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1 Indice Pag. 1. Introduzione 1 2. Legislazione riguardante l’uso delle piante medicinali 8 3. Brevi cenni storici 3.1 XX secolo 3.2 Storia dell’aloe in veterinaria 17 4. Descrizione della pianta 5. Composizione e meccanismo di azione 5.1 Composizione 5.2 Meccanismo d’azione 6. Usi clinici dell'aloe. Articoli e studi a partire dagli anni trenta 6.1 Alcuni esempi di usi clinici in veterinaria 7. La ricerca: dati acquisiti e frontiere 8. Conclusioni 9. Bibliografia

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Indice Pag.

1. Introduzione 1

2. Legislazione riguardante l’uso delle piante medicinali 8

3. Brevi cenni storici

3.1 XX secolo

3.2 Storia dell’aloe in veterinaria

17

4. Descrizione della pianta

5. Composizione e meccanismo di azione

5.1 Composizione

5.2 Meccanismo d’azione

6. Usi clinici dell'aloe. Articoli e studi a partire dagli anni trenta

6.1 Alcuni esempi di usi clinici in veterinaria

7. La ricerca: dati acquisiti e frontiere

8. Conclusioni

9. Bibliografia

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ALOE VERA

1. Introduzione

In Italia il termine medicine non convenzionali (MNC) identifica le discipline che

sono state riconosciute nel 2002 dal consiglio nazionale della federazione nazionale

degli ordini dei medici e odontoiatri (FNOMCeO)-sulla scorta di risoluzioni del

Parlamento europeo (1997) e del consiglio d'Europa (1999)-e che corrispondono alle

definizioni di "Complementary Medicine", “Alternative Medicine”,“Unconventional

Medicine”, “Traditional Medicine”, e al termine adottato nella letteratura scientifica

internazionale (Cochrane Collaboration, Consensus conference, 1997) di:

“Complementary and Alternative Medicine”[medicitalia.it]. Quindi, la medicina non

convenzionale, complementare, o alternativa, nel mondo anglosassone viene definita

come: "CAM" (complementary and alternative medicine) definendola come scelta

terapeutica "complementare" o "alternativa" a quella ufficiale. L'Organizzazione

Mondiale della Sanità considera i termini "non convenzionale", “ alternativa” e

“complementare” tra loro interscambiabili ma viene riservato il termine "non

convenzionale" a quei paesi, come l'Italia, in cui questi sistemi di salute non vengono

inseriti nel piano formativo curriculare obbligatorio del corso di Medicina e

Chirurgia e non facciano parte del sistema sanitario nazionale dominante [popolis.it].

Esse, quindi, si differenziano in modo sostanziale dalla biomedica perché usualmente

non sono praticate e insegnate nelle istituzioni mediche ufficiali [fareantropologia.it].

Nel documento di Terni del 2002 da parte della FNOM&O, viene utilizzato il

termine "non convenzionale" e viene raccomandato di continuare a definirle, in

questo modo. Queste pratiche sono riconosciute come “atto medico”(“l’esercizio

delle medicine non convenzionali è da ritenersi a tutti gli effetti un atto medico”

[FNOMCeO 2002]) vale a dire sono di specifica competenza dei medici e non

possono essere esercitate da altre figure professionali. Nel documento vengono

elencate: Agopuntura, Fitoterapia, Medicina Ayurvetica, Medicina Antroposofica,

Medicina Omeopatica, Medicina Tradizionale Cinese e Omotossicologia [popolis.it].

Nell'elenco iniziale della FNOMCeO erano presenti anche Chiropratica e Osteopatia

che, pur rientrando nel novero delle MNC, sono considerate professioni sanitarie

primarie, sono regolamentate diversamente e possono essere esercitate da non medici

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a seguito dello svolgimento di un percorso formativo stabilito a livello internazionale

[medicitali.it].

“La Federazione nazionale degli ordini veterinari italiani medici veterinari (FNOVI)

ha riconosciuto fin dal 2003 l’esclusiva competenza (articolo 30 del codice di

deontologia veterinaria) del medico veterinario nell’esercizio delle MNC nella cura

sia degli animali da reddito, sia degli animali da compagnia. Le MNC riconosciute

in ambito veterinario in Italia sono cinque: agopuntura, medicina tradizionale

cinese, medicina omeopatica, omotossicologia, fitoterapia” [senato.it].

Solo i medici chirurghi regolarmente iscritti all'ordine risultano quindi autorizzati a

praticare tali medicine non convenzionali; nel farlo non posso esimersi dal rispetto

dell’articolo 15 del Codice Deontologico riportato di seguito: “il ricorso a pratiche

non convenzionali non può prescindere dal rispetto del decoro e della dignità della

professione e si esprime nell’esclusivo ambito della diretta e non delegabile

responsabilità professionale del medico. Il ricorso a pratiche non convenzionali non

deve comunque sottrarre il cittadino a trattamenti specifici e scientificamente

consolidati e richiede sempre circostanziata informazione e acquisizione del

consenso. E’ vietato al medico di collaborare a qualsiasi titolo o di favorire

l’esercizio di terzi non medici nel settore delle cosiddette pratiche non

convenzionali” [popolis.it].

Nel trattato Fitoterapia Moderna (2003) di Antonello Sannia egli usa il terrnine

“fitomedicine” e precisa che esse sono costituite da un complesso o per meglio dire

un “fitocomplesso” che comprende diversi “fitocomposti” che posseggono diverse

attività biologiche: dalla natura chimica, al contenuto, all’attività . Alcuni

fitocomposti hanno effetti specifici, altri risultano responsabili di un ruolo

addizionale. Rispetto ai farmaci di sintesi, quindi, le fitomedicine hanno un’attività

che non può essere attribuita ad uno specifico principio attivo perché nel

fitocomposto sono presenti altri costituenti che vi contribuiscono, portando ad un

miglioramento della biodisponibilità dei principi attivi, modulando l’azione

farmacologica e riducendo la tossicità eventuale [Pignattelli 2007].

Quindi le medicine non convenzionali sono dottrine e pratiche che in Europa e nei

paesi occidentali hanno goduto di una certa diffusione a partire più o meno

dall'ultimo quarto del novecento, giungendo a far presa su segmenti significativi

della domanda del mercato sanitario, in particolare si sono diffuse fra gruppi sociali

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medio alti e le persone più giovani e con un più alto livello di istruzione

[fareantropologia.it].

Sono state effettuate delle ricerche quantitative in proposito: si afferma di solito che

almeno il 50% dei cittadini dei paesi occidentali abbia almeno una volta usato una

medicina non convenzionale, e una più bassa ma importante percentuale, e cioè

superiore al 10%, fa ricorso alle MNC in modo sistematico per scelta e per vera e

propria filosofia di vita. L’European Forum for Complementary and Alternative

Medicine parla oggi di 100 milioni di utenti in Europa [fareantropologia.it].

Quindi i preparati a base di erbe officinali che vengono usati come strumenti

alternativi o complementari di cura, al posto dei metodi della medicina

convenzionale, nell’ultimo decennio hanno conosciuto in Italia una diffusione

sempre maggiore e lo si può capire dall'indagine multiscopo sulle “Condizioni di

salute e ricorso ai servizi sanitari 1999-2000”, condotta dall'ISTAT (mesi di

Settembre e Dicembre 1999) su un campione di circa 30 000 famiglie, pari a oltre

70000 individui dove viene mostrato come tra le terapie non convenzionali, il 4,8%

della popolazione usa la fitoterapia , come unico trattamento o in combinazione con

rimedi omeopatici.

I principi attivi estratti dai vegetali trovano largo impiego anche in medicina

veterinaria come: antibatterici, antimicotici, antiparassitari e disinfettanti; ad alcuni

fitocomplessi (es. Echinacea spp.), vengono inoltre attribuite proprietà

immunostimolanti. Studi recenti hanno portato in evidenza che i complessi

fitoterapici per la profilassi delle elmintiasi gastrointestinali dei ruminanti sono

efficaci [Githiori JB et al. 2006] e così hanno contribuito a far riconoscere la

fitoterapia come un’alternativa valida e conveniente rispetto ai farmaci di sintesi

usati di solito nell’allevamento intensivo.

E’ stato effettuato, recentemente, uno studio in 60 allevamenti biologici e questo ha

portato in evidenza che vengono impiegate 128 diverse specie vegetali nel

trattamento di diverse patologie dei ruminanti e ciò potrebbe dimostrare l’efficacia

di alcuni particolari rimedi tra cui Hypericum perforatum, Malva sylvestris,

Calendula officinalis, Arnica spp., e Echinacea purpurea usate per il trattamento delle

ferite, Euphrasia officinalis per le affezioni oculari, Juniperus communis, Allium

sativum, Artemisia spp. e Pinus spp. in caso di endoparassitosi, Mentha spp., Ruta

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graveolens e Lavandula officinalis contro gli ectoparassiti ed Hedera helix nelle

ritenzioni della placenta [Lans Cet al. 2007].

Gli stessi Autori hanno, inoltre, identificato 97 specie vegetali utilizzabili nel

trattamento di svariate patologie nel cavallo, come:

affezioni della cute (Plantago major, Ricinus communis e Commiphora

myrrha), stati di ansia (Passiflora incarnata e Valeriana officinalis) e squilibri

ormonali (Fragaria virginiana, Tilia europea, Oenothera biennis e Matricaria

chamomilla);

infusi di salvia (Salvia officinalis) e lavanda (Lavandula angustifolia)

vengono impiegati come tonici dopo le gare;

pasta a base di pepe di cajenna (Capsicum spp.) ed olio di oliva sono utilizzati

per il trattamento di stati dolorosi dei muscoli e delle articolazioni;

biancospino (Crataegus oxyacantha) come cardiotonico;

liquirizia, timo (Thymus spp.) e aglio (Allium sativum) per la terapia di

affezioni blande delle vie respiratorie [Lans C et al. 2006].

I prodotti medicinali a base di erbe officinali vengono considerati farmaci a tutti gli

effetti e rientrano nella definizione del DLvo 29 maggio 1991, n. 178 che recepisce

la Direttiva CEE 65/65: “Ogni sostanza avente proprietà curative o profilattiche

delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza da somministrare al fine di

stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare le funzioni

dell’uomo e dell’animale”. E’ necessaria un’autorizzazione preventiva da parte del

Ministero della Salute per qualsiasi sostanza e, in base a questa definizione, risulta

che nessun prodotto è di per se stesso, per le proprie caratteristiche intrinseche,

medicinale, ma lo diventa quando gli vengono attribuiti effetti terapeutici. Nella

definizione non viene escluso che un prodotto, secondo le indicazioni con cui viene

presentato, possa essere sia un medicinale che un alimento [notiziario dell’Istituto

Superiore di Sanità].

Il maggiore campo d’impiego della MNCV è nella zootecnia biologica dove è

necessario ridurre il più possibile l’utilizzo dei farmaci veterinari allopatici, ottenuti

per sintesi chimica. Infatti, nel caso di patologie di varia origine, devono essere

utilizzati come farmaci di prima scelta: i prodotti fitoterapici (estratti vegetali,

essenze e olii) nonché prodotti omeopatici e/o oligoelementi quali sodio, calcio,

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fosforo, magnesio e zolfo. Solo nel caso in cui l’utilizzo di tali prodotti non dovesse

risultare efficace allora è consentito l’utilizzo dei farmaci allopatici, ma bisogna

preferire quelli rapidamente metabolizzati, caratterizzati da un basso impatto

ambientale, da minori effetti collaterali e per i quali deve essere previsto, peraltro, un

tempo di sospensione di durata doppia rispetto a quello stabilito per legge

[veterinario2.it].

Anche negli allevamenti tradizionali potrebbero trovare impiego le MNC, sia

perché i farmaci non convenzionali risultano più economici di quelli ottenuti per

sintesi chimica, sia perché, contenendo concentrazioni infinitesimali di principio

attivo, non necessitano di alcun periodo di sospensione. Negli ultimi anni, i

consumatori, molto più attenti non solo alla sicurezza alimentare ma anche al

benessere animale, preferiscono gli alimenti di origine animale che provengano da

animali trattati con farmaci non convenzionali . Le MNC in ambito veterinario sono

una realtà consolidata da tempo in molti Paesi dell’Unione Europea: Paesi del Nord

Europa, Regno Unito, Francia, Spagna, Germania e Svizzera dove tali discipline

hanno frequente applicazione sia nel trattamento delle affezioni dei piccoli animali

che negli animali da reddito [veterinario2.it].

E’ stato recepito il regolamento comunitario n. 1804 del 19 luglio 1999 con decreto

ministeriale n. 91436 del 04 agosto 2000 che completa, per le produzioni animali, il

regolamento CE n. 2092/91, e la successiva modifica del 29 marzo 2001.

A partire dal 2003, in Italia, è stata istituita inoltre la U.M.N.C.V.

(Unione Medicina Non Convenzionale Veterinaria) ovvero le istanze dei veterinari

“esperti” in: Omeopatia, Omotossicologia, Fitoterapia, Agopuntura e Medicina

Tradizionale Cinese. Questo organismo serve a sottolineare l’importanza sanitaria,

sociale ed economica delle MNC, ed a promuovere il riconoscimento legislativo di

tali pratiche per arrivare ad avere una regolamentazione con il fine di legittimare le

MNC in veterinaria e di identificare con chiarezza gli operatori professionali di

riferimento e di tutelare gli stessi.

Un passo in avanti è stato fatto con il D.L.vo 193/2006 (attuazione della Direttiva

CE 28/2004) relativo ai medicinali veterinari , nel quale si ha il riconoscimento dei

medicinali veterinari omeopatici, all’art. 1: “Medicinale veterinario omeopatico: ogni

medicinale veterinario ottenuto da sostanze denominate materiali di partenza

omeopatici secondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dalla

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Farmacopea europea o, in assenza di tale descrizione, dalle farmacopee attualmente

utilizzate ufficialmente dagli Stati membri. Un medicinale veterinario omeopatico

può contenere più materiali di partenza”.

Negli ultimi anni sono state presentate svariate proposte di legge da diverse regioni

italiane che riguardano le MNC, ad esempio: quella approvata della regione Emilia

Romagna il 5 luglio 2006 riguardante la “Disciplina delle Medicine Non

Convenzionali esercitate da laureati in medicina e chirurgia, odontoiatria e

veterinaria”.

Il rapporto EURISPES Italia riporta i seguenti dati:

nel 2006 il 10,6% della popolazione ha fatto uso di MNC;

nel 2009 il 18,5 %;

nel 2010 sempre il 18,5%;

nel 2012 il 14,5% .

Riporto tali dati in un grafico:

Fig. Rapporti Eurispes degli ultimi anni circa l'uso delle MNC in Italia – Sulle

ascisse vi sono le percentuali annue mentre sulle ordinate vengono riportati gli anni

in cui è stato stilato il rapporto (EURISPES).

In una tabella riassuntiva dei principali dati sulla diffusione delle medicine non

convenzionali in Italia, e su come la parte della popolazione percepisce tale terapia,

vengono forniti i dati dall'associazione per la medicina centrata sulla persona Onlus:

ad esempio i dati ISTAT anno 1996-99 indicano che 9 milioni di italiani fanno uso

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Anno 2006Anno 2009

Anno 2010Anno 2012

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delle medicine non convenzionali e cioè il 15,5%, mentre per quanto riguarda ISTAT

nell’anno 2005: 8 milioni di italiani usano le MNC; invece i dati ABACUS

dell’anno 2003 riportano che il 23% della popolazione fa uso di medicine non

convenzionali; i dati ISPO sempre nel 2003 dicono che il 65% della popolazione

conosce il termine medicine non convenzionali e/o ne conosce l’esistenza; il

FORMAT nell’anno 2003: il 23,4% degli italiani usa regolarmente le medicine non

convenzionali mentre il 31,7 % le ha usate almeno una volta; CENSIS ( 2003 ) : il 50

% degli italiani considera utili le medicine non convenzionali ; il 65 % , invece ,

vorrebbe più controlli da parte dell’ autorità sanitaria nazionale ; più del 70 % degli

italiani vorrebbe che fossero rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale; Menniti –

Ippolito et al . (2004 ) : follow-up di tre anni su 52.332 famiglie : il 15, 6 % fa uso di

MNC ( omeopatia 8,2 % , terapie manuali 7 % , fitoterapia 4,8 % , agopuntura 2,9 %

, altre MNC 1,3%) ; CENSIS ( 2008 ) il 23,4 % si è rivolto alle MNC nell’ anno

precedente in particolare omeopatia e fitoterapia ; HEALTH MONITOR

COMPUGROUP MEDICAL – IL SOLE 24 h sanità ( 2011): circa il 52 % dei medici

di medicina generale suggerisce medicinali omeopatici ai propri pazienti.

2. Legislazione riguardante l’uso della piante medicinali

La legge n°99 del 6 gennaio 1931 è il primo ordinamento, uscito in Italia nel periodo

fascista, dove vengono definite le piante officinali come "piante medicinali

aromatiche o da profumo, comprese in un elenco approvato con regio decreto, su e

le foreste ". Il regio decreto è quello numero 772 del 1932 e contiene l'elenco di 54

piante officinali spontanee con attività terapeutiche, aromatiche e cosmetiche. La

legge (n.99 del 1931) stabilisce che solo chi possiede il diploma di erborista può

raccogliere e successivamente utilizzare, per preparazioni industriali , le piante

officinali. E’, infatti necessaria un’autorizzazione ( Carta di autorizzazione, art.2) :

essa conferisce la qualità di raccoglitore e specifica quali siano le piante officinali da

coltivare e da raccogliere e inoltre quali siano le modalità di raccolta e l’epoca in cui

effettuare la stessa (art. 3). La vendita al dettaglio è riservata al farmacista se la

pianta ha effetti terapeutici oppure è possibile nei negozi di erboristeria o alimentari.

La differenza è nella destinazione d'uso del prodotto, non in base alla sua natura.

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Questa è una distinzione che ancora compare nella normativa vigente. Nel 1981 la

circolare del Ministero della Sanità riporta la suddivisione in due categorie delle erbe

officinali con canali di commercializzazione distinti (farmacia-erboristeria), nascono

così nuove problematiche dovute alla riscoperta dell'erboristeria da parte di una vasta

fetta della popolazione italiana. Nella circolare c’è un richiamo all'applicazione delle

norme vigenti (legge 6 gennaio 1931, numero 99), nel quale viene sottolineata la

necessità di registrare per la commercializzazione dei prodotti medicinali a base di

piante officinali. La circolare ribadisce che per tali prodotti vi è l'esclusiva di vendita

riservata al farmacista in farmacia e implicitamente la normativa abbraccia tutti i

prodotti a base di piante tossiche che vengono riportati in apposito elenco. Le piante

acquisite dalla tradizione popolare nell'uso domestico sono invece riportate in un

altro elenco e sono vendibili anche al di fuori della farmacia. E’ espressamente

vietato agli erboristi di miscelare, anche su prescrizione medica e dare qualsiasi

suggerimento ai clienti circa i rimedi a base di erbe. Dopo l'applicazione della

suddetta circolare, le droghe vegetali sono state suddivise in quattro classi in un

elenco elaborato presso il Ministero della Sanità:

la prima ad uso esclusivo dei farmacisti (alto potere tossico e farmacologico),

la seconda con prodotti farmacologicamente attivi (vendibili anche in

erboristeria),

la terza con droghe prive di pericolosità (vendibili in erboristeria),

la quarta con droghe in libera vendita in quanto alimenti.

Sono stati presentati numerosi disegni di legge allo scopo di chiarire la definizione di

prodotto erboristico, di definirne i requisiti, l'etichettatura e le modalità di

distribuzione e di vendita per favorire il rilancio del settore. Le proposte sono anche

mirate a fornire una definizione legislativa chiara riguardo le competenze delle figure

professionali che operano nel settore dell'erboristeria, cercando di determinare le

possibili sovrapposizioni di ruolo tra erborista e farmacista.

Nel corso della passata legislatura, un disegno di legge sulla regolamentazione del

settore erboristico, unificazione di diverse proposte in un unico testo , era stato

approvato dalla XII Commissione della Camera dei Deputati; la proposta di legge

passata all'esame del Senato (Atto n. 348), ha percorso tutto l'iter in Commissione

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Igiene e Sanità, senza alcuna modifica. Il testo unificato è stato poi ripresentato nella

XIV legislatura.

La proposta di legge disciplina il settore erboristico regolamentando le fasi di

produzione, di commercializzazione, (all'ingrosso e al dettaglio), e di importazione

dei prodotti erboristici. Ad esempio, all'articolo 2 vi sono le definizioni e l'uso dei

prodotti erboristici, mentre all'articolo 3 vengono classificate le piante, le loro parti, i

derivati e altri prodotti naturali da cui possono essere ottenuti i prodotti erboristici.

Vengono proposte due tabelle nelle quali vengono elencati i prodotti da vendere

esclusivamente in farmacia e quelli che possono essere venduti sia in erboristeria che

in farmacia.

Proposta di legge presentata alla camera il 30 maggio 2001 (atto della camera n. 278)

che disciplina le attività di lavorazione, trasformazione, confezionamento e

commercializzazione all'ingrosso e al dettaglio delle piante e delle loro parti per uso

erboristico e la produzione dei prodotti erboristici (www.camera.it ):

La proposta ha in comune con la precedente:

la volontà di promuovere la cultura erboristica in Italia e la ricerca nel settore,

supportando progetti di ricerca finalizzati allo studio e alla valorizzazione

delle piante officinali e delle relative tecniche di coltivazione e

trasformazione.

L'intento di riqualificare il settore erboristico e la figura dell'erborista

chiarendone il ruolo e garantendone la professionalità.

All'articolo 2 vengono definiti i prodotti erboristici : "prodotti a base di piante o

parte di pianta fresca o essiccata per i quali non esiste una documentazione

scientifica di attività terapeutica e privi di attività nutrizionale o impiegati a scopo

non nutrizionale né cosmetico. Conseguentemente i prodotti erboristici non possono

essere presentati come aventi alcuna attività di prevenzione e cura delle malattie".

I Fitoterapici

Per fitoterapici s’intendono sia le fitomedicine che i medicinali vegetali tradizionali

[Federici et al. 2005].

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La fitoterapia, branca della medicina in cui si prevede l’utilizzo, a scopo preventivo e

curativo, di piante medicinali e loro derivati ( AS 502 del maggio 2008, art 2) si basa

sul concetto di attività terapeutica complessiva della pianta, cioè tutti i costituenti

risultano farmacologicamente attivi e concorrono a determinare l'attività terapeutica

totale della pianta medicinale. Avrebbero quindi un ruolo diretto e indiretto che

ridurrebbe l'eventuale tossicità o modulerebbe la farmacocinetica di altre molecole

come i tannini, le vitamine, i sali minerali e le mucillagini. Oltre il 30% dei farmaci,

che vengono utilizzati attualmente, hanno come principio attivo un metabolita

secondario o un derivato delle piante biologicamente attivo. Ad esempio la morfina,

che viene ottenuta dal papavero dell'oppio o la digossina ottenuta dalla digitale. La

fitoterapia usa anche estratti che contengono diverse sostanze che andrebbero ad

influenzarsi reciprocamente, secondo il principio della sinergia. La strategia

terapeutica che mira a bersagli multipli nello stesso organismo, in questi ultimi anni,

tuttavia, ha ricevuto una crescente attenzione perché molte malattie presentano una

natura multifattoriale (fattori di rischio piuttosto che cause), e questo grazie al

riconoscimento della complessità biologica e dell’emergere della biologia dei

sistemi.

La WHO dà la definizione di fitomedicine come quei farmaci il cui principio attivo è

vegetale e che sono vendibili esclusivamente in farmacia dietro prescrizione medica

o al banco come farmaci. Inoltre considera fitomedicine tutti quei prodotti medicinali

che sono finiti ed etichettati e che contengono esclusivamente piante come principio

attivo [Federici et al. 2005].

La legislazione comunitaria considera come farmaci a tutti gli effetti le fitomedicine

e ne autorizza la vendita solo se può essere dimostrata la loro sicurezza; se vengono

fabbricati seguendo le regole di buona qualità; siano confezionati ed etichettati

seguendo le disposizioni dell’Unione Europea; e chi li prescrive e li distribuisce sia

un operatore sanitario qualificato (farmacista o medico) [Federici et al. 2005].

Il decreto legislativo del 29 maggio 1991 numero 178 e successive modifiche regola

la produzione di fitoterapici e l'autorizzazione da parte del Ministero della Salute. Ad

esempio all'articolo 9 disciplina il rilascio e la revoca dell'autorizzazione

all'immissione in commercio. Invece nell'articolo 10 definisce i requisiti di qualità, di

sicurezza d'impiego e di efficacia terapeutica necessari per la registrazione.

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All'articolo 13 inserisce la fitoterapia tra le prestazioni erogate dal Servizio Sanitario

Nazionale.

Le proposte di legge presentate offrono un quadro piuttosto chiaro della difficoltà di

definire il settore e quindi di formulare delle regole che consentano di tenere sotto

controllo tutti i differenti aspetti del mercato delle erbe officinali a tutela della salute

del consumatore. Nella prima proposta le definizioni di prodotto erboristico e di uso

erboristico inserite nel testo non eliminano la fonte di rischio potenziale che viene

dall'impossibilità di fare rientrare in una definita categoria molti prodotti a base di

erbe. Nell’Allegato A della circolare “Aniasi” abbiamo l’Elenco (esemplificativo) di

piante medicinali vendibili soltanto dal farmacista, in farmacia, ad esempio:

Aconito (Aconitum Napellus L);

Aloe (Aloe Vera Lamk-Aloe Succotrina Lamk);

Arnica (Arnica Montana L.);

Belladonna (Atropa Belladonna L.);

Digitale (Digitalis Purpurea L.- Digitalis Ianata Ehrh).

Nell’Allegato B vi è invece l’Elenco (esemplificativo) di piante medicinali

aromatiche e da profumo vendibili anche fuori di farmacia dove invece vi sono ad

esempio:

Calendula (Calendula officinalis L.);

Camomilla ( Matricaria Chamomilla L.);

Cannella (Cinnamomum zeylanicum Nees);

Curcuma (Curcuma longa L.);

Ginepro (Juniperus communis L).

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Gli integratori alimentari

In Italia il mercato più ampio dei prodotti erboristici non medicinali è quello degli

integratori alimentari che sono regolamentati dalla legislatura relativa ai prodotti

alimentari. Nel decreto legislativo del 1992 e successive modifiche, ad esempio,

all'articolo 6, si parla delle norme riguardanti l'etichettatura degli integratori, è

importante, ad esempio, che nell'etichetta non debbano essere attribuite al prodotto

proprietà terapeutiche e/o curative e non deve essercene neppure riferimento e questo

viene ribadito anche nel decreto legislativo 23 giugno 2003 n. 181, attuazione della

direttiva 2000/13/CE, all'articolo 2.

Il decreto legislativo numero 169 del 21 maggio 2004 e la direttiva correlata

introducono una nuova definizione di integratori alimentari: " Prodotti alimentari

destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di

sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto

nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi

grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che

pluricomposti, in forme predosate” [Federici et al. 2005].

I termini: ‘complemento alimentare’ o ‘ supplemento alimentare’ sono da intendersi

come sinonimi di ‘ integratore alimentare’ .

La Direttiva europea 2004/24/CE pubblicata nella Gazzetta Ufficiale numero L 136

entra in vigore il 1 maggio del 2011. Essa modifica "per quanto riguarda i medicinali

vegetali tradizionali, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo

ai medicinali per uso umano". Per l'esattezza la direttiva 2001/83/CE, recepita dal

DLvo 219/2006, indica come medicinali vegetali tradizionali:

le sostanze o associazioni di sostanze aventi proprietà curative o profilattiche

per l’uomo;

ogni sostanza o associazione di sostanze utilizzata sull'uomo o somministrata

all'uomo per ristabilire le funzioni fisiologiche, esercitando un'azione

farmacologica, immunologica e che possa aiutare a stabilire una diagnosi

medica.

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La Direttiva 2004/24/CE reca un codice comunitario che riguarda i medicinali per

uso umano e nel quale viene istituita una categoria speciale: “ i medicinali vegetali

tradizionali” [Federici et al. 2005].

Nella direttiva per medicinale vegetale s’intende ogni medicinale che contenga

esclusivamente, come principi attivi, una o più sostanze vegetali o uno o più

preparati vegetali, oppure una o più sostanze vegetali in associazione ad uno o più

preparati vegetali. Per il medicinale vegetale tradizionale vi sono delle disposizioni

speciali per cui esso deve rispondere a dei requisiti (articolo 16 bis).

All'Articolo 16 bis si dice che è stata istituita una procedura di registrazione

semplificata per i medicinali vegetali che soddisfano tali requisiti, ovvero:

che in virtù della loro composizione o del loro scopo, il loro destino d’uso

può essere senza un controllo medico per necessità di diagnosi, di una

prescrizione o per il controllo del trattamento;

è prevista la somministrazione di tali medicinali solo in una determinata

concentrazione e posologia;

si tratta di un preparato per uso orale, esterno e/o inalatorio;

è trascorso il periodo di impiego tradizionale ovvero 30 anni, 15 nella

Comunità;

i dati relativi all'impiego tradizionale del medicinale sono sufficienti;

in particolare, il prodotto ha dimostrato di non essere nocivo nelle condizioni

d'uso indicate e i suoi effetti farmacologici o la sua efficacia risultano

verosimili in base all'esperienza e all'impiego di lunga durata [art 16 bis

direttiva 2004/24/CE].

La Direttiva obbliga al supporto di una valida documentazione per quei prodotti

impiegati nella Comunità Europea da meno di 15 anni ed esclude quei prodotti

vegetali che invece rispondono ai criteri della legislazione in materia di alimenti e

quindi devono rientrare invece nella direttiva degli integratori alimentari [Federici et

al.2005].

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Un altro importante capitolo legislativo riguarda l'utilizzo dei fitoterapici in

zootecnica biologica. Nel Regolamento CE 1804 del 1999 all’Allegato I, all’articolo

5, si parla della profilassi e delle cure veterinarie che possono venire impiegate nelle

aziende zootecniche biologiche e dell’uso dei medicinali veterinari che bisogna

impiegare nel momento in cui l’animale è malato o ferito e deve essere prontamente

curato. Per quanto riguarda i prodotti fitoterapici , gli omeopatici, gli oligoelementi

bisogna preferire questi agli antibiotici o comunque ai medicinali veterinari allopatici

di sintesi. Tali medicinali devono essere efficaci terapeuticamente per quella specie

animale e per la cura di cui essa ha bisogno. Nel momento in cui questi prodotti non

risultino efficaci per le ferite o le malattie e l’animale sia sofferente e sia essenziale

curarlo, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici di

sintesi, sempre sotto le responsabilità di un veterinario. Viene vietato l’uso di

antibiotici per trattamenti preventivi e l’uso di medicinali veterinari ottenuti per

sintesi chimica. Inoltre si vieta l’impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita

o l’uso di ormoni o sostanze analoghe atte a controllare la riproduzione ma possono

essere somministrati ormoni a singoli animali per trattamenti terapeutici veterinari.

E’ necessario, nel momento in cui vengano impiegati medicinali veterinari,

specificare il tipo di prodotto, e dettagli che riguardano la diagnosi, la posologia, il

metodo di somministrazione, la durata del trattamento e il tempo di sospensione che

viene stabilito dalla legge. Queste sono informazioni che devono obbligatoriamente

essere dichiarate all’organismo di controllo prima dell’immissione in commercio

degli animali o dei prodotti da essi derivati con la denominazione di prodotto

biologico o animale da allevamento biologico. Per quanto riguarda il tempo di

sospensione, nel caso si siano somministrati medicinali veterinari allopatici ad un

animale in un allevamento biologico, deve essere di durata doppia rispetto al tempo

stabilito dalle legge o se non viene precisato tale tempo deve essere di 48 ore.

Nel 2002 l'Istituto Superiore di Sanità ha attuato un progetto di fitovigilanza nel

quale viene riportata l' ”appropriatezza della diagnosi di una reazione avversa da

farmaco (ADR) con casi clinici”: quando viene riconosciuta una reazione avversa da

farmaco (ADR) bisogna basarsi su una diagnosi differenziale. Vi è infatti una

mancanza di uniformità riguardo le definizioni di ADR e questo va ad interferire con

il lavoro di chi si occupa di sicurezza dei farmaci. Quando si vuole indicare un

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evento avverso chi lo segnala impiega dei termini che derivano dalla propria

formazione medica o dalla concezione dei meccanismi di reazione ai farmaci e le

ditte farmaceutiche ricevendo queste informazioni e le riportano utilizzano gli stessi

termini dei segnalatori o codificano detti termini con alcuni che ritengono

equivalenti. Esistono diversi sistemi di codificazione delle ADR: WHO-ART.

COSTART, MedDRA. Al fine di uniformare il linguaggio della sicurezza dei

farmaci è stato deciso dal CIOMS (Council for International Organizations of

Medical Sciences) di creare dei criteri per definire le ADR e per la loro corretta

applicazione. Per questo la sezione relativa alla fitovigilanza con elenco ADR si

propone di portare a conoscenza degli operatori sanitari tali definizioni dettate dal

CIOMS, accompagnate da casi clinici, riportati dalla letteratura scientifica

internazionale [www.farmacovigilanza.org].

3. Brevi cenni storici.

L’aloe è conosciuta fin dall’antichità per i suoi poteri curativi ed ha lasciato

numerose tracce di sé attraverso testimonianze, tradizioni, ed episodi accertati. Il

nome “Aloe” significa “amaro” sia dall’ebraico “allal” che dall’arabo “Alloch”

[aloedipadreromanozago.it].

I registri più antichi, in cui vi è riferimento all’uso medico dell’aloe, arrivano dalla

Sumeria, in epoca precedente alla civilizzazione mesopotamica. Nella città di Nippur

sono state trovate delle tavole di argilla, che risalgono al XVIII sec. a.C., dove si

descrivono già dettagliatamente le qualità lassative dell’aloe [Stevens 2006].

Le qualità terapeutiche dell’aloe erano conosciute anche in Egitto, gli Egizi la

chiamavano “La Pianta dell’Immortalità”; infatti essa faceva parte della

composizione dei balsami che venivano utilizzati per imbalsamare il corpo dei

Faraoni. Il Libro Egizio dei Rimedi o “papiro Ebers” (XV sec a.C.) descrive ricette

mediche dettagliate sull’uso dell’Aloe per unguenti e riporta almeno dodici formule

medicinali a base di aloe. Quest’ultimo venne ritrovato dal professor George Ebers,

che ha scritto diversi romanzi storici sull’Egitto [Beringer 2009; Stevens 2006 et al.].

Nella cultura Maya, l’Hunpeckin-ci (Aloe), veniva usata contro il mal di testa

preparando un infuso del succo diluito in acqua. Le donne Maya invece usavano il

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gel strofinandolo sui seni per portare a termine più velocemente lo svezzamento dei

bambini, dato il gusto fortemente amaro del gel [Roys 1931; Bruschini 2013].

Ippocrate (IV a.C.), considerato il “padre delle medicina”, nel suo Trattato sulle

ustioni, descrive le capacità antinfiammatorie, disinfettanti e rigenerative

dell’Aloe[armonike.net].

In Occidente Dioskorides Pedanius, medico greco in servizio tra le armate di Roma,

scrisse De Medica Materia, il più antico trattato di farmacologia, (conservato a

Vienna, Codex Aniline Julianae, nella Bliblioteca Nazionale austriaca) nel 74 d.C.,

che per più di 1500 anni è stata l’opera botanica medica più importante nell’intero

Occidente. In essa si descrivono gli effetti purganti dell’aloe, la sua utilità per curare

le ferite e per far cicatrizzare gli ascessi, per eliminare le macchie della pelle, per

arrestare la caduta dei capelli, per curare gli orzaioli, per l’ulcera genitale (herpes

genitale), per curare l’infiammazione delle tonsille e risolvere il problema delle

emorroidi. Plinio il Vecchio, nella stessa epoca di Dioskorides, a Roma, nel suo

Historia Naturalis parla dell’aloe e riporta le stesse informazioni di Dioskorides ma

aggiunge che le radici, se cotte, possono essere impiegate nella cura delle ulcere da

lebbra [Stevens 2006].

Gli scritti di Dioskorides e Plinio mostrano a che livello di conoscenza botanica e

medica si fosse arrivati nel periodo antecedente all’era delle scienze naturali. Le loro

nozioni, trascritte spesso letteralmente, si ritrovano ancora nei primi erbari

pubblicati, dopo il 1500 d.C., che erano destinati ai medici. Un tempo, per

convalidare una medicina, era necessario solamente il richiamo all’autorità di un

predecessore famoso, invece, nell’era moderna, viene introdotta la verifica attraverso

valori specifici empirici. Per questi motivi, anche se questi erbari contengono dei

concetti tramandati, è incredibile con quale precisione era già possibile, a quel

tempo, descrivere l’aloe come pianta officinale [Belinger 2009].

Un altro medico molto famoso nell’antichità è sicuramente Claudio Galeno (129-201

d.C.) il quale ha descritto dei formulari erboristici dai quali era possibile estrabolare

delle ricette per la cura di diverse malattie. Alla base di tutta la medicina del

Medioevo vi sono le sue formulazioni erboristiche e la sua dottrina. Ancora oggi

vengono usati i termini come “ricetta o prescrizione galenica” e “medicamento o

preparazione galenica” per contrapporle alle specialità farmaceutiche [Pignatelli

2007].

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Durante il Medioevo (V-XVsec) e il Rinascimento si continuò ad utilizzare

ampiamente l’aloe e vi sono testimonianze in alcuni registri storici. Il medico greco

Paolo di Egina nel 685 d.C. descrive come egli stesso usava l’aloe come agente

antinfiammatorio e per curare dolori di varia natura e le ulcere. Nell’opera di

Avicenna, (medico, scienziato e famoso filosofo persiano), Canone di medicina nel

XI secolo, egli ribadisce quello che avevano già detto Dioskorides e Plinio e

aggiunge che l’aloe può essere utilizzata in diverse malattie degli occhi. Inoltre

sostiene che la pianta era conosciuta in Siria sotto il nome di “sabhra, o sebara”,

mentre gli arabi l’avevano chiamata “sabir o sabr”. Il significato è uguale per

entrambi i termini: sostanza amara e brillante [Stevens 2006].

Durante le crociate, e soprattutto durante l’invasione araba in Spagna, i guerrieri

cristiani scoprirono le virtù dell’aloe, il rimedio più usato dai loro avversari

musulmani, che ne avevano sviluppato la coltivazione in Andalusia. Questo periodo

risultò un momento cruciale affinchè l’aloe si diffondesse in Europa, nella quale era

ormai stata relegata a comune pianta ornamentale [Stevens 2006].

Con l’arrivo del Rinascimento, l’aloe ha continuato ad essere utilizzata nei paesi

arabi, sulle coste mediterranee, nel nord dell’Africa, nel Medio Oriente, in India e nei

territori americani, cioè in tutte le regioni dove erano già diffusi il suo uso e la sua

coltivazione . I medici in Europa, al contrario, per più di trecento anni, l’ hanno

considerata come un semplice purgante e solo nel nord d’Europa alcuni medici,

farmacisti e studiosi di testi classici, hanno portato avanti studi sulle sue proprietà

ma con scarsi risultati. E’ probabile che i tentativi di confermare le indicazioni

classiche siano falliti per alcuni motivi di ordine pratico: probabilmente la pianta non

riusciva a sopravvivere in climi freddi o non conservava le stesse proprietà curative a

quelle latitudini o anche non venivano utilizzate le foglie appena tagliate, credendo

che la polvere scura ed amara, arrivata dai paesi caldi, avesse le stesse proprietà della

pianta ancora viva [Stevens 2006].

Cristoforo Colombo curò i marinai di una delle sue navi (la Santa Maria) con le

piante di aloe trovate nel Nord dell’Africa e chiamò l’aloe “dottore in vaso”. Durante

il suo viaggio verso il Nuovo mondo, scrisse nel suo diario: “è tutto apposto, a bordo

c’è dell’aloe”. Arrivato nelle Americhe riconobbe le piante di aloe, che crescevano

spontaneamente già da lungo tempo in questo territorio e aveva un’enorme

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importanza religiosa per i Maya e i popoli del Messico centrale, e ordinò che ne

portassero una buona quantità a bordo [Stevens 2006 et al.].

Terminata la conquista del Nuovo Mondo, i gesuiti spagnoli contribuirono alla

diffusione dell’aloe nel XV e XVI secolo, essendo i più eruditi e istruiti del loro

tempo, nonchè abili medici. Inoltre conoscevano bene l’aloe in quanto questa pianta

cresceva abbondantemente in Spagna e Portogallo dove veniva da essi coltivata. I

gesuiti la chiamavano “l’albero di Gesù” ed è grazie a loro che venne importata nei

Caraibi (territorio dove non veniva prima coltivata) e da qui il nome Barbadensis,

cioè delle isole Barbados [Stevens 2006 et al.].

L’aloe era conosciuta anche tra gli indiani del Sud e Nord America, per il suo potere

curativo. In Europa abbiamo conosciuto gli usi della pianta dell’aloe perché i

colonizzatori bianchi, a metà del XIX secolo, hanno conquistato i territori degli

indiani e, proprio durante la conquista di tali territori, gli indiani erano ancora ben

disposti verso gli stranieri e li rendevano partecipi delle loro conoscenze mediche,

soprattutto nei casi di bisogno. Infatti molte famiglie sono sopravvissute grazie

all’intervento degli indiani e della loro arte nel guarire così si è potuto apprendere

dalle lettere che vennero spedite in patria, dove vennero raccontate tali esperienze

[Beringer 2009].

Tra gli indiani il Ticitl, guaritore Nahua, conoscendo bene i poteri delle piante,

guariva le ferite, i morsi di serpente e le punture di insetto con la polpa di aloe.

Inoltre gli Indiani combattevano l’emicrania applicando intorno alla testa cataplasmi

di polpa di aloe [Bruschini 2013].

Dal XVII secolo al XX, l’aloe viene comunque citata raramente e solo come

purgante, nonostante il suo consumo rimanesse stabile tanto che la Corona Inglese

creò un centro di produzione nella sua colonia, alle Barbados. Si produceva aloe non

solo però nelle Barbados, ma anche in Africa del Sud, Arabia e Mar Rosso: in effetti

il suo commercio fu continuativo finchè le compagnie farmaceutiche produssero dei

lassativi meno potenti e più economici. L’aloe, così, fu utilizzata in casi dove fosse

necessaria una cura drastica e per preparati di medicina veterinaria. Nel XVIII secolo

vi fu un riconoscimento dell’aloe come rimedio efficace per curare le punture

d’insetto da parte dell’autorità inglese, ma è nel XX secolo che si iniziò a registrare

un interesse per la riscoperta di tale pianta [Stevens 2006].

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Nel 1851 i due ricercatori Smith e Stenhouse riuscirono ad isolare l’aloina che è un

principio attivo contenuto nell’aloe con proprietà lassative [Bruschini 2013].

Estremo Oriente

Nel trattato Historia Naturale, E Morale Delle Indie, Acosta Cristoforo (Josè de

Acosta), ricercatore, tratta le droghe provenienti dalle Indie e descrive e cataloga

varie piante tra cui l’aloe della quale elenca le varie proprietà benefiche: come, ad

esempio, curare le infiammazioni degli occhi, curare il dolore alla testa e la caduta

dei capelli [Bruschini 2013].

Nel 1975 in Giappone il dottor Fujita-Gakuen analizzò l’estratto di aloe e dimostrò

che aveva proprietà antinfiammatorie.

Nel 1989 a Okinawa in Giappone, alcuni ricercatori affermarono che l’aloe

conteneva tre sostanze con attività antitumorale: lectina, mannosio ed emodina. Ed

inoltre affermarono che l’aloe inibiva il tumore polmonare e curava leucemia e

sarcoma [piantedialoe.altervista.org].

L’Aloe è considerata ancora oggi in Giappone la regina delle piante. Se ne coltivano

decine di specie e si usa in svariati modi, infatti viene mangiata, bevuta e consumata

in tutte le maniere [Bruschini 2013]. Ad esempio:

Aloe Saponaria: con la sua polpa si ottengono saponi e cosmetici;

Aloe Ferox, Aloe Thraskii e Aloe Marlothii: preparati cosmetici e

farmaceutici;

Anche in Cina da moltissimi secoli l’Aloe è considerata un rimedio per i problemi

della pelle, specifico per le scottature. Sempre in Cina viene definita il “rimedio

dell’armonia” ed è considerata infatti una delle maggiori piante terapeutiche dalla

farmacopea cinese di Li Shih-Shen (1518-1593). Le spine dell’Aloe Ferox furono

usate come aghi dai medici itineranti per praticare l’agopuntura. L’Aloe Sinensis

viene usata dalla medicina moderna per il trattamento dell’arteriosclerosi [Bruschini

2013].

3.1 XX secolo

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L’aloe fin dagli inizi del XX secolo ha risvegliato l’interesse dei medici occidentali

per le sue nuove ed interessanti applicazioni.

Mi sembra importante riportare questo elenco, in ordine cronologico, dei più insigni

professori e dottori, che vengono solo nominati in questo capitolo riguardante la

storia, ma vengono poi per la maggior parte riportati nel capitolo riguardante gli usi

clinici dell’aloe (capitolo 6.), perché essi hanno pubblicato i loro studi su riviste

scientifiche e i loro articoli trattano esperimenti sull’aloe o usi clinici della stessa.

All’inizio degli anni 30’ si dovette ricorrere all’aloe per risolvere il problema degli

effetti collaterali dei raggi-x (conosciuti inizialmente come raggi Roentgen) di nuova

invenzione, poiché spesso i pazienti, gli operatori e gli stessi medici riportavano

ulcere squamose e scottature a seguito dell’uso di tale tecnologia, nelle zone

irradiate. I Collins, padre e figlio, due medici del tempo del Maryland, scoprirono

che applicazioni di comprese di foglie di Aloe Vera, poi tagliate a metà e poste sulla

pelle scottata o ulcerata dai raggi-x, facevano guarire molto rapidamente le lesioni.

Notarono anche l’assenza di effetti collaterali applicando ogni due ore le compresse.

Crearono così un composto a base di aloe: “Alvagel” e pubblicarono i risultati che

avevano raggiunto, usando il loro prodotto [Stevens 2006].

La scoperta fatta dai Collins catturò l’interesse di diversi dermatologi, tra cui il Dott.

Carrol D. Wright, il quale concluse che le ulcere, anche di vecchia data, provocate

dai raggi-x, davano una risposta positiva a seguito della somministrazione di Aloe

Vera [Stevens 2006].

J.E. Crewe venuto a conoscenza delle relazioni dei Collins e di Wright fece alcuni

esperimenti e pubblicò degli articoli nel 1937 e nel 1939 dove illustrava che, in tutti i

casi trattati con l’aloe, vi era stata una guarigione totale, senza lasciare nessuna

cicatrice dove il tessuto si era rigenerato [Stevens 2006]

Gli scienziati Gottshal, Lucas, Lickfeldt e Roberts, nel Michigan al Dipartimento

di Salute, esaminarono 161 specie vegetali perché volevano scoprire se esistesse

un’azione contro il bacillo della tubercolosi in alcune di queste. L’Aloe chinensis,

(varietà orientale dell’Aloe vera) e l’Aloe socotrino furono ritenute le più efficaci.

[Stevens 2006]

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Il dottor Alexander Farkas inventò un medicamento che chiamò “Medicamento

tropicale con poliuronido di aloe”, nel 1954 a Miami. Egli brevettò il suo prodotto e

in una relazione ne descrisse le qualità curative per uso esterno [Stevens 2006].

Alla fine degli anni ’50 Bill Coats stabilizzò con un procedimento naturale la polpa

di aloe e nacquero dei prodotti a base di aloe ad uso industriale. Lo stesso B. Coats

realizzò un procedimento per conservare gli enzimi e le vitamine contenuti nell’aloe:

egli mise in incubazione il gel aggiungendo Vitamina C, la Vitamina E e il sorbitolo

[Schweizer 1996].

In Florida nel 1963, tre medici Blizt, Smith e Gerard scrissero una relazione su come

curare l’ulcera peptica con l’aloe. Nello stesso anno venne dimostrato che l’aloe

inibiva lo sviluppo di vari tipi di batteri (Staphylococcus Aureus e S. Pyogenes,

Corybacterium Xerosis, Shighella Paradysenteriae, Salmonella Typhy e Paratyphy)

[Stevens 2006 et al.].

El Zawahry, professore di dermatologia all’Università del Cairo, e il dottor Rasahd

Hegazy e Helai, nel 1973, spiegarono come usare la polpa di aloe per trattare l’ulcera

cronica alle gambe e inclusero tutti i dettagli di alcuni lavori pratici [Stevens 2006].

Nel 1974 il dottor Logai ebbe risultati positivi nel trattare con l’aloe le emorragie

traumatiche nel corpo vitreo dell’occhio [Stevens 2006].

Sempre più frequentemente, a seguito di questi studi, vi furono pubblicazioni di

articoli riguardanti le diverse applicazioni dell’aloe. Mentre fino a pochi anni prima

era una pianta dimenticata, da quel momento fu al centro dell’attenzione di medici e

ricercatori [Stevens 2006].

Dai primi anni ’70 negli Stati Uniti l’industria dell’aloe ebbe un grandissimo

sviluppo tanto da influenzare la ricerca scientifica [Stevens 2006].

In Russia, rispetto agli Stati Uniti, la ricerca sulle piante medicinali è sempre stata

più sviluppata. Lo stato comunista ha sempre sostenuto e stimolato gli studi di

terapie naturali, al contrario dell’Occidente, dove le compagnie farmaceutiche, se

non erano brevettate, mostravano poco interesse per sostanze e cure naturali.

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L’aloe in Russia ottenne riconoscimenti ufficiali grazie alla figura di spicco del

professor Israel Brekhman, a capo dell’Istituto di Sostanze Biologicamente Attive di

Vladivostok [Stevens 2006].

Il dottor Vladimir Filatov,(1875-1956), affermato oftalmologo, ha cercato per tutta la

vita di conciliare le esperienze della medicina naturalistica con le conoscenze della

medicina tradizionale. [Beringer 2009; Stevens 2006 et al.]. Nella sua idea la

chemioterapia e la cura con le piante dovevano lavorare insieme piuttosto che

opporsi l’una all’altra per raggiungere la guarigione [Bruschini 2013]. Egli fu il

pioniere del trapianto della cornea. Nei suoi trapianti, si basava sul principio che vi è

un rinnovamento della crescita di un tessuto consumato, quando viene aggiunto

nuovo tessuto delle medesima specie. Per spiegare i suoi successi scientificamente

cercò di dimostrare l’efficacia del tessuto refrigerato nelle piante e, quasi al termine

della sua vita, scoprì la “terapia degli stimolatori biogenici”, dove alcune sostanze si

sviluppavano nei tessuti dell’aloe quando questi venivano esposti a condizioni

estreme di vita come buio e freddo. La conclusione del dottore fu che la pianta

contenesse degli stimolatori bioenergetici molto più efficaci se sottoposti al freddo e

al buio. In seguito molti medici russi hanno adottato la terapia di Filatov. Un nome di

spicco è quello di Wolfgang Wirth che nell’opera “Guarire con l’Aloe” descrive

l’epopea russa [Bruschini 2013] e il cui preparato si chiamava Aloe D2-biostimolato

ovvero ALOGEN secondo Wolfgang Wirth [Beringer 2009; Stevens 2006 et al.]. Il

Dottor Max Brandt dette una spiegazione scientifica sul meccanismo di stimolazione

degli stimolatori biogenici contenuti nella polpa dell’aloe: “ Il meccanismo del

funzionamento degli stimolatori biogenici a base di Aloe, agisce passando per il

sistema nervoso centrale. Se l’Aloe provoca un prolungamento della durata dei

processi condizionati, induce ad una diminuzione della loro potenza fino alla totale

sparizione della stessa. Si può dunque parlare di un rafforzamento di un processo di

inibizione nel sistema nervoso centrale già descritto da Pavlov. Il rallentamento

dell'attività della corteccia cerebrale che si produce sotto l'effetto dell'Aloe è

considerato dai ricercatori più avanzati, come un rallentamento terapeutico

protettivo. (...) Tutti i dati clinici dimostrano l'importante attività biologica dell'Aloe

e il sicuro effetto degli stimolatori biogenici sul sistema nervoso centrale" [Bruschini

2013].

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Nel 1980 arrivò conferma dal dottor Bill Wolfe dell’attività dell’aloe nei confronti di

diversi virus e di ceppi batterici. Ne viene dimostrata, inoltre, l’efficacia nella cura

dell’herpes [piantedialoe.altervista.org].

Nel 1982, al Chicago Burn Center, John Heggars apportò dei chiarimenti

sull’attività dell’Aloe per il trattamento delle ustioni di terzo grado, riguardo il potere

riparativo e la cura del dolore. Per Heggars erano i componenti simil cortisonici e

l’acido salicilico, presenti nella pianta, ad essere efficaci [piantedialoe.altervista.org].

Nel 1984 gli studi del Dott Danhof dell’Università del Texas, hanno dimostrato che

l’applicazione del gel di aloe sulla pelle incrementerebbe da 6 a 8 volte la produzione

di fibroblasti umani rispetto ad una produzione cellulare normale. Il Professore

riteneva che la riorganizzazione delle cellule nell’epidermide veniva facilitata dai

polisaccaridi contenuti nella polpa [Bruschini 2013].

Nel 1985, al Linus Pauling Institute, Jeffrey Bland dimostrò che vi era un

miglioramento del processo digestivo e delle affezioni gastrointestinali, grazie

all’aloe, con assenza di effetti collaterali [piantedialoe.altervista.org].

Nel 1986 all’Università Reale dell’Arabia Saudita, alcuni ricercatori affermarono che

l’estratto secco del succo di Aloe, dato il potere ipoglicemizzante di alcuni principi,

veniva usato nella penisola arabica per pazienti affetti da diabete

[piantedialoe.altervista.org].

Nel 1987 viene certificata l’attività analgesica e l’accelerazione della guarigione

dell’Herpes Zoster, da Rosalie Burns. In questo stesso anno nel Texas, viene

conclusa una ricerca dal dottor H.Reg McDaniel, in cui, viene dimostrato che l’aloe

inibisce l’attività contro il virus dell’HIV, responsabile dell’AIDS

[piantedialoe.altervista.org]. Egli affermò: “ Sembra che la Carrisyn neutralizzi il

virus dell’AIDS trasformando il suo involucro proteinico, impedendogli di fissarsi

alle cellule T4” [Rapporto preliminare pubblicato nel 1987 sulla rivista Clinical

Research].

Nel 1994 all’ ”University of Texas Health Science Center” di San Antonio, Wendell

Winters identificò 140 principi attivi, approfondendo la composizione dell’Aloe e ne

determinò le proprietà principali [piantedialoe.altervista.org].

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Nel 1998 nuove ricerche condotte da Lee mostrarono che l’aloe era in grado di

stimolare la formazione di nuovi vasi sanguigni nelle ferite

[piantedialoe.altervista.org].

Nei primi anni del 2000 aumentarono le pubblicazioni scientifiche riguardo l’Aloe.

Studi sperimentali e ricerche hanno confermato l’efficacia dell’Aloe nel prevenire

l’invecchiamento, nel ridurre il colesterolo nel sangue, nel curare infezioni virali

gravi e croniche e per il trattamento di forme tumorali. [piantedialoe.altervista.org]

3.2 Storia dell’Aloe in veterinaria

L'uso terapeutico dell'Aloe si estese anche agli animali e già nel XVII secolo nelle

colonie inglesi d'America, in particolare la Giamaica, l’Aloe si diffuse con il nome di

"Aloe cavalline" ovvero un preparato che si otteneva dagli scarti della lavorazione

dell’Aloe Vera e si usava poi nell'allevamento dei cavalli. Soprattutto nel XX secolo,

negli anni 60, si usò l’aloe in campo veterinario e il dottor R. Holland ne fu uno dei

più importanti sostenitori. Egli scrisse un libro intitolato “Creatures in our care” nel

1985 collaborando con B. Coats dove è raccolto uno dei casi più celebri, quello del

veterinario Robert Northway, che ha pubblicato una ricerca nel 1975. Grazie agli

studi condotti da Robert Northway su gatti, cani e cavalli con patologie micotiche

come la tigna, l'uso dell’aloe in campo veterinario, dalla seconda metà del 20º secolo,

divenne più frequente [Ledwon 2009].

4. Descrizione della pianta

L’Aloe Vera è una pianta succulenta simile al cactus (Fig. 1), che appartiene alla

famiglia delle Gigliacee (lat. Liliacee) ora più precisamente classificate come

Aloaceae. A questa famiglia appartengono anche le cipolle, l’aglio, gli asparagi, i

tulipani, i gigli e i giacinti. L’Aloe rivela la sua somiglianza con la altre gigliacee al

momento della fioritura, essendo invece la pianta, molto diversa per aspetto e

profumo dalle altre. I fiori presentano un periantro formato da sei parti, senza

distinzione fra calice e corolla e con sei stami all’interno; hanno forma tubulare e

sono disposti a grappoli, all’estremità di uno o più gambi che spuntano dall’interno

delle foglie (Fig.2) [Stevens 2006].

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Fig.1-Foto Aloe Vera da http://viragcenter.hu

Fig. 2- Fiore arancione dell’Aloe Vera da Jeffrey Friendl’s Blog

Le specie medicamentose più conosciute sono: Aloe vera (Lineo) ovvero Aloe

Barbadensis Miller, l’Aloe arborescens e l’Aloe ferox. L’ Aloe barbadensis Miller o

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Aloe Vera è il nome più frequentemente utilizzato e si riferisce alla varietà della

pianta caratterizzata da macchie biancastre. Il termine “Vera” indica la sua genuinità,

mentre Barbadensis deriva dal fatto che la prima documentazione venne fatta da

Philip Miller nelle isole Barbados nel 1768 [Wyle 2012].

Oltre alle tre specie, di cui sopra, fra le varietà più conosciute e, impiegate a scopi

medici, troviamo: l’Aloe chinensis, l’Aloe socotrino, l’Aloe saponaria, l’Aloe

striatula, l’Aloe variegata, l’Aloe latifolia e l’Aloe curaçao [Stevens 2006].

La distribuzione della pianta è ubiquitaria: dal Nord America, a vaste regioni

dell’Africa, a parti del sud dell’Europa e Cina. Infatti la pianta riesce a crescere in

regioni aride e tropicali dato che una delle caratteristiche, comuni a tutte le piante

succulente, è l’habitat desertico o semi desertico, anche se è possibile trovarle nelle

aree rocciose delle zone temperate dove le precipitazioni sono scarse. E’ per questo

motivo che le foglie carnose sono predisposte ad immagazzinare, per lunghi periodi,

grandi quantità di acqua e sono inoltre provviste di un sistema che consente la

chiusura ermetica degli stami durante le ore di sole, al fine di evitare l’evaporazione

[Stevens 2006].

Le spine, che ricoprono le foglie, servono da deterrente per gli animali che volentieri

le azzannerebbero per placare la loro sete. Nel caso dell’aloe vera le spine non sono

una grande minaccia, ma in compenso il sapore amaro della sua linfa costituisce una

buona difesa contro gli erbivori [Stevens 2006].

La parte interna delle foglie contiene una sostanza mucillaginosa che può dilatarsi

come una spugna per assorbire l’acqua. Le piante succulente sono in grado di

assorbire rapidamente l’acqua presente nel terreno e per fare ciò dispongono di una

complessa rete di radici che, penetrando appena pochi centimetri nel suolo, serve a

raccogliere l’acqua, accumulatasi anche dopo le scarse precipitazioni e la rugiada

[Stevens 2006].

La chiusura ermetica degli stami, durante il giorno, rende la “respirazione” della

pianta totalmente differente dagli altri tipi di vegetali; così ad esempio le sostanze

gassose, che nelle altre piante vengono espulse nell’atmosfera, nelle piante

succulente vengono convertite in zuccheri e amidi che serviranno in un secondo

momento come nutrimento alla pianta stessa [Stevens 2006].

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E’ una pianta perenne priva di tronco, cioè erbacea o, se esistente, questo risulta

essere molto modesto raggiungendo l’altezza di 60-100 cm e la pianta risulta

arbustiva [I.Wyle,2012]. Le foglie hanno forma a raggiera, sono carnose e spesse e

il colore varia dal verde al grigio-verdastro; delle varietà hanno macchie biancastre a

livello della radice delle foglie [Yates 2002].

La caratteristica succulenza delle foglie dell’aloe le permette di resistere a climi poco

piovosi, ma soffre a climi ghiacciati e nevosi, mentre mostra una buona resistenza

alle infestazioni degli insetti più comuni.

Durante l’inverno, le foglie diventano dormienti richiedendo pochissima acqua. Nelle

aree nevose, sarebbe meglio conservare la pianta dentro casa o nelle serre [Random

house Australia].

Struttura di una foglia di aloe Se si incide una foglia di aloe trasversalmente con un

taglio netto (Fig.2), si nota che la parte esterna è costituita da una scorza con uno

spessore di circa 2 mm, di colore verde chiaro, secernente un liquido giallognolo.

Questa scorza avvolge la polpa che risulta come una massa trasparente, gelatinosa e

incolore, che però, osservata all’interno della foglia, può apparire di colore scuro

[Stevens 2006].

Fig.2-Foto di una foglia di Aloe Vera tagliata (Spiritusianua.forumcommunyty.net).

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Dall’esterno all’interno abbiamo (Fig.3):

Scorza: se la osserviamo al microscopio nella parte esterna si trovano diversi

strati di cellule epidermiche che costituiscono una membrana elastica, la cui

caratteristica è la totale impermeabilità, ottenuta attraverso la chiusura

ermetica degli stami durante le ore di sole.

Area di canali longitudinali: immediatamente sotto la membrana, i canali

sono distinguibili se si separa la scorza dalla polpa ed essi occupano la quasi

totalità della foglia. Attraverso questi canali scorre la linfa, gialla e molto

ricca di aloina, una sostanza amara.

Polpa: situata al centro della foglia, formata da cellule parenchimatose che

costituiscono il tessuto spugnoso e mucillaginoso, all’interno del quale la

pianta immagazzina le riserve di acqua.

Alcuni autori sostengono che le più importanti sostanze terapeutiche siano

rintracciabili unicamente nella polpa della pianta, altri, al contrario, ritengono che la

scorza e la linfa siano le parti più ricche. In base a riferimenti storici e alle più recenti

scoperte scientifiche, si ritiene di poter affermare che le sostanze attive benefiche

siano situate sia nell’una che nelle altre parti della pianta [N. Stevens, 2006]

Fig.3-Foglia di aloe in sezione-Foto da www.naturaservice.com

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Fig.4- Sezione trasversale di uno stoma di una foglia di aloe: lo stoma è una piccola

apertura dell'epidermide delle foglie e degli altri organi verdi delle piante attraverso

la quale avvengono gli scambi gassosi tra pianta e ambiente - Foto da

http://www.indire.it

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5. Composizione e meccanismi d’azione

5.1.Composizione

Contenuti del gel di Aloe Vera.

Ad oggi sono stati identificati 75 nutrienti nel gel di Aloe Vera stabilizzato. I più

importanti sono:

Lignina

Una sostanza legnosa combinata con la cellulosa. Essa è una sostanza inerte ma è

stato dimostrato che riesce a penetrare nella pelle. [Urch 2006] Penetrare nei tessuti

è, quindi, la sua qualità più spiccata e nel farlo porta con sé altri elementi. Se ne

ritrova in abbondanza nelle cellule parenchimatose della polpa di aloe [Stevens 2006]

Quindi è probabilmente la lignina che aiuta le preparazioni di aloe a penetrare negli

strati del derma della cute [Urch 2006].

Saponine

Glucidi con proprietà depuranti, detergenti e antisettiche [Stevens 2006; Urch 2006]

risulterebbero eccellenti per pulire la cute [Urch 2006] e come agenti emollienti

[Stevens 2006].

Antrachinoni

Fin ad ora ne sono stati identificati 12:

Aloina, Emodina d’Aloe, Acido Crisofanico, estere dell’Acido Cinnamico,

Barbaloina, Antracene, Acido Aloetico, Emodina, Isobarbaloina, Antranolo, Olio

Essenziale o Etero, Resitanolo. Trovati principalmente nella linfa, gli antrachinoni

dànno il colore giallo e il sapore amaro al gel. In passato venivano usati soprattutto

per le loro proprietà lassative e purganti, principalmente nei cavalli come trattamento

nelle coliche, per i vermi, e per le malattie sistemiche. Oggi l’uso dell’Aloe Vera per

le coliche non è consigliato ed esso non ha un effetto diretto sui parassiti intestinali.

Le proprietà degli antrachinoni dell’aloe sono ancora riportate negli attuali libri di

testo veterinari di farmacologia e terapeutici. Quando l’aloe viene somministrata

oralmente viene assorbita come antrachinone attraverso il piccolo intestino. Questo

viene trasportato nel sangue fino al fegato dove gli agenti attivi chiamati emodine

vengono sbloccati. Gli antrachinoni sono poi secreti nel grosso intestino, dove

irritano e stimolano, conducendo ad un effetto purgante e lassativo. Spesso ci

vogliono più di 18 ore dalla somministrazione orale dell’aloe prima che si noti

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l’effetto purgante. Inoltre a dosi elevate gli antrachinoni possono essere tossici, il

risultato è una “super purga”, che conduce a disidratazione ed a morte. Il gel di Aloe

Vera fornisce un metodo sicuro di somministrazione di quantità benefiche di questi

composti [Urch 2006].

L’azione dei seguenti antrachinoni è di particolare importanza:

Acido Crisofanico e l’Emodina hanno la capacità di aiutare nelle patologie della cute

come la psoriasi e i vermi tondi (fungicidi entrambi e l’emodina è anche battericida

[Bruschini 2013]).

L’Acido Cinnamico aiuta ad eliminare i tessuti morti dalla cute.

L’Antracene viene convertito a dimetilsulfoxide (DMSO) che ha proprietà naturali

antinfiammatorie particolarmente utili per le patologie infiammatorie del sistema

muscolo scheletrico, come lesioni alle articolazioni, ai tendini, ai legamenti e ai

muscoli [Urch 2006].

Tra gli antrachinoni uno dei più importanti è l’Aloina che, mediante un aumento

della pressione interna nell’intestino, favorisce la secrezione di elettroliti e acqua

dall’intestino stesso [Wyle 2012] quindi è un purgante [Bruschini 2013].

Gli antrachinoni sono degli antidolorifici piuttosto potenti. E’ stato dimostrato anche

che loro inibiscono la crescita di batteri, virus, funghi e lieviti. Si può perciò

comprendere che sia sufficiente una piccola quantità di antrachinoni contenuti nella

linfa del gel per essere benefica [Urch 2006].

Minerali

Sono presenti, contenuti nell’aloe almeno 10 minerali, alcuni in tracce, cioè:

Calcio, Sodio, Ferro, Potassio, Cromo, Magnesio, Zinco, Manganese, Rame [Urch

2006] e Cloro [Stevens 2006].

Calcio

Lo scheletro e i denti contengono il 99% del calcio del corpo. Questo minerale è

essenziale per l’attività di un numero di enzimi sistemici inclusi quelli per la

trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione dei muscoli. E’ anche coinvolto

nella coagulazione del sangue. Nella carenza di calcio il sintomo meglio conosciuto

è il rachitismo che viene visto nei giovani animali. Le loro ossa diventano deformate,

le articolazioni si allargano con conseguente zoppia e rigidità. Negli animali adulti la

carenza da calcio conduce a osteomalacia. Le ossa diventano deboli e facilmente si

rompono perché il calcio ne viene rimosso. E’ importante ricordare che il calcio è

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strettamente collegato col fosforo e la vitamina D, così alcune carenze di queste

possono dare origine a malattie simili. Una delle più drammatiche malattie viste nei

vitelli, chiamata febbre da latte, è causata de una deficienza di calcio. Questa malattia

è più comune nelle vacche da latte subito dopo il parto. Durante la gravidanza le

riserve di calcio possono essere esaurite dato che si sta sviluppando lo scheletro

fetale. Al parto c’è una richiesta aggiuntiva di calcio per la produzione di latte.

Livelli più bassi di calcio nel siero dànno origine a spasmi muscolari, paralisi, coma

e morte. Il trattamento è semplice e impressionante perché è possibile riportare una

vacca paralizzata e semicomatosa a ritornare in piedi entro un’ora dalla

somministrazione intravenosa di una flebo di calcio (Calcio borogluconato) [Urch

2006].

Sodio

La maggior parte del sodio immagazzinato nel corpo degli animali si trova nel

tessuto molle e nei liquidi corporei. Il sodio è strettamente legato col potassio e il

cloruro nella regolazione dell’equilibrio acido-base dell’organismo e le proprietà

osmotiche dei liquidi corporei. La carenza di sodio comporta ritardi nella crescita e

può portare a lesioni agli occhi e disordini riproduttivi [Urch 2006].

Potassio

Il potassio compie una funzione correlata con il sodio cloride e gli ioni bicarbonato

nella regolazione osmotica dei fluidi corporei. Esso è coinvolto nell’eccitabilità del

nervo e del muscolo e nel metabolismo dei carboidrati. La carenza è rara. I cibi verdi

contengono più potassio di quanto ne necessiti il corpo. Nei casi dove vi è carenza di

tale minerale, i segni comparsi sono una scarsa crescita, debolezza e paralisi

muscolare [Urch 2006].

Il sodio e il potassio, insieme al cloro, sono tre elettroliti (caricati elettricamente) che

sono tra di loro in stretta relazione. Nell’aloe i tre elementi si trovano perfettamente

equilibrati e vengono così assimilati facilmente dall’organismo [Stevens 2006].

Ferro

Più del 90% del ferro nell’organismo è combinato con le proteine, la più importante è

l’emoglobina. Essa è contenuta nei globuli rossi del sangue. Questi sono

continuamente prodotti dal midollo osseo e si rompono da qualche altra parte.

Fortunatamente il ferro rilasciato da questo metabolismo viene usato nuovamente,

così il bisogno giornaliero di ferro risulta basso. Comunque, durante le emorragie

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prolungate o durante la gravidanza, la deficienza di ferro può verificarsi e dare

origine ad anemia. La più comune carenza di ferro viene vista negli animali nel

momento in cui vengono allattati, essi crescono rapidamente in questo momento ma

il latte è carente di ferro. Questo è particolarmente comune nei suinetti nati in

ricoveri in condizioni artificiali. Nel commercio, ai suinetti allevati, vengono

normalmente fatte iniezioni di ferro per prevenire questa carenza, mentre quelli

mandati al pascolo ottengono il ferro dalla terra che consumano [Urch 2006]. Il ferro

presente nell’aloe è perfettamente assimilabile dall’organismo [Stevens 2006].

Cromo

Nel 1959 fu scoperto che i ratti richiedevano cromo per la normale utilizzazione del

glucosio dovuto al suo coinvolgimento con l’insulina. Questo minerale gioca anche

un ruolo nella sintesi dei lipidi e delle proteine nella regolazione dei livelli di

colesterolo. La carenza comporta principalmente come tasso di crescita scarso [Urch

2006].

Magnesio

Questo minerale è strettamente associato con il calcio e il fosforo. Oltre il 70% del

magnesio nell’organismo si trova nello scheletro, il resto è presente nel tessuto molle

e nei fluidi corporei. Questo minerale è il più comune enzima attivatore ed è

coinvolto nel condurre gli impulsi elettrici richiesti per nervi e muscoli. La carenza fa

crescere l’irritabilità nervosa e il rischio di convulsioni. Questo può dare origine a

spasmi muscolari incontrollati e contrazioni (tetano) seguiti dalla morte. Questa

condizione, conosciuta come tetania ipomagnesiemica, viene più comunemente vista

nei bovini adulti ma è stato riportato in bovini di tutte le età e nelle pecore. E’ anche

conosciuta con altri nomi – tetania del magnesio, tetania della lattazione e tetania da

erba. Essa viene più comunemente vista all’inizio della primavera, quando i bovini

vengono fatti uscire al pascolo o quando hanno passato l’inverno fuori e c’è stato un

improvviso momento di tempo freddo, unido e ventoso. Come la febbre da latte, che

è causata da una carenza di calcio, la tetania ipomagnesiemica risponde bene alle

infusioni lente intravenose di una soluzione di magnesio [Urch 2006].

Zinco

Questo minerale è presente in ogni tessuto nel corpo dell’animale; la più alta

concentrazione si trova nelle ossa. Alte concentrazioni sono anche presenti nella

pelle, nel mantello e nella lana. Lo zinco è un importante componente di diversi

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enzimi e co-enzimi coinvolti nel metabolismo delle proteine, dei carboidrati e dei

grassi. E’ un elemento davvero molto importante nel normale funzionamento della

cute, del sistema digestivo e di quello immunitario. La carenza di questo minerale

conduce a depressione dell’appetito, bassi tassi di crescita e paracheratosi

(arrossamento della pelle che erompe e forma delle croste) [Urch 2006].

Manganese

La maggior parte dei tessuti del corpo contiene tracce di questo elemento, la più alta

concentrazione si può trovare nelle ossa, nel fegato, nel rene, pancreas e ghiandola

pituitaria. Il manganese, come il magnesio, è coinvolto nell’attivazione di un numero

di enzimi ed è perciò coinvolto in un numero di vie metaboliche all’interno del

corpo. La carenza porta a tassi di scarsa crescita ed una prestazione riproduttiva

compromessa. Nelle femmine la conseguenza della carenza è un’ovulazione

difettosa, mentre nei maschi c’è una degenerazione testicolare che dà origine a

sterilità. Una carenza di manganese è anche coinvolta con uno squilibrio di calcio e

fosforo nell’osteoporosi [Urch 2006].

Rame

Le prime prove che mostrarono il coinvolgimento del rame nella carenza dietetica

furono scoperte nel 1924 quando fu dimostrato che il rame fosse essenziale insieme

al ferro nella sintesi dell’emoglobina. Il rame non è effettivamente un costituente

dell’emoglobina ma è un componente essenziale dei corpuscoli rossi maturi del

sangue. Questo elemento gioca un importante ruolo in molti sistemi enzimatici, ed è

necessario per le pigmentazione del mantello, della pelliccia, della lana e del

piumaggio. E’ presente nelle cellule ed è immagazzinato nel fegato. La carenza

include sintomi come l’anemia, la scarsa crescita, la scarsa fertilità, le malattie delle

ossa, i disturbi gastrointestinali e la depigmentazione del mantello e della lana.

Quest’ultima è stata anche associata a lesioni del tronco cerebrale e del midollo

spinale. Negli agnelli, una sindrome conosciuta come “atassia enzootica” viene vista

come risultato di una scarsa assunzione di rame nella pecora femmina durante la

gravidanza. Gli agnelli mostrano dei livelli variabili di incoordinazione con alta

mortalità. Un’interessante patologia conosciuta come “molibdenosi” è vista nei

bovini quando il pascolo contiene elevate quantità di molibdeno e solfato. Questi due

elementi sono la causa per cui il rame non è disponibile per i bovini dando origine ad

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un mancato sviluppo ed a diarrea. Questa patologia viene facilmente risolta

integrando solfato di rame [Urch 2006].

Vitamine

L’Aloe Vera contiene un numero di vitamine naturali, in particolare la Vitamina A,

C, E, B1, B2, B6, B12, Acido Folico, Colina e Niacina.

Le vitamine furono scoperte per la prima volta nel 1912 e a quel tempo furono

chiamate “amine essenziali” perché si era ritenuto che tutte contenessero un amino-

azoto. All’incirca nello stesso periodo un ricercatore chiamato Funk coniò il termine

vitamina che letteralmente significa “agente di vita”. Fu riconosciuto per lungo

tempo che alcuni cibi fossero essenziali nel prevenire il verificarsi di alcune malattie.

Una delle prime fu riportata da Lind nel 1753, un medico navale inglese, che collegò

lo scorbuto con l’assenza di insalata e frutta estiva nella dieta dei marinai (carenza di

Vitamina C). Molte vitamine vengono distrutte dall’ossidazione che si accelera con

l’azione del calore, della luce, e alcuni metalli come il ferro [Urch 2006].

E’ stato dimostrato che più di 15 vitamine sono costituenti essenziali nella dieta degli

animali e alla fine è stato trovato che 10 di queste si trovano nel gel stabilizzato di

Aloe Vera [Urch 2006].

Vitamina B1 o Tiamina

Tutte le vitamine B sono idrosolubili. Questa vitamina è coinvolta come co-enzima

in un numero di vie metaboliche all’interno dell’organismo.

La carenza conduce a scarso appetito, perdita di peso, debolezza muscolare e

disfunzioni del sistema nervoso. E’ stato dimostrato che molte specie sviluppano

sintomi di carenza, uno dei più comuni è la neurosi cerebrocorticale negli agnelli in

crescita [Urch 2006].

Vitamina B2 o Riboflavina

Questa è un componente essenziale delle flavoproteine che sono coinvolte nelle

reazioni chimiche che riguardano il trasporto degli idrogeni all’interno

dell’organismo e del metabolismo dei carboidrati.

La sua carenza causa scarso appetito, ritardo nella crescita, varie eruzioni cutanee e

anomalie degli occhi. Negli uccelli la carenza è associata a “paralisi dell’alluce

curvo” e un aspetto attorcigliato delle penne (“clubbed down”) [Urch 2006].

Vitamina B6 (esiste in tre forme: piridossina, piridossale e piridossamina)

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Queste vitamine sono coinvolte nel metabolismo degli aminoacidi all’interno

dell’organismo; il loro assorbimento avviene nell’intestino. La carenza può condurre

ad uno scarso tasso di crescita, a convulsioni ed anemia [Urch 2006].

Vitamina B12 o Cianocobalamina

Nel 1926 fu scoperto che era uno dei fattori essenziali nell’anemia perniciosa. Fu

spesso chiamato “fattore proteico animale” perché alcune piante contenevano la

Vitamina B12 che è essenziale nei ruminanti per la produzione di acidi grassi

essenziali, i quali sono la loro maggiore risorsa di zuccheri. La carenza può dare

origine a scarsa crescita, incoordinazione, dermatiti e pelo ispido negli animali

monogastrici. Nei ruminanti la carenza è rara per via della sintesi di B12 attraverso i

batteri intestinali. Comunque può accadere che ci sia carenza di tale vitamina quando

la dieta dei ruminanti è povera di cobalto. La B12 contiene cobalto e se c’è una

carenza dietetica i batteri ruminali non la sintetizzano e questo porta ad una patologia

caratterizzata da stentato accrescimento (“pining”), nella quale i bovini deperiscono e

muoiono [Urch 2006].

Vitamina A o Retinolo

La Vitamina A ha diverse funzioni nell’organismo. Per prima cosa è essenziale per la

trasmissione e gli stimoli dagli occhi al cervello. E’ anche coinvolta con le

membrane mucose e lo sviluppo delle ossa. E’ anche un antiossidante naturale. La

carenza di tale Vitamina comporta un’incapacità di vedere con una luce soffusa

comunemente chiamata “cecità notturna”. Può essere anche associata a mantello

ispido e pelle squamosa. Alcuni animali mostrano eccessivo scolo oculare con

essiccazione della congiuntiva, opacamento della cornea e cecità [Urch 2006].

Vitamina C o Acido Ascorbico

E’ una Vitamina antiossidante essenziale nella dieta dell’uomo, dei primati e delle

cavie. La sua carenza porta allo scorbuto. Stranamente la maggior parte degli animali

non richiede una risorsa alimentare di questa vitamina [Urch 2006].

Vitamine E

E’ un antiossidante naturale. La carenza è coinvolta nella prevenzione dell’infertilità,

della “malattia del muscolo bianco” e della distrofia muscolare. La carenza può

anche condurre alla morte dell’animale [Urch 2006].

Acido Folico

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La funzione principale di questa Vitamina è nella formazione dei corpuscoli rossi del

sangue. La carenza è caratterizzata da scarsa crescita e anemia. Trattamenti

prolungati con farmaci a base di zolfo, come alcuni antibiotici, possono deprimere la

sintesi dell’Acido folico, ad opera dei batteri intestinali, che conduce ad anemia

[Urch 2006].

Colina

L’Acetilcolina, che è derivata da questa Vitamina, è un componente essenziale nella

trasmissione degli impulsi nervosi. I principali sintomi della carenza sono una lenta

crescita e un’infiltrazione grassa del fegato [Urch 2006].

Vitamina B3 o Niacina

Anche conosciuta come Nicotinamide, questa Vitamina è coinvolta con il trasporto

dell’idrogeno nelle cellule viventi. L’organismo può sintetizzare questa vitamina

dall’ aminoacido triptofano e perciò la carenza è rara a meno che la dieta sia carente

in proteine. La carenza di essa comporta una scarsa crescita, enterite e dermatite. Gli

uccelli che mostrano un’infiammazione della bocca e della parte superiore

dell’esofago, chiamata “lingua nera”, hanno tale carenza [Urch 2006].

Aminoacidi

Sono i mattoni delle proteine e sono importanti componenti delle cellule viventi. Le

cellule muscolari sono particolarmente ricche di queste proteine. Gli Aminoacidi

vengono prodotti quando le proteine sono scomposte dagli enzimi. Ne sono state

identificate più di cento ma solo ventidue sono generalmente considerati come

componenti delle proteine negli animali. Di questi otto sono essenziali per la dieta

degli animali e conseguentemente vengono chiamati aminoacidi essenziali [Urch

2006].

L’Aloe Vera contiene venti aminoacidi dei quali 8 sono essenziali mentre gli altri

sono aminoacidi non-essenziali e semiessenziali [Wyle 2012].

Enzimi

Sono stati identificati diversi enzimi nell’Aloe Vera. Questi aiutano nella digestione

del cibo e perciò rendono l’assorbimento dei suoi nutrienti più efficiente [Urch

2006]. Nell’aloe sono presenti gli enzimi che, in particolare, favoriscono la

digestione dei grassi e delle proteine e inoltre contiene anche l’enzima in grado di

agire sull’infiammazione dei tessuti e, in questo modo, favorirebbe il processo di

cicatrizzazione delle ferite ed avrebbe un’azione analgesica.[Wyle 2012].

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Acido Salicilico

Questo è un composto che si identifica con l’acido acetil salicilico, che è conosciuto

come aspirina. L’acido salicilico riduce la febbre attraverso l’abbassamento della

temperatura corporea, in altre parole è un antipiretico. E’ anche un utile antisettico,

ma la sua funzione più importante è come cheratolitico dove esso ammorbidisce lo

strato di cheratina della pelle e aiuta l’esfoliazione senza essere irritante. Questo

effetto cheratolitico si è anche dimostrato utile nella rimozione del tessuto morto

dalle ferite e può dimostrarsi benefico nel trattamento di alcuni tipi di sarcoidi. Esso

può anche essere usato nel trattamento della tigna attraverso la sua capacità di

promuovere l’esfoliazione degli strati di cheratina della pelle che contengono le ife di

tale fungo. L’acido salicilico ha anche proprietà antinfiammatorie, analgesiche e

antibatteriche [Urch 2006].

Acidi Grassi

Questi sono degli steroidi delle piante che hanno proprietà antinfiammatorie,

analgesiche e antisettiche [Urch 2006].

Gli steroli che si rinvengono nel gel di aloe sono di quattro tipi, in particolare il

lupeolo avrebbe proprietà antisettiche e purificanti [Wyle 2012].

Zuccheri

Presenti nello strato mucillaginoso della pianta dell’Aloe Vera vi sono zuccheri

semplici come il glucosio, che vengono chiamati monosaccaridi. Le catene di questi

zuccheri semplici unite insieme vengono chiamate polisaccaridi. Quest’ultimi sono i

gruppi più importanti, particolarmente quelli che contengono glucosio e mannosio

[Urch 2006].

Questi vengono chiamati glucomannani e di uno in particolare, l’acemannano, sono

state dimostrate diverse azioni:

Proprietà di immunomodulazione, esso aiuta a far tornare l’immunità alla

normalità attraverso la stimolazione dei livelli di anticorpi.

Antivirale, in particolare contro i tumori che producono virus, come la

leucemia felina.

Riduce le infezioni secondarie.

Incrementa l’attività dei linfociti-T fino al 50%.

Incrementa l’attività dei macrofagi conducendo così ad incrementare la

cicatrizzazione delle ferite.

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Questo polisaccaride viene assorbito intatto dall’intestino e così entra nel sangue

inalterato. I glucomannani e, quindi anche l’acemannano, sono idrosolubili. Il

contenuto ad elevate quantità di questi polisaccaridi rende possibile l’azione

filmogena che consegue all’assunzione di aloe ed anche al suo effetto di

gastroprotettore. Quest’ultimo è un meccanismo di protezione, sviluppato dalla

pianta, per proteggersi dagli agenti esterni, del quale può beneficiare sia l’organismo

umano che quello animale [Wyle 2012].

Ingerendo il succo di Aloe, i mucopolisaccaridi assumono una disposizione lungo il

tratto digestivo che impedisce che eventuali variazioni di pH possano apportare dei

danni. Inoltre gli zuccheri complessi hanno la capacità di stimolare il sistema

immunitario e di apportare in tal modo delle reazioni positive per l’organismo

quando questo viene colpito da una patologia. Ancora gli stessi si dispongono lungo

l’esofago e sulle pareti dello stomaco, grazie alle proprietà filmogene, e formano un

rivestimento con capacità di lenire o comunque contenere eventuali gastriti o piccole

ulcere [Wyle 2012].

5.2.Meccanismo di azione

Si presume che le cellule staminali , prodotte nel midollo osseo, vengano comunque

processate nel Timo dai linfociti T, che circolano nel flusso sanguigno. Le cellule

staminali vengono inoltre processate attraverso la Bursa dell'intestino, collegata al

tessuto linfoide delle mammelle e ai linfociti B, che tendono ad essere fissati nel

tessuto linfoide come dei linfonodi [Urch 2006].

Nella normale risposta immunitaria all'antigene, virus o batterio, le linfochine e le

citochine rilasciate , inducono alla cooperazione tra linfociti T e linfociti B. I

linfociti T si sviluppano in linfoblasti, che fanno parte della risposta immunitaria

cellulo mediata, ed hanno anticorpi che sono come piccole particelle che si attaccano

alla loro superficie. I linfociti B diventano plasmacellule che sintetizzano e rilasciano

anticorpi liberi nel sangue e negli altri fluidi corporei. Questi anticorpi si combinano

e neutralizzano i batteri, i virus e le proteine estranee. Ciò detto viene chiamato

risposta anticorpale umorale [Urch 2006].

L’Acemannano esercita capacità immunomodulatrice aumentando la produzione di

linfochine e di citochine. I laboratori Carrington negli Stati Uniti hanno isolato ed

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estratto l' acemannano dall'Aloe Vera. Il composto viene usato sui gatti con leucemia

felina ed è stato anche usato nel trattamento dell'AIDS umano. Questo prodotto al-

l’ acemannano è denominato "Currisyn" [Urch 2006].

Azione degli altri zuccheri trovati nell'Aloe Vera.

Di questi polisaccaridi sono state dimostrate varie proprietà benefiche:

essi ricoprono le pareti del sistema digestivo e in tal modo aiutano a far

diminuire l'apporto di tossine assorbite dall'intestino, utile nei casi di

laminite.

Essi aiutano anche nell'assorbimento dei prodotti di degradazione

della digestione come gli zuccheri, gli aminoacidi e gli acidi grassi.

Questi zuccheri possono anche rafforzare le cellule della membrana

cosicchè la penetrazione dei microrganismi, come i virus, viene

diminuita.

È stato riportato anche un miglioramento nella lubrificazione delle

articolazioni. Questo probabilmente avviene attraverso un’azione sulla

produzione del liquido sinoviale e sulla sua composizione. Ciò è

dovuto al fatto che l’Aloe Vera sembra migliorare i casi di osteoartrite.

Aumenta il flusso di fluidi attraverso le cellule.

Aiuta il trasferimento gassoso nei polmoni e aiuta nei casi di asma.

E’ stato dimostrato che uno zucchero chiamato mannosio-2-fosfato

gioca un ruolo importante nella cicatrizzazione delle ferite

[Urch 2006].

5.3.Azioni stimate dell’aloe vera

Proprietà sinergiche

L’aloe vera ha notevoli proprietà sinergiche. Il sinergismo è definito come "il

lavorare insieme di due o più sostanze per produrre un effetto più grande della

somma degli effetti individuali". In altre parole, i 75 nutrienti contenuti nel gel

sembrano lavorare come una squadra nel produrre un effetto complessivo più

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potente. La presenza di un altro membro della squadra incrementa (o potenzia)

l'azione dei componenti individuali [Urch 2006].

Proprietà adaptogene

Gli “adaptogeni” rappresentano l'ultima frontiera della fitoterapia. E' una classe

nuova di fitofarmaci che comprende principi vegetali che possiedono attività

terapeutiche comuni, che rinforzano e potenziano il sistema immunitario e sono

caratterizzati dal non avere effetti collaterali. Quest'ultima è la caratteristica più

importante che li distingue dagli altri fitoderivati dando loro una manegevolezza

migliore [Pignattelli 2007]. L'Aloe Vera è conosciuta anch'essa come un adaptogeno.

Questo si traduce con il fatto che il corpo trae dal gel dell’aloe ciò di cui ha bisogno

per aiutarlo nella cura del la condizione di cui sta soffrendo. Il gel quindi non è di

aiuto direttamente nel sintomo ma piuttosto aiuta l'organismo. Il gel aiuterebbe,

quindi, a ripristinare l'equilibrio dell'organismo. È difficile per un veterinario

inizialmente comprendere che un prodotto possa essere usato per aiutare diverse

condizioni patologiche come: la diarrea, la costipazione, il vomito e lo scarso

appetito. Infatti il medicinale usato, nella pratica veterinaria, per la diarrea, per

esempio, è l'esatto opposto di quello che si usa per la costipazione. Tuttavia dopo

aver usato il gel nella pratica veterinaria si può comprendere che questo può essere

usato per diverse patologie e questo effetto viene quindi detto adaptogeno [Urch

2006].

Induce benessere

Molte persone, che iniziano a bere il gel per la prima volta, notano di avere molta più

energia e si sentono molto più capaci di superare gli stress quotidiani della vita.

Spesso ci si riferisce a quello appena detto come la capacità delle cellule di

promuovere tale sensazione di benessere. Questo è probabilmente il risultato della

capacità del gel di regolare la nostra immunità quindi le capacità del corpo di

affrontare le sfide. Ora si potrebbe dire che è un effetto placebo perché si crede che la

persona sia stata persuasa a prendere il gel, e che questo generi un sentimento

positivo verso di esso e, quindi, ci si senta meglio. Comunque, questo non spiega

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perché vi sia un effettivo miglioramento della salute che si nota negli animali

quando il gel viene incluso nelle loro diete.

In molti animali dopo circa sei settimane di uso del gel, tipicamente abbiamo notato:

Una migliore qualità del mantello che risulta fitto e lucente .

Le unghie crescono più velocemente e sono più robuste.

Essi sono più brillanti e più pieni di vita.

Un classico esempio viene visto nelle cagne artritiche e incontinenti. Queste

femmine sono spesso state sterilizzate quando erano abbastanza giovani.

Invecchiando hanno messo su peso e spesso hanno sviluppato segni di osteoartrite.

Questo causa loro dolore e sono quindi molto riluttanti ad alzarsi. È questo la causa

del loro mettere su peso, esse diventano più rigide e sono bloccate in un circolo

vizioso di dolore, diminuzione dell'esercizio ed incremento del peso corporeo.

Questo alla fine conduce all'incontinenza urinaria.

In un numero di casi dove vi era stato un incremento drammatico di questi sintomi, è

stato aggiunto alla loro dieta il gel nella dose di 60-80 ml al giorno. Da subito si è

notato che le cagne erano desiderose di alzarsi al mattino e andare fuori per una

passeggiata. Questo ha tonificato i loro muscoli ed esse hanno perso del peso .

L'effetto complessivo che ne è risultato è stato che l'incontinenza urinaria è

migliorata [Urch 2006].

Proprietà antiossidanti

Il gel ha anche proprietà antiossidanti che sono principalmente dovute al suo effetto

complessivo sull'organismo e alle vitamine A, C e ed E contenute in esso.

L'organismo degli umani e degli animali viene esposto a materiali tossici tutti i

giorni. Questo viene dagli inquinanti nell'aria, dalle fabbriche e dai tubi di

scappamento delle automobili, dal nostro cibo , dall'acqua, dai pesticidi, dagli

erbicidi, dai conservanti e dai fertilizzanti inorganici. Anche i processi metabolici

all'interno dell'organismo generano tossine. Queste vengono rilasciate dai radicali

liberi dentro l'organismo e sono particelle reattive con elettroni spaiati. Esse possono

essere veramente dannose per le cellule di tutto l'organismo. In particolare il fegato

ha funzione disintossicante per l'organismo e per fare ciò, richiede antiossidanti. Le

Vitamine A, C ed E, che sono contenute nel gel, sono conosciute come le tre più

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efficaci. Esse vengono usate dal fegato per contrastare i radicali liberi e per

prevenirne il danno [Urch 2006].

Esfoliazione

Gli enzimi proteolitici contenuti nel gel aiutano a eliminare il tessuto morto dalla

pelle. Anche l'acido salicilico in esso contenuto aiuta l' esfoliazione attraverso

l'ammorbidimento dello strato di cheratina della pelle. Tutte queste azioni aiutano a

rimuovere le cellule morte ,danneggiate da condizioni come l'eczema o la psoriasi e

sono anche benefiche quando puliscono e fanno cicatrizzare le ferite della pelle

[Urch 2006].

Incremento del flusso circolatorio

L’aloe induce un miglioramento nel flusso circolatorio del sangue alla pelle

attraverso la dilatazione capillare [Urch 2006].

Incremento della divisione cellulare e della cicatrizzazione

E’ stato dimostrato scientificamente dal dottor Atherton e dal dottor Cochrane nel

Regno Unito e dal dottor Danof negli Stati Uniti che l’Aloe Vera aumenta la

divisione cellulare dei fibroblasti nella pelle di almeno tre volte. Questo perché le

ferite tendono a cicatrizzare più velocemente. Si è visto nell'esperienza clinica che le

ferite cicatrizzano da una a tre volte più velocemente di quando vengono trattate con

preparazioni veterinarie convenzionali [Urch 2006].

Attività di cicatrizzazione delle ferite

Studi clinici indicano che il gel di Aloe Vera accelera la cicatrizzazione delle ferite, e

gli studi, in vivo, dimostrano che promuove la cicatrizzazione delle ferite attraverso

una stimolazione diretta dell’attività dei macrofagi e dei fibroblasti; questo

suggerisce che i polisaccaridi siano responsabili delle proprietà del gel ovvero di

cicatrizzazione delle ferite [Davis 1994].

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Altri meccanismi di azione del gel includono l’essere 'idratante, isolante e avere

proprietà protettive [Bruneton 1995]. Il gel inibisce il tromboxsano A2, un mediatore

del danno tissutale progressivo [Davis 1994] prodotto nel tessuto del derma bruciato

e infiammato [Swain 1987;1992]. L’angiogenesi è fondamentale nella

cicatrizzazione delle ferite, ed è stato dimostrato che il gel è angiogenico [Moon

1999]. Il costituente Allantoina, presente nel gel, aumenta l’epitelizzazione nelle

ferite suppurattive e nelle ulcere persistenti [Swain 1992]. Un altro costituente,

l'Acemannano, stimola i macrofagi a produrre le citochine, l’interleuchina-1 e il

fattore di necrosi tumorale, che a turno, stimolano l'angiogenesi, l’epitelizzazione e

la cicatrizzazione della ferita [Cera 1980]. Vengono inoltre rilevate attività

antiinfiammatorie ed analgesiche grazie alla presenza dell'acido salicilico [Swain

1987].

Malattia infiammatoria intestinale (Inflammatory bowel disease)

E’ stato visto in uno studio che il gel di aloe vera è efficace per il trattamento di

ulcere attive nell'uomo e riduce anche l'attività delle patologie istologiche [Langmead

2004].

Attività oftalmica

In uno studio sulla cornea del suino è stato dimostrato che l’aloe biologicamente

attiva non può penetrare questa barriera biologica. Comunque, i colliri che

contengono aloe e Neomicina solfato possono essere utili per il trattamento

dell'infiammazione e dell'infezione delle parti esterne dell'occhio, come la

congiuntiva, il margine palpebrale, il sacco lacrimale e la cornea [Kodym 2002].

Trattamenti delle bruciature

Si è notato che l’aloe vera inibisce il processo infiammatorio conseguente alle ferite

da bruciatura nei ratti [Duansak 2003], promuove la cicatrizzazione delle ferite nelle

bruciature di secondo grado nei ratti [Somboonwong 2000].

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Il gel di Aloe Vera è stato usato per trattare delle cavie con bruciature indotte che

sono guarite in 30 giorni facendo un confronto usando Sulfadiazina per 50 giorni e

crema all’acido salicilico per trattare gli animali [Rodriguez-Bigas 1988].

Attività dell’acemannano

Esso ha varie proprietà terapeutiche inclusa l'accelerazione della cicatrizzazione delle

ferite, l'inibizione dell'infiammazione ed effetti antivirali. È stato anche dimostrato

che esso ha un'attività antitumorale, infatti iniezioni di acemannano possono offrire

un aumento della protezione immunitaria contro le cellule tumorali maligne

impiantate [Merriam 1995].

L'acemannano in presenza dell'interferone gamma induce apoptosi nelle cellule

cancerogene [Ramamoorthy 1998].

L’acemannano e i tumori del cane e del gatto

Si ritiene che l' acemannano sia un immunostimolante ed è stato brevettato dal

dipartimento dell'agricoltura americano (USDA) per il trattamento del fibrosarcoma

dei cani e dei gatti [King, 1995].

In un altro studio su cani e gatti con tumori spontanei , trattati con l’acemannano

somministrato attraverso la via intraperitoneale e intralesionale (introdotto

direttamente in una lesione localizzata) si è visto un miglioramento clinico della

necrosi tumorale o il prolungamento della sopravvivenza [Harris 1991].

6. Usi clinici dell'aloe. Articoli e studi a partire dagli anni trenta.

Come già accennato nel paragrafo 3., negli anni 30 l’aloe tornò ad essere in primo

piano, dopo essere stata dimenticata per un lungo periodo. Questo accadde grazie ai

Collins che si accorsero che l’uso dell’Aloe era efficace per sopprimere gli effetti

delle radiazioni. In un articolo si parla di una paziente che stava peggiorando con le

cure canoniche per gli effetti delle radiazioni, così le vennero applicate localmente le

foglie di Aloe Vera come palliativo. Ventiquattro ore più tardi la paziente riportò che

la sensazione di prurito e di bruciore era del tutto scomparsa. Così le fu consigliato di

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continuare con le applicazioni delle foglie di aloe e nelle 5 settimane successive le

condizioni della donna migliorarono progressivamente. I Collins, inoltre, crearono

l’“Alvagel” e pubblicarono i risultati raggiunti usando il loro prodotto sulla rivista

“The American Journal of Roentgenology” nel 1935 [Collins 1935].

In un articolo del Journal of the American Medical Association il Dott. Carrol D.

Wright, concluse che le ulcere anche di vecchia data, provocate dai raggi-x, davano

una risposta positiva a seguito della somministrazione di Aloe Vera [Wright 1936]

J.E. Crewe sperimentò che con l’aloe oltre alle bruciature, usando le foglie assieme

ad un unguento di sua produzione, si potevano curare le scottature da fuoco, da acqua

bollente, le ulcere croniche, gli eczemi, le insolazioni, le piccole ferite ed alcune

allergie come ad esempio quella all’edera velenosa. Egli pubblicò degli articoli sul

“Minnesota Journal of Medicine” nel 1937 e nel 1939, dove illustrava tutti i casi in

cui vi era stata una guarigione totale senza lasciare nessuna cicatrice grazie alla

rigenerazione del tessuto . [Crewe 1937]

Il dottor Vladimir Filatov,(1875-1956), oftalmologo, fu il pioniere del trapianto della

cornea. Nei suoi trapianti sostituiva con tessuto nuovo parte dello strato superficiale

della cornea opaca. Questo portava la vecchia cornea a tornare chiara e trasparente

nella zona dell’impianto. Egli concluse che si aveva un processo di guarigione più

rapido se, per un certo periodo, il nuovo tessuto da impiantare veniva esposto al

freddo. Per spiegare i suoi successi scientificamente cercò di dimostrare l’efficacia

del tessuto refrigerato nelle piante. Egli conservava le foglie di aloe a tre gradi sotto

lo zero e al buio per un periodo di dieci giorni. Poi le spellava e le pressava per

ottenere un succo che sottoponeva a processi attraverso cui lo trasformava in “aloe

biostimolato”. Iniettò il succo ottenuto dalla polpa sotto la pelle dei pazienti e vide

che si potevano avere gli stessi effetti curativi che aveva ottenuto trapiantando i

tessuti sani. Questo portò allo schiarimento della cornea opaca. La conclusione del

dottore fu che non fosse la pianta in sé o l’estratto della polpa a determinare la

guarigione, ma che essa contenesse degli stimolatori bioenergetici al massimo della

loro efficacia quando sottoposti al freddo e al buio. Inoltre il dottor Filatov ha scritto

su di una di medicina rivista russa sull’uso di una terapia a base di aloe per le lesioni

cutanee conseguenti alla Leishmania [Filatov 1945].

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Il dottor Alexander Farkas inventò nel 1954 a Miami il “Medicamento tropicale con

poliuronido di aloe” . Egli fece richiesta per brevettare il suo prodotto e stilò una

relazione nella quale descrisse le qualità curative per uso esterno dell’aloe sia per le

ferite aperte che per le scottature. Parlò anche di un effetto sia analgesico che

anestetico grazie al quale il poliuronido riduceva il dolore rapidamente e

contemporaneamente sollecitava una cicatrizzazione a livello cutaneo senza

formazione di cicatrici [Farkas 1963;1967].

In Florida nel 1963, tre medici Blizt, Smith e Gerard descrissero in una relazione

come avessero curato con l’aloe dodici pazienti affetti da ulcera peptica e oltre a

ritardare la patologia, il medicamento era in grado anche di prevenirne lo sviluppo .

L’aloe venne così prescritta per uso interno per la prima volta. Nello stesso anno

venne dimostrato che l’aloe inibiva lo sviluppo di vari tipi di batteri come

Staphylococcus Aureus e S.Pyogenes, Corybacterium Xerosis, Shighella

Paradysenteriae, Salmonella Typhy e Paratyphy, che causano infezioni di diverso

tipo e forme di tifo e di dissenteria [Blitz 1963].

El Zawahry professore di dermatologia all’Università del Cairo e il dottor Rasahd

Hegazy e Helai pubblicarono sull’International Journal of Dermatology uno studio

che divenne un classico. Spiegarono come usare la polpa di aloe per trattare l’ulcera

cronica alle gambe. Le ulcere croniche alle gambe generalmente sono molto

resistenti ai trattamenti e molti farmaci non hanno effetto su di esse, quindi

l’introduzione di un agente che portasse ad una rapida ed efficiente cicatrizzazione

poteva essere un vantaggio enorme [El Zawahry 1973].

Nel 1974, un discepolo del dottor Vladimir Filatov, il dottor Logai ebbe dei risultati

positivi sottoponendo i suoi pazienti a iniezioni sottocutanee di estratto di aloe per

trattare le emorragie traumatiche nel corpo vitreo dell’occhio. [Logai 1974].

Furono effettuate delle sperimentazioni su animali da laboratorio dagli anni ’50 in

poi e questi esperimenti sono serviti a testare le qualità indiscusse dell’Aloe.

In un articolo del 1953 sulle ustioni da radiazioni nei conigli viene riportato che,

trattando i tessuti danneggiati con succo di aloe, il processo di guarigione è risultato

accelerato e i conigli sono guariti in soli 2 mesi [Lushbaugh 1953].

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Su uno studio condotto sulla reazione alle ustioni termiche negli animali, Rovatti e

Brennan scoprirono che le ferite indotte sugli animali da laboratorio non solo

guarivano più rapidamente di quelle trattate con preparazioni normali, ma questi

animali riportavano anche meno cicatrici [Rovatti 1959].

Northway è stato uno dei primi chirurghi veterinari ad aver pubblicato un articolo

esaustivo sull’uso topico dell’aloe nella pratica veterinaria (nel 1975). Egli prese in

esame 76 casi di dermatite trattati con preparati di Aloe Vera per uso topico

confrontandoli con il tipo di risposta che avrebbe ottenuto se avesse usato normali

antibiotici o steroidi. Questi casi di dermatite comprendevano: allergie, tigna, ascessi,

infiammazioni della pelle, infezioni della pelle, lacerazioni e ferite, piodermiti, cisti e

problemi dell’orecchio. Nel 95% dei casi trattati con l’Aloe Vera, egli ottenne lo

stesso successo rispetto ai preparati tradizionali per uso topico. Nel 20% dei casi

trattati con Aloe Vera, invece, conseguì risultati migliori rispetto ai medicinali

utilizzati normalmente. Inoltre, egli non riscontrò reazioni tossiche o altri effetti

collaterali avversi [Northway 1975].

Il veterinario Peter Green (1996) riferisce che il gel di Aloe allevia il dolore, riduce

l’infiammazione, penetra in profondità nella pelle, stimola la divisione cellulare ed

uccide batteri e funghi. Egli giunge così alla conclusione che l’Aloe Vera è il

trattamento topico più efficace per le ustioni. L’uso di Aloe Vera è efficace anche

come trattamento della sindrome post-virale, della letargia e delle malattie della pelle

del cavallo. Notó che l'83% dei cavalli affetti da questa sindrome aveva avuto grossi

benefici fino alla guarigione. Altri autori hanno raggiunto risultati simili come

descrive nel suo libro sull'Aloe Vera il dottor Urch. Confrontando i risultati con

quelli ottenuti da altri veterinari, dopo aver somministrato 240 ml di succo di aloe al

giorno (nel cibo) per 3 - 5 settimane ai cavalli, i test indicarono una percentuale

significativa di risposte positive all’assunzione orale di aloe. Per patologie come la

tigna, la febbre da fango e le allergie, concluse che i risultati ottenuti usando l’Aloe

Vera ad uso topico era efficace come quello che ci si aspetterebbe con i normali

prodotti veterinari, quali agenti antifungini, antibiotici e steroidi [Green 1996].

In un articolo della University of Chicago Burn Center viene riportato il caso di una

scimmia colpita accidentalmente da ustioni (il 70% del corpo). In seguito al

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trattamento con gel di Aloe, non soltanto l’animale si era salvato, ma era tornato

presto in buona salute [Cera 1982].

La relazione della University of Chicago Burn Center su due cani pastore

incidentalmente ustionati su tutto il corpo, riportava che ogni altro trattamento

ordinario sarebbe stato considerato inutile vista la gravità. L’articolo, accuratamente

documentato, dimostra i benefici effetti dell’Aloe Vera in caso di ustioni [Cera

1980].

Un altro studio ha dimostrato un 62,5% della riduzione di diametro della ferita nel

topo che riceve 100 mg /kg/die di aloe per via orale, e un 50,8% di riduzione è stata

registrata in animali a cui è stato dato aloe, per via topica, al 25%. Questi dati

suggeriscono che l‘aloe è efficace attraverso entrambe le vie di somministrazione

orale e topica [Davis 1989].

L’acemannano, uno dei tanti componenti dell’Aloe, stimola il sistema immunitario

ed è riconosciuto come agente antivirale (per diversi virus) e come induttore di

interferone. La leucemia felina (FeLV) è considerata la più importante causa di morte

nei gatti domestici. Il 40% dei gatti muore a causa della malattia entro quattro

settimane e il 70% entro otto settimane. Uno studio del 1991 effettuato all’Animal

Medical Hospital (Irving, Texas), dal Veterinary College (Texas) e presso l’A & M

University ha dimostrato l’efficacia dell’acemannano nel trattamento della FeLV.

In uno studio su 50 gatti , risultati positivi agli esami sierologici per la leucemia

felina e che non rispondevano positivamente ai trattamenti tradizionali, ormai in fase

terminale, fu iniettata periodicamente una soluzione contenente acemannano. I

risultati dello studio fanno riflettere: alla fine delle 12 settimane di studio, 29 gatti

trattati con l’acemannano erano ancora vivi. 2 su 44 sono stati persi al follow-up

(controlli periodici) e un altro è morto per altre cause. Lo studio indica un tasso di

sopravvivenza del 71% per quei gatti che lo hanno completato. Dei 15 gatti che sono

morti per malattie legate alla FeLV, cinque sono morti per tumori maligni o aplasia

midollare entro nove giorni dall’inizio della sperimentazione, 7 altri gatti sono morti

entro la dodicesima settimana e tre sono morti entro quattro settimane dal

completamento dello studio. 9 gatti sono morti o sono stati soppressi entro due mesi,

ed un altro era morto entro il quinto mese dalla diagnosi di FeLV. Tutti i proprietari

dei gatti sopravvissuti hanno riferito di essere soddisfatti dei risultati del trattamento,

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affermando che i loro gatti erano ritornati al loro stato normale di attività ed erano

sani e felici. Lo studio è importante per due motivi: in primo luogo, 29 gatti che

sarebbero dovuti morire, secondo tutti gli studi scientifici precedenti, erano ancora

vivi e apparentemente normali dopo 12 settimane. In secondo luogo, basandosi su

ulteriori studi ed altra documentazione, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati

Uniti ha approvato in via ufficiale l’uso di Aloe nella cura della leucemia felina

[Sheets 1991].

Gli effetti del gel di aloe per via topica sono stati comparati con gli effetti terapeutici

della pentoxifillina nel trattamento di congelamento sulle orecchie di 10 conigli

bianchi della Nuova Zelanda. La pentofillina aiuta la sopravvivenza del tessuto come

fa la crema di Aloe Vera, la cosa migliore è la combinazione di entrambe [Miller

1995].

L’acemannano è inoltre un immunostimolante derivato dall’Aloe, riconosciuto dal

Department of Agriculture (USDA) degli Stati Uniti per il trattamento del

fibrosarcoma dei cani e dei gatti. Studi preliminari indicano che l’acemannano è un

complemento efficace per la chirurgia e la radioterapia nel trattamento dei sarcomi

del cane e del gatto [King 1995]. Mannani con attività antitumorale significativa

sono stati isolati da lieviti ed è stato dimostrato che essi agiscono principalmente

sull’ attivazione dei macrofagi [Merriam 1995; Ramamoorthy 1998].

6.1.Alcuni esempi di usi clinici in veterinaria.

Trattamenti delle malattie della pelle con Aloe Vera.

Cosa può fare l’Aloe Vera:

È esfoliante: aiuta a rimuovere le cellule morte e quelle danneggiate nelle

condizioni come eczema/psoriasi/presenza di irritanti.

Anti-prurito: fa diminuire il prurito e aiuta nelle dermatiti allergiche.

E’ un antimicrobico che uccide diversi batteri, virus, funghi e lieviti.

Aumenta la divisione cellulare e la cicatrizzazione, così le patologie delle

ferite della pelle guariscono di circa un terzo più velocemente del normale.

E’ un anestetico locale [Urch D 2006].

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Cosa l’ Aloe Vera non può fare:

L’ Aloe Vera non uccide i parassiti come le pulci, gli acari, le zecche e i

pidocchi. Quando si sta trattando una dermatite allergica, risultato di

un'infestazione, i parassiti devono essere eliminati prima usando un

antiparassitario.

Non può curare il tumore. Comunque se il tumore viene trattato per via

farmacologica o chirurgicamente, i preparati di Aloe Vera giocano un ruolo

importante nell'aiutare il processo di cicatrizzazione. Il gel di Aloe Vera

aggiunto alla dieta può aiutare gli animali nel postoperatorio [Urch D 2006].

Preparati di Aloe Vera usati nella gestione delle patologie della pelle:

Sapone di Aloe Vera: usato diluito per pulire la pelle.

Soluzione spray di Aloe Vera: da usare come prima applicazione.

Gelatina di Aloe Vera: per applicazioni topiche.

Crema di Aloe Vera alla propoli: è un'alternativa alla gelatina se è presente

un’infezione o se la pelle è molto asciutta. Contiene propoli di ape, un

antibiotico naturale.

Gel di Aloe Vera MSM (metil sulfonilmetano): dovuto al suo alto contenuto

di solfuro e alle proprietà naturali dell'Aloe Vera, questo prodotto porta

benefici in quelle condizioni dove c'è un interessamento del sistema muscolo-

scheletrico come le artriti delle articolazioni, le ferite dei muscoli, strappi

tendinei e distorsioni dei legamenti. MSM è anche benefico quando serve un

aiuto per le infezioni della pelle e per la cicatrizzazione delle ferite.

Gel di Aloe Vera: è inoltre raccomandato che il gel di Aloe Vera venga

aggiunto alla dieta, specialmente se l'animale ha una risposta immunitaria

molto scarsa.

Tavolette alla propoli d'ape: in alcune condizioni aggiungere tavolette di

propoli di ape può anche portare benefici. La propoli ricopre l'interno

dell'alveare delle api ed ha proprietà antimicrobiche naturali [Urch 2006].

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Procedure generali per il trattamento di patologie della cute con preparati di Aloe

Vera. In generale, è un trattamento sostanzialmente uguale per molte patologie. Vi

sono dei casi dove, per esempio, è importante evitare di toccare la cute. Qualche

volta la patologia avrà dei benefici dati dalla possibilità di aggiungere nella cura

anche la propoli delle api:

Rimuovere sempre la causa: bloccare le infestazioni parassitarie esterne o

proteggere dalle cause scatenanti dell'allergia.

Lavare l'area con sapone di Aloe Vera diluito o shampoo all’Aloe Vera.

Asciugare bene. Per molte patologie è importante evitare di toccare la cute.

Se l'area è ricoperta da peli, potrebbe essere necessario tosare il pelo in modo

che la cute venga esposta meglio all'aria .

Spruzzare con soluzione spray di Aloe Vera.

Applicare delicatamente la gelatina di Aloe Vera.

Se l'area è particolarmente secca è consigliabile usare la crema di Aloe Vera

con propoli al posto della gelatina di Aloe Vera.

Applicare trattamenti topici con lo spray di Aloe Vera, gelatina o crema di

propoli inizialmente 4-6 volte al giorno, poi due volte al giorno fino a

quando verranno notati dei segni di miglioramento.

Aggiungere gel di Aloe Vera alla dieta può essere benefico, particolarmente

se l'animale è debilitato o ha una risposta immunologica compromessa. Dare

il gel ad una dose inizialmente molto alta, arrivando poi ad un livello di

mantenimento (approssimativamente una dose dimezzata di trattamento) sino

alla risoluzione dei sintomi.

"Crisi da guarigione". I sintomi dell'irritazione della pelle sembrano

inizialmente peggiorare poiché l’Aloe Vera ne accelera la cicatrizzazione,

concentrandone gli effetti in un periodo ridotto. La “crisi da guarigione”

potrebbe durare fino a 5- 10 giorni. Continuare con la somministrazione di

gel per via orale, durante questo periodo, e smettere temporaneamente i

preparati topici. Se questo periodo persiste assicurarsi che la diagnosi venga

riconfermata da un veterinario [Urch 2006].

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Per quanto riguarda alcune malattie della pelle del cavallo, come la linfangite

ulcerosa che è un tipo di follicolite superficiale causata dal batterio Corynebacterium

Pseudotubercolosis, il trattamento delle lesioni comprende:

Lavare bene tutte le aree dove è necessario usare il sapone di Aloe Vera

diluito o lo shampoo di Aloe Vera.

Asciugare bene.

Spruzzare delicatamente con soluzione di Aloe Vera spray.

Strofinare con delicatezza il gel trasparente nelle aree interessate.

Se particolarmente infetto o secco, usare la crema di Aloe Vera alla propoli.

Le preparazioni topiche potrebbero essere inizialmente applicate 6 volte al

giorno, riducendo a 2 se i sintomi si stanno risolvendo.

Aggiungere il gel di Aloe Vera nella dieta [Urch 2006].

Eczema umido nel cavallo

Febbre da fango

Nel cavallo l'eczema umido è una patologia veramente molto comune e vi sono

diversi modi di chiamarla, il più usato è "febbre da fango". Spesso viene notata in

quelle aree del corpo che sono ricoperte da mantello bianco. Il motivo è dato dal

fatto che la pelle in queste regioni non è pigmentata e quindi risulta molto

sensibile alla luce ultravioletta dei raggi solari. La parte che viene maggiormente

colpita è quella posteriore dell'arto inferiore, generalmente dal calcagno al

pastorale ed anche fino al nodello. Nei casi più gravi, l'infezione si può estendere

fino alla parte alta degli arti. Questo è causato da un batterio, Dermatophilus

congolensis, che si diffonde con la stessa metodica dei funghi, irradiando i propri

filamenti e poi sporulando, specialmente se trova condizioni idonee di umidità.

Ovviamente è durante i mesi invernali quando c'è appunto umidità e un ambiente

fangoso che riesce a svilupparsi meglio, perché trova queste condizioni ad esso

favorevoli.

Sintomi

I segni che si notano per primi saranno diverse aree alopeciche, croste ed

essudato. Se il ciuffo di pelo con le croste sottostanti viene rimosso, al di sotto

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può risultare un'area purulenta con pus dove la pelle è infiammata. Le lesioni

possono essere abbastanza gravi ma non appaiono mai particolarmente

pruriginose.

Trattamento della febbre da fango

Lavare bene le aree dove è necessario usare il sapone diluito o lo

shampoo di Aloe Vera.

Evitare di lavare troppo a fondo.

Asciugare bene.

Spruzzare delicatamente con la soluzione di Aloe Vera spray.

Strofinare con delicatezza il gel trasparente nelle aree interessate e

rimuovere le croste sottostanti che si sono ammorbidite.

Se la lesione o l’area risultano particolarmente infette o secche, usare la

crema di Aloe Vera alla propoli.

Le preparazioni topiche potrebbero essere inizialmente applicate 6 volte

al giorno, riducendo a 2 se i sintomi si stanno risolvendo.

Per i cavalli può essere aggiunto il gel di Aloe Vera nella dieta giornaliera

nella dose di 250 ml e per i pony, fino a 150 ml al giorno.

Alla risoluzione dei sintomi, si potrebbe continuare a dare all'animale una

dose di mantenimento di Aloe Vera che risulta all’incirca molto diminuita

rispetto al trattamento iniziale (60 ml per i cavalli, 40 ml per i pony).

Nei casi persistenti vengono somministrate tavolette di propoli di ape in

una dose che va fra le otto e le 20 al giorno dipendendo dalla mole

dell'animale [Urch 2006].

Questo trattamento viene usato anche in caso di eczema da pioggia che è una

dermatite simile alla febbre da fango sempre causata dallo stesso batterio

(Dermatophilis congolensis) ma può svilupparsi in più punti: sull’arto distale a

livello della parte posteriore, sulla groppa e sulle spalle del cavallo. Si nota

particolarmente nei periodi di pioggia continua quando le aree appena citate si

trovano costantemente bagnate e questo comporta un’ambiente favorevole per il

Dermatophilis [Urch 2006].

Anche nella dermatite pruriginosa dei cavalli il trattamento è molto simile a quello

per la febbre da fango e la patologia risponde bene ai preparati a base di Aloe

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Vera. Una preparazione da usare come trattamento aggiuntivo è una lozione

riscaldante all’Aloe Vera da applicare alla criniera e alla coda che può agire

come un utile repellente per i moscerini [Urch 2006].

Ustioni

Le ustioni negli animali sono il risultato di diverse cause che possono essere

termiche, chimiche o elettriche. Questo porta alla denaturazione delle proteine

della cute, a edema e alla perdita di fluidi e tutto questo può portare a shock

ipovolemico. Le infezioni secondarie e le lesioni del tratto respiratorio sono delle

complicazioni che si manifestano frequentemente. Le ustioni vengono classificate

in base all'area del corpo che è interessata e alla loro profondità [Urch 2006].

Trattamento delle ustioni

Le ustioni negli animali vengono trattate allo stesso modo in cui vengono trattate

quelle delle persone. Per prima cosa bisogna salvare la vita del paziente, ridurre

dolore e sofferenza, prevenire la perdita di liquidi, diminuire il rischio di

infezioni secondarie date da batteri e funghi, evitare complicazioni respiratorie e

contrastare lo shock.

Fig.1- Vacca ustionata gravemente a seguito di un incendio. Da notare le larghe

aree di cute morta bruciacchiata. Queste devono essere rimosse delicatamente

usando il sapone diluito di Aloe Vera per un po’ di giorni e in seguito si usa la

gelatina di Aloe.

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Fig. 2- Poche settimane più tardi si riesce ad apprezzare la vera estensione

dell’ustione. Queste aree devono essere trattate giornalmente con soluzione

spray all’Aloe Vera. Da notare come le ferite non mostrano segni di infezione

secondaria.

Fig. 3- Diversi mesi dopo le ferite sono completamente guarite e sono rimaste poche

aree dove la pelle è sottile e non ricoperta da peli. Da notare l’assenza di peli

bianchi sui fianchi.

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Fig. 4- Un anno dopo le vacche risultano guarite completamente ed è evidente anche

dalla foto dato che sembrano anche ingrassate non per aver mangiato di più ma

perché sono gravide e in salute.

Il ruolo della Aloe Vera nel trattamento delle ustioni

A seguito di un'ustione, le prostaglandine e il tromboxsano si accumulano

comportando una reazione infiammatoria e una costrizione dei vasi sanguigni. Da

un autore viene raccomandata l'applicazione topica di Aloe Vera perché essa

contrasta gli effetti delle prostaglandine e del tromboxsano. Egli conclude che

l’Aloe Vera sia un trattamento efficace per le ustioni sia nell’uomo che negli

animali, specialmente se viene iniziato subito [Baxter 1991]. Diversi ricercatori

hanno dimostrato che l'aloe vera è una delle migliori preparazioni topiche

antimicrobiche da usare per le ustioni [Swaim 1987; Green 1996]. Un altro autore

riporta che l’Aloe Vera diminuisce il dolore dell'ustione, riduce l'infiammazione,

penetra profondamente, stimola la crescita cellulare e uccide batteri e funghi

[Fubini 1987].

Ustioni minori

Nel caso di ustione di primo grado, dopo averla immediatamente freddata con acqua

fredda e ghiaccio spruzzarla con soluzione spray di Aloe Vera e applicare la

gelatina di Aloe Vera. L’applicazione può essere ripetuta più volte. Questo può

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ridurre la quantità del danno cutaneo e la scottatura e migliorare il tasso di

cicatrizzazione. Negli animali le ustioni sono spesso molto pruriginose, e

comportano che essi si strofinino e si grattino l'area della bruciatura. Questo

comporta loro che si procurino delle automutilazioni [Urch 2006].

Ustioni gravi

Dopo aver provveduto a una situazione di emergenza e all'interessamento

dell’apparato respiratorio o un eventuale shock, il trattamento dell'ustione

consiste nel pulire bene le aree con saponi di Aloe Vera diluito o sciampo di Aloe

Vera. Questo può essere usato, ad esempio, per rimuovere alcuni detriti di tessuto

bruciato o plastica fusa. Tosare il pelo dall'area circostante e sciacquarla con

acqua fredda per rimuovere eventuali detriti. Spruzzare con una soluzione di Aloe

Vera spray. Grandi quantità di gelatina o di crema con propoli di Aloe Vera

potrebbero essere poi applicate nelle aree ustionate. Questi medicamenti topici

richiedono una frequente applicazione per mantenere umide le ferite. Può essere

vantaggioso rimuovere la pelle morta e bagnare sotto il bordo di essa con la

soluzione di Aloe Vera. È importante non strappare via la pelle morta dal tessuto

sottostante prima che sia pronta a venir via, per non apportare altrimenti un

ulteriore danno al tessuto, e in particolare le cellule epiteliali di recente

formazione. Questo metodo permette alla pelle di agire come un bendaggio

naturale. Agli animali può anche essere somministrato il gel di Aloe Vera per via

orale e spesso viene consigliato di dare elevate quantità per i primi 5-7 giorni per

accrescere il tasso di guarigione e per aiutare con lo shock. Per esempio nei

cavalli e nei bovini si possono usare 4 litri al giorno per il primo periodo. Nelle

pecore e nelle capre 2 litri al giorno, nei cani mezzo litro o fino ad un 1 litro al

giorno. Per i gatti 200 ml al giorno. Quando vengono usate queste dosi elevate è

necessario sempre osservare ogni cambiamento e aggiustare la dose di

conseguenza.

Ferite e malattie degli occhi

Congiuntivite

E’ il risultato di un'infiammazione della congiuntiva. Questa membrana si arrossa e

si gonfia e produce una secrezione acquosa o contenente pus che frequentemente

tappezza la palpebra. La causa principale dell'infezione deriva da batteri o virus

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ma può anche essere conseguenza di un'allergia data da un'irritazione fisica o

chimica [Urch 2006].

Trattamento:

Soluzione di aloe vera spray diluita (50:50 con acqua sterile) è un eccellente

metodo per pulire la secrezione e risciacquare gli occhi.

Possono essere applicate 2-3 gocce di soluzione diluita quattro volte al

giorno.

In alcuni casi può essere usata la gelatina di Aloe Vera in piccole quantità da

applicare due volte al giorno.

Se vi è una persistenza dei sintomi bisogna controllare se vi sia la presenza di

un corpo estraneo.

Cheratite secca o occhio secco

Questa condizione che viene vista nei cani e raramente nei gatti, viene causata

dall'assenza di produzione lacrimale. Spesso si associa alla congiuntivite con

secchezza della cornea che ne può risultare danneggiata.

Trattamento dell'occhio secco:

Soluzione di Aloe Vera spray diluita può essere un eccellente terapia

sostitutiva alle gocce artificiali normalmente usate. Applicare 2-3 gocce 4-6

volte al giorno, frequenza che può essere diminuita se vi è un miglioramento

dei sintomi.

Sfortunatamente questa patologia è incurabile e quindi il trattamento è a vita

[Urch 2006].

Sindrome Post Virale nel cavallo (PVLS)

In questa sindrome i cavalli all'improvviso diventano apatici e letargici e

potrebbero non compiere il lavoro che gli è stato richiesto di intraprendere. Nella

maggior parte dei casi essi mostrano pochissimi segni clinici di malattia. Un

esame molto importante da fare è l’analisi del sangue dal quale risulta una

leucopenia. La sindrome è molto comune in cavalli al di sopra dei sei anni di età

e vengono colpiti entrambi i sessi [Urch 2006].

Trattamento della PVLS usando Aloe Vera:

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Aggiungere 250 ml di gel di Aloe Vera nel cibo dei cavalli per sei

settimane, e continuare poi con 120 ml al giorno per altre sei settimane

infine come mantenimento 60 ml al giorno mentre i cavalli stanno

ritornando in forma.

Può essere anche benefico somministrare da otto a 20 tavolette di propoli

di ape e polline al giorno a seconda dei casi.

Durante il trattamento bisogna effettuare dei prelievi di sangue ogni due

settimane per monitorare i progressi e per verificare come essi siano

correlati ai segni clinici [Green 1996; Urch 2006].

.

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7. La ricerca: dati acquisiti e frontiere

In questo capitolo ho voluto trattare gli argomenti riportati in articoli e studi

molto recenti nei quali si evince che l’aloe è stata studiata per riuscire a

confermare le sue molteplici proprietà curative e attualmente viene molto usata

soprattutto in campo umano ma si sta affermando anche nella pratica veterinaria.

Ad esempio in un articolo sulla prevenzione della dermatite indotta da radiazioni

si parla appunto della prevenzione di questa patologia usando l’Aloe Vera. Nel

valutare l’efficacia della lozione di Aloe Vera, a tutti i pazienti a cui era stata

prescritta la radioterapia è stato detto di usare la lozione solo su di una metà

dell’area da irradiare mentre sull’altra metà di non usare nessun medicamento. Il

grado di dermatite in ogni metà dell’area irradiata è stato registrato

settimanalmente fino a 4 settimane dopo la fine della radioterapia. E’ stato visto,

a seguito di questo studio fatto in trial, basandosi sui risultati ottenuti, che l’uso

profilattico di Aloe Vera riduce l’intensità della dermatite indotta dalle radiazioni.

Quindi è stato dimostrato che la lozione di Aloe Vera può avere un effetto

protettivo contro le radiazioni che di solito portano a dermatiti. Tale effetto è

risultato più evidente in quei pazienti che sono stati sottoposti a trattamenti di

radioterapia intensivi e con dosi elevate di radiazioni [Haddad 2013].

In un altro articolo del 2012 viene illustrato uno studio fatto sul gel di Aloe Vera

e la crema all’ormone tiroideo che possono migliorare la cicatrizzazione nei ratti

bianchi. Questo studio è stato eseguito per esaminare e comparare gli effetti del

gel di Aloe Vera, della crema all’ormone tiroideo e della crema alla sulfodiazina

d’argento usati sulle suture di incisione in ratti bianchi. In un trial controllato su

36 femmine di ratto bianco queste sono state incise chirurgicamente e poi è stato

loro applicato il gel di Aloe Vera, la crema all’ormone tiroideo e la crema alla

sulfodiazina d’argento all’1% topicamente. Per valutare l’efficacia di ogni

trattamento è stato eseguito un esame istologico per vedere il numero di

fibroblasti, macrofagi, neutrofili in sezioni di vaso sanguigno e per capire con che

intensità sia avvenuta la rigenerazione dell’epitelio e del derma al giorno 4, 7 e

14. Nel gruppo dove è stato usato il gel di Aloe Vera la riepitelizzazione e

l’angiogenesi sono risultate significativamente migliorate rispetto agli altri

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trattamenti e quindi è stato raccomandato come trattamento delle incisioni

chirurgiche il gel di Aloe Vera usato topicamente [Mahsa 2012].

Remissione della colite ulcerativa. Uno studio randomizzato in doppio-cieco

condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che il gel di Aloe Vera, somministrato

per 4 settimane, a pazienti con una colite ulcerativa moderatamente attiva, ha

ottenuto risultati superiori al placebo. La remissione e il miglioramento dei

sintomi clinici sono stati notati in 9, 11, e 14 pazienti trattati con Aloe Vera,

rispetto a uno e uno e due pazienti trattati con il placebo. In un altro studio

condotto in Israele sempre di tipo randomizzato, in doppio-cieco, controllato, 23

pazienti con colite ulcerativa distale attiva sono stati trattati con succo di erba di

grano (Triticum Aestivum) o placebo, ogni giorno per 4 settimane. Dieci di

undici pazienti (91%) in trattamento attivo hanno risposto rispetto a 5 dei 12

trattati con placebo (42%). Sette di nove (78%) pazienti in trattamento attivo

hanno avuto un miglioramento rispetto a tre dei dieci (30%) pazienti con placebo.

Sanguinamento rettale, dolore addominale e il punteggio di valutazione globale

del veterinario significativamente ridotto nel braccio attivo della terapia.

L’effetto collaterale più comune nei pazienti trattati con succo di erba di grano

era la nausea. In conclusione è stato visto che, per quanto riguarda l’Aloe Vera si

è dimostrato che ha un’efficacia contro la colite ulcerativa grazie alle sue

proprietà antiossidanti [Ng SC et al.].

Nel 2013 è stato scritto un articolo su di un esperimento condotto sui ratti nel

quale viene visto che il gel di Aloe Vera proteggerebbe il fegato dai danni da

stress ossidativo indotto. L’Aloe Vera, pianta semi-tropicale della famiglia delle

Liliaceae ha una vasta gamma di applicazioni nella medicina tradizionale. Nel

presente studio hanno cercato di valutare il potenziale epatoprotettivo del gel di

Aloe Vera aggiunto come supplemento nella dieta (come integratore alimentare).

Per raggiungere questo obiettivo sono stati effettuati studi in vivo e in vitro

inducendo chimicamente dei danni epatici in ratti maschi (razza Sprague-

Dawley). In vitro l’effetto è stato valutato sulla reazione indotta di

perossidazione lipidica di Fenton. Una co-incubazione con gel di Aloe Vera ha

ridotto significativamente la generazione di perossido lipidico nel fegato (LPO).

Successivamente, per vedere lo stesso effetto in vivo, il gel è stato somministrato

per via orale ai ratti una volta al giorno per i 21 giorni consecutivi. Dopo un’ora

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dall’ultima somministrazione di gel, ai ratti è stata fatta un’iniezione

intraperitoneale di tetracloruro di carbonio (CCl4). Somministrato nella dieta

giornalmente il gel ha dimostrato significative capacità epatoprotettive contro i

danni indotti dal tetracloruro di carbonio attraverso un ripristino del perossido

lipidico del fegato , delle transaminasi sieriche, della fosfatasi alcalina e della

bilirubina totale che sono tornati a valori quasi normali. Gli effetti benefici

risultano notevoli se vengono usate le dosi di 400 e 800 mg per kilo di peso

corporeo. Inoltre l’esame istopatologico di tessuto epatico ha dimostrato

ulteriormente che i risultati biochimici confermano il potenziale epatoprotettivo

del gel alimentare [Nahar 2013].

In uno studio viene trattato come accrescere la risposta immunitaria di tipo

umorale e far invece diminuire l’immunità cellulo-mediata con l’Aloe Vera, nei

ratti. Questo è stato fatto per indagare gli effetti dell’estratto acquoso di Aloe

Vera su parametri riguardanti l’immunità di tipo umorale e quella cellulo-

mediata. Un’ipersensibilità di tipo ritardato è stata stimata dalla misurazione

dello spessore del cuscinetto plantare subito dopo la sensibilizzazione ottenuta

attraverso un’iniezione minimamente invasiva di emocianina di ostrica gigante

(KLH, una metallo proteina trovata nell’emolinfa del bivalve). L’immunità di

tipo umorale è stata stimata attraverso la misurazione del titolo di emoagglutinina

contando i globuli rossi. I risultati sembrerebbero dire che la somministrazione di

Aloe Vera nella dose di 400 mg/kg produca un miglioramento significativo nello

spessore del cuscinetto plantare comparato con un gruppo controllato e inoltre

potenzia significativamente la risposta immunitaria secondaria di tipo umorale.

Questi risultati suggeriscono che l’Aloe Vera può modulare la risposta

immunitaria attraverso l’accrescimento di quella secondaria di tipo umorale e la

diminuzione della risposta cellulo-mediata [Halder 2012].

In un articolo si parla dell’aloe come una delle erbe medicamentose più

largamente usata nei trattamenti naturali e nelle terapie alternative per diversi tipi

di malattie. Le piante medicinali hanno proprietà immunomodulatorie e anche

l’Aloe ha dimostrato essere un modulatore della risposta immunitaria. I

macrofagi hanno dimostrato di giocare un ruolo importante ed essenziale come

prima linea difensiva contro l’invasione da parte dei patogeni. La Candida

Albicans è un patogeno comune e opportunistico negli umani. In questo studio è

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stato visto che effetto hanno l’estratto di Aloe Vera e le sue frazioni sui

macrofagi infettati con Candida Albicans. La possibilità di sopravvivenza

cellulare dei macrofagi infettativiene migliorata dall’estratto e da dosi di alcune

frazioni isolate di esso. [Farahnejad 2011].

E’ stato fatto uno studio comparando il gel di Aloe Vera con la crema di

sulfodiazina d’argento all’1% (SSD) usate prima della fasciatura di ferite dovute

a ustioni di secondo grado. Un totale di 50 pazienti con ustioni superficiali o

parziali sono stati divisi in due gruppi uguali in modo casuale con un metodo di

campionamento consecutivo: un gruppo è stato fasciato dopo essere stato trattato

con gel di Aloe Vera mentre l’altro è stato trattato con crema di sulfodiazina

d’argento all’1%. I risultati, riguardo la durata dell’epitelizzazione della ferita,

del sollievo dal dolore ed il costo del trattamento, sono stati messi a confronto.

Nei pazienti trattati con gel di Aloe Vera la cicatrizzazione delle ferite da ustione

è risultata straordinariamente più veloce rispetto ai pazienti trattati con la SSD

all’1%. Inoltre nei pazienti del gruppo dell’Aloe Vera il dolore è risultato

alleviato più velocemente rispetto ai pazienti trattati con SSD. Nelle conclusioni

viene riportato che se si curano le ustioni con bendaggi di gel di Aloe Vera si

trae maggior beneficio che se si trattano con bendaggi di SSD e vi è una più

rapida riepitelizzazione delle ferite, inoltre ne allevia più rapidamente il dolore e

vi è un buon rapporto costi-benefici [Shahzad 2013].

Gli obiettivi di uno studio del 2013 sono stati di scoprire quali effetti metabolici

possa avere il complesso di gel di Aloe Vera (QDM complex) su persone con

prediabete o un diabete mellito precoce (DM). Lo scopo di questo studio è stato

determinare gli effetti del complesso di gel di Aloe Vera (QDM) sul peso

corporeo, sulla massa grassa (BFM), sul glucosio a digiuno (FBG), sui livelli di

insulina a digiuno, ed un modello di omeostasi da valutare sulla resistenza

all’insulina in individui obesi con prediabete o DM precoce che non hanno mai

fatto una cura per il diabete. Nelle conclusioni viene riportato che negli individui

obesi con prediabete o un DM precoce non trattato, il complesso di gel di Aloe

(QDM) ridurebbe il peso corporeo, l’FBM, e le resistenza all’insulina [Choi

2013].

Come abbiamo potuto appurare in precedenza, le caratteristiche

immunomodulanti, cicatrizzanti, antibatteriche, emollienti ed antiinfiammatorie

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(studi recenti paragonano questa attività con quella dell’idrocortisone) della

pianta, utili agli esseri umani, possono essere sfruttate positivamente anche in

campo veterinario [Bruschini G 2013].

8. Conclusioni

Da alcuni anni le medicine non convenzionali sono diventate di uso comune e

fra queste la fitoterapia è una delle più usate soprattutto per quanto riguarda

gli integratori alimentari. Molti veterinari hanno cominciato ad interessarsi di

medicina veterinaria non convenzionale ed anche alcuni allevatori

cominciano a credere di migliorare il loro tipo di allevamento se fatto con

metodi alternativi. Vi è dunque un ritorno al naturale. L’Aloe Vera in

particolare negli ultimi anni ha fatto parlare di se e viene appunto usata come

rimedio da moltissime persone e credo che un proprietario di un animale da

compagnia o comunque domestico, nel momento in cui fa uso di medicine

alternative per se stesso e trova riscontro positivo grazie anche all’assenza di

effetti collaterali, decide poi di usarle anche per il proprio animale domestico

che normalmente dovrebbe entrare a far parte della famiglia a tutti gli effetti.

Scrivere una tesi sull’Aloe Vera è stato prima di tutto un lavoro molto

interessante. Nella mia tesi dopo aver illustrato brevemente il quadro attuale

delle medicine non convenzionali ho dato importanza anche all’aspetto

legislativo riguardo l’uso delle piante medicinali che nella mia ricerca ho

potuto constatare sono state utilizzate dall’antichità ai giorni nostri. Riguardo

gli usi clinici dell’aloe ne avevo già sentito parlare in umana ma ho potuto

constatare che negli ultimi tempi viene molto utilizzata in veterinaria per le

sue molteplici virtù. Vorrei interessarmi di medicine alternative e , quindi,

scoprire quanti studi siano stati fatti sull’aloe come pianta curativa mi hanno

spinto a provare personalmente alcuni prodotti a base di aloe e come futuro

veterinario continuerò ad informarmi su altre eventuali nuove scoperte che ci

saranno per poi usarla sui miei pazienti.

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