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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 59 – MISURAZIONI, ANALISI, CONTROLLI NON DISTRUTTIVI CAPITOLO 59 59 MISURAZIONI, ANALISI E CONTROLLI NON DISTRUTTIVI Sinossi controlli non distruttivi si basano su principi e tecniche la cui scoperta risale, nella maggior parte di essi, agli inizi del secolo scorso. Pur tuttavia, solamente negli ultimi decenni i CND (Controlli Non Distruttivi) sono andati assumendo sempre più importanza fino a giungere, al giorno d’oggi, ad avere un ruolo cruciale in moltissimi settori. Ciò ha dipeso e dipende da diversi fattori primo fra tutti il concetto associato alla qualità del prodotto. Grazie ai CND, il controllo qualità nei moderni processi industriali può essere spesso eseguito automaticamente sulle linee produttive. Ciò ha permesso di aumentare i livelli di produttività, diminuire i costi, innalzare gli standard di affidabilità. Se il concetto di qualità totale è ormai comunemente adottato nella maggior parte dei settori industriali, in ambito aerospaziale i CND sono fondamentali non solamente per indagare difetti di produzione ma anche e soprattutto per localizzare e quantificare i danneggiamenti da usura ed accidentali che i velivoli subiscono durante la vita operativa. Indipendentemente dalle cause che possono originare tali danneggiamenti è necessario che questi possano essere individuati con certezza durante le ispezioni (programmate o straordinarie) così da consentire la riparazione o la sostituzione dei componenti interessati. Le moderne filosofie di progetto, quali ad esempio la progettazione damage tolerance, sono peraltro sempre più incentrate sul concetto di controllabilità dello stato di salute delle strutture. In questo contesto, la ricerca scientifica è orientata allo sviluppo di metodologie di monitoraggio strutturale, note col nome di Structural Health Monitoring. Basandosi sull’integrazione di sistemi di controllo non distruttivo all’interno delle strutture esse potranno nel prossimo futuro effettuare in tempo reale un monitoraggio costante dello stato di salute dell’intero velivolo aumentando ulteriormente i livelli di sicurezza del trasporto aereo e riducendo al minimo i tempi di fermo ed i costi per le operazioni di ispezione. Dopo una breve panoramica su aspetti generali di metrologia, scienza alla quale afferiscono per definizione anche i CND, nel capitolo verranno presentati i principi di funzionamento delle più diffuse tecniche di controllo illustrandone i limiti ed i punti di forza, con particolare riferimento alle applicazioni aeronautiche. 59.1 Principi di metrologia ed ispezione l requisito base in ogni processo produttivo è la corrispondenza di ciò che viene prodotto con le specifiche di progetto. Ciò significa il rispetto delle tolleranze nelle dimensioni, nelle caratteristiche meccaniche, nelle proprietà funzionali, nella finitura superficiale. Tutto questo si controlla eseguendo delle I I Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 59 – MISURAZIONI, ANALISI, CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

CAPITOLO

59 59 MISURAZIONI, ANALISI E

CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

Sinossi controlli non distruttivi si basano su principi e tecniche la cui scoperta risale, nella maggior parte di

essi, agli inizi del secolo scorso. Pur tuttavia, solamente negli ultimi decenni i CND (Controlli Non Distruttivi) sono andati assumendo sempre più importanza fino a giungere, al giorno d’oggi, ad avere un ruolo cruciale in moltissimi settori. Ciò ha dipeso e dipende da diversi fattori primo fra tutti il concetto associato alla qualità del prodotto. Grazie ai CND, il controllo qualità nei moderni processi industriali può essere spesso eseguito automaticamente sulle linee produttive. Ciò ha permesso di aumentare i livelli di produttività, diminuire i costi, innalzare gli standard di affidabilità. Se il concetto di qualità totale è ormai comunemente adottato nella maggior parte dei settori industriali, in ambito aerospaziale i CND sono fondamentali non solamente per indagare difetti di produzione ma anche e soprattutto per localizzare e quantificare i danneggiamenti da usura ed accidentali che i velivoli subiscono durante la vita operativa. Indipendentemente dalle cause che possono originare tali danneggiamenti è necessario che questi possano essere individuati con certezza durante le ispezioni (programmate o straordinarie) così da consentire la riparazione o la sostituzione dei componenti interessati. Le moderne

filosofie di progetto, quali ad esempio la progettazione damage tolerance, sono peraltro sempre più incentrate sul concetto di controllabilità dello stato di salute delle strutture. In questo contesto, la ricerca scientifica è orientata allo sviluppo di metodologie di monitoraggio strutturale, note col nome di Structural Health Monitoring. Basandosi sull’integrazione di sistemi di controllo non distruttivo all’interno delle strutture esse potranno nel prossimo futuro effettuare in tempo reale un monitoraggio costante dello stato di salute dell’intero velivolo aumentando ulteriormente i livelli di sicurezza del trasporto aereo e riducendo al minimo i tempi di fermo ed i costi per le operazioni di ispezione. Dopo una breve panoramica su aspetti generali di metrologia, scienza alla quale afferiscono per definizione anche i CND, nel capitolo verranno presentati i principi di funzionamento delle più diffuse tecniche di controllo illustrandone i limiti ed i punti di forza, con particolare riferimento alle applicazioni aeronautiche.

59.1 Principi di metrologia ed ispezione l requisito base in ogni processo produttivo è la corrispondenza di ciò che viene prodotto con le

specifiche di progetto. Ciò significa il rispetto delle tolleranze nelle dimensioni, nelle caratteristiche meccaniche, nelle proprietà funzionali, nella finitura superficiale. Tutto questo si controlla eseguendo delle

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ispezioni sui manufatti, ovvero effettuando delle misurazioni dirette o indirette delle grandezze. La scienza che si occupa delle tecniche di misura è la metrologia. Essa definisce concetti fondamentali legati alla misurazione di una grandezza, allo strumento utilizzato per eseguire tale operazione nonché alla misura che se ne ottiene. Molto importanti sono l’accuratezza e la precisione di una misurazione. Per accuratezza si intende lo scostamento del valore misurato da quello vero; la precisione indica il grado di ripetibilità della misurazione effettuata. Un’accuratezza elevata si ottiene minimizzando gli errori sistematici, una precisione elevata minimizzando gli errori randomatici (o casuali). la Figura 59.1 esemplifica questi concetti.

(a)

(b)

(c)

Figura 59.1 – Accuratezza e precisione dell’operazione di misurazione. (a) elevata accuratezza ma bassa precisione; (b) bassa accuratezza ma elevata precisione; (c) elevata accuratezza ed elevata precisione.

Con riferimento ad un generico strumento di misura un aspetto importante è la sua sensibilità (anche chiamata risoluzione) ovvero la più piccola variazione della grandezza in misura che può essere rilevata e distinta dallo strumento stesso. Altre caratteristiche importanti

sono poi la facilità di calibrazione, la sua stabilità, la velocità di risposta, il range operativo, l’affidabilità ed il suo costo. Per calibrazione si intende quella procedura (che può essere periodica) attraverso la quale si definisce quantitativamente la risposta dello strumento ad un segnale di ingresso noto. La capacità dello strumento di mantenere la propria calibrazione (ovvero il proprio “stato calibrato”) col susseguirsi delle misurazioni è definita stabilità. La velocità di risposta fornisce indicazioni sul ritardo temporale tra il segnale d’ingresso e quello d’uscita ovvero dà indicazioni sui limiti dello strumento alla misurazione di eventi dinamici. Il range operativo definisce infine la finestra di osservazione dello strumento ovvero individua i limiti minimo e massimo misurabili della grandezza in esame. Esistono molteplici tipologie di misurazioni e di strumenti classificati in metrologia. La classe più semplice è quella degli strumenti graduati che misurano direttamente la grandezza in esame (lunghezze o angoli). Essi possono essere righe e aste graduate, calibri, micrometri, griglie di diffrazione, ecc. Vi sono poi gli strumenti a lettura indiretta che rilevano dei riferimenti da misurare successivamente con uno strumento graduato. Un’altra classe è quella degli strumenti di misura comparativi che misurano la variazione della grandezza in esame. Un elenco dei principali strumenti utilizzati in metrologia è riportato in Tabella 59.1.

Tabella 59.1 – Tipologie di strumenti di misura utilizzati in metrologia.

La misurazione è il principale strumento con cui viene eseguita l’ispezione, ovvero con cui vengono esaminate le caratteristiche di un pezzo. L’ispezione è definita come l’insieme di operazioni che determina la qualità del prodotto confrontandone le caratteristiche misurate con le specifiche di progetto. Essa va distinta dal testing, ovvero l’effettuazione di prove specifiche, cui è deputato invece il compito di definire gli aspetti funzionali del prodotto

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stesso. Nel controllo qualità, il testing è la procedura attraverso la quale il prodotto viene osservato nelle reali condizioni di carico operative (carichi statici o dinamici, effetti ambientali, ecc.). Esso può essere distruttivo o non distruttivo. Per motivi economici le prove distruttive vengono generalmente condotte su semplici provini. Le prove full-scale (condotte su campioni identici al prodotto) incidono infatti fortemente sui costi ed esse vengono eseguite solamente se non esistono alternative. Le prove non distruttive rivestono attualmente notevole importanza e grandi sforzi sono stati fatti negli ultimi decenni per sviluppare tecniche di controllo che permettessero di non dover distruggere elevati numeri di pezzi. Le tecniche di ispezione sono spesso manuali. In tal caso per contenere tempi e costi di ispezione vengono adottate tecniche di elaborazione statistica dei dati così da poter effettuare le prove su campionature limitate. Perseguendo il concetto di qualità totale, l’andamento è quello di dotare sempre più frequentemente gli impianti produttivi moderni di sistemi per l’ispezione completamente automatizzati. Oltre ad avere la possibilità di controllare il 100% del prodotto in questo modo è talvolta possibile apportare modifiche ai cicli produttivi per ovviare a difettosità od anomalie riscontrate.

59.2 Classificazione delle principali tecniche di controllo non distruttivo

onDestructive Evaluation (NDE), NonDestructive Testing (NDT) e NonDestructive Inspection

(NDI) sono le tre denominazioni con cui vengono indicate in generale le tecniche di controllo non distruttivo. Esiste una sottile differenza tra queste denominazioni anche se nell’uso comune vengono utilizzate tutte come sinonimi. A rigore, NDT si riferisce alla scoperta dei difetti e agli aspetti pratici delle tecniche; NDI alla quantificazione dei difetti; NDE alla valutazione dell’importanza dei difetti. In generale, le prove non distruttive possono dividersi

magnetici.

i rilevare solo i difetti superficiali. I liquidi

stiche e la radiografia. E’ una classificazione

me

Questi sistemi di ispezione appartengono alla categoria dei metodi superficiali. Il più semplice (e il più antico) è il metodo visivo che consiste semplicemente nell’osservare

in attive o passive, superficiali, sottosuperficiali o volumetriche. Le tecniche attive sono quelle in cui una qualche forma di energia viene introdotta nel provino e ci si aspetta un cambiamento rilevabile nell’energia immessa in presenza di una anomalia. Metodi magnetici, correnti parassite, ultrasuoni, radiografia e termografia attiva appartengono a questa categoria. Le tecniche passive, invece, sono quelle che si limitano ad osservare il provino così com’è, sotto l’influenza di una tipica condizione di carico o di un ciclo di prova, o con la superficie ricoperta di un liquido che ne intensifica la visibilità. Per le tecniche passive la presenza di un difetto è determinata dalla risposta o reazione del provino. A questa categoria appartengono le emissioni acustiche, i metodi visivi, i liquidi penetranti, la termografia passiva e alcuni metodi

Le tecniche superficiali, come indica il nome, sono quelle in grado dpenetranti sono i più noti di questo gruppo. I metodi elettromagnetici, come le correnti parassite e quelli magnetici, sono in grado di rilevare i difetti superficiali o appena sotto la superficie. Anche le tecniche termografiche hanno un limite nella profondità dei difetti che possono individuare. Con il continuo potenziamento degli impianti, va aumentando sempre più la profondità di ispezione; pur tuttavia rimangono sempre dei limiti, legati alla superficie, che distinguono questi metodi da quelli volumetrici. Quest’ultima categoria comprende gli ultrasuoni, le emissioni acusoltanto indicativa perché, come si è detto, esistono molti metodi ed i testi non sempre sono concordi nell’indicare a quale gruppo appartengano. Spesso, inoltre, alcune tecniche possono essere combinate tra loro per aumentarne le capacità o per analizzare particolari materiali rendendo impossibile una distinzione chiara. Ciascuna delle metodologie di controllo qui accennate si basa su principi fisici differenti: ciò fa notare col’evoluzione di questo settore è una continua indagine verso la metodologia migliore, ovvero quella che accoppi sia l’elevata capacità di rilevare i difetti sia la velocità e la semplicità nell’eseguire l’analisi. I fattori che determinano la scelta di una tecnica rispetto ad un’altra sono innanzitutto il tipo di materiale e la dimensione, l’orientazione e il tipo di difetto che ci si aspetta. Al variare dei materiali variano parametri come la conduttività elettrica e termica, l’isotropia o l’anisotropia delle proprietà fisiche e meccaniche. In generale l’individuazione dei difetti più piccoli richiede l’uso di metodi più sofisticati. Un altro aspetto di cui occorre inoltre tenere conto è l’ambiente in cui viene eseguita l’ispezione che può influire sulle decisioni dell’operatore. Quindi anche il fattore umano svolge un ruolo determinante in questi controlli. D’altra parte l’utilizzo di metodi di ispezione automatici, per esempio in un ambiente ostile all’uomo, deve comunque garantire un’elevata affidabilità ed una corretta taratura dei sistemi in uso. In ogni caso il personale addetto ai controllo non distruttivi deve avere una buona conoscenza dei meccanismi di rottura, dei cicli di carico, delle proprietà dei materiali e soprattutto dei metodi di analisi in uso. Vale dunque la regola che “per gli specialisti tutti i metodi sono buoni, per gli apprendisti tutti i metodi sono scarsi”. Per garantire quindi degli standard di ispezione adeguati sono state create delle procedure di certificazione comuni. Naturalmente la tecnica di controllo ottima non è mai stata trovata perché ciascuna ha delle caratteristiche che la rendono la migliore in particolari condizioni specifiche.

59.2.1 Metodi ottici

N

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un provino eventualmente con l’uso di una lente.

do. Il principio fisico su cui si basa sfrutta la capacità di

illarità nelle fessure,

d una certa profondità (ovvero difetti sub-superficiali).

he magnetiche d

o per la sua capacità sente di rilevare difetti, vuoti o

stranei fino a grandi profondità. Le

oduzione. Esso è in grado di ogni profondità praticamente in

. La tecnica si basa sull’emissione di

L’occhio è in grado di rilevare difetti di 1,5 – 2mm di lunghezza, con una lente fino a 0,5 mm. Oggi con lo sviluppo di nuove sorgenti di luce, rilevatori ottici e sistemi elettronici, sono stati messi a punto metodi con una soglia di individuabilità molto alta. Tra questi strumenti si può citare il profile projector che usa un fascio di luce collimato con un sistema ottico che riflette su uno schermo l’immagine del profilo dell’oggetto osservato. La risoluzione arriva fino a 2,5μm e il campo di applicazione più importante è la metrologia. Un altro sistema è la scansione laser in cui un raggio di luce concentrata viene fatto passare sulla superficie sotto analisi. I difetti superficiali risultano come cambiamenti nell’intensità della luce riflessa. Altri metodi sono quelli basati sulle frange di interferenza tra cui la shadow moiré. In pratica un reticolo viene tenuto vicino ad una superficie e illuminato obliquamente; normalmente alla superficie le linee del reticolo si combinano con quelle proiettate sulla superficie stessa dando origine a frange di interferenza. E’ possibile osservare il pezzo sotto diversi carichi per dedurne le deformazioni, oppure confrontare vari elementi per verificare che siano identici. Da notare sono infine le tecniche olografiche che sfruttano le proprietà di riflessione ottica del materiale analizzato; esse risultano in genere poco adatte per i compositi in fibra di carbonio in quanto materiali poco riflettenti.

59.2.2 Liquidi penetranti E’ la tecnica più conosciuta e semplice per evidenziare difetti affioranti non visibili ad occhio nu

alcuni liquidi di penetrare per capcavità o cricche affioranti, anche sottilissime. Applicato questo liquido alla superficie interessata, in un secondo tempo si spruzza un altro liquido che reagisce con il primo e fa assumere ad esso un colore ben visibile. Esistono vari tipi di liquidi alcuni dei quali contengono particelle fluorescenti che evidenziano i difetti se vengono illuminati con una luce opportuna. Generalmente questa tecnica viene usata con materiali metallici; talvolta i liquidi penetranti sono utilizzati in combinazione con la radiografia per l’analisi dei materiali compositi.

59.2.3 Particelle magnetiche E’ una fra le tecniche più antiche di analisi non distruttiva ed è in grado di rilevare difetti fino a

Poiché sfrutta le caratteristic ei ind

materiali, è una tecnica praticabile esclusivamente sui materiali ferromagnetici. Il principio si basa sulla deviazione delle linee di flusso del campo magnetico interno al pezzo in esame (che è stato quindi precedentemente magnetizzato) in corrispondenza di

eventuali difetti. Cospargendo il pezzo con polveri magnetizzate, queste rimangono attratte dalla dispersione del campo. Pulendo infine il pezzo le polveri rimangono attaccate in corrispondenza dei difetti mettendoli in evidenza. Oltre a quello delle particelle magnetiche (MPI) esistono altri metodi che sfruttano diverse proprietà magnetiche quali l’emissione magnetoacustica (MAE), l’effetto magnetico Barkhausen (MBE), il metodo dell’isteresi magnetica e il metodo magneto-elastico. A causa delle trascurabili proprietà magnetiche dei materiali compositi, non risulta che questi metodi siano stati usati per la loro analisi. Alcuni studi hanno cercato di trovare un legame tra la suscettibilità magnetica dei compositi in carbonio e la disposizione delle fibre con risultati discordanti tra teoria ed esperimenti.

59.2.4 Radiografia La radiografia è uno dei più importanti sistemi di analisi non distruttiva dei materiali soprattuttdi penetrazione che conpresenze di materiali eirregolarità hanno una densità diversa rispetto al materiale che li circonda quindi, poiché l’assorbimento di radiazione è diverso da zona a zona, esse compaiono in modo evidente sulle immagini radiografiche. Le tecniche radiografiche sono adatte per la maggior parte dei materiali. Per quanto riguarda i compositi spesso vengono utilizzati liquidi di contrasto al fine di ottenere evidenziazioni migliori. Per esempio, è possibile rilevare la disposizione degli strati inserendo particolari fibre di boro ricoperte di liquido fluorescente che risalta in modo netto sullo sfondo della radiografia; oppure si usano dei liquidi che penetrano tra le fibre aumentando il contrasto nelle aree di delaminazione Queste sostanze non hanno alcuna influenza sulle proprietà meccaniche dei compositi. Rispetto agli altri metodi, quelli radiografici hanno lo svantaggio di introdurre problemi di sicurezza per il personale che ne fa uso. Come è noto, infatti, l’esposizione alle radiazioni può provocare gravi danni alla salute e non devono superare limiti prestabiliti. Inoltre, anche i liquidi di contrasto possono essere pericolosi. Tutto questo rende necessario l’uso di adeguate schermature, di attrezzature ingombranti, di particolari procedure di lavoro e di una serie di altre precauzioni che evidentemente limitano in molti settori l’applicazione delle tecniche radiografiche.

59.2.5 Ultrasuoni E’ il metodo di analisi non distruttiva più utilizzato, soprattutto nei controlli di pr

ividuare i difetti adogni tipo di materialeultrasuoni, ovvero di vibrazioni meccaniche di particelle di materia che attraversano l’oggetto analizzato e vengono parzialmente riflesse da ogni superficie di separazione. I segnali riflessi sono quindi captati da una sonda ed elaborati per poi essere mostrati su di uno schermo. Di

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so l’utilizzo di una le rilevare le radiazioni nel dello spettro elettromagnetico

è li conduttori compresi i . Restano invece esclusi i

o degradazione di un carico ad un provino esso si cumulando energia; se in tale

Met

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Term

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solito si lavora con frequenze che vanno da 1 a 25 MHz e si distinguono tre tipi di presentazione dei dati: A-scan in cui si mostra un segnale di ampiezza nel tempo i cui picchi possono essere correlati con la profondità della riflessione; B-scan in cui i dati si presentano come un profilo di profondità lungo una linea del provino; C-scan in cui si mostra l’attenuazione degli ultrasuoni in funzione della posizione del trasduttore nelle due dimensioni del provino. Gli ultrasuoni forniscono risultati soddisfacenti nell’analisi non distruttiva di materiali compositi sia nell’individuazione dei difetti che nella loro caratterizzazione. Pur tuttavia il metodo rimane poco efficiente per i lunghi tempi di analisi (soprattutto con le tecniche di scansione manuale a contatto) o per l’uso di apparati scomodi (con riferimento alle tecniche per immersione).

59.2.6 Termografia La termografia si basa sull’acquisizione di immagini nell’infrarosso. Attravertermocamera è possibicampo dell’infrarosso emesse dall’oggetto in esame. Questo strumento è in grado di rilevare le temperature dei corpi analizzati attraverso la misurazione dell’intensità della radiazione emessa dal corpo e permette di individuare eventuali anomalie termiche causate dalla presenza di difetti. Nell’industria aeronautica viene utilizzata con ottimi risultati alla ricerca di eventuali delaminazioni nei componenti in composito. Altra applicazione è l’analisi termoelastica delle tensioni che permette di visualizzare e misurare le tensioni in componenti sottosforzo. Ciò consente di migliorare la progettazione del componente stesso e di individuare i punti più sollecitati e di possibile innesco di cricche.

59.2.7 Correnti parassite Questo metodo noto anche come Eddy Current si basa sul fenomeno dell’induzione elettromagnetica ed applicabile a tutti i materiacompositi in fibra di carboniocompositi in fibra di vetro o arammidica. Il controllo è realizzato con una sonda dotata di una spira in cui passa corrente alternata che, avvicinata al provino, vi produce delle correnti parassite per induzione elettromagnetica. Il valore di queste correnti dipende dal valore e dalla frequenza della corrente sulla sonda, dalla distanza tra questa e il materiale che si sta analizzando e dalle proprietà fisiche del materiale. La presenza di difetti si manifesta come disturbo alle linee di corrente indotta sulla superficie e si evidenzia confrontando la risposta con un pezzo integro. Il metodo dà buoni risultati, ma è complicato da utilizzare: se il pezzo è di forma complessa le correnti parassite possono avere una disposizione difficile da interpretare. Per questo è necessaria una precisa messa

a punto del sistema prima di compiere l’ispezione. Le correnti parassite si concentrano vicino alla superficie perciò la tecnica è adatta solo per individuare irregolarità sub-superficiali. Nei compositi in fibra di carbonio le correnti parassite possono essere usate per localizzare e quantificare difetti o aree non omogenee, per valutare la disposizione delle fibre nei laminati nonché per individuare la rottura delle fibre stesse.

59.2.8 Metodi acustici Questi metodi consistono nel rilevare i segnali acustici o ultrasonici generati dalla deformazione un materiale. Applicando deforma elasticamente acstato si innesca una rottura parte di questa energia viene rilasciata. Una percentuale di essa viene assorbita come energia richiesta per ampliare ulteriormente la superficie di rottura la parte rimanente produce attività acustica sotto forma di onde di sforzo. Queste onde viaggiano dalla zona di origine fino alla superficie esterna sia direttamente che riflesse. Un sensore rileva questi eventi a bassa intensità che, amplificati ed elaborati, vengono mostrati su di uno schermo. Questa tecnica è molto sensibile alle caratteristiche dei materiali. Nei compositi i diversi meccanismi di rottura che possono presentarsi rendono i tracciati del segnale molto complessi e di difficile interpretazione. Dall’analisi di tali tracciati si possono dedurre le caratteristiche del materiale e l’eventuale presenza di irregolarità o vuoti al suo interno. Le tabelle che seguono sintetizzano le peculiarità dei principali metodi utilizzati nel controllo non distruttivo.

Tabella 59.2 – Impieghi delle principali tecniche di controllo non distruttivo.

Metallo O O O O O O O

Composito O O O O O

Bolle d’aria X X X

Contenuto fibre X X

Orientazione fibre X X X

Omogeneità materiale X X X

Delaminazioni X X X

Difetto di incollaggio X X X

Cricche X X X X

Inclusioni X X

Proprietà meccaniche X X X

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Tabella 59.3 – Confronto fra le principali tecniche di controllo non distruttivo.

T ativ altre caratterist he lle principali tecniche di controllo non distruttivo. abella 59.4 – Costi rel i ed ic de

59.3 Liquidi penetranti a tecnica di ricerca non distruttiva di difetti con liquidi penetranti è basata sul principio della

penetrazione, per capillarità, di particolari liquidi (o inchiostri) in fessure piccolissime affioranti alla superficie del pezzo da esaminare. Successivamente il liquido penetrato viene richiamato in superficie mediante apposite polveri, lasciando una traccia visibile dell’estensione e della forma del difetto. Tale metodo d’indagine è in grado di rivelare chiaramente l’esistenza di cricche affioranti il cui volume totale è solo dell’ordine della milionesima parte del centimetro cubo. Questo metodo è utilizzabile esclusivamente con cricche affioranti; altra condizione necessaria per

un’efficace applicazione dello stesso è l’assenza di qualsiasi traccia di olio, grasso, polvere, ossido. Lo sgrassaggio può essere eseguito con vapori di tricloroetilene tranne in alcuni casi in cui è necessario effettuare un bagno in acido diluito.

59.3.1 Caratteristiche dei liquidi penetranti Un buon penetrante deve presentare i seguenti requisiti: • bassa tensione superficiale e bassa viscosità, così da

poter penetrare per effetto di capillarità nelle fessure; • elevata proprietà di penetrazione anche a temperatura

ambiente,per evitare di dover riscaldare il liquido;

L

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totalmente immerso nel liquido stesso; • essere facilmente removibile dalla superficie del

pezzo senza essere asportato in quantità apprezzabile dalle fessure in cui è penetrato;

• dare una buona indicazione visibile anche per piccole quantità penetrate;

• presentare, per i liquidi fluorescenti, una elevata fluorescenza all’esposizione alla luce ultravioletta (luce di Wood).

59.3.2 Tecniche d’esame Le tecniche d’esame con liquidi penetranti sono essenzialmente due: con liquido penetrante rosso e con liquido penetrante fluorescente.

59.3.2.1 Esame con liquido penetrante rosso Tale metodo è generalmente utilizzato per controlli di pezzi ingombranti o già in opera con superfici anche non perfettamente lisce. In Figura 59.2 è illustrato il procepencosparge di liquido penetrante. Per capillarità il liquido penetra nelle cricche e nelle porosità affioranti. Dopo un tempo di 5-10 minuti, con un getto d’acqua o con apposito solvente, si lava il pezzo così da asportare il liquido depositato solo superficialmente. Con aria calda si elimina poi ogni traccia di umidità. Quindi si deposita la polvere rivelatrice, sospesa in un liquido a rapida evaporazione, che provoca la fuoriuscita del liquido da dove è penetrato. I difetti continuano ad apparire anche per alcune ore e non svaniscono per alcuni giorni. Ovviamente in corrispondenza dei difetti in cui il liquido è penetrato si ha l’arrossamento della polvere rivelatrice originariamente bianca.

uguale capacità di penetrazione sia che venga spruzzato su piccole porzioni sia che il pezzo sia

dimento relativo al controllo con liquido etrante rosso. Dopo aver sgrassato il pezzo lo si

Figura 59.2 – Procedimento di controllo con liquido penetrante rosso.

Nella Figuevidenzia

ra 59.3 sono presentati alcuni esempi di zioni di difetti con liquido penetrante rosso.

L’immagine a) illustra una cricca in un componente in lega leggera di alluminio; la b) mostra delle ricche in un utensile al carburo di tungsteno; la figura c) presenta delle cricche nella zona di saldatura di un tubo flangiato mentre la figura d) mostra la rivelazione di delaminazioni affioranti sul bordo di un pannello in composito mentre la figura e) illustra infine una cricca affiorante in una struttura in lega di titanio.

Figura 59.3 – Difetti rivelati con liquido penetrante rosso.

59.3.2.2 Esame con liquido penetrante fluorescente autolavante

Tale metodo è particolarmente indicato per la rivelazione di difetti di piccole dimensioni in pezzi con superficie sufficientemente liscia. Dopo aver accuratamente sgrassato il pezzo, viene applicato un liquido penetrante

e

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che incorpora una sostanza fluorescente. Il liquido penetra per capillarità nelle fessure e l’eccesso viene rimosso con il lavaggio con acqua del pezzo. Dopo

erisce

è penetrato il liquido.

pi di evidenziazione di difetti articolare l’immagine (b)

aver eliminato anche le tracce di umidità con aria calda si immerge il pezzo in una polvere rivelatrice impalpabile: la sua leggerezza è tale che il pezzo vi affonda come in un liquido. Tale polvere non adal pezzo ma si deposita in corrispondenza dell’eventuale difetto in cui L’ispezione viene effettuata mediante esposizione a luce ultravioletta in ambiente riparato dalla luce naturale (camera oscura). In Figura 59.4 sono presentati alcuni esemcon liquido fluorescente. In pè relativa a cricche enucleate e propagate in un componente polimerico.

Figura 59.4 – Difetti rivelati con liquido penetrante fluorescente.

E’ possibile procedere all’ispezione visiva con luce ultravioletta anche senza rimuovere il liquido in eccesso. In questo caso si vedrà una fluorescenza verde diffusa con delle zone più intensecorrispondenza del difetto. In questo modo non si ha una chiara individuazione dei difetti più piccoli (Figura 59.5).

bile dalla superficie del pezzo; • consente di ottenere migliori risultati nelle ispezioni di

pezzi già controllati con liquidi penetranti; • richiede minor tempo di penetrazione; • è il solo efficace per il controllo di pezzi in titanio. Il procedimento di controllo è analogo a quello dei liquidi auto lavanti ad eccezione che per l’applicazione dell’emulsionante. Esso si combina con il liquido superficiale e rende la miscela, penetrante ed emulsionante, removibile con getto d’acqua.

in

59.3.2.3 Esame con liquido penetrante fluorescente non emulsionabile

Il liquido fluorescente non emulsionabile differisce da quello auto lavante in quanto non è removibile con acqua prima di essere trattato con un agente emulsionante. Esso presenta rispetto a quello auto lavante i seguenti vantaggi: • è più sensibile nella rivelazione di difetti di ridotte

dimensioni; • è più facilmente removi

Figura 59.5 – Rappresentazione di una fusione con liquido penetrante fluorescente prima e dopo eliminazione della fluorescenza di fondo.

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59.3.2.4 Registrazione dei difetti rivelati con liquidi penetranti

La registrazione del difetto può essere eseguita mediante una fotografia. Nel caso di utilizzo del liquido fluorescente è necessario utilizzare degli appositi filtri per evitare l’annerimento totale della pellicola fotografica che altrimenti sarebbe troppo sensibile alla luce ultravioletta.

Figura 59.6 – Confronto tra la visualizzazione ottenuta con liquidi penetranti rossi (a) e con liquidi penetranti fluorescenti (b).

59.3.3 Principali vantaggi e svantaggi del metodo Vantaggi:

Molto effic• ace per la individuazione di difetti superficiali;

tilizzo; • Ottima trasportabilità (facilmente utilizzabile sul

campo).

• Risultato oggettivo, non richiesta particolare esperienza e formazione degli operatori;

• Applicabilità alla maggior parte dei materiali; • Molto economico; • Facilità di u

Svantaggi: • Profondità difetto non determinabile;

strozzature pezzo e di una

nza ub-

ltrimenti non visibili. Questo metodo è ovviamente applicabile solo a materiali ferromagnetici.

59.4.1.1 Magnetizzazione del pezzo da esaminare Per la magnetizzazione del pezzo da esaminare possono essere utilizzati magneti permanenti, elettromagneti oppure, come accade di frequente, si può ricorrere alla corrente, sia continua che alternata. La differenza principale è che il campo magnetico generato dalla corrente continua, generalmente penetra nella sezione trasversale del materiale mentre i campi generati dalla corrente alternata rimangono confinati sulla superficie del materiale con un effetto che è conosciuto come effetto pelle. La frequenza della corrente alternata (50Hz) mette in vibrazione le particelle magnetiche rivelatrici facilitando la loro disposizione, in corrispondenza dei campi diversi provocati dai difetti; per contro l’effetto pelle fa sì che la corrente interessi, con sufficiente intensità, solo la parte periferica del pezzo, limitando la zona esaminabile ad una profondità di 2-3mm.

• Non utilizzabile con materiali altamente porosi o con elevata rugosità superficiale;

• Non applicabile per difetti interni e sub-superficiali.

59.4 Metodi magnetici

59.4.1 Controllo con particelle magnetiche Questa tecnica di controllo si basa sulla manifestazione, previa magnetizzazione del pezzo in esame, di delle linee di forza magnetiche interne al fuoriuscita di linee magnetiche nell’aria in corrispondedi incrinature, cricche, difetti superficiali e ssuperficiali. Il fenomeno è rappresentato in Figura 59.7. Cospargendo il pezzo con polveri magnetiche sia libere che in speciali sospensioni liquide, i flussi dispersi esterni originati dai difetti sottostanti, attirano le particelle magnetiche, evidenziando le discontinuità a

Figura 59.7 – Andamento delle linee di forza magnetiche in

Vi tà di utilizzare corrente pulsante la quale si ottiene raddrizzando con diodi in semi-onda la corrente alternata sinusoidale. Essa accomuna i vantaggi della corrente continua ed alternata in quanto facilita lo

un pezzo di ferro sottoposto a controllo magnetico.

è anche la possibili

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spostamento delle particelle secondo la disposizione del difetto ed inoltre consente la rivelazione dei di

ro facendo pascorrente elettrica in un conduttore avvolto a spirale attorno al pezzo da controllare. Il campo magnetprodotto ha, all’interno del solenoide (e quindi all’interno del pezzo) le linee di forza allineate all’asse del solenoide stesso. La magnetizzazione circolare si ottiene invece facendo passare corrente all'interno di un conduttore rettilineo (ovvero del pezzo da controllare), ad esempio una barra od un filo. Il campo magnetico prodotto ha linee di forza circolari. La Figura 59.8 mostra i due tipi di magnetizzazione illustrando come possono essere utilizzati tali campi magnetici per rivelare cricche diversamente orientate. Si può notare come cricche parallele alle linee di flusso non possano essere rivelate. La Figura 59.9 illustra lo schema di un magnetoscopio a bancale con il quale si possono generare nel componente in esamentrambe le tipologie di campo magnetico.

fetti non solo superficiali. Si parla di magnetizzazione longitudinale o circolare a seconda dell’orientazione delle linee di forza del campo magnetico prodotto nel pezzo in esame. La magnetizzazione longitudinale può essere ottenuta mediante un solenoide ovve sare

ico

e

Figura 59.8 – Magnetizzazione longitudinale e circolare.

ei difetti

ausa un incremento dell’intensità di

ione aumentando il flusso disperso ifetto come è

e maggiore è

a sua rivelazione. La a

la perché il difetto determini

a disposto normalmente epe) con rivelabili.

59.4.1.2 Rivelazione dOgni riduzione di sezione di un pezzo magnetizzato costringe le linee di flusso in un’area di dimensioni minori e c

magnetizzazsuperficiale in corrispondenza del drappresentato in Figura 59.7. Ovviamentl’intensità del flusso magnetico disperso causato dal difetto e più facile risulta lformazione del flusso disperso esterno in corrispondenzdelle crepe dipende dalle dimensioni e soprattutto daldisposizione del difetto. Infattiil flusso disperso, occorre che sialle linee di forza. Praticamente difetti (crinclinazione sino a 45° sono ancora Naturalmente le possibilità di evidenziazione di un difetto interno aumentano quanto più grande è la sezione del difetto rispetto alla sezione del pezzo. Le particelle magnetiche utilizzate possono essere contenute in polveri o liquidi.

Figura 59.9 – Magnetoscopio a bancale.

Polveri magnetiche – Sono essenzialmente ottenute da polveri finissime di ferro o di ossido di ferro magnetico (Fe3O4) unitamente ad un pigmento colorato che facilita la visione del loro allineamento in corrispondenza d l difet si otti lle dim olveri è

eto. All’aumentare della granulometria delle polveri

ene un contrasto più elevato ma aumenta il limite suensioni dei difetti rivelabili. Il metodo delle p

molto rapido e viene utilizzato con superfici anche non perfettamente lisce. Liquidi magnetici – I liquidi od inchiostri magnetici sono delle sospensioni di polveri, generalmente a base di ossidi

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ferromagnetici finemente suddivisi in particolari veicoli liquidi con dei pigmenti che colorano le particelle magnetiche. La rivelazione ad occhio nudo dipende dal contrasto fra le particelle ed il pezzo in prova. Le particelle hanno una granulometria finissima dell’ordine di qualche micron e consentono una più sensibile rivelazione dei difetti rispetto alle polveri. Normalmente si usano inchiostri neri su superfici bianche, lucidate o lavorate e rossi o fluorescenti su superficie nere, grezze e non lavorate. I liquidi magnetici vengono generalmente spruzzati sul pezzo. Tali liquidi magnetici possono essere accoppiati a sostanze fluorescenti. In tal caso la rivelazione del difetto avviene all’esposizione a luce ultravioletta (Figura 59.10).

Figura 59.10 – Evidenziazione di difettosità mediante liquidi magnetici accoppiati a sostanze fluorescenti.

59.4.1.3 Smagnetizzazione dei pezzi Il pezzo controllato con il metodo magnetico conservasemval al

. I sistemi di ente i seguenti:

pre un residuo di magnetismo (isteresi) il cui

ore dipende dal tipo di materiale in esame e dsistema di magnetizzazionesmagnetizzazione sono essenzialm• Riscaldamento del pezzo oltre la temperatura di

Curie – Tale temperatura è una temperatura

caratteristica del materiale in esame. Per i materiali ferromagnetici è di circa 700°C;

• Riduzione graduale del ciclo d’isteresi – Il pezzo viene sottoposto a un campo magnetico alternato dove la forza di magnetizzazione viene ridotta gradualmente a zero, riducendo così a zero la magnetizzazione residua. Nei magnetizzatori alimentati con corrente alternata ciò si consegue abbassando gradualmente sino a zero la corrente di alimentazione.

59.4.2 Principali vantaggi e svantaggi del metodo Vantaggi: • Molto efficace per la individuazione di difetti

superficiali e sub-superficiali; • Risultato oggettivo, non richiesta particolare

esperienza e formazione degli operatori; • Abbastanza economico; • Facilità di utilizzo; • Buona trasportabilità (utilizzabile sul campo); • Automatizzabile (il metodo è utilizzato nei controlli

qualità sulle linee di produzione – ad esempio tubi). Svantaggi: • Scarsi risultati per difetti interni; • Profondità difetto non determinabile; • Utilizzabile esclusivamente con materiali

ferromagnetici; • Richiede preparazione/pulizia accurata della

superficie; • Necessità di smagnetizzare il pezzo.

59.5 Radiografia a tecnica radiografica applicata ai CND è stata storicamente la prima tecnica a fornire la possibilità

di individuare difetti interni. Generalmente la radiografia è particolarmente adatta ad individuare difetti interni n pla ileva efficace anche per posizione del

Lon

nari quali porosità o vuoti ma si rrivelare cambiamenti nella com

materiale, per misure di spessore o per analizzare parti nascoste alla vista in pezzi assemblati. Quando un fascio d’onde elettromagnetiche fortemente penetranti (raggi X o raggi γ) passa attraverso l’oggetto da esaminare esso viene assorbito con legge esponenziale in funzione dello spessore e della densità della materia attraversata. Le radiazioni a valle dell’oggetto impressionano una lastra fotografica (od illuminano uno schermo rilevatore, nel caso della radioscopia) la quale, attraverso apposito sviluppo fotografico, annerisce più o meno intensamente nelle varie zone in funzione dell’entità di radiazione ricevuta. In questo modo eventuali difettosità presenti

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nell’oggetto in esame quali cavità, fessure o grosse inclusioni appaiono visibili sulla lastra sottoforma di macchie molto scure in quanto difetti di questa natura sono poco assorbenti e hanno quindi un basso potere di attenuazione della radiazione. Viceversa la presenza di una discontinuità di materiale ad elevata densità (e quindi più assorbente) appare come una macchia più chiara. L’intensità delle macchie è proporzionale allo spessore dei difetti. Nel caso delle radioscopie in continuo, lo schermo si illumina più o meno intensamente a seconda dell’entità di radiazione ricevuta fornendo la stessa immagine, ma in positivo, della radiografia.

Figura 59.11 – Schema del principio di funzionamento della tecnica radiografica.

59.5.1 Sorgente di radiazione e tecnica delle radiazioni

Le onde elettromagnetiche adatte alle indagini radiografiche sono essenzialmente due: i raggi X e i raggi γ. I primi sono generati artificialmente in particolari tubi catodici che emettono, all’applicaziondi una tensione agli elettrodi, la radiazione di fre e del ogni

zione elettrica.

ella

XIX. Pur tuttavia,

disponibili sorgenti radioattive ad elevata energia e costi con anti

diografici dell’epoca. Di contro la gammagrafia produce a basso contrasto e a basso potere di

e grazie al ico, la gammagrafia fu ben

avore di sorgenti radiografiche che sempre più potenti e penetranti.

rafici in

9.5.1.1 Sorgente di raggi X ne di radiazione avviene sfruttando il fatto che

o creato il vuoto si troni su una placca

ettromagnetiche.

tto essi trasformano parte della loro

he, i raggi X. Il campo elettrico viene a generatore di Figura 59.12 è

funzionamento di un generatore a tubo a vuoto. La Figura 59.13

e

quenza desiderata in funzione della composizioncatodo. L’emissione dei raggi X cessa

qualvolta si interrompe l’alimentaγDiversamente i raggi sono emessi naturalmente e

continuamente da isotopi radioattivi per decadimento del nucleo, secondo precise leggi fisiche. La radiazione γ possiede una definita lunghezza d’onda a seconda del tipo di isotopo radioattivo contenuto nella pastiglia che costituisce la sorgente. L’intensità dradiazione è proporzionale alla quantità di isotopo presente.

Storicamente la scoperta sia dei raggi X che dei raggi γ risale all’incirca alla fine del secolomentre le prime ispezioni radiografiche con raggi X non tardarono ad essere eseguite e la loro diffusione fu rapida (grazie alla invenzione del tubo di Coolidge), per una vasta applicazione dei raggi γ si dovette aspettare più di mezzo secolo. Il boom della gammagrafia (così l’esatta denominazione della radiografia con raggi γ) risale infatti alla metà degli anni 50 quando sul mercato furono rese

contenuti che permettevano di controllare oggetti pessori rilevanti non affrontabili con gli impis

raimmagini evidenziazione a causa della monocromaticità delle radiazioni disponibili, le sorgenti hanno dimensioni molto ingombranti, l’emissione continua e non modulabile costituisce un limite gravoso dal punto di vista proteximetrico. Per questi ed altri motivicontinuo progresso tecnologpresto abbandonata in fnegli anni diventavanoOggigiorno sono di normale uso apparecchi radioggrado di radiografare spessori fino a 200mm di acciaio in tempi molto contenuti.

5La produzio

se in un tubo di vetro in cui è statlanciano a forte velocità degli eletmetallica si ha un’emissione di onde elGli elettroni vengono prodotti da un generatore di elettroni e accelerati contro la placca metallica da un forte campo elettrico. Nell’impaenergia cinetica in energia radiante, cioè onde elettromagneticprodotto applicando una tensione trelettroni (anodo) e bersaglio (catodo). Inriportato lo schema di

i X utilizzante unraggillustra un tubo di Coolidge tradizionale ad anodo fisso, con indicazione delle parti componenti.

Figura 59.12 – Schema del principio di funzionamento di un generatore di raggi X: 1) Generatore di Alta Tensione; 2) Tubo a vuoto; 3) Catodo (generatore di elettroni); 4) Placca metallica.

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Il catodo è realizzato con un filamento incandescente ed ha come principale funzione quella di generare gli elettroni e focalizzare il fascio elettronico accelerato in una zona idonea e ragionevolmente ridotta così da formare una sorgente (fuoco) quasi puntiforme. In queste condizioni la nitidezza dell’immagine radiologica potrà considerarsi soddisfacente. L’effetto focalizzante si ottiene situando il filamento nell’interno di uno schermo metallico ad esso elettricamente connesso che agisce come “lente elettrostatica” nel campo elettrico esistente tra catodo e anodo, col risultato che il fascio elettronico colpisce dove e come si ritiene più opportuno la placca dell’anodo.

Figura 59.13 – Schema del principio di funzionamento di un generatore di raggi X.

te emissione elettronica quando il

può sopportare carichi termici concentrati

Il filamento è di tungsteno ed è avvolto a spirale: si ottiene una sufficienfilamento ha raggiunto una temperatura di circa 2600°C. Dato che la quantità di elettroni emessi aumenta con la temperatura del filamento, è così possibile regolare l’intensità del flusso elettronico agendo sul circuito elettrico ausiliario che accende il filamento stesso. L’anodo costituisce invece l’obbiettivo da colpire per gli elettroni prodotti e focalizzati dal catodo. Dell’energia cinetica posseduta dagli elettroni solamente una minima parte (circa l’1%) viene trasformata in energia radiante mentre il restante 99% si disperde in calore. L’anodo deve essere in grado di poter assorbire e smaltire velocemente questa elevata quantità di energia termica prodotta ed è perciò costituito da un grosso cilindro di rame con incastonata una placca di tungsteno su cui si forma la macchia focale. Il tungsteno fonde a circa 3400°C e

sulla macchia focale di pochi millimetri quadrati (o anche frazioni di mm2 nei tubi a micro fuoco) senza danneggiarsi. Alternativamente è possibile utilizzare anche placche di ferro o di cobalto. Il calore della macchia focale si propaga poi nell’interno della placca e da questa al blocco di rame che lo trasferisce fuori dal tubo. I “fuochi” dei tubi visti dal raggio centrale (fuochi ottici) hanno in genere dimensioni quadrate con lato di circa 0,3mm nei tubi a micro fuoco di piccola potenza, 1-2mm nei tubi di media potenza e di 4-5mm in quelli di grande potenza.

59.5.1.2 Intensità e quantità delle radiazioni L’unità di misura della quantità o dose di radiazioni ionizzanti è il roentgen (r). L’intensità della radiazione si misura in roentgen al secondo (r/s) o multipli e sottomultipli di esso. Esistono altre unità di valutazione delle radiazioni: il RAD (Radiation Absorbed Dose) che è l’unità di dose assorbita dal corpo umano ed il REM (Roentgen Equivalent Man) di carattere “biologico” che è l’unità di radiazione assorbita la cui azione biologica si ritiene equivalente a quella di 1 roentgen. Il loro valore è molto prossimo a quello del roentgen. L’intensità della radiazione espressa in r/s è data dalla seguente formula:

2DkVmAKI =

n⋅

è espressa dalla relazione:

L’intensità della radiazione (I) è dunque direttamente proporzionale alla corrente che passa nel tubo (mA) e ad una certa potenza n della tensione applicata al tubo stesso (kV) ed è inversamente proporzionale al quadrato della distanza (D) in accordo con la legge di irraggiamento di una sorgente puntiforme. K è un fattore costante di proporzionalità. L’esponente n varia in funzione della tensione e della filtrazione; nel caso della radiografia industriale esso assume l’ordine di grandezza di 6-7. Questo significa che una variazione del 10-15% circa della tensione provoca un raddoppio o un dimezzamento dell’intensità della radiazione. La quantità di radiazione o Dose espressa in r è ovviamente proporzionale all’intensità della radiazione I ed al tempo di irraggiamento (sec.) ed

2.sec

DkVmAKDose

n⋅⋅=

I kV oltre ad avere un’influenza determinante sull’intensità della radiazione danno il “carattere” del quadro radiologico: kV bassi producono alto contrasto, tonalità marcata di bianco e nero con evidenziazione di pochi gradini dell’oggetto; kV alti producono viceversa basso contrasto, tonalità grigia con ev enziazione di mo e dist ne rad

idlti gradini dell’oggetto. Gli altri fattori mA, sec.anza non hanno influenza sul carattere dell’immagiiologica ma solo sull’esposizione.

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59.5.1.3 Assorbimento delle radiazioni L’intensità della radiazione, quando la radiazione attraversa la materia, decresce con legge esponenziale:

ss eII μ−= 0

dove I0 è l’intensità del fascio incidente e Is è l’intensità del fascio emergente dall’oggetto in esame di spessore s. Il coefficiente di assorbimento μ dipende dalla natura del materiale attraversato e dal suo spessore e varia al variare dell’energia della radiazione incidente. Pur esistendo tabelle che danno il valore del coefficiente di assorbimento (o coefficiente di indebolimento) per diverse sostanze di densità relative, nella pratica si preferisce valutare gli assorbimenti mediante la definizione di Strati EmiValenti (SEV) e DeciValenti (SDV). Si definisce Strato EmiValente di un determinato materiale lo spessore che riduce a metà l’intensità della radiazione incidente. Analogamente lo strato DeciValente è definito come lo spessore del materiale che riduce di 10 volte l’intensità della radiazione incidente. SEV e SDV dello stesso materiale sono tanto più elevati quanto più la radiazione è penetrante. SEV e SDV caratterizzano dunque la penetrazione della radiazione nell’oggetto in esame e vengono utilizzati per determinare l’intensità della radiazione da emettere nonché per definire e dimensionare le protezioni da utilizzare. La radiazione cui va soggetto il materiale in esame è in genere composta da una radiazione primaria (ovvero quella emessa dal fuoco del tubo) e da una radiazione secondaria diffusa emessa dallo stesso corpo irradiato. Mentre la radiazione primaria ha una direzione ben definita focalizzata dal tubo, quella secondaria diffusa nel corpo irradiato assume direzioni casuali che velano la pellicola attenuando il contrasto e diminuendo ilpot59. ne seco ere eliminata schermando

matura totale e la pellicola viene grafare.

ere di evidenziazione dell’immagine. In Figura 14 è illustrato l’effetto dannoso di tale radiazio

ndaria la quale può essle pellicole con sottili lamine di piombo (0,02-0,15mm) poste avanti e dietro le pellicole stesse. Tali schermature sono sufficienti a bloccare le radiazioni secondarie diffuse (poco energetiche) ma non attenuano sensibilmente le radiazioni primarie.

59.5.2 L’immagine prodotta dai raggi X In Figura 59.15 è illustrata la formazione dell’immagine radiologica. Se la sorgente S è puntiforme e l’oggetto perfettamente opaco l’immagine sulla pellicola risulta perfettamente nitida. Se invece la Sorgente S è estesa l’immagine risulta tanto più sfumata ai bordi quanto più grande è la sorgente (ovvero la macchia focale) e quanto più l’oggetto è vicino alla sorgente e lontano dalla pellicola come si può notare in figura. Tale sfumatura o penombra viene denominata sfumatura geometrica. La sfumatura è praticamente l’inverso della nitidezza e si parla indistintamente di immagine poco nitida o

molto sfumata. L’immagine radiologica può essere affetta da altre sfumature: vi è la sfumatura propria della pellicola, quella propria degli schermi radiologici e la sfumatura cinetica (dovuta al movimento dell’oggetto in esame). Teoricamente tutte queste sfumature dovrebbero sommarsi fra loro per dar luogo a quella che viene denominata sfumatura totale. Nella pratica invece si assume come tale la maggiore fra tutte. Così effettuando ad esempio riprese radiografiche senza schermi o con schermi al piombo è la sfumatura geometrica a determinare la sfupertanto posta a stretto contatto il pezzo da radio

Figura 59.14 – Effetto delle radiazioni secondarie diffuse sulla qualità dell’immagine. A sinistra radiografia senza schermi velata dalle radiazioni diffuse; a destra la medesima con schermi al piombo.

Figura 59.15 – Formazione dell’immagine radiologica e sfumatura geometrica.

59.5.2.1 Contrasto, nitidezza e potere di evidenziazione La possibilità di visualizzare il maggior numero di dettagli possibile è data dalla nitidezza (ovvero l’inverso della sfumatura) e dal contrasto totale. Entrambi questi fattori, nitidezza e contrasto, concorrono alla formazione del potere di evidenziazione.

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Il contrasto totale è dato dalla somma del contrasto di

contrasto è tanto più elevato quant più la radiazione è

possibile la

che sono stati esposti si scuriscono mentre l’alogenuro mosso da

esposizione. Contrasto fotografico (b) – Attitudine della pellicola ad evidenziare le variazioni dell’annerimento al variare dell’esposizione. E’ la pendenza del tratto centrale della curva densitometrica. Le pellicole ad alto contrasto hanno, a parità di esposizione, pendenza maggiore. Velo (c) - Leggera opacità in corrispondenza alle zone non esposte. Il velo è causato in parte dalla non perfetta trasparenza del supporto ed in parte dall’azione dello sviluppo. Densità limite o annerimento di saturazione (d) – E’ la massima densità ottenibile a pellicola completamente esposta e completamente sviluppata. Latitudine di posa (e) – Campo di esposizione utile de pel

assorbimento e del contrasto fotografico. Il primo è definito come il rapporto fra le intensità della radiazione emergente di due elementi contigui. Il

opoco penetrante (bassi kV) e quanto più grande è la differenza di assorbimento degli elementi contigui per la loro intrinseca composizione e spessore. In generale i difetti che devono essere evidenziati radiograficamente sono costituiti da cavità contenenti aria o gas oppure da inclusioni di densità diverse. Ciò comporta diversità di assorbimento e, conseguentemente, di contrasto relativo che è alla base dell’evidenziazione radiologica. Per contrasto fotografico si intende l’attitudine della pellicola ad evidenziare le variazioni dell’annerimento al variare dell’esposizione.

59.5.2.2 Pellicole radiografiche Le pellicole radiografiche sono simili a quelle normalmente utilizzate in fotografia. Esse sono costituite da più strati. Lo strato centrale di base è costituito da un sottile foglio di materiale trasparente (generalmente poliestere o materiale simile) il cui unico scopo è quello di fornire il supporto per i composti chimicamente reattivi che formano l’emulsione. L’emulsione è il materiale che reagisce in presenza della radiazione rendendo produzione dell’immagine. L’emulsione più comune è costituita da un alogenuro di argento in una sostanza gelatinosa che fa da legante e può essere applicata sia su entrambi i lati dello strato base sia su uno solo. Un ulteriore foglio trasparente protettivo può essere applicato sopra l’emulsione. L’alogenuro di argento è un composto granulare la cui dimensione dei grani ha una significativa influenza sulla risoluzione dei dettagli dell’immagine e anche sui tempi di esposizione. Quando viene esposto alla radiazione ogni singolo grano indipendentemente dagli altri subisce una reazione chimica: la radiazione assorbita gli cede l’energia necessaria per scindere il legame tra l’alogeno ed il metallo. Il deposito di argento che così si forma è tanto più denso quanto maggiore è l’intensità della radiazione. Durante lo sviluppo i grani

d’argento che non ha subito reazione viene riquelli non esposti rendendo così trasparente l’area della pellicola che occupavano. L’annerimento della pellicola è dunque direttamente dipendente dell’esposizione dei grani della pellicola. In Figura 59.16 è illustrata la curva densitometrica tipica di una pellicola radiografica. Questa curva sintetizza tutte le proprietà caratterizzanti della pellicola ovvero: la sensibilità (a), il contrasto fotografico (b), il velo (c), la densità limite o annerimento di saturazione (d) e la latitudine di posa (e). In ascisse è riportata l’esposizione, in ordinate l’annerimento o densità.

Si definisce Annerimento o Densità o Densità Ottica di una determinata zona della pellicola il logaritmo decimale dell’opacità ovvero del rapporto tra l’intensità della luce di entrata e quella della luce di uscita. Così a Densità 1 entra luce 10 ed esce luce 1 (corrispondente ad 1 Strato DeciValente), a Densità 2 entra luce 100 ed esce luce 1 (corrispondente ad 2SDV), a Densità 3 entra luce 1000 ed esce luce 1 (corrispondente ad 3SDV). Con riferimento alla curva densitometrica riportata in figura: Sensibilità (a) – Una pellicola è tanto più sensibile quanto più (a) è piccolo, cioè inizia ad annerire con poca

llalicola.

Figura 59.16 – Curva densitometrica tipica di una pellicola radiografica.

Per effettuare la misura degli annerimenti su di u pel a 59.

nalicola è possibile utilizzare i densitometri (Figur17.

Si può notare dalla figura che: Densità 0,2-0,3: corrisponde ad una trasparenza quasi

completa ovvero a zone di pellicola non esposta; Densità 1: corrisponde ad un annerimento che consente di vedere attraverso la pellicola stessa;

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 59 – MISURAZIONI, ANALISI, CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

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Densità 2: corrisponde ad un annerimento che consente di vedere ancora l’ombra di un oggetto interposto tra pellicola e negativoscopio; Densità 3 e oltre: corrisponde ad un nero profondo. Il campo utile offerto dalle pellicole radiografiche con i negativoscopi tradizionali ovvero le informazioni che la pellicola può dare sono comprese tra densità 0,2 e densità 3. Un buon quadro radiologico col massimo di informazioni si può ottenere in genere con densità intorno a 1,5.

Figura 59.17 – Densitometro tascabile.

La procedura di sviluppo dell’immagine radiografica è del tutto analoga a quella di una normale fotografia. Essa è composta di tre fasi (sviluppo, arresto e fissaggio) che si eseguono immergendo la pellicola nei corrispondenti bagni o soluzioni. L’operazione si conclude con l’asciugatura finale che può essere naturale oppure accelerata mediante flussi di aria calda. Analizzando le curve densitometriche delle pellicole è possibile valutare gli effetti di un non corretto sviluppo delle stesse. La Figura 59.18 mostra gli effetti di un sottosviluppo che conduce ad una radiografia grigia, piatta e senza contrasto. In Figura 59.19 sono illustrati invece gli effetti di un sovrasviluppo: la pellicola si presenta molto contrastata con forti bianchi e neri ed un intenso nero di fondo delle zone a diretta esposizione. In alcuni casi è necessario utilizzare un liquido di contrasto radio-opaco per consentire di visualizzare difetti che altrimenti non apparirebbero o risulterebbero poco distinguibili sull’immagine radiografica. Questi liquidi che vengono applicati sulla zona interessata all’ispezione poco prima di effettuare la radiografia devono avere un’elevata proprietà di penetrazione ovvero un’elevata tensione superficiale

ed una bassa viscosità così da poter penetrare per capillarità nelle fessure.

Figura 59.18 – Effetti del sottosviluppo.

Figura 59.19 – Effetti del sovrasviluppo.

59.5.2.3 Radioscopia La radioscopia, come accennato all’inizio di questo paragrafo, si differenzia dalla radiografia per la tipologia di rivelatore dell’immagine utilizzato. In luogo della pellicola radiografica, viene adottato uno schermo fluorescente a base di solfuro di zinco e cadmio che, sotto l’azione dei raggi X, si illumina di una luce giallo-verde ben visibile all’occhio umano. Il potere di evidenziazione della radioscopia è inferiore a quello della radiograf per la sec radioscopia è determinata dall’intensità della radiazione,

anche di diversi minuti. Perciò la luminosità o scopica convenzionale è

buio. Di contro la

roiezioni

iaché la prima è una rivelazione istantanea mentre onda è una rivelazione integrata nel tempo. La

mentre la radiografia dalla quantità o dose, ossia dal prodotto dell’intensità per il tempo di esposizione che può essere brillanza dell’immagine radiobassa e bisogna osservarla alradioscopia consente l’esame delle parti in moto come l’esame dinamico a variazione continua delle pdell’oggetto ed ha un costo d’esame minimo rispetto a quello della radiografia.

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Per eliminare gli inconvenienti della bassa luminosità della radioscopia tradizionale sono stati sviluppati gli Intensificatori di Brillanza (IB) con monitor televisivi

ri

ografia che fornisce un’immagine statica, piana bidimensionale.

59.5.3 Stereoradiografia L’evidenziazione tridimensionale, cioè l’evidenziazione spaziale o di profondità, può essere ottenuta anche mediante stereoradiografia, ovvero la realizzazione di due radiografie con due angolature differenti rispetto alla superficie della pellicola radiografica (Figura 59.20).

che consentono di lavorare alla luce normale e fattodi moltiplicazione dell’intensità luminosa da 3000 a 6000 (guadagno). L’esame dinamico in radioscopia televisiva con Intensificatori di Brillanza (IB-TV) con rotazione lenta del pezzo, consente una sorprendente visione spaziale e di profondità (percezione tridimensionale) a differenza della radi

Figura 59.20 – La stereo radiografia.

In questo modo, confrontando le due immagini e sfruttando il fenomeno della parallasse, ovvero quel

misura della parallasse attraverso semplici

difetti ed in particolare i difetti interni sono proiettati sulla pellicola in posizioni differenti in dipendenza del punto di osservazione.

fenomeno per cui un oggetto sembra spostarsi rispetto allo sfondo se si cambia punto di osservazione, è possibile calcolare a quale profondità si trova il difetto evidenziato dalle radiografie. Le due immagini radiografate possono essere impressionate su due pellicole diverse oppure, in taluni casi, sulla medesima pellicola. In questo caso si parla di stereoradiografia singola ed il calcolo della parallasse risulta più immediato. La profondità del difetto è ottenuta dalla

considerazioni trigonometriche. Come mostrato in Figura 59.21 le immagini dei

Figura 59.21 – Stereoradiografia: radiografie effettuate con esposizioni a 0° (a), +15° (b) e -15° (c).

59.5.4 Applicazioni e limitazioni La radiografia è una tecnica utilizzata essenzialmente nella ricerca di difetti interni. E’ applicabile a tutti i

a

b

c

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materiali che non risultino opachi alle radiazioni. Fra questi l’allumino e tutte le leghe leggere, le leghe ferrose, i materiali compositi, le ceramiche, i polimeri. Permette di rilevare anche difetti superficiali ed è possibile esaminare molte tipologie di manufatti (laminati, forgiati, trafilati, fusioni, getti, tubi, lavorati

che va ad interessare un’area sempre maggiore, rottura delle fibre in

rocricche nella matrice.

di macchina). La Figura 59.22 riprende l’evoluzione di un danno durante una prova a fatica per un laminato in composito. Un occhio esperto può riconoscere abbastanza facilmente alcune fra le tipiche modalità di cedimento: la delaminazione

corrispondenza del foro e mic

0 cicli 25000 cicli

50000 cicli 75000 cicli

100000 cicli 105000 cicli

o. Le radiografie

riprendono l’evoluzione del danno durante una prova a

ione che non gli echi degli ultrasuoni o le riprese termografiche, ma non può dare indicazioni sulla profondità del difetto rilevato se non n la stereo-radiografia. Generalmente è utilizzata per evidenziare solamente difetti di forma tridimensionale oppure bidimensionale ma orientati opportunamente. Pur utilizzando impianti con elevata energia di radiazione non è possibile con i raggi X esaminare spessori d’acciaio superiori ai 70mm. Le limitazioni della tecnica radiografica sono dunque legate allo spessore massimo ed alla complessità della geometria da analizzare, alla forma

iacitura dei difetti ed all’elevato costo degli impianti.

59.5.5 Principali vantaggi e svantaggi del metodo Vantaggi:

Figura 59.22 – Sequenza radiografica su pannello incomposito in corrispondenza di un for

fatica.

Fra gli svantaggi vi è la difficoltà di esaminare soddisfacentemente geometrie complesse nonché l’elevato livello nocivo delle radiazioni che obbliga sovente ad operare in locali opportunamente schermati e protetti riducendone notevolmente l’applicabilità soprattutto nelle procedure di manutenzione. La radiografia industriale è dunque proficua per l’esame di pezzi di geometria semplice, la cui proiezione dia luogo a sfondi relativamente omogenei nei quali ogni piccola variazione d’intensità d’annerimento è

facilmente osservabile ed interpretabile. Diventa una tecnica che richiede una grande esperienza quanto più complessa è la geometria dei pezzi. Essa ha il pregio di fornire immagini di più facile interpretaz

co

e g

• Elevata capacità di penetrazione; rileva, vuoti o

senze di materiali estranei fino a grandi profondità; • Applicabilità alla maggior parte dei materiali ivi

compresi i materiali compositi. Svantaggi:

pre

• Profondità difetto non determinabile (radiografia); • Problemi di sicurezza per il personale; • Impianti ingombranti.

59.6 Ultrasuoni l principio di funzionamento della tecnica di control o non distruttivo ad ultrasuoni è basato sul

propagazione di vibrazioni meccaniche ad alta frequenza. Esse hanno la proprietà di propagarsi bene nella maggior parte dei corpi solidi e di venire riflesse ogni qual volta incontrano una discontinuità sul loro cammino. Dall’analisi del segnale riflesso o propagatosi attraverso il corpo in esame è possibile trarre informazioni sulla struttura fisica del corpo stesso. L’apparecchiatura utilizzata allo scopo consiste sostanzialmente in un generatore di impulsi, un trasmettitore con sonda a cristallo piezoelettrico, che trasforma gli impulsi elettrici in oscillazioni meccaniche smorzate ad elevata frequenza (0.5-20MHz), un ricevitore, pure a cristallo, che nel sistema ad eco1, può essere lo stesso cristallo trasmittente, e un rilevatore generalmente con un tubo a raggi catodici (oscilloscopio). Ogni discontinuità nel materiale esaminato (anche in composizione) costituisce una sup i ma stacolo al passaggio

lla

erficie che riflette o attenua gli ultrasuoni. L’aria eteriali porosi costituiscono un o

1 Il sistema ad eco o per riflessione è insieme al sistema per trasparenza, una delle principali tecniche utilizzate nei CND ad US come verrà

ampliamente descritto nel seguito.

I

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delle onde ultrasonore di elevata frequenza. Per garantire una buona trasmissione, cioè un buon contatto tra cristallo e pezzo si interpone sempre un fluido come olio, grasso o acqua. Per il sistema ad eco, l’energia ultrasonora viene emessa dalla sonda ad impulsi, lasciando il tempo al fascio di percorrere il pezzo in esame e ritornare dopo le riflessioni allo

ell’energia ultrasonora può essere a treni d’onda

e nella tecnica ad eco o continua. Questo sistemaha un potere di penetrazione superiore (rispettquello ad eco) perché le onde ultrasonore percorrono una sola volta il cammino all’interno del pezzo e permette inoltre rilievi su spessori sottili. Per connon rivela la profondità dei difetti, ma solo la loro presenza e ampiezza. Il controllo ultrasonoro si applica a quasi tutti i metalli, plastiche dense e compattcompresa la gomma dura e i materialNumerose aziende leader nel settore delle costruzioni aeronautiche nonché i settori manutentivi delle più importanti compagnie aeree fanno largo uso degli US, soprattutto per i componenti in materiale compositoLe tecniche d’indagine più comunemente utilizzate sono le sonde ultrasonore a contatto, mediante interposizione di un fluido d’accoppiamenttipicame o da vasellina ioquesta tipologia di controlli è quello di essere facilmente eseguibile e di consentire una verifica immediata, in quanto si effettua direttamente in loco, senza la necessità di smontare il pezzo. Sebbene i controlli non distruttivi sui materiali compositi presentino grandi difficoltà d’interpretazione, a causa della non omogeneità degli stessi, negli ultimi anni si sono compiuti notevoli progressi. Oggi sono disponibili numerose apparecchiature portatili, che offrono mediata della n la possibilità di una stampa diretta dei risultati, oppure del er perIn aeronautico l'esame ultrasonoro risulta

l fatto che risulta oneroso realizzare la scansione di pezzi

pia rvatura. In tal caso è necessario disporre di una

ne a sei gradi di libertà, in cui i motori di effettuare rotazioni, oltre che traslazioni.

e onde ultrasonore sono originate da moti oscillatori elle molecole del mezzo in cui si propagano (solido,

), generando fronti d'onda di particelle in fase. la

gamente alle onde luminose, quelle ultrasonore sono soggette a riflessione e rifrazione

razione di due mezzi con differente

sonda, come mostrato nella Figura 59.24.

stesso cristallo nella pausa tra un impulso e un altro. L’altezza della risposta ultrasonora in corrispondenza del difetto è un indice della sua ampiezza, mentre la sua posizione nel dominio del tempo definisce la profondità. Il sistema a trasmissione (trasparenza), a differenza di quello ad eco, usa due cristalli: uno per la trasmissione e uno per la ricezione. La trasmissionedcom

o a par

tro Per quanto riguarda i laminati piani, invece, non sussistono particolari problemi.

e i compositi.

. I parametri fisici che caratterizzano tali moti sono velocità di

o, nte costituit . Il vantagg di s

un’analisi im difettologia, co

trasferimento dei dati su di un personal comput una successiva elaborazione. ambito

essere il metodo di controllo non distruttivo in cui maggiore è la ricerca di nuove soluzioni applicative, sia sulle leghe tradizionali che sui materiali compositi. Infatti, proprio per le caratteristiche fisiche e le proprietà delle onde ultrasonore, è possibile effettuare la ricerca di difetti su differenti materiali e su superfici anche molto complesse, al fine di evidenziare delaminazioni, incrinature superficiali, inclusioni, difetti sub-superficiali, etc.

Per il controllo di strutture alari, carenature ed impennaggi realizzati in composito a nido d'ape, l'estensione e la curvatura delle superfici richiedono l'impiego di particolari tecniche di ispezione a "colonna d'acqua" comunemente denominate "squirter". Nel caso del controllo ad ultrasuoni di particolari complessi dei motori di aereo, la tecnologia più diffusa è quella ad immersione, dove il mezzo di accoppiamento tra il trasduttore ed il componente in esame è l'acqua. A tale scopo devono essere adottati dei sistemi ad immersione particolarmente sofisticati, il cui impiego richiede l'utilizzo di un computer sia per la movimentazione della sonda che per l'elaborazione dei segnali. La tecnica di indagine ultrasonora ad immersione presenta il vantaggio di essere completamente automatizzata. Lo svantaggio deriva da

ticolarmente complessi, dotati di semplice o dopcumovimentazioconsentano

59.6.1 Propagazione delle onde ultrasonore Ldliquido, gas

frequenza, la lunghezza d'onda, lapropagazione, l'impedenza acustica, l'intensità e la pressione acustica. Analo

ulla superficie di sepaimpedenza acustica, mentre all'interno del materiale subiscono fenomeni di diffrazione e diffusione. La propagazione delle onde ultrasonore dipende sia dal mezzo in cui essa avviene sia dal modo in cui l’onda è generata. All’interno dei solidi, dotati di reticolo cristallino, la propagazione può avvenire tramite onde longitudinali, trasversali, superficiali e di Lamb. Nei liquidi e nei gas, privi del reticolo cristallino, avviene solo attraverso onde longitudinali.

59.6.1.1 Onde longitudinali Le onde longitudinali, dette anche onde di compressione, sono caratterizzate da fasi alterne di compressione ed espansione delle particelle del mezzo, come indicato nella Figura 59.23. Come si può notare, lo spostamento delle particelle, rispetto alla loro posizione di riposo, avviene nello stesso verso della propagazione del fascio ultrasonoro. La distanza tra due massimi di spostamento consecutivi rappresenta la lunghezza d’onda λ. In tali onde la direzione di vibrazione coincide con quella di propagazione ed è perpendicolare al piano emittente della

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Figura 59.23 – Compressione ed espansione delle particelle in onde longitudinali.

Figura 59.24 – Onde Longitudinali.

La velocità di propagazione delle onde longitudinali è:

( )( ) ( )ννρ

ν⋅−⋅+⋅

−⋅=

2111EVL

La propagazione dipende dunque dal Modulo

o,

di elasticità, dal coefficiente di Poisson e dalla densità del mezzo.

59.6.1.2 Onde trasversali Nel caso di onde trasversali, dette anche onde di taglilo spostamento delle particelle nella materia è normale al senso di propagazione del fascio ultrasonoro, come mostrato in Figura 59.25.

Figura 59.25 – Spostamento delle particelle in onde longitudinali.

La distanza tra due massimi di spostamento consecutivi rappresenta la lunghezza d’onda λ del fascio US. La direzione dell’oscillazione delle particelle, sottoposte a sollecitazione di taglio, è perpendicolare alla direzione di propagazione (Figura 59.26). Tali onde si propagano solo nei solidi, poiché nei liquidi e nei gas sono molto attenuate, dato che in tali mezzi le sollecitazioni tangenziali si sviluppano solo grazie alla viscosità. La velocità delle onde trasversali è:

( )νρ +⋅⋅=

2EVT 1

Figura 59.26 - Onde Trasversali.

59.6.1.3 Onde superficiali Sono dette anche onde di Rayleigh ed hanno la caratteristica di propagarsi solo nello strato superficiale dei solidi, seguendo il profilo del pezzo, sempre che non vi siano brusche variazioni di forma. Nelle onde superficiali la direzione di vibrazione delle molecole è perpendicolare alla superficie del pezzo.

Figura 59.27 - Onde superficiali.

Per le onde superficiali la velocità di propagazione è data dalla seguente formula:

( )νρνν

+⋅⋅⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

−⋅+

=121

12.187.0 EVS

59.6.1.4 Onde di Lamb Nei materiali di piccolo spessore si possono generare onde, denominate onde di Lamb, che interessano tutta la sezione del pezzo. Anche se per un dato spessore si hanno infiniti modi di vibrare, esistono solo due forme fondamentali di onde di Lamb: l’onda di compressione simmetrica e l’onda di flessione asimmetrica (Figura 59.28). L’ottenimento delle suddette forme, per un dato spessore del pezzo e per una data frequenza degli

o di rifrazione del fascio

e. Precisamente dipende dall’impedenza acustica dei materiali. Questo

ultrasuoni, si ha variando l’angolgenerato.

59.6.1.5 Riflessione e trasmissione del fascio ultrasonoro

Quando il fascio ultrasonoro incontra la superficie limite di un mezzo, ad esempio la parete di fondo o la superficie di una discontinuità, viene riflesso. Il comportamento del fascio ultrasonoro è analogo a quello di un fascio luminoso che si riflette in uno specchio. La quantità di energia riflessa dall’ostacolo è funzione della qualità dei due mezzi: quello in cui si propaga il fascio e quello della discontinuità che determina la riflession

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parametro, che caratterizza la resistenza al passaggio degli ultrasuoni, è definito dalla relazione VZ ·ρ= .

Figura 59.28 - Onde di Lamb.

In Tabella 59.5 sono riportate le proprietà di alcuni imaterial . Tra queste anche l’im

funzione della velocità di propedenza acustica

pagazione longitudinale. La parte di energia incidente (I) che viene riflessa dalla discontinuità, risulta eguale al prodotto ( Ir· ), dove r è il coefficiente di riflessione dato dalla relazione:

2

21

21⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+−

=ZZZZ

r

in cui Z1 e Z2 sono le impedenze acustiche dei due mezzi.

Figura 59.29 - Coefficiente di riflessione in funzione del rapporto Z1/Z2.

La restante parte ( It· ) viene trasmessa nel secondo mezzo. Il coefficiente di trasmissione t è dato dalla relazione:

( )221

21··4ZZZZt

+=

E’ evidente che r tende a zero se il rapporto (Z1/Z2 ) tende ad un apporto tende ad inf ergetico, deve risultare:

o, mentre r tende ad uno se tale rinito. Inoltre, da un bilancio en

1=+ tr .

Tabella 59.5 - Impedenze acustiche dei principali mezzi di propagazione.

Materiale Vel. Longit. - VL [105cm/s]

Densità [g/cm3]

Impedenza Acustica – Z [105g/cm2/s]

MATERIALI METALLICI

Acciaio 5,85 7,80 45,63

Alluminio 6,25 2,70 16,88

Argento 3,60 10,50 37,80

Cadmio 2,78 8,64 24,02

Ghisa 3,50 - 5,60 7,30 25,0 - 40,0

Oro 3,24 19,32 62,60

8,90 48,95

11,37 27,29

Rame 4,60 8,93 41,08

Mercurio (20°C) 1,45 13,550 19,65

Stagno 3,32 7,29 24,

Zinco 4,17 7,10 29,61

Bronzo 8,86 3,53 31,28

2,18 21,36

Nichel 5,50

Ottone 4,45 8,55 38,05

Piombo 2,40

20

Bismuto 9,80

Magnesio 1,70 5,77 9,81

Molibdeno 10,09 6,29 63,47

Platino 21,40 3,96 84,74

Titanio 4,54 6,10 27,69

FLUIDI DI ACCOPPIAMENTO ACUSTICO

Acqua (15°C) 1,48 ≈ 1,48

Acqua (20°C) 1,32 ≈ 1,32

Aria 0,33 0,0012 0,0004

Glicerina (20°C) 1,92 1,26 2,42

LI NON METALLICI

Petrolio (15°C) 1,33 0,70 0,93

MATERIA

Gomma 1,20 2,30 2,76

Plexiglas 1,80 2,73 4,91

Polistirolo 1,60 2,35 3,76

Porcellana 2,40 5,60 13,44

Quarzo 2,60 5,57 14,48

Resina Epox 1,10 2,40 2,64

Teflon 2,20 1,35 2,97

Vetro 3,60 4,26 15,34

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A titolo esemplificativo sono di seguito riportati i valori del coefficiente di riflessione r, in corrispondenza della superficie di separazione fra due mezzi tipici: acqua-alluminio r = 0.67; acqua-acciaio r = 0.87; alluminio- aria r = 1. Si può notare che con il metodo di controllo ad eco-riflessione i difetti nel ferro e nell’alluminio dovuti a discontinuità contenenti aria sono facilmente rilevabili dato il coefficiente di riflessione uguale a 1.

59.6.1.6 Rifrazione del fascio ultrasonoro Quando un fascio ultrasonoro incide con un angolo diverso da zero sulla superficie di separazione di due mezzi, si ha la rifrazione della parte di fascio che si trasmette nel secondo mezzo. La legge di Snell, valida anche in ottica, permette di determinare la direzione del fascio nel secondo mezzo. Nell’incidenza obliqua il fascio esercita nel punto di incidenza una pressione F che può essere scomposta inuna c FN, responsabile della gen nali e in una componente

omponente normale

erazione di onde longituditangenziale FH che determina la propagazione di onde trasversali. Pertanto si hanno onde longitudinali e trasversali riflesse nel primo mezzo e onde longitudinali e trasversali trasmesse nel secondo mezzo. Gli angoli che le singole onde formano con la normale,

eterminano mediante la legge di Snell: si d

TLTL VVVV 2

2

2

2

1

1

1

1 ''sin'sin''sin'sin θθθθ===

Il primo pedice di V si riferisce al mezzo ed il secondo al tipo di onda. Il pedice di θ indica il mezzo. L’apice singolo indica l’angolo tra la normale alla superficie di separazione e la direzione del fascio longitudinale, mentre l’apice doppio indica l’angolo con la direzione trasversale del fascio. In tal caso si hanno onde longitudinali e trasversali riflesse nel primo mezzo (RL e RT) e trasmesse nel secondo (TL e TT), come mostrato in Figura 59.30. Al variare dell’angolo θ1 si possono avere onde longitudinali o trasversali nel mezzo 2. Si definiscono due importanti angoli:

• 1° angolo critico ( critico°1,1ϑ )

denza θ1 io di rifra

= E’ il valore

inci n corrispondenza del quale l’angol zione delle onde

• 2° angolo critico (

dell’angolo d’

longitudinali 2ϑ vale 90°. '

critico°2,1ϑ )

cidenza θ1

rifrazione d

= E’ il valore

dell’angolo d’in in corrispondenza del

quale l’angolo di elle onde trasversali ''

2ϑ vale 90°.

Figura 59.30 - Rifraz fascio US denza mip olo critic

I è i ata la si e per c golo θ1 fra i due angocond i utilizz nde ate.

ioneo.

per inci nore del rimo ang

n Figura 59.31è co reso

llustr tuazion ui l’anmp

izione dli critici. Quangol

esta è la o delle so

Figura 59.31 za compresa fra i due ango

In ta ione si trasmissione nel secondo mezzo del e tras li TT, co tando un le sem azione dell’oscillogramma di risp presen ntempora dei due TT e TL, locità d pagazion direzio erse, ge le diff nella let ei dati. Quan ngolo d enza θ uale al 2° angolo critico, si ha la propagazione condo m elle sole

- Rifrazione fascio US per incidenli critici.

le condiz ha lale sole ondplificazione nell’interpret

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 59 – MISURAZIONI, ANALISI, CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

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onde superficiali, mentre per angoli d’incidenza superiori si ha la totale riflessione del fascio (Figura 59.32).

Figura 59.32 - Rifrazione fascio US per incidenza superiore al secondo angolo critico.

59.6.2 Attenuazione degli ultrasuoni nel composito

Il fenomeno dell’attenuazione delle onde US è legato all’eterogeneità dei materiali ed è di notevole importanza per lo studio e l’analisi di segnali US nei materiali compositi. L’eterogeneità, dovuta principalmente alla natura del materiale, è legata anche alla presenza dei seguenti difetti: • Vuoti e porosità diffuse • Sacche di gas • Microcricche • Delaminazioni • Inclusione di corpi estranei Tali difettologie danno origine ad attenuazione del fascio US, la quale è sfruttata nei controlli non distruttivi ad ultrasuoni con tecnica in trasmissione

roprio per rilevare la presenza dei difetti sopra citati. ’attenuazione del fascio US può essere ricondotta a

el fascio lungo l’asse di

confrontabili con la lunghezza

relazione notevole attenuazione

del fascio US, ma non ne sono l’unica causa.

pLdue fenomeni principali: l’Assorbimento e la Diffusione. In generale l’assorbimento è dovuto allo smorzamento del movimento molecolare ed alla successiva trasformazione dello stesso in calore. La diffusione è legata alle caratteristiche fisiche del materiale, in particolare alla più o meno marcata eterogeneità, ed agisce disperdendo il fascio US in più direzioni generando attenuazioni dpropagazione. Quando un mezzo è formato da più componenti che presentano dimensioni d’onda del fascio US, l’energia delle onde di propagazione, incontrando una disomogeneità, viene dispersa in tutte le direzioni, riducendosi sempre di più lungo il cammino, prima di essere captata dalla sonda ricevente. Nei materiali compositi le fibre, inal loro diametro, sono fonte di

Per misurare l’attenuazione si utilizza una scala in decibel (dB), definita dalla seguente relazione:

⎟⎟⎜⎜⋅= 1log20I

dB ⎠

2

I

in cui I1 e I2 rappresentano le intensità del segnale rispettivamente prima e dopo l’attenuazione. Nel caso di utilizzo degli ultrasuoni per le indagini sui materiali compositi, occorre evidenziare una relazione molto importante, che lega l’attenuazione alla frequenza del fascio US. Questa relazione verrà scritta sia per l’assorbimento che per la diffusione. Nell’assorbimento la dipendenza tra i due parametri è legata alla velocità di oscillazione, crescente con la frequenza. Nella diffusione, al crescere della frequenza, aumenta l’interazione del fascio US sia con i fasci di fibre sia con le lamine del laminato, generando una dispersione del fascio stesso.

59.6.2.1 Assorbimento E’ un fenomeno legato alle caratteristiche termoelastiche e di isteresi del mezzo in cui avviene la propagazione. La viscosità e la conduzione del calore possono produrre effetti negativi sulla trasmissione dell’energia, po hé leg do un’ un mezzo, le particelle tendono a

lli, le materie plastiche omogenee ed i fluidi di accoppiamento), il fenomeno di attenuazione è governato da una legge esponenziale del tipo:

dove: Ix è l’intensità alla distanza x;

I0 è l’intensità iniziale; K è il coefficiente di assorbimento. Dal parametro K, direttamente proporzionale al quadrato della frequenza e inversamente proporzionale alla densità del mezzo e al cubo della velocità di propagazione. An , i m ossono apparire come omogenei,

icate al movimento delle particelle nel materiale. Quanonda si propaga in

scorrere relativamente tra di loro ma il movimento è ostacolato dalla viscosità, che porta alla trasformazione di parte dell’energia associata alle particelle in calore. Per materiali omogenei ed isotropi (quali i meta

xKX eII ·

0 · −=

che se, per particolari frequenze del fascio (2÷10 Mhz)ateriali compositi p

essi comunque conservano un modello di assorbimento diverso, esprimibile attraverso un coefficiente di assorbimento per materiali anisotropi che assume la seguente espressione:

( )⎟⎟⎠

⎜⎜⎝ +

++=P

a CcK

ηληχ

ρ·

22·

2 200

⎞⎛ − iaf αλλπ ·2 2

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dove: f è la frequenza del trasduttore; c è la velocità di propagazione nel materiale quando la frequenza tende a zero; χ è la velocità di propagazione per onde di compressione; η è la velocità di propagazione per onde di trasversali; λa e λi sono le costanti adiabatiche ed isoterma di Lamé; CP è il calore specifico a pressione costante; α è il coefficiente di conducibilità termica.

59.Il f anche “scattering”,

one si verifica per la differe

6.2.2 Diffusione o scattering enomeno della diffusione, detto

è legato alle dimensioni dei difetti ed alla velocità del fascio US, la quale dipende a sua volta dalla frequenza dello stesso. La diffusi nza di impedenza acustica tra i due mezzi, in prossimità dell’interfaccia tra difetto e materiale

Figura 59.33 – Il fenomeno della diffusione.

Se le dimensioni dei difetti sono rilevanti, la diffusione è legata al fenomeno di rifrazione, poiché gran parte del fascio, che incide sulla superficie della disomogeneità, viene riflessa. Per dimensioni

positi con diametro delle fibre

a diffuso una sola volta nel percorso interno al provino, considerando le inclusioni elastiche ed isotrope con distribuzione casuale nel materiale. La velocità di propagazi e ed il valore di attenuazione K possono essere espressi ancora in forma

ne ed il

valore di K. Nello

CND con US per la produzione

trine di materiale ceramico, tipo tanato di bario e zirconato di piombo, opportunamente

pre-polarizzate con una tensione continua e sottoposte poi ad un campo elettrico, si comportano analogamente ai

i piezoelettrici: vibrano meccanicamente con frequenza dallo spessore della pi nto, dovuto alla

con un campo elettrico sterno r il similare

nella

ultrasonora possono essere di vario po e vengono classificate in base a vari criteri.

La prima distinzione riguarda il tipo di impiego. Si hanno così sonde a contatto e sonde per immersioneseconda distinzione è in funzione dell’angolo di emissione, ovvero dell’inclinazione del cristallo emettitore

comparabili alla lunghezza d’onda US, occorre considerare anche il fenomeno della diffrazione. La presenza di discontinuità può essere sia occasionale, come per le porosità (in tal caso si ha una superficie di separazione tra materiale e sacca di gas), sia insita nel materiale, come avviene nei materiali compositi in cui esistono numerose superfici di separazione tra matrice e fibra. I materiali comattorno ai 10 μm, nonostante la presenza delle due fasi matrice e fibra, tendono a comportarsi come materiali omogenei per gli ultrasuoni quando la frequenza di questi è inferiore ai 15 Mhz, con velocità di propagazione nel composito intorno ai 3000 m/s. Si possono distinguere due tipologie di scattering: singolo e multiplo.

Lo scattering singolo è valido per piccoli volumi di porosità e comporta che il fascio US si

on

analitica. La misura dell’energia riflessa permette di determinare la dimensione, l’estensioposizionamento nello spessore del difetto. Nello scattering multiplo il volume delle porosità è più elevato. Il fascio US può essere diffuso più volte durante l’attraversamento del provino. In questo caso non si riesce a fornire una forma analitica per ilscattering multiplo non è più possibile determinare dimensione, estensione e posizione delle discontinuità, mentre si riesce solo ad evidenziare la presenza o meno di discontinuità, fornendo quindi una misura solo qualitativa.

59.6.3 Generazione delle onde US Il fenomeno utilizzato neidell’energia ultrasonora è principalmente quello piezoelettrico. In alcuni cristalli la compressione o la trazione in un’opportuna direzione rispetto agli assi cristallografici, fa sorgere delle cariche elettriche sulle facce compresse del cristallo stesso. L’energia meccanica comunicata al cristallo attraverso l’azione di deformazione, viene in parte trasformata in energia elettrica e determina l’apparizione di cariche elettriche. Il fenomeno è reversibile: applicando alle due facce del cristallo una tensione si produce una deformazione del cristallo con conseguente trasformazione di energia elettrica in energia meccanica. Il cristallo eccitato vibra meccanicamente con frequenza dipendente da suo spessore. Alcune piasti

cristallpropria dipendente dalla qualità e

astrina. Questo comportamepresenza di cariche orientabili e viene chiamato ferroelettricità pecomportamento dei materiali ferromagnetici sottoposti ad un campo magnetico. Le piastrine ferroelettriche sono molto più economiche e facilmente lavorabili dei cristalli di quarzo e vengono comunemente impiegate realizzazione di sonde ultrasonore per frequenze inferiori ai 10 MHz. Per frequenze superiori si utilizza generalmente il cristallo di quarzo.

59.6.3.1 Sonde ultrasonore Le sonde per indagine ti

. Una

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rispetto alla superficie del provino da ispezionare. Si disting è parallelovolta ssonde stiche, sono utilizzapropag ngitudinale. Un’ulteriore classifdell’ememesso hanno le sonde piane, in cui il fascio le so lizzate, in cui il cristallo è opport conver

uono le sonde diritte, in cui il cristallo a tale superficie, e le sonde angolate, a loro

uddivise in sonde ad angolo fisso o variabile. Le diritte, date le loro caratteri

te per generare e rilevare onde ultrasonore con azione loicazione tiene conto della costruzione ettitore, ovvero della forma del fascio US dalla sonda. Si US è pressoché cilindrico per un certo tratto, e nde focaunamente conformato in modo da far

co. gere il fascio in punto ben preciso detto fuo

Figura 59.34 – Esempio di sonda piana blindata ad ultrasuoni per immersione.

Nelle sonde focalizzate l’emettitore deve essere caratterizzato da una certa curvatura, in modo da ottenere un fascio US concentrato su di un volume limitato (macchia focale) ad una distanza fissata. Tali sonde possono essere costruite in due modi: a lente sferica con focalizzazione su di un punto e a lentecili linea. Nelle sonde piane, invece, l’emettitore ha una superficie

ndrica con focalizzazione su di una

piana. In tal caso la propagazione del fascio è scomponibile in due campi: campo prossimo (zona di Fresnel), con propagazione cilindrica fino alla distanza focale , e campo lontano (zona di Fraunofer), con propagazione troncoconica divergente oltre tale distanza.

Figura 59.35 – Geometria di propagazione degli ultrasuoni nel caso di sonda piana.

La distanza focale N vale:

λ·4

2dN =

in cui d è il diametro del trasduttore e λ la lunghezza d’onda del fascio.

59.6.4 Tecniche d’esame Le tecniche di controllo, utilizzanti sonde ultrasonore con frequenza di vibrazione fissa, sono fondamentalmente due: per riflessione e per trasparenza . Esiste poi un altro metodo che sfrutta la risonanza del cristallo.

59.6.4.1 Tecnica per riflessione La tecnica per riflessione o metodo dell’impulso-eco si basa sulla proprietà del fascio ultrasonoro di essere riflesso ogni qualvolta incontra una discontinuità nel materiale in cui si propaga. Allo scopo si utilizzano sondediritte od angolate emittenti–riceventi,

sonde doppie o due

sonde posizionate in modo tale che l’una possa ricevere l’eventuale riflessione del fascio ultrasonoro generato dall’altra. Questa tecnica di controllo consente, oltre ad una rilevazione selettiva dei difetti, la localizzazione degli stessi nel pezzo: la posizione nell’oscillogramma dell’eco permette una precisa determinazione della profondità del difetto. L’ampiezza e la forma dell’eco consentono invece la valutazione del tipo e delle dimensioni del difetto segnalato.

Figura 59.36 – Tecnica pulse-echo.

Se si usa una sonda emittente-ricevente, allora ne segue che questa non potrà ricevere il segnale riflesso dal provino fino a che non sarà terminata la trasmissione del segnale; pertanto ci sarà un certo intervallo di tempo prima che la sonda passi all’ispezione del punto successivo. Tale intervallo di tempo sarà dipendente anche

provino e dalla velocità di

o, danno

dalla distanza della sonda dal propagazione del segnale nel mezzo. Le due superfici di discontinuità principali, quelle tra fluido e pezzorigine ad un eco frontale (front echo) ed a uno di fondo (back echo) che rappresentano per tale caratteristica il limite superiore ed inferiore entro i quali andare ricercare i difetti. Quindi se ci sono difetti nel materiale ispezionato,

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si avranno tra questi due echi limite, ulteriori echi intermedi. Esistono due parametri fondamentali per definire i tempi e le distanze d’ispezione: • Il ritmo di ripetizione: rappresenta il numero di

impulsi nell’unità di tempo. La scelta del ritmo delle ripetizioni va effettuata in base a due fattori: il tempo che intercorre tra l’inizio emissione e fine ricezione, e il tempo necessario ad evitare il disturbo di echi multipli dell’impulso precedente;

• a zona morta: è la porzione del fascio US adiacente alla superficie di emissione del trasduttore, in cui la presenza di eventual

L

imperfezioni non può essere rilevata, poiché la sonda non può ricevere fino al termine della trasmissione. L’estensione della zona morta dipende dalla velocità di propagazione nel mezzo e dalla durata dell’impulso. Siccome il fascio US effettua lo stesso percorso due volte, l’entità della zona morta (espressa in termini di spessore) è data dalla seguente relazione, in cui V è la velocità di propagazione nel mezzo del fascio US e T la durata dell’impulso:

i

2lle misure di spessore co

·TVs =

Ne n sonda singola si sfrutta il

llo ultrasonoro effettuato in trasparenza vengono utilizzate due sonde distinte, l’una che trasmette il fascio ultrasonoro, l’altra che lo riceve. La presenza di un difetto è segnalata da una diminuzione dell’energia ultrasonora che interessa la sonda ricevente. La tecnica per trasparenza esige un accoppiamento costante delle sonde, non solo ultrasonoro ma anche meccanico (è importante mantenere le due sonde sull’asse ultrasonoro). Infatti variazioni di accoppiamento provocano variazioni di energia ultrasonora trasmessa da una sonda all’altra analogamente alla presenza di difetti nella sezione di materiale interessato dal fascio ultrasonoro. La determinazione dei difetti con la tecnica petra a tec sono più facilmente

i anche di minima entità che non piccole variazioni di intensità del segnale ricevuto. Questa tecnica pertanto può essere efficacemente utilizzata solo con controlli in immersione. Inoltre non è

fenomeno degli echi multipli per ridurre il margine di errore dovuto alla misura del tempo tra i due echi. In funzione del tipo di controllo che si deve effettuare, è possibile operare con più sonde. Nel caso in cui si utilizzino due sonde diritte e affiancate, in cui la prima funziona da emettitore e la seconda da ricevitore, è possibile, ad esempio, evidenziare i difetti sotto pelle eliminando la zona morta. E’ possibile anche sfruttare due sonde angolate, poste sullo stesso lato del pezzo, al fine di evidenziare difetti sovrapposti, oppure con superficie di discontinuità normale alla superficie del provino.

59.6.4.2 Tecnica per trasparenza Nel contro

r sparenza è meno sensibile e selettiva rispetto allnica per riflessione, in quanto

rilevabili echi di riflession

possibile v tare la profondità dei difetti nella sezione del pezzo controllato.

alu

Figura 59.37 – Tecnica per trasparenza.

Rispetto a quella per riflessione, la tecnica per trasparenza presenta il vantaggio di dimezzare il percorso nel materiale del fascio ultrasonoro e di essere applicabile anche su spessori minimi, al limite tendenti a zero. Dovendo attraversare il corpo in esame una volta sola, il fascio US presenta una maggior penetrazione nel materiale. Ciò che rende la tecnica per trasparenza applicabile efficacemente a materiali ad alta attenuazione nonché oggetti di spessore elevato. Le applicazioni più interessanti di questa tecnica sono: controlli di materiali con notevole coefficiente di assorbimento ultrasonoro (refrattari, materie plastiche, legno, ecc.), controllo dell’aderenza fra due superfici calettate a caldo o saldate con apporto di materiale diverso dal metallo base e rilevazione di variazioni di struttura nel materiale che determinano diversità di assorbimento del fascio ultrasonoro.

59.6.5 Accoppiamento ultrasonoro Gli ultrasuoni vengono fortemente attenuati dall’aria e dai gas in genere, pertanto occorre sempre interporre un mezzo di accoppiamento fluido tra la sonda ed il pezz , realizzando così l’accoppiamento ultrasonoro. Il mezzo flu da acqua, comune o

o

ido è normalmente costituitoemulsionata, soluzioni acquose di carbossimetilcellulosa (che ha il vantaggio di non ungere il pezzo e di evitare l’ossidazione delle superfici), nafta ed olii minerali, fluidi al silicone (per l’impiego ad alte temperature). Finché il mezzo di accoppiamento mantiene spessori inferiori ad un quarto della lunghezza d’onda degli ultrasuoni trasmessi, nessuna sensibile perturbazione viene apportata alla propagazione degli ultrasuoni. Ciò avviene normalmente in tutti i controlli manuali effettuati su superfici sufficientemente lisce. Quando lo spessore del mezzo d’accoppiamento è maggiore della lunghezza d’onda del fascio, si verificano numerose riflessioni nello spessore d’accoppiamento, con conseguente diminuzione dell’energia trasmessa e con aumento considerevole della

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zona morta. Tale situazione si può verificare in controlli con sonda a contatto di superfici molto

.

59.6.6 Tecniche di accoppiamento

per la movimentazione della sonda. In vasca non pone

corrose. Gli inconvenienti da essa derivanti devono essere ovviati con una adeguata preparazione delle

perfici insu esame: il tempo impiegato in questa fase viene largamente recuperato nel corso del controllo, in quanto lo stesso diventa più rapido e preciso. La scelta del fluido di accoppiamento dipende da molti fattori, alcuni riguardanti il solo fluido, altri caratteristici dell’interazione fluido – pezzo e fluido – impianto. Di fondamentale importanza è l’influenza che il fluido ha sull’impedenza delle superfici di separazione che il segnale US incontra sul suo cammino. Nella tecnica per trasmissione vi è la necessità di un accoppiamento che massimizzi l’energia trasmessa, ottenendo così una maggiore penetrazione del fascio ed una migliore definizione del difetto. Differentemente nella tecnica per riflessione l’accoppiamento tra fluido e pezzo esige un compromesso tra la necessità di trasmettere al provino sufficiente energia, con buon eco frontale e sufficiente eco di fondo, e di ottenere una sufficiente definizione della parte di segnale acquisito che interessa il provino

Al fine di ottenere una corretta interposizione del fluido d’accoppiamento tra sonda e provino, si possono utilizzare più tecniche.

59.6.6.1 Immersione completa in vasca Il pezzo da controllare e la sonda sono completamente immersi nel fluido. L’accoppiamento ha quindi caratteristiche costanti su tutto il pezzo. E’ possibile controllare in maniera ottimale le caratteristiche del fluido (temperatura, bolle, impurità), nonché la distanza tra sonda e pezzo. Non vi sono, infatti, particolari limitazioni per la scansione, almeno fino al raggiungimento delle dimensioni massime in vasca previste generale l’immersione completa inlimitazioni neanche alla forma del pezzo, a patto di disporre di un sistema di movimentazione degli assi dotato di sei gradi di libertà. Nel controllo per riflessione, il passaggio del fascio ultrasonoro dal liquido d’accoppiamento al pezzo da controllare, genera delle riflessioni che si presentano nell’oscillogramma ad intervalli costanti (echi multipli). Pertanto occorre regolare, in fase di posizionamento, la distanza fra sonda e pezzo in modo che la riflessione del fondo del pezzo si presenti nell’oscillogramma interamente alle prime due riflessioni multiple menzionate. Eventuali echi di difetto si presenteranno fra la prima riflessione dell’acqua e la riflessione del fondo del pezzo. Nel controllo in trasparenza sullo schermo figura solamente la cuspide di ricezione, in posizione

proporzionale al tempo di trasmissione da una sonda all’altra del fascio ultrasonoro il quale attraversa lo spessore del pezzo e i due spessori di liquido d’accoppiamento.

Figura 59.38 – Tecnica di controllo ad immersione completa.

Figura 59.39 – Impianto CND ultrasonoro per immersione in dotazione ai Laboratori Scientifici del Dipartimento del Politecnico di Milano.

59.6.6.2 Tecnica degli squirter nalisi ad US in E’ una tecnica utilizzata per le a

trasmissione su provini piani. Per l’accoppiamento si usano due colonne di fluido contrapposte e dirette sul punto in cui si intende effettuare l’indagine, generate da ugelli dai quali fuoriesce il fluido in pressione. A tal proposito è necessario un impianto idraulico che fornisca portata e pressione sufficiente, con notevole aumento del costo totale. Il dimensionamento dell’impianto idraulico presenta notevoli problemi nella progettazione degli ugelli, che devono garantire un flusso laminare con caratteristiche adeguate. Si devono evitare anche formazioni di bolle nel fluido dovute alla cavitazione, nonché la variazione di temperatura del fluido stesso. Per ottenere l’ortogonalità tra getto e provino sono necessarie pressioni elevate, le quali possono generare notevoli vibrazioni in provini di piccolo spessore, disturbando l’esecuzione della prova.

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59.6.6.3 Tecnica del pattino piano Essa utilizza un pattino che guida il fluido per accoppiare in modo adeguato sonda e provino. Viene impiegata nelle analisi con tecnica pulse-echo per provini di grandi dimensioni. La progettazione del pattino richiede particolare attenzione, in quanto deve garantire il bilancio tra la portata entrante e la portata

re la forma del pezzo da esaminare,

in uscita. Questa tecnica prevede inoltre pressioni limitate, evitando così l’insorgere di fenomeni vibratori del provino. La forma del pattino deve essere tale da copiapertanto si tratta di forme regolari come quelle piane o cilindriche.

Figura 59.40 – Tecnica di controllo squirter.

59.6.7 Criteri di scelta delle sonde US relativi ai materiali compositi

Un criterio generale consiste nel selezionare la frequenza della sonda stessa: • Frequenza 10MHz – Viene utilizzata per controlli

su provini con spessori compresi tra 1.5 e 5 mm. Inoltre può essere sfruttata per una classificazione dei materiali in base al grado di assorbimento e di diffusione dell’energia ultrasonora. Possono essere

ci, fusioni di grosso spessore, materie plastiche e ceramiche.

• Frequenza 0.5 MHz – E’ utilizzata per controlli su materiali refrattari, ghisa e fusioni in acciaio austenitico.

Per quanto riguarda la scelta delle sonde per indagini nei materiali compositi, essa è influenzata dai seguenti fattori: • Attenuazione degli US in funzione della frequenza e

dello spessore del laminato – L’attenuazione aumenta al crescere della frequenza. Pertanto i valori entro cui si opera per i controlli non distruttivi sono compresi tra 1 e 10 MHz. All’interno di questa gamma di frequenze, la scelta è condizionata dallo spessore del

si hanno minori problemi legati all’attenuazione. Il diametro del trasduttore e la geometria della sonda influiscono sull’intensità del fascio US. Sono da preferirsi sonde piane di piccolo diametro e con lunghezza N limitata, oppure sonde focalizzate, caratterizzate da una maggiore intensità del fascio.

• Dimensioni del difetto minimo da rilevare - Esse dipendono dalla lunghezza d’onda degli US nel mezzo da esaminare e sono funzione della frequenza. Teoricamente sono rilevabili difetti aventi spessore maggiore di un quarto della lunghezza d’onda, mentre nella pratica la risoluzione è di metà o addirittura pari alla lunghezza d’onda. Ad esempio con frequenze 6

re za el

difetto. posito – Se lo spessore

n aumento notevole della

rilevati difetti di piccola entità. • Frequenza 6MHz – Viene usata nei controlli ad

immersione e nei controlli a livello industriale, con esigenze di elevata precisione, per misure di spessore su materiali ad elevata trasparenza ultrasonora.

• Frequenza 4MHz – E’ utilizzata nei normali controlli industriali di saldature, organi trafilati, forgiati e fucinati, con superfici di accoppiamento lisce. E’ adatta per ricerca di piccole discontinuità.

• Frequenza 2MHz – L’utilizzo è identico a quello della sonda a 4 MHz. Cambia il tipo di superficie

di accoppiamento, che in questo caso prevede una normale finitura.

• Frequenza 1MHz – Viene utilizzata per controlli su acciai austeniti

laminato. Nella tecnica di indagine per trasmissione,

diMHz si possono rilevare difetti di spessore maggiodi 0.125 mm. Il diametro del fascio US influeninvece la selettività e cioè la rilevazione in pianta d

• Spessore della lamina in comdel provino è paragonabile a metà della lunghezza d’onda, si può creare udiffusione e quindi dell’attenuazione. Occorre inoltre tenere presente la frequenza di risonanza di ogni singola lamina, definita dalla seguente relazione:

tcf R 2

=

in cui c è la velocità di propagazione e t è lo spessore di ogni singola lamina.

• Zona morta – Essa dipende dalla durata dell’impulso ultrasonoro. Ipotizzando una durata di circa 1μs, con velocità di propagazione in acqua di circa 1300m/s, si ottiene una lunghezza di zona morta pari a 1.3mm. Pertanto la distanza di accoppiamento deve essere superiore a tale valore. Sia la zona morta che la distanza di accoppiamento sono molto piccole, ampiamente al di sotto della distanza N dei trasduttori piani. Le caratteristiche tecniche, variabili per

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 59 – MISURAZIONI, ANALISI, CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

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ottimizzare la scelta della sonda da impiegare, sono

passo di acquisizione. Per le sondepiane, alla distanza focale N, la dimensione delfascio utile dell’energia ultrasonora è pari ad 1/3 del diametro della sonda.

• Frequenza del trasmettitore – Una scelta adeguatadeve essere fatta tenendo conto delleapparecchiature di supporto utilizzate. Cioè questedevono garantire un’assenza di fenomeni didistorsione del segnale trasmesso e ricevuto. E’ importante adottare frequenze di campionamentodel segnale molto alte per garantire l’acquisizionedelle armoniche di ordine superiore.

La necessità nei materiali compositi di effettuun’analisi anche sulle prime lamine, porterebbe alla scelta di una sonda con un fascio US di intensità elevata, ma con durata minima. Pertanto se il difettorisiede nelle immediate vicinanze della primasuperficie, è possibile che il suo eco non vengapercepito, poiché coperto da quello della prima sup nde sia dallospessore del materiale che dalla potenza utilizzata per

n oscillatore smorzato

borazione numerica del segnale

diagnosi. L’insieme dei campioni del segnale US

rizzato, formando così il database le seguenti: • Tipo di sonda – Va scelta in relazione al fluido di

accoppiamento. Deve garantire la compatibilità chimica ed anche una buona trasmissione del fascio US. Le possibilità sono due: sonda focalizzata o non focalizzata in base alle dimensioni del difetto da rilevare. Un altro parametro importante è il diametro della sonda. Si preferisce una sonda avente diametro tale per cui il fascio US alla distanza richiesta abbia dimensioni paragonabili con quelle del difetto minimo rilevabile e superiore a quelle del

are

,

erficie del provino. Questo fattore dipe

l’emissione degli impulsi. La risposta delle sonde in utilizzo è simile a quella di ucon smorzamento dipendente dalle caratteristiche della colata attorno al cristallo della sonda. La scelta

rtpe anto cade sulla sonda che garantisce un’intensità elevata del segnale e un tempo di smorzamento piccolo.

59.6.8 Metodi di rappresentazione dei segnali US Per poter effettuare una corretta indagine bisogna costruire un database di informazioni, costituite dai segnali acquisiti dal ricevitore ultrasonoro ed archiviati. A questa seguirà un’opportuna elaborazione e conseguente visualizzazione dei dati al fine di rendere leggibile la diagnosi ultrasonora eseguita sul provino. L’ela acquisito nel dominio del tempo, comprende l’analisi di tante forme d’onda quanti sono i punti di acquisizione utilizzati sul provino.

59.6.8.1 Metodo A-scan L’A-scan è la rappresentazione nel domino del tempo del segnale US ricevuto dall’apparecchiatura di

compresi tra l’eco di fondo e quello frontale viene digitalizzato e memodisponibile per una successiva elaborazione numerica.

Figura 59.41 – Tecnica di visualizzazione A-scan.

L’A-scan di un segnale ottenuto per riflessione permette di risalire ad importanti informazioni come lo spessore del laminato e la profondità del difetto, ma anche il coefficiente K di assorbimento del mezzo. L’A-scan di un segnale ottenuto per trasparenza permette di ottenere informazioni sull’assorbimento energetico del

cie e i difetti nello spessore. Per passare dalla

nto dell’attenuazione subita dal segnale nello spessore;

• Rappresentazione nel piano della sezione dei dati

segnale e confrontandolo con un campione, verificare la presenza di un eventuale difetto stabilendone l’estensione in pianta. Con la trasparenza non è possibile risalire alla posizione del difetto nello spessore.

59.6.8.2 Metodo B-scan Il B-scan è una rappresentazione sintetica degli A-scan ottenuti con la tecnica per riflessione lungo una linea di scansione. La rappresentazione è una sezione del provino lungo una linea di scansione, da cui è possibile ricavare informazioni come lo spessore del provino, la planarità della superfitecnica A-scan alla B-scan bisogna seguire i passi elencati: • Definizione del passo di acquisizione, cioè la distanza

tra due scansioni successive; • Definizione del valore in tensione dei picchi di

intensità del segnale, per tenere co

ottenuti, quali l’eco frontale, l’eco di fondo e la posizione del difetto nello spessore.

Figura 59.42 – Tecnica di visualizzazione B-scan.

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59.6.8.3 Metodo C-scan E’ una rappresentazione in due dimensioni dello stato interno del provino, cioè la rappresentazione in pianta del suo danneggiamento interno. Dai dati ottenuti con la tecnica per riflessione, si considera la zona compresa tra il picco di fondo e quello frontale. Dal confronto con l’A-scan di un punto non danneggiato si evidenziano i picchi anomali in cui è presente un’anomalia nella struttura interna del provino. Utilizzando una tecnica per trasparenza, si ricava l’assorbimento di energia del segnale prodotto dal materiale stesso e dalla presenza di eventuali difetti. Il confronto avviene tra l’assorbimento del materiale integro e quello determinato dalla presenza di difetti.

Figura 59.43 – Tecnica di visualizzazione C-scan.

rollabili con questa iati, trafilati, fusioni, getti,

. Fra gli svantaggi vi è

do di riflettere efficacemente l’onda di fondo. Di contro, si complica in presenza di fori, scanalature, filettature, variazioni di sezione o di caratteristiche geometriche complesse. Anche la finitura superficiale gioca un ruolo importante sulla efficacia del controllo con ultrasuoni. Il metodo richiede uno stato superficiale che consenta (o non ostacoli eccessivamente) il passaggio degli ultrasuoni. Una superficie lappata può così essere considerata ottimale. Viceversa, la superficie grezza di lavorazione a caldo che presenti scaglie di calamina di rilevante spessore ed anche poco aderenti può costituire una barriera insormontabile per il fascio US. Talvolta non è possibile valutare l’integrità dei semilavorati grezzi ope ilavorato. In tal caso gli esami devono essere eseguiti adottando la

acciono troppo

ù di ogni altra tecnica gli US richiedono un operatore

di dimensioni minori,

59.6.9 Applicazioni e limitazioni Quella degli ultrasuoni è una tecnica principalmente utilizzata nella ricerca di difetti interni, originariamente in particolari di spessore medio-alto. Essa consente di stabilire profondità e posizione dei difetti all’interno dei pezzi in esame di cui è in grado di misurarne anche lo spessore. E’ applicabile a tutti i materiali, metallici e non metallici, in grado di far propagare onde US con frequenze comprese fra i 16kHz ed i 20 MHz. Prodotti conttecnica sono i laminati, forgplaccature, saldature, tubil’impossibilità di controllare materiali ad alta attenuazione acustica ed elementi con geometrie particolarmente complesse. Il controllo ad ultrasuoni è

reso più efficace e semplice dal grado di simmetria del pezzo da esaminare, ovvero dalla presenza di superfici piane o cilindriche, di piani paralleli o comunque in gra

rando direttamente sulle superfici del sem

tecnica di accoppiamento per immersione. Benché possa essere parzialmente ridotto dall’esperienza dell’operatore e attraverso un affinamento delle tecniche di controllo, gli US rilevano con difficoltà i difetti che givicino al trasduttore. In sintesi, il metodo consente l’identificazione di difetti interni che causino la riflessione, la deviazione o l’assorbimento del fascio US e distanti dal trasduttore da pochi millimetri a diversi metri. Con particolari sonde si possono rilevare anche i difetti affioranti anche e la tecnica US non è particolarmente adatta per gli esami di superficie. Pidi controllo non distruttivodi grande esperienza capace di interpretare correttamente ogni segnale che compaia sul monitor. Non è rara infatti l’errata interpretazione di segnali, considerati in prima istanza difetti, che scompaiono ripetendo l’esame con una sonda con frequenza più adatta o con angolo di propagazione differente. La presenza di disomogeneità progressive del materiale, di microdifetti, di bordi dei grani molto pronunciati o di segregazioni può attenuare

rtfo emente l’eco di fondo fino a giungere alla sua totale soppressione. A volte, soprattutto negli esami tesi all’individuazione dei difetti l’interpretazione dei segnali non dà certezze e sono richiesti esami ulteriori e confronti con altre tecniche.

59.6.10 Principali vantaggi e svantaggi del metodo Vantaggi: • Elevata capacità di penetrazione; rileva, vuoti o

presenze di materiali estranei fino a grandi profondità; • Applicabilità alla maggior parte dei materiali ivi

compresi i materiali compositi. • Elevata capacità di rilevazione di delaminazioni e

scollaggi; • Automatizzabile (il metodo molto utilizzato nei

controlli qualità sulle linee di produzione.

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Svantaggi: • Interpretazione dei risultati non immediata;

necessità di personale altamente qualificato; • Necessità di accoppiamento ultrasonoro; • Impianti per immersione ingombranti; • Necessita superficie abbastanza liscia; • Velocità di scansione bassa.

59.7 Termografia a termografia nacque agli inizi del XX secolo sulla base della scoperta del campo infrarosso e della

successiva formulazione della teoria dell’irraggiamento2. Essa può essere definita come l’acquisizione e la rappresentazione dell’immagine termica di un oggetto. Poiché la temperatura è un parametro fondamentale in ogni fenomeno fisico, la possibilità di “vedere” lo stato termico di un corpo trovò un vastissimo campo di applicazioni. La prima risale al 1935 per la rilevazione dell’uniformità di temperatura nella produzione dell’acciaio. Nel campo della produzione a ciclo continuo una temperatura disuniforme è indice di un possibile problema, quinda termografia ha trovato posto nei controllell’industria del vetro, della carta e dei metalli, dei

circuiti stampati e componenti elettronici. Anche nella manutenzione la termografia ha trovato settori di applicazione. Alcuni esempi sono le applicazioni nell’ispezione delle alette delle turbine, nel controllo dell’isolamento termico degli edifici, nell’ispezione delle installazioni elettriche, nella visualizzazione di perdite di gas o di liquidi da una tubatura. Con il passare degli anni e con il miglioramento dei sistemi di rilevazione l’uso della termografia si è esteso a molte discipline dalla medicina, all’astronomia, dall’agricoltura, alla biologia e dal settore militare fino al monitoraggio del traffico stradale e degli incendi nei boschi. Pur tuttavia, verso la fine degli anni ’70 l’orientamento del controllo diqua siva dei provini sembrava aver esaurito definitivamente ogni

livello degli altri

i i l

d

lità dei materiali verso l’osservazione pas

possibilità di portare la termografia almetodi non distruttivi. Un salto di qualità si ebbe quando vennero applicati rigorosi modelli termici per

2 La scoperta della radiazione infrarossa è dovuta all’astronomo inglese Sir William Herschel (1738-1822). Volendo trovare un legame tra la luce e il calore, egli scompose la luce solare nelle sue componenti spettrali per mezzo di un prisma ed osservò che un termometro che si spostava lungo lo spettro indicava temperature via via crescenti passando dal blu al rosso. Tuttavia egli si accorse che l’incremento continuava anche oltre il rosso e raggiungeva il suo massimo in una zona dove non c’era più radiazione visibile, questa radiazione invisibile prese il nome di infrarossa. Successivamente il fisico tedesco Max Planck (1858-1947) propose la teoria dell’irraggiamento secondo la quale ogni corpo emette una radiazione elettromagnetica la cui lunghezza d’onda è proporzionale alla sua temperatura.

l’interpretazione dei dati, considerando i difetti come variazioni locali delle proprietà termofisiche dei materiali. Da questo tipo di approccio sono nati i vari sistemi di analisi termografica per il controllo non distruttivo che verranno descritti in seguito. Un’ulteriore avanzamento si ebbe con il miglioramento delle apparecchiature termografiche, che permise di confrontare complessi modelli matematici e casi reali, con il risultato di avvicinarsi all’identificazione e caratterizzazione dei difetti come già avveniva per altri metodi considerati più maturi. Oggi si stanno cercando ulteriori sviluppi grazie all’integrazione con le tecniche di elaborazione delle immagini digitali. Da questa breve rassegna potrebbe sembrare che la termografia sia la soluzione a tutti i problemi e che sia destinata a soppiantare gli altri metodi. In realtà essa si scontra con un problema insito nella sua stessa natura: tutti i corpi hanno una temperatura e questo comporta sempre l’inevitabile presenza di sorgenti di disturbo. Solo un adeguato filtraggio del rumore termico può rendere il metodo efficace non solo qualitativamente, ma anche quantitativamente, tanto più che la caratterizzazione dei difetti interni è ottenuta indirettamente dalla temperatura superficiale quindi con una notevole amplificazione degli effetti di piccole variazioni.

59.7.1 Principi di trasmissione del calore La presenza di un gradiente di temperatura in un sistema fisico provoca una trasmissione di energia attraverso un processo di scambio di calore che, però, non può essere misurato direttamente, ma solo rilevandone gli effetti provocati sul sistema stesso. Lo scambio termico è quindi definito come il trasferimento di energia da una regione ad un’altra dovuto ad una differenza di temperatura e, in genere, si distinguono tre modalità di trasmissione: per convezione, per irraggiamento e per conduzione, anche se, spesso esse avvengono simultaneamente. Convezione – E’ il più importante meccanismo di scambio di energia tra una superficie solida ed un liquido o un gas e dipende, oltre che dalla differenza di temperatura, anche dal trasporto di materia. Qui essa non verrà trattata, perché nella termografia non svolge un ruolo rilevante rispetto

ore uisce da un corpo ad un altro senza alcun contatto. Tutti i

tono calore e l’intensità di questa emissione

no essenzialmente sul

onde termiche all’interno dei provini. Le

agli altri due meccanismi. raggiamento – E’ il fenomeno per il quale il calIr

flcorpi emetdipende dalla temperatura dei corpi stessi. Conduzione – E’ il fenomeno per il quale il calore fluisce grazie al contatto diretto tra due corpi. Le tecniche termografiche si basarilevamento della radiazione termica emessa dagli oggetti osservati. In taluni casi è sfruttato anche il passaggio il passaggio di modalità di trasmissione del calore interessate sono dunque l’irraggiamento e la conduzione.

L

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59.7.1.1 Irraggiamento termico

etiche, essano lo iene detta

asmissione,

iante trasportata sotto romagnetiche: le due

uivalenti.

Il termine irraggiamento si riferisce, in generale, ai fenomeni di propagazione di onde elettromagnma solo quelli legati alla temperatura interscambio termico. L’energia così trasmessa vcalore irraggiato e il meccanismo di trirraggiamento termico. Si può considerare l’energia raggforma di fotoni o di onde eletttrattazioni sono infatti eq

o la teoria quantiSecond ca l’energia associata ad ogni fotone è

νhE = dove

h = 6,62x10-34 JS è la costante di Planck ν è la frequenza della radiazione.

I fotoni viaggiano con la velocità della luce c, che nel vuoto è di circa 3x108 m/s. Secondo la teoria elettromagnetica l’energia trasportata viene descritta in termini di lunghezza d’onda della radiazione λ, legata alla velocità di propagazione c ed alla frequenza ν secondo la relazione

νλ c=

I fenomeni elettromagnetici riguardano molti tipi di radiazioni che variano con la lunghezza d’onda, come indicato in Figura 59.44. L’irraggiamento termico è definito come l’energia raggiante emessa da un corpo a causa della sua temperatura. Il campo delle radiazioni termiche è compreso tra 0,1 e 100μ ed è diviso in ultravioletto, visibile ed infrarosso. Il corpo nero Un corpo nero è definito come quel corpo che per ogni lunghezza d’onda e per ogni temperatura emette ed assorbe la massima quantità possibile di radiazione. Si tratta di un modello teorico usato come riferimento per confrontare i corpi reali. Tutta l’energia che viene emessa dal corpo nero per unità di tempo e di superficie ad una lunghezza d’onda λ nell’intervallo dλ è indicata con Enλdλ dove Enλ è il potere emissivo monocromatico del corpo nero, cioè riferito ad una singola lunghezza d’onda. Esiste una relazione (dovuta a Planck) che lega il potere emissivo monocromatico del corpo nero con λ:

( ))1( /5

12 −

= TCn eCTE λλ λ

con:

Enλ(T) = potere emissivo monocromatico del corpo nero alla temperatura T [W/m3] λ = lunghezza d’onda [m] T = temperatura assoluta del corpo [°K] C1 = 3,74110-16 Wm2 C2 = 1,43910-2mK

Figura 59.44 – Spettro delle ondeelettromagnetiche.

Nella Figura 59.45 è diagrammato questo andamento; essa mostra anche il legame tra la lunghezza d’onda, alla quale Enλ è massimo, e la temperatura assoluta: all’aumentare della temperatura il potere emissivo monocromatico raggiunge il suo massimo per lunghezze d’onda minori.

λmaxT=2898μK Questa relazione è nota come legge dello spostamento di Wien. La quantità di energia raggiante emessa complessivamente da un corpo nero per unità di superficie e di tempo è data dalla legge di Stefan-Boltzmann:

( ) 4TAqTE i

n σλ ==

ltzmann pari a 5,6710 W/m °K

dove: A è l’area della superficie emittente; T è la sua temperatura assoluta σ è la costante di Stefan-Bo

-8 2 4

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En è dunque l’area sottesa da una delle curve della

1 2

Figura 59.45 ad una data temperatura cioè:

4

0

TdEn σλλ =∫∞

Se, infine, si considerano le superfici reali è importante conoscere l’energia irradiata in una particolare banda compresa tra due precise lunghezze d’onda λ e λ :

( )∫0

λλ dTEn

Figura 59.45 – Andamento del potere emissivo

T. Se si pratica un piccolo foro radiazione che penetra nella cavità è in

monocromatico del corpo nero.

Il concetto di corpo nero è puramente teorico, ma può essere approssimato in laboratorio con una cavità, per esempio sferica, le cui pareti interne siano ad una temperatura uniforme nella parete, laparte assorbita ed in parte riflessa. Questa subisce molte riflessioni prima di uscire dal foro, ma ora l’energia del fascio è così indebolita dalle continue riflessioni da essere trascurabile. In questo modo la radiazione è come se fosse stata completamente assorbita dalla cavità. Le superfici reali l potere emissivo fin qui considerato coincide con

l’energia irraggiata complessivamente da un corpo. Un concetto più interessante, dal punto di vista pratico, è quello che considera la quantità di energia che si irraggia in una precisa direzione cioè l’intensità di radiazione I.

I

Più precisamente, I è definita come l’energia emessa in un angolo solido unitario che ha per asse l rezione θ del fascio di raggi per unità di tempo e di superficie

issione proiettata normalmente alla direzione θ:

a di

di em

θω cos)/(

dAqdI i=

dove d(q/ er unità di tempo e di superfic mo dω inclinato ispetto alla normale alla superfic Figura 59.46. Se ora si integra l’intensità su di un’intera calotta emisferica, si ottiene la quantità totale di radiazione emessa:

A) è l’energia raggiante pi

ie che passa in un angolo solido infinitesi di un angolo θ r

ie come indicato nella

( )∫ ∫=⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

ππ

ψθθθθψ2 2

cos, ddsenIAq

i

L’intensità delle superfici reali non varia in modo apprezzabile con ψ, mentre varia con θ; pur tuttavia, considerando una superficie diffusa, l’irradiazione è uniforme in tutte le direzioni. Il corpo nero ha una radiazione perfettamente diffusa, mentre le radiazioni delle superfici ruvide approssimano le caratteristiche diffuse.

Figura 59.46 – Andamento del potere emissivo monocromatico del corpo nero.

Per una superficie diffusa vale la relazione (legge di Lambert):

nni

Come si è detto, le superfici reali non si comportano come un corpo nero e per caratterizzarle si usano grandezze dimensionali come l’emissività em

IEq π==⎟⎞

⎜⎛

A ⎠⎝

isferica monocromatica ελ ed il coefficiente di assorbimento emisferico monocromatico αλ.

ma indica la percentuale di radiazione di corpo nero ette la superficie reale alla lunghezza d’onda λ ed è

definita

La priche em

da:

λλλ ε nEE =

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La seconda indica la percentuale di energia raggiante monocromatica, incidente sulla superficie, che viene assorbita. Si può dimostrare che per qualunqu perficie, ad ogni lunghezza d’onda λ e ad ogni temperatura T, l’emissività monocromatica è uguale al coefficiente di assorbimento monocromatico:

e su

( ) ( )TT ,, λαλε λλ =

uesta è una relazione sempre valida; al contrario Q i valori totali del coefficiente di assorbimento dell’emissività sono in generale d ersi. Solo in due casi sono anch’essi coincidenti: se non si ha scambio termico tra il corpo e l’ambiente e se ελ e αλ sono uniformi in tutto il campo delle lunghezze d’onda. Superfici di questo genere sono dette corpi grigi. Nelle applicazioni si considera valida questa ipotesi e quindi si usano valori medi dell’emissività e del coefficiente d’assorbimento. Nel caso di un corpo grigio vale la relazione

e nella Figura 59.47 vengono confrontati i poteri emissivi del corpo nero, di un corpo grigio e di una superficie reale.

iv

4TE gg σε=

Figura 59.47 – Confronto fra il potere emissivo di una superficie reale con quelli di un corpo nero e di un corpo grigio.

In genere, le superfici metalliche lucidate hanno un basso valore di emissività totale, che aumenta all’aumentare della temperatura e ελ aumenta al

Oltre che con la lunghezza d’onda, in molti corpi l’emissività ha anche proprietà direzionali in disaccordo con la legge di Lambert. In particolare per materiali non

a radiazione

te di riflessione emisferico monocromatico ρλ. Se si trascura la radiazione trasmessa, vale quindi la relazione

diminuire della lunghezza d’onda. I materiali elettricamente non conduttori hanno generalmente un comportamento opposto, con elevati valori dell’emissività nell’infrarosso.

conduttori l’emissività diminuisce per valori elevati dell’angolo di emissione θ, mentre i metalli hanno un comportamento opposto. Una superficie reale non assorbe tutta lincidente: la parte non assorbita viene trasmessa o riflessa indietro. Per caratterizzare questo comportamento si usa il coefficien

λλ αρ −= 1

Si distinguono due tipi di riflessione dell’energia raggiante: se l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza la riflessione è detta speculare; se invece un raggio viene uniformemente riflesso in ogni direzione, si parla di riflessione diffusa.

59.7.1.2 La conduzione La relazione fondamentale della trasmissione del calore per conduzione (nel caso monodimensionale) è:

dxdTkAqk −=

dove: k è la conducibilità termica del materiale; A è l’area della sezione attraverso cui fluisce il calore perpendicolarmente alla direzione del flusso; dT/dx è il gradiente della temperatura nella sezione in direzione del flusso.

Il dir l calore. La conducibilità

i area unitaria con un gradiente di temperatura unitario. L’unità di misura secondo il SI è W/m°K. I materiali con un’alta conducibilità sono nduttori, quelli a bassa conducibilità isolanti.

segno negativo è dovuto ad una convenzione sullaezione di propagazione de

termica k è una proprietà del materiale considerato e indica la potenza termica che passa attraverso una superficie d

detti co

Considerando il caso più semplice di un flusso a regime stazionario in una parete piana, il gradiente di temperatura e la potenza termica non variano nel tempo e la sezione trasversale al flusso è costante quindi si possono separare le variabili della relazione precedente e, integrando, si ottiene:

AkLdTq = k

dove L/Ak è la resistenza termica Rk che la parete oppone al flusso termico. Il suo inverso è la conduttanza termica Kk.

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Altri semplici casi monodimensionali utili in casi pratici sono quelli che considerano la conduzione attraverso cilindri cavi e gusci sferici, mentre,

Un modello più vicino alla realtà è quello che considera la conduzione del calore nelle tre

adattando le equazioni, si possono considerare pareti composte da strati di materiali diversi oppure tener conto di una generazione del calore all’interno del solido.

dimensioni. Si consideri un solido come quello in Figura 59.48 di spigoli dx, dy e dz; il bilancio di energia dell’elemento è dato da:

( ) ( )( )

tTdxdydzc

qqqqqq dzzdyydxxzyx

∂∂

+

+++=++ +++

ρ dove il primo termine rappresenta la potenza termentrante, il secondo la potenza termica uscente e il terzo la variazione dell’energia ne ’unità di tempo.

ica

llInoltre c è il calore specifico e ρ è la densità.

Figura 59.48 – Conduzione del calore su elemento di volume infinitesimo.

La potenza termica qx che entra per conduzione nell’unità di tempo nell’elemento considerato dalla faccia di sinistra si può scrivere:

dydzxTkqk ∂∂

−=

conLa potenza termica conduttiva che esce dalla faccia di

T che dipende non solo da x, ma anche da y, z e t.

destra qx+dx si può invece scrivere come:

dydzdxxTk

xxTkq dxx ⎥

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

−∂∂

+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

−=+

Sottraendo quest’ultima dalla precedente si ottiene:

dxdydzx

xTk

qq dxxx ∂

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

∂=− +

analogamente per le direzioni y e z. Sostituendo questi risultati nell’espressione del bilancio energetico del volumetto infinitesimo, dividendo ciascun termine per dxdydz e considerando il sistema omogeneo e c, ρ e k indipendenti dal tempo si ottiene infine:

tT

azT

yT

xT

∂∂

=∂∂

+∂∂

+∂∂ 1

2

2

2

2

2

2

dove a = k/cρ è la diffusività termica misurata in m2/h. Questa è la ben nota equazione di Fourier da cui è possibile derivare modelli che descrivono i casi reali e si può risolvere analiticamente il problema della conduzione. In particolare, nel caso dei metodi termografici, i modelli

in regime non permanente,

59.7.2 Aspetti teorici dei metodi termografici Nel paragrafo precedente sono stati sintetizzati alcuni concetti fondamentali della trasmissi e del calore; ora essi verranno applicati ai metodi termografici.

La misura dell’eneè detta rrisoluziocome il la tensione elettrica. Queste scarse prestaziograndi d unghezza d’onda

romagnetica) si può

più interessanti sono quelli ossia quelli in cui il flusso termico sia variabile nel tempo.

on

59.7.2.1 Radiometria rgia elettromagnetica irradiata dai corpi

adiometria e, in questo campo, si possono ottenere ni molto basse rispetto ad altri tipi di misure tempo oni sono dovute a molte cause, principalmente alle istanze di misura rispetto alla l

dei fenomeni, alle dissipazioni della potenza irradiata in tutto lo spazio e alle grandi variazioni della potenza irradiata al variare della lunghezza d’onda, della posizione, della direzione e della polarizzazione. Dalle due espressioni date nel paragrafo precedente dell’energia raggiante associata ad ogni singolo fotone (dalla teoria quantica) e dell’energia trasportata dalle onde elettromagnetiche (dalla teoria elettottenere la seguente relazione che lega l’energia di un’emissione elettromagnetica con la lunghezza d’onda:

λhcE =

Il legame tra queste due grandezze è inversamente proporzionale: ciò significa che, poiché nella banda infrarossa le lunghezze d’onda so grandi rispetto a quelle dello spettro visibile, l’energia emessa sarà piccola

ato solo mantenendo accurate condizioni durante le

no

o comunque dello stesso ordine di grandezza di quella delle emissioni dell’ambiente circostante. Tutto questo si traduce in un fastidioso rumore di fondo che può essere limit

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 59 – MISURAZIONI, ANALISI, CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini presenti nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

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misurazioni. Lo schema della Figura 59.49 mostra come l’irraggiamento che si vuole misurare arrivi al rivelatore mescolato ad altre emissioni provenienti da tutto ciò che circonda la zona dell’esperimento, compresa la stessa termocamera. Bisogna poi considerare che il poter emissivo di un corpo reale non è mai il massimo possibile come

zione:

accade per il corpo nero; ogni materiale ha quindi delle proprie caratteristiche di emissione espresse dal parametro ε. Inoltre, per una radiazione isotropa incidente su di una superficie opaca e trascurando la radiazione trasmessa, vale la rela

ερ −= 1

ovvero un oggetto di bassa emissività non ha solo un basso potere emissivo, ma anche un elevato coefficiente di riflessione. Questo comporta che una

diazione incidente venga riflessa direttamente verso rail rivelatore.

Figura 59.49 – Insieme delle emissioni termiche che arrivano al rilevatore dell’apparecchio termografico.

Da tutte queste considerazioni si può dedurre una relazione fondamentale della termografia:

( ) ( )atmoggatmCAM EE atmatmamb EE τετετ −+ 1−+= 1dove:

ECAM = potere emissivo ricevuto dalla termo camera;

dell’ambiente circostante considerato come corpo nero; Eatm = potere emissivo dell’atmosfera considerato costante; τatm = coefficiente di trasmissione dell’atmosfera nello spettro di interesse;

o. La radiazione rilevata è la somma di tre contributi, dati rispettivamente dall’oggetto in osservazione, dall’ambiente circostante e dall’atmosfera. Questa relazione può essere semplificata considerando che

8-12μm ) e con

Eogg = potere emissivo dalla superficie dell’oggetto; Eamb = potere emissivo

ε = remissività dell’oggetto (opaco) osservat

nello spettro di operazione (3-5μm;distanze di osservazione minori di 2m il valore di τatm sia circa 1. Allora la relazione diventa:

( ) amboggCAM EEE εε −+= 1

Inoltre,se l’emissività ε è alta (ovvero tendente ad 1), l’equazione si semplifica ulteriormente:

oggCAM EE ≅

Si può inoltre stabilire una relazione tra ICAM (segnale

strumento, le emissioni termiche delle parti non “effetto

radiometrico) e i valori di Togg e Eogg attraverso le curve di calibrazione della termocamera, del tipo di quella riportata in Figura 59.50. Nel caso di uno strumento ideale, la relazione è diretta, in realtà bisogna tener conto di alcune limitazioni quali fenomeni di aberrazione del sistema ottico, la risposta spettrale non uniforme dello

raffreddate della termocamera e il cosiddetto Narciso” per cui il rivelatore vede le sue stesse emissioni riflesse nell’ottica.

Figura 59.50 – Curva di calibrazione tipica dell’apparecchio termografico.

Il segnale Iimg(i,j) è il valore digi le (per esempio su 8 bits) ottenuto per il pixel di posizione (i,j) di una

ta

immagine termica o termogramma. La relazione che lega Iimg(i,j) alla temperatura T(i,j) è del tipo:

( )[ ] ( ) ( )

( ) ( )jiAlevelP

rangejiI

jiRjiTS img

,256

128,,,

++

+⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −=

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in cui: • il primo termine si riferisce agli effetti di

distorsione dovuti all’ottica e si correggono con R(i,j);

• il secondo si riferisce al range di temperature selezionato per la scena che si sta osservando;

• il terzo al livello di temperatura selezionato per l’osservazione;

• il quarto tiene conto delle autoemissioni della

azione, direttamente dall’interfaccia della termocamera. La massima risoluzione si ottiene con il minimo range.

emperatura in un punto dell’oggetto osservato sarà data da:

termocamera. Range e livello sono parametri che si selezionano, prima dell’osserv

In uno strumento ideale R(i,j) = 1 e A(i,j) = 0, mentre in uno reale si ottengono attraverso la calibrazione dello strumento. Quindi la t

( )( ) ( ) ( ) ( )

⎭⎬⎫

⎩⎨⎧

+++⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −−

=jiAlevelPrange

jiIjiR img

SjiT,

256128,

,1

,

59.7.2.2 Correzione dell’immagine Nel paragrafo precedente si è visto che il valore della temperatura di un oggetto ottenuta con una termocamera risente di vari disturbi, dovuti sia alla natura fisica delle emissioni termiche sia alle caratteristiche del sistema di misura. Qui verranno descritti alcuni metodi per eliminare gli effetti di disturbo introdotti dalla strumentazione. Il segnale registrato da una termocamera è dato da:

( ) ( ) ( )[ ] ( )jinjiTjihSjiI TCAM ,,,,_, +∗=

dove: S(...) è un parametro che si riferisce alle distorsioni di tipo radiometrico; h(…) è un operatore che tiene conto di fattori

a temperatura dell’oggetto nel punto

ore;

Il param ndo gli effettrumore n ato con un filtro n’(i,j); infine suna deco

geometrici dell’oggetto osservato; T(…) è ldi coordinate (i,j); n(…) è il rum* è l’operatore di convoluzione. etro S(…) può essere determinato correggei radiometrici come visto nel paragrafo 3.1; il (…) può essere elimin

i ricostruisce il segnale originario attraverso nvoluzione trovando:

( ) ( )[ ] ( ) ( ) ( )jinjinjirjiISjiT TCAM ,,,,, _,1 ′−+∗= −

Il rumore può essere provocato da molti fattori, ma nel

dall’arrivo casuale e discreto di fotoni.

n’esposizione prolungata può ridurre i disturbi, m nel caso dei CND i tempi dei singoli rilevamenti devono essere brevi per

l centrale con la media di quelli circostanti. L’inconveniente principale di questo sistema è però la distorsione dei contorni delle immagini. Infine, è disponibile un metodo molto efficiente che sfrutta il fatto che il rumore è statisticamente scorrelato dalla funzione di trasferimento del sistema. Quindi se si scompongono i valori misurati su di una linea del termogramma nella somma del segnale ideale e del rumore, applicando iterativamente l’operatore di convoluzione con la funzione di trasferimento il secondo termine si riduce a zero.

59.7.3 I rivelatori termici La prima macchina fotografica infrarossa fu l’evaporograph del 1929 che registrava la radiazione infrarossa su una pellicola ricoperta di petrolio; questo evaporava con una velocità proporzionale alla quantità di radiazione incidente punto per punto. L’immagine termica risultante si manifestava come una serie di variazioni col di pet qua. In seguito vennero sviluppate apparecchiature a lettura elettrica sensibili al calore, ma si

ttrico, in cui un istallo di materiale ferroelettrico rilascia cariche

elettriche se viene riscaldato. Questo fascio di elettroni viene infine convertito in un’immagine termica. I van aggi di questo tipo di rivelatori sono l’ampia risposta spet rale e l’assenza sia di sistemi di raffreddamento che di sistemi di scansione meccanica che ne diminuirebbero

caso dei rivelatori i principali sono: il “rumore termico” presente nei conduttori e dovuto al movimento casuale delle cariche elettriche in un solido, “rumore di tremolio o di 1/f” presente nei semiconduttori e legato alla frequenza di osservazione, “shot noise” causato

Al termine del processo di acquisizione il rumore totale è di tipo additivo e gaussiano e di frequenza più alta rispetto ai segnali utili. Questo significa che u

a

poter osservare il passaggio delle onde termiche. Di conseguenza questo approccio non può essere adottato. Altre tecniche più efficaci si basano sulla rilevazione di due immagini prese nelle stesse condizioni e calcolando l’errore quadratico medio della loro differenza, punto per punto, per valutare il rapporto segnale rumore. Quando non è possibile calcolare una media temporale si usano tecniche di elaborazione dell’immagine. Per esempio, si divide l’immagine in aree 3 x 3 e si sostituisce il valore nel pixe

diore simili al fenomeno dell’iridescenza delle chiazzerolio sull’ac

rivelarono troppo lente. Tutti questi sistemi vengono chiamati rivelatori termici perché sfruttano una proprietà fisica sensibile alla temperatura. Il più diffuso oggi è il sistema piroelecr

tt

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l’affidabilità. Gli svantaggi risiedono soprattutto nel

tomi

rabile. Poiché è necessaria una

As, InSb, HgCdTe e PtSi.

nsione meccanica per la formazione

e di vari semiconduttori in cui scansione è di tipo elettronico. Questa categoria ha n buon rapporto segnale-rumore ed è affidabile

(soprattutto le FPA); di contro necessita di sistemi di raffreddamento basati sull’azoto liquido o a ciclo di

tirling.

basso range di temperature osservabili e nel basso rapporto segnale-rumore che limitano fortemente le capacità di queste termocamere. Un’altra categoria è quella dei rivelatori quantistici (o photonic detectors) in cui l’energia incidente, che viene assorbita sotto forma di fotoni, eccita gli adi un semiconduttore che emettono elettroni creando una corrente misuprecisa quantità di energia per rilasciare le cariche, la risposta del rilevatore dipenderà dalla lunghezza d’onda dei fotoni. Inoltre, poiché la risposta dei rivelatori non dipende da una variazione di temperatura, essa sarà più veloce che nei sistemi termici descritti prima. I materiali più usati per la rivelazione sono Si, InEsistono varie famiglie di termocamere basate su questa tecnologia, tra cui i sistemi monorivelatori che sfruttano una scadell’immagine e i sistemi a focal plane array (FPA) costituiti da una matriclau

S

Figura 59.51 – Schema di una termo camera a monorivelatore.

ra 59.51 è mostrato lo schema di una

indica lealla lung ity è definito come il incidente uadrato di superficiCome sinfrarossa i , quindi le termocamere funziona stre dello spettro: 3-5μm e 8-14 μm.

ale rumore (NETD), la

soluzione spaziale (IFOV, MTF) e le dimensioni del campo di vista (FOV). Oltre al rivelatore, che è il cuore della termocamera, essa

i di stimolazione termica a seconda del

In Figutermocamera a monorivelatore, mentre la Figura 59.52

capacità dei vari tipi di rivelatori in relazione hezza d’onda. Il termine detectivrapporto segnale-rumore per watt di energia normalizzato per 1 centimetro qe sensibile e 1 Hz di ampiezza di banda. i vede, l’atmosfera assorbe la radiazione

n certe bandeno solo in due fine

I principali parametri che caratterizzano la strumentazione di misura sono: la risposta spettrale, la risoluzione termica (MRTD), la frequenza di visualizzazione, registrazione ed elaborazione dell’immagine, il rapporto segn

ri

comprende anche un gruppo ottico fisso o intercambiabile, il sistema di scansione meccanica od elettronica e un elemento di pre-elaborazione e visualizzazione. La moderne camere sono portatili e possono essere collegate ad un computer per elaborare ulteriormente i dati con appositi software(Figura 59.53). Il sistema si completa con degli strumenttipo di tecnica termografica che si sta considerando.

Figura 59.52 – Capacità dei vari tipi di rivelatori in relazione alla lunghezza d’onda.

59.7.4 Tecniche termografiche Esistono diversi modi di classificare le tecniche termografiche a seconda dell’aspetto che si vuole evidenziare. Una prima divisione è quella tra termografia statica e dinamica. Nel primo caso il flusso termico che agisce sull’oggetto non dipende dal tempo e il parametro

ermica; nel secondo caso il o e il parametro utilizzato è

o caso si parla di analisi

che si valuta è la resistenza tflusso termico varia nel templ’inerzia termica. Le varie tecniche si possono poi classificare per i modi di stimolazione del materiale: nei metodi passivi la temperatura varia naturalmente per processi fisici interni all’oggetto e del tutto spontanei, nei metodi attivi si usa una sorgente artificiale esterna per stimolare l’oggetto. Molte tecniche sono simili tra loro e si distinguono solo per la diversa sorgente di calore utilizzata. Infine vi è un’ulteriore distinzione in base alle procedure di osservazione: bilaterale se l’oggetto si trova tra la sorgente di calore ed il sistema di misura, monolaterale se lo stimolo termico e il rilevamento avviene sullo stesso lato. Nel primtermica per trasmissione, nell’altro di analisi per riflessione delle onde termiche.

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Figura 59.53 – Impianto di termografia costituito da termocamera e da PC per la rielaborazione delle immagini.

Le principali tecniche termografiche per l’analisi non distruttiva presenti in letteratura sono: • Thermal imaging technique (TIT) – E’ la tecnica di

semplice osservazione passiva dell’emissione IRdella superficie di un corpo. E’ la tecnica più

i triali (Figura 59.54). Questa tecnica

no con una termocamera, eventuali difetti

1s). Le tecniche possono essere

diffusa nel settore civile e nel controllo qualità deprocessi indusè inoltre impiegata nelle prove a fatica sui componenti meccanici per individuare la nucleazione e la propagazione del danneggiamento ben prima che sia possibile farlo ad occhio nudo. Inoltre si può correlare la variazione di temperatura del provino con il suo limite a fatica.

• Transient thermography – Sono quelle tecniche in cui un provino viene sollecitato con una sorgente di calore per un certo periodo di tempo. Inizialmente il provino si scalda poi, con la diffusione del calore, avviene il raffreddamento. Osservando il fenomepresenti nell’oggetto si manifestano come macchie di temperatura diversa rispetto al resto della superficie. A questo gruppo appartengono vari metodi che si distinguono a seconda della durata

dell’impulso: pulse thermography (~2ms), halogen lamp thermography (>usate sia in riflessione che in trasmissione: nel primo caso i difetti riflettono l’onda termica e appaiono come zone calde, nel secondo rallentano il passaggio del calore e appaiono come zone fredde. La Figura 59.55 mostra i due fenomeni.

Figura 59.54 – Controllo di un processo produttivo mediante la tecnica termografica di Thermal imaging

rsa temperatura ità del difetto. L’onda

arosse in modo sincrono con la modulazione. E’ così possibile ricavare l’ampiezza e lo sfasamento tra il segnale di riscaldamento ed ogni punto della superficie. La presenza di un difetto genera una differenza di

technique (TIT).

Dall’istante in cui appare l’area a diveè possibile risalire alla profondtermica può essere sia calda che fredda. Quest’ultimo caso può essere utile in particolari applicazioni come l’analisi delle palette di una turbina sfruttando il liquido refrigerante che passa al loro interno. I due fotogrammi riportati in Figura 59.55 si riferiscono al medesimo componente ripreso rispettivamente con la halogen lamp thermography in riflessione (a) ed in trasmissione (b). Il componente è un laminato in composito al cui interno sono stati artificialmente prodotte delle delaminazioni di diversa entità. Come si può notare la tecnica in riflessione fornisce un’evidenziazione migliore. Essa è però utilizzabile per oggetti di limitato spessore (limite che non ha la tecnica per trasmissione).

• Photothermal techniques – Sono le tecniche basate su di una sollecitazione termica periodica nel tempo. La più importante di queste tecniche è detta lock-in thermography. Usando una sorgente di calore modulata si ottengono delle onde termiche all’interno del pezzo; stabilizzatosi il regime termico, si registrano le immagini infr

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ampiezza e di fase rispetto alla zona integra. Infine si può risalire alla profondità a cui si trova il difettoperché esiste una precisa relazione tra questa e la frequenza di modulazione. Il controllo, che puòavvenire in tempo reale, deve essere ripetuto pervarie frequenze sempre più basse per difetti più profondi. Il calore viene generato con lampade aflash.

Figura 59.55 – Transient thermography in riflessione (a) ed in trasmissione (b).

• Lock-in ultrasonic thermography – E’ una tecnica variante della Lock-in thermography in cui come fonte di calore è utilizzata una sorgente ultrasonica. Il funzionamento è dunque simile al precedent

difetti a varie profondità a partire dal massimo valore di fase e dal modulo tra tutte le componenti in frequenza. A differenza della lock-in il controllo avviene in regime transitorio ed è più rapido.

e, tranne che per la generazione del calore: un trasduttore applica gli ultrasuoni al pezzo, cosicché l’energia meccanica si dissipa sotto forma di calore nelle zone dei difetti. In questo caso la termocamera agisce in sincronia con la sorgente di ultrasuoni (Figura 59.56).

• Pulse phase thermography (PPT) – Tecnica in cui l’oggetto da esaminare viene sottoposto ad un breve impulso di energia con lampade a flash. Poiché un impulso può essere considerato come la

sovrapposizione di infinite componenti sinusoidali alle varie frequenze multiple della fondamentale, anche la temperatura superficiale può essere vista come sovrapposizione degli effetti delle singole componenti sinusoidali: è come se l’oggetto fosse sottoposto ad infiniti controlli modulati. L’uso di frequenze multiple consente di identificare

Figura 59.56 – Lock-in ultrasonic thermography.

• Sonic burst thermography – Tecnica che sfrutta gli stessi principi della precedente, ma il riscaldamento è ottenuto con una sonda che emette sul provino impulso alla frequenza di 20kHz.

• o traverso la conversione di energia

elettromagnetica in energia termica. Un generatore di

mpiezza e bassa frequenza.

un

Microwave technique –Tecnica in cui il riscaldamentè ottenuto at

microonde viene associato al pezzo da osservare tramite una guida d’onda, in questo modo si genera un’interazione tra il campo elettromagnetico esterno e le cariche elettriche delle molecole del pezzo. In questo modo esso viene riscaldato direttamente dall’interno a differenza di quanto avveniva con le tecniche fototermiche . Poiché questo metodo funziona bene con materiali che contengono molecole polari, esso può essere usato per individuare l’umidità all’interno del nido d’ape di strutture sandwich per via della struttura fortemente polare delle molecole d’acqua. Vibrothermography – Tecnica in cui il riscaldamento si ottiene attraverso la sollecitazione meccanica del provino. Questa può essere a bassa ampiezza ed alta frequenza oppure ad alta aNel primo caso si utilizza una sonda collegata al provino, nel secondo si può usare una macchina per le prove a fatica, ma la prova può causare la rottura del provino. In entrambi i casi una termocamera registra il riscaldamento dell’oggetto che si concentra nelle zone dei difetti.

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59.7.5 Principali vantaggi e svantaggi del metodo Vantaggi: • Buona capacità di penetrazione; • Applicabilità alla maggior parte dei materiali ivi

compresi i materiali compositi. • Elevata capacità di rilevazione di delaminazioni; • Elevata capacità di rilevare enucleazione cricche in

tests a fatica; • Elevata velocità di ripresa; • Consente analisi termoelastica; • Consente mappature termiche. Svantaggi: • Interpretazione dei risultati non immediata;

necessità di personale altamente qualificato; • Necessità di frequente calibrazione • Impianti per immersione ingombranti; • Necessita superficie liscia;

59.8 Conclusioni e tecniche di controllo non distruttivo vengono ampliamente utilizzate durante le periodic

ispezioni cui è soggetto ogni velivolo. Come già pvolte sottolineato non esiste una tecnica migliore inassoluto. La scelta di quella ottimale dipende da moltfattori: l’accessibilità alla zona di indagine, la portabilità dell’apparecchiatura, la tipologia di difetto che si debba indagare, il materiale della parte in esamee, non ultimo, il grado di sensibilità richiesto. L’esempio che segue può aiutare ad illustrare nella pratica come avviene tale scelta.

Esempio - Cricca radiale in un foro di una giunzionechiodata applicata ai pannelli metallici drivestimento della zona dell’intradosso alare. L li tuttavia necessario controllare

o strette). Analogamente

ci sono necessità particolari se non quella di fare attenzione alla faccia su cui va posizionata la pellicola radiografica. Le ispezioni con le correnti parassite necessitano invece un buon contatto tra la parte in esame e la spira della sonda. Ciò richiede un’attenta pulizia locale per superfici altamente corrose o verniciate; una pulizia più leggera (è sufficiente la frizione con un panno) per superfici mediamente corrose; non è richiesta alcuna preparazione per parti recenti. Gli ultrasuoni non richiedono trattamenti superficiali delle parti anche se è necessario te regolare. La ono sempre

possono coprire il

e misurano solamente la variazione di essore della lamiera più esterna. Gli ultrasuoni ad empio risentono di un problema di riflessione e di

scattering delle onde ultrasonore all’interfaccia fra le due lamiere. Una tecnica che dà buoni risultati è quella delle correnti parassite.

L he iù

i

i

i

difetto e rendere inefficace l’ispezione. Ove possibile sono utilizzate tecniche per le quali sono disponibili sistemi portatili ma non è raro che alcune parti del velivolo vengano smontate dallo stesso per essere ispezionate accuratamente in laboratori dedicati. Ovviamente in tal caso le parti, prima di essere rimontate sul velivolo, devono essere ripristinate allo stato originale. Nel caso della magnetoscopia, ad esempio, ciò significa demagnetizzare la parte al termine dell’ispezione. La Figura 59.57 confronta la tecnica di controllo ad ultrasuoni e quella termografica utilizzate per ispezionare una giunzione chiodata in pannelli di Al 7178-T6 di rivestimento dell’estradosso alare di un Boeing 707. L’immagine ad ultrasuoni è stata assemblata attraverso a cricca è stata rilevata tramite ispezione con

quidi penetranti. E’la zona circostante per determinare quanto la cricca è propagata all’interno del pannello e quindi l’estensione della zona danneggiata e valutare se il pannello è riparabile oppure se è necessario operarne la sostituzione. Ciò non può essere fatto con i liquidi penetranti che ovviamente rilevano solamente il difetto affiorante. E’ necessario selezionare un’altra tecnica di controllo. La radiografia è in grado di rilevare difetti interni ma non ha una sensibilità sufficiente per il caso in esame (queste cricche sono in genere micro fessure moltper gli ultrasuoni che inoltre richiederebbero la preparazione di un elemento di collegamento della sonda al pannello per aumentarne la sensibilità. La tecnica migliore in questo caso risulta essere quella

delle correnti parassite che assicura un elevato grado di sensibilità senza la necessità di apparecchiature dedicate. Il tempo di ispezione è inoltre molto contenuto.

Generalmente non è necessaria una particolare preparazione del velivolo che preceda l’ispezione ad eccezione delle aree vicine ai serbatoi per le quali è necessario rimuovere completamente il carburante per ragioni di sicurezza. La superficie della zona di indagine deve in taluni casi essere adeguatamente trattata: ciò dipende dalla tecnica di controllo selezionata. Per la radiografia non

che la superficie sia sufficientemen magnetoscopia e i liquidi penetranti richied

una pulizia superficiale assoluta della parte in esame. Incrostazioni o ruggine devono essere completamente rimosse con metodi che non influenzano il difetto da indagare. Non si devono utilizzare trattamenti superficiali, quali ad esempio la sabbiatura, che

una scansione meccanica con risoluzione di 1mm sia in direzione x che in direzione y. L’immagine termografica è stata ottenuta con una termo camera a 320x240 pixel. Un danno tipico di una zona di giunzione come quella mostrata è quello da corrosione. La difficoltà nell’ispezione risiede nella localizzazione della corrosione superficiale sulle facce a contatto dei pannelli ovvero le facce interne delle lamiere. La maggior parte delle tecniche di controllo rilevano tale danno attraverso la misura della variazione di spessore del giunto. Spesso

ste tecnichquespes

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Figura 59.58 – Riprese termografiche di componenti in composito. Pannello in carbonio rinforzato (a) e delaminazione su coda in carbonio di elicottero NH90.

Figura 59.59 – Analisi delle tensioni mediante termografia: elemento in lega Al del dispositivo di comando di una pala elicotteristica. Rottura ed immagine all’infrarosso del componente sottoposto a carico.

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Figura 59.57 – Immagini di una linea di giunzione di pannelli di rivestimento dell’estradosso alare di un Boeing 707. Fotografia (a), ripresa ad ultrasuoni (b) e ripresa termografica (c).

Per le strutture metalliche, come si può evincere da questi pochi esempi, risultano spesso preferibili tecniche che viceversa hanno forti limitazioni con componenti realizzati in materiale composito. Con i compositi la tecnica più utilizzata è in assoluto quella ultrasonora. Essa è utilizz

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2005

ata con successo per inl’p livelli ddptesloddLadccEs

[3] Gilardoni A. e al:

“DEFECTOLOGIA O CONTROLLI NON DISTRUTTIVI - CND”

Ed. Gilardoni, Mandello del Lario, 1971.

[4] Benavides, S:

“Corrosion control in the aerospace industry”

CRC Press, Boca Raton, 2009

[5] Summerscales J. :

“Non-destructive testing of fibre-reinforced plastics composites”

Ed. Elsevier applied science, Crown House, England, 1990

[6] Ventura D.:

“Tecniche termografiche per il controllo non distruttivo dei materiali compositi”

Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale, A.A 2001

[7] Vezzoli M.:

“Controllo non distruttivo di materiali compositi tramite stereoradiografia”

Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale, A.A

dagare delaminazioni e difetti interni. Un esempio è esame dell’incollaggio delle pelli di rivestimento ai annelli sandwich. Questa verifica ha raggiuntoi accuratezza tali che viene ormai praticata irettamente durante il controllo qualità in fase di roduzione. Recentemente si stanno facendo largo le cniche termografiche più raffinate. In Figura 59.58

ono illustrate delle riprese termografiche con tecnica ck-in. Nel primo esempio sono visibili al centro i

istacchi dei rinforzi, nel secondo appaiono invece elle delaminazioni. a Figura 59.59 illustra infine un esempio di pplicazione delle tecniche termografiche per l’analisi elle tensioni interne. Questo tipo di approccio onsente di mappare l’andamento degli sforzi nel omponente nonché di localizzare i picchi di sforzo. sso è utilizzato principalmente nella fase di prove perimentali su prototipi.