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54. Scheda storico-artistica Il dottore della Chiesa vissuto tra IV e V secolo è presentato in questa pala secondo l’iconografia geronimiana dell’eremita penitente in ritiro nel deserto della Calcide – promossa dai Francescani dell’Osservanza, elaborata dalla fine del XIV secolo, variante che avrà maggiore riscontro nel corso del Cinquecento (per un profilo, le fonti e lo sviluppo delle iconografie di san Girolamo, Russo 1987 e 1995). L’anziano santo è raf- figurato seminudo, con il muscoloso corpo parzialmente coperto da un manto rosso vermiglio, mentre ge- nuflesso si percuote il petto con una pietra e rivolge lo sguardo al Cristo sul crocifisso astile, che sostiene con il braccio sinistro in appoggio con il gomito su una sorta di altare ricavato nella roccia, sul quale sono anche il libro aperto e il teschio. Il volume, curiosamente scritto in lingua vol- gare e con il testo in inchiostro ros- so e nero su due colonne, potrebbe corrispondere a un breviario o a un messale, non certo alla Vulgata, la traduzione in latino della Bibbia dal greco e dall’ebraico cui si era dedicato il sapiente esegeta. In primo piano a destra su alcuni sassi è il galero car- dinalizio, nella penombra a sinistra dell’eremita si trova il leone, dall’e- spressione sorniona. La pulitura – eseguita durante il re- stauro nell’ambito Restituzioni – ha restituito piena leggibilità ai dettagli del penitente, del contesto roccioso e delle fronde che lo inquadrano, ma anche del paesaggio che si apre digradando verso l’alto: dai due cervi che pascolano, ai pastori in transito nei pressi della chiesa seguiti dal ca- ne, alle diverse costruzioni che com- pongono il lontano e dilatato borgo, accese di azzurro in prossimità dei rilievi montuosi e dello squarcio di cielo. Senza precedenti sembra essere l’aureola fiammeggiante, una sorta di sole che circonda la bella ed espressiva testa canuta. Le guide milanesi già a partire dal Seicento registrano il di- pinto come opera del pittore emilia- no Camillo Procaccini e lo segnalano nella chiesa di San Raffaele (Torre 1674, p. 338; Latuada 1737, I, p. 147; Bartoli 1776, I, p. 216; Bian- coni 1787, p. 65; Bossi 1818, p. 35; Mongeri 1872, p. 283; Ponzoni 1930, p. 279). Le carte archivistiche consultate confermano che il San Gi- rolamo è stato realizzato per il tempio che lo conserva: in un inventario di beni redatto il 4 ottobre 1630 dal parroco Giovan Battista Pozzolo vie- ne infatti elencata tra le ancone della chiesa, il cui altare era completato da altri tre dipinti (ASDMi, Metropoli- tana, XV, 1573-1621), le effigi delle sante Caterina d’Alessandria e da Sie- na e forse di santa Geltrude; inoltre nella visita pastorale del 1682 con- dotta dall’arcivescovo Federico Vi- sconti (ASDMi, Visite Pastorali, Mi- scellanea Città, vol. 16, f. 25) l’opera è descritta nella cappella omonima lungo la navata sinistra – «sub navi a parte Evangelii» –, sottolineandone le caratteristiche iconografiche – «pe- rexcellens Icone Divi Hieronimi im- magine proprius percutientis lapide pectus exhibente» – e per giunta con la precisa attribuzione «celeberrimi Pictoris Camilli Procaccini». San Raffaele è una chiesa di antica fondazione altomedioevale (Caru- belli 1992, pp. 2991-2993 e Zi- locchi 1985, pp. 226-229 e relativa bibliografia), le cui vicende costrutti- ve iniziali sono avvolte nella leggen- da: forse rifondata da re Berengario nel X secolo, dedicata a uno degli arcangeli così come altre tre delle sei chiese che in origine circondavano la cattedrale invernale di Santa Maria Maggiore, ha avuto un sostanziale rinnovamento in età borromaica per iniziativa della Compagnia laica del Santissimo Sacramento. Nell’occa- sione assunse l’attuale configurazio- ne a tre navate, con il coro e quattro cappelle, assai probabilmente su pro- getto di Pellegrino Tibaldi; la facciata con i tre portali e le erme del primo ordine rimase incompiuta fino al- la fine del XIX secolo. Riedificata dunque a partire dalla fine degli anni Settanta del XVI secolo e resa par- rocchiale, la chiesa fu molto presto arricchita nell’apparato decorativo, almeno in due diverse e ravvicinate fasi, con pitture in essa tuttora con- servate, diffusamente descritte nei documenti seicenteschi d’archivio oltre che dalla guidistica, alcune del- le quali di grande e precocemente riconosciuta qualità. Perdute forse a fine Settecento le immagini con san- ti a figura intera riferite a Gaudenzio Ferrari, al primo intervento si ricon- ducono, oltre all’opera del Procacci- ni, i dipinti di Giovanni Ambrogio Figino San Matteo e l’angelo e San Paolo (1586 circa; Cassinelli 2005, p. 247; Bora 1998, p. 201; Ciardi 1997, pp. 555-556); invece si collo- cano nei primi decenni del Seicento Il sogno di Elia di Morazzone (1610 circa: Stopp a 2003, pp. 209-210), La disobbedienza di Gionata di Cera- no (1618; Rosci 2000, p. 207) e il Cristo deposto di Melchiorre Gherar- dini – attualmente montato come pa- liotto dell’altare maggiore –, nonché gli affreschi dovuti a Giovan Battista Della Rovere detto il Fiamminghino, opere nel coro tutte da interpretarsi secondo un programma comune, in chiave eucaristico-cristologica (Ghi- glione 1997, p. 67). Trascurato dalla critica forse proprio a causa della sua scarsa leggibilità, il San Girolamo è stato ricondotto da Nancy Ward Neilson (1979, p. 44, cat. 57) al 1595 circa, cioè entro il primo decennio della presenza di Camillo Procaccini in Lombardia, dopo la realizzazione della decorazio- ne profana della Villa Visconti Borro- meo a Lainate (Morandotti 2005) e la consacrazione dell’artista quale autore di pale d’altare con il Mar- tirio di sant’Agnese per il duomo di Milano (1592; Isola Bella, collezione Borromeo). Camillo Procaccini (per un profilo, in ultimo D’Albo 2016, ma anche Zani 1999, p. 201), nato a Parma nel 1561, era giunto a Milano Camillo Procaccini (Parma, 1561 - Milano, 1629) San Girolamo penitente 1590-1595 ca tecnica/materiali olio su tavola dimensioni 241 × 141 cm provenienza Milano, chiesa di San Raffaele Arcangelo collocazione Milano, Rettoria di San Raffaele Arcangelo, navata destra scheda storico-artistica Paola Strada relazione di restauro Eliana Tovagliaro restauro Eliana Tovagliaro, Milano con la direzione di Paola Strada (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano) indagini Fabio Frezzato (coordinatore, C.S.G. Palladio s.r.l., Vicenza)

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54.

Scheda storico-artistica

Il dottore della Chiesa vissuto tra IV e V secolo è presentato in questa pala secondo l’iconografia geronimiana dell’eremita penitente in ritiro nel deserto della Calcide – promossa dai Francescani dell’Osservanza, elaborata dalla fine del XIV secolo, variante che avrà maggiore riscontro nel corso del Cinquecento (per un profilo, le fonti e lo sviluppo delle iconografie di san Girolamo, Russo 1987 e 1995). L’anziano santo è raf-figurato seminudo, con il muscoloso corpo parzialmente coperto da un manto rosso vermiglio, mentre ge-nuflesso si percuote il petto con una pietra e rivolge lo sguardo al Cristo sul crocifisso astile, che sostiene con il braccio sinistro in appoggio con il gomito su una sorta di altare ricavato nella roccia, sul quale sono anche il libro aperto e il teschio. Il volume, curiosamente scritto in lingua vol-gare e con il testo in inchiostro ros-so e nero su due colonne, potrebbe corrispondere a un breviario o a un messale, non certo alla Vulgata, la traduzione in latino della Bibbia dal greco e dall’ebraico cui si era dedicato il sapiente esegeta. In primo piano a destra su alcuni sassi è il galero car-dinalizio, nella penombra a sinistra dell’eremita si trova il leone, dall’e-spressione sorniona. La pulitura – eseguita durante il re-stauro nell’ambito Restituzioni – ha restituito piena leggibilità ai dettagli del penitente, del contesto roccioso

e delle fronde che lo inquadrano, ma anche del paesaggio che si apre digradando verso l’alto: dai due cervi che pascolano, ai pastori in transito nei pressi della chiesa seguiti dal ca-ne, alle diverse costruzioni che com-pongono il lontano e dilatato borgo, accese di azzurro in prossimità dei rilievi montuosi e dello squarcio di cielo. Senza precedenti sembra essere l’aureola fiammeggiante, una sorta di sole che circonda la bella ed espressiva testa canuta. Le guide milanesi già a partire dal Seicento registrano il di-pinto come opera del pittore emilia-no Camillo Procaccini e lo segnalano nella chiesa di San Raffaele (Torre 1674, p. 338; Latuada 1737, I, p. 147; Bartoli 1776, I, p. 216; Bian-coni 1787, p. 65; Bossi 1818, p. 35; Mongeri 1872, p. 283; Ponzoni 1930, p. 279). Le carte archivistiche consultate confermano che il San Gi-rolamo è stato realizzato per il tempio che lo conserva: in un inventario di beni redatto il 4 ottobre 1630 dal parroco Giovan Battista Pozzolo vie-ne infatti elencata tra le ancone della chiesa, il cui altare era completato da altri tre dipinti (ASDMi, Metropoli-tana, XV, 1573-1621), le effigi delle sante Caterina d’Alessandria e da Sie-na e forse di santa Geltrude; inoltre nella visita pastorale del 1682 con-dotta dall’arcivescovo Federico Vi-sconti (ASDMi, Visite Pastorali, Mi-scellanea Città, vol. 16, f. 25) l’opera è descritta nella cappella omonima lungo la navata sinistra – «sub navi a parte Evangelii» –, sottolineandone

le caratteristiche iconografiche – «pe-rexcellens Icone Divi Hieronimi im-magine proprius percutientis lapide pectus exhibente» – e per giunta con la precisa attribuzione «celeberrimi Pictoris Camilli Procaccini». San Raffaele è una chiesa di antica fondazione altomedioevale (Caru-belli 1992, pp. 2991-2993 e Zi-locchi 1985, pp. 226-229 e relativa bibliografia), le cui vicende costrutti-ve iniziali sono avvolte nella leggen-da: forse rifondata da re Berengario nel X secolo, dedicata a uno degli arcangeli così come altre tre delle sei chiese che in origine circondavano la cattedrale invernale di Santa Maria Maggiore, ha avuto un sostanziale rinnovamento in età borromaica per iniziativa della Compagnia laica del Santissimo Sacramento. Nell’occa-sione assunse l’attuale configurazio-ne a tre navate, con il coro e quattro cappelle, assai probabilmente su pro-getto di Pellegrino Tibaldi; la facciata con i tre portali e le erme del primo ordine rimase incompiuta fino al-la fine del XIX secolo. Riedificata dunque a partire dalla fine degli anni Settanta del XVI secolo e resa par-rocchiale, la chiesa fu molto presto arricchita nell’apparato decorativo, almeno in due diverse e ravvicinate fasi, con pitture in essa tuttora con-servate, diffusamente descritte nei documenti seicenteschi d’archivio oltre che dalla guidistica, alcune del-le quali di grande e precocemente riconosciuta qualità. Perdute forse a fine Settecento le immagini con san-

ti a figura intera riferite a Gaudenzio Ferrari, al primo intervento si ricon-ducono, oltre all’opera del Procacci-ni, i dipinti di Giovanni Ambrogio Figino San Matteo e l’angelo e San Paolo (1586 circa; Cassinelli 2005, p. 247; Bora 1998, p. 201; Ciardi 1997, pp. 555-556); invece si collo-cano nei primi decenni del Seicento Il sogno di Elia di Morazzone (1610 circa: Stoppa 2003, pp. 209-210), La disobbedienza di Gionata di Cera-no (1618; Rosci 2000, p. 207) e il Cristo deposto di Melchiorre Gherar-dini – attualmente montato come pa-liotto dell’altare maggiore –, nonché gli affreschi dovuti a Giovan Battista Della Rovere detto il Fiamminghino, opere nel coro tutte da interpretarsi secondo un programma comune, in chiave eucaristico-cristologica (Ghi-glione 1997, p. 67).Trascurato dalla critica forse proprio a causa della sua scarsa leggibilità, il San Girolamo è stato ricondotto da Nancy Ward Neilson (1979, p. 44, cat. 57) al 1595 circa, cioè entro il primo decennio della presenza di Camillo Procaccini in Lombardia, dopo la realizzazione della decorazio-ne profana della Villa Visconti Borro-meo a Lainate (Morandotti 2005) e la consacrazione dell’artista quale autore di pale d’altare con il Mar-tirio di sant’Agnese per il duomo di Milano (1592; Isola Bella, collezione Borromeo). Camillo Procaccini (per un profilo, in ultimo D’Albo 2016, ma anche Zani 1999, p. 201), nato a Parma nel 1561, era giunto a Milano

Camillo Procaccini (Parma, 1561 - Milano, 1629)San Girolamo penitente1590-1595 ca

tecnica/materiali olio su tavola

dimensioni 241 × 141 cm

provenienza Milano, chiesa di San Raffaele Arcangelo

collocazione Milano, Rettoria di San Raffaele Arcangelo, navata destra

scheda storico-artistica Paola Strada

relazione di restauro Eliana Tovagliaro

restauro Eliana Tovagliaro, Milano

con la direzione di Paola Strada (Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano)

indagini Fabio Frezzato (coordinatore, C.S.G. Palladio s.r.l., Vicenza)

Dopo il restauro

nel 1587 al seguito del conte Pirro I Visconti Borromeo (Camillo Pro-caccini 2007; Morandotti 2005) dopo una precoce carriera a Bologna e nel ducato estense e forse un viag-gio di formazione a Roma. La Ward Neilson per simile resa del paesaggio e del modellato delle stoffe accosta il dipinto milanese al telero con gli Apostoli alla tomba della Vergine nel-la chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo, datato tra il 1594 e il 1596. Ma altre e forse più significative ana-logie tra le due opere sono la mede-sima tipologia della testa dalla folta e lunga barba, risolta nell’esemplare bergamasco secondo differenti età e diverse angolature, il ricorso all’iden-tica postura a 45 gradi del braccio destro – nel san Girolamo portato al petto, mentre nel caso di un apostolo in appoggio al sepolcro –, e soprat-tutto la monumentale risoluzione della figura umana, che ritorna in altre opere lombarde del Procaccini riconducibili a quegli anni giovanili, ma che aveva caratterizzato pressoché tutta la sua produzione emiliana pre-cedente. Nell’ideare la composizione Camillo più che guardare alle opere dei cremonesi Campi – ad esempio la pala di Bernardino in San Sigismon-do a Cremona (1566; Tanzi 2004, tav. 20) –, non prescinde dall’osser-vazione diretta sugli altari nelle chiese milanesi delle versioni del medesimo

soggetto realizzate qualche decennio prima in piena temperie manieristi-ca: il contesto roccioso e l’altare rita-gliato nella roccia sul quale è il brano della natura morta si ritrovano infatti nelle tavole di Gaudenzio Ferrari e Giovanni Battista Della Cerva in San Giorgio al Palazzo (1545-1546; Vil-lata 2005; Sacchi 2015, p. 46-48, 160-161, 163, 166; Flamine c.d.s.) – con cui condivide anche il gesto pe-nitenziale della percussione del pet-to – e in quella di Callisto Piazza nel santuario di Santa Maria presso San Celso (1542-1543; Marubbi 2005, p. 243), altrettanto monumentale. La datazione della pala può forse essere anticipata in tempi più pros-simi alla realizzazione in San Raffaele delle tavole del Figino, suo principa-le competitore nella Milano di fine Cinquecento. Nel San Girolamo infatti non si registra ancora l’aggior-namento di Camillo sulle tendenze più recenti della pittura riformata milanese, con la rinuncia alle licenze manieriste che progressivamente vie-ne a caratterizzare la sua produzione nel corso dell’ultimo decennio del XVI secolo, per esempio nelle ante dell’organo meridionale del duomo (terminate nel 1595) e nelle quat-tro tele consegnate nel 1594 in San Francesco Grande (Milano, Pinaco-teca di Brera, in deposito; Cassinelli 2004-2005). La possente articolazio-

ne della figura, di derivazione miche-langiolesca però filtrata in particolare dalle pitture di Pellegrino Tibaldi, oltre a caratterizzare anatomie e posture della produzione emiliana, come nel San Giovanni Battista del 1577 (Modena, Galleria Estense), permane nelle opere condotte poco dopo il trasferimento a Milano, per esempio nella versione del Sacrificio di Isacco a Varallo Sesia (Pinacoteca, 1587-1590 circa) – dalle stoffe ana-logamente costruite per larghi piani e il profilo di Abramo per età ed espres-

sione molto vicino alla testa di tre quarti del santo milanese – e ancora nel ciclo dedicato a Costantino nella chiesa di Santa Croce a Riva San Vita-le (1591-1592), dove però il suo stile comincia a farsi più compassato. Il bellissimo paesaggio di maniera, po-polato da silhouette di animali e uo-mini e con soluzioni architettoniche fiabesche come la torre nel fortilizio, più che richiamare possibili modelli di derivazione leonardesca o veneta si presenta fortemente connotato in chiave nordica, forse in qualche

Prima e dopo il restauro, verso

Prima del restauro

modo già riflesso dei paesaggi di Paul Brill e Jan Brueghel il Vecchio che in quegli anni stavano entrando nella collezione di Federico Borromeo. Uno scenario naturale molto simile è sullo sfondo dell’affresco con il Sa-crificio di Isacco in collezione privata, dipinto tra il 1590 e il 1595 (Camillo Procaccini 2007, p. 160). Camillo Procaccini agli inizi del XVII secolo ritornò in altre composizioni sull’ico-nografia del santo, privilegiando però il momento della visione: nella pala da Santa Maria del Giardino, entrata

nelle collezioni braidensi e depositata nella sacrestia della Certosa di Pavia, e nella tela di destinazione privata in collezione Koelliker (Ward Neil-son 2004, p. 28; Crispo 2003). All’intenso volto di san Girolamo per simile risoluzione disegnativa ed espressività si possono accostare diversi disegni attribuiti al pittore, nessuno dei quali però propedeuti-co all’opera. Si segnala infine che a un’asta del 2010 della casa Hampel di Monaco è passata una piccola tela con attribuzione all’ambito di Giulio

Cesare Procaccini, copia modesta del dipinto milanese. Inoltre si conserva un disegno d’après presso la Bibliote-ca Ambrosiana (Milano, Biblioteca ambrosiana, F 246 inf. No. 201).Raramente Procaccini ha dipinto su tavola e poiché le condizioni del supporto di questo dipinto sono ec-cellenti non è stato necessario sotto-porlo a una vera e propria revisione. A luce visibile sulla pellicola pittorica sono leggibili due ‘X’, utilizzate come riferimento per delimitare la costru-zione della figura del protagonista. La

riflettografia effettuata in occasione del restauro, oltre a un trascurabile pentimento – il dito anulare della mano sinistra che impugna il cro-cifisso leggermente spostato verso l’alto – ha rivelato l’accurato disegno preparatorio, con la figura del santo delimitata da linee di contorno decise e sintetiche, il viso e la capigliatura re-si fin nei particolari, le ombre dell’a-natomia e dei panni tracciate a fitto tratteggio e ogni altro elemento della composizione descritto nel dettaglio, paesaggio compreso. Non si sono

Foto a luce UV Riflettografia IR

rilevate tracce di spolvero, né di in-cisioni. La ripresa fotografica in fluo-rescenza ultravioletta ha permesso di identificare la presenza di materiali sovrapposti quali vernici e ritocchi. Il cappello, cui l’intervento ha restituito la sua nappa originale, era stato inte-grato con due pompon neri.

BibliografiaTorre 1674, p. 338 (ed. 1714, p. 338); Malvasia 1678, I, p. 285; Latuada 1737, I, p. 147; Bartoli 1776, I, p. 216; Bianconi 1787, p. 65; Bossi 1818, p. 35; Mongeri 1872, p. 283; Ponzoni 1930, p. 279; Thieme-Becker 1933, XXVII, p. 413; Venturi 1933, IX, 6, p. 778; Ward Nielson 1979, p. 44; Bona Castellotti, in Santagostino [1671] 1980, p. 19 nota 18; Zilocchi 1985, p. 229; Carubelli 1992, p. 2992; Ward Nielson 2004, p. 28.

Prima e dopo il restauro, particolare con il volto di san Girolamo

Dopo il restauro, particolare con il paesaggio

Relazione di restauro

L’obiettivo principale del restauro conservativo è stato il recupero della cromia originale, falsata da stratificazioni disomogenee di ver-nici alterate e pigmentate che com-promettevano la corretta leggibilità dell’opera. Il dipinto, proveniente dalla chiesa di San Raffaele a Mi-lano e raffigurante san Girolamo, è corredato da una cornice, di epoca più tarda, a sagoma in legno e do-rata a guazzo.

Tecnica esecutivaIl manufatto è stato dipinto su un supporto ligneo, composto da quattro tavole, assemblate tra loro con nove incastri a doppia coda di rondine, cavicchi interni a sezione circolare e due traverse lignee orizzontali scorrevoli, inse-rite in una traccia trapezoidale. La traversa superiore è stata fissata al supporto con quattro chiodi. La caratterizzazione della specie li-gnea del supporto è stata effettuata mediante microscopia ottica sulla sezione trasversale del campione, dalla quale appaiono evidenti le caratteristiche morfo-anatomiche del legno di noce (Juglans regia L.).Dai risultati dell’indagine condotta sulle sezioni microstratigrafiche dei campioni sono emersi elementi si-gnificativi in relazione ai materiali pittorici e alla tecnica esecutiva: la preparazione della tavola compren-de due strati, il primo bruno e il se-condo, più sottile, di colore bruno scuro, i cui ingredienti principali sono ocre, terre, carbonato di cal-cio e biacca legati in olio. Sopra la preparazione vera e propria è stata stesa un’imprimitura oleosa di co-lore giallo/giallo-bruno, contenen-te biacca e percentuali più basse di ocre, terre e carbonato di calcio. Un ulteriore e sottilissimo strato di so-stanza organica isola la preparazio-ne dagli strati soprastanti.Le stesure pittoriche contengono pigmenti, mescolati in olio sicca-tivo, che rientrano tra quelli della tradizione esecutiva europea dell’e-poca a cui appartiene l’autore. Di questi, il blu di smalto risulta al-

1. Durante il restauro, particolare del cappello cardinalizio dopo la pulitura e la stuccatura

2. Durante il restauro, particolare del cappello cardinalizio dopo l’integrazione pittorica

terato. Non sono stati individuati pigmenti entrati in uso dal Sette-cento in avanti.Sono presenti tracce di trattamen-ti superficiali, a base di composti proteici, che risalgono a un periodo precedente alla vernice presente in superficie, a base di resina terpenica.

Stato di conservazioneLe quattro tavole che compongono il supporto ligneo non sono per-fettamente planari, ma sono leg-germente imbarcate verso l’esterno rispetto alla pellicola pittorica e la terza tavola è leggermente distanzia-ta dalla quarta. Degradi che si po-tevano osservare sul verso erano lo slittamento della traversa inferiore

verso destra di 3,5 cm; la mancan-za di un incastro a doppia coda di rondine; la presenza di gore soprat-tutto in prossimità delle traverse e un consistente deposito di polveri grasse. Sul recto il degrado maggio-re era costituito da sovraemissione patologica. Integrazioni pittoriche a olio e a tempera alterate, vernici ingiallite e sporco di varia natura (polveri grasse assorbite in modo di-somogeneo dalla vernice) compro-mettevano la leggibilità dell’opera.Sotto gli strati incongrui stesi nei precedenti restauri, si intuiva il degrado degli strati pittorici, quali abrasioni e svelature. Nella parte superiore del dipinto e sopra il cap-pello cardinalizio si riscontravano

sollevamenti e distacchi di scaglie di colore con la formazione di la-cune. Curioso è stato un intervento d’interpretazione del cappello car-dinalizio con l’aggiunta pittorica di due elementi decorativi di colore nero (pompon), dipinti per ma-scherare due estese lacune. Dopo la pulitura si è potuto apprezzare la bellezza della nappa decorativa originale del cappello (figg. 1-2).

Intervento di restauroPer l’identificazione dei materiali pittorici e l’acquisizione di elemen-ti utili alla conoscenza della tecnica impiegata per realizzare il dipinto sono state eseguite indagini di dia-gnostica invasiva e non invasiva. La

ricerca per immagine ha compreso fotografie a luce visibile, diffusa e in radenza, riflettografia IR e fluo-rescenza UV. La diagnostica invasiva si è avval-sa dell’analisi microstratigrafica su tre campioni prelevati dal recto e un’analisi morfoanatomica su un campione di legno prelevato dal supporto ligneo. Le sezioni micro-stratigrafiche ricavate dai campioni sono state osservate al microscopio ottico, sottoposte ad analisi all’E-SEM/EDS per approfondire la ricerca dei materiali costitutivi e analizzate mediante microspettro-fotometria FTIR. La misurazione del pH con piaccametro a contatto è stata eseguita in diversi punti del

3. Durante il restauro, particolare con saggio di pulitura 4. Durante il restauro, particolare con saggio di pulitura

recto del dipinto e la media dei va-lori calcolata è di circa 5,5. La prima operazione di restauro effettuata è stata la messa in sicu-rezza delle zone fragili e instabili della pellicola pittorica. Le scaglie

di colore sollevate sono state dun-que riadese alla preparazione e al supporto con adesivo a freddo Eva Art (adesivo sintetico di origine vinilica in dispersione acquosa) diluito1:1, esercitando una leggera

pressione meccanica. Successiva-mente è stata eseguita la pulitura a secco tramite pennello con setole morbide e micro-aspiratore, sia sul verso che sul recto. Il verso è stato trattato preventi-

vamente con prodotto antitarlo a base di permetrina Per-xil 10, ap-plicato a pennello. In una seconda stesura è stato aggiunto all’antitarlo in proporzione 1:1 il consolidante specifico per il legno Rexil, a base di Regalrez 1126. Dopo avere rimosso i depositi in-coerenti, sul recto sono stati eseguiti i test di solubilità con miscele sol-venti a diversa polarità, eseguiti su piccole zone per l’individuazione della metodologia a dei solventi idonei da utilizzare per la rimozio-ne della vernice non originale e de-gli strati di ridipintura alterati, risa-lenti a un precedente intervento di restauro. La miscela di solventi che ha risposto meglio al livello di puli-tura che si voleva raggiungere è LE2 (ligroina 80% + etanolo 20%). Per ottenere una pulitura più control-lata e superficiale la miscela scelta è stata addensata con Carbopol ed Ethomeen C12. Il solvent gel è stato applicato a pennello e lavora-to con un tamponcino di cotone, successivamente rimosso con un tamponcino di cotone asciutto. Il lavaggio della zona trattata è stato eseguito con ligroina. La metodo-logia impiegata ha seguito criteri di gradualità nell’assottigliamento delle sostanze incongrue sopram-messe (figg. 3-5). Conclusa la pulitura, la superficie è stata verniciata a pennello con ver-

6. Durante il restauro, verso, pulitura

5. Durante il restauro, particolare con saggio di pulitura

7. Durante il restauro, particolare della cornice dopo l’integrazione pittorica

nice a base di Laropal A 81 (resina urea-aldeide a basso peso moleco-lare) sciolta in idrocarburi. È quin-di seguita l’operazione di stucca-tura, grazie alla quale le mancanze di maggiori dimensioni e profon-dità sono state riempite con resina epossidica bicomponente Balsite. Le lacune superficiali, invece, sono state integrate a imitazione di su-perficie, con stucco a base di gesso e colla di coniglio (fig. 8). Le stuccature sono state trattate cromaticamente con stesure di ve-

lature brune ad acquerello, imitan-do la cromia della preparazione ori-ginale; la reintegrazione cromatica a tono delle lacune è stata eseguita per sovrapposizione con pigmenti selezionati legati con resina urea-aldeidica Laropal A 81. La verniciatura finale ha compor-tato cicli di applicazione omoge-nea mediante nebulizzazione di un film protettivo, resina alifatica Regalrez 1094 Gloss, unita a una piccola percentuale di Matt, diluita in idrocarburo leggero. L’applica-

zione di questo film ha la funzione di salvaguardare la materia dal de-posito di polvere e di sporco, dagli sbalzi termoigrometrici e dalle fon-ti luminose.Le giunture distanziate tra le tavole non sono state reintegrate per per-mettere il naturale movimento del legno e non creare un potenziale punto di attrito che potrebbe an-dare ad alterare l’equilibrio stabile e monitorato, raggiunto nei secoli di vita del supporto ligneo. Sul ver-so è stata inserita la doppia coda di rondine andata persa, posizionata a incastro, realizzata con la stessa es-senza legnosa stagionata, sceglien-do l’orientamento della direzione della fibratura in linea con gli altri otto inserti.La traversa inferiore è stata ribattu-ta gradualmente fino a raggiungere il posizionamento ottimale.Per la corretta conservazione del manufatto è stato costantemente monitorato e registrato il microcli-ma (temperatura e umidità relati-va) con due termoigrometri Beurer HM55.

CorniceLa cornice lignea non è originale ed è stata aggiunta al dipinto in un secondo momento. È composta da listelli modanati e assemblati tra loro. I fori da tarlo sono passivi e il manufatto non è interessato da degrado di insetti xilofagi. La pre-parazione è in gesso e colla trattata con bolo e dorata con foglia oro.Le sovraemissioni patologiche ri-scontrate erano della stessa natu-ra del dipinto; le lacune maggiori interessavano i quattro angoli della cornice. L’angolo in alto a destra presentava una grossolana rico-struzione con stucco. Non è stato sovrapposto un intervento di rein-tegrazione alla doratura originale e le mancanze dell’oro mostrano il bolo.L’intervento di restauro è iniziato con la pulitura a secco, che è stata eseguita con un pennello a setole morbide e con la micro-aspirazione sia sul verso sia sul recto. Il metodo di pulitura adottato per il recto do-rato è stato il medesimo utilizzato

per la pulitura del dipinto, ma la percentuale di etanolo contenuta nel solvent gel è stata abbassata. Il verso è stato trattato preventiva-mente con prodotto antitarlo a ba-se di permetrina e consolidato con Rexil, entrambi stesi a pennello. I distacchi di maggiore entità sono stati incollati con colla alifatica per legno, per i sollevamenti della pre-parazione si è scelto di iniettare Eva Art diluito.Le mancanze di grande dimensio-ne sono state colmate con Balsite (resina epossidica bicomponente), utilizzata anche come adesivo per il corretto riposizionamento dei quattro angoli. Le stuccature di superficie sono sta-te eseguite con gesso e colla, imi-tando l’aspetto estetico e costituti-vo dell’originale, successivamente integrate pittoricamente con colori ad acquerello, intonati alla cromia del bolo. La reintegrazione croma-tica a tratteggio delle lacune è stata eseguita per sovrapposizione con oro micaceo e pigmenti selezionati legati con resina urea-aldeidica. La protezione e verniciatura dell’in-tegrazione pittorica è stata eseguita con un film protettivo di resina ali-fatica nebulizzata. La scelta di ver-niciare solo l’integrazione pittorica è stata dettata dalla bella lucentezza e buona conservazione della foglia d’oro (fig. 7). Il gancio metallico in ferro applica-to sul regolo superiore della cornice con funzione di ancoraggio dell’o-pera alla parete è stato pulito a sec-co con una leggera azione mecca-nica per la rimozione della ruggine e protetto con Incral 44 (a base di resine acriliche). Il dipinto è stato reinserito all’interno della cornice con molle metalliche avvitate sul verso della cornice e sarà infine ri-posizionato sulla parete destra della navata nella chiesa di San Raffaele a Milano.

8. Durante il restauro, totale dopo la pulitura e la stuccatura

Abbreviazioni

ASDMi: Archivio Storico Diocesano di Milano.

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