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CONOSCIAMO MEGLIO LA SANTA MESSA 1ª puntata I RITI D’INGRESSO 1. L’accoglienza La comunità cristiana si riunisce la domenica, il Dies Dominicus, il Giorno del Signore Risorto. Solo dopo che la Comunità si è riunita, il Celebrante può iniziare la S. Messa. L’accoglienza deve essere festosa: ci incontriamo con i fratelli perché il Signore ci ha chiamato, uno per uno, per una festa… e che tristezza presentarsi in ritardo a questo appuntamento! 2. Il canto d’ingresso La celebrazione inizia con la processione del Celebrante e dei mini- stri all’altare, mentre viene eseguito il canto d’ingresso: questa pro- cessione viene accolta stando in piedi. Il canto d’ingresso ha lo scopo di creare un clima di festa e deve es- sere corrispondente al Tempo liturgico. Tempo liturgico: periodo di alcune settimane in cui è diviso l’Anno liturgico. 6. Il canto del Gloria La bontà e la misericordia di Dio ci riempiono di gioiosa riconoscenza che esprimiamo nel canto del Gloria; un inno che riprende il canto degli angeli nella notte in cui è nato Gesù . Per il suo carattere festoso non si canta nel tempo liturgico di Avvento e Quaresima. Il ritornello del Gloria: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sia pace agli uomini in terra, ti lodiamo, ti benediciamo, ti rendiamo grazie, Signor. 7. La preghiera di colletta Questa preghiera si chiama “colletta” perché deriva dal latino colligere” (raccogliere) perché raccoglie le intenzioni e i desideri di tutti. Ogni volta che il Celebrante prega a nome di tutti a voce alta, l’as- semblea sta in piedi per essere visivamente unita a lui alla presenza di Dio ; al Preghiamo segue un momento di silenzio durante il quale ognuno innalza a Dio la sua personale preghiera, poi il Celebrante allarga le braccia e “raccoglie” tutte le preghiere in un’unica intenzio- ne. Termina con un Amen che conferma quanto detto nella preghiera. Parrocchia S. Maria Regina Mundi - PP. Carmelitani - Torrespaccata, Roma

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CONOSCIAMO MEGLIO LA SANTA MESSA 1ª puntata

I RITI D’INGRESSO

1. L’accoglienza La comunità cristiana si riunisce la domenica, il Dies Dominicus, il Giorno del Signore Risorto. Solo dopo che la Comunità si è riunita, il Celebrante può iniziare la S. Messa. L’accoglienza deve essere festosa: ci incontriamo con i fratelli perché il Signore ci ha chiamato, uno per uno, per una festa… e che tristezza presentarsi in ritardo a questo appuntamento!

2. Il canto d’ingresso La celebrazione inizia con la processione del Celebrante e dei mini-stri all’altare, mentre viene eseguito il canto d’ingresso: questa pro-cessione viene accolta stando in piedi. Il canto d’ingresso ha lo scopo di creare un clima di festa e deve es-sere corrispondente al Tempo liturgico. Tempo liturgico: periodo di alcune settimane in cui è diviso l’Anno liturgico.

6. Il canto del Gloria La bontà e la misericordia di Dio ci riempiono di gioiosa riconoscenza che esprimiamo nel canto del Gloria; un inno che riprende il canto degli angeli nella notte in cui è nato Gesù. Per il suo carattere festoso non si canta nel tempo liturgico di Avvento e Quaresima. Il ritornello del Gloria: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sia pace agli uomini in terra, ti lodiamo, ti benediciamo, ti rendiamo grazie, Signor.

7. La preghiera di colletta Questa preghiera si chiama “colletta” perché deriva dal latino “colligere” (raccogliere) perché raccoglie le intenzioni e i desideri di tutti. Ogni volta che il Celebrante prega a nome di tutti a voce alta, l’as-semblea sta in piedi per essere visivamente unita a lui alla presenza di Dio; al Preghiamo segue un momento di silenzio durante il quale ognuno innalza a Dio la sua personale preghiera, poi il Celebrante allarga le braccia e “raccoglie” tutte le preghiere in un’unica intenzio-ne. Termina con un Amen che conferma quanto detto nella preghiera.

Parrocchia S. Maria Regina Mundi - PP. Carmelitani - Torrespaccata, Roma

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3. Il segno della Croce Il Celebrante, giunto alla sede, ci invita a segnarci con il segno della Croce che ricorda i due più importanti misteri della nostra fede: l’unità e la trinità di Dio e la passione, morte e resurrezione di Gesù.

4. Il saluto del Celebrante Il Celebrante, colui che presiede l’assemblea e rappresenta Gesù, da’ il saluto con una formula di augurio: Il Signore sia con voi e tutti rispondiamo: E con il tuo spirito.

5. L’atto penitenziale Prima di accostarci alla mensa della parola e del pane di vita, diamo un’occhiata al nostro cuore e impariamo ad ammettere i nostri errori. Entriamo nella verità e la verità è che siamo poveri peccatori che hanno bisogno della misericordia di Dio; nello stesso tempo siamo sicuri che Dio non ci farà mai mancare il suo perdono. Riconosciamo allora di essere peccatori, cioè di mancare di amore verso Dio, verso noi stessi e verso i fratelli. Per questo abbassiamo il capo e chiediamo perdono con queste parole: Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli, che ho molto peccato in pensieri parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. (a queste parole ci si batte il petto)

E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.

Il gesto della mano destra, muovendosi verticalmente, prima va a toccare la fronte (mente), mentre si pronunciano le parole: Nel nome del Padre, poi scende fino al petto e si pronuncia: e del Figlio. Poi segue il gesto orizzontale che parte dalla spalla sinistra (dalla parte del cuore), dicendo: e dello Spirito va fino alla spalla destra, mentre si pronuncia: Santo. Infine si congiungono le mani per dire Amen.

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La LITURGIA DELLA PAROLA è una delle due parti costitutive del-la S. Messa, insieme con la Liturgia Eucaristica. La Parola di Dio che viene proclamata è il fondamento della nostra fede, è il nutrimento della nostra vita. Non possiamo vivere senza l’ascolto assiduo e costante della sua Parola.

1. L’ambone È il luogo da cui si proclama la Pa-rola di Dio. Ambone, dal greco am-bon, vuol dire luogo rialzato, pro-montorio, tribuna. Per questo moti-vo deve essere messo in vista e in alto. È il luogo della resurrezione di Cri-sto (per questo c’è il segno della pietra del sepolcro rotolata). L’Alleluia che si canta dall’ambone è l’annuncio del Cristo risorto. Il cantore che lo intona è l’angelo del-la resurrezione che dà l’annuncio alle pie donne. È anche la “mensa” della Parola do-ve si imbandisce e si ’spezza’ il Pa-ne della Parola (per questo vi si po-ne sopra una tovaglia come l’alta-re).

7. Omelia I Santi Padri chiamavano l’omelia (la predica) il momento dello spez-zare il pane della Parola: come il pane si spezza in piccole parti per essere masticato e mangiato, così la Parola di Dio va spiegata per essere capita, assimilata e vissuta. Una parte importante dell’omelia è l’ermeneutica (esegesi), cioè la spiegazione del testo; l’altra parte è la parénesi (esortazione) che applica il testo alla vita, esortando a vivere la Parola ascoltata.

8. Professione di fede É la proclamazione della nostra Fede: i suoi articoli sono la base irrinunciabi-le di tutto quello in cui crediamo. Ne esistono due versioni. La più comune, che si recita abitual-mente in chiesa, è detta Professione niceno-costantinopolitana perché legata ai Concili di Nicea e di Costantinopoli. Un’altra più antica, detta Credo Apostolico è più breve e sin-tetica e si compone di dodici articoli.

9. Preghiera dei fedeli Detta anche preghiera universale, è la risposta della Chiesa alla Parola ascoltata (per questo le intenzioni si possono dire dall’ambo-ne): non devono mai mancare quattro intenzioni fondamentali: per la Chiesa, per i responsabili della vita civile, per i bisognosi (malati, po-veri, disabili…) e per la comunità che è presente. La preghiera dei fedeli ad ogni S. Messa (soprattutto domenicale) è una riscoperta della riforma liturgica: prima si faceva ormai solo du-rante la liturgia del Venerdì Santo davanti alla Croce. Con la preghiera dei fedeli termina la Liturgia della Parola.

Dall’ambone si proclamano solo ed esclusivamente: la Parola di Dio, la preghiera dei fedeli, l’Exsultet la notte di Pasqua e la Kalenda la notte di Natale. Ogni altro intervento dall’ambone come avvisi, guida della Messa o dei canti, introduzione alle letture, ecc… è fuori luogo e va evitato.

CONOSCIAMO MEGLIO LA SANTA MESSA 2ª puntata

LA LITURGIA DELLA PAROLA

Parrocchia S. Maria Regina Mundi - PP. Carmelitani - Torrespaccata, Roma

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2. Prima Lettura È tratta normalmente dal Primo (o Antico) Testamento (durante il Tem-po Pasquale dagli Atti degli Apostoli), cioè da quella parte della Bibbia scrit-ta prima di Gesù (sono 46 libri). Quasi sempre è collegata alla lettura del Vangelo che segue. Durante la lettura si sta seduti, perché è l’atteggiamento dell’ascolto.

3. Salmo Responsoriale I Salmi sono delle preghiere liriche che venivano accompagnate da uno strumento musicale detto salterio (vedi disegno sopra). Sono 150 e sono Parola di Dio, per questo il salmo viene proclamato o cantato dall’ambone. Si chiama responsoriale perché, nella liturgia, ad ogni strofa è stato aggiunto un ritornello (in musica questa alter-nanza, strofa - ritornello, si chiama appunto forma responsoriale). È bene cantarlo sempre, almeno il ri-tornello, o, se viene declamato, si de-ve far sentire il suo lirismo.

4. Seconda Lettura La seconda lettura è presa abitualmente dalle Lettere degli Apostoli (soprattutto san Paolo) o da un altro libro del Secondo (o Nuovo) Te-stamento (Atti degli Apostoli o Apocalisse) escluso il Vangelo, che viene letto per ultimo, come vertice della Liturgia della Parola.

5. Alleluia L’acclamazione al Vangelo è l’acclamazione solenne a Gesù Risorto. Alleluia è una parola ebraica composta da Allelu-Javè (lode a Dio): viene intonata dal solista (l’angelo della resurrezione) ed è intercalata da un versetto biblico. Ci si alza in piedi, in attesa della proclamazione del Vangelo.

6. (E)Vangelo È il culmine della Liturgia della Parola. Vuol dire Buo-na notizia (dal greco eu-anghélion): e questa è la buona notizia che Gesù è venuto a portarci: Dio ci a-ma. Il Vangelo è uno, ma gli Evangelisti sono quattro; diciamo infatti dal Vangelo secondo Matteo…e non di Matteo. Tre vangeli (Matteo, Marco e Luca) sono detti sinottici (dal greco syn-opsis = stessa vi-sta), perché presentano più o meno lo stesso ordine nel narrare la vita di Gesù e vengono letti nei tre anni liturgici: A B C. L’ultimo Van-gelo, quello di Giovanni, si legge soprattutto nel Tempo di Pasqua. I segni che accompagnano la lettura del Vangelo, per sottolinearne l’importanza sono: la processione con i candelieri, l’incensazione, lo stare in piedi, il triplice segno di croce sulla fronte (sulla fronte, sulle labbra e sul petto), il bacio del libro da parte del celebrante al termine della lettura e la benedizione dell’assemblea con l’Evangeliario. (L’evangeliario è il libro che contiene solo i Vangeli, il Lezionario con-tiene tutte le letture). Il Vangelo può essere letto esclusivamente dal Sacerdote o dal Diacono.

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Per analizzare bene la Liturgia Eucaristica, che è molto complessa, l’abbiamo divisa in tre parti:

• LA PRESENTAZIONE DEI DONI • LA PREGHIERA EUCARISTICA • I RITI DI COMUNIONE

Come quando si prepara un pranzo ci sono tre momenti: 1. la prepa-razione della tavola. 2. la cottura del cibo. 3. il pasto, cosi nella Litur-gia Eucaristica abbiamo tre momenti: 1.la preparazione dell’altare. 2. la trasformazione del pane e vino nel Corpo e Sangue di Gesù. 3. la Comunione.

2. la raccolta delle offerte Nella S. Messa ci sono due collette: la col-letta delle preghiere (durante i riti di ingres-so, vedi scheda n.1) e la colletta delle offer-te, che avviene in questo momento della S. Messa. Non è bello fare questa raccolta du-rante la recita del Credo, o della Preghiera dei fedeli, continuandola magari anche du-rante la Preghiera Eucaristica, sia perché questi due momenti liturgici non vanno di-stratti dalla raccolta, sia perché la raccolta delle offerte è un momento importante nella celebrazione: è il momento della carità, che andrebbe anzi, presentato ogni volta per ricordare ai fedeli l’im-portanza del gesto caritativo nel contesto della Messa (le offerte sono desti-nate al mantenimento dei Sacerdoti, alla carità, al pagamento delle utenze e della manutenzione della chiesa).

1. La preparazione dell’altare L’ALTARE rappresenta Cristo, per questo si bacia e si incensa. Le tovaglie sull’altare si mettono prima del-la celebrazione, ma, come segno esplicativo, si posso-no mettere anche in questo momento. (durante questo momento liturgico si sta seduti).

CONOSCIAMO MEGLIO LA SANTA MESSA 3ª puntata

LA LITURGIA EUCARISTICA/1

Parrocchia S. Maria Regina Mundi - PP. Carmelitani - Torrespaccata, Roma

11. Le preghiere della Chiesa. È il momento delle inter-cessioni: si prega per la Chiesa intera (Papa, Vescovi, Sacerdoti, Dia-coni e fedeli), per i defunti, per la comunità presente che sta celebran-do, in comunione con la Beata Vergine Maria e tutti i Santi.

12. La Dossologia finale e l’Amen. L’invocazione alla SS.ma Trinità (dossologia, dal greco doxa, gloria): Per Cristo, con Cristo e in Cristo a Te, Dio Padre Onnipoten-te, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tut-

ti i secoli dei secoli! conclude la grande Preghiera Eucaristica. Tutto il popolo acclama: AMEN! cioè: COSÌ É! (meglio di “così sia”). È la ratifica dei fedeli alla preghiera che il Celebrante ha fatto a nome di tutta la co-munità. Con questo Amen solenne termina la Pre-ghiera Eucaristica.

10. La seconda epiclesi. In questa seconda invoca-zione ci si rivolge al Padre perché mandi lo Spirito Santo a trasformare noi nel Corpo Mistico di Gesù.

9. Il Memoriale. In greco anamnesi. Il Celebrante ricorda che quello che stiamo facendo è un “memoriale”, cioè non un semplice ricordo, ma un “rendere presente”.

8. Il racconto dell’Ultima Cena È il cuore della Preghiera Eucari-stica. Quando il Celebrante ripete le parole di Gesù “Questo è il mio corpo…”, “Questo è il mio sangue…” il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Il Sacerdote genuflette per due volte in adorazione. È bene restare in ginocchio fino al-la acclamazione: Mistero della fede.

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4. Il lavabo Il termine deriva dal verbo latino, al futuro: laverò, perché con questa parola iniziava la preghiera del Celebrante mentre si lavava le mani. In italiano è diventato un sostantivo. Il Celebrante anticamente si lavava le mani perché riceveva tra le offerte doni in natura

(animali, ortaggi, uova…): ora questo gesto ha solamente un signifi-cato di purificazione. Il Celebrante prega il Signore di purificarlo, pri-ma di iniziare la Preghiera Eucaristica.

5. La preghiera sulle offerte Anticamente veniva chiamata “secreta” perché veniva recitata in silenzio dal Celebrante. Ora viene proclamata ad alta voce: essendo una preghiera è questo il momento in cui ci si deve alzare in piedi. Con questa preghiera termina la prima parte della Liturgia Eucaristica.

3. La processione e la presentazione dei doni All’altare vengono portare in processione (questa è la seconda delle tre pro-cessioni che si svolgono durante la S. Messa: la processione iniziale del Ce-lebrante con i Ministranti, la processione per la presen-tazione dei doni, fatta dai fedeli e la processione per andare a ricevere la Comu-nione) il Pane, il Vino e l’Acqua che serviranno per il sacrificio eucari-stico (è bene che l’ampollina dell’acqua sia diversa da quella usata per il lavabo) e le offerte raccolte tra i fedeli. Il Celebrante recita una preghiera di benedizione sul pane e sul vino e invita tutti a raccogliersi in preghiera: Pregate fratelli…. Tutti rispondono: Il Signore riceva dalle tue mani questo sa-crificio a lode e gloria del suo nome per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

LA LITURGIA EUCARISTICA/2

LA PREGHIERA EUCARISTICA

6. Il Prefazio è la solenne intro-duzione alla Preghiera eucaristi-ca. Il Celebrante si preoccupa che tutti ora stiano attenti (in al-to i nostri cuori) e introduce il motivo del ringraziamento a Dio: per Gesù Cristo nostro Signore che con il suo sacrifico ci ha do-nato la salvezza. E invita tutti ad acclamare: San-to, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo...

7. L’Epiclesi dal greco epìklēsis (invocazione) è l’invocazione al Pa-dre perché mandi lo Spirito Santo a trasformare il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù. Ci sarà poi una seconda epiclesi, perché lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.

Da questo momento il Messale consiglia di ingi-nocchiarsi in adorazione.

La PREGHIERA EUCARISTICA è il cuore di tutta la Celebrazione, perché si fa il memoriale della passione morte e resurrezione di Ge-sù, mediante i segni del pane e del vino che vengono trasformati nel Corpo e nel Sangue di Cristo. La parola memoriale è la parola chiave della Preghiera Eucaristica: traduce l’ebraico zikkaron, che vuol dire rendere presente, quindi non solo un “ricordo” ma una memoria viva.

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1. Il Padre nostro Dopo la Preghiera Eucaristica ecco i riti di Comunione che iniziano con la recita del Padre nostro, la preghiera che Gesù ha affidato alla Chiesa e che ci viene consegnata durante il rito del Battesimo. È la preghiera della comunità cristiana. Nella prima parte ci rivolgiamo a Dio perché sia glorificato (sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà); nella seconda parte gli chiediamo di rivolgere il suo sguardo verso di noi (dacci oggi il nostro pane quotidia-no, rimetti a noi i nostri debiti…non ci indurre in tenta-zione, liberaci dal male). Non si conclude con l’Amen, sia perché l’Amen è stato appena proclamato solennemente sia perché la preghiera continua con l’embolismo. Il Padre nostro viene sempre aperto - anche fuori della Messa - da una esortazione, per consentire a tutti di iniziare insieme con l’in-vocazione: Padre nostro. Durante la recita del Padre nostro la comunità è in-vitata ad innalza-re le braccia, nel-l’atteggiamento tipico dell’orante. (vedi immagine al lato, dalle cata-combe di Priscilla).

CONCLUSIONI PRATICHE

Al termine di queste catechesi, riassumiamo le scelte più importanti

che abbiamo proposto di fare come Comunità.

1. Giungere puntuali alla celebrazione 2. Valorizzare la Colletta (per i sacerdoti) 3. Valorizzare l’ambone 4. Ascoltare (non leggere) le letture 5. Cantare almeno il ritornello del Salmo responsoriale 6. Fermarsi durante la raccolta delle offerte. 7. Inginocchiarsi durante la consacrazione. 8. Cantare o proclamare solennemente l’Amen. 9. Alzare le braccia al cielo per il Padre nostro 10. Organizzare la processione per la Comunione 11. L’atto di fede prima di ricevere la Comunione. 12. Il modo dignitoso per ricevere l’Eucarestia 13. Preparazione accurata dell’omelia (per i sacerdoti) 14. Fare a tutte le SS. Messe la processione iniziale per l’aula

liturgica 15. Partecipare attivamente con i canti e le preghiere

Tutto questo ci deve portare non semplicemente a migliorare la pratica esteriore, ma ad una partecipazione più consapevo-le, comunitaria, gioiosa e convinta della eucarestia domenica-le, perché la S. Messa possa diventare sempre più il cuore ed

il motore della nostra vita cristiana.

Il Parroco e il Gruppo Liturgico parrocchiale

CONOSCIAMO MEGLIO LA SANTA MESSA 4ª puntata

LA LITURGIA EUCARSITICA/3

I RITI DI COMUNIONE

Parrocchia S. Maria Regina Mundi - PP. Carmelitani - Torrespaccata, Roma

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2. L’embolismo È l’amplificazione mediante l’inserimento (dal greco èmbolos, innesto) nella Preghiera Eucaristica - dopo l’ultima invocazione del Padre nostro “Liberaci dal male” - di una breve invocazione: “Liberaci Signore da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni …”

3. Il rito della pace Gesù nel Vangelo ci dice: “Se stai per portare la tua offerta davanti all’-altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di tre, lascia il tuo dono davanti all’altare e vai prima a riconciliarti con tuo fratello”. Per questo motivo, prima di accostarsi all’Eucarestia la Chiesa vuole che i cristiani facciano un gesto esteriore di pace (stretta di mano, ab-braccio …) che vuole indicare la nostra volontà di riconciliarci sempre e di essere pronti a perdonare tutti.

4. La frazione del pane e la litania di frazione Il Celebrante spezza l’Ostia grande in due parti e ne mette un pezzetti-no dentro il calice, segno della unione del Corpo e del Sangue di Gesù, mentre sull’altare da una unica pisside si dividono le ostie piccole in più contenitori per la distribuzione dell’Eucarestia ai fedeli. Questo gesto dello spezzare il pane indicava anticamente la stessa celebrazione della Messa e viene accompagnato dalla “litania di frazio-ne”: Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi (2 v.). Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace.

6. Il Ringraziamento I riti di Comunione terminano con un momento di silenzio in cui si fa la propria preghiera personale di ringraziamento al Signore; preghie-re che poi il Celebrante “raccoglie” nella preghiera finale di ringrazia-mento. Solo a questo punto è consentito dare alcuni avvisi, per informare la comunità delle iniziative che riguardano la vita della Parrocchia.

I RITI DI CONGEDO

I riti di congedo chiudono la celebrazione della S. Messa 7. Il saluto del celebrante Il Sacerdote ripete lo stesso saluto con il quale ha iniziato la celebrazione: Il Signore sia con voi e si risponde: E con il tuo spirito. 8. La Benedizione finale Lo stesso segno di croce che aveva aperto la celebrazione ora diventa una “Benedizione”, che il popolo riceve in silenzio e a capo chino, rispondendo alla fine Amen. 9. Il congedo Il Celebrante scioglie l’assemblea (quando è presente il Diacono è lui che recita la formula): La Messa è finita: andate in pace e tutti ripetono: rendiamo grazie a Dio. Il congedo dell’assemblea non vuol dire che ascoltata la S. Messa si è fatto tutto, ma è l’inizio della missione: il sacerdote ci manda in mezzo al mondo per continuare la nostra missione di cristiani nella realtà quotidiana. È bene chiudere la celebrazione con un canto, mentre il Cele-brante si reca in fondo alla chiesa per salutare i fedeli.

5. La Comunione I fedeli vanno processionalmente a ricevere la S. Comunione (è la terza processione nell’ambito della Messa e va fatta ordinata seguendo le indicazioni che vengono date). Giunti davanti al Celebrante si fa l’ultima professione di fede nella presenza di Gesù nella Eucarestia. Il Sacerdote proclama: Il Corpo di Cristo e i fedeli rispondono: Amen. Solo dopo questa professione di fede viene consegnata l’Eucarestia o sulle mani (vedi foto) o direttamente nella bocca.