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01

LA LIBERTA' 

Quando gli uomini sono veramente liberi? Secondo il professore John Keating (personaggio del film L'Attimo fuggente), lo sono solo nei sogni, o meglio nell'atto di sognare. Da un certo punto di vista è vero, l'essere umano quando sogna non ha la percezione del tempo e può permettersi di generare qualsiasi tipo di pensiero senza nessuna conseguenza, poiché tutto ha luogo nella sua testa. Dall'altro lato, si deve riflettere sulla definizione di libertà. Essendo una grande categoria, si deve precisare che si sta trattando solo della libertà d'opinione. Sul dizionario però si trova un'unica voce: essa è la "Condizione di chi può agire senza costrizioni di qualsiasi genere". Qui si utilizza la parola "agire". Partendo dal presupposto che nei sogni non si "agisce", ma si assiste ad una breve rassegna di tutto ciò che sta accadendo nella propria vita, attraverso immagini e sensazioni (spesso poco comprensibili), definire l'uomo "libero" mentre sogna è errato. Infatti l'agire implica un movimento volontario, mentre nel sogno l'individuo è completamente inconsapevole di ciò che si sta verificando dentro di lui. Solo negli incubi gli uomini si destano dal sonno. Molti incolpano lo sgomento dell'attimo, ma secondo me nell'incubo si rivivono riflessioni su cui già da svegli si aveva intenzionalmente pensato e dunque il corpo si scuote, avendo la consapevolezza di ciò che gli sta accadendo.La libertà è raggiunta dall'uomo quando, da sveglio, non accetta passivamente le idee condivise da tutti, ma riflette e sostiene i suoi ideali, distinguendosi dal gregge di pecore, che segue ciò che più gli conviene.Dunque, gli uomini sono veramente liberi quando sono svegli, coscienti di ciò che succede intorno a loro e quindi capaci di ragionare e difendere i propri diritti. 

Ispirato da:"Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre".                                                                                   Robin Williams (John Keating) in L'Attimo fuggente

02

"La cosa è chiara: per se stessa, per il proprio benessere, e anche per salvarsi dalla morte, non si venderebbe, ma per un altro ecco che si vende! Per una persona cara, per la persona che adora si venderebbe! Ecco in che consiste tutta la faccenda: per il fratello, per la madre si venderebbe! Tutto venderebbe! Oh, allora soffocheremo, all'occorrenza, anche il senso morale; e la libertà, la tranquillità, perfino la coscienza, tutto, tutto porteremo al mercato degli stracci. Sia pure rovinata la nostra vita! Purché quelle creature da noi tanto amate siano felici!"Raskolnikov, parte I, capitolo IV. 

Raskolnikov, protagonista dell'opera di Dostoevskij,  si ritrova in una bettola a bere e qui incontra Semën Marmeladov, un'uomo che li dentro tutti conoscono bene. Costui, vedendo Raskolnikov seduto da solo in disparte gli si avvicina e comincia a raccontargli la sua storia. Il protagonista ne rimane molto scosso, soprattutto dalla parte riguardante Sonja, la figlia di Marmeladov. La citazione riportata è tratta proprio da una riflessione di Raskolnikov sulla condizione di Sonja, la quale per aiutare economicamente la famiglia ha intrapreso la strada della prostituzione. Da qui si può, seconde me, già dedurre che il ruolo che Sonja avrà nella storia e nella vita di Raskolnikov sarà importante. Lui, anche senza conoscerla, si trova in pena per lei, ed essendo

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solitamente non incline ad esprimere apertamente i suoi sentimenti , ciò appare strano in un primo momento. Lei è l'unica persona a cui Raskolnikov confessa di aver ucciso l'usuraia e la sorella e Sonja gli rimane accanto nonostante ciò,  anzi lo aiuta e lo convince anche a denunciarsi alla polizia.Tutto ciò per far vedere come Dostoevskij a volte anticipi quasi ciò che sta per accadere, questo per sottolineare il fatto che ogni cosa ha la sua conseguenza. E questo è solo uno dei tanti esempi contenuti nel libro. Anche nel titolo è presente questa cosa, "Delitto e Castigo", si deduce cosa accadrà e anche il modoo in cui il libro è impostato, cioè sulla contrapposizione tra azione e conseguenza.

03"La cosa è chiara: per se stessa, per il proprio benessere, e anche per salvarsi dalla morte, non si venderebbe, ma per un altro ecco che si vende! Per una persona cara, per la persona che adora si venderebbe! Ecco in che consiste tutta la faccenda: per il fratello, per la madre si venderebbe! Tutto venderebbe! Oh, allora soffocheremo, all'occorrenza, anche il senso morale; e la libertà, la tranquillità, perfino la coscienza, tutto, tutto porteremo al mercato degli stracci. Sia pure rovinata la nostra vita! Purché quelle creature da noi tanto amate siano felici!"Raskolnikov, parte I, capitolo IV. 

Raskolnikov, protagonista dell'opera di Dostoevskij,  si ritrova in una bettola a bere e qui incontra Semën Marmeladov, un'uomo che li dentro tutti conoscono bene. Costui, vedendo Raskolnikov seduto da solo in disparte gli si avvicina e comincia a raccontargli la sua storia. Il protagonista ne rimane molto scosso, soprattutto dalla parte riguardante Sonja, la figlia di Marmeladov. La citazione riportata è tratta proprio da una riflessione di Raskolnikov sulla condizione di Sonja, la quale per aiutare economicamente la famiglia ha intrapreso la strada della prostituzione. Da qui si può, seconde me, già dedurre che il ruolo che Sonja avrà nella storia e nella vita di Raskolnikov sarà importante. Lui, anche senza conoscerla, si trova in pena per lei, ed essendo solitamente non incline ad esprimere apertamente i suoi sentimenti , ciò appare strano in un primo momento. Lei è l'unica persona a cui Raskolnikov confessa di aver ucciso l'usuraia e la sorella e Sonja gli rimane accanto nonostante ciò,  anzi lo aiuta e lo convince anche a denunciarsi alla polizia.Tutto ciò per far vedere come Dostoevskij a volte anticipi quasi ciò che sta per accadere, questo per sottolineare il fatto che ogni cosa ha la sua conseguenza. E questo è solo uno dei tanti esempi contenuti nel libro. Anche nel titolo è presente questa cosa, "Delitto e Castigo", si deduce cosa accadrà e anche il modoo in cui il libro è impostato, cioè sulla contrapposizione tra azione e conseguenza.

04Un tema comune a quasi tutte le tracce è quello dell'esilio che viene collegato, si, ad un luogo geografico, ma soprattutto ai ricordi che ci legano ad esso e agli affetti che vi rimangono, i quali a loro volta possono essere identificati come il luogo dell'anima. Viene espresso ogni volta in un modo diverso, a volte con le parole, altre con le immagini, ma riporta sempre all'idea della morte, non intesa come morte corporale, ma come la morte di qualcosa di più profondo, del quale a prima vista non ci si accorge: la morte dello spirito, dell'anima.Nel testo tratto dalla tragedia ''Romeo e Giulietta'' di Shakespeare è riporata una scena nella quale l'autore riesce a trasmetterci tutta la disperazione del protagonista, obbligato ad abbandonare l'amata Verona e a vivere il resto della sua vita in esilio. Quest'ultima frase però non è corretta, in primo luogo poiché Romeo dice che l'esilio non è la vita, ma tutto ciò che è il suo contrario. L'esilio “non è che purgatorio, supplizio, l'inferno stesso”; preferisce chiamarlo morte, perchè il pensiero di dover

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vivere senza Giulietta il resto dei suoi giorni lo terrorizza molto più che l'idea di dover morire. Lui si sente vivo ovunque c'è lei, ovunque può stare con lei. In secondo luogo, invece, perchè l'amare Verona, la città dove è nato e cresciuto è solo una conseguenza del fatto che sia il posto dove è Giulietta. Lui lascia nella città nativa l'amore, la sua Giulietta, lascia i luoghi che sono stati testimoni del loro primo incontro, e abbandonare quei posti è un esilio del corpo, ma soprattutto un esilio del cuore, della sua stessa anima, una lontananza simile alla morte. Per Romeo non esiste vita al di fuori di Verona, il suo mondo si trova dentro le mura della città.E così è anche per Lucia nel testo tratto dai “Promessi Sposi”. Ella, abbandonando il suo paese, saluta commossa i monti che le hanno sempre fatto compagnia. È triste perchè si separa da tutto il suo mondo, dalla casa in cui è cresciuta, dalla madre e da una vita con Renzo, delle quali le "cime note" sono state spettatrici e salutando queste è come se salutasse la vita che sta per lasciare. L'unica differenza tra la vicenda di Romeo e quella di Lucia è il fatto che lei non vede questo esilio come una vera e propria morte, poiché nutre ancora un po' di speranza nel ritornare, cosa che Romeo non faceva. Romeo dava la sua anima per morta ancora prima che ciò accadesse realmente, ed è proprio per questo che non riusciva a immaginare di poter rivedere Giulietta. Per Lucia questo esilio è un modo per poi poter riavere la sua vita e soltanto se non ci riuscirà potrà essere paragonato alla morte, anche questa volta intesa come morte dell'anima.La stessa metafora si può utilizzare per il violinista di Chagall che, in equilibrio su una sedia è sospeso a metà fra due realtà, fra il ricordo della natia Vitebsk e Parigi, il suo presente. Vive la sua vita lontano dal luogo dal quale proviene portando sempre dentro di sè le proprie radici. Senza di esse probabilmente non riuscirebbe a rimanere in equilibrio su quel tetto, sono ciò che nonostante tutto lo sostengono. Le radici si possono paragonare alla speranza di Lucia e lo stare in equilibrio è il segno del fatto che ,come lei, confida in un possibile ritorno.Questi luoghi che più rimangono impressi nella nostra memoria sono inscindibilmente legati alla nostra storia. A volte rievocano ricordi felici, ma più spesso sono la triste ombra di una serenità e di una tranquillità perdute di cui abbiamo nostalgia. Qualunque essi siano assumono aspetti più profondi del solo luogo geografico e diventano simbolo. È esattamente per questo motivo che l'esilio da essi fa più paura della morte, perchè continuare a vivere sapendo di non poter più avere ciò che hai perso è uno strazio di gran lunga peggiore, ti fa morire dentro.

Un tema comune a quasi tutte le tracce è quello dell'esilio che viene collegato, si, ad un luogo geografico, ma soprattutto ai ricordi che ci legano ad esso e agli affetti che vi rimangono, i quali a loro volta possono essere identificati come il luogo dell'anima. Viene espresso ogni volta in un modo diverso, a volte con le parole, altre con le immagini, ma riporta sempre all'idea della morte, non intesa come morte corporale, ma come la morte di qualcosa di più profondo, del quale a prima vista non ci si accorge: la morte dello spirito, dell'anima.Nel testo tratto dalla tragedia ''Romeo e Giulietta'' di Shakespeare è riporata una scena nella quale l'autore riesce a trasmetterci tutta la disperazione del protagonista, obbligato ad abbandonare l'amata Verona e a vivere il resto della sua vita in esilio. Quest'ultima frase però non è corretta, in primo luogo poiché Romeo dice che l'esilio non è la vita, ma tutto ciò che è il suo contario. L'esilio “non è che purgatorio, supplizio, l'inferno stesso”; preferisce chiamarlo morte, perchè il pensiero di dover vivere senza Giulietta il resto dei suoi giorni lo terrorizza molto più che l'idea di dover morire. Lui si sente vivo ovunque c'è lei, ovunque può stare con lei. In secondo luogo, invece, perchè l'amare Verona, la città dove è nato e cresciuto è solo una conseguenza del fatto che sia il posto dove è Giulietta. Lui lascia nella città nativa l'amore, la sua Giulietta, lascia i luoghi che sono stati testimoni del loro primo incontro, e abbandonare quei posti è un esilio del corpo, ma soprattutto un esilio del cuore, della sua stessa anima, una lontananza simile alla morte. Per Romeo non esiste vita al di fuori di Verona, il suo mondo si trova dentro le mura della città.E così è anche per Lucia nel testo tratto dai “Promessi Sposi”. Ella, abbandonando il suo paese, saluta commossa i monti che le hanno sempre fatto compagnia. È triste perchè si separa da tutto il

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suo mondo, dalla casa in cui è cresciuta, dalla madre e da una vita con Renzo, delle quali le "cime note" sono state spettatrici e salutando queste è come se salutasse la vita che sta per lasciare. L'unica differenza tra la vicenda di Romeo e quella di Lucia è il fatto che lei non vede queato esilio come una vera e propria morte, poiché nutre ancora un po' di speranza nel ritornare, cosa che Romeo non faceva. Romeo dava la sua anima per morta ancora prima che ciò accadesse realmente, ed è proprio per questo che non riusciva a immaginare di poter rivedere Giulietta. Per Lucia questo esilio è un modo per poi poter riavere la sua vita e soltanto se non ci riuscirà potrà essere paragonato alla morte, anche questa volta intesa come morte dell'anima.La stessa metafora si può utilizzare per il violinista di Chagall che, in equilibriosu una sedia è sospeso a metà fra due realtà, fra il ricordo della natia Vitebsk e Parigi, il suo presente. Vive la sua vita lontano dal luogo dal quale proviene portando sempre dentro di sè le proprie radici. Senza di esse probabilmente non riuscirebbe a rimanere in equilibrio su quel tetto, sono ciò che nonostante tutto lo sostengono. Le radici si possono paragonare alla speranza di Lucia e lo stare in equilibrio è il segno del fatto che ,come lei, confida in un possibile ritorno.Questi luoghi che più rimangono impressi nella nostra memoria sono inscindibilmente legati alla nostra storia. A volte rievocano ricordi felici, ma più spesso sono la triste ombra di una serenità e di una tranquillità perdute di cui abbiamo nostalgia. Qualunque essi siano assumono aspetti più profondi del solo luogo geografico e diventano simbolo. È esattamente per questo motivo che l'esilio da essi fa più paura della morte, perchè continuare a vivere sapendo di non poter più avere ciò che hai perso è uno strazio di gran lunga peggiore, ti fa morire dentro.

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LA MORTE DELL'ANIMA ED IL RICORDO

Con l'espressione ''luoghi dell'anima'' ci si riferisce a quei luoghi reali intrisi di emozioni a tal punto da essere associati alle emozioni stesse. Ne è un esempio la poesia Romagna di Giovanni Pascoli, nella quale l'autore ricorda la campagna dove ha trascorso l'infanzia con l'amico Severino. Il suo paese è per lui il luogo dell'anima legato all'amicizia. Infatti, l'amicizia e la campagna romagnola rappresentano per Pascoli la stessa cosa tanto che l'una diventa metafora dell'altra e non è possibile non associarle. Un altro esempio sono le parole di Romeo tratte dall'opera di Shakespeare Giulietta e Romeo. Il giovane, alla notizia dell' esilio da Verona (dove vive l'amata), cade nella disperazione. Allontanarsi da Verona, per lui, significa infatti essere esiliato non più solamente dal luogo materiale che è la città, ma dall'amore stesso, in quanto Verona e l'amore sono per Romeo la stessa cosa. Anche in Leopardi il luogo dell'anima è un luogo reale (il colle con la siepe), ma che diventa metafora dell'immaginazione, del dolce navigare nell'infinito. Allontanarsi dal colle significa non riuscire più ad immergersi nei propri piacevoli pensieri. Il luogo dell'anima è quindi un luogo dal quale non ci si vorrebbe mai allontanare. Quando però l'allontanamento diventa obbligatorio in quanto dovuto a cause esterne (quali possono essere l'esilio o un imminente pericolo), si prova immenso dolore. Il motivo per cui l'allontanamento dal luogo dell'anima provoca maggior dolore rispetto al doversi distaccare da un luogo comune è semplice: allontanarsi da un luogo qualsiasi corrisponde a partire fisicamente portandosi dietro la propria anima, mentre allontanarsi da un luogo che ormai è metafora di un'emozione è più doloroso in quanto c'è un movimento fisico, ma l'anima rimane nel suo luogo ideale. Avere il corpo in un luogo e la mente, l'anima in un altro e sapere di non poterci mai più ritornare, è sicuramente fonte di un grande dolore che può considerarsi la morte dell'anima.  Come Romeo che, saputo dell'esilio, si rende conto di ciò che gli sta accadendo: la sua anima è destinata a morire. L'anima di Romeo, infatti, hai il suo luogo ideale a Verona, ma il corpo è obbligato ad andarsene. Invece il corpo, ormai senza anima, continua a vivere di ricordi, come si può vedere chiaramente dalle altre poesie: in Romagna, come nel componimento di Petrarca, si parla del luogo dell'anima attraverso i ricordi. Anche nel celebre passo dell'addio ai monti dei

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Promessi Sposi, Lucia utilizza il ricordo come mezzo per salutare il suo luogo dell'anima. Dopo la morte dell'anima, quindi, l'unica cosa che sopravvive è il ricordo. Il ricordo però equivale ad un grande dolore, come si comprende dalla poesia di Francesco Petrarca il quale, parlando del luogo dove ha incontrato la sua donna, arriva a dire che perfino la morte sarebbe meno dolorosa se avvenisse nel luogo dell'anima. Ciò per far capire che l'allontanamento dal luogo dell'anima provoca sempre dolore oltre che all'anima, anche al corpo, che si sente fisicamente a disagio a dover morire in un altro luogo. Meglio dover morire nel luogo dell'anima che essere destinato a ricordarlo senza poterci tornare.

LA MORTE DELL'ANIMA ED IL RICORDO

Con l'espressione ''luoghi dell'anima'' ci si riferisce a quei luoghi reali intrisi di emozioni a tal punto da essere associati alle emozioni stesse. Ne è un esempio la poesia Romagna di Giovanni Pascoli, nella quale l'autore ricorda la campagna dove ha trascorso l'infanzia con l'amico Severino. Il suo paese è per lui il luogo dell'anima legato all'amicizia. Infatti, l'amicizia e la campagna romagnola rappresentano per Pascoli la stessa cosa tanto che l'una diventa metafora dell'altra e non è possibile non associarle. Un altro esempio sono le parole di Romeo tratte dall'opera di Shakespeare Giulietta e Romeo. Il giovane, alla notizia dell' esilio da Verona (dove vive l'amata), cade nella disperazione. Allontanarsi da Verona, per lui, significa infatti essere esiliato non più solamente dal luogo materiale che è la città, ma dall'amore stesso, in quanto Verona e l'amore sono per Romeo la stessa cosa. Anche in Leopardi il luogo dell'anima è un luogo reale (il colle con la siepe), ma che diventa metafora dell'immaginazione, del dolce navigare nell'infinito. Allontanarsi dal colle significa non riuscire più ad immergersi nei propri piacevoli pensieri. Il luogo dell'anima è quindi un luogo dal quale non ci si vorrebbe mai allontanare. Quando però l'allontanamento diventa obbligatorio in quanto dovuto a cause esterne (quali possono essere l'esilio o un imminente pericolo), si prova immenso dolore. Il motivo per cui l'allontanamento dal luogo dell'anima provoca maggior dolore rispetto al doversi distaccare da un luogo comune è semplice: allontanarsi da un luogo qualsiasi corrisponde a partire fisicamente portandosi dietro la propria anima, mentre allontanarsi da un luogo che ormai è metafora di un'emozione è più doloroso in quanto c'è un movimento fisico, ma l'anima rimane nel suo luogo ideale. Avere il corpo in un luogo e la mente, l'anima in un altro e sapere di non poterci mai più ritornare, è sicuramente fonte di un grande dolore che può considerarsi la morte dell'anima.  Come Romeo che, saputo dell'esilio, si rende conto di ciò che gli sta accadendo: la sua anima è destinata a morire. L'anima di Romeo, infatti, hai il suo luogo ideale a Verona, ma il corpo è obbligato ad andarsene. Invece il corpo, ormai senza anima, continua a vivere di ricordi, come si può vedere chiaramente dalle altre poesie: in Romagna, come nel componimento di Petrarca, si parla del luogo dell'anima attraverso i ricordi. Anche nel celebre passo dell'addio ai monti dei Promessi Sposi, Lucia utilizza il ricordo come mezzo per salutare il suo luogo dell'anima. Dopo la morte dell'anima, quindi, l'unica cosa che sopravvive è il ricordo. Il ricordo però equivale ad un grande dolore, come si comprende dalla poesia di Francesco Petrarca il quale, parlando del luogo dove ha incontrato la sua donna, arriva a dire che perfino la morte sarebbe meno dolorosa se avvenisse nel luogo dell'anima. Ciò per far capire che l'allontanamento dal luogo dell'anima provoca sempre dolore oltre che all'anima, anche al corpo, che si sente fisicamente a disagio a dover morire in un altro luogo. Meglio dover morire nel luogo dell'anima che essere destinato a ricordarlo senza poterci tornare.

06Nel suo testo argomentativo, Anna C. confuta la frase pronunciata dal professore John Keating (interpretato da Robin Williams) nel film L'attimo fuggente. La frase è la seguente: "Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre". Partendo dal

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presupposto che nella frase si parli dei sogni che avvengono quando si dorme, Anna, dopo una serie di ragionamenti ben argomentati, arriva alla conclusione che ''gli uomini sono veramente liberi quando sono svegli, coscienti di ciò che succede intorno a loro e quindi capaci di ragionare e difendere i propri diritti ''. Io sono d'accordo sul fatto che in questo genere di sogni (ovvero quelli da addormentati) gli uomini non sono liberi, in quanto atti in cui l'individuo è inconsapevole di ciò che fa non possono essere considerati libertà. Libertà è infatti volere e poter fare, senza alcun limite. Non sono però d'accordo sul fatto che gli uomini sono totalmente liberi quando sono svegli. Infatti da svegli gli uomini possono sì volere, ma non sempre possono agire senza costrizioni (prima fra tutte il fatto di essere materiali, che impone ovvi limiti). E anche pensando ai sogni ''ad occhi aperti'' sembra non esserci libertà. L'atto di sognare ad occhi aperti ha infatti anch'esso un limite temporale: quando si dorme non può avvenire! Quindi non si può avere la libertà. Non si è liberi né da svegli, né mentre si dorme. Credo però che, sebbene non si possa ottenere la libertà (almeno da vivi), si possa avere percezione di essa. Ciò avviene nei sogni. Ma non nell'atto di sognare, che è, in quanto umano, limitato, bensì nel contenuto dei sogni. Ciò che avviene NEI sogni non ha regole, non subisce l'azione del tempo e può avvenire senza vincoli. Quindi la libertà non sta nel sognare, ma nel contenuto del sogno. E, dato che gli uomini non possono entrare realmente in un sogno, essi non saranno mai liberi, solo potranno sognare la libertà. Libertà che non per forza corrisponde a felicità.

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LA NATURA VINCE LA RAGIONENell'opera Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij mi hanno colpito due frasi. La prima viene pronunciata da Arkàdij Ivànovic Svidrigàjlov durante una discussione con Raskòlnikov in una trattoria: ''Ognuno pensa a sé e più allegramente di tutti vive colui che supera gli altri nell'arte di ingannare sé stesso'', mentre la seconda è pronunciata da Porfìrij Petróvic durante un colloquio con il protagonista: ''la realtà e la natura, signore mio, sono due cose importantissime, davanti alle quali qualche volta finisce col piegarsi il calcolo più sagace''. Se si prende in considerazione la teoria di Raskòlnikov (un uomo '‘straordinario’' ha il diritto di permettere alla propria coscienza di scavalcare certi ostacoli, e ciò esclusivamente nel caso in cui l’esecuzione di un suo progetto lo richieda) e la si relaziona alle due frasi precedenti, si comprende il perchè della non riuscita dell'intento del protagonista. Raskòlnikov, durante tutta la preparazione del delitto e nel corso del periodo seguente, vive cercando di ingannare sé stesso convincendosi di essere un superuomo, arrivando a concedersi il diritto di uccidere. Ovviamente le cose non si svolgono come previsto perchè al ragionamento si aggiunge la natura. La natura del protagonista loporta in primo luogo a compiere fatti involontari che insospettiscono chi lo circonda e, inoltre, la natura fa capire a Raskòlnikov ciò che lui è veramente: un uomo che vuole essere un superuomo. Il fatto è che per essere degli uomini ''straordinari'' non basta la ragione ma è necessaria anche una predisposizione naturale. In Raskòlnikov questa predisposizione non è presente e perciò vive male. Nella vita, la natura si mostra in continuazione; per vivere in armonia con sé stessi bisogna assecondarla e non andargli contro. La ragione, quindi, non deve sottomettere la natura, ma ha il compito di aiutarci ad accettarla. Svidrigàjlov ha torto.

08

“Noteremo una particolarità a proposito di tutte le ferme decisioni ch'egli già aveva prese in quella faccenda. Esse avevano una strana qualità: quanto più diventavano definitive, tanto più assurde, insensate si facevano immediatamente ai suoi occhi. Nonostante tutta la sua tormentosa lotta

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interiore, egli non aveva mai potuto, in tutto quel tempo, aver fede nemmeno per un istante nell'attuabilità dei suoi disegni.” (Delitto e castigo,  Fëdor Dostoevskij)Questa è stata la frase che mi ha colpito di più leggendo Delitto e Castigo. Nonostante l’alta autostima che Raskolnikov ha di sé, non crede mai pienamente nell’attuazione del “suo” delitto. Si potrebbe anche dire che egli speri che qualcosa vada storto e che succeda qualcosa che possa rimandare i suoi progetti. Eppure il protagonista principale viene spesso descritto come un ragazzo sicuro di sé, testardo e coerente nei pensieri e nei fatti.                                                                         Secondo me, ciò che l’autore cerca di spiegare è la personalità di un giovane in conflitto con sé stesso e molto insicuro, ma che sa celare i suoi sentimenti e le sue emozioni in un modo così perfetto che tutti rimangono sopraffatti dalla sua falsa sicurezza. Infatti lui è sicuro di poter ingannare chiunque con il suo comportamento indifferente e introverso, ma quando riesce nel suo intento, si insospettisce del suo successo e la sua diffidenza aumenta sempre di più. Diffidenza verso i suoi amici, i suoi famigliari, ma anche verso sé stesso. Nell’opera spesso Raskolnikov medita e si interroga sulle sue azioni. Poi si scervella sul motivo della sua inquietudine e così inizia a credere di essere pazzo. La bellezza del personaggio di Raskolnikov è proprio questo: il flusso di coscienza continuo, che non si ferma mai, come se non avesse il controllo della sua mente. Ciò provoca anche una forte incoerenza, che impietosisce il lettore e lo fa riflettere sulla debolezza umana. 

09I LIBRI SONO LA VITA

Noi siamo dei libri.La rilegatura è la nostra apparenza. Spesso si dice “non giudicare un libro dalla copertina”. Lo stesso vale per l'uomo, quando si dice “l'abito non fa il monaco”.All'inizio del libro ci sono spesso delle indicazioni (la data di pubblicazione, il nome dell'autore...), così come noi abbiamo delle informazioni per iniziare la nostra storia. Il nostro nome e la nostra famiglia ci guidano nella società.Dopo queste nozioni principali, che ogni libro dovrebbe avere, inizia la storia. A seconda del genere del libro, questo può iniziare “in medias res”, cioè immergendosi subito nell'azione, oppure può iniziare illustrando il contesto o descrivendo il protagonista. Così, in base al nostro carattere, cominciamo la nostra storia. Se siamo, ad esempio, delle persone agitate ed avventurose, la nostra vita inizerà subito con l'azione.Un libro è costituito da parole. Esse sono le nostre idee. Le parole, come i pensieri, sono l'elemento senza il quale un libro non sarebbe esistito. Inoltre un libro è spesso a seconda di quante parole ha. Lo stesso vale per l'uomo: quando un uomo continua a farsi domande sul mondo che lo circonda - e dunque ha tante idee - inizia ad essere profondo.Le pagine dei libri poi sono le persone a cui appartenevano i pensieri. Infatti le riflessioni sono indotte da delle discussioni o da degli eventi, che provocano la nostra curiosità. Così come un libro è composto da delle pagine con delle parole, così la nostra vita è composta da delle persone con delle idee. Come ho già detto prima, sta a noi poi decidere se dargli abbastanza peso e approfondire i concetti appresi con lunghe riflessioni o dedicargli una misera pagina.Come nella nostra vita, anche nei libri i protagonisti non sanno dell'esistenza di un autore. O meglio, l'autore gli dà degli indizi, ma non sapranno mai la verità sulla loro realtà.Il senso della vita è dunque sfruttare le indicazioni iniziali e vivere essendo fedeli ai propri istinti. Come un libro, anche noi dobbiamo seguire il nostro genere. Se si prende una strada diversa è possibile perdersi e non riuscire più a ritrovarsi. Questo nei libri è dato dalla bravura dello scrittore. Anche per noi vale questo o dobbiamo cavarcela da soli?I protagonisti dei libri trovano quasi sempre la loro strada dopo lunghe riflessioni ed esperienze. Ecco, così anche noi, facendo esperienze e ragionando su ciò che accade, possiamo trovare il nostro

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“io”. Se un libro è destinato ad essere sottile però, lo sarà. Parole in più potrebbero renderlo più confuso. Dunque se una persona raggiunge la sua “quantità di idee”, anche se poche, avrà compiuto il suo scopo.Chi non riesce a trovare il cammino a qui è predestinato, prova invidia verso la vita degli altri, poiché hanno trovato la loro strada. Quindi iniziano a <<bruciare>> la loro vita, a sprecarla e così non leggono il loro libro. Secondo me, bruciare un libro e non leggerlo sono due “crimini” distinti. Bruciare un libro, letto precedentemente è come se una persona sprecasse la sua vita, dopo averla analizzata attentamente: non procura molti danni, poiché sa quello che sta facendo. Non leggere un libro invece vuol dire gettare al vento la propria vita senza considerarla. Come se fosse una cosa poco importante.Dunque, posso dedurre che chi non ama i libri, non ama la vita, poiché i libri sono il riassunto di tutto ciò che dovrebbe essere la nostra esistenza.Ispirato da “Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli.” - Josif Brodskij

10L'ESILIO È UNO STRUMENTONella poesia “L'infinito”, tratta dai <<Canti>>, Giacomo Leopardi si immagina di viaggiare oltre il suo paese e di vedere nuovi orizzonti, stando tranquillamente seduto. Cercando di interpretare questo componimento mi viene in mente la morte, suggerita dall'espressione “sovrumani silenzi”. Il poeta paragona all'infinito la morte e prova ad immaginare come sia, tentando di aiutarsi con dei concetti “terreni”, come <<l'eterno, e le morte stagioni>>.Leopardi vuole sfruttare l'esilio a cui tutti dovranno rispondere, ovvero la morte, e, sebbene lo spaventi, esso è l'unico modo per trovare il luogo dove la sua anima troverà la pace eterna. Infatti egli alla fine dice <<E il naufragar m'è dolce in questo mare>>, poiché sa che la morte sarà la sua salvezza.Prendendo in considerazione un passo tratto dalla tragedia di Romeo e Giulietta di Shakespeare e la si paragona alla poesia appena trattata si può notare subito un netto contrasto di idee. Ciò avviene per la diversa situazione in cui si trovano i due protagonisti. Romeo, dopo essere stato esiliato da Verona, si rifugia da frate Lorenzo, che lo conforta dicendogli che <<il mondo è grande e vasto>>. Il giovane invece fuori da Verona sa di trovare solo dolore, poiché la sua anima trova pace solo dove c'è la sua amata Giulietta. Egli dice anche che <<l'esilio è dunque una morte sotto falso nome>>. Anche nella poesia di Leopardi l'esilio era la morte, ma vista da un punto di vista positivo, mentre qui Romeo vede l'esilio come una cosa negativa. Sebbene il pensiero dei due personaggi sia diverso, entrambi cercano il luogo della loro anima, che nel primo caso viene trovato grazie all'esilio e nel secondo caso viene perso a causa dell' esilio.Esaminando la poesia di Pascoli “Myricae” si può carpire un'altra sfumatura di “esilio”. Il poeta sta ricordando la sua patria, il luogo in cui visse la sua infanzia e la sua giovinezza. Egli usa gli elementi della natura per descrivere il luogo perfetto per la sua anima. Si capisce che il poeta si riferisce all'esilio, quando esclama <<fossi io teco>>. La nota di nostalgia che enfatizza via via che il componimento procede, fa capire che l'esilio non è dalla patria, ma piuttosto dalla gioventù, che allude alla gioia di vivere e dunque alla vita.Pertanto Pascoli non trova un punto d'incontro con Leopardi, poiché l'esilio, nel primo, è la perdita della vita, che come per Romeo è qualcosa di negativo, mentre, nel secondo, la morte è un rito di passaggio.In conclusione esaminerò il quadro di Chagall “Il violinista sul tetto”. Anche qui l'esilio non è positivo, come per Romeo e Pascoli. Il protagonista dell'immagine è un violinista in equilibrio in cima ad un tetto, che suggerisce la condizione dell'Ebreo nel mondo. Qui l'esilio indica l'estraneazione dal mondo e la conseguente morte dell'anima. Il luogo dell'anima del protagonista è qualsiasi posto, dove possa sentirsi accettato. Come Leopardi, aspetta paziente la morte corporale, per raggiungere un luogo dove verrà accolto e amato (il viso è rilassato e sereno), ma come Romeo

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e Pascoli è instabile (si trova in cima ad un tetto) e non sa come poter continuare a vivere, lontano dal luogo della sua anima.Dunque l'esilio, in ogni documento trattato, è uno strumento che può aiutare a trovare il luogo dove l'anima si sente a proprio agio o a eliminare ogni speranza di felicità. 

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COME AVVICINARSI A DIO

“Voler credere in tutto allo stesso momento corrisponde esattamente a non credere in niente” (da “La vita di Pi” di Yann Martel). Leggendo questa frase si trova subito un paradosso: come può una persona credere in tutto, senza credere in niente? Credere in ogni cosa, cioè a tutte le contraddizioni che possono esistere, non è possibile. Dunque la frase sembrerebbe vera. Ma nella citazione, il padre di Pi cerca di spiegare al figlio l'importanza di conoscere ciò in cui vuole credere. Il ragazzo è insicuro e alla ricerca di Dio e così si reca in una sinagoga, in una chiesa e in una moschea, ma nessun luogo di culto può risolvere il suo problema. Il padre spiega a Pi che credere in qualcosa significa conoscerlo e capirlo. Provare a conoscere qualcosa è già un passo verso la Fede, secondo lui. Quindi credere in tutto, senza credere in niente significa non conoscere ciò in cui si crede e di conseguenza non si può credere in ciò che non si conosce. Ma credere cosa significa? Credere (in Dio) vuol dire avere Fede in qualcosa che non si può comprendere. Il solo pensiero di Dio, almeno per me, è impensabile. Non riesco a immaginare un essere ultraterreno, onnipotente e onnisciente. Inoltre l'essere umano conosce solo ciò che è finito, mentre ciò che non lo è, lo si conosce solo in parte, ovvero ciò che è stato fino al presente. Dunque come ci si può avvicinare a Dio? Se è inconcepibile, non si può cercare di comprenderlo. Di conseguenza noi non crediamo in Dio, ma nell'idea che ognuno di noi ha di Dio. Partendo da questo punto di vista nascono le religioni. Ogni persona deve solo trovare quella con cui ha più affinità con la sua idea di Dio. Ecco la risposta che io darei a Pi: cerca di comprendere le religioni, scopri tutte le sfaccettature che nascondono. Ma quando le avrai conosciute tutte, non provare a capire Dio. Trova l'idea che tu credi sia più vicina alla realtà e cerca di accettarla, senza farti troppe domande, a cui non troverai delle risposte. L'unico modo è avere Fede, non in Dio, ma in sé stessi, poiché tutte le idee che hai sono frutto di una ricerca che non verte su una divinità, ma su te stesso. La ricerca di Dio è la ricerca della parte più nascosta nell'anima di una persona. È la speranza, quella cosa a cui ci aggrappiamo quando tutto ci sembra perduto. Riflettendoci, nessuno cerca Dio quando è felice. Dunque, Dio è la speranza che c'è dentro di noi e la religione serve a trovare questa parte di anima.

12LA MORTE E IL DOLORE “Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me: che farete da soli?” (Vittorio Alfieri).Mi sono ritrovata spesso a riflettere sulla morte. L'ho sempre vista come una tragedia, una cosa brutta che un giorno capiterà a tutti. È inevitabile, non si può sfuggire alla morte. Ma allora perché provoca dolore? È una cosa inspiegabile, ma io ci proverò lo stesso.Perdere una persona è la paura più grande che una persona possa avere. Piangere è un modo per sfogare le proprie emozioni. Dunque, quando una persona importante muore, la nostra paura ci invade e ci fa piangere, perché non riusciamo a trattenere il dolore. Dopo un po' di tempo però passa. Perché? Se è una cosa importante, non dovrebbe continuare per sempre? Certo, ci sono persone che continuano a provare dolore e lo nascondono, altri che lo negano, altri che lo affrontano

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e non si arrendono. Se poi il dolore è accompagnato dalla lucidità mentale, non c'è scampo. Tutto ci fa male perché siamo consapevoli che ormai nulla potrà riportare indietro colui che amavamo. Molti non riescono a sopportarlo e si ubriacano, per inebetire i loro sensi.Tuttavia queste sono solo mie supposizioni, poiché non ho mai sperimentato un lutto. O meglio, i miei nonni sono morti, ma non li ho mai conosciuti veramente, o comunque non me lo ricordo. Ero troppo piccola. Sono sicura però che gli volevo bene. Non so come reagirei se qualcuno di importante morisse adesso. Ci ho pensato molte volte e ho concluso che non piangerei. O meglio, piangerei certo, ma più avanti. Al momento dell'informazione sarei devastata. Non riuscirei a muovermi, a piangere, a fare niente. Vorrei solo che tutto finisse presto. Forse è proprio questo che mi farebbe andare avanti. Poi, durante il funerale sarei triste, silenziosa, ma cercherei di non pensare troppo. Pensare, come ho detto prima, uccide in questi momenti. Dopo un po' di tempo cercherei di ricordare per farlo restare insieme a me.Comunque, solo quando una persona è morta, ci rendiamo conto di quanto imponente e profonda sia l'impronta che ha lasciato nel nostro cuore.Noi siamo questo. Siamo la vita. Siamo idee. Siamo azioni. Siamo un corpo. Siamo tutto ciò che vorremmo diventare. Siamo ciò che lasciamo negli altri. Siamo ciò che salva alcune persone e ciò che uccide altre persone.Ecco la ragione del dolore e della paura della morte. Abbiamo paura di dimenticare tutto ciò che una persona è stata per noi. 

13La malinconia è la nobile compagna della bellezza, al punto che non so concepire un tipo di bellezza che non abbia in sé il dolore.Charles Baudelaireda Opere postume

La frase sopra riportata, scritta da Charles Baudelaire in “Opere postume”, esprime il concetto di bellezza legato al dolore, non come fossero due cose separate, ma come se da una dipendesse l' altra e viceversa; più è grande la bellezza di una cosa, più è grande la malinconia che l' accompagna.Io sono d'accordo con questo pensiero, poiché se una bellezza non porta con se della malinconia significa che è una cosa superficiale, che non trasmette emozioni vere. Per bellezza si intende un qualcosa intrinseco di emozioni che è assolutamente soggettivo, l' unica cosa che accomuna tutte le bellezze è appunto la malinconia che sta dentro di esse. Se prendiamo in considerazione la musica la malinconia di cui si parla è la sensazione di vuoto che si ha dopo aver ascoltato un brano emozionante, quella sensazione che fa capire che si può stare bene solo ascoltando quel brano.Concludendo si ha bisogno di provare quella malinconia per capire se si sta avendo a che fare con una bellezza vera o con una bellezza superficiale, la suddetta malinconia è quindi un dolore necessario per godere della bellezza veritiera. 14"IL LATO OSCURO"

Un particolare che mi ha colpito è che Raskolnikov, il personaggio principale, continua a cambiare decisione rispetto al compiere o meno il delitto, eppure non appena si presenta l' occasione si comporta meccanicamente e compie l' omicidio.Mi ha fatto riflettere a come la mente umana sia complessa, poiché egli non sentiva un minimo di rimorso o di qualsiasi altro sentimento durante il fatto.Il libro è impostato in maniera tale da far percepire al lettore i sentimenti profondi del personaggio, il fatto che Raskolnikov compia automaticamente le azioni programmate per uccidere la vecchia mette una certa inquietudine, poiché egli non ci ragiona, compie e basta, come se camminasse, come se fosse una cosa naturale.

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Ciò mi ha fatto pensare che nell' animo umano c'è una parte puramente malvagia, dominata dall' istinto, assolutamente senza sentimenti e che è la parte che prende il sopravvento quando si compiono azioni orribili, il lato oscuro, come si suol dire.Non appena l' azione è compiuta per Raskolnikov iniziano la febbre e i deliri, questa malattia potrebbe essere interpretata come se ci fosse una lotta al suo interno, come se il suo essere provasse a contrastare il suo lato malvagio e privo di sentimenti.Penso che Dostoevskij voglia mettere in risalto questa parte delle persone, di come cambino quando questa parte che vive in loro prende il sopravvento.  

15DELITTO E CASTIGO“Noteremo una particolarità a proposito di tutte le ferme decisioni ch'egli già aveva prese in quella faccenda. Esse avevano una strana qualità: quanto più diventavano definitive, tanto più assurde, insensate si facevano immediatamente ai suoi occhi. Nonostante tutta la sua tormentosa lotta interiore, egli non aveva mai potuto, in tutto quel tempo, aver fede nemmeno per un istante nell'attuabilità dei suoi disegni. ( p. 86)Nel libro Delitto e Castigo di Dostoevskij, la caratteristica principale che si nota nel protagonista del racconto Raskolnikov è la sua insicurezza e la guerra interiore che lo consuma. E’ un personaggio inquieto e paranoico che pensa in continuazione alle proprie mosse e alle conseguenze che queste porteranno. In particolar modo si nota nella preparazione dell’omicidio dell’ anziana usuraia Aliona Ivanovna, a lungo progettata nei minimi dettagli; diventa persino ossessivo tanto da non rendersi conto che ogni sua azione viene logorata dal continuo pensiero di essa.  A causa di tutto ciò, come si capisce dalla seguente frase:“ Raskolnikov non era abituato alla folla e, come si è già detto, specialmente negli ultimi tempi aveva evitato ogni compagnia.”Il giovane a movente delle sue ristrettezze economiche, si trova isolato nel suo mondo fatto di miseria e preferisce trascorrere il tempo nella sua stanzetta che sembra più un armadio. I suoi pensieri sono tartassati anche per la propria situazione familiare, tant’è che una lettera della madre lo getta in un profondo sconforto.     Questo libro non è riuscito a coinvolgermi a causa dell’intrigo della mente del protagonista, a tratti curioso e allo stesso tempo noioso. Noioso in quanto, prima di giungere al termine di un fatto importante del libro, sono presenti troppi pensieri prolungati; curioso in quanto è forte il desiderio di conoscere la fine dell’avvenimento. 

16L'addio ai monti di Lucia, nell' ottavo capitolo dei Promessi Sposi, è, secondo me, uno dei passi più toccanti del libro. Lucia viene obbligata a lasciare il suo paese natio per scappare da don Rodrigo che ha deciso di rapirla.Lucia è nata, cresciuta ed è sempre vissuta nello stesso luogo; mai avrebbe pensato o voluto andarsene, allontanarsi da tutto ciò che le era famigliare e caro. Lucia sa che ogni secondo che passa la allontana sempre di più che ha guardato e sentito per tutta la sua vita. Arriva addirittura a paragonare il paesaggio e i suoni del territorio alla sua famiglia per far capire quanto le costa andarsene. Quel luogo le è talmente famigliare da paragonare le cime ineguali, note solo e chi è cresciuto lì, al volto dei famigliari; il rumore dello scroscio dei torrenti al suono delle voci domestiche. Si allontana anche dal futuro che si era immaginata, dal matrimonio che si aspettava di celebrare nella chiesa di sempre, dalla casa che avrebbe diviso con Renzo, vicino alla madre, ai cari, a tutti i luoghi così famigliari e ben conosciuti.Una tesi contraddittoria è quella esposta nell' Infinito di Leopardi. Lui, uomo che faticava a uscire dalla sua casa e dalla stanza piena di libri, si trova ad immaginare cosa c'è al di là di una siepe. Un

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esilio voluto il suo, un esilio che si procura da solo.Esiliato dal mondo, dal posto in cui vive, un sentimento che contraddice quello provato da Lucia.Lui immagina cosa potrebbe esserci dietro ad una siepe dal suo stesso paese stando lì; lei a cui tutto è famigliare e conosciuto si trova a dover andare via senza possibilità di ritorno.L'unica cosa che secondo me li accomuna è il primo verso dell'infinito: "sempre caro mi fu quest' ermo colle". Da sempre, da tutta la vita,, questo colle mi è caro. In quest verso anche Leopardi sembra legato al territorio come Lucia. 17

I LUOGHI DELL’ANIMANella poesia  Chiare, fresche e dolci acque Francesco Petrarca rievoca il paesaggio e il luogo di Valchiusa, che ha visto gli incontri del poeta con Laura, la donna da lui amata. La bellezza dei luoghi e un tutt’uno con il fascino di Laura anzi, costituiscono uno spazio nel quale il poeta trova la sua pace: è il luogo della memoria e, nello specifico, dell’innamoramento. Infatti, scrive Petrarca, è dove “Amore, con i suoi begli occhi, mi trafisse il cuore”. Però la poesia assume anche un tono dolente, perché il poeta pensa al momento della sua morte (“dubbioso passo”)  e, negli ultimi versi, esprime la speranza di essere sepolto in qui sereni e tranquilli posti. Oltre ad essere il luogo dell’amore, è perciò anche il luogo della morte e della sepoltura.                                                 Invece nel passo de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, viene descritto il momento in cui Lucia sta lasciando il suo paese d’origine, un allontanamento questo non solo fisico, ma anche sentimentale. Infatti Lucia in questi versi esprime il suo strazio per l’abbandono dei luoghi a lei familiari, come i monti che circondavano il suo paese, i torrenti, la chiesa dove “l’animo tornò molte volte sereno” ma il dolore più grande per la povera ragazza è l’abbandono della casa natia, luogo di crescita e formazione. Anche qui vengono descritti i paesaggi cari a Lucia, ma a differenza della poesia di Petrarca questi descritti sono i luoghi degli affetti sacri, come la famiglia e la religione, però anche questo passo è caratterizzato da un tono triste e amaro, rappresentato dall’esilio di Lucia indotto dalle persecuzioni di varia natura. Lucia è perciò costretta ad abbandonare i luoghi dei suoi affetti sacri. Come ultimo ho preso in considerazione il quadro del pittore Marc Chagall intitolato Il violinista sul tetto, perché, appunto rappresenta un violinista che siede instabile su una seggiola suonando lo strumento restando in equilibrio. Questo violinista è metafora della condizione dell’Ebreo nel mondo, instabile e precaria. Sullo sfondo compare il villaggio natale di Chagall  Vitebsk, il luogo dell’infanzia e della sicurezza a cui il pittore fa riferimento in tutta la sua esperienza di vita.                                                                                           L’argomento che ricorre in tutti e tre i documenti è quello di un luogo caro al poeta, piuttosto che al pittore. Questi luoghi sono sede di ricordi, sentimenti, emozioni e di affetti che stanno a cuore al protagonista come l’amore, la famiglia e l’infanzia. Però sono luoghi molto differenti tra loro, ma dentro essi vi si trova una nota dolente che porta sconforto e tristezza a ognuno dei personaggi.  

18L' amore è il luogo dell' anima. L' anima non ha luogo, essa si trova all' interno dell' uomo, l' anima si trova dove si trova l' amore e un testo a sostegno di questa tesi è il Canzoniere di Francesco Petrarca,questa poesia parla dell' incontro dei due innamorati e del fatto che il poeta vorrebbe stare nel luogo dell' incontro per sempre, si potrebbe dedurre che il luogo dell' anima è esattamente quel luogo, ma in realtà è un luogo figurato che rappresenta l' amore e l' essere felici, perciò il luogo dell' anima è dove c'è amore. Tutti i luoghi sono uguali se si sta male dentro; il luogo dell' anima è un luogo dove si sta

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bene e ci si sente accettati, ma questo luogo non esiste se non dentro di noi ed è il sentimento d' amore che si manifesta in svariati modi.Se prendiamo in considerazione il testo dei Promessi Sposi di Manzoni vi troviamo una parte in cui Lucia deve lasciare il suo paese natale e si esprime tutta la nostalgia che prova abbandonandolo, questo è un testo non a favore della mia tesi, poiché sostiene che il paese natale sia il luogo dell' anima e che quindi la felicità di una persona dipenda dal luogo in cui si trova e non da come si sente dentro.In Romeo e Giulietta di Shakespeare (atto III) Romeo viene esiliato da Verona. In questo testo Romeo sostiene che essere esiliato dalla propria città significa morte, egli pensa che oltre alla sua città non ci sia nient'altro se non sofferenza e ciò è dovuto anche al fatto che Giulietta ,la sua amata, vive a Verona, quindi potremmo dire che Romeo in realtà non crede che l' esilio da Verona significhi la morte, ma che la significhi l' allontanamento da Giulietta.Prendiamo in considerazione Myricae di Giovanni Pascoli. In questa poesia, l' autore ritrova il luogo dell' anima nel proprio paese natale e lo ricorda con allegria intrinseca di nostalgia, perché è questo l' effetto che fanno i ricordi positivi. Desidera trovarsi lì con i suoi amici e ciò lo porta alla nostalgia e allo stesso tempo ricorda il divertirsi e ciò gli provoca allegria.Questo è un testo in contrasto con la mia tesi, poiché il paese natale non è il luogo dell' anima, una persona si affeziona al luogo in cui cresce, ma non può restare per sempre lì.In conclusione l' anima non ha un luogo, ma si trova all' interno delle persone e può sentirsi bene in tutti luoghi se la persona manifesta il sentimento d' amore. Provare amore significa essere felici ovunque ci si trovi e quindi sentire l' anima nel luogo perfetto, anche se si è in un posto orribile.  19

Noi camminiamo sopra l'inferno, guardando i fiori. La frase sopra riportata, scritta da Kabayashi Issa, è metafora di come noi viviamo la nostra vita senza preoccuparci di ciò che ci circonda, tutto ciò che conta è la nostra piccola bolla felice, vediamo solo le cose che interessano la nostra persona non rendendoci conto del fatto che siamo infinitamente piccoli e che non valiamo quasi niente come singoli individui.Solamente quando si è colpiti da qualcosa di negativo si ha un piccolissimo spiraglio sull' Inferno sul quale camminiamo, ovvero sulla realtà negativa del mondo.L'uomo è infinitamente egoista finché è felice, quando scorge un po' di realtà nella sua fantasia inizia a farsi questioni su ciò che lo circonda davvero, ma per il terrore che ciò comporta esso torna sempre a guardare i fiori che sono sbocciati nuovamente.Io sono d'accordo con questo pensiero, perché finché tutto va bene non ci si preoccupa di nient'altro se non di se stessi, ma quando si viene colpiti dai problemi si ha bisogno di non essere soli, si inizia a pensare ai problemi degli altri e che non si è gli unici a stare male.Si intravede un po' di realtà cruda che c'è nel mondo grazie alla comparazione tra i propri problemi e i problemi delle altre persone.In un primo momento si ha il bisogno di vedere quali sono le disfatte degli altri individui per sentirsi meglio, appunto, ma non appena ciò avviene si percepisce la paura di questi problemi che cresce piano piano, così si toglie lo sguardo e lo si poggia sui piccoli fiori appena sbocciati.Concludendo le persone pensano solo a se stesse e ogni tanto si accorgono dell' Inferno che le circonda solamente perché l' Inferno si è fatto sentire, anche se in piccolissima parte. 

Noi camminiamo sopra l'inferno, guardando i fiori.

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 La frase sopra riportata, scritta da Kabayashi Issa, è metafora di come noi viviamo la nostra vita senza preoccuparci di ciò che ci circonda, tutto ciò che conta è la nostra piccola bolla felice, vediamo solo le cose che interessano la nostra persona non rendendoci conto del fatto che siamo infinitamente piccoli e che non valiamo quasi niente come singoli individui.Solamente quando si è colpiti da qualcosa di negativo si ha un piccolissimo spiraglio sull' Inferno sul quale camminiamo, ovvero sulla realtà negativa del mondo.L'uomo è infinitamente egoista finché è felice, quando scorge un po' di realtà nella sua fantasia inizia a farsi questioni su ciò che lo circonda davvero, ma per il terrore che ciò comporta esso torna sempre a guardare i fiori che sono sbocciati nuovamente.Io sono d'accordo con questo pensiero, perché finché tutto va bene non ci si preoccupa di nient'altro se non di se stessi, ma quando si viene colpiti dai problemi si ha bisogno di non essere soli, si inizia a pensare ai problemi degli altri e che non si è gli unici a stare male.Si intravede un po' di realtà cruda che c'è nel mondo grazie alla comparazione tra i propri problemi e i problemi delle altre persone.In un primo momento si ha il bisogno di vedere quali sono le disfatte degli altri individui per sentirsi meglio, appunto, ma non appena ciò avviene si percepisce la paura di questi problemi che cresce piano piano, così si toglie lo sguardo e lo si poggia sui piccoli fiori appena sbocciati.Concludendo le persone pensano solo a se stesse e ogni tanto si accorgono dell' Inferno che le circonda solamente perché l' Inferno si è fatto sentire, anche se in piccolissima parte. 

20IL LUOGO DELL'ANIMA

Il luogo dell'anima rappresenta qualcosa di più profondo del semplice luogo inteso geograficamente. E' il nostro punto di riferimento e può essere significativo in quanto luogo dell'infanzia, dell'amore o di un avvenimento importante. In Giulietta e Romeo di Shakespeare nell'atto III, scena III è presente un dialogo tra Romeo e frate Lorenzo dal quale si deduce il forte legame e anche un profondo senso di appartenenza che esiste tra Romeo e la sua città. Lo si capisce dall'affermazione di Renzo: " Non esiste mondo fuori dalle mura di Verona...essere esiliato di qui vuol dire essere esiliato dal mondo..". Per lui Verona rappresenta il mondo, è il luogo dell'amore poiché ha conosciuto la sua amata Giulietta ed è la sua città natale. L'esilio determina non la morte materialmente del corpo ma più profondamente dell' Io, dei sentimenti, delle emozioni ; metaforicamente un uomo senz'anima è come un burattino in balia degli eventi. Anche nel capitolo VIII dei Promessi Sposi è presente il senso di appartenenza che lega Lucia alla sua città ed è così forte da provocare in lei una grande lacerazione per l'allontanamento dalla sua vita quotidiana e dai luoghi dove ha vissuto l'infanzia e dove ha incontrato Renzo. Como è stata per lei una testimone muta della loro travagliata storia d'amore.Così com'è avvenuto per Romeo e per Lucia, anche per Francesco Petrarca la sua città è simbolo dell'amore per Laura poiché è qui che l'ha vista per la prima volta. Petrarca descrive in breve anche il paesaggio (Chiare, fresche e dolci acque) attribuendo alla sua città un significato di purezza. Nella poesia esprime anche il desiderio di voler essere seppellito proprio in quel posto cosicché Laura possa piangerlo sulla sua tomba. Il tema ricorrente del luogo dell'anima è presente anche nel quadro di Marc Chagall " il violinista sul tetto " dove il pittore raffigura un violinista che, in equilibrio su una sedia, si trova su un tetto suonando il suo strumento. Sullo sfondo compare il suo villaggio natale, Vitebsk; questo quadro in realtà è più profondo di quanto si pensa guardandolo in quanto Chagall prova un doppio senso di

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appartenenza trovandosi in bilico tra il suo mondo attuale che è Parigi e il suo paese natale.In fondo anche se non ci vive più, Vitebsk è un paese che gli rimarrà sempre impresso nel cuore e per il quale proverà sempre un po' di nostalgia.

21Secondo Anton Pavlovic Cechov: "Quello che noi proviamo quando siamo innamorati, forse è il nostro stato normale. L'innamoramento mostra all'uomo come egli dovrebbe essere sempre."In effetti quando una persona è innamorata ha una visione della vita più positiva e si approccia alla quotidianità in modo diverso, in quanto dentro di sè prova gioia e una grande voglia di vivere che traspare dal suo viso e la trasmette anche a coloro che gli sono attorno. Per questo motivo ogni persona dovrebbe essere sempre come appare quando è innamorata e non permettere a eventi esterni di condizionare il suo stato d'animo. Ovviamente non si può pretendere che una persona lo sia nei momenti di dolore che prima o poi accadono a tutti, tuttavia esistono anche persone che si comportano sempre in modo scontroso nei confronti della vita. La negatività non è certamente il modo migliore per affrontare una giornata qualunque; perciò io sono perfettamente d'accordo con quanto affermato da A. Cechov, perchè la felicità di una persona innamorata è quanto di più bello c'è a questo mondo.

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                                                L’ esilio di RomeoFrate Lorenzo sta parlando con Romeo e gli dice che è esiliato da Verona e non dal mondo. Inoltre deve avere pazienza perché il mondo è grande, ma Romeo risponde al frate dicendo che fuori dalle mura di Verona non esiste mondo, c’è solo l inferno, il purgatorio e il supplizio. Per lui essere esiliato da Verona è come essere esiliato dal mondo: sarebbe come morire. Perciò fa intendere al frate che per lui l esilio è una morte sotto mentite spoglie.Ho scelto questa traccia riguardo l’esilio di Romeo da Verona perché in queste poche parole è riassunto l’affetto che Romeo prova per Verona. Quando frate Lorenzo gli dice che non è esiliato dal mondo , può vivere in tutte le città tranne Verona,egli risponde dicendo che fuori dalla città non ha un futuro perché si sente come se fosse stato cacciato dal paradiso, anche perché cacciato da Verona non avrebbe più potuto vedere la sua amata Giulietta e pure  questo gioca a favore della città che sembra magnifica agli occhi di Romeo.Quindi Romeo fuori dalla città si sentirebbe morto, perché prima di essere condannato all’ esilio non avrebbe mai pensato di lasciare Verona per vivere in un altro paese : fuori da Verona si sente senza speranze.In tutti i testi della scheda ,nel bene o nel male, si parla di qualcosa che è molto caro e a cui gli autori o il protagonista sono molto legati. Inoltre si parla di due parole che sono opposte ma molto simili: la vita e la morte; perché la vita va trascorsa bene e serenamente, ovvero nella maniera migliore per poi essere pronti alla morte, ma se si  vive malamente nelle condizione in cui non si vorrebbe, sarebbe come morire o peggio perché la vita è stata peggiore della morte.Inoltre con il quadro di Marc Chagall e con i versi di Manzoni c’è un altro grande elemento in comune: sia Romeo sia Chagall e Renzo e Lucia si vedono costretti ad abbandonare la loro terra natia contro propria volontà. Chagall si rifugia in America durante la seconda guerra mondiale ,essendo ebreo, e nel suo quadro sullo sfondo dietro al violinista, dipinge la propria città Vitebsk per far capire la lontananza da essa. Il musicista seduto in bilico sul tetto che suona il violino fa comprendere come sia instabile e insicura la condizione degli Ebrei e proprio come

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Romeo non si sente sicuro lontano da casa. Renzo e Lucia son anch’essi costretti a lasciare Lecco e in pochi versi d’addio lodano il posto in cui hanno sempre vissuto e a cui si sono affezionati tanto da farli piangere quando se ne devono andare.In conclusione sono d’accordo con Romeo perché l’esilio ti toglie di vedere ciò a cui sei legato, cosa che nessuno avrebbe il diritto di privarti, ti  coglie di sorpresa e manda all’aria gran parte dei tuoi piani fatti in precedenza, facendoti ritrovare in posti che non conosci senza un preciso obbiettivo. Dunque questa , non avendo motivazioni per cui vivere, è una morte sotto falso nome.

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“La cosa è chiara : per se stessa, per il proprio benessere, e anche per salvarsi dalla morte , non si venderebbe , ma per un altro ecco che si vende! Per una persona cara, per la persona che adora si venderebbe! Ecco in che consiste tutta la faccenda: per il fratello , per la madre si venderebbe! Tutto venderebbe! Oh , allora soffocheremo, all'occorrenza, anche il senso morale; e la libertà, la tranquillità, perfino la coscienza, tutto, tutto porteremo al mercato degli stracci. Sia pure rovinata la nostra vita! Purché quelle creature da noi tanto amate siano felici! Non basta: inventeremo una casistica nostra, andremo a scuola dai gesuiti, e per un po' di tempo, magari, tranquillizzeremo anche noi stessi, ci convinceremo che è necessario per un buon fine.” ( Raskolnikov)Questa citazione di Raskolnikov , protagonista dell’opera “Delitto e castigo”, è la reazione alla lettera che la madre gli ha inviato dopo due mesi senza essere restati in contatto . In questa lettera la madre comunica a Raskolnikov che sua sorella Dunjetchka ha deciso di sposarsi con Pjotr Petrovic Luzin: uomo meschino e pieno di sé . Ha 45 anni ed esercita la professione di avvocato, è benestante ed elegante. Ha della moglie l'idea di un'ammiratrice privata e vorrebbe sposare Dunja per sentirsi un benefattore , suo e di sua madre, e con la conseguenza che lei gli sia completamente asservita . Infatti a Dunjetchka non piace il signor Luzin; lo sposa per il semplice fatto che la situazione economica sua , della madre e del fratello è molto grave e che può dare un lavoro al fratello . Tutti e tre vivono a scapito della misera pensione di mamma Raskolnikov che guadagna circa 120 rubli alla anno e non bastano quasi , i due fratelli inoltre non hanno lavoro ; per di più il giovane ha ormai abbandonato la facoltà di legge e vive in povertà in un appartamento minuscolo all'ultimo piano nei bassifondi di San Pietroburgo. Così Dunja , dopo averci pensato per molto tempo, decide di accettare l’ unione con Luzin . Raskolnikov perciò non vuole che la sorella si sacrifichi per lui e inoltre , essendo il padre già morto, si è sentito offeso di non essere stato nemmeno interpellato nella scelta matrimoniale della sorella. Raskolnikov odia Luzin perché si sente come se la sua autorità sia stata spodestata all’interno della famiglia, si sente superato da lui che è infatti laureato in legge e possedente di svariati studi legali ,  Raskolnikov invece è uno studente fallito e senza un soldo in tasca . È comprensibile la reazione del ragazzo che si sente sminuito e cerca di non far celebrare l unione. Teme un complotto delle due donne , che gli nascondano qualcosa a causa della sua irascibilità . Infatti la madre nella lettera tenta di calmare più volte il figlio, cerca di calmare quel carattere impulsivo ed esplosivo che conosce fin troppo bene .La vita per la maggior parte delle persone è dura da affrontare, ogni persona ha i suoi problemi ; c’è chi è povero, chi è disabile , chi ha problemi con i familiari o con il lavoro . Certe volte una persona è capace di compiere dei gesti anche contro il suo volere per far sì che qualcuno che gli sta a cuore diventi felice, esattamente come voleva fare Dunja , in questo caso , per migliorare la condizione economica della famiglia e far trovare lavoro a Raskolnikov .   

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E' possibile vivere bene senza la filosofia, senza l' amore, senza l' arte, ecc, ma mica tanto bene.       Vladimir JankelevitchLa frase sopra riportata citata da Vladimir Jankelevitch esprime il fatto che è possibile vivere la vita senza arte e senza amore, ma che sarebbe del tutto vuota e priva di senso. Vivere senza arte e amore non è vivere, è semplicemente sopravvivere. Sopravvivere è ciò che fanno gli animali istintivamente, gli uomini per natura cercano qualcosa di più, questo qualcosa è spesso intravisto nell' amore e nell' arte. Il sopravvivere si distingue dal vivere che a sua volta  si distingue dal vivere bene.Io sono d'accordo per metà con il pensiero sopra citato, perché per vivere e non sopravvivere si ha bisogno sia di arte che di amore, ma per vivere bene non bastano solo queste due componenti, ci deve essere qualcosa di più. Se prendiamo in esempio una qualsiasi persona benestante, acculturata, proveniente da una famiglia in cui è amata possiamo dedurre che viva e non si limiti a sopravvivere, perché fa utilizzo delle due componenti citate da Vladimir, ma per dire che sta vivendo bene deve esserci  un terzo elemento che testimonia questa felicità. L' elemento della felicità è ancora un incognita, è quel qualcosa di indefinito che fa prendere in considerazione tutti i lati dell' arte e specialmente dell' amore e che ne trae una bella sensazione e non dolore.  Per raggiungere questa incognita si abbia bisogno di fare un percorso decisamente lungo, ma quasi nessuno riesce ad essere felice prima di morire.Concludendo il percorso di una persona dovrebbe essere quello che dal semplice sopravvivere porta al vivere, non appena incontra l' amore e l' arte, da qui dovrebbe portare a trovare la terza incognita per vivere felici, anche se la maggior parte delle persone si accontenta di vivere, poiché il semplice vivere è nettamente più facile del vivere bene. 

IL PAESAGGIO NELL’ARTE E NELLA LETTERATURA

Saggio breve

INTRODUZIONE

L’argomento affrontato è il paesaggio, o meglio, i luoghi dell’esperienza umana considerati utilizzando alcuni estratti di opere poetiche: Petrarca, Shakespeare, Manzoni, con l’aggiunta di un’immagine del repertorio del pittore Chagall. Si tratta di un confronto azzardato, in quanto le opere fanno parte di epoche molto diverse, che vanno dal Trecento alla fine dell’Ottocento, ad eccezione del dipinto esaminato, che è del 1912. Anche le situazioni narrate sono diverse: ora si parla dei luoghi dell’amore, ora del luogo della malinconia e del ricordo, ecc (entreremo nel dettaglio in seguito). Tuttavia, come si vedrà, in tutte le opere considerate, i luoghi e gli spazi descritti dagli autori offrono spunti e metafore per raccontare l’esperienza umana. Sotto questo punto di vista possiamo definire i paesaggi e i luoghi come “luoghi dell’anima”.Consideriamo nel prossimo paragrafo ogni specifico componimento.

PRESENTAZIONE DELLE OPERE

Il primo brano di Petrarca è ‘Chiare, fresche e dolci acque’ (il Canzoniere, 1345); in esso il poeta ricorda l’incontro con Laura e desidera morire in quello stesso luogo, cosicché la donna, ritornandovi, possa avere pietà di lui, riconoscendolo cenere tra le pietre. Consideriamo gli elementi del paesaggio e dello spazio. La donna, sacralizzata dall’amore, é gentile, armoniosa e leggiadra;

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viene accostata agli elementi delle acque “chiare, fresche e dolci” e alla vegetazione: l’albero che le fa da colonna, erba e fiori, che l’abito ricopre. Sono queste le immagini tipiche della poesia amorosa medievale. Il poeta chiama a raccolta tutti gli elementi naturali, perché ascoltino i suoi pensieri dolenti, dovuto alla lontananza dell’amata.

Il secondo brano è stato composto da Shakespeare, è la scena III dell’atto III e fa parte dell’opera di ‘Romeo e Giulietta’. Questo romanzo, ambientato in epoca medievale, narra le vicende di due ragazzi, reciprocamente innamorati, appartenenti però a famiglie rivali nella città di Verona. A causa di una rissa, Romeo uccide un parente di Giulietta ed è costretto a lasciare la città. Non raccontiamo oltre la vicenda, perché molto complessa ed il brano che esamineremo si riferisce al momento della partenza di Romeo. Qui, il poeta, attraverso un dialogo tra Frate Lorenzo e Romeo, tratta l’argomento della lontananza dall’amore. Come abbiamo detto, Romeo, costretto all’esilio, deve lasciare Verona, nella quale risiede l’amata. Egli sente la distanza tra lui e la donna supplizio e dolore. La partenza da Verona diviene quindi, per lui, non l’occasione per esplorare il vasto mondo (come gli suggerisce Frate Lorenzo) ma l’inferno stesso, una morte emotiva e psicologica. Il terzo testo è un estratto dell’opera dei ‘Promessi sposi’ (1840) di Manzoni. In queste righe l’autore tratta l’argomento dell’abbandono della casa e del paese attraverso una meditazione che Lucia, la protagonista, compie nel momento in cui deve recarsi presso la Monaca di Monza. Qui la donna ricorda tutti i luoghi a lei cari e che hanno avuto una notevole importanza nella sua vita e nella sua maturazione. Non pensa solamente alla casa natia, ma anche al mondo in cui ha vissuto, indicato nei suoi elementi umani e naturali: la chiesa, le voci e i passi familiari, le ville nobiliari, i monti, i torrenti, le cime, le pecore al pascolo, ecc.Lucia pensa a tutte queste cose con un senso di tristezza e di perdita del suo progetto d’amore, ovvero il matrimonio con Renzo, cioè lo stesso completamento della sua esistenza.

Nel quadro di Chagall, intitolato ‘Il violinista sul tetto’ (1912) è raffigurato un uomo che suona il violino sul tetto di una casa, seduto su una sedia in bilico; sullo sfondo compare il villaggio natale dello stesso Chagall. Il pittore rappresenta, in questo modo, la malinconia del paese e della cultura in cui era cresciuto; nel 1909, infatti, l’artista aveva abbandonato la Russia per trasferirsi a Parigi, al tempo capitale culturale dell’Europa. Nei suoi quadri compaiono chiari riferimenti alla vita tradizionale della campagna russa, abitata da numerose famiglie di origine ebraica a cui lui stesso apparteneva: animali munti da contadini, alberi da frutta, violini e altri strumenti musicali della tradizione ebraica, rabbini, case di campagna, ecc.L’atmosfera che si respira in questi quadri è di serenità, armonia tra i personaggi, festa… in ogni caso di nostalgia. Attraverso la sua esperienza personale, Chagall raffigura la condizione degli ebrei nel mondo: secolarmente privi di una patria, si trovano stranieri in ogni parte del mondo. L’instabilità del musicista raffigurato nel ‘Il violinista sul tetto’ indica, quindi, l’instabilità esistenziale dell’uomo ebraico.

CONSIDERAZIONI

Tutti i protagonisti delle opere si trovano di fronte a un luogo e a un sentimento. Il luogo è significativo ora perché abitato dall’amata, ora perché sede della propria esistenza. Il sentimento è sempre di abbandono. L’abbandono può essere dovuto alla costrizione (Lucia, Romeo) oppure alla scelta personale (Chagall, Petrarca); in questo caso è comunque una scelta sofferente, nostalgica, perfino di morte nel caso di Petrarca, il quale immagina di morire nel luogo in cui ha incontrato e pensa che Laura, l’amata, potrà tornare. In un certo senso l’autore utilizza le caratteristiche del luogo per esprimere le proprie emozioni.

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Prendiamo l’esempio di Lucia. Il paesaggio è descritto piuttosto dettagliatamente, ciò dimostra che lei lo conosce molto bene. La descrizione del paesaggio si aggiunge a quella di elementi familiari; questo allude alla percezione dell’ambiente nel suo insieme come di uno spazio comunque domestico, vissuto, impresso nella quotidianità. La descrizione quasi minuziosa lascia capire che Lucia indugia a ricordare con tristezza le cose più care. Nel caso di Petrarca è significativo l’accostamento del corpo dell’amata (belle membra, bel fianco, angelico seno) alla vegetazione e all’acqua. Perfino nel caso di Romeo, che è quello dove il paesaggio non è affatto descritto, si ha lo stesso rapporto tra luogo e sentimento, ora però espresso nell’annullamento del luogo e di se stesso dovuto all’assenza di Giulietta: fuori da Verona il mondo non esiste e per il protagonista è solo inferno.

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Se un uomo non tiene il passo con i compagni, forse questo accade perché ode un diverso tamburo. Lasciatelo camminare secondo la musica che sente, qualunque sia il suo ritmo o per quanto sia lontana.

Questa frase scritta da Henry David Thoreau in Walden tratta di un argomento da molti questionato, ovvero l' identità dell' uomo.La domanda che ogni persona si pone infinite volte nella vita è :"chi sono?" Spesso le persone fanno quello che fanno gli altri solo perché non sanno chi sono e hanno bisogno di sicurezza.I pochi che cercano la loro strada e il loro essere prendendo altre vie sono coloro che sentono un diverso tamburo e non stanno a passo con il resto del gruppo.Vengono quasi sicuramente giudicati da tutti gli altri, che spesso sono  più persi e invidiano chi riesce a cercarsi da solo senza aver bisogno di nessuno. 

Io sono d'accordo con questa affermazione, perché sono convinta che pochi riescano a trovare se stessi durante una vita, sono certa che quasi nessuno ci riesce.Morire senza sapere chi si è deve essere una cosa orribile, per questo molto spesso ci si identifica con il gruppo, con gli altri, ma senza sapere in realtà chi si è. Personalmente invidio davvero coloro che seguono un ritmo diverso che provano a cercarsi in modo vero e non arrendendosi al sistema e alla società di oggi, perché alla fine tutto si riconduce a quello, tutti pensano che trovare se stessi significhi trovare il lavoro dei propri sogni, sposarsi, avere dei figli e alla fine andare in pensione e morire tristemente su una poltrona infeltrita o su un letto d' ospedale. Questo è ciò che impone la società e chiunque esca da questo schema è visto come un poco di buono, in realtà questi ultimi sono coloro con più fegato di tutti, coloro che non si interessano del giudizio e della società, ma che preferiscono conoscere il loro vero io anche sapendo che agli altri potrà non piacere. 

Concludendo tutti dovrebbero cercare di trovarsi senza preoccuparsi del giudizio altrui o della società, ma sono benissimo a conoscenza che è una cosa davvero difficile perché è dal tempo dei primitivi che le persone si influenzano a vicenda.