316 - Aracne editrice · normativa del falso in bilancio, come innovata dal D. lgs. 11 aprile 2002,...

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A13316

Il falso in bilancio

Valerio Cellini

Aspetti economico–aziendalie giuridici

Copyright © MMVIIIARACNEeditrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2271–9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre 2008

A mia moglie Nunzia,

ai miei figli Alberto e Riccardo

7

INDICE

PREFAZIONE .............................................................................. p. 15

CAPITOLO I ALCUNI FONDAMENTI SULLE COMUNICAZIONI SOCIALI

E SUL BILANCIO IN PARTICOLARE

I.1 Interdisciplinarietà dello studio .......................................... p. 17 I.2 Il bilancio d’esercizio nell’ambito delle comunica-

zioni sociali ......................................................................... p. 18 I.3 Le origini storiche del bilancio d’esercizio e l’etimo-

logia della parola bilancio .................................................. p. 26 I.4 La funzione originaria del bilancio d’esercizio ................. p. 29 I.5 L’evoluzione storica ed economico–sociale delle

funzioni attribuite al bilancio d’esercizio .......................... p. 32 I.5.1 Segue: il rapporto di derivazione del bilancio d’eser-

cizio dalla contabilità d’impresa ....................................... p. 33 I.5.2 Segue: la funzione del bilancio quale documento

interno all’impresa ..................................................... p. 36 I.5.3 Segue: le categorie di interessi tutelate (o tutelabi-

li) mediante il bilancio d’esercizio destinato a pub-blicazione e la loro possibile compatibilità o in-compatibilità .............................................................. p. 40

Indice 8

CAPITOLO II LE FINALITÀ E LA DISCIPLINA DEL BILANCIO D’ESERCIZIO

NELL’EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE

II.1 L’evoluzione della disciplina legislativa italiana in

materia di bilancio d’esercizio: dal 1865 al 1942 ............. p. 49 II.1.1 Segue: dal 1942 al 1974 ............................................. p. 50 II.1.2 Segue: dal 1974 al 1991 ............................................. p. 56 II.1.3 Segue: dal 1991 al 2002 (il recepimento della IV e

VII Direttiva CEE con il D. lgs. n. 127 del 1991) ....... p. 64 II.1.4 Segue: dal 2002 ad oggi (l’introduzione dei prin-

cipi contabili internazionali IAS/IFRS) ....................... p. 72 II.2 Il ruolo dei principi contabili internazionali IAS/IFRS

come fonti del diritto ......................................................... p. 80 II.3 Cenni sulla struttura e sugli schemi di bilancio se-

condo la normativa italiana e secondo i principi con-tabili internazionali IAS/IFRS .......................................... p. 85

CAPITOLO III LA FATTISPECIE NORMATIVA DEL FALSO IN BILANCIO:

ORIGINI, EVOLUZIONE ED ATTUALI CONTENUTI

III.1 Il controllo delle attività economiche delle società:

dalla sorveglianza governativa al sistema dell’infor-mativa esterna di bilancio .................................................. p. 87

III.2 Le fattispecie normative in generale: dagli articoli

246 e 247 del Codice di commercio del 1882 all’at-tuale formulazione degli articoli 2621 e 2622, come integrati dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262, sulla tutela del risparmio ............................................................ p. 90

Indice

9

III.3 Gli attuali reati di “falso in bilancio”: il bene o i beni

giuridici tutelati .................................................................. p. 96

III.4 I soggetti attivi del reato ..................................................... p. 105 III.5 L’elemento oggettivo del reato .......................................... p. 117

III.5.1 Qualificazione della condotta commissiva in rela-

zione all’oggetto giuridico del reato ............................ p. 117 III.5.2 Qualificazione della condotta del falso in bilancio

in rapporto ai reati di truffa, di falso materiale e di

falso ideologico .......................................................... p. 123 III.5.3 Le condotte rilevanti nelle fasi progressive delle

rilevazioni contabili e della formazione del bilan-

cio d’esercizio ............................................................ p. 130 III.5.4 Segue: le “frodi contabili” relative ai ricavi .................. p. 131

III.5.4.1 Omessa fatturazione ed omessa registrazione

in contabilità .................................................. p. 132 III.5.4.2 Fatturazione e registrazione in contabilità per

un valore inferiore a quello reale (sottofattu-

razione in vendita ed eventuale esposizione di

crediti inferiori a quelli reali) ............................. p. 138 III.5.4.3 Fatturazione e registrazione in contabilità per

un valore superiore a quello reale (sovrafat-

turazione in vendita ed eventuale esposizione

di crediti superiori a quelli reali) ........................ p. 140 III.5.4.4 Fatturazione e registrazione in contabilità di

ricavi relativi ad operazioni in tutto o in parte

inesistenti, oppure contabilizzazione di crediti

in tutto o in parte inesistenti (emissione e re-

gistrazione di fatture per operazioni in tutto o

in parte inesistenti, o esposizione di crediti in

tutto o in parte fittizi) ....................................... p. 142 III.5.5 Segue: le “frodi contabili” relative ai costi ................... p. 146

III.5.5.1 Omessa contabilizzazione di costi (acquisti

senza fattura, oppure omessa registrazione in

contabilità di fatture d’acquisto) ......................... p. 147

Indice 10

III.5.5.2 Contabilizzazione di costi per un valore infe-

riore a quello reale (registrazione in conta-

bilità di fatture passive relative a costi infe-

riori a quelli effettivi, ed eventuale esposi-

zione di debiti inferiori a quelli reali) ................. p. 151 III.5.5.3 Contabilizzazione di costi per un valore supe-

riore a quello reale (registrazione in contabili-

tà di fatture passive relative a costi superiori a

quelli effettivi, ed eventuale esposizione di

debiti superiori a quelli reali) ............................ p. 153 III.5.5.4 Contabilizzazione di costi relativi ad opera-

zioni in tutto o in parte inesistenti, oppure

contabilizzazione di debiti in tutto o in parte

inesistenti (registrazione o utilizzazione di

fatture per operazioni in tutto o in parte inesi-

stenti, o esposizione di debiti in tutto o in par-te fittizi) ....................................................... p. 156

III.5.6 Segue: le “frodi contabili” relative alle attività ............ p. 160 III.5.6.1 Omessa contabilizzazione di attività .................. p. 162 III.5.6.2 Registrazione in contabilità di attività per un

valore inferiore a quello reale ........................... p. 164 III.5.6.3 Registrazione in contabilità di attività per un

valore superiore a quello reale .......................... p. 166 III.5.6.4 Registrazione in contabilità di attività in tutto

o in parte inesistenti ........................................ p. 168 III.5.7 Segue: le “frodi contabili” relative alle passività........... p. 170

III.5.7.1 Omessa contabilizzazione di passività ................ p. 171 III.5.7.2 Registrazione in contabilità di passività per

un valore inferiore a quello reale ....................... p. 173 III.5.7.3 Registrazione in contabilità di passività per

un valore superiore a quello reale ...................... p. 175 III.5.7.4 Registrazione in contabilità di passività in tut-

to o in parte inesistenti ..................................... p. 177 III.6 Le condotte tipiche nelle valutazioni di bilancio: il

cosiddetto “falso in valutazioni” ....................................... p. 178

Indice 11

III.6.1 Le diverse configurazioni del capitale d'azienda e le connesse differenti logiche di valutazione ................ p. 178

III.6.2 Le varie tipologie di bilancio e le connesse diverse prospettive di valutazione ........................................... p. 183

III.6.3 L’eventualità che possa esistere una “verità” di bi-lancio, o che possano coesistere più bilanci “veri-tieri” .......................................................................... p. 193

III.7 I procedimenti contabili relativi alle valutazioni in generale e le connesse fattispecie di “falso in valuta-zioni” .................................................................................. p. 202 III.7.1 Le fattispecie di “falso in valutazioni” dopo la ri-

forma del falso in bilancio .......................................... p. 211 III.7.2 Il problema delle soglie di punibilità ............................ p. 220 III.7.3 Ancora sulla rilevanza o significatività del falso ........... p. 228 III.7.4 Ipotesi di “falso in valutazioni” relativamente alle

attività ....................................................................... p. 234 III.7.5 Ipotesi di “falso in valutazioni” relativamente alle

passività ..................................................................... p. 242 III.7.6 Ipotesi di “falso in valutazioni” relativamente alle

riserve ....................................................................... p. 243 III.8 Il cosiddetto “falso qualitativo” ......................................... p. 247 III.9 Le falsità connesse al bilancio consolidato ........................ p. 253

III.9.1 Le teorie sulle concentrazioni aziendali e sui gruppi di imprese ................................................................. p. 255 III.9.1.1 Segue: in particolare, i gruppi di imprese ............ p. 257 III.9.1.2 Segue: il perimetro e l’area di consolida-

mento dei gruppi di imprese ............................ p. 259 III.9.1.3 Segue: il ruolo delle fonti normative nei fe-

nomeni di consolidamento .............................. p. 260 III.9.2 La falsità nel bilancio consolidato ............................. p. 262

III.10 Osservazioni conclusive sull’“oggetto materiale” del

reato di falso in bilancio ................................................... p. 266 III.11 L’idoneità ingannatoria della condotta ............................. p. 268

Indice 12

III.12 L’evento di danno nel delitto di cui all’articolo 2622 cod. civ. ............................................................................ p. 271

III.13 Ancora sulla “clausola di riserva” di cui all’articolo 2621 cod. civ. ................................................................... p. 274

III.14 L’elemento soggettivo del reato ....................................... p. 276

III.14.1 L’elemento psicologico del falso in bilancio pri-ma della riforma ....................................................... p. 277

III.14.2 Il dolo nel falso in bilancio dopo la riforma ..................... p. 280

CAPITOLO IV BREVE RAFFRONTO TRA LE INVALIDITÀ DEL BILANCIO

RILEVABILI IN SEDE CIVILE E LA FALSITÀ DELLE

COMUNICAZIONI SOCIALI

IV.1 Annullabilità e nullità in generale .................................... p. 283 IV.2 Annullabilità e nullità in materia di bilancio ................... p. 285 IV.3 Annullabilità, nullità e falso in bilancio ........................... p. 289

CAPITOLO V OSSERVAZIONI SULLA REVISIONE CONTABILE COME

GARANZIA DELLA CORRETTEZZA DELL’INFORMAZIONE

SOCIETARIA

V.1 Il ruolo della revisione contabile nel sistema dell’in-formazione societaria ........................................................ p. 295

V.2 Cenni sui nuovi principi di revisione ................................ p. 297

V.2.1 Obiettivi, principi generali e pianificazione della revisione contabile del bilancio .................................. p. 298

V.2.2 La comprensione dell’azienda inserita nel suo con-testo e la valutazione dei rischi di errori significa-tivi ............................................................................ p. 300

Indice 13

V.2.3 Le procedure di revisione in risposta ai rischi iden-tificati e valutati e gli elementi probativi della re-visione ....................................................................... p. 300

V.2.4 La responsabilità del revisore nel considerare le frodi nel corso della revisione contabile del bi-lancio ........................................................................ p. 302

CAPITOLO VI “CORPORATE GOVERNANCE” E POSSIBILITÀ DI FRODI

NELLA COMUNICAZIONE DI BILANCIO

VI.1 Definizione di “corporate governance” in economia

aziendale ........................................................................... p. 305 VI.2 “Corporate governance” e comunicazione economi-

co–finanziaria d’impresa .................................................. p. 307 VI.3 “Corporate governance” e bilancio d’esercizio de-

stinato a pubblicazione ..................................................... p. 308 VI.4 Riflessioni sull’ampiezza e sul contenuto dell’infor-

mazione esterna d’impresa ............................................... p. 312 VI.5 Governance, informazione esterna e possibili con-

flitti di interessi ................................................................. p. 314 VI.6 Comunicazione di bilancio, autoregolamentazione

ed informazione volontaria .............................................. p. 316 VI.7 “Corporate governance”, comunicazione di bilancio

e creazione del valore ....................................................... p. 318 VI.8 La comunicazione di bilancio nei confronti degli in-

vestitori istituzionali ......................................................... p. 322 VI.9 Relazioni tra sistemi di governance e patologie

dell’informativa di bilancio .............................................. p. 326 VI.10 La funzione dell’“internal auditing” a tutela della

correttezza dell’informativa esterna d’impresa ................. p. 331

Indice 14

VI.11 Ilruolo dei principi contabili internazionali ..................... p. 333 VI.12 Considerazioni conclusive ................................................ p. 335

BIBLIOGRAFIA ............................................................................. p. 339

15

Prefazione

Il presente lavoro — frutto degli studi svolti durante un dottorato di ricerca in “economia e direzione aziendale” — nasce dall’intento di coniugare diversi approcci possibili alla tematica del “falso in bilan-cio”. In particolare, si è tentato di affrontare il settore di interesse at-traverso le due prospettive ragionieristica/economico–aziendale e giu-ridica, pur senza la pretesa di abbracciare tutte le problematiche teori-che ed applicative del vasto scenario delle false comunicazioni sociali.

Nell’opera, dopo l’accenno ad alcuni fondamenti sulle comunicazio-ni sociali e sul bilancio in particolare, si ripercorre brevemente l’evo-luzione della disciplina del bilancio d’esercizio nelle legislazioni sus-seguitesi nel tempo fino all’attuale epoca dei principi contabili inter-nazionali.

Ampio spazio viene dedicato nel III capitolo alla vigente fattispecie normativa del falso in bilancio, come innovata dal D. lgs. 11 aprile 2002, n. 61 e, da ultimo, dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262 sulla tutela del ri-sparmio (in vigore dal 12 gennaio 2006).

Le condotte rilevanti nelle fasi progressive delle rilevazioni conta-bili e della formazione del bilancio d’esercizio sono singolarmente a-nalizzate sia nelle manifestazioni delle “frodi contabili”, sia in quelle delle “frodi in valutazioni”. Particolare attenzione è riservata al pro-blema delle soglie di punibilità ed alla “rilevanza” o “significatività” del falso.

L’esame si estende, altresì, ai soggetti attivi e all’elemento psicolo-gico del reato.

Vengono poi svolte — nei capitoli IV e V — alcune brevi conside-razioni sulle invalidità del bilancio rilevabili in sede civile e sulla loro differenza con la falsità delle comunicazioni sociali, nonché talune os-servazioni sulla revisione contabile come strumento di tutela della cor-rettezza dell’informazione societaria.

Prefazione 16

Infine, l’ultimo capitolo è dedicato all’analisi di alcuni assetti di “corporate governance” ed alle possibili connessioni con le frodi nella comunicazione esterna di bilancio.

Il filo conduttore che lega l’articolato discorso prende le mosse dall’interrogativo su quale sia oggi l’interesse protetto dalla norma e-saminata, se cioè la comunicazione esterna d’impresa sia connessa al regolare funzionamento delle società commerciali; se questo funzio-namento abbia influenza, più o meno diretta, sull’interesse pubblico al buon andamento dell’economia; quale, di conseguenza, possa o debba essere il modello di controllo statuale sulla trasparenza dell’infor-mazione societaria; oppure se la veridicità dei bilanci serva, più con-cretamente, a garantire la tutela di interessi privatistici e patrimoniali, quali quelli dei soci, dei creditori e delle altre categorie di terzi speci-ficamente individuate.

L’iniziativa del legislatore della riforma della legge sul risparmio del 2005 e la recente grande crisi del capitalismo finanziario dimo-strano quanto sia attuale l’attenzione da annettere alle problematiche del “falso in bilancio”, e come permanga ancora fortissima, anche in questo campo, l’esigenza dell’intervento regolatore dello Stato a tutela del bene collettivo della trasparenza delle comunicazioni societarie.

C’è da aspettarsi (e da auspicarsi), pertanto, che la materia oggetto di analisi possa essere soggetta, nel breve periodo, ad ulteriori revisio-ni normative, nel senso di inasprire quello che dovrebbe essere uno dei presidi fondamentali a tutela dell’interesse pubblico al buon andamen-to delle relazioni economiche.

Si ringraziano il dott. Tommaso Zanini per i preziosi suggerimenti in sede di stesura, e la dott.ssa Beatrice Frazza per l’attento contributo fornito nella rilettura dello scritto.

Un ringraziamento particolare ed affettuoso va al Prof. Giuseppe Ceriani, Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università degli studi di Verona, per la sua sapiente ed illuminante opera di insegna-mento, per la sua guida sicura e per il generoso sostegno scientifico ed umano. Verona, 24 ottobre 2008

L’Autore

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CAPITOLO I

ALCUNI FONDAMENTI SULLE COMUNICAZIONI SOCIALI E SUL BILANCIO IN PARTICOLARE

I.1 Interdisciplinarietà dello studio

L’oggetto del presente studio presuppone necessariamente un ap-

proccio interdisciplinare. È innegabile, infatti, che la tematica del bi-lancio — specie se intesa in senso lato — è comune a molteplici di-scipline dell’area economico–aziendalistica e dell’area giuridica, qua-li la ragioneria, il diritto civile, il diritto commerciale, il diritto tribu-tario.

Indirizzando poi l’indagine al Falso in bilancio, così come, nel lin-guaggio comune e nella pratica professionale e giudiziaria, viene qua-lificata la più ampia fattispecie delle False comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile1, occorre fare riferimen-to anche agli istituti del diritto penale, applicati, in particolare, ai reati societari.

Da queste brevi premesse si può comprendere l’esigenza di delimi-tare il più esattamente possibile l’area ed i confini di questo lavoro, che non ha, pertanto, la pretesa di abbracciare tutte le problematiche teoriche ed applicative delle False comunicazioni sociali.

Si tratta allora, in primo luogo, di discernere la species del bilancio o, per meglio dire, dei bilanci nell’ambito del genus delle “comunica-zioni sociali”.

1 Nella formulazione introdotta dall’art. 30, c. 1°, L. 28 dicembre 2005, n. 262 (nota come

“legge sul risparmio”), in vigore dal 12 gennaio 2006.

Capitolo I 18

I.2 Il bilancio d’esercizio nell’ambito delle comunicazioni sociali

È noto come da tempo sia stata applicata all’azienda un’analisi di

tipo “sistemico”2. In particolare, con riguardo alla tematica che qui interessa, occor-

re rivolgere l’attenzione al sistema delle relazioni azienda/ambiente e, più specificamente, al sistema delle comunicazioni d’azienda “e-sterne”.

Tale sistema è composito, dal momento che complesse e variegate sono le esigenze informative dei potenziali destinatari, tuttavia, può essere schematizzato in tre filoni principali3:

a) la comunicazione commerciale, finalizzata essenzialmente al-l’illustrazione ed alla promozione dei prodotti nei confronti dei possibili clienti;

b) la comunicazione socio–ambientale, che ha il fine di eviden-ziare la capacità dell’azienda di “creare valore” a favore degli interlocutori sociali ai vari livelli: dipendenti, sindacati, asso-

2 Già GINO ZAPPA, nell’attuazione della “rivoluzione” redditualista, propose un’interpreta-

zione dei valori d’azienda in un’ottica sistemica e non atomistica, sostituendo alla staticità della misurazione dei fondi l’analisi della dinamica dei flussi e la loro evoluzione per effetto della gestione. Si consulti, al riguardo, G. ZAPPA, Il reddito di impresa, Milano, 1950, pp. 357 e ss. Nella scia della concezione sistemica dei valori aziendali, con particolare riferimento al bilancio, si possono citare, tra gli altri, A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1956; P. ONIDA, Il bilancio d’esercizio delle imprese. Significato economico del bilancio.

Problemi di valutazione. Milano, 1974; C. MASINI, Il sistema dei valori d’azienda, Milano, 1977; G. FERRERO, Il calcolo economico del reddito di esercizio e del capitale di bilancio, Milano, 1968; A. AMADUZZI, I bilanci d’esercizio delle imprese, Torino, 1981; N. ROSSI, Ri-

levazioni d’impresa, Milano, 1950; P. CAPALDO, Reddito, capitale e bilancio di esercizio, Mi-lano, 1998; F. SUPERTI FURGA, Reddito e capitale nel bilancio di esercizio, Milano, 1987; E. ARDEMANI, L’impresa. Economia – Controllo – Bilancio vol. I, L’Economia delle imprese, Milano, 1982; G. BRUNI, Le strutture di bilancio, Milano, 1970; G. BRUNI, La contabilità di

esercizio finalizzata agli schemi di bilancio, in Aa.Vv., La contabilità delle imprese e la IV

Direttiva CEE, Milano, 1980; G. CERIANI, Osservazioni critiche sul contenuto obbligatorio di

taluni bilanci di esercizio, Verona, 1984; A. BROGLIA GUIGGI, Il bilancio di esercizio destina-

to alla pubblicazione, Padova, 1990; G. CERIANI –A. BROGLIA GUIGGI, La formazione del bi-

lancio di esercizio civilistico, Padova, 1997; G. CERIANI, Fondamenti di Economia Aziendale, Padova, 2006. Sulla visione sistemica dell’azienda si consulti, fra gli altri, U. BERTINI, Il si-

stema d’azienda. Schema di analisi, Pisa, 1979. 3 Si è fatto riferimento alla classificazione proposta da M. ALLEGRINI, L’informativa di

periodo nella comunicazione economico–finanziaria, Milano, 2003, pp. 4 e ss.

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 19

ciazioni di categoria, fornitori, pubblica amministrazione, collettività pubblica in generale, dando dimostrazione delle risorse impiegate e di quelle generate e redistribuite, nel ri-spetto dell’ambiente, nei confronti delle istituzioni sociali in-tese in senso lato;

c) la comunicazione economico–finanziaria, indirizzata a consentire a tutti i possibili interessati ed interlocutori aziendali — ma in primo luogo agli apportatori di capitale, sia esso proprio sia esso di prestito — l’interpretazione e la valutazione delle situazioni patrimoniali, dei flussi finanziari e dei risultati reddituali dell’azienda sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, consentendo altresì di prefigurare le prospettive future dell’impresa, ossia le sue condizioni di equilibrio e le sue possibilità di sviluppo “a valere nel tempo”4.

Quest’ultima tipologia di comunicazione ha come scopo, in estrema sintesi, quello di «consentire un opportuno scambio di informazioni relati-ve agli aspetti economici, finanziari e patrimoniali della gestione tra l’azienda ed i soggetti interessati ai suoi andamenti in relazione alle reci-proche necessità ed esigenze»5.

L’autore da ultimo citato propone un’ulteriore classificazione6 del sistema delle comunicazioni esterne in tre sottosistemi:

a) la comunicazione dovuta, ossia quell’insieme di documenti

informativi obbligatori imposti alle imprese dalla legge e dai regolamenti a favore di tutte le categorie di possibili soggetti interessati, ma in particolare di coloro i quali, per l’asim-metrica distribuzione dei rapporti di forza nell’economia di mercato, sono esclusi dai più significativi e privilegiati canali informativi perchè dispongono di un potere contrattuale assai

4 Secondo la celebre definizione di E. GIANNESSI, Le aziende di produzione originaria, Pi-

sa, 1960, p. 63. 5 G. DI STEFANO, Il sistema delle comunicazioni economico–finanziarie nella realtà a-

ziendale moderna, Milano, 1990, p. 151. 6 G. DI STEFANO, Il sistema delle comunicazioni economico–finanziarie nella realtà a-

ziendale moderna, Milano, 1990, pp. 154 e ss.

Capitolo I 20

poco rilevante e, come tali, necessitano di una tutela istitu-zionale, cioè, in questo senso, pubblica7;

b) la comunicazione voluta, che costituisce un aggregato di in-formazioni aggiuntive ed integrative di quelle obbligatorie, calibrate a misura delle esigenze di particolari classi di inter-locutori dell’azienda, quali ad esempio i fornitori, gli altri ad-detti ai lavori, gli enti finanziatori, gli analisti finanziari e d’impresa, gli investitori, le organizzazioni sindacali. La co-municazione voluta può assumere le forme del linguaggio a-tecnico proprio dei mass–media, per esempio attraverso co-municati stampa, oppure quella del linguaggio contabile, spesso trasmesso in forma riservata; ad esempio, nei confron-ti degli intermediari finanziari possono essere forniti i dati re-lativi all’esposizione mensile bancaria, al bilancio di verifica semestrale, alle nuove assunzioni di personale dipendente, a-gli investimenti fatti nel trimestre, agli eventuali indirizzi del-la politica di gestione e ai conseguenti obiettivi di budget; rientra nella comunicazione voluta anche quell’insieme di pubblicazioni spesso interne, ma in molti casi anche a rile-vanza esterna, che rientrano sotto la definizione di house–

organ, e che illustrano la struttura organizzativa dell’impresa, la politica aziendale, i risultati conseguiti, le difficoltà da af-frontare, i nuovi prodotti, le varie persone che operano nei diversi settori di attività;

c) la comunicazione derivata, che trae origine, sostanzialmente, dall’impossibilità pratica per gli utilizzatori non specializzati di capire e valutare in maniera approfondita e compiuta tutti gli a-spetti della comunicazione economico–finanziaria d’impresa; è assai diffusa, al riguardo, l’esigenza di analizzare, scomporre, ve-rificare, interpretare e sintetizzare l’informazione contabile di-sponibile per il proprio esclusivo interesse; mentre nei grandi soggetti economici quali banche e società finanziarie tale attività di analisi avviene a livello interno e sistematico, altri fruitori dell’informazione economica si rivolgono ormai ad aziende spe-

7 G. CERIANI, Osservazioni critiche sul contenuto obbligatorio di taluni bilanci di eserci-

zio, Verona, 1984, p. 13.

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 21

cializzate nell’analisi e nel trattamento dell’informazione econo-mico–finanziaria prodotta da altri e cioè, in tal senso, derivata; si tratta normalmente di aziende di analisti contabili e finanziari, che forniscono prodotti molteplici — quali riclassificazioni e proiezioni varie dei dati di bilancio fino ad arrivare ai rating as-segnati dalle grandi agenzie di valutazione — in grado di soddi-sfare, ai diversi livelli, le esigenze dei piccoli e medi utenti, così come quelle di enti e di imprese di rilevanti dimensioni.

Anche volendo circoscrivere l’indagine alla sola comunicazione

economico–finanziaria esterna, l’area d’interesse comprenderebbe tut-ti i molteplici strumenti dell’informativa di periodo tra i quali, oltre ai bilanci propri della nozione civilistica, la relazione semestrale e trime-strale (cosiddetti bilanci infrannuali), la lettera agli azionisti, le pre-sentazioni effettuate nel corso dell’assemblea degli azionisti, la rela-zione annuale di corporate governance, le presentazioni agli analisti finanziari, il piano strategico (spesso definito business plan), il bilan-cio sociale, il bilancio o rapporto ambientale, il rapporto di sostenibili-tà, il rapporto sul capitale intellettuale, il sito internet aziendale e altro ancora8.

Riguardo a tale categoria di comunicazioni, la dottrina aziendalisti-ca9 — allo scopo di distinguere il vasto insieme dei documenti infor-mativi aventi ricorrenza annuale, rispetto a quelli rientranti nella no-zione classica dei bilanci di derivazione legislativa — ha sentito il bi-sogno di mutuare una definizione di matrice anglo–sassone costituita dal termine annual report.

8 Si può già anticipare come non sia sfuggita al legislatore della riforma dei reati di falso

in bilancio la copiosa proliferazione delle species ricomprese nel vasto genus delle “comuni-cazioni sociali”, fenomeno che, per effetto di interpretazioni giurisprudenziali estensive, ave-va prodotto un’eccessiva dilatazione dell’oggetto materiale del reato; pertanto, in sede di ri-forma, si è provveduto a delimitare con più precisione l’ambito suddetto, individuando le co-municazioni sociali rilevanti ai fini dei reati de quo soltanto in quelle “previste dalla legge” o nelle “informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge” e “dirette ai soci o al pubbli-co” (cfr. artt. 2621 e 2622 cod. civ.).

9 Per un’organica impostazione e trattazione della tematica si consulti utilmente M. AL-

LEGRINI, L’informativa di periodo nella comunicazione economico–finanziaria, Milano, 2003, in particolare alle pp. 8–24 ed alle pp. 259–312.

Capitolo I 22

Peraltro, pur soffermandosi sui soli bilanci d’impresa di derivazio-ne legislativa, occorre prendere atto dell’ampia gamma dei possibili documenti contabili costituenti i bilanci.

La classica bipartizione è quella tra i bilanci ordinari e quelli stra-

ordinari. Questi ultimi vengono redatti soltanto in occasione di operazioni

dette appunto straordinarie, cioè eccezionali, non periodiche né ne-cessarie alla vita aziendale, quali cessioni, trasformazioni, scorpori, fusioni, scissioni, liquidazioni. Si tratta di eventi economici regola-mentati da specifiche discipline giuridiche, che determinano la compi-lazione di omonime tipologie di bilanci.

Quanto ai bilanci ordinari, sono anch’essi riconducibili a due fon-damentali categorie: i bilanci consolidati, cioè quelli redatti dalla so-cietà capogruppo nei gruppi di imprese ed il bilancio d’esercizio.

Il bilancio d’esercizio è compilato dalle imprese in normale funzio-namento operativo e viene redatto con riferimento alla gestione del pe-riodo amministrativo annuale.

Esso, nei casi stabiliti dalla legge, è soggetto a pubblicazione, e, se-condo la normativa civilistica italiana di riferimento, è composto da tre documenti:

– lo stato patrimoniale; – il conto economico; – la nota integrativa.

Inoltre, costituiscono altre qualificate comunicazioni aggiuntive i

cosiddetti allegati al bilancio quali la relazione sulla gestione (già de-nominata relazione degli amministratori), la relazione del collegio sindacale, la relazione della società di revisione.

Accanto alle norme giuridiche del codice civile, con il ruolo di re-gole tecnico–contabili utili ad interpretare e specificare in chiave ap-plicativa i dettati normativi, sono presenti in ambito nazionale i prin-cipi contabili elaborati dal Consiglio nazionale dei Dottori commercia-listi e dei Ragionieri (di fatto oggi sostituito dall’OIC)10; nell’ambito

10 Organismo Italiano di Contabilità, fondato nel 2001 dall’Assirevi, dal Consiglio Nazio-

nale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri; esso svolge la fun-

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 23

di tale corpus, in particolare, il Documento n. 11 è dedicato appunto alle finalità e ai postulati del bilancio d’esercizio.

In proposito, nonostante secondo taluni autori, nonché sulla base di un recente orientamento del Consiglio di Stato11 e di una comunica-zione della Consob12, possa ritenersi che vi sia nella normativa giuridi-ca italiana in materia di bilancio un rinvio recettizio implicito ai “cor-retti principi contabili”, i principi contabili nazionali elaborati dal Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e dei Ragionieri non sono mai stati recepiti espressamente in una disposizione legislativa o regolamentare, sicché svolgono tuttora il ruolo di fonti extra–giuridiche.

Infine, nell’ambito di un processo di armonizzazione e standardiz-zazione internazionale dei principi contabili — tuttora in corso e tutt’altro che concluso — anche alcune categorie di società italiane, a partire dagli esercizi iniziati il 1° gennaio 2005 ed il 1° gennaio 2006, hanno l’obbligo e, in certe ipotesi, la facoltà di redigere il bilancio d’esercizio secondo i principi contabili internazionali emanati dall’organismo internazionale già identificato con l’acronimo IASC (International Accounting Standards Committee), ora divenuto IASB (International Accounting Standards Board), e denominati IAS/IFRS e relative interpretazioni SIC/IFRIC.

Si è discusso, in passato, su quale potesse essere il ruolo di tali principi contabili tra le fonti del diritto.

Pur riconoscendo l’esistenza di un “diritto contabile dell’impresa”, con riferimento al complesso degli obblighi di natura contabile affe-renti all’esercizio dell’attività d’azienda ed alle fonti normative che li prevedono13, si affermava che le regole giuridiche italiane per la cor-

zione di standard setter, cioè di organismo nazionale incaricato di elaborare e di presentare a livello internazionale le istanze e i punti di vista italiani in materia di principi contabili; nel suo ambito si distinguono entità con il compito di preparare i principi (Abi, Ania, Assila, As-sonime, Confindustria, Confcommercio ed altre), ed entità che svolgono il ruolo di users: Aiaf, Assogestioni e la Borsa italiana. Si consulti, in proposito, M. VENUTI, Il bilancio di e-

sercizio fino agli IFRS, Milano, 2006, pp. 404–411. 11 Consiglio di Stato, sez. VI, 28/04/98, n. 572, in Rass. Giur. En. El., 1999, p. 584. 12 Comunicazione CONSOB, 1°/12/1999, n. DAC/99088450. 13 S. FORTUNATO, Diritto Commerciale, Il diritto contabile e l’impresa, Bologna, 1999,

pp. 513 e ss.

Capitolo I 24

retta formazione dei bilanci erano stabilite dalle norme del codice civi-le e non dai principi contabili14.

Allo stato attuale, la situazione sembra assai cambiata; infatti, il 19 luglio 2002 è stato approvato il Regolamento (CE) n. 1606/2002; il le-gislatore italiano ha previsto l’esercizio delle relative opzioni, in ciò delegando il Governo, con la Legge Comunitaria 2003 (L. 31 ottobre 2003, n. 306); il Governo ha emesso il D. lgs. 28 febbraio 2005, n. 38 con il quale ha esercitato le suddette opzioni.

Ne consegue che il ruolo dei principi contabili internazionali, di-versamente da quelli italiani, è quello di vere e proprie norme dell’or-dinamento prima europeo e poi degli Stati membri (tra cui l’Italia); in-fatti, attraverso un processo di omologazione e di pubblicazione, me-diante lo strumento dei Regolamenti comunitari (sulla Gazzetta Uffi-ciale dell’Unione europea), tali regole tecnico–contabili ricevono un formale riconoscimento giuridico ed assumo valenza legale a tutti gli effetti15.

In altre parole, se i principi contabili internazionali non contrastano con la clausola generale della rappresentazione “veritiera e corretta”, e se soddisfano i superiori requisiti della “comprensibilità”, “rilevanza”, “attendibilità” e “comparabilità” assumono il ruolo di fonte giuridica per la redazione dei bilanci da parte dei soggetti tenuti alla loro appli-cazione.

Ciò deriva dalla natura giuridica dei Regolamenti comunitari, i qua-li, com’è noto, sono obbligatori e direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, non essendo necessario alcun atto legislativo per il loro recepimento.

Si intende sostenere, con l’autore già richiamato, che tali principi contabili, una volta omologati e pubblicati, con apposito Regolamen-to, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, mutano la loro natura di «norme tecniche di fonte extra–giuridica» ed assumo la valenza di norme aventi forza di legge per effetto della loro fonte di produzione normativa (il Regolamento europeo)16.

14 Così M. CARATOZZOLO, Gli standards italiani e la professione contabile italiana, in

Quaderni di Finanza, n. 31, ottobre 1998. 15 M. VENUTI, Il bilancio di esercizio fino agli IFRS, Milano, 2006, p. 359. 16 M. VENUTI, Il bilancio di esercizio fino agli IFRS, Milano, 2006, p. 360.

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 25

In tale innovativo contesto normativo gli schemi di bilancio sono regolamentati dal principio contabile IAS n. 1, secondo il quale il bi-lancio comprende i seguenti documenti:

– lo stato patrimoniale; – il conto economico; – il prospetto delle variazioni del patrimonio netto; – il rendiconto finanziario; – le note al bilancio. Sia pure in uno scenario così vasto, complesso ed in continua evo-

luzione, connotato dall’apparente dilatazione dell’offerta di informa-zioni economico–finanziarie ad una platea sempre più ampia di po-tenziali utilizzatori, il bilancio d’esercizio può essere ancora conside-rato lo strumento cardine di tutta la comunicazione economico–finanziaria dovuta d’impresa.

Esso — nonostante l’illusoria proliferazione di messaggi informa-tivi aziendali su base volontaristica ed a contenuto commerciale e socio–ambientale, anche attraverso canali multimediali — rappresen-ta ancor oggi, per vaste categorie di soggetti «la principale — se non l’unica — fonte informativa sulla situazione aziendale e sull’an-damento gestionale dell’impresa nelle cui vicende si trovano, a vario titolo, coinvolti»17.

È insita, infatti, nella natura stessa dell’economia di tipo capitali-stico la latente ed asimmetrica contrapposizione di divergenti inte-ressi gravitanti intorno alla vita delle imprese.

Da tempo la dottrina italiana ha posto in evidenza la necessità di contemperare i possibili conflitti18; tuttavia, realisticamente, considerate le sempre possibili tentazioni di politiche di comunicazione minimali-ste, quando non manipolatorie, «la composizione dei potenziali conflitti di interessi presuppone un’opportuna gerarchia degli stessi»19.

17 A. BROGLIA GUIGGI, La funzione del bilancio di esercizio tra evoluzione e tendenziale

mutazione, Torino, 2004, p. 14. 18 Si consulti, per tutti, la classica opera di A. AMADUZZI, Conflitto ed equilibrio di inte-

ressi nel bilancio dell’impresa, Bari, 1949. 19 G. CERIANI, Fondamenti di Economia aziendale, Padova, 2006, p. 383.

Capitolo I 26

In tal senso, storicamente, la necessità della regolamentazione giu-ridica dei rapporti di forza in economia e, più in particolare, con rife-rimento al tema in trattazione, l’esigenza di una disciplina normativa del bilancio d’esercizio sono stati determinati dal fine primario di tute-lare maggiormente quei soggetti che non hanno potere contrattuale sufficiente per poter influire sulla formazione del documento20.

Ne consegue, in primo luogo, che il bilancio d’esercizio è lo stru-mento documentale ove va evidenziato il contenuto informativo mi-nimo obbligatorio dell’intera massa delle comunicazioni economico–finanziarie d’impresa — secondo le precedenti e le altre possibili clas-sificazioni al riguardo — a tutela proprio di coloro che dalla manipo-lazione o dall’omissione di tali dati informativi potrebbero essere maggiormente pregiudicati21.

I.3 Le origini storiche del bilancio d’esercizio e l’etimologia della

parola bilancio

Conviene, a questo punto, fare alcuni cenni sulle origini storiche

dei bilanci commerciali e sull’etimologia della parola bilancio. Il significato originario della parola va ricercato nel procedimento

contabile del saldo o chiusura dei conti22. È noto come, nella dottrina contabile, per conto si intenda una serie

di scritture — facenti parte di un sistema — concernenti un dato og-getto (quale ad esempio il denaro, i crediti, i debiti, ecc…) con lo sco-po di metterne in evidenza gli aspetti quantitativi e qualitativi in un certo istante e nel decorrere del tempo23.

Il conto costituisce il tipico strumento delle scritture contabili si-stematiche, le quali, sulla base dei documenti originari, hanno per og-getto le varie operazioni aziendali.

Normalmente la quantità e le variazioni della grandezza del conto sono misurate da valori monetari e, dal punto di vista formale, il conto

20 G. CERIANI, Fondamenti di Economia aziendale, Padova, 2006, p. 384. 21 G. CERIANI, Fondamenti di Economia aziendale, Padova, 2006, p. 385. 22 A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1961, p. 3. 23 G. CERIANI – B. FRAZZA, Metodi, sistemi contabili e connesse strutture di conto econo-

mico nelle imprese, Padova, 2007, pp. 57–58.

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 27

viene rappresentato da un prospetto a due sezioni — denominate di dare e di avere — nelle quali si addebitano in dare (a sinistra) e si ac-

creditano in avere (a destra) valori algebricamente contrapposti rap-presentativi delle registrazioni delle operazioni aziendali24.

In particolare, l’operazione di chiusura o saldo di un conto consiste nel sommare algebricamente i valori iscritti nelle sezioni di dare (a si-nistra) e di avere (a destra), così ottenendo un valore che richiede una contropartita per “chiudere” il conto stesso: questo valore è detto sal-do del conto25.

Il tipico esempio che aiuta a comprendere il procedimento è quello della chiusura del conto “Cassa”: sommando gli addebitamenti del conto (in dare), si ottiene il totale delle “entrate”; sommando gli ac-creditamenti (in avere) si ottengono le “uscite”; sottraendo dal totale delle entrate il totale delle uscite si ottiene il saldo di Cassa che com-pare in avere (a destra) e rappresenta il valore di conto che “bilancia” i valori iscritti nelle due sezioni del prospetto, cioè “chiude” il conto.

Emblematiche sono, al riguardo, le parole del Ceccherelli26 che, proprio attraverso la descrizione del funzionamento del conto “Cassa”, perviene all’origine etimologica della parola Bilancio; l’autore tosca-no, risalendo alla funzione originaria del conto, cioè quella di dimo-strare, per differenza, la situazione della cassa, mette in evidenza come il saldo tra il “dare” e l’“avere” coincida contabilmente con quell’im-porto che “pareggia”, cioè “bilancia” l’eccedenza delle entrate rispetto alle uscite.

24 G. RUSCONI, Introduzione alla contabilità per il bilancio di esercizio delle aziende, Ba-ri, 1990, p. 40, e G. CERIANI – B. FRAZZA, Metodi, sistemi contabili e connesse strutture di

conto economico nelle imprese, Padova, 2007, p. 58. 25 G. RUSCONI, Introduzione alla contabilità per il bilancio di esercizio delle aziende,

Bari, 1990, p. 41. 26 «Le due sezioni di conto classificano le entrate e le uscite e la disposizione delle cifre

così predisposte, consente di poterne conoscere in ogni momento l’importo totale. Non rende nota tuttavia la situazione di cassa, se non si esegue il saldo del conto, se non si confronta, cioè, l’ammontare delle variazioni inscritte nelle due sezioni e se non si determina la loro dif-ferenza. Tale differenza indica il resultato contabile delle operazioni eseguite e rappresenta altresì il valore di conto dell’oggetto a cui si riferiscono le cifre raccolte. Tutte queste notizie si ottengono e si rappresentano, nel conto, per bilancio, vale a dire, mettendo in evidenza il saldo nella sezione nella quale la somma è minore, per ottenere quel pareggio dal quale ap-punto la parola bilancio deriva. […] Nessun dubbio, quindi, sull’origine della parola bilancio, il cui significato, di pura derivazione contabile, significato elementare, e non equivoco, è quello di saldo di conto», A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1961, pp. 4–5.

Capitolo I 28

Tuttavia, fin dalle origini, il bilancio non si esauriva nella mera “chiusura dei conti”, così pervenendo, come naturale ed automatica conclusione, alla rilevazione dell’utile o della perdita della gestione del periodo. In effetti, la compilazione del documento prevedeva un primo epilogo di partite tratte dai libri contabili ed un successivo pro-cedimento «di revisione, di completamento, di correzione, sulla base dei valori d’inventario»27.

Il Ceccherelli definisce tale procedimento — distinto e successivo rispetto al saldo contabile — ragionamento, talvolta anche indicato come calcolo, il quale «serviva a trasformare quello che era un sem-plice riassunto di partite di debito e di credito, in un inventario com-pleto di tutte le attività e passività dell’impresa, e in una dimostrazione completa del conto del capitale e degli utili e delle perdite di eserci-zio»28.

Proprio tale procedimento di ragionamento costituirà l’oggetto, agli inizi del XX secolo, di una delle prime opere pubblicate in Italia dedi-cate interamente al bilancio: Le valutazioni di bilancio di Gino Zappa, edita nel 1910.

In questo volume l’autore — fondatore della scienza denominata Economia Aziendale — mette in luce per la prima volta l’enorme im-portanza dei processi valutativi nella formazione del bilancio d’eser-cizio, superando definitivamente la funzione del documento quale me-ro epilogo di scritture contabili ed assegnando il giusto risalto ai pro-cedimenti di stima e di congettura.

Da questa prima sistemazione teorica è scaturito un ampio appro-fondimento scientifico in ordine ai valori di bilancio i quali, in rela-zione ai prezzi di mercato, secondo l’ormai consolidata dottrina eco-nomico–aziendale29 italiana, si distinguono in valori certi, valori sti-mati e valori congetturati.

Ma è allo studioso toscano poc’anzi citato (A. Ceccherelli) che si deve un autorevole contributo, oltre che sulla genesi del documento,

27 A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1961, p. 56. 28 A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1961, ibidem. 29 Si fa riferimento, per tutti, a P. ONIDA, Il bilancio d’esercizio delle imprese. Significato

economico del bilancio. Problemi di valutazione. Milano, 1974.

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 29

anche sulle funzioni originarie che ad esso furono attribuite, nonché sull’evoluzione che tali funzioni ebbero nel tempo30.

È infatti proprio a tale autore, unitamente ad altri aziendalisti stu-diosi di storia della Ragioneria, che va attribuito il riconoscimento dell’uso di veri e propri bilanci già nelle aziende toscane del trecento, mentre, sempre secondo lo stesso studioso, a partire del XVI secolo la compilazione dei bilanci si diffuse in ogni parte d’Italia31.

I.4 La funzione originaria del bilancio d’esercizio

La funzione originaria del documento era esclusivamente “in-

terna”, cioè privata. In effetti, all’inizio e per vari secoli esso ebbe finalità di rendiconto, cioè di strumento contabile mediante il qua-le gli amministratori rendevano il conto ai partecipanti all’impresa e ai soggetti di comando dell’azienda.

Le informazioni che potevano essere attinte dal bilancio costituiva-no, peraltro, un importante supporto per gli stessi amministratori e per il soggetto economico in senso stretto, cioè per il detentore del capita-le di comando della società, al fine di avere contezza dei dati preventi-vi e consuntivi concernenti la gestione nel periodo amministrativo32.

Inizialmente la riservatezza del documento dovette essere estre-ma, con visibilità limitata a poche e selezionate persone dell’azien-da, in forma di conto finale dei semplici processi produttivi del-l’epoca, scevro da complessi procedimenti di stima e con l’essen-ziale ruolo giuridico di rendiconto interno, non disciplinato da al-cuna regola di diritto né di contabilità33.

Diversa e più ampia accessibilità, sia pure all’interno dell’azienda, dovettero avere le scritture e i libri contabili, sia per la materiale ne-cessità della loro scritturazione ed aggiornamento sia, soprattutto, per la loro funzione probatoria dei movimenti monetari in entrata e in u-

30 Per l’approfondimento del tema si consulti il Capitolo II, “Precedenti storici del bilan-

cio commerciale”, dell’opera del CECCHERELLI sopra citata. 31 A. CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1961, p. 51. 32 E. ARDEMANI, Studi e ricerche di ragioneria, Milano, 1986, pp. 187–188. 33 A. DE GREGORIO, I bilanci delle società anonime nella loro disciplina giuridica, Mila-

no, 1938, p. 25.

Capitolo I 30

scita, nonché, conseguentemente, delle varie posizioni debitorie e cre-ditorie connesse all’attività commerciale.

Il bilancio, invece, era un’elaborazione finale di sintesi, un docu-mento privato e riservato, destinato a quello che oggi si definirebbe il soggetto economico e agli amministratori dell’azienda e, pertanto, co-stituiva ciò che venne denominato, in seguito, “bilancio interno”.

Il dato storico che colpisce è che, anche con la diffusione, verso la fine del XVII secolo, delle prime società per azioni, pur assistendo al conferimento di un profilo pubblicistico alle società anonime, non si sentì la necessità di regolamentare la formazione obbligatoria, cioè pubblica dei bilanci d’esercizio34.

Di contro, con la nascita, sul finire del 1600, di tale fenomeno delle anonime, accompagnato dal diffondersi in Europa delle prime borse, si manifestò subito la necessità di un’autorizzazione e di un ricono-scimento governativo per le compagnie azionarie.

Non di rado, infatti, le iniziative economiche poste in essere, ben oltre il carattere rischioso ed aleatorio insito negli investimenti di capi-tale, assumevano la natura di spregiudicate speculazioni di avventurie-ri che mettevano in pericolo il normale svolgersi degli affari, cioè, in altri termini, l’ordine economico delle nazioni. Da qui l’esigenza di un attento controllo statuale sulla costituzione e sul funzionamento di tali compagini societarie35.

Anche con lo svilupparsi, agli inizi del ’700, delle borse, non venne registrata una parallela evoluzione del ruolo dei bilanci commerciali, forse perché sembra che il prevalente interesse degli investitori fosse quello di alienare i titoli posseduti — spesso a fini speculativi — piut-tosto che essere informati sulle condizioni e sull’andamento delle compagnie, contando sulle remunerazioni periodiche derivanti dalla distribuzione dei dividendi36.

Le prime funzioni assegnate al bilancio d’esercizio dalla legge, sia di carattere civilistico (a tutela dei soci e dei terzi creditori) sia di ca-rattere fiscale, non si ebbero che nel XIX secolo.

34 R. POLI, Il bilancio d’esercizio, Milano, 1971, p. 65. 35 Per una più ampia illustrazione di tali tematiche si consulti utilmente R. POLI nel volu-

me sopra citato, pp. 61–68, che fa riferimento all’opera di J. M. KULISHER, Storia economica, Firenze, 1955.

36 R. POLI, Il bilancio d’esercizio, Milano, 1971, pp. 61–68.

Fondamenti sulla comunicazioni sociali e sul bilancio 31

Più in particolare, si può osservare che è molto anteriore e risalente ad epoca remota la funzione pubblica assegnata alle scritture contabili, rispetto alla funzione pubblica del bilancio, documento che continuò a rimanere per lungo tempo uno strumento di carattere privato, interno e riservato.

I conti e i libri contabili, infatti, specie per evitare all’imprenditore e al commerciante le sanzioni più severe connesse al fallimento, ebbe-ro fin da tempi remoti rilevanza esterna quali “dichiarazioni di scienza non recettizie”, ossia quali dichiarazioni di verità37.

Nel codice civile italiano del 1865, ad esempio, si trattava in modo relativamente ampio delle scritture contabili e della loro regolare tenu-ta, mentre si parlava pochissimo del bilancio d’esercizio.

Secondo il De Gregorio l’evento che decretò l’assegnazione al bi-lancio di funzioni giuridiche pubbliche fu l’abolizione, nei confronti delle società anonime, dell’autorizzazione preventiva e della sorve-glianza diretta da parte dello Stato38.

Ciò determinò la sostituzione del controllo da parte degli organi governativi con un complesso di precetti legislativi e regolamentari nel cui ambito andava ad occupare un posto di rilievo la regolamenta-zione normativa dei bilanci39.

Occorreva, in altri termini, sostituire a quella sorveglianza governa-tiva diretta — che era nata per porre freno agli abusi connessi all’operare delle prime anonime del XVI e XVII secolo — nuovi or-gani e sistemi di controllo a tutela degli interessi degli azionisti e dei creditori, tra i quali, in Italia, il collegio sindacale ed un bilancio con più ampie funzioni di ordine pubblico40.

Occorre qui far notare che, pur con lievi differenze terminologiche, fin dall’inizio le prescrizioni apprestate per la tutela dei prioritari inte-ressi propri degli azionisti e dei terzi creditori furono, rispettivamente, l’imposizione del divieto alle società di distribuire utili fittizi, nonché dell’obbligo di preservare e mantenere l’integrità patrimoniale.

37 G. MAZZA, Rilevazioni di impresa e norme di legge, Milano, 1966, pp. 29 e ss. 38 A. DE GREGORIO, I bilanci delle società anonime nella loro disciplina giuridica, Mila-

no, 1938, pp. 26–28. 39 A. DE GREGORIO, I bilanci delle società anonime nella loro disciplina giuridica, Mila-

no, 1938, ibidem. 40 R. POLI, Il bilancio d’esercizio, Milano, 1971, pp. 67–68.

Capitolo I 32

In tal senso, si assisteva all’evoluzione dell’originaria funzione del bilancio da rendiconto interno a documento a rilevanza esterna, cioè pubblica, a tutela di gruppi più o meno ampi ed eterogenei di portatori di interessi vari e differenziati.