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6 Venerdì 13 maggio 2016 iln uovo g iornale Cinquant’anni di attività per la Tampa Lirica Le mostre in programma a Piacenza “Sono le Nuvole” al Collegio Alberoni Quando il Nuovo Giornale era a Palazzo Fogliani In “Transizione eco- logica” padre Giraud spiega il legame tra eco- nomia e ambiente. Sulla scia della Laudato Si’ di papa Francesco, ci po- trà essere una maggior attenzione ambientali- sta dei cattolici? “Il ri- spetto della creazione - commenta il gesuita - è parte integrante della tradizione e della sensi- bilità cattolica. Sappiamo che la creazione ci è stata affidata da Dio. Ciò di cui oggi prendia- mo anzitutto coscienza è che questa creazione è fragile. E che l’uomo è chiamato ad essere un giardiniere attento”. “La Bibbia - fa notare - comincia il suo rac- conto della relazione di Dio con l’uomo den- tro un giardino, l’Eden, e lo conclude dentro una città-giardino, la Gerusalemme celeste di Apocalisse 20. Il racconto biblico si può leg- gere come un cammino educativo che condu- ce alla riconciliazione tra la civiltà urbana (Caino è mandato in città per aver ucciso il fratello) e quella del giardino. E non è un det- taglio trascurabile che il Risorto appaia a Ma- ria Maddalena sotto le spoglie di un giardi- niere (Giovanni 20). Ci mostra la nostra vera vocazione: la transizione ecologica deve di- ventare questione di tutti, ma i cristiani pos- sono giocarvi un ruolo decisivo”. L’hanno capito benissimo, sottolinea padre Giraud, i francescani del 15° secolo. “Si trova una traccia della loro querelle con i teologici pontifici nel romanzo di Eco «Il nome della Rosa». I francescani Mi- chel de Césenne, Guil- laume d’Occam, e altri hanno preteso di non essere proprietari dei loro beni, in particolare dei loro conventi, ma che solo Dio ne fosse il proprietario. Essi ne erano però gli utilizza- tori. Detto altrimenti, hanno frammentato la concezione classica del diritto di proprietà, ereditata dal diritto roma- no, tra usus, fructus e abusus. Ciò che risco- priamo oggi attraverso la cosiddetta “«econo- mia circolare» o i «beni comuni», è proprio questo: le risorse appartengono a tutti, e cia- scuno deve diventarne un utilizzatore re- sponsabile”. “La recente disputa a Napoli contro la pri- vatizzazione dell’acqua, a favore della sua municipalizzazione, è tipica di questo com- battimento - esemplifica -: l’acqua non deve diventare un bene privato. Tra qualche anno, molti Paesi del Sud soffriranno di forte scar- sità di acqua. Forse, anche certe regioni del Sud Italia e della Spagna: l’acqua deve restare un bene comune. È perché non ha voluto ge- stire l’accesso all’acqua in maniera equa du- rante la siccità del 2007-2010 che il governo si- riano di Al Assad ha provocato una guerra ci- vile. È ciò che rischia di accadere a noi se non inventiamo oggi degli istituti originali che ci permettano di condividere i beni essenziali di cui abbiamo bisogno per vivere felici”. M. B. I cittadini europei devono fare pressione sui loro politici perché si sottrag- gano dal rapporto di sot- tomissione che li lega alle ban- che private”. È un’analisi seve- ra sullo stato dell’Unione eu- ropea - costruita per i banchie- ri, più che per lo sviluppo dei popoli - quella di padre Gaël Giraud, il gesuita con un pas- sato nel mondo delle banche d’affari e un presente da capo economista all’Agenzia fran- cese per lo sviluppo e di do- cente alla Sorbona. Padre Gi- raud è stato ospite l’11 maggio all’Università Cattolica - invi- tato da Facoltà di Economia e Giurisprudenza, Ucsi, Ucid e Il Nuovo Giornale - per pre- sentare il suo saggio “Transi- zione ecologica. La finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia” (EMI, 2015). — “E in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentra- zione della ricchezza, ma l’ac- cumularsi altresì di una po- tenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi…”. Sembrano parole scritte oggi invece lo af- fermava 85 anni fa Pio XI nel- la “Quadragesimo anno”... Fa bene a ricordare le parole forti della Quadragesimo Anno. Questa enciclica di Pio XI non è invecchiata. Certe pagine sulla dittatura della finanza potrebbero essere state scritte da papa Francesco. Ciò vuol dire che le prese di posizione di Francesco si inscrivono per- fettamente nel solco del pen- siero sociale della Chiesa catto- lica: essa non ha mai creduto nella finanza di mercato come strumento di sviluppo. Non ha mai assolto la proprietà pri- vata, come ha fatto, per esem- pio, la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo del 1789. Convertire l’economia — Più di recente, il Pontificio consiglio “Giustizia e pace” ha proposto tre riforme strut- turali del sistema finanziario. Eppure nulla è stato fatto e al- l’orizzonte non sembra esserci l’intenzione di riscrivere le re- gole in senso etico. La Dichiarazione del Ponti- ficio consiglio “Giustizia e pa- ce” dell’ottobre 2011 è assolu- tamente significativa: per la prima volta, che io sappia, il magistero ecclesiale si è pro- nunciato con molto coraggio e precisione in favore di una tassa sulle transazioni finan- ziarie, della separazione ban- caria (tra banche di deposito e banche di investimento) e con- tro la ricapitalizzazione senza condizione delle banche. Biso- gna ben capire che il settore bancario privato, oggi, è riu- scito a prendere in ostaggio gli Stati e la Banca centrale euro- pea. Monsignor Turkson - che presiede il Pontificio consiglio - ci ha visto giusto: con queste tre misure, facili da mettere al- l’opera (contrariamente a quanto raccontano tanti finan- zieri) è possibile avanzare nel percorso di riportare la sfera finanziaria al servizio dell’uo- mo. Al contrario, finché le banche potranno esercitare un ricatto sui contribuenti obbli- gandoli a volare in loro soc- corso per salvare i depositi, queste banche continueranno a fare delle operazioni a forte effetto di leva sui mercati fi- nanziari con il denaro che la Banca Centrale presta loro a un tasso negativo. Detto in altri termini: Fran- coforte paga le banche perché “Abbiamo costruito un’Europa per i banchieri, non per i popoli” L’analisi del gesuita francese Gaël Giraud, economista, sostenitore della tesi della “transizione ecologica” per un progetto europeo capace di guardare al bene comune e ad un vero sviluppo Da sinistra, Giuseppe Ghittoni, presidente dell’Ucid di Piacenza, Matteo Billi, presidente regionale Ucsi, padre Gäel Giraud, la prof.ssa Annamaria Fellegara, preside della Facoltà di economia e giurisprudenza in Cattolica, e Guido Mocellin, direttore editoriale della Emi. ria, abbiamo fatto finta. In questo modo, si può dire a quelli che protestano: l’abbia- mo fatta, dunque circolare! Ma non è troppo tardi per fare qualcosa di buono. Basterebbe cambiare un paragrafo nella falsa legge di separazione fir- mata da Moscovici (ministro francese dell’Economia e delle Finanze dal 2012 al 2014, ora commissario eu- ropeo agli Affari economici, ndr) per ottenere una reale separazione netta tra i compi- ti tradizionali di deposito e credi- to e i compiti re- centi di specula- zione internazio- nale. Così lo Sta- to non sarà più obbligato a sal- vare le banche miste per proteg- gere i risparmi dei cittadini. E, d’un tratto, le banche d’investi- mento si prende- ranno molti meno rischi. Ciò renderà più attraenti gli inve- stimenti dell’economia reale. Il settore bancario potrà torna- re al suo compito originario, che è il finanziamento a lungo termine. Per quello, i cittadini euro- pei devono fare pressione sui loro politici affinché abbiano il coraggio necessario di uscire dal rapporto di sottomissione che li lega alle banche private. Il divario Nord e Sud — Lei va ripetendo che il futu- ro dell’Europa non può lascia- re i cristiani indifferenti. L’Eu- ropa di oggi però ci racconta di attacchi terroristici, di mu- ri, di Stati a rischio default... La confederazione europea auspicata anche dai Vescovi del Vecchio Continente nel 2012 è definitivamente tra- montata? Penso che il progetto politi- co europeo sia stato largamen- te snaturato dai socialisti fran- cesi degli anni ‘80-’90: Jacques Delors, Pascal Lamy, Domini- que Strauss Kahn... Questi po- litici si sono persuasi che ba- stava mettere in campo un’ar- chitettura mondiale del neoli- berismo, e la Eurozona dove- va essere, nel loro intento, un laboratorio di questa utopia (all’unisono con il Fondo Mo- netario Internazionale e l’Or- ganizzazione Mondiale del Commercio). È per questa ra- gione che la mobilità dei capi- tali ha fatto la sua comparsa così presto nei Trattati europei e si trova così in alto nella sca- la delle priorità. Noi abbiamo costruito un’Europa per i ban- chieri. Ora, la moneta unica non è valida economicamente: a di- spetto dei loro sforzi, i Paesi del Sud continuano a de-in- dustrializzarsi e a perdere ca- pitali che andranno ad essere investiti al Nord (Germania, Austria, Paesi Bassi e Finlan- dia) dove l’industria potrà es- sere mantenuta grazie all’hin- terland dell’Europa dell’Est. In un colpo, il Sud - e ci com- prendo anche la Francia - con- tinuerà ad avere una bilancia commerciale deficitaria e fi- nanze pubbliche indebitate. La deflazione nel quale il Sud sta sprofondando non fa che aggravare questo meccani- smo: più si cerca di puntare su una politica di austerità, più il rapporto debito/PIL aumen- ta. Gli Stati del Nord Europa l’hanno capito perfettamente: obbligando il Sud alla austeri- tà, si fabbrica un piano B. Si tratta, per loro, di usci- re dalla zona eu- ro e di creare una zona marco, in modo da non do- ver pagare i de- biti dei Paesi del Sud. Tutto ciò è una terribile ipo- crisia perché cia- scuno sa che la Germania non rimborserà mai il suo debito pub- blico. Non più della Francia, della Grecia e degli Usa. Moneta comune e protezionismo ecologico — Come venirne fuori? Bisogna lanciare la transizio- ne ecologica per uscire dalla piega deflazionista e ricostrui- re radicalmente l’Eurozona at- torno a una moneta comune (e non unica), protetta da un pro- tezionismo ecologico (una tas- sa sul carbone alla frontiera), con dei tassi di cambio fissi ma differenziati tra i Paesi della zona euro, e negoziati politica- mente ogni anno. Potremmo cominciare con la Grecia, autorizzandola ad emettere una euro-dracma per gli scambi con gli altri Paesi dell’Eurozona, e svalutando la sua moneta, diciamo, del 50%. Ciò le consentirà di approfitta- re dell’euro per i suoi scambi con il resto del mondo e di be- neficiare di una boccata d’aria fresca di fronte ai suoi partner europei. Occorre inoltre, certa- mente, concedere molto più potere alla sola istanza demo- cratica delle istituzioni euro- pee: il Parlamento di Strasbur- go. Soprattutto, occorre citare il potere a questo mostro bu- rocratico che è diventata la Commissione europea di Bru- xelles. — Perché afferma questo? Essa non crede che in una cosa: il fantasma della concor- renza pura e perfetta. La sua filosofia politica è la guerra di tutti contro tutti (poveri con- tro ricchi, greci contro tede- schi…). E la sua dottrina eco- nomica è una economia neo classica che non ha pressoché più alcun fondamento scienti- fico. Questa ideologia è quasi esclusivamente al servizio della finanza di mercato e fini- rà per uccidere l’Europa indu- striale (del Sud e poi del Nord) se non reagiamo. Sta a noi sostituirvi il progetto poli- tico di un’altra Europa, quella di una industria verde. Matteo Billi esse accordino dei crediti al- l’economia reale, ma le banche si limitano ad alimentare la bolla finanziaria col denaro che cola a fiumi da Francofor- te. È il mondo alla rovescia! Perché, prima o poi, un giorno questa bolla finanziaria finirà per scoppiare: lo scollamento tra i listini finanziari e l’econo- mia reale non può durare in eterno! Presto o tardi, degli in- vestitori che si sono indebitati per comprare delle azioni puntando al rialzo, non po- tranno rimborsare i loro debiti, non avendo a disposizione sufficienti introiti da parte del- l’economia reale. È quel che si definisce “momento di Min- sky”, dal nome di Hyman Minsky, che fu probabilmente il primo a comprendere questo fenomeno. Ora, non appena vi sarà un numero sufficiente di investitori che, presi alla gola dai debiti, si metteranno a ven- dere le loro azioni per rimbor- sarli, ciò provocherà il rove- sciamento del mercato finan- ziario. D’un colpo, tutti fini- scono nel panico, si mettono a vendere, e i listini collassano. Ho calcolato per il Parla- mento europeo il costo pre- sunto del prossimo crac ban- cario, che non mancherà di scuotere l’Eurozona. Risulta- to: uno choc sui prodotti fi- nanziari delle banche della stessa portata di quello del 2008 farà perdere all’Eurozo- na circa mille miliardi di euro in due o tre anni. È la metà del PIL francese. E ciò, anche se l’Unione bancaria europea fosse già stata ultimata (in re- altà non lo sarà che nel... 2023). L’Unione bancaria non ci protegge per niente. La riforma delle banche — Se questa è la situazione, lei ha ancora speranza nella politica? E nei cittadini euro- pei? In questo contesto, i politici devono esercitare il potere che è di loro competenza: in Fran- cia, abbiamo fatto una “falsa” legge della separazione banca- “Rischiamo una guerra per l’acqua” Prendersi cura del creato: le risorse non possono diventare beni privati La copertina del saggio di padre Giraud. & C ultura S ocietà

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6 Venerdì 13 maggio 2016 ilnuovogiornale

Cinquant’anni di attivitàper la Tampa Lirica Le mostre in programmaa Piacenza

“Sono le Nuvole” al Collegio Alberoni Quando il Nuovo Giornaleera a Palazzo Fogliani

In “Transizione eco-logica” padre Giraudspiega il legame tra eco-nomia e ambiente. Sullascia della Laudato Si’ dipapa Francesco, ci po-trà essere una maggiorattenzione ambientali-sta dei cattolici? “Il ri-spetto della creazione -commenta il gesuita - èparte integrante dellatradizione e della sensi-bilità cattolica. Sappiamo che la creazione ci èstata affidata da Dio. Ciò di cui oggi prendia-mo anzitutto coscienza è che questa creazioneè fragile. E che l’uomo è chiamato ad essereun giardiniere attento”.

“La Bibbia - fa notare - comincia il suo rac-conto della relazione di Dio con l’uomo den-tro un giardino, l’Eden, e lo conclude dentrouna città-giardino, la Gerusalemme celeste diApocalisse 20. Il racconto biblico si può leg-gere come un cammino educativo che condu-ce alla riconciliazione tra la civiltà urbana(Caino è mandato in città per aver ucciso ilfratello) e quella del giardino. E non è un det-taglio trascurabile che il Risorto appaia a Ma-ria Maddalena sotto le spoglie di un giardi-niere (Giovanni 20). Ci mostra la nostra veravocazione: la transizione ecologica deve di-ventare questione di tutti, ma i cristiani pos-sono giocarvi un ruolo decisivo”.

L’hanno capito benissimo, sottolinea padreGiraud, i francescani del 15° secolo. “Si trovauna traccia della loro querelle con i teologicipontifici nel romanzo di Eco «Il nome della

Rosa». I francescani Mi-chel de Césenne, Guil-laume d’Occam, e altrihanno preteso di nonessere proprietari deiloro beni, in particolaredei loro conventi, mache solo Dio ne fosse ilproprietario. Essi neerano però gli utilizza-tori. Detto altrimenti,hanno frammentato laconcezione classica del

diritto di proprietà, ereditata dal diritto roma-no, tra usus, fructus e abusus. Ciò che risco-priamo oggi attraverso la cosiddetta “«econo-mia circolare» o i «beni comuni», è proprioquesto: le risorse appartengono a tutti, e cia-scuno deve diventarne un utilizzatore re-sponsabile”.

“La recente disputa a Napoli contro la pri-vatizzazione dell’acqua, a favore della suamunicipalizzazione, è tipica di questo com-battimento - esemplifica -: l’acqua non devediventare un bene privato. Tra qualche anno,molti Paesi del Sud soffriranno di forte scar-sità di acqua. Forse, anche certe regioni delSud Italia e della Spagna: l’acqua deve restareun bene comune. È perché non ha voluto ge-stire l’accesso all’acqua in maniera equa du-rante la siccità del 2007-2010 che il governo si-riano di Al Assad ha provocato una guerra ci-vile. È ciò che rischia di accadere a noi se noninventiamo oggi degli istituti originali che cipermettano di condividere i beni essenziali dicui abbiamo bisogno per vivere felici”.

M. B.

“I cittadini europei devonofare pressione sui loropolitici perché si sottrag-gano dal rapporto di sot-

tomissione che li lega alle ban-che private”. È un’analisi seve-ra sullo stato dell’Unione eu-ropea - costruita per i banchie-ri, più che per lo sviluppo deipopoli - quella di padre GaëlGiraud, il gesuita con un pas-sato nel mondo delle banched’affari e un presente da capoeconomista all’Agenzia fran-cese per lo sviluppo e di do-cente alla Sorbona. Padre Gi-raud è stato ospite l’11 maggioall’Università Cattolica - invi-tato da Facoltà di Economia eGiurisprudenza, Ucsi, Ucid eIl Nuovo Giornale - per pre-sentare il suo saggio “Transi-zione ecologica. La finanza aservizio della nuova frontieradell’economia” (EMI, 2015).

— “E in primo luogo ciò cheferisce gli occhi è che ai nostritempi non vi è solo concentra-zione della ricchezza, ma l’ac-cumularsi altresì di una po-tenza enorme, di una dispoticapadronanza dell’economia inmano di pochi…”. Sembranoparole scritte oggi invece lo af-fermava 85 anni fa Pio XI nel-la “Quadragesimo anno”...

Fa bene a ricordare le paroleforti della Quadragesimo Anno.Questa enciclica di Pio XI nonè invecchiata. Certe paginesulla dittatura della finanzapotrebbero essere state scritteda papa Francesco. Ciò vuoldire che le prese di posizionedi Francesco si inscrivono per-fettamente nel solco del pen-siero sociale della Chiesa catto-lica: essa non ha mai credutonella finanza di mercato comestrumento di sviluppo. Nonha mai assolto la proprietà pri-vata, come ha fatto, per esem-pio, la Dichiarazione francesedei diritti dell’uomo del 1789.

Convertire l’economia— Più di recente, il Pontificioconsiglio “Giustizia e pace”ha proposto tre riforme strut-turali del sistema finanziario.Eppure nulla è stato fatto e al-l’orizzonte non sembra essercil’intenzione di riscrivere le re-gole in senso etico.

La Dichiarazione del Ponti-ficio consiglio “Giustizia e pa-ce” dell’ottobre 2011 è assolu-tamente significativa: per laprima volta, che io sappia, ilmagistero ecclesiale si è pro-nunciato con molto coraggio eprecisione in favore di unatassa sulle transazioni finan-ziarie, della separazione ban-caria (tra banche di deposito ebanche di investimento) e con-tro la ricapitalizzazione senzacondizione delle banche. Biso-gna ben capire che il settorebancario privato, oggi, è riu-scito a prendere in ostaggio gliStati e la Banca centrale euro-pea. Monsignor Turkson - chepresiede il Pontificio consiglio- ci ha visto giusto: con questetre misure, facili da mettere al-l’opera (contrariamente aquanto raccontano tanti finan-zieri) è possibile avanzare nelpercorso di riportare la sferafinanziaria al servizio dell’uo-mo. Al contrario, finché lebanche potranno esercitare unricatto sui contribuenti obbli-gandoli a volare in loro soc-corso per salvare i depositi,queste banche continuerannoa fare delle operazioni a forteeffetto di leva sui mercati fi-nanziari con il denaro che laBanca Centrale presta loro aun tasso negativo.

Detto in altri termini: Fran-coforte paga le banche perché

“Abbiamo costruito un’Europa per i banchieri, non per i popoli”L’analisi del gesuita francese Gaël Giraud, economista, sostenitore della tesi della “transizione

ecologica” per un progetto europeo capace di guardare al bene comune e ad un vero sviluppo

Da sinistra, Giuseppe Ghittoni, presidente dell’Ucid di Piacenza, Matteo Billi, presidente regionale Ucsi,padre Gäel Giraud, la prof.ssa Annamaria Fellegara, preside della Facoltà di economia e giurisprudenzain Cattolica, e Guido Mocellin, direttore editoriale della Emi.

ria, abbiamo fatto finta. Inquesto modo, si può dire aquelli che protestano: l’abbia-mo fatta, dunque circolare!Ma non è troppo tardi per farequalcosa di buono. Basterebbecambiare un paragrafo nellafalsa legge di separazione fir-mata da Moscovici (ministrofrancese dell’Economia e delleFinanze dal 2012 al 2014, oracommissario eu-ropeo agli Affarieconomici, ndr)per ottenere unareale separazionenetta tra i compi-ti tradizionali dideposito e credi-to e i compiti re-centi di specula-zione internazio-nale. Così lo Sta-to non sarà piùobbligato a sal-vare le banchemiste per proteg-gere i risparmidei cittadini. E,d’un tratto, lebanche d’investi-mento si prende-ranno molti meno rischi. Ciòrenderà più attraenti gli inve-stimenti dell’economia reale.Il settore bancario potrà torna-re al suo compito originario,che è il finanziamento a lungotermine.

Per quello, i cittadini euro-pei devono fare pressione suiloro politici affinché abbiano ilcoraggio necessario di usciredal rapporto di sottomissioneche li lega alle banche private.

Il divario Nord e Sud— Lei va ripetendo che il futu-ro dell’Europa non può lascia-re i cristiani indifferenti. L’Eu-ropa di oggi però ci raccontadi attacchi terroristici, di mu-ri, di Stati a rischio default...La confederazione europeaauspicata anche dai Vescovidel Vecchio Continente nel2012 è definitivamente tra-montata?

Penso che il progetto politi-co europeo sia stato largamen-te snaturato dai socialisti fran-cesi degli anni ‘80-’90: JacquesDelors, Pascal Lamy, Domini-que Strauss Kahn... Questi po-litici si sono persuasi che ba-stava mettere in campo un’ar-chitettura mondiale del neoli-berismo, e la Eurozona dove-va essere, nel loro intento, unlaboratorio di questa utopia(all’unisono con il Fondo Mo-netario Internazionale e l’Or-ganizzazione Mondiale delCommercio). È per questa ra-gione che la mobilità dei capi-tali ha fatto la sua comparsacosì presto nei Trattati europeie si trova così in alto nella sca-la delle priorità. Noi abbiamocostruito un’Europa per i ban-chieri.

Ora, la moneta unica non èvalida economicamente: a di-spetto dei loro sforzi, i Paesidel Sud continuano a de-in-dustrializzarsi e a perdere ca-pitali che andranno ad essereinvestiti al Nord (Germania,Austria, Paesi Bassi e Finlan-dia) dove l’industria potrà es-sere mantenuta grazie all’hin-terland dell’Europa dell’Est.In un colpo, il Sud - e ci com-

prendo anche la Francia - con-tinuerà ad avere una bilanciacommerciale deficitaria e fi-nanze pubbliche indebitate.La deflazione nel quale il Sudsta sprofondando non fa cheaggravare questo meccani-smo: più si cerca di puntare suuna politica di austerità, più ilrapporto debito/PIL aumen-ta. Gli Stati del Nord Europa

l’hanno capitoperfettamente:obbligando ilSud alla austeri-tà, si fabbrica unpiano B. Si tratta,per loro, di usci-re dalla zona eu-ro e di creare unazona marco, inmodo da non do-ver pagare i de-biti dei Paesi delSud. Tutto ciò èuna terribile ipo-crisia perché cia-scuno sa che laGermania nonrimborserà mai ilsuo debito pub-blico. Non più

della Francia, della Grecia edegli Usa.

Moneta comune e protezionismo ecologico— Come venirne fuori?

Bisogna lanciare la transizio-ne ecologica per uscire dallapiega deflazionista e ricostrui-re radicalmente l’Eurozona at-torno a una moneta comune (enon unica), protetta da un pro-tezionismo ecologico (una tas-sa sul carbone alla frontiera),con dei tassi di cambio fissi madifferenziati tra i Paesi dellazona euro, e negoziati politica-mente ogni anno.

Potremmo cominciare conla Grecia, autorizzandola ademettere una euro-dracma pergli scambi con gli altri Paesidell’Eurozona, e svalutando lasua moneta, diciamo, del 50%.Ciò le consentirà di approfitta-re dell’euro per i suoi scambicon il resto del mondo e di be-neficiare di una boccata d’ariafresca di fronte ai suoi partnereuropei. Occorre inoltre, certa-mente, concedere molto piùpotere alla sola istanza demo-cratica delle istituzioni euro-pee: il Parlamento di Strasbur-go. Soprattutto, occorre citareil potere a questo mostro bu-rocratico che è diventata laCommissione europea di Bru-xelles.

— Perché afferma questo?Essa non crede che in una

cosa: il fantasma della concor-renza pura e perfetta. La suafilosofia politica è la guerra ditutti contro tutti (poveri con-tro ricchi, greci contro tede-schi…). E la sua dottrina eco-nomica è una economia neoclassica che non ha pressochépiù alcun fondamento scienti-fico. Questa ideologia è quasiesclusivamente al serviziodella finanza di mercato e fini-rà per uccidere l’Europa indu-striale (del Sud e poi delNord) se non reagiamo. Sta anoi sostituirvi il progetto poli-tico di un’altra Europa, quelladi una industria verde.

Matteo Billi

esse accordino dei crediti al-l’economia reale, ma le banchesi limitano ad alimentare labolla finanziaria col denaroche cola a fiumi da Francofor-te. È il mondo alla rovescia!Perché, prima o poi, un giornoquesta bolla finanziaria finiràper scoppiare: lo scollamentotra i listini finanziari e l’econo-mia reale non può durare ineterno! Presto o tardi, degli in-vestitori che si sono indebitatiper comprare delle azionipuntando al rialzo, non po-tranno rimborsare i loro debiti,non avendo a disposizionesufficienti introiti da parte del-l’economia reale. È quel che sidefinisce “momento di Min-sky”, dal nome di Hyman

Minsky, che fu probabilmenteil primo a comprendere questofenomeno. Ora, non appena visarà un numero sufficiente diinvestitori che, presi alla goladai debiti, si metteranno a ven-dere le loro azioni per rimbor-sarli, ciò provocherà il rove-sciamento del mercato finan-ziario. D’un colpo, tutti fini-scono nel panico, si mettono avendere, e i listini collassano.

Ho calcolato per il Parla-mento europeo il costo pre-sunto del prossimo crac ban-cario, che non mancherà discuotere l’Eurozona. Risulta-to: uno choc sui prodotti fi-nanziari delle banche dellastessa portata di quello del2008 farà perdere all’Eurozo-

na circa mille miliardi di euroin due o tre anni. È la metà delPIL francese. E ciò, anche sel’Unione bancaria europeafosse già stata ultimata (in re-altà non lo sarà che nel...2023). L’Unione bancaria nonci protegge per niente.

La riforma delle banche— Se questa è la situazione,lei ha ancora speranza nellapolitica? E nei cittadini euro-pei?

In questo contesto, i politicidevono esercitare il potere cheè di loro competenza: in Fran-cia, abbiamo fatto una “falsa”legge della separazione banca-

“Rischiamo una guerra per l’acqua”Prendersi cura del creato: le risorse non possono diventare beni privati

La copertina del saggio dipadre Giraud.

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