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cultura e natura
CN n. 3 2011
Secondo i dati diffusi alla conferenza sui cambia-menti climatici di Cancùn, l’alterazione della tem-peratura ha fatto classificare l’anno 2010 tra i piùcaldi dal 1850, con una temperatura media globale
di 14,65 C°, riscontrando un aumento di 0,53° rispetto alperiodo medio di riferimento 1961-1990.
Mezzo grado, sembra ben poco ai nostri occhi, ma quantobasta per aver generato eventi climatici estremi comeriportato dal World Metereological Organization (WMO):
● Piogge eccezionali determinate dai monsoni estivi
in varie aree dell’asia;● estrema siccità ovunque, in Particolare in russia
(con 10/12°suPeriori alla media), in molte regioni
dell’euroasia e in amazzonia;● temPerature invernali al di sotto delle medie
stagionali in tutto l’emisfero nord (esclusa l’area
del mediterraneo) con raggiungimento d Picchi
record di freddo al di sotto di 4c°risPetto alla
norma in alcuni Paesi quali l’irlanda, la scozia, la
russia orientale e la mongolia;● PreciPitazioni Piovose anomale e alluvioni in
gran Parte dell’indonesia, della’australia e anche
in diversi Paesi euroPei;
● terzo record negativo di riduzione della calotta
glaciale dell’artico;●anomala fenomenologia di el niño e la niña
nell’oceano Pacifico centro-orientale;● attività dei cicloni troPicali molto al di sotto
della norma ad eccezione del nord atlantico.
La “malignità” della natura centra davvero poco e niente.Infatti da molto tempo è noto che una delle cause principalidell’effetto serra sono le attività determinate dall’uomo.Joseph Fourier lo aveva già intuito 200 anni fa,individuando il meccanismo dell’effetto serra, in base alquale l’immissione di anidride carbonica (CO2) nell’ariaimpedisce al calore di diffondersi, provocando ilsurriscaldamento. Da allora sembra che non sia stata ancoraraggiunta la piena consapevolezza di una relazione tra ilsistema di produzione e consumo dell’umanità e le gravialterazioni del clima. Secoli di studi e ricerche non sonostati sufficienti per sciogliere gli indugi riguardo all’origineantropica dei cambiamenti del clima e portare l’umanità adassumere degli stili di vita più sostenibili dal pianeta. Infattise da un lato le nazioni emergenti, tendono a rivendicareil loro diritto allo sviluppo e al “progresso”, senza tenereconto dei fattori ambientali, dall’altro l’Occidente, ancoranon vuole rinunciare agli standard di vita raggiuntinonostante la gravità degli impatti sul cambiamentoclimatico.
Le merendine, il parquet,
il biocarburante... e
le “pazzie” del Clima.Nonostante il gelo siberiano che nello scorso inverno ha colpito l’Europa, nel 2010
si sono registrate temperature record, ben al di sopra della media, in Asia Africa e
Artico.
di Elisabetta Gatti
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Oltrea alla combustione di combustibili fossili, ladeforestazione è un importante fattore di naturaantropogena che risulta essere particolarmente micidialeper il clima. La sconsiderata attività di distruzione delleforeste pluviali e torbiere tropicali, che garantiscono anchela biodiversità sul nostro pianeta, ha fatto sì che l’enormequantitativo di carbonio immagazzinato fosse rilasciatonell’atmosfera terrestre. Come risultato, l’UNFCC (UnitedNations Framework Convention on Climate Change) harilevato che un quinto delle emissioni dei gas serra,proviene proprio dalla distruzione delle foreste. Una partedavvero rilevante se si considera che è equivalente alcarbonio emesso da tutti i mezzi di trasporto circolanti sulpianeta (automobili, camion, aerei e navi). Uno dei paesi chiave riguardo ai fattori climatici del globo,è l’Indonesia, che con i suoi 22,5 milioni di ettari ditorbiere e 88 milioni di foreste pluviali, contribuiscesensibilmente all’equilibrio dell’ecosistema.
Ebbene, riguardo a questo paese, un dato che appareallarmante, è che per via della deforestazione risulta essereal terzo posto tra i paesi con maggiori emissioni dicarbonio dopo Stati Uniti e Cina.Sul territorio indonesiano, infatti, operano liberamentealcune multinazionali nei settori della carta, del legno edell’olio di palma. Sono questi, i responsabilidell’abbattimento annuale di quasi 2 milioni di ettari diforeste. Nell’immagine che segue, appare evidente la devastazione,tutt’ora in atto, che ha già distrutto il 72% delle foreste e
torbiere tropicali indonesiane:
Il sistema messo in atto per la deforestazione in Indonesiapuò essere preso come esempio per illustrare il modusoperandi delle multinazionali del legno operanti anche inaltri continenti.Grazie alla corruzione dilagante e alla violenza usatacontro le popolazioni inermi, le foreste sono illegalmentee sistematicamente rase al suolo. Il legno pregiato, moltorichiesto per la fabbricazione di parquet, è venduto a bassocosto alle industrie. La deforestazione selvaggia determinal’estinzione di molte specie di alberi (in Indonesia adesempio è estinto il Merbau e il Ramin) e minaccial’habitat della fauna autoctona (sempre in Indonesia sonoa rischio le tigri, gli oranghi e gli elefanti).Successivamente, le aree disboscate, vengono ripopolatecon altre piantagioni più affini al core business dellemultinazionali. In particolare le foreste pluvialiindonesiane, come anche quelle maleysiane e di altri paesi,sono state soppiantate da piantagioni di acacia, più adattaalla produzione di carta, e di palme da olio, fortementerichiesto dalle industrie alimentari (gli oli vegetalicontenuti nelle merendine), cosmetiche e dai produttori di
Indonesia
Situata nel sud-est asiatico è una nazione davvero
particolare.
Composta da un arcipelago di circa 17.000 isole e
popolato da 222 milioni di abitanti è ricca di foreste
pluviali e poco industrializzata. Si pensi solo al fatto che
30 milioni di persone traggono i loro mezzi di sussistenza
proprio dalle foreste.
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biocarburante (biodiesel).A questo proposito va detto che alcuni ricercatori danesi,della Denmark’s Nordic Agency for Development and
Ecology (nordeco), hanno rilevato che occorrerebberodai 75 ai 93 anni prima di vedere qualche effetto beneficosul clima in seguito all’uso del biocarburante ottenuto dallaconversione delle foreste tropicali in piantagioni. AffermaFinn Danielsen , uno dei ricercatori, che: “Fino ad allora,ci sarà il rilascio di carbonio nell’atmosfera dovuto proprioalla deforestazione, oltre alla perdita di numerose specieanimali e vegetali.” Rispetto invece al settore della carta, secondo quantoriportato dall’associazione Terra! il mercato è sempre piùaggressivo. Anche in Italia vi è una grossa attività diimportazione derivante dalla deforestazione dell’Indonesiae, malgrado alcune aziende più sensibili abbiano rinunciatoad acquistare carta derivante dalla distruzione di forestepluviali, la domanda e l’offerta si sta sempre piùespandendo nel nostro paese. Tuttavia, sebbene la situazione dell’Indonesia e di altripaesi continui ad essere preoccupante, il Global ForestResources Assessment 2010 (FRA 2010) della FAO harivelato che in Asia, negli ultimi 10 anni, c’è stato unrecupero delle aree forestali, pari a 2,2 milioni di ettariannui, grazie all’opera di rimboschimento portata avantisoprattutto in Cina, India e Vietnam. Al contrario in SudAmerica e Africa è stato calcolato che nell’ultimo decennio2000-2010 si sono perse rispettivamente 4 e 3,4 milioni diettari di foreste e il trend continua ad essere negativo.Anche l’Oceania ha subìto una forte riduzione delle zoneverdi a causa della grande siccità che l’ha colpita e deivasti incendi che si sono verificati in Australia. La
situazione è considerata stabile per il Nord e CentroAmerica, mentre in Europa c’è una lenta espansione dellezone forestali.In occasione della presentazione del rapporto FRA 2010Eduardo Rojas, Vice Direttore Generale della FAO, del
Dipartimento Foreste ha rilevato che ci sono stati alcunimiglioramenti rispetto al passato e ha dichiarato:“Per la prima volta, siamo in grado di mostrare che il
tasso di deforestazione è diminuito a livello globale grazie
ad interventi concertati fatti sia a livello locale che
internazionale… I Paesi non solo hanno fatto passi avanti
per quanto riguarda le politiche e le leggi forestali, ma
hanno anche messo a disposizione delle comunità locali e
delle popolazioni indigene l’uso delle foreste, anche per
la conservazione della diversità biologica e per altre
funzioni ambientali… Va però detto che in molti paesi il
tasso di deforestazione è ancora molto alto e l’area di
foresta primaria - foreste indisturbate dall’attività umana
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- continua a diminuire. I paesi devono dunque
rafforzare il proprio impegno per
meglio salvaguardarle e gestirle”.
Anche nell’ultima Conferenzadelle Parti (Conference of
the Parties – COP) dellaconvenzione quadro delle nazioni unite suicambiamenti climatici (United Nations Framework
Convention on Climate Change - UNFCCC) e dellaconferenza delle Parti del Protocollo di Kyoto(Conference of the Parties serving as the Meeting of the
Parties to the Kyoto Protocol – CMP), svoltasi a Cancùnin dicembre 2010 si sono fatti dei passi molto importanti. Grazie alle capacità diplomatiche e al polso di tre donneche l’hanno coordinata e diretta (Patricia Espinosa,Presidente COP, Christiana Figueras, Segretario EsecutivoUNFCCC e Margaret Mukahanana-Sangarwe chairwomandell’ AWG-LCA), la conferenza è riuscita a formalizzareimpegni per combattere il cambiamento climatico,stabilendo un “Pacchetto di decisioni bilanciate” condiviseda tutti i partecipanti, con la sola eccezione della Bolivia,che mirano a contenere il riscaldamento del pianeta entroil limite di 2 gradi.In breve i punti salienti degli Accordi di Cancùn (CancùnAgreements) riportati dall’IPCC (Intergovernmental Panel
on Climate Change) Comitato Intergovernativo per iCambiamenti Climatici:
●IL RICONOSCIMENTO UFFICIALE NEL PROCESSO
MULTILATERALE DEGLI obiettivi di riduzione delle
emissioni di gas serra dei Paesi industrializzati
(PROMESSI CON L’ACCORDO DI COPENAGhEN),ACCOMPAGNATO DAL RAFFORzAMENTO DEL rEPortINg DA
PARTE DI qUESTI PAESI E LA RIChIESTA DI VALUTARE ED
ELABORARE RELATIVI Piani e strategie di sviluPPo a
basse emissioni di carbonio, ANChE ATTRAVERSO
MECCANISMI DI MERCATO;
●IL RICONOSCIMENTO UFFICIALE DELLE azioni di
mitigazione dei Paesi in via di sviluPPo, L’ISTITUzIONE
DI un registro Per documentare e confrontare tali
azioni con il suPPorto FINANzIARIO, TECNOLOGICO E DI
CAPACIty-bUIlDINg FORNITO DAI PAESI INDUSTRIALIzzATI, E
LA PUBBLICAzIONE DI UN raPPorto biennale DELLE AzIONI
SOTTOPOSTO AD ANALISI E CONSULTAzIONE INTERNAzIONALE;
●IL rafforzamento dei meccanismi di sviluPPo
Pulito (ClEAN DEVEloPMENt MEChANIsMs - CDM)NELL’AMBITO DEL PROTOCOLLO;
●IL lancio di una serie di iniziative e istituzioni A
SOSTEGNO DEI PAESI PIù VULNERABILI;
●IL RICONOSCIMENTO DELL’IMPEGNO DI 30 miliardi di usdPer il finanziamento raPido (“fast start financE”)entro il 2012, E DELL’INTENzIONE DI MOBILIzzARE 100
miliardi di usd all’anno entro il 2020 DA PARTE DEI
PAESI INDUSTRIALIzzATI PER SOSTENERE LE AzIONI DI
MITIGAzIONE E ADATTAMENTO NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO;
●LA CREAzIONE DEL “GrEEn climatE fund” E IL LANCIO
DI UN PROCESSO PER DEFINIRLO NELL’AMBITO DELLA
CONVENzIONE;
●L’ISTITUzIONE DI UN quadro d’azione Per
l’adattamento (“cancùn adaptation framEwork”),DI UN comitato Per l’adattamento (“adaptation
committEE”), E DI UN Programma di lavoro sulla
questione delle Perdite e dei danni DOVUTI AI
CAMBIAMENTI CLIMATICI (“loss AND DAMAgE”);
●L’ISTITUzIONE DI UN meccanismo Per il trasferimento
tecnologico, CON UN RELATIVO comitato esecutivo
(“tEchnoloGy ExEcutivE committEE”), un centro ed
una rete Per il coordinamento (“climatE
tEchnoloGy cEntrE and nEtwork”);
●IL rafforzamento del redd+, OVVERO DELLE AzIONI
DI MITIGAzIONE DELLE EMISSIONI DERIVANTI DA
DEFORESTAzIONE E DEGRADO FORESTALE E DELLE AzIONI DI
CONSERVAzIONE DELLE FORESTE NEI PAESI IN VIA DI
SVILUPPO, CON L’ADEGUATO SUPPORTO TECNOLOGICO E
FINANzIARIO.
Molti osservatori hanno rilevato che negli accordi diCancùn, al di là del generico impegno di ridurre leemissione del 25-40% entro il 2020, sono mancatiobiettivi concreti e vincolanti che costringano i paesi adassumere iniziative fattive per la riduzione delleemissioni. Tuttavia per la prima volta sono stati introdottiprincipi e strumenti molto importanti per il futuro: - il cambiamento climatico è inequivocabile e dovutoall’uomo- la deforestazione è causa di questo cambiamento e vacombattuta con misure di riforestazione- costituzione di un fondo per contrastare i cambiamenticlimatici
E’ innegabile che molto debba essere ancora fatto, ma ilrisultato espresso dalla conferenza di Cancùn può essereconsiderato positivo anche se ancora insufficiente per un
REDD (Reducing Emissions from Deforestaion and
Forest Degradaion)
La “Riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado
forestale” un sistema per fornire incenivi e ricompense ai
Paesi a non tagliare le foreste, riconoscendo più valore
economico agli alberi radicai rispeto a quelli abbatui,
perchè assicurano:
la catura di carbonio,
la funzione idrografica,
la regolazione del clima
la biodiversità
efficace lotta ai cambiamenti climatici. Certo sarà unottimo viatico per la prossima sessione della Conferenzache avverrà a dicembre 2011 a Durban in Sud Africa, sucui poggiano molte aspettative, in occasione della qualesi dovrà tentare di sciogliere i molti nodi rimastiaggrovigliati.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFIC E ICONOGRAFICI:
http://www.ecologiae.com/piantagioni-biocarburanti-nocive-per-foreste-tropicali/http://www.fao.org/news/story/it/item/40893/icode/http://www.climalteranti.it/2010/12/17/il-passo-avanti-di-cancun/www.salvaleforeste.it/http://www.wmo.int/http://unfccc.int/http://www.terraonlus.it/ http://it.wikipedia.org/wiki/Indonesiahttp://www.ecoo.it/s/deforestazione/page/2/http://www.progettogea.com/gea/ambiente/foreste.htmhttp://www.cmcc.it/ipcc-focal-point/notizie/11-dicembre-2010-unfccc-kp-principali-conclusioni-della-cop16-cmp6-cancun-messico http://www.genitronsviluppo.com/http://www.terraemadre.comhttp://it.wikipedia.org/
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