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3/2011 on-line UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E DI SCIENZA POLITICA

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on-line

UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA

DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E

DI SCIENZA POLITICA

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DAEDALUS Quaderni di Storia e Scienze Sociali Direzione scientifica

Vittorio Cappelli, Ercole Giap Parini, Osvaldo Pieroni, Alberto Ventura

Redattori e collaboratori Luca Addante, Olimpia Affuso, Rosa Maria Cappelli, Renata Ciac-cio, Bernardino Cozza (†), Barbara Curli, Francesco Di Vasto, Lo-redana Donnici, Aurelio Garofalo (†), Teresa Grande, Salvatore Inglese, Donatella Loprieno, Francesco Mainieri, Matteo Marini, Patrizia Nardi, Saverio Napolitano, Tiziana Noce, Giuseppina Pel-legrino, Maria Perri, Luigi Piccioni, Antonella Salomoni, Manuela Stranges, Pia Tucci

Direzione e redazione e amministrazione Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politica dell'Univer-sità della Calabria 87036 Arcavacata di Rende (Cosenza).

Tel. 0984 492568-67-65-32 E-mail: [email protected]; [email protected]; [email protected]; [email protected]

Direttore Responsabile Pia Tucci

Numero 3/2011 on-line Numero 22/2011seguendo la numerazione della precedente edizione cartacea Pubblicato on line nel Marzo 2011

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Daedalus 2011 Sguardi incrociati sul Mediterraneo

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ANDREA FILELLA

PARTENARIATO EURO-MEDITERRANEO, MIGRAZIONI

E SVILUPPO UMANO: UN’ANALISI EMPIRICA

Il 2010 rappresenta per i paesi euro-mediterranei la tappa finale del

processo di integrazione socio-economica avviata dalla Conferenza di

Barcellona del 1995. Il presente lavoro tenta di fornire una valutazione

di tale integrazione sociale ed economica ed un'analisi preliminare

dell'impatto di questa sul benessere degli individui con riferimento

all'indice di sviluppo umano (HDI) proposto da Anand, Sen (1994, p.

2). Attraverso un'analisi dei dati sui flussi migratori e sul trend dell'in-

dice di sviluppo umano nell'area euro-mediterranea, lo studio eviden-

zia che nonostante si sia registrata una convergenza nella crescita dei

Paesi meno sviluppati verso quelli a sviluppo avanzato, si è lungi

dall'aver centrato gli obiettivi che si prefiggeva la Conferenza di Bar-

cellona. Considerando l'HDI, si può sostenere che i paesi della Riva

Est e Sud del Mediterraneo sebbene abbiano registrato un incremento

di tale indice, una significativa differenza permane se paragonati ai

paesi della Riva Nord. Tale differenziale può verosimilmente essere

imputato all'aumento dei flussi di immigrazione verso i paesi del Nord

del Mediterraneo.

INTRODUZIONE

Insieme con l'Efta (European Free Trade Association) e i Paesi

dell'Europa centro-orientale candidati all'adesione, comprendendo cir-

ca 40 Stati con una popolazione totale di circa 700milioni di individui,

l'area euro-mediterranea è oggi una delle zone commerciali più impor-

tanti al mondo (Salabè 2001, p. 1). Non è difficile comprendere che il

Partenariato euro-mediterraneo costituisce un argomento di rilevante

importanza sia in termini di potenziale opportunità che di minacce allo

sviluppo dei paesi industrializzati.

Il presente lavoro si inserisce in un filone di discussione che ultima-

mente è ritornato all'attenzione della ricerca scientifica e dei policy

makers (Di Comite, Bonerba, Girone 2006, p. 16; Caruso 2005 p. 53;

Guarnieri, Paterno, Strozza 2008, p. 185).

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Paradossalmente a quanto possa pensarsi, l'interesse per il Me-

diterraneo sta rinascendo oggi non solo nel centro dell'Unione Euro-

pea, ma soprattutto nelle sue periferie marginalizzate. I Paesi del Sud

del Mediterraneo si trovano a fronteggiare le quattro sfide fondamen-

tali dello sviluppo odierno: tecnologica, ecologica, demografica e isti-

tuzionale (Amoroso 2000, p. 6). Le difficoltà aumentano ulteriormente

se si tiene conto degli eterogenei sentieri di crescita registrati dai Paesi

appartenenti alla Riva Nord rispetto ai Paesi della Riva Sud-Est, i qua-

li hanno generato disordinati e spesso illegali flussi migratori di indi-

vidui con scarsa dotazione di capitale umano verso i Paesi più svilup-

pati. E ancora, tanti altri aspetti denotano che all'interno di quest'area

convivono paesi in forte crescita demografica e insufficiente sviluppo

economico e paesi che sono invece in piena “seconda transizione de-

mografica” caratterizzati, cioè, da stagnazione demografica ed elevato

sviluppo economico (Di Comite, Galizia 2007, p. 223).

In questo scenario, la politica dell'UE, a partire dal 1957 ha av-

viato una serie di accordi utili a contenere i rischi di distacco dall'U-

nione stante il divario economico tra le due sponde del bacino e le

profonde fratture in campo socio-politico (l'integralismo islamico, le

debolissime istituzioni democratiche). Il Partenariato Euromediterra-

neo nasce proprio con l'intento di avviare un percorso sinergico di co-

operazione e integrazione interregionale che si basa essenzialmente

sulla creazione di una zona di libero scambio che sarà attivata nel

prossimo 2010.

L'obiettivo del lavoro, tenendo conto di questa strategia di inte-

grazione si sostanzia nell'analisi dei flussi migratori all'interno dell'a-

rea mediterranea durante il periodo che anticipa l'attivazione del libero

scambio di merci, persone, capitali e la conseguente valutazione del

livello di sviluppo raggiunto dai singoli Paesi facenti parte del bacino

del mediterraneo. Più in dettaglio, si provvederà ad analizzare se è in

atto un processo di convergenza in termini di sviluppo. Sarà preso in

considerazione, a questo scopo, l'indice di sviluppo umano (HDI) che,

oltre alla ricchezza prodotta da un Paese, considera il tasso di alfabe-

tizzazione e la speranza di vita alla nascita, in un concetto più ampio

di “sviluppo umano” (Anand, Sen 1994, p. 3). Si avrà modo di evi-

denziare che, nonostante i tentativi espliciti del partenariato di armo-

nizzare la crescita nell'area Mediterranea, si ha, ancora, una situazione

dove i Paesi facenti parte della Riva Nord mostrano valori alti di “svi-

luppo umano” mentre i Paesi della Riva Sud-Est, eccetto Israele e Ci-

pro, mostrano soltanto livelli medi di sviluppo.

Il lavoro è strutturato in quattro parti. Nella prima parte saranno

esaminate in maniera sintetica le caratteristiche dell'evoluzione storica

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che ha preceduto la Conferenza di Barcellona del 1995 attraverso la

quale si è dato vita al Partenariato Euro-mediterraneo. In una seconda

parte verranno analizzati i principali movimenti migratori all'interno

dell'area mediterranea1 ed infine sarà considerato il tasso di crescita e

l'evoluzione dello sviluppo umano dei singoli Paesi.

In conclusione, sarà messo in evidenza se le migrazioni e lo svi-

luppo raggiunto dai Paesi inerenti l'area mediterranea segneranno una

tendenza alla convergenza auspicata dal partenariato, per come si è

avuto modo di registrare considerando soltanto l'HDI, o se bisogna in-

tendere questi percorsi di crescita endogeni all'area ma esogeni alle

politiche di integrazione.

GENESI ED EVOLUZIONE STORICA DEL PARTENARIATO EU-

RO-MEDITERRANEO

La politica Mediterranea ha le proprie basi nel trattato di Roma del

1957. Il suo scopo primario sta nella necessità di mantenere e di inten-

sificare i legami di natura economica e politica con i Paesi del Medi-

terraneo al fine di dare all'Europa una posizione di primo piano in

un'area di enorme importanza strategica (Verruso 2002, p. 3).

Dopo il Trattato di Roma furono istituiti accordi di associazione

con alcuni Paesi tra i quali Grecia nel 1961, Turchia nel 1963; lo stes-

so avvenne qualche anno più tardi, anche se basati su rapporti di natu-

ra commerciale, con altri Paesi quali Malta (1970) e Cipro (1972), e

tra il 1965 e il 1972 con Libano, Tunisia, Marocco, Egitto.

Con il Vertice di Parigi nell’Ottobre del 1972 si conclude il

primo ciclo della politica comunitaria nel Mediterraneo, ma la spinta

verso l’integrazione economica rimane costante ed attraverso un ap-

proccio globale, e non più bilaterale tra la CEE ed i singoli Paesi Med,

si continua secondo la stessa traiettoria sino a raggiungere accordi di

cooperazione globale tra la Comunità europea ed i Paesi del Maghreb

e Machrek. Questa strategia, però, risulta non soddisfacente rispetto

agli obiettivi preposti ed infatti il Parlamento europeo dichiara incom-

pleto l’approccio globale perché incentrato su aspetti di natura pretta-

mente commerciale e non politica, risultando incapace di stimolare la

cooperazione reciproca tra i Paesi. La politica europea, da questo mo-

1È opportuno precisare, da subito, che un'analisi esaustiva ed esauriente del fenomeno richiede

una disponibilità di informazioni che ad oggi, principalmente per i Paesi della Riva Sud-Est, non

si ha.

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mento in poi, punterà alla realizzazione della stabilità e sicurezza

nell’area; il 18 Giugno 1990 viene varata dal Consiglio dei Ministri

Cee la Politica Mediterranea Rinnovata (Pmr) la quale introduce il

concetto di prossimità geografica e vengono instaurati una serie di

programmi di cooperazione diretti in settori specifici.

Sebbene queste azioni abbiano rappresentato alcune delle espe-

rienze di cooperazione più avanzate realizzate dalla Comunità,

l’impegno assunto in favore del Bacino del Mediterraneo si è però ri-

velato insufficiente a colmare il divario tra Nord-Sud che, al contrario,

continua ad avere proporzioni sempre maggiori (Verruso 2002, p. 5).

Ancora una volta, anche questa si rileva un’opportunità perduta. Da

questi insuccessi, uniti alle politiche di convergenza tra le due sponde

Nord-Sud, prende forma, a partire dal 1992, il Partenariato euro-

mediterraneo, attraverso il quale si tenta di far diminuire queste diffe-

renze non solo economiche ma anche demografiche.

La Conferenza di Barcellona del 27 e 28 Novembre 1995 lancia

ufficialmente il Partenariato euro-mediterrano. I Paesi che partecipano

alla Conferenza sono i 15 membri dell’UE e 12 Paesi terzi mediterra-

nei (Ptm): Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta,

Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e l’Autorità Palestinese.

Gli obiettivi di questo strumento di cooperazione si articolano in tre

assi (o volet principali):

-“Partenariato politico e di sicurezza” volto a stabilire un'area eu-

ro-mediterranea di pace e di stabilità basata sui principi del rispetto

dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della democrazia (asse

politico).

-“Partenariato economico e finanziario” indirizzato a creare un'area

di prosperità condivisa attraverso un'alleanza economico-finanziaria e

la progressiva liberalizzazione degli scambi commerciali tra l'UE e i

suoi partner e tra gli stessi Paesi del Mediterraneo (asse economico).

-“Partenariato nel settore sociale, culturale e umano” teso a pro-

muovere l'avvicinamento tra i popoli tramite un partenariato sociale e

culturale e sviluppare gli scambi fra i rappresentanti della società civi-

le (asse culturale).

Sotto un profilo puramente economico, il testo di Barcellona

prevede la creazione di una zona di libero scambio da realizzare entro

il 2010 tramite una rete di accordi bilaterali tra UE e Ptm e tra gli stes-

si Ptm (per favorire la cooperazione sud-sud); si tratta di accordi, di

natura commerciale e tariffaria, i quali punteranno a rimuovere gli o-

stacoli alla libera circolazione delle merci.

Non vi sono veri e propri parametri di riferimento utili ad evi-

denziare se gli obiettivi sopra enunciati sono stati raggiunti ma, è di

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facile intuizione che parlare di integrazione, convergenza nella cresci-

ta e raggiungimento dell'equilibrio nel lungo periodo, ci invita ad una

rivalutazione sul trend di crescita registrato dai Paesi dell'area Med in

funzione di quanto era stato prefissato a Barcellona quindici anni fa.

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MIGRAZIONI NEI PAESI DEL MEDITERRANEO

Com'è noto, negli ultimi decenni si sono verificati rilevanti trasforma-

zioni nel fenomeno migratorio dei Paesi che si affacciano sul Bacino

Mediterraneo2.

Il permanere e spesso l’acutizzarsi delle cause che hanno gene-

rato e generano i flussi, ha fatto sì, inoltre, che anche il modo con cui

le migrazioni si erano manifestate in precedenza cambiasse. In parti-

colare, nel corso degli anni, accanto alla tradizionale figura del mi-

grante che si muoveva direttamente dal paese di origine a quello di de-

stinazione alla ricerca di lavoro, è emersa e si è diffusa una nuova ca-

tegoria di persone che per raggiungere la meta prestabilita passano per

diversi territori, generando nel corso di questo viaggio una serie di re-

lazioni, più o meno legali, con i paesi nei quali sono transitati: le c.d.

migrazioni di transito (Caruso, Venditto 2008, p. 43).

Considerato il numero elevato dei Paesi coinvolti, data la caren-

za complessiva dei relativi dati statistici, è arduo fornire una dettaglia-

ta ed esaustiva analisi sui flussi migratori nel bacino del Mediterraneo.

L’International Center for Migration Policy Departement (Icmpd)

stima che ogni anno attraversino il Mediterraneo circa 100-120.000

immigrati irregolari, di cui 55.00 provenienti dalle aree maghrebina e

libico-egiziana, 35.000 dall’area sub-sahariana, e 30.000 da altri Paesi.

Nel seguito della trattazione si cercherà di individuare le determinanti

principali di tali flussi.

Le diverse motivazioni che hanno spinto nel corso dei secoli

milioni di individui a migrare sono molteplici, ma le disuguaglianze

economiche e demografiche fra paesi di origine e paesi di destinazione

e i problemi politici vissuti da molte aree del mondo rappresentano at-

tualmente i fattori prioritari dei movimenti migratori (Angeli, Salvini

2007, p. 229). Secondo la letteratura, tra le motivazioni annoveriamo

la speranza per chi emigra di un miglioramento sociale e di sopravvi-

venza (Golini 1994, p. 618); considerando la qualità dei migranti vie-

ne osservato che i flussi migratori aumentano se il rendimento del li-

vello di istruzione risulta essere maggiore nei Paesi di destinazione ri-

spetto a quelli di origine e viceversa diminuiscono se il rendimento

dell'istruzione è maggiore nei Paesi di origine (Hutton, Williamson

2003, p. 5). Il processo migratorio, concettualmente, riassume un in-

sieme molto complesso di fattori e di interazioni che condizionano gli

spostamenti territoriali e influenzano i comportamenti delle popola-

2In alcuni casi, determinate aree hanno persino modificato la propria caratteristica transitando da

Paesi di origine a Paesi di destinazione dei flussi migratori. In Italia è accaduto proprio questo.

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zioni coinvolte. A seconda dei fattori ritenuti fondamentali si possono

individuare diversi schemi interpretativi: economico, sociologico, del-

la transizione della mobilità, politico e sistemico.

In un’ottica mediterranea, le politiche ed i tentativi di integra-

zione hanno cercato di favorire la convergenza nel benessere tra le

sponde Nord e Sud. Il partenariato euro-mediterraneo assume proprio

come obiettivo principale la liberalizzazione degli scambi e dei mo-

vimenti di persone e di capitali all'interno dell'area. Gli accordi di in-

tegrazione dell'UE con i Paesi dell'Est europeo e con i Paesi del Medi-

terraneo, in ragione di questa finalità di armonizzare i processi di cre-

scita all'interno dell'area mediterranea, possono essere ben visti come

un tentativo di frenare le pressioni dell'immigrazione creando incentivi

alla convergenza dei redditi e dei salari attraverso la liberalizzazione

dei movimenti delle merci e dei capitali (Mistri, Orcalli 2001, p. 270).

Questa è la tesi economicistica tradizionale secondo la quale la libera-

lizzazione del commercio e degli investimenti rappresenta la strada

maestra per stimolare la crescita dei Paesi marginali e, nel tempo, la

convergenza con il tenore di vita dei Paesi più sviluppati. Questo pro-

cesso, nonostante ciò, porterebbe ad una riduzione delle migrazioni di

lavoro; i flussi migratori sarebbero, così, sostituiti dal commercio e dai

flussi di capitali (Stocchiero 2001, p. 3). Questa tesi poggia tuttavia su

assunzioni distanti dalla realtà. Non esiste una perfetta sostituibilità tra

capitali e migranti. Se nel lungo periodo questa ricetta sembra funzio-

nare, nel breve periodo potrebbe verificarsi, addirittura, il contrario e

la liberalizzazione semmai generare ulteriori spinte alle migrazioni

piuttosto che frenarle perché le inerzie al cambiamento del modello di

sviluppo e i costi di aggiustamento sono tali che la liberalizzazione

può essere rigettata per motivi sociali e politici (Giubilaro 1997, p.

22).

E’ evidente che una precisa conoscenza delle matrici origine-

destinazione dei flussi permetterebbe una perfetta individuazione dei

sistemi migratori: nella realtà ciò non è possibile. Una lettura delle

migrazioni internazionali attraverso l’individuazione dei sistemi mi-

gratori va condotta con la dovuta cautela perché la scarsità dei dataset

a disposizione, soprattutto per i Paesi della Riva Sud, il metodo di ri-

levazione degli stessi, certamente non omogeneo, precludono la possi-

bilità di effettuare delle analisi quantitative dei flussi migratori inter-

nazionali, precedenti ad una esauriente comparabilità spazio-

temporale tra i vari Paesi oggetto di studio (Bonifazi, Strozza 2003, p.

401).

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Tab. 1. Migrazioni internazionali, stock (tot.). Anni 1990 - 2005.

Paesi 1990 1995 2000 2005

var. 1990-

2005

Portogallo 435766 527901 634934 763668 75.25

Spagna 765585 1009021 1628246 4790074 525.68

Francia 5906752 6089154 6277189 6471029 9.55

Italia 1346174 1483253 1634290 2519040 87.13

Slovenia 178077 200155 174437 167330 -6.04

Croazia 475438 720974 615896 661417 39.12

Bosnia-Erzegovina 56000 73321 96000 40814 -27.12

Macedonia 95025 114397 125529 121291 27.64

Albania 66013 71154 76695 82668 25.23

Grecia 411923 548718 730941 973677 136.37

Malta 5770 7084 8696 10676 85.03

TOT. Riva Nord 9742523 10845131 12002853 16601684 70.40

Turchia 1150463 1210113 1259322 1328405 15.47

Cipro 43822 55219 80081 116137 165.02

Siria 710636 800918 902671 984587 38.55

Libano 520243 593810 627246 656727 26.23

Israele 1632704 1919314 2256236 2660881 62.97

Giordania 1146125 1618233 1944172 2224890 94.12

TOT. Riva Est 5203992 6197607 7069727 7971626 53.18

Marocco 84644 103472 116715 131654 55.54

Algeria 273954 298874 250110 242446 -11.50

Tunisia 37986 37943 37901 37858 -0.34

Libia 457482 505596 558770 617536 34.99

Egitto 175573 172330 169147 166047 -5.43

TOT. Riva Sud 1029638 1118214 1132642 1195541 16.11

TOT. AREA 15976153 18160952 20205222 25768851 61.30

Fonte: World Development Indicators 2008

La tabella 1, relativa allo stock delle migrazioni internazionali

nei Paesi del Mediterraneo, presenta nel corso dei 15 anni considerati

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(1990-2005) un andamento piuttosto eterogeneo ed una evoluzione dei

flussi migratori assolutamente diversa all'interno delle singole aree.

Mentre i Paesi della Riva Nord hanno registrato un aumento dello

stock totale dei migranti pari al 70,40%, lo stesso valore nei Paesi del-

la Riva Est è risultato pari al 53,18% e addirittura pari al 16,11% nei

Paesi della Riva Sud. Dalla fig.1, attraverso la quale viene rappresen-

tato il flusso migratorio netto (inteso come la differenza tra le immi-

grazioni e le emigrazioni di un singolo Paese in un determinato anno,

comprendente sia i residenti con cittadinanza che senza cittadinanza),

possiamo scorgere elementi di valutazione interessanti. Mentre tutti i

Paesi della Riva Sud hanno evidenziato, nel corso del quindicennio

considerato, saldi negativi (emigrazioni>immigrazioni), la situazione

per i Paesi della Riva Est muta all'interno dell'area dove per alcuni Pa-

esi (Cipro, Siria) l'originaria emigrazione si è tramutata in immigra-

zione mostrando nel 2005, per entrambi i Paesi, saldi positivi (in que-

sto caso immigrazione>emigrazione). All'interno della stessa area, la

Turchia ha evidenziato evoluzione opposta alla precedente mentre la

Giordania ha mantenuto un tendenziale ricorso all'immigrazione. Nel-

la Riva Nord andamenti simili hanno registrato la Spagna ed il Porto-

gallo dove, da maggiori quote di emigrati rispetto agli immigrati, nel

2005 si è giunti ad una migrazione netta, decisamente a favore delle

immigrazioni; gli altri Paesi hanno generato costanti flussi in entrata

eccezion fatta per Macedonia e Albania. L'Italia, infine, è un paese o-

ramai da anni caratterizzato – così come la maggior parte dei paesi e-

conomicamente più sviluppati dell’Unione Europea – da una cospicua

immigrazione straniera che interessa indistintamente tutte le nostre re-

gioni e che appare destinata, nell’immediato futuro, a lievitare ancora

(Di Comite, Pellicani 2006, p. 35).

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Fig. 1. Migrazione netta. Anni 1990 - 2005

Fonte: World Development Indicators 2008

Globalmente si può ritenere che nell’ambito del Bacino medi-

terraneo attualmente coesistono paesi di immigrazione, in genere fa-

centi capo all’Unione europea (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia),

con paesi di emigrazione, ubicati soprattutto nei Balcani e sulle spon-

de asiatica ed africana del Mediterraneo. In linea di massima, i primi

sono caratterizzati da un rilevante sviluppo economico e da una de-

mografia chiaramente in stagnazione mentre per i secondi avviene di

sovente il contrario (cioè, si hanno una popolazione ancora in fase

chiaramente espansiva ed una economia molto meno sviluppata di

quella dei paesi della vecchia Unione Europea, (cioè dell’Ue a 15) (Di

Comite, Galizia 2007, p. 235).

QUADRO DI SINTESI DEMOGRAFICA

Trovare una lettura pressoché univoca alle evoluzioni economiche,

sociali e demografiche dei Paesi che si affacciano nel Bacino del Me-

diterraneo è impresa ardua vista la composita ed eterogenea veste con

la quale, nel corso del tempo, si evidenziano queste diversità. E’ pur

certo, però, che a seconda che si privilegi un’ottica territoriale oppure

temporale i fenomeni demografici, in particolar modo, possono, di so-

vente, presentare alternativamente caratteri di omogeneità oppure di

eterogeneità (Di Comite, Galizia 2007, p. 223).

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-500

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Alg

eria

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ia

Egit

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iglia

ia

1990 2005

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L’area di riferimento, già utilizzata in passato, circoscrive i diversi Pa-

esi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo in tre aree ben defi-

nite, qui di seguito elencate (Di Comite, Moretti 1992, p. 20):

a) Riva Nord o europea, la quale comprende sia Paesi appartenenti

all’UE (Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Slovenia, Grecia, Malta)

sia Paesi dell’area balcanica (Croazia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia,

Albania);

b) Riva Est o asiatica, all’interno della quale vi sono Turchia, Ci-

pro, Siria, Libano, Israele e Giordania;

c) Riva Sud o africana, che include Egitto, Libia, Tunisia, Algeria,

Marocco.

Considerando l’area nel suo complesso, la popolazione, al

01/01/2007, ammonta ad oltre 465milioni di individui (World Develo-

pment Indicator) con una incidenza della popolazione giovane (0 – 14

anni) pari al 24% sul totale, una popolazione anziana (oltre 65 anni)

pari al 10.49% e la restante parte (65.44%) si addensa intorno la classe

centrale, intesa come quella “produttiva”. La distribuzione della popo-

lazione per sesso, tra i Paesi considerati, appare sostanzialmente bi-

lanciata dove la percentuale della popolazione femminile sul totale

della popolazione è presente in misura pressoché identica (50.08%) a

quella maschile.

All’interno dell’area considerata è opportuno effettuare alcune

considerazioni inerenti la popolazione, la quale, nelle diverse aree, e

ancor di più tra i singoli Paesi, denota un andamento altalenante.

Con riferimento all’anno 2006, nella Riva Nord, come era facile at-

tendersi in ragione di un bassissimo livello di fecondità, oggigiorno

nettamente inferiore al cosiddetto tasso di sostituzione3, la percentuale

dei giovani sul totale della popolazione corrisponde ad un valore assai

più basso (15.83%), quasi dimezzato, rispetto alle altre due aree con-

siderate, entrambe intorno al 30% di giovani sul totale della popola-

zione. La percentuale delle persone anziane presenta anch’essa dei va-

lori nettamente difformi tra i Paesi della Riva Nord (17.44%) confron-

tati con quelli della Riva Est (5.50%) e della Riva Sud (4.95%), segna-

le evidente che la maggior parte dei Paesi facenti parte delle zone asia-

tica ed africana non ha raggiunto a pieno la fase della “seconda transi-

zione demografica”4.

3Livello delle nascite che permette ad una popolazione di riprodursi mantenendo costante la pro-

pria struttura demografica. In Italia, ad oggi, pari a 2,1. 4In più occasioni è stato evidenziato (Van de Kaa 1987, p. 8; Surkyn, Lesthaeghe 2004, p. 47)

che il processo di seconda transizione demografica ha interessato soprattutto la parte occidentale

del Sud Europa. Concettualmente, a differenza del processo di prima transizione demografica, lì dove sono evidenziati diminuzioni nel livello di natalità accompagnato in seguito da un declino

della mortalità sino a raggiungere una fase di ri-equilibrio, nel processo di seconda transizione

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È indubbio che le considerazioni effettuate pocanzi meritereb-

bero uno spazio ben più ampio in ragione di eventi demografici che

influenzano, e nello stesso tempo sono influenzati, dall’economia

(Moretti 1996, p. 204); o forse, i processi teorici e quelli empirici sono

verosimilmente interrelati tra loro il che rende arduo distinguere le

cause dagli effetti (De Santis 1997, p. 23). Lo stesso dicasi per altri

aspetti di più facile evidenza, in cui per rendere possibili i confronti

nel tempo e nello spazio, vi sono circostanze dove risulta più opportu-

no fare ricorso ad alcuni indicatori sintetici, anche al fine di mettere in

evidenza taluni fenomeni che sono connessi con la struttura per età

(Blangiardo 1997, p. 34).

Un indicatore sintetico che consente di mostrare in maniera più

specifica l’invecchiamento raggiunto dalla popolazione è l’indice di

vecchiaia misurato come il rapporto tra la popolazione anziana (65 e

oltre) e la popolazione giovane (0-14); attraverso questo strumento si

nota che nei Paesi della Riva Nord, mediamente e nell’anno 2006, ri-

sultano esserci 110 anziani per ogni 100 giovani mentre lo stesso valo-

re risulta essere pari a 18 nella Riva Est e addirittura nella Riva Sud

per ogni 100 giovani risultano esserci 16 persone in età anziana. Si po-

trebbe pensare, per queste ultime due aree considerate, un futuro di

sviluppo e crescita economica in ragione di una forza lavoro che con-

tinua ad aumentare ma, come si vedrà in seguito, le riflessioni da ef-

fettuare sono ben altre perché lo stato di sottosviluppo in cui versano

questi Paesi lascia poco spazio a previsioni di crescita incoraggianti e

di immediata realizzazione.

Un indice di rilevanza socio-economica, attraverso il quale si

indica il carico relativo di giovanissimi e anziani sulla collettività pre-

sunta attiva, è rappresentato dal carico sociale (o indice di dipenden-

za), ovvero il rapporto tra la popolazione inattiva (popolazione com-

presa negli intervalli 0-14 e 65 anni e più) rispetto a quella potenzial-

mente produttiva (popolazione tra i 15 e i 64 anni). Dai dati in que-

stione si nota che vi è un sostanziale equilibrio tra le aree. Nella Riva

Nord su 100 persone ve ne sono circa 50 in condizioni di inattività,

nella Riva Est questo valore risulta essere pari a 54 e, similarmente,

nella Riva Sud le persone in condizione di inattività, per ogni 100, ri-

sultano essere 56.

demografica le implicazioni che includono questo cambiamento vengono sintetizzate conside-

rando fattori socio-culturali come il passaggio dai matrimoni alle convivenze, l'idea della con-traccezione preventiva sino alla auto-determinazione del figlio, la modifica della struttura fami-

liare prima uniforme ed oggi pluralistica (Van de Kaa 1987, p. 11).

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Tab. 2. Stratificazione della popolazione nell'area del bacino Mediterraneo. Anno 2006

Paesi Pop. età 0-14 Pop. età 15-64 Pop. Età 65 e oltre

POP. TOT. % v. a. % v. a. % v. a.

Portogallo 15.63 1654705 67.37 7134011 17.00 1800594 10589300

Spagna 14.47 6383205 68.66 30292714 16.87 7445381 44121300

Francia 18.34 11236604 65.35 40031984 16.31 9988011 61256600

Italia 13.94 8204569 66.12 38905153 19.94 11733078 58842800

Slovenia 13.93 279547 70.27 1410263 15.80 316990 2006800

Croazia 15.27 678098 67.41 2993756 17.32 769446 4441300

Bosnia and Herzegovina 17.32 679995 68.63 2694582 14.05 551829 3926406

Macedonia 19.24 391752 69.49 1415141 11.27 229483 2036376

Albania 25.50 809033 65.83 2088188 8.67 274937 3172155

Grecia 14.16 1578362 67.39 7512577 18.45 2056149 11147100

Malta 16.97 68886 69.59 282527 13.45 54588 406000

Riva Nord 15.83 31964756 66.73 134760897 17.44 35220487 201946137

Turchia 27.85 20324632 66.48 48513269 5.67 4137099 72975000

Cipro 19.37 149375 68.33 526969 12.30 94855 771200

Siria 36.03 6992951 60.78 11796108 3.19 618499 19407558

Libano 28.23 1144897 64.48 2614663 7.29 295741 4055301

Israele 27.87 1964262 62.04 4373255 10.09 711084 7048600

Giordania 36.53 2023123 60.20 3333729 3.26 180747 5537600

Riva Est 29.69 32599240 64.81 71157994 5.50 6038026 109795259

Marocco 29.73 9066991 64.98 19818094 5.28 1611468 30496553

Algeria 28.94 9652820 66.48 22171536 4.58 1526782 33351137

Tunisia 25.35 2567605 68.35 6922212 6.30 638273 10128100

Libia 30.24 1825923 65.86 3976960 3.90 235761 6038643

Egitto 32.99 24465970 62.14 46085726 4.87 3614801 74166496

Riva Sud 30.86 47579308 64.19 98974527 4.95 7627084 154180929

TOT. 24.07 112143304 65.44 304893418 10.49 48885597 465922325

Fonte: World Development Indicators 2008

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Fig. 2. Indice di vecchiaia, Indice di carico sociale. Anno 2006

Fonte: elaborazione propria su dati United Nations 2008.

CONVERGENZA E INDICE DI SVILUPPO UMANO

Gli elementi di divergenza tra le aree analizzate inducono a svariate

considerazioni, a secondo degli elementi che, di volta in volta, si

prendono in esame. Diventa pertanto essenziale, anche per la defini-

zione di possibili interventi di politica economica, esaminare con at-

tenzione l'entità di queste differenze, la loro evoluzione negli ultimi

anni, la dinamica di questi divari tra i Paesi oggetto di studio.

Un'ipotesi molto semplice avanzata dagli studiosi della crescita ri-

guarda l'esistenza di un processo di convergenza economica nel quale

le regioni più povere crescono a tassi maggiori di quelle inizialmente

più ricche (la c.d. beta-convergenza). Nel lungo periodo questo pro-

cesso dovrebbe portare ad una eguaglianza nei livelli di ricchezza pro

capite tra i vari sistemi economici. Il meccanismo alla base di questo

processo di convergenza viene individuato nella minore dotazione ini-

ziale di capitale dei paesi più poveri che garantisce rendimenti e cre-

scita maggiore nel corso del tempo. In estrema sintesi, si ricorre al

modello di crescita neoclassico più tradizionale (Solow 1956, p. 66).

La maggior parte delle verifiche empiriche ha tuttavia mostrato l'esi-

stenza di una convergenza di tipo “condizionato”, secondo la quale i

diversi sistemi economici - caratterizzati da profonde differenze nelle

condizioni di partenza - tendono a convergere, non verso un identico

livello di prodotto pro-capite, bensì verso un proprio stato stazionario

determinato appunto dalle specificità di ciascuna economia (Paci

2000, p. 2) e comunque si tenderebbe alla convergenza verso un tasso

comune di lungo periodo (Pigliaru 2001, p. 2).

Diversi contributi sono presenti in letteratura attraverso i quali,

utilizzando il modello di crescita, sono stati analizzati la dinamica dei

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

Indice di vecchiaia Indice di carico sociale

Riva NORD Riva EST Riva SUD

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15

differenziali regionali di disoccupazione (Boldrin, Canova 2001, p.

213), le differenze osservate nel reddito pro-capite e nella produttività

del lavoro (Aiello, Scoppa 1999, p.17) e il processo di convergenza, il

quale risulta essere tanto più sostenuto quanto più robusta è la relazio-

ne negativa tra tasso di out-migration della forza lavoro agricola e li-

vello iniziale della sua quota nell'economia (Mas-Colell, Razin 1973,

p. 72).

Nel presente lavoro, invece, per analizzare in maniera sintetica i

divari presenti all’interno di questo ambito territoriale osservato, si è

pensato di ricorrere al già noto Indice di Sviluppo Umano (Human

Development Index) piuttosto che considerare esclusivamente il PIL

pro-capite. Ciò, nell'ottica di valutare più che la crescita in senso stret-

to, la convergenza nei livelli di sviluppo nella quale si tiene conto an-

che del capitale (soprattutto naturale) che si perde nei processi di cre-

scita (Anand, Sen 1994, p. 3).

Questo indicatore di carattere macroeconomico considera, infat-

ti, differenti fattori oltre al PIL pro-capite, ovvero l’alfabetizzazione e

la speranza di vita alla nascita. I valori sono espressi in millesimi con

un range che varia da 0 a 1; la suddivisione evidenzia i paesi ad alto

sviluppo umano (1≥ HDI ≥0,800), paesi a medio sviluppo (0,799≥

HDI ≥0,500) e paesi a basso sviluppo umano (0,499≥ HDI ≥0).

Questo indice, creato nel 1990, prende avvio dalla considera-

zione che “Gli esseri umani costituiscono il vero fine delle loro attività

e il loro sviluppo deve essere centrato sull’accrescimento del loro suc-

cesso, libertà e possibilità. (…) Il reddito, i prodotti e la ricchezza

hanno una loro strumentale importanza ma essi non costituiscono una

misura diretta dello standard di vita di se stessi” (Anand, Sen 1994, p.

1). Si parla di possibilità (capabilities) intesa come la libertà individu-

ale di acquisire lo star bene, evidenziando, in questo modo, le diffe-

renti condizioni di partenza dei singoli individui sia per motivi di or-

dine economico (insufficienza di reddito) e sia per motivi legati ad e-

lementi esogeni alle proprie condizioni personali (regioni contaminate

da malattie, malnutrizione, sottosviluppo, inadeguate condizioni sani-

tarie).

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Fig. 3. Processo di convergenza. Anni 1990 – 20055

Fonte: World Development Indicators 2008

Dal grafico sopra esposto (fig.3) si rileva empiricamente una re-

lazione negativa tra livello iniziale dell'HDI e suo successivo tasso di

crescita. L'approccio di convergenza predice che il tasso di crescita

della variabile in esame (HDI) nell'arco di tempo T=15 anni dipenda

negativamente dal suo valore iniziale.

Qualora si ipotizzi che le differenze strutturali tra i sistemi eco-

nomici siano tali da rendere impossibile la crescita verso uno stato

stazionario, sarebbe necessario introdurre nell'equazione altre variabili

esplicative che tengano conto di tali differenze ma, in questa sede, l'e-

lemento sul quale soffermare l'attenzione è il fatto che si può parlare

di “sviluppo che tende alla convergenza” tra i Paesi osservati: i Paesi

che partono da alti livelli di HDI (sostanzialmente quelli della Riva

Nord e qualcuno della Riva Est) registrano tassi di sviluppo molto de-

boli, addirittura di valore negativo nel caso della Francia (-7,31%) e

Israele (-0,64%), mentre i Paesi con bassi valori di partenza di svilup-

po umano (generalmente Riva Sud) evidenziano sentieri di sviluppo

altamente positivi, collocati in una classe di valori compresi tra il 25%

ed il 50% circa. Il grafico presenta un valore vistosamente outlier (E-

gitto) ma ciò non pregiudica la bontà di adattamento del modello (R-

quadro = 0,844).

Evidenziando il trend registrato dall'HDI nelle tre macro-aree

che compongono il bacino Mediterraneo si evince che tra il 2000 e il

2005 i tre Paesi con il più alto valore di HDI siano esclusivamente del-

5In assenza di disponibilità di informazioni, solo per alcuni Paesi l'intervallo temporale è modifi-

cato: Croazia 1995-2005; Slovenia 1995-2005; Macedonia 1995-2005; Bosnia and Herzegovina

2000-2005.

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la Riva Nord (Francia, Italia e Spagna); le ultime tre posizioni, invece,

sono occupate stabilmente da alcuni Paesi facenti parte della Riva

Sud-Est (Siria, Egitto, Marocco). All'interno delle singole aree, nel

quinquennio considerato, i Paesi della Riva Nord (fig.4), hanno regi-

strato un trend in lieve aumento e i valori dell'HDI si concentrano tra

uno 0.952 come massimo (Francia nel 2005) e uno 0.772 come valore

minimo (Macedonia nel 2000). Nei Paesi della Riva Sud (fig.5), di

contro, le positività registrate nei cinque anni considerati non modifi-

cano molto le condizioni di sviluppo dei Paesi interni all'area eviden-

ziando valori compresi nella fascia centrale (medium human develo-

pment) tra lo 0.602 del Marocco nell'anno 2000 e lo 0.818 della Libia

nel 2005. La Riva Est, invece, presenta un duplice aspetto: Israele e

Cipro evidenziano andamenti diversi rispetto agli altri Paesi di questa

area, come può essere desunto dalla fig. 6. I primi si attestano su valo-

ri di HDI intorno lo 0.9 mentre gli altri intorno a valori più bassi, infe-

riori allo 0.7 e mai superiori allo 0.8.

Fig. 4. Evoluzione di HDI. Anni 2000 - 2005. Riva Nord

Fonte: World Development Indicators 2008

0,700

0,750

0,800

0,850

0,900

0,950

1,000

2000 2001 2002 2003 2004 2005

Portogallo

Spagna

Francia

Italia

Slovenia

Croazia

Bosnia-Erzegovina

Macedonia

Albania

Grecia

Malta

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Daedalus 2011 Sguardi incrociati sul Mediterraneo

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Fig. 5. Evoluzione di HDI. Anni 2000 - 2005. Riva Est

Fonte: World Development Indicators 2008

Fig. 6. Evoluzione di HDI. Anni 2000 - 2005. Riva Sud

Fonte: World Development Indicators 2008

Stessa considerazione può essere effettuata per quanto concerne

il livello di reddito pro-capite e la speranza di vita alla nascita.

Per quanto attiene al primo aspetto si osserva che in una classi-

ficazione tra i Paesi dell'area mediterranea, tra i primi posti, nei cinque

anni considerati (2000-2005), si rileva la presenza costante di Italia e

Francia nelle prime due posizioni, insieme ad altri paesi della Riva

0,650

0,700

0,750

0,800

0,850

0,900

0,950

2000 2001 2002 2003 2004 2005

Turchia

Cipro

Siria

Libano

0,550

0,600

0,650

0,700

0,750

0,800

0,850

2000 2001 2002 2003 2004 2005

Marocco

Algeria

Tunisia

Libia

Egitto

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Daedalus 2011 Sguardi incrociati sul Mediterraneo

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Nord mentre in coda troviamo Paesi della Riva Est quali Siria e Gior-

dania. Si passa da un reddito medio pro-capite intorno i 30.000 dollari

l'anno per i Paesi della Riva Nord sino a raggiungere i valori più bassi

attesi tra i 4.000 e gli 8.000 dollari pro-capite registrati dai Paesi della

Riva Sud, eccezion fatta per il Marocco, il quale ha registrato nell'an-

no 2005 un valore pari a 10.335 dollari.

Per quanto concerne, invece, la speranza di vita alla nascita dei

Paesi interni all'area, i valori sono compresi tra 70,4 anni del Marocco

nel 2005 sino ad un livello massimo di poco più di 80 anni per alcuni

Paesi della Riva Nord (80,5 la Spagna, 80,3 l'Italia e 80,2 la Francia) e

l'Israele, nello stesso periodo considerato, pari a 80,3 anni di durata di

vita media alla nascita.

Tab. 2: Pil pro-capite, area Med. Anni 2000-2005

Paesi 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Riva Nord

Portogallo 17290 18150 18280 18126 19629 20410

Spagna 19472 20150 21460 22391 25047 27169

Francia 24223 23990 26920 27677 29300 30386

Italia 23626 24670 26430 27119 28180 28529

Slovenia 17367 17130 18540 19150 20939 22273

Croazia 8091 9170 10240 11080 12191 13042

Bosnia-Erzegovina n.d. 5970 5970 5967 7032 7032

Macedonia 5086 6110 6470 6794 6610 7200

Albania 3506 3680 4830 4584 4978 5316

Grecia 16501 17440 18720 19954 22205 23381

Malta 17273 13160 17640 17633 18879 19189

Riva Est

Turchia 6974 5890 6390 6772 7753 8407

Cipro 20824 21190 18360 18776 22805 22699

Siria 3556 3280 3620 3576 3610 3808

Libano 4308 4170 4360 5074 5837 5584

Israele 20131 19790 19530 20033 24382 25864

Giordania 3966 3870 4220 4320 4688 5530

Riva Sud

Marocco 3546 3600 3810 4004 4309 2178

Algeria 5308 6090 5760 6107 6603 7062

Tunisia 6363 6390 6760 7161 7768 8371

Libia 7570 7570 7570 7570 7570 10335

Egitto 3635 3520 3810 3950 4211 4337

Fonte:World Development Indicators 2008

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Daedalus 2011 Sguardi incrociati sul Mediterraneo

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Tab.3: Speranza di vita alla nascita, area Med. Anni 2000-2005

Paesi 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Riva Nord

Portogallo 75.7 75.9 76.1 77.2 77.5 77.7

Spagna 78.5 79.1 79.2 79.5 79.7 80.5

Francia 78.6 78.7 78.9 79.5 79.6 80.2

Italia 78.5 78.6 78.7 80.1 80.2 80.3

Slovenia 75.5 75.9 76.2 76.4 76.6 77.4

Croazia 73.8 74.0 74.1 75.0 75.2 75.3

Bosnia-Erzegovina n.d. 73.8 74.0 74.2 74.3 74.5

Macedonia 73.1 73.3 73.5 73.8 73.9 73.8

Albania 73.2 73.4 73.6 73.8 73.9 76.2

Grecia 78.2 78.1 78.2 78.3 78.3 78.9

Malta 78.0 78.1 78.3 78.4 78.6 79.1

Riva Est

Turchia 69.8 70.1 70.4 68.7 68.9 71.4

Cipro 78.0 78.1 78.2 78.6 78.7 79.0

Siria 71.2 71.5 71.7 73.3 73.6 73.6

Libano 73.1 73.3 73.5 72.0 72.2 71.5

Israele 78.7 78.9 79.1 79.7 80.0 80.3

Giordania 70.3 70.6 70.9 71.3 71.6 71.9

Riva Sud

Marocco 67.6 68.1 68.5 69.7 70.0 70.4

Algeria 69.6 69.2 69.5 71.1 71.4 71.7

Tunisia 70.2 72.5 72.7 73.3 73.5 73.5

Libia 70.5 72.4 72.6 73.6 73.8 73.4

Egitto 67.3 68.3 68.6 69.8 70.2 70.7

Fonte: World Development Indicators 2008

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SALDO MIGRATORIO E INDICE DI SVILUPPO UMANO. ALCUNE

CONSIDERAZIONI

Secondo la teoria economica, le migrazioni diminuiscono in presenza

di una liberalizzazione che consente ai beni ed ai capitali di circolare

liberamente all'interno dell'area mediterranea, essendo capitale e lavo-

ro caratterizzati da un certo grado di sostituibilità6. La conseguenza di

ciò dovrebbe essere un aumento del livello di benessere degli indivi-

dui che abitano l'area mediterranea.

In questo paragrafo proviamo a verificare in maniera prelimina-

re se tale intuizione possa essere confermata per il partenariato euro-

mediterraneo attraverso un'analisi di correlazione lineare tra il saldo

migratorio e l'indice di sviluppo umano con intervalli quinquennali a

partire dal 1990 e sino al 2005.

Tab. 4. Indice di correlazione tra saldo migratorio e indice di sviluppo

umano (HDI). Dal 1990 al 2005

Correlazione Anno 1990

Saldo migratorio HDI

Saldo migratorio Correlazione di Pearson 1000 0,638*

Sign. (2-code)

0,004

Correlazione Anno 1995

Saldo migratorio HDI

Saldo migratorio Correlazione di Pearson 1000 0,736*

Sign. (2-code)

0,000

Correlazione Anno 2000

Saldo migratorio HDI

Saldo migratorio Correlazione di Pearson 1000 0,792*

Sign. (2-code)

0,000

Correlazione Anno 2005

Saldo migratorio HDI

Saldo migratorio Correlazione di Pearson 1000 0,596*

Sign. (2-code)

0,000

* La correlazione è significativa al livello 0,01 (2-code)

Dai risultati ottenuti, evidenziati in tabella 4, si osserva che la

correlazione tra le due variabili esaminate è andata via via aumentan-

do. Partendo dal 1990 (0,638), il legame tra le variabili “si è rafforza-

6Ci si riferisce al teorema di Heckscher - Ohlin sulla produzione dei fattori: in regime di libero

scambio, ogni paese si specializza nel produrre ed esportare il bene che utilizza più intensamente

il fattore produttivo più abbondante.

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to” (nel 1995 pari a 0,736 e nel 2000 uguale a 0,792) sino ad arrivare

ad una riduzione nel 2005 (0,596). Questa diminuzione netta dell'indi-

ce di correlazione è dovuta al fatto che vi sono valori anomali che in-

ficiano l'analisi di associazione tra le due variabili oggetto di studio.

Se dall'analisi escludessimo la Spagna, evidentemente outlier, il valore

nel 2005, risulterebbe essere pari a 0,701. In sintesi, il legame tra le

due variabili risulta essere non trascurabile e di segno positivo. Si ag-

giunga, per completare l'analisi, che il valore risulta essere abbastanza

significativo (0,01 considerando una distribuzione con due code).

Dunque ad un aumento del saldo migratorio tra i Paesi (immi-

grazioni>emigrazioni) si accompagna un aumento del livello di svi-

luppo umano raggiunto dai Paesi di destinazione dei flussi migratori

mentre i Paesi che ricorrono all'emigrazione generano un più contenu-

to livello di sviluppo.

Le considerazioni appena effettuate possono essere visualizzate

graficamente (fig. 6, fig. 7): scomponendo l'analisi in quinquenni si

osserva che l'andamento della distribuzione tra il 1990 e il 2005 ha e-

videnziato una concentrazione intorno a valori medio-alti di sviluppo

(0,650<HDI<0,900) e intorno a valori di sostanziale equilibrio tra

immigrazioni ed emigrazioni eccetto per Paesi outlier come la Spagna

e l'Italia.

Fig. 6. Correlazione tra saldo migratorio e HDI. Anno 1990

Fonte: World Development Indicators 2008

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Fig. 7. Correlazione tra saldo migratorio e HDI. Anno 2005

Fonte: World Development Indicators 2008

CONCLUSIONI

A distanza di un anno dall'attivazione della zona di libero scambio tra

i Paesi facenti parte dell'area mediterranea, i presupposti che ne ave-

vano animato il dibattito sono rimasti questioni irrisolte. La conver-

genza sperata in termini di sviluppo umano, che avrebbe dovuto porta-

re ad una diminuzione del divario sociale ed economico tra i paesi del-

la Riva Nord e quelli della Riva Sud ed Est, è avviata ma lungi dall'es-

sere raggiunta definitivamente.

Il presente lavoro giunge a queste conclusioni attraverso un'ana-

lisi dei trend migratori tra i paesi dell'area euro-mediterranea ed attra-

verso un'analisi preliminare di correlazione tra migrazioni ed indice di

sviluppo umano. Pur in assenza dell'individuazione di un nesso di cau-

salità, lo studio evidenzia come il processo di integrazione e relativa

convergenza tra paesi rispetto all'indice di sviluppo umano non abbia

avuto uno slancio dalla Conferenza di Barcellona ad oggi, e che i be-

nefici del processo di integrazione, in termini di sviluppo umano, si

siano registrati principalmente nei paesi della Riva Nord del Mediter-

raneo, verosimilmente a causa dell'aumento di immigrazione; non si è

registrato, invece, un significativo aumento dello sviluppo umano per i

paesi della Riva Est e della Riva Sud, per come previsto dagli obiettivi

del partenariato.

Seppure in via preliminare, ciò che scaturisce dal presente lavo-

ro è che in termini di integrazione, a quasi un anno dall'attivazione

della zona di libero scambio, non si può certamente parlare di obiettivi

raggiunti. Nel considerare ancora il Mediterraneo come un'opportunità

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si commetterebbe, senza dubbio, un altro errore di valutazione. Le di-

sparità in termini di sviluppo umano, infatti, permangono e si consoli-

dano tra i paesi euro-mediterranei; il primo obiettivo di una nuova fase

di integrazione dovrebbe essere proprio l'eliminazione di tali disparità,

nell'ottica di un reale processo di convergenza del benessere sociale ed

economico.

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