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Climatizzazione e ventilazione Impianti di climatizzazione e qualità dell’aria interna

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Informazioni legali L’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici o le persone che agiscono per conto dell’Agenzia stessa non sono responsabili per l’uso che può essere fatto delle informazioni contenute in questo documento. Riproduzione autorizzata citando la fonte

Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici Via Vitaliano Brancati, 48 – 00144 Roma www.apat.it

Documento a cura di M. G. Simeone, A. Lepore, V. Ubaldi, G. Otero Settore Impatti sull’inquinamento indoor – Servizio Inquinamento Atmosferico ed Ambiente Urbano – Dipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia Ambientale

Data di aggiornamento: maggio 2005

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Premessa I climatizzatori sono degli utili strumenti che possono migliorare la qualità dell’aria ed il comfort negli ambienti confinati, ma che necessitano di regolare manutenzione per non compromettere la funzionalità. Una delle cause di una scadente qualità dell’aria è rappresentata dagli impianti di climatizzazione gestiti in modo inopportuno o installati inadeguatamente. Gli impianti per la climatizzazione svolgono le funzioni di controllo delle condizioni termiche e di umidità dell’aria, di ricambio controllato dell’aria e di cattura per filtrazione di polvere ed altre particelle. Se queste vengono a mancare il benessere termico, cioè l’insieme di fattori fisici e fisiologici che condizionano gli scambi termici tra l’uomo e l’ambiente (temperatura dell’aria, umidità relativa e ventilazione), si può trasformare in effetti negativi per la salute.

Sommario

• Impianti di climatizzazione dell’aria • Principali tipologie di impianto • Filtri d’aria

• Gli impianti di climatizzazione come causa di inquinamento dell’aria interna • I rischi per la salute correlati agli impianti di climatizzazione • Ventilazione

• Norme e documenti nazionali ed internazionali per la progettazione, gestione e

manutenzione dei sistemi di condizionamento e ventilazione

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Impianti di climatizzazione dell’aria La climatizzazione consiste nel controllo simultaneo e interdipendente di quattro condizioni ambientali fondamentali: la temperatura, l'umidità, il movimento e la qualità dell'aria. Il principio di funzionamento del climatizzatore sfrutta alcune leggi della termodinamica: per ottenere il raffreddamento e la deumidificazione di un ambiente occorre sottrarre calore a quest’ultimo. Come è noto, il calore si trasmette da un corpo a temperatura più elevata ad uno a temperatura minore, quindi per sottrarre calore all’ambiente bisogna utilizzare una macchina frigorifera. Il circuito frigorifero di un impianto di climatizzazione sfrutta il cambiamento di stato di un fluido refrigerante, il freon: circolando all'interno di un circuito e fatto cambiare di stato (evaporazione e condensazione) assorbe e cede calore. A seconda della pressione e della temperatura di esercizio, il freon si può trovare all'interno del ciclo allo stato vapore, allo stato liquido, od in condizione di miscuglio liquido-vapore. Il ciclo può essere suddiviso in due parti distinte: un’unità interna all’ambiente e una esterna, collegate tra loro da cavi elettrici e da tubi di rame, dove circola il freon. Nell’unità interna il liquido refrigerante assorbe calore dal locale da climatizzare (evaporazione del refrigerante), mentre in corrispondenza dell’unità esterna il liquido refrigerante cede calore all'ambiente esterno (condensazione del refrigerante). Gli elementi contenuti all’unità interna sono:

• uno scambiatore di calore, chiamato evaporatore (evapora il fluido, assorbe calore dall’ambiente),

• un ventilatore. I componenti presenti nell’unità esterna sono:

• un compressore, • uno scambiatore, chiamato condensatore (condensa il gas, cede calore all’esterno), • un ventilatore, • un organo di laminazione (capillare).

Lo schema del circuito frigorifero è rappresentato in figura.

In tutto il circuito circola il gas freon, ma il suo stato e la sua temperatura sono molto diversi a seconda di dove si trova. Ad esempio, il compressore porta il freon ad alta temperatura e pressione. In questo stato il gas arriva allo scambiatore esterno "B" che, aiutato dal ventilatore, cede parte del calore del gas all'aria. Questo si raffredda e cambia stato diventando liquido; a questo punto è costretto a passare attraverso un tubo capillare. Il passaggio attraverso il capillare comporta una diminuzione della pressione, senza peraltro consentire uno scambio termico con l'ambiente esterno. Il freon si porta di conseguenza ad una temperatura di evaporazione, molto inferiore alla temperatura ambiente. Ora il freon liquido, a bassa pressione e bassa temperatura, è pronto per arrivare allo scambiatore "A", all'interno dell'ambiente, dove evaporando, aiutato dal ventilatore, assorbe calore dall'aria ambiente e poi ritorna al compressore per un nuovo ciclo.

A B

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Esistono climatizzatori in grado di produrre, oltre al “freddo”, anche il “caldo” e quindi, nella stagione invernale, in grado di prendere una certa quantità di calore dall'aria esterna a bassa temperatura e cederla all'aria interna a più alta temperatura. Si tratta delle pompe di calore, che, per produrre il caldo invertono il ciclo frigorifero: è come se si ponesse l'evaporatore all'esterno ed il condensatore all'interno, con un effetto raffrescante fuori ed un effetto riscaldante all'interno. Ciò è reso possibile dall’installazione di una valvola a quattro vie che inverte i flussi del refrigerante. Principali tipologie di impianti

• Climatizzatori portatili monoblocco. Gli apparecchi monoblocco sono composti da una sola unità che comprende il circuito frigorifero, il compressore e la sezione ventilante e sono forniti di un tubo di espulsione dell'aria calda che va collocato tra i battenti di una finestra. Montati su ruote, si trasportano facilmente da una stanza all'altra; sono, infatti, adatti a rinfrescare un solo locale alla volta di circa 20-25 mq. I climatizzatori monoblocco, avendo il motore incorporato, sono piuttosto rumorosi.

• Climatizzatori split. Sono costituiti da due unità: il compressore e il climatizzatore vero e proprio. Il compressore, la parte più rumorosa, viene collocato esternamente, mentre il climatizzatore interno può essere a muro o a soffitto. Le due unità sono unite fra loro attraverso tubi flessibili collegati al compressore da un piccolo foro nel muro. Sono apparecchi poco rumorosi, caratterizzati da un alto rendimento e possono essere utilizzati per condizionare uno specifico locale, anche grande fino a 50 mq. I dispositivi di questa tipologia possono essere monosplit e multisplit. In quest’ultimo caso il compressore è collegato con più elementi, collocati a soffitto, a parete o a pavimento nei diversi locali che si desidera condizionare; si tratta di impianti molto flessibili in quanto permettono di regolare la temperatura di ogni ambiente in modo indipendente. Sono, infatti, particolarmente adatti per condizionare più locali o l’intera abitazione. La sezione esterna è tipicamente installata su balconi, terrazze o fissata sulle pareti mentre gli apparecchi interni possono essere da controsoffitto, da soffitto, da parete. Le tubazioni possono correre a ridosso delle pareti o essere incassate nelle murature.

I climatizzatori monosplit e multisplit possono essere dotati di tecnologia “inverter”, che consente di risparmiare energia elettrica. Il climatizzatore inverter è fornito di un dispositivo elettronico, che aumentando o diminuendo il regime di rotazione del compressore, permette la modulazione della potenza erogata dalla macchina, in maniera proporzionale alla effettiva richiesta di "freddo" o "caldo" (nel caso in cui il climatizzatore sia anche pompa di calore) dell'ambiente, eliminando continui arresti e accensioni.

• Climatizzatori canalizzati. Un’altra soluzione consiste nella canalizzazione dell’impianto: un’unica unità inserita nel controsoffitto diffonde l’aria condizionata attraverso canaline, tipicamente in lamierino d’acciaio o in materiale coibente rivestito d’alluminio, anch’esse posizionate nel controsoffitto. L’aria viene immessa nei locali per mezzo di bocchette orientabili ricavate nelle pareti. L’aria dei locali è aspirata dalle unità interne, filtrata ed inviata alla batteria di scambio termico per essere raffreddata (o riscaldata) e quindi ridistribuita negli ambienti.

Filtri d’aria La funzione di un impianto di climatizzazione di migliorare la qualità dell'aria negli ambienti chiusi è determinata dal processo di purificazione e filtrazione dell'aria che negli impianti avviene mediante la presenza di opportuni filtri, in grado di eliminare gli odori e di trattenere alcune sostanze presenti, molto spesso inquinanti. Requisito fondamentale di un impianto di trattamento dell’aria, quindi, è la presenza di un sistema di filtrazione efficiente e ben manutenuto. La classificazione dei filtri d’aria è regolata da svariate norme che permettono di definire con

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precisione le caratteristiche del filtro in relazione alla propria classe di efficienza ed impiego. I filtri d’aria attualmente contemplati dalle diverse norme sono suddivisi in tre categorie principali:

• grossolani • fini • assoluti, che a loro volta sono suddivisi in due classi differenti:

- HEPA (High Efficiency Particulate Air Filters) - ULPA (Ultra Low Penetration Air Filters).

In particolare il filtro HEPA rappresenta un filtro meccanico di superficie estesa che ha un'efficienza minima di rimozione della particella pari al 99,97% per tutte le particelle di diametro uguale o superiore a 0,3 micron. Un vantaggio del sistema di filtrazione d'aria HEPA è che può rimuovere gli acari, le polveri in sospensione ed alcuni composti organici volatili; sono quindi altamente consigliati per chi soffre di allergia. I filtri ULPA sono dotati di una specificità di efficacienza di filtraggio per ambienti in cui deve essere mantenuto un più alto grado di aria pulita, come camere bianche, sale operatorie, laboratori batteriologici, ecc. Un filtro ULPA è in grado di trattenere le particelle di 0,12 µm di dimensioni con un’efficienza del 99,999%. Gli impianti di climatizzazione come causa di inquinamento dell’aria interna Gli impianti di condizionamento possono, in determinate condizioni, provocare un impatto negativo sulla qualità dell’aria indoor attraverso due distinti meccanismi: mediante trasporto e diffusione di contaminanti generati da sorgenti presenti nell’edificio e/o da sorgenti esterne, oppure favorendo la generazione di contaminanti. Ad esempio:

• Un’inopportuna installazione della griglia di presa d’aria in prossimità di fonti outdoor di inquinamento, come traffico veicolare, parcheggi, garage, depositi di rifiuti, scarichi di altri impianti, ecc., può comportare l’introduzione di aria altamente inquinata o immettere odori sgradevoli.

• Un posizionamento non corretto delle griglie di presa e di scarico dell’aria all’esterno può creare situazioni di corto circuito tra l’aria viziata espulsa e l’aria aspirata dall’esterno.

• Impianti con flusso d’aria intermittente o flusso regolato in relazione ai fabbisogni termici, a minor consumo energetico, possono causare una ventilazione insufficiente e quindi un possibile accumulo di inquinanti che possono essere difficilmente rimossi.

• La bassa efficienza dei filtri, unita ad una scarsa manutenzione, può provocare l’accumulo di polvere, pollini e l’insorgere di batteri, acari e altri microrganismi biologici.

• Gli alti livelli di umidità possono provocare con il tempo acqua stagnante ed incrostazioni lungo le canalizzazioni e nei diversi componenti dei condizionatori, con conseguente sviluppo di microrganismi.

Ogni componente dell’impianto è soggetto ad azioni di degrado più o meno concatenate tali da rendere gli elementi stessi sorgenti di inquinamento che concorrono ad un peggioramento continuo delle condizioni di salubrità dell’aria. I componenti dell’impianto principalmente soggetti a degrado sono:

- Griglie: si possono formare incrostazioni; - Filtri: accumulo eccessivo di polveri o particelle e di conseguenza filtrazione

inadeguata; - Ventilatore: incrostazioni e polvere nel box e sulle pale; - Batteria di riscaldamento: incrostazioni e polvere sulle lamine; - Batteria di raffreddamento: incrostazioni e polvere sulle lamine, acqua stagnante o

incrostazioni nella vasca di drenaggio; - Umidificatore: ugelli incrostati, proliferazione microbica nell’acqua; - Canalizzazione dell’aria: polveri, incrostazioni, contaminazione microbica; - Diffusori: sedimentazione di polvere.

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La tabella seguente riporta una classificazione delle sorgenti intrinseche, sorgenti connesse con la contaminazione ed effetti della progettazione e delle modalità operative associate ad esempi tipici di problemi che danno origine a contaminazione.

Tabella: Potenziali fonti di contaminanti negli impianti di condizionamento dell’aria.

Sorgenti e problemi

Esempi tipici

1. Contaminati emessi da sorgenti intrinseche agli impianti

1.1 Materiali fibrosi Asbesto; danneggiamento e rilascio di fibre da isolanti interni

1.2 Prodotti di degradazione delle superfici metalliche Deterioramento e erosione di materiali di trattamento superfici di rivestimento, di prodotti di corrosione e di metalli

1.3 Sigillanti, stucchi, adesivi Sviluppo di gas ed emissione di VOC; deterioramento

1.4 Oli lubrificanti, ecc. Ventilatori, motori

2. Inquinanti e processi di contaminazione che possono svilupparsi in componenti impiantistici

2.1 Contaminazione biologica e crescita di microrganismi

Sviluppo di microrganismi; Emissione di aerosol con contaminanti biologici e di VOC in parti dell’impianto (e.g. batterie fredde, vasche condensa, scarichi, filtri, superfici interne e isolamento dei canali, plenum, umidificatori, torri)

2.2 Accumuli di VOC Isolanti; Filtri; attenuatori acustici; accumuli di polvere

2.3 Altri depositi di mat. organici Foglie; deiezioni di volatili, ecc.

2.4 Accumuli di polveri Materiali di costruzione, recessi, ecc. nei quali si formano accumuli di polvere che possono dar luogo a contaminazione microbica, ad assorbimento.- cessione di VOC, a riduzione di portata, ecc.

2.5 Inquinanti immessi nel vapore (prodotto in caldaia) Anticorrosivi, biocidi, anticalcare, neutralizzanti per il controllo del pH

2.6 Impiego di prodotti di pulizia e biocidi Biocidi, disinfettanti, deodoranti

3. Inadeguato funzionamento degli impianti in relazione al controllo di sorgenti estrinseche

3.1 Ventilazione e ricambi d’aria Inadeguata immissione di aria esterna; inadeguata miscelazione e diluizione dei contaminanti

3.2 Controllo delle condizioni termoigrometriche Umidità dell’aria ambiente troppo elevate o troppo basse

3.3 Trasporto di contaminati tra locali e zone dell’edificio

Migrazione di odori, VOC e particolato

3.4 Prese di aria esterna Posizionamento; aria esterna inquinata, reingressi di contaminanti scaricati dall’edificio

3.5 Pressurizzazione dell’edificio Ingresso non controllato negli ambienti di aria esterna contaminata

3.6 Migrazione di contaminanti nei recuperatori di calore

Contaminazione incrociata; assorbimento - cessione di VOC

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Premessa indispensabile affinché i sistemi di climatizzazione e ventilazione possano funzionare in modo opportuno è costituita dal fatto che i requisiti igienici siano permanentemente rispettati. Tali sistemi devono essere, quindi, progettati, costruiti ed istallati in modo tale da consentire la pulizia di tutte le superfici interne e di tutti i componenti, in conformità alle disposizioni della ENV 12097 ("Rete delle condotte. Requisiti relativi ai componenti atti a facilitare la manutenzione delle reti delle condotte" - 1997). Fondamentale risulta, poi, l’aspetto manutentivo: devono essere effettuate ispezioni tecniche e di manutenzione regolari insieme a frequenti controlli igienici da parte di personale addetto alla manutenzione; i filtri, infine, devono essere ispezionati e puliti periodicamente. I rischi per la salute correlati agli impianti di climatizzazione Errate progettazioni e installazioni, scarsa igiene e inappropriata manutenzione degli impianti di condizionamento possono contribuire a trasformare i climatizzatori da strumenti utili e di comfort a sorgenti di diffusione e amplificazione di contaminanti. In questi casi le patologie che si possono contrarre sono principalmente di tipo infettivo e di tipo allergico.

• La “malattia del legionario” è la più comune delle infezioni ed è causata dai microrganismi Legionella pneumophila che si riproducono senza difficoltà nelle acque stagnanti delle tubazioni dei condizionatori. La patologia prende il nome dalla grave epidemia che si verificò negli assistenti della Legione Americana a Filadelfia nel corso di un convegno nel 1976, a causa del batterio cresciuto nell’impianto difettoso d’aria condizionata. Si tratta di germi a trasmissione aerogena, in grado di sopportare alte temperature in acqua; inalati attraverso goccioline di liquido e vapore provocano gravi infezioni respiratorie. Il tempo di incubazione della malattia varia da 2 a 10 giorni e le conseguenze variano secondo lo stato di salute. Nelle persone con disturbi polmonari può provocare una polmonite abbastanza grave.

La “febbre di Pontiac” è una forma di legionellosi più lieve, simil-influenzale, che deve il proprio nome ad un’epidemia acuta febbrile verificatasi nell’omonima località del Michigan (USA) nel 1968. Si presenta come una malattia acuta autolimitante che non interessa il polmone: dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore, compaiono febbre, malessere generale, mialgia, cefalea ed a volte tosse e gola arrossata.

• Altri batteri che possono causare malattie di tipo infettivo appartengono ai generi Pseudomonas e Klebsiella, agenti microbici che possono rappresentare un rischio elevato in ambienti ospedalieri; anche le specie, Staphylococcus aureus, Enterobacter agglomerans e Acinetobacter calcoaceticus var. anitratus possono essere implicate in queste patologie e sono spesso diffuse da umidificatori.

• Le patologie di tipo allergico sono spesso legate alla presenza di allergeni prodotti da acari della polvere e da miceti e possono manifestarsi in individui geneticamente predisposti. Gli acari vivono nella polvere ma per il loro sviluppo sono necessarie condizioni di elevata umidità, anche a medie temperature. Le specie più diffuse all’interno degli edifici sono Dermatophagoides farinae e Dermatophagoides pteronyssinus. L’umidità, oltre a favorire la riproduzione degli acari, causa la formazione e la proliferazione di funghi. Le colonie di funghi più spesso ritrovate nei filtri dei sistemi di condizionamento, dove, detriti di vegetali, insetti e prodotti del metabolismo possono costituire un idoneo substrato di crescita, appartengono in genere alle seguenti specie delle quali è conosciuto il potenziale allergico: Cladosporium spec., Penicillium spec., Potrytis spec., Aspergillus spec., Fusarium spec. L’Aspergillus può essere responsabile anche di patologie infettive, come l’aspergillosi broncopolmonare, e dell’aspergillosi broncopolmonare primaria allergica, che si palesa in soggetti precedentemente sensibilizzati. Elevate concentrazioni di spore di Aspergillus,

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Alternaria e Penicillium possono essere responsabili di quadri di alveolite allergica estrinseca.

• Il cosiddetto “malessere del lunedì” (o “febbre da umidificatore”) è stato correlato all'esposizione ad allergeni prodotti dall'ameba Naegleria gruberi provenienti da umidificatori: soggetti che rientravano nei luoghi di lavoro dopo il fine settimana accusavano, dopo 4-8 ore dal rientro, sintomi di febbre di tipo influenzale, mal di testa, tosse, mialgia, atralgia e dispnea. Anche altri microrganismi possono essere implicati in tale patologia, perché ritrovati in umidificatori contaminati o perché inducono sieroconversione: B. subtilis, Acanthoamoeba, e alcune endotossine.

In alcuni episodi a carattere micro-epidemico è emerso il chiaro coinvolgimento dell’impianto di condizionamento, tuttavia l’agente eziologico coinvolto può rimanere sconosciuto, pur nell’ambito di allergeni, tossine batteriche o endotossine.

Ventilazione Non essendo sempre possibile il controllo degli inquinanti alla fonte, si ricorre spesso alla ventilazione, intesa come immissione di aria dall’esterno o tramite l’estrazione localizzata, che consente, in generale, di diluire e rimuovere gli inquinanti presenti negli ambienti confinati. Una ventilazione insufficiente è una delle cause principali di una scarsa qualità dell'aria, potendo provocare l'accumularsi di sostanze inquinanti e l’insorgere di odori che influenzano lo stato dell’aria indoor. L’apporto ideale di aria esterna dipende dal tipo di locale e dal numero di occupanti, in misura sufficiente a diluire gli inquinanti e gli odori al livello idoneo; i valori di portata sono usualmente espressi in m3/h per persona. Un parametro fondamentale adottato nelle indagini di qualità dell’aria è la concentrazione di anidride carbonica (CO2): soprattutto in ambienti ad elevato tasso di occupazione, quali teatri, auditorium, ecc., essa viene generalmente utilizzata per controllare gli apporti di aria esterna (valutando la percentuale di aria immessa dai sistemi di condizionamento), il suo grado di miscelazione con l’aria interna ed, in generale, le prestazioni dei sistemi di trattamento dell’aria. Nel complesso, quindi, la concentrazione di CO2 viene utilizzata come indicatore surrogato della ventilazione in relazione alle valutazioni di adeguatezza della diluizione degli inquinanti prodotti dagli occupanti, e come parametro di controllo dei tassi. In particolare, la norma ASHRAE 62-1989 presenta una relazione in cui il tasso di ventilazione per occupante è inversamente proporzionale alla concentrazione dell’anidride carbonica. Tuttavia la CO2, non fornendo indicazioni sulle sorgenti degli altri tipi di inquinanti, tantomeno di quelli non percepibili come il monossido di carbonio, il radon, ecc., non si rivela del tutto adatta come indice generale di qualità dell’aria. Il ricambio di aria può avvenire mediante l’infiltrazione, ossia attraverso le fessure e gli spiragli, oppure tramite una ventilazione naturale, una ventilazione meccanica o una combinazione delle due. Presupposto fondamentale è una buona qualità dell’aria esterna. L’infiltrazione non fornisce un afflusso sufficiente di aria, anche se può aumentare le spese energetiche. L’aria esterna spesso penetra negli ambienti interni perché questi sono in depressione rispetto all’esterno. Tale depressione produce dei moti convettivi nel suolo che fanno sì che l’aria venga “aspirata” verso l’interno degli edifici stessi, trascinando inquinanti che possono essere presenti, come il radon o contaminanti tossici nel caso di vicini depositi di rifiuti. Inoltre l’aria può penetrare attraverso la canna fumaria trasportando all’interno delle abitazioni i prodotti di combustione, come il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto, il biossido di zolfo. La ventilazione naturale, attraverso finestre e porte aperte, consente di migliorare la qualità dell’aria interna ma presenta alcune limitazioni, come la mancanza di controllo del flusso e la possibilità di immissione dall’aria esterna di sostanze indesiderate come pollini e spore. La ventilazione meccanica e gli impianti di climatizzazione possono costituire un efficiente strumento di controllo della presenza di contaminanti negli edifici; tale capacità dipende dalle scelte

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effettuate in fase di progetto, come i valori della portata di aria esterna, l’adozione del ricircolo, il sistema adottato per la diffusione dell’aria e il dimensionamento dei terminali, i materiali utilizzati, ecc., ma anche dalle successive fasi di installazione, taratura e bilanciamento, collaudo, gestione e manutenzione. Inadempienze o carenze nello svolgimento delle azioni previste nelle diverse fasi di vita dell’impianto e nella trasmissione di responsabilità e informazione tra i soggetti responsabili di ciascuna di esse possono avere conseguenze negative sulla qualità ambientale dell’aria indoor, oltre che sui costi economici. Norme e documenti nazionali ed internazionali per la progettazione, gestione e manutenzione dei sistemi di condizionamento e ventilazione • Norma UNI ENV 12097:1999. Ventilazione negli edifici - Rete delle condotte - Requisiti

relativi ai componenti atti a facilitare la manutenzione delle reti delle condotte. Prescrive linee guida per la progettazione, installazione e manutenzione dell’impianto di distribuzione dell’aria. Specifica le dimensioni, la forma ed i criteri di collocazione delle aperture, delle botole di accesso ed ispezione e delle porte di accesso per la pulizia e la manutenzione delle condotte di alimentazione ed estrazione dell'aria.

• Norma UNI 10339:1995. Impianti aeraulici ai fini del benessere. Generalità, classificazione e requisiti. Regole per la richiesta d'offerta, l'offerta, l'ordine e la fornitura. Fornisce una classificazione degli impianti, la definizione dei requisiti minimi e i valori delle grandezze di riferimento durante il funzionamento. Si applica agli impianti aeraulici destinati al benessere delle persone, comunque installati in edifici chiusi, con esclusione degli impianti per la climatizzazione invernale degli edifici adibiti ad attività industriale o artigianale (per i quali si applica la UNI 8852); degli impianti destinati a scopi diversi, per esempio quelli per la conservazione di prodotti deteriorabili e/o per la realizzazione di condizioni adatte a particolari lavorazioni industriali (impianti di processo); degli impianti di solo riscaldamento invernale e raffrescamento estivo senza immissione di meccanica di aria esterna.

• Norma UNI 10381-1:1996. Impianti aeraulici. Condotte. Classificazione, progettazione, dimensionamento e posa in opera. (La norma è stata attualmente ritirata.) Specifica i criteri di classificazione delle condotte per impianti aeraulici in funzione del loro impiego, della velocità con la quale l'aria circola nelle stesse, della pressione e della tenuta. Fornisce inoltre i dati per la progettazione, il dimensionamento e la posa in opera delle condotte. Riporta inoltre indicazioni inerenti la determinazione delle classi di tenuta e l'ordinazione delle condotte.

• Norma ASHRAE 62-1989: Ventilation for Acceptable Indoor Air Quality. Definisce come accettabile l’aria interna che non contenga sostanze inquinanti in concentrazioni pericolose ed in cui la gran parte delle persone presenti (80% o più) si trovi in condizioni di soddisfazione. Determina i tassi di ricambio necessari per assicurare il massimo livello di benessere degli accupanti attraverso la diluizione degli inquinanti, anche combinando l’uso della ventilazione e della purificazione. I valori vanno da 15 a un massimo di 60 m3/h per persona, a seconda del tipo di attività.

• Standard europeo CEN TC-156: Ventilation for buildings. Vengono definite le categorie di livello di soddisfazione della qualità dell’aria. Si basa principalmente sugli studi condotti da Fanger per quantificare l’inquinamento dell’aria negli ambienti interni in relazione alla sua percezione da parte degli esseri umani, e sull’utilizzo della teoria degli “olf” (riguardante l’inquinamento prodotto dalle fonti) e “decipol” (qualità percepibile dell’aria).

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Bibliografia

Accordo del 27/09/2001 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome sul documento concernente: “Linee-guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati”.

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