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LA RUSSIA E NOI Questioni teoriche e semantiche ORA NECESSARIO AFFRONTARE AL- cuni problemi teorici che sono, in verità, molto importanti, anche se il più delle volte ad essi non si presta attenzione: si riferisco- no ai rapporti abbastanza sorprendenti tra questo significante – «geopolitica» – e tutta una gamma di significati. Nelle diversissi- me accezioni già evocate, si tratta pur sem- pre di rivalità tra differenti tipi di poteri su territori più o meno vasti. Constatare que- sta territorialità della «geopolitica» confer- ma il riferimento alla geografia, ciò che l’abbreviazione iniziale indica in modo quasi evidente. Ora, tali conflitti territoriali fra gli Stati esi- stono da secoli e da altrettanto tempo le frontiere sono state tracciate e poi modifi- cate; tutto ciò veniva riferito alla storia e non si parlava di geopolitica né di un ter- mine equivalente. Perché si è dovuto atten- dere l’inizio del XX secolo affinché questo termine apparisse, ed essenzialmente, a quel tempo, in un solo Stato, la Germania? E perché dobbiamo attendere la fine del se- colo perché improvvisamente l’uso di que- sta parola si generalizzi e diventi un’idea- forza? Che cosa porta essa di nuovo in rap- porto alla storia, cioè a quello che scrivono gli storici? Finiremo per definire retrospettivamente «geopolitici» tutti i conflitti territoriali di una volta, come fa qualcuno? Il problema è me- no semplice di quanto non appaia, non fos- se che per la proscrizione del termine «geo- politica» dopo la seconda guerra mondiale. Per quasi quarant’anni questa parola non è stata più usata (nemmeno come aggettivo), né nei media né nelle università, quando tut- ta una serie di fenomeni (la divisione dell’Europa e del mondo in due blocchi e le rivalità delle due «superpotenze») si riferiva- no palesemente a quella che noi oggi defi- niamo correntemente geopolitica. Il rappor- to signficante-significato non è dunque af- fatto semplice, non più di quanto sono chiare le cause di questo tabù, né le ragioni per cui esso è stato progressivamente supe- rato nel corso degli anni Ottanta. Per definire a posteriori alcuni tipi di pro- blemi è sufficiente notare che il termine «geopolitica» è relativamente recente e im- piegarlo semplicemente come una novità o come una comodità linguistica? Gli specia- listi che hanno riferimento hanno un mo- do nuovo di inquadrare e di spiegare le ri- valità territoriali di un tempo e quelle di oggi? La sua apparizione all’inizio del se- colo e la sua riapparizione – inizialmente timida, verso il 1980, e poi clamorosa dopo la frantumazione dei regimi comunisti e dell’Unione Sovietica – sono solo il riflesso 295 Che cos’è la geopolitica (II) di Yves LACOSTE TEO RIA È

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LA RUSSIA E NOI

Questioni teoriche e semantiche

ORA NECESSARIO AFFRONTARE AL-cuni problemi teorici che sono, in verità,molto importanti, anche se il più delle voltead essi non si presta attenzione: si riferisco-no ai rapporti abbastanza sorprendenti traquesto significante – «geopolitica» – e tuttauna gamma di significati. Nelle diversissi-me accezioni già evocate, si tratta pur sem-pre di rivalità tra differenti tipi di poteri suterritori più o meno vasti. Constatare que-sta territorialità della «geopolitica» confer-ma il riferimento alla geografia, ciò chel’abbreviazione iniziale indica in modoquasi evidente.Ora, tali conflitti territoriali fra gli Stati esi-stono da secoli e da altrettanto tempo lefrontiere sono state tracciate e poi modifi-cate; tutto ciò veniva riferito alla storia enon si parlava di geopolitica né di un ter-mine equivalente. Perché si è dovuto atten-dere l’inizio del XX secolo affinché questotermine apparisse, ed essenzialmente, aquel tempo, in un solo Stato, la Germania?E perché dobbiamo attendere la fine del se-colo perché improvvisamente l’uso di que-sta parola si generalizzi e diventi un’idea-forza? Che cosa porta essa di nuovo in rap-porto alla storia, cioè a quello che scrivonogli storici?

Finiremo per definire retrospettivamente«geopolitici» tutti i conflitti territoriali di unavolta, come fa qualcuno? Il problema è me-no semplice di quanto non appaia, non fos-se che per la proscrizione del termine «geo-politica» dopo la seconda guerra mondiale.Per quasi quarant’anni questa parola nonè stata più usata (nemmeno come aggettivo),né nei media né nelle università, quando tut-ta una serie di fenomeni (la divisionedell’Europa e del mondo in due blocchi e lerivalità delle due «superpotenze») si riferiva-no palesemente a quella che noi oggi defi-niamo correntemente geopolitica. Il rappor-to signficante-significato non è dunque af-fatto semplice, non più di quanto sonochiare le cause di questo tabù, né le ragioniper cui esso è stato progressivamente supe-rato nel corso degli anni Ottanta.Per definire a posteriori alcuni tipi di pro-blemi è sufficiente notare che il termine«geopolitica» è relativamente recente e im-piegarlo semplicemente come una novità ocome una comodità linguistica? Gli specia-listi che hanno riferimento hanno un mo-do nuovo di inquadrare e di spiegare le ri-valità territoriali di un tempo e quelle dioggi? La sua apparizione all’inizio del se-colo e la sua riapparizione – inizialmentetimida, verso il 1980, e poi clamorosa dopola frantumazione dei regimi comunisti edell’Unione Sovietica – sono solo il riflesso 295

Che cos’è la geopolitica (II) di Yves LACOSTE

TEORIA

È

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CHE COS’È LA GEOPOLITICA (II)

dell’evoluzione delle idee negli ambientiintellettuali o universitari? O non anche laconseguenza di cambiamenti politici im-portanti nell’ambito di numerosi Stati? Tut-to dipende da che cosa si intende con geo-politica.Il termine, nelle sue molteplici accezioniattuali, è usato il più delle volte come ag-gettivo. Curiosamente, i dizionari nemme-no lo citano in quanto aggettivo e lo pren-dono in considerazione solo come sostanti-vo, ma senza indicare i tre significati diffe-renti di questa parola. Il primo significato èquello dato dai grandi dizionari, il Larous-se e il Robert, dove il termine non figurad’altronde che in modo furtivo: la geopoli-tica vi è considerata solo come una scien-za o una particolare materia di studio. Ilsecondo, sempre più frequente per quantoassente nei dizionari potrebbe essere, tra-sponendo la definizione che il Robert dà insecondo luogo della geografia: «La realtàoggetto di questa scienza». Sarebbe d’altraparte preferibile dire «le realtà che sonoconsiderate essere oggetto di questa scien-za» e che è dunque, per conseguenza, legit-timo definire geopolitiche.Ora, che si tratti dei media o di ricerchedegli specialisti queste «realtà» sono prese inconsiderazione sia in quadri spaziali più omeno vasti (per esempio, geopolitica dell’A-frica, geopolitica di Beirut), sia in funzio-ne di certi attori politici che conducono osi ritiene conducano un certo tipo di azio-ni che si definiscono anch’esse geopolitiche.Siccome questi attori sono spesso assimilatia Stati, si parlava per esempio corrente-mente, almeno fino al 1991, di geopoliticadell’Unione Sovietica; in un tale caso, c’èconfusione tra i dati i problemi geopoliticiconsiderati nel quadro di questo Stato, e leazioni e i progetti attuati dai suoi dirigentidentro o fuori le frontiere statuali. Sicché siparla oggi correntemente della geopoliticaamericana in questa o quella parte delmondo.L’idea che la geopolitica è anche e soprat-tutto strategia è ancora più evidente quan-do si evoca, per esempio, la geopolitica diReagan o quella di Gorbacev, cioè i diffe-

renti tipi di azione condotti, o più precisa-mente decisi da questo o quell’attore politi-co per modificare una situazione definitageopolitica. Siamo così arrivati al terzosenso del termine geopolitica.Negli scritti dei giornalisti come nei lavoridi diversi specialisti è chiaro che la geopoli-tica non è oggi considerata tanto comescienza o conoscenza (non fosse che per ledifficoltà di definirla) quanto come azione,progetto e strategia. E questa evoluzione,lungi dall’essere una deriva mediatica(checché ne pensi qualcuno), è assoluta-mente fondata, perché in questo campo leanalisi concrete si fondano su rivalità ter-ritoriali tra poteri i cui attori e soprattutto icui capi hanno logicamente dei progetti edelle strategie. Questi dirigenti si servonod’altronde delle informazioni geopolitichefornite da diversi specialisti per stabilire emodificare questi progetti e queste strategie.Eppure, nei dizionari la geopolitica non èassolutamente considerata come azione estrategia, ma definita solo come scienza odisciplina di un genere particolare. Le defi-nizioni dei dizionari sono di fatto dellostesso tipo di quelle che essi danno dellageografia.Questo sostantivo ha anch’esso due signifi-cati troppo spesso confusi. Secondo il Ro-bert, è 1) «la scienza che ha per oggetto lostudio dei fenomeni fisici biologici umanilocalizzati sulla superficie del globo terre-stre» e 2) «la realtà fisica, biologica, umanache è oggetto di studio della scienza geo-grafica». Ora, se il termine stesso di «geo-grafia» fa esplicito riferimento a una tecni-ca scientifica (geo-grafia, disegnare, rap-presentare la Terra, cioè anzitutto costruiredelle carte), non è questo il caso del termi-ne geopolitica giacché, in primo luogo, lapolitica non è definita nel Robert comescienza ma come 1) ciò che è «relativo allacittà, al governo dello Stato» e 2) «arte epratica del governo delle società umane». Ilterzo senso di «geopolitica» – azione, pro-getto, strategia – è dunque semanticamentelegittimo. Queste considerazioni permetto-no di prendere coscienza di un certo nu-mero di ambiguità semantiche, ma non296

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per questo definiscono che cosa è la geopo-litica. Coloro che – procedendo in modoinverso rispetto al nostro – vogliono partiredai principi e non dalla realtà, così comeessa è percepibile, diranno che sono geopo-litici i fenomeni che si riferiscono alla geo-politica. Ma come l’hanno definita, fino adoggi la geopolitica?

Alcune definizioni correnti ma parziali e contraddittorie della geopolitica

Per il Robert (1965), la geopolitica è «lo stu-dio dei rapporti tra i dati naturali dellageografia e la politica degli Stati». Il GrandLarousse Universel (1962) è ancora piùesplicito, giacché per esso la geopolitica è«lo studio dei rapporti che uniscono gli Sta-ti le loro politiche e le leggi di natura, que-ste ultime determinando le altre».È abbastanza curioso che questo genere didefinizioni che non si trovano solo nei di-zionari ometta ogni riferimento alla storia,per quanto l’invocazione dei «diritti storici»sia uno dei maggiori argomenti in geopoli-tica. Ad ogni modo, simili definizioniavrebbero dovuto essere respinte per la loroevidente illogicità, che rasenta l’assurdità(ma certi geopolitici vi si riferiscono senzavergogna, per le necessità della causa cheessi sostengono). In effetti se «le leggi di na-tura determinano la politica degli Stati»,come spiegare che essi possano operarecambiamenti spettacolari e durevoli dellaloro politica, ciò che la storia permette diconstatare, e non solo durante le rivoluzio-ni? I «dati naturali della geografia» purtut-tavia non cambiano affatto, e «le leggi dinatura» sono comunque eterne. Queste de-finizioni quanto meno sommarie (due ri-ghe ciascuna) sono anteriori al successoattuale della geopolitica, ma si continuaspesso a farvi riferimento, specialmente ne-gli ambienti universitari.Queste definizioni classiche, che si limita-no a indicare l’esistenza di rapporti tra lageopolitica e la geografia, ma senza speci-

ficare di quali rapporti si tratti comportanoinoltre il grande inconveniente di ridurrequest’ultima ai soli fenomeni naturali –concezione assai diffusa nell’opinione co-mune, ma che non ha alcuna giustifica-zione epistemologica. Perché queste pretesedefinizioni della geopolitica non fannomenzione dei rapporti tra la «politica degliStati» e i dati purtuttavia fondamentali del-la geografia umana, non fosse che, peresempio, l’importanza della densità di po-polazione in rapporto alla superficie utiliz-zabile di uno Stato? Mistero, o forse questorischierebbe di richiamare la questionedello «spazio vitale» che Hitler ha sviluppatonel Mein Kampf?Il Grand Larousse Universel (1989) defini-sce la geopolitica come «una scienza chestudia i rapporti tra la geografia degli Statie la loro politica. (...) La geopolitica espri-me la volontà di guidare l’azione dei go-verni in funzione delle lezioni della geo-grafia. (...)». La volontà di chi? Si potrebbecredere che questo proposito rifletta le am-bizioni dei maestri della geografia accade-mica. Uno dei più celebri in questo camponon fu forse il britannico sir HalfordMackinder (1861-1947) che acquisì dopoil 1900, una grande notorietà nei circolidirigenti anglosassoni? Egli è spesso consi-derato uno dei più celebri geopolitici. Ep-pure, non ha mai fatto esplicito riferimentoalla geopolitica nei suoi scritti, e il più cele-bre tra essi intorno a questo tema (TheGeographical Pivot of History), si inquadrapiuttosto in quella che sarà poi definitageostoria.La corporazione dei geografi accademiciin senso generale ma in modo peculiare inFrancia e oggi anche in Germania, è tutta-via, paradossalmente, quella che, assai piùdelle altre, tuttora respinge la geopolitica innome della scienza e con il pretesto che sitratterebbe di un residuo o di una rinasci-ta del nazismo. Questa corporazione di-sapprova coloro tra i suoi membri che se neoccupano e promuove invece la praticadella geografia politica.Ma questo settore della geografia accade-mica, malgrado l’importanza riconosciuta 297

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del volume Politische Geographie nell’ope-ra del grande geografo tedesco FriedrichRatzel (1844-1904), negli ultimi decenniera stato completamente abbandonato, aparte un certo risveglio in questi ultimi an-ni nell’intento di far concorrenza alla geo-politica. Al punto che la geografia politica èdimenticata nel Dictionnaire de la géo-graphie diretto da Pierre George (1979),che indica come «la geopolitica è lo studiodei rapporti tra i fattori geografici e le azio-ni o le situazioni politiche», prima di men-zionare che essa è stata «uno degli stru-menti di propaganda politica dei teoricidei Terzo Reich».Il più celebre di questi teorici l’animatoredella prima corrente di idee che facesse ri-ferimento alla geopolitica per metterla inpratica, il geografo e generale tedesco KarlHaushofer (1869-1946), dichiarava versoil 1920, in modo al quanto lirico: «La geo-politica sarà e deve essere la coscienza geo-grafica dello Stato. Il suo oggetto è lo studiodelle grandi connessioni vitali dell’uomod’oggi nello spazio d’oggi (...) e la sua fina-lità (...) è il coordinamento dei fenomeniche legano lo Stato allo spazio». In effetti,l’oggetto principale di questa corrente geo-politica erano le relazioni territoriali degliStati tra loro, il tracciato delle loro frontie-re, e in particolare quelle della Germaniache, in conseguenza del Trattato di Ver-sailles (1919), aveva appena perso impor-tanti territori.Gli specialisti di relazioni internazionaliinquadrano la geopolitica ancor più infunzione delle loro preoccupazioni. Dopo il1945, quando questo termine era completa-mente proscritto in Europa, all’Ovest comeall’Est, certi specialisti americani vi faceva-no talvolta riferimento in lavori abbastan-za riservati destinati a fornire ai dirigentiamericani una base teorica alla politicache gli Stati Uniti, a causa della guerrafredda e della loro potenza, dovevano con-durre su scala mondiale. «L’essenza dellageopolitica è di studiare la relazione cheesiste tra la politica internazionale di po-tenza e le caratteristiche corrispondenti del-la geografia (e specialmente) quelle su cui

si sviluppano le fonti della potenza», scrivenel 1963 Saul Cohen in Geography and Po-litics in a World Divided. Per Robert E.Harkavy, in Great Power Competition forOverseas Bases: Geopolitics of Access Di-plomacy (1983), la geopolitica è «la rappre-sentazione cartografica delle relazioni trale potenze principali in contrapposizionefra loro». Secondo la Encyclopedia Britanni-ca la geopolitica è «l’utilizzazione della geo-grafia da parte dei governi che praticanouna politica di potenza», mentre William T.Fox, in un colloquio organizzato a Bruxel-les dalla Nato nel 1983, sostiene che in ge-nerale la geopolitica è «l’applicazione delleconoscenze geografiche agli affari mondia-li». Identica la concezione del generale Pier-re Gallois, autore di un’opera intitolataGéopolitique: les voies de la puissance(1990): «La geopolitica è lo studio delle rela-zioni che esistono tra la condotta di unapolitica di potenza sviluppata sul piano in-ternazionale e il quadro geografico in cuiessa si esercita». Ma queste concezioni più omeno prossime, secondo cui la geopolitica èessenzialmente analisi di tipo geograficodelle relazioni interstatuali sul piano plane-tario o su quello dei grandi spazi non ten-gono conto del fatto che analisi geopolitichedei rapporti di forza sono oggi condotte ri-guardo a territori di dimensioni assai mi-nori che si tratti di Beirut o dei quartiericentrali di Los Angeles, ad esempio.Alcuni specialisti di scienze sociali conside-rano che la geopolitica tenga anche inconto numerosi problemi politici interniagli Stati compresi quelli la cui unità na-zionale è forte. Queste ricerche di geopoliti-ca interna, anch’esse orientate sullo studiodelle rivalità territoriali tra poteri – in par-ticolare quelle tra i notabili della politica –hanno mostrato la loro efficacia in mate-ria di analisi dei fenomeni elettorali e delleoperazioni digestione del territorio. Già damolti decenni in America Latina i gruppidirigenti e soprattutto i militari brasilianiargentini e cileni si riferiscono alla «geopo-litica» per condurre delle operazioni di ge-stione dei loro territori o di organizzazionedello spazio.298

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Molto più complessa e recente è la «propostadi definizione» che Michel Foucher, nel suolibro Fronts et Frontières (1991), dà dellageopolitica: essa è, secondo lui «un metodoglobale di analisi geografica di situazionisociopolitiche concrete prese in esame intanto in quanto esse sono localizzate, edelle rappresentazioni abituali che le de-scrivono». Ciò ha il vantaggio di potersi ap-plicare a situazioni di ogni dimensione,compreso il quadro di Stati di dimensionirelativamente piccole, e di non ridurre lageopolitica ai rapporti tra Stati o alle riva-lità planetarie, come fa qualcuno. Ma l’e-spressione «situazioni sociopolitiche concre-te», se applicata ad altre questioni oltre aquelle concernenti le frontiere, non indicache i fenomeni geopolitici sono essenzial-mente rivalità di potere riferite al territorio;ciò risulta ancor più mascherato dal fattoche questa definizione fa stato delle «rap-presentazioni abituali» quando si tratta, intutte le situazioni geopolitiche, a fortiorinei problemi di frontiere, di rappresenta-zioni contraddittorie.Malgrado le loro differenze, tutti questi modidi inquadrare la geopolitica, compreso l’ulti-mo, hanno in comune la caratteristica dinon rendere conto delle sue singolarità stori-che: né spiegano l’apparizione molto tardivadi questo termine all’inizio dei XX secolo, lasua eclisse trentacinquennale, e soprattutto,da una decina d’anni la sua utilizzazionesempre più frequente sulla stampa e da partedi diversi specialisti meno per effetto di unamoda che in ragione di un fenomeno obiet-tivo: la moltiplicazione recente dei problemidei conflitti gravi o minori che vengonochiamati geopolitici. Insomma, nel mondoaccade qualcosa di nuovo.Era successo qualcosa del genere quandoper la prima volta, in un paese, una cor-rente di opinione si è preoccupata dellageopolitica?

L’apparizione della geopolitica

Perché è solo all’inizio dei XX secolo, nei1918-1919, in Germania, che la geopoliti-

ca appare come una novità intellettuale epolitica e suscita in quel paese una podero-sa corrente intellettuale, quando i conflittiterritoriali fra Stati esistevano da secoli?Non bisogna mettere da parte questo pro-blema, che oggi può apparire ben superato.Ma cercare di capire le cause di questa ap-parizione, così come quelle della proscri-zione del termine dopo il 1945, poi del suoriapparire dopo dieci anni – cioè cercaredi capire le grandi tappe della storia dellageopolitica – permette di afferrare meglioalcune delle caratteristiche fondamentalidella geopolitica e di avanzare nella co-struzione della sua definizione.Non basta segnalare, come si fa la maggiorparte delle volte, che la parola «geopolitica»è comparsa, d’altronde in modo alquantofurtivo, per la prima volta nel 1904, per lapenna di un geografo svedese, RudolphKjellen (1864-1922), fortemente influenza-to dall’opera di Friedrich Ratzel e legatissi-mo agli ambienti culturali tedeschi. Per luila geopolitica, allo stesso modo della ecopo-litica e della demopolitica da lui proposte,era uno dei percorsi di ricerca di cui sotto-lineava l’importanza. Egli riprenderà que-sti termini nel suo libro del 1916 Lo Statocome organismo vivente. Ma è solo dopo il1918 e soprattutto in tutt’altro contesto po-litico che debutterà, con Haushofer; quelloche si può definire il primo movimento diidee geopolitiche.Per un gran numero di autori che tratte-ranno più tardi di geopolitica, questa ap-pare, nel migliore dei casi come una delleforme più caratteristiche della «ragion diStato», o di una Realpolitik: il sovrano e isuoi fidi non prendendo in considerazionenell’interesse dello Stato che dati materialiconsiderati come oggettivi e in primissimoluogo i «dati geografici», e così mettendo traparentesi determinati principi politici omorali. Si ripete a volontà la frase di Napo-leone I «la politica degli Stati è nella lorogeografia», dimenticando che era lui chesceglieva i dati geografici in funzione deiquali prendeva le sue decisioni per riorga-nizzare la Germania e l’Europa. Nel casopeggiore, si pensa spesso, la geopolitica co- 299

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pre con argomenti speciosi le annessionipiù ciniche e brutali.Ora, la prima apparizione della correntedi idee geopolitiche – in Germania – si si-tua al contrario in un momento in cuil’autorità dello Stato è singolarmente inde-bolita, nel 1918-’19: dopo che il Reich hadovuto chiedere l’armistizio, a causa delloscoraggiamento di una grande partedell’esercito per la comparsa in Europa diun nuovo avversario, l’esercito americano,ma anche a causa delle rivolte comuniste,in particolare a Berlino. Dopo l’armistizio,si avvia un grande dibattito nei quale cit-tadini di diverse tendenze politiche si do-mandano se conviene accettare o rifiutare– salvo riprendere la guerra – le clausoleterritoriali dei trattato di pace che la coali-zione vittoriosa vuole imporre. Coloro chesperano che il trattato potrà essere rivistoulteriormente si oppongono a coloro chevogliono resistere ad ogni costo: che cosabisogna accettare, a rigore? Quali sono iterritori che bisogna accettare di abbando-nare e quali sono quelli cui aggrapparsi?Di lasciare la Prussia Orientale non si di-scute nemmeno!Fino ad allora, solo i sovrani e i capi diStato decidevano, con i loro consiglieri piùvicini su questo genere di problemi e nonci si sognava affatto di riferirne al popolo.Ma nella Germania dei dopo-sconfitta siingaggiò fra cittadini di differenti tenden-ze politiche un vero dibattito democratico(per quanto segnato da molte violenze) sulproblema del territorio della nazione e del-le sue frontiere. Allora era un fatto assolu-tamente eccezionale. Certo, negli Stati de-mocratici c’erano già molti dibattiti politici– sull’attribuzione del diritto di voto ai po-veri o alle donne, sul ruolo della Chiesa,sul sistema di governo eccetera – ma nonc’erano mai stati dei dibattiti geopoliticicioè imperniati sul problema delle frontieree sulla definizione stessa del territorio delloStato e della nazione.In questo primo dibattito geopolitico e pa-triottico, i professori di storia e di geografiadei licei e specialmente i giovani che torna-vano dal fronte, hanno giocato un ruolo

importante. Alcuni tra loro si sono resiconto che i corsi di geografia politica ispi-rati dall’opera di Friedrich Ratzel e che essiavevano seguito quando erano all’univer-sità non servivano a un bel nulla quandosi trattava di provare l’ingiustizia e l’assur-dità delle frontiere che i vincitori pretende-vano di imporre alla Germania. Le «leggiscientifiche» della geografia politica cheRatzel invocava in un insegnamento moltoteorico e molto accademico (che egli avevavoluto al quanto differenziare rispetto agliarticoli che scriveva in quanto presidentedella Lega pangermanista) non permette-vano di comprendere i rapporti di forza inEuropa né, in modo concreto, la situazionepolitica in cui la Germania si trovava dopola sconfitta.Inoltre, contrariamente a coloro che affer-mano che Ratzel è in qualche modo il fon-datore della geopolitica, pare evidente che èsemmai proprio contro l’accademismo del-la geografia politica ratzeliana che si èlanciata quella corrente di idee che avreb-be introdotto un nuovo termine, quello di«geopolitica». La maggior parte dei geografiaccademici tedeschi inizialmente non fuad essa favorevole, ed è questa la ragioneper cui i professori di liceo trovarono il so-stegno di Haushofer messo ai marginidell’università a causa dei suoi incarichimilitari e della sua carriera diplomatica(in Giappone, prima della guerra). Ed èper rivolgersi all’insieme dei cittadini che ilmovimento geopolitico lanciò una pubbli-cazione semplicissima, illustrata da carteschematiche, molto suggestive: Zeitschriftfur Geopolitik. Se Haushofer non disdegnòdi riprendervi alcune «leggi» della geografiapolitica, egli tuttavia proclamò che la geo-politica era una scienza nuova: era unmezzo di imporre le sue tesi con un’opera-zione apertamente politica, apertamentedifferente dal discorso accademico tenutoda Ratzel.In seguito, per ottenere la revisione deiTrattato di Versailles o l’Anschluss conl’Austria (ciò che chiedevano anche i par-titi di sinistra tedeschi e austriaci), il movi-mento geopolitico sviluppò la sua azione300

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sul piano internazionale, grazie alla colla-borazione di geografi o di diplomatici didiversi Stati europei Unione Sovietica com-presa, i quali non accettavano affatto lefrontiere imposte dopo il 1918, anche colo-ro che erano stati avvantaggiati volevanoancor di più.Il partito nazista non cominciò ad acquistareimportanza che dieci anni dopo l’esordio diquesta scuola geopolitica che non è, contraria-mente a quanto spesso si afferma, una creazio-ne del nazismo. I francesi avrebbero d’altrondepotuto lanciare la loro propria scuola di geopoli-tica ma, all’università, i maestri di quella che sichiamava la geografia francese o la scuola geo-grafica francese vi si opposero in nome dellascienza e della geografia, pur senza esprimereragioni epistemologiche più precise.In Germania, se Hitler recuperò a propriouso e consumo gli argomenti patriotticidella geopolitica tedesca e la notorietà diHaushofer; i nazisti che ebbero le loro rivi-ste di geopolitica, soffocarono poi ogni di-battito intorno ai problemi dello Stato edella nazione nei rapporti di forza europei.Haushofer era un personaggio complessogiacché sua moglie, che ebbe fino all’ulti-mo un ruolo importante al suo fianco, eradi origine ebraica ed egli era amico perso-nale di Rudolf Hess il quale volò in Inghil-terra nel maggio 1941. È proprio dell’estate

1941 la rottura tra il Fuhrer e Haushofer;che allora era al vertice del suo prestigio,giacché egli aveva fama di essere la mentedel patto germano-sovietico dell’agosto 1939(in nome delle tesi planetarie di Mac-kinder). Ma Haushofer manifestò il suo di-saccordo quando, nel giugno 1941, Hitlerlanciò improvvisamente l’attacco all’Unio-ne Sovietica. La rivista Zeitschrift fur Geo-politik cessò le pubblicazioni poco dopo, eHaushofer fu da allora in poi malvisto daidirigenti nazisti giacché Rudolf Hess nonpoteva più servirgli da garante. Haushoferfu persino arrestato quando suo figlio, eglistesso geopolitico e diplomatico, fu implica-to nei complotto contro Hitler e assassinatodalla Gestapo.I rapporti tra la scuola geopolitica tedesca eil nazismo sotto dunque molto più compli-cati di quanto abitualmente non si dica.Karl Haushofer; che alcuni avrebbero volu-to vedere tradotto davanti al tribunale diNorimberga, dove erano giudicati i diri-genti nazisti fu risparmiato dagli america-ni che cominciavano a interessarsi moltodi geopolitica. Ma nel 1946 egli si suicidòinsieme alla moglie.

(2 – continua)

(traduzione di Tancredi Rossi)

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