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L’italiano di oggi Fenomeni, problemi, prospettive a cura di Maurizio Dardano e Gianluca Frenguelli ARACNE

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L’italiano di oggiFenomeni, problemi, prospettive

a cura diMaurizio Dardano e Gianluca Frenguelli

ARACNE

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Copyright © MMVIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 a/b00173 Roma

(06) 93781065fax (06) 72678427

ISBN 978-88-548-1696-1

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: gennaio 2008I ristampa aggiornata: settembre 2008

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INDICE

Premessa: La lingua si difende da sé?Maurizio Dardano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.Tra innovazione e conservazioneMaurizio Dardano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

1.1. Il quadro storico e sociale, 15 – 1.2. Standard e substandard, 19 – 1.3. Levarietà dell’italiano, 21 – 1.4. Regionalismi e vocaboli gergali, 22 – 1.5. I neolo-gismi, 23 – 1.6. La formazione delle parole, 25 – 1.7. I vocabolari scientifici, 30 –1.8. Il contatto con l’inglese, 31 – 1.9. Aspetti della sintassi, 35 – 1.10. Sintassi etestualità, 38 – 1.11. Prospettive, 41.

2. Parlato vero e parlato simulato nella stampa Maurizio Dardano, Gianluca Frenguelli, Gianluca Lauta . . . . 43

2.1. Un’oralità “funzionale”, 43 – 2.2. Connettivi e segnali discorsivi, 44 – 2.2.1.Modulatori del discorso: già, eh già, eh sì, ecc., 45 – 2.2.2. Cambi di progetto:anzi, oddio, 46 – 2.2.3. Segnali introduttivi di una parola o di una frase-etichet-ta: “tipo X”, “della serie X”, 47 – 2.2.4. Altri segnali discorsivi, 48 – 2.3. Sequen-ze “segnale discorsivo + risposta” nei titoli dei giornali, 48 – 2.3.1. Il tipo “dialo-gico” nei titoli, 49 – 2.3.2. Il tipo “presentativo”: Adamo? Una costola di Eva,51 – 2.3.3. Il tipo “ipotetico”: non paghi l’Ici? Ti blocco l’auto, 51 – 2.4. Il tipoquelli che…, 52 – 2.5. Il tipo Praga, è rivolta, 53 – 2.6. Un parlato sui generis,56.

3. Stile nominale nel quotidiano e nel telegiornale Maurizio Dardano, Alberto Puoti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

3.1. Nominalizzazioni, 57 – 3.2. Un trentennio di studi, 61 – 3.3. Tratti “nomi-nali” della scrittura giornalistica, 65 – 3.4. Tematizzazioni, 67.

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4. Anglofilia nascosta Maurizio Dardano, Gianluca Frenguelli, Alberto Puoti . . . . . . 75

4.1. Una lingua “efficiente”?, 75 – 4.2. Giudizi, contesti, collegamenti, 78 – 4.3.Nuove modalità d’uso: i “quattropagine” e la “free-press”, 83 – 4.4. I compostinominali misti, 89 – 4.4.1. Il tipo sassi-killer, 93 – 4.4.2. Il tipo cyberspazio, 95– 4.4.3. Il tipo Papa boy, 96 – 4.4.4. Il tipo film-culto, 96.

5. Come si studiano le parole nuove Gianluca Frenguelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

5.1. Un concetto relativo, 99 – 5.2. Database, raccolte, repertori, 101 – 5.3. Comesi fa un repertorio, 103 – 5.3.1. Dove cercare, 104 – 5.3.2. Che cosa scegliere,108 – 5.3.3. Vita dei neologismi, 111 – 5.4. Repertori e struttura dei lemmi, 116– 5.5 Un invito alla prudenza, 119.

6. Dizionario e formazione delle parole Maurizio Dardano, Gianluca Frenguelli, Gianluca Colella . . . . 121

6.1. Tra dizionari e morfologia, 121 – 6.2. Gli affissi crescono, 124 – 6.3. Gli affis-si generano nuovi significati, 129 – 6.4. A proposito di porta-, 130 – 6.5. I confis-si nel GRADIT, 131 – 6.6. Composti e unità polirematiche, 132 – 6.7. Per conclu-dere, 134.

7. Che cosa c’è di nuovo nella formazione delle parole Gianluca Frenguelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137

7.1. Due tendenze recenti, 137 – 7.2. Una produttività inaspettata, 138 – 7.3. Unaregola che non “regola”, 145.

8. Le parole della narrativa Maurizio Dardano, Gianluca Frenguelli, Gianluca Colella . . . . 149

8.1. Sette romanzi, 149 – 8.2. Combinazioni, traslati, contesti, 152 – 8.3. Neolo-gismi, forestierismi e altro, 156 – 8.4. Varietà regionali e sociali, 162 – 8.5. Lon-tani dallo standard?, 171.

Indice6

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9. Capire la lingua della scienzaMaurizio Dardano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173

9.1. Tra didattica e divulgazione, 173 – 9.2. L’impaginazione, 174 – 9.3. I lin-guaggi scientifici nei manuali, 179 – 9.4. La testualità scientifica, 184.

10. Come parlano (e scrivono) i giovani Gianluca Colella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189

10.1. Un concetto sfumato, 189 – 10.2. Sintravedono erori inaccettabbili, 195 –10.3. Borelli, fraciconi e rimastini, 204 – 10.4. Dove vanno a finire i giovanili-smi?, 210.

Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213

Indice dei nomi e delle cose notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . 237

Indice 7

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PREMESSA

La lingua si difende da sé?Maurizio Dardano

Non è mai avvenuto nella nostra storia e tanto meno puòavvenire oggi. In passato la lingua italiana è stata promossa dallasua eccellenza letteraria e culturale, oggi deve essere difesa dal-l’impegno della società civile e dalle istituzioni. Proprio comedevono essere difesi il posto di lavoro, l’ambiente, le minoranze, idialetti e tutte le componenti della nostra vita in comune. Stupisceche a proclamare il contrario sia stato proprio un linguista; e stu-pisce ancor più che ciò sia avvenuto sull’onda di un contrasto traDestra e Sinistra, ricco di spunti ideologici e politici, quanto pove-ro di ragioni culturali. La difesa della nostra lingua, intesa comedifesa della nostra identità culturale, dovrebbe essere una que-stione bipartigiana, da affrontare realisticamente, senza il plusva-lore della politica, senza l’ingombro di ideologie e di teorie data-te, del tutto inadeguate a risolvere i problemi del momento. Ciòdovrebbe avvenire al più presto e dovrebbe essere effetto di unapartecipazione ampia degli “operai della mente”, perché la nostralingua, che oggi non gode ottima salute, è un bene di tutti gliItaliani.

Tre episodi – in certo modo esemplari – possono essere ricor-dati: non per suscitare polemiche, ma per trovare soluzioni.

Primo episodio. I dati di una recente ricerca dell’OCSE rive-lano che, per quanto riguarda il grado di preparazione dei nostristudenti quindicenni (in varie discipline, compresa la capacità dilettura di testi), l’Italia, in una graduatoria di 57 paesi, occupa la36a posizione.

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Secondo episodio. Dei 380 posti messi a disposizione in unconcorso pubblico per magistrati, svoltosi il 7 gennaio 2008, nesono rimasti scoperti 58 a causa della non adeguata conoscenzadella nostra lingua dimostrata da un gran numero di candidati.Per la cronaca, le domande erano state 43.000, i candidati ammes-si 18.000, coloro che hanno terminato le prove scritte 8.000.

Infine una recente testimonianza: «Secondo un centro studi(il “Laboratoire européen d’anticipation politique – Europe2020”), le cinque maggiori tendenze linguistiche dei prossimi annisaranno: la rinascita del francese, la fine dell’anglo-americanocome lingua egemonica della modernità, l’uso crescente del russonell’Europa centro-orientale, la crescita a livello internazionaledello spagnolo. Dell’italiano nemmeno l’ombra».

Alcune domande urgono e pretendono risposte. Perché ci sipreoccupa molto delle minoranze linguistiche e poco della nostralingua italiana, peraltro neppure menzionata nella Costituzione?Perché la difesa delle lingue degli immigrati fa passare in secondoordine il loro obbligo d’imparare l’italiano? Perché si continua afavorire l’ingresso di tanti anglismi, inutili quanto ridicoli, anchenell’ambito delle istituzioni e degli enti pubblici? Perché nonricercare qualche rimedio alle sguaiataggini dell’“intrattenimento”televisivo: reality show, talk show, conversazioni “taroccate” e si-mili buffonate? Soprattutto, perché la nostra scuola, “pedagogiz-zata” e “sindacalizzata”, la nostra scuola che nell’insegnamentodell’italiano ha anteposto l’inventività e la sperimentazione al ri-spetto della norma, continua a essere la cenerentola del cosiddet-to “sistema Italia”?

Gli eccessi ideologici, certe velleità teoriche e metodologichenuocciono a un reale apprendimento della lingua, non sviluppanola capacità di scrivere in modo corretto ed efficace, costituisconoun ostacolo alla diffusione della nostra lingua nel mondo. Proprioin nome della diversità delle lingue e delle culture, Claude Hagègeha ricordato che una lingua non serve soltanto per comunicare,ma è «il riflesso dell’identità profonda di una comunità», «lo spec-chio di un popolo e delle sue rappresentazioni». Opponendosi aldominio dell’inglese, come unico strumento della globalizzazione,il linguista francese afferma che è necessario combattere in difesadi una identità che è al tempo stesso linguistica, culturale, sociale

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e umana. Combattere, appunto: non lasciare che la lingua si difen-da da sé.

La battaglia parte dalla lettura dei testi, sia orali sia scritti,dallo studio dei fenomeni e delle situazioni che caratterizzano losvolgimento attuale della nostra lingua. I dieci saggi che compon-gono questo libro vogliono offrire un modesto contributo in taledirezione: essi esaminano vari aspetti dell’italiano di oggi, ne pro-pongono una descrizione e un’interpretazione, anche mediante ilriferimento ai fattori storici e sociali del nostro tempo. I saggi,disposti secondo una progressione che ne facilita l’uso didattico,si possono raggruppare intorno ai seguenti centri d’interesse:

i) All’inizio è presentato un panorama dell’italiano di oggi,analizzato nei suoi aspetti morfologici, sintattici, lessicali e testua-li, secondo una prospettiva che evidenzia la dialettica tra conser-vazione e innovazione (cap. 1).

ii) La presenza del parlato, come modello innovativo rispettoalla tradizione, e la crescita dello stile nominale, come spinta allasemplificazione sintattica e alla condensazione espressiva, sonodue fenomeni centrali nella scrittura giornalistica e nel linguaggiodel telegiornale (cap. 2 e 3).

iii) L’influsso dell’inglese è osservato sia nel lessico (in tale set-tore si hanno riscontri significativi nella morfologia derivativa e, inparticolare, nella composizione) sia in alcuni fenomeni di rifor-mulazione e di testualità presenti soprattutto nella lingua deimedia (cap. 4)

iv) Trattandosi dell’aspetto più innovativo dell’italiano mo-derno, la formazione delle parole [= FP] richiede una descrizioneaccurata fondata su criteri di classificazione e su metodi adeguati(cap. 5 e 7). Al tempo stesso, una migliore conoscenza di questo set-tore della nostra lingua si può giovare di un’analisi, svolta in una di-mensione diacronica, dedicata alle scelte operate nella composizionedi dizionari pubblicati soprattutto nel periodo 1965-1999 (cap. 6).

v) Le analisi compiute nei capitoli ora ricordati hanno subìtouna verifica nel confronto diretto con i problemi specifici cheemergono dallo studio di tre settori della nostra lingua. Alcuniromanzi pubblicati negli anni 2002-2006 sono stati l’occasione perstudiare il lessico vario e imprevedibile di una narrativa che simuove sugli impervi sentieri della modernità (cap. 8). La riformu-

Premessa 13

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lazione che i linguaggi scientifici subiscono nei manuali scolasticiparte dalla scelta lessicale e dalle parafrasi per approdare a parti-colari strutture sintattiche e a specifiche sequenze testuali (cap. 9).Infine il parlato e lo scritto delle giovani generazioni, esaminato inuna serie di scelte fonetiche, grafiche, morfologiche e lessicali, for-nisce utili indicazioni su quelli che per alcuni potrebbero essere ipossibili svolgimenti (in meglio o in peggio, non è dato sapere)della nostra lingua (cap. 10).

I saggi qui raccolti sono in parte scritti da singoli autori, inparte sono scritti da più di un autore. Spesso queste pagine nasco-no dalle esperienze condivise di un gruppo di lavoro che ha scam-biato idee, impressioni, propositi riguardanti l’italiano che si parlae si scrive ai giorni nostri, nella convinzione che la ricerca si devefondare su una collaborazione paritaria ed equilibrata, sostenutada un impegno e da una passione comuni.

Il saggio La lingua si difende da sé di Leonardo M. Savoia (in “LId’O. Lin-gua italiana d’oggi”, I, 2004, pp. 31-53) prende le mosse da un attacco al dise-gno di legge n. 993, presentato il 12 dicembre 2001 da un gruppo di senatori dicentrodestra e riguardante l’istituzione di un “Consiglio Superiore della LinguaItaliana”; progetto discutibile, per vari aspetti, ma che, opportunamente cor-retto e modificato, avrebbe rappresentato un impegno (anche finanziario) in so-stegno della nostra lingua. Nel prosieguo del suo scritto, Savoia, ricalcando leorme di Noam Chomsky, respinge ogni considerazione di carattere funzionale,storico, sociolinguistico, pragmatico, istituzionale (tutte concezioni definite “e-sternaliste”) e sostiene che «la linguistica cognitiva e in particolare la scuolagenerativa […] hanno consolidato l’idea che la padronanza di una lingua sibasa su un dispositivo mentale innato, geneticamente determinato». Inutilericordare quanti danni abbiano procurato nell’insegnamento teorie “forti” eideologismi di varia provenienza.

La ricerca OCSE è stata compiuta nell’ambito del “Programme for Interna-tional Student Assessment”. La testimonianza sul destino internazionale dellanostra lingua è del politologo Sergio Romano (CS, 4/4/2008, p. 45). Storicatestimonianza degli eccessi cui porta l’ideologia è la famosa affermazione pro-nunciata da Roland Barthes al Collège de France nel gennaio 1977: «La langue,comme performance de tout langage, n’est ni réactionnaire, ni progressiste; elleest tout simplement: fasciste; car le fascisme, ce n’est pas d’empêcher de dire,c’est d’obliger à dire». Soprattutto negli anni Settanta in Italia si è parlato alungo di “lingua dei poveri”, “lingua dei ricchi”, di “padroni della lingua”,della necessità di far prevalere l’inventiva giovanile sulle regole della grammati-ca e il possesso del lessico.

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Le parole della narrativa*

Maurizio Dardano, Gianluca Frenguelli, Gianluca Colella

8.1. Sette romanzi

Considerando i loro caratteri linguistici e stilistici nonché ilsuccesso incontrato presso il pubblico dei lettori si sono scelti, perun’analisi rivolta al lessico, sette romanzi pubblicati nel periodo2002-2006: G. De Cataldo Romanzo criminale, Einaudi, 2002[ROM], M. Mazzucco Vita, Rizzoli, 2003 [VITA] e Un giorno perfet-to, Rizzoli, 2005 [GIORNO], P. Buttafuoco Le uova del drago,Mondadori, 2005 [DRAGO], S. Veronesi Caos calmo, Bompiani,2005 [CAOS], S. Niffoi La vedova scalza, Adelphi, 2006 [VEDOVA],M. Venezia Mille anni che sto qui, Einaudi, 2006 [MILLE].

L’analisi riguarderà i seguenti fenomeni: i) traslati e “profilocombinatorio” [= PC] di quei vocaboli che appaiono rilevanti perla configurazione tematica e per la frequenza; ii) neologismi (rela-tivi ai tre settori della FP, delle riprese dai linguaggi settoriali e deiforestierismi); iii) regionalismi, dialettismi ed espressioni gergali.Si sono presi in considerazione anche altri tratti che contribuisco-no a fondare la specificità stilistica della più recente scrittura nar-rativa: griffes, ideofoni, nomi parlanti, citazioni, elenchi di nomi edi sintagmi. Osservati nei loro contesti e nella prospettiva delle

* M. Dardano, G. Frenguelli, G. Colella, Il lessico della narrativa contemporanea.2002-2006. Prove di lettura e d’inventario, in Prospettive nello studio del lessico italiano.Atti del IX Congresso internazionale della Società di linguistica e filologia italiana (Firenze,14-17 Giugno 2006), a cura di E. Cresti, 2 voll., Firenze, University Press: I, pp. 193-207.M. D. ha scritto i parr. 8.1, 8.2, 8.5; G. F. il par. 8.3; G. C. il par. 8.4.

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loro motivazioni, tutti questi materiali permettono di compiererilievi su alcuni caratteri dell’enunciazione e dello stile.

Gli studi dedicati alla lingua della narrativa contemporaneasono rivolti principalmente alla sintassi, allo stile e alla testualità1.Che al lessico sia dedicata una minore attenzione dipende da variecause. Un confronto tra il GDLI e il GRADIT mostra che anche igrandi dizionari, nell’accogliere i narratori degli ultimi decenni,seguono criteri piuttosto diversi e talvolta penalizzanti un settorefondamentale della nostra prosa. E tuttavia qualche attenuante vaconcessa al lessicografo, che incontra serie difficoltà nel lessicopluriforme e variamente orientato della nostra più recente narra-tiva. Non aiutano la lessicografia d’autore e i repertori di neologi-smi, che raccolgono per lo più vocaboli ed espressioni tratti dalmondo dei media (Adamo/Della Valle 2003a e 2005; Bencini/Ma-netti 2005). Il diritto d’autore limita drasticamente l’allestimentodi archivi elettronici riguardanti il lessico degli scrittori del nostrotempo2. Alcuni anni fa per aiutare il lettore a comprendere dialet-tismi e gergalismi, si approntavano brevi glossari, posti in appen-dice alle opere: salvo rare eccezioni, tale abitudine è stata pro-gressivamente abbandonata. In generale, negli studi linguisticirecenti, il lessico della narrativa contemporanea è analizzato incampioni piuttosto circoscritti, scelti per lo più sulla base delgusto e della sensibilità dei ricercatori. Questa è la via seguitaanche nel presente contributo: ma è augurabile che in futuro taliindagini estendano il loro campo d’azione e si applichino a opereintere e a un più consistente numero di opere.

La prassi del cut up – realizzata anche con mezzi grafici e ico-nici3 – e del collage, nonché la ricerca della cosiddetta “polifonia”,

MAURIZIO DARDANO – GIANLUCA FRENGUELLI – GIANLUCA COLELLA150

1 Si vedano: Dardano (2008), Berisso (2000), Della Valle (2004 e 2005). Di alcuneparti del presente Cap. 8 si è tenuto conto in Dardano (2008: 185-211).

2 A tutt’oggi l’unico strumento informatico che raccoglie testi di narrativa recen-te è il database di De Mauro (2007), il quale permette la consultazione dei materiali les-sicali relativi a cento romanzi vincitori o partecipi del Premio Strega (anni 1947-2006).Invece la consultazione di Internet non offre grandi risultati: mancano materiali benselezionati e ordinati che possano risultare utili al linguista.

3 Per esempio, in GIORNO (p. 77-81) il maiuscoletto è usato per indicare le ferma-te dell’autobus e per citare i messaggi pubblicitari che Emma legge durante il tragitto sulmezzo pubblico.

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tutti caratteri ricorrenti nei romanzi qui esaminati, hanno favoritol’afflusso di neoformazioni, tecnicismi, forestierismi, dialettismi,gergalismi, giovanilismi e di altre particolarità lessicali. Ovviamen-te, nell’esaminare i sette romanzi si è tenuto conto del lessico co-mune, che è ovviamente predominante, ma l’attenzione si è con-centrata soprattutto sui settori ora menzionati4.

Tracciare confini nel vocabolario di un narratore rappresentaper il linguista una non eliminabile operazione di base, la qualeprobabilmente può essere compiuta con maggiore facilità neiromanzi del passato5; infatti è più difficile individuare confini neivocabolari di autori contemporanei, dediti consapevolmente eattivamente alla mescidanza di parole ed espressioni di diversaprovenienza. Questo contributo vuole inquadrare non tanto sin-goli autori e opere6, quanto piuttosto fenomeni e fasci di fenome-ni, secondo una tipologia che andrà sviluppata e perfezionata inricerche più estese. Si è mirato per ora a una campionatura essen-ziale, col proposito di avviare, in un secondo tempo, una piùampia esplorazione dei materiali lessicali della narrativa degli ulti-mi anni.

La mescidanza delle varietà lessicali, fenomeno particolarmen-te diffuso ai giorni nostri, fa sì che molti vocaboli ed espressionipossano essere attribuiti a più di un settore. Ciò complica, ma altempo stesso, rende più coinvolgente la ricerca. Infatti, per questavia, appaiono in primo piano problemi di metodo, ai quali in

8. Le parole della narrativa 151

4 A proposito di tale componente va detto che le scelte lessicali corrispondono ingenere allo status sociale dei personaggi. In GIORNO Emma (con i figli Kevin e Valentina),da una parte, Maja (con la figlia Camilla), dall’altra, rappresentano bene, anche nellaprospettiva della lingua, gli ambienti diversi cui appartengono: popolare e degradato,nel primo caso, medioborghese e falsamente sofisticato, nel secondo. Nel parlato diEmma sono presenti numerosi vocaboli ed espressioni regionali, nonché tratti morfo-sintattici poco formali (tra l’altro l’indicativo in luogo del congiuntivo, cfr. GIORNO, p.89); allo stesso modo nel parlato dell’anziana madre di Emma affiorano vari malapropi-smi (cfr. l’esempio 21). Al contrario l’ambiente medioborghese è connotato da partico-lari scelte lessicali, che affiorano anche nella narrazione: «La scuola distava da casa pocopiù di dieci minuti», «Indignata dalla sfacciataggine del roditore», «il retrogusto nau-seante di una notte amara e di ribollenti, tetri pensieri», «fra le deiezioni canine e i moto-scooteristi prepotenti» (GIORNO, pp. 82, 83, 84).

5 Si vedano a tale proposito Bricchi (2000) e Zangrandi (2002).6 Come accade, per esempio, in Mengaldo (1994), in Gatta/Tesi (2000) e in

Zublena (2002).

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genere non si dedica la dovuta attenzione; problemi che sarannoaffrontati, almeno in parte, nel par. 8.2. In seguito comincerà loscrutinio di forme linguisticamente notevoli: neologismi e fore-stierismi (8.3), regionalismi e gergalismi (8.4).

8.2. Combinazioni, traslati, contesti

Dopo la catalogazione, i materiali lessicali ricavati dai setteromanzi sono soggetti a un’analisi di secondo livello, nella quale,sulla base di pochi esempi selezionati, si esaminano: a) l’uso deitraslati e il loro potere espressivo; b) il PC di vocaboli, consideratiimportanti per la loro rilevanza tematica e quantitativa; si tratta divocaboli che in genere rinviano all’ispirazione fondamentale diciascuna delle opere prese in esame.

Per quanto riguarda a), cominciamo col considerare quattrosimilitudini introdotte da come e tre metafore. Similitudini: «Leparole inquietanti […] gli avviluppavano il cervello come cartamoschicida» (GIORNO, p. 24), «Maja dentro granulosa e sofficecome una babbuccia di seta. E adesso asciutta, quasi abrasiva»(GIORNO, p. 30), «Si stanno più o meno tutti guardando attorno,con le orecchie ritte, impauriti come scimmie nella savana» (CAOS,p. 37), «Le case di Taculè sono come pallettoni sparati nella roccia»(VEDOVA, p. 47: è il titolo del cap. IV). La ricerca analogica si svol-ge in diverse direzioni, pur avendo sempre di mira l’accostamentodi referenti lontani tra loro, rispettivamente: “intelletto – oggettobasso (ripugnante)”, “sesso femminile – oggetto comune”, “esseriumani – animali”, “oggetti grandi – cose piccole” (queste ultimedenominate antifrasticamente mediante un accrescitivo “conven-zionale”). In quest’ultima coppia si noti la traccia sinistra lasciatada quel particolare accrescitivo. Comune alle quattro similitudini èuna forte connotazione che rinvia a temi di fondo: la tragica bana-lità del quotidiano in GIORNO e in CAOS, la violenza in VEDOVA (ilfucile da caccia è un’arma che uccide uomini e animali).

Metafore: «il sorriso incistato di orrore» (CAOS, p. 429), «neisuoi occhi ora c’è un frastuono di male e di bene» (CAOS, p. 318:metafora e sinestesia), «Le case di via Garibaldi erano per la mag-gior parte ridotte a pietrame, con stoffe e velluti di divani fra le

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travi e lo scheletro dei balconi in ghisa; erano stomaci sbrecciati dacui fuoriuscivano tubazioni, cannicciate, letti in bilico: budellasbucate dalla pancia a forza di coltellate» (DRAGO, p. 66).

Nella coppia antitetica sorriso – orrore s’inserisce iconicamenteun aggettivo verbale parasintetico, tratto dal linguaggio dellamedicina7, il quale potenzia la negatività propria del secondosostantivo. L’antitesi male – bene è invece esaltata dalla forte sine-stesia occhi – frastuono. Le case sono sventrate: mostrano infatti leloro budella in un quadro di tragica (de)umanizzazione. Bastinoper ora questi rapidi cenni: il discorso – è ovvio – va approfondi-to con altri esempi. S’impongono due domande: questi traslatiaiutano a raggiungere l’ispirazione centrale dell’opera? Per qualiaspetti questi traslati della narrativa contemporanea, innovativi esperimentali, differiscono da quelli stereotipici dell’odierno lin-guaggio giornalistico?8

Di alcuni vocaboli significativi, individuati nei sette romanzi, siè studiato il PC, vale a dire «la struttura schematica di vicinanzasintattica e semantica di una parola-cerniera (mot pivot), come simanifesta in un corpus ampio». Oltrepassando la visione tradizio-nale della combinatoria dei nomi e delle loro collocazioni, Blu-menthal (2002), da cui è tratta la citazione, di un nome studia: 1)la valenza; 2) le costruzioni diverse da quelle relative alla valenza;3) le costruzioni “V + N” e “Prep + N”; 4) il ruolo nelle relazionitransfrastiche, vale a dire i valori anaforici. L’identità semanticadella parola-cerniera è caratterizzata dal suo contesto. Il PC di unaparola-cerniera prende l’aspetto di un frame o script 9. Questo tipo

8. Le parole della narrativa 153

7 Cfr. incistarsi: «med. di corpo estraneo o ascesso, venire avvolto da una forma-zione di tipo cistico» (GRADIT).

8 Anche la lingua dei giornali appare propensa all’uso di traslati, ma questi appar-tengono perlopiù a settori diversi da quelli preferiti dai narratori contemporanei; inol-tre, come accade nel mondo dei media, si riscontra una notevole ripetitività: si ritrova-no traslati analoghi ma dotati di diversi contesti; eccone due esempi tratti da articoli difondo: «cortocircuito giudiziario-mediatico» (P. Ostellino, CS, 18/6/2006, p. 1), «l’im-barbarimento morale, il galoppo degli egoismi, lo sfascio costituzionale, lo sfarinamen-to delle istituzioni» (E. Scalfari, Rep, 18/6/2006, p. 1).

9 Si distingue tra: “profilo aspettuale”, “p. ontologico”, “p. paradigmatico”, “p. disaturazione”. Si tratta di parametri della parola parzialmente misurabili, i quali possonofornire dati sulla varianza (nel senso statistico) di dati riguardanti il PC. Anche da questirapidi cenni appare evidente che il concetto di PC si differenzia da quello tradizionale di“formula”, “espressione formulare” e simili.

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di analisi può essere applicato alla narrativa? La risposta è affer-mativa. Certo il passaggio dai testi pragmatici, esaminati dallo stu-dioso tedesco, ai testi narrativi richiede adattamenti nel metodo enelle procedure. Un conto è esaminare i contesti giornalistici ric-chi di sostantivi come politica, partito, governo o aggettivi comeeconomico, sindacale, lavorativo, ecc., e un conto è esaminare icontesti in cui cadono vocaboli come faccia in ROM (71 occorren-ze), luce in GIORNO (74), corpo e figlia in CAOS (29 e 71).

Individuare il PC di vocaboli, ritenuti a vario titolo importantinell’ambito di un romanzo, è senza dubbio un procedimento utileall’analisi, anche nella prospettiva dell’interrelazione lessico-sin-tassi: rapporto tra PC, da una parte, paratassi e NOM, dall’altra. Chel’uso dei lessemi di una data lingua sia condizionato anche dallaloro collocazione, come risulta dalla linguistica dei corpora (Ve-land 2006), è un principio certamente valido anche per i testi nar-rativi. Per comprendere il modo in cui sono rappresentati perso-naggi ed eventi appare utile, non soltanto al linguista, considerareattentamente alcuni accostamenti significativi di vocaboli: «stupo-re plastico» (CAOS, p. 270), «raglio di clacson» (CAOS, p. 311), «au-ra cazzutissima» (CAOS, p. 129)10, «camminata masticata» (DRAGO,p. 59), «lame d’afa» (DRAGO, p. 91). Si consideri anche il rilievoche simili coniunctiones raggiungono nella frase nominale: «Sguar-do subacqueo, sudore, nuda parola, grigio arrendersi» (CAOS, p.227)11.

Nello stile nominale rientra anche la struttura dell’elenco, usatain varie situazioni, nella voce autoriale o nella voce di un perso-naggio. In CAOS appaiono sette elenchi; i primi due sono: “Elencodelle compagnie aeree con cui ho volato”, “Elenco delle ragazzeche ho baciato”; sono titoli che ci dicono qualcosa sulla funzionedi questo espediente narrativo. In GIORNO si elencano armi (p.177) e obiettivi aziendali (p. 133). Stilare elenchi può essere inter-pretato come sintomo di una moderna nevrosi: invece di connet-tere tra loro i fatti, ci si limita ad elencarli. Tuttavia l’esempio dello

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10 Cfr. l’esempio (25).11 Sintagmi come raglio di clackson e lame d’afa ricordano i «cortocircuiti analogi-

ci di tipo sintetico in cui il figurante funge tramite di, da sostegno del figurato: “tufo deltempo”, “feto di pace”». Sono esempi che Mengaldo (1994: 213) trae da Rebora.

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scrittore Nick Hornby può far pensare a una sorta di stigma, di“blasone di appartenenza”12. Non sarebbe questo l’unico fenome-no d’importazione. Le mode d’oltreoceano – soprattutto a far datadall’influsso della beat generation – hanno avuto un peso notevolenel saturare la nostra narrativa più recente con ideofoni, griffes,frammenti di canzoni (blues, rock, hip-hop). Oggi, come non mai,la citazione celebra i suoi trionfi. Se in un racconto ambientato inSardegna, nel periodo tra le due guerre, viene inserita un’onoma-topea lessicale da cartoons, dobbiamo riconoscere che c’è sottoqualcosa (ironia? allusioni? pop art?): «Le onde rispondevanomordendo l’orlo della battigia: slàsh, slàsh, slàsh, slàsh. Sembravaavesse una bocca invisibile il mare, che vomitava sabbia e poi lainghiottiva di nuovo. Slàsh, slàsh, slàsh, slàsh» (VEDOVA, p. 89); laripresa dell’intera serie evidenzia inoltre il forte intento iconicodel passo. Le onomatopee usuali e più contenute nella forma sor-prendono meno, rientrano, per così dire, in una norma che negliultimi tempi ha fatto grandi progressi: STU-TUN, sclomp, boing,bumbumbum (CAOS, pp. 130, 217, 351, 360).

Vi sono anche altri ingredienti. Un testo di Lou Reed Perfectday incornicia GIORNO: appare infatti in esergo e prima del capito-lo-cronaca finale13. E si veda ancora un passo scelto a caso:«“Hakuna matata, Kevin. Adesso devo andare”, ripeté Emma,sciogliendosi con strazio da quell’abbraccio» (GIORNO, p. 90)14. Ilrecupero della voce – perlopiù gridata ed esibita con rilievo foni-co e grafico – influenza le scelte lessicali15.

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12 Alta fedeltà di Nick Hornby (trad. ital., Parma, Guanda, 1996) esibisce in aper-tura un elenco di cinque persone che hanno procurato all’io narrante «le cinque piùmemorabili fregature».

13 La citazione di brani musicali si afferma dapprima con Pier Vittorio Tondelli(Altri libertini, Milano, Feltrinelli, 1980). Anche DRAGO (un “romanzo storico”) aprecon una citazione di Franco Battiato. Riferimenti a canzoni e a personaggi del mondodella musica sono presenti in quasi tutti i romanzi analizzati. A tal proposito è interes-sante una citazione tratta dal romanzo Un destino ridicolo di Fabrizio De André e Ales-sandro Gennari (Torino, Einaudi, 1996): «Che tristezza. Una volta erano i romanzi aispirare le canzoni, non viceversa» (p. 114). Su questi aspetti cfr. Casini (1998).

14 Hakuna matata ‘senza pensieri’ (lingua swahili) è il motto che riassume l’idea difondo presente nel film Il Re Leone (Disney Records).

15 Nello stesso romanzo i ringraziamenti finali (una prassi che da qualche tempo“fa parte” della narrazione) sono qualcosa di più di un semplice coinvolgimento: espri-mono infatti solidarietà e al tempo stesso narcisistica ricerca di prestigio.

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Il comune denominatore di questi fenomeni è la ricerca dell’e-terogeneità: chi narra vuole dimostrare che i pezzi esibiti non sonofarina del suo sacco, appartengono a una comunità ideale: sonopresi in prestito dalla musica di oggi, dalle mode correnti; sonointrusioni del reale nella fiction.

8.3. Neologismi, forestierismi e altro

(1) Abbiamo appena fatto surf, io e Carlo. Surf: come vent’anni fa. Cisiamo fatti prestare le tavole da due pischelli e ci siamo buttati trale onde alte, lunghe, così insolite nel Tirreno che ha bagnato tuttala nostra vita. Carlo più aggressivo e spericolato, ululante, tatua-to, obsoleto, col capello lungo al vento e l’orecchino che sbrilluc-cicava al sole; io più prudente e stilista, più diligente e controlla-to, più mimetizzato, come sempre. La sua famigerata classe beate il mio vecchio understatement su due tavole che filavano al sole,e i nostri due mondi che tornavano a duellare come ai tempi deiformidabili scazzi giovanili – ribellione contro sovversione –,quando volavano le sedie, mica scherzi (CAOS, p. 11).

L’incipit del romanzo di Veronesi è un esempio paradigmaticodel lessico mescidato della nostra recente narrativa. Ecco qui,addensati in poche righe, molti ingredienti tipici del genere nar-rativo odierno: colloquialismi, giovanilismi, dialettismi, anglismi.Poco oltre, nel testo, sopraggiungeranno affissati e composti divaria foggia e funzione. Ma ora fermiamo l’attenzione su quellegriffes che da tempo, nella narrativa occidentale, connotano unostile di vita, alludono ad ambienti più o meno prestigiosi oppure,semplicemente, rinviano alla più scontata quotidianità. Si va danomi inventati, come Barrie (CAOS, p. 185) – sono i jeans disegna-ti da Carlo, fratello del protagonista16 –, o come Cioccolato Brick(CAOS, p. 355), a marchi di abbigliamento, come Freitag (CAOS, p.281) o Krizia (CAOS, p. 261). Altri nomi di marchi piuttosto comu-ni e denominazioni di cose ben note aggiungono al raccontoritocchi banali: i fazzoletti kleenex che ricorrono in CAOS (p. 101)e in GIORNO (p. 252), il vino laziale Est-Est-Est (ROM, p. 470), la

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16 Forse non è casuale il fatto che Barrie Pace sia una marca straniera (sconosciutain Italia) di abbigliamento femminile, che effettua vendite tramite Internet.

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lampada a forma di stella dell’Ikea (CAOS, p. 331). Il mondo deigiochi è ben rappresentato: Game-boy, Carte Magic, Play station(CAOS, pp. 67, 143, 319; in GIORNO, p. 43: playstation). Molti diquesti nomi sono scelti perché esprimono particolari connotazio-ni, utili ad ambientare in una prevedibile atmosfera personaggied eventi.

Non meraviglia che in ROM abbondino le armi da fuoco: Berettavi compare 11 volte, Winchester 2 volte; vi è poi la ben nota Colte la meno nota Bernardelli:

(2) Fierolocchio si dovette accontentare di una Colt canna corta a seicolpi. Il Freddo scelse una Bernardelli long-rifle (rom, p. 183).

I personaggi non si accendono sigarette, ma Marlboro (ROM, p.65 e passim) e Gitane (CAOS, p. 66). Delle automobili e delle moto-ciclette è sempre indicata la marca, talvolta anche il modello:

(3) Possiedo […] un’Audi A6 3000 Avant nera piena di optionalcostosissimi (CAOS, p. 27).

Rispetto alla narrativa di alcuni anni fa, si assiste a una preci-sione nomenclatoria che riguarda varie categorie di oggetti, tal-volta prestigiosi, talvolta banali, ma sempre caratterizzanti perso-naggi, situazioni e ambienti.

La tendenza al plurilinguismo comporta l’uso di vocaboli edespressioni delle scienze e delle tecniche. Gli apporti provengonodalle discipline più diverse: dall’informatica, che spesso la fa dapadrona, alla medicina, dall’economia alla matematica. A propo-sito di quest’ultima, ecco frattale, usato come aggettivo, in un con-testo piuttosto particolare:

(4) La bidella Maria chiede ai genitori di non accalcarsi al portone,di sistemarsi a semicerchio tutt’intorno, e il suo intervento pro-duce un minimo di geometria nella frattale complessità dell’as-sembramento (CAOS, p. 48).

Dunque da geometria, vocabolo usato talvolta con accezione tra-slata, si passa al tecnicismo spinto frattale. Anche in altre occasio-ni Veronesi appare incline a “forzare” i traslati e, al tempo stesso,a promuovere l’uso di settorialismi per una finalità espressiva o,

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per meglio dire, ludica; ciò accade in una similitudine zoomorfa,piuttosto particolare, riferita a un personaggio:

(5) La sua bruttezza, […] in quel disarmo totale risaltava come nuda:la pelle del viso straziata dall’acne, la bocca del tutto priva di lab-bra, la fronte abnorme e sporgente – da casuario, come aveva no-tato Claudia (CAOS, p. 80).

Nella descrizione dello stesso personaggio, eseguita dal narratoreinterno e in un contesto simile, si ritrova il termine pleistocene:

(6) Però molto più brutto di Harvey Keitel. Molto più ridicolo,soprattutto: con quella fronte da pleistocene e quel giubbottinoda adolescente che gli striminziva il busto (CAOS, p. 89).

Come le armi, così anche le espressioni burocratiche si addico-no all’atmosfera di ROM, dove a volte compaiono “citazioni” diverbali giudiziari:

(7) Occorre una puntuale e rigorosa indagine su ciascuno dei puntiposti in premessa nelle rivelazioni (omissis) tenendo conto chenessun valido indice di credibilità può essere desunto dalla gra-vità e dal numero dei fatti dedotti dalla fonte e dimostratisi veri:come si può sapere con certezza quanti fatti realmente conosca lafonte e quanti ne abbia taciuti, e se abbia taciuti i fatti più impor-tanti e a sé maggiormente pregiudizievoli? (ROM, p. 527)17.

E ora un rapido controllo dei forestierismi. Si sono privilegia-ti quelli non adattati perché possiedono in genere una maggiorecarica connotativa. Come di consueto, l’inglese domina incontra-stato rispetto ad altre lingue straniere con circa l’80% delleoccorrenze. Vi sono anglismi di ampia circolazione: joint-venture(ROM, p. 133), open-space (CAOS, p. 60), room-mate (CAOS, p. 122),understatement (CAOS, p. 11). Vi sono vocaboli specifici: klakfoam(CAOS, p. 21) è il materiale con cui è stata fabbricata la tavola dasurf, slice e top-spin (CAOS, p. 357) appartengono al vocabolariotennistico.

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17 In tali scelte gioca sicuramente un ruolo importante il fatto che l’autore è unmagistrato.

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Il fatto che nel nostro corpus siano presenti stereotipi giornali-stici, come self-made man (ROM, p. 581) e numerosi prestiti con-notativi, come baby-boomers, producer, (essere) out, jump-cut(CAOS, pp. 71, 93, 144, 371), conferma il valore stilistico di taliriprese, «la [loro] funzione di riconoscibilità sociale» (Berisso2000: 478). Sull’anglismo si disquisisce metalinguisticamente:

(8) un’ora e mezza persa per scoprire come si dica in inglese “porta-lattine estraibile” […] “cup-holder”, “can-holder”, “bottle-hold-er”? (CAOS, p. 372);

l’anglismo diventa quasi un’etichetta:

(9) Niente a che vedere con il “robbery & sex”, con rapine e sessocome luoghi dell’immaginario adottati dal linguaggio comune(DRAGO, p. 131).

L’inglese è ben presente, con vocaboli singoli, intere espressio-ni, adattamenti di vario tipo, in vari romanzi recenti; per avere unaprova basta leggere Chi è Lou Sciortino? di Ottavio Cappellani18 oNicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio19.

I forestierismi meno comprensibili (cioè tratti da lingue menonote al grande pubblico) sono quasi sempre glossati: «Schellen-baum, il cembalo dionisiaco delle bande militari» (DRAGO, p. 116);«Marschkompass – la bussola da truppa» (DRAGO, p. 115). Vi sonoanche esotismi: guerrieri waziri (DRAGO, p. 71), dràkkar ‘tipo d’im-barcazione vichinga’ (DRAGO, p. 116); in CAOS gli orientalismi

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18 Si tratta perlopiù di prestiti non adattati: semplici vocaboli o espressioni comeWhat has happened (p. 18); vi sono i soliti adattamenti (businissi per business), trascri-zioni del tipo Can ai invite iu? (p. 135); da notare alcuni pseudoanglismi disfemici: dick-brain ‘testa di cazzo’ (p. 6), e ass kiss ‘baciaculo’ (p. 15); talvolta una frase funge da clau-sola discorsiva: «Ok Lou, fammi avere uno speech col guaglione e poi I’ll call you back»(p. 40); la citazione di una canzone costituisce l’explicit del romanzo: «Ora state cantan-do a squarciagola: She’s got it, yeah baby, she’s got it. I’m your venus, I’m your fire at yourdesire!» (p. 209); ha un evidente valore connotativo la citazione dell’incipit di The greatGatsby di F. S. Fitzgerald (p. 167).

19 Anche in questo romanzo si ritrovano (quasi sempre nella narrazione e in riferi-mento all’ambiente lavorativo) vocaboli, espressioni, intere frasi in inglese: rendering (p.23), know how, problem solving (p. 25), check list, crash test (p. 44), competitors (p. 134),team leader (p. 142), If you can’t change the world, change yourself (p. 148, da una can-zone); un adattamento suffissale: flashante (p. 101). Dei ventitré capitoli due hanno iltitolo in inglese, uno in tedesco.

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dipendono dalle abitudini e dallo stile di vita di un personaggiodedito a particolari terapie: shavasana (CAOS, p. 356), mantra (ibi-dem), zen (ivi, p. 18); l’effetto ludico, come accade spesso, si po-tenzia nell’enumerazione di vocaboli ed espressioni:

(10) Negli anni l’ha accompagnata da una quantità di guaritori, prano-terapeuti, yogi, santoni, sciamani, stregoni, ayurveda, maharishi,agopuntori, agopuntori senza aghi, quelli-che-ti-appoggiano-i-sassi-sui-chakra – come cazzo si chiamano –, podologi che ti leg-gono i piedi, tricomanti che ti leggono i capelli, monaci tibetaniche ti ripuliscono l’aura con la spada, samurai che te la ripulisco-no con la katana, perfino da un vampiro sono state, proprio così,l’anno scorso, a Corso Magenta, un rumeno della Transilvania,naturalmente di nome Vlad (CAOS, p. 112).

Qui si ha una panoramica a largo raggio, di guaritori e di maghi,provenienti da varie parti del mondo e provvisti di diverse abilitàe tecniche. Gli orientalismi di DRAGO riguardano invece il mondoarabo e musulmano: casbah (p. 81), imano (p. 116), kursi ‘leggio’(p. 71), rais (p. 130). Di fronte a tale profluvio di esotismi il latinosembra avere vita grama: ad personam (CAOS, p. 37); requiescat(VITA, p. 98); more uxorio (VITA, p. 258), ma talvolta recupera inse-rendosi in imprevedibili contesti: «sorta di Guantanamo ante lit-teram» (DRAGO, p. 71), «messi a morte in loco» (ivi); anche in que-sto caso l’effetto ludico è assicurato.

Passando alla FP, saranno appena da notare un paio di affissatinominali dall’aspetto tecnico: «platealizzazione del rifiuto» (CAOS,p. 205), «teatralizzazione del rifiuto» (CAOS, p. 302); alcuni agget-tivi in -ico: «lacoontico traffico romano» (CAOS, p. 119), «morfini-ca passività» (CAOS, p. 350) (con anticipazione rispetto al sostanti-vo); il suffisso romanesco -aro: cravattaro, parafangari (ROM, pp.37, 454), borgatari (GIORNO, p. 264); alcuni avverbi: dostoevskija-namente (CAOS, p. 113), gallisticamente (DRAGO, p. 187), fosfore-scentemente (CAOS, p. 118).

Introducono una tonalità colloquiale alcuni parasintetici piut-tosto particolari: sfaretta ‘lampeggia con i fari dell’automobile’(CAOS, p. 176); scarrellò ‘fece scorrere il carrello della pistola’(ROM, p. 532), si avvolpacchiava ‘s’ingarbugliava’ (ROM, p. 426);intortano ‘ingannano’ (CAOS, p. 127), s’inorecchisce ‘drizza le orec-chie’, detto di un cane (CAOS, p. 154).

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Nel campo della prefissazione prolifera l’uso del trattino, alquale si deve riconoscere una funzione iconica: in-azione (ROM, p.192); non-americani, non-semplici, non-luce (CAOS, pp. 411, 231,443), non-vita, non-sentimenti, non-parole (GIORNO, p. 256, 298);auto-terminando (GIORNO, p. 104), auto-liquidato (CAOS, p. 161);mega-gruppo (CAOS, pp. 438); super-fidato, «super-giocattolo persuper-manager», super-morigerata, super-testa di legno (CAOS, p.314, 67, 268, 432); ultra-aggressiva (CAOS, p. 409); infine qualcheelativo non usuale: cocazza stratagliata ‘cocaina tagliata eccessiva-mente con altre sostanze’, supertangente, supercontrollata (ROM,pp. 127, 370, 378).

Carattere iconico hanno anche alcuni composti e alcuni con-glomerati muniti di trattino: i) nome-nome: donna-cavallo (GIOR-NO, p. 286), fantesca-fattucchiera (DRAGO, p. 192), infermiera-a-mante (CAOS, p. 28); salone-scannatoio, quota-stecca (ROM, pp. 227,312); ii) verbali: dai-e-prendi, entra-esci, ufficio-che-non-c’è (ROM,pp. 144, 340, 407); iii) altri tipi: «minerva scudo-fornita» (GIORNO,p. 113), «lo zio-mito, lo zio-sposo, lo zio-con-cui-si-può-parlare-di-tutto» (CAOS, p. 277), non-ancora-buio (CAOS, p. 443), «insab-biato-dalla-marcia-e-corrotta-democrazia-filoyankee» (ROM, p.255). Talvolta un conglomerato è ripreso a breve distanza, quasi sitratti di un leitmotiv morfologico: «edificio/città, edificio/mondo»(CAOS, p. 330), «l’albergo/città, l’albergo/mondo» (CAOS, p. 332).La giustapposizione di vocaboli mediante sbarretta è presenteanche in ROM: «aderisco/non aderisco» (p. 101), «binomio omici-dio/complicità» (p. 168), «connessioni servizi/neri/malavita orga-nizzata» (p. 316). Una prolungata univerbazione, comprendenteben otto proposizioni, sembra riprodurre l’insanabile chiacchie-riccio dell’io narrante:

(11) siamo quelli-che-mentre-suo-marito-la-lasciava-affogare-come-un-sorcio-le-hanno-salvato-la-vita-mettendo-a-repentaglio-la-propria-e-subito-dopo-hanno-perso-la-moglie-e-soffrono-in-si-lenzio-dedicandosi-anima-e-corpo-alla-loro-figlia-tanto-da-re-starsene-tutto-il-giorno-davanti-alla-sua-scuola dinamica post-trauma (CAOS, p. 317).

Limitato a un’unica parola, lo stesso fenomeno assume, nel DD,altre finalità:

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(12) «Non sono io che decido quali operatori devono essere non-richiamati», disse eufemistico il capo, trincerato dietro la scriva-nia, mentre il sorriso di circostanza gli avvizziva sulla bocca(GIORNO, p. 140).

Qui l’univerbazione ha carattere ludico e allusivo; riproduce inve-ce il carattere di un affabulazione concitata e superficiale quandosi limita a un comunissimo intercalare, come accade nei passi cheseguono:

(13) Senza potere, naturalmente, una super-testa di legno, un gusciovuoto, un fantoccio eterodiretto, ma chissenefrega, intanto la miavita diventerebbe favolosa (CAOS, p. 432);

(14) Avevano uno stereo e ascoltavano a volume altissimo – alla chis-senefrega – una cassetta dei Clash (GIORNO, p. 291).

8.4. Varietà regionali e sociali

È opportuno distinguere gradi diversi di assunzione della dia-lettalità (o neodialettalità) nella nostra narrativa recente20. Esisteinnanzi tutto un grado zero (a): vale a dire, similitudini, paragoni,modi dire, frasi proverbiali, che si assume siano stati pronunciatiin dialetto, appaiono in un italiano non privo di toni regionali;questa prassi, che ha avuto tra i suoi massimi esponenti il Verga(Nencioni 1988) rivive, per esempio, in MILLE. Vi sono poi dialet-tismi formali (b), indotti da situazioni enunciative particolari(descrizioni di personaggi e ambienti locali, cibo, artigianato, tra-dizioni, temi riguardanti il sesso); di questi dialettismi sonoresponsabili gli attanti; l’io narrante si limita a riprodurli; s’inten-de che tutto ciò fa parte della finzione narrativa, del progetto delracconto21. Vi è certo una differenza rispetto ai dialettismi-bandie-ra (c), usati dal narratore per riassumere in un vocabolo lo “spiri-

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20 Si tenga presente l’affermazione di Berruto (2004: 18): «La collocazione del dia-letto negli atteggiamenti e nella valutazione della comunità parlante è evidentementecambiata, nel corso degli ultimi dieci anni». Sull’uso del dialetto nella narrativa degliultimi anni cfr. Guerriero (2001) e Antonelli (2006: 97-108).

21 Si tenga presente (Moretti 2001: 724): «Una volta che la voce del narratore si èmescolata a quella dei personaggi non si torna più indietro».

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to”, il “carattere” di una realtà regionale. Da (b) e da (c) si distin-gue il dialettismo interno, assunto in modo diretto dall’io narran-te (d). Possiamo parlare di plurilinguismo (esofasico), motivatodalla realtà esterna: rientrano in tale ambito ROM, VITA, GIORNO (laMazzucco sviluppa questa modalità più nel romanzo americano,meno nel racconto romano); VEDOVA e MILLE, e per certi aspettianche DRAGO, possiedono una motivazione interna, vale a direinteriorizzano l’esterno. Anche in CAOS (dove dosi minime diromanesco e di altri dialetti convivono con altre varietà sociali) lacommistione di localismi, gergo “dirigenziale” e “snobistico”, gio-vanilismi, anglismi, vocaboli settoriali, deriva da una condizionepsicologica dell’io narrante, che fonde in un’unica voce talivarietà; in questo caso si ha una condizione di completa endofasia.

Ecco alcuni esempi della tipologia proposta.

a) Dialettalità di grado zero. Il riferimento al dialetto è soltan-to sottinteso: «quel suo corpaccione che sembrava tagliato nell’o-livo sarebbe diventato molliccio e si sarebbe sfatto come i torsolidelle pannocchie» (MILLE, p. 17); «l’ambasciatore aveva motivo disospetto sapendolo “cane che non conosce padrone”, l’esatto pen-siero che la Lenbach formulò adottando un fraseggio tipicamentesiciliano» (DRAGO, p. 38); si noti come in quest’ultimo passo inter-venga una riflessione metalinguistica.

b) Dialettismi indotti da situazioni locali. I cibi fornisconoesempi interessanti: «e le donne impastarono foccazzole, cavaronocavatelli, torsero ricchitedde, arricciarono scr’ppelle col miele e colvin cotto» (MILLE, p. 26), «taralli inceleppati» (MILLE, p. 29), «Nellenostre famiglie non si buttava niente, neanche le murichias delpane, che restavano nel fondo della canistedda» (VEDOVA, p. 87).

c) Dialettismi-bandiera. Si tratta di vocaboli ed espressionimolto comuni, immessi per lo più nel DD: nonzi ‘nossignore’,camurria (DRAGO, pp. 137, 211), «ma chette corri?», daje (CAOS,pp. 120, 396).

d) Dialettismo assorbito nel contesto. Anche in questo caso siritrovano vocaboli comuni e diatopicamente connotati: «Il profes-sore Tringale non era imputato di niente: a quel mischino, a quelpovero vecchio stordito dalla pena e dalla paura, l’avevanocostretto a fare l’interprete per le udienze della giornata» (DRAGO,

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p. 107). In CAOS Veronesi pone a confronto meschino con l’equiva-lente romanesco porello e altre varianti, facendo recitare al padree alla figlia un rapido gioco linguistico22:

(15) L’ha fatta piangere, meschina. / Meschina… Di questo sì che sipuò parlare. / – Meschina? E dove l’hai imparata questa parola?/ – Perché? È volgare? / – No. Anzi, se uno non è siciliano èmolto ricercata. / – La dice sempre la Roxanna – si volta, sorride– Ehi, infatti la Roxanna è della Sicilia! / […] / In romanesco sidirebbe porella – faccio. / – Porella? / – Sì. Poverella, porella. / –E in milanese come si dice? / – In milanese? Non lo so: pora stel-la. / Mi guarda, riflette. / – Tipo povera stellina. / Oggi è proprioun casino. Povera stellina sarebbe lei… / Non lo so. Non ho maiimparato il milanese. Io so’ de Romaa!» (CAOS, p. 440; corsivi neltesto)23.

D’altra parte s’incontrano frequenti dialettismi panitaliani, co-me il settentrionale malmostoso ‘scorbutico’24, che, grazie all’usogiornalistico, si è ampiamente diffuso; lo ritroviamo sia in DRAGO

(domanda malmostosa, p. 205) sia in GIORNO (sofferenza malmo-stosa, p. 269).

In romanzi di diversa ambientazione, come ROM e DRAGO, c’im-battiamo più volte negli stessi sicilianismi: ammazzatina, pulla‘prostituta’, buttana (o buttanazza), i quali, dal momento che siritrovano anche nella narrazione, non dipendono dalla provenien-za dei personaggi, ma dal fatto di appartenere a un vocabolariobasso, diffuso dal cinema e dalla televisione; un vocabolario por-tatore di un’espressività panitaliana, buona – per così dire – pertutte le occasioni.

Essendo la componente dialettale funzionale alla fiction, occor-re considerare sia le occasioni in cui essa ricorre sia il dosaggio concui è distribuita nei vari contesti. Importa pertanto inquadrare lacomponente pragmatica dell’uso del dialetto, che talvolta passadal DD al DI e a una gamma piuttosto differenziata di DIL.

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22 Sulla «consapevolezza linguistica» di Veronesi si veda Meacci (1997: 204-211).23 Porello ricorre anche nei due romanzi di ambientazione romana; cfr.: «Scrocchia,

lui, porello, si sentiva vittima… ma vittima de che?» (ROM, p. 575); «i napoletani sonocosì divertenti, pensa a Totò, a Massimo Troisi, porello, è morto tanto giovane» (GIORNO,p. 282).

24 Cfr. la voce malmostós in Cortelazzo/Marcato (1998).

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La citazione poi può riguardare singoli vocaboli, espressioni,intere frasi. Quest’ultima modalità appare in VITA:

(16) Dopo l’ennesimo vavattene abbascio ca te piglio pe’ ’ssi quattropirci ca te ’n coccia uocca fràceta zoccola ch’anzi atu (VITA, p.70)25.

In questo romanzo si ritrovano vari casi d’italianizzazione del-l’inglese: nella parlata dell’anziano Agnello si alternano espressio-ni in dialetto e travestimenti: bummo (ingl. bum), Nevorco (ingl.New York); appaiono anche frasi composite: «Che vonno ’sti poli-smen all’ausa mia?» (VITA, p. 165).

In DRAGO l’espressività è affidata a dialettismi, inseriti per lo piùnel dialogo: «Ma che spacchio [= ‘sperma’] vai contando!» (p.58), «Chi sunnu ’sti cosi? I ’mpiccicaru a testa sutta?» (p. 184) e aespressioni proverbiali (una tradizione che ha numerosi punti diriferimento nella narrativa siciliana): «Futti futti che Dio perdonaa tutti» (p. 42); «Era solo tempo di guerra, quello: l’amore erabrodo di ciciri [= ‘ceci’]» (p. 60). Queste riprese sottolineano ilrapporto con situazioni locali. La precisa ambientazione del rac-conto è la cura predominante dell’autore, che sceglie elementicaratteristici del luogo in cui si svolge la vicenda e dà loro la mas-sima evidenza. Come appare da alcuni esempi già riportati, il dia-lettismo è sovente al servizio della disfemia26; si vedano ancora:

(17) Oh, finalmente! Dunque, non c’ho tempo, perciò stamme bene asenti’: l’omini che te rompono li cojoni o se comprano o se spen-gono… (ROM, p. 567);

(18) E io con te non voglio averci più niente a che fare, pezzo di par-rino arruso27! (DRAGO, p. 152).

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25 Traduzione: ‘ma vattene via, che ti prendo per questi quattro capelli che hai intesta, bocca marcia, zoccola che non sei altro’.

26 A proposito di elementi lessicali copro- e pornolalici presenti in un corpus di testi“cannibali”, Berisso (2000: 490) nota «una relativa scarsità di elementi di provenienzadialettale». In ROM la scelta tra le varianti regionali dipende dalla situazione narrativa;cfr. le varianti: fica (pp. 26, 27, 533, 568), sorca (p. 162, nell’espressione rutilante sorca),sticchio (p. 276). Sulla disfemia nelle chat cfr. anche Jaccod (2005).

27 ‘Prete sodomita’: cfr. Vocabolario siciliano s.vv.

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L’intento ludico è sempre presente. In ROM il siciliano è usatonei dialoghi per dare una forte caratterizzazione caricaturale a per-sonaggi appartenenti alla malavita siciliana:

(19) – Una volta, a Palermo, presero due picciotti. C’erano tre testi-moni, e loro stavano davanti al morto con un fucile ancora caldo.Si fece la perizia, e il fucile risultò fasano. / – Che significa «fasa-no»? / – Significa che era come favuso, comu si dici… falso. ’Unsirbeva, non serviva. Un pezzo di legno era. Non aveva mai spa-rato e mai poteva sparare. I due picciotti furono liberati con tantescuse (ROM, p. 334)28.

Oltre al romanesco, al napoletano e al siciliano, alcuni malavi-tosi parlano il toscano; il contrassegno di tale varietà linguistica ènaturalmente la gorgia, che De Cataldo rappresenta mediante l’a-postrofo:

(20) Un riccone colla villa in Versilia… sai ’ome vanno ’odeste cose:sono a corto di liquidi! (ROM, p. 521).

Anche in CAOS compaiono regionalismi, che, a differenza diquanto accade talvolta per il romanesco, non hanno alcun valoremimetico o espressivo, ma sono assorbiti nella narrazione: il tosca-no inteccherire (pp. 312, 330)29, i meridionali fattarielli (p. 88) epommarola (pp. 243, 287).

In VITA, l’autrice fa parlare molti dei propri personaggi in un“italiano popolare” al fine di connotarne il livello sociale. Tale tec-nica ricorre anche in GIORNO. Ecco come si esprime una semicol-ta, la suocera del protagonista:

(21) Lei che è tanto introdotto professor Alessandro, perché non dicea Mister Verità di fare una puntata su di noi, così rimette a postola situazione? Una volta che uno è andato alla televisione certebrutte cose non le può fare più, che lo conoscono tutti, dico giu-sto? stiamo inguaiati, mio genero ci ha la depersione, la malattia

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28 Per tali contesti Guerriero (2001: 223) parla di «glossa intradialogica». 29 Cfr. GRADIT: ‘intirizzirsi per il freddo’, ‘stare impettito, rigido’. Un altro toscani-

smo, spippolare ‘comporre, suonare con grande scioltezza e disinvoltura’ (GRADIT) com-pare in GIORNO (p. 77): «tirò fuori il cellulare e spippolò per controllare i messaggini –ma nessuno le aveva scritto».

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del secolo e non c’è cura, mi vuole ammazzare a me che c’ho ses-santanni e l’ossoporosi, che gli ossi mi diventano frangibili comevetro soffiato, io gliel’ho detto ai giudici che mio genero c’ha gliocchi strani e i pensieri rintorcinati e i fucili da guerra mica pergiocare, ma i lupi non si sbranano mica fra loro, non so se mi spie-go (GIORNO, pp. 323-324).

Si noti come ai malapropismi depersione ‘depressione’, ossopo-rosi ‘osteoporosi’, al romanesco rintorcinati e al meridionalismo(ormai panitaliano) inguaiati si accompagni una sintassi parlata,costituita da elementi ricorrenti in questo tipo di mimesi30. Sivedano ancora la dislocazione a sinistra, certe brutte cose non lepuò fare più, e la dislocazione a destra, io gliel’ho detto ai giudiciche; il semplice connettivo che svolge sia la funzione causale che loconoscono tutti sia quella esplicativa che gli ossi mi diventano fran-gibili; il ci attualizzante compare tre volte; anche la particella nega-tiva mica è ripetuta; vi sono tipiche formule discorsive: dico giu-sto?, non so se mi spiego. Questi elementi si accompagnano a unafolta schiera di colloquialismi, che convivono con forme standardo dell’uso medio; ciò accade anche negli altri romanzi del nostrocorpus: per esempio, frequente è l’uso alternato di importare, fre-gare e fottere31.

Un discorso a parte deve essere fatto per VEDOVA e MILLE 32. Nelromanzo di Niffoi, si oscilla fra sardo (più precisamente, dialettobarbaricino) e italiano. Si va da vocaboli resi intelligibili dal con-testo (ammacchiare ‘impazzire’, VEDOVA, p. 14; leppa ‘coltello a ser-ramanico’, ivi, p. 70, già usato dalla Deledda) ad altri di più diffi-cile comprensione33. Spesso vocaboli ed espressioni sardi conferi-scono alla narrazione una tonalità epica:

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30 Sulla sintassi del parlato dei semicolti cfr. D’Achille (1994: 69-72).31 Cfr. alcuni passi: «non gliene poteva fregare di meno a nessuno» (ROM, p. 575),

«be’, chi se ne frega» (CAOS, p. 316), «non gliene fregava niente» (GIORNO, p. 71), «chise ne fotte!» (ROM, p. 523). Frequente fottere ‘imbrogliare, danneggiare qcn.’: «Mihanno fottuto» (GIORNO, p. 163), «lavoravamo tutti e due per fottere Boesson» (CAOS,p. 72).

32 Un episodio degno di nota nell’ultima narrativa italiana è l’assunzione dell’arbë-resh nei romanzi di Carmine Abate; si veda per esempio Il mosaico del tempo grande,Milano, Mondadori, 2006.

33 Per i vocaboli sardi si è consultato Pittau (1999).

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(22) Me lo portarono a casa una mattina di giugno, spoiolato [= ‘sgoz-zato’] e smembrato a colpi di scure come un maiale. Neanche unagoccia di sangue gli era rimasta. Due lados [= ‘metà di animalemacellato’] che ad appezzarli non sarebbe bastato un gomitolo dispago nero, di quello catramoso che i calzolai usano per le tomaiedei cosinzos [= ‘scarpe di pelle cruda’] di vacchetta (VEDOVA, p. 13).

In MILLE, ambientato in Basilicata, ricorrono vari dialettismi:naca ‘culla sospesa’ (p. 70), lampascione ‘cipolla selvatica’ (ibi-dem), abbabbiare ‘ingannare’ (pp. 48, 94); struscere ‘sciupare’ (det-to del denaro) (p. 49)34. Alla p. 97 c’è un intero passo in dialetto;solo l’ultima frase è tradotta:

(23) Le cartelle non le sapeva leggere. Tutto scritto qua sopra. Chi gliha empito la testa? Rocco deve studiare. Ca t vò spadazzà. Ca tvoln accid. Cà t vol cazzà na saiett. Ca non t vuò rtrà viv staser.Ca cur Crist non t fasc scttà u sagn e u vlen quanta fum men nacimner, che quello Cristo non ti fa buttar sangue e veleno quantofumo mena una ciminiera. E i tuoi figli, e tua moglie.

Il dialettismo è seguito da una glossa: «Essere a briga, a dirma,da noi vuol dire guardarsi a collo grosso, togliersi il saluto» (VEDO-VA, p. 84); «Di l’as chircada! Te la sei cercata! Adesso grattati!»(VEDOVA, p. 150), «Tar’socc’ […] mormorò stupita, leccandosi lapeluria sulle labbra: “iè iuogghj”, olio, olio d’oliva!» (MILLE, p.13). Elementi dialettali, anche disfemici, oltre ad essere presentinel dialogato e nel DIL (quando si formalizza il pensiero di uno deiprotagonisti), risalgono nella narrazione, installandosi per lo piùin passi di forte tensione emotiva. Non mancano tuttavia in con-testi neutri: per esempio nei titoli dei capitoli35.

Quanto si è detto finora vale anche per i giovanilismi, che ricor-rono in alcuni romanzi, oltre che nel cinema (Rossi 2006: 392-403). Ecco, per esempio, un diffuso iconismo grafico36, portatore

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34 Cfr. Rohlfs (1977) alla voce strusciare, -ri.35 Cfr. «Solitudini. Disamistade» (ROM, p. 441): il secondo vocabolo (che appare

solo in questa occasione) è sardo e vale ‘inimicizia’, per estensione ‘faida’: probabilmen-te è una citazione del film Disamistade di S. Cabiddu (1988) o dell’omonima canzone diF. De André (1996, Bmg Ricordi).

36 Nel capolettera del GRADIT si dice che la lettera k «viene usata solo in forestieri-smi o talvolta scherzosamente o con intento denigratorio in sostituzione della c velare».

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di una connotazione variamente orientata a seconda dei contesti:anarkici, mikrocefalo (GIORNO, p. 207)37. Un vocabolo piuttostonoto come coatto appare una volta in GIORNO (p. 309), ma ben 14volte in ROM (anche con le varianti coattone, coattello e coatta).Nello stesso romanzo ricorre 4 volte sbroccato (ROM, pp. 5, 25,179, 206); il verbo sbroccare appare 2 volte in CAOS (pp. 322 e373)38. Una sorta di vocabolo-bandiera dei giovani è il verbo sga-mare, che è originariamente un gergalismo e che è presente in tredei nostri romanzi39. Sullo stesso piano si pone l’aggettivo cazzuto‘particolarmente degno di considerazione’40:

(24) Il rischio d’incappare in una pattuglia cazzuta era altissimo, ebisognava stare coperti (ROM, p. 83);

(25) la mia aura dev’essere cazzutissima in questi giorni; il mio corporadiante smisurato (CAOS, p. 129).

In (25) la distanza semantica e stilistica tra il sostantivo aura (ripre-so nell’accezione di aura of person) e l’aggettivo plebeo (in forma disuperlativo) crea un attrito espressivo. L’aggettivo ora citato è pani-taliano, altrettanto si può dire di mezzasega, vocabolo che ritrovia-mo univerbato in ROM (p. 178), in forma analitica in CAOS (p. 20)41..

Nel settore della fraseologia notiamo: bersi la strada ‘andare aforte velocità’ (ROM, p. 13), andare in fissa ‘essere coinvolto’ (CAOS,p. 185), venire un flash ‘ho avuto un’illuminazione, mi è tornatoalla mente un ricordo’ («M’è venuto un flash», GIORNO, p. 203) e

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37 Radtke (1993b: 216), a proposito di quest’uso giovanilistico, parla di «kappadeformante». In GIORNO (pp. 123-125), il diario scritto dalla giovanissima Valentina con-tiene grafismi da SMS: ke ‘che’, x ‘per’, xché ‘perché’, + ‘più’.

38 Cfr. GRADIT: «roman[esco] ‘perdere la brocca’ nel senso di ‘testa’».39 Cfr.: «e lei aveva per forza sgamato che stavo parlando di lei senza averla rico-

nosciuta» (CAOS, p. 189); «Le ragazze romane si lasciavano abbordare facilmente, eranofragorose e socievoli, ma al momento di darsi appuntamento, quando sgamavano che erasoldato finivano per schifarlo, e dargli numeri di telefono falsi, o inesistenti» (GIORNO, p.289); «il Sorcio capì immediatamente che il Freddo l’aveva sgamato» (ROM, p. 412). Perla discussa etimologia di sgamare, si veda, da ultimo, Lorenzetti 2007.

40 I lessicografi ne danno giudizi diversi: “comune” (GRADIT), “popolare” (Devo-to/Oli 2004-2005), “volgare” (Garzanti 2007, Zingarelli 200612), manca in Sabatini/Co-letti (20032).

41 È ovvio che voci ed espressioni provenienti dal gergo giovanile scadano spessonella disfemia: «Ranocchia era alto un cazzo e un barattolo» (ROM, p. 139).

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l’espressione romanesca che tajo ‘che divertimento’ (GIORNO, p.73), usata però con significato antifrastico:

(26) «Le previsioni fanno schifo, il sole non riusciamo a prenderlo e ilbagno non ce lo facciamo, però non piove, pranziamo sulle dunee poi ci facciamo una corsa sulla spiaggia.» «Sai che tajo!» gridòValentina, «no, domani vado con la squadra alla partita dellaROMA VOLLEY.».

Come appare, la quasi totalità dei giovanilismi (soprattutto diorigine romanesca) sono vocaboli ed espressioni trasparenti, datempo entrati nella lingua comune. Una specie di giovanilismointernazionale è taggare (GIORNO, p. 57, dall’inglese tag ‘firmascritta sui muri’).

È naturale che una maggiore concentrazione di gergalismi siabbia in ROM. Qui ritroviamo numerosi vocaboli provenienti dallinguaggio della malavita come cavallo e formica ‘spacciatore didroga’. Oltre al ricorrente sbirro (53 occorrenze contro le 81 dipoliziotto), ci sono gli specialotti (p. 425) e la pula (p. 89). In luogodi pistola s’incontra spesso la metonimia ferro (p. 6 e passim), maanche l’espressiva baiaffa (p. 532)42; si noti anche la locuzione fini-re al gabbio (p. 28); il carcere è detto anche eufemisticamente vil-leggiatura (p. 425). Ben rappresentato il gergo della tossicodipen-denza: ero (p. 63 e passim), buco (p. 438), roba (p. 79 e passim),brown sugar ‘eroina’ (p. 63 e passim), fattone ‘drogato’ (p. 344 epassim), pippare ‘sniffare cocaina’ (p. 160 e passim)43, impasticcato(pp. 25, 153), stare a rota (p. 113) ‘essere in astinenza’ e scimmia‘desiderio irrefrenabile di drogarsi’ (pp. 306, 423). Ananas ‘bombaa mano’ (DRAGO, p. 156) sarà forse da riferire al gergo militare.Connessa al ricorso a varietà dialettali e gergali è la folta presenzadi nomi “parlanti”, che prende spicco in ROM 44.

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42 Cfr. Ferrero (1991, s.v.): «Pistola, rivoltella, perché i suoi colpi ricordano l’ab-baiare di un cane. Voce largamente diffusa, che negli anni ’70 indicava in particolare laP38, molto usata dai terroristi».

43 Cfr. anche pippata (p. 60), pippatone (p. 83), pippatore (p. 47 e passim).44 Molti dei personaggi del romanzo hanno soprannomi “parlanti”, i quali, rife-

rendosi all’onomastica locale, offrono un surplus informativo sul carattere, sull’aspettofisico e sulla vita passata. Il Libanese è in realtà figlio di calabresi (mediterraneità gene-rica, usata in senso spregiativo), il Freddo è un individuo controllato e scrupoloso, l’an-

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8.5. Lontani dallo standard?

L’analisi ha dimostrato che: i) il lessico della nostra più recentenarrativa appare mescidato soprattutto a causa degli apporti chevengono dal basso (si potrebbe parlare di una «mescidanza pro-grammata» di diverse varietà); ii) nonostante la ricerca di unamedietà linguistica, le componenti centrifughe sono piuttosto atti-ve; iii) alcune scelte lessicali (affissati, NOM) influenzano gli aspet-ti enunciativi e pragmatico-testuali dei nostri romanzi.

Rispetto alla «standardizzazione linguistica», rilevata da Coletti(2001), la situazione presentata dai sette romanzi appare diversa:non mancano infatti i fattori di allontanamento dallo standard.Per i romanzi qui esaminati non si può parlare di «lingua iperme-dia», che del resto, a detta dello stesso inventore di questa formu-la, appare in declino (Antonelli 2006: 14), né di «lingua di plasti-ca» o «selvaggia». Lo scrittore di oggi accoglie mode più o menoeffimere dal mondo del cinema, dalla televisione e, in particolaredalla musica leggera. Chi volesse suggerirgli: «Parla con la tua vo-ce, Italiano», si porrebbe probabilmente fuori dal nostro tempo.La coscienza di usare toni e allusioni particolari è cresciuta negliultimi anni. Data una certa fluidità delle situazioni e delle formeespressive, non è opportuno imporre a questi romanzi etichette diqualsiasi tipo. La mescidanza di forme e di stili non va giudicatain modo univoco. Il fenomeno è, di volta in volta, mimesi del par-lato (De Cataldo), modalità di un edonismo plurilinguistico varia-mente esibito (Buttafuoco, Niffoi), manifestazione di una ricercainteriore perseguita mediante addizioni e sottrazioni verbali (Ve-ronesi), testimonianza di una partecipazione commossa a una real-tà degradata (Mazzucco).

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tifrastico Secco è un lestofante grasso e viscido, il Dandi pretende di vestirsi con raffina-tezza, il Terribile è noto per la sua ferocia, Fierolocchio è affetto da strabismo, Varighina(da varechina, regionale varichina) è albino; non mancano referenti letterari o paralette-rari: il Conte Ugolino è un criminale con tendenze antropofagiche, Trentadenari è un tra-ditore.

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