4 memoria e apprendimento

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Psicologia dell’apprendimento ANNO ACCADEMICO 2008/2009 Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche NUOVO ORDINAMENTO (III anno) MEMORIA E APPRENDIMENTO L. Francesca Scalas, PhD

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Psicologia dell’apprendimentoANNO ACCADEMICO 2008/2009

Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche

NUOVO ORDINAMENTO (III anno)

MEMORIA E APPRENDIMENTO

L. Francesca Scalas, PhD

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La memoria ha un ruolo chiave nell’ambito dei processi di apprendimento. Infatti solo quando una conoscenza, o competenza in generale, viene padroneggiata dal soggetto e viene manifestata nel tempo abbiamo un vero apprendimento.

Ciò significa che l’apprendimento ha luogo quando un’informazione passa in maniera stabile (permanente) nel sistema di memoria.

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Tre aspetti fondamentali connessi con la memoria sono i processi di:

codifica, ritenzione o immagazzinamento, recupero.

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Codifica

La codifica si riferisce al modo in cui l’informazione viene immagazzinata nel sistema, es. forma visiva o semantica o in una forma multidimensionale.

Il codice si riferisce all’insieme di regole che noi utilizziamo per trasformare le informazioni provenienti dall’ambiente circostante in modo che possano essere conservate nella memoria.

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Ritenzione

La ritenzione si riferisce a come viene conservata l’informazione, la strategia più comune per ritenere l’informazione è quella della reiterazione o ripetizione dell’informazione.

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Recupero

Il recupero si riferisce al modo in cui l’informazione viene estratta dal sistema.

Il recupero può avvenire attraverso: Riconoscimento Rievocazione

La teoria dei due processi

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Riconoscimento

Il riconoscimento del materiale appreso è generalmente più semplice della rievocazione, in quanto il soggetto deve semplicemente stabilire se si tratta di materiale presentato in precedenza oppure no.

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Rievocazione

La rievocazione può essere seriale, libera o guidata.

1. La rievocazione seriale è la più complessa, perché il soggetto deve recuperare le informazioni nell’ordine in cui le ha apprese;

2. la rievocazione libera è un po’ più semplice perché non vi sono vincoli al recupero.

3. Infine, la rievocazione guidata è la più semplice in quanto vengono forniti dei suggerimenti.

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L’oblio

Prima ipotesi è quella secondo cui esso è causato dal tempo, tanto più è ampio l’intervallo tra l’apprendimento

e la rievocazione, e tanto più facile sarà dimenticarsi.

In realtà, però, non è sempre così. Accade, in situazioni particolari, di ricordarsi

perfettamente un evento anche se è accaduto molto tempo prima, o di dimenticarsi qualcosa avvenuto solo pochi istanti prima (es. durante le presentazioni).

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Diversi fattori possono influenzare l’oblio. Tra questi:

1. l’attenzione che poniamo durante l’apprendimento;

2. la codifica dell’evento;

3. cosa accade durante la ritenzione;

4. la situazione in cui si tenta il recupero.

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E’ evidente che se non si presta attenzione durante la presentazione dello stimolo, l’evento non viene memorizzato e, dunque, non può essere recuperato.

Una distrazione immediatamente successiva alla presentazione dello stimolo può impedirne il ricordo.

Invece, le distrazioni che possono verificarsi durante la fase di recupero hanno un effetto solo temporaneo, in contesto di maggiore tranquillità sarà

possibile recuperare le informazioni.

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Oblio e ricordo sono influenzati anche dalle emozioni.

Esiste un legame molto particolare tra emozioni e memoria.

Spesso le esperienze più intense emotivamente tendono a restare vivide nella memoria, come se si fissassero in una fotografia.

Ma in condizioni particolari, può avvenire esattamente il contrario, per cui esperienze, pensieri, idee dolorose o troppo pesanti da affrontare, possono essere rimosse.

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Bower ha proposto una teoria basata sulla nozione di contesto emotivo.

Secondo Bower lo stato emotivo provato mentre si viveva una certa esperienza può aiutare nel suo ricordo successivo.

Cioè, se lo stato d’animo al momento della rievocazione è simile a quello provato al momento dell’immagazzinamento, il ricordo sarà più facile (state-dependency).

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Altri autori, invece, hanno rilevato un altro effetto che viene definito state-congruency.

In questo caso se una persona è felice, tende a ricordare eventi felici, mentre se è triste tende a ricordare cose tristi.

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L’argomento è molto interessante, ma ancora molto controverso, anche se c’è accordo sul cosiddetto ottimismo mnestico.

Cioè, sul fatto che col tempo i ricordi vengono modificati in senso positivo, si eliminano o modificano gradualmente gli aspetti negativi.

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Primi studi sulla memoria umana

I primi studi, propriamente psicologici, sulla memoria umana sono stati condotti da Ebbinghaus alla fine dell’ottocento.

Ebbinghaus riteneva che per studiare in modo scientifico la memoria bisognasse utilizzare del materiale neutro che non avesse alcun significato per i soggetti sottoposti agli esperimenti.

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Per questo, ideò una serie di sillabe senza senso (es. DEK, MOR) che i soggetti dovevano memorizzare e sulle quali venivano testate le capacità di rievocazione, riconoscimento e riapprendimento da parte dei soggetti sperimentali.

Il numero delle sillabe ricordate veniva considerato un indicatore delle capacità mnestiche del soggetto.

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Importanza del significato

Ebbinghaus aveva proposto un metodo in cui la memoria veniva valutata in una condizione asettica,

ben presto ci si rese conto che la memoria normalmente opera in contesti più complessi e dotati di significato.

Bartlett (1932), in particolare, ha sottolineato che il significato del materiale da apprendere ha una notevole influenza sulla rievocazione (e in generale sul recupero).

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es. La guerra degli spettri: storia breve ma complessa su una leggenda degli indiani d’america.

Nell’esperimento un soggetto doveva leggere per due volte la storia e, dopo 30 minuti, provare a rievocarla per iscritto.

La sua versione della storia passava ad un altro soggetto che doveva usare lo stesso procedimento, e così via.

Alla decima riproduzione, la storia si presentava molto semplificata e con parecchi punti di divergenza rispetto all’originale.

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I ragazzi occidentali, non erano in grado di memorizzare alcuni particolari tipici dei costumi indiani e tendevano a razionalizzarli e a modificarli secondo le loro conoscenze.

Ciò che appariva inusuale veniva trasformato in qualcosa di più familiare; secondo la terminologia di Bartlett, in qualcosa di consono agli schemi del soggetto.

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Bartlett e il concetto di schema

A Bartlett, si deve la concezione di schema divenuta famosa in ambito cognitivo.

Secondo Bartlett la memoria non può essere costituita semplicemente da tracce mnestiche perché queste hanno un carattere di rigidità, la nostra memoria, invece, è flessibile.

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Lo schema è definito come una organizzazione di conoscenze che guida il comportamento: una sorta di modello che può adattarsi alle

circostanze ambientali. L’ipotesi degli schemi di memoria spiega il

fatto che molti dei nostri ricordi passati tendono a modificarsi nella direzione di schemi familiari e routinari, proprio come hanno fatto i soggetti della guerra degli spettri.

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Carattere ricostruttivo della memoria

Per la sua stretta connessione con il significato, la memoria spesso opera in maniera ricostruttiva,

abbiamo la tendenza a colmare ciò che non ricordiamo, sulla base delle nostre conoscenze generali del mondo e della plausibilità e coerenza che possiamo dare ai ricordi (vedi gli script di Schank e Abelson e gli esperimenti della Loftus).

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Teorie dei magazzini di memoria

Attorno agli anni cinquanta, l’interesse per la memoria è andato crescendo nel mondo accademico.

I risultati delle molte ricerche nel settore hanno evidenziato che la memoria non poteva essere più considerata come un sistema unitario.

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Venne fuori, invece, un modello costituito da più sistemi interconnessi tra loro e ognuno caratterizzato da specifiche proprietà.

Atkinson e Shiffrin cercarono di unificare le nuove conoscenze in un unico modello multimodale.

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Secondo questo modello l’informazione sensoriale viene conservata per un breve periodo di tempo in un registro sensoriale,

viene focalizzata attraverso i processi attentivi, quindi viene parzialmente codificata e passa

nella MBT, dove può essere mantenuta attiva e conservata attraverso il processo della reiterazione.

In entrambi i sistemi di memoria l’informazione può essere perduta per decadimento o interferenza.

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Quindi, se è il caso, grazie alla reiterazione, viene passata nella MLT e ricodificata.

Alcuni ipotizzano che nella MLT la ritenzione dell’informazione sia permanente, sebbene il processo di recupero non sia sempre immediato.

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Memoria sensoriale MBT MLT

Attenzione Reiterazione

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Memoria sensoriale

Il registro o memoria sensoriale implica l’esistenza di diversi registri deputati al processamento delle informazioni provenienti dai vari sensi.

I primi studi sull’argomento riguardano la cosiddetta memoria iconica scoperta da Sperling.

Successivamente si è ipotizzata una memoria ecoica (Neisser).

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Entrambe farebbero parte del registro sensoriale.

Si tratta di sistemi di memoria ad elevata capacità e rapido decadimento.

Tali sistemi implicano la codifica dell’informazione sensoriale in una forma simile all’originale, l’informazione viene ritenuta per un periodo limitato di tempo.

Immaginate una sorta di polaroid al contrario, per cui il sistema scatta una foto che all’inizio è chiara e nitida, ma svanisce nel giro di pochi secondi.

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Memoria a breve termine

Dal registro sensoriale, l’informazione viene focalizzata attraverso i processi attentivi, e, se non intervengono interferenze, passa nella MBT.

Si tratta di un sistema di memoria in cui l’informazione viene elaborata e codificata.

Tale sistema ha una capacità limitata, infatti può contenere un massimo di 7 + o - 2 elementi o raggruppamenti di informazioni - chunks (Miller, 1956).

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La memoria di lavoro

La teoria originale di Atkinson e Shiffrin prevede un magazzino unico per la MBT,

ma studi successivi effettuati da Warrington e Shallice (1972) hanno mostrato che il magazzino a breve termine non è unitario.

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A questo proposito Baddeley ha proposto di sostituire il concetto di MBT con quello, più articolato da lui proposto, di memoria di lavoro.

Baddeley parla della memoria di lavoro come di un sistema gerarchico deputato al mantenimento e all’elaborazione temporanea delle informazioni durante l’esecuzione di vari compiti cognitivi.

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L’autore ha ipotizzato tre componenti del sistema.

1. Una componente articolatorio-fonologica (circuito articolatorio-fonologico),

2. Una componente visuo-spaziale (taccuino visuo-spaziale),

3. Un esecutore centrale.

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La componente articolatorio-fonologica è deputata al mantenimento e all’elaborazione di informazioni verbali.

E’ importante nei compiti di comprensione linguistica e nel fare i calcoli a mente.

Baddeley ha distinto tra un magazzino fonologico passivo, connesso con la percezione del linguaggio, e un processo articolatorio, connesso con la produzione del linguaggio.

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La componente visuo-spaziale è deputata al mantenimento e all’elaborazione dell’informazione visiva e spaziale. E’ importante nella lettura, nella formazione di immagini mentali e nella pianificazione motoria.

L’esecutore centrale è una sorta di controllore che pianifica le operazioni da svolgere e monitora quelle svolte. E’ una sorta di sistema attentivo che coordina i due sottosistemi (articolatorio e visuo-spaziale).

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Memoria a lungo termine

Dalla MBT l’informazione passa nella memoria a lungo termine e qui può essere immagazzinata.

La memoria a lungo termine, secondo molti, può ritenere un numero molto elevato di informazioni, ma i processi di recupero di tali informazioni non sono sempre semplici e immediati (oblio dipendente dalla traccia, oblio dipendente dal segnale).

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Modelli basati sui livelli della elaborazione Secondo Craik e Lockhart (1972) lo studio della

memoria è più proficuo se ci si focalizza sui processi mnestici, cioè sui meccanismi che permettono di ricordare le informazioni,

è noto che la memorizzazione di elementi tra loro slegati (es. elenco di numeri) è più difficile della memorizzazione di elementi posti in relazione reciproca tra loro (es. una frase).

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Gli autori parlano di una codifica, o elaborazione, superficiale delle informazioni (basata sulle caratteristiche fisiche dello stimolo) e di una codifica, o elaborazione, profonda (basata sul significato).

Tanto più è profonda la codifica tanto migliore sarà il ricordo.

I processi attentivi e percettivi, operanti al momento dell’apprendimento, hanno un ruolo fondamentale nel determinare il tipo di informazione che verrà memorizzata.

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Craik e Lockhart, distinguono tra una reiterazione di mantenimento (es. ripetere le cifre di un numero di telefono che vogliamo memorizzare) e una reiterazione elaborativa o integrativa (es. associare i numeri da memorizzare a qualche evento dotato di significato);

371929: 37 temperatura corporea, 1929 crollo della borsa di Wall Street).

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Il primo tipo di reiterazione prevede una codifica superficiale e in genere ha efficacia limitata, nel senso che mantiene l’informazione in memoria per il tempo necessario a raggiungere il telefono.

Mentre il secondo tipo di reiterazione prevede una codifica profonda, legata a dei significati che dovrebbe portare ad una memorizzazione a lungo termine.

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I sistemi di memoria a lungo termine

Alcuni ritengono che vi siano diversi sistemi di memoria a lungo termine.

In particolare Tulving distingue tra:1. memoria episodica 2. memoria semantica le memorie episodica e semantica costituiscono

quella che alcuni chiamano memoria dichiarativa (es. Cohen e Squire, 1980).

Successivamente viene aggiunto il sistema della:3. memoria procedurale

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Tulving ritiene che i tre sistemi siano implicati nell’elaborazione di differenti tipi di informazioni e che, comunque, siano in qualche modo connessi gli uni agli altri.

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La memoria episodica si riferisce all’immagazzinamento e recupero di eventi e episodi esperiti personalmente che possono essere datati temporalmente e localizzati spazialmente.

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La memoria semantica si riferisce all’immagazzinamento e utilizzo di conoscenze che riguardano le parole, i concetti e le loro proprietà e relazioni reciproche.

Riguarda conoscenze di carattere generale non associate a esperienze personali,

è una sorta di memoria enciclopedica (es. Parigi capitale della Francia), indipendente dal momento e dallo spazio in cui è stata appresa l’informazione.

La rete semantica gerarchica di Collins e Quillian (1969) e la teoria della propagazione dell’attivazione.

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Collins e Quillian

La memoria semantica è organizzata secondo dei nodi associativi di natura gerarchica (es. animale, uccello, canarino).

Ad ogni nodo sono associate caratteristiche specifiche. I nodi più in alto nella gerarchia presentano caratteristiche più generali (che per economicità non vengono ripetute nei nodi inferiori).

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La memoria procedurale è il sistema che soggiace alle esecuzioni che richiedono destrezza, riguarda il saper fare (es. andare in bicicletta).

E’ qualcosa che si apprende in genere lentamente e con l’esercizio.

All’interno della conoscenza procedurale collochiamo anche gli script, o copioni. Si tratta di un insieme di conoscenze relative a circostanze particolari es. andare al ristorante.

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Secondo Tulving a ciascuno dei tre sistemi di memoria è associata una diversa forma di coscienza.

Il sistema procedurale è anoetico, cioè privo di consapevolezza (vi è consapevolezza solo del qui e ora).

La memoria semantica è noetica, prevede cioè un certo grado di consapevolezza.

La memoria episodica è autonoetica, in quanto implica la consapevolezza di sé.

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Più in generale alcuni autori parlano di memoria esplicita e memoria implicita

La memoria procedurale può essere considerata una forma di memoria tacita o implicita,

mentre la memoria semantica e quella episodica costituiscono la memoria esplicita.

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La memoria implicita ha luogo quando l’informazione che è stata codificata nel contesto di un particolare episodio, viene in seguito espressa o utilizzata senza che ci sia un ricordo cosciente o deliberato dell’evento (Schacter).