali, in secondoluogo nell'ambito di tali finanziamenti i margini di manovra delle scuole sono estremamenteridotti, dal momento che le risorse che ad esso affluiscono sono per più del 90% costituite daonere per il personale e comunque da spese di carattere inderogabile. L'autonomia sotto questoprofilo è davvero limitata, e si riferisce da un lato a quelle risorse che le scuole possonoprocacciarsi attraverso l'ampliamento della propria offerta formativa o attraverso la conclusionedi accordi per la realizzazione di specifici progetti formativi, e dall'altro all'incremento deitrasferimenti statali non legati a spese inderogabili (in questo senso i trasferimenti finanziarilegati al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventiperequativi di cui alla legge 440/1997 e alla direttiva del Ministero della P. I. 238/1998). Inrealtà in questo modo l'esistenza della autonomia della scuola viene a dipendere dalla capacitàmanageriale dei capi di istituto” GIGANTE M., op. cit., pag. 527.

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da parte delle scuole e dei controlli da parte della Amministrazione statale.

Il t.u. 297/1994 prevede in modo dettagliato l’iter procedimentale

attraverso il quale il fondo per le spese di funzionamento amministrativo e

didattico, a favore delle istituzioni, entra nella loro disponibilità. Le norme

ivi contenute (artt. 26-29) sono state abrogate con l’entrata in vigore del

regolamento di contabilità (v. articolo 14, comma 6, decreto del Presidente

della Repubblica 275/1999).

In virtù di tale disciplina il Ministero dispone di aperture di credito a favore

dei provveditori agli studi, i quali tenuto conto della popolazione scolastica,

delle esigenze dei diversi tipi di scuola, erogano, distribuendole tra le varie

istituzioni, le somme necessarie mediante ordinativi emessi sui fondi loro

accreditati (articolo 27 t.u. 297/1994).

Nel sistema delineato dal decreto del Presidente della Repubblica 416/74

(recepito nel testo unico 297/94, articolo 27 cit.), la competenza del

Ministero in materia di contributi alle istituzioni scolastiche si esaurisce nel

puro e semplice trasferimento di fondi ai provveditori agli studi, senza

alcuna possibilità di ingerenza circa il loro impiego.

Il riparto dei detti fondi tra le varie istituzioni scolastiche della provincia è

infatti espressamente affidato alla valutazione dell’organo decentrato, con

la duplice limitazione dell’osservanza dei criteri stabiliti analiticamente

dalla legge102 e dell’obbligo di consultazione del consiglio scolastico

provinciale.

Tali fondi, sono gestiti dalle istituzioni scolastiche sulla base di un bilancio

preventivo, autonomo rispetto a quello dello Stato, e sottoposto alla

approvazione da parte del Provveditore (articolo 28 testo unico 297/94).103

Il provveditore agli studi procede poi all’approvazione dei conti consuntivi

su parere di una Commissione formata da due funzionari della carriera

102 Corte dei Conti, Sez. Contr. Stato, det. 1650 del 23 aprile 1986, v. anche Corte dei Conti Sez. Contr. Stato n. 32 del 16 marzo 1993. 103 il Provveditore agli studi procede alla approvazione dei bilanci preventivi sentita la giuntaesecutiva del consiglio scolastico provinciale (art. 28 comma 2 t. u. 297/94)

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dirigenziale e direttiva, di cui uno appartenente alla amministrazione

scolastica e l’altro della ragioneria provinciale dello Stato, nonché da un

rappresentante dei genitori e degli studenti del Consiglio Scolastico

Provinciale, preferibilmente esperto in materia amministrativo-contabile.

I contributi sono destinati alle spese per il funzionamento amministrativo e

didattico delle scuole, nonché del pagamento delle supplenze temporanee

(articolo 27 comma 12 testo unico 297/94).

Il personale di ruolo è, infatti, pagato direttamente dal Ministero del Tesoro,

e alle altre spese di manutenzione concorrono anche gli enti locali.104

2.2. Le nuove istruzioni generali sulla gestione amministrativo-

contabile delle istituzioni scolastiche

L’articolo 21 comma 14 della legge 59/97 ha previsto l’emanazione - con

decreto del Ministro della Pubblica Istruzione di concerto con il Ministro

del tesoro - delle istruzioni generali per la nuova gestione amministrativo-

contabile delle istituzioni scolastiche.105

E ciò per l’autonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei

bilanci, per la scelta dell’affidamento dei servizi di tesoreria o di cassa,

nonché le modalità di riscontro delle gestioni delle istituzioni scolastiche,

anche in attuazione dei principi sanciti dalle norme sulla autonomia.

Il comma 1 dello stesso articolo 21, prevede la possibilità di deroga alle

norme di contabilità di Stato, riaffermato dall’articolo 14, comma 3, decreto

del Presidente della Repubblica 275/99.

Il regolamento è stato emanato, com’è noto, con decreto ministeriale

104 Le aperture di credito di cui al comma 3 art. 27 t. u. 297/97 (spese di funzionamentoamministrativo e didattico) sono soggette alla resa del conto, nei termini e con le modalitàpreviste dall’art. 60 e 61 legge contabilità di Stato. Il controllo sui rendiconti è esercitato dallaRagionerie regionali dello Stato e dalle delegazioni regionali della Corte dei Conti, competentiper territorio. 105 Queste sostituiscono le “Istituzioni amministrativo-contabili per i circoli didattici, gli istitutiscolastici di istruzione secondaria e artistica statali per i distretti scolastici”, emanate con d. i. 28maggio 1975.

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44/2001.106

Le istruzioni generali ivi contenute dovevano essere applicate in via

sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche

dell’anno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione e

quindi dal 2002. Tuttavia, con l’emanazione del decreto del Presidente

della Repubblica 352 del 4 agosto 2001, che ha modificato il comma 4

dell’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999,

l’applicazione delle predette istruzioni generali ha preso il via dal 1°

settembre 2001.107

Esaminando in sintesi la disciplina sulla gestione contabile, si rilevano le

seguenti caratteristiche del sistema di gestione:

1. la dotazione finanziaria dello Stato viene suddivisa “dotazione ordinaria

e dotazione perequativa”. La dotazione perequativa, verrà calcolata in

relazione alle condizioni demografiche, orografiche, economiche e socio

culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle assegnazioni

perequative è sentito il parere della conferenza unificata Stato-regioni-città

e autonomie locali (articolo 6 decreto del Presidente della Repubblica

233/1988).108

106 Il regolamento è suddiviso in sette titoli:Titolo I: Gestione Finanziaria; Capo I: principi e programma annuale; capo II: Realizzazione delprogramma annuale; capo III: Servizi cassa; Capo IV: Conto consuntivo; Capo V: Gestionieconomiche separate; Titolo II: Gestione patrimoniale, beni e inventari; Titolo III: Scritturecontabili e contabilità informatizzata; Titolo IV: attività negoziale; Capo I - Principi generali;capo II: Singolari figure contrattuali; capo III: Altre attività negoziali; Titolo V: Controllo diregolarità amministrativa contabile; Titolo VI: Attività di consulenza contabile; Titolo VII:Disposizioni finali. 107 Il suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 352/2001 ha inserito un comma 7-bisaggiuntivo all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 275/1999, prevedendo che:“L'Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi epassivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrari e le giurisdizioni amministrative especiali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita l'autonomia e la personalitàgiuridica a norma dell'art. 21 della legge 59/1997”. 108 Con circolare Ministeriale 187 del 21 luglio 2000 sono state fornite alle Istituti scolastiche“istruzioni amministrativo-contabili per le istituzioni che acquistano personalità giuridica adecorrere dal 1° settembre 2000”. Secondo il d. legge 28 agosto 2000, n. 240 conv. in Legge 27ottobre 2000, n. 306 la “dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire l'acquisizioneda parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali necessari a garantirel'efficacia del processo di insegnamento-apprendimento nei vari gradi e tipologiedell'istruzione”.

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2. l’attività finanziaria (il cui esercizio ha inizio il primo gennaio e termina

il 31 dicembre di ogni anno), si svolge sulla base di un programma annuale,

predisposto dal dirigente scolastico e proposto dalla giunta esecutiva con

apposita relazione e con il parere di regolarità contabile del Collegio dei

revisori, entro il 31 ottobre al Consiglio di Istituto o di circolo, per

l’approvazione.

Nella relazione sono individuati gli obbiettivi da conseguire e la

destinazione delle risorse in coerenza con il P.O.F.109

La delibera di approvazione è adottata dal Consiglio di Istituto entro il 15

dicembre dell’anno di riferimento. L’approvazione del programma,

comporta l’autorizzazione al pagamento delle spese ivi previste.

Il programma è affisso all’albo della istituzione scolastica entro quindici

giorni dalla approvazione e inserito, ove possibile, nel sito WEB

dell’istituzione scolastica.

3. Il programma è realizzato dal dirigente scolastico, nell’esercizio dei

compiti e delle responsabilità di gestione di cui all’articolo 25 bis decreto

legislativo 29/93, come integrato dal decreto legislativo 59/98.

4. Le entrate sono riscosse dall’istituto di credito che gestisce il servizio di

cassa.

Il servizio di cassa e quello di custodia e amministrazione di titoli della

istituzione scolastica, è affidato ad un unico servizio di credito.

5. Il conto consuntivo110 è rimesso dal dirigente scolastico all’esame del

collegio dei revisori dei conti e successivamente (entro il 30 aprile),

sottoposto alla approvazione del Consiglio di istituto. Il regolamento

prevede la nomina di un commissario ad acta, ove il Consiglio non deliberi

109 Il programma deve contenere altri elementi contabili: e cioè tutte le entrate, aggregatesecondo la loro provenienza, nonché la predisposizione di schede illustrative finanziarie perogni progetto compreso nel programma. 110 che si compone della situazione della cassa, della situazione patrimoniale e del prospettodelle spese per il personale e per i contratti d’opera, nonché di un prospetto sintetico dei risultatieconomici della gestione. Il bilancio sarà quindi un bilancio di cassa, e non più di competenza, con i residui attivi epassivi.

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sul conto consultivo entro 60 giorni dalla sua presentazione. Il conto

consultivo è pubblicato all’albo della istituzione.

6. Al controllo di regolarità amministrativa contabile (di cui all’articolo 2

del decreto legislativo 286/99)111 provvede un collegio di revisori dei conti,

nominato dall’ufficio scolastico regionale. Il collegio è costituito da tre

membri (uno nominato dal Ministero della Pubblica Istruzione; uno dalla

Ragioneria e uno dagli enti locali).112

111 Il d.lgs. 286 del 30 luglio 1999 prevede il “riordino e potenziamento dei meccanismi estrumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati delle attivitàsvolte dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1999, n. 59”. Secondo tale disciplina le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettivaautonomia, si dotano di strumenti adeguati a:a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo diregolarità amministrativa contabile);b) verificare l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa al fine diottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati(controllo di gestione);c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza);d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi edaltri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultaticonseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico) (Art. 1). Come esplicitato dall'art. 1 comma 4: “Il presente decreto non si applica alla valutazionedell'attività didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle università, alla attivitàdidattica del personale della scuola, all'attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti diricerca”. Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamenteprevisti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione e, inparticolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonché i servizi ispettivi. Leverifiche di regolarità amministrativa e contabile devono rispettare, in quanto applicabili allapubblica amministrazione, i principi generali della revisione aziendale asseverati dagli ordini ecollegi professionali operanti nel settore. 112 le novità introdotte dal regolamento, sono in parte anticipate dalla circolare 272 del 12novembre 1999, riguardante il “bilancio di previsione per l’anno finanziario 2000-istituzioniscolastiche di ogni ordine e grado, artistiche, educative e distretti scolastici. La circolare contiene anche istruzioni per gli istituti comprensivi/verticalizzati e orizzontali(unificazione di scuole dello stesso grado). Il bilancio è redatto in base a nuovi modelli, allegatialla circolare. Viene istituito il capitolo di “finanziamento compensi ed indennità per il miglioramentodell’offerta formativa (in sostituzione di altri precedenti capitoli), vengono soppresse learticolazioni presenti nei capitoli di entrata. Si fa però rilevare che la creazione nel bilancio delleistituzioni scolastiche di capitoli unici in entrata e in uscita nei quali far confluire o far gravareindistintamente le provviste finanziarie o le spese per le diverse esigenze, se da una parteconsente maggiori spazi di flessibilità nell’utilizzo delle risorse stesse, dall’altro rende perònecessario attivare, da parte delle singole scuole, specifici atti di amministrazione e schedecontabili che consentano la dimostrazione dei diversi interventi finanziari operati in ossequi alprincipio di trasparenza e in considerazione di sicure e puntuali iniziative di monitoraggio daparte del Ministero.

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3. L’attività negoziale

Per autonomia di gestione si intende la facoltà dell’istituzione scolastica di

amministrare i beni di cui dispone e di svolgere attività negoziale

necessaria per il perseguimento delle proprie finalità.113

Com’è noto, l’attività negoziale si esplica mediante la stipulazione di

accordi bilateriali a contenuto patrimoniale (articolo 1321 codice civile) o -

nei casi previsti dalla legge - mediante negozi unilaterali (es. la costituzione

di una fondazione).

Il regolamento sulla gestione delle scuole autonome, sancisce che le

istituzioni scolastiche “per il raggiungimento e nell’ambito dei propri fini

istituzionali hanno piena autonomia negoziale”, fatte salve le limitazioni di

legge.

Nell’ambito della dotazione finanziaria assegnata dallo Stato, e degli ampi

capitoli di spesa, nonché ricorrendo a forme di autofinanziamento, le

istituzioni scolastiche possono così ricorrere allo strumento contrattuale,

con maggiore ampiezza che in precedenza.

Il dirigente, quale legale rappresentante dell’Istituto, svolge l’attività

negoziale necessaria all’attuazione del programma annuale.

Secondo il regolamento, il dirigente può delegare lo svolgimento di singole

attività negoziali al direttore, ed anche avvalersi dell’opera di esperti

esterni, qualora non siano reperibili tra il personale dell’Istituto, specifiche

competenze indispensabili al concreto svolgimento di attività negoziali.

3.1. La conclusione del contratto

Per esigenze di trasparenza e buon uso del denaro pubblico, la normativa

sulla contabilità di Stato regola minuziosamente il procedimento relativo

alla scelta del contraente.114

113 GATTI cit. pag. 14114 Il procedimento amministrativo dei contratti a evidenza pubblica è regolato, in via generale, dalla legge di contabilità generale dello Stato (regio decreto n. 2440/1923 artt. da 3 a 21), dalregolamento applicativo (regio decreto n. 827/1924 artt. da 36 a 124). La normativa più recente

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L’ente pubblico, infatti, ricorrendo allo strumento contrattuale, non ha,

come il privato, la possibilità di scegliere in modo insindacabile il proprio

contraente.

La normativa, distingue, dunque, le fasi relative alla formazione del

contratto:

a) la deliberazione a contrarre;

b) la scelta del contraente;

cui segue la conclusione e la esecuzione del contratto.

Il regolamento sulla nuova contabilità regola, anche in deroga - in quanto

semplificate - alle disposizioni di contabilità di Stato, le varie fasi relative

alla conclusione del contratto.

Per le scuole non è prevista la fase di approvazione del contratto atteso che

la delibera del consiglio di istituto è ritenuta all’uopo sufficiente.

a) deliberazione a contrarre

In alcuni casi la deliberazione a contrarre spetta al Consiglio di istituto, in

altri al Dirigente scolastico, sulla base dei criteri e dei limiti fissati dal

Consiglio.

Al consiglio di istituto spettano le deliberazione relative a contratti

particolarmente significativi per la scuola, sia dal punto di vista economico

che di immagine: quali: la costituzione di fondazione; l’adesione a reti di

scuole o consorzi; la partecipazione a iniziative che comportano

coinvolgimento di agenzie, enti, università soggetti pubblici o privati; tutti i

contratti che hanno per oggetto diritti reali immobiliari (alienazione

trasferimento di diritti reali su beni immobili ecc.) (articolo 33 decreto

ministeriale 44/2001).

Spettano al dirigente scolastico – nei limiti e secondo i criteri fissati dal

Consiglio di Istituto- i contratti di sponsorizzazione; di locazione di

è stata disciplinata dall’art. 125 del D.Lgs. 163/2006 (il “Codice degli Appalti”) ad integrazione, per gli istituti scolastici, di quanto già previsto dall’art. 34 del D.I. 44/2001 recante "Istruzionigenerali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche".

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immobili; convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e

degli alunni per conto terzi.

b) scelta del contraente

Il regolamento individua delle modalità di scelta del contraente che

garantiscono la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa e

della gestione del pubblico denaro, ma, d’altra parte costituiscono

procedimenti semplificati rispetto alla normativa prevista per la contabilità

di Stato.115

Tuttavia, per una maggiore garanzia e trasparenza le scuole possono

scegliere di ricorrere alla procedure di gara disciplinate dalle norme

generali di contabilità di Stato.

c) tipologia di contratti

Secondo l’articolo 1322 codice civile, i contraenti privati possono stipulare

qualsiasi contratto, anche a causa mista o atipici, che rispondano al loro

interesse.

Per gli enti pubblici, tale autonomia contrattuale subisce delle limitazioni,

dirette a salvaguardare le finalità istituzionali e il buon uso del denaro

pubblico.

Il regolamento chiarisce che la autonomia contrattuale è data per il

raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali.

Viene poi specificato che possono stipulare convenzioni e contratti, con

esclusione dei contratti aleatori e in genere delle operazioni finanziarie

115 Per le attività di contrattazione il cui valore sia superiore a 2000 Euro il dirigente procedealla scelta del contraente, previa comparazione delle offerte di almeno tre ditte direttamenteinterpellate (art. 34 reg.). Secondo la legge di contabilità di Stato, la scelta del contraenteavviene secondo uno dei seguenti metodi: a) pubblico incanto (o asta pubblica), che è una garaaperta a tutti i possibili concorrenti; b) licitazione privata, che è una gara ristretta ad un limitatonumero di concorrenti ritenuto idonei dall'amministrazione; c) trattativa provata, che è unascelta discrezionale della amministrazione, metodo ritenuto peraltro eccezionale da applicaresolo in presenza delle condizioni stabilite dalla legge; d) appalto-concorso, metodo particolareseguito per speciali lavori o forniture allorché si chieda ai concorrenti ritenuti idonei e invitatialla gara “di presentare in base a prestabilite norme di massima, i progetti tecnici e le condizionialle quali siano disposte ad eseguirli” (art. 4, legge contabilità di Stato).

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speculative, nonché la partecipazione a società di persone o capitali,

associazioni che -come è noto- sono costituite a scopo di lucro. E’ fatta

salva però la partecipazione e la costituzione di consorzi, anche nella forma

di società a responsabilità limitata.

E’ fatto inoltre divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo

svolgimento di attività che rientrano nelle ordinarie mansioni o funzioni del

personale in servizio nella scuola, fatto salvo quanto previsto dall’articolo

40.

Tale norma contempla la possibilità di stipulare contratti di insegnamento

(contratti d’opera), con esperti per particolari attività o insegnamenti.

Vi è quindi una rilevante apertura per la scelta - da parte dell’istituzione - di

docenti che arricchiscano l’offerta formativa e il prestigio della scuola con

una elevata professionalità.

Il consiglio di istituto deve, però, disciplinare con regolamento le procedure

di scelta del contraente, onde evitare abusi e favoritismi.

Il capo secondo del regolamento individua diverse figure contrattuali, a cui

le scuole devono fare riferimento ove intendano stipulare contratti come

quelli disciplinati (alienazione beni prodotti dalla istituzione scolastica,

concessione di beni in uso gratuito, contratti di insegnamento, di

sponsorizzazione, di comodato, mutuo, locazione finanziaria,

compravendita di immobili, appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali, di

gestione finanziaria, di concessione in uso di siti informatici).116

L’articolo 31 - primo comma - chiarisce che “le istituzioni scolastiche, per

116 Per quanto concerne i contratti di mutuo si è osservato che tale strumento di indebitamento -un tempo espressamente ammesso dalla legge soltanto per determinate categorie di enti pubblici(essenzialmente enti territoriali), è oggi consentito anche ad altra categoria di enti (tra cui lescuole: art. 45 schema di regolamento), sia pure con vincoli particolari. “Sennonché perl'incertezza sulle norme alle quali fare riferimento, vi è il rischio di rendere di fatto impraticabileuno “strumento” di gestione che invece può essere di particolare utilità…Analogo discorso puòessere fatto nel settore delle Assicurazioni, a fronte dell'offerta di “prodotti assicurativi” semprepiù sofisticati sicuramente ben lontani dai tradizionali concetti del pagamento di una somma(premio) per ottenere garanzie su un rischio ben circoscritto e definito. Per non parlare, poi, deldibattutissimo problema circa la possibilità o non di utilizzo - e in caso di risposta affermativa, con quali modalità - da parte delle pubbliche amministrazioni dei brokers, cioè di quegli espertiin materia assicurativa che ricevono mandato dagli assicurati od assicurandi, percependo però ilcompenso dalle imprese di assicurazione” (C. MANACORDA, op. cit., p. 70).

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il raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali, hanno piena

autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni specifiche poste da leggi e

regolamenti, nonché delle presenti disposizioni”.

Secondo l’articolo 37: “Le istituzioni scolastiche applicano le norme del

presente capo nei casi espressamente contemplati, nonché in quelli che, pur

non rientrando nelle singole previsioni, sono assimilabili al caso regolato”.

Il sistema delineato dal regolamento sembra lasciare spazio anche alla

conclusione di contratti diversi da quelli specificamente regolati, ferma

restando la finalità istituzionale del contratto concluso.

Nel caso di stipulazione di contratti diversi, andranno quindi applicate le

norme del codice civile, o quelle del regolamento, ove le figure contrattuali

siano analogicamente riconducibili a quelle ivi contemplate.117

4. I Fondi Strutturali Europei 2007/2013 e i Programmi Operativi Nazionali

"Competenze per lo Sviluppo" (FSE), "Ambienti per l'Apprendimento"

(FESR)

Nella Programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2007/2013 relativa ai

Programmi Operativi Nazionali "Competenze per lo Sviluppo" (FSE),

"Ambienti per l'Apprendimento" (FESR) e progetti finanziati dai Programmi

Operativi Regionali (POR) delle Regioni appartenenti all'obiettivo

Convergenza, le Istituzioni Scolastiche possono avvalersi, ai fini

dell'attuazione dei progetti finanziati dai Fondi Strutturali, delle procedure

“semplificate” previste dal codice degli appalti, in coerenza con gli esigui

importi normalmente a base d’asta, e ciò in quanto le stesse consentono una

117 L'art. 56 disciplina i “progetti integrati di istruzione formazione”. Secondo tale norma lascuola singolarmente o nella forma dell'accordo in rete di cui all'art. 7 d.P.R. 275/1999, possono:a) stipulare convenzioni con università, Regioni ed enti pubblici;b) stipulare intese contrattuali con associazioni e privati;c) partecipare ad associazioni temporanee con agenzie pubbliche e private che realizzino“collaborazioni sinergiche” per l'attuazione di particolari progetti di formazione. Le intese di collaborazione con soggetti pubblici sono regolati con convenzioni. Quelle conagenzie formative private devono risultare da atto scritto nel quale sono delineati gli aspettiorganizzativi del progetto da realizzare, le competenze di ciascun soggetto e l'ammontare dellerisorse da impiegare allo scopo.

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88

più spedita e lineare gestione dell’affidamento. Le attuali procedure sono

disciplinate dall’art. 125 del D.Lgs. 163/2006 (Decreto legislativo 12 aprile

2006 n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e

forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE)118 e

dall’art. 34 del D.I. 44/2001 recante "Istruzioni generali sulla gestione

amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche", secondo una

procedura semplificata:

- ai fini dell’acquisizione di servizi, beni e lavori di valore pari o superiore

a 40.000,00 Euro e fino alle soglie individuate dall’art. 125 del Codice

degli Appalti, le Istituzioni Scolastiche possono ricorrere alla procedura di

cottimo fiduciario di cui al richiamato art. 125 del Codice e, dunque,

consultare mediante invito, almeno cinque operatori economici ritenuti

idonei alla realizzazione del lavoro, servizio o fornitura da acquisire, se

sussistono un tale numero di soggetti idonei, nel rispetto dei principi di

trasparenza, rotazione, parità di trattamento (art. 125, commi 8 e 11, del

Codice degli Appalti);

- per l’affidamento di servizi, beni e lavori di valore inferiore a 40.000,00

118 Pubblicato nella G.U. n. 100 del 02/05/2006, s.o. n. 107 - entrato in vigore il 01/07/2006. Ultime modifiche al Codice in vigore dal 2014: Regolamento (CE) 13/12/2013 n. 1336, invigore dal 01/01/2014, ha disposto: NUOVE SOGLIE COMUNITARIE: modificaimplicitamente gli articoli 28, 29, 32, 99, 125, 196, 215, 235 e 253 comma 27; Decreto-Legge23/12/2013 n. 145 (cd "Destinazione Italia''), in vigore dal 24/12/2013 e Legge di conversione21/02/2014 n. 9 in vigore dal 22/02/2014, ha disposto: FORMA DEL CONTRATTO: (con l'art. 6, comma 6 e 7) la modifica dell'art. 11 comma 13; PAGAMENTO DIRETTOSUBAPPALTATORE: (con l'art. 13, comma 10, lettera a), b)) la modifica dell'art. 118, comma3, 3bis e 3ter; SVINCOLO GARANZIE OPERE IN ESERCIZIO: (con l'art. 13, comma 11) lamodifica dell'art. 237-bis; Legge 27/12/2013 n. 147 (cd "Legge di Stabilità 2014''), in vigore dal31/12/2013, ha disposto:ACQUISTI IN ECONOMIA PICCOLI COMUNI: (con l'art. 1, comma343) la modifica dell'art. 33, comma 3-bis; PAGAMENTI AFFIDATARI DEI CONTRAENTIGENERALI: (con l'art. 1, comma 72) la modifica dell'art. 176, comma 9; Decreto-Legge30/12/2013 n. 150 (cd "Milleproroghe 2014"), in vigore dal 01/01/2014, e Legge di conversione27/02/2014 n. 15, in vigore dal 01/03/2014, ha disposto: PROROGA REQUISITICONTRAENTI GENERALI (con l'art. 4, comma 5) la modifica dell'art. 189, comma 5. PROROGA SISTEMA AVCPASS (con l'art. 9, comma 15-ter) la modifica dell'art. 6bis, comma1. PROROGA CENTRALE DI COMMITTENZA PER PICCOLI COMUNI (con l'art. 3, comma 1-bis, la modifica dell'art. 33, comma 1. Decreto-Legge 24/04/2014 n. 66 (cd "DecretoIrpef 2014"), in vigore dal 24/04/2014, in attesa di conversione in Legge, ha disposto:ACQUISTI DEI COMUNI NON CAPOLUOGHI DI PROVINCIA: (con l'art. 9, comma 4) lamodifica dell'art. 33, comma 3-bis; PUBBLICITÀ SOLO TELEMATICA DEI BANDI SOPRAE SOTTO SOGLIA: (con l'art. 26 comma 1 lett. a, lett. b) la modifica dell'art. 66, commi 7 e7bis, e dell'art. 122, commi 5 e 5bis.

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89

Euro e superiore a 2000,00 Euro od alla più elevata soglia individuata dal

Consiglio di Istituto, le Istituzioni Scolastiche possono procedere ad

affidamento avvalendosi della procedura comparativa di cui all’art. 34 del

D.I. 44/2001 e cioè previa acquisizione di tre preventivi; anche in tale

ipotesi l’affidamento deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza,

rotazione, parità di trattamento;

- quando il valore del servizio, dei beni e dei lavori da acquisire è inferiore

a 2.000,00 Euro o alla soglia individuata dal Consiglio di Istituto, le

Istituzioni Scolastiche possono procedere mediante affidamento in via

diretta da parte del responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 125,

comma 11, del Codice degli Appalti; anche in tal caso l’affidamento deve

avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di

trattamento.

Al fine di ricorrere a tutte le procedure sopra indicate, le Istituzioni

Scolastiche devono provvedere alla preventiva definizione delle tipologie

di beni e servizi acquisibili in economia nell’ambito di un apposito atto

regolamentare adottato dal Dirigente Scolastico.

Ciò premesso, resta inteso che è comunque in facoltà delle Istituzioni

Scolastiche avvalersi delle procedure aperte per l’acquisizione di

beni/servizi e lavori, ferma restando la necessità in tale ipotesi di

ottemperare rigorosamente agli obblighi prescritti dal Codice degli Appalti

in relazione alla pubblicazione del bando di gara ed agli avvisi.

La pubblicità del bando di gara è elemento essenziale ed imprescindibile

della procedura aperta, atteso che, è proprio mediante la pubblicazione

del bando che la stazione appaltante manifesta all’esterno la propria

volontà di affidare un contratto pubblico di lavori, servizi e forniture,

consentendo a qualunque operatore interessato, ed in possesso dei requisiti

di qualificazione individuati nel bando come necessari alla partecipazione

alla procedura selettiva, di presentare la propria offerta e partecipare alla

gara. La mancata pubblicazione pertanto costituisce violazione del

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90

principio di partecipazione; tale violazione dell’interesse pubblico alla

potenziale partecipazione può essere dedotta a fondamento di illegittimità

della gara da parte dei soggetti interessati. Il mancato rispetto di tali

disposizioni è pertanto idoneo a determinare l’inammissibilità della spesa.

Per gli appalti sotto soglia comunitaria vige il principio secondo il quale le

stazioni appaltanti non sono tenute al rispetto degli obblighi di pubblicità in

ambito sopranazionale (art. 122, comma 1 per i lavori e art. 124, comma 1

per servizi e forniture) e l’avviso di preinformazione è facoltativo (art. 122,

comma 2 per i lavori e art. 124, comma 2, per servizi e forniture). Il Codice

dei contratti pubblici, infatti, prevede discipline differenti relativamente ai

contratti che si collocano, in base al valore, al di sopra o al di sotto della c.d

soglia di rilevanza comunitaria, diversamente indicata per lavori, servizi

o forniture.

Di seguito si riporta una tabella di sintesi delle soglie.

Soglie di rilevanza comunitaria 119

Oggetto AppaltoSoglie dal

01/01/2012 ( 1 )

Lavori 5.000.000Servizi e forniture (settori ordinari) 200.000*Servizi e forniture (settori ordinari) 130.000**

119 (1) Nuove soglie per gli appalti di rilievo comunitario dal 1° gennaio 2012; Reg. UE n. 1251/2011 del 30 novembre 2011 che modifica le direttive 2004/17/CE, 2004/18/CE e2009/81/CE (GUUE. n. 314/64 del 1° dicembre 2009). * Per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da stazioni appaltanti diverseda quelle indicate nell'allegato IV del Codice (amministrazioni diverse da quelle centrali) di cuial caso ex art. 28 co. 1 lettera b. 1), nonché per gli appalti pubblici di servizi, aggiudicati da unaqualsivoglia stazione appaltante, aventi per oggetto servizi della categoria 8 dell'allegato II Adel Codice (servizi di ricerca e sviluppo), servizi della categoria 5 dell'allegato II A del Codice(servizi di telecomunicazione), servizi elencati nell'allegato II B del Codice (ad es. servizialberghieri, legali,etc) di cui al caso ex art. 28 co. 1 lettera b. 2; ** Per gli appalti pubblici di forniture e di servizi diversi da quelli di cui alla lettera b. 2)dell’art. 28 del Codice, aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autoritàgovernative centrali indicate nell'allegato IV del Codice (Presidenza dei Ministri, Ministeri eConsip).

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91

CAPITOLO IV

LEGISLAZIONE STATALE E REGIONALE IN MATERIA DI

ISTRUZIONE SECONDO LA LEGGE 3/2001

1. legislazione esclusiva e concorrente, concetti.

Secondo le previgenti norme costituzionali, la potestà legislativa generale

spettava allo Stato.

Gli articoli 116 e 117 Costituzione attribuivano alle Regioni il potere

legislativo su specifiche e tassative materie.

Con riferimento al vecchio testo della Costituzione sono stati elaborati i

seguenti concetti - tutt’oggi validi - in base ai quali viene distinta la potestà

legislativa nei rapporti Stato-Regioni.

legislazione esclusiva (o piena):

Le Regioni a Statuto speciale sono titolari del c.d. potere di “legislazione

piena od esclusiva” limitatamente alle materie indicate nei rispettivi Statuti

che riguardano soprattutto il benessere e il progresso sociale e sulle quali la

Regione ha una riserva piena di competenza, che esclude l’intervento di

leggi statali anche a carattere generale. (c.d. ripartizione orizzontale di

competenza).

- limiti alla legislazione esclusiva

La legislazione esclusiva soggiace alla sola legislazione costituzionale e ai

principi generali dell’ordinamento giuridico e non alle singole leggi dello

Stato (per un principio generale ricavabile dagli articoli 10, 11, 80 e 87

Costituzione limite alla legislazione regionale esclusiva sono anche i

principi dell’ordinamento internazionale e le direttive della Comunità

europea).

I principi generali che limitano la legislazione esclusiva sono stati

interpretati dalla Corte Costituzionale come i principi e gli interessi cui si

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92

informa l’intero complesso delle leggi relative alle materie regionali,

nonché le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, cioè quelle

che rendono unitario l’indirizzo politico in quelle materie, d’applicazione

generale e universale. (cfr. per tutte sent. 80/1996).

La Corte Costituzionale ha altresì precisato che in materia di legislazione

esclusiva la singola legge statale non può imporre l’obbligo di

adeguamento ai principi della legge medesima, perché in tal modo si viene

ad incidere sulla materia devoluta alla Regione (v. per tutte Corte

Costituzionale 241/1997 in materia di procedure per il rilascio di

concessioni edilizie).

la legislazione concorrente

Le regioni a Statuto ordinario avevano - secondo il vecchio testo

dell’articolo 117 della Costituzione - una competenza legislativa nelle

materie esplicitamente indicate dall’articolo 117 predetto.

Per le materie di competenza delle Regioni a statuto ordinario, si parla di

legislazione concorrente (o ripartita), nel senso che la materia appare

ripartita verticalmente tra Stato e Regione e le due fonti, statale e regionale,

concorrono a formare la definitiva e completa disciplina.

- limiti alla legislazione concorrente

Secondo il vecchio testo dell’articolo 117 nelle elencate materie, emana

norme legislative “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi

dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con

l’interesse nazionale e con quello delle altre Regioni”.

Spetta quindi allo Stato dettare i principi fondamentali per ciascuna

materia: si tratta delle c.d. “leggi cornice” che recano una sistematica

disciplina di principio relativa ad interi settori di competenza regionale.

Poiché, però, non sempre lo Stato ha emanato le leggi cornice e poiché non

era possibile bloccare il potere legislativo regionale in attesa di tali leggi, si

è convenuto (articolo 17, legge 16 maggio 1970, n. 281) che i principi

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93

fondamentali fossero desumibili implicitamente dalle leggi statali vigenti.

Lo Stato, però, non può formulare tali principi in modo così minuzioso da

rendere inutile la legge regionale; spetta quindi esclusivamente alla

Regione rendere operativi quei principi, e quindi formulare la legge

operativa nel rispetto dei medesimi.

In materia scolastica, l’articolo 117 della Costituzione prevedeva la

competenza concorrente delle Regioni solo per la “istruzione artigiana e

professionale e assistenza scolastica”. Lo Stato ha emanato la legge quadro

in materia di formazione professionale (legge 845/1978).

la legislazione delegata

Vi è un terzo tipo di competenza legislativa regionale, quella c.d.

“delegata”. Rientrano in questo tipo le leggi che la regione emana su

delega dello Stato, allorché il Parlamento attribuisce alle Regioni il potere

di attuare con proprie norme una specifica legge (articolo 117 Costituzione;

esempio di tale legge: la n. 59/1997).

2. la legge costituzionale 2001 n. 3: le modifiche al titolo V della

Costituzione

La legge costituzionale 2001 n. 3 modifica sostanzialmente e

profondamente i rapporti Stato-Regione.

La potestà legislativa generale, mentre prima spettava allo Stato, ora spetta

alle Regioni.

Al riguardo la legge distingue:

la competenza esclusiva dello Stato

Si prevedono esplicitamente e tassativamente i casi in cui lo Stato ha la

legislazione esclusiva. Tra tali materie rientrano le “norme generali

sull’istruzione”.

la competenza concorrente dello Stato

Si ridefiniscono le ipotesi di legislazione concorrente, prevedendo materie

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94

molto più ampie di quelle contemplate dal riformato articolo 117 della

Costituzione.

La norma chiarisce che nelle materie di legislazione concorrente, spetta alle

Regioni la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi

fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Tale concetto non

sembra differire da quello elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza

circa il contenuto della legislazione concorrente: e cioè che i principi

fondamentali presuppongono una legge cornice e che le regioni, nel rispetto

dei principi dettati, provvedono a legiferare.

Tra le materie oggetto di legislazione concorrente è prevista la “istruzione,

salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della

istruzione e della formazione professionale;

• la potestà sussidiaria dello Stato

La legge n. 3, ormai in vigore, ha posto l’annoso problema della sorte delle

leggi con essa incompatibili. Secondo le prime opinioni non di verifica

un’abrogazione automatica di tutte le leggi incompatibili emanate dallo

Stato e attualmente di competenza della Regione, e ciò per evitare vuoti

normativi. Si ricorre al concetto di sussidiarietà più volte enunciato dalla

legge. Secondo tale impostazione, fino a quando la legge regionale non

regoli la materia ad essa spettante, resterà in vigore la normativa statale.

3. Le competenze legislative in materia di istruzione

La legge 3/2001 pone rilevanti problemi interpretativi, per quanto concerne

i limiti delle Regioni nel legiferare e i rapporti con la legislazione statale.

Per quanto concerne la materia dell’istruzione il problema più rilevante che

pone la legge 3 è il rapporto tra la materia soggetta alla giurisdizione

esclusiva dello Stato “norme generali sull’istruzione” e quella soggetta

alla legislazione concorrente.

Rientra tra la legislazione concorrente, infatti, anche la materia

dell’”istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con

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95

esclusione della istruzione e della formazione professionale”.

Occorre chiedersi al riguardo se l’espressione “norme generali

sull’istruzione” sia pleonastica rispetto al termine “istruzione” previsto

dalla legislazione concorrente, atteso che anche nel caso della legislazione

concorrente lo Stato deve limitarsi a fissare i principi generali in materia,

sebbene utilizzando le c.d. “leggi-quadro”.

Si ritiene al riguardo che la potestà esclusiva statale sulle norme generali

sull’istruzione, per essere ben interpretata, debba essere letta in raccordo

con l’espressione contenuta sub m) della legge e cioè che spetta

esclusivamente allo Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle

prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti

su tutto il territorio nazionale”.

Poiché, infatti, il diritto all’istruzione è riconosciuto come diritto sociale di

tutti i cittadini (articolo 34 Costituzione: “la scuola è aperta a tutti”), spetta

quindi allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni

rese dal servizio dell’istruzione.

Ciò comporta il diritto-dovere dello Stato di prevedere parametri di

valutazione validi su tutto il territorio nazionale; di garantire la libertà di

insegnamento; di tutelare le fasce di soggetti più deboli (alunni portatori di

handicap), nonché di garantire il diritto delle famiglie alla libertà di scelta

tra scuola pubblica e privata e i diritti-doveri degli alunni, nonché di

definizione degli ordinamenti scolastici essenziali.

Di conseguenza anche nelle materia di competenza esclusiva delle Regioni,

le stesse incontreranno come limite - laddove si tratta di realizzazione di

diritti sociali e civili - il potere statale di legificazione, che potrà anche

esprimersi in forma regolamentare (secondo la legge 3, infatti, il potere

regolamentare è attribuito allo Stato solo in materia di competenza

esclusiva).

********

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96

Si possono esaminare più in dettaglio i vari ambiti relativi all’istruzione al

fine di verificare la suddivisione di competenze:

a) inizio dell’obbligo scolastico e sua durata;

b) ordinamento scolastico;

c) valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione

professionale;

d) nozione di credito scolastico e formativo;

e) individuazione del contenuto essenziale dei piani di studio;

f) esami di Stato;

g) requisiti richiesti per l’abilitazione all’insegnamento;

h) standard formativi richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli

professionali e per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi

dell’istruzione.

a) Inizio dell’obbligo scolastico e sua durata

Tale materia rientra nella competenza legislativa esclusiva statale sia sotto

il profilo della sua appartenenza alle norme generali sull’istruzione, sia

sotto il profilo della sua riconduzione nell’ambito dei livelli essenziali di

prestazione. La durata dell’obbligo scolastico deve essere infatti ritenuta un

principio generale e cardine dell’istruzione da leggersi in correlazione

all’articolo 3, all’articolo 5 ed all’articolo 33 della Costituzione. Tali

norme, infatti, garantiscono una parità a tutti i cittadini nell’inserimento nel

mondo del lavoro e quindi una condizione di uguaglianza che deve essere

tutelata da norme dello Stato in termini omogenei su tutto il territorio

nazionale. L’assolvimento dell’obbligo scolastico dovrà essere assicurato

in termini adeguati alle diverse situazioni ed età degli studenti, e a tal fine

non si potrà provvedere che con regolamento.

b) Ordinamento scolastico

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97

Per ordinamento scolastico ci si intende riferire agli ordini ed ai gradi di

scuole, alle tipologie ed ai relativi indirizzi di studio, che devono essere

omogenei su tutto il territorio nazionale al fine di assicurare la mobilità

degli studenti da una Regione all’altra. La definizione degli ordinamenti

non può che spettare, quindi, allo Stato, come potestà legislativa esclusiva.

c) Valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione

professionale

Fermo restando che la valutazione degli alunni compete ai docenti della

classe frequentata, la valutazione del sistema educativo nel suo complesso,

che richiede anche sistematiche verifiche dei livelli di apprendimento,

dovrà essere assicurata sulla base di criteri nazionali.

d) Nozione di credito scolastico e di credito formativo

Le prospettive di trasferimento alle Regioni dell’istruzione professionale e

l’esigenza di conservare l’omogeneità dei titoli professionali regionali, che

devono restare spendibili su tutto il territorio nazionale, nonché di

consentire il passaggio dal sistema di formazione professionale al sistema

di istruzione, impone di adottare in tutto il sistema educativo un’unità di

misura uniforme, la cui definizione non può che essere riservata allo Stato

in quanto essa deve valere su tutto il territorio nazionale.

e) Piani di studio

Lo Stato deve stabilire la quota nazionale dei piani di studio, le relative

discipline e attività di insegnamento, il relativo monte ore, gli obiettivi

nazionali di apprendimento degli alunni, l’orario annuale complessivo

comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota riservata alle

scuole; i criteri generali di flessibilità dei piani di studio; gli standard

relativi alla qualità del servizio; gli indirizzi e i criteri generali circa la

valutazione degli alunni; il riconoscimento dei debiti e dei crediti formativi.

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98

f) Esame di Stato

Ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione, l’esame di Stato è titolo

necessario per accedere ai vari ordini e gradi di scuola, nonché titolo legale

di studio su tutto il territorio nazionale. La disciplina relativa compete

quindi allo Stato.

g) Standard formativi

Per quanto riguarda, poi, il settore dell’istruzione e formazione

professionale, fermo restando che esso è rimesso alla potestà legislativa e

regolamentare delle Regioni, rientra nella potestà legislativa esclusiva dello

Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in quanto la

fruizione del tipo di formazione di cui trattasi rientra anch’essa nel novero

dei diritti civili e sociali, per i quali devono essere assicurati livelli

essenziali su tutto territorio nazionale, a norma dell’articolo 117, secondo

comma, lett. m). Rientra pertanto nella competenza statale la definizione di

standard minimi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli

professionali conseguiti all’esito dei percorsi formativi, nonché per i

passaggi dai percorsi formativi ai percorsi dell’istruzione. Poiché inoltre

l’istruzione professionale è una branca dell’istruzione, compete allo Stato

di dettare norme generali anche relativamente alla istruzione professionale

(ordine degli studi, contenuti dei piani di studio, valutazione etc...).

**********

Individuati gli ambiti di cui lo Stato ha il potere/dovere di emanare

norme legislative di carattere generale, occorre ora determinare quando tale

legislazione in materia scolastica richieda un ulteriore livello di

normazione, come quello regolamentare, in assenza del quale si

determinerebbe un’assenza di disciplina su aspetti che caratterizzano gli

elementi essenziali del sistema formativo. La fonte regolamentare si rende

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99

infatti necessaria in ragione della natura squisitamente tecnica della materia

dell’istruzione, che non può essere disciplinata in tutto a livello legislativo.

Tale ulteriore livello è da individuare con riferimento ai seguenti aspetti:

determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici;

individuazione del contenuto dei curricoli scolastici per la quota

nazionale (obiettivi specifici di apprendimento, discipline e attività

costituenti la quota nazionale del curricolo, orari, limiti di flessibilità

interni nell’organizzazione delle discipline), perché si tratta di materie

non riconducibili ad una fonte tendenzialmente rigida come quella

legislativa, anche per i suoi profili prevalentemente tecnici; i piani di

studio devono contenere un nucleo essenziale, omogeneo su base

nazionale che rispecchi la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e

una quota da definirsi da parte delle regioni e degli istituti scolastici, più

strettamente collegata alle realtà locali;

Struttura degli esami di Stato: egualmente dicasi per la struttura degli

esami di Stato, che richiede una normazione puntuale e specifica,

relativa allo svolgimento degli esami, alla modalità di scelta delle

materie, alla composizione delle commissioni, alla valutazione dei

crediti formativi e scolastici. Lo Stato, oltre a definirne i contenuti

essenziali, deve altresì con regolamento disciplinarne lo svolgimento, e

ciò, appunto, perché ai sensi dell’articolo 33 Costituzione (non

modificato), rimane un esame di “Stato”, che serve per accedere ai vari

ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi e per il

riconoscimento del titolo legale di studio su tutto il territorio nazionale.

********

Rientrano nella legislazione concorrente tra Stato e Regione le materie

relative alla istruzione, quali ad esempio: organizzazione scolastica;

ordinamenti scolastici, obbligo scolastico, distribuzione delle scuole sul

territorio (razionalizzazione della rete scolastica) ecc.

Ciò significa che lo Stato deve limitarsi a fissare i principi fondamentali o

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100

legge-cornice, senza entrare nei dettagli, i quali spettano alla normativa

regionale.

Sarebbe pertanto necessaria una ricognizione per verificare quanto - nella

legislazione esistente - dovrebbe essere devoluto alla competenza

regionale.

E’ pur vero che, fino a che non interviene una legge regionale in

applicazione del principio di sussidiarietà sopra richiamato, devono

ritenersi operanti le norme statali.

Per quanto concerne ad es. l’istituzione di nuove scuole, l’articolo 33 della

Costituzione (che non ha subito modifiche), prevede che la Repubblica

istituisce scuole “statali” per tutti gli ordini e gradi. Tale formulazione non

impedisce l’istituzione di scuole da parte delle autonomie, tenendo presente

che in base alla nuova formulazione dell’articolo 114 Costituzione la

Repubblica è costituita: dai Comuni, dalle Province, dalle Città

metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Tuttavia tali scuole dovrebbero,

secondo il dettato della Costituzione, rimanere statali (e non regionali).

La normativa concorrente non opera nei seguenti casi:

a) “...salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche”

La legge n. 3 costituzionalizza per la prima volta il principio della

autonomia delle istituzioni scolastiche senza però definirne il contenuto.

Dal contesto della norma pare però chiaro che tutto ciò che concerne

l’autonomia delle scuole esula dalla competenza regionale.

I principi generali in materia di autonomia devono essere dati dalla legge

statale, rientrando tale materia nelle “norme generali sull’istruzione”

oggetto di competenza esclusiva dello Stato. Già è presente una normativa

che stabilisce l’ambito e i limiti della autonomia didattica, organizzativa e

gestionale delle istituzioni scolastiche (d.p.r. 275/1999; decreto ministeriale

44/2001).

Tale normativa prevede che le scuole determinino anche parte dei curricoli

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101

obbligatori.

La definizione degli ordinamenti scolastici essenziali spetta comunque allo

Stato, dovendosi far rientrare nelle “norme generali sull’istruzione” di

competenza esclusiva dello Stato.

Non sarebbe, quindi, costituzionale, una legge che svuotasse di significato

il principio dell’autonomia. Al contrario, sarebbe in linea con la

costituzione una normativa che ne ampliasse i limiti, prevedendo

eventualmente un maggiore potere di autorganizzazione, anche, se del caso,

in relazione alla scelta del personale docente (e non solo alla sua gestione

amministrativa) quantomeno per lo svolgimento della parte del curricolo di

competenza delle scuole.

b) “ ...con esclusione della istruzione e della formazione professionale”

secondo il vecchio testo dell’articolo 117 l’istruzione professionale (intesa

poi come formazione professionale), rientrava nella legislazione

concorrente Stato-regione.

Nel testo vigente, la materia è demandata alla legislazione esclusiva della

Regione. Egualmente l’articolo 116 del nuovo testo prevede che possono

essere attribuite in materia di istruzione a Regione diverse da quelle a

Statuto speciale “forme e condizioni particolari di autonomia” con legge

dello Stato, su iniziativa della Regione interessata.

In entrambi i casi si deve ritenere però che valgano i limiti alla legislazione

esclusiva rappresentati dalle norme costituzionali (tra cui il principio di

unità della Repubblica), trattandosi di normativa ad esse subordinata,

nonché i principi generali dell’ordinamento scolastico, secondo

l’elaborazione della Corte Costituzionale in materia di giurisdizione

esclusiva, infine i limiti posti dal rispetto del servizio minimo di qualità

delle prestazioni concernenti il diritto all’istruzione, come sopra ricordato.

Si pongono però delicati problemi interpretativi in particolare per quanto

concerne la materia della “istruzione” professionale: il nuovo testo della

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102

Costituzione riporta ambedue i termini: “istruzione e formazione

professionale”, ad evitare che in futuro possa riproporsi il problema se

l’istruzione professionale sia o meno di competenza regionale. Per questo

settore si pongono però delicati problemi interpretativi per quanto concerne

l’istruzione “tout court” e l’istruzione professionale. Si ravvisa l’esigenza

di predisporre norme che individuino con chiarezza tali confini. Le

soluzioni possono essere diverse: dal prevedere il passaggio degli istituti

professionali alle Regioni, allo stabilire che le Regioni possano istituire

vere e proprie scuole di istruzione professionale.

4. La riforma del Titolo V della Costituzione in materia di funzioni

amministrative.

La legge costituzionale n. 3/2001, nel ridelineare il quadro delle

competenze di Stato, Regioni, ed enti locali, è incisivamente intervenuta in

materia di funzioni amministrative, e di loro distribuzione.

Il nuovo articolo 118 Costituzione prevede infatti che «le funzioni

amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne

l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane,

Regioni e Stato (...)».

La disposizione costituzionale chiarisce come l’eventuale conferimento

delle funzioni amministrative - normalmente spettanti ai Comuni - a

Province, Città metropolitane, Regioni o Stato, debba avvenire sulla base

dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Punti focali della riforma dell’assetto delle funzioni amministrative

risultano dunque:

- I Comuni divengono «cuore amministrativo» della Repubblica120, in

quanto di norma titolari delle funzioni amministrative.

- Risulta così superato il c.d. principio del “parallelismo”, previsto nel

vecchio testo dell’articolo 118 Costituzione, in base al quale alla potestà

120 L’espressione è di G. D’AURIA, in Foro it., 2001.

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103

legislativa in taluna materia, si accompagnava la titolarità delle funzioni

amministrative nella materia medesima (nella specie: alle Regioni

spettavano le funzioni amministrative nelle materie di propria potestà

legislativa, elencate nell’articolo 117 vecchio testo).

- rispetto al precedente assetto istituzionale, che già prevedeva il normale

esercizio di funzioni da parte delle Regioni, attraverso delega delle stesse a

Province, Comuni od altri enti locali, l’attuale quadro istituzionale

riformato prevede che Stato e Regioni (non possano, ma) debbono

attribuire le proprie funzioni agli enti locali, salvo motivare espressamente

le ragioni che giustifichino un eventuale trattenimento delle funzioni a

livello di Provincia, Città metropolitana, Regione o Stato.

- Tale eventuale “sottrazione” di funzioni ai Comuni dovrà, in base al

dettato costituzionale, radicarsi in esigenze di «esercizio unitario», valutate

sulla base dei citati principi di sussidiarietà, differenziazione ed

adeguatezza.

4.1 Il precedente assetto costituzionale ed il superamento del

«principio del parallelismo»

Il previgente testo dell’articolo 118 Costituzione incentrava l’attribuzione

delle funzioni amministrative sul c.d. principio del “parallelismo”, in base

al quale alla potestà legislativa in taluna materia, si accompagnava la

titolarità delle funzioni amministrative nella materia medesima.

Più dettagliatamente, il previgente assetto istituzionale, come delineato nel

precedente titolo V della Costituzione, prevedeva che:

- nelle materie oggetto di potestà legislativa delle Regioni (legislazione

concorrente, come delineata dall’articolo 117 vecchio testo), spettavano

alle Regioni stesse anche le funzioni amministrative. Emergeva perciò la

scelta del Costituente di istituire un inscindibile nesso tra competenza

legislativa, da un lato, e funzione amministrativa, dall’altro.

- Il previgente articolo 118 faceva comunque salva la possibilità di

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104

attribuzione con leggi della Repubblica, a Province, Comuni od altri enti

locali, delle funzioni inerenti materie di interesse esclusivamente locale.

- Era inoltre fatta salva la possibilità di delega dallo Stato alle Regioni, con

legge dello Stato, dell’esercizio di altre funzioni amministrative, anche,

dunque, in materie non oggetto di competenza legislativa regionale.

- Infine, il dettato costituzionale (articolo 118 ult. comma, vecchio testo)

prevedeva come il normale esercizio delle funzioni spettanti alle Regioni,

avvenisse attraverso delega a Province, Comuni od altri enti locali, o

valendosi dei loro uffici. Pur nel riconoscimento, operato con tale

previsione, del ruolo degli enti locali (riconoscimento peraltro disatteso

nella prassi amministrativa, che ha visto scarso ricorso a tale meccanismo

di normale esercizio di funzioni, relegato piuttosto nell’eccezione), è

necessario sottolineare come la delega costituzionalmente prevista operava

sul mero piano dell’esercizio di funzioni, lasciando immutata la loro

titolarità, in capo alle Regioni.

Come accennato, tale assetto istituzionale risulta oggi profondamente

mutato, alla luce di modifiche così sintetizzabili:

1) Superamento del cd. principio del parallelismo;

2) Trasformazione di quella che era mera facoltà di attribuzione di

funzioni – rectius: di delega all’esercizio delle stesse - agli enti locali, in un

obbligo di attribuzione delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo

l’esistenza di ragioni di esercizio unitario che giustifichino la permanenza

delle funzioni stesse in capo a Province, Città metropolitane, Regioni,

Stato;

3) L’attuale attribuzione di funzioni agli enti locali, dunque, si iscrive

non già nel quadro di una delega, bensì comporta l’assunzione, per

Comuni, ma anche per Province e Città metropolitane, di titolarità delle

funzioni stesse.

5. la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite

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105

Il nuovo articolo 118 Costituzione individua due categorie di funzioni, di

cui Comuni, Province e Città metropolitane siano titolari: le funzioni

amministrative proprie, e quelle conferite con legge statale o regionale.

(I) funzioni proprie

La categoria delle funzioni proprie appare di difficile individuazione

concreta: il legislatore della riforma del Titolo V della Costituzione tace,

difatti, ogni elemento indicativo in materia, rimandando all’interprete ogni

valutazione in tema.

Le difficoltà interpretative permangono, in considerazione del dettato

dell’articolo 117 Costituzione, lett. p), dove il legislatore della Riforma ha

inserito, tra le materie oggetto di competenza legislativa esclusiva dello

Stato, anche le «funzioni fondamentali di Comuni, Province, Città

metropolitane».

Risulta dunque opportuno chiedersi se funzioni proprie - cui, in via

interpretativa, deve riconoscersi un qualche carattere di essenzialità a

livello locale – e funzioni fondamentali – cui lo stesso carattere non

potrebbe negarsi – in definitiva siano da considerare categorie coincidenti.

In tal caso, se si riconoscesse tale coincidenza, la normativa costituzionale

apparirebbe contraddittoria, laddove si afferma da un lato la titolarità, in

capo agli enti locali, di funzioni proprie, quasi “ontologicamente” loro

spettanti, e perciò distinte dalle funzioni conferite; e poi si affida

l’individuazione di tali funzioni “proprie” ad altro soggetto istituzionale, lo

Stato, attraverso la propria legislazione esclusiva.

Tuttavia secondo la tesi prevalente le funzioni “fondamentali” e le funzioni

“proprie” sarebbero la stessa cosa.

(II) funzioni conferite

Il conferimento di tale seconda categoria di funzioni avviene con legge

statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

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106

Tuttavia anche tale terminologia è ambigua, non risultando chiara la

distinzione tra funzioni fondamentali, proprie e conferite.

L’analisi del dettato costituzionale induce in definitiva a ritenere che spetti

tuttora a scelte discrezionali dello Stato e delle Regioni l’individuazione

delle funzioni da intestare agli enti locali.

Risulta in tal senso ipotizzabile il sorgere di controversie tra enti locali,

Stato e Regioni, circa le future scelte di allocazione delle funzioni da questi

ultimi operate: ciò sia nel senso di una rivendicazione, da parte degli enti

locali - dei Comuni in primis - di funzioni loro non attribuite, sia,

viceversa, nel senso di una “ricusazione” di compiti loro assegnati, in base

ai menzionati principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, che

determinino esigenze di «esercizio unitario» delle funzioni amministrative.

In tali ipotesi di conflittualità, peraltro, gli enti locali risulterebbero però

privi, rispetto agli altri soggetti istituzionali, di efficaci strumenti di tutela,

non risultando loro possibile adire la Corte Costituzionale.

Unica ipotesi di tutela, evincibile dalla nuova disciplina costituzionale,

consiste nell’azione del Governo, quale “garante” delle autonomie locali, di

fronte alla Consulta, attraverso promozione della questione di legittimità

costituzionale, «quando ritenga che una legge regionale ecceda la

competenza della Regione» (ledendo, eventualmente, le competenze degli

enti locali; articolo 127 nuovo testo).

6. La legislazione ordinaria in materia di funzioni: il decreto legislativo

112/1998.

La materia delle funzioni amministrative risultava già interessata,

anteriormente alla modifica del titolo V delle Costituzione, da un processo

di profonda riforma, iniziato con la legge 142/1990 (legge sulle autonomie

locali), e proseguita sino alla legge 59/1997 (ed ai decreti legislativi a

questa seguiti), con la quale si è dato avvio al c.d. terzo decentramento

amministrativo, rovesciando il rapporto tra “centro” e “periferia” nella

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107

distribuzione delle funzioni amministrative.

Tale rovesciamento, che ha visto un radicale ridimensionamento del ruolo

dello Stato, in favore di Regioni ed enti locali, risulta reso operativo con

d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, recante “Conferimento di funzioni e compiti

amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del

capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

Con tale decreto, si è operato il consistente trasferimento delle funzioni di

amministrazione a Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane,

residuando in capo allo Stato i soli compiti tassativamente previsti dalle

norme del decreto in ciascuna materia trattata.

In via residuale, il decreto riconosce allo Stato poteri di indirizzo e

coordinamento (articolo 4 decr. 112), e poteri sostitutivi, esercitabili in casi

di accertata inattività dell’ente titolare delle funzioni, in presenza di

determinati requisiti ed attraverso apposito procedimento (articolo 5 decr.

112).

6.1 l’istruzione scolastica nel decreto legislativo 112/98.

Il titolo IV (Servizi alla persona e alla Comunità), Capo III, del decreto

112/98, disciplina in modo specifico il conferimento delle funzioni

amministrative a Regioni ed enti locali in materia di istruzione scolastica.

Oggetto specifico di tale conferimento risulta la «programmazione e

gestione amministrativa del servizio scolastico», fatto salvo il trasferimento

di compiti alle istituzioni scolastiche come previsto dall’articolo 21 della

legge 59/97.

Il legislatore definisce «programmazione e gestione amministrativa del

servizio scolastico», come «l’insieme delle funzioni e dei compiti volti a

consentire la concreta e continua erogazione del servizio di istruzione»

(articolo 136 comma 1, decr. 112), fornendo il contenuto definitorio del

concetto di funzione, per la materia dell’istruzione scolastica.

In base alla lettera del decreto (articolo 137 decr. 112), risultano permanere

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108

in capo allo Stato i compiti e le funzioni concernenti:

a) criteri e parametri per l’organizzazione della rete scolastica

b) valutazione del sistema scolastico

c) determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del

bilancio dello Stato e del personale delle istituzioni scolastiche

d) conservatori di musica, accademie di belle arti, istituti superiori per le

industrie artistiche, accademia nazionale di arte drammatica, nonché di

danza, scuole ed istituzioni culturali straniere in Italia (categorie escluse,

dunque, dal processo di conferimento agli enti locali).

Risultano invece delegate alle Regioni le funzioni amministrative:

a) di programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e

formazione professionale;

b) di programmazione della rete scolastica a livello regionale (nei limiti

delle risorse umane e finanziarie, ed in coordinamento con la

programmazione con l’offerta formativa integrata di cui alle lett.

precedente);

c) di suddivisione, anche sulla base delle proposte degli enti locali

interessati, del territorio regionale in ambiti territoriali funzionali ad una

migliore offerta formativa;

d) di determinazione del calendario scolastico;

e) dei contributi alle scuole non statali;

f) di attività di promozione nelle materie oggetto delle funzioni conferite;

Risultano infine conferiti a Province e Comuni le funzioni in materia di:

a) istituzione, soppressione, aggregazione, fusione di scuole, in attuazione

degli strumenti di programmazione;

b) redazione dei piani di organizzazione della rete di istituzioni scolastiche;

c) supporto organizzativo, per prestazione del servizio di istruzione a

portatori di handicap;

d) piano di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature, in accordo con le

istituzioni scolastiche;

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109

e) sospensione delle lezioni in casi urgenti;

g) costituzione e controllo sugli organi collegiali scolastici a livello

territoriale.

La ripartizione interna di tale ultimo blocco di funzioni tra Province e

Comuni, vede le prime competenti in relazione all’istruzione secondaria

superiore, i secondi, invece, competenti relativamente ai gradi di scuola

inferiori.

*********************

La riforma costituzionale non lascia immutato tale quadro di allocazione. Si

profilano, difatti, una serie di dubbi circa la conformità al nuovo testo

costituzionale di tali previsioni legislative, gerarchicamente subordinate, in

quanto fonti ordinarie, alle previsioni contenute in Costituzione.

In particolare, sono sorti dubbi circa le seguenti questioni:

- la stessa dicitura del decreto legislativo, articolo 138, rubricato “deleghe

alle Regioni”, appare attualmente dicitura impropria. Il concetto di delega,

che si attagliava nello schema del decreto al vecchio articolo 118

Costituzione comma 2, mal si concilia con l’attuale formulazione

dell’articolo 118 Costituzione, e con l’intero piano di redistribuzione delle

competenze delineato dalla legge Costituzione 3/2001.

Nell’attuale assetto istituzionale, infatti, le Regioni risultano non già

destinatarie di deleghe funzionali da parte dello Stato, quanto esse stesse

soggetto istituzionale che conferisce agli enti locali funzioni amministrative

(non più soggetto “passivo” della delega, bensì soggetto “attivo” del

conferimento).

Inoltre, laddove le Regioni svolgano funzioni amministrative, tale esercizio

avviene non già a titolo di delega all’esercizio (come era in passato), bensì

in forza della titolarità, in capo all’ente regionale, delle funzioni stesse,

sulla base di esigenze di «esercizio unitario» che non permettano

l’attribuzione ai Comuni (articolo 118, Costituzione, comma 1).

- la disciplina del trasferimento di funzioni a Province e Comuni (articolo

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110

139 decr. 112) risulta difficilmente conciliabile con le nuove norme

costituzionali.

In primo luogo, l’attribuzione di competenze amministrative a Comuni e

Province avviene, nel decreto legislativo 112, «ai sensi dell’articolo 128

Costituzione». Tale disposizione costituzionale risulta tuttavia attualmente

soppressa, e con essa la centralità del soggetto istituzionale Stato, invece

fortemente ridimensionata dalla riforma costituzionale.

- Per quanto attiene ai profili contenutistici della distribuzione di funzioni

amministrative, come delineata nel decreto legislativo del 1998,

egualmente potrebbero venire sollevate questioni di compatibilità con la

nuova disciplina costituzionale. Province e Comuni risultano, nel decreto

112/98, “equiparati” sotto il profilo dei compiti amministrativi; il nuovo

articolo 118 Costituzione, appare invece sottolineare, nel comma primo,

una centralità dei Comuni, rispetto agli altri enti locali, quanto ad

attribuzione delle funzioni.

Sotto il profilo contenutistico, inoltre, il d.lgs. 112/98 riserva ampio spazio

alle Regioni, quanto ad esercizio delle funzioni amministrative.

L’importanza del ruolo rivestito, nell’amministrazione dell’istruzione, dalle

Regioni, nel quadro del decreto, emerge ad un’analisi qualitativa dei

compiti regionali: basti pensare ai compiti di programmazione (lett. a) e b)

articolo 138 decr.), al tema dei contributi alle scuole non statali, alla

suddivisione del territorio in ambiti funzionali strumentali al miglioramento

dell’offerta formativa (articolo 138 decr).

La centralità dei Comuni, come delineata dal nuovo articolo 118

Costituzione, emerge, nel quadro del decreto 112, in maniera attenuata

rispetto al testo costituzionale. Appare tuttavia necessario osservare come

la materia dell’istruzione scolastica, per la sua natura di servizio

fondamentale, e di diritto di ogni cittadino (articolo 34 Costituzione),

manifesti quelle esigenze di «esercizio unitario», che giustificherebbero, ai

sensi del nuovo articolo 118 Costituzione, un mantenimento in capo a Stato

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111

e Regioni di funzioni amministrative di particolare rilevanza

(determinazioni di programmazioni essenziali; la stessa razionalizzazione

della rete scolastica, difficilmente realizzabile a livello esclusivamente

comunale).

7. L’autonomia finanziaria e la potestà regolamentare degli enti

destinatari di funzioni.

L’attribuzione di funzioni, da parte di Stato o Regioni, agli enti locali,

comporta la predisposizione, presso i nuovi soggetti istituzionali destinatari

delle funzioni, della dotazione finanziaria necessaria all’esercizio

dell’amministrazione.

A tale proposito, l’articolo 119 nuovo testo Costituzione stabilisce

l’autonomia finanziaria e patrimoniale di Comuni, Province, Città

metropolitane e Regioni. In tal senso, tali enti risultano investiti di capacità

impositiva (applicazione di tributi ed entrate propri), «al fine di finanziare

integralmente le funzioni loro attribuite».

Enti locali e Regioni risultano altresì beneficiari di «risorse aggiuntive» e di

«interventi speciali» destinati dallo Stato, al fine di promuovere lo sviluppo

economico, la coesione e la solidarietà sociale, la rimozione di squilibri

economici e sociali. Un «fondo perequativo» è istituito con legge dello

Stato, a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante (articolo

119 Costituzione nuovo testo).

Tali ultime previsioni costituzionali evidenziano, anche vigente il nuovo

quadro istituzionale delineato dalla riforma, la persistenza di un ruolo dello

Stato, quale garante dell’effettiva realizzabilità delle funzioni

amministrative differentemente attribuite.

Ciò trova conferma anche nella disposizione del nuovo articolo 120

Costituzione, comma secondo, ove si prevede che il Governo possa

sostituirsi ad organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province

e dei Comuni, in caso – tra gli altri - di tutela dell’unità giuridica ed

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112

economica, particolarmente ai fini della tutela dei livelli essenziali di

prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Tale previsione risulta suscettibile di applicazione in materia di esercizio di

compiti amministrativi per l’istruzione scolastica, in ragione del carattere

dell’istruzione di diritto civile e sociale (articolo 34 Costituzione).

Per l’attivarsi di tale meccanismo di garanzia, risulta tuttavia necessario

l’intervento del legislatore ordinario, che disciplini procedure conformi ai

principi di sussidiarietà e di leale collaborazione (articolo 120 Costituzione,

ult. comma), ed affronti la materia dei controlli – evidentemente postulati

da qualunque “intervento statale”- del tutto assente nel testo costituzionale

riformato.

Corollario ulteriore di tale conferimento di funzioni agli enti locali, consiste

nella contestuale attribuzione a Comuni, Province e Città metropolitane

della «potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione

e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite» (articolo 117, comma 6).

In materia di istruzione, è prevedibile dunque la futura adozione, da parte

degli enti locali, di atti regolamentari che disciplinino nel dettaglio le

tipologie di funzioni, nonché le concrete modalità del loro esercizio.

8. Sussidiarietà orizzontale e verticale

L’articolo 118 della Costituzione nuovo testo prevede, al comma terzo, che

la legge statale disciplini forme di coordinamento fra Stato e Regioni, in

determinate materie (immigrazione, ordine pubblico e sicurezza, tutela dei

beni culturali), per quanto attiene evidentemente l’esercizio delle funzioni

amministrative.

La disposizione è espressione del principio di sussidiarietà, in base al quale

i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere

affidati alla struttura più vicina alla cittadinanza (dunque all’ente locale),

lasciando alle strutture amministrative sovraordinate le sole funzioni che,

per loro natura, non possono essere svolte localmente. In particolare,

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113

l’articolo 118 comma 3, parte prima, risulta applicazione della c.d.

sussidiarietà verticale, regolativa dei rapporti enti locali/Governo, il cui

intervento si renda necessario per ragioni di garanzia di organicità

d’esercizio delle funzioni.

Manca tra le materie in tal senso indicate, l’istruzione scolastica. La scelta

così operata dal legislatore costituzionale pone in evidenza il rischio circa il

verificarsi di disomogeneità di programmazione ed esercizio dei compiti

amministrativi. Resta salvo, tuttavia, il potere di intervento e sostituzione

del Governo, ai sensi dell’articolo 120 comma 2 nuovo testo, già esaminato

(per finalità di tutela di unità giuridica e di prestazioni concernenti diritti

civili e sociali).

Emerge perciò la discrasia tra una scelta del riformatore costituzionale che,

sul piano della potestà legislativa, si sforza di ancorare le norme generali

sull’istruzione nelle mani esclusive dello Stato, e poi, invece, sul piano

delle funzioni, tralascia la materia scolastica, non consentendo allo Stato

una legislazione (preventiva) di raccordo (fatto salvo il potere, meramente

successivo, di sostituzione ex articolo 120).

Sotto altro profilo, la disposizione costituzionale aggiunge che Stato,

Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’iniziativa

autonoma dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di

interesse generale (articolo 118, comma 3, ult. parte)” sulla base del

principio di sussidiarietà”.

Si tratta della c.d. sussidiarietà orizzontale, inerente l’associazione

all’esercizio delle funzioni, principio che potrà rivelarsi di ampia portata

applicativa in materia di organizzazione, gestione e programmazione

scolastica.

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114

CAPITOLO V

L’AUTONOMIA FUNZIONALE DELLE ISTITUZIONI

SCOLASTICHE FRA RIFORMA DEL TITOLO V, RIORDINO DEL

SISTEMA FORMATIVO E COORDINAMENTO COMUNITARIO.

1. Premessa. Il duplice significato dell’autonomia funzionale delle

scuole negli interventi legislativi precedenti la modifica del titolo V nel

contesto della riorganizzazione del sistema formativo e all’interno del

processo di decentramento

Il nuovo titolo V della Costituzione conferisce all’autonomia scolastica uno

specifico statuto costituzionale, attraverso l’inciso, contenuto nell’art. 117.

c. 3° Cost. che, nel qualificare l’istruzione quale materia di legislazione

concorrente, fa salva espressamente l’autonomia delle istituzioni

scolastiche. L’art. 21 della Legge n. 59/97 aveva già avviato un processo di

realizzazione dell’autonomia degli istituti, con il conferimento alle scuole

della personalità giuridica (art. 21 c. 4), di alcune funzioni di gestione del

servizio prima spettanti all’amministrazione statale, centrale e periferica

(art. 21 c. 1) e di rilevanti forme di autonomia sul piano didattico e

organizzativo (art. 21 c. 7), pur nel rispetto di standard nazionali,

organizzative per la riforma della scuola.121 All’interno del nuovo titolo V

il riconoscimento dell’autonomia viene tuttavia introdotto in forma

esplicita nel testo costituzionale e offre motivo di interrogarsi sulle sue

molteplici implicazioni: sui suoi confini e le sue possibilità esplicative

rispetto alle nuove e significative competenze acquisite dal sistema

121 Cfr. quanto emerso nel corso della Giornata di Studio in onore di Umberto Pototschnig, Trento, 14 maggio 2003. Secondo C. MARZUOLI, Istruzione e Stato sussidiario, in Dir. Pubbl. n. 1/2002, p. 145, la L’ n. 59/97, sul punto dell’autonomia, era già attuativa di un principiocostituzionale, quello della libertà di insegnamento ex art. 33 Cost. A parere di chi scrivetuttavia l’esplicita menzione nel testo costituzionale ha comunque una portata innovativa edestensiva di tale principio.

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115

regionale e locale, sul suo significato all’interno del processo di riforma del

sistema educativo di istruzione e formazione, avviato dalla legge delega 28

marzo 2003, n. 53, sulla coerenza di tale processo di riforma rispetto al

contesto comunitario e infine sulla specificità del regime di autonomia

funzionale ad essa riconosciuto anche in relazione all’impianto

costituzionale originario, rappresentato dagli artt. 33 e 34 della

Costituzione. Ai fini di un corretto inquadramento delle implicazioni

istituzionali dello statuto costituzionale riconosciuto all’autonomia

scolastica, risulta opportuna un’analisi preliminare del suo significato e dei

suoi contenuti negli indirizzi legislativi di riforma sull’autonomia

precedenti la modifica del titolo V. All’interno di questi indirizzi infatti, la

riforma del servizio d’istruzione nella direzione dell’autonomia aveva

assunto fondamentalmente una duplice valenza. Secondo una prima

prospettiva, tale innovazione istituzionale rappresentava infatti il

compimento di quell’indirizzo riformista che, in misura più incisiva a

partire dal 1993, aveva individuato nell’autonomia la direttrice di riforma

più importante dell’amministrazione dell’istruzione.122 L’adozione di un

modello organizzativo fortemente ispirato a un governo ministeriale123

della scuola aveva infatti rappresentato un elemento di continuità124 nella

122 Su tale giudizio, v. ROCCELLA, Riforme amministrative, scuola e università, in Le Regioni, 1994, 1051. Sulle ragioni che hanno portato a identificare nell'autonomia funzionale dellescuole la riforma fondamentale del sistema di istruzione v. A. PAJNO, nel commento all'art. 135 del D.lgs. 112/98, in G. FALCON, ( a cura di ), Lo Stato autonomista. Funzioni statali, regionali e locali nel decreto legislativo n. 112 del 1998 di attuazione della legge Bassanini n. 59/97, Bologna, Il Mulino, 1998, 442. Il compimento di tale indirizzo di riforma dovrebbeprodurre anche un abbandono delle disattenzioni culturali che in passato avevano caratterizzatoil dibattito dottrinale sulla scuola, come la scarsa sensibilità per il fenomeno amministrativo eper l’aspetto degli istituti scolastici come servizi pubblici. Sulla scarsa sensibilità manifestatanel dibattito costituente su tali profili, v. S. CASSESE, La scuola: ideali costituenti e normecostituzionali, in Giur. cost., 1974, 3614. 123 Sulle ragioni prevalenti che giustificarono l’intervento dello Stato, secondo il modellodell’organizzazione ministeriale, nel settore dell’istruzione fra la fine del 700 e la prima metàdell’. 800, v. G. ROSSI, La scuola di Stato, Roma, 1974; sul tema anche A. MURA, Istruzionepubblica, in Enc. Giur., vol. XVIII, Roma, 1988; id., La scuola della Repubblica, I, Roma, 1979; A. PIZZI, Individuo e Stato nell’organizzazione dell’istruzione, Milano, Giuffrè, 1974. 124 Sui tratti di continuità che hanno caratterizzato l'intervento pubblico, nel settore, fino allametà degli anni. 90, si veda M. GIGANTE, L'amministrazione della scuola, Padova, Cedam, 1988.

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storia dell’amministrazione scolastica, sia pure con l'introduzione, negli

anni '70, di moderati tratti di policentrismo attraverso gli istituti di

partecipazione sociale al governo delle scuole.125 All’interno di tale

modello, che aveva la funzione di veicolare l’unificazione politica anche

attraverso l’unificazione culturale del Paese, gli Istituti scolastici

assumevano la qualificazione di meri organi tecnici dello Stato.126 L’avvio

della riforma nella direzione dell’autonomia doveva invece imprimere una

profonda rottura al tradizionale modello organizzativo e far acquisire al

sistema un impianto di carattere decisamente policentrico. Infatti dapprima

il distacco organizzativo degli Istituti dall’amministrazione statale

periferica, con l’acquisizione di personalità giuridica, poi il trasferimento

alle scuole delle funzioni di gestione del servizio dovevano implicare, oltre

che un alleggerimento, un mutamento profondo del ruolo

dell’amministrazione statale, centrale e periferica. Le articolazioni

amministrative dello Stato dovevano assumere infatti al centro un ruolo di

indirizzo e di valutazione del sistema (art. 1 c., 3 lett., q) mentre in

periferia, a fronte di un significativo snellimento, dovevano esercitare solo

competenze di raccordo, supporto e collaborazione (secondo il criterio

direttivo di cui all’art. 12 lett. h) con gli enti territoriali locali.127

L’emersione delle scuole, con l’acquisizione di autonomia, anche come

125 Per un tentativo di qualificare le scuole come realtà giuridiche e istituzionali autonome, aseguito dell’istituzione degli organi collegiali, v. U. POTOTSCHNIG, Un nuovo rapporto fraamministrazione e scuola, in Riv. giur. scuola 1975, 243; sui riflessi circa la loro configurazionecomunitaria, A. PIZZORUSSO, La comunità scolastica nell’ordinamento repubblicano, in Foroit., 1975, V, c. 221. Sulla partecipazione sociale al governo della scuola v. anche F. COCOZZA, Accentramento e decentramento nell’amministrazione della pubblica istruzione, in Riv. trim. dir. Pubbl., 1975, p. 1097; G. ZAGREBELSKY, Pubblicità e segretezza delle sedute deiconsigli di circolo e di istituti: due diversi modi di concepire la natura e la funzione dei nuoviorgani collegiali scolastici, in Foro it., 1975, V, c. 147. 126 Sulla qualificazione degli istituti scolastici quali meri organi tecnici dello Stato v. M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo (1993), Milano, Giuffrè, 212; G. ZANOBINI, Corso didiritto amministrativo, (1989) Milano, Giuffrè. 127 Sulla necessità di spogliare gli apparati centrali di competenze gestionali e l'assunzione di"compiti di determinazione di standards e guidelines e funzioni di valutazione e audit" comecondizione necessaria di un' effettiva realizzazione dell'autonomia degli istituti scolastici, v. S. CASSESE, «Plaidoyer» per un'autentica autonomia delle scuole, in Foro it., 1990, 148.

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istituzioni dotate di una propria identità128 sul piano didattico e

organizzativo, oltre a toglierle dal cono d’ombra della dipendenza

gerarchica dal Ministero, le rendeva inoltre soggetti protagonisti - sotto il

profilo didattico e pedagogico - degli insegnamenti in queste impartiti, in

attuazione della garanzia apprestata alla libertà di insegnamento dall’art. 33

Cost. e attraverso una più netta configurazione come servizio dell’attività

da queste esplicata.129 L’autonomia scolastica assumeva inoltre anche un

significato nel più ampio processo riformatore operato, sul piano della

redistribuzione delle funzioni nel sistema amministrativo generale, dalle

leggi Bassanini. L’autonomia funzionale delle scuole era infatti situata,

dall’art. 21 della Legge n. 59/97, all’interno del disegno di decentramento

che investiva, anche nel settore dell’istruzione, il sistema locale con il

conferimento di compiti di programmazione e riorganizzazione della rete

scolastica.130 La collocazione delle scuole nel sistema locale e l’esplicita

finalizzazione della loro autonomia anche al coordinamento con il contesto

territoriale (art. 21, c. 8) richiedeva la costruzione di un delicato equilibrio

fra le due forme di autonomia. L’autonomia scolastica non doveva anzitutto

tradursi in una nuova soggezione delle scuole rispetto al sistema locale ma

128 V. M. GIGANTE, L’istruzione, cit., p. 512. 129 Sul fatto che la riforma dell’autonomia abbia implicato una decisa adesione alla concezionedella scuola come pubblico servizio, v. M. GIGANTE, Art. 33 della Cost., cit., 433. Sul fattoche l’attività di istruzione costituisca al tempo stesso una funzione e un servizio intesi comequalificazioni giuridiche concorrenti e non alternative, v. C. MARZUOLI, «Istruzione: libertà eservizio pubblico», in C. MARZUOLI, Istruzione e servizio pubblico, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 25. 130 L’intento della legge delega era desumibile da molteplici elementi: a) l'esclusione dalconferimento di compiti riconducibili esclusivamente ad esigenze di sistema, attraversoun'adeguata declinazione del principio di sussidiarietà verticale (art. 1 c. 3 lett. q); b) l'espressamenzione dei compiti oggetto di conferimento al sistema locale, all'art. 21, comma 18, comeriferiti ("anche", e quindi non solo) alla programmazione e alla riorganizzazione della retescolastica; c) l'esplicita previsione, nei criteri indicati nella delega per la riforma degli organicollegiali territoriali della P. I., di una "valorizzazione del collegamento con le comunità locali", all’art. 21, comma 15, lett. d); d) la prefigurazione di un riordino degli organi di rappresentanzaperiferica, sulla base degli stessi criteri di cui all'art. 12, cioè "con funzioni di raccordo, supportoe collaborazione con le regioni e gli enti locali. Una diversa interpretazione è formulata da A. SANDULLI, Il sistema nazionale di istruzione, Bologna, 2003, p. 76, per il quale nel settoredell’istruzione la Legge n. 59/97 avrebbe di mira principalmente la costruzione di una relazioneprivilegiata fra Ministero e autonomie scolastiche riconoscendo un ruolo ancillare alleautonomie territoriali.

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la sua collocazione all’interno di questo implicava anche un esercizio delle

competenze dei soggetti del sistema in forme concertate con le scuole

stesse in modo che la loro offerta formativa potesse modularsi anche sulle

specifiche istanze di qualificazione formativa espresse dal contesto

produttivo locale. Gli esiti della riforma sull’autonomia sono infine

condizionati dalla sua collocazione nel disegno più complessivo di riforma

del Sistema educativo di istruzione e formazione ad opera del legislatore

nazionale, i cui elementi di sviluppo sono stati enucleati dalla legge delega

n. 53/2003. Questo innesto rappresenta infatti una condizione necessaria

perché l’autonomia non rappresenti una mera operazione di decentramento

e di semplificazione amministrativa ma il momento centrale e fondante di

un servizio d’istruzione riformato in grado di finalizzare meglio i propri

interventi ad una più soddisfacente garanzia del diritto all’istruzione di cui

all’art. 34 Cost.131

Come ricorda giustamente Sergio Auriemma: «…era stato approvato un

disegno di legge di nuova riforma costituzionale (comunemente nota come

“devoluzione”) che, per la sola parte che qui interessa, aggiungeva nuove

disposizioni al già modificato art. 117 della Costituzione ed assegnava alle

Regioni potestà legislativa esclusiva per la materia della “organizzazione

scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione salva

l’autonomia delle istituzioni scolastiche”. L’art. 117, nel testo finale che ne

poteva derivare, avrebbe recato un intreccio ancora più complesso di

“materie”, di “sub-materie” (come l’organizzazione scolastica o la gestione

degli istituti), di “competenze trasversali” (queste ultime dai giuristi

conosciute come “non materie”, come ad esempio la competenza statale

esclusiva sulla tutela dei “livelli essenziali delle prestazioni”) tutto da

dipanare ed anche verificare nella sua reale capacità di poter funzionare

senza alimentare una conflittualità paralizzante più forte di quella sinora

registrata. Dopo l’esito negativo del referendum popolare, l’ipotesi è

131 cfr. la voce «istruzione statale», in Foro it. 1991, p. 214.

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decaduta. La Corte costituzionale, scrutinando varie norme di legge da

confrontare con il vigente Titolo V della Costituzione, ha avuto occasione

di precisare (sentenza n. 13 del 2004, nonché sentenze n, 34/2005, n.

37/2005, n. 279/2005) che l’autonomia delle scuole “non può risolversi

nella incondizionata libertà di autodeterminazione, ma esige soltanto che a

tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali

e quelle regionali, nell’esercizio della potestà legislativa concorrente, non

possono pregiudicare”. La Corte, in tal modo, ha escluso che l’autonomia

delle scuole sia inquadrabile nello schema delle “libertà” costituzionali e

sia, perciò, totalmente insofferente verso qualsiasi regolazione esterna

fondata su titolo di legittimazione statuale rinvenibile nella stessa

Costituzione. Significativo al riguardo è anche un passo della più recente

sentenza n. 200/2009, nel quale la Corte costituzionale osserva che “la

disciplina relativa alla «autonomia delle istituzioni scolastiche”, facenti

parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa espresso

riferimento il terzo comma dell’art. 117 della Costituzione”, si colloca

nell’ambito delle c.d. “norme generali sull’istruzione”, di competenza

statale, da intendersi quali disposizioni statali che definiscono la struttura

portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere

applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio

nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la

sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio

dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la

libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in

possesso dei requisiti richiesti dalla legge».132

1. 2. Finalità e articolazione dell’indagine

Nella Prima Parte di questo lavoro si mette in luce come l’abbandono

progressivo della linea d’intervento iniziale, presente nell’art. 21 della

132 SERGIO AURIEMMA, Repertorio 2010, Tecnodid, Napoli 2010, p. 123.

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Legge n. 59/97, diretta a collocare la riforma dell’autonomia quale

elemento di snodo fondamentale della riforma complessiva del sistema

formativo, sia stata responsabile di una sua implementazione riduttiva,

come pura operazione di decentramento orientata ad una conduzione più

efficiente del servizio d’istruzione ma priva di incidenza sui suoi contenuti

e le sue finalità di fondo. Nella Seconda Parte si identificano invece le linee

istituzionali di fondo che convergono verso una rivalutazione

dell’autonomia scolastica quale perno fondamentale e irrinunciabile di un

ridisegno complessivo del Sistema formativo. La riforma del titolo V pone

anzitutto l’autonomia scolastica, dotandola di uno statuto costituzionale,

all’art. 117, comma 3°, quale momento irrinunciabile di contesto rispetto ad

un ridisegno complessivo del Sistema educativo di istruzione e formazione

ad opera del legislatore nazionale. Al tempo stesso l’autonomia si configura

anche come un vincolo rispetto al quale saranno tenute necessariamente a

conformarsi le accresciute competenze acquisite dagli enti sub - statali nel

settore dell’istruzione. Le nuove coordinate costituzionali introducono

infatti al tempo stesso un forte nesso e una linea di confine fra autonomia

scolastica e decentramento. L’autonomia scolastica è destinata

inevitabilmente ad esplicarsi in un contesto di coordinamento con il sistema

locale ma il processo di decentramento dovrà avvenire senza comprimere le

funzioni già acquisite dagli Istituti scolastici e anzi implicherà un esercizio

di molte competenze acquisite dagli enti sub statali in forme concertate con

le scuole stesse. Il coordinamento esercitato a livello europeo dalle

istituzioni comunitarie (pf. 4. 2) ha indicato agli Stati membri alcune

priorità imprescindibili cui informare i sistemi educativi nazionali per

adeguarli a soddisfare non solo l’obiettivo comunitario dell’impiegabilità

ma soprattutto le finalità formative e di integrazione sociale affidate

all’istruzione a livello comunitario.133 La realizzazione delle priorità

133 Sulle finalità riconosciute all’istruzione a livello comunitario mi sia consentito il rinvio a M. COCCONI, L’istruzione e la formazione professionale fra coordinamento comunitario e

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individuate a livello europeo, quali l’accesso più flessibile ai servizi di

istruzione e formazione sia in senso orizzontale, con passaggi fra le diverse

filiere del sistema, che in senso verticale, lungo l’arco della vita (Long life

learning) e il contributo della Comunità al miglioramento della loro qualità

è affidata specificamente a scuole autonome concepite come gli enti più

adeguati a perseguirle.134 In un sistema necessariamente caratterizzato

dall’apertura al contesto esterno e dall’esigenza di una significativa

interrelazione fra politiche della formazione, dell’occupazione e del diritto

allo studio l’autonomia funzionale delle scuole rappresenta, per la sua

specifica idoneità a costruire dinamiche di interrelazione con il contesto

territoriale locale, il modello organizzativo più adeguato all’erogazione del

servizio d’istruzione. Le linee di fondo delineate convergono verso una

valorizzazione dell’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche il cui

significato viene infine identificato nel rappresentare una formula

organizzativa funzionale, in attuazione della garanzia riconosciuta alla

libertà d’insegnamento all’art. 33 Cost., a personalizzare e differenziare le

prestazioni erogate dal servizio sia in relazione alle specifiche attitudini e

capacità dei destinatari135 che ai bisogni formativi espressi dal territorio

perseguendo nel contempo gli obiettivi generali del Sistema nazionale

d’istruzione. In questa prospettiva l’autonomia scolastica rappresenta al

tempo stesso una misura correlata alla garanzia della libertà di

insegnamento (art. 33 Cost. ) e un principio organizzativo funzionale ad

una più soddisfacente garanzia del diritto all’istruzione (art. 34 Cost.)

attraverso un innalzamento della qualità del servizio erogato136 compatibile

funzioni nazionali, Comunicazione al Convegno, Autonomia dell’istruzione e autonomiaregionale dopo la riforma del titolo V della Costituzione, Trento, 14 novembre, 2003. 134 Sulla politica europea dell’istruzione e sui suoi riflessi sull’ordinamento italiano, mi siaconsentito il rinvio a M. COCCONI, Il ruolo della politica comunitaria nel settoredell’istruzione e della formazione professionale nella costruzione della dimensione socialedell’Unione Europea, di prossima pubblicazione in Riv. It. di Dir. Pubbl. Com. n. 6/2003. 135 Sul fatto che l’istruzione si svolga in una relazione che dovrebbe essere. la più personalizzatapossibile. v. C. MARZUOLI, cit., 26. 136 Sul fatto che, pur nel quadro di una progressiva affermazione dell’istruzione come serviziosia stata finora scarsa l’attenzione manifestata in ordine alla qualità della prestazione e al

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con l’uguaglianza degli utenti nella sua fruizione. I principi costituzionali

di cui all’art. 33 e 34 confermano in tal modo la loro idoneità a costituire

norme dinamiche137 suscettibili di far progredire il sistema scolastico,

attraverso i compiti affidati al legislatore attraverso l’emanazione di norme

generali, verso un assetto sempre più orientato ad un pieno. sviluppo della

persona umana. di cui l’istruzione costituisce una condizione fondamentale

di realizzazione.

2. La prima fase. Gli elementi caratterizzanti del disegno politico

sull’autonomia scolastica e il suo inserimento nel riordino complessivo

del sistema formativo

L’indirizzo politico diretto ad un riconoscimento di autonomia alle scuole,

nel contesto di una più generale riforma del modello di amministrazione,

aveva avuto una prima elaborazione, a partire dal 1978, su impulso

ministeriale e aveva poi assunto un rilievo pubblico nel 1990, nella

Conferenza nazionale sulla scuola svoltasi a Roma per iniziativa del

ministero della Pubblica Istruzione.138 Il tema dell’autonomia era stato poi

inserito nella proposta legislativa di riforma della scuola secondaria

superiore, mai giunta a definitiva approvazione.139 Era solo nel 1993

tuttavia, all'interno della manovra di risanamento della finanza pubblica

perseguita dal Governo Ciampi con la Legge 24 dicembre 1993, n. 537, che

il disegno dell'autonomia veniva ripreso, all’art. 4, e concepito come

tassello del più ampio processo di riforma amministrativa, che investiva

anche il settore dell'istruzione. All'interno di tale manovra, l'indirizzo di

rapporto di utenza, v. A. SANDULLI, Il sistema nazionale di istruzione, Bologna, Il Mulino, 2003, 236 e la bibliografia ivi riportata alle nn. 163,167. 137 Sulla connotazione degli artt. 33 e 34 Cost. come norme dinamiche e condizioni di validitàdell’ordinamento scolastico v. U. POTOTSCHNIG, Insegnamento, istruzione e scuola, in«Scritti scelti», Padova, Cedam, 1999, 666. 138 Nel corso della quale fu tenuta la relazione di S. CASSESE, «Plaidoyer» per un autenticaautonomia delle scuole, in Foro it. 1990, 147. 139 Sui provvedimenti normativi e di indirizzo e sui disegni di legge che, a partire dalla XIlegislatura, hanno affrontato il tema dell'autonomia scolastica, v. F. CARRICATO, Autonomiascolastica: una riforma possibile, in «Le Regioni», 1997, 365.

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riforma si concretizzava nell'attribuzione agli Istituti scolastici della

personalità giuridica, attraverso il loro distacco organizzativo

dall'amministrazione periferica, mentre veniva delegata al Governo

l'attuazione dei principali corollari dell’autonomia declinata in didattica,

organizzativa e finanziaria. In tale contesto la riforma dell’autonomia

assumeva già alcuni tratti caratterizzanti che si manterranno

sostanzialmente immutati nei disegni di legge presentati nel corso della XII

legislatura sullo stesso tema, che d’altra parte recepivano il modello

sostanzialmente unitario enucleato dal dibattito dottrinale sul tema.140 Oltre

al dato comune dell’acquisizione della personalità giuridica e degli ambiti

di declinazione dell’autonomia, gli altri elementi ricorrenti nei disegni di

legge, negli interventi normativi e nei documenti di indirizzo governativo

presentati dall’XI alla XII legislatura, erano rappresentati dalla necessità di

dotare le scuole di un progetto d’istituto con cui esprimere la propria

identità culturale e diversificare la propria offerta didattica, dall’esigenza di

ridefinire il ruolo del Capo d’Istituto con l’attribuzione di compiti di

organizzazione e valorizzazione delle risorse umane e di responsabilità in

ordine ai risultati e dall’opportunità di riformare funzioni, composizione e

competenze degli organi collegiali.141 Il tema dell’autonomia scolastica

veniva inoltre associato, sia in un’audizione ministeriale142 che nell’art. 3

del TU in materia di istruzione (il D.lgs. n. 297/1994) alla concezione della

scuola come comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e

civica, che rappresentava, nel dibattito dottrinale, il fondamento

dell’istanza autonomistica.143 Un ulteriore e significativo elemento di

140 Per gli orientamenti dottrinali di quegli anni, sul tema dell’autonomia, v. Atti del Convegnosu L’autonomia delle scuole : profili giuridici, economici, organizzativi, Trento, 8 aprile 1994. 141 Sugli elementi ricorrenti dell’autonomia scolastica nei diversi interventi normativi v. F. CARRICATO, cit., 367- 68. 142 Il riferimento alla scuola come comunità è contenuto in un. audizione del Ministro D. Onofrio del 2-3 agosto 1994. 143 Il disegno dell’autonomia veniva inoltre inserito nel contesto di una riforma complessiva delsistema dell’istruzione che doveva riguardare il riassetto degli organi collegiali (art. 4 lett. c. ), la riforma degli organismi di studio e di ricerca (art. 4 lett. n), la dirigenza scolastica (art. 4 lett. h) e la riforma del Ministero, con le sue strutture periferiche.

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assonanza degli interventi normativi e degli atti di indirizzo sul tema

dell’autonomia era rappresentato infatti dalla necessità di vincolare anche il

servizio pubblico dell’istruzione al rispetto di standard predefiniti di qualità

e alla successiva valutazione dei risultati raggiunti.144 In quegli anni il

disegno politico dell’autonomia veniva inoltre collocato, quale punto di

snodo fondamentale, nel contesto della linea politica di complessivo

riordino del sistema nazionale di istruzione, che prendeva le mosse dalla

riforma del segmento della scuola secondaria superiore.145 A partire dagli

anni 80, in Italia, come in molti Paesi europei veniva infatti messo in

discussione l’assetto organizzativo dei sistemi di istruzione per la loro

incapacità di adeguarsi ai mutamenti prodotti nel mercato del lavoro

dall’evoluzione scientifica e tecnologica, evidenziata dal carattere

strutturale assunto dal fenomeno della disoccupazione giovanile. Mentre

negli anni ‘60, nella fase di espansione della scolarizzazione, la priorità dei

progetti di riordino era rappresentata dall’esigenza di realizzare, attraverso

l’istruzione, una maggiore eguaglianza delle opportunità146, nel ventennio

successivo il cambiamento dei sistemi educativi veniva sollecitato, a livello

politico, dalla riscoperta dell’importanza della formazione del capitale

umano per uno sviluppo economico legato all’interdipendenza fra i Paesi e

alla loro competizione nell’economia globale.147 L’accento della riflessione

144 Si veda lo Schema generale di riferimento della Carta dei servizi scolastici, emanato conD.P.C.M. 7 giugno 1995. Attualmente il riferimento legislativo alle Carte dei servizi èrappresentato dall’art. 11 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286 che si sostituisce a quello fondato sulDPCM citato. Sulle carte dei servizi pubblici cfr. G. VESPERINI, S. BATTINI, La Carta deiservizi pubblici. Erogazione delle prestazioni e diritti degli utenti, Rimini, Maggioli, 1997. 145 Atto Camera n. 3158 dell’XI legislatura, approvato dal Senato della Repubblica in data 22settembre 1993, mai approvato in via definitiva. 146 Sul punto se veda l’analisi ampia e documentata di G. GONZI, La scuola in Italia dallaCostituente al centro sinistra (1946-1966), Parma, Casanova ed., 1995, p. 106. 147 Per un. analisi delle politiche pubbliche sull’istruzione in chiave europea v. S. VENTURA, La politica scolastica, Bologna, Il Mulino, 1998, 15 e ss. Sull’organizzazione scolastica inEuropa, v. gli scritti di F. DAL PASSO (confronto europeo in generale), R. BIN, S. VASSALLO, S. VENTURA (Belgio e Olanda); A: TORRE, (Gran Bretagna), S. BEUSCART(Francia), X. BONAL (Spagna); A. TORRE (Gran Bretagna); G. RESCALLI, (Svezia), per granparte in Le istituzioni del federalismo, 1999, n. 5. Sull’incapacità dei sistemi scolastici dirispondere ai nuovi bisogni della produzione e alle nuove domande sociali e culturali, v. G. FRANCHI, T. SEGANTINI, La scuola che non ho. Per una politica della piena scolarità,

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istituzionale veniva quindi posto maggiormente sulla qualità e sulla

produttività dei sistemi di istruzione messa in discussione dai dati che

evidenziavano l’ampiezza del fenomeno della dispersione scolastica e

l’incapacità dei diplomati di adeguarsi all’offerta di lavoro esistente.148 Il

riconoscimento alle scuole, con l’autonomia, della responsabilità della

gestione dei propri interventi formativi, accompagnata da un

coordinamento a livello nazionale per garantire il rispetto di standard

qualitativi e da un decentramento di competenze in materia a livello locale

veniva quindi giudicata, in Italia come in molti Paesi europei, la formula

organizzativa più adeguata per orientare il servizio d’istruzione a soddisfare

la domanda proveniente dal mercato del lavoro.149

3. La seconda fase. L’inserimento dell’autonomia scolastica nel disegno

di decentramento amministrativo e il suo progressivo scollamento dal

progetto complessivo di riordino del sistema educativo

La linea d’intervento dell’autonomia veniva successivamente ripresa

dall’art. 21 della Legge n. 59/97 che intendeva collocarla nel contesto di un

più ampio processo di autonomia e di riorganizzazione del sistema

formativo. Il disegno di riforma prendeva in questo caso le mosse dalla

progressiva attribuzione alle istituzioni scolastiche autonome delle funzioni

dell’Amministrazione centrale e periferica in materia di gestione del

servizio d. istruzione, pur nel rispetto dei livelli unitari e nazionali di

fruizione del diritto allo studio nonché degli elementi comuni dell’intero

sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione.150 Le

Firenze, Nuova Italia, 1994. 148 Su tali dati v. OCDE, Education 1960-1990. The OECD Perspective, Paris 1994. 149 Per un. analisi dell’assetto organizzativo dei sistemi di istruzione in Europa negli anni ‘80, v. ancora S. VENTURA, cit., 35. 150 Fra le specifiche declinazioni dell’autonomia appariva fortemente ridimensionatal’autonomia finanziaria (art. 21, c. 5) che veniva configurata unicamente come discrezionalitànell’utilizzo della dotazione assegnata dallo Stato mentre assumevano maggior spessorel’autonomia didattica e organizzativa (art. 21, c. 7) che si sostanziavano nelle forme diflessibilità necessarie a conformare l’erogazione del servizio alle specifiche esigenze dell’utenzae della collettività in cui esso era collocato.

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istituzioni scolastiche dotate dei requisiti dimensionali necessari per il

conseguimento dell’autonomia venivano poi dotate di autonomia

organizzativa e didattica (art. 21, c. 7). Per la prima volta inoltre, nella

Legge n. 59/97, il disegno politico dell’autonomia veniva accompagnato

dall’intento di valorizzare, anche nel settore dell’istruzione non

universitaria, il sistema locale, in coerenza con la sua ispirazione generale,

attraverso un incremento delle funzioni destinate, attraverso i decreti

attuativi, a Regioni ed enti locali, in materia di programmazione e di

gestione del servizio. La risultante di tale indirizzo doveva essere un

profondo ridisegno del ruolo dell'amministrazione statale, rivolta al centro

all'espletamento di compiti funzionali alla soddisfazione delle esigenze di

sistema (art. 21 c. 7 e 9) e residuale in periferia (art. 12 lett. h) con un ruolo

di supporto all’autonomia delle scuole e di raccordo con il sistema

locale.151 In particolare, il ruolo riconosciuto a Province e Comuni dal

legislatore delegato, all’art. 139 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, non

appariva più ancillare a quello statale, come in passato, ma propriamente

locale152, esercitabile sia in relazione ai compiti già attributi al sistema

locale in materia di assistenza scolastica che in collegamento con gli altri

servizi erogati dagli enti locali.153 Il rafforzamento del nesso, già stabilito

dalla legge delega, fra istruzione e governo locale costituisce una risorsa

fondamentale per l’autonomia scolastica in quanto, con l’utilizzo delle

151 L’assunzione di un ruolo proprio in materia d. istruzione, da parte del sistema locale, insiemeall’accrescimento di poteri delle istituzioni scolastiche, a seguito dell’autonomia, avrebbe inoltredovuto coniugarsi con il mutamento di ruolo e dimensione degli apparati statali, a livellocentrale e periferico. Il riordino del Ministero dell’istruzione disciplinato, sotto il profilofunzionale e organizzativo, dal Capo XI del d.lgs. n. 300/99, oltre a disattendere le proposte diriforma degli apparati statali formulate in previsione della sua emanazione, non appare tuttaviain completa sintonia con il disegno di decentramento verso le scuole e verso il sistema locale, Ilministero non sembrava infatti acquisire un ruolo di semplice indirizzo e valutazione ma diautentico governo del sistema, con la riallocazione di funzioni già attribuite a regioni o entilocali o trasferite alle autonomie scolastiche. 152 Le principali competenze acquisite dal sistema locale afferiscono al dimensionamentoterritoriale delle scuole in conformità alle esigenze della collettività rappresentata, attraverso iprovvedimenti, attuativi dei piani regionali, di istituzione, fusione, aggregazione e soppressionedi istituti (art. 139 lett. a) e alla redazione dei piani di organizzazione. 153 Sul rapporto più stretto instaurato dalla l’ n. 59/97 fra l’istruzione e il governo locale, v. M. GIGANTE, L’istruzione, cit., p. 517.

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127

forme di concertazione previste dai regolamenti attuativi, consente agli

istituti di modulare i propri interventi formativi anche in funzione delle

politiche occupazionali definite dal sistema locale. Il disegno politico

diretto a collocare l’autonomia scolastica al crocevia fra il processo di

riorganizzazione del sistema formativo e il processo di decentramento è

stato tuttavia progressivamente accantonato. L’attuazione di questo disegno

era infatti affidata, com’è noto, ad una serie di decreti legislativi154 e

regolamentari 155, per cui non era previsto un criterio temporale di

coordinamento.156 La scelta di procedere prima alla redazione del decreto

attuativo dei conferimenti al sistema locale, in mancanza di un quadro di

riferimento certo, per l’assenza dei regolamenti cui era affidata, sotto

aspetti diversi157, la disciplina più puntuale dell’autonomia funzionale158 ha

conferito di fatto una priorità alla questione della definizione delle

competenze fra i diversi soggetti istituzionali rispetto a quella di una più

complessiva definizione degli obiettivi del sistema educativo.

Molteplici richiami al principio dell’autonomia sono presenti anche nel

d.P.R. 22.6.2009, n. 122 (Regolamento recante coordinamento delle norme

vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalità applicative in

materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1.9.2008, n. 137,

154 Diretti a identificare i compiti da conferire alle regioni e agli enti locali e quelli da mantenereall’amministrazione statale, adottati ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge e poi emanati con d.lgs. n. 112/98 e n. 300/99. 155 Da adottarsi ai sensi dell’art. 21, c. 2, per le modalità di esercizio dell’autonomia scolastica. 156 Sulla mancanza di tale criterio di coordinamento e sui suoi effetti, v. CORPACI A., Commento all’art. 136, cit., p. 456. 157 Per la disciplina puntuale delle funzioni trasferite alle scuole, l’introduzione della disciplinaconcernente la determinazione dei requisiti dimensionali ottimali delle istituzioni scolastiche ele modalità di esercizio della loro autonomia. Per la posizione per cui il trasferimento difunzioni statali alle scuole avrebbe dovuto precedere il conferimento di funzionidall’amministrazione statale alle regioni e agli enti locali, v. PAJNO A., L’autonomia delleistituzioni scolastiche, in GDA, 1997, 438. 158 L'art. 135 d.lgs. n. 112/98 aveva individuato tuttavia una misura di salvaguardiadell’autonomia funzionale precisando che il conferimento di funzioni al sistema locale, aventead oggetto la programmazione e la gestione amministrativa del servizio scolastico, non avrebbeinteressato le attribuzioni in materia trasferite direttamente alle singole scuole. In tal modo siintendeva evitare che l'attuazione del disegno di decentramento verso gli enti territorialipregiudicasse sul nascere la rafforzata capacità d'iniziativa delle scuole, configurandole comeorgani o enti strumentali del sistema locale.

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128

convertito, con modificazioni, dalla legge 30.10.2008, n. 169). Il

regolamento, pur dando attuazione alle stringenti innovazioni normative

stabilite dalla legge n. 169/2008 in terna di valutazione del profitto e dei

comportamenti degli alunni, chiama direttamente in causa l’esercizio delle

facoltà autonomistiche dei collegi dei docenti, precisando che “la

valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della

funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale,

nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche” e prevedendo

che “il collegio dei docenti definisce modalità e criteri per assicurare

omogeneità, equità e trasparenza delle valutazioni nel rispetto del principio

della libertà di insegnamento. Detti, criteri e modalità fanno parte

integrante del piano dell’offerta formativa”.159

159 SERGIO AURIEMMA, Repertorio 2010, Tecnodid, Napoli 2010, p. 123

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129

CAPITOLO VI

L’AUTONOMIA SCOLASTICA NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE

COFINANZIATE DAI FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2007/2013

6.1. I Fondi Strutturali Europei

La Commissione Europea ha approvato i Programmi Operativi Nazionali:

“Competenze per lo sviluppo”( Decisione del 7.11.2007 n .C(2007)5483),

finanziato con il Fondo Sociale Europeo e “Ambienti per

l’Apprendimento”(Decisione del 7.8.2007 n.C(2007)3878), finanziato con

il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, a titolarità del Ministero della

Pubblica Istruzione in favore delle aree territoriali del nuovo Obiettivo

Convergenza (ex Obiettivo 1). Si tratta di due Programmi che sono stati

elaborati dal Ministero della Pubblica Istruzione per sostenere

l’innovazione e la qualità del sistema scolastico in quattro Regioni del Sud

Italia (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, le sole appartenenti

all’Obbiettivo Convergenza) e per colmare il divario con le altre aree

territoriali del Paese e dell’Unione Europea.

La nuova programmazione dei Fondi Strutturali Europei ha apportato

significativi cambiamenti a seguito della riforma della politica di coesione.

Sono stati ridefiniti e razionalizzati gli obiettivi territoriali. Tutte le risorse

sono state raggruppate in tre grandi tipologie in relazione agli obiettivi e

alle caratteristiche economiche e sociali dei diversi territori dell’UE: Fondo

Sociale Europeo, Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e Fondo di

Coesione.

Sono stati definiti i temi prioritari e indirizzati verso le tre grandi sfide

indicate nel terzo rapporto di coesione:

• quella della convergenza, rivolta al rafforzamento della coesione

economica e sociale dell’Unione (che sostituisce l’ex Obiettivo 1),

per le regioni in ritardo di sviluppo (Reddito Nazionale Lordo, RNL,

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130

inferiore al 75% della media comunitaria, queste aree erano

identificate come Obiettivo1 nella precedente programmazione);

• quella della competitività, che si abbina all’obiettivo della creazione

di occupazione stabile, per le regioni impegnate nel rafforzamento

dei fattori di stabilità socio economica (nella precedente

programmazione aree identificate come obiettivo 2 e 3);

• quella della cooperazione territoriale che mira a rafforzare la

cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale,

promuovendo la ricerca di soluzioni congiunte a problemi comuni tra

le autorità confinanti, come lo sviluppo urbano, rurale e costiero e la

creazione di relazioni economiche e di reti di Piccole e Medie

Imprese.

La riforma, infine, conferma i quattro principi fondamentali dei Fondi

Strutturali: partenariato, programmazione pluriennale, addizionalità e

valutazione.

Il quadro disegnato dai nuovi Regolamenti comporta, rispetto alle priorità

in materia di educazione ed istruzione, sostanziali differenze territoriali

nell’azione del F.S.E. 2007-2013 e, quindi, nel contributo che quest’ultimo

potrà fornire rispetto ai benchmark fissati nell’ambito della strategia di

Lisbona.

La strategia delineata nell’Obiettivo “Convergenza” appare, per

l’intervento del F.S.E – Reg. (CE) 1081/2006, del tutto coerente con gli

obiettivi comunitari. In particolare, si propone di favorire:

1. l’implementazione delle riforme dei sistemi di istruzione e di

formazione, specialmente nell’ottica di accrescerne la capacità di

risposta ai bisogni di una società basata sulla conoscenza,

migliorando l’impatto dell’istruzione e formazione iniziale sul

mercato del lavoro, e aggiornando continuamente le competenze del

personale scolastico e di quello docente in particolare;

2. una maggiore partecipazione all’istruzione e alla formazione lungo

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131

tutto l’arco della vita, anche attraverso una significativa riduzione

dell’abbandono scolastico precoce e un maggiore accesso

all’istruzione iniziale, professionale e secondaria; lo sviluppo del

potenziale umano nella ricerca e nell’innovazione, specialmente

attraverso la formazione post - laurea, la formazione dei ricercatori e

la messa in rete delle università, dei centri di ricerca e delle imprese.

A questo proposito, il Regolamento sottolinea l’esigenza di sviluppare

sistemi e strategie di formazione lungo tutto l’arco della vita e di attuare, in

particolare, interventi volti al potenziamento delle competenze linguistiche,

a favore dei giovani che hanno abbandonato precocemente il percorso

scolastico e degli immigrati.

E’ prevista la possibilità di sviluppare progetti innovativi, progetti

interregionali e transnazionali.

Inoltre, una innovazione che contraddistingue in generale tutta la

programmazione 2007/2013, per l’obiettivo Convergenza, riguarda

l’introduzione di una linea di intervento per il potenziamento degli apparati

amministrativi finalizzata a migliorare la capacità istituzionale e

gestionale delle Amministrazioni Pubbliche.

Per quanto riguarda il F.E.S.R., il Regolamento n. 1080/2006, all’interno di

un generale obiettivo finalizzato alla correzione degli squilibri regionali,

prevede, tra i campi di intervento delineati per le aree della “Convergenza”,

anche investimenti in favore dell’istruzione, che contribuiscono ad

accrescere l’attrattiva e la qualità della vita nelle regioni e lo sviluppo della

società dell’informazione.

Assume grande rilievo nella nuova programmazione l’integrazione

strategica di Principi Orizzontali: quali le pari opportunità, la non

discriminazione e lo sviluppo sostenibile (art. 16 e 17 Reg. 1083/06) che

devono caratterizzare trasversalmente tutta la Programmazione 2007/2013,

le azioni ed i progetti. Fra questi principi è preso in considerazione anche il

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132

partenariato interistituzionale e con le parti sociali.

Il rafforzamento del sistema dell’istruzione è ritenuto, nella nuova

programmazione, di fondamentale importanza strategica nel contribuire al

conseguimento delle finalità di sviluppo e coesione sociale nel medio e nel

lungo periodo, nel miglioramento del mercato del lavoro, nel favorire i

processi di innovazione e produttività del sistema produttivo oltre che per

garantire reali processi di inclusione sociale, di applicazione del principio

delle pari opportunità e di riduzione del disagio sociale.

Infine, i Programmi Operativi sono “monofondo”. Per questo motivo per

ogni Fondo è stato necessario prevedere un Programma distinto:

“Competenze per lo Sviluppo”, finanziato dal F.S.E., è il programma

definito per sostenere gli interventi di formazione, mentre “Ambienti per

l’Apprendimento” è il programma che promuoverà le infrastrutture

scolastiche ed è finanziato dal F.E.S.R..

Le novità introdotte dalla riforma della politica di coesione prevedono, per

ogni Paese beneficiario, un Quadro di riferimento Strategico Nazionale

(Q.S.N.) che, per tutti gli obiettivi della politica di coesione, definisce,

dall’inizio del nuovo ciclo di programmazione, la strategia che si intende

perseguire con tali politiche. In questo ambito il nostro Paese ha avviato un

processo di programmazione unitaria di risorse nazionali e comunitarie,

coerentemente con quanto avviene già in diverse economie europee, al fine

di poter effettivamente conseguire gli obiettivi definiti sulla base delle

priorità individuate con l’impegno di tutti (Stato e Regioni) e il

riconoscimento di obiettivi comuni finalizzati.

Sulla base del quadro concettuale e degli indirizzi esposti nel Q.S.N., la

strategia individua quattro macro obiettivi:

1) sviluppare i circuiti della conoscenza;

2) accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei

territori;

3) potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza;

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133

4) internazionalizzare e modernizzare.

All’interno dei macro obiettivi sono state definite le 10 Priorità tematiche

del Quadro. Questi obiettivi costituiranno il riferimento costante per

l’attuazione della programmazione.

Le dieci Priorità sono rivolte a obiettivi di produttività, competitività e

innovazione da perseguire in tutto il Paese. Si declinano con intensità e

modalità differenziate fra le due macro-aree geografiche, Centro Nord e

Mezzogiorno e fra gli obiettivi comunitari di riferimento, "Convergenza",

"Competitività regionale e Occupazione"; "Cooperazione territoriale" che

costituiscono i nuovi obiettivi definiti nell’ambito dei Fondi Strutturali

europei. Nell’ambito del primo macro-obiettivo, la prima priorità

individuata riguarda il “Miglioramento e valorizzazione delle risorse

umane (Priorità 1)”.

Il Q.S.N. ha definito, infine, i Programmi Operativi Nazionali e Regionali

(POR) che costituiscono gli strumenti dell’ attuazione delle politiche di

coesione del nostro Paese.

Uno degli aspetti più critici posti in evidenza dal Quadro Strategico

Nazionale riguarda la qualità dei servizi pubblici essenziali che nel

Mezzogiorno in generale, ma in particolare e con più evidenza, nelle

regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia)

costituisce uno degli aspetti più difficili e che maggiormente influisce sulle

potenzialità di sviluppo dei relativi territori.

In questo ambito, il servizio scolastico è stato considerato fra i servizi

pubblici essenziali. Infatti il settore dell’istruzione e della formazione è

posto con grande rilievo al centro delle politiche di sviluppo delle suddette

aree territoriali. Si fa riferimento alla priorità strategica del

“miglioramento e valorizzazione del sistema di istruzione” (Priorità 1) in

quanto ritenuto un fattore essenziale di sviluppo e coesione. L’obiettivo è

quello di garantire almeno pari standard minimi di qualità del servizio

scolastico in tutto il territorio nazionale, fissando indicatori di risultato

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134

coerenti con gli obiettivi europei che dovranno essere conseguiti nei

prossimi anni, rendendo più equo il sistema di istruzione e promuovendo

nel contempo le eccellenze. In ragione di ciò sono stati definiti gli obiettivi

di servizio individuando, nel contempo, la loro misurabilità attraverso

alcuni indicatori differenziati per tipologia di servizio.

Per quanto riguarda il sistema scolastico è stato individuato un principale

obiettivo di servizio “Elevare le competenze degli studenti e la capacità di

apprendimento della popolazione” che sarà misurato sulla base dei

seguenti indicatori (scelti fra i benchmark definiti per il sistema istruzione

dal Consiglio dei Ministri europei):

1. diminuzione degli abbandoni scolastici precoci e conseguente

aumento del tasso di scolarizzazione per la scuola secondaria

superiore, misurato con l’indicatore relativo alla percentuale di

giovani (età 18-24 anni) con titolo di studio inferiore al diploma di

scuola secondaria di secondo grado e che non partecipa ad altre

attività formative (Indagini sulle Forze del Lavoro e UOE). Il target

per la verifica finale è fissato al 2013 pari al 10% per ciascuna

Regione;

2. livello di competenze degli studenti, misurato con la percentuale di

studenti 15-enni con un livello basso di competenza nell’area della

lettura (indagine OCSE-PISA). Il target è fissato al 20% per i

quindicenni sotto il livello 2 delle prove O.C.S.E. P.I.S.A.;

3. livello delle competenze degli studenti, misurato con la percentuale

di studenti 15-enni con un livello basso di competenza nell’area della

matematica (indagine OCSE-PISA). Il target fissato è quello di

ridurre al non più del 21% studenti con al massimo il 1 livello.

In considerazione dell’ampiezza del raggio di intervento cui fa riferimento

l’obiettivo di servizio indicato, nonché della complessità ad esso associata

in termini di tipologie di intervento realmente in grado di incidere su

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135

criticità spesso anche di carattere strutturale, sono state attribuite al

Ministero della Pubblica Istruzione risorse finanziarie suppletive dei Fondi

Strutturali Europei oltre a quelli già stanziati dal Fondo per le Aree

Sottoutilizzate (F.A.S.).

6.2. Linee di intervento e strategia

La strategia globale della programmazione per il settore dell’Istruzione

2007-2013, in linea con la priorità 1 del Q.S.N., si pone obiettivi generali

ambiziosi ed è orientata al raggiungimento di risultati diffusi allo scopo di:

• innalzare i livelli di apprendimento e di competenze chiave,

l’effettiva equità di accesso ai percorsi migliori, aumentare la

copertura dei percorsi di istruzione e formazione iniziale;

• aumentare la partecipazione a opportunità formative lungo tutto

l’arco della vita;

• rafforzare, integrare e migliorare la qualità dei sistemi d’istruzione,

formazione e lavoro e il loro collegamento con il territorio.

Tale strategia è stata condivisa con le Regioni che, nell’ambito dei loro

Programmi Operativi Regionali, concorrono al conseguimento degli stessi

obiettivi.

Nell’ambito di questa strategia globale, i due programmi Operativi

Nazionali, “Competenze per lo sviluppo” (F.S.E.) e “Ambienti per

l’apprendimento” (F.E.S.R.) hanno in comune la presentazione di un

quadro di contesto che analizza tutti gli aspetti evolutivi del settore, nonché

i risultati della programmazione 2000/2006, ponendo in evidenza le

criticità ed i punti di forza del sistema.

L’analisi del contesto permette a tutti di comprendere che la strategia

delineata nei documenti, individua alcune priorità di intervento finalizzate a

riequilibrare il sistema e, nello stesso tempo, a sostenere i processi di

riforma ed innovazione della scuola, nonché gli elementi di continuità e

discontinuità con l’attuale programmazione.

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136

Entrambi i programmi, infine, concorrono al conseguimento degli obiettivi

di Lisbona e di Göteborg.

In coerenza con le missioni specifiche dei due Fondi Europei F.S.E. e

F.E.S.R., con il PON “Competenze per lo Sviluppo (F.S.E.), si intende

incidere sulla preparazione, sulla professionalità delle risorse umane e sugli

esiti degli apprendimenti di base; con il PON “Ambienti per

l’apprendimento” (F.E.S.R.), si intende influire sulla qualità delle

infrastrutture scolastiche, sul loro adeguamento ai fini didattici, sul

risparmio energetico, sulla sicurezza e la qualità delle attrezzature per

rendere la scuola accessibile, attraente e funzionale all’apprendimento.

La strategia operativa dei Programmi Istruzione 2007-2013 - F.S.E. e

F.E.S.R. - è fondata su due impatti prioritari:

1. più elevate e più diffuse competenze e capacità di apprendimento di

giovani e adulti, da raggiungere in coerenza con la strategia della politica

ordinaria per l’istruzione - potenziamento dell’autonomia, estensione

dell’obbligo a 16 anni e, definizione di livelli degli apprendimenti nell’area

dell’istruzione secondaria di primo grado e del biennio dell’istruzione di

secondo grado, la cui organizzazione dovrebbe contemplare le tre aree dei

licei, dell’istruzione tecnica e di quella professionale, riorganizzazione e

rafforzamento dei Centri per l’educazione degli adulti;

2. maggiore attrattività della scuola anche in termini di ambienti ben

attrezzati per la didattica, sicuri e accoglienti per contrastare gli abbandoni

precoci e attenuare gli effetti di quei fattori di contesto, interni ed esterni

alla scuola, che influiscono su motivazioni, impegno e aspettative dei

giovani e delle loro famiglie.

Si tratta di obiettivi che richiedono prioritariamente interventi su tutti quei

fattori che, direttamente o indirettamente, influiscono sulla qualità del

sistema (in quanto esso stesso determina le aspettative di vita e di lavoro

dei giovani e degli adulti): la formazione del personale scolastico e, in

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137

particolare dei docenti, lo sviluppo dell’autonomia scolastica in tutte le sue

forme, la sicurezza delle strutture scolastiche e la loro qualità anche in

riferimento alla ecosostenibilità ed attrattività, i servizi sociali quale

supporto alla scuola e alle famiglie, la fiducia nelle istituzioni e nel futuro,

la consapevolezza di poter spendere le competenze acquisite a scuola nel

mondo del lavoro e di poter accedere a beni e servizi, senza rischio di

esclusione e in un clima di sicurezza.

6.3. Il Fondo Sociale Europeo (F.S.E.)

Le priorità indicate nel programma finanziato dal Fondo Sociale Europeo

“Competenze per lo Sviluppo”, che come è noto interviene per promuovere

l’occupazione con azioni formative, per il settennio di programmazione,

riguardano:

a) lo sviluppo degli strumenti e la capacità diagnostica;

b) la formazione del personale della scuola;

c) il miglioramento delle competenze di base dei giovani;

d) lo sviluppo della società dell’informazione;

e) la promozione di reti fra scuole e con il territorio;

f) le iniziative per promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e

l’inclusione sociale;

g) la promozione di un sistema di formazione lungo tutto l’arco della vita;

h) il miglioramento e potenziamento della capacità istituzionale

(governance) e del sistema di valutazione nazionale.

Di seguito viene presentato un quadro riassuntivo che permette di

evidenziare Assi, Obiettivi Globali e Specifici del Programma Operativo

F.S.E. 2007-2013 con riferimento sia al Regolamento n. 1083/2006 del

Consiglio, sia al Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 (Q.S.N.), in

particolare alla priorità 1 “Miglioramento e valorizzazione delle risorse

umane”, i cui obiettivi sono stati ampiamente condivisi nel corso del

processo di definizione dello stesso Q.S.N..

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138

Assi F.S.E. Obiettivi di Asse Obiettivi specifici

a) Sviluppare la capacità

diagnostica e i dispositivi per la

qualità del sistema scolastico

b) Migliorare le competenze del

personale della scuola e dei

docenti

c) Migliorare i livelli di

conoscenza e competenza dei

giovani

d) Accrescere la diffusione,

l’accesso e l’uso della società

dell’informazione nella scuola

Espandere e migliorare gli

investimenti nel capitale

umano promuovendo

1)l’attuazione di riforme di

sistemi di istruzione e

formazione in special modo

per aumentare la

rispondenza delle persone

alle esigenze di una società

basata sulla conoscenza e

sull’apprendimento

permanente;

e) Sviluppare reti tra gli attori

del sistema e con le istanze del

territorio

f) Promuovere il successo

scolastico, le pari opportunità e

l’inclusione sociale

Asse I

Capitale

umano

2) una maggiore

partecipazione all’istruzione

e alla formazione

permanente anche

attraverso azioni intese a

ridurre l’abbandono

scolastico e la segregazione

di genere e ad aumentare

l’accesso e la qualità

dell’istruzione iniziale.

g) Migliorare i sistemi di

apprendimento durante tutto

l’arco della vita

Asse II Rafforzamento della h) Migliorare la governance e

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139

Assi F.S.E. Obiettivi di Asse Obiettivi specifici

Capacità

istituzionale

capacità istituzionale e

l’efficienza delle pubbliche

amministrazioni e dei servizi

pubblici a livello nazionale

in una prospettiva di

riforme; miglioramento

della regolamentazione e

buona governance nel

settore dell’istruzione.

la valutazione del sistema

scolastico

Asse III

Assistenza

tecnica

Assistenza Tecnica

i) Migliorare l’efficienza,

efficacia e la qualità degli

interventi finanziati, nonché la

verifica e il controllo degli

stessi

l) Migliorare e sviluppare

modalità, forme e contenuti

dell’informazione e

pubblicizzazione del

Programma, degli interventi e

dei risultati

Il Programma prevede, infine, la possibilità di sviluppare progetti

innovativi e progetti multiregionali e transnazionali. Le relative azioni

saranno sviluppare nei prossimi anni di programmazione.

6.4. Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale “Ambienti per

l’apprendimento”

Il Programma finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale

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140

“Ambienti per l’apprendimento”, i cui interventi sono funzionali agli

interventi del F.S.E., costituisce uno strumento essenziale per completare il

piano degli investimenti, avviato con la precedente programmazione, nelle

tecnologie didattiche, nei laboratori collegati alle competenze di base

(lingue, matematica, scienze, laboratori settoriali, musica ecc.). Inoltre è

previsto un Asse per migliorare le infrastrutture scolastiche, aumentarne la

sicurezza e, quindi, la qualità del servizio, incrementare la qualità e

l'ecosostenibilità delle infrastrutture scolastiche anche con interventi

finalizzati al risparmio energetico, rafforzare le strutture per garantire la

partecipazione delle persone diversamente abili, potenziare gli impianti

sportivi, promuovere la trasformazione delle scuole in centri di

apprendimento polifunzionali accessibili a tutti ed infine potenziare gli

ambienti per l'autoformazione e la formazione degli insegnanti e del

personale della scuola.

Gli obiettivi operativi sono i seguenti:

a) Incrementare le dotazioni tecnologiche e le reti delle istituzioni

scolastiche;

b) Incrementare il numero dei laboratori per migliorare l’apprendimento

delle competenze chiave, in particolare quelle matematiche, scientifiche e

linguistiche;

c) Incrementare la qualità delle infrastrutture scolastiche, l’ecosostenibilità

e la sicurezza degli edifici scolastici; potenziare le strutture per garantire la

partecipazione delle persone diversamente abili e quelli finalizzati alla

qualità della vita degli studenti;

d) Promuovere la trasformazione delle scuole in centri di apprendimento

polifunzionali accessibili a tutti;

e) Potenziare gli ambienti per la l’autoformazione e la formazione degli

insegnanti.

Anche per questo programma il quadro riassuntivo sotto rappresentato

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141

consente di evidenziare Assi e Obiettivi globali e Specifici del Programma

Operativo Istruzione 2007-2013 finanziato con il F.E.S.R. sempre con

riferimento sia al Regolamento n. 1083/2006 del Consiglio, nonché al

Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 (Q.S.N.), in particolare alla

priorità 1 “Miglioramento e valorizzazione delle risorse Umane” i cui

obiettivi sono stati ampiamente condivisi nel corso del processo di

definizione dello stesso Q.S.N..

Obiettivo

Globale

Assi Obiettivi

specificiObiettivi operativi

a) Incrementare le

dotazioni

tecnologiche e le reti

delle istituzioni

scolastiche;

Migliorare

l’accessibilità

e l’attrattività

delle strutture

scolastiche

per gli

studenti e gli

Asse I

Società

dell’informazione

e

della conoscenza

Promuovere e

sviluppare la

Società

dell’informazione

e della

conoscenza nel

sistema

scolastico

b) Incrementare il

numero dei

laboratori per

migliorare

l’apprendimento

delle competenze

chiave, in particolare

quelle matematiche,

scientifiche e

linguistiche;

Page 147: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

142

c) Incrementare la

qualità delle

infrastrutture

scolastiche,

l’ecosostenibilità e la

sicurezza degli

edifici scolastici;

potenziare le

strutture per

garantire la

partecipazione delle

persone

diversamente abili e

quelli finalizzati alla

qualità della vita

degli studenti

d) Promuovere la

trasformazione delle

scuole in centri di

apprendimento

polifunzionali

accessibili a tutti;

adulti

Asse II

Qualità degli

ambienti

scolastici

Migliorare la

sostenibilità

ambientale e

l’innovatività

delle strutture

scolastiche per

valorizzare

l’offerta

formativa

e) Potenziare gli

ambienti per la

l’autoformazione e

la formazione degli

insegnanti;

Page 148: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

143

f) Migliorare

l’efficienza, efficacia

e la qualità degli

interventi finanziati,

nonché la verifica e

il controllo degli

stessi;Asse III

Assistenza

tecnica

Assistenza

Tecnicag) Migliorare e

sviluppare forme e

contenuti

dell’informazione e

pubblicizzazione del

programma, degli

interventi e dei suoi

risultati

Sul piano operativo, per raggiungere gli obiettivi indicati, tutte le scuole

delle Regioni dell’Obiettivo Convergenza possono prevedere, sulla base di

alcune proposte di azioni avanzate dal Ministero, un Piano Integrato di

interventi, che ciascun istituto definirà collegialmente integrando il piano

dell’offerta formativa. Il Piano Integrato si può articolare in due piani uno

finanziato con il F.S.E. e l’altro con il F.E.S.R., ciascuno di essi modulato

sulle azioni specifiche dei due Programmi Operativi.

Il Piano Integrato si fonda sull’auto-diagnosi dei fattori di maggiore

criticità sia del contesto scolastico - livello degli apprendimenti, regolarità

del percorso scolastico e della frequenza, debiti formativi e aree disciplinari

interessate, dotazioni tecnologiche e laboratori, grado di sicurezza e qualità

degli ambienti di lavoro, presenza di barriere architettoniche, adeguamento

della professionalità del personale docente e amministrativo attraverso la

Page 149: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

144

formazione in servizio, disponibilità di servizi messi a disposizione dagli

Enti locali, ecc… e sia del contesto familiare e culturale in cui vive la

popolazione scolastica di riferimento.

Il Piano è costituito dall’insieme delle proposte di azioni con cui l’Istituto

scolastico intende affrontare le proprie criticità, le esigenze e le richieste

della comunità scolastica che ad esso afferisce.

Le proposte riguardano interventi previsti all’interno degli obiettivi

specifici di entrambi i Programmi F.S.E. e F.E.S.R., in quanto la qualità

delle strutture scolastiche e la disponibilità di ambienti attrezzati

(laboratori, auditorium, palestra, biblioteca, spazi verdi, aula magna, ecc.)

sono il presupposto di una scuola accogliente, dove si apprende, si lavora e

si sta bene; dove si ha la possibilità di utilizzare strumenti e infrastrutture

tecnologiche in grado di attivare quei processi interattivi che stimolino il

pensiero creativo ed il ragionamento logico dei più giovani e aprano al

mondo esterno, anche attraverso il lavoro in rete e a distanza.

Questo rafforza gli esiti delle attività sostenute con le risorse del Fondo

Sociale, comprese quelle di accompagnamento, e l’ampliamento

dell’offerta formativa. Tutti gli interventi saranno orientati al

miglioramento dei livelli di conoscenza e competenza dei giovani e al

successo scolastico. In generale, tutti i percorsi aggiuntivi dovranno essere

coerenti con le priorità individuate dalla stessa scuola nella fase di diagnosi

della propria realtà, in particolare dal collegio dei docenti che deve

assumere l’impegno e la responsabilità di introdurre tutte le misure

necessarie per innovare i processi di insegnamento/apprendimento

attraverso percorsi di formazione in servizio su metodologie (cooperative

learning, ricerca-azione, didattica laboratoriale, ecc…) che consentono di

verificare e valutare, organizzare conoscenze e utilizzarle in situazioni

nuove.

Da qui la scelta di sostenere contemporaneamente interventi infrastrutturali

e di formazione, con l’obiettivo di accelerare il miglioramento della qualità

Page 150: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

145

del servizio scolastico attraverso:

1. l’apertura della scuola in orario pomeridiano;

2. la progettazione di un’offerta formativa ampia e flessibile,

coerente con le caratteristiche della popolazione scolastica e con i

bisogni dei singoli alunni, finalizzata ad innalzare i livelli di

competenza, da quelli di base ai più elevati, di tutti gli alunni e le

alunne;

3. la diffusione di metodologie innovative e attraenti;

4. la promozione della cultura dell’autovalutazione tra gli alunni, i

docenti e la totalità del personale scolastico;

5. lo sviluppo di azioni di orientamento formativo che, partendo

dalla dimensione personale e dai vissuti di ciascun alunno,

facilitino consapevolezza di sé, autostima e fiducia;

6. la sensibilizzazione dei genitori anche attraverso interventi di

diretto coinvolgimento nelle attività della scuola, soprattutto in

presenza di situazioni di particolare disagio culturale delle

famiglie o rischio di abbandoni precoci, interventi di

formazione/informazione per accrescere le aspettative nei

confronti della scuole e facilitare i rapporti genitori – figli;

7. la diffusione dei laboratori multimediali, scientifici, linguistici e

tecnologici;

8. lo sviluppo di “centri di acquisizione delle conoscenze e il loro

collegamento in rete” per consentire il raccordo fra scuole, mondo

della ricerca educativa, sistema produttivo e istituzioni;

9. l’ecosostenibilità e la sicurezza degli edifici scolastici;

10.l’accessibilità degli edifici da parte degli alunni diversamente

abili;

11.la predisposizione di spazi dedicati ad attività ludico-ricreative.

Page 151: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

146

6.5. Specificità dei due Fondi Strutturali nell’ambito del Piano

Integrato

Sebbene l’utilità di un approccio unitario sia in fase di attività di

pianificazione che di autoanalisi della scuola appare indiscutibile, e ciò

abbia indotto l’Autorità di gestione ad avviare l’attuazione dei programmi

in questa direzione, tuttavia è, altresì, necessario precisare che sul piano

della progettazione specifica e quello attuativo devono essere tenute

distinte le azioni finanziate dal F.S.E. e quelle finanziate dal F.E.S.R.,

tenendo conto delle differenze in ordine alla provenienza dei fondi, alle

finalità specifiche, alla tipologia di spesa, all’ammissibilità della spesa

ecc… Il piano, pertanto, viene articolato in due aree distinte in relazione ai

due Fondi come precisato nel paragrafo relativo alle modalità di

partecipazione. Inoltre, mentre le azioni finanziate dal F.S.E., per la loro

stessa natura, possono ripetersi negli anni di programmazione in funzione

del raggiungimento progressivo degli obiettivi formativi, le azioni

finanziate dal F.E.S.R., che prevedono investimenti materiali e duraturi,

devono essere pianificate in relazione all’urgenza, al collegamento con le

azioni del F.S.E. e tenendo conto che, una volta risolta la criticità con

l’attuazione di una delle azioni, non sarà possibile richiedere la stessa

azione più volte.

6.6. L’equità della scuola

Affinché l’intervento scolastico sia più equo e offra migliori possibilità di

successo anche in aree di maggiore disagio, è importante poter intervenire

in modo incisivo già sui primi segmenti dell’istruzione. Grazie alla maggior

disponibilità di risorse della nuova programmazione un’area principale di

intervento riguarda l’attenzione all’istruzione primaria e, soprattutto,

secondaria – sia di primo che di secondo grado e, in quest’ultimo caso,

nelle classi del biennio - per ampliare i tempi di fruizione del servizio

scolastico e offrire un’ampia gamma di attività orientate prioritariamente

Page 152: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

147

sulle competenze misurate dall’indagine OCSE-PISA, cioè lettura (nella

varietà delle sue accezioni), matematica e scienze, nonché sulle altre

competenze chiave per l’apprendimento permanente: comunicazione nelle

lingue straniere, competenza digitale, imparare ad imparare, competenze

sociali e civiche, spirito d’iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed

espressione culturale.160 Tali attività aggiuntive, coerenti con quelle

curricolari, devono integrare, arricchire e/o recuperare capacità,

conoscenze, abilità di alunni e alunne, tenendo conto delle singole

potenzialità – nel caso specifico le competenze informali – ma anche delle

storie personali, sia scolastiche che di contesto familiare soprattutto nelle

situazioni in cui l’obiettivo primario è quello di rafforzare la motivazione

ad apprendere, stimolare responsabilità e impegno nello studio, favorire

riflessione e partecipazione attiva ai personali processi di costruzione del

proprio sapere. Si tratta, in definitiva, di dare a tutti gli alunni e le alunne

occasioni e stimoli adeguati che, avendo come punti di riferimento le

singole situazioni di partenza, consentano di conseguire, in maniera

consapevole, esiti positivi.

La medesima strategia contraddistingue l’offerta formativa destinata ad

adulti e adulte.

6.7. Il recupero delle competenze

Con riferimento specifico ai destinatari adulti degli interventi dei

Programmi, il PON finanziato con il F.S.E., in coerenza con l’obiettivo

specifico 1.3 – della Priorità 1 del Q.S.N. “garantire l’accessibilità a

opportunità formative, certificate, per le competenze chiave e la

cittadinanza attiva” - della Priorità 1 del Q.S.N. - contribuisce con

interventi modulari sulle competenze chiave, anche ai fini del recupero

dell’istruzione di base per giovani che sono fuori dai circuiti formali della

160 Si fa riferimento alle competenze così come definite e articolate nell’Allegato allaRaccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sullecompetenze chiave per l’apprendimento permanente.

Page 153: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

148

formazione e per adulti/e senza titolo di studio o con basse qualifiche o con

competenze inadeguate e obsolescenti.

Accanto ai suddetti percorsi, che vanno realizzati in continuità con la

programmazione 2000/2006, è stato previsto l’ampliamento delle

opportunità con altre tipologie di intervento: attività di tirocinio nel

territorio, in altre regioni e nei Paesi dell’Unione Europea; sperimentazione

di formazione assistita a distanza, con azione di orientamento; supporto per

la costruzione di reti transnazionali di cooperazione sull’educazione degli

adulti alla cittadinanza europea; interventi di valorizzazione dei progetti

pilota del Programma comunitario lifelong learning. Inoltre, considerato

che l’obiettivo finale è l’integrazione sociale e lavorativa, è opportuno, così

come si afferma nel Q.S.N., attivare reti dei soggetti che erogano le diverse

offerte di servizi formativi di orientamento, ottimizzando e migliorando le

strutture esistenti, aprendole a tutti i soggetti che, a livello locale, operano

nel settore.

Sul territorio nazionale, presso le Istituzioni scolastiche che, in prevalenza,

sono del primo ciclo d’istruzione, sono presenti in maniera capillare i

Centri territoriali Permanenti per l’Educazione degli Adulti, (sono in via di

emanazione le disposizioni relative ai Centri provinciali per l’istruzione

degli adulti) che rappresentano una grande risorsa per l’obiettivo del Q.S.N.

e per quello della politica ordinaria che ha rafforzato l’attenzione

all’apprendimento della popolazione adulta. Infatti i suddetti Centri

diventeranno autonomi ed avranno un organico distinto da quello della

scuola finora titolare del CTP/EDA.

In continuità con la precedente programmazione potranno offrire

opportunità aggiuntive di formazione per gli adulti e orientamento anche i

Centri Risorse contro la dispersione scolastica e i Centri Polifunzionali di

servizio (PON “La Scuola per lo Sviluppo” 2000/2006).

Il PON “Competenze per lo Sviluppo”, in considerazione delle risorse

aggiuntive previste per l’obiettivo specifico “Migliorare i sistemi di

Page 154: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

149

apprendimento durante tutto l’arco della vita”, contribuirà, nelle regioni

dell’Obiettivo Convergenza, alla realizzazione dell’impegno di assicurare

la partecipazione di almeno il 12,5% della popolazione adulta in età

lavorativa, dai 25 ai 64 anni, ad azioni di apprendimento (anch’esso uno dei

5 benchmark stabiliti dal Consiglio dei ministri Europei). I Fondi Strutturali

sosterranno, pertanto, la suddetta trasformazione della rete dei centri per la

formazione degli adulti e promuoveranno, d’intesa con le Regioni del

Mezzogiorno, la collaborazione dei suddetti Centri con i soggetti del

territorio che operano nel settore della formazione permanente.

6.8. L’innovazione didattica e le pratiche laboratoriali

Il PON finanziato con il F.E.S.R. prevede contemporaneamente, e collegate

con esse, le azioni di investimento nelle tecnologie didattiche ma anche nei

laboratori scientifici e linguistici nonché tutti gli interventi infrastrutturali

finalizzati a qualificare l’offerta formativa. Inoltre, allo scopo di influire nei

processi di rinnovamento sono stati previsti alcuni obiettivi i cui interventi

devono contribuire a modificare il sistema, valorizzare l’autonomia

scolastica e sostenere l’innovazione attraverso la ricerca educativa e

didattica che “deve fare dell’insegnamento una pratica ricca di riflessività e

di ricerca”.

Rispetto a tali obiettivi, la Commissione si propone di supportare il

processo di riforma in atto e il servizio offerto dalle singole istituzioni

scolastiche, compresi i centri provinciali per l’istruzione degli adulti con la

messa a punto di strumenti che sostengano e orientino la qualità del loro

operato e la capacità diagnostica, attraverso:

− la definizione di standard di qualità del servizio scolastico (con

riferimento alle attività educative, ai risultati e alle strutture)

promuovendo anche la certificazione, sempre di qualità, delle istituzioni

scolastiche;

− l’implementazione di standard per i diversi livelli di apprendimento

Page 155: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

150

nell’istruzione del primo e secondo ciclo avendo come punto di

riferimento le indicazioni nazionali e le competenze chiave per

l’apprendimento permanente indicate nella Raccomandazione del

Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006;

− la definizione di standard dei materiali per la didattica e delle

infrastrutture tecnologiche;

− il supporto alla costruzione dell’anagrafe degli studenti e

all’integrazione delle banche dati esistenti.

6.9. Le Reti

Complementari a tali linee di azione, sono quelle che riguardano le reti

territoriali nell’obiettivo “sviluppare reti tra gli attori del sistema e con le

istanze del territorio” del PON F.S.E. e negli obiettivi del PON F.E.S.R..

Infatti, rafforzare l’operatività dei Centri polifunzionali di servizio e di

Centri risorse contro la dispersione scolastica, contribuire ad aprire la

scuola al territorio con interventi di rete tra scuole e altri soggetti (agenzie

formative, centri di ricerca, università, imprese, associazioni di varia

natura, ecc…), sostenere le reti per lo sviluppo e la valorizzazione

dell’istruzione tecnica e professionale, contribuisce a dotare le scuole

situate in territori particolarmente deprivati, di punti di riferimento per

compensare l’inevitabile fase di transizione di un complesso processo di

riforma e, nel momento in cui esso si avvia, dare attuazione in tempi più

brevi e in maniera più diffusa e coordinata.

6.10 Gli interventi infrastrutturali

Gli interventi sostenuti con le risorse del F.E.S.R. sono finalizzati ad avere

maggiore durata e impatto fisico. Dotare le scuole di laboratori per

facilitare i processi di apprendimento e innalzare i livelli delle competenze,

incrementare le dotazioni tecnologiche e le reti delle istituzioni scolastiche,

promuovere l’ecosostenibilità, garantire la sicurezza e accessibilità degli

Page 156: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

151

edifici scolastici, dotarli di strutture sportive e di ambienti di

socializzazione, di spazi per attività creative, teatrali e musicali migliora la

qualità del servizio, rende la scuola attraente e ne facilita la trasformazione

in comunità di pratiche, dialogo fra le diversità di genere, cultura, etnia,

nonché di persone.

Si sottolineano, inoltre, altre aree di intervento di primaria importanza per il

successo della strategia complessiva dei Programmi, che il dibattito più

recente sullo stato dell’istruzione nel nostro Paese e soprattutto nel

Mezzogiorno considera prioritari perché ad essi è legato il successo della

politica ordinaria e regionale. Ci si riferisce a:

− il miglioramento delle competenze del personale della scuola e dei

docenti, con interventi di formazione in servizio molto mirati e dedicati

a tutti i tre target di utenza – dirigenti, docenti e personale

amministrativo,– secondo le aree di competenza e anche su questioni

molto diversificate specie per quanto riguarda i docenti. Dalle

competenze dei docenti - disciplinari, metodologiche e didattiche,

relazionali e comunicative, di ascolto e gestione di situazioni

conflittuali, di valutazione degli apprendimenti collegata a finalità

orientative, di riflessione costante sul proprio operato e quindi di

autovalutazione – dipende, in maniera non totale ma abbastanza

consistente, il successo scolastico di gran parte degli alunni e delle

alunne. Altrettanto essenziale è anche la professionalità dei dirigenti

scolastici e del personale amministrativo. Per tali ragioni, le attività di

formazione, coordinate con la Direzione competente del Ministero,

dovrà essere continua e coinvolgere, sia pure su obiettivi differenti legati

alle storie professionali dei singoli, una percentuale elevata di personale.

Gli ambiti di formazione previsti riguardano l’attuazione della riforma

nei segmenti d’interesse dell’ordine e grado di scuola, lo sviluppo

dell’autonomia, la promozione delle competenze degli alunni, la ricerca

educativa, l’orientamento formativo, la comunicazione e l’accoglienza,

Page 157: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

152

la valutazione dei processi e degli apprendimenti, la conoscenza e l’uso

didattico degli strumenti della società dell’informazione,

l’organizzazione della vita scolastica, il rapporto con il territorio e il

mondo del lavoro, le procedure contabile e amministrative. Considerato

che il livello delle competenze del personale scolastico è molto vario,

alle scuole verranno proposte opportunità differenziate, comprese borse

di ricerca, master e stage;

− il potenziamento della valutazione di sistema sullo stato delle singole

scuole, prevista per tutto il territorio nazionale, sostenuta da risorse

ordinarie e condotta dall’INVALSI;

− la valutazione interna, da parte di ciascuna scuola che verrà avviata

attraverso uno strumento diagnostico elaborato tenendo presenti gli

indicatori di risultato dei PO istruzione, F.S.E. e F.E.S.R., in fase di

ricognizione iniziale per individuare punti di forza e di debolezza,

opportunità e rischi, in base ai quali progettare il proprio piano di

intervento, curricolare ed extra curricolare, e assumere la responsabilità

dei risultati;

− la valutazione esterna (partecipazione all’indagine PISA dell’OCSE),

con particolare attenzione ai livelli di apprendimento e ai processi messi

in atto attraverso l’uso delle risorse ordinarie e aggiuntive, che verrà

sostenuta con le risorse aggiuntive dei programmi operativi;

− il miglioramento dei sistemi di governo della scuola, la qualità dei

raccordi interistituzionali e con le parti sociali, la loro capacità

diagnostica. Un impegno specifico in tal senso è previsto per le strutture

periferiche dell’Amministrazione scolastica (regionali e provinciali) e

l’Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (in fase di

istituzione), fondamentali per creare, con i diversi attori del territorio,

una rete di supporto allo sviluppo qualitativo del servizio scolastico e

trasferire la conoscenza nelle scuole.

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153

L’insieme delle aree di intervento prioritarie indicate e degli strumenti

dovrebbe portare ad una accelerazione dei processi di rinnovamento del

sistema e di qualificazione complessiva del settore, in modo omogeneo e

stabile sul territorio. In sostanza, dovrà essere potenziata la “capacity

building” dell’insieme dei “servizi” di supporto allo sviluppo e alla crescita

della qualità dell’Istruzione.

6.11 Organizzazione e Gestione della Programmazione

I programmi operativi già delineano l’organizzazione necessaria ed

essenziale sia per corrispondere alle caratteristiche operative richieste dai

Regolamenti Europei in materia, sia per corrispondere ai livelli di

efficienza ed efficacia richiesti.

Le strutture preposte a livello centrale, in ottemperanza ai Regolamenti

europei, sono le seguenti:

l’Autorità di Gestione - Direzione Generale per gli Affari

Internazionali - Ufficio V, è responsabile della gestione e attuazione

del Programma Operativo conformemente al principio di buona e

sana gestione amministrativa e finanziaria;

l’Autorità di Certificazione - Direzione Generale per gli Affari

Internazionali - Ufficio I, è responsabile della certificazione corretta

delle spese all’Unione Europea;

l’Autorità di Audit - Direzione Generale per la Politica Finanziaria e

per il Bilancio è responsabile della verifica dell’efficace

funzionamento del sistema di gestione e di controllo e del controllo

di secondo livello.

Per ciascuna di esse le funzioni sono stabilite analiticamente nei

Regolamenti e rispondono alle caratteristiche di indipendenza in essi

previste.

A livello territoriale parimenti fondamentale è il ruolo degli Uffici

Scolastici Regionali che contribuiscono in maniera significativa

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154

all’attuazione del Programma. In particolare gli Uffici Scolastici Regionali

sono direttamente coinvolti nelle sottoindicate aree di intervento:

• azione di sensibilizzazione e promozione per incentivare la

partecipazione di tutte le scuole del territorio di riferimento;

• azione di sostegno per la preparazione dei piani di intervento;

• azione di valutazione delle proposte delle istituzioni scolastiche nei

casi di azioni decentrate;

• azione di concertazione e integrazione, d’intesa con la Direzione

Generale per gli Affari Internazionali, con i molteplici attori

coinvolti nel territorio a partire in via prioritaria dalle Regioni e dalle

Autonomie locali;

• azione di controllo delle irregolarità e di recupero di eventuali fondi

irregolarmente spesi in violazione dei regolamenti europei.

Infine, gli Uffici Scolastici Provinciali sono coinvolti nelle attività di

controllo di primo livello.

Si richiama in proposito la Circolare Ministeriale Prot. 5567 del 11

dicembre 2007 Programmazione dei Fondi Strutturali e Fondo Aree

Sottoutilizzate 2007-2013.

6.12 Normativa di Riferimento

Le azioni finanziate con i Fondi Strutturali Europei devono essere

realizzate osservando tutte le disposizioni Comunitarie e Nazionali emanate

in materia, tenendo conto che, nel caso di inosservanza delle disposizioni e

in presenza di eventuali irregolarità, le azioni verranno annullate, in tutto o

in parte, e verrà richiesta la restituzione dei fondi eventualmente erogati. E’

quindi necessario, nell’attuazione degli interventi finanziati, tenere conto

del quadro normativo cui fare riferimento.

Per quanto riguarda la normativa comunitaria, i testi cui fare riferimento

sono principalmente:

• il Regolamento (CE) n.1083/2006 del 11/07/06- Disposizioni generali

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155

sui Fondi strutturali;

• il Regolamento (CE), n. 1081/2006 del 5/07/2006 relativo al F.S.E.;

• il Regolamento (CE) n. 1080/2006 del 5/07/2006 relativo al F.E.S.R.;

• il Regolamento (CE) n. 1828/2006 del 8/12/2006 che stabilisce modalità

di applicazione del Regolamento (CE) 1083/2006 e del Regolamento

(CE) 1080/2006.

Per quanto riguarda la normativa nazionale, andranno tenuti presenti,

primariamente, i seguenti documenti fondamentali del PON:

• il testo del Programma Operativo Nazionale 2007 IT 05 1 PO 007

“Competenze per lo Sviluppo” relativo al Fondo Sociale Europeo;

• il testo del Programma Operativo Nazionale 2007 IT 16 1 PO 004

“Ambienti per l'apprendimento” relativo al Fondo Europeo Sviluppo

Regionale;

• Decreto Interministeriale n. 44 del 1° febbraio 2001 "Regolamento

concernente le "Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-

contabile delle istituzioni scolastiche";

• Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 41/2003 del 5

dicembre 2003 "Tipologia dei soggetti promotori, ammissibilità delle

spese e massimali di costo per le attività cofinanziate dal fondo sociale

europeo nell’ambito dei programmi operativi nazionali (P.O.N.);

• Il vademecum emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche

Sociali Ed. 2000;

• le "Disposizioni ed Istruzioni per l'attuazione delle iniziative

cofinanziate dai Fondi Strutturali 2007/2013";

• i Bandi/Avvisi per la presentazione dei Piani prodotti dall’Autorità di

Gestione.

Page 161: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

156

APPENDICE NORMATIVA SULL’AUTONOMIA SCOLASTICA

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994

Principi sull’erogazione dei servizi pubblici

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995

Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai fini

dell’emanazione degli schemi generali di riferimento di “Carte dei servizi

pubblici”.

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995

Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi scolastici”

Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n.254 del 21 luglio 1995

Direttiva relativa alla “Carta dei servizi scolastici”

Legge 28 dicembre 1995, n.549

Misure di razionalizzazione della finanza pubblica

Legge 15 marzo 1997, n. 59

Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed

enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la

semplificazione amministrativa.

Legge 18 dicembre 1997, n. 440

Istituzione del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta

formativa e per gli interventi perequativi.

Page 162: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

157

decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157

Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, comma 20, della

legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente l’aggregazione di istituti

scolastici di istruzione secondaria superiore.

decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233

Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle

istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei

singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.

decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275

Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni

scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59.

Legge 22 marzo 2000, n.69

Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta di

integrazione scolastica degli alunni con handicap.

decreto ministeriale 26 giugno 2000, n.234

Regolamento recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle

istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente

della Repubblica 8 marzo 1999, n.275.

Decreto-Legge 28 agosto 2000, n.240, convertito con modificazioni

dalla legge 27 ottobre 2000, n.306

Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico (Articolo 2).

decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n.44

Regolamento concernente le “Istruzioni generali sulla gestione

amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche.

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158

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 (161).

Princìpi sull’erogazione dei servizi pubblici

…… omissis ……

OGGETTO: AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI

La presente direttiva dispone i principi cui deve essere uniformata

progressivamente, in generale, l’erogazione dei servizi pubblici.

Ai fini della presente direttiva sono considerati servizi pubblici,

anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli

volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente

tutelati, alla salute, all’assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla

libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla

libertà di circolazione, ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 giugno 1990,

n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas.

Ai principi della direttiva si uniformano le pubbliche

amministrazioni che erogano servizi pubblici. Per i servizi erogati in

regime di concessione o mediante convenzione e comunque svolti da

soggetti non pubblici, il rispetto dei principi della direttiva è assicurato

dalle amministrazioni pubbliche nell’esercizio dei loro poteri di direzione,

controllo e vigilanza. Le amministrazioni concedenti provvedono ad

inserire i contenuti della presente direttiva negli atti che disciplinano la

concessione. Gli enti erogatori dei servizi pubblici, ai fini della presente

direttiva, sono denominati “soggetti erogatori”

I. I principi fondamentali.

161 In G.U. 22 febbraio 1994, n. 43.

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1. Eguaglianza.

1. L’erogazione del servizio pubblico deve essere ispirata al principio

di eguaglianza dei diritti degli utenti. Le regole riguardanti i rapporti tra

utenti e servizi pubblici e l’accesso ai servizi pubblici devono essere uguali

per tutti. Nessuna distinzione nell’erogazione del servizio può essere

compiuta per motivi riguardanti sesso, razza, lingua, religione ed opinioni

politiche. Va garantita la parità di trattamento, a parità di condizioni del

servizio prestato, sia fra le diverse aree geografiche di utenza, anche

quando le stesse non siano agevolmente raggiungibili, sia fra le diverse

categorie o fasce di utenti.

2. L’eguaglianza va intesa come divieto di ogni ingiustificata

discriminazione e non, invece, quale uniformità delle prestazioni sotto il

profilo delle condizioni personali e sociali. In particolare, i soggetti

erogatori dei servizi sono tenuti ad adottare le iniziative necessarie per

adeguare le modalità di prestazione del servizio alle esigenze degli utenti

portatori di handicap.

2. Imparzialità.

1. I soggetti erogatori hanno l’obbligo di ispirare i propri

comportamenti, nei confronti degli utenti, a criteri di obiettività, giustizia

ed imparzialità. In funzione di tale obbligo si interpretano le singole

clausole delle condizioni generali e specifiche di erogazione del servizio e

le norme regolatrici di settore.

3. Continuità.

1. L’erogazione dei servizi pubblici, nell’ambito delle modalità

stabilite dalla normativa regolatrice di settore, deve essere continua,

regolare e senza interruzioni. I casi di funzionamento irregolare o di

interruzione del servizio devono essere espressamente regolati dalla

normativa di settore. In tali casi, i soggetti erogatori devono adottare misure

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160

volte ad arrecare agli utenti il minor disagio possibile.

4. Diritto di scelta.

1. Ove sia consentito dalla legislazione vigente, l’utente ha diritto di

scegliere tra i soggetti che erogano il servizio. Il diritto di scelta riguarda, in

particolare, i servizi distribuiti sul territorio.

5. Partecipazione.

1. La partecipazione del cittadino alla prestazione del servizio

pubblico deve essere sempre garantita, sia per tutelare il diritto alla corretta

erogazione del servizio, sia per favorire la collaborazione nei confronti dei

soggetti erogatori.

2. L’utente ha diritto di accesso alle informazioni in possesso del

soggetto erogatore che lo riguardano. Il diritto di accesso è esercitato

secondo le modalità disciplinate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. L’utente può produrre memorie e documenti; prospettare

osservazioni; formulare suggerimenti per il miglioramento del servizio. I

soggetti erogatori danno immediato riscontro all’utente circa le

segnalazioni e le proposte da esso formulate.

4. I soggetti erogatori acquisiscono periodicamente la valutazione

dell’utente circa la qualità del servizio reso, secondo le modalità indicate

nel titolo successivo.

6. Efficienza ed efficacia.

1. Il servizio pubblico deve essere erogato in modo da garantire

l’efficienza e l’efficacia. I soggetti erogatori adottano le misure idonee al

raggiungimento di tali obiettivi.

II. Gli strumenti.

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161

1. Adozione di standard.

1. Entro tre mesi, i soggetti erogatori individuano i fattori da cui

dipende la qualità del servizio e, sulla base di essi, adottano e pubblicano

standard di qualità e quantità di cui assicurano il rispetto.

2. I soggetti erogatori definiscono standard generali e standard

specifici di qualità e quantità dei servizi. I primi rappresentano obiettivi di

qualità che si riferiscono al complesso delle prestazioni rese. I secondi si

riferiscono a ciascuna delle singole prestazioni rese all’utente, che può

direttamente verificarne il rispetto.

3. Gli standard sono accompagnati da una relazione illustrativa nella

quale si descrivono, tra l’altro, le modalità previste per il loro

conseguimento; i fattori principali esterni al soggetto erogatore e

indipendenti dal suo controllo che potrebbero incidere significativamente

sul conseguimento degli standard; i metodi di valutazione utilizzati per

fissare o rivedere gli standard, con una previsione relativa alle valutazioni

future. Nella relazione i soggetti erogatori determinano, altresì, gli indici da

utilizzare per la misurazione o la valutazione dei risultati conseguiti;

forniscono una base di comparazione per raffrontare i risultati

effettivamente ottenuti con gli obiettivi previsti; descrivono gli strumenti da

impiegarsi al fine di verificare e convalidare i valori misurati.

4. Gli standard sono sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze

pubbliche.

5. L’osservanza degli standard non può essere soggetta a condizioni.

Essi sono derogabili solo se i risultati sono più favorevoli agli utenti.

6. Gli standard sono periodicamente aggiornati, per adeguarli alle

esigenze dei servizi. Le nuove regole devono essere adottate e seguite

avendo cura di ridurre al minimo le conseguenze disagevoli per gli utenti.

7. I soggetti erogatori adottano ogni anno piani diretti a migliorare

progressivamente gli standard dei servizi.

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162

2. Semplificazione delle procedure.

1. Al fine di razionalizzare e rendere conoscibili gli atti relativi alla

disciplina e alla prestazione dei servizi pubblici, i soggetti erogatori

provvedono alla razionalizzazione, alla riduzione e alla semplificazione

delle procedure da essi adottate.

2. I soggetti erogatori sono tenuti a ridurre, per quanto possibile, gli

adempimenti richiesti agli utenti e forniscono gli opportuni chiarimenti su

di essi. Inoltre, adottano, ove possibile, formulari uniformi e provvedono

alla semplificazione e all’informatizzazione dei sistemi di prenotazione e

delle forme di pagamento delle prestazioni.

3. Informazione degli utenti.

1. I soggetti erogatori assicurano la piena informazione degli utenti

circa le modalità di prestazione dei servizi. In particolare:

a) rendono noto agli utenti, tramite appositi avvisi e opuscoli chiari e

facilmente leggibili, le condizioni economiche e tecniche per

l’effettuazione dei servizi;

b) pubblicano gli esiti delle verifiche compiute, secondo le modalità di cui

al successivo paragrafo 5 di questo titolo, sul rispetto degli standard;

c) informano tempestivamente, anche mediante i mezzi di informazione, gli

utenti circa ogni eventuale variazione delle modalità di erogazione del

servizio;

d) curano la pubblicazione di testi in cui siano inclusi tutti gli atti che

disciplinano l’erogazione dei servizi e regolano i rapporti con gli utenti. Le

modificazioni che si rendono successivamente necessarie sono inserite nei

testi esistenti e sono adeguatamente divulgate;

e) predispongono appositi strumenti di informazione, tramite l’attivazione

di linee di comunicazione telefoniche e telematiche, di cui verificano

periodicamente il buon funzionamento.

2. In ogni caso, devono essere assicurate, e periodicamente

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163

verificate, la chiarezza e la comprensibilità dei testi, oltre che la loro

accessibilità al pubblico.

3. Gli utenti hanno diritto ad ottenere informazioni circa le modalità

giuridiche e tecniche di espletamento dei servizi e ad accedere ai registri e

agli archivi, nei modi e nei termini previsti dalle leggi e dai regolamenti in

vigore.

4. Gli utenti sono informati delle decisioni che li riguardano, delle

loro motivazioni e delle possibilità di reclamo e degli strumenti di ricorso

avverso di esse.

4. Rapporti con gli utenti.

1. I soggetti erogatori e i loro dipendenti sono tenuti a trattare gli

utenti con rispetto e cortesia e ad agevolarli nell’esercizio dei diritti e

nell’adempimento degli obblighi. I dipendenti sono tenuti, altresì, ad

indicare le proprie generalità, sia nel rapporto personale, sia nelle

comunicazioni telefoniche.

2. I soggetti erogatori istituiscono, ai sensi dell’articolo 12 del

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 7

del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546, appositi uffici volti a

curare le relazioni con il pubblico, presso i quali siano disponibili tutte le

informazioni utili agli utenti.

3. L’apertura degli uffici destinati ai rapporti con il pubblico deve

essere assicurata anche nelle ore pomeridiane.

4. Le procedure interne degli uffici non devono restringere le

condizioni di esercizio dei diritti degli utenti.

5. Dovere di valutazione della qualità dei servizi.

1. Per valutare la qualità del servizio reso, specie in relazione al

raggiungimento degli obiettivi di pubblico interesse, i soggetti erogatori

svolgono apposite verifiche sulla qualità e l’efficacia dei servizi prestati, in

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164

conformità ai criteri determinati nella relazione che accompagna gli

standard, ai sensi del paragrafo 1, comma 3, di questo titolo.

2. Entro e non oltre il 31 marzo di ciascun anno, i soggetti erogatori

predispongono una relazione sui risultati conseguiti nel precedente

esercizio, sottoponendola al Comitato di cui al titolo successivo, e danno ad

essa adeguata pubblicità. La relazione dovrà, tra l’altro, analizzare i risultati

conseguiti in rapporto agli standard stabiliti per l’esercizio in questione;

definire gli standard per l’esercizio in corso in rapporto anche ai risultati

conseguiti nell’esercizio oggetto di relazione; descrivere le ragioni

dell’eventuale inosservanza degli standard e i rimedi predisposti; indicare i

criteri direttivi cui il soggetto erogatore si atterrà nella redazione dei piani

di miglioramento progressivo degli standard, previsti dal comma 7,

paragrafo 1, di questo titolo.

3. La relazione predisposta entro il 31 marzo 1995 dovrà includere i

risultati effettivamente conseguiti nell’esercizio 1994, quella seguente

dovrà includere i risultati effettivamente conseguiti negli esercizi 1994 e

1995, mentre tutte le relazioni successive dovranno includere i risultati

effettivamente conseguiti nei tre esercizi precedenti.

4. I soggetti erogatori, al fine di acquisire periodicamente la

valutazione degli utenti sulla qualità del servizio reso, ai sensi del paragrafo

5, comma 4, del titolo I, predispongono apposite schede a lettura ottica, e

ne curano l’invio agli utenti; indicono riunioni pubbliche con la

partecipazione degli utenti di una determinata zona o di una determinata

unità di erogazione del servizio; effettuano, a campione, interviste con gli

utenti, anche immediatamente dopo l’erogazione di un singolo servizio.

5. I risultati delle verifiche effettuate sono pubblicati in un’apposita

sezione della relazione di cui al precedente comma 2 e di essi i soggetti

erogatori tengono conto per identificare le misure idonee ad accrescere

l’efficienza dei servizi e il raggiungimento degli obiettivi di pubblico

interesse.

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165

6. Rimborso.

1. I soggetti erogatori assicurano agli utenti forme di rimborso nei

casi in cui è possibile dimostrare che il servizio reso è inferiore, per qualità

e tempestività, agli standard pubblicati.

2. Le procedure di rimborso devono essere tali da non rendere

difficile, per complessità, onerosità o durata, l’esercizio del diritto

dell’utente. Esse sono soggette alla vigilanza del Comitato di cui al titolo

successivo.

3. Fatta salva l’applicazione delle norme vigenti, i soggetti erogatori

si rivalgono nei confronti del dipendente al quale è imputabile, per dolo o

per grave negligenza, il mancato rispetto degli standard.

III. La tutela.

1. Procedure di reclamo.

1. I soggetti erogatori prevedono procedure di reclamo dell’utente

circa la violazione dei principi sanciti nella presente direttiva e danno ad

esse piena pubblicità.

2. Le procedure di reclamo devono essere accessibili, di semplice

comprensione e facile utilizzazione; svolgersi in tempi rapidi,

predeterminati dai soggetti erogatori; assicurare un’indagine completa ed

imparziale circa le irregolarità denunciate e garantire all’utente

un’informazione periodica circa lo stato di avanzamento dell’indagine

stessa; prevedere una risposta completa all’utente e forme di ristoro

adeguate, ivi compreso il rimborso di cui al paragrafo 5 del precedente

titolo, per il pregiudizio da questi subito per l’inosservanza dei principi

della presente direttiva; consentire ai soggetti erogatori di tenere conto

delle doglianze degli utenti al fine del miglioramento della qualità del

servizio. Le procedure di reclamo sono soggette alla vigilanza del Comitato

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166

di cui al titolo successivo. Ai fini indicati, i soggetti erogatori si uniformano

alle disposizioni dei commi successivi.

3. Ciascun soggetto erogatore istituisce, ai sensi dell’articolo 20 del

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall’articolo 6

del decreto legislativo 18 novembre 1993, n. 470, un ufficio interno di

controllo, denominato ai sensi della presente direttiva “ufficio”. Lo stesso

obbligo si estende a ciascuna delle articolazioni territoriali dell’ente, dotate

di autonomia nella determinazione delle condizioni di erogazione del

servizio. L’ufficio esercita le funzioni di valutazione dei risultati conseguiti

dal soggetto erogatore, ai sensi del citato articolo 20 del decreto legislativo

n. 29 del 1993 e successive modificazioni. Esso, inoltre, riceve i reclami

presentati dall’utente circa la violazione dei principi sanciti nella presente

direttiva.

4. Il reclamo può essere presentato dall’utente in via orale, per

iscritto, via fax o telefonicamente. Nella predisposizione del reclamo,

l’utente può avvalersi dell’assistenza degli uffici per le relazioni con il

pubblico di cui al paragrafo 4, comma 2, del titolo precedente.

5. Al momento della presentazione del reclamo, l’ufficio comunica

all’utente il nominativo del dipendente responsabile dell’indagine, i tempi

previsti per l’espletamento della stessa, i mezzi dei quali dispone nel caso

di risposta sfavorevole.

6. L’ufficio riferisce all’utente con la massima celerità, e comunque

non oltre trenta giorni dalla presentazione del reclamo, circa gli

accertamenti compiuti, indicando altresì i termini entro i quali il soggetto

erogatore provvederà alla rimozione delle irregolarità riscontrate o al

ristoro del pregiudizio arrecato. Trascorsi quindici giorni, l’ufficio informa

comunque l’utente circa lo stato di avanzamento dell’indagine.

7. L’ufficio riferisce semestralmente al Comitato di cui al paragrafo

successivo sulla quantità e il tipo di reclami ricevuti e sul seguito dato ad

essi dal soggetto erogatore. Dei reclami ricevuti il soggetto erogatore tiene

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167

conto nell’adozione dei piani di miglioramento progressivo degli standard,

di cui al paragrafo 1, comma 7, del precedente titolo.

2. Comitato permanente per l’attuazione della Carta dei servizi pubblici.

1. Al fine di garantire l’osservanza dei principi e delle procedure di

cui ai paragrafi precedenti, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei

Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, un Comitato permanente

per l’attuazione della Carta dei servizi pubblici, di seguito denominato

“Comitato”.

2. Il Comitato è composto da tre esperti di riconosciuta indipendenza

e di notoria esperienza nel settore dei servizi pubblici.

3. Ai fini indicati nel comma 1, e fatte salve le competenze attribuite

dalla legge a distinti organismi, il Comitato:

a) richiede ai soggetti erogatori atti e documenti, convoca riunioni con gli

amministratori e i dirigenti degli stessi;

b) valuta l’idoneità degli standard di qualità del servizio adottati dai

soggetti erogatori a realizzare i principi stabiliti nella direttiva e, indica, se

del caso, le correzioni da apportare. Nella fase di prima attuazione propone

ai soggetti erogatori un calendario degli adempimenti, eventualmente

differenziato per settore, zone geografiche, tipo di prestazioni;

c) vigila sull’osservanza degli standard, e segnala ai soggetti erogatori le

eventuali difformità riscontrate. Nei casi di mancata ottemperanza, il

Comitato può proporre al Ministero competente l’adozione delle misure

sanzionatorie adeguate;

d) valuta l’adeguatezza delle procedure di reclamo e delle misure di ristoro

previste nel caso di pregiudizio recato all’utente dalla mancata osservanza

della direttiva;

e) promuove l’adozione delle misure dirette alla semplificazione dei

rapporti tra i soggetti erogatori e gli utenti;

f) promuove l’adozione delle misure dirette ad assicurare la possibilità di

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168

scelta dell’utente;

g) acquisisce dati e informazioni sul gradimento degli utenti. A tale scopo,

verifica i sistemi di rilevazione del gradimento apprestati da ciascun

soggetto ai sensi del paragrafo 5 del titolo precedente e ne acquisisce gli

esiti;

h) determina le procedure attraverso le quali gli utenti sono consultati in

ordine agli standard relativi ai singoli servizi e al rispetto di tali standard da

parte degli enti erogatori;

i) propone annualmente al Presidente del Consiglio dei Ministri

l’attribuzione di attestati di qualità ai soggetti che si siano distinti quanto ad

efficienza del servizio reso, qualità degli standard, osservanza degli stessi,

gradimento degli utenti;

l) controlla l’esattezza, la completezza e la comprensibilità delle

comunicazioni che i soggetti di erogazione del servizio rendono al

pubblico;

m) rende pubblici annualmente i risultati del proprio lavoro;

n) propone al Presidente del Consiglio dei Ministri le misure regolamentari

e legislative idonee a migliorare la protezione dei diritti dell’utente.

4. Per l’assolvimento dei suoi compiti, il Comitato può avvalersi del

supporto tecnico degli uffici competenti della Presidenza del Consiglio, del

Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero della pubblica

istruzione, del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e

tecnologica, del Ministero della sanità, del Ministero delle poste e delle

telecomunicazioni, del Ministero dell’interno, del Ministero dei trasporti e

della navigazione.

3. Sanzioni per la mancata osservanza della direttiva.

1. Per i servizi erogati da pubbliche amministrazioni, l’inosservanza

dei principi della presente direttiva è valutata ai fini dell’applicazione delle

sanzioni amministrative e disciplinari previste a carico dei dirigenti

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169

generali, dei dirigenti e degli altri dipendenti dagli articoli 20, commi 9 e

10, e 59 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, così come

modificati, rispettivamente, dall’articolo 6 del decreto legislativo 18

novembre 1993, n. 470, e dall’articolo 27 del decreto legislativo 23

dicembre 1993, n. 546.

2. Per i servizi erogati in regime di concessione o mediante

convenzione e comunque erogati da soggetti non pubblici, l’inosservanza

dei principi della presente direttiva costituisce inadempimento degli

obblighi assunti contrattualmente dai soggetti erogatori.

IV. Impegni del Governo.

Il Governo si impegna ad adottare tutte le misure legislative,

regolamentari ed amministrative necessarie a dare piena effettività ai

principi contenuti nella presente direttiva.

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170

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio 1995 (162).

Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi pubblici ai

fini della emanazione degli schemi generali di riferimento di “Carte dei

servizi pubblici”

…… omissis ……

In attuazione dell’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 12 maggio 1995,

n. 163, sono individuati i seguenti settori di erogazione di servizi pubblici,

ai fini della emanazione degli schemi generali di riferimento di “Carte dei

servizi pubblici”:

Sanità;

Assistenza e previdenza sociale;

Istruzione;

Comunicazioni;

Trasporti;

Energia elettrica;

Acqua;

Gas.

162 In G.U. 29 maggio 1995, n. 123.

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171

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno 1995 (163).

Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi scolastici”.

…… omissis ……

Articolo 1

In attuazione dell’articolo 2, comma 1, del Decreto-Legge 12 maggio

1995, n. 163, è emanato l’allegato schema generale di riferimento,

denominato: “Carta dei servizi della scuola”, predisposto dal Dipartimento

della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero della pubblica istruzione.

Articolo 2

I soggetti erogatori di servizi scolastici adottano, ai sensi dell’articolo

2, comma 2, del Decreto-Legge 12 maggio 1995, n. 163, entro centoventi

giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le relative “Carte

dei servizi”, sulla base dei principi indicati dalla Direttiva del Presidente

del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994 e dello schema generale di

riferimento, dandone adeguata pubblicità agli utenti e inviandone copia al

Dipartimento della funzione pubblica.

Articolo 3

Ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27

gennaio 1994, il “Comitato permanente per l’attuazione della carta dei

servizi”, istituito presso il Dipartimento della funzione pubblica, valuta gli

standard di qualità adottati dai soggetti erogatori e indica, se del caso, le

correzioni da apportare.

Articolo 4

163 In G.U. 15 giugno 1995, n. 138.

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172

Il Dipartimento della funzione pubblica adotta iniziative di

monitoraggio sull’attuazione del presente decreto e provvede ad inserirne i

risultati nella relazione annuale al Parlamento sullo stato della pubblica

amministrazione, predisposta ai sensi dell’articolo 30 della Legge 28

ottobre 1970, n. 775 e successive modificazioni ed integrazioni. I risultati

del monitoraggio sono, altresì, trasmessi ai servizi di controllo interno.

CARTA DEI SERVIZI DELLA SCUOLA

Principi e criteri di attuazione, finalità, materiale illustrativo giugno 1995

Principi fondamentali

La carta dei servizi della scuola ha come fonte di ispirazione

fondamentale gli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione italiana.

1. Uguaglianza.

1.1. Nessuna discriminazione nell’erogazione del servizio scolastico può

essere compiuta per motivi riguardanti sesso, razza, etnia, lingua, religione,

opinioni politiche, condizioni psico-fisiche e socio-economiche.

2. Imparzialità e regolarità.

2.1. I soggetti erogatori del servizio scolastico agiscono secondo criteri di

obiettività ed equità.

2.2. La scuola, attraverso tutte le sue componenti e con l’impegno delle

istituzioni collegate, garantisce la regolarità e la continuità del servizio e

delle attività educative, anche in situazioni di conflitto sindacale, nel

rispetto dei principi e delle norme sanciti dalla legge e in applicazione delle

disposizioni contrattuali in materia.

3. Accoglienza e integrazione.

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173

3.1. La scuola si impegna, con opportuni ed adeguati atteggiamenti ed

azioni di tutti gli operatori del servizio, a favorire l’accoglienza dei genitori

e degli alunni, l’inserimento e l’integrazione di questi ultimi, con

particolare riguardo alla fase di ingresso alle classi iniziali e alle situazioni

di rilevante necessità. Particolare impegno è prestato per la soluzione delle

problematiche relative agli studenti lavoratori, agli stranieri, a quelli

degenti negli ospedali, a quelli in situazione di handicap, a quelli presenti

nelle istituzioni carcerarie.

3.2. Nello svolgimento della propria attività, ogni operatore ha pieno

rispetto dei diritti e degli interessi dello studente.

4. Diritto di scelta, obbligo scolastico e frequenza.

4.1. L’utente ha facoltà di scegliere fra le istituzioni che erogano il

servizio scolastico. La libertà di scelta si esercita tra le istituzioni

scolastiche statali dello stesso tipo, nei limiti della capienza obiettiva di

ciascuna di esse. In caso di eccedenza di domande va, comunque,

considerato il criterio della territorialità (residenza, domicilio, sede di

lavoro dei familiari, ecc.).

4.2. L’obbligo scolastico, il proseguimento degli studi superiori e la

regolarità della frequenza sono assicurati con interventi di prevenzione e

controllo dell’evasione e della dispersione scolastica da parte di tutte le

istituzioni coinvolte, che collaborano tra loro in modo funzionale ed

organico.

5. Partecipazione, efficienza e trasparenza.

5.1. Istituzioni, personale, genitori, alunni, sono protagonisti e

responsabili dell’attuazione della “Carta”, attraverso una gestione

partecipata della scuola, nell’ambito degli organi e delle procedure vigenti.

I loro comportamenti devono favorire la più ampia realizzazione degli

standard generali del servizio.

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174

5.2. Le istituzioni scolastiche e gli enti locali si impegnano a favorire le

attività extrascolastiche che realizzino la funzione della scuola come centro

di promozione culturale, sociale e civile, consentendo l’uso degli edifici e

delle attrezzature fuori dell’orario del servizio scolastico.

5.3. Le istituzioni scolastiche, al fine di promuovere ogni forma di

partecipazione, garantiscono la massima semplificazione delle procedure

ed un’informazione completa e trasparente.

5.4. L’attività scolastica, ed in particolare l’orario di servizio di tutte le

componenti, si informa a criteri di efficienza, di efficacia, flessibilità

nell’organizzazione dei servizi amministrativi, dell’attività didattica e

dell’offerta formativa integrata.

5.5. Per le stesse finalità, la scuola garantisce ed organizza le modalità di

aggiornamento del personale in collaborazione con istituzioni ed enti

culturali, nell’ambito delle linee di indirizzo e delle strategie di intervento

definite dall’amministrazione.

6. Libertà di insegnamento ed aggiornamento del personale.

6.1. La programmazione assicura il rispetto delle libertà di insegnamento

dei docenti e garantisce la formazione dell’alunno, facilitandone le

potenzialità evolutive e contribuendo allo sviluppo armonico della

personalità, nel rispetto degli obiettivi formativi nazionali e comunitari,

generali e specifici, recepiti nei piani di studi di ciascun indirizzo.

6.2. L’aggiornamento e la formazione costituiscono un impegno per tutto

il personale scolastico e un compito per l’amministrazione, che assicura

interventi organici e regolari.

Parte I

7. Area didattica.

7.1. La scuola, con l’apporto delle competenze professionali del

personale e con la collaborazione ed il concorso delle famiglie, delle

Page 180: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

175

istituzioni e della società civile, è responsabile della qualità delle attività

educative e si impegna a garantirne l’adeguatezza alle esigenze culturali e

formative degli alunni, nel rispetto di obiettivi educativi validi per il

raggiungimento delle finalità istituzionali.164

7.2. La scuola individua ed elabora gli strumenti per garantire la

continuità educativa tra i diversi ordini e gradi dell’istruzione, al fine di

promuovere un armonico sviluppo della personalità degli alunni.

7.3. Nella scelta dei libri di testo e delle strumentazioni didattiche, la

scuola assume come criteri di riferimento la validità culturale e la

funzionalità educativa, con particolare riguardo agli obiettivi formativi, e la

rispondenza alle esigenze dell’utenza. Nella programmazione dell’azione

educativa e didattica i docenti, nella scuola dell’obbligo, devono adottare,

con il coinvolgimento delle famiglie, soluzioni idonee a rendere possibile

un’equa distribuzione dei testi scolastici nell’arco della settimana, in modo

da evitare, nella stessa giornata, un sovraccarico di materiali didattici da

trasportare.

7.4. Nell’assegnazione dei compiti da svolgere a casa, il docente opera in

coerenza con la programmazione didattica del consiglio di interclasse o di

classe, tenendo presente la necessità di rispettare razionali tempi di studio

degli alunni. Nel rispetto degli obiettivi formativi, previsti dagli

ordinamenti scolastici e della programmazione educativo-didattica, si deve

tendere ad assicurare ai bambini, nelle ore extrascolastiche, il tempo da

dedicare al gioco o all’attività sportiva o all’apprendimento di lingue

straniere o arti.

7.5. Nel rapporto con gli allievi, in particolare con i più piccoli, i docenti

colloquiano in modo pacato e teso al convincimento. Non devono ricorrere

ad alcuna forma di intimidazione o minaccia di punizioni mortificanti.

7.6. Progetto educativo e programmazione.

164 Vedi ora D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, in G.U. 29 luglio 1998, n. 175, che pone tali dirittidello studente la qualità della formazione culturale e professionale.

Page 181: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

176

La scuola garantisce l’elaborazione, l’adozione e la pubblicizzazione dei

seguenti documenti:

A. Progetto educativo d’istituto.165

Il P.E.I., elaborato dalle singole scuole, contiene le scelte educative

ed organizzative e i criteri di utilizzazione delle risorse e costituisce un

impegno per l’intera comunità scolastica. Integrato dal regolamento

d’istituto, definisce, in modo razionale e produttivo, il piano organizzativo

in funzione delle proposte culturali, delle scelte educative e degli obiettivi

formativi elaborati dai competenti organi della scuola.

In particolare, regola l’uso delle risorse di istituto e la pianificazione

delle attività di sostegno, di recupero, di orientamento e di formazione

integrata.

Contiene, inoltre, i criteri relativi alla formazione delle classi,

all’assegnazione dei docenti alle stesse, alla formulazione dell’orario del

personale docente e A.T.A. (amministrativo, tecnico, ausiliario), alla

valutazione complessiva del servizio scolastico.

Il regolamento d’istituto comprende, in particolare, le norme relative

a:

- vigilanza sugli alunni;

- comportamento degli alunni e regolamentazione di ritardi, uscite, assenze,

giustificazioni;

- uso degli spazi, dei laboratori e della biblioteca;

- conservazione delle strutture e delle dotazioni.

Nel regolamento sono, inoltre, definite in modo specifico:

- le modalità di comunicazione con studenti e genitori con riferimento ad

incontri con i docenti, di mattina e di pomeriggio (prefissati e/o per

appuntamento);

165 Vedi ora D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, che all’articolo 3 ha unificato tutti gli strumenti dipianificazione nel Piano dell’offerta formativa,

Page 182: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

177

- le modalità di convocazione e di svolgimento delle assemblee di classe,

organizzate dalla scuola o richieste da studenti e genitori, del comitato degli

studenti e dei genitori, dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe

e del Consiglio di Circolo o di istituto;

- il calendario di massima delle riunioni e la pubblicizzazione degli atti.

INFORMAZIONI ALL’UTENZA SUL P.E.I.166

Redazione entro il

Pubblicizzazione

Mediante

Entro il

Copia depositata presso Duplicazione presso la segreteria al costo di Legge

B. Programmazione educativa e didattica.

Programmazione educativa.

La programmazione educativa, elaborata dal collegio dei docenti,

progetta i percorsi formativi correlati agli obiettivi e alle finalità delineati

nei programmi.

Al fine di armonizzare l’attività dei consigli di intersezione, di

interclasse o di classe, individua gli strumenti per la rilevazione della

situazione iniziale e finale e per la verifica e la valutazione dei percorsi

didattici.

Sulla base dei criteri espressi dal consiglio di circolo o d’istituto,

elabora le attività riguardanti l’orientamento, la formazione integrata, i

corsi di recupero, gli interventi di sostegno.

166 Queste prescrizioni sono superate dall’articolo 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, cheall’articolo 3 dispone che il piano dell’offerta formativa è consegnato agli alunni e alle famiglieall’atto dell’iscrizione.

Page 183: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

178

INFORMAZIONI ALL’UTENZA SULLA PROGRAMMAZIONE

EDUCATIVA

Redazione entro il

Pubblicizzazione mediante

entro il

Copia depositata presso

Duplicazione presso la segreteria al costo di Legge

Programmazione didattica.

Elaborata ed approvata dal consiglio di intersezione, di interclasse o

di classe:

- delinea il percorso formativo della classe e del singolo alunno, adeguando

ad essi gli interventi operativi;

- utilizza il contributo delle varie aree disciplinari per il raggiungimento

degli obiettivi e delle finalità educative indicati dal consiglio di

intersezione, di interclasse o di classe e dal collegio dei docenti;

- è sottoposta sistematicamente a momenti di verifica e di valutazione dei

risultati, al fine di adeguare l’azione didattica alle esigenze formative che

emergono “in itinere”.

INFORMAZIONI ALL’UTENZA SULLA PROGRAMMAZIONE

DIDATTICA

Redazione entro il

Pubblicizzazione mediante

entro il

Copia depositata presso

Duplicazione presso la segreteria al costo di L.

Contratto formativo.

Il contratto formativo è la dichiarazione, esplicita e partecipata,

Page 184: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

179

dell’operato della scuola. Esso si stabilisce, in particolare, tra il docente e

l’allievo ma coinvolge l’intero consiglio di interclasse o di classe e la

classe, gli organi dell’istituto, i genitori, gli enti esterni preposti od

interessati al servizio scolastico.

Sulla base del contratto formativo, elaborato nell’ambito ed in

coerenza degli obiettivi formativi definiti ai diversi livelli istituzionali:

l’allievo deve conoscere:

- gli obiettivi didattici ed educativi del suo curricolo;

- il percorso per raggiungerli;

- le fasi del suo curricolo;

il docente deve:

- esprimere la propria offerta formativa;

- motivare il proprio intervento didattico;

- esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione;

il genitore deve:

- conoscere l’offerta formativa;

- esprimere pareri e proposte;

- collaborare nelle attività.

Parte II

8. Servizi amministrativi.

8.1. La scuola individua, fissandone e pubblicandone gli standard e

garantendone altresì l’osservanza ed il rispetto, i seguenti fattori di qualità

dei servizi amministrativi:

- celerità delle procedure;

- trasparenza;

- informatizzazione dei servizi di segreteria;

- tempi di attesa agli sportelli;

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180

- flessibilità degli orari degli uffici a contatto con il pubblico.

8.2. Ai fini di un miglior servizio per l’utenza, si può derogare dagli

standard fissati.

Standard specifici delle procedure.

8.3. La distribuzione dei moduli di iscrizione è effettuata “a vista” nei

giorni previsti, in orario potenziato e pubblicizzato in modo efficace.

8.4. La segreteria garantisce lo svolgimento della procedura di iscrizione

alle classi in un massimo di 10 minuti dalla consegna delle domande.

8.5. Il rilascio di certificati è effettuato nel normale orario di apertura

della segreteria al pubblico, entro

il tempo massimo di tre giorni lavorativi per quelli di iscrizione e frequenza

e di cinque giorni per quelli con votazioni e/o giudizi.

8.6. Gli attestati e i documenti sostitutivi del diploma sono consegnati, “a

vista”, a partire dal terzo giorno lavorativo successivo alla pubblicazione

dei risultati finali.

8.7. I documenti di valutazione degli alunni sono consegnati direttamente

dal capo di istituto o dai docenti incaricati entro cinque giorni dal termine

delle operazioni generali di scrutinio.

8.8. Gli uffici di Segreteria - compatibilmente con la dotazione organica

di personale amministrativo - garantiscono un orario di apertura al

pubblico, di mattina e di pomeriggio, funzionale alle esigenze degli utenti e

del territorio.

Il consiglio di circolo o di istituto delibera in merito sulla base delle

indicazioni degli utenti e dei loro rappresentanti.

L’ufficio di direzione o di presidenza riceve il pubblico sia su

appuntamento telefonico sia secondo un

orario di apertura comunicato con appositi avvisi.

8.9. La scuola assicura all’utente la tempestività del contatto telefonico,

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181

stabilendo al proprio interno modalità di risposta che comprendano il nome

dell’istituto, il nome e la qualifica di chi risponde, la persona o l’ufficio in

grado di fornire le informazioni richieste.

Per l’informazione vengono seguiti i seguenti criteri:

8.10. Ciascun istituto deve assicurare spazi ben visibili adibiti

all’informazione; in particolare sono predisposti:

- tabella dell’orario di lavoro dei dipendenti (orario dei docenti; orario,

funzioni e dislocazione del personale amministrativo, tecnico, ausiliario -

A.T.A.);

- organigramma degli uffici (presidenza, vice presidenza e servizi);

- organigramma degli organi collegiali;

- organico del personale docente e A.T.A.;

- albi d’istituto.

Sono inoltre resi disponibili appositi spazi per:

- bacheca sindacale;

- bacheca degli studenti;

- bacheca dei genitori.

8.11. Presso l’ingresso e presso gli uffici devono essere presenti e

riconoscibili operatori scolastici in grado di fornire all’utenza le prime

informazioni per la fruizione del servizio.

8.12. Gli operatori scolastici devono indossare il cartellino di

identificazione in maniera ben visibile per l’intero orario di lavoro.

8.13. Il regolamento d’istituto deve avere adeguata pubblicità mediante

affissione.

Parte III

9. Condizioni ambientali della scuola.

9.1. L’ambiente scolastico deve essere pulito, accogliente, sicuro. Le

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182

condizioni di igiene e sicurezza dei locali e dei servizi devono garantire una

permanenza a scuola confortevole per gli alunni e per il personale. Il

personale ausiliario, specie quello delle scuole materne ed elementari, deve

adoperarsi per garantire la costante igiene dei servizi. La scuola si impegna,

in particolare, a sensibilizzare le istituzioni interessate, comprese le

associazioni dei genitori, degli utenti e dei consumatori, al fine di garantire

agli alunni la sicurezza interna ed esterna (quest’ultima, nell’ambito del

circondario scolastico).

9.2. Ogni scuola individua i seguenti fattori di qualità riferibili alle

condizioni ambientali, e ne dà informazione all’utenza:

- Numero, dimensione (superficie, cubatura e numero degli alunni) e

dotazioni (cattedra, banchi, lavagne, armadietti, ecc.) delle aule dove si

svolge la normale attività didattica.

- Numero, tipo, dimensione (superficie e cubatura), dotazioni (macchine e

attrezzature, posti alunno, ecc.), orario settimanale di disponibilità e di

utilizzo effettivo delle aule speciali e dei laboratori.

- Numero, dimensione (superficie e cubatura), dotazioni e media delle ore

di utilizzazione settimanale

distinta per attività curricolari e per attività extracurricolari delle palestre.

- Numero, dimensioni, con indicazione del numero massimo di persone

contenibile, dotazione delle sale (posti a sedere, microfoni, schermi per

proiezione, ecc.) e media delle ore di utilizzazione settimanale distinta per

attività curricolari ed extracurricolari delle sale per riunioni.

- Numero, dimensione e dotazioni dei locali di servizio (per fotocopie, per

stampa, sala docenti, ecc.).

- Numero, dimensioni, dotazioni di libri e riviste, orario settimanale di

apertura e modalità per la consultazione e il prestito delle biblioteche.

- Numero dei servizi igienici, con indicazione dell’esistenza di servizi

igienici per handicappati.

- Esistenza di barriere architettoniche.

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183

- Esistenza di ascensori e montacarichi.

- Esistenza e descrizione di spazi esterni attrezzati e non (posteggi, impianti

sportivi, ecc.).

- Piano di evacuazione dell’edificio in caso di calamità.

9.3. I fattori di qualità devono essere riferiti a ciascuna delle sedi che

facciano parte della stessa istituzione.

Parte IV

10. Procedura dei reclami e valutazione del servizio.

I reclami possono essere espressi in forma orale, scritta, telefonica, via fax

e devono contenere generalità, indirizzo e reperibilità del proponente.

I reclami orali e telefonici debbono, successivamente, essere sottoscritti. I

reclami anonimi non sono presi in considerazione, se non circostanziati. Il

capo di istituto, dopo avere esperito ogni possibile indagine in merito,

risponde, sempre in forma scritta, con celerità e, comunque, non oltre

quindici giorni, attivandosi per rimuovere le cause che hanno provocato il

reclamo. Qualora il reclamo non sia di competenza del capo di istituto, al

reclamante sono fornite indicazioni circa il corretto destinatario.

Annualmente, il capo di istituto formula per il consiglio una relazione

analitica dei reclami e dei successivi provvedimenti. Tale relazione è

inserita nella relazione generale del consiglio sull’anno scolastico.

10.2. Valutazione del servizio.

Allo scopo di raccogliere elementi utili alla valutazione del servizio, viene

effettuata una rilevazione

mediante questionari opportunamente tarati, rivolti ai genitori, al personale

e - limitatamente alle scuole secondarie di secondo grado - anche agli

studenti.

I questionari, che vertono sugli aspetti organizzativi, didattici ed

amministrativi del servizio, devono prevedere una graduazione delle

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184

valutazioni e la possibilità di formulare proposte. Nella formulazione delle

domande, possono essere utilizzati indicatori forniti dagli organi

dell’amministrazione scolastica e degli enti locali. Alla fine di ciascun anno

scolastico, il collegio dei docenti redige una relazione sull’attività

formativa della scuola che viene sottoposta all’attenzione del consiglio di

circolo o di istituto.

Parte V

11. Attuazione.

11.1. Le indicazioni contenute nella presente Carta si applicano fino a

quando non intervengano, in materia, disposizioni modificative contenute

nei contratti collettivi o in norme di legge.167

11.2. Il Ministro della pubblica istruzione cura, con apposita direttiva, i

criteri di attuazione della presente Carta.

167 Le indicazioni contenute nella carta dei servizi sono state in gran parte superate dallenormativa di rango primario e secondario che ha dato attuazione all’autonomia scolastica. Restano cionondimeno di grande interesse perché permettono di ricostruire le tappe dellariforma.

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185

DIRETTIVA MINISTRO PUBBLICA ISTRUZIONE 21 luglio 1995, n.

254(168)

Articolo 1

1. Ai sensi dell’articolo 2 del Decreto del Presidente del Consiglio

dei Ministri 7 giugno 1995, pubblicato sulla G.U. 15 giugno 1995, n. 138,

le istituzioni scolastiche adottano, entro 120 giorni dalla data di entrata in

vigore del predetto decreto, una «Carta dei servizi scolastici», sulla base dei

principi indicati nello schema generale di riferimento recepito nel decreto

medesimo, nonché della Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri

27 gennaio 1994, pubblicata sulla G.U. 22 febbraio 1994, n. 43.

2. La Carta dei servizi scolastici adottata dal consiglio di circolo e di

istituto, che a tal fine acquisisce preventivamente il parere del collegio dei

docenti. Quest’ultimo ha carattere vincolante per gli aspetti pedagogici-

didattici.

3. Nelle materie oggetto di specifica disciplina sia nel regolamento di

circolo o di istituto sia nella Carta dei servizi scolastici, le istituzioni

scolastiche adeguano i propri regolamenti interni di circolo o di istituto, di

cui all’articolo 6, lett. a, del decreto del Presidente della Repubblica 31

maggio 1974, n. 416, ai principi ed alle disposizioni contenute nella Carta

di istituto.

4. La Carta dei servizi scolastici, adottata dalle singole istituzioni

scolastiche, è adeguatamente pubblicizzata, anche mediante affissione

all’albo dell’istituto, presso il personale della scuola, i genitori e gli alunni.

Copia di essa è invitata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,

Dipartimento della funzione pubblica, per la successiva valutazione degli

standard di qualità indicati nelle singole Carte di istituto e per il previsto

monitoraggio circa le modalità di attuazione delle stesse. Altra copia della

168 Trasmessa con circolare ministeriale 21 luglio 1995, n. 255.

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186

Carta in argomento è inviata anche al provveditore agli studi, al

sovrintendente scolastico regionale, che la porterà a conoscenza delle

segretaria regionale degli ispettori tecnici, e al distretto scolastico

competenti.

5. Le istituzioni scolastiche legalmente riconosciute, pareggiate o

parificate adottano la Carta dei servizi sulla base del predetto schema

generale di riferimento, tenendo conto dell’esigenza di eventuali

adattamenti.

Articolo 2

1. I capi di istituto promuovono apposite riunioni con genitori,

studenti, docenti, personale ATA e associazioni dell’utenza del servizio;

con, l’eventuale partecipazione gratuita anche di esperti, al fine di favorirne

la piena collaborazione tra tutte le componenti delle singole istituzioni

scolastiche per la migliore riuscita dell’iniziativa.

2. I provveditori agli studi promuovono, con la presenza degli

ispettori operanti nell’ambito territoriale, specifici incontri dei capi di

istituto, a livello distrettuale, intesa a favorire il più ampio scambio di

esperienze nella fase di avvio dell’iniziativa e a definire soluzioni

concordate per i problemi eventualmente emersi nell’attuazione delle

singole Carte di istituto.

3. Nell’ambito dei programmi di attività e dei conseguenti piani di

lavoro predisposti per gli ispettori tecnici operanti a livello regionale,

devono essere previsti specifici interventi di assistenza alle scuole, volti a

promuovere la necessaria informazione sulle disposizioni contenute nello

schema di riferimento della «Carta dei servizi scolastici» a fornire eventuali

orientamenti applicativi, sulla base delle indicazioni a tal fine elaborate

dalle segreterie centrali e regionali degli ispettori, a rilevare periodicamente

le concrete modalità di attuazione delle singole Carte di istituto e i

problemi eventualmente emersi. Le modalità di attuazione delle singole

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187

«Carte dei servizi scolastici», le difficoltà eventualmente rilevate, le

eventuali proposte utili al miglior perseguimento degli obbiettivi in essa

previsti, costituiscono oggetto di uno specifico capitolo della relazione

predisposta annualmente dal corpo ispettivo sull’andamento generale

dell’attività e dei servizi scolastici, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, del

decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417.

4. Le Direzioni generali, Ispettorati e Servizio scuola materna, i

provveditori agli studi, i sovrintendenti scolastici regionali, la segreteria

tecnica centrale e le segreterie tecniche regionali degli ispettori, ciascuno

per la parte di rispettiva competenza, promuovono le condizioni necessarie

per la piena attuazione dei principi e delle disposizioni contenuti nel citato

schema generale di riferimento della «Carta dei servizi scolastici», recepiti

nelle singole Carte dei servizi predisposte da ciascuna istituzione

scolastica. Per i medesimi fini possono altresì essere promosse apposite

conferenze di servizio o stipulati specifici accordi, ai sensi degli artt. 14 e

15 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, con gli enti locali cointeressati

nell’erogazione del servizio scolastico.

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188

Legge 28 dicembre 1995, n. 549 (169)

Misure di razionalizzazione della finanza pubblica

…… omissis …..

20. Gli istituti secondari superiori, anche di diverso ordine e tipo, o le loro

sezioni staccate o coordinate, possono essere aggregati tra loro, al fine di

consentire la creazione di istituti rispondenti alle condizioni stabilite

dall’articolo 51, comma 4, del testo unico approvato con Decreto

legislativo 16 aprile 1994, n.297, e dotati di personalità giuridica e di

autonomia amministrativa. Con regolamento da emanare ai sensi

dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.400, e successive

modificazioni, sono stabilite:

a) le modalità di funzionamento del nuovo consiglio di istituto e

l’articolazione del collegio dei docenti in sezioni corrispondenti alle scuole

aggregate;

b) la redistribuzione, tra soggetti obbligati, degli oneri riguardanti le spese

di funzionamento;

c) la conservazione delle denominazioni delle scuole aggregate. (170)

…… omissis ……

169 Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 1995, n. 302, S.O. 170 Il regolamento è stato emanato con il D.P.R. 2 marzo 1988, n. 157.

Page 194: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

189

Legge 15 marzo 1997, n. 59(171).

Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni

ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la

semplificazione amministrativa

Capo IV

Articolo 21

1. L’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si

inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della

riorganizzazione dell’intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione

della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni

dell’Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in

materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari

e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementi comuni

all’intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e

programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attribuite alle

istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l’estensione ai circoli

didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione

secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e

degli istituti d’arte ed ampliando l’autonomia per tutte le tipologie degli

istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di

contabilità dello Stato. Le disposizioni del presente articolo si applicano

anche agli istituti educativi, tenuto conto delle loro specificità

ordinamentali.

2. Ai fini di quanto previsto nel comma 1, si provvede con uno o più

regolamenti da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23

171 In G.U. 17 marzo 1997, n. 63.

Page 195: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

190

agosto 1988, n. 400(172), nel termine di nove mesi dalla data di entrata in

vigore della presente legge, sulla base dei criteri generali e principi direttivi

contenuti nei commi 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 11 del presente articolo. Sugli

schemi di regolamento è acquisito, anche contemporaneamente al parere

del Consiglio di Stato, il parere delle competenti Commissioni

parlamentari. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle

Commissioni, i regolamenti possono essere comunque emanati. Con i

regolamenti predetti sono dettate disposizioni per armonizzare le norme di

cui all’articolo 355 del testo unico approvato con decreto legislativo 16

aprile 1994, n. 297, con quelle della presente legge.

3. I requisiti dimensionali ottimali per l’attribuzione della personalità

giuridica e dell’autonomia alle istituzioni scolastiche di cui al comma 1,

anche tra loro unificate nell’ottica di garantire agli utenti una più agevole

fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a

particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto

alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia dei settori

di istruzione compresi nell’istituzione scolastica. Le deroghe dimensionali

saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio è per

almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e

provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di

insediamenti abitativi. (173)

4. La personalità giuridica e l’autonomia sono attribuite alle

istituzioni scolastiche di cui al comma 1 a mano a mano che raggiungono i

requisiti dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di

dimensionamento della rete scolastica, e comunque non oltre il 31

dicembre 2000 contestualmente alla gestione di tutte le funzioni

amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle

172 Legge 23 agosto 1988, n. 400, recante “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamentodella Presidenza del Consiglio dei Ministri”, in Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n. 214, S.O. 173 Per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, vedi il D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233.

Page 196: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

191

istituzioni autonome. In ogni caso il passaggio al nuovo regime di

autonomia sarà accompagnato da apposite iniziative di formazione del

personale, da una analisi delle realtà territoriali, sociali ed economiche

delle singole istituzioni scolastiche per l’adozione dei conseguenti

interventi perequativi e sarà realizzato secondo criteri di gradualità che

valorizzino le capacità di iniziativa delle istituzioni stesse.

5. La dotazione finanziaria essenziale delle istituzioni scolastiche già

in possesso di personalità giuridica e di quelle che l’acquistano ai sensi del

comma 4 è costituita dall’assegnazione dello Stato per il funzionamento

amministrativo e didattico, che si suddivide in assegnazione ordinaria e

assegnazione perequativa. Tale dotazione finanziaria è attribuita senza altro

vincolo di destinazione che quello dell’utilizzazione prioritaria per lo

svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di orientamento

proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. L’attribuzione

senza vincoli di destinazione comporta l’utilizzabilità della dotazione

finanziaria, indifferentemente, per spese in conto capitale e di parte

corrente, con possibilità di variare le destinazioni in corso d’anno. Con

decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro

del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il parere

delle commissioni parlamentari competenti, sono individuati i parametri

per la definizione della dotazione finanziaria ordinaria delle scuole. Detta

dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire l’acquisizione da

parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e strumentali

necessari a garantire l’efficacia del processo di insegnamento-

apprendimento nei vari gradi e tipologie dell’istruzione. La stessa

dotazione ordinaria, nella quale possono confluire anche i finanziamenti

attualmente allocati in capitoli diversi da quelli intitolati al funzionamento

amministrativo e didattico, è spesa obbligatoria ed è rivalutata annualmente

sulla base del tasso di inflazione programmata. In sede di prima

determinazione, la dotazione perequativa è costituita dalle disponibilità

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192

finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche

non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa è

rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e

di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai

Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della

programmazione economica, sentito il parere delle commissioni

parlamentari competenti. (174) (175)

6. Sono abrogate le disposizioni che prevedono autorizzazioni

preventive per l’accettazione di donazioni, eredità e legati da parte delle

istituzioni scolastiche, ivi compresi gli istituti superiori di istruzione

artistica, delle fondazioni o altre istituzioni aventi finalità di educazione o

di assistenza scolastica. Sono fatte salve le vigenti disposizioni di legge o di

regolamento in materia di avviso ai successibili. Sui cespiti ereditari e su

quelli ricevuti per donazione non sono dovute le imposte in vigore per le

successioni e le donazioni. (176)

7. Le istituzioni scolastiche che abbiano conseguito personalità

giuridica e autonomia ai sensi del comma 1 e le istituzioni scolastiche già

dotate di personalità e autonomia, previa realizzazione anche per queste

ultime delle operazioni di dimensionamento di cui al comma 4, hanno

174 Sulla dotazione finanziaria d’istituto vedi anche l’articolo 6 del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233.175 I periodi terzo e successivi del comma 5 sono stati introdotti dall’articolo 2, comma 3 deldecreto legge 28 agosto 2000, n. 240 convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306. L’articolo 2 del predetto decreto legge ha inoltre previsto, al comma 2, finanziamentistraordinari alle istituzioni scolastiche per l’acquisto di attrezzature informatiche per completareil programma di sviluppo delle tecnologie didattiche avviato dal Ministero della pubblicaistruzione e per garantire un adeguato supporto tecnologico all’avvio dell’autonomia scolastica. 176 Sull’abrogazione delle disposizioni che prevedono autorizzazioni preventive perl’accettazione di donazioni, eredità e legati vedi anche l’articolo 13 della legge 15 maggio 1997, n. 127 come modificato dall’articolo 2 della legge 16 giugno 1998, n. 191 e poi sostituitodall’articolo 1 della legge 22 giugno 2000, n. 192, che testualmente dispone: “1. L'articolo 17del codice civile e la legge 21 giugno 1896, n. 218, sono abrogati. Sono altresì abrogati l'articolo600, il quarto comma dell'articolo 782 e l'articolo 786 del codice civile, nonché le altredisposizioni che prescrivono autorizzazioni per l'acquisto di immobili o per accettazione didonazioni, eredità e legati da parte di persone giuridiche, ovvero il riconoscimento oautorizzazioni per l'acquisto di immobili o per accettazione di donazioni, eredità e legati daparte delle associazioni, fondazioni e di ogni altro ente non riconosciuto. 2. Le disposizioni dicui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate o verificatesi in data anteriore aquella di entrata in vigore della presente legge”.

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193

autonomia organizzativa e didattica, nel rispetto degli obiettivi del sistema

nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale. (177)

8. L’autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della

flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia del

servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e

delle strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento

con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante

superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione,

dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e

impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane,

finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di

attività didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione

dell’attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto

dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai

contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni

settimanali anche sulla base di un’apposita programmazione

plurisettimanale. (178)

9. L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi

generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di

insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del

diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di

metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da

adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in

ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa

l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel

rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di

quanto disposto dall’articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996,

n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali

177 L’autonomia delle istituzioni scolastiche è stata disciplinata con il regolamento emanato conD.P.R. 8 marzo 1998, n. 275. 178 Vedi nota precedente.

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194

di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per

ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività

indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l’obbligo

di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività

scolastica e del raggiungimento degli obiettivi.

10. Nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica le

istituzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme

consorziate, ampliamenti dell’offerta formativa che prevedano anche

percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell’abbandono e

della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle

tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo

del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o

comunitari e, nell’ambito di accordi tra le regioni e l’amministrazione

scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni

scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e

sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell’autonomia didattica e

organizzativa. Gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e

aggiornamento educativi, il Centro europeo dell’educazione, la Biblioteca

di documentazione pedagogica e le scuole ed istituti a carattere atipico di

cui alla parte I, titolo II, capo III, del testo unico approvato con decreto

legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riformati come enti finalizzati al

supporto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche autonome.(179)

11. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 sono altresì

attribuite la personalità giuridica e l’autonomia alle Accademie di belle arti,

179 Per gli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi vedi anchel’articolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. I predetti istituti sono stati riformaticon il regolamento emanato con D.P.R. 6-3-2001 n. 190, Regolamento concernentel'organizzazione degli Istituti regionali di ricerca educativa, a norma dell'articolo 76 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 maggio 2001, n. 118. Per il Centroeuropeo dell’educazione e la Biblioteca di documentazione pedagogica vedi anche il decretolegislativo 20 luglio 1999, n. 258. Relativamente alle scuole ed istituti a carattere atipico v. anche la legge 22 marzo 2000, n. 69, che, all’articolo 1, comma 2, ha destinato uno specificofinanziamento alla realizzazione della riforma delle predette istituzioni.

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195

agli Istituti superiori per le industrie artistiche, ai Conservatori di musica,

alle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza, secondo i principi

contenuti nei commi 8, 9 e 10 e con gli adattamenti resi necessari dalle

specificità proprie di tali istituzioni.(180)

12. Le università e le istituzioni scolastiche possono stipulare

convenzioni allo scopo di favorire attività di aggiornamento, di ricerca e di

orientamento scolastico e universitario.

13. Con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme

regolamentari di cui ai commi 2 e 11 sono abrogate le disposizioni vigenti

con esse incompatibili, la cui ricognizione è affidata ai regolamenti stessi.

Il Governo è delegato ad aggiornare e coordinare, entro un anno dalla data

di entrata in vigore delle predette disposizioni regolamentari, le norme del

testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, apportando

tutte le conseguenti e necessarie modifiche.(181)

14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto

con il Ministro del tesoro, sono emanate le istruzioni generali per

l’autonoma allocazione delle risorse, per la formazione dei bilanci, per la

gestione delle risorse ivi iscritte e per la scelta dell’affidamento dei servizi

di tesoreria o di cassa, nonché per le modalità del riscontro delle gestioni

delle istituzioni scolastiche, anche in attuazione dei principi contenuti nei

regolamenti di cui al comma 2. È abrogato il comma 9 dell’articolo 4 della

legge 24 dicembre 1993, n. 537 (182) (183).

15. Entro il 30 giugno 1999 il Governo è delegato ad emanare un

180 Le Accademie ed i Conservatori di musica sono stati oggetto, con la legge 21 dicembre 1999, n. 508, di specifica, distinta riforma per cui il regolamento previsto dal comma 11 non è statopiù emanato. 181 Comma abrogato dall’articolo 1, comma 4, lettera d) della legge 24 novembre 2000, n. 340. 182 Con il decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44 è stato emanato il regolamentoconcernente le “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioniscolastiche”.183 Il comma 9 dell’articolo 4 della legge n. 537 del 1993 è stato inserito nell’articolo 27, comma5, del T.U. n. 297/1994, con conseguente “rinovellazione”. Per chiarire definitivamentel’avvenuta abrogazione, il predetto comma 5 è stato successivamente compreso tra leabrogazioni individuate dall’articolo 17 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.

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196

decreto legislativo di riforma degli organi collegiali della pubblica

istruzione di livello nazionale e periferico che tenga conto della specificità

del settore scolastico, valorizzando l’autonomo apporto delle diverse

componenti e delle minoranze linguistiche riconosciute, nonché delle

specifiche professionalità e competenze, nel rispetto dei seguenti criteri

(184) (185):

a) armonizzazione della composizione, dell’organizzazione e delle funzioni

dei nuovi organi con le competenze dell’amministrazione centrale e

periferica come ridefinita a norma degli articoli 12 e 13 nonché con quelle

delle istituzioni scolastiche autonome;

b) razionalizzazione degli organi a norma dell’articolo 12, comma 1, lettera

p);

c) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo

quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, lettera g);

d) valorizzazione del collegamento con le comunità locali a norma

dell’articolo 12, comma 1, lettera i);

e) attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 59 del decreto legislativo

3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nella salvaguardia del

principio della libertà di insegnamento.

16. Nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in

connessione con l’individuazione di nuove figure professionali del

personale docente, ferma restando l’unicità della funzione, ai capi d’istituto

è conferita la qualifica dirigenziale contestualmente all’acquisto della

personalità giuridica e dell’autonomia da parte delle singole istituzioni

scolastiche. I contenuti e le specificità della qualifica dirigenziale sono

individuati con decreto legislativo integrativo delle disposizioni del decreto

legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, da emanare

184 Alinea così modificato prima dall’articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191 e poidall’articolo 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50. 185 In attuazione della delega contenuta nel presente comma è stato emanato il decretolegislativo 6 marzo 1998, n. 59, in Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1998, n. 71, il cui contenuto èconfluito negli articoli 25-bis, 25-ter e 28-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

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197

entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base

dei seguenti criteri:

a) l’affidamento, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali

scolastici, di autonomi compiti di direzione, di coordinamento e

valorizzazione delle risorse umane, di gestione di risorse finanziarie e

strumentali, con connesse responsabilità in ordine ai risultati;

b) il raccordo tra i compiti previsti dalla lettera a) e l’organizzazione e le

attribuzioni dell’amministrazione scolastica periferica, come ridefinite ai

sensi dell’articolo 13, comma 1;

c) la revisione del sistema di reclutamento, riservato al personale docente

con adeguata anzianità di servizio, in armonia con le modalità previste

dall’articolo 28 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;

d) l’attribuzione della dirigenza ai capi d’istituto attualmente in servizio,

assegnati ad una istituzione scolastica autonoma, che frequentino un

apposito corso di formazione.

17. Il rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici sarà disciplinato in

sede di contrattazione collettiva del comparto scuola, articolato in

autonome aree.

18. Nell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 13 la riforma

degli uffici periferici del Ministero della pubblica istruzione è realizzata

armonizzando e coordinando i compiti e le funzioni amministrative

attribuiti alle regioni ed agli enti locali anche in materia di programmazione

e riorganizzazione della rete scolastica.

19. Il Ministro della pubblica istruzione presenta ogni quattro anni al

Parlamento, a decorrere dall’inizio dell’attuazione dell’autonomia prevista

nel presente articolo, una relazione sui risultati conseguiti, anche al fine di

apportare eventuali modifiche normative che si rendano necessarie.

20. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di

Bolzano disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo

nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di

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198

attuazione.

20-bis. Con la stessa legge regionale di cui al comma 20 la regione

Valle d’Aosta stabilisce tipologia, modalità di svolgimento e di

certificazione di una quarta prova scritta di lingua francese, in aggiunta alle

altre prove scritte previste dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425. Le

modalità e i criteri di valutazione delle prove d’esame sono definiti

nell’ambito dell’apposito regolamento attuativo, d’intesa con la regione

Valle d’Aosta. È abrogato il comma 5 dell’articolo 3 della legge 10

dicembre 1997, n. 425.(186) (187)

186 Comma aggiunto dall’articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191. In attuazione di quantodisposto dal presente comma, vedi il D.P.R. 7 gennaio 1999, n. 13, recante “Regolamentoconcernente modalità e criteri di valutazione delle prove degli esami di Stato conclusivi deicorsi di studio di istruzione secondaria superiore nella Valle d'Aosta”, in Gazzetta Ufficiale 29gennaio 1999, n. 23. 187 Comma così modificato dall’articolo 7 della legge 15 maggio 1997, n. 127.

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199

Legge 18 dicembre 1997, n. 440(188)

Istituzione del Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta

formativa e per gli interventi perequativi. (189) (190)

Articolo 1

(Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli

interventi perequativi)

188 In Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 1997, n. 298. 189 Il Fondo istituito con la legge n. 440 è stato oggetto delle seguenti disposizioni legislativesuccessive: l’articolo 1, comma 8 della legge 20 gennaio 1999, n. 9 sull’elevazione dell’obbligoscolastico, che ha disposto un incremento della dotazione del Fondo finalizzata allasperimentazione dell’autonomia didattica e organizzativa; l’articolo 68 della legge 17 maggio1999, n. 144, che, nell’istituire l’obbligo formativo fino al 18° anno di età, ha disposto, alcomma 4, l’incremento del Fondo a quel fine. Lo stesso comma ha inoltre stabilito che, adecorrere dall’anno 2000, per le finalità di cui alla legge n. 440 si provvede ai sensi dell’articolo11, comma 3, lettera d) della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni (e cioè, insostanza, l’entità del Fondo è determinata annualmente con la legge finanziaria; taledeterminazione del Fondo deve tener conto, evidentemente, degli incrementi disposti dalleeventuali disposizioni legislative successive, come ad esempio quella di seguito citata);l’articolo 1, comma 1 della legge 22 marzo 2000, n. 69, che ha disposto un incremento delFondo, destinato al potenziamento ed alla qualificazione dell’offerta di integrazione scolasticadegli alunni in situazioni di handicap. 190 A seguito della legge n. 440 sono stati adottati dal Ministero della pubblica istruzione iseguenti atti: lettera circolare, prot. n. 27814/BL del 19 maggio 1998, con la quale sono statesollecitate le istituzioni scolastiche a perseguire, attraverso progetti autonomamente attivati, alcune finalità considerate prioritarie; sono state date quindi indicazioni alle scuole in ordinealla definizione degli ambiti dei progetti, alla loro predisposizione, alle modalità della loroadozione, all’assistenza ed al supporto nella loro realizzazione, al loro monitoraggio ed alla lorovalutazione; la Direttiva n. 238 del 19 maggio 1998, emanata a norma dell’articolo 2 della leggen. 440, relativa all’utilizzazione, per l’anno 1998, delle disponibilità del Fondo edall’indicazione degli interventi prioritari; il decreto ministeriale n. 251 del 29 maggio 1998, cheha autorizzato le scuole a sperimentare in via transitoria, in attesa dell’emanazione delle normeregolamentari sull’autonomia previste dall’articolo 21 della legge n. 59/1997, un programmanazionale negli ambiti organizzativi e didattici consentiti dall’ordinamento allora vigente; laDirettiva n. 252 del 29 maggio 1998, sostitutiva della precedente Direttiva n. 238, sopraindicata; la C.M. n. 414 (prot. n. 32253/BL) del 14 ottobre 1998, con la quale è statoautorizzato, per gli istituti di istruzione secondaria superiore, per l’anno scolastico 1999/2000, solo il rinnovo per le prime classi, anche con modifiche, delle sperimentazioni già in precedenzaautorizzate; la stessa circolare ha quindi comunicato la determinazione ministeriale di nonaccogliere, per il medesimo anno scolastico, richieste di nuove sperimentazioni; il decretoministeriale n. 179 del 19 luglio 1999, concernente la proroga, per l’anno 1999/2000, dell’efficacia del decreto ministeriale n. 251/98, con la previsione peraltro, in attesa del nuovoregime di autonomia decorrente dall’anno scolastico 2000/2001, di un superamento della logicadella sperimentazione, per ambiti separati, dell’organizzazione scolastica, come era previsto nelmedesimo decreto ministeriale n. 251/98; la Direttiva n. 180 del 19 luglio 1999, n. 180, concernente l’utilizzazione, per l’anno 1999, delle disponibilità finanziarie del Fondo, el’indicazione degli interventi prioritari.

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200

1. A decorrere dall’esercizio finanziario 1997, è istituito nello stato di

previsione del Ministero della pubblica istruzione un fondo denominato

“Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli

interventi perequativi” destinato alla piena realizzazione dell’autonomia

scolastica, all’introduzione dell’insegnamento di una seconda lingua

comunitaria nelle scuole medie, all’innalzamento del livello di scolarità e

del tasso di successo scolastico, alla formazione del personale della scuola,

alla realizzazione di iniziative di formazione postsecondaria non

universitaria, allo sviluppo della formazione continua e ricorrente, agli

interventi per l’adeguamento dei programmi di studio dei diversi ordini e

gradi, ad interventi per la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del

sistema scolastico, alla realizzazione di interventi perequativi in favore

delle istituzioni scolastiche tali da consentire, anche mediante integrazione

degli organici provinciali, l’incremento dell’offerta formativa, alla

realizzazione di interventi integrati, alla copertura della quota nazionale di

iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dell’Unione europea.

2. Le disponibilità di cui al comma 1 da iscrivere nello stato di

previsione del Ministero della pubblica istruzione sono ripartite, sentito il

parere delle competenti commissioni parlamentari, con decreti del Ministro

del tesoro, anche su capitoli di nuova istituzione, su proposta del Ministro

della pubblica istruzione, in attuazione delle direttive di cui all’articolo 2.

Le eventuali disponibilità non utilizzate nel corso dell’anno sono utilizzate

nell’esercizio successivo.

Articolo 2

(Direttive del Ministro)

1. Con una o più direttive del Ministro della pubblica istruzione,

sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari, sono definiti:

a) gli interventi prioritari;

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201

b) i criteri generali per la ripartizione delle somme destinate agli interventi

e le modalità della relativa gestione;

c) indicazioni circa il monitoraggio, il supporto, l’assistenza e la

valutazione degli interventi.

Articolo 3

(Progetti integrati)

1. Nella ripartizione dei fondi per le iniziative che richiedono il

coinvolgimento degli enti locali è data la precedenza a progetti conseguenti

ad accordi nei quali gli enti locali abbiano dato la concreta disponibilità ad

assolvere agli obblighi loro spettanti per legge, ovvero a quelli deliberati da

reti di scuole.

Articolo 4

(Dotazione del fondo)

1. La dotazione del fondo di cui all’articolo 1 è determinata in lire

100 miliardi per l’anno 1997, in lire 400 miliardi per l’anno 1998 e in lire

345 miliardi annue a decorrere dall’anno 1999. All’onere relativo agli anni

1997, 1998 e 1999 si provvede mediante corrispondente riduzione dello

stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo

6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1997,

all’uopo parzialmente utilizzando, per lire 100 miliardi per ciascuno degli

anni 1997, 1998 e 1999, l’accantonamento relativo al Ministero della

pubblica istruzione e per lire 300 miliardi per l’anno 1998 e lire 245

miliardi per l’anno 1999, l’accantonamento relativo alla Presidenza del

Consiglio dei Ministri.

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri

decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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202

decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157 (191)

Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, comma 20,

della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente l’aggregazione di

istituti scolastici di istruzione secondaria superiore

Articolo 1

(Aggregazione di scuole)

1. Gli istituti scolastici di istruzione secondaria superiore, anche di

diverso ordine e tipo, e le sezioni staccate e le sedi coordinate, aggregati in

attuazione dell’articolo 1, comma 20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,

costituiscono un’unica istituzione scolastica dotata di personalità giuridica

e di autonomia amministrativa, anche se trattasi di aggregazioni e fusioni

tra istituti ad amministrazione statale.

2. La nuova istituzione viene costituita ai sensi dell’articolo 1,

comma 70, della legge 23 dicembre 1996, n. 662(192), con decreto

definitivo del competente provveditore agli studi, sentiti gli enti locali

interessati e i consigli scolastici provinciali, in attuazione del decreto del

Ministro della pubblica istruzione, emanato di concerto con i Ministri del

tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione

pubblica, sentita la conferenza dei presidenti delle regioni, con il quale

sono definiti criteri e parametri generali per la riorganizzazione graduale

della rete scolastica.

191 In Gazzetta Ufficiale 26 maggio 1998, n. 120, emanato in attuazione dell’articolo 1, comma20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che testualmente dispone: “20. Gli istituti secondarisuperiori, anche di diverso ordine e tipo, o le loro sezioni staccate o coordinate, possono essereaggregati tra loro, al fine di consentire la creazione di istituti rispondenti alle condizioni stabilitedall'articolo 51, comma 4, del testo unico approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, e dotatidi personalità giuridica e di autonomia amministrativa. Con regolamento da emanare ai sensidell'articolo 17 della Legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono stabilite: a)le modalità di funzionamento del nuovo consiglio di istituto e l'articolazione del collegio deidocenti in sezioni corrispondenti alle scuole aggregate; b) la redistribuzione, tra soggettiobbligati, degli oneri riguardanti le spese di funzionamento; c) la conservazione delledenominazioni delle scuole aggregate. 192 In G.U. 28 dicembre 1996, n. 303

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203

Articolo 2

(Denominazione dell’Istituto)

1. Gli istituti facenti parte dell’unica istituzione scolastica

conservano ciascuno la propria originaria identità e denominazione.

2. A tal fine l’istituzione costituita ai sensi dell’articolo 1 viene così

identificata: “Istituto statale di istruzione ...(a)... = ...(b)... =“, precisando in

(a) i diversi ordini di istruzione e in (b) la sede legale: comune, via o

piazza, numero civico.

3. La suddetta denominazione viene apposta su tutti gli atti dalla

nuova istituzione scolastica, ivi compresi diplomi e attestati.

Articolo 3

(Patrimonio)

1. Per gli immobili utilizzati come sede degli istituti aggregati

trovano applicazione le norme di cui alla legge 11 gennaio 1996, n. 23(193),

e alla legge 8 agosto 1996, n. 431(194).

2. I beni appartenenti alle istituzioni scolastiche aggregate ed i beni

mobili statali passano nel patrimonio della nuova istituzione scolastica; gli

istituti scolastici aggregati conservano l’uso dei beni mobili esistenti

all’atto della aggregazione.

3. Passano anche nella proprietà della nuova istituzione scolastica la

titolarità di eventuali crediti degli istituti aggregati, ferme restando le

finalità ad essi connessi.

Articolo 4

(Inventari)

1. All’atto della aggregazione, per ogni istituto aggregato viene

193 In G.U. 19 gennaio 1996, n. 15194 In G.U. 23 agosto 1996, n. 197

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204

redatto l’elenco dei beni in uso, che, ai sensi del comma 2 dell’articolo 3,

passano nel patrimonio della nuova istituzione. Tale elenco è utilizzato per

lo scambio di consegne tra i capi di istituto e costituisce titolo valido per il

discarico dei beni dall’inventario di provenienza e per l’impianto

dell’inventario della nuova istituzione o per il carico nell’inventario

dell’istituto aggregante.

2. Lo scambio di consegne tra capi d’istituto deve riguardare anche i

beni mobili in uso, di proprietà degli enti locali o di altri enti, da descrivere

in apposito elenco, una copia del quale dovrà essere rimessa all’ente

proprietario.

Articolo 5

(Nomina di commissario.)

1. Il provveditore agli studi, all’atto della costituzione del nuovo

istituto nomina un commissario per l’amministrazione straordinaria delle

competenze di cui all’articolo 9 del decreto del Ministro della pubblica

istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, 28 maggio 1975,

pubblicato nel supplemento ordinario n. 1 al Bollettino ufficiale - parte I -

del Ministero della pubblica istruzione, n. 24-25 del 12-19 giugno 1975,

che resta in carica sino all’entrata in funzione del consiglio di istituto.(195)

2. Non si fa luogo alla nomina del commissario di cui al comma 1,

qualora vengano aggregate sezioni staccate e/o sedi coordinate ad

istituzione scolastica presso la quale sia in funzione il consiglio di istituto;

in tal caso si procederà subito al rinnovo di detto organo collegiale.

Articolo 6

(Consiglio di istituto)

1. Viene costituito un unico consiglio di istituto secondo la normativa

195 In materia di gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche v. ora ilregolamento emanato con decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44.

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205

di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con le

attribuzioni previste dall’articolo 10 del medesimo decreto legislativo.

2. Le elezioni dei rappresentanti delle componenti docenti, genitori,

alunni e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario in seno al

consiglio d’istituto hanno luogo sulla base di liste di candidati contrapposte

senza distinzione di scuola e secondo le norme di cui alla parte I - titolo 1 -

capo VI del citato decreto legislativo n. 297 del 1994.

3. Nel consiglio di istituto viene comunque riservato almeno un

seggio ad ognuna delle componenti docenti, genitori e alunni di ciascuna

delle scuole comprese nell’aggregazione.

4. Il personale amministrativo, tecnico, ausiliario dipendente dagli

enti locali esercita il diritto di elettorato insieme al corrispondente

personale dello Stato.

Articolo 7

(Collegio dei docenti)

1. Per l’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7 del decreto

legislativo 16 aprile 1994, n. 297, viene costituito un unico collegio dei

docenti articolato in tante sezioni quante sono le scuole presenti nella

nuova istituzione.

2. Per pareri e deliberazioni relative a questioni e problematiche

specifiche, ad esempio, adozione dei libri di testo, iniziative di

sperimentazione, ecc., riferite alla singola scuola il capo di istituto convoca

solo la corrispondente sezione; in tali casi le pronunce hanno valenza

circoscritta ai singoli ordini di scuola.

3. L’attività di ciascuna sezione deve essere coerente con il piano

annuale delle attività formative dell’istituto e con la programmazione

didattico - educativa generale, la cui elaborazione compete al collegio

plenario dei docenti, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del decreto

legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

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206

4. I collaboratori del preside sono eletti, a norma dell’articolo 7,

comma 2, lettera h), del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, sulla

base del numero complessivo degli alunni dell’istituzione scolastica,

avendo cura di assicurare per quanto possibile la rappresentanza dei docenti

di tutte le scuole aggregate. Tra i collaboratori eletti il capo d’istituto

sceglie il vicario, avendo cura di far cadere la sua scelta su persona

appartenente ad ordine di scuola diverso dal proprio.

Articolo 8

(Comitato per la valutazione del servizio)

1. Il collegio dei docenti elegge dal suo seno, ai sensi dell’articolo 11

del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il comitato per la valutazione

del servizio degli insegnanti, assicurando per quanto possibile la

rappresentanza dei docenti appartenenti alle differenziate tipologie

scolastiche

della aggregazione.

Articolo 9

(Bilancio)

1. La gestione finanziaria, amministrativa e contabile degli istituti

aggregati si realizza attraverso un unico bilancio ed è regolata dalla

disciplina contenuta nel decreto del Ministro della pubblica istruzione, di

concerto con il Ministro del tesoro, 28 maggio 1975, pubblicato nel

supplemento ordinario n. 1 al Bollettino ufficiale - parte I - del Ministero

della pubblica istruzione, n. 24-25 del 12-19 giugno 1975.(196)

2. I rapporti giuridici di debito e di credito, gli obblighi contrattuali e

le disponibilità finanziarie, fondo cassa, che fanno capo all’istituto

aggregato titolare di autonomia, che cessa con l’aggregazione, sono

trasferiti in testa alla nuova istituzione scolastica. Ove occorra, nel bilancio

196 Vedi nota precedente.

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207

di quest’ultima, saranno apportate le variazioni alle previsioni e sarà

operato il necessario assestamento.

3. Ulteriori istruzioni concernenti la disciplina degli aspetti di

gestione e finanziari, nonché la gestione della fase transitoria del passaggio

alla istituzione aggregata, saranno oggetto, se necessario, di specifiche

disposizioni del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il

Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

Articolo 10

(Ripartizione degli oneri tra i soggetti obbligati)

1. Nelle ipotesi in cui nell’aggregazione siano comprese scuole per le

quali, ai sensi della normativa vigente, gli oneri relativi alle spese di

funzionamento e quelli relativi al personale amministrativo, tecnico e

ausiliario facciano carico a più soggetti, questi procederanno alla relativa

ripartizione a mezzo di apposita convenzione, da stipularsi tra il

provveditore agli studi e gli enti interessati ai sensi dell’articolo 51, comma

6, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in proporzione alla loro

partecipazione alle spese prima dell’aggregazione; ai fini suddetti gli enti

interessati potranno anche costituirsi in consorzio.

Articolo 11

(Province di Bolzano e Trento regione Sicilia e Valle d’Aosta)

1. Restano ferme le competenze delle province di Bolzano e di

Trento, della regione Sicilia e della regione Valle d’Aosta in ordine

all’attuazione, con propria normativa, del disposto dell’articolo 1, comma

20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549(197), con riferimento agli istituti

rientranti nella propria competenza.

197In G.U. 29 dicembre 1995, n. 302, S.O.

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208

decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233 (198).

Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle

istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali

dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997,

n. 59 (199).

Articolo 1

(Finalità)

1. Il raggiungimento delle dimensioni ottimali delle istituzioni

scolastiche ha la finalità di garantire l’efficace esercizio dell’autonomia

prevista dall’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, di dare stabilità

nel tempo alle stesse istituzioni e di offrire alle comunità locali una

pluralità di scelte, articolate sul territorio, che agevolino l’esercizio del

diritto all’istruzione.(200)

2. Il dimensionamento è altresì finalizzato al conseguimento degli

obiettivi didattico-pedagogici programmati, mediante l’inserimento dei

giovani in una comunità educativa culturalmente adeguata e idonea a

stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione.

3. Il raggiungimento delle dimensioni stabilite a norma del comma 1

ha l’ulteriore finalità di assicurare alle istituzioni scolastiche la necessaria

capacità di confronto, interazione e negoziazione con gli enti locali, le

istituzioni, le organizzazioni sociali e le associazioni operanti nell’ambito

territoriale di pertinenza.

198 In Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1998, n. 164. 199 Con riferimento al D.P.R. n. 233/1998sono state emanate dal Ministero della pubblicaistruzione le seguenti circolari: 29 luglio 1998, n. 335; 1 ottobre 1998, n. 404; 12 novembre1999, n. 272; 23 dicembre 1999, n. 314; 13 aprile 2000, n. 116. 200 In materia di programmazione del servizio scolastico e della rete scolastica, diprogrammazione dell’offerta formativa integrata, di istituzione, aggregazione, fusione esoppressione di scuole, di piani di organizzazione della rete scolastica, v. anche gli articoli: 16(Definizioni), 137 (Competenze dello Stato), 138 (Deleghe alle regioni) e 139 (Trasferimentialle province ed ai comuni) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che hanno delineatol’assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali nelle materia predette.

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209

Articolo 2

(Parametri)

1. L’autonomia amministrativa, organizzativa, didattica e di ricerca

e progettazione educativa è riconosciuta alle istituzioni scolastiche di ogni

ordine e grado, ivi comprese quelle già dotate di personalità giuridica, che

raggiungono dimensioni idonee a garantire l’equilibrio ottimale tra

domanda di istruzione e organizzazione dell’offerta formativa. A tal fine

sono definiti, a norma dell’articolo 3, gli ambiti territoriali, di ampiezza

differenziata a seconda del grado di istruzione, nei quali va assicurata la

permanenza e la stabilità delle suddette istituzioni, con particolare riguardo

alle caratteristiche demografiche, geografiche, economiche, socio-culturali

del territorio, nonché alla sua organizzazione politico- amministrativa.

2. Ai fini indicati al comma 1, per acquisire o mantenere la

personalità giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una

popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un

quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come

termini di riferimento per assicurare l’ottimale impiego delle risorse

professionali e strumentali.

3. Nelle piccole isole, nei comuni montani, nonché nelle aree

geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, gli indici

di riferimento previsti dal comma 2 possono essere ridotti fino a 300 alunni

per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, o per gli

istituti di istruzione secondaria superiore che comprendono corsi o sezioni

di diverso ordine o tipo, previsti dal comma 6; nelle località sopra indicate

che si trovino in condizioni di particolare isolamento possono, altresì,

essere costituiti istituti comprensivi di scuole di ogni ordine e grado.

L’indice massimo di cui al comma 2 può essere superato nelle aree ad alta

densità demografica, con particolare riguardo agli istituti di istruzione

secondaria con finalità formative che richiedono beni strutturali, laboratori

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210

ed officine di alto valore artistico o tecnologico.

4. Nell’ambito degli indici, minimo e massimo, stabiliti dal comma

2, la dimensione ottimale di ciascuna istituzione scolastica è definita in

relazione agli elementi di seguito indicati:

a) consistenza della popolazione scolastica residente nell’area

territoriale di pertinenza, con riferimento a ciascun grado, ordine e tipo di

scuola contemplato dall’ordinamento scolastico vigente;

b) caratteristiche demografiche, orografiche, economiche e socio-

culturali del bacino di utenza;

c) estensione dei fenomeni di devianza giovanile e criminalità

minorile;

d) complessità di direzione, gestione e organizzazione didattica, con

riguardo alla pluralità di gradi di scuole o indirizzi di studio coesistenti

nella stessa istituzione, ivi comprese le attività di educazione permanente,

di istruzione degli adulti e di perfezionamento o specializzazione, nonché

alla conduzione di aziende agrarie, convitti annessi, officine e laboratori ad

alta specializzazione o con rilevante specificità.

5. Qualora le singole scuole non raggiungano gli indici di riferimento

sopra indicati sono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso

grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti

comprensivi, a seconda delle esigenze educative del territorio e nel rispetto

della progettualità territoriale.

6. Per garantire la permanenza, negli ambiti territoriali definiti ai

sensi dell’articolo 3, di scuole che non raggiungono, da sole o unificate con

scuole dello stesso grado, dimensioni ottimali, sono costituiti istituti di

istruzione comprensivi di scuola materna, elementare e media. Allo stesso

fine e per assicurare la più efficace corrispondenza tra gli istituti di

istruzione secondaria superiore e le caratteristiche del territorio di

riferimento, nonché tra la necessaria varietà dei percorsi formativi proposti

da ciascun istituto e la domanda di istruzione espressa dalla popolazione

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211

scolastica, si procede alla unificazione di istituti di diverso ordine o tipo

che non raggiungono, separatamente, le dimensioni ottimali e insistono

sullo stesso bacino d’utenza, ivi comprese le sezioni staccate e scuole

coordinate dipendenti da istituti posti in località distanti e compresi in altri

ambiti territoriali di riferimento; tali istituzioni assumono la denominazione

di istituto di istruzione secondaria superiore.(201)

7. Nelle province il cui territorio è per almeno un terzo montano, in

cui le condizioni di viabilità statale e provinciale siano disagevoli e in cui

vi sia dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi sono concesse

deroghe automatiche agli indici di riferimento previsti dal comma 2, anche

sulla base di criteri preventivamente stabiliti dalle regioni, in sede di

conferenza provinciale convocata a norma dell’articolo 3.

8. Gli indici minimi di riferimento previsti dal comma 3 sono

applicabili anche agli istituti secondari di istruzione artistica, professionale

e tecnica con indirizzi formativi particolarmente specializzati e a diffusione

limitata nell’ambito nazionale e regionale.

9. Le disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5, 6 e 8 non si applicano

alle scuole e istituti di istruzione statali con lingua d’insegnamento slovena.

A tali scuole sarà attribuita l’autonomia scolastica ai fini dell’esercizio del

diritto allo studio, anche in assenza dei parametri minimi di cui all’articolo

2, comma 3, e sulla base della distribuzione territoriale degli allievi che le

frequentano. Nell’attribuire l’autonomia alle scuole con lingua

d’insegnamento italiana, site negli stessi ambiti territoriali, le conferenze

provinciali terranno conto delle decisioni assunte nei confronti delle scuole

con lingua d’insegnamento slovena.

10. Gli indici di riferimento previsti dai commi 3, 5, 6 e 8 si

applicano agli istituti di istruzione che comprendono scuole con particolari

finalità, funzionanti ai sensi dell’articolo 324 del testo unico approvato con

201 Relativamente agli istituti di istruzione secondaria superiore, v. anche l’art. 1, comma 20della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ed il relativo regolamento di attuazione emanato con ilD.P.R. 2 marzo 1998, n. 157 riportato.

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212

decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, con il dovuto riguardo alle

specifiche esigenze formative degli alunni frequentanti le suddette scuole.

Articolo 3

(Piani provinciali di dimensionamento)

1. I piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche previsti

dall’articolo 21, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (202), al fine

dell’attribuzione dell’autonomia e personalità giuridica, sono definiti in

conferenze provinciali di organizzazione della rete scolastica, nel rispetto

degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli

ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle regioni.

2. Entro il 31 ottobre 1998 il presidente della provincia, anche in

assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al comma 1, convoca la

conferenza provinciale alla quale partecipano, oltre alla provincia, i comuni

e le comunità montane; ad essa partecipano di diritto il dirigente

competente della amministrazione periferica della pubblica istruzione e il

presidente del consiglio scolastico provinciale, assicurando il

coinvolgimento di tutti i soggetti scolastici interessati. Ove il presidente

della provincia non provveda tempestivamente alla convocazione, questa

può essere fatta dal sindaco del comune capoluogo di provincia o, in

mancanza, dal dirigente del competente ufficio periferico

dell’amministrazione scolastica.

3. Nella prima riunione sono determinate le modalità operative per la

predisposizione e la successiva discussione e definizione delle proposte

avanzate dai soggetti partecipanti alla conferenza provinciale, compresi i

criteri per la promozione di incontri e accordi per ambiti territoriali ristretti.

4. Gli ambiti territoriali di riferimento e le dimensioni ottimali delle

istituzioni scolastiche sono individuati dalle conferenze previste dai

precedenti commi.

202 Riportato in Appendice.

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213

5. I dirigenti competenti della amministrazione periferica della

pubblica istruzione predispongono la documentazione necessaria per la

conferenza provinciale di organizzazione, con tutti gli opportuni elementi

di informazione; gli stessi dirigenti, altresì, acquisiscono e comunicano alle

conferenze provinciali di cui al comma 3 eventuali pareri e proposte dei

consigli scolastici distrettuali e degli organi collegiali degli istituti

d’istruzione interessati. I dati, i documenti e le informazioni di cui sopra,

unitamente alle proposte formulate, sono contemporaneamente trasmessi

alle regioni e ai consigli provinciali e distrettuali competenti per territorio.

6. Il piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche di ogni

ordine e grado è approvato dalle conferenze provinciali entro il 31

dicembre 1998, anche in assenza degli indirizzi e dei criteri di cui al

comma 1.

7. I piani contengono anche proposte specifiche per le zone di

confine tra province o regioni, allo scopo di garantire le migliori condizioni

di fruibilità del servizio scolastico.

8. Le regioni approvano il piano regionale di dimensionamento entro

il 28 febbraio 1999, sulla base dei piani provinciali assicurandone il

coordinamento, nel rispetto degli organici prestabiliti, ai sensi dell’articolo

5, comma 1, e dei parametri di riferimento previsti dall’articolo 2. Le

regioni deliberano sui casi previsti dal comma 7, previa intesa, ove

necessario, con le regioni confinanti.

9. I piani, possono essere modificati nel corso dell’anno successivo

alla loro approvazione e hanno, comunque, completa e definitiva attuazione

entro l’inizio dell’anno scolastico 2000- 2001(203).

Articolo 4

(Attribuzione della personalità giuridica e dell’autonomia)

203 Sull’avvio del nuovo regime di autonomia delle istituzioni scolastiche v. anche l’articolo 2, comma 2 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.

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214

1. I dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica adottano, in

attuazione dei piani approvati dalle regioni, i provvedimenti conseguenti,

ivi compresi quelli di riconoscimento dell’autonomia alle singole istituzioni

scolastiche e di attribuzione della personalità giuridica alle istituzioni

scolastiche che ne siano prive.

2. Agli enti locali è attribuita ogni competenza in materia di

soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni

scolastiche che abbiano ottenuto la personalità giuridica e l’autonomia.

Tale competenza è esercitata su proposta e, comunque previa intesa, con le

istituzioni scolastiche interessate con particolare riguardo al

raggiungimento delle finalità di cui all’articolo 1, comma 2, nel rispetto

delle competenze di cui all’articolo 137 del decreto legislativo 31 marzo

1998, n. 112.

Articolo 5

(Organici pluriennali)

1. La consistenza complessiva degli organici del personale della

scuola, ivi compresi i dirigenti scolastici, predeterminata a livello nazionale

per il triennio 1998-2000 a norma delle vigenti disposizioni, è articolata su

base regionale e ripartita per aree provinciali o sub-provinciali. Le

successive rideterminazioni sono attuate ai sensi della normativa in vigore,

in relazione alle funzioni di programmazione e riorganizzazione della rete

scolastica attribuite alle regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n.

112, tenendo conto:

a) del numero degli alunni previsti, distinti per età e per ordine e

grado di scuole;

b) del numero degli istituti previsti, delle loro dimensioni e

dell’articolazione delle stesse istituzioni sul territorio;

c) delle caratteristiche demografiche e orografiche di ciascuna

regione;

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215

d) degli indici di disagio economico e socio-culturale;

e) degli obiettivi correlati all’economia regionale e all’evoluzione del

mercato del lavoro;

f) della distribuzione per ambiti disciplinari del personale in servizio.

2. Entro il limite della dotazione organica provinciale complessiva

l’organico funzionale di ciascuna istituzione scolastica è definito dai

dirigenti dell’amministrazione scolastica periferica, in conformità ai criteri

e ai parametri generali stabiliti a norma del comma 1, sulla base dei

seguenti dati di riferimento ed elementi di valutazione:

a) numero degli alunni e delle classi previste, distinti per anno di

corso e indirizzo di studi;

b) insegnamenti da impartire nelle classi previste in relazione agli

obiettivi formativi previsti dai corrispondenti curricoli;

c) esigenze di sostegno degli alunni portatori di handicap;

d) attività didattiche finalizzate al recupero della dispersione

scolastica e degli insuccessi formativi, alla sperimentazione di nuovi

metodi didattici e di nuovi ordinamenti e strutture curricolari,

all’adattamento dei percorsi formativi, secondo criteri di flessibilità e

modularità, alle esigenze di personalizzazione dei processi di

apprendimento, alle caratteristiche dell’economia regionale o locale e

all’evoluzione del mercato del lavoro;

e) azioni di supporto socio-psico-pedagogico, organizzativo e

gestionale, di ricerca educativa e scientifica di orientamento scolastico e

professionale e di valutazione dei processi formativi, tenuto conto anche

dell’eventuale articolazione della funzione docente sulla base di particolari

profili di specializzazione;

f) esigenze specifiche delle istituzioni che operano in zone a rischio

di devianza giovanile e criminalità minorile, ovvero nelle comunità

montane e nelle piccole isole;

g) prevedibili necessità di copertura dei posti di insegnamento

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216

vacanti e di sostituzione degli insegnanti assenti per periodi di durata

inferiore all’intero anno scolastico.

3. Le risorse umane necessarie per le finalità indicate alle lettere d),

e), f) e g) del comma 2, sono attribuite alle singole istituzioni scolastiche o

a reti di scuole, anche sulla base delle richieste e dei progetti formativi

delle stesse istituzioni.

4. Nei limiti delle dotazioni organiche assegnate i dirigenti scolastici,

nel rispetto delle competenze degli organi collegiali della scuola,

procedono alla formazione delle classi e, in conformità ai principi e criteri

stabiliti con la contrattazione collettiva decentrata a livello nazionale e

territoriale, attribuiscono ai singoli docenti le funzioni da svolgere.

5. Le scuole annesse ad istituti di educazione statale non hanno

personalità giuridica distinta dagli istituti di appartenenza. La dotazione

organica di istituto relativa alle suddette scuole, considerata nella sua entità

complessiva, è determinata ai sensi dei commi 1 e 2.

6. Gli organici di cui al comma 1, per le scuole e gli istituti di

istruzione statali in lingua slovena delle province di Gorizia e Trieste sono

separatamente determinati e distinti dall’organico complessivo riferito alla

regione di appartenenza.

Articolo 6

(Dotazione finanziaria di istituto)(204)

1. Gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione della spesa del

Ministero della pubblica istruzione per il funzionamento amministrativo e

didattico delle istituzioni scolastiche sono ripartiti, con decreto del Ministro

della pubblica istruzione, su base regionale, in proporzione alla

popolazione scolastica e al numero di istituti di istruzione. Essi sono

articolati a livello provinciale o subprovinciale e sono distinti in

204 Sulla dotazione finanziaria d’istituto v. l’articolo 21, comma 5 della legge 15 marzo 1997, n. 59 come integrato dall’articolo 2, comma 3 del decreto legge 28 agosto 2000, n. 240, convertitocon modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306.

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217

assegnazioni ordinarie e perequative. Le assegnazioni perequative sono

calcolate in relazione alle condizioni demografiche, orografiche,

economiche e socio- culturali del territorio. Sui criteri di ripartizione delle

assegnazioni perequative è sentito il parere della conferenza unificata

Stato-regioni-città e autonomie locali.

2. Le dotazioni finanziarie determinate ai sensi del comma 1 sono

assegnate alle singole istituzioni dai dirigenti degli uffici periferici

dell’amministrazione scolastica, in conformità ai criteri generali e agli

indici di riferimento fissati dal decreto di cui allo stesso comma 1.

3. Le istituzioni scolastiche utilizzano le risorse finanziarie a loro

assegnate senza altro vincolo di destinazione che quello dell’utilizzazione

prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di

orientamento proprie di ciascun grado, ordine e tipo di scuola, nel rispetto

delle competenze attribuite, nelle stesse materie, alle regioni e agli enti

locali con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

4. Le disposizioni del presente articolo non escludono l’apporto di

ulteriori risorse finanziarie da parte dello Stato, delle regioni, degli enti

locali, di altri enti e di privati per l’attuazione di progetti promossi e

finanziati con risorse a destinazione specifica.

5. Lo Stato, le regioni, gli enti locali, le istituzioni scolastiche ed altri

soggetti pubblici e privati possono stipulare accordi di programma per la

gestione di attività previste dai commi 3 e 4.

Articolo 7

(Esclusioni)

1. Le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano

alle accademie di belle arti, di danza e di arte drammatica, ai conservatori

di musica, agli istituti superiori per le industrie artistiche, alle scuole

italiane all’estero e agli istituti di educazione, salvo il disposto dell’articolo

5, comma 5.

Page 223: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

218

2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e

Bolzano disciplinano con proprie leggi le materie di cui al presente

regolamento, nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme

di attuazione.

3. In mancanza di norme statutarie o di attuazione dei relativi statuti,

che attribuiscano alle regioni a statuto speciale competenza legislativa in

materie disciplinate dal presente regolamento, si applicano le disposizioni

dei precedenti articoli.

Articolo 8.

(Abrogazioni)

1. Ai sensi dell’articolo 21, comma 13, della legge 15 marzo 1997,

n. 59 (205), sono abrogati gli articoli 442, comma 3, e 548, comma 5, del

testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e

l’articolo 1, comma 22, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

205 Riportato in Appendice.

Page 224: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

219

decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (206)

Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni

scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59

(207)

TITOLO I

Istituzioni scolastiche nel quadro dell’autonomia

Capo I - Definizioni e oggetto

Articolo 1

(Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche)

1. Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale

e provvedono alla definizione e alla realizzazione dell’offerta formativa,

nel rispetto delle funzioni delegate alla Regioni e dei compiti e funzioni

trasferiti agli enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto

legislativo 31 marzo 1998, n. 112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli

enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le

potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione.

2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di

insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e

nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione

mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla

domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti

coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con

206 In G.U. 10 agosto 1999, n. 186, S.O. n. 152/L. E’ da ricordare che in precedenza, in attesadell’emanazione dei regolamenti di cui all’art. 21 della legge n. 59 del 1997 – tra cui perl’appunto il D.P.R. n. 275/1999 – le istituzioni scolastiche erano state autorizzate a sperimentarel’autonomia didattica e organizzativa, con l’art. 1, comma 8 della legge 20 gennaio 1999, n. 9sull’elevazione dell’obbligo scolastico e con l’art. 8 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323. L’art. 12, comma 1 dello stesso D.P.R. 275/1999 ha consentito alle istituzioni scolastichein via transitoria, fino al 31 agosto 2000, l’esercizio dell’autonomia. 207 Riportato in Appendice.

Page 225: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

220

le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza

di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.

Articolo 2.

(Oggetto)

1. Il presente regolamento detta la disciplina generale dell’autonomia

delle istituzioni scolastiche, individua le funzioni ad esse trasferite e

provvede alla ricognizione delle disposizioni di legge abrogate.

2. Il presente regolamento, fatta salva l’immediata applicazione delle

disposizioni transitorie, si applica alle istituzioni scolastiche a decorrere dal

1° settembre 2000.(208)

3. Le istituzioni scolastiche parificate, pareggiate e legalmente

riconosciute entro il termine di cui al comma 2 adeguano, in coerenza con

le proprie finalità, il loro ordinamento alle disposizioni del presente

regolamento relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano

con quelle relative all’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca,

sperimentazione e sviluppo e alle iniziative finalizzate all’innovazione. A

esse si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13.(209)

4. Il presente regolamento riguarda tutte le diverse articolazioni del

sistema scolastico, i diversi tipi e indirizzi di studio e le esperienze

formative e le attività nella scuola dell’infanzia. La terminologia adottata

tiene conto della pluralità di tali contesti.

Capo II

Autonomia didattica e organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo

208 V. al riguardo anche l’articolo 3, comma 9 del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233. 209 Sulla corrispondenza degli ordinamenti delle scuole parificate, pareggiate e legalmentericonosciute agli ordinamenti delle scuole statali v. anche l’articolo 346 (scuole parificate) e gliarticoli 352, 355 e 356 (scuole legalmente riconosciute e pareggiate) del testo unico. Per quantoconcerne la corrispondenza degli ordinamenti delle scuole paritarie a quelli delle scuole stataliv. l’articolo 1, commi 2. 3, 4 e 5 della legge 10 marzo 2000, n. 62.

Page 226: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

221

Articolo 3

(Piano dell’offerta formativa)

1. Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di

tutte le sue componenti, il Piano dell’offerta formativa. Il Piano è il

documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale

delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,

extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano

nell’ambito della loro autonomia.

2. Il Piano dell’offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali

ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello

nazionale a norma dell’articolo 8 e riflette le esigenze del contesto

culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della

programmazione territoriale dell’offerta formativa(210). Esso comprende e

riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e

valorizza le corrispondenti professionalità.

3. Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti

sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte

generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o

di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi

e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie

superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di

istituto.

4. Ai fini di cui al comma 2 il dirigente scolastico attiva i necessari

rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali,

sociali ed economiche operanti sul territorio.

5. Il Piano dell’offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli

alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.

210 La programmazione territoriale dell’offerta formativa è un concetto sostanzialmentecoincidente con quello della programmazione della rete scolastica e si raccorda con quello dellaprogrammazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; l’unae l’altra programmazione sono state delegate alle regioni con l’articolo 138, comma 1, lettera a)del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Page 227: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

222

Articolo 4.

(Autonomia didattica)

1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di

insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità

generali del sistema, a norma dell’articolo 8 concretizzano gli obiettivi

nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad

apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e

valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando

tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo.

2. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche

regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole

discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di

apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono

adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l’altro:

a) l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna

disciplina e attività;

b) la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità

oraria della lezione e l’utilizzazione, nell’ambito del curricolo obbligatorio

di cui all’articolo 8, degli spazi orari residui;

c) l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del

principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo,

anche in relazione agli alunni in situazione di handicap secondo quanto

previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104(211);

d) l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla

stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso;

e) l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari.

3. Nell’ambito dell’autonomia didattica possono essere programmati,

211 Si ricorda che le norme in materia di integrazione scolastica degli alunni in situazioni dihandicap, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono state in gran parte trasfuse negli articoli312 e segg. del testo unico.

Page 228: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

223

anche sulla base degli interessi manifestati dagli alunni, percorsi formativi

che coinvolgono più discipline e attività, nonché insegnamenti in lingua

straniera in attuazione di intese e accordi internazionali.

4. Nell’esercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche

assicurano comunque la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno,

di continuità e di orientamento scolastico e professionale, coordinandosi

con le iniziative eventualmente assunte dagli enti locali in materia di

interventi integrati a norma dell’articolo 139, comma 2, lett. b), del decreto

legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Individuano inoltre le modalità e i criteri

di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri

per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni

scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.

5. La scelta, l’adozione e l’utilizzazione delle metodologie e degli

strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono coerenti con il Piano

dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e sono attuate con criteri di

trasparenza e tempestività. Esse favoriscono l’introduzione e l’utilizzazione

di tecnologie innovative.

6. I criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti

scolastici (212) riferiti ai percorsi dei singoli alunni sono individuati dalle

istituzioni scolastiche avuto riguardo agli obiettivi specifici di

apprendimento di cui all’articolo 8 e tenuto conto della necessità di

facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, di favorire

l’integrazione tra sistemi formativi, di agevolare le uscite e i rientri tra

scuola, formazione professionale e mondo del lavoro. Sono altresì

individuati i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi relativi alle

attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o

212 Si ricorda che l’articolo 193-bis del testo unico, introdotto dall’articolo 2, comma 1 deldecreto legge 28 giugno 1995, n. 253 convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1995, n. 352, aveva previsto interventi didattici ed educativi per il recupero di debiti scolastici. Talearticolo è stato ricompreso tra le norme abrogate dall’articolo 17 del D.P.R. n. 275. La legge 10dicembre 1997, n. 425 (articoli 3 e 5) ed il relativo regolamento emanato con D.P.R. 23 luglio1998, n. 323 (articolo 11) hanno introdotto e disciplinato il credito scolastico nello svolgimentodell’esame di Stato.

Page 229: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

224

liberamente effettuate dagli alunni e debitamente accertate o certificate.

7. Il riconoscimento reciproco dei crediti tra diversi sistemi

formativi213 e la relativa certificazione sono effettuati ai sensi della

disciplina di cui all’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196(214),

fermo restando il valore legale dei titoli di studio previsti dall’attuale

ordinamento.

Articolo 5.

(Autonomia organizzativa)

1. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda

l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di

libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di

ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei

processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa.

2. Gli adattamenti del calendario scolastico sono stabiliti dalle

istituzioni scolastiche in relazione alle esigenze derivanti dal Piano

dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni in materia di

determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma

dell’articolo 138, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 31 marzo

1998, n. 112(215).

3. L’orario complessivo del curricolo e quello destinato alle singole

discipline e attività sono organizzati in modo flessibile, anche sulla base di

213 In materia di riconoscimenti di crediti tra i sistemi formativi e relative certificazioni v. anchel’articolo 8, comma 1, lettera g) di questo stesso D.P.R.; l’articolo 1, comma 4 della legge 20gennaio 1999, n. 9 l’articolo 9 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323, l’articolo 68, commi 2 e 5 della legge 17 maggio 1999, n. 144; gli articoli 6 e 8 del D.P.R. 12 luglio 2000, n. 257; il paragrafo 1, punti 2 e 3 e i paragrafi 4 e 5 dell’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane, in materia di obbligo di frequenza delle attività formative, di cui al“Provvedimento” 2 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 2000. 214 L’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196, in G.U. 4 luglio 1997, n. 154, S.O. hariordinato la materia della formazione professionale. Le norme regolamentari di attuazione, oggetto del predetto articolo, non sono state, a tutt’oggi, emanate. 215 L’articolo 138, comma 1, lettera d), ha delegato alle regioni la determinazione del calendarioscolastico modificando quindi implicitamente le corrispondenti norme dell’articolo 74 del testounico, che prevedevano l’esercizio di quella funzione da parte degli organi dell’amministrazionescolastica.

Page 230: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

225

una programmazione plurisettimanale, fermi restando l’articolazione delle

lezioni in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto del monte ore

annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività

obbligatorie.

4. In ciascuna istituzione scolastica le modalità di impiego dei

docenti possono essere diversificate nelle varie classi e sezioni in funzione

delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche ed organizzative

adottate nel piano dell’offerta formativa.

Articolo 6.

(Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo)

1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate,

esercitano l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo

conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle

realtà locali e curando tra l’altro:

a) la progettazione formativa e la ricerca valutativa;

b) la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del

personale scolastico;

c) l’innovazione metodologica e disciplinare;

d) la ricerca didattica sulle diverse valenze delle tecnologie

dell’informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei

processi formativi;

e) la documentazione educativa e la sua diffusione all’interno della

scuola;

f) gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici;

g) l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e,

d’intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra diversi sistemi formativi,

ivi compresa la formazione professionale(216).

2. Se il progetto di ricerca e innovazione richiede modifiche

216 Sull’integrazione fra i diversi sistemi formativi v. anche l’articolo 9 e la relativa nota.

Page 231: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

226

strutturali che vanno oltre la flessibilità curricolare prevista dall’articolo 8,

le istituzioni scolastiche propongono iniziative finalizzate alle innovazioni

con le modalità di cui all’articolo 11.

3. Ai fini di cui al presente articolo le istituzioni scolastiche

sviluppano e potenziano lo scambio di documentazione e di informazioni

attivando collegamenti reciproci, nonché con il Centro europeo

dell’educazione, la Biblioteca di documentazione pedagogica e gli Istituti

regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi; tali

collegamenti possono estendersi a università e ad altri soggetti pubblici e

privati che svolgono attività di ricerca.

Articolo 7.

(Reti di scuole)

1. Le istituzioni scolastiche possono promuovere accordi di rete o

aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali.

2. L’accordo può avere a oggetto attività didattiche, di ricerca,

sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento; di

amministrazione e contabilità, ferma restando l’autonomia dei singoli

bilanci; di acquisto di beni e servizi, di organizzazione e di altre attività

coerenti con le finalità istituzionali; se l’accordo prevede attività didattiche

o di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di formazione e aggiornamento, è

approvato, oltre che dal consiglio di circolo o di istituto, anche dal collegio

dei docenti delle singole scuole interessate per la parte di propria

competenza.

3. L’accordo può prevedere lo scambio temporaneo di docenti, che

liberamente vi consentono, fra le istituzioni che partecipano alla rete i cui

docenti abbiano uno stato giuridico omogeneo. I docenti che accettano di

essere impegnati in progetti che prevedono lo scambio rinunciano al

trasferimento per la durata del loro impegno nei progetti stessi, con le

modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva.

Page 232: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

227

4. L’accordo individua l’organo responsabile della gestione delle

risorse e del raggiungimento delle finalità del progetto, la sua durata, le sue

competenze e i suoi poteri, nonché le risorse professionali e finanziarie

messe a disposizione della rete dalle singole istituzioni; l’accordo è

depositato presso le segreterie delle scuole, ove gli interessati possono

prenderne visione ed estrarne copia.

5. Gli accordi sono aperti all’adesione di tutte le istituzioni

scolastiche che intendano parteciparvi e prevedono iniziative per favorire la

partecipazione alla rete delle istituzioni scolastiche che presentano

situazioni di difficoltà.

6. Nell’ambito delle reti di scuole, possono essere istituiti laboratori

finalizzati tra l’altro a:

a) la ricerca didattica e la sperimentazione;

b) la documentazione, secondo procedure definite a livello nazionale

per la più ampia circolazione, anche attraverso rete telematica, di ricerche,

esperienze, documenti e informazioni;

c) la formazione in servizio del personale scolastico;

d) l’orientamento scolastico e professionale.

7. Quando sono istituite reti di scuole, gli organici funzionali di

istituto possono essere definiti in modo da consentire l’affidamento a

personale dotato di specifiche esperienze e competenze di compiti

organizzativi e di raccordo interistituzionale e di gestione dei laboratori di

cui al comma 6.

8. Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono

stipulare convenzioni con università statali o private, ovvero con istituzioni,

enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro

apporto alla realizzazione di specifici obiettivi.

9. Anche al di fuori dell’ipotesi prevista dal comma 1, le istituzioni

scolastiche possono promuovere e partecipare ad accordi e convenzioni per

il coordinamento di attività di comune interesse che coinvolgono, su

Page 233: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

228

progetti determinati, più scuole, enti, associazioni del volontariato e del

privato sociale. Tali accordi e convenzioni sono depositati presso le

segreterie delle scuole dove gli interessati possono prenderne visione ed

estrarne copia.

10. Le istituzioni scolastiche possono costituire o aderire a consorzi

pubblici e privati per assolvere compiti istituzionali coerenti col Piano

dell’offerta formativa di cui all’articolo 3 e per l’acquisizione di servizi e

beni che facilitino lo svolgimento dei compiti di carattere formativo.

Capo III

Curricolo nell’autonomia

Articolo 8

(Definizione dei curricoli)(217)

1. Il Ministro della pubblica istruzione, previo parere delle

competenti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali,

definisce a norma dell’articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.

297, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per i diversi

tipi e indirizzi di studio:

a) gli obiettivi generali del processo formativo;

b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze

degli alunni;

c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli

e il relativo monte ore annuale;

d) l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli

comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria

riservata alle istituzioni scolastiche;

e) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra

217 La prima definizione dei curricoli a norma dell’articolo 8 è avvenuta con il decretoministeriale 26 giugno 2000, n. 234.

Page 234: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

229

discipline e attività della quota nazionale del curricolo;

f) gli standard relativi alla qualità del servizio;

g) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il

riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi;

h) i criteri generali per l’organizzazione dei percorsi formativi

finalizzati all’educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da

attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la

Conferenza unificata(218).

2. Le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell’offerta

formativa il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare,

a norma del comma 1, la quota definita a livello nazionale con la quota loro

riservata che comprende le discipline e le attività da esse liberamente

scelte. Nella determinazione del curricolo le istituzioni scolastiche

precisano le scelte di flessibilità previste dal comma 1, lettera e).

3. Nell’integrazione tra la quota nazionale del curricolo e quella

riservata alle scuole è garantito il carattere unitario del sistema di istruzione

ed è valorizzato il pluralismo culturale e territoriale, nel rispetto delle

diverse finalità della scuola dell’obbligo e della scuola secondaria

superiore.

4. La determinazione del curricolo tiene conto delle diverse esigenze

formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire

efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese

espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed

economici del territorio. Agli studenti e alle famiglie possono essere offerte

possibilità di opzione.

5. Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche

attraverso una integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi con le

218Sull’e v. anche l’articolo 9, commi 1 e 4, nonché l’O.M. n. 455 del 29 luglio 1997 diramatacon C.M. n. 456 in pari data; l’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunitàmontane, di cui al “Provvedimento” 2 marzo 2000; le “Linee-guida” di cui alla Direttiva delMinistro della pubblica istruzione n. 22 del 6 febbraio 2001.

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230

Regioni e gli Enti locali negli ambiti previsti dagli articoli 138 e 139 del

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, può essere personalizzato in

relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali.

6. L’adozione di nuove scelte curricolari o la variazione di scelte già

effettuate deve tenere conto delle attese degli studenti e delle famiglie in

rapporto alla conclusione del corso di studi prescelto

Articolo 9

(Ampliamento dell’offerta formativa)

1. Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra

loro consorziate, realizzano ampliamenti dell’offerta formativa che tengano

conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle

realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente

con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con

eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione

giovanile e degli adulti.

2. I curricoli determinati a norma dell’articolo 8 possono essere

arricchiti con discipline e attività facoltative che per la realizzazione di

percorsi formativi integrati(219), le istituzioni scolastiche programmano

sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali.

3. Le istituzioni scolastiche possono promuovere e aderire a

convenzioni o accordi stipulati a livello nazionale, regionale o locale, anche

per la realizzazione di specifici progetti.

219 In materia di programmazione territoriale dell’offerta formativa, di offerta formativaintegrata, di percorsi integrati o di interventi integrati v. anche l’articolo 3, comma 2; l’articolo4, comma 4; l’articolo 6, comma 1, lettera g); e l’articolo 8, comma 5, nonché: l’articolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59; l’articolo 1, comma 1 e l’articolo 3 della legge 18dicembre 1997, n. 440; l’articolo 40, comma 1, ultimo periodo della legge 27 dicembre 1997, n. 449; l’articolo 138, comma 1, lettera a) e l’articolo 139, comma 2, lettere b), ed f) del decretolegislativo 31 marzo 1998, n. 112; l’articolo 4, comma 3, lettera c), l’articolo 6 e l’articolo 7 deldecreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323; il Provvedimento 2 marzo 2000 concernentel’Accordo tra governo, regioni, province, comuni e comunità montane, in materia di frequenzadelle attività formative in attuazione dell’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144;l’articolo 7 del D.P.R. 12 luglio 2000, n. 257, che identifica le tipologie fondamentali deipercorsi formativi integrati promuovibili dalle istituzioni scolastiche.

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231

4. Le iniziative in favore degli adulti possono realizzarsi, sulla base

di specifica progettazione, anche mediante il ricorso a metodi e strumenti di

autoformazione e a percorsi formativi personalizzati. Per l’ammissione ai

corsi e per la valutazione finale possono essere fatti valere crediti formativi

maturati anche nel mondo del lavoro, debitamente documentati, e accertate

esperienze di autoformazione. Le istituzioni scolastiche valutano tali crediti

ai fini della personalizzazione dei percorsi didattici, che può implicare una

loro variazione e riduzione.

5. Nell’ambito delle attività in favore degli adulti possono essere

promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai

genitori degli alunni.

Articolo 10

(Verifiche e modelli di certificazione)

1. Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento

e degli standard di qualità del servizio il Ministero della pubblica istruzione

fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino all’istituzione di un

apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro

europeo dell’educazione, riformato a norma dell’articolo 21, comma 10,

della legge 15 marzo 1997, n. 59.(220) (221)

2. Le rilevazioni di cui al comma 1 sono finalizzate a sostenere le

scuole per l’efficace raggiungimento degli obiettivi attraverso l’attivazione

di iniziative nazionali e locali di perequazione, promozione, supporto e

monitoraggio, anche avvalendosi degli ispettori tecnici.

3. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono adottati i

nuovi modelli per le certificazioni, le quali, indicano le conoscenze, le

competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili,

220 Il Centro europeo dell’educazione, ora Istituto nazionale per la valutazione del sistemadell’istruzione, è stato riformato con il decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258., eriorganizzato con il D.P.R. 21 settembre 2000, n. 313. 221 L’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 è riportato

Page 237: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

232

compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realizzate nell’ambito

dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e

debitamente certificate.

Articolo 11

(Iniziative finalizzate all’innovazione)

1. Il Ministro della pubblica istruzione, anche su proposta del

Consiglio nazionale della pubblica istruzione, del Servizio nazionale per la

qualità dell’istruzione, di una o più istituzioni scolastiche, di uno o più

Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamenti educativi(222),

di una o più Regioni o enti locali, promuove, eventualmente sostenendoli

con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di

bilancio, progetti in ambito nazionale, regionale e locale, volti a esplorare

possibili innovazioni riguardanti gli ordinamenti degli studi, la loro

articolazione e durata, l’integrazione fra sistemi formativi, i processi di

continuità e orientamento. Riconosce altresì progetti di iniziative

innovative delle singole istituzioni scolastiche riguardanti gli ordinamenti

degli studi quali disciplinati ai sensi dell’articolo 8. Sui progetti esprime il

proprio parere il Consiglio nazionale della pubblica istruzione.

2. I progetti devono avere una durata predefinita e devono indicare

con chiarezza gli obiettivi; quelli attuati devono essere sottoposti a

valutazione dei risultati, sulla base dei quali possono essere definiti nuovi

curricoli e nuove scansioni degli ordinamenti degli studi, con le procedure

di cui all’articolo 8. Possono anche essere riconosciute istituzioni

scolastiche che si caratterizzano per l’innovazione nella didattica e

nell’organizzazione.

3. Le iniziative di cui al comma 1 possono essere elaborate e attuate

anche nel quadro di accordi adottati a norma dell’articolo 2, commi 203 e

222 Gli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (IRRSAE), oraIstituti regionali di ricerca educativa (IRRE) sono stati riformati con il D.P.R. [a data odiernanon pubblicato]., in attuazione dell’articolo 76 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Page 238: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

233

seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662(223).

4. È riconosciuta piena validità agli studi compiuti dagli alunni

nell’ambito delle iniziative di cui al comma 1, secondo criteri di

corrispondenza fissati con decreto del Ministro della pubblica istruzione

che promuove o riconosce le iniziative stesse.

5. Sono fatte salve, fermo restando il potere di revoca dei relativi

decreti, le specificità ordinamentali e organizzative delle scuole

riconosciute ai sensi dell’articolo 278, comma 5, del decreto legislativo 16

aprile 1994, n. 297(224).

Capo IV

Disciplina transitoria

Articolo 12

(Sperimentazione dell’autonomia)

1. Fino alla data di cui all’articolo 2, comma 2, le istituzioni

scolastiche esercitano l’autonomia ai sensi del decreto del Ministro della

pubblica istruzione in data 29 maggio 1998, i cui contenuti possono essere

progressivamente modificati ed ampliati dal Ministro della pubblica

istruzione con successivi decreti.

2. Le istituzioni scolastiche possono realizzare compensazioni fra le

discipline e le attività previste dagli attuali programmi. Il decremento orario

di ciascuna disciplina e attività è possibile entro il quindici per cento del

relativo monte orario annuale.

223 L’articolo 2, commi 203 e segg, individua le tipologie di accordi sulla cui base possonoessere regolati gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati edimplicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali. 224 L’articolo 278, comma 5 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che è compreso tra lenorme individuate come abrogate dall’articolo 17 dello stesso D.P.R. n. 275, prevede ilriconoscimento del carattere di scuola sperimentale a plessi, circoli o istituti. Il comma 5 delpresente articolo fa salve solo le specificità già riconosciute, mentre dall’abrogazionedell’articolo 278 discende che non è più possibile accordare tale riconoscimento.

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234

3. Nella scuola materna ed elementare l’orario settimanale, fatta

salva la flessibilità su base annua prevista dagli articoli 4, 5 e 8, deve

rispettare, per la scuola materna, i limiti previsti dai commi 1 e 3

dell’articolo 104 e, per la scuola elementare, le disposizioni di cui

all’articolo 129, commi 1, 3, 4, 5 e 7, e all’articolo 130 del decreto

legislativo del 16 aprile 1994, n. 297.

4. Le istruzioni generali di cui all’articolo 21, commi 1 e 14, della

legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in via sperimentale e

progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastiche dall’anno

finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione.

Articolo 13

(Ricerca metodologica)

1. Fino alla definizione dei curricoli di cui all’articolo 8 si applicano

gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito

le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici

di apprendimento di cui all’articolo 8, riorganizzando i propri percorsi

didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze.

2. Il Ministero della pubblica istruzione garantisce la raccolta e lo

scambio di tali ricerche ed esperienze, anche mediante l’istituzione di

banche dati accessibili a tutte le istituzioni scolastiche.

TITOLO II

Funzioni amministrative e gestione del servizio di istruzione

Capo I

Attribuzione, ripartizione e coordinamento delle funzioni

Articolo 14

(Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche)

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235

1. A decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono

attribuite le funzioni già di competenza dell’amministrazione centrale e

periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni,

all’amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo

stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base

all’articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all’amministrazione

centrale e periferica. Per l’esercizio delle funzioni connesse alle

competenze escluse di cui all’articolo 15 e a quelle di cui all’articolo 138

del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, le istituzioni scolastiche

utilizzano il sistema informativo del Ministero della pubblica istruzione.

Restano ferme le attribuzioni già rientranti nella competenza delle

istituzioni scolastiche non richiamate dal presente regolamento.(225)(226)

2. In particolare le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli

adempimenti relativi alla carriera scolastica degli alunni e disciplinano, nel

rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le frequenze, le

certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli

studi compiuti in Italia e all’estero ai fini della prosecuzione degli studi

medesimi, la valutazione dei crediti e debiti formativi, la partecipazione a

progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di scambi educativi

internazionali. A norma dell’articolo 4 del regolamento recante lo Statuto

delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, approvato con

decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, le

istituzioni scolastiche adottano il regolamento di disciplina degli

alunni.(227)

3. Per quanto attiene all’amministrazione, alla gestione del bilancio e

225 Disposizioni in materia di decentramento di compiti alle istituzioni scolastiche e disemplificazione erano state introdotte già con l’art. 23, commi 4,5,6,7,8 e 9 della legge 23dicembre 1994, n. 724. In relazione all’avvio del decentramento di competenze alle istituzioniscolastiche v. la Circolare M.P.I. n. 205 (Gabinetto) del 30 agosto 2000. 226 L’art. 1, comma 77 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 aveva introdotto il c.d. “budget”, assegnato alle scuole dai provveditori agli studi, per il pagamento delle spese per le supplenzebrevi e saltuarie. 227 Per il D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, in G.U. 29 luglio 1998, n. 175.

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236

dei beni e alle modalità di definizione e di stipula dei contratti di

prestazione d’opera di cui all’articolo 40, comma 1, della legge 27

dicembre 1997, n. 449, le istituzioni scolastiche provvedono in conformità

a quanto stabilito dal regolamento di contabilità di cui all’articolo 21,

commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, che può contenere deroghe

alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato, nel rispetto dei

principi di universalità, unicità e veridicità della gestione e dell’equilibrio

finanziario. Tale regolamento stabilisce le modalità di esercizio della

capacità negoziale e ogni adempimento contabile relativo allo svolgimento

dell’attività negoziale medesima, nonché modalità e procedure per il

controllo dei bilanci della gestione e dei costi.(228)

4. Le istituzioni scolastiche riorganizzano i servizi amministrativi e

contabili tenendo conto del nuovo assetto istituzionale delle scuole e della

complessità dei compiti ad esse affidati, per garantire all’utenza un efficace

servizio. Assicurano comunque modalità organizzative particolari per le

scuole articolate in più sedi. Le istituzioni scolastiche concorrono, altresì,

anche con iniziative autonome, alla specifica formazione e aggiornamento

culturale e professionale del relativo personale per corrispondere alle

esigenze derivanti dal presente regolamento.

5. Alle istituzioni scolastiche sono attribuite competenze in materia

di articolazione territoriale della scuola. Tali competenze sono esercitate a

norma dell’articolo 4, comma 2, del regolamento approvato con decreto del

Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233.

6. Sono abolite tutte le autorizzazioni e le approvazioni concernenti

le funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, fatto salvo quanto previsto

dall’articolo 15. Ove allo scadere del termine di cui al comma 1 non sia

stato ancora adottato il regolamento di contabilità di cui al comma 3, nelle

more della sua adozione alle istituzioni scolastiche seguitano ad applicarsi

gli articoli 26, 27, 28 e 29 del testo unico approvato con decreto legislativo

228 Il regolamento di contabilità è stato adottato con decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44.

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237

16 aprile 1994, n. 297.

7. I provvedimenti adottati dalle istituzioni scolastiche, fatte salve le

specifiche disposizioni in materia di disciplina del personale e degli

studenti, divengono definitivi il quindicesimo giorno dalla data della loro

pubblicazione nell’albo della scuola. Entro tale termine, chiunque abbia

interesse può proporre reclamo all’organo che ha adottato l’atto, che deve

pronunciarsi sul reclamo stesso nel termine di trenta giorni, decorso il quale

l’atto diviene definitivo. Gli atti divengono altresì definitivi a seguito della

decisione sul reclamo.

Articolo 15

(Competenze escluse)

1. Sono escluse dall’attribuzione alle istituzioni scolastiche le

seguenti funzioni in materia di personale, il cui esercizio è legato ad un

ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola

istituzione, ovvero richiede garanzie particolari in relazione alla tutela della

libertà di insegnamento:

a) formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti

territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica;

b) reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e

ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

c) mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del

personale eccedente l’organico funzionale di istituto;

d) autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto

un contingente nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo;

e) riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto

nell’articolo 14, comma 2.(229)

2. Resta ferma la normativa vigente in materia di provvedimenti

229 Sulle competenze dell’amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione v. ora ilD.P.R. 6 novembre 2000, n. 347 e il decreto ministeriale 30 gennaio 2001.

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238

disciplinari nei confronti del personale docente, amministrativo, tecnico e

ausiliario.

Articolo 16(230)

(Coordinamento delle competenze)

1. Gli organi collegiali della scuola garantiscono l’efficacia

dell’autonomia delle istituzioni scolastiche nel quadro delle norme che ne

definiscono competenze e composizione.

2. Il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto

legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nel rispetto delle competenze degli organi

collegiali.

3. I docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e

della attuazione del processo di insegnamento e di apprendimento.

4. Il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei

servizi di segreteria nel quadro dell’unità di conduzione affidata al dirigente

scolastico.

5. Il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al

processo di attuazione e sviluppo dell’autonomia assumendo le rispettive

responsabilità.

6. Il servizio prestato dal personale della scuola ai sensi dell’articolo

15, comma 1, lettera d), purché riconducibile a compiti connessi con la

scuola, resta valido a tutti gli effetti come servizio di istituto.

TITOLO III

Disposizioni finali

Capo I

230 L’articolo vuole essere, sostanzialmente, una sorta di rinvio riepilogativo alle competenze edai distinti ruoli o funzioni delle varie categorie di componenti della comunità scolastica, nelnuovo contesto ordinamentale dell’autonomia scolastica, evidenziandone le reciprocheinterrelazioni.

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239

Abrogazioni

Articolo 17

(Ricognizione delle disposizioni di legge abrogate)

1. Ai sensi dell’articolo 21, comma 13, della legge 15 marzo 1997, n.

59, sono abrogate con effetto dal 1° settembre 2000, le seguenti

disposizioni del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile

1994, n. 297; articolo 5, commi 9, 10 e 11; articolo 26; articolo 27, commi

3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20; articolo 28, commi 1, 2, 3,

4, 5, 6 e 7, limitatamente alle parole: “e del consiglio scolastico

distrettuale”, 8 e 9; articolo 29, commi 2, 3, 4 e 5; articolo 104, commi 2, 3

e 4; articoli 105 e 106; articolo 119, commi 2 e 3; articolo 121; articolo

122, commi 2 e 3; articoli 123, 124, 125 e 126; articolo 128, commi 2, 5, 6,

7, 8 e 9; articolo 129, commi 2, 4, limitatamente alla parola: “settimanale”

e 6; articolo 143, comma 2; articoli 144, 165, 166, 167 e 168; articolo 176,

commi 2 e 3; articolo 185, commi 1 e 2; articolo 193, comma 1,

limitatamente alle parole “e ad otto decimi in condotta”; articoli 193-bis e

193-ter; articoli 276, 277, 278, 279, 280 e 281; articolo 328, commi 2, 3, 4,

5 e 6; articoli 329 e 330; articolo 603.

2. Resta salva la facoltà di emanare, entro il 1° settembre 2000

regolamenti che individuino eventuali ulteriori disposizioni incompatibili

con le norme del presente regolamento.

Page 245: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

240

Legge 22 Marzo 2000, n. 69(231)

Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione

dell’offerta di integrazione scolastica degli alunni con handicap

...omissis...

Articolo 1.

1. Il Fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440, è

incrementato della somma di lire 25.369 milioni per il 2000 e lire 21.273

milioni annue a decorrere dal 2001, destinati al potenziamento ed alla

qualificazione dell’offerta di integrazione scolastica degli alunni in

situazioni di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap

sensoriali.

2. L’intero incremento di cui al comma 1 è destinato per il 55 per

cento alla realizzazione della riforma delle scuole e degli istituti a carattere

atipico di cui all’articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e

alla realizzazione degli interventi da questi programmati, compresi i corsi

di alta qualificazione dei docenti, anche avvalendosi dell’esperienza degli

istituti che si sono tradizionalmente occupati dell’educazione dei ragazzi e

degli adulti con deficit sensoriale. Le risorse residue, pari al 45 per cento,

sono destinate al finanziamento di interventi realizzati ai sensi del comma 3

del presente articolo. La ripartizione di risorse di cui al presente comma

rimane ferma anche dopo l’insediamento dei nuovi organi di gestione degli

istituti suddetti.

3. Fino alla data di insediamento dei nuovi organi di gestione degli

istituti di cui al comma 2, il Ministero della pubblica istruzione è

autorizzato ad utilizzare in tutto o in parte le disponibilità per gli interventi

in favore degli alunni in situazioni di handicap, con particolare attenzione

231 In G.U. 28 marzo 2000, n. 73.

Page 246: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

241

per quelli con handicap sensoriali di cui al comma 1, per finanziare progetti

di integrazione scolastica degli alunni e di formazione del personale

docente, anche nell’ambito di sperimentazioni dell’autonomia didattica ed

organizzativa. I progetti sono predisposti e realizzati dalle istituzioni

scolastiche anche in collegamento con gli istituti di cui al comma 2 del

presente articolo attualmente funzionanti, i quali possono a tal fine

promuovere i necessari accordi, ovvero dal Ministero della pubblica

istruzione mediante convenzioni con istituti specializzati nello studio e

nella cura di specifiche forme di handicap che accettino di operare nel

settore dell’integrazione scolastica.

4. Le risorse destinate agli interventi in favore degli alunni di cui al

comma 1 sono aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate

all’integrazione scolastica.

Articolo 2.

1. All’onere derivante dalla presente legge si provvede, per gli anni

2000, 2001 e 2002, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento

iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità

previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di

previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione

economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando

l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione quanto a

lire 17.869 milioni per l’anno 2000 e lire 13.773 milioni per ciascuno degli

anni 2001 e 2002 e l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del

bilancio e della programmazione economica quanto a lire 7.500 milioni per

ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002.

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione

economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti

variazioni di bilancio.

Page 247: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

242

decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 (232).

Regolamento, recante norme in materia di curricoli nell’autonomia

delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE di concerto con IL

MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA

PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

...omissis...

Adotta il seguente regolamento:

Articolo 1

(Curricoli delle istituzioni scolastiche autonome)

1. A decorrere dal 1° settembre 2000, e sino a quando non sarà data

concreta attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, gli ordinamenti e

relative sperimentazioni funzionanti nell’anno scolastico 1999/2000, sia per

quanto riguarda i programmi di insegnamento che l’orario di

funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresa la scuola

materna, costituiscono, in prima applicazione dell’articolo 8 del decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, i curricoli delle

istituzioni scolastiche alle quali è stata riconosciuta autonomia a norma

dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

2. Ai curricoli come definiti nel comma 1 si applicano tutti gli

strumenti di flessibilità organizzativa, didattica e di autonomia di ricerca,

sperimentazione e sviluppo, secondo quanto previsto dal piano dell’offerta

formativa di ciascuna istituzione scolastica.

232 In G.U. 25 agosto 2000, n. 198.

Page 248: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

243

Articolo 2

(Obiettivi specifici di apprendimento)

1. Nell’àmbito dei curricoli di cui all’articolo 1 ciascuna istituzione

scolastica, può riorganizzare, in sede di elaborazione del piano dell’offerta

formativa, i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi

formativi specifici di apprendimento e competenze degli alunni,

valorizzando l’introduzione di nuove metodologie didattiche, anche

attraverso il ricorso alle tecnologie multimediali.

2. Al termine dell’anno scolastico ogni istituzione scolastica valuta

gli effetti degli interventi di cui al comma 1, che devono tendere al

miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento al fine di far

conseguire a ciascun alunno livelli di preparazione adeguati al

raggiungimento dei gradi più elevati dell’istruzione ed all’inserimento nella

vita sociale e nel mondo del lavoro.

Articolo 3

(Quota nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche)

1. La quota oraria nazionale obbligatoria dei curricoli di cui

all’articolo 1 è pari all’85% del monte ore annuale delle singole discipline

di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti e nelle relative

sperimentazioni.

2. La quota oraria obbligatoria dei predetti curricoli riservata alle

singole istituzioni scolastiche è costituita dal restante 15% del monte ore

annuale; tale quota potrà essere utilizzata o per confermare l’attuale assetto

ordinamentale o per realizzare compensazioni tra le discipline e attività di

insegnamento previste dagli attuali programmi o per introdurre nuove

discipline, utilizzando i docenti in servizio nell’istituto, anche in attuazione

dell’organico funzionale di cui alla normativa citata in premessa, ove

esistente in forma strutturale o sperimentale.

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244

3. Il curricolo obbligatorio è realizzato utilizzando tutti gli strumenti

di flessibilità organizzativa e didattica previsti dal decreto del Presidente

della Repubblica n. 275 del 1999.

4. In particolare le istituzioni scolastiche, nell’àmbito degli strumenti

di flessibilità di cui al comma 3, rilevate le diverse esigenze formative degli

alunni, promuovono, anche con percorsi individuali, la valorizzazione degli

alunni più capaci e meritevoli ed il recupero di quelli che presentano

carenze di preparazione, e garantiscono efficaci azioni di continuità e di

orientamento didattici.

5. L’adozione, nell’àmbito del piano dell’offerta formativa, di unità

di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria non può comportare la

riduzione dell’orario obbligatorio annuale, costituito dalle quote di cui ai

commi 1 e 2, nell’àmbito del quale debbono essere recuperate le residue

frazioni di tempo.

Articolo 4

(Curricoli delle singole istituzioni scolastiche)

1. In applicazione dell’articolo 1 restano confermati gli ordinamenti e

relative sperimentazioni in atto in ciascuna istituzione scolastica nell’anno

scolastico 1999/2000, con le specificità di cui ai commi seguenti.

2. Per la scuola materna, sino a quando non sarà data concreta

attuazione alla legge 10 febbraio 2000, n. 30, sono confermati gli

orientamenti delle attività educative adottati con decreto 3 giugno 1991 del

Ministro della pubblica istruzione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.

138 del 15 giugno 1991.

3. In attesa della ridefinizione dell’orario di funzionamento della

scuola dell’infanzia in relazione agli standard concernenti la qualità del

servizio di cui all’articolo 8, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente

della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, ciascuna istituzione scolastica,

valorizzando la flessibilità didattico-organizzativa già sperimentata a

Page 250: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

245

partire dalla circolare ministeriale n. 70, protocollo n. 639 del 25 febbraio

1994, individua tutte le modalità atte a garantire l’utilizzazione ottimale

dell’organico dei docenti da assegnarsi nella misura di due per ogni sezione

funzionante ad 8-10 ore giornaliere e, in relazione a particolari situazioni di

fatto esistenti, nella misura di uno per ogni sezione ad orario ridotto, fermo

restando l’orario obbligatorio di servizio dei docenti.

4. Nell’istruzione tecnica ed artistica - nell’àmbito dell’offerta

formativa dei rispettivi settori - le istituzioni scolastiche possono adottare -

nei limiti della dotazione organica determinata dai relativi decreti emanati

di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione

economica - i progetti sperimentali coordinati a livello nazionale, ancora

esistenti alla data dell’anno scolastico 1999/2000, sia nel caso in cui si

trovino ad attuare percorsi di ordinamento rispetto ai quali a livello

nazionale vi è un progetto sperimentale coordinato, sia che intendano

sostituire indirizzi sperimentali autonomi già autorizzati, sia nel caso di

nuova istituzione di un indirizzo per il quale vi è un progetto sperimentale

coordinato.

Articolo 5

(Adempimenti delle scuole)

1. L’attuazione delle disposizioni di cui al presente regolamento non

comporta l’adozione di decreti autorizzativi. 2. Le istituzioni scolastiche

dovranno comunque comunicare ai competenti uffici centrali e periferici

del Ministero della pubblica istruzione le scelte curricolari effettuate in

base all’articolo 4, al fine di consentire all’amministrazione e al suo

sistema informativo la predisposizione delle procedure connesse alla

gestione del personale.

Page 251: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

246

Decreto-Legge 28 agosto 2000, n. 240 (233).

Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico 2000-2001

Articolo 1

...omissis...

Articolo 2

(Disposizioni per la piena attuazione dell’autonomia scolastica a decorrere

dal 1° settembre 2000)

1. I capi di istituto di cui all’articolo 25-ter, comma 5, del decreto

legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, introdotto dall’articolo 1 del decreto

legislativo 6 marzo 1998, n. 59, che hanno assolto l’obbligo di formazione

mediante la frequenza degli appositi moduli previsti dalla stessa

disposizione, sono inquadrati nei ruoli regionali dei dirigenti scolastici e

assumono la qualifica dirigenziale alla data del 1° settembre 2000, con

attribuzione nominale della sede di titolarità a tutti gli effetti giuridici ed

economici, mantenendo la loro posizione giuridica.

2. Il Ministero della pubblica istruzione destina alle istituzioni

scolastiche finanziamenti straordinari per l’acquisto di attrezzature

informatiche per completare il programma di sviluppo delle tecnologie

didattiche avviato dal Ministero stesso e per garantire un adeguato supporto

tecnologico all’avvio dell’autonomia scolastica. All’onere previsto dalla

presente disposizione, valutato in lire 69,5 miliardi per l’anno 2000, si

provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai

fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’àmbito dell’unità previsionale di

base di conto capitale “Fondo speciale” dello stato di previsione del

Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per

233 In G.U. 30 agosto 2000, n. 202, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306.

Page 252: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

247

l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo

al medesimo Ministero. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della

programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti,

le occorrenti variazioni di bilancio.

2bis. ...omissis...

3. All’articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono

aggiunti, infine, i seguenti periodi: “L’attribuzione senza vincoli di

destinazione comporta l’utilizzabilità della dotazione finanziaria,

indifferentemente, per spese in conto capitale e di parte corrente, con

possibilità di variare le destinazioni in corso d’anno. Con decreto del

Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro,

del bilancio e della programmazione economica, sono individuati i

parametri per la definizione della dotazione finanziaria ordinaria delle

scuole. Detta dotazione ordinaria è stabilita in misura tale da consentire

l’acquisizione da parte delle istituzioni scolastiche dei beni di consumo e

strumentali necessari a garantire l’efficacia del processo di insegnamento-

apprendimento nei vari gradi e tipologie dell’istruzione. La stessa

dotazione ordinaria, nella quale possono confluire anche i finanziamenti

attualmente allocati in capitoli diversi da quelli intitolati al funzionamento

amministrativo e didattico, è spesa obbligatoria ed è rivalutata annualmente

sulla base del tasso di inflazione programmata. In sede di prima

determinazione, la dotazione perequativa è costituita dalle disponibilità

finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche

non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa è

rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e

di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai

Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della

programmazione economica”.

Articolo 3 (...omissis...)

Page 253: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

248

decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44

Regolamento concernente le “Istruzioni generali sulla gestione

amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche”.234

TITOLO I

GESTIONE FINANZIARIA

CAPO I

PRINCIPI E PROGRAMMA ANNUALE

Articolo 1

(Finalità e principi)

1. Il presente decreto detta le istruzioni generali sulla gestione

amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche cui è stata attribuita

personalità giuridica ed autonomia a norma dell’articolo 21 della legge 15

marzo 1997, n. 59, e del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno

1998, n. 233.

2. Le risorse assegnate dallo Stato, costituenti la dotazione finanziaria di

istituto sono utilizzate, a norma dell’articolo 21, comma 5, della legge n. 59

del 1997 e dell’articolo 6, comma 3 del decreto del Presidente della

Repubblica n. 233 del 1998, senza altro vincolo di destinazione che quello

prioritario per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di

234 In G.U. 9 marzo 2001, n. 57, S.O. 49/legge Emanato in attuazione dell’articolo 21, commi 1e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le precedenti istruzioni sono state emanate con ildecreto interministeriale 28 maggio 1975 (Supplem. Ord. N. 1 al Bollettino Ufficiale delMinistero della pubblica istruzione n. 24-25 del 12-19 giugno 1975) L’articolo 12, comma 4 delD.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, richiamato dall’articolo 62 del presente regolamento, stabilisceche “Le istruzioni generali di cui all’articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono applicate in via sperimentale e progressivamente estese a tutte le istituzioni scolastichedall’anno finanziario immediatamente successivo alla loro emanazione”. Le istruzioni delpresente regolamento dunque, allo stato, e salvo eventuali innovazioni, essendo state emanatenel 2001, si dovrebbero applicare dall’anno 2002. Istruzioni contabili in connessione all’avvio, dal 1° settembre 2000, dell’autonomia delle scuole ed all’attribuzione della personalità giuridicaa norma del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, sono state impartite con C.M. n. 187 del 21 luglio2000 e con C.M. n. 253 del 10 novembre 2000, entrambe del “Servizio per gli affari economici”del Ministero.

Page 254: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

249

orientamento proprie dell’istituzione interessata, come previste ed

organizzate nel piano dell’offerta formativa (P.O.F.), nel rispetto delle

competenze attribuite o delegate alle regioni e agli enti locali dalla

normativa vigente. Le istituzioni scolastiche provvedono altresì

all’autonoma allocazione delle risorse finanziarie derivanti da entrate

proprie o da altri finanziamenti dello Stato, delle regioni, di enti locali o di

altri enti, pubblici e privati, sempre che tali finanziamenti non siano

vincolati a specifiche destinazioni.

Articolo 2

(Anno finanziario e programma annuale)

1. L’esercizio finanziario ha inizio il 1° gennaio e termina il 31 dicembre;

dopo tale termine non possono essere effettuati accertamenti di entrate ed

impegni di spesa in conto dell’esercizio scaduto.

2. La gestione finanziaria delle istituzioni scolastiche si esprime in termini

di competenza ed è improntata a criteri di efficacia, efficienza ed

economicità e si conforma ai principi della trasparenza, annualità,

universalità, integrità, unità, veridicità. E’ vietata la gestione di fondi al di

fuori del programma annuale fatte salve le previsioni di cui all’articolo 20 e

all’articolo 21.

3. L’attività finanziaria delle istituzioni scolastiche si svolge sulla base di

un unico documento contabile annuale - di seguito denominato

“programma” - predisposto dal dirigente scolastico - di seguito denominato

“dirigente” - e proposto dalla Giunta esecutiva con apposita relazione e con

il parere di regolarità contabile del Collegio dei revisori, entro il 31 ottobre,

al Consiglio d’istituto o di circolo, di seguito denominati “Consiglio di

istituto”. La relativa delibera è adottata dal Consiglio d’istituto entro il 15

dicembre dell’anno precedente quello di riferimento, anche nel caso di

mancata acquisizione del predetto parere del collegio dei revisori dei conti

entro i cinque giorni antecedenti la data fissata per la deliberazione

Page 255: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

250

stessa.235

4. Nella relazione sono illustrati gli obiettivi da realizzare e la

destinazione delle risorse in coerenza con le previsioni del piano

dell’offerta formativa (P.O.F.) e sono sinteticamente illustrati i risultati

della gestione in corso alla data di presentazione del programma, rilevati

dalle schede di cui al comma 6, e quelli del precedente esercizio

finanziario.

5. Nel programma sono indicate tutte le entrate, aggregate secondo la

loro provenienza nonché gli stanziamenti di spesa aggregati per le esigenze

del funzionamento amministrativo e didattico generale, per i compensi

spettanti al personale dipendente per effetto di norme contrattuali e/o di

disposizioni di legge, per le spese di investimento e per i singoli progetti da

realizzare. Le spese non possono superare, nel loro complessivo importo, le

entrate. Nel caso in cui in istituti di istruzioni secondaria superiore

funzionino, unitamente ad altri corsi di studio di istruzione secondaria

superiore, corsi di studio che richiedano beni strumentali, laboratori ed

officine d’alto valore artistico o tecnologico, le maggiori risorse per il

raggiungimento degli obiettivi di tali corsi, purché coerenti con il piano

dell’offerta formativa (P.O.F.), confluiscono in uno specifico progetto.

6. Ad ogni singolo progetto compreso nel programma e predisposto dal

dirigente per l’attuazione del piano dell’offerta formativa (P.O.F.), è

allegata una scheda illustrativa finanziaria, redatta dal direttore dei servizi

generali e amministrativi, di seguito denominato “direttore”236, nella quale

235 Il Consiglio di Stato (Sez, II), con parere n. 1603/99 del 27 ottobre 1999, ha affermato che lecompetenze, in materia di gestione finanziaria-contabile, dei consigli di istituto e delle giunteesecutive, così come indicate dall’articolo 10 del T.U. 16 aprile 1994, n. 297, sono da riteneresuperate “ex lege” dalla nuova normativa (articoli 3 e 25-bis del decreto legislativo 3 febbraio1993, n. 29 e successive modificazioni; articolo 45, commi 1 e 5 del decreto legislativo 31marzo 1998, n. 80) che ha devoluto la competenza sulla gestione finanziaria-contabile aidirigenti scolastici. Il Consiglio ha peraltro precisato nello stesso parere, che “resta ferma lacompetenza dei consigli di istituto per la nomina di giunte esecutive, per la preparazione deilavori del consiglio e per la cura e l’esecuzione delle relative delibere ex articolo 10 del T.U. n. 297 del 1994”. L’organo consultivo ha ravvisato comunque opportuna una iniziativa legislativasulla ripartizione delle competenze tra organi collegiali e dirigenti scolastici. 236 Sulle competenze e sul profilo professionale del direttore dei servizi generali e

Page 256: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

251

sono riportati l’arco temporale in cui l’iniziativa deve essere realizzata,

nonché i beni e i servizi da acquistare. Per ogni progetto, annuale o

pluriennale, deve essere indicata la fonte di finanziamento, la spesa

complessiva prevista per la sua realizzazione e le quote di spesa attribuite a

ciascun anno finanziario, fatta salva la possibilità di rimodulare queste

ultime in relazione all’andamento attuativo del progetto, mediante il riporto

nella competenza dell’esercizio successivo delle somme non impegnate al

31 dicembre dell’esercizio di riferimento, anche prima dell’approvazione

del conto consuntivo.

7. Ai fini della tempestiva elaborazione del programma l’ufficio

scolastico regionale provvede a comunicare alle istituzioni scolastiche,

anche sulla base dei finanziamenti assegnati per i precedenti esercizi, una

dotazione certa di risorse finanziarie, fatte salve le eventuali integrazioni

conseguenti all’approvazione della legge di bilancio dello Stato.

8. L’approvazione del programma comporta autorizzazione

all’accertamento delle entrate ed all’assunzione degli impegni delle spese

ivi previste. Le entrate accertate ma non riscosse durante l’esercizio e le

spese impegnate e non pagate entro la fine dell’esercizio costituiscono,

rispettivamente, residui attivi e passivi.

9. Il programma è affisso all’albo dell’istituzione scolastica entro

quindici giorni dall’approvazione ed inserito, ove possibile, nell’apposito

sito WEB dell’istituzione medesima.

Articolo 3

(Avanzo di amministrazione)

1. Nel programma, è iscritto, come prima posta di entrata, l’avanzo di

amministrazione presunto al 31 dicembre dell’esercizio che precede quello

amministrativi v. l’articolo 25-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 esuccessive modificazioni e l’articolo 34 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo alquadriennio 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999 del comparto “Scuola”, con annessaTabella A, punto D/2.

Page 257: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

252

di riferimento.

2. Al programma è allegata una tabella dimostrativa del predetto avanzo

di amministrazione.

3. In apposito prospetto sono indicati i singoli stanziamenti di spesa

correlati all’utilizzazione del presunto avanzo di amministrazione. Detti

stanziamenti possono essere impegnati solo dopo la realizzazione

dell’effettiva disponibilità finanziaria e nei limiti dell’avanzo

effettivamente realizzato.

Articolo 4

(Fondo di riserva)

1. Nel programma deve essere iscritto, tra le spese, un fondo di riserva,

da determinarsi in misura non superiore al 5 per cento della dotazione

finanziaria ordinaria.

2. Il fondo di riserva può essere utilizzato esclusivamente per aumentare

gli stanziamenti la cui entità si dimostri insufficiente, per spese impreviste e

per eventuali maggiori spese, conformemente a quanto previsto

dall’articolo 7, comma 3.

3. Non è consentita l’emissione di mandati di pagamento a valere sul

fondo di riserva.

4. I prelievi dal fondo di riserva sono disposti con provvedimento del

dirigente, salva ratifica del Consiglio d’istituto per la conseguente modifica

del programma, da adottare entro i successivi 30 giorni.

Articolo 5

(Partite di giro)

1. Le partite di giro comprendono sia le entrate che le spese che si

effettuano per conto di terzi le quali, costituendo al tempo stesso un debito

ed un credito per l’istituzione scolastica, non incidono sulle risultanze

economiche del bilancio, sia la dotazione del fondo di cui all’articolo 17.

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253

Articolo 6

(Verifiche e modifiche al programma)

1. Il consiglio d’istituto verifica, entro il 30 giugno, le disponibilità

finanziarie dell’istituto nonché lo stato di attuazione del programma, al fine

delle modifiche che si rendano necessarie, sulla base di apposito

documento predisposto dal dirigente.

2. Il Consiglio, altresì, con deliberazione motivata, su proposta della

giunta esecutiva o del dirigente, può apportare modifiche parziali al

programma in relazione anche all’andamento del funzionamento

amministrativo e didattico generale ed a quello attuativo dei singoli

progetti.

3. Sono vietati gli storni nella gestione dei residui nonché tra gestione dei

residui e quella di competenza e viceversa.

4. Le variazioni del programma, di entrata e di spesa, conseguenti ad

entrate finalizzate, e gli storni, conseguenti a delibere del Consiglio di

istituto, possono essere disposte con decreto del dirigente, da trasmettere

per conoscenza al Consiglio di istituto.

5. Durante l’ultimo mese dell’esercizio finanziario non possono essere

apportate variazioni al programma, salvo casi eccezionali da motivare.

6. Il direttore, al fine di rendere possibili le verifiche di cui al comma 1,

predispone apposita relazione sulle entrate accertate e sulla consistenza

degli impegni assunti, nonché dei pagamenti eseguiti.

CAPO II

REALIZZAZIONE DEL PROGRAMMA ANNUALE

Articolo 7

(Attività gestionale)

1. Spetta al dirigente la realizzazione del programma nell’esercizio dei

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254

compiti e della responsabilità di gestione di cui all’articolo 25-bis del

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come integrato dal decreto

legislativo 6 marzo 1998, n. 59, secondo le modalità ivi indicate.

2. Il dirigente, sulla base delle codifiche stabilite nella modulistica di cui

all’articolo 30, imputa le spese al funzionamento amministrativo e didattico

generale, ai compensi spettanti al personale dipendente per effetto di norme

contrattuali e/o di disposizioni di legge, alle spese di investimento ed ai

progetti, nei limiti della rispettiva dotazione finanziaria stabilita nel

programma annuale e delle disponibilità riferite ai singoli progetti. A tal

fine, le schede di cui all’articolo 2, comma 6, sono costantemente

aggiornate a cura del direttore, con riferimento alle spese sostenute.

3. Nel caso in cui la realizzazione di un progetto richieda l’impiego di

risorse eccedenti la relativa dotazione finanziaria, il dirigente può ordinare

la spesa eccedente, nel limite massimo del 10% della dotazione originaria

del progetto, mediante l’utilizzo del fondo di riserva, ai sensi dell’articolo

4.

Articolo 8

(Esercizio provvisorio)

1. Nei casi in cui il programma annuale non sia stato approvato dal

Consiglio di istituto prima dell’inizio dell’esercizio cui lo stesso si riferisce,

il dirigente provvede alla gestione provvisoria nel limite di un dodicesimo,

per ciascun mese, degli stanziamenti di spesa definitivi del programma

relativo al precedente esercizio, per la prosecuzione dei progetti già

approvati e per il funzionamento didattico e amministrativo generale.

Qualora il programma non sia stato approvato entro 45 giorni dall’inizio

dell’esercizio, il dirigente ne dà immediata comunicazione all’Ufficio

scolastico regionale, cui è demandato il compito di nominare, entro i

successivi 15 giorni, un commissario ad acta che provvede al predetto

adempimento entro il termine prestabilito nell’atto di nomina.

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255

Articolo 9

(Riscossione delle entrate)

1. Le entrate sono riscosse dall’istituto che gestisce il servizio di cassa a

norma dell’articolo 16, previa emissione di reversali d’incasso da parte

dell’istituzione scolastica.

2. L’istituto cassiere, conformemente a quanto previsto nella

convenzione di cui all’articolo 16, non può rifiutare la riscossione di

somme destinate all’istituzione scolastica, ancorché non siano state emesse

le relative reversali, salvo a richiedere, subito dopo la riscossione, la

regolarizzazione contabile all’istituzione scolastica.

3. La riscossione delle rette, delle tasse, dei contributi e dei depositi di

qualsiasi natura poste a carico degli alunni è effettuata anche mediante il

servizio dei conti correnti postali.

4. Le somme versate sul conto corrente postale sono trasferite, con

frequenza non superiore al trimestre, sul conto corrente bancario presso

l’istituto cassiere. Sul predetto conto corrente postale non possono essere

ordinati pagamenti.

Articolo 10

(Reversali di incasso)

1. Le reversali sono firmate dal dirigente e dal direttore. Il loro contenuto

è il seguente:

a) l’ordine rivolto all’istituto cassiere di incassare una certa somma di

denaro;

b) il numero progressivo, l’esercizio finanziario e la data di emissione;

l’importo in cifre e lettere della somma da riscuotere e la sua provenienza

contraddistinta da apposito codice; la causale della riscossione; il nome ed

il cognome o la denominazione del debitore.

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256

Articolo 11

(Impegni, liquidazione delle spese ed ordinazione dei pagamenti)

1. Formano impegni sugli stanziamenti di competenza le sole somme

dovute dall’istituzione scolastica a seguito di obbligazioni giuridicamente

perfezionate. Gli impegni assunti possono riferirsi soltanto all’esercizio in

corso; essi non possono eccedere lo stanziamento dello specifico aggregato.

2. Per le spese correnti e per quelle connesse ai progetti di cui all’articolo

2, comma 6, possono essere assunti impegni a carico dell’esercizio

successivo ove ciò sia indispensabile per assicurare la continuità dei servizi

e dell’esecuzione dei progetti.

3. L’impegno delle spese è assunto dal dirigente.

4. La liquidazione della spesa, consistente nella determinazione

dell’esatto importo dovuto e del soggetto creditore, è effettuata dal

direttore, previo accertamento, nel caso di acquisto di beni e servizi o di

esecuzione di lavori, della regolarità della relativa fornitura o esecuzione,

sulla base dei titoli e dei documenti giustificativi comprovanti il diritto dei

creditori.

5. I pagamenti sono ordinati mediante mandati tratti sull’istituto cassiere

o effettuati a mezzo della carta di credito, con immediata contabilizzazione.

Articolo 12

(Mandati di pagamento)

1. I mandati sono firmati dal dirigente e dal direttore. Il loro contenuto è

il seguente:

a) l’ordine rivolto all’istituto cassiere di pagare una determinata somma

di denaro ad una persona o ente;

b) il numero progressivo e data di emissione, l’importo in cifre e in

lettere della somma da pagare, la causale del pagamento, i dati anagrafici o

identificativi e i dati fiscali del creditore o della persona abilitata a

rilasciare quietanza, il progetto al quale la spesa si riferisce, la codifica

Page 262: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

257

della spesa come prevista nella modulistica di cui all’articolo 30;

c) nel caso in cui riguardi il pagamento delle retribuzioni fondamentali e

accessorie, l’indicazione delle ritenute che su di esse gravano.

2. Ogni mandato di pagamento è sempre corredato dei documenti

giustificativi relativi alla causale. In caso di lavori, forniture e servizi, il

mandato è corredato, altresì, dei documenti comprovanti la regolare

esecuzione degli stessi e delle relative fatture.

3. Sulle fatture riguardanti l’acquisto di beni soggetti ad inventario è

annotata l’avvenuta presa in carico con il numero d’ordine sotto il quale i

beni sono registrati. Ad esse, è, inoltre, allegato il verbale di collaudo

redatto a norma dell’articolo 36.

Articolo 13

(Modalità di estinzione dei mandati)

1. I mandati sono estinti mediante:

a) accreditamento in conto corrente bancario, intestato al creditore;

b) accreditamento o versamento su conto corrente postale, intestato al

creditore;

c) vaglia postale: in tal caso deve essere allegata al titolo la ricevuta di

versamento rilasciata dall’agenzia postale;

d) su richiesta del creditore, mediante pagamento in contanti da parte

dell’istituto cassiere, ovvero con assegno circolare.

2. Le dichiarazioni di accreditamento, che sostituiscono la quietanza del

creditore, devono risultare sul mandato di pagamento da annotazione

recante gli estremi relativi alle operazioni ed il timbro e la firma

dell’istituto cassiere.

Articolo 14

(Pagamento con carta di credito)

1. L’utilizzazione della carta di credito, nel limite dell’assegnazione allo

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258

scopo disposta nel programma annuale e con l’osservanza delle vigenti

disposizioni in materia di autorizzazione alla spesa, è consentita, qualora

non sia possibile o conveniente ricorrere alle procedure ordinarie, per

l’esecuzione delle spese relative:

- all’organizzazione di viaggi di istruzione;

- alla rappresentanza dell’istituto scolastico in Italia e all’estero;

- all’organizzazione e partecipazione a seminari e convegni.

2. Titolare della carta di credito è il dirigente, il quale ne può altresì

autorizzare l’uso da parte del direttore o di docenti in servizio presso

l’istituzione scolastica.

3. Per i pagamenti così effettuati, il direttore provvede al riscontro

contabile entro 5 giorni dal ricevimento dei relativi estratti conto.

4. I rapporti con gli istituti di credito o con altri enti emittenti le carte di

credito sono disciplinati con apposita convenzione, da inserirsi

eventualmente nell’atto di affidamento di cui all’articolo 16.

Articolo 15

(Conservazione dei mandati e delle reversali)

1. Gli originali delle reversali e dei mandati, corredati dei documenti

giustificativi, sono conservati e ordinati per progetti e per il funzionamento

amministrativo-didattico generale presso l’ufficio di segreteria delle singole

istituzioni e conservati agli atti per non meno di dieci anni.

CAPO III

SERVIZI DI CASSA

Articolo 16

(Affidamento del servizio)

1. Il servizio di cassa e quello di custodia e amministrazione di titoli

pubblici, anche esteri e privati, di proprietà dell’istituzione scolastica, è

Page 264: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

259

affidato ad un unico istituto di credito ovvero ad altri soggetti abilitati per

legge, in essi compresa la “Poste italiane S.p.A”, mediante apposita

convenzione, stipulata dal dirigente alle migliori condizioni del mercato per

quanto concerne i tassi attivi e passivi e le spese di tenuta conto, comparate,

in caso di sostanziale parità, con altri benefici concessi dal predetto istituto,

sulla base di uno schema tipo predisposto dal Ministero della pubblica

istruzione, d’intesa con il Ministero del tesoro, del bilancio e della

programmazione economica.

2. L’affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad

evidenza pubblica con modalità che rispettino i principi della concorrenza.

3. Resta salva la possibilità di stipulare contratti di gestione finalizzata

delle risorse finanziarie a norma dell’articolo 48.

Articolo 17

(Fondo per le minute spese)

1. Alle minute spese si provvede col fondo che, a tal fine, viene

anticipato, con apposito mandato in conto di partite di giro, dal dirigente al

direttore, nel limite stabilito dal Consiglio di istituto in sede di

approvazione del programma annuale.

2. Ogni volta che la somma anticipata sia prossima ad esaurirsi, il

direttore presenta le note documentate delle spese sostenute, che sono a lui

rimborsate con mandati emessi a suo favore, imputati al funzionamento

amministrativo e didattico generale e ai progetti. Il rimborso deve

comunque essere chiesto e disposto prima della chiusura dell’esercizio

finanziario.

3. Il direttore contabilizza cronologicamente tutte le operazioni di cassa

da lui eseguite nell’apposito registro di cui all’articolo 29, comma, 1,

lettera f).

CAPO IV

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260

CONTO CONSUNTIVO

Articolo 18

(Conto consuntivo)

1. Il conto consuntivo si compone del conto finanziario e del conto del

patrimonio; allo stesso sono allegati:

a) l’elenco dei residui attivi e passivi, con l’indicazione del nome del

debitore o del creditore, della causale del credito o del debito e del loro

ammontare;

b) la situazione amministrativa che dimostri: il fondo di cassa all’inizio

dell’esercizio; le somme riscosse e quelle pagate, tanto in conto

competenza quanto in conto residui; il fondo di cassa alla chiusura

dell’esercizio, l’avanzo o il disavanzo di amministrazione;

c) il prospetto delle spese per il personale e per i contratti d’opera;

d) il rendiconto dei singoli progetti;

e) il rendiconto dell’eventuale azienda agraria o speciale;

f) il rendiconto dell’eventuale convitto annesso.

2. Il conto finanziario, in relazione all’aggregazione delle entrate e delle

spese contenute nel programma di cui all’articolo 2, comma 3, comprende:

le entrate di competenza dell’anno accertate, riscosse o rimaste da

riscuotere, e le spese di competenza dell’anno, impegnate, pagate o rimaste

da pagare.

3. Il conto del patrimonio indica la consistenza degli elementi

patrimoniali attivi e passivi all’inizio ed al termine dell’esercizio, e le

relative variazioni, nonché il totale complessivo dei crediti e dei debiti

risultanti alla fine dell’esercizio.

4. Il prospetto delle spese per il personale e per i contratti d’opera,

conseguenti allo svolgimento ed alla realizzazione dei progetti, evidenzia la

consistenza numerica del personale e dei contratti d’opera, l’entità

complessiva della spesa e la sua articolazione, in relazione agli istituti

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261

retributivi vigenti ed ai corrispettivi dovuti.

5. Il conto consuntivo, è predisposto dal direttore entro il 15 marzo ed è

sottoposto dal dirigente all’esame del Collegio dei revisori dei conti,

unitamente ad una dettagliata relazione che illustra l’andamento della

gestione dell’istituzione scolastica e i risultati conseguiti in relazione agli

obiettivi programmati. Esso, corredato della relazione del collegio dei

revisori dei conti, è sottoposto, entro il 30 aprile, all’approvazione del

Consiglio di istituto.

6. Il conto consuntivo approvato dal Consiglio di istituto in difformità

dal parere espresso dal Collegio dei revisori dei conti, è trasmesso, entro il

15 maggio, all’Ufficio scolastico regionale, corredato di tutti gli allegati,

del programma annuale, con relative variazioni e delibere, nonché di una

dettagliata e motivata relazione, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di

competenza.

7. Nel caso in cui il Consiglio di istituto non deliberi sul conto

consuntivo entro 45 giorni dalla sua presentazione, il dirigente ne dà

comunicazione al Collegio dei revisori dei conti e al dirigente dell’Ufficio

scolastico regionale, che nomina un commissario ad acta per il relativo

adempimento.

8. Il conto consuntivo, corredato degli allegati e della delibera di

approvazione, è conservato agli atti dell’istituzione scolastica.

9. Tale conto è affisso all’albo dell’istituzione scolastica entro quindici

giorni dall’approvazione ed inserito, ove possibile, nell’apposito sito WEB

dell’istituzione medesima.

Articolo 19

(Armonizzazione dei flussi informativi)

1. Le istituzioni scolastiche adottano le misure organizzative necessarie per

la rilevazione e l’analisi dei costi e dei rendimenti dell’attività

amministrativa, collegando le risorse umane, finanziarie e strumentali

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262

impiegate con i risultati conseguiti e le connesse responsabilità dirigenziali.

2. Le rilevazioni e le risultanze delle attività sopra indicate sono utilizzate

dall’istituzione scolastica interessata e dall’Ufficio scolastico regionale.

CAPO V

GESTIONI ECONOMICHE SEPARATE

Articolo 20

(Aziende agrarie e aziende speciali)

1. La gestione dell’azienda agraria o speciale annessa all’istituzione

scolastica costituisce una specifica attività del programma annuale, della

quale il programma stesso indica riassuntivamente le entrate, le spese,

comprensive dei costi di cui al comma 3, e le modalità di copertura

dell’eventuale disavanzo.

2. La predetta gestione deve essere condotta secondo criteri di

rendimento economico, di efficacia, efficienza e di economicità, pur

soddisfacendo alle esigenze pratiche e dimostrative con particolare

riferimento all’insegnamento di tecniche della gestione aziendale e della

contabilità agraria.

3. La relazione di cui all’articolo 2, comma 3, deve indicare in

particolare: l’indirizzo economico produttivo; gli obiettivi che si intendono

perseguire; le attività didattiche che possono svolgersi con l’utilizzazione

delle superfici e delle risorse umane e strumentali dell’azienda, con i

relativi costi; le entrate e le spese complessive che l’azienda prevede

rispettivamente di riscuotere e sostenere e, qualora non sia possibile

prevedere il pareggio, le risorse finanziarie tratte dagli appositi

accantonamenti dell’azienda o dall’eventuale avanzo di amministrazione,

secondo quanto previsto dal comma 8, dell’istituzione scolastica necessarie

per conseguirlo. La dimostrazione delle entrate e delle spese è resa nella

scheda illustrativa finanziaria da predisporre a norma dell’articolo 2,

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263

comma 6.

4. La direzione dell’azienda agraria spetta di norma al dirigente

scolastico. Qualora ricorrano speciali circostanze la direzione dell’azienda

può essere affidata, dal dirigente, ad un docente particolarmente

competente, che sottopone all’approvazione del dirigente stesso le proposte

riguardanti l’indirizzo produttivo e la gestione economica.

5. Al fine di non compromettere il perseguimento dei criteri di gestione

di cui al comma 2 l’attività didattica, che può riferirsi a tutte le attività

produttive dell’azienda, si svolge, di norma, su una superficie limitata

dell’azienda stessa, predeterminata dal dirigente. Gli eventuali utili

rinvenienti dalla predetta attività sono destinati, nell’ordine, alla copertura

dei relativi costi ed al miglioramento ed incremento delle attrezzature

didattiche. Qualora le stesse attività non producano utili, i relativi costi

sono posti a carico del programma dell’istituzione scolastica.

6. Le scritture contabili dell’azienda sono distinte da quelle

dell’istituzione scolastica e sono tenute con il metodo della partita doppia e

con i registri e libri ausiliari che si rendono necessari. In relazione alle

dimensioni ed alle capacità produttive dell’azienda può essere aperto,

presso l’istituto di credito che gestisce il servizio di cassa dell’istituzione

scolastica a norma dell’articolo 16, un distinto conto corrente per il servizio

di cassa dell’azienda.

7. L’utile prodotto dall’azienda, accantonato in un apposito fondo dello

stato patrimoniale, è destinato, prioritariamente, alla copertura di eventuali

perdite di gestione.

8. Ove non sia possibile provvedere a norma del comma 7, la perdita di

gestione può essere coperta, previa delibera del consiglio di istituto,

mediante prelevamento dall’avanzo di amministrazione. Qualora la perdita

di gestione sia dovuta a cause permanenti o non rimuovibili e non sia

possibile un ridimensionamento strutturale dell’azienda, il consiglio di

istituto ne dispone la chiusura, con la destinazione delle necessarie

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264

attrezzature alle attività didattiche.

9. Il rendiconto dell’azienda deve dare la dimostrazione della gestione

finanziaria, nonché dei risultati economici conseguiti nell’anno. Il

rendiconto si compone dello stato patrimoniale e del conto economico. Al

rendiconto dell’azienda agraria sono allegati: a) un prospetto del

movimento nella consistenza del bestiame; b) un prospetto riassuntivo del

movimento delle derrate e scorte di magazzino; c) una relazione illustrativa

del responsabile dell’azienda sui risultati conseguiti. Al rendiconto

dell’azienda speciale sono allegati la relazione illustrativa di cui alla lettera

c) del precedente periodo ed un prospetto sulla consistenza dei prodotti

finiti ed in corso di lavorazione.

10. Alle aziende agrarie si applica il regime fiscale previsto per i

produttori agricoli che svolgono le attività di cui all’articolo 2135 del

Codice civile, salvo che non sia diversamente disposto.

Articolo 21

(Proventi derivanti dalla vendita di beni e da servizi a favore di terzi)

1. Le istituzioni scolastiche, organizzate per la vendita di beni o servizi a

favore di terzi, di cui all’articolo 33, comma 2, lettera e), prevedono

espressamente, nel programma annuale, uno specifico progetto la cui

scheda finanziaria indica le voci che compongono le entrate e le spese, per

il quale la relazione di cui all’articolo 2, comma 4, deve indicare i criteri di

amministrazione e le modalità della gestione, che deve essere improntata al

rispetto del principio di cui all’articolo 2, comma 5, secondo periodo.

2. Le predette attività e servizi sono oggetto di contabilità separata da

quella dell’istituzione scolastica. Nella scheda finanziaria deve essere

prevista, a favore dell’istituzione scolastica, una quota di spese generali, di

ammortamento e deperimento delle attrezzature, nonché l’eventuale

eccedenza di entrate, rispetto alle spese, che costituisce incremento

dell’avanzo di amministrazione dell’istituzione scolastica. I relativi

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265

movimenti finanziari sono rilevati, nella contabilità della medesima

istituzione, in specifiche voci di entrata e di spesa classificate “attività per

conto terzi”.

3. Qualora i proventi non coprano tutti i costi previsti il consiglio di

istituto dispone l’immediata cessazione della vendita di beni e delle attività

a favore di terzi.

4. Per le attività previste dal presente articolo, sono dovuti i tributi nella

misura e con le modalità previste dall’ordinamento tributario.

Articolo 22

(Gestione dei convitti annessi alle istituzioni scolastiche)

1. La gestione delle attività convittuali costituisce specifico progetto del

programma annuale da realizzare, di norma, con le entrate ad esso

finalizzate. Il programma annuale è corredato da una scheda finanziaria

illustrativa delle varie entrate e spese relative al funzionamento delle

attività.

2. La gestione delle attività convittuali è improntata al principio della

economicità e dell’utilizzo ottimale delle strutture, al fine di ridurre i costi a

carico dei convittori.

3. In caso di squilibri finanziari della gestione dell’attività convittuale

che persistano per più di tre esercizi finanziari, l’istituzione scolastica,

previa consultazione con l’ente locale di riferimento e con delibera del

consiglio d’istituto, dispone la cessazione dell’attività, destinando le

strutture ad un utilizzo economico produttivo.

4. Al fine della gestione ottimale delle strutture e di una maggiore

valorizzazione delle risorse professionali, fatto salvo il normale

funzionamento delle attività istituzionali, l’istituzione può svolgere attività

e servizi a favore di terzi con le modalità ed i limiti previsti dall’articolo 21.

Gli utili di gestione sono destinati a ridurre la retta dei convittori nonché a

coprire la quota di spese generali imputabile a dette attività e servizi,

Page 271: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

266

comprensiva della quota di ammortamento delle attrezzature.

TITOLO II

GESTIONE PATRIMONIALE - BENI E INVENTARI

Articolo 23

(Beni)

1. I beni che costituiscono il patrimonio delle istituzioni scolastiche si

distinguono in immobili e mobili secondo le norme del Codice civile. I beni

sono descritti negli inventari in conformità alle disposizioni contenute nei

successivi articoli.

2. Per i beni appartenenti al patrimonio dello Stato e degli Enti locali che

sono concessi in uso alle istituzioni scolastiche e iscritti in distinti

inventari, si osservano le disposizioni impartite dagli enti medesimi.

Articolo 24

(Inventari)

1. I beni mobili si iscrivono, nel relativo inventario, in ordine

cronologico, con numerazione progressiva ed ininterrotta e con

l’indicazione di tutti gli elementi che valgano a stabilirne la provenienza, il

luogo in cui si trovano, la quantità o il numero, lo stato di conservazione, il

valore e l’eventuale rendita.

2. Ogni oggetto è contrassegnato col numero progressivo col quale è

stato iscritto in inventario.

3. Sono descritti in distinti inventari i beni immobili, i beni di valore

storico-artistico, i libri ed il materiale bibliografico, i valori mobiliari.

4. Non si iscrivono in inventario gli oggetti fragili e di facile consumo,

cioè tutti quei materiali che, per l’uso continuo, sono destinati a deteriorarsi

rapidamente ed i beni di modico valore.

5. Non si inventariano altresì, pur dovendo essere conservati nei modi di

Page 272: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

267

uso o con le modalità previste dal regolamento dell’istituzione, i bollettini

ufficiali, le riviste ed altre pubblicazioni periodiche di qualsiasi genere, i

libri destinati alle biblioteche di classe.

6. Qualsiasi variazione, in aumento o in diminuzione, dei beni soggetti

ad inventario è annotata, in ordine cronologico, nell’inventario di

riferimento.

7. L’inventario è tenuto e curato dal direttore, che assume le

responsabilità del consegnatario, fatto salvo quanto previsto dall’articolo

27.

8. Quando il direttore cessa dal suo ufficio, il passaggio di consegne

avviene mediante ricognizione materiale dei beni in contraddittorio con il

consegnatario subentrante, in presenza del dirigente e del presidente del

Consiglio di istituto. L’operazione deve risultare da apposito verbale.

9. Almeno ogni cinque anni si provvede alla ricognizione dei beni ed

almeno ogni dieci anni al rinnovo degli inventari e alla rivalutazione dei

beni.

Articolo 25

(Valore di beni inventariati)

1. Ad ogni bene iscritto in inventario è attribuito un valore che

corrisponde: al prezzo di fattura, per i beni acquistati, ivi compresi quelli

acquisiti dall’istituzione scolastica al termine di eventuali operazioni di

locazione finanziaria o di noleggio con riscatto; al prezzo di costo, per

quelli prodotti nell’istituto; al prezzo di stima, per quelli ricevuti in dono.

2. I titoli del debito pubblico, quelli garantiti dallo Stato e gli altri valori

mobiliari pubblici e privati, si iscrivono al prezzo di borsa del giorno

precedente quello della compilazione o revisione dell’inventario - se il

prezzo è inferiore al valore nominale - o al loro valore nominale - qualora il

prezzo sia superiore -, con l’indicazione, in ogni caso, della rendita e della

relativa scadenza.

Page 273: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

268

Articolo 26

(Eliminazione dei beni dell’inventario)

1. Il materiale mancante per furto o per causa di forza maggiore, o reso

inservibile all’uso, è eliminato dall’inventario con provvedimento del

dirigente, nel quale deve essere indicato l’obbligo di reintegro a carico

degli eventuali responsabili.

2. Al suddetto provvedimento è allegata copia della denuncia presentata

alla locale autorità di pubblica sicurezza, qualora trattasi di materiale

mancante per furto, o il verbale redatto dalla commissione di cui

all’articolo 52, comma 1, nel caso di materiale reso inservibile all’uso.

Articolo 27

(Custodia del materiale didattico, tecnico e scientifico, dei laboratori e

delle officine)

1. La custodia del materiale didattico, tecnico e scientifico dei gabinetti,

dei laboratori e delle officine è affidata, dal direttore, su indicazione

vincolante del dirigente, ai rispettivi docenti, mediante elenchi descrittivi

compilati in doppio esemplare, sottoscritti dal direttore e dal docente

interessato, che risponde della conservazione del materiale affidatogli.

L’operazione dovrà risultare da apposito verbale.

2. Qualora più docenti debbano valersi delle stesse collezioni o dei vari

laboratori, la direzione è attribuita ad un docente indicato dal dirigente. Il

predetto docente, quando cessa dall’incarico, provvede alla riconsegna, al

direttore, del materiale didattico, tecnico e scientifico avuto in custodia.

Articolo 28

(Le opere dell’ingegno)

1. Spetta all’istituto scolastico il diritto d’autore sulle opere dell’ingegno

prodotte nello svolgimento delle attività scolastiche rientranti nelle finalità

Page 274: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

269

formative istituzionali.

2. E’ sempre riconosciuto agli autori il diritto morale alla paternità

dell’opera, nei limiti della sezione seconda del Capo terzo del Titolo primo

della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni.

3. Lo sfruttamento delle opere dell’ingegno prodotte nel corso delle

attività curriculari è deliberato dal consiglio di istituto.

4. Lo sfruttamento delle opere dell’ingegno prodotte nel corso delle

attività non curriculari è egualmente deliberato dal consiglio di istituto.

Tuttavia, i coautori possono autonomamente intraprendere le iniziative

dirette allo sfruttamento economico, qualora il consiglio di istituto non

abbia intrapreso le iniziative in tal senso nel termine di novanta giorni

dall’invito rivolto dagli autori dell’opera.

5. E’ riconosciuto ai coautori e alle istituzioni scolastiche la

partecipazione paritaria ai proventi dello sfruttamento economico

dell’opera.

6. Il dirigente dell’istituzione scolastica provvede agli adempimenti

prescritti dalla legge per il riconoscimento del diritto dell’istituto, nonché

per il suo esercizio, osservate, quando occorre, le norme di cui all’articolo

33.

7. Nel caso della redazione di programmi per elaboratore che si

distinguano per originalità, il dirigente dell’istituzione scolastica sottopone

all’esame del consiglio di istituto proposte per l’eventuale utilizzazione

economica della creazione, anche attraverso la distribuzione in rete del

programma.

TITOLO III

SCRITTURE CONTABILI E CONTABILITA’INFORMATIZZATA

Articolo 29

(Scritture contabili )

Page 275: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

270

1. I documenti contabili obbligatori sono:

a) il programma annuale;

b) il giornale di cassa;

c) i registri dei partitari delle entrate e delle spese;

d) il registro del conto corrente postale;

e) gli inventari;

f) il registro delle minute spese;

g) il registro dei contratti stipulati a norma dell’articolo 31, comma 3;

h) il conto consuntivo.

2. Nel giornale di cassa si trascrivono tutte le operazioni di pagamento e

di riscossione, nel giorno in cui sono emessi i relativi mandati e reversali.

3. Nei registri partitari si aprono tanti conti quante sono le aggregazioni

individuate sulla base di quanto previsto dall’articolo 2, comma 5, e si

annotano le operazioni di accertamento o di impegno e quelle di incasso o

di pagamento.

4. I documenti di cui al comma 1, anche se tenuti con sistemi

automatizzati od a fogli mobili, devono essere composti da pagine

numerate, munite del timbro dell’istituzione e siglate dal direttore. A

chiusura dell’esercizio il direttore attesta il numero delle pagine di cui i

documenti sono composti.

5. Della tenuta della contabilità, delle necessarie registrazioni e degli

adempimenti fiscali è responsabile il direttore.

Articolo 30

(Modulistica e contabilità informatizzata)

1. Il Ministero della pubblica istruzione stabilisce i modelli necessari per

assicurare l’omogeneità dei documenti contabili di cui all’articolo 29,

nonché dei sistemi di gestione amministrativo-contabile, finanziaria e

patrimoniale, di rendicontazione e di riscontro, di monitoraggio dei dati

relativi alla gestione e all’andamento dei flussi finanziari e di rilevazione

Page 276: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

271

dei costi. Relativamente ai documenti di cui alle lettere a) e h) del comma 1

del medesimo articolo 29, la suddetta predisposizione è compiuta d’intesa

con il Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione

economica.

2. Il Ministero della pubblica istruzione predispone, nell’ambito del proprio

sistema informativo, un pacchetto applicativo, coerente con la modulistica

di cui al comma 1, per la tenuta con tecnologie informatiche, della

contabilità delle istituzioni scolastiche, in collegamento con

l’amministrazione scolastica.

3. Il pacchetto può essere utilizzato anche per ottenere l’elenco dei

fornitori di beni e servizi, con l’indicazione dei relativi crediti e debiti; i

flussi di cassa distinti per tipologia di entrata e di spesa; l’analisi delle

spese distinte per tipologia. Esso contiene meccanismi di segnalazione

automatica di anomalie e disfunzioni che consentono anche interrogazioni

mirate dall’esterno da parte dei revisori.

4. Il pacchetto, che è costantemente aggiornato, è accompagnato da un

manuale per la sua utilizzazione guidata, eventualmente compreso nel

pacchetto stesso, con illustrazione di tutte le procedure e dei prodotti che

possono essere ottenuti.

5. La contabilità in partita doppia, utilizzata dalle aziende agrarie e dalle

aziende speciali, è tenuta secondo programmi forniti dal Ministero della

pubblica istruzione.

TITOLO IV

ATTIVITA’ NEGOZIALE

CAPO I

PRINCIPI GENERALI

Articolo 31

Page 277: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

272

(Capacità negoziale)

1. Le istituzioni scolastiche, anche attraverso gli accordi di rete di cui

all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999,

n.275, per il raggiungimento e nell’ambito dei propri fini istituzionali,

hanno piena autonomia negoziale, fatte salve le limitazioni specifiche poste

da leggi e regolamenti, nonché dalle presenti disposizioni.

2. Nell’ambito dell’autonomia negoziale di cui al comma 1, le istituzioni

scolastiche possono stipulare convenzioni e contratti, con esclusione dei

contratti aleatori e, in genere delle operazioni finanziarie speculative,

nonché della partecipazione a società di persone e società di capitali, fatta

salva la costituzione e la partecipazione a consorzi, anche costituiti nella

forma di società a responsabilità limitata.

3. I contratti sono stipulati nelle forme previste dalle relative disposizioni

di legge e, nel caso vi sia libertà di forma, mediante scambio di

corrispondenza secondo l’uso del commercio. Il presente comma non si

applica alle spese di cui all’articolo 17.

4. E’ fatto divieto alle istituzioni scolastiche di acquistare servizi per lo

svolgimento di attività che rientrano nelle ordinarie funzioni o mansioni

proprie del personale in servizio nella scuola, fatto salvo quanto previsto

dall’articolo 33, comma 2, lettera g) e dall’articolo 40.

Articolo 32

(Funzioni e poteri del dirigente nella attività negoziale)

1. Il dirigente, quale rappresentante legale dell’istituto, svolge l’attività

negoziale necessaria all’attuazione del programma annuale, nel rispetto

delle deliberazioni del Consiglio d’istituto assunte ai sensi dell’articolo 33.

2. Il dirigente può delegare lo svolgimento di singole attività negoziali al

direttore o ad uno dei collaboratori individuati a norma dell’articolo 25-bis,

comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive

modificazioni e integrazioni. Al direttore compete, comunque, l’attività

Page 278: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

273

negoziale connessa alle minute spese di cui all’articolo 17.

3. Il dirigente, nello svolgimento dell’attività negoziale, si avvale della

attività istruttoria del direttore.

4. Nel caso in cui non siano reperibili tra il personale dell’istituto

specifiche competenze professionali indispensabili al concreto svolgimento

di particolari attività negoziali, il dirigente, nei limiti di spesa del relativo

progetto e sulla base dei criteri di cui all’articolo 33, comma 2, lettera g),

può avvalersi dell’opera di esperti esterni.

Articolo 33

(Interventi del Consiglio di istituto nell’attività negoziale)

1. Il Consiglio di istituto delibera in ordine:

a) alla accettazione e alla rinuncia di legati, eredità e donazioni;

b) alla costituzione o compartecipazione a fondazioni; all’istituzione o

compartecipazione a borse di studio;

c) all’accensione di mutui e in genere ai contratti di durata pluriennale;

d) ai contratti di alienazione, trasferimento, costituzione, modificazione di

diritti reali su beni immobili appartenenti alla istituzione scolastica,

previa verifica, in caso di alienazione di beni pervenuti per effetto di

successioni a causa di morte e donazioni, della mancanza di condizioni

ostative o disposizioni modali che ostino alla dismissione del bene;

e) all’adesione a reti di scuole e consorzi;

f) all’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno;

g) alla partecipazione della scuola ad iniziative che comportino il

coinvolgimento di agenzie, enti, università, soggetti pubblici o privati;

h) all’eventuale individuazione del superiore limite di spesa di cui

all’articolo 34, comma 1;

i) all’acquisto di immobili.

2. Al Consiglio di istituto spettano le deliberazioni relative alla

determinazione dei criteri e dei limiti per lo svolgimento, da parte del

Page 279: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

274

dirigente, delle seguenti attività negoziali:

a) contratti di sponsorizzazione;

b) contratti di locazione di immobili;

c) utilizzazione di locali, beni o siti informatici, appartenenti alla

istituzione scolastica, da parte di soggetti terzi;

d) convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e degli

alunni per conto terzi;

e) alienazione di beni e servizi prodotti nell’esercizio di attività didattiche

o programmate a favore di terzi;

f) acquisto ed alienazione di titoli di Stato;

g) contratti di prestazione d’opera con esperti per particolari attività ed

insegnamenti;

h) partecipazione a progetti internazionali.

3. Nei casi specificamente individuati dal comma 1, l’attività negoziale è

subordinata alla previa deliberazione del Consiglio di istituto. In tali casi, il

dirigente non può inoltre recedere, rinunciare o transigere se non

previamente autorizzato dal Consiglio di istituto. In tutti gli altri casi, il

dirigente ha il potere di recedere, rinunciare e transigere, qualora lo

richieda l’interesse dell’istituzione scolastica.

Articolo 34

(Procedura ordinaria di contrattazione)

1. Per l’attività di contrattazione riguardanti acquisti, appalti e forniture

il cui valore complessivo ecceda il limite di spesa di EURO 2000 oppure il

limite preventivamente fissato dal Consiglio d’istituto, quando non risulti

altrimenti disposto dalle norme di cui al capo secondo del presente titolo, il

dirigente procede alla scelta del contraente, previa comparazione delle

offerte di almeno tre ditte direttamente interpellate. Resta salvo, comunque,

quanto previsto dal comma 5.

2. L’invito a presentare un’offerta deve contenere, oltre ai criteri di

Page 280: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

275

aggiudicazione, l’esatta indicazione delle prestazioni contrattuali, nonché i

termini e le modalità di esecuzione e di pagamento.

3. L’osservanza dell’obbligo di cui al presente articolo è esclusa quando

non sia possibile acquisire da altri operatori il medesimo bene sul mercato

di riferimento dell’Istituto.

4. E’ sempre possibile il ricorso alle procedure di gara disciplinate dalle

norme generali di contabilità dello Stato.

5. Le istituzioni scolastiche sono tenute ad osservare le norme

dell’Unione Europea in materia di appalti e/o forniture di beni e servizi.

6. Le funzioni di ufficiale rogante, per la stipula degli atti che richiedono

la forma pubblica, sono esercitate dal direttore o da funzionario

appositamente da lui delegato.

Articolo 35

(Pubblicità, attività informative e trasparenza dell’attività contrattuale)

1. Copia dei contratti e delle convenzioni conclusi con l’ordinaria

contrattazione è messa a disposizione del Consiglio di istituto nella prima

riunione utile ed affissa all’albo della scuola.

2. Una relazione sull’attività negoziale svolta dal dirigente

dell’istituzione scolastica è presentata alla prima riunione successiva del

Consiglio di istituto. Il dirigente riferisce, nella stessa sede, sull’attuazione

dei contratti e delle convenzioni.

3. E’ assicurato l’esercizio del diritto di accesso degli interessati alla

documentazione inerente l’attività contrattuale svolta o programmata, ai

sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. Il direttore provvede alla tenuta della predetta documentazione.

5. Il rilascio delle copie della documentazione in favore dei membri del

Consiglio di istituto e degli altri organi dell’istituto è gratuito ed è

subordinato ad una richiesta nominativa e motivata.

Page 281: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

276

Articolo 36

(Collaudo)

1. I lavori, le forniture e i servizi sono soggetti a collaudo finale, da

eseguirsi, entro 60 giorni dalla loro ultimazione, consegna o esecuzione, ad

opera del personale della scuola munito di adeguata competenza tecnica. A

tal fine, il dirigente nomina un collaudatore singolo o apposite commissioni

interne. Del collaudo è redatto apposito verbale.

2. Per le forniture di valore inferiore a EURO 2000, l’atto formale di

collaudo è sostituito da un certificato che attesta la regolarità della

fornitura, rilasciato dal dirigente o, su sua delega, dal direttore, o da un

verificatore all’uopo nominato.

3. Per i contratti inerenti alla fornitura di servizi periodici, è redatto dal

direttore apposito certificato di regolare prestazione.

4. Il saldo del pagamento dei lavori può essere disposto solo dopo

l’emissione del certificato di collaudo o del certificato di cui al comma 2.

Alla stessa data il dirigente può procedere allo svincolo delle garanzie

eventualmente prestate.

5. Per il collaudo di opere pubbliche, si procede secondo quanto previsto,

al riguardo, dalla normativa sui lavori pubblici, salvo quanto previsto dal

comma 1.

CAPO II

SINGOLE FIGURE CONTRATTUALI

Articolo 37

(Disposizione generale)

1. Le istituzioni scolastiche applicano le norme del presente capo nei casi

espressamente contemplati, nonché in quelli che, pur non rientrando nelle

singole previsioni, sono assimilabili al caso regolato.

Page 282: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

277

Articolo 38

(Alienazione di beni e fornitura di servizi prodotti dall’istituzione

scolastica)

1. Le istituzioni scolastiche, nell’esercizio dei compiti di formazione ed

educativi, hanno facoltà di svolgere attività di servizi per conto terzi,

nonché di alienare i beni prodotti nell’esercizio di attività didattiche o di

attività programmate.

2. La vendita avviene con le modalità stabilite dal Consiglio di istituto,

che provvede a determinare le condizioni contrattuali di fornitura e le

garanzie richieste ai terzi per l’adempimento delle obbligazioni assunte

verso l’istituto.

Articolo 39

(Concessione di beni in uso gratuito)

1. La istituzione scolastica, per assicurare il diritto allo studio, su

richiesta degli esercenti la potestà genitoriale e degli alunni maggiorenni,

può concedere, in uso gratuito, beni mobili e libri, nonché programmi

software, di cui sia licenziataria, con autorizzazione alla cessione d’uso.

2. La istituzione scolastica provvede a pubblicizzare, mediante affissione

all’albo, l’elenco dei beni che possono essere concessi in uso gratuito ed i

criteri di assegnazione e preferenza deliberati dal Consiglio di istituto.

3. La concessione in uso non può determinare, per l’istituzione

scolastica, l’assunzione di oneri eccedenti il valore di mercato del bene ed è

subordinata alla assunzione di responsabilità per la utilizzazione del bene

da parte del beneficiario ovvero, se minore o interdetto, degli esercenti la

rappresentanza legale.

4. La concessione è sempre revocabile e non può mai estendersi oltre i

periodi di tempo predeterminati.

Articolo 40

Page 283: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

278

(Contratti di prestazione d’opera per l’arricchimento dell’offerta

formativa)

1. La istituzione scolastica può stipulare contratti di prestazione d’opera

con esperti per particolari attività ed insegnamenti, al fine di garantire

l’arricchimento dell’offerta formativa, nonché la realizzazione di specifici

programmi di ricerca e di sperimentazione.

2. Il Consiglio di istituto, sentito il collegio dei docenti, disciplina nel

regolamento di istituto le procedure e i criteri di scelta del contraente, al

fine di garantire la qualità della prestazione, nonché il limite massimo dei

compensi attribuibili in relazione al tipo di attività e all’impegno

professionale richiesto.

Articolo 41

(Contratti di sponsorizzazione)

1. Le istituzioni scolastiche possono concludere accordi di

sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati.

2. E’ accordata la preferenza a soggetti che, per finalità statutarie, per le

attività svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato

particolare attenzione e sensibilità nei confronti dei problemi dell’infanzia e

della adolescenza.

3. E’ fatto divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti

le cui finalità ed attività siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione

educativa e culturale della scuola.

Articolo 42

(Contratti di fornitura di siti informatici)

1. Nella stipulazione di accordi diretti a garantire la fruizione, da parte

dell’istituzione scolastica, di un proprio sito, raggiungibile attraverso

l’accesso a reti informatiche, deve essere garantita la identificazione del

fruitore responsabile di ogni accesso. All’uopo è fornita, a cura

Page 284: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

279

dell’istituzione scolastica, una chiave di accesso individuale ai responsabili

nei singoli casi dell’accesso alla rete.

2. La stipulazione dei contratti di fornitura dei siti deve tenere conto, ai

fini della valutazione di convenienza, anche del costo della fornitura del

servizio di utenza telefonica.

3. Possono essere stipulate convenzioni con operatori che assicurino la

fruizione di accessi individuali agli studenti. In tal caso, la valutazione di

convenienza è operata tenendo conto di tale possibilità.

Articolo 43

(Contratti di concessione in uso dei siti informatici).

1. E’ in facoltà della istituzione scolastica ospitare sul proprio sito

informatico istituzioni di volontariato, associazioni tra studenti,

collegamenti verso altre istituzioni scolastiche, o enti di interesse culturale.

2. E’ sempre assicurata la parità di accesso e la libertà di espressione.

3. Nella domanda di ammissione deve essere individuato un soggetto

responsabile della attività e dei contenuti immessi sul sito gestito dalla

istituzione scolastica.

4. Possono essere stipulati contratti di sponsorizzazione del sito,

subordinatamente al rispetto delle condizioni di cui all’articolo 41.

5. Nella stipulazione dei contratti, delle convenzioni e dei patti di cui al

presente articolo, deve essere sempre riservata al dirigente la facoltà di

disattivare il collegamento quando le attività siano in contrasto, anche di

fatto, con la funzione educativa e culturale della scuola.

Articolo 44

(Contratti di comodato)

1. L’istituzione scolastica può ricevere in comodato da enti ed istituzioni,

soggetti pubblici o privati, beni da utilizzare nello svolgimento della attività

educativa e formativa.

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280

2. Qualora il bene non sia immediatamente fruibile per gli scopi di cui al

comma 1, e necessiti di lavori di adeguamento o di particolari condizioni

od impieghi di personale, la durata del comodato deve essere tale da

rendere economicamente conveniente l’impiego delle risorse

dell’istituzione scolastica.

Articolo 45

(Contratti di mutuo)

1. L’impegno complessivo annuale per il rimborso dei mutui non può

eccedere, sommato all’impegno per canoni di contratti di locazione

finanziaria, il quinto della media dei trasferimenti ordinari dello Stato

nell’ultimo triennio.

2. La durata massima dei mutui è quinquennale.

3. In relazione agli assegnati finanziamenti di progetti comunitari e di

formazione integrata superiore, dei quali sia pervenuta formale

comunicazione, le istituzioni scolastiche possono chiedere, in attesa della

materiale erogazione dei fondi, anticipazioni bancarie alle condizioni

stabilite da apposita convenzione, stipulata dal Ministero della pubblica

istruzione con le associazioni bancarie o a condizioni migliori.

Articolo 46

(Manutenzione degli edifici scolastici)

1. Nei casi in cui la manutenzione ordinaria degli edifici scolastici e delle

loro pertinenze è delegata alle istituzioni scolastiche dall’ente locale, ai

sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 11 gennaio 1996, n. 23, per

l’affidamento dei relativi lavori, si applicano le norme del presente

regolamento. L’istituzione scolastica fornisce all’ente locale competente la

conseguente rendicontazione.

2. L’istituzione scolastica può anticipare i fondi necessari all’esecuzione

di lavori urgenti e indifferibili dandone immediata comunicazione all’ente

Page 286: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

281

locale competente, ai fini del rimborso.

Articolo 47

(Contratti di locazione finanziaria)

1. Le istituzioni scolastiche, previa valutazione di convenienza da

operarsi a cura del dirigente hanno facoltà di stipulare contratti di locazione

finanziaria per la realizzazione di finalità istituzionali, con esclusione

dell’acquisizione della disponibilità di beni immobili.

2. E’ sempre vietata la stipulazione di contratti di locazione finanziaria su

beni precedentemente alienati al concedente dall’istituto scolastico o da

terzi.

3. Quando l’istituzione scolastica non abbia interesse ad esercitare il

potere di riscatto del bene, può determinarsi ad esercitarlo allorché, a

seguito di richieste provenienti dal personale dell’istituzione stessa o da

studenti, vi sia la possibilità di trasferirlo ai predetti soggetti, previa

applicazione delle procedure di cui all’articolo 52 ad un prezzo non

inferiore a quello di riscatto. In tal caso le procedure di cui al predetto

articolo sono espletate prima dell’esercizio del potere di riscatto.

Articolo 48

(Contratti di gestione finalizzata delle risorse finanziarie)

1. La istituzione scolastica, nell’ambito delle risorse finanziarie

disponibili, e con esclusione di quelle trasferite dallo Stato, dagli enti locali

e dall’Unione europea, compatibilmente con la continuità dell’erogazione

del servizio educativo e formativo, può stipulare contratti di gestione

finanziaria finalizzata.

2. Tali contratti possono essere stipulati unicamente con istituzioni

professionali di settore, abilitate all’esercizio delle attività bancarie e

finanziarie.

3. La attività contrattuale di cui al comma 1 deve essere finalizzata alla

Page 287: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

282

conservazione e all’incremento di risorse finanziarie non immediatamente

impiegabili, da destinarsi ad una specifica opera di interesse dell’istituzione

scolastica.

4. I contratti di gestione devono sempre assicurare la conservazione del

capitale impegnato ed un rendimento non inferiore a quello dei titoli di

Stato con scadenza semestrale, al netto delle commissioni medie praticate

dagli istituti bancari.

5. I contratti di gestione devono prevedere forme di riscatto anticipato,

a condizione che sia sempre garantita la conservazione del capitale e degli

interessi medio-tempore maturati, decurtati degli importi dovuti a titolo di

commissione.

Articolo 49

(Compravendita di beni immobili)

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 33, l’alienazione di beni immobili

di proprietà dell’istituto è sempre disposta con le procedure di gara

disciplinate dalle norme generali di contabilità dello Stato.

2. L’aggiudicazione definitiva è subordinata al mancato esercizio del

diritto di prelazione da parte di coloro che ne hanno diritto.

3. Le istituzioni scolastiche possono acquistare beni immobili

esclusivamente con fondi derivanti da attività proprie, da legati, eredità e

donazioni.

Articolo 50

(Uso temporaneo e precario dell’edificio scolastico)

1. La utilizzazione temporanea dei locali dell’istituto forniti dall’ente

locale competente può essere concessa a terzi, con l’osservanza

dell’articolo 33, comma 2, lettera c), a condizione che ciò sia compatibile

con la destinazione dell’istituto stesso ai compiti educativi e formativi.

2. Con la attribuzione in uso, l’utilizzatore assume la custodia del bene e

Page 288: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

283

risponde, a tutti gli effetti di legge, delle attività e delle destinazioni del

bene stesso, tenendo nel contempo esente la scuola e l’ente proprietario

dalle spese connesse all’utilizzo.

3. L’edificio scolastico può essere concesso solo per utilizzazioni

precarie e previa stipulazione da parte del concessionario, di una polizza

per la responsabilità civile con un istituto assicurativo.

Articolo 51

(Appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali)

1. Qualora nell’esplicazione delle attività scolastiche vengano prodotti

rifiuti che per legge devono essere assoggettati a trattamento speciale, il

dirigente provvede a concludere gli opportuni accordi con enti, aziende

pubbliche e concessionari idonei al trattamento di rifiuti.

2. E’ consentito il ricorso a ditte operanti sul libero mercato solo ove non

sia possibile fruire del servizio di smaltimento pubblico.

Articolo 52

(Vendita di materiali fuori uso e di beni non più utilizzabili)

1. I materiali di risulta, i beni fuori uso, quelli obsoleti e quelli non più

utilizzati sono ceduti dall’istituzione previa determinazione del loro valore,

calcolato sulla base del valore di inventario, dedotti gli ammortamenti,

ovvero sulla base del valore dell’usato per beni simili, individuato da

apposita commissione interna.

2. La vendita avviene previo avviso da pubblicarsi nell’albo della scuola

e comunicato agli alunni, sulla base delle offerte pervenute entro il termine

assegnato. L’aggiudicazione è fatta al migliore offerente.

3. Nel caso in cui la gara sia andata deserta i materiali fuori uso possono

essere ceduti a trattativa privata o a titolo gratuito e, in mancanza, essere

distrutti.

4. I soli beni non più utilizzati possono essere ceduti direttamente a

Page 289: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

284

trattativa privata ad altre istituzioni scolastiche o ad altri enti pubblici.

CAPO III

ALTRE ATTIVITA’ NEGOZIALI

Articolo 53

(Fondazioni)

1. Possono essere istituite fondazioni mediante conferimento di beni di

valore storico non più utilizzati per finalità di insegnamento, ivi compresi i

beni librari, le opere prodotte nel corso delle attività didattiche, i beni

provenienti da successioni, donazioni, legati.

2. Le finalità delle fondazioni sono di conservazione e valorizzazione dei

beni conferiti, nonché di promozione della conoscenza del patrimonio

artistico e culturale, anche mediante la creazione e gestione di spazi

espositivi e biblioteche, nonché mediante lo sfruttamento dei diritti di

riproduzione.

3. Nell’atto di fondazione devono essere previste norme che assicurino

l’unità di indirizzo gestionale tra l’istituzione scolastica e la fondazione.

Articolo 54

(Borse di studio)

Le istituzioni scolastiche, ferma la competenza degli enti locali in materia

di diritto allo studio, possono integrare con proprie risorse, gestite anche

mediante i contratti di cui all’articolo 48, i trasferimenti degli enti locali,

ovvero assegnare borse di studio annuali o infrannuali agli studenti, sulla

base di preventivi criteri deliberati dal Consiglio di istituto, su proposta, per

i profili didattici, del collegio dei docenti.

Articolo 55

(Donazioni, eredità, legati)

Page 290: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

285

1. Le istituzioni scolastiche possono accettare donazioni, legati ed eredità

anche assoggettate a disposizioni modali, a condizione che le finalità

indicate dal donante, dal legatario o dal de cujus non contrastino con le

finalità istituzionali.

2. Nel caso di donazioni, legati ed eredità finalizzati alla ristrutturazione

di edifici di proprietà dell’ente locale, l’istituzione concorda con l’ente

stesso le modalità di utilizzazione delle risorse.

3. Nel caso di legati, eredità e donazioni finalizzate alla concessione di

borse di studio, le istituzioni scolastiche ricorrono ove possibile ai contratti

di gestione finalizzata delle risorse finanziarie di cui all’articolo 48, al fine

di mantenere il valore del capitale.

4. L’istituzione scolastica può motivatamente rinunciare all’accettazione

di legati.

5. La durata della locazione dei beni immobili pervenuti all’istituzione

scolastica per effetto di successioni a causa di morte e donazioni non può

mai eccedere i nove anni.

6. Il contratto deve contenere una clausola di recesso contrattuale che

assicuri la disponibilità del bene per le mutate esigenze dell’istituzione

scolastica riconosciute nel programma annuale, garantendo un periodo di

permanenza minimo del conduttore.

Articolo 56

(Progetti integrati di istruzione e formazione)

1. Al fine di realizzare progetti integrati di istruzione e formazione, che

richiedono la collaborazione con altre agenzie formative pubbliche e

private, anche partecipando a programmi regionali, nazionali o comunitari,

le istituzioni scolastiche, singolarmente o nella forma dell’accordo di rete

di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo

1999, n.275, possono:

a) stipulare convenzioni con università, regioni ed enti pubblici;

Page 291: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

286

b) stipulare intese contrattuali con associazioni e privati;

c) partecipare ad associazioni temporanee con agenzie pubbliche e private

che realizzino collaborazioni sinergiche per l’attuazione di particolari

progetti di formazione.

2. Le intese di collaborazione con soggetti pubblici, per la gestione di

percorsi formativi integrati sono regolate con convenzioni. Queste devono

stabilire, tra loro, i rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.

Qualora siano trasferite ad altri soggetti risorse finanziarie per assicurare la

gestione unitaria delle attività, la rendicontazione delle spese avviene

all’interno del sistema contabile del soggetto gerente, il quale, entro 15

giorni dal termine di detta rendicontazione, invia agli altri soggetti

finanziatori copia della medesima.

3. Le intese di collaborazione con agenzie formative private, devono

risultare da atto scritto, nel quale, ai fini della più ampia integrazione dei

soggetti e delle risorse, sono delineati gli aspetti organizzativi del progetto

da realizzare, sono definite le competenze di ciascun soggetto, nonché le

attività amministrate da ciascuno e l’ammontare delle risorse da impiegare

allo scopo.

4. Le intese di cui al precedente comma possono prevedere la gestione

unitaria delle risorse finanziarie, affidate ad uno dei soggetti partecipanti

all’intesa, da attuarsi mediante un organo paritetico responsabile, del quale

deve far parte il dirigente od un suo delegato. Entro 15 giorni dalla chiusura

dell’anno e/o delle attività di cui trattasi, deve essere rimessa all’istituzione

scolastica copia della rendicontazione circa l’utilizzo delle risorse comuni,

se queste sono state affidate ad altro soggetto, da allegare al conto

consuntivo. Le intese dovranno stabilire anche a quale dei soggetti

partecipanti, al termine della collaborazione, passerà la proprietà degli

eventuali beni durevoli acquistati.

TITOLO V

Page 292: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

287

CONTROLLO DI REGOLARITA’AMMINISTRATIVA E CONTABILE

Articolo 57

(Esercizio della funzione)

1. Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile di cui all’articolo

2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 provvede un Collegio dei

revisori dei conti, nominato dall’ufficio scolastico regionale. Il collegio è

composto da tre membri, dotati di adeguata professionalità, di cui uno

designato dal Ministero della pubblica istruzione, uno dal Ministero del

tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento

della Ragioneria generale dello Stato - con funzioni anche di Presidente, ed

uno designato d’intesa tra i competenti enti locali. In caso di mancata

designazione, la nomina è predisposta dall’ufficio scolastico regionale,

attingendo al registro dei revisori contabili. I componenti durano in carica 3

anni, salvo conferma, che nello stesso ambito territoriale può avvenire per

una sola volta. In caso di rinuncia o di cessazione di un membro, il nuovo

nominato scade con quelli in carica.

2. Ad uno stesso Collegio è affidato il riscontro di più istituti, anche di

diverso ordine e grado, aventi sede in un medesimo ambito territoriale.

L’aggregazione è operata dall’Ufficio scolastico regionale tenuto conto:

a) della dimensione complessiva dei flussi finanziari amministrati;

b) della vicinanza e/o del facile collegamento tra le diverse sedi;

c) della situazione geografica e ambientale in cui gli istituti operano.

3. Ai revisori dei conti spetta un compenso determinato con decreto del

Ministero della pubblica istruzione di concerto con il Ministero del tesoro,

del bilancio e della programmazione economica. Agli stessi sono

corrisposti, in quanto dovuti, l’indennità di missione ed il rimborso spese

secondo le disposizioni vigenti in materia.

4. Il compenso, l’indennità ed il rimborso spese ai membri del collegio

sono corrisposti da un istituto scolastico individuato nell’ambito territoriale

Page 293: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

288

dell’Ufficio scolastico regionale con il provvedimento di nomina del

Collegio.

5. Per le designazioni di propria competenza, il Ministero della pubblica

istruzione provvede alla tenuta di un apposito elenco nel quale sono iscritti,

a domanda, i dipendenti appartenenti a qualifica non inferiore a quelle

ricomprese nell’area funzionale C del contratto collettivo nazionale di

lavoro relativo al comparto dei ministeri per il quadriennio 1998-2001,

nonché i dipendenti, di qualifica immediatamente inferiore che siano iscritti

nel registro dei revisori contabili. L’elenco comprende una apposita sezione

nella quale possono chiedere di essere iscritti revisori contabili esterni

all’amministrazione per l’attribuzione degli incarichi eccedenti.

Articolo 58

(Compiti dei revisori dei conti)

1. Il Collegio dei revisori dei conti vigila sulla legittimità, regolarità e

correttezza dell’azione amministrativa.

2. Il Collegio esprime il parere di regolarità contabile sul programma

annuale proposto dalla Giunta esecutiva ai sensi dell’articolo 2, comma 3.

3. Il Collegio procede, con visite periodiche - anche individuali - da

compiersi almeno due volte nell’anno presso ciascuna istituzione scolastica

compresa nell’ambito territoriale di competenza, alla verifica della

legittimità e regolarità delle scritture contabili e della coerenza

dell’impiego delle risorse con gli obiettivi individuati nel programma e

nelle successive variazioni di quest’ultimo, nonché alle verifiche di cassa.

4. Il Collegio esamina il conto consuntivo della gestione annuale in

merito al quale:

a) riferisce sulla regolarità della gestione finanziaria e patrimoniale,

secondo gli elementi tratti dagli atti esaminati e dalle verifiche

periodiche effettuate nel corso dell’esercizio;

b) rileva il livello percentuale di utilizzo della dotazione finanziaria e delle

Page 294: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

289

dotazioni annuali di ciascun progetto d’istituto;

c) evidenzia i risultati della gestione finanziaria e patrimoniale;

d) esprime parere sul conto, con particolare riguardo alla concordanza dei

risultati esposti con le scritture contabili;

e) correda la relazione con tabelle di rilevazione dei costi (personale,

strumenti, servizi esterni, ecc.) inerenti alle attività e ai progetti realizzati

nell’istituto, finalizzate all’analisi costi/benefici da parte

dell’amministrazione scolastica, nonché con altre notizie e dati richiesti

dall’amministrazione vigilante.

Articolo 59

(Funzionamento del Collegio dei revisori dei conti)

1. Le riunioni del Collegio, ai fini degli adempimenti di cui all’articolo

58, commi 2 e 4, si svolgono su iniziativa del presidente, cui compete la

convocazione, ovvero quando ne facciano richiesta congiuntamente gli altri

due membri. Esse possono tenersi in una qualsiasi delle sedi scolastiche

comprese nell’ambito territoriale di competenza.

2. Per le deliberazioni assunte dal Collegio, il membro dissenziente deve

indicare nel verbale i motivi del proprio dissenso. Non è consentita

l’astensione.

3. Le verifiche periodiche di cui all’articolo 58, comma 3, avvengono

sulla base di una programmazione annuale concordata collegialmente.

4. Per l’esercizio delle funzioni dei revisori, le istituzioni scolastiche

sono tenute a mettere a disposizione di tutti gli atti e i documenti necessari

per l’esercizio delle funzioni di controllo.

5. L’ufficio scolastico regionale promuove gli opportuni interventi, al

fine di assicurare l’omogeneità dell’esercizio della funzione del Collegio

dei revisori.

Articolo 60

Page 295: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

290

(Verbali)

1. L’attività dei revisori dei conti deve essere verbalizzata. I verbali, per

ciascuna istituzione scolastica, sono raccolti in apposito registro a pagine

numerate progressivamente, che è custodito dal direttore o da un suo

delegato.

2. Copia del verbale relativo all’esame del conto consuntivo, corredato

della documentazione indicata all’articolo 18, deve essere inviata all’ufficio

scolastico regionale ed alla competente ragioneria provinciale dello Stato.

Ai predetti uffici devono essere inviati altresì copia dei verbali relativi ad

eventuali anomalie riscontrate nel corso della gestione per l’adozione dei

provvedimenti di competenza.

TITOLO VI

ATTIVITA’ DI CONSULENZA CONTABILE

Articolo 61

(Ufficio scolastico regionale)

1. L’ufficio scolastico regionale fornisce alle istituzioni scolastiche

assistenza e supporto in materia amministrativo-contabile, anche sulla base

delle indicazioni generali predisposte e diramate dal Servizio per gli affari

economico-finanziari del Ministero della pubblica istruzione.

TITOLO VII

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 62

(Applicazione delle nuove istruzioni contabili)

1. Le istruzioni generali contenute nel presente regolamento si applicano

con le modalità e nei termini di cui all’articolo 12, comma 4 del decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.

Page 296: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

291

Decreto Presidente Repubblica 4 agosto 2001, n. 352 (237)

Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, in materia di

autonomia delle istituzioni scolastiche

…Omissis…

Articolo 1

1. Al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, sono

apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 4 dell'articolo 12 è sostituito dal seguente:

"4. Le istruzioni generali di cui all'articolo 21, commi 1 e 14, della legge 15

marzo 1997, n. 59, adottate con decreto del Ministro della pubblica

istruzione, 1° febbraio 2001, n. 44, si applicano a decorrere dal 1°

settembre 2001. Per le solo rilevazioni contabili relative alla gestione delle

entrate e delle spese concernenti l’esercizio finanziario 2001, e fino al

termine dei medesimo esercizio, continuano ad applicarsi le disposizioni

amministrativo-contabili previgenti.";

b) all'articolo 14, dopo il comma 7 è aggiunto, in fine, il seguente;

"7-bis. L'Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e

la difesa nei giudizi attivi e passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi

arbitrali e le giurisdizioni amministrative e speciali di tutte le istituzioni

scolastiche cui è stata attribuita l'autonomia e la personalità giuridica a

norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

237 in GU 26 settembre 2001, n. 224.

Page 297: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

292

LEGGE COSTITUZIONALE 18 ottobre 2001, n. 3

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione(238)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

Il referendum indetto in data 3 agosto 2001 ha dato risultato favorevole;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge

costituzionale:

Articolo 1.

1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle

Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le

Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,

poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la

capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo

ordinamento".

Articolo 2.

1. L'articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto

Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dispongono di forme e

condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali

adottati con legge costituzionale. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol

è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori

forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al

terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del

medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della

giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con

legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti

238 Vigente al: 6-5-2014

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locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata

dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa

fra lo Stato e la Regione interessata".

Articolo 3.

1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni

nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti

dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha

legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato

con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di

Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed

esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della

concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato;

perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione

del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti

pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa

locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia

amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i

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diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio

nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di

Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo

statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e

locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti

internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con

l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle

istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione

professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno

all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione;

ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e

aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della

comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale

dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei

bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema

tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e

organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende

di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere

regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la

potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi

fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la

potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente

riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome

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di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle

decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e

provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e

degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura

stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del

potere sostitutivo in caso di inadempienza. La potestà regolamentare spetta

allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.

La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I

Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare

in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle

funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che

impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale,

culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e

uomini alle cariche elettive. La legge regionale ratifica le intese della

Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni,

anche con individuazione di organi comuni. Nelle materie di sua

competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti

territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi

dello Stato".

Articolo 4.

1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che,

per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città

metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta',

differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città

metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle

conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle

materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e

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disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela

dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni

favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo

svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di

sussidiarieta'".

Articolo 5.

1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni

hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province,

le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e

applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e

secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema

tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali

riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo

perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore

capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai

commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città

metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni

pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la

coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e

sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per

provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo

Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di

determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le

Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio,

attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.

Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di

investimento. è esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi

contratti".

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Articolo 6.

1. L'articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o

esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che

ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle

cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque

parte del territorio nazionale. Il Governo può sostituirsi a organi delle

Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di

mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa

comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza

pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o

dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle

prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini

territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a

garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di

sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".

Articolo 7.

1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente

comma: "In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle

autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti

locali".

Articolo 8.

1. L'articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la

competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità

costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla

sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto

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avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di

competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale

dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione

della legge o dell'atto avente valore di legge".

Articolo 9.

1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole:

"Si puo', con" sono inserite le seguenti: "l'approvazione della maggioranza

delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune

o dei Comuni interessati espressa mediante".

2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo

128, l'articolo 129 e l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati.

Articolo 10.

1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente

legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed

alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono

forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

Articolo 11.

1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della

Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della

Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle

Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione

parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge

riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo

119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione

parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1,

abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato

all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la

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Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata,

sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a

maggioranza assoluta dei suoi componenti.

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Dipartimento per i servizi nel territorio

Direzione Generale per l'organizzazione dei servizi nel territorio

Ufficio XI Prot. n. 7267

Roma, 9 novembre 2001

Oggetto: Dirigenti scolastici. Gestione del contenzioso.

Si fa riferimento alla nota prot. n. 2951 del 22.8.2001 con la quale codesto

Ufficio solleva il problema della legittimazione processuale dei dirigenti

scolastici nello svolgimento dell'attività contenziosa riconducibile

all'esercizio delle funzioni - già di competenza dell'amministrazione

centrale e periferica - trasferite alle istituzioni scolastiche a norma dell'art.

14 del D.P.R. n. 275/99.

Al riguardo si osserva che, in seguito al riconoscimento dell'autonomia

didattico-amministrativa e della personalità giuridica alle istituzioni

scolastiche e del trasferimento di funzioni operato dal citato art. 14, le

istituzioni stesse si pongono quali soggetti giuridici autonomi, ed i dirigenti

scolastici sono identificati come i legali rappresentanti nei rapporti con i

terzi (art. 25 D.Leg.vo n. 165/2001).

Ne consegue a norma dell'art. 75 c.p.c. il pieno riconoscimento della

legittimazione processuale in capo ai dirigenti nelle vertenze civili e di

lavoro sorte in relazione agli atti emanati nell'esercizio di dette funzioni.

Né ciò contraddice la natura di organi dello Stato delle istituzioni

scolastiche, qualificazione questa che l'attribuzione della personalità

giuridica non fa comunque venire meno. L'ampia autonomia, non solo

amministrativa e patrimoniale, ma anche didattica (sia pure nel rispetto dei

limiti fissati dalla normativa nazionale), attribuita alle scuole ai sensi

dell'art. 21 della L. n. 59/97, l'attribuzione della personalità giuridica quale

strumento per la concreta attuazione dell'autonomia stessa, fanno ritenere

superata la configurazione degli istituti scolastici come organi nel senso

tradizionale. In altri termini, la nuova configurazione degli istituti

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scolastici, come si è delineata alla data del 1.9.2000 (attribuzione

dell'autonomia e della personalità giuridica), fa sì che le istituzioni

scolastiche siano considerate quali soggetti autonomi di situazioni

giuridiche attive e passive; l'art. 14 del D.P.R. n. 275/99 attribuisce alle

istituzioni scolastiche la titolarità esclusiva delle funzioni già appartenenti

all'amministrazione centrale e periferica e gli atti emanati dai dirigenti

scolastici nello svolgimento di dette funzioni sono atti definitivi.

Pertanto la legittimazione processuale spetta al Direttore regionale

esclusivamente per il contenzioso sorto in relazione allo svolgimento di

attività delegate o comunque concernenti i rapporti interni tra scuola e

Amministrazione, mentre il dirigente scolastico è legittimato per le

vertenze riguardanti tutti gli atti di gestione organizzativa, ed

amministrativa, del personale e delle risorse finanziarie anche attraverso la

costituzione di un ufficio unico ai sensi dell'art. 12 del D.lgs. 165/2001

soprattutto in presenza di contenzioso "seriale". A tal fine nulla esclude che

la Direzione Regionale possa svolgere un'attività di consulenza e

collaborazione, secondo l'organizzazione data nei decreti previsti dall'art. 6

c. 2 del D.P.R. 6 novembre 2000 n. 347, che offra al dirigente scolastico un

qualificato supporto nello svolgimento di detta attività contenziosa.

Per quanto attiene al patrocinio legale, il D.P.R. 4 agosto 2001 n. 352,

recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 275/99, ha precisato che

l'Avvocatura dello Stato "continua ad assumere....la difesa nei giudizi attivi

e passivi davanti alle autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni

amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è attribuita

l'autonomia e la personalità giuridica ai sensi dell'art. 21 della legge 15

marzo 1997, n. 59".

IL DIRETTORE GENERALE

Silvana Ricci

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Nota 1 marzo 2002 Prot. n. 275

Oggetto: Linee di indirizzo per la liquidazione delle spese per liti,

arbitraggi, risarcimenti ecc. e per la trattazione delle pratiche concernenti

gli infortuni degli alunni

Nella prima applicazione del D.P.R. 6 novembre 2000, n. 347 e del D.M.

30 gennaio 2001 recante norme per la riorganizzazione degli Uffici di

livello non generale del Ministero della Pubblica Istruzione, sono state

assegnate alla scrivente Direzione le risorse finanziarie iscritte al capitolo

di bilancio 1618 "Spese per liti, arbitraggi, risarcimenti ed accessori,

rimborso delle spese di patrocinio legale".

Nel limite dello stanziamento di bilancio e sulla base della documentazione

raccolta da tutti i soppressi Uffici dell'Amministrazione Centrale e dagli

Uffici periferici, questa Direzione Generale ha provveduto, costituendo ad

hoc un Ufficio stralcio, a dare esecuzione alle sentenze di condanna, a

corrispondere spese di giudizio e risarcimenti di danni, a rimborsare spese

per patrocinio legale, ecc. e a tali spese continuerà a provvedere

limitatamente alle richieste pervenute entro il 2001.

A partire dall'esercizio 2002, la predetta tipologia di spesa trova

collocazione, con apposito capitolo, in ogni Ufficio Scolastico Regionale

che dovrà provvedere, per le richieste pervenute dal 1° gennaio 2002, ad

effettuare i pagamenti dovuti compresi quelli nei confronti delle Avvocature

dello Stato.

E' bene precisare che il capitolo deve coprire tutta l'ampia gamma di spese

che avrà riguardo alle attività delle scuole, degli uffici e del personale del

territorio regionale, ivi compreso il rimborso di spese per il patrocinio

legale ai sensi dell'art. 18 del D.L. 25.3.1997, n. 67, convertito con

modificazioni dalla Legge 23 maggio 1997, n. 135. Per quest'ultima

tipologia, che riguarda: "Le spese legali relative a giudizi per responsabilità

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civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di

amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con

l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e

conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità

...", il rimborso delle spese dovuto dalle amministrazioni di appartenenza

può essere liquidato nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura

Generale dello Stato.

Con l'occasione, e per connessione di materia, si forniscono nuove

istruzioni in merito alla trattazione delle pratiche concernenti gli infortuni

degli alunni. La materia, richiamata dalla lettera circolare di questa

Direzione Generale n. 92 del 3 luglio 2001, aveva avuto completa

trattazione con la C.M. n. 305 del 10 luglio 1998 e ad essa si può fare

puntuale riferimento, salvo i seguenti aggiornamenti:

a) tutti gli adempimenti attribuiti alla competenza dei Provveditori agli

Studi e dei Capi di Istituto, debbono intendersi ora riferiti alla esclusiva

competenza dei Dirigenti scolastici. Occorre infatti ricordare che, ai sensi

dell'art. 14,comma 7/bis, del Regolamento recante norme in materia di

autonomia delle istituzioni scolastiche (D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, come

modificato dal D.P.R. 4 agosto 2001, n. 352) "L'Avvocatura dello Stato

continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e

passivi davanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali e le giurisdizioni

amministrative e speciali di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata

attribuita l'autonomia e la personalità giuridica a norma dell'art. 21 della

legge 15 marzo 1997, n. 59". Occorre inoltre ricordare la lettera circolare

n.7267 in data 6 novembre 2001 di questa Direzione Generale, che

richiama l'attenzione sulla legittimazione processuale dei Dirigenti

scolastici nello svolgimento dell'attività contenziosa riconducibile alle

funzioni trasferite alle istituzioni scolastiche a norma del già citato art. 14

del D.P.R. 275/99. Si rappresenta l'opportunità che l'Avvocatura Generale

dello Stato, ove concordi, dia indicazioni alle Avvocature Distrettuali

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affinché gli atti introduttivi di giudizio, concernenti controversie rientranti

nella sfera di autonomia delle istituzioni scolastiche, proposti nei confronti

del Ministero in persona del Ministro pro-tempore, siano inoltrati, senza

eccezioni, agli Uffici Scolastici Regionali.

b) Gli adempimenti rimessi a questa Amministrazione Centrale e riferiti

alla liquidazione dei danni, delle spese dei legali di controparte, di somme

dovute per perizia tecnica, di parcelle delle Avvocature dello Stato o di

avvocati da queste delegati, debbono intendersi riferiti a codesti Uffici

Scolastici Regionali che potranno provvedere direttamente al pagamento in

favore dei creditori acquisendo tutta la documentazione indicata nella citata

circolare 305/97, ovvero potranno accreditare le somme necessarie volta a

volta alle istituzioni scolastiche perché, acquisita la documentazione,

provvedano ai pagamenti ed agli adempimenti dovuti. Ciò comporta che la

scrivente Direzione Generale, mentre procederà a liquidare mediante il

menzionato Ufficio stralcio danni e spese per i quali ha già acquisito gli atti

costitutivi delle obbligazioni, ovvero atti di richiesta entro il 31.12.2001,

disporrà il trasferimento a codesti Uffici Regionali delle pratiche pervenute

successivamente.

c) Gli atti di costituzione in mora di presunti responsabili dell'evento

dannoso ed il recupero dei crediti per eventuali decisioni di condanna della

magistratura ordinaria o della Corte dei Conti, devono essere curati,

rispettivamente, dal Dirigente scolastico nei confronti del personale della

scuola e dal Direttore Generale Regionale nei confronti dei Dirigenti

scolastici.

d) Le fattispecie di rilevanza penale devono essere segnalate all'Ufficio

Scolastico Regionale.

Si prega di portare il contenuto della presente a conoscenza delle Istituzioni

Scolastiche e dei Centri Servizi Amministrativi di livello provinciale.

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Legge 28 marzo 2003, n. 53

Delega al Governo per la definizione delle norme generali

sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di

istruzione e formazione professionale (239)

Articolo 1.

(Delega in materia di norme generali sull’istruzione e di livelli essenziali

delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale)

1. Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana,

nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di

ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della

cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di

autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i princìpi sanciti dalla

Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi

dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle

competenze costituzionali delle regioni e di comuni e province, in relazione

alle competenze conferite ai diversi soggetti istituzionali, e dell’autonomia

delle istituzioni scolastiche, uno o più decreti legislativi per la definizione

delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni

in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale.

2. Fatto salvo quanto specificamente previsto dall’articolo 4, i decreti

legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro

dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro

dell’economia e delle finanze, con il Ministro per la funzione pubblica e

con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza

unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,

e previo parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e

del Senato della Repubblica da rendere entro sessanta giorni dalla data di

239Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 Aprile 2003

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trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, i decreti legislativi

possono essere comunque adottati. I decreti legislativi in materia di

istruzione e formazione professionale sono adottati previa intesa con la

Conferenza unificata di cui al citato decreto legislativo n. 281 del 1997.

3. Per la realizzazione delle finalità della presente legge, il Ministro

dell’istruzione, dell’università e della ricerca predispone, entro novanta

giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, un piano

programmatico di interventi finanziari, da sottoporre all’approvazione del

Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza unificata di cui al

citato decreto legislativo n. 281 del 1997, a sostegno:

a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la

loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione dell’autonomia delle

istituzioni scolastiche;

b) dell’istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema

scolastico;

c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione

nelle tecnologie informatiche, nel pieno rispetto del principio di pluralismo

delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione tecnologica, al fine

di incoraggiare e sviluppare le doti creative e collaborative degli studenti;

d) dello sviluppo dell’attività motoria e delle competenze ludico-

sportive degli studenti;

e) della valorizzazione professionale del personale docente;

f) delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale;

g) del concorso al rimborso delle spese di autoaggiornamento

sostenute dai docenti;

h) della valorizzazione professionale del personale amministrativo,

tecnico ed ausiliario (ATA);

i) degli interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e

per assicurare la realizzazione del diritto – dovere di istruzione e

formazione;

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l) degli interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica

superiore e per l’educazione degli adulti;

m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia

scolastica.

4. Ulteriori disposizioni, correttive e integrative dei decreti legislativi di

cui al presente articolo e all’articolo 4, possono essere adottate, con il

rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi e con le stesse procedure,

entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore.

Articolo 2.

(Sistema educativo di istruzione e di formazione)

1. I decreti di cui all’articolo 1 definiscono il sistema educativo di

istruzione e di formazione, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri

direttivi:

a) è promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono

assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di

sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità,

generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali,

adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche

con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea;

b) sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e

morale, anche ispirata ai princìpi della Costituzione, e lo sviluppo della

coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità

nazionale ed alla civiltà europea;

c) è assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per

almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica

entro il diciottesimo anno di età; l’attuazione di tale diritto si realizza nel

sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale,

secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale a norma

dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e mediante

Page 313: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

308

regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23

agosto 1988, n. 400, e garantendo, attraverso adeguati interventi,

l’integrazione delle persone in situazione di handicap a norma della legge 5

febbraio 1992, n. 104. La fruizione dell’offerta di istruzione e formazione

costituisce un dovere legislativamente sanzionato; nei termini anzidetti di

diritto all’istruzione e formazione e di correlativo dovere viene ridefinito ed

ampliato l’obbligo scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione,

nonché l’obbligo formativo introdotto dall’articolo 68 della legge 17

maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni. L’attuazione graduale del

diritto-dovere predetto è rimessa ai decreti legislativi di cui all’articolo 1,

commi 1 e 2, della presente legge correlativamente agli interventi finanziari

previsti a tale fine dal piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3,

adottato previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del

decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e coerentemente con i

finanziamenti disposti a norma dell’articolo 7, comma 6, della presente

legge;

d) il sistema educativo di istruzione e di formazione si articola nella

scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e

la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il

sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione

professionale;

e) la scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre all’educazione

e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e

sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di

relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare

un’effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della

primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla

formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e

unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il

complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola primaria. È assicurata la

Page 314: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

309

generalizzazione dell’offerta formativa e la possibilità di frequenza della

scuola dell’infanzia; alla scuola dell’infanzia possono essere iscritti

secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione le bambine e i

bambini che compiono i 3 anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico

di riferimento, anche in rapporto all’introduzione di nuove professionalità e

modalità organizzative;

f) il primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria, della

durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado della durata

di tre anni. Ferma restando la specificità di ciascuna di esse, la scuola

primaria è articolata in un primo anno, teso al raggiungimento delle

strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali; la scuola

secondaria di primo grado si articola in un biennio e in un terzo anno che

completa prioritariamente il percorso disciplinare ed assicura

l’orientamento ed il raccordo con il secondo ciclo; nel primo ciclo è

assicurato altresì il raccordo con la scuola dell’infanzia e con il secondo

ciclo; è previsto che alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i

bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto; possono

iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile

dell’anno scolastico di riferimento; la scuola primaria promuove, nel

rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il

fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base fino alle

prime sistemazioni logico-critiche, di far apprendere i mezzi espressivi, ivi

inclusa l’alfabetizzazione in almeno una lingua dell’Unione europea oltre

alla lingua italiana, di porre le basi per l’utilizzazione di metodologie

scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi fenomeni e delle sue

leggi, di valorizzare le capacità relazionali e di orientamento nello spazio e

nel tempo, di educare ai princìpi fondamentali della convivenza civile; la

scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline di studio, è

finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio ed al

rafforzamento delle attitudini alla interazione sociale; organizza ed

Page 315: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

310

accresce, anche attraverso l’alfabetizzazione e l’approfondimento nelle

tecnologie informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla

tradizione culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della

realtà contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e

metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo; cura

la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le

competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni

degli allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di

istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua

dell’Unione europea; aiuta ad orientarsi per la successiva scelta di

istruzione e formazione; il primo ciclo di istruzione si conclude con un

esame di Stato, il cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema

dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale;

g) il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e

professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la

riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità

di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale

ambito, viene anche curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso

delle nuove tecnologie; il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e

dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale; dal

compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si

possono conseguire in alternanza scuola-lavoro o attraverso

l’apprendistato; il sistema dei licei comprende i licei artistico, classico,

economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle

scienze umane; i licei artistico, economico e tecnologico si articolano in

indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi; i licei hanno

durata quinquennale; l’attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e

in un quinto anno che prioritariamente completa il percorso disciplinare e

prevede altresì l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità

caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di

Page 316: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

311

studi; i licei si concludono con un esame di Stato il cui superamento

rappresenta titolo necessario per l’accesso all’università e all’alta

formazione artistica, musicale e coreutica; l’ammissione al quinto anno dà

accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore;

h) ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e

istruzione professionale, i percorsi del sistema dell’istruzione e della

formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e

professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di

differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai

livelli essenziali di prestazione di cui alla lettera c); le modalità di

accertamento di tale rispondenza, anche ai fini della spendibilità dei

predetti titoli e qualifiche nell’Unione europea, sono definite con il

regolamento di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c); i titoli e le qualifiche

costituiscono condizione per l’accesso all’istruzione e formazione tecnica

superiore, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 69 della legge 17 maggio

1999, n. 144; i titoli e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del

sistema dell’istruzione e della formazione professionale di durata almeno

quadriennale consentono di sostenere l’esame di Stato, utile anche ai fini

degli accessi all’università e all’alta formazione artistica, musicale e

coreutica, previa frequenza di apposito corso annuale, realizzato d’intesa

con le università e con l’alta formazione artistica, musicale e coreutica, e

ferma restando la possibilità di sostenere, come privatista, l’esame di Stato

anche senza tale frequenza;

i) è assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno

del sistema dei licei, nonchè di passare dal sistema dei licei al sistema

dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa, mediante

apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione di una

preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza positiva di qualsiasi

segmento del secondo ciclo comporta l’acquisizione di crediti certificati

che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi

Page 317: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

312

eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi di cui alle lettere

g) e h); nel secondo ciclo, esercitazioni pratiche, esperienze formative e

stage realizzati in Italia o all’estero anche con periodi di inserimento nelle

realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, sono

riconosciuti con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle

istituzioni scolastiche e formative; i licei e le istituzioni formative del

sistema dell’istruzione e della formazione professionale, d’intesa

rispettivamente con le università, con le istituzioni dell’alta formazione

artistica, musicale e coreutica e con il sistema dell’istruzione e formazione

tecnica superiore, stabiliscono, con riferimento all’ultimo anno del percorso

di studi, specifiche modalità per l’approfondimento delle conoscenze e

delle abilità richieste per l’accesso ai corsi di studio universitari, dell’alta

formazione, ed ai percorsi dell’istruzione e formazione tecnica superiore;

l) i piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia delle

istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su

base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale,

e prevedono una quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di

interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali.

Articolo 3.

(Valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema educativo di

istruzione e di formazione)

1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate le norme generali sulla

valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e degli

apprendimenti degli studenti, con l’osservanza dei seguenti princìpi e

criteri direttivi:

a) la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del

comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e di

formazione, e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono

affidate ai docenti delle istituzioni di istruzione e formazione frequentate;

Page 318: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

313

agli stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi didattici ai fini del

passaggio al periodo successivo; il miglioramento dei processi di

apprendimento e della relativa valutazione, nonché la continuità didattica,

sono assicurati anche attraverso una congrua permanenza dei docenti nella

sede di titolarità;

b) ai fini del progressivo miglioramento e dell’armonizzazione della

qualità del sistema di istruzione e di formazione, l’Istituto nazionale per la

valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e

sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità

complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative;

in funzione dei predetti compiti vengono rideterminate le funzioni e la

struttura del predetto Istituto;

c) l’esame di Stato conclusivo dei cicli di istruzione considera e valuta

le competenze acquisite dagli studenti nel corso e al termine del ciclo e si

svolge su prove organizzate dalle commissioni d’esame e su prove

predisposte e gestite dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di

istruzione, sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento del corso ed

in relazione alle discipline di insegnamento dell’ultimo anno.

Articolo 4.

(Alternanza scuola-lavoro)

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 18 della legge 24 giugno

1997, n. 196, al fine di assicurare agli studenti che hanno compiuto il

quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo

ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del

percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e

formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di

rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e

agricoltura, che assicuri ai giovani, oltre alla conoscenza di base,

l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, il Governo

Page 319: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

314

è delegato ad adottare, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data di

entrata in vigore della presente legge e ai sensi dell’articolo 1, commi 2 e 3,

della legge stessa, un apposito decreto legislativo su proposta del Ministro

dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro

del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro delle attività produttive,

d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto

legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni maggiormente

rappresentative dei datori di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e

criteri direttivi:

a) svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso

l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità

dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con

imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere

di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e

privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli

studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale

di lavoro. Le istituzioni scolastiche, nell’ambito dell’alternanza scuola-

lavoro, possono collegarsi con il sistema dell’istruzione e della formazione

professionale ed assicurare, a domanda degli interessati e d’intesa con le

regioni, la frequenza negli istituti d’istruzione e formazione professionale

di corsi integrati che prevedano piani di studio progettati d’intesa fra i due

sistemi, coerenti con il corso di studi e realizzati con il concorso degli

operatori di ambedue i sistemi;

b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l’assegnazione

delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di

alternanza, ivi compresi gli incentivi per le imprese, la valorizzazione delle

imprese come luogo formativo e l’assistenza tutoriale;

c) indicare le modalità di certificazione dell’esito positivo del tirocinio

e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente.

2. I compiti svolti dal docente incaricato dei rapporti con le imprese e del

Page 320: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

315

monitoraggio degli allievi che si avvalgono dell’alternanza scuola-lavoro

sono riconosciuti nel quadro della valorizzazione della professionalità del

personale docente.

Articolo 5.

(Formazione degli insegnanti)

1. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme sulla formazione

iniziale dei docenti della scuola dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo

ciclo, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) la formazione iniziale è di pari dignità per tutti i docenti e si svolge

nelle università presso i corsi di laurea specialistica, il cui accesso è

programmato ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999,

n. 264, e successive modificazioni. La programmazione degli accessi ai

corsi stessi è determinata ai sensi dell’articolo 3 della medesima legge,

sulla base della previsione dei posti effettivamente disponibili, per ogni

ambito regionale, nelle istituzioni scolastiche;

b) con uno o più decreti, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 95,

della legge 15 maggio 1997, n. 127, anche in deroga alle disposizioni di cui

all’articolo 10, comma 2, e all’articolo 6, comma 4, del regolamento di cui

al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e

tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, sono individuate le classi dei corsi di

laurea specialistica, anche interfacoltà o interuniversitari, finalizzati anche

alla formazione degli insegnanti di cui alla lettera a) del presente comma.

Per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo grado e

del secondo ciclo le classi predette sono individuate con riferimento

all’insegnamento delle discipline impartite in tali gradi di istruzione e con

preminenti finalità di approfondimento disciplinare. I decreti stessi

disciplinano le attività didattiche attinenti l’integrazione scolastica degli

alunni in condizione di handicap; la formazione iniziale dei docenti può

prevedere stage all’estero;

Page 321: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

316

c) l’accesso ai corsi di laurea specialistica per la formazione degli

insegnanti è subordinato al possesso dei requisiti minimi curricolari,

individuati per ciascuna classe di abilitazione nel decreto di cui alla lettera

b) e all’adeguatezza della personale preparazione dei candidati, verificata

dagli atenei;

d) l’esame finale per il conseguimento della laurea specialistica di cui

alla lettera a) ha valore abilitante per uno o più insegnamenti individuati

con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

e) coloro che hanno conseguito la laurea specialistica di cui alla lettera

a), ai fini dell’accesso nei ruoli organici del personale docente delle

istituzioni scolastiche, svolgono, previa stipula di appositi contratti di

formazione lavoro, specifiche attività di tirocinio. A tale fine e per la

gestione dei corsi di cui alla lettera a), le università, sentita la direzione

scolastica regionale, definiscono nei regolamenti didattici di ateneo

l’istituzione e l’organizzazione di apposite strutture di ateneo o

d’interateneo per la formazione degli insegnanti, cui sono affidati, sulla

base di convenzioni, anche i rapporti con le istituzioni scolastiche;

f) le strutture didattiche di ateneo o d’interateneo di cui alla lettera e)

promuovono e governano i centri di eccellenza per la formazione

permanente degli insegnanti, definiti con apposito decreto del Ministro

dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

g) le strutture di cui alla lettera e) curano anche la formazione in

servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di

tutorato e di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale

delle istituzioni scolastiche e formative.

2. Con i decreti di cui all’articolo 1 sono dettate norme anche sulla

formazione iniziale svolta negli istituti di alta formazione e

specializzazione artistica, musicale e coreutica di cui alla legge 21

dicembre 1999, n. 508, relativamente agli insegnamenti cui danno accesso i

relativi diplomi accademici. Ai predetti fini si applicano, con i necessari

Page 322: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

317

adattamenti, i princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1 del presente

articolo.

3. Per coloro che, sprovvisti dell’abilitazione all’insegnamento

secondario, sono in possesso del diploma biennale di specializzazione per

le attività di sostegno di cui al decreto del Ministro della pubblica

istruzione 24 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del

7 giugno 1999, e al decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre

1975, n. 970, nonché del diploma di laurea o del diploma di istituto

superiore di educazione fisica (ISEF) o di Accademia di belle arti o di

Istituto superiore per le industrie artistiche o di Conservatorio di musica o

Istituto musicale pareggiato, e che abbiano superato le prove di accesso alle

scuole di specializzazione all’insegnamento secondario, le scuole

medesime valutano il percorso didattico teorico-pratico e gli esami

sostenuti per il conseguimento del predetto diploma di specializzazione ai

fini del riconoscimento dei relativi crediti didattici, anche per consentire

loro un’abbreviazione del percorso degli studi della scuola di

specializzazione previa iscrizione in sovrannumero al secondo anno di

corso della scuola. I corsi di laurea in scienze della formazione primaria di

cui all’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, valutano

il percorso didattico teorico-pratico e gli esami sostenuti per il

conseguimento del diploma biennale di specializzazione per le attività di

sostegno ai fini del riconoscimento dei relativi crediti didattici e

dell’iscrizione in soprannumero al relativo anno di corso stabilito dalle

autorità accademiche, per coloro che, in possesso di tale titolo di

specializzazione e del diploma di scuola secondaria superiore, abbiano

superato le relative prove di accesso. L’esame di laurea sostenuto a

conclusione dei corsi in scienze della formazione primaria istituiti a norma

dell’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341,

comprensivo della valutazione delle attività di tirocinio previste dal relativo

percorso formativo, ha valore di esame di Stato e abilita all’insegnamento,

Page 323: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

318

rispettivamente, nella scuola materna o dell’infanzia e nella scuola

elementare o primaria. Esso consente altresì l’inserimento nelle graduatorie

permanenti previste dall’articolo 401 del testo unico di cui al decreto

legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Al fine di

tale inserimento, la tabella di valutazione dei titoli è integrata con la

previsione di un apposito punteggio da attribuire al voto di laurea

conseguito. All’articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341,

le parole: «I concorsi hanno funzione abilitante» sono soppresse.

Articolo 6.

(Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano)

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle

province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti

e relative norme di attuazione, nonchè alla legge costituzionale 18 ottobre

2001, n. 3.

Articolo 7.

(Disposizioni finali e attuative)

1. Mediante uno o più regolamenti da adottare a norma dell’articolo 117,

sesto comma, della Costituzione e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23

agosto 1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel

rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede:

a) alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio

scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di

apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale

dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni

nell’organizzazione delle discipline;

b) alla determinazione delle modalità di valutazione dei crediti

scolastici;

c) alla definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la

Page 324: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

319

spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all’esito dei

percorsi formativi, nonchè per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi

scolastici.

2. Le norme regolamentari di cui al comma 1, lettera c), sono definite

previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui al decreto

legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

3. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta ogni

tre anni al Parlamento una relazione sul sistema educativo di istruzione e di

formazione professionale.

4. Per gli anni scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 possono

iscriversi, secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione,

compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei

comuni, secondo gli obblighi conferiti dall’ordinamento e nel rispetto dei

limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, al primo anno della

scuola dell’infanzia i bambini e le bambine che compiono i tre anni di età

entro il 28 febbraio 2004, ovvero entro date ulteriormente anticipate, fino

alla data del 30 aprile di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e). Per l’anno

scolastico 2003-2004 possono iscriversi al primo anno della scuola

primaria, nei limiti delle risorse finanziarie di cui al comma 5, i bambini e

le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004.

5. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 2, comma 1, lettera f),

e dal comma 4 del presente articolo, limitatamente alla scuola dell’infanzia

statale e alla scuola primaria statale, determinati nella misura massima di

12.731 migliaia di euro per l’anno 2003, 45.829 migliaia di euro per l’anno

2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere dall’anno 2005, si provvede

mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del

bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di

parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero

dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente

Page 325: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

320

utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione,

dell’università e della ricerca. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e

della ricerca provvede a modulare le anticipazioni, anche fino alla data del

30 aprile di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), garantendo comunque il

rispetto del predetto limite di spesa.

6. All’attuazione del piano programmatico di cui all’articolo 1, comma 3,

si provvede, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, mediante

finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria, in coerenza

con quanto previsto dal Documento di programmazione economico-

finanziaria.

7. Lo schema di ciascuno dei decreti legislativi di cui agli articoli 1 e 4

deve essere corredato da relazione tecnica ai sensi dell’articolo 11-ter,

comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

8. I decreti legislativi di cui al comma 7 la cui attuazione determini nuovi

o maggiori oneri per la finanza pubblica sono emanati solo

successivamente all’entrata in vigore di provvedimenti legislativi che

stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

9. Il parere di cui all’articolo 1, comma 2, primo periodo, è espresso

dalle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le

conseguenze di carattere finanziario.

10. Con periodicità annuale, il Ministero dell’istruzione, dell’università e

della ricerca ed il Ministero dell’economia e delle finanze procedono alla

verifica delle occorrenze finanziarie, in relazione alla graduale attuazione

della riforma, a fronte delle somme stanziate annualmente in bilancio per lo

stesso fine. Le eventuali maggiori spese dovranno trovare copertura ai sensi

dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e

successive modificazioni.

11. ..omissis…

12. La legge 10 febbraio 2000, n. 30, è abrogata.

13. La legge 20 gennaio 1999, n. 9, è abrogata.

Page 326: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

321

Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59

Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al

primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28

marzo 2003, n. 53. (240)

Capo I

Scuola dell'infanzia

Articolo 1.

Finalità della scuola dell'infanzia

1. La scuola dell'infanzia, non obbligatoria e di durata triennale, concorre

all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale,

religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le

potenzialità di relazione, autonomia, creativita', apprendimento, e ad

assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto

della primaria responsabilità educativa dei genitori, contribuisce alla

formazione integrale delle bambine e dei bambini (, anche promuovendo il

plurilinguismo attraverso l'acquisizione dei primi elementi della lingua

inglese,) e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza

il profilo educativo e la continuità educativa con il complesso dei servizi

all'infanzia e con la scuola primaria. 2. è assicurata la generalizzazione

dell'offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell'infanzia.

A tali fini si provvede attraverso ulteriori decreti legislativi di cui

all'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53, nel rispetto delle modalità di

copertura finanziaria definite dall'articolo 7, comma 8, della predetta legge.

3. Al fine di realizzare la continuità educativa di cui al comma 1, gli uffici

scolastici regionali promuovono appositi accordi con i competenti uffici

delle regioni e degli enti locali.

240 Vigente al: 6-5-2014

Page 327: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

322

Articolo 2.241

Articolo 3.

Attività educative

1. L'orario annuale delle attività educative per la scuola dell'infanzia,

comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche

autonome e all'insegnamento della religione cattolica in conformità

all'Accordo che apporta modifiche al Concordato lateranense e relativo

Protocollo addizionale, reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121, ed

alle conseguenti intese, si diversifica da un minimo di 875 ad un massimo

di 1700 ore, a seconda dei progetti educativi delle singole scuole

dell'infanzia, tenuto conto delle richieste delle famiglie. 2. Al fine del

conseguimento degli obiettivi formativi, i docenti curano la

personalizzazione delle attività educative, attraverso la relazione con la

famiglia in continuità con il primario contesto affettivo e di vita delle

bambine e dei bambini. Nell'esercizio dell'autonomia delle istituzioni

scolastiche sotto attuate opportune forme di coordinamento didattico, anche

per assicurare il raccordo in continuità con il complesso dei servizi

all'infanzia e con la scuola primaria. 3. Allo scopo di garantire le attività

educative di cui ai commi 1 e 2 è costituito l'organico di istituto.

4. La scuola dell'infanzia cura la documentazione relativa al processo

educativo ed in particolare all'autonomia personale delle bambine e dei

bambini, con la collaborazione delle famiglie.

Capo II

Primo ciclo di istruzione

Articolo 4.

Articolazione del ciclo e periodi

241 Articolo abrogato dalla Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Page 328: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

323

1. Il primo ciclo d'istruzione è costituito dalla scuola primaria e dalla

scuola secondaria di primo grado, ciascuna caratterizzata dalla sua

specificità. Esso ha la durata di otto anni e costituisce il primo segmento in

cui si realizza il diritto-dovere all'istruzione e formazione. 2. La scuola

primaria, della durata di cinque anni, è articolata in un primo anno,

raccordato con la scuola dell'infanzia e teso al raggiungimento delle

strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali. 3. La scuola

secondaria di primo grado, della durata di tre anni, si articola in un periodo

didattico biennale e in un terzo anno, che completa prioritariamente il

percorso disciplinare ed assicura l'orientamento ed il raccordo con il

secondo ciclo. 4. Il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria

di primo grado avviene a seguito di valutazione positiva al termine del

secondo periodo didattico biennale. 5. Il primo ciclo di istruzione ha

configurazione autonoma rispetto al secondo ciclo di istruzione e si

conclude con l'esame di Stato.

6. Le scuole statali appartenenti al primo ciclo possono essere aggregate tra

loro in istituti comprensivi anche comprendenti le scuole dell'infanzia

esistenti sullo stesso territorio.

Capo III

La scuola primaria

Articolo 5.

Finalità

1. La scuola primaria, accogliendo e valorizzando le diversità individuali,

ivi comprese quelle derivanti dalle disabilità, promuove, nel rispetto delle

diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far

acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base, ivi comprese quelle

relative all'alfabetizzazione informatica, fino alle prime sistemazioni

logico-critiche, di fare apprendere i mezzi espressivi, la lingua italiana e

Page 329: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

324

l'alfabetizzazione nella lingua inglese, di porre le basi per l'utilizzazione di

metodologie scientifiche nello studio del mondo naturale, dei suoi

fenomeni e delle sue leggi, di valorizzare le capacità relazionali e di

orientamento nello spazio e nel tempo, di educare ai principi fondamentali

della convivenza civile.

Articolo 6. 242

Articolo 7.

Attività educative e didattiche

1. Al fine di garantire l'esercizio del diritto-dovere di cui all'articolo 4,

comma 1, l'orario annuale delle lezioni nella scuola primaria, comprensivo

della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e

all'insegnamento della religione cattolica in conformità alle norme

concordatarie di cui all'articolo 3, comma 1, ed alle conseguenti intese, è di

891 ore, oltre a quanto previsto al comma 2. 2. Le istituzioni scolastiche, al

fine di realizzare la personalizzazione del piano di studi, organizzano,

nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo conto delle prevalenti

richieste delle famiglie, attività e insegnamenti, coerenti con il profilo

educativo, per ulteriori 99 ore annue, la cui scelta è facoltativa e opzionale

per gli allievi e la cui frequenza è gratuita. Gli allievi sono tenuti alla

frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie hanno

esercitato l'opzione. Le predette richieste sono formulate all'atto

dell'iscrizione. Al fine di ampliare e razionalizzare la scelta delle famiglie,

le istituzioni scolastiche possono, nella loro autonomia, organizzarsi anche

in rete. 3. L'orario di cui ai commi 1 e 2 non comprende il tempo

eventualmente dedicato alla mensa.

4. Allo scopo di garantire le attività educative e didattiche, di cui ai commi

1 e 2, nonché l'assistenza educativa da parte del personale docente nel

242 Articolo abrogato dal D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89.

Page 330: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

325

tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa fino ad un

massimo di 330 ore annue, fermo restando il limite del numero

complessivo dei posti di cui all'articolo 15, è costituito l'organico di

istituto. Per lo svolgimento delle attività e degli insegnamenti di cui al

comma 2, ove essi richiedano una specifica professionalità non

riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola primaria, le

istituzioni scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro

bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli

definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della

ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. 5.

L'organizzazione delle attività educative e didattiche rientra nell'autonomia

e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il

perseguimento delle finalità di cui all'articolo 5, assicurato dalla

personalizzazione dei piani di studio, è affidato ai docenti responsabili

delle attività educative e didattiche, previste dai medesimi piani di studio. A

tale fine concorre prioritariamente, fatta salva la contitolarità didattica dei

docenti, per l'intera durata del corso, il docente in possesso di specifica

formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio,

svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta delle attività di cui al

comma 2, di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attività educative

e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della

documentazione del percorso formativo compiuto dall'allievo, con l'apporto

degli altri docenti. 6. Il docente, al quale sono affidati i compiti previsti dal

comma 5, assicura, nei primi tre anni della scuola primaria, un'attività di

insegnamento agli alunni non inferiore alle 18 ore settimanali. 7. Il

dirigente scolastico, sulla base di quanto stabilito dal piano dell'offerta

formativa e di criteri generali definiti dal collegio dei docenti e dal

consiglio di circolo o di istituto, dispone l'assegnazione dei docenti alle

classi avendo cura di garantire le condizioni per la continuità didattica,

nonché la migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze

Page 331: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

326

professionali, fermo restando quanto previsto dal comma 6. 8. Le

istituzioni scolastiche definiscono le modalità di svolgimento dell'orario

delle attività didattiche sulla base del piano dell'offerta formativa, delle

disponibilità strutturali e dei servizi funzionanti, fatta salva comunque la

qualità dell'insegnamento-apprendimento. 9. Nell'organizzazione dell'orario

settimanale i criteri della programmazione delle attività educative devono

rispettare una equilibrata ripartizione dell'orario quotidiano tra le attività

obbligatorie e quelle opzionali facoltative.

Articolo 8.

La valutazione nella scuola primaria

1. La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del

comportamento degli alunni e la certificazione delle competenze da essi

acquisite, sono affidate ai docenti responsabili delle attività educative e

didattiche previste dai piani di studio personalizzati; agli stessi è affidata la

valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo.

2. I medesimi docenti, con decisione assunta all'unanimità', possono non

ammettere l'alunno alla classe successiva, all'interno del periodo biennale,

in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione. 3. Il

miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione,

nonché la continuità didattica, sono assicurati anche attraverso la

permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo

corrispondente al periodo didattico. 4. Gli alunni provenienti da scuola

privata o familiare sono ammessi a sostenere esami di idoneità per la

frequenza delle classi seconda, terza, quarta e quinta. La sessione di esami

è unica. Per i candidati assenti per gravi e comprovati motivi sono

ammesse prove suppletive che devono concludersi prima dell'inizio delle

lezioni dell'anno scolastico successivo.

Capo IV

Page 332: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

327

Scuola secondaria di primo grado

Articolo 9.

Finalità della scuola secondaria di primo grado

1. La scuola secondaria di primo grado, attraverso le discipline di studio, è

finalizzata alla crescita delle capacità autonome di studio e al rafforzamento

delle attitudini all'interazione sociale; organizza ed accresce, anche

attraverso l'alfabetizzazione e l'approfondimento nelle tecnologie

informatiche, le conoscenze e le abilità, anche in relazione alla tradizione

culturale e alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà

contemporanea; è caratterizzata dalla diversificazione didattica e

metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell'allievo; cura

la dimensione sistematica delle discipline; sviluppa progressivamente le

competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle attitudini e vocazioni

degli allievi; fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione delle attività di

istruzione e di formazione; introduce lo studio di una seconda lingua

dell'Unione europea; aiuta ad orientarsi per la successiva scelta di

istruzione e formazione.

Articolo 10.

Attività educative e didattiche

1. Al fine di garantire l'esercizio del diritto-dovere di cui all'articolo 4,

comma 1, l'orario annuale delle lezioni nella scuola secondaria di primo

grado, comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni

scolastiche autonome e all'insegnamento della religione cattolica in

conformità alle norme concordatarie, di cui all'articolo 3, comma 1, ed alle

conseguenti intese, è di 891 ore, oltre a quanto previsto al comma 2. 2. Le

istituzioni scolastiche, al fine di realizzare la personalizzazione del piano di

studi, organizzano, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo

conto delle prevalenti richieste delle famiglie, attività e insegnamenti,

Page 333: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

328

coerenti con il profilo educativo, e con la prosecuzione degli studi del

secondo ciclo, per ulteriori 198 ore annue, la cui scelta è facoltativa e

opzionale per gli allievi e la cui frequenza è gratuita. Gli allievi sono tenuti

alla frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie

hanno esercitato l'opzione. Le predette richieste sono formulate all'atto

dell'iscrizione. Al fine di ampliare e razionalizzare la scelta delle famiglie,

le istituzioni scolastiche possono, nella loro autonomia, organizzarsi anche

in rete. 3. L'orario di cui ai commi 1 e 2 non comprende il tempo

eventualmente dedicato alla mensa.

4. Allo scopo di garantire le attività educative e didattiche, di cui ai commi

1 e 2, nonché l'assistenza educativa da parte del personale docente nel

tempo eventualmente dedicato alla mensa e al dopo mensa fino ad un

massimo di 231 ore annue, fermo restando il limite del numero

complessivo dei posti di cui all'articolo 15, è costituito l'organico di istituto.

Per lo svolgimento delle attività e degli insegnamenti di cui al comma 2,

ove essi richiedano una specifica professionalità non riconducibile agli

ambiti disciplinari per i quali è prevista l'abilitazione all'insegnamento, le

istituzioni scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro

bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli

definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della

ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. 5.

L'organizzazione delle attività educative e didattiche rientra nell'autonomia

e nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il

perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 è affidato, anche attraverso

la personalizzatone dei piani di studio, ai docenti responsabili degli

insegnamenti e delle attività educative e didattiche previste dai medesimi

piani di studio. A tale fine concorre prioritariamente, per l'intera durata del

corso, il docente in possesso di specifica formazione che, in costante

rapporto con le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di orientamento

nella scelta delle attività di cui al comma 2, di tutorato degli alunni, di

Page 334: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

329

coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura delle relazioni

con le famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo

compiuto dall'allievo, con l'apporto degli altri docenti.

Articolo 11.

Valutazione, scrutini ed esami

1. Ai fini della validità dell'anno, per la valutazione degli allievi è richiesta

la frequenza di almeno tre quarti dell'orario annuale personalizzato di cui ai

commi 1 e 2 dell'articolo 10. Per casi eccezionali, le istituzioni scolastiche

possono autonomamente stabilire motivate deroghe al suddetto limite. 2.

La valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del

comportamento degli allievi e la certificazione delle competenze da essi

acquisite sono affidate ai docenti responsabili degli insegnamenti e delle

attività educative e didattiche previsti dai piani di studio personalizzati.

Sulla base degli esiti della valutazione periodica, le istituzioni scolastiche

predispongono gli interventi educativi e didattici, ritenuti necessari al

recupero e allo sviluppo degli apprendimenti. 3. I docenti effettuano la

valutazione biennale ai fini del passaggio al terzo anno, avendo cura di

accertare il raggiungimento di tutti gli obiettivi formativi del biennio,

valutando altresì il comportamento degli alunni. Gli stessi, in casi

motivati, possono non ammettere l'allievo alla classe successiva all'interno

del periodo biennale. 4. Il terzo anno della scuola secondaria di primo

grado si conclude con un esame di Stato (, al quale sono ammessi gli alunni

giudicati idonei a norma del comma 4-bis). (4-bis. Il consiglio di classe, in

sede di valutazione finale, delibera se ammettere o non ammettere

all'esame di Stato gli alunni frequentanti il terzo anno della scuola

secondaria di primo grado, formulando un giudizio di idoneità o, in caso

negativo, un giudizio di non ammissione all'esame medesimo. 4-ter.

L'esame di Stato comprende anche una prova scritta, a carattere nazionale,

volta a verificare i livelli generali e specifici di apprendimento conseguiti

Page 335: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

330

dagli studenti. I testi relativi alla suddetta prova sono scelti dal Ministro

della pubblica istruzione tra quelli predisposti annualmente dall'Istituto

nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di

formazione (INVALSI), conformemente alla direttiva periodicamente

emanata dal Ministro stesso, e inviati alle istituzioni scolastiche

competenti.) 5. Alle classi seconda e terza si accede anche per esame di

idoneità, al quale sono ammessi i candidati privatisti che abbiano compiuto

o compiano entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento,

rispettivamente, l'undicesimo e il dodicesimo anno di età e che siano in

possesso del titolo di ammissione alla prima classe della scuola secondaria

di primo grado, nonché i candidati che abbiano conseguito il predetto

titolo, rispettivamente, da almeno uno o due anni. 6. All'esame di Stato di

cui al comma 4 sono ammessi anche i candidati privatisti che abbiano

compiuto, entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, il

tredicesimo anno di età e che siano in possesso del titolo di ammissione alla

prima classe della scuola secondaria di primo grado. Sono inoltre ammessi

i candidati che abbiano conseguito il predetto titolo da almeno un triennio e

i candidati che nell'anno in corso compiano ventitre anni di età. 7. Il

miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione,

nonché la continuità didattica, sono assicurati anche attraverso la

permanenza dei docenti nella sede di titolarità, almeno per il tempo

corrispondente al periodo didattico.

Capo V

Norme finali e transitorie

Articolo 12.

Scuola dell'infanzia

1. (Periodo abrogato dal D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89) Dovrà essere

favorita omogeneità di distribuzione, sul territorio nazionale, dei livelli di

Page 336: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

331

servizio, senza penalizzare o limitare le opportunità esistenti. Alle stesse

condizioni e modalità, per gli anni scolastici successivi può essere

consentita un'ulteriore, graduale anticipazione, fino al limite temporale di

cui all'articolo 2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca

provvede, con proprio decreto, sentita l'Associazione nazionale dei comuni

d'Italia (ANCI), salvo quanto previsto all'articolo 7, comma 4, della legge

28 marzo 2003, n. 53, a modulare le anticipazioni, garantendo comunque il

rispetto del limite di spesa di cui all'articolo 18.243 2. Al fine di armonizzare

il passaggio al nuovo ordinamento, fino all'emanazione del relativo

regolamento governativo, si adotta in via transitoria l'assetto pedagogico,

didattico ed organizzativo individuato nell'allegato A.

Articolo 13.

Scuola primaria

1. Nell'anno scolastico 2003-2004 possono essere iscritti alla scuola

primaria le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 28

febbraio 2004. Per gli anni scolastici successivi può essere consentita, con

decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

un'ulteriore anticipazione delle iscrizioni, fino al limite temporale previsto

dall'articolo 6, comma 2.244

2. Per l'attuazione delle disposizioni del presente decreto sono avviate,

dall'anno scolastico 2003-2004, la prima e la seconda classe della scuola

primaria e, a decorrere dall'anno scolastico 2004-2005, la terza, la quarta e

243 La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 279 (in G.U. 1a s.s. 20/7/2005, n. 29) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, ultimo periodo, del presente articolo"nella parte in cui dispone che il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e dellaricerca in tema di anticipazione dell'età di accesso alla scuola dell'infanzia sia adottato «sentital'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI)» invece che «sentita la conferenza unificataStato-Regioni». 244 La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 279 (in G.U. 1a s.s. 20/7/2005, n. 29) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, secondo periodo del presentearticolo «nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universitàe della ricerca in tema di anticipazione dell'età di accesso alla scuola primaria sia adottatosentita la conferenza unificata Stato-Regioni».

Page 337: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

332

la quinta classe. 3. Al fine di armonizzare il passaggio al nuovo

ordinamento, l'avvio del primo ciclo di istruzione ha carattere di gradualità.

Fino all'emanazione del relativo regolamento governativo, si adotta, in via

transitoria, l'assetto pedagogico, didattico e organizzativo individuato

nell'allegato B, facendo riferimento al profilo educativo, culturale e

professionale individuato nell'allegato D.

Articolo 14.

Scuola secondaria di primo grado

1. A decorrere dall'anno scolastico 2004-2005 è avviata la prima classe del

biennio della scuola secondaria di primo grado; saranno successivamente

avviate, dall'anno scolastico 2005-2006, la seconda classe del predetto

biennio e, dall'anno scolastico 2006-2007, la terza classe di completamento

del ciclo. 2. Fino all'emanazione del relativo regolamento governativo, si

adotta, in via transitoria, l'assetto pedagogico, didattico e organizzativo

individuato nell'allegato C, facendo riferimento al profilo educativo

culturale e professionale individuato nell'allegato D. 3. Al fine di

assicurare il passaggio graduale al nuovo ordinamento per l'anno scolastico

2004-2005, (e fino all'anno scolastico 2008-2009,) l'assetto organico delle

scuole secondarie di primo grado, come definito dall'articolo 10, comma 4,

viene confermato secondo i criteri fissati nel decreto del Presidente della

Repubblica 14 maggio 1982, n. 782. 4. In attesa dell'emanazione del

regolamento governativo di cui al comma 2, le istituzioni scolastiche,

nell'esercizio della propria autonomia didattica ed organizzativa,

provvedono ad adeguare la configurazione oraria delle cattedre e dei posti

di insegnamento ai nuovi piani di studio allegati al presente decreto. 5. Ai

fini dell'espletamento dell'orario di servizio obbligatorio, il personale

docente interessato ad una diminuzione del suo attuale orario di cattedra

viene utilizzato per le finalità e per le attività educative e didattiche

individuate, rispettivamente, dall'articolo 9 e dall'articolo 10. 6. Entro un

Page 338: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

333

anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono

ridefinite le classi di abilitazione all'insegnamento, in coerenza con i nuovi

piani di studio della scuola secondaria di primo grado.

Articolo 15.

Attività di tempo pieno e di tempo prolungato

1. Al fine di realizzare le attività educative di cui all'articolo 7, commi 1, 2

e 3, e all'articolo 10, commi 1, 2 e 3, è confermato in via di prima

applicazione, per l'anno scolastico 2004-2005, il numero dei posti attivati

complessivamente a livello nazionale per l'anno scolastico 2003-2004 per

le attività di tempo pieno e di tempo prolungato ai sensi delle norme

previgenti. Per gli anni successivi, ulteriori incrementi di posti, per le stesse

finalità, possono essere attivati nell'ambito della consistenza dell'organico

complessivo del personale docente dei corrispondenti ordini di scuola

determinata con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e

della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di

cui all'articolo 22, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.245

Articolo 16.

Frequenza del primo ciclo dell'istruzione

1. Restano in vigore, in attesa dell'emanazione del decreto legislativo con il

quale sarà ridefinito ed ampliato, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera

c), della legge 28 marzo 2003, n. 53, l'obbligo di istruzione di cui

all'articolo 34 della Costituzione, le sanzioni previste dalle vigenti

disposizioni per il caso di mancata frequenza del primo ciclo

dell'istruzione.

245 La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 279 (in G.U. 1a s.s. 20/7/2005, n. 29) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1, secondo periodo del presentearticolo «nella parte in cui non prevede che il decreto ex art. 22, comma 2, della legge28/12/2001, n. 448 (Finanziaria 2002) in tema di incremento di posti per le attività di tempopieno e di tempo prolungato sia adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e dellaricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la commissioneunificata Stato – Regioni».

Page 339: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

334

Articolo 17.

Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province

autonome di Trento e di Bolzano

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle

province autonome di Trento e di Bolzano in conformità ai rispettivi statuti

e relative norme di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18 ottobre

2001, n. 3. 2. Fermo restando quanto stabilito dal comma 1, nel territorio

della provincia di Trento, il presente decreto si applica compatibilmente

con quanto stabilito dall'intesa tra il Ministero dell'istruzione,

dell'università e della ricerca e la provincia autonoma di Trento, sottoscritta

il 12 giugno 2002, come integrata il 29 luglio 2003; in particolare sono

fatte salve, per i tre anni scolastici successivi alla data di entrata in vigore

del presente decreto, le iniziative finalizzate all'innovazione, relative al

primo ciclo dell'istruzione avviate sulla base della predetta intesa a

decorrere dal 1° settembre 2003.

Articolo 18.

Norma finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 6, comma 2, dell'articolo

12, comma 1, e dell'articolo 13, comma 1, limitatamente alla scuola

dell'infanzia statale e alla scuola primaria statale, determinati nella misura

massima di 12.731 migliaia di euro per l'anno 2003, 45.829 migliaia di euro

per l'anno 2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2005, si

provvede con i fondi previsti allo scopo dall'articolo 7, comma 5, della

legge 28 marzo 2003, n. 53.

Articolo 19.

Norme finali e abrogazioni

1. Sono fatti salvi gli interventi previsti, per gli alunni in situazione di

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335

handicap, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104.

2. Le espressioni "scuola materna", "scuola elementare" e "scuola media"

contenute nelle disposizioni vigenti si intendono sostituite, rispettivamente,

dalle espressioni "scuola dell'infanzia", "scuola primaria" e "scuola

secondaria di primo grado". 3. Le seguenti disposizioni del testo unico

approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, continuano ad

applicarsi limitatamente alle sezioni di scuola materna e alle classi di

scuola elementare e di scuola media ancora funzionanti secondo il

precedente ordinamento ed agli alunni ad essi iscritti, e sono abrogate, a

decorrere dall'anno scolastico successivo al completo esaurimento delle

predette sezioni e classi: articolo 99, commi 1 e 2; articolo 104; articolo

109, commi 2 e 3; articolo 118; articolo 119; articolo 128, commi 3 e 4;

articolo 145; articolo 148; articolo 149; articolo 150; articolo 161, comma

2; articolo 176; articolo 177; articolo 178, commi 1 e 3; articolo 183,

comma 2; articolo 442. 4. Le seguenti disposizioni del testo unico di cui al

comma 3 sono abrogate a decorrere dall'anno scolastico successivo alla

data di entrata in vigore del presente decreto: articolo 129; articolo 130;

articolo 143, comma 1; articolo 147; articolo 162, comma 5; articolo 178,

comma 2. 5. è abrogata ogni altra disposizione incompatibile con le norme

del presente decreto.

6. Al testo unico di cui al comma 3 sono apportate le seguenti

modificazioni:

a) all'articolo 100, comma 1, le parole: "di cui all'articolo 99" sono

soppresse;

b) all'articolo 183, comma 1, le parole: "a norma dell'articolo 177, comma

5" sono soppresse.

7. …omissis…

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336

Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286 (246)

"Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo

di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a

norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53"

…Omissis…

Articolo 1.

Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di

istruzione e di formazione 1. Ai fini del progressivo miglioramento e

dell'armonizzazione della qualità del sistema educativo definito a norma

della legge 28 marzo 2003, n. 53, è istituito il Servizio nazionale di

valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione con

l'obiettivo di valutarne l'efficienza e l'efficacia, inquadrando la valutazione

nel contesto internazionale. Per l'istruzione e la formazione professionale

tale valutazione concerne esclusivamente i livelli essenziali di prestazione

ed è effettuata tenuto conto degli altri soggetti istituzionali che già operano

a livello nazionale nel settore della valutazione delle politiche nazionali

finalizzate allo sviluppo delle risorse umane.

2. Al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono l'Istituto

nazionale di valutazione di cui all'articolo 2 e le istituzioni scolastiche e

formative, nonché le regioni, le province ed i comuni in relazione ai

rispettivi ambiti di competenza. L'Istituto nazionale di valutazione di cui

all'articolo 2, le istituzioni scolastiche e formative, le regioni, le province

ed i comuni provvedono al coordinamento delle rispettive attività e servizi

in materia di valutazione dell'offerta formativa attraverso accordi ed intese

volti alla condivisione dei dati e delle conoscenze.

246 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 1 dicembre 2004.

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337

3. Ai fini di cui al comma 2 l'Istituto nazionale di valutazione di cui

all'articolo 2, le istituzioni scolastiche e formative, le regioni, le province

ed i comuni attivano le opportune procedure atte a favorire l'interoperabilità

tra i loro sistemi informativi, in modo da poter scambiare con continuità

dati ed informazioni riguardanti i sistemi di istruzione e di istruzione e

formazione professionale, riducendo al tempo stesso duplicazioni e

disallineamenti fra i dati stessi, ai sensi del decreto legislativo 12 febbraio

1993, n. 39, e successive modificazioni.

4. Ferma restando l'autonomia dell'Istituto nazionale di valutazione di cui

all'articolo 2 e dei servizi di valutazione di competenza regionale, è

istituito, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

un Comitato tecnico permanente, cui partecipano i rappresentanti delle

amministrazioni interessate, con il compito di assicurare l'interoperabilità

fra le attività ed i servizi di valutazione.

Articolo 2.

Riordino dell'Istituto nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione

1. Per i fini di cui all'articolo 1 l'Istituto nazionale di valutazione del

sistema dell'istruzione di cui al decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258, è

riordinato, secondo le disposizioni del presente decreto ed assume la

denominazione di «Istituto Nazionale per la valutazione del sistema

educativo di istruzione e di formazione (INVALSI)», di seguito

denominato: «Istituto». 2. L'Istituto è ente di ricerca con personalità

giuridica di diritto pubblico ed autonomia amministrativa, contabile,

patrimoniale, regolamentare e finanziaria.

3. L'Istituto è soggetto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione,

università e ricerca, di seguito denominato: «Ministero». Il Ministro

dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato

«Ministro» individua, con periodicità almeno triennale, le priorità

strategiche delle quali l'Istituto tiene conto per programmare la propria

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338

attività, fermo restando che la valutazione delle priorità tecnico-scientifiche

è riservata all'Istituto. A tale fine il Ministro provvede:

a) con propria direttiva, relativamente al sistema dell'istruzione;

b) con apposite linee guida definite d'intesa con la Conferenza unificata di

cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, previo

concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, relativamente al

sistema dell'istruzione e formazione professionale.

4. Il Ministro adotta altresì specifiche direttive connesse agli obiettivi

generali delle politiche educative nazionali.

Articolo 3.

Compiti dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di

istruzione e di formazione

1. L'Istituto:

a) effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità

degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle

istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale, anche

nel contesto dell'apprendimento permanente. Per la formazione

professionale le verifiche concernono esclusivamente i livelli essenziali di

prestazione e sono effettuate tenuto conto degli altri soggetti istituzionali

che già operano a livello nazionale nel settore della valutazione delle

politiche nazionali finalizzate allo sviluppo delle risorse umane;

b) predispone, nell'ambito delle prove previste per l'esame di Stato

conclusivo dei cicli di istruzione, per la loro scelta da parte del Ministro, le

prove a carattere nazionale, sulla base degli obiettivi specifici di

apprendimento del corso ed in relazione alle discipline di insegnamento

dell'ultimo anno di ciascun ciclo, e provvede alla gestione delle prove

stesse, secondo le disposizioni emanate in attuazione dell'articolo 3, comma

1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53;

c) svolge attività di ricerca, nell'ambito delle sue finalità istituzionali;

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339

d) studia le cause dell'insuccesso e della dispersione scolastica con

riferimento al contesto sociale ed alle tipologie dell'offerta formativa;

e) assume iniziative rivolte ad assicurare la partecipazione italiana a

progetti di ricerca europea e internazionale in campo valutativo;

f) svolge attività di supporto e assistenza tecnica all'amministrazione

scolastica, alle regioni, agli enti territoriali, e alle singole istituzioni

scolastiche e formative per la realizzazione di autonome iniziative di

monitoraggio, valutazione e autovalutazione;

g) svolge attività di formazione del personale docente e dirigente della

scuola, connessa ai processi di valutazione e di autovalutazione delle

istituzioni scolastiche.

2. Gli esiti delle attività svolte ai sensi del comma 1 sono oggetto di

apposite relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla Conferenza

unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Le relazioni riferiscono sui risultati e possono segnalare indicatori ritenuti

utili al miglioramento della qualità complessiva del Sistema. Relativamente

al sistema della formazione professionale tali indicatori sono definiti previa

intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sentita la

Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto

1997, n. 281. Agli esiti di verifica il Ministero, nel rispetto della vigente

normativa sulla protezione dei dati personali, assicura idonee forme di

pubblicità e conoscenza.

3. Il Ministro relaziona al Parlamento, con cadenza triennale, sugli esiti

della valutazione.

4. L'Istituto pubblica ogni anno un rapporto sull'attività svolta.

Articolo 4.

Organi

1. Gli organi dell'Istituto sono:

a) il Presidente;

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340

b) il Comitato direttivo;

c) il Collegio dei revisori dei conti.

Articolo 5.

Presidente

1. Il Presidente, scelto tra persone di alta qualificazione scientifica e con

adeguate conoscenze dei sistemi di istruzione e formazione e dei sistemi di

valutazione in Italia e all'estero, è nominato con decreto del Presidente

della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su

proposta del Ministro. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile, con

le stesse modalità, per un ulteriore triennio.

2. Il Presidente ha la rappresentanza legale dell'Istituto.

Il Presidente:

a) convoca e presiede le riunioni del Comitato direttivo, stabilendone

l'ordine del giorno;

b) formula, nel rispetto delle priorità strategiche individuate dalle direttive

e dalle linee-guida di cui all'articolo 2, comma 3, le proposte al Comitato

direttivo ai fini dell'approvazione del programma annuale dell'Istituto e

della determinazione degli indirizzi generali della gestione;

c) sovrintende alle attività dell'Istituto;

d) formula al Comitato direttivo la proposta per il conferimento

dell'incarico di direttore generale dell'Istituto e adotta il conseguente

provvedimento;

e) presenta al Ministro le relazioni di cui all'articolo 3, comma 4;

f) in caso di urgenza adotta provvedimenti di competenza del Comitato

direttivo, da sottoporre a ratifica nella prima riunione successiva del

Comitato stesso.

Articolo 6.

Comitato direttivo

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341

1. Il Comitato direttivo è composto dal Presidente e da sei membri, scelti

tra esperti nei settori di competenza dell'Istituto, e nominati dal Ministro, di

cui uno designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e due dal

Presidente della Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28

agosto 1997, n. 281.

2. Il Comitato direttivo, su proposta del Presidente:

a) approva, nel rispetto delle direttive del Ministro e delle linee guida di cui

all'articolo 2, comma 3, il programma annuale delle attività dell'Istituto,

fissando altresì linee prioritarie e criteri metodologici, modulabili anche nel

tempo, per lo svolgimento delle verifiche di cui all'articolo 3, comma 1,

lettera a);

b) esamina i risultati delle verifiche periodiche e sistematiche svolte

dall'area tecnica di cui all'articolo 9, comma 2, nonché le relazioni di cui

all'articolo 3, comma 4;

c) determina gli indirizzi della gestione;

d) delibera il bilancio di previsione e le relative eventuali variazioni, ed il

conto consuntivo;

e) delibera l'affidamento dell'incarico di direttore generale dell'Istituto ed il

relativo trattamento economico;

f) valuta i risultati dell'attività del direttore generale e la conformità della

stessa rispetto agli indirizzi, adottando le relative determinazioni;

g) delibera i regolamenti dell'Istituto;

h) delibera in ordine ad ogni altra materia attribuitagli dai regolamenti

dell'Istituto.

3. Ai fini di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), e dell'articolo 6 del

decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, il Comitato stabilisce le modalità

operative del controllo strategico e, in base a tale controllo, individua le

cause dell'eventuale mancata rispondenza dei risultati agli obiettivi e

delibera i necessari interventi correttivi.

4. Il Comitato direttivo dura in carica tre anni e può essere confermato per

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342

un altro triennio. In caso di dimissione o comunque di cessazione dalla

carica di uno dei componenti del Comitato, il componente subentrante resta

in carica fino alla scadenza della durata in carica del predetto organo.

Articolo 7.

Collegio dei revisori dei conti

1. Il Collegio dei revisori dei conti effettua le verifiche di regolarità

amministrativa e contabile a norma del decreto legislativo 30 luglio 1999,

n. 286. Il Collegio svolge altresì i compiti previsti dagli articoli 2403 e

seguenti del codice civile.

2. Il Collegio si compone di tre membri effettivi e tre supplenti, nominati

con decreto del Ministro, di cui uno effettivo e uno supplente designati dal

Ministero dell'economia e delle finanze. I componenti effettivi designano al

loro interno, nella prima riunione del Collegio, il Presidente. Il Collegio

dura in carica quattro anni e può essere confermato per un altro

quadriennio.

Articolo 8.

Direttore generale

1. Il direttore generale, nel rispetto degli indirizzi della gestione determinati

dal Comitato direttivo, è responsabile del funzionamento dell'Istituto,

dell'attuazione del programma, dell'esecuzione delle deliberazioni del

Comitato direttivo, dell'attuazione dei provvedimenti del presidente e della

gestione del personale. A tale fine adotta gli atti di gestione, compresi quelli

che impegnano l'Istituto verso l'esterno. Egli partecipa alle riunioni del

Comitato direttivo, senza diritto di voto; tale partecipazione è esclusa

quando il Comitato ne valuta l'attività.

2. Il direttore generale, tra l'altro, nell'esercizio dei suoi compiti:

a) predispone, in attuazione del programma dell'Istituto, il bilancio di

previsione e le relative eventuali variazioni, nonché il conto consuntivo;

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343

b) assicura le condizioni per il più efficace svolgimento delle attività e per

la realizzazione dei progetti previsti nel programma;

c) adotta gli atti di organizzazione degli uffici e delle articolazioni

strutturali dell'Istituto previste dal regolamento di organizzazione e

funzionamento di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a), assegnando il

relativo personale;

d) stipula i contratti di prestazione d'opera e di ricerca necessari per la

realizzazione dei progetti previsti dal programma annuale, sulla base dei

criteri fissati nel regolamento di cui alla lettera c).

3. Il direttore generale è scelto tra persone di qualificata e comprovata

professionalità ed esperienza amministrativa e gestionale. Il suo rapporto di

lavoro è regolato con contratto di diritto privato. Il relativo incarico è

conferito dal Presidente, previa delibera del comitato direttivo, è di durata

non superiore a un triennio, è rinnovabile ed in ogni caso cessa, se non

rinnovato, decorsi novanta giorni dalla scadenza dell'incarico del

Presidente.

Articolo 9.

Regolamenti e principi di organizzazione

1. L'Istituto si dota dei seguenti regolamenti:

a) regolamento di organizzazione e funzionamento;

b) regolamento di amministrazione, contabilità e finanza.

2. Il regolamento di cui al comma 1, lettera a), definisce l'organizzazione

dell'Istituto sulla base del principio di separazione tra compiti e

responsabilità di indirizzo e programmazione e compiti e responsabilità di

gestione, prevedendo un'area dei servizi amministrativi ed informatici ed

un'area tecnica della valutazione che, in attuazione del programma di

attività approvato dal Comitato direttivo dell'Istituto e secondo i criteri

metodologici definiti, svolge le verifiche periodiche e ne comunica gli esiti

al comitato stesso; lo stesso regolamento provvede in particolare alla

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344

ripartizione dei posti della dotazione organica del personale, di cui alla

allegata tabella A, tra le aree, i livelli ed i profili professionali, a

disciplinare il reclutamento del medesimo personale attraverso procedure

concorsuali pubbliche, nel rispetto delle norme in materia di reclutamento

del personale delle pubbliche amministrazioni, nonché a definire la

disciplina relativa alle selezioni per i comandi di cui all'articolo 11.

3. Il regolamento di cui al comma 1, lettera b), elaborato nel rispetto dei

principi contenuti nella legge 3 aprile 1997, n. 94, e successive

modificazioni, disciplina i criteri della gestione, le relative procedure

amministrativo-contabili e finanziarie e le connesse responsabilità, in modo

da assicurare la rapidità e l'efficienza nell'erogazione della spesa ed il

rispetto dell'equilibrio finanziario del bilancio. Il regolamento disciplina

altresì le procedure contrattuali, le forme di controllo interno sull'efficienza

e sui risultati di gestione complessiva dell'Istituto e l'amministrazione del

patrimonio, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di contabilità

generale dello Stato.

4. Per lo svolgimento dei compiti attribuiti all'area tecnica della valutazione

l'Istituto si avvale anche delle specifiche accertate professionalità del

personale ispettivo tecnico dipendente dal Ministero, assegnato all'Istituto

medesimo su richiesta dello stesso e con il trattamento economico a carico

del Ministero, in numero non superiore a venti unità.

5. I regolamenti sono trasmessi, entro quindici giorni dalla loro adozione, al

Ministro per l'approvazione, nei successivi sessanta giorni, previo parere

favorevole del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la

funzione pubblica.

Articolo 10.

Personale

1. La dotazione organica del personale dell'Istituto è definita nella tabella

A allegata al presente decreto, da articolare in aree, profili e livelli

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345

professionali con il regolamento di cui all'articolo 9, comma 1, lettera a).

Articolo 11.

Personale comandato

1. L'Istituto può avvalersi, con oneri a proprio carico, nei limiti consentiti

dalle proprie disponibilità di bilancio, e in numero comunque non superiore

a dieci unità, di personale amministrativo, tecnico e di ricerca, in posizione

di comando, proveniente dall'amministrazione dell'istruzione,

dell'università e della ricerca, dalle istituzioni scolastiche o da altre

amministrazioni dello Stato, dalle università, da enti pubblici compresi nel

comparto della ricerca, dalle regioni e dagli enti locali.

2. I comandi del personale proveniente dalle istituzioni scolastiche non

possono protrarsi per più di un quinquennio e non sono rinnovabili prima

che sia decorso un intervallo di almeno tre anni. Essi decorrono dall'inizio

dell'anno scolastico.

3. I comandi sono disposti attraverso apposite selezioni degli aspiranti,

secondo la disciplina definita con il regolamento di cui all'articolo 9,

comma 1, lettera a).

4. Il servizio prestato in posizione di comando è valido a tutti gli effetti

come servizio di istituto.

Articolo 12.

Incarichi ad esperti

1. Nell'esercizio delle ordinarie attività istituzionali, l'Istituto può avvalersi,

nei limiti consentiti dalle disponibilità di bilancio, e in relazione a

particolari e motivate esigenze cui non può far fronte con il personale in

servizio, e in numero comunque non superiore a dieci unità, dell'apporto di

esperti di alta qualificazione, previo conferimento di appositi incarichi.

2. L'Istituto assicura adeguate forme di pubblicizzazione dei contratti che

intende stipulare, nonché congrui termini per la presentazione delle

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346

domande.

Articolo 13.

Patrimonio e risorse finanziarie

1. L'Istituto provvede ai propri compiti con:

a) redditi del patrimonio;

b) contributo ordinario dello Stato;

c) eventuali altri contributi, dello Stato, delle Regioni e degli enti locali;

d) eventuali contributi ed assegnazioni, da parte di soggetti o enti pubblici e

privati, italiani e stranieri;

e) eventuali altre entrate, anche derivanti dall'esercizio di attività negoziali

e contrattuali coerenti con le

finalità dell'Istituto.

Articolo 14.

Disposizioni particolari per le Regioni a statuto speciale e per le province

autonome di Trento e di Bolzano

1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di

Bolzano provvedono alle valutazioni di loro competenza ai sensi dei

rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, anche con riferimento

alle disposizioni del titolo V della parte II della Costituzione e dell'articolo

10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Articolo 15.

Norma finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, pari a 7.306.000

euro per l'anno 2004 ed a 10.360.000 euro a decorrere dall'anno 2005, si

provvede mediante l'utilizzazione di quota parte dell'autorizzazione di

spesa di cui all'articolo 3, comma 92, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

2. Restano confermati, per l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema

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347

educativo di istruzione e formazione (INVALSI), come ordinato dal

presente decreto, i finanziamenti previsti dalla normativa vigente già

destinati all'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione,

di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258.

Articolo 16.

Disposizioni transitorie e finali

1. Il Presidente dell'Istituto ed i componenti degli organi di cui agli articoli

6 e 7, sono nominati entro il trentesimo giorno successivo alla data di

entrata in vigore del presente decreto.

2. Gli organi dell'Istituto previsti dall'articolo 1 del decreto del Presidente

della Repubblica 21 settembre 2000, n. 313, restano in carica, nell'attuale

composizione, fino alla nomina degli organi di cui al comma 1. Il Comitato

direttivo adotta i regolamenti di cui all'articolo 9, entro sessanta giorni dal

suo insediamento.

3. Fino alla data di approvazione del regolamento di amministrazione,

contabilità e finanza, continuano ad applicarsi le norme di amministrazione

e contabilità adottate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 21

settembre 2000, n. 313. Sono consentite le variazioni di bilancio

eventualmente necessarie nel periodo transitorio.

4. Il personale in posizione di comando o utilizzato alla data di entrata in

vigore del presente decreto, ai sensi degli articoli 10 e 15, comma 3, del

decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2000, n. 313, presso

l'Istituto nazionale per la valutazione di cui al decreto legislativo 20 luglio

1999, n. 258, è confermato, a domanda, fino alla copertura dei posti a

seguito dei concorsi per il reclutamento del personale di cui all'articolo 9,

comma 2, da indire entro sessanta giorni successivi alla scadenza del

termine di cui al comma 2, secondo periodo del presente articolo.

5. Alla data di insediamento dei nuovi organi è abrogato l'articolo 1 del

decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258 e cessano di applicarsi nei

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348

confronti dell'Istituto le restanti disposizioni del predetto decreto; dalla

stessa data è altresì abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 21

settembre 2000, n. 313.

6. Il compenso da corrispondere al Presidente ed ai componenti del

Comitato direttivo e del Collegio dei revisori dei conti è determinato con

decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle

finanze.

7. All'Istituto sono trasferiti i rapporti attivi e passivi in capo all'Istituto

nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione (INVALSI) di cui al

decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258.

Tabella A

(articolo 10, comma 1) DOTAZIONE ORGANICA DEL PERSONALE

DELL'ISTITUTO

a) dirigenti amministrativi: due unità;

b) personale di ricerca: ventiquattro unità;

c) personale dei servizi amministrativi ed informatici: ventidue unità.

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349

Legge 27 dicembre 2006, n. 296

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello

Stato

Articolo 1

…omissis…

601. A decorrere dall’anno 2007, al fine di aumentare l’efficienza e la

celerità dei processi di finanziamento a favore delle scuole statali, sono

istituiti nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, in

apposita unità previsionale di base, i seguenti fondi: “Fondo per le

competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione

delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato”

e “Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche”. Ai predetti

fondi affluiscono gli stanziamenti dei capitoli iscritti nelle unità

previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica

istruzione “Strutture scolastiche” e “Interventi integrativi disabili”, nonché

gli stanziamenti iscritti nel centro di responsabilità “Programmazione

ministeriale e gestione ministeriale del bilancio” destinati ad integrare i

fondi stessi. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono

stabiliti i criteri e i parametri per l’assegnazione diretta alle istituzioni

scolastiche delle risorse di cui al presente comma. Al fine di avere la

completa conoscenza delle spese effettuate da parte delle istituzioni

scolastiche a valere sulle risorse finanziarie derivanti dalla costituzione dei

predetti fondi, il Ministero della pubblica istruzione procede a una specifica

attività di monitoraggio.

602. Le disponibilità iscritte nel fondo di cui alla legge 18 dicembre 1997,

n. 440, non utilizzate nel corso dell’anno di competenza, sono utilizzate

nell’esercizio successivo. La quota del predetto fondo non ripartita

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350

nell’anno 2006 è assegnata nell’anno 2007, alle istituzioni scolastiche

autonome, per il miglioramento dell’offerta formativa e per la formazione

del personale, sulla base di quanto previsto dalla direttiva del Ministro

dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 33 del 3 aprile 2006.

603. Tutti i collegi universitari gestiti da fondazioni, enti morali, nonché

enti ecclesiastici che abbiano le finalità di cui all’articolo 1, comma 4,

primo periodo della legge 14 novembre 2000, n. 338, ed iscritti ai registri

delle prefetture, sono equiparati ai collegi universitari legalmente

riconosciuti.

604. Ai collegi universitari di cui al comma 603 è applicata l’esenzione

dall’imposta sul valore aggiunto prevista dall’articolo 10, primo comma,

numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.

633, e successive modificazioni.

605. Per meglio qualificare il ruolo e l’attività dell’amministrazione

scolastica attraverso misure e investimenti, anche di carattere strutturale,

che consentano il razionale utilizzo della spesa e diano maggiore efficacia

ed efficienza al sistema dell’istruzione, con uno o più decreti del Ministro

della pubblica istruzione sono adottati interventi concernenti:a) nel rispetto

della normativa vigente, la revisione, a decorrere dall’anno scolastico

2007/2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi al fine

di valorizzare la responsabilità dell’amministrazione e delle istituzioni

scolastiche, individuando obiettivi, da attribuire ai dirigenti responsabili,

articolati per i diversi ordini e gradi di scuola e le diverse realtà territoriali,

in modo da incrementare il valore medio nazionale del rapporto

alunni/classe dello 0,4. Si procede, altresì, alla revisione dei criteri e

parametri di riferimento ai fini della riduzione della dotazione organica del

personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA). L’adozione di

interventi finalizzati alla prevenzione e al contrasto degli insuccessi

scolastici attraverso la flessibilità e l’individualizzazione della didattica,

anche al fine di ridurre il fenomeno delle ripetenze; b) il perseguimento

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351

della sostituzione del criterio previsto dall’articolo 40, comma 3, della

legge 27 dicembre 1997, n. 449, con l’individuazione di organici

corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta

collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali

e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire

appropriati interventi formativi; c) la definizione di un piano triennale per

l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente per gli anni 2007-

2009, da verificare annualmente, d’intesa con il Ministero dell’economia e

delle finanze e con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento

della funzione pubblica, circa la concreta fattibilità dello stesso, per

complessive 150.000 unità, al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno

del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere

più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l’età

media del personale docente. Analogo piano di assunzioni a tempo

indeterminato è predisposto per il personale amministrativo, tecnico ed

ausiliario (ATA), per complessive 20.000 unità. Le nomine disposte in

attuazione dei piani di cui alla presente lettera sono conferite nel rispetto

del regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all’articolo 39,

comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Contestualmente

all’applicazione del piano triennale, il Ministro della pubblica istruzione

realizza un’attività di monitoraggio sui cui risultati, entro diciotto mesi

dalla data di entrata in vigore della presente legge, riferisce alle competenti

Commissioni parlamentari, anche al fine di individuare nuove modalità di

formazione e abilitazione e di innovare e aggiornare gli attuali sistemi di

reclutamento del personale docente, nonché di verificare, al fine della

gestione della fase transitoria, l’opportunità di procedere a eventuali

adattamenti in relazione a quanto previsto nei periodi successivi. Con

effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge le graduatorie

permanenti di cui all’articolo 1 del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97,

convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, sono

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trasformate in graduatorie ad esaurimento. Sono fatti salvi gli inserimenti

nelle stesse graduatorie da effettuare per il biennio 2007-2008 per i docenti

già in possesso di abilitazione, e con riserva del conseguimento del titolo di

abilitazione, per i docenti che frequentano, alla data di entrata in vigore

della presente legge, i corsi abilitanti speciali indetti ai sensi del predetto

decreto-legge n. 97 del 2004, i corsi presso le scuole di specializzazione

all’insegnamento secondario (SISS), i corsi biennali accademici di secondo

livello ad indirizzo didattico (COBASLID), i corsi di didattica della musica

presso i Conservatori di musica e il corso di laurea in Scienza della

formazione primaria. La predetta riserva si intende sciolta con il

conseguimento del titolo di abilitazione. Con decreto del Ministro della

pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione

(CNPI), è successivamente disciplinata la valutazione dei titoli e dei servizi

dei docenti inclusi nelle predette graduatorie ai fini della partecipazione ai

futuri concorsi per esami e titoli. In correlazione alla predisposizione del

piano per l’assunzione a tempo indeterminato per il personale docente

previsto dalla presente lettera, è abrogata con effetto dal 1º settembre 2007

la disposizione di cui al punto B.3), lettera h), della tabella di valutazione

dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito, con

modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143. È fatta salva la

valutazione in misura doppia dei servizi prestati anteriormente alla predetta

data. Ai docenti in possesso dell’abilitazione in educazione musicale,

conseguita entro la data di scadenza dei termini per l’inclusione nelle

graduatorie permanenti per il biennio 2005/ 2006-2006/2007, privi del

requisito di servizio di insegnamento che, alla data di entrata in vigore della

legge 3 maggio 1999, n. 124, erano inseriti negli elenchi compilati ai sensi

del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 febbraio 1996,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996, è

riconosciuto il diritto all’iscrizione nel secondo scaglione delle graduatorie

permanenti di strumento musicale nella scuola media previsto dall’articolo

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1, comma 2-bis, del decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito, con

modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 333. Sono comunque fatte

salve le assunzioni a tempo indeterminato già effettuate su posti della

medesima classe di concorso. Sui posti vacanti e disponibili relativi agli

anni scolastici 2007/2008, 2008/2009 e 2009/2010, una volta completate le

nomine di cui al comma 619, si procede alla nomina dei candidati che

abbiano partecipato alle prove concorsuali della procedura riservata bandita

con decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 76 del 6 ottobre

2006, che abbiano completato la relativa procedura concorsuale riservata,

alla quale siano stati ammessi per effetto dell’aliquota aggiuntiva del 10 per

cento e siano risultati idonei e non nominati in relazione al numero dei

posti previsti dal bando. Successivamente si procede alla nomina dei

candidati che abbiano partecipato alle prove concorsuali delle procedure

riservate bandite con decreto dirigenziale 17 dicembre 2002, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 100 del 20 dicembre 2002 e

con il predetto decreto ministeriale 3 ottobre 2006, che abbiano superato il

colloquio di ammissione ai corsi di formazione previsti dalle medesime

procedure, ma non si siano utilmente collocati nelle rispettive graduatorie

per la partecipazione agli stessi corsi di formazione. Detti candidati

possono partecipare a domanda ad un apposito periodo di formazione e

sono ammessi a completare l’iter concorsuale sostenendo gli esami finali

previsti nei citati bandi, inserendosi nelle rispettive graduatorie dopo gli

ultimi graduati. L’onere relativo al corso di formazione previsto dal

precedente periodo deve essere sostenuto nei limiti degli ordinari

stanziamenti di bilancio. Le nomine, fermo restando il regime

autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all’articolo 39, comma 3-bis,

della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono conferite secondo l’ordine di

indizione delle medesime procedure concorsuali. Nella graduatoria del

concorso riservato indetto con il decreto dirigenziale 17 dicembre 2002

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sono, altresì, inseriti, ulteriormente in coda, coloro che hanno frequentato

nell’ambito della medesima procedura il corso di formazione, superando il

successivo esame finale, ma che risultano privi del requisito di almeno un

anno di incarico di presidenza; d) l’attivazione, presso gli uffici scolastici

provinciali, di attività di monitoraggio a sostegno delle competenze

dell’autonomia scolastica relativamente alle supplenze brevi, con

l’obiettivo di ricondurre gli scostamenti più significativi delle assenze ai

valori medi nazionali; e) ai fini della compiuta attuazione di quanto

previsto dall’articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,

l’adozione di un piano biennale di formazione per i docenti della scuola

primaria, da realizzare negli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009,

finalizzato al conseguimento delle competenze necessarie per

l’insegnamento della lingua inglese. A tale fine, per un rapido

conseguimento dell’obiettivo, sono attivati corsi di formazione anche a

distanza, integrati da momenti intensivi in presenza; f) il miglioramento

dell’efficienza ed efficacia degli attuali ordinamenti dell’istruzione

professionale anche attraverso la riduzione, a decorrere dall’anno scolastico

2007/2008, dei carichi orari settimanali delle lezioni, secondo criteri di

maggiore flessibilità, di più elevata professionalizzazione e di funzionale

collegamento con il territorio.

606. Il decreto concernente la materia di cui alla lettera a) del comma 605 è

adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il

decreto concernente la materia di cui alla lettera b) del comma 605 è

adottato d’intesa con il Ministro della salute. Il decreto concernente la

materia di cui alla lettera c) del comma 605 è adottato di concerto con il

Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le

innovazioni nella pubblica amministrazione.

607. La tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto-legge 7 aprile

2004, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n.

143, e successive modificazioni, è ridefinita con decreto del Ministro della

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pubblica istruzione, sentito il CNPI. Il decreto è adottato, a decorrere dal

biennio 2007/2008-2008/2009, in occasione degli aggiornamenti biennali

delle graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico di cui al

decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. Sono

fatte salve le valutazioni dei titoli conseguiti anteriormente e già

riconosciuti nelle graduatorie permanenti relative al biennio 2005/2006-

2006/2007. Sono ridefinite, in particolare, le disposizioni riguardanti la

valutazione dei titoli previsti dal punto C.11) della predetta tabella, e

successive modificazioni. Ai fini di quanto previsto dal precedente periodo,

con il decreto di cui al presente comma sono definiti criteri e requisiti per

l’accreditamento delle strutture formative e dei corsi.

608. Ai fini di quanto previsto dall’articolo 35, comma 5, terzo periodo,

della legge 27 dicembre 2002, n. 289, il Ministro per le riforme e le

innovazioni nella pubblica amministrazione predispone, di concerto con il

Ministro della pubblica istruzione, un piano organico di mobilità,

relativamente al personale docente permanentemente inidoneo ai compiti di

insegnamento e collocato fuori ruolo. Tale piano, da definire entro il 30

giugno 2007, tiene conto prioritariamente dei posti vacanti, presso gli uffici

dell’amministrazione scolastica, nonché presso le amministrazioni

pubbliche in cui possono essere meglio utilizzate le professionalità del

predetto personale. In connessione con la realizzazione del piano, il termine

fissato dalle disposizioni di cui al citato articolo 35, comma 5, della legge

27 dicembre 2002, n. 289, è prorogato di un anno, ovvero fino al 31

dicembre 2008.

609. Il Ministro della pubblica istruzione predispone uno specifico piano di

riconversione professionale del personale docente in soprannumero

sull’organico provinciale, finalizzato all’assorbimento del medesimo

personale. La riconversione, obbligatoria per i docenti interessati, è

finalizzata alla copertura dei posti di insegnamento per materie affini e dei

posti di laboratorio compatibili con l’esperienza professionale maturata,

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nonché all’acquisizione del titolo di specializzazione per l’insegnamento

sui posti di sostegno. L’assorbimento del personale di cui al presente

comma trova completa attuazione entro l’anno scolastico 2007/2008.

610. Allo scopo di sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche nella

dimensione dell’Unione europea ed i processi di innovazione e di ricerca

educativa delle medesime istituzioni, nonché per favorirne l’interazione

con il territorio, è istituita, presso il Ministero della pubblica istruzione, ai

sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la

“Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica”, di seguito

denominata “Agenzia”, avente sede a Firenze, articolata, anche a livello

periferico, in nuclei allocati presso gli uffici scolastici regionali ed in

raccordo con questi ultimi, con le seguenti funzioni:a) ricerca educativa e

consulenza pedagogico- didattica; b) formazione e aggiornamento del

personale della scuola; c) attivazione di servizi di documentazione

pedagogica, didattica e di ricerca e sperimentazione; d) partecipazione alle

iniziative internazionali nelle materie di competenza; e) collaborazione alla

realizzazione delle misure di sistema nazionali in materia di istruzione per

gli adulti e di istruzione e formazione tecnica superiore; f) collaborazione

con le regioni e gli enti locali.

611. L’organizzazione dell’Agenzia, con articolazione centrale e periferica,

è definita con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del

decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. L’Agenzia subentra nelle

funzioni e nei compiti attualmente svolti dagli Istituti regionali di ricerca

educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione per

l’innovazione e la ricerca educativa (INDIRE), che sono contestualmente

soppressi. Al fine di assicurare l’avvio delle attività dell’Agenzia, e in

attesa della costituzione degli organi previsti dagli articoli 8 e 9 del decreto

legislativo 30 luglio 1999, n. 300, il Presidente del Consiglio dei ministri,

su proposta del Ministro della pubblica istruzione, nomina uno o più

commissari straordinari. Con il regolamento di cui al presente comma è

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individuata la dotazione organica del personale dell’Agenzia e delle sue

articolazioni territoriali nel limite complessivo del 50 per cento dei

contingenti di personale già previsti per l’INDIRE e per gli IRRE, che in

fase di prima attuazione, per il periodo contrattuale in corso, conserva il

trattamento giuridico ed economico in godimento. Il predetto regolamento

disciplina, altresì, le modalità di stabilizzazione, attraverso prove selettive,

dei rapporti di lavoro esistenti anche a titolo precario, purché costituite

mediante procedure selettive di natura concorsuale.

612. Al fine di potenziare la qualificazione scientifica nonché l’autonomia

amministrativa dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema

educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), al decreto legislativo

19 novembre 2004, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni, che

non devono comportare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato: a)

le parole: “Comitato direttivo” sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle

seguenti: “Comitato di indirizzo”; b) l’articolo 4 è sostituito dal seguente:

“Art. 4. – (Organi). – 1. Gli organi dell’Istituto sono: a) il Presidente; b) il

Comitato di indirizzo; c) il Collegio dei revisori dei conti”; c) all’articolo 5,

il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Il Presidente è scelto tra persone di

alta qualificazione scientifica e con adeguata conoscenza dei sistemi di

istruzione e formazione e dei sistemi di valutazione in Italia ed all’estero. È

nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione

del Consiglio dei ministri, su designazione del Ministro, tra una terna di

nominativi proposti dal Comitato di indirizzo dell’Istituto fra i propri

componenti. L’incarico ha durata triennale ed è rinnovabile, con le

medesime modalità, per un ulteriore triennio”; d) all’articolo 6, il comma 1

è sostituito dal seguente: “1. Il Comitato di indirizzo è composto dal

Presidente e da otto membri, nel rispetto del principio di pari opportunità,

dei quali non più di quattro provenienti dal mondo della scuola. I

componenti del Comitato sono scelti dal Ministro tra esperti nei settori di

competenza dell’Istituto, sulla base di una indicazione di candidati

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effettuata da un’apposita commissione, previo avviso da pubblicare nella

Gazzetta Ufficiale finalizzato all’acquisizione dei curricula. La

commissione esaminatrice, nominata dal Ministro, è composta da tre

membri compreso il Presidente, dotati delle necessarie competenze

amministrative e scientifiche”.

613. L’INVALSI, fermo restando quando previsto dall’articolo 20 del

contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale dell’area V

della dirigenza per il quadriennio normativo 2002-2005 ed il primo biennio

economico 2002-2003, pubblicato nel supplemento ordinario n. 113 alla

Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2006 e nel rispetto delle prerogative

del dirigente generale dell’ufficio scolastico regionale, sulla base delle

indicazioni del Ministro della pubblica istruzione, assume i seguenti

compiti:a) formula al Ministro della pubblica istruzione proposte per la

piena attuazione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici; b)

definisce le procedure da seguire per la valutazione dei dirigenti scolastici;

c) formula proposte per la formazione dei componenti del team di

valutazione; d) realizza il monitoraggio sullo sviluppo e sugli esiti del

sistema di valutazione.

614. Le procedure concorsuali di reclutamento del personale, di cui alla

dotazione organica definita dalla tabella A allegata al decreto legislativo 19

novembre 2004, n. 286, devono essere espletate entro sei mesi dalla

indizione dei relativi bandi, con conseguente assunzione con contratto a

tempo indeterminato dei rispettivi vincitori.

615. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il

Presidente e i componenti del Comitato direttivo dell’INVALSI cessano

dall’incarico. In attesa della costituzione dei nuovi organi, il Presidente del

Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione,

nomina uno o più commissari straordinari.

616. Il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso le

istituzioni scolastiche statali è effettuato da due revisori dei conti, nominati

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dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro della pubblica

istruzione, con riferimento agli ambiti territoriali scolastici. La minore

spesa derivante dall’attuazione del presente comma resta a disposizione

delle istituzioni scolastiche interessate.

617. I revisori dei conti, in rappresentanza del Ministero dell’economia e

delle finanze e del Ministero della pubblica istruzione, già nominati dal

competente ufficio scolastico regionale, sono confermati fino

all’emanazione del decreto di nomina dei rispettivi Ministeri e comunque

non oltre l’entrata in vigore del provvedimento di modifica al regolamento

concernente le “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile

delle istituzioni scolastiche” di cui al decreto del Ministero della pubblica

istruzione 1º febbraio 2001, n. 44.

618. Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della

legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità delle procedure

concorsuali per il reclutamento dei dirigenti scolastici secondo i seguenti

principi: cadenza triennale del concorso su tutti i posti vacanti nel triennio;

unificazione dei tre settori di dirigenza scolastica; accesso aperto al

personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative

statali, in possesso di laurea, che abbia maturato dopo la nomina in ruolo un

servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni; previsione di una

preselezione mediante prove oggettive di carattere culturale e

professionale, in sostituzione dell’attuale preselezione per titoli;

svolgimento di una o più prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che

superano la preselezione; effettuazione di una prova orale; valutazione dei

titoli; formulazione della graduatoria di merito; periodo di formazione e

tirocinio, di durata non superiore a quattro mesi, nei limiti dei posti messi a

concorso, con conseguente soppressione dell’aliquota aggiuntiva del 10 per

cento. Con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto

dal presente comma sono abrogate le disposizioni vigenti con esso

incompatibili, la cui ricognizione è affidata al regolamento medesimo.

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619. In attesa dell’emanazione del regolamento di cui al comma 618 si

procede alla nomina sui posti previsti dal bando di concorso ordinario a

dirigente scolastico indetto con decreto direttoriale del Ministero

dell’istruzione, dell’università e della ricerca 22 novembre 2004,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4ª serie speciale – n. 94 del 26

novembre 2004, e, ove non sufficienti, sui posti vacanti e disponibili

relativi agli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009, dei candidati del citato

concorso, compresi i candidati in possesso dei prescritti requisiti ammessi

con riserva a seguito di provvedimento cautelare in sede giurisdizionale o

amministrativa, che abbiano superato le prove di esame propedeutiche alla

fase della formazione con la produzione da parte degli stessi di una

relazione finale e il rilascio di un attestato positivo da parte del direttore del

corso, senza effettuazione dell’esame finale previsto dal bando medesimo.

Si procede, altresì, sui posti vacanti e disponibili a livello regionale relativi

al medesimo periodo, alla nomina degli altri candidati che abbiano superato

le prove di esame propedeutiche al corso di formazione del predetto

concorso ma non vi abbiano partecipato perché non utilmente collocati

nelle relative graduatorie; questi ultimi devono partecipare con esito

positivo ad un apposito corso intensivo di formazione, indetto

dall’amministrazione con le medesime modalità di cui sopra, che si

conclude nell’anno scolastico 2006/2007; le nomine di cui al presente

comma, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di

cui all’articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449,

sono conferite secondo l’ordine della graduatoria di merito.

620. Dall’attuazione dei commi da 605 a 619 devono conseguire economie

di spesa per un importo complessivo non inferiore a euro 448,20 milioni

per l’anno 2007, a euro 1.324,50 milioni per l’anno 2008 e a euro 1.402,20

milioni a decorrere dall’anno 2009.

621. Al fine di garantire l’effettivo conseguimento degli obiettivi di

risparmio di cui ai commi 483 e 620, in caso di accertamento di minori

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economie, si provvede:a) relativamente al comma 483, alla riduzione delle

dotazioni di bilancio, relative ai trasferimenti agli enti pubblici, ivi

comprese quelle determinate ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d),

della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, in maniera

lineare, fino a concorrenza degli importi indicati dal medesimo comma

483; b) relativamente al comma 620, a ridurre le dotazioni complessive di

bilancio del Ministero della pubblica istruzione, ad eccezione di quelle

relative alle competenze spettanti al personale della scuola e

dell’amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione, in

maniera lineare, fino a concorrenza degli importi indicati dal medesimo

comma 620.

622. L’istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è

finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola

secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno

triennale entro il diciottesimo anno di età. L’età per l’accesso al lavoro è

conseguentemente elevata da quindici a sedici anni. Resta fermo il regime

di gratuità ai sensi degli articoli 28, comma 1, e 30, comma 2, secondo

periodo, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. L’adempimento

dell’obbligo di istruzione deve consentire, una volta conseguito il titolo di

studio conclusivo del primo ciclo, l’acquisizione dei saperi e delle

competenze previste dai curricula relativi ai primi due anni degli istituti di

istruzione secondaria superiore, sulla base di un apposito regolamento

adottato dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell’articolo 17,

comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Nel rispetto degli obiettivi di

apprendimento generali e specifici previsti dai predetti curricula, possono

essere concordati tra il Ministero della pubblica istruzione e le singole

regioni percorsi e progetti che, fatta salva l’autonomia delle istituzioni

scolastiche, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di

favorire il successo nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Le

strutture formative che concorrono alla realizzazione dei predetti percorsi e

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progetti devono essere inserite in un apposito elenco predisposto con

decreto del Ministro della pubblica istruzione. Il predetto decreto è redatto

sulla base di criteri predefiniti con decreto del Ministro della pubblica

istruzione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Sono fatte salve le

competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di

Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme

di attuazione, nonché alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

L’innalzamento dell’obbligo di istruzione decorre dall’anno scolastico

2007/ 2008.

623. Nella provincia autonoma di Bolzano, considerato il suo particolare

sistema della formazione professionale, l’ultimo anno dell’obbligo

scolastico di cui al precedente comma può essere speso anche nelle scuole

professionali provinciali in abbinamento con adeguate forme di

apprendistato.

624. Fino alla messa a regime di quanto previsto dal comma 622,

proseguono i percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale

di cui all’articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.

Restano, pertanto, confermati i finanziamenti destinati dalla normativa

vigente alla realizzazione dei predetti percorsi. Dette risorse per una quota

non superiore al 3 per cento sono destinate alle misure nazionali di sistema

ivi compreso il monitoraggio e la valutazione. Le strutture che realizzano

tali percorsi sono accreditate dalle regioni sulla base dei criteri generali

definiti con decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione di

concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa

con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28

agosto 1997, n. 281.

625. Per l’attivazione dei piani di edilizia scolastica di cui all’articolo 4

della legge 11 gennaio 1996, n. 23, è autorizzata la spesa di 50 milioni di

euro per l’anno 2007 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008

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e 2009. Il 50 per cento delle risorse assegnate annualmente ai sensi del

precedente periodo è destinato al completamento delle attività di messa in

sicurezza e di adeguamento a norma degli edifici scolastici da parte dei

competenti enti locali. Per le finalità di cui al precedente periodo, lo Stato,

la regione e l’ente locale interessato concorrono, nell’ambito dei piani di

cui all’articolo 4 della medesima legge n. 23 del 1996, in parti uguali per

l’ammontare come sopra determinato, ai fini del finanziamento dei singoli

interventi. Per il completamento delle opere di messa in sicurezza e di

adeguamento a norma, le regioni possono fissare un nuovo termine di

scadenza al riguardo, comunque non successivo al 31 dicembre 2009,

decorrente dalla data di sottoscrizione dell’accordo denominato “patto per

la sicurezza” tra Ministero della pubblica istruzione, regione ed enti locali

della medesima regione.

626. Nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di

prevenzione di cui al decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, e

successive modificazioni, il consiglio di indirizzo e di vigilanza

dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro

(INAIL) definisce, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, d’intesa

con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro della

pubblica istruzione e con gli enti locali competenti, indirizzi programmatici

per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione

secondaria di primo grado e superiore per l’abbattimento delle barriere

architettoniche o l’adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in

tema di sicurezza e igiene del lavoro. Il consiglio di indirizzo e di vigilanza

dell’INAIL determina altresì l’entità delle risorse da destinare annualmente

alle finalità di cui al presente comma, utilizzando a tale fine anche le

risorse che si rendessero disponibili a conclusione delle iniziative di

attuazione dell’articolo 24 del citato decreto legislativo n. 38 del 2000.

Sulla base degli indirizzi definiti, il consiglio di amministrazione

dell’INAIL definisce i criteri e le modalità per l’approvazione dei singoli

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364

progetti e provvede all’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti.

627. Al fine di favorire ampliamenti dell’offerta formativa e una piena

fruizione degli ambienti e delle attrezzature scolastiche, anche in orario

diverso da quello delle lezioni, in favore degli alunni, dei loro genitori e,

più in generale, della popolazione giovanile e degli adulti, il Ministro della

pubblica istruzione definisce, secondo quanto previsto dall’articolo 9 del

regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo

1999, n. 275, criteri e parametri sulla base dei quali sono attribuite le

relative risorse alle istituzioni scolastiche.

628. La gratuità parziale dei libri di testo di cui all’articolo 27, comma 1,

della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è estesa agli studenti del primo e del

secondo anno dell’istruzione secondaria superiore. Il disposto del comma 3

del medesimo articolo 27 si applica anche per il primo e per il secondo

anno dell’istruzione secondaria superiore e si applica, altresì, limitatamente

all’individuazione dei criteri per la determinazione del prezzo massimo

complessivo della dotazione libraria, agli anni successivi al secondo. Le

istituzioni scolastiche, le reti di scuole e le associazioni dei genitori sono

autorizzate al noleggio di libri scolastici agli studenti e ai loro genitori.

629. Le amministrazioni interessate possono, a fronte di particolari

esigenze, disporre che il beneficio previsto dall’articolo 27, comma 1, della

citata legge n. 448 del 1998 sia utilizzato per l’assegnazione, anche in

comodato, dei libri di testo agli alunni, in possesso dei requisiti richiesti

che adempiono l’obbligo scolastico.

630. Per fare fronte alla crescente domanda di servizi educativi per i

bambini al di sotto dei tre anni di età, sono attivati, previo accordo in sede

di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28

agosto 1997, n. 281, progetti tesi all’ampliamento qualificato dell’offerta

formativa rivolta a bambini dai 24 ai 36 mesi di età, anche mediante la

realizzazione di iniziative sperimentali improntate a criteri di qualità

pedagogica, flessibilità, rispondenza alle caratteristiche della specifica

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365

fascia di età. I nuovi servizi possono articolarsi secondo diverse tipologie,

con priorità per quelle modalità che si qualificano come sezioni

sperimentali aggregate alla scuola dell’infanzia, per favorire un’effettiva

continuità del percorso formativo lungo l’asse cronologico 0- 6 anni di età.

Il Ministero della pubblica istruzione concorre alla realizzazione delle

sezioni sperimentali attraverso un progetto nazionale di innovazione

ordinamentale ai sensi dell’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e assicura specifici

interventi formativi per il personale docente e non docente che chiede di

essere utilizzato nei nuovi servizi. A tale fine sono utilizzate annualmente le

risorse previste dall’articolo 7, comma 5, della legge 28 marzo 2003, n. 53,

destinate al finanziamento dell’articolo 2, comma 1, lettera e), ultimo

periodo, della medesima legge. L’articolo 2 del decreto legislativo 19

febbraio 2004, n. 59, è abrogato.

631. A decorrere dall’anno 2007, il sistema dell’istruzione e formazione

tecnica superiore (IFTS), di cui all’articolo 69 della legge 17 maggio 1999,

n. 144, è riorganizzato nel quadro del potenziamento dell’alta formazione

professionale e delle misure per valorizzare la filiera tecnico-scientifica,

secondo le linee guida adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei

ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione formulata di

concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il

Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza

unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,

ai sensi del medesimo decreto legislativo.

632. Ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali in

materia, in relazione agli obiettivi fissati dall’Unione europea, allo scopo di

far conseguire più elevati livelli di istruzione alla popolazione adulta, anche

immigrata con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana,

i centri territoriali permanenti per l’educazione degli adulti e i corsi serali,

funzionanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, sono

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366

riorganizzati su base provinciale e articolati in reti territoriali e

ridenominati “Centri provinciali per l’istruzione degli adulti”. Ad essi è

attribuita autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, con il

riconoscimento di un proprio organico distinto da quello degli ordinari

percorsi scolastici, da determinare in sede di contrattazione collettiva

nazionale, nei limiti del numero delle autonomie scolastiche istituite in

ciascuna regione e delle attuali disponibilità complessive di organico. Alla

riorganizzazione di cui al presente comma, si provvede con decreto del

Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata di cui

all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi del

medesimo decreto legislativo.

633. Per gli anni 2007, 2008 e 2009, è autorizzata la spesa di 30 milioni di

euro, da iscrivere nello stato di previsione del Ministero della pubblica

istruzione, con lo scopo di dotare le scuole di ogni ordine e grado delle

innovazioni tecnologiche necessarie al migliore supporto delle attività

didattiche.

634. Per gli interventi previsti dai commi da 622 a 633, con esclusione del

comma 625, è autorizzata la spesa di euro 220 milioni a decorrere dall’anno

2007. Su proposta del Ministro della pubblica istruzione sono disposte, con

decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, le variazioni di bilancio

per l’assegnazione delle risorse agli interventi previsti dai commi da 622 a

633.

635. Al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta

dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione, a

decorrere dall’anno 2007, gli stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali

di base “Scuole non statali” dello stato di previsione del Ministero della

pubblica istruzione, sono incrementati complessivamente di 100 milioni di

euro, da destinare prioritariamente alle scuole dell’infanzia.

636. Il Ministro della pubblica istruzione definisce annualmente, con

apposito decreto, i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle

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367

scuole paritarie e, in via prioritaria, a quelle che svolgono il servizio

scolastico senza fini di lucro e che comunque non siano legate con società

aventi fini di lucro o da queste controllate. In tale ambito i contributi sono

assegnati secondo il seguente ordine di priorità: scuole dell’infanzia, scuole

primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado.

637. Il sistema universitario concorre alla realizzazione degli obiettivi di

finanza pubblica per il triennio 2007-2009, garantendo che il fabbisogno

finanziario, riferito alle università statali, ai dipartimenti e a tutti gli altri

centri con autonomia finanziaria e contabile, da esso complessivamente

generato in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno determinato a

consuntivo nell’esercizio precedente, incrementato del 3 per cento. Il

Ministro dell’università e della ricerca procede annualmente alla

determinazione del fabbisogno finanziario programmato per ciascun

ateneo, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI),

tenendo conto degli obiettivi di riequilibrio nella distribuzione delle risorse

e delle esigenze di razionalizzazione del sistema universitario, garantendo

l’equilibrata distribuzione delle opportunità formative.

638. Il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Agenzia spaziale italiana,

l’Istituto nazionale di fisica nucleare, l’Ente per le nuove tecnologie,

l’energia e l’ambiente, il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e

tecnologica di Trieste e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia

concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il

triennio 2007-2009, garantendo che il fabbisogno finanziario

complessivamente generato in ciascun anno non sia superiore al fabbisogno

determinato a consuntivo nell’esercizio precedente incrementato del 4 per

cento annuo.

639. Il fabbisogno di ciascuno degli enti di ricerca di cui al comma 638 è

determinato annualmente nella misura inferiore tra il fabbisogno

programmato e quello realizzato nell’anno precedente incrementato del

tasso di crescita previsto dal medesimo comma 638. Con decreto del

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368

Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro

dell’università e della ricerca e del Ministro dello sviluppo economico,

possono essere introdotte modifiche al fabbisogno annuale spettante a

ciascun ente di ricerca ai sensi del presente comma, previa compensazione

con il fabbisogno annuale degli altri enti di ricerca e comunque nei limiti

del fabbisogno complessivo programmato e possono essere altresì

determinati i pagamenti annuali che non concorrono al consolidamento del

fabbisogno programmato per ciascun ente di ricerca, derivanti da accordi di

programma e convenzioni per effetto dei quali gli enti medesimi agiscono

in veste di attuatori dei programmi ed attività per conto e nell’interesse dei

Ministeri che li finanziano.

640. Per il triennio 2007-2009 continua ad applicarsi la disciplina di cui

all’articolo 3, comma 5, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

641. Per le finalità di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204,

recante disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la

valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e

tecnologica, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per gli anni 2007,

2008 e 2009.

642. Il fabbisogno finanziario annuale determinato per il sistema

universitario statale dal comma 637 e per i principali enti pubblici di

ricerca dal comma 638 è incrementato degli oneri contrattuali del personale

limitatamente a quanto dovuto a titolo di competenze arretrate.

643. Per gli anni 2008 e 2009 gli enti di ricerca pubblici possono procedere

ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato

entro il limite dell’80 per cento delle proprie entrate correnti complessive,

come risultanti dal bilancio consuntivo dell’anno precedente, purché entro

il limite delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo

indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno.

644. Sono fatti salvi i principi di cui ai commi 526 e 529.

645. Nell’anno 2007, gli enti di cui al comma 643 possono avviare

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369

procedure concorsuali volte alla costituzione di rapporti di lavoro a tempo

indeterminato, la cui costituzione effettiva non può comunque intervenire

in data antecedente al 1º gennaio 2008, fermi i limiti di cui al medesimo

comma 643 riferiti all’anno 2006.

646. Ai fini dell’applicazione dei commi 643 e 645, sono fatte salve le

assunzioni conseguenti a bandi di concorso già pubblicati ovvero a

procedure già avviate alla data del 30 settembre 2006 e i rapporti di lavoro

costituiti all’esito dei medesimi sono computati ai fini dell’applicazione dei

predetti commi.

647. In attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari,

il Ministro dell’università e della ricerca, con proprio decreto da emanare

entro il 31 marzo 2007, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e

la CRUI, disciplina le modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore,

banditi dalle università successivamente alla data di emanazione del

predetto decreto ministeriale, con particolare riguardo alle modalità

procedurali ed ai criteri di valutazione dei titoli didattici e dell’attività di

ricerca, garantendo celerità, trasparenza e allineamento agli standard

internazionali.

648. Al fine di consentire il reclutamento straordinario di ricercatori, il

decreto di cui al comma 647 definisce un numero aggiuntivo di posti di

ricercatore da assegnare alle università e da coprire con concorsi banditi

entro il 30 giugno 2008.

649. Per l’anno 2007, il personale in servizio con contratto a tempo

determinato presso gli enti e le istituzioni pubbliche di ricerca, che risulti

vincitore di concorso per l’assunzione con contratto a tempo indeterminato,

già espletato ovvero con procedure in corso alla data del 30 settembre

2006, la cui assunzione risulti dal 2008 compatibile con i limiti posti dal

comma 523, può essere mantenuto in servizio a tempo determinato per

l’anno 2007, qualora i relativi oneri non siano posti a carico dei bilanci di

funzionamento o del Fondo di finanziamento ordinario degli enti stessi.

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370

650. All’onere derivante dal comma 648 si provvede nel limite di 20

milioni di euro per l’anno 2007, di 40 milioni di euro per l’anno 2008 e di

80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

651. Fermo quanto previsto dai commi 643, 644 e 645, entro il 30 aprile

2007 il Ministro dell’università e della ricerca, sentiti i presidenti degli enti

interessati, bandisce un piano straordinario di assunzioni di ricercatori

nell’ambito degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero

dell’università e della ricerca, definendone il numero complessivo e le

modalità procedimentali con particolare riferimento ai criteri di valutazione

dei pregressi rapporti di lavoro, dei titoli scientifici e dell’attività di ricerca

svolta.

652. Per l’attuazione del piano di cui al comma 651, è autorizzata la spesa

di 7,5 milioni di euro per l’anno 2007 e di 30 milioni di euro a decorrere

dall’anno 2008.

653. Per gli anni dal 2007 al 2009 incluso, è fatto divieto alle università

statali e non statali, autorizzate a rilasciare titoli accademici aventi valore

legale, di istituire e attivare facoltà o corsi di studio in comuni diversi da

quello ove l’ateneo ha la sede legale e amministrativa, salvo che si tratti di

comune confinante o di razionalizzazione dell’offerta didattica mediante

accorpamento di sedi decentrate già esistenti nella regione Valle d’Aosta e

nelle province autonome di Trento e di Bolzano, o di istituzione di centri di

ricerca funzionali alle attività produttive della regione.

…omissis…

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371

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione generale per gli ordinamenti scolastici

Ufficio VIII

Circolare Ministeriale 28 dicembre 2006, n. 76

Prot. n. 11801/ORD/U08/C/Ac10

Oggetto: Legge finanziaria 2007: Istituzione Agenzia nazionale per lo

sviluppo dell'autonomia scolastica

Com'è noto, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007),

prevede, all'art. 1, comma 611, l'istituzione dell'Agenzia nazionale per lo

sviluppo dell'autonomia scolastica, definendone le funzioni e l'articolazione

della struttura a livello centrale con sede a Firenze, e a livello periferico in

"nuclei" allocati presso gli Uffici scolastici regionali.

Contestualmente all'istituzione dell'Agenzia, la cui organizzazione dovrà

essere definita con regolamento adottato ai sensi dell'art. 8, comma 4, del

decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la stessa legge, al successivo

comma 612 dispone la soppressione dell'Istituto nazionale di

documentazione per la ricerca educativa (INDIRE) e degli Istituti regionali

di ricerca educativa (IRRE), demandando alla predetta Agenzia le funzioni

ed i compiti attualmente svolti dagli stessi Enti.

A decorrere, pertanto, dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della

legge finanziaria 2007, sono da ritenersi superati tutti gli organi di tali Enti,

individuati per l'INDIRE dall'art. 1 del decreto del Presidente della

Repubblica 21 novembre 2000, n. 415, e per gli IRRE dall'art. 2 del decreto

del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 190.

In loro sostituzione è prevista la nomina di uno o più Commissari

straordinari da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta

del Ministro della pubblica istruzione.

In relazione a quanto precede, si rende, pertanto, necessario che codesti

Enti predispongano un'apposita rendicontazione di fine anno che, sia pur

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372

provvisoria, illustri la situazione finanziaria e patrimoniale anche mediante

la determinazione dell'avanzo di amministrazione presunto, distinguendo la

parte disponibile da quella vincolata, e la consistenza di cassa.

Un ulteriore adempimento riguarda la compilazione di un elenco

contenente la descrizione di tutti i progetti in corso, sia di propria

programmazione che su committenza di soggetti esterni, evidenziandone lo

stato di attuazione ed i relativi movimenti finanziari.

Tali atti dovranno essere consegnati al Commissario straordinario al

momento del suo insediamento mediante apposita verbalizzazione.

Il Commissario straordinario procederà successivamente ad un'attenta

ricognizione dei progetti di cui al predetto elenco, stabilendo quali, a suo

giudizio, devono essere portati a conclusione, anche in relazione ai compiti

ed alle funzioni assegnati dalla legge all'Agenzia nazionale per lo sviluppo

dell'autonomia scolastica.

Compete, inoltre, al Commissario straordinario gestire i rapporti attivi e

passivi in capo all'Ente soppresso, e, quindi, porre in essere anche gli atti

necessari alla risoluzione dei relativi contratti, prestando particolare

attenzione a quello riguardante l'affitto dei locali utilizzati dallo stesso

Ente.

Ciò consentirà di effettuare un'attenta ricognizione del patrimonio, al fine

di curare il successivo trasferimento dei beni mobili presso i locali

dell'Ufficio Scolastico Regionale, presso cui saranno allocati i "nuclei"

periferici dell'Agenzia.

Il Commissario straordinario concorderà, inoltre, con il competente

Direttore Regionale le modalità di trasferimento sia dei beni mobili che del

personale per quegli Enti soppressi che non siano proprietari dei locali dove

sono ubicati.

Si fa riserva di fornire ulteriori indicazioni non appena sarà adottato il

regolamento previsto dal citato art. 1, comma 612, della legge 27 dicembre

2006, n. 296.

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373

Copia della presente nota dovrà essere consegnata al competente

Commissario straordinario.

Si ringrazia per la collaborazione.

Firmato

IL DIRETTORE GENERALE

Mario G. Dutto

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374

Direttiva n. 68

Ministero della Pubblica Istruzione Estremi di registrazione: Reg. 6,

foglio 175

Roma, 3 agosto 2007

…Omissis…

IL MINISTRO

EMANA la seguente direttiva

A. - Primo avvio - Settembre-Dicembre 2007 La definizione, in chiave

sperimentale, delle Indicazioni per il curricolo delle scuole dell’infanzia e

delle scuole del primo ciclo, apre un importante cantiere biennale di lavoro.

In questo contesto la fase iniziale di accompagnamento diventa decisiva per

una proficua ed efficace azione che dovrà estendersi nel tempo.

La prima fase è quella di informazione, di lettura, di comprensione e di

approfondimento del contenuto delle Indicazioni, dei criteri di fondo, dei

principi ispiratori, delle implicazioni per le scuole e per gli insegnanti.

Occorre mettere solide basi per un lavoro di innovazione che coinvolga gli

insegnanti nella loro azione di educazione ed istruzione.

La natura stessa dei processi di insegnamento e di apprendimento che si

realizzano nel vivo della scuola non richiede, infatti, un mero processo

esecutivo, ma l’apporto della professionalità e dell’esperienza di tutti, per

una reale condivisione dello scopo per cui sono state redatte queste

Indicazioni per il curricolo.

Perché questo accada è indispensabile un sistema di supporto che coinvolga

l’amministrazione scolastica, nelle sue componenti tecniche e

amministrative, i dirigenti scolastici e le istituzioni nazionali di servizio,

quali l’Agenzia nazionale e l’INVALSI.

La fase iniziale di avvio, collocata nel periodo settembre - dicembre 2007,

costituisce una funzione preliminare rispetto alle successive fasi in cui gli

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375

interventi relativi allo sviluppo professionale degli insegnanti ed al lavoro

di ricerca e di innovazione nelle scuole assumeranno un rilievo strutturale.

Per le iniziative mirate allo sviluppo professionale dei docenti occorrerà

rivisitare approcci e metodi di intervento, privilegiando la formazione in

presenza e i modelli innovativi sviluppati in questi anni, anche in

collaborazione con le associazioni professionali e disciplinari. Il rilancio

della ricerca didattica dovrà mettere a frutto il ruolo attivo della scuola

come luogo di studio e di innovazione.

B. - Finalità La fase iniziale, settembre – dicembre 2007, ha obiettivi

specifici e precisi. Nell’arco di quattro mesi si procede a:

a) far conoscere a tutti gli insegnanti, a tutti i dirigenti scolastici le nuove

Indicazioni, nel loro contenuto, nei loro fondamenti e nella loro

articolazione;

b) promuovere la diffusione della conoscenza delle Indicazioni anche tra i

genitori;

c) assistere le scuole nella prima e graduale messa in pratica delle

Indicazioni;

d) far emergere le domande di formazione che dovranno guidare gli

interventi successivi;

e) cogliere le aree di innovazione e individuare le scuole disponibili a

diventare punti di riferimento;

f) realizzare un puntuale monitoraggio sulle condizioni da garantire per

rendere possibile la piena efficacia delle Indicazioni nel medio e lungo

periodo e per fornire alle singole istituzioni scolastiche le risorse e gli

strumenti necessari.

Le azioni in questa fase devono essere tempestive ed efficaci; richiedono

una forte sinergia tra l’amministrazione centrale, le strutture regionali e

provinciali per realizzare il servizio e l’assistenza alle scuole e alle reti di

scuole.

C. - Azioni e misure Nella fase di avvio le azioni da mettere in campo nel

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376

periodo settembre – dicembre 2007 sono le seguenti.

A livello nazionale la Direzione generale per gli ordinamenti scolastici avrà

cura di:

1. Predisporre e realizzare un corso residenziale nazionale di tre giorni sul

tema delle Indicazioni (e della loro prima implementazione), riservato a

tutti i dirigenti tecnici del settore (scuole dell’infanzia e del primo ciclo).

2. Realizzare un’area dedicata nel portale del Ministero per informazione e

documentazione.

3. Aprire uno spazio web per il confronto, la discussione e la messa in

comune di esperienze, anche ricorrendo a soluzioni dedicate e specifiche.

4. Organizzare un seminario nazionale con le associazioni professionali e

scientifiche per la consegna formale del testo delle Indicazioni e per

l’approfondimento di alcuni temi specifici.

5. Predisporre due numeri speciali degli Annali per l’approfondimento

scientifico dei contenuti delle Indicazioni.

6. Assicurare che venga predisposto ed avviato un piano di attività di

ricerca da parte dell’Agenzia nazionale di sostegno all’autonomia, secondo

le indicazioni contenute nell’Atto di indirizzo del 10 luglio 2007.

7. Verificare che venga definito, da parte dell’INVALSI, un piano di

intervento per il monitoraggio e la valutazione della fase di avvio secondo

la Direttiva n. 52 del 19 giugno 2007.

8. Predisporre una Consultazione nazionale nelle scuole da realizzare nella

primavera 2008, dopo la fase di iniziale accompagnamento, per la raccolta

sistematica e ragionata di commenti, riflessioni e proposte scaturite

direttamente dall’esperienza degli insegnanti.

A livello regionale, ogni singolo Direttore generale regionale organizza un

piano di lavoro per il periodo settembre-dicembre 2007, comprendente, tra

le diverse iniziative:

1. una o più conferenze di servizio (in relazione alle dimensioni della

Regione) riservate ai Dirigenti tecnici e a tutti i Dirigenti scolastici del

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377

primo ciclo di istruzione per la consegna del testo delle Indicazioni e

l’illustrazione del piano di lavoro;

2. uno o più corsi, anche residenziali, riservati a tutti i Dirigenti scolastici

del settore, nella prospettiva di una accurata conoscenza del contenuto delle

Indicazioni e di ricadute nelle singole Istituzioni scolastiche;

3. invito alle scuole ad organizzare una apposita riunione dei collegi dei

docenti in occasione dell’apertura dell’anno scolastico. Nel rispetto

dell’autonomia, le scuole sono invitate – d’intesa con i propri Consigli di

Istituto - a costituire commissioni di lavoro (capi di istituto, docenti,

dirigenti amministrativi, genitori…) per impostare e seguire gli sviluppi del

processo di informazione e prima attuazione delle Indicazioni;

4. promozione, nelle scuole dell’infanzia e del primo ciclo, di una

discussione impostata e coordinata organicamente a livello dipartimentale e

interdipartimentale, tesa a individuare le Indicazioni come occasione per

una riflessione comune sulle finalità del servizio formativo e sul

miglioramento della sua qualità;

5. orientamento delle iniziative di formazione per il personale della scuola,

nel rispetto delle disposizioni contrattuali in vigore, alla prima conoscenza

delle Indicazioni;

6. sostegno per il rafforzamento e l’istituzione di reti di scuole (ex art. 7

DPR n. 275/1999), chiamate a discutere temi generali e specifici delle

Indicazioni e a diffondere e monitorare buone pratiche.

D. - Organizzazione Per assicurare efficacia e funzionalità all’intero piano

di attività sono costituite le necessarie basi amministrative e funzionali.

A livello nazionale viene costituito un gruppo di coordinamento con la

responsabilità di impostare, gestire e verificare l’intera azione di iniziale

accompagnamento, avvalendosi delle strutture ministeriali e in

collaborazione con i diversi soggetti istituzionali.

A livello regionale i Direttori scolastici regionali istituiscono gruppi di

coordinamento regionali incaricati di operare con intensità crescente nel

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378

territorio. Esse sono composte da dirigenti tecnici, dirigenti scolastici e

docenti e sviluppano il piano di lavoro regionale.

A livello provinciale i Direttori scolastici regionali costituiscono unità

operative di sostegno progettuale e organizzativo a livello provinciale, così

realizzando Nuclei di supporto per le Indicazioni. I componenti di tali

nuclei vengono sensibilizzati e formati sui contenuti e sui principi delle

nuove Indicazioni attraverso percorsi specifici di formazione che tengano

conto delle aree disciplinari; delle singole discipline; delle metodologie di

insegnamento e dei loro nessi interdisciplinari.

I Nuclei provinciali di supporto costituiscono i termini di riferimento per il

biennio di lavoro e i punti di contatto e di incontro per le scuole, per i

diversi soggetti coinvolti, enti locali, agenzie culturali e sociali operanti sul

territorio.

E. - Risorse finanziarie e sviluppo biennale La rilevanza del programma di

lavoro per la prima fase di accompagnamento e l’impegno di tutte le

strutture al servizio delle scuole e degli insegnanti richiedono un

investimento adeguato di risorse finanziarie.

Con successivo provvedimento vengono finalizzate operativamente e

ripartite le risorse finanziarie disponibili.

Tutte le azioni di accompagnamento nella fase iniziale contribuiscono a

creare le condizioni per il varo di interventi di formazione, di ricerca e di

sostegno che saranno realizzate entro il biennio di sviluppo della fase di

attuazione e di realizzazione delle Indicazioni.

A conclusione del periodo settembre – dicembre 2007 viene redatto un

rapporto di sintesi a cura della Direzione generale per gli ordinamenti

scolastici.

La presente direttiva è trasmessa alla Corte dei Conti per la registrazione, ai

sensi dell’art. 3, comma 1, lettera b), della legge 14 gennaio 1994 n. 20.

IL MINISTRO f.to Giuseppe Fioroni

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379

Direttiva ministeriale n. 81 del 05 ottobre 2007

“Individuazione degli interventi prioritari e criteri generali per la

ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il supporto e

la valutazione degli interventi stessi”, ai sensi dell’articolo 2 della legge

18 dicembre 1997, n. 440

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE (…omissis…)

EMANA

la seguente direttiva per l’utilizzazione, per l’anno 2007, della somma di

euro 185.895.533,44 indicata in premessa, per la realizzazione degli

interventi prioritari appresso specificati:

1. Interventi prioritari Sono individuati come prioritari, i seguenti

interventi:

a) iniziative dirette all’ampliamento dell’offerta formativa, nell’ambito dei

piani definiti dalle istituzioni scolastiche, anche associate in rete, ai sensi

dell’art. 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, nonché le iniziative, sempre

nell’ambito dei Piani dell’offerta formativa, per la realizzazione dei

percorsi multidisciplinari di educazione alla salute e alla legalità. Iniziative

di promozione volte alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla

crescita culturale di tutti gli studenti, valorizzando le diversità,

promuovendo le potenzialità di ciascuno e adottando tutte le iniziative utili

al raggiungimento del successo formativo;

b) iniziative di formazione del personale della scuola dirette allo sviluppo

delle competenze richieste per l’innalzamento del livello degli

apprendimenti di base degli alunni; nonché quelle coerenti con il piano

dell’offerta formativa per la prevenzione e il superamento del disagio e il

disadattamento giovanile;

c) iniziative volte al potenziamento e all’espansione dell’offerta formativa,

nelle scuole paritarie, ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62;

d) iniziative finalizzate al potenziamento ed alla qualificazione dell’offerta

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380

di integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap, con

particolare riguardo agli alunni con handicap sensoriale, nonché agli alunni

ricoverati in ospedale o seguiti in regime di day hospital, promosse dalle

istituzioni scolastiche, anche associate in rete, appartenenti al sistema

nazionale di istruzione, nell’ambito dei rispettivi Piani dell’offerta

formativa, definiti ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275.

Iniziative dirette alla specifica formazione del personale docente

predisposte e realizzate dalle istituzioni scolastiche, anche in collegamento

con gli istituti di carattere atipico di cui all’art. 21, comma 10, della legge

15 marzo 1997, n. 59, ovvero promosse dal Ministero della pubblica

istruzione, mediante convenzioni con istituti specializzati nello studio e

nella cura di specifiche forme di handicap che accettino di operare nel

settore dell’integrazione scolastica;

e) azioni perequative a sostegno dell’area di professionalizzazione degli

istituti professionali;

f) attività da porre in essere, nell’ambito delle collaborazioni istituzionali

con le regioni e gli enti locali, per:

– la realizzazione dell’alternanza scuola lavoro;

– lo sviluppo dell’istruzione permanente degli adulti;

g) iniziative volte alla valutazione dei progetti nazionali ed iniziative

dirette a potenziare gli interventi da porre in essere per la realizzazione del

sistema di valutazione dei dirigenti scolastici da effettuare da parte

dell’Invalsi;

h) iniziative di studio e documentazione dei processi innovativi realizzati

dalle istituzioni scolastiche tramite un sistema mirato di monitoraggio delle

attività poste in essere.

2. Specificazione degli interventi Sono riferite al potenziamento

dell’autonomia scolastica tutte le iniziative di cui al punto 1) - lettera a) .

L’attivazione delle iniziative in questione dovrà costituire oggetto di un

organico Piano dell’offerta formativa da parte delle singole scuole.

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381

L’ampliamento dell’offerta formativa dovrà, tra l’altro, garantire la

realizzazione dei percorsi multidisciplinari di educazione alla salute e alla

legalità. Nel medesimo contesto - nell’ambito dell’autonomia scolastica e

nel rispetto della libertà di insegnamento e delle finalità generali del

sistema scolastico - vanno collocate anche le iniziative nazionali

riguardanti la promozione della lettura, nonché quelle che si traducono in

comportamenti consapevoli e responsabili, con particolare riferimento alle

seguenti aree di intervento:

– sostenere e promuovere le diverse forme di partecipazione responsabile

e di rappresentanza degli studenti e dei genitori;

– promuovere stili di vita positivi, contrastare le patologie più comuni,

prevedendo interventi di informazione e formazione per docenti, studenti e

loro famiglie con particolare riferimento ai temi dell’alimentazione per la

prevenzione di disturbi alimentari e patologie croniche, delle dipendenze e

delle patologie correlate ai disagi che possono insorgere in età

adolescenziale e giovanile;

– promuovere l’attività motoria e sportiva a scuola compreso

l’ampliamento delle sperimentazioni in atto nella scuola primaria,

potenziare giochi sportivi studenteschi, incrementare le iniziative contro la

violenza negli stadi e l’associazionismo sportivo durante l’apertura

pomeridiana delle scuole;

– promuovere la cultura della legalità ed educare alla cittadinanza attiva in

Italia e in Europa anche attraverso lo studio della nostra Costituzione,

prevenire e contrastare il bullismo e la violenza dentro e fuori la scuola;

– promuovere il volontariato a scuola;

– rispettare e vivere l’ambiente per una migliore qualità della vita;

– sostenere la diversità di genere come valore;

– accogliere e sostenere gli studenti con famiglie straniere, adottive e

affidatarie.

Le iniziative di formazione e di aggiornamento del personale scolastico di

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382

cui alla lettera b), da realizzarsi anche con progetti promossi a livello

nazionale, riguarderanno tutto il personale scolastico e saranno legate

prioritariamente al processo di potenziamento della cultura dell’autonomia

scolastica e in coerenza con l’ampliamento dell’offerta formativa.

L'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap di cui alla

lettera d), promossa dalle istituzioni scolastiche, sia singolarmente che in

forma associata, sarà attuata mediante iniziative di potenziamento e di

qualificazione del sostegno riferite all'offerta di integrazione formativa in

particolare agli alunni con handicap sensoriale, nonché agli alunni

ricoverati in ospedale o seguiti in regime di day hospital.

Tutte le predette iniziative di cui alle lettere a), b), c) e lettera d) del punto

1) sono adottate anche con la collaborazione e in coerenza con le esigenze e

le particolarità delle comunità locali. La loro attivazione, comprensiva

anche delle attività complementari ed integrative a favore degli studenti,

dovrà costituire oggetto di un organico Piano dell'offerta formativa da parte

delle singole scuole.

• Gli interventi perequativi, di cui al punto 1) - lettera e) sono diretti a

sviluppare l'area di professionalizzazione del biennio post-qualifica negli

istituti professionali;

• gli interventi di cui al punto 1) - lettera f), attengono alla realizzazione:

– di percorsi in alternanza scuola-lavoro che arricchiscano l'offerta

formativa per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base,

l'acquisizione di competenze e abilità spendibili nel mercato del lavoro;

percorsi da attuare anche sulla base di convenzioni con imprese ed enti

pubblici e privati disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di

tirocinio;

• gli interventi di cui al punto 1) - lettera g), attengono alla valutazione dei

progetti nazionali ed alla realizzazione degli interventi da porre in essere

per la valutazione dei dirigenti scolastici;

• gli interventi di cui al punto 1) - lettera h) sono riferiti:

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383

– allo studio e alla documentazione dei processi innovativi, realizzati

dall’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica;

– al monitoraggio delle attività realizzate dalle istituzioni scolastiche di cui

ai punti da a) a d) del punto 1), da effettuare dagli uffici scolastici regionali

su tutte le istituzioni scolastiche appartenenti al sistema nazionale di

istruzione e formazione. Tale monitoraggio sarà realizzato anche con il

supporto di Organismi nazionali e locali competenti in materia. L'azione in

questione dovrà favorire la costruzione di una rete di supporto nazionale in

grado di garantire sul territorio momenti di confronto, sostegno e

informazione. Saranno, altresì, monitorate le iniziative poste in essere a

livello di Amministrazione centrale e di uffici scolastici regionali, ai fini di

una puntuale verifica in ordine al raggiungimento degli obiettivi fissati.

3. Finanziamenti dei Piani dell'offerta formativa In relazione

all’autonomia scolastica e al connesso obbligo di definire preventivamente

un Piano dell’offerta formativa, tutte le istituzioni scolastiche saranno

destinatarie di un finanziamento specificamente finalizzato alla

realizzazione del piano dell’offerta formativa e delle connesse attività di

formazione e aggiornamento, riferibili ai finanziamenti previsti dalla legge

n. 440/1997. Il monitoraggio delle modalità di utilizzazione di tali

finanziamenti sarà realizzato attraverso un diretto rapporto con le istituzioni

scolastiche.

4. Criteri generali per la ripartizione delle somme destinate agli interventi

I criteri di ripartizione della dotazione finanziaria del fondo vengono

individuati in modo differenziato con riferimento alla natura degli

interventi, alla necessità di mantenere e sviluppare iniziative già poste in

essere con precedenti progetti promossi a livello nazionale, nonché

limitatamente alle somme da gestire direttamente dalle istituzioni

scolastiche, sulla base dei parametri oggettivi successivamente indicati.

Conseguentemente, viene effettuata la seguente ripartizione della somma di

euro 185.895.533,44 come in premessa indicata, per i singoli interventi

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384

elencati al punto 1):

• da a) a c) euro 105.676.135,87. In particolare:

– la somma fino ad un massimo di euro 18.000.000 sarà utilizzata per le

attività di formazione ed aggiornamento del personale della scuola.

Nell'ambito di detto importo la somma fino ad un massimo di euro

3.000.000 sarà destinata a progetti promossi e realizzati a livello nazionale

per le attività di formazione e aggiornamento del personale della scuola,

mentre la somma fino al massimo di euro 1.000.000 sarà destinata ad

analoghi progetti promossi e realizzati a livello regionale;

– l’importo fino ad un massimo di euro 12.000.000 è destinato al progetto

per la promozione alla lettura, di cui euro 1 milione per i progetti promossi

e realizzati a livello nazionale;

– l'importo fino ad un massimo di euro 8.000.000 sarà utilizzato per

assicurare, mediante programmi multimediali, la prosecuzione dei progetti

riferiti al potenziamento della cultura scientifica, all'insegnamento della

lingua italiana; nonché all’utilizzo della mediateca digitale italiana;

– l'importo fino ad un massimo di euro 4.000.000 sarà destinato a progetti

promossi e realizzati a livello nazionale per la partecipazione alle olimpiadi

internazionali, per le iniziative finalizzate alla valorizzazione delle

eccellenze ed allo sviluppo dei percorsi di orientamento d’intesa tra scuole,

università e mondo del lavoro;

– l'importo fino a un massimo di euro 25.938.000 sarà utilizzato per le

iniziative, promosse a livello nazionale, dirette a realizzare l’educazione

alla salute, il potenziamento dell’attività motoria e sportiva nella scuola

primaria e la realizzazione giochi sportivi studenteschi nazionali ed

internazionali, a promuovere la cultura della legalità e l’educazione alla

cittadinanza attiva; a garantire l’efficace funzionamento delle consulte

provinciali degli studenti, del Forum nazionale delle associazioni degli

studenti e del Forum nazionale delle associazioni dei genitori a scuola, a

porre in essere azioni destinate a prevenire e contrastare il bullismo e la

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385

violenza dentro e fuori la scuola; a promuovere il volontariato a scuola, il

rispetto dell’ambiente, le azioni volte a sostenere la diversità di genere

come valore, l’accoglienza ed il sostegno degli studenti con famiglie

straniere, adottive e affidatarie;

– l'importo fino ad un massimo di euro 978.000 sarà destinato per la

realizzazione di programmi comunitari in materia formativa;

– l'importo fino ad un massimo di euro 400.000 sarà destinato

all'attivazione dell'iniziativa comunitaria finalizzata alla definizione di un

quadro unico delle qualifiche e delle competenze del sistema scolastico

formativo (Europass);

– l'importo di euro 5.500.000 sarà destinato alle scuole paritarie per

l'espansione dell'offerta formativa.

Le assegnazioni dei fondi alle istituzioni scolastiche saranno disposte dal

competente ufficio dell’Amministrazione centrale e dai competenti uffici

scolastici regionali.

L’importo complessivo destinato alle istituzioni scolastiche statali per i

Piani dell’offerta formativa di cui al precedente punto 3), ammontante a

euro 55.860.135,87 sarà ripartito in misura proporzionale alle dimensioni

delle istituzioni scolastiche, calcolate in relazione alle unità di personale e

al numero degli alunni.

d) 10.719.397,57 di euro per le iniziative di potenziamento e di

qualificazione dell'offerta formativa di integrazione scolastica degli alunni

in situazione di handicap, con particolare attenzione per quelli con

handicap sensoriale, nonché per gli alunni ricoverati in ospedale o seguiti

in regime di day hospital, promosse dalle istituzioni scolastiche. Iniziative

di formazione del personale docente predisposte e realizzate dalle

Istituzioni scolastiche, anche in collegamento con gli istituti di carattere

atipico di cui all'art. 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59,

ovvero promosse dal Ministero della pubblica istruzione, mediante

convenzioni con istituti specializzati nello studio e nella cura di specifiche

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386

forme di handicap che accettino di operare nel settore dell'integrazione

scolastica. La somma di euro 5.895.668,66 corrispondente al 55% dei

predetti 10.719.397,57 euro, sarà destinata agli istituti a carattere atipico di

cui all'art. 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59 ove nel corrente

anno 2007 siano insediati i nuovi organi di gestione previsti dalla riforma di

detti istituti. La predetta somma di euro 5.895.668,66 eventualmente non

assegnata ai suddetti istituti atipici in relazione al mancato insediamento

dei nuovi organi di gestione, sarà destinata ad incrementare le risorse

finanziarie per l'offerta formativa di integrazione scolastica degli alunni in

situazione di handicap e per la formazione del personale docente. A detta

attività di formazione è destinato l' importo fino ad un massimo di euro

1.000.000 della somma da ultimo citata (sub lettera d) del precedente punto

1);

e) euro 30.000.000 per gli interventi perequativi diretti al sostegno delle

attività riferite all'area di professionalizzazione degli istituti professionali

(sub lettera e) del precedente punto 1);

f) euro 35.000.000 per sostenere i seguenti interventi (sub lettera f) del

precedente punto 1):

– 30.000.000 di euro per la realizzazione dell'alternanza scuola lavoro;

– 5.000.000 di euro per l'istruzione permanente degli adulti;

g) euro 2.500.000 per gli interventi diretti alla valutazione dei progetti

nazionali e delle iniziative volte a sviluppare gli interventi da porre in

essere per la realizzazione del sistema di valutazione dei dirigenti scolastici

(sub lettera g, del precedente punto 1);

h) euro 2.000.000 per gli interventi diretti alla produzione della

documentazione dei processi innovativi, realizzati attraverso l’Agenzia

nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, tramite un sistema di

monitoraggio delle attività poste in essere, (sub lettera h, del precedente

punto 1).

5. Modalità della gestione delle somme La gestione delle somme indicate

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al punto 4) è rimessa all'Amministrazione centrale e periferica ed alle

istituzioni scolastiche secondo le quote sotto indicate:

• l'importo complessivo di euro 55.860.135,87, di cui alle lettere da a) a

c), sarà assegnato alle istituzioni scolastiche per una immediata

utilizzazione a livello decentrato, l’importo di euro 48.816.000, sarà

assegnato agli uffici dell'Amministrazione centrale per la realizzazione di

attività e programmi di carattere nazionale ivi comprese le iniziative

realizzate dalle scuole paritarie; l’importo di euro 1.000.000 sarà assegnato

agli uffici scolastici regionali per le attività di formazione;

• l'importo di euro 10.719.397,57 di cui alla lettera d) sarà assegnato entro

il limite massimo di euro 2.000.000 agli uffici dell'Amministrazione

centrale; la restante somma sarà ripartita a favore delle istituzioni

scolastiche e degli uffici scolastici regionali, fatto salvo l'obbligo di

destinare agli istituti atipici la somma di euro 5.895.668,66 al verificarsi del

contenuto dell'art. 1, comma 3, della più volte citata legge n. 69/2000;

• l'importo di 30.000.000 di euro, di cui alla lettera e), sarà assegnato alle

istituzioni scolastiche;

• l'importo di 35.000.000 di euro, di cui alla lettera f), sarà utilizzato, fino

ad un massimo di euro 1.750.000, dagli uffici dell'Amministrazione

centrale e la restante somma sarà ripartita a favore degli uffici scolastici

regionali per gli accordi da stipularsi con le regioni;

• l'importo di euro 4.500.000 di cui alle lettere g) e h), sarà assegnato agli

uffici dell'Amministrazione centrale, che provvederanno a trasferire i

finanziamenti agli enti competenti per funzione.

Nella gestione delle somme assegnate per le finalità di cui al punto f), si

applicano le istruzioni amministrativo-contabili, in materia di interventi

cofinanziati dal Fondo sociale europeo, emanate dal Ministero del lavoro e

della previdenza sociale.

Registrata dalla Corte dei conti in data 31 ottobre 2007, registro 6, fg. 360.

IL MINISTRO Giuseppe Fioroni

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388

Atto di indirizzo Roma, lì 15 settembre 2008 Prot. n. 9690

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

…Omissis…

EMANA il seguente atto di indirizzo che individua, per l’anno 2008, le

priorità necessarie ad orientare l’attività dell’Agenzia nazionale per lo

sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS), quale soggetto promotore di

ricerca educativa e di innovazione didattica nell’ambito del sistema

scolastico.

Obiettivi generali

Obiettivi generali e prioritari dell’Agenzia sono lo sviluppo e il sostegno

dell’autonomia scolastica con riferimento a: - attuazione dell’autonomia

didattica e di ricerca delle scuole statali e paritarie di ogni ordine e grado e

sviluppo dell’ innovazione per l’innalzamento dei livelli culturali della

popolazione scolastica; - consolidamento dell’autonomia di gestione ed

amministrativa. Nel perseguimento di tali obiettivi, l’Agenzia terrà in

particolare conto la valorizzazione del merito come criterio di

distribuzione delle opportunità e di valutazione delle persone. In

particolare, anche mediante i Nuclei territoriali allocati presso gli Uffici

scolastici regionali, fornirà supporto alle scuole per la

progettazione/realizzazione, nella piena applicazione dell’autonomia

scolastica, di percorsi curricolari finalizzati alla valorizzazione delle

eccellenze. L’Agenzia svilupperà, altresì, azioni continuative e di sistema

per la valorizzazione del merito, sia per gli studenti sia per i docenti, e dei

livelli di qualità delle scuole. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e

della Ricerca 4 Per quanto concerne le azioni rivolte agli studenti saranno

realizzati:

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- monitoraggio delle iniziative nazionali e locali volte al riconoscimento

del merito scolastico (concorsi, premi, risultati scolastici);

- banca dati delle eccellenze scolastiche, a livello n azionale e regionale, e

loro comunicazione pubblica. Per le azioni rivolte a rilevare i livelli della

qualità dell’insegnamento saranno realizzati:

- documentazione delle migliori pratiche scolastiche sul modello di “Gold”;

- banca dati della ricerca, dell’innovazione e della formazione;

- collaborazione ai processi di valorizzazione delle risorse umane e di

riconoscimento del merito.

Obiettivi specifici

Nell’ambito delle funzioni indicate all’art. 1, comma 610, della legge 27

dicembre 2006, n. 296, l’Agenzia provvederà alla definizione delle attività

già indicate nell’atto di indirizzo dello scorso anno, che risultino già

avviate e ad attivare quelle necessarie per la realizzazione dei propri fini

istituzionali. In particolare l’Agenzia esplicherà la propria attività ne i

seguenti settori: Formazione del personale della scuola Dirigenti scolastici

Per i dirigenti scolastici si dovranno realizzare le seguenti attività:

- ricerca sulla “ Leadership educativa” e diffusione delle migliori pratiche

in riferimento agli strumenti di gestione, organizzazione, monitoraggio e

valutazione;

- definizione di corsi di formazione sul “bilancio sociale”, e sui rapporti

con il territorio e con il mondo del lavoro, organizzati c on la metodologia

dello svolgimento in presenza a livello regionale e dello svolgimento on

line a livello nazionale.

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390

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AUTONOMIA E FORMAZIONE DEI DOCENTI

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AUTONOMIA E QUALITA’

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e locali, Maggioli 2005

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VENTURA S., La politica scolastica, Il Mulino, 1998

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DAL PASSO F., Storia dell’educazione in Europa, in “Atti del centro

italiano di Solidarietà”, Media Print 2003

DAL PASSO F., A proposito di educazione ed alfabetizzazione nell’Europa

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XL – 2004, n. 1

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realtà e prospettive, Armando, 1994

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Agenzia Italiana Socrates, 1997

VANISCOTTE F., L’Europa dell’educazione, La Scuola, 1994

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397

INDICE

CAPITOLO I. LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE

AUTONOME

2

1. Organizzazione scolastica e istruzione 2

2. La autonomia in generale 6

3. L’autonomia delle scuole anteriormente alla legge delega

59/97

9

4. La legge delega 59/97 e la normativa di attuazione 11

5. L’attribuzione della personalità giuridica a tutte le scuole 12

6. L’autonomia didattica, organizzativa della scuola 14

6.1. La individuazione delle discipline oggetto di insegnamento

(Curricolo obbligatorio e facoltativo)

18

6.2. Le modalità di insegnamento 19

6.3. I tempi dell’insegnamento 20

6.4. La rete tra scuole 22

7. La natura giuridica dell’ente scuola 28

8. I rapporti con il Ministero riformato 41

8.1. La organizzazione previgente al decreto legislativo 300/1999 41

8.2. Le modifiche introdotte dal decreto legislativo 300/1999 e

del regolamento di attuazione (decreto del Presidente della

Repubblica 347/2000)

42

8.3. La riforma degli organi collegiali territoriali 50

8.4. La responsabilità per i risultati del dirigente scolastico 54

CAPITOLO II. L’AUTOGOVERNO DELL’ISTITUZIONE

SCOLASTICA

57

1. La organizzazione della scuola e la libertà di insegnamento 57

2. Il governo collegiale dell’istituzione scolastica 63

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398

3. Organi collegiali e competenze del dirigente scolastico 66

4. La riforma degli organi collegiali 68

5. La progettualità della scuola: il Piano dell’Offerta Formativa

(P.O.F.)

71

CAPITOLO III. LA SOGGETTIVITÀ E LA GESTIONE

DEI BENI

74

1. Personalità giuridica e titolarità dei beni 74

2. La autonomia finanziaria 76

2.1. La attuale gestione finanziaria 77

2.2. Le nuove istruzioni generali sulla gestione amministrativo -

contabile delle istituzioni scolastiche

79

3. L’attività negoziale 83

3.1. la conclusione del contratto 83

4. I Fondi Strutturali Europei 2007/2013 e i Programmi Operativi

Nazionali "Competenze per lo Sviluppo" (FSE), "Ambienti per

l'Apprendimento" (FESR)

87

CAPITOLO IV. LEGISLAZIONE STATALE E

REGIONALE IN MATERIA DI ISTRUZIONE SECONDO

LA LEGGE 3/2001

91

1. legislazione esclusiva e concorrente, concetti 91

2. la legge costituzionale 2001 n. 3: le modifiche al titolo V della

Costituzione

93

3. Le competenze legislative in materia di istruzione 94

4. La riforma del Titolo V della Costituzione in materia di

funzioni amministrative

102

4.1. Il precedente assetto costituzionale ed il superamento del

«principio del parallelismo»

103

Page 404: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

399

5. la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite 104

6. La legislazione ordinaria in materia di funzioni: il decr.

legislativo 112/1998

106

6.1. L’istruzione scolastica nel decreto legislativo 112/98 107

7. L’autonomia finanziaria e la potestà regolamentare degli enti

destinatari di funzioni

111

8. Sussidiarietà orizzontale e verticale 112

CAPITOLO V L’AUTONOMIA FUNZIONALE DELLE

ISTITUZIONI SCOLASTICHE FRA RIFORMA DEL

TITOLO V, RIORDINO DEL SISTEMA FORMATIVO E

COORDINAMENTO COMUNITARIO

114

1. Premessa. Il duplice significato dell’autonomia funzionale

delle scuole negli interventi legislativi precedenti la modifica del

titolo V nel contesto della riorganizzazione del sistema formativo

e all’interno del processo di decentramento

114

1. 2. Finalità e articolazione dell’indagine 119

2. La prima fase. Gli elementi caratterizzanti del disegno politico

sull’autonomia scolastica e il suo inserimento nel riordino

complessivo del sistema formativo

122

3. La seconda fase. L’inserimento dell’autonomia scolastica nel

disegno di decentramento amministrativo e il suo progressivo

scollamento dal progetto complessivo di riordino del sistema

educativo

125

CAPITOLO VI L’AUTONOMIA SCOLASTICA

NELL’AMBITO DELLE INIZIATIVE COFINANZIATE

DAI FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2007/2013

129

6.1. I Fondi Strutturali Europei 129

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400

6.2. Linee di intervento e strategia 135

6.3. Il Fondo Sociale Europeo (F.S.E.) 137

6.4. Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale “Ambienti per

l’apprendimento”

139

6.5. Specificità dei due Fondi Strutturali nell’ambito del Piano

Integrato

146

6.6. L’equità della scuola 146

6.7. Il recupero delle competenze 147

6.8. L’innovazione didattica e le pratiche laboratoriali 149

6.9. Le Reti 150

6.10 Gli interventi infrastrutturali 150

6.11 Organizzazione e Gestione della Programmazione 153

6.12 Normativa di Riferimento 154

APPENDICE NORMATIVA SULL’AUTONOMIA

SCOLASTICA

156

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio

1994 Principi sull’erogazione dei servizi pubblici

158

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 maggio

1995 Prima individuazione dei settori di erogazione dei servizi

pubblici ai fini dell’emanazione degli schemi generali di

riferimento di “Carte dei servizi pubblici”

170

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 giugno

1995 Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi

scolastici

171

Direttiva del Ministro della pubblica istruzione n. 254 del 21

luglio 1995 Direttiva relativa alla “Carta dei servizi scolastici”

185

Legge 28 dicembre 1995, n. 549 Misure di razionalizzazione

della finanza pubblica

188

Page 406: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

401

Legge 15 marzo 1997, n. 59 Delega al Governo per il

conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per

la riforma della Pubblica Amministrazione e per la

semplificazione amministrativa

189

Legge 18 dicembre 1997, n. 440 Istituzione del Fondo per

l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli

interventi perequativi

199

decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 1998, n. 157

Regolamento recante norme di attuazione dell’articolo 1, comma

20, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concernente

l’aggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria

superiore

202

decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n.

233 Regolamento recante norme per il dimensionamento

ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione

degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo

21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59

208

decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275

Regolamento recante norme in materia di autonomia delle

istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 21 della Legge 15

marzo 1997, n. 59

219

Legge 22 marzo 2000, n. 69 Interventi finanziari per il

potenziamento e la qualificazione dell’offerta di integrazione

scolastica degli alunni con handicap

240

decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234 Regolamento

recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle

istituzioni scolastiche, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275

242

Decreto-Legge 28 agosto 2000, n. 240, convertito con 246

Page 407: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

402

modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000, n. 306

Disposizioni urgenti per l’avvio dell’anno scolastico (Articolo 2)

decreto ministeriale 1° febbraio 2001, n. 44 Regolamento

concernente le “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-

contabile delle istituzioni scolastiche

248

Decreto Presidente Repubblica 4 agosto 2001, n. 352

Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, in materia di

autonomia delle istituzioni scolastiche

291

LEGGE COSTITUZIONALE 18 ottobre 2001, n. 3

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione

292

Nota Ministeriale Prot. n. 7267 del 9 novembre 2001

Dirigenti scolastici. Gestione del contenzioso

300

Nota 1 marzo 2002 Prot. n. 275

Linee di indirizzo per la liquidazione delle spese per liti,

arbitraggi, risarcimenti ecc. e per la trattazione delle pratiche

concernenti gli infortuni degli alunni

302

Legge 28 marzo 2003, n. 53

Delega al Governo per la definizione delle norme generali

sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia

di istruzione e formazione professionale

305

Decreto Legislativo 19 febbraio 2004, n. 59

Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia

e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della

legge 28 marzo 2003, n. 53

321

Decreto Legislativo 19 novembre 2004, n. 286

Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema

educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino

dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28

336

Page 408: 7 Il concetto di autonomia, infatti, evoca anche quello di limite11:la possibilità di autodeterminazione riconosciuto dall’ente che concede l’autonomia (in tal caso, lo Stato),

403

marzo 2003, n. 53

Legge 27 dicembre 2006, n. 296

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale

dello Stato

349

Circolare Ministeriale 28 dicembre 2006, n. 76

Prot. n. 11801/ORD/U08/C/Ac10

Legge finanziaria 2007: Istituzione Agenzia nazionale per lo

sviluppo dell'autonomia scolastica

371

Direttiva n. 68 del 3 agosto 2007

Indicazioni per il curricolo delle scuole dell’infanzia e delle

scuole del primo ciclo

374

Direttiva ministeriale n. 81 del 05 ottobre 2007

Individuazione degli interventi prioritari e criteri generali per la

ripartizione delle somme, le indicazioni sul monitoraggio, il

supporto e la valutazione degli interventi stessi, ai sensi

dell’articolo 2 della legge 18 dicembre 1997, n. 440

379

Atto di indirizzo Roma, lì 15 settembre 2008 Prot. n. 9690

Individuazione delle priorità necessarie ad orientare l’attività

dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica

(ANSAS)

388

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 390

INDICE 397

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