3 Quando il silenzio insegna ad ascoltare...ria d’amore sempre più grande. La sofferenza e la...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 91 (48.415) Città del Vaticano mercoledì 22 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!&!?!?! la buona notizia Il Vangelo della III Domenica di Pasqua L’affettuosa ironia di Gesù risorto DIARIO DELLA CRISI/3 L’esempio di chi si è messo al servizio dei malati Dare la vita di FEDERICO LOMBARDI N el dolore e nelle tragedie di questi mesi c’è un fatto im- portante che si impone alla nostra attenzione e che pur aggiun- gendo dolore a dolore è fonte di ammirazione e — alla fine — di conforto. È la schiera di persone che portano su di sé le conseguen- ze della pandemia, perfino la mor- te, perché si dedicano con genero- sità e con tutte le loro forze al ser- vizio degli altri, sia nel corpo sia nello spirito. È giusto dar loro un tributo comune di gratitudine, che certamente è non solo retorico, ma molto sincero, da parte di tutti. Medici, infermieri, sacerdoti, vo- lontari… Nelle zone più colpite il loro numero è molto alto, non solo di quelli che si ammalano, ma an- che di quelli che muoiono. Nel tempo della grande sofferen- za c’è chi capisce di essere chiamato per vocazione professionale, o reli- giosa, o personale ad esporre la propria vita per gli altri. Se non si sottrae al rischio non è per irre- sponsabilità e leggerezza, ma per un senso del dovere animato dall’amore che è più forte della paura. L’11 settembre 2001, nel terribile attentato alle Torri gemelle moriro- no circa 3.000 persone, 343 di que- ste erano vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di soccorso. Il loro eroismo è stata una delle forze più efficaci per incoraggiare i cittadini di New York nella ricostruzione morale e fisica dopo la distruzione. E se i pompieri sono stati le perso- ne più esposte e più in vista, ad es- si si devono aggiungere i moltissi- mi medici, infermieri, volontari di ogni tipo accorsi immediatamente in aiuto con totale generosità, sen- za perdere neppure un minuto a pensare a sé stessi. Un grande esempio. Ma si potrebbe continua- re a lungo. Quante volte in occa- sione di terremoti, inondazioni, o altre catastrofi abbiamo assistito a movimenti meravigliosi di solida- rietà spontanea, disinteressata, sen- za calcolare fatiche e rischi… Così, quando c’è tantissima sof- ferenza… vediamo che c’è anche tantissimo amore. Un amore che — se gli è possibile — è pronto a spendersi senza calcoli, fino al punto di dare la vita. Spesso ne siamo sorpresi. Vediamo persone che consideravamo “normali” ma- nifestare una grandezza umana e spirituale che non conoscevamo, non avevamo sospettato. Forse esse stesse non avevano ancora avuto modo di capire quanto potevano dare, finché il dolore dell’altro, co- me una sfida, non ha manifestato loro a che cosa potevano essere chiamate… C’è qualcosa di molto grande e misterioso in questo rap- porto fra il dolore e l’amore. Sem- bra quasi che il dolore sia il terreno in cui più spesso l’amore può cre- scere al di là delle nostre previsioni e delle nostre attese, raggiungere vette dove il ragionamento e la pa- rola vengono meno, un fuoco in- tenso arde nel cuore. Lo abbiamo visto molte volte nella dedizione dei coniugi e delle persone che si vogliono bene di fronte alle malat- tie più dolorose. Allora l’amore di- venta così intenso e così grande che riesce a trasformare una vicen- da di sofferenza atroce in una sto- ria d’amore sempre più grande. La sofferenza e la morte ne ricevono un senso alto e inaspettato. «Non c’è amore più grande che dare la vita», dice Gesù. E ci invita a comprendere la sua Passione in que- sta luce e ad entrare anche noi per la via di questo amore. «Non c’è amore più grande che dare la vita», è qual- cosa che tutti possono capire quasi di slancio, se non sono stati comple- tamente inariditi dall’egoismo. Pandemia, tempo di grande sof- ferenza, tempo occasione di grande amore. Il virus è contagioso. Ma anche l’amore può essere contagio- so. Molti dei figli dei vigili del fuo- co di New York morti l’11 settem- bre, crescendo, hanno voluto di- ventare anch’essi vigili del fuoco, per imitare i loro padri in un servi- zio in cui si è pronti a dare la vita per gli altri. L’esempio dei medici, degli infermieri e infermiere, dei sacerdoti, di chi si è messo al servi- zio dei malati disponibile a dare la vita, è una delle lezioni più impor- tanti che questo tempo ci deve la- sciare. È l’anima preziosa di tutte le altre lezioni che cercheremo di apprendere. Senza di questa, le al- tre varranno poco. NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Alexandria (Stati Uniti d’America) Monsignor Robert W. Marshall, del cle- ro della Diocesi di Memphis, finora Vicario Generale e Parroco della Cathedral of the Immaculate Conception della medesima Diocesi (Ten- nessee). Nella messa a Santa Marta il Papa mette in guardia dalle divisioni causate nelle comunità cristiane da soldi, vanità e chiacchiericcio Quando il silenzio insegna ad ascoltare «In questo tempo c’è tanto silenzio. Si può anche sentire il silenzio. Che questo silenzio, che è un po’ nuovo nelle nostre abitudini, ci insegni ad ascoltare, ci faccia crescere nella ca- pacità di ascolto». Lo ha auspicato Papa Francesco nella preghiera con cui ha iniziato martedì mattina, 21 aprile, la messa celebrata nella cap- pella di Casa Santa Marta. Il riferi- mento ovviamente è all’attuale situa- zione sanitaria di pandemia, che ha imposto straordinarie misure di iso- lamento: al punto che, a causa delle loro conseguenze sullo spostamento e l’aggregazione di persone, il Pon- tefice — insieme al Dicastero per i laici, la famiglia e la vita — ha deciso di posticipare di un anno i prossimi raduni mondiali delle famiglie a Ro- ma e della gioventù a Lisbona, che si terranno quindi, rispettivamente, nel giugno del 2022 e nell’agosto del 2023. E della «prova che stiamo attra- versando» Francesco ha parlato an- che all’omelia della messa, eviden- ziando come «abbiamo bisogno del Signore, che vede in noi, al di là delle nostre fragilità, una bellezza insopprimibile. Con Lui ci riscopria- mo preziosi nelle nostre fragilità» ha assicurato, mettendo al contempo in guardia dalle divisioni nella comuni- tà cristiana provocate, quasi sempre, da tre elementi: la mondanità dei soldi, la vanità e il chiacchiericcio. A queste tentazioni ha perciò suggerito di rispondere con «la docilità allo Spirito Santo» che può trasformare persone e comunità per realizzare l’«armonia» autentica. PAGINA 8 La fine dei lockdown non è la fine della pandemia L’Oms: occorre uno sforzo globale Cronache dal nichilismo — VIII La distanza tra certezza e verità COSTANTINO ESPOSITO A PAGINA 5 Novena nell’arcidiocesi di Los Angeles Una Chiesa da restaurare GIOVANNI ZAVATTA A PAGINA 6 Durante la manifestazione online anche l’udienza generale Maratona multimediale per la Giornata della terra PAGINA 8 ALLINTERNO OSPEDALE DA CAMPO PAGINA 7 l’Africa chiama alla solidarietà globale GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA L’Università del futuro: più tecnologia ma serve ripensare anche l’architettura MARIO PANIZZA A PAGINA 3 Il virus della normalità LUISA MURARO A PAGINA 3 di CARLO DE MARCHI «C hi è il terzo che sempre ti cam- mina accanto? / Se conto, sia- mo soltanto tu ed io insieme / Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca / C’è sempre un altro che ti cammina accanto» (La terra desolata, V). Con queste parole T. S. Eliot descrive l’in- contro mancato con un personaggio miste- rioso, che due viandanti non riescono a ve- dere lungo la strada desolata che percorro- no. Il Vangelo di Luca racconta invece che nel pomeriggio di Pasqua i due viandanti alla fine riconoscono il terzo che cammina accanto a loro, mentre discutono e condivi- dono le loro delusioni. Gesù in persona li accompagna e si inserisce nella conversa- zione: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». I due si fermano «col volto triste», e comin- cia un lungo dialogo, nel quale il Signore riesce piano piano a guarire i due viandanti dalle loro tristezze e disillusioni: «Noi spe- ravamo che egli fosse colui che avrebbe li- berato Israele» (Lc 24, 17-21). La cura contro la tristezza usata da Gesù è innanzitutto la pazienza di camminare ac- canto, adeguando il proprio passo a quello dei suoi interlocutori. Rallentando l’anda- tura diventa possibile far sentire ascoltate le persone con cui si cammina. Solo a quel punto il Maestro può provare a mostrare un altro punto di vista, aiutando a capire cosa è realmente successo, con pazienza: «Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, 27). C’è un tono par- ticolare in tutto questo dialogo. Invece di arrabbiarsi di fronte all’iniziale risposta brusca che riceve («Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accadu- to in questi giorni?»), il Signore domanda semplicemente: «Che cosa?». C’è un’affet- tuosa ironia nel modo con cui Gesù si prende cura di questi suoi discepoli delusi, che viene espressa in una splendida versio- ne poetica del dialogo: «Quale Gesù chie- de Gesù e si fa raccontare la sua stessissima storia / dal punto di vista dell’agnostici- smo» (J. M. Ibáñez Langlois, Il Libro della Passione, IX, 11). Il Maestro non insegna l’ironia morda- ce né tantomeno il sarcasmo, ma una cer- ta affettuosa presa in giro, che aiuta a ri- dimensionare i problemi senza negarli. Un tono in cui si fa sempre sentire la comprensione, che aiuta l’interlocutore a sdrammatizzare la situazione. Non si trat- ta di negare le preoccupazioni, le inquie- tudini, i drammi. Si tratta di non prende- re troppo sul serio noi stessi mentre af- frontiamo i problemi. È un’arte partico- larmente importante in famiglia, ancor più adesso che è terminata la fase eroica della “quarantena quaresimale”, e ci tro- viamo incamminati da vari chilometri sul noioso sentiero, che sembra interminabile, della “quarantena pasquale”. Anche re- stando chiusi in casa è necessario impara- re a rallentare l’andatura per osservare un figlio, per ascoltare il coniuge, per assiste- re con pazienza un genitore anziano che non riesce a gestire bene una videochia- mata… Non è difficile immaginare il sor- riso con il quale i discepoli di Emmaus avranno raccontato decine di volte, prima che confluisse nel Vangelo di Luca, il ge- sto quasi giocoso con cui il Maestro, sen- za mostrare la minima fretta, «quando fu- rono vicini al villaggio dove erano diretti, fece come se dovesse andare più lontano» (Lc 24, 28). Ma si può ancora sorridere nel mondo di oggi? Come i discepoli di Emmaus, anche noi a volte sentiamo il peso delle ansie, co- me se questa Pasqua non fosse riuscita a rendere il nostro mondo davvero vivibile. In una recente omelia mattutina, Papa Francesco ha invitato a pregare per le don- ne incinte, che sono inquiete e si domanda- no: «In quale mondo vivrà mio figlio?». La Pasqua ci riporta l’invito esplicito di Gesù a fidarci della sua parola, senza essere «stolti e lenti di cuore a credere» (Lc 24, 25). Il Maestro ci promette che il mondo che troveranno i nostri figli (e anche noi quando finalmente usciremo dalle nostre case) non sarà una terra desolata. Come di- ce il Papa, «sarà certamente un mondo di- verso, ma sarà sempre un mondo che il Si- gnore amerà tanto». E che guarderà con un sorriso affettuoso e incoraggiante. ROMA, 21. «L’allentamento delle mi- sure di lockdown non significa la fi- ne della pandemia». Così si è espresso ieri il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghe- breyesus nel corso del briefing sul coronavirus ribadendo che «tutti i Paesi coinvolti devono assicurarsi di essere in grado di individuare, testa- re, isolare e curare ogni caso di co- vid-19». È necessario l’impegno di tutti «altrimenti c’è il serio rischio di una seconda ondata». I lockdown disposti da vari gover- ni «possono aiutare a ridurre la pressione su un Paese, ma non pos- sono eliminare la pandemia» ha sot- tolineato il direttore dell’Oms. «Per mettere fine alla pandemia ci vorrà uno sforzo sostenuto da parte degli individui, delle comunità e dei go- verni per continuare a sopprimere e controllare il virus» ha detto Ghe- breyesus. Occorre quindi «investire in misure alternative al lockdown». Il direttore dell’Oms è anche tor- nato sulle recenti polemiche politi- che sul ruolo dell’Oms nella gestio- ne della pandemia. «Le crisi politi- che alimentano la pandemia, il diva- rio tra le persone e tra i partiti ali- mentano il virus». Parole molto simili sono state usa- te da Mike Ryan, capo del Program- ma per le emergenze sanitarie dell’Oms: «Se non ci muoviamo ver- so un empowerment della popola- zione, che deve capire come proteg- gere sé stessa e gli altri, attraverso l’igiene personale e il distanziamento sociale, e un investimento per raffor- zare i sistemi sanitari». Questo non significa solo testare — ha aggiunto — «ma anche contact tracing, isolare i casi confermati, quarantenare i contatti, aumentare la capacità delle strutture sanitarie, della sorveglianza a livello comunitario. Occorre inve- stire ora in alternative al lockdown, in modo che questa tragedia non si ripeta se la malattia ritorna. Lavore- remo in questo senso con i Paesi e ne vediamo molti che stanno agendo uniti e in maniera attenta verso que- sti obiettivi. Li sosterremo». Il bilancio dei morti per coronavi- rus nel mondo ha raggiunto ieri quota 170.418, mentre le persone contagiate sono al momento 2.480.749, secondo il conteggio della Johns Hopkins University. Dramma- tica la situazione negli Usa, dove in circa 24 ore sono morte altre 1.433 persone.

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 91 (48.415) Città del Vaticano mercoledì 22 aprile 2020

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izia Il Vangelo della III Domenica di Pasqua

L’affettuosa ironia di Gesù risorto

DIARIO DELLA CRISI/3L’esempio di chi si è messo al servizio dei malati

Dare la vitadi FEDERICO LOMBARDI

Nel dolore e nelle tragedie diquesti mesi c’è un fatto im-portante che si impone alla

nostra attenzione e che pur aggiun-gendo dolore a dolore è fonte diammirazione e — alla fine — diconforto. È la schiera di personeche portano su di sé le conseguen-ze della pandemia, perfino la mor-te, perché si dedicano con genero-sità e con tutte le loro forze al ser-vizio degli altri, sia nel corpo sianello spirito. È giusto dar loro untributo comune di gratitudine, checertamente è non solo retorico, mamolto sincero, da parte di tutti.Medici, infermieri, sacerdoti, vo-lontari… Nelle zone più colpite illoro numero è molto alto, non solodi quelli che si ammalano, ma an-che di quelli che muoiono.

Nel tempo della grande sofferen-za c’è chi capisce di essere chiamatoper vocazione professionale, o reli-giosa, o personale ad esporre lapropria vita per gli altri. Se non sisottrae al rischio non è per irre-sponsabilità e leggerezza, ma per unsenso del dovere animato dall’a m o reche è più forte della paura.

L’11 settembre 2001, nel terribileattentato alle Torri gemelle moriro-no circa 3.000 persone, 343 di que-ste erano vigili del fuoco impegnatinelle operazioni di soccorso. Il loroeroismo è stata una delle forze piùefficaci per incoraggiare i cittadinidi New York nella ricostruzionemorale e fisica dopo la distruzione.E se i pompieri sono stati le perso-ne più esposte e più in vista, ad es-si si devono aggiungere i moltissi-mi medici, infermieri, volontari diogni tipo accorsi immediatamentein aiuto con totale generosità, sen-za perdere neppure un minuto apensare a sé stessi. Un grandeesempio. Ma si potrebbe continua-re a lungo. Quante volte in occa-sione di terremoti, inondazioni, oaltre catastrofi abbiamo assistito amovimenti meravigliosi di solida-rietà spontanea, disinteressata, sen-za calcolare fatiche e rischi…

Così, quando c’è tantissima sof-f e re n z a … vediamo che c’è anchetantissimo amore. Un amore che —se gli è possibile — è pronto aspendersi senza calcoli, fino alpunto di dare la vita. Spesso nesiamo sorpresi. Vediamo personeche consideravamo “normali” ma-nifestare una grandezza umana espirituale che non conoscevamo,non avevamo sospettato. Forse essestesse non avevano ancora avutomodo di capire quanto potevanodare, finché il dolore dell’altro, co-me una sfida, non ha manifestatoloro a che cosa potevano essere

chiamate… C’è qualcosa di moltogrande e misterioso in questo rap-porto fra il dolore e l’amore. Sem-bra quasi che il dolore sia il terrenoin cui più spesso l’amore può cre-scere al di là delle nostre previsionie delle nostre attese, raggiungerevette dove il ragionamento e la pa-rola vengono meno, un fuoco in-tenso arde nel cuore. Lo abbiamovisto molte volte nella dedizionedei coniugi e delle persone che sivogliono bene di fronte alle malat-tie più dolorose. Allora l’amore di-venta così intenso e così grandeche riesce a trasformare una vicen-da di sofferenza atroce in una sto-ria d’amore sempre più grande. Lasofferenza e la morte ne ricevonoun senso alto e inaspettato.

«Non c’è amore più grande chedare la vita», dice Gesù. E ci invita acomprendere la sua Passione in que-sta luce e ad entrare anche noi per lavia di questo amore. «Non c’è amorepiù grande che dare la vita», è qual-cosa che tutti possono capire quasidi slancio, se non sono stati comple-tamente inariditi dall’egoismo.

Pandemia, tempo di grande sof-ferenza, tempo occasione di grandeamore. Il virus è contagioso. Maanche l’amore può essere contagio-so. Molti dei figli dei vigili del fuo-co di New York morti l’11 settem-bre, crescendo, hanno voluto di-ventare anch’essi vigili del fuoco,per imitare i loro padri in un servi-zio in cui si è pronti a dare la vitaper gli altri. L’esempio dei medici,degli infermieri e infermiere, deisacerdoti, di chi si è messo al servi-zio dei malati disponibile a dare lavita, è una delle lezioni più impor-tanti che questo tempo ci deve la-sciare. È l’anima preziosa di tuttele altre lezioni che cercheremo diapprendere. Senza di questa, le al-tre varranno poco.

NOSTREINFORMAZIONI

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominatoVescovo di Alexandria (StatiUniti d’America) MonsignorRobert W. Marshall, del cle-ro della Diocesi di Memphis,finora Vicario Generale eParroco della Cathedral ofthe Immaculate Conceptiondella medesima Diocesi (Ten-nessee).

Nella messa a Santa Marta il Papa mette in guardia dalle divisioni causate nelle comunità cristiane da soldi, vanità e chiacchiericcio

Quando il silenzioinsegna ad ascoltare

«In questo tempo c’è tanto silenzio.Si può anche sentire il silenzio. Chequesto silenzio, che è un po’ nuovonelle nostre abitudini, ci insegni adascoltare, ci faccia crescere nella ca-pacità di ascolto». Lo ha auspicatoPapa Francesco nella preghiera concui ha iniziato martedì mattina, 21aprile, la messa celebrata nella cap-pella di Casa Santa Marta. Il riferi-mento ovviamente è all’attuale situa-zione sanitaria di pandemia, che haimposto straordinarie misure di iso-lamento: al punto che, a causa delleloro conseguenze sullo spostamentoe l’aggregazione di persone, il Pon-tefice — insieme al Dicastero per ilaici, la famiglia e la vita — ha decisodi posticipare di un anno i prossimiraduni mondiali delle famiglie a Ro-ma e della gioventù a Lisbona, chesi terranno quindi, rispettivamente,nel giugno del 2022 e nell’agosto del2023.

E della «prova che stiamo attra-versando» Francesco ha parlato an-

che all’omelia della messa, eviden-ziando come «abbiamo bisogno delSignore, che vede in noi, al di làdelle nostre fragilità, una bellezzainsopprimibile. Con Lui ci riscopria-mo preziosi nelle nostre fragilità» ha

assicurato, mettendo al contempo inguardia dalle divisioni nella comuni-tà cristiana provocate, quasi sempre,da tre elementi: la mondanità deisoldi, la vanità e il chiacchiericcio. Aqueste tentazioni ha perciò suggerito

di rispondere con «la docilità alloSpirito Santo» che può trasformarepersone e comunità per realizzarel’«armonia» autentica.

PAGINA 8

La fine dei lockdown non è la fine della pandemia

L’Oms: occorre uno sforzo globale

Cronache dal nichilismo — VIII

La distanzatra certezza e verità

CO S TA N T I N O ESPOSITO A PA G I N A 5

Novena nell’arcidiocesi di Los Angeles

Una Chiesada restaurare

GI O VA N N I ZAVAT TA A PA G I N A 6

Durante la manifestazione onlineanche l’udienza generale

Maratona multimedialeper la Giornatadella terra

PAGINA 8

ALL’INTERNO

OSPEDALE DA CAMPO

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l’Africa chiamaalla solidarietà globale

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

L’Università del futuro:più tecnologia ma serverip ensareanche l’a rc h i t e t t u r a

MARIO PANIZZA A PA G I N A 3

Il virusdella normalità

LUISA MURARO A PA G I N A 3

di CARLO DE MARCHI

«C hi è il terzo che sempre ti cam-mina accanto? / Se conto, sia-mo soltanto tu ed io insieme /

Ma quando guardo innanzi a me lungo lastrada bianca / C’è sempre un altro che ticammina accanto» (La terra desolata, V).Con queste parole T. S. Eliot descrive l’in-contro mancato con un personaggio miste-rioso, che due viandanti non riescono a ve-dere lungo la strada desolata che percorro-no. Il Vangelo di Luca racconta invece chenel pomeriggio di Pasqua i due viandantialla fine riconoscono il terzo che camminaaccanto a loro, mentre discutono e condivi-dono le loro delusioni. Gesù in persona liaccompagna e si inserisce nella conversa-zione: «Che cosa sono questi discorsi chestate facendo tra voi lungo il cammino?». Idue si fermano «col volto triste», e comin-cia un lungo dialogo, nel quale il Signoreriesce piano piano a guarire i due viandantidalle loro tristezze e disillusioni: «Noi spe-ravamo che egli fosse colui che avrebbe li-berato Israele» (Lc 24, 17-21).

La cura contro la tristezza usata da Gesùè innanzitutto la pazienza di camminare ac-canto, adeguando il proprio passo a quellodei suoi interlocutori. Rallentando l’anda-tura diventa possibile far sentire ascoltate lepersone con cui si cammina. Solo a quelpunto il Maestro può provare a mostrareun altro punto di vista, aiutando a capirecosa è realmente successo, con pazienza:«Cominciando da Mosè e da tutti i profeti,spiegò loro in tutte le Scritture ciò che siriferiva a lui» (Lc 24, 27). C’è un tono par-ticolare in tutto questo dialogo. Invece diarrabbiarsi di fronte all’iniziale rispostabrusca che riceve («Solo tu sei forestiero aGerusalemme! Non sai ciò che vi è accadu-to in questi giorni?»), il Signore domandasemplicemente: «Che cosa?». C’è un’affet-tuosa ironia nel modo con cui Gesù siprende cura di questi suoi discepoli delusi,che viene espressa in una splendida versio-ne poetica del dialogo: «Quale Gesù chie-de Gesù e si fa raccontare la sua stessissimastoria / dal punto di vista dell’agnostici-smo» (J. M. Ibáñez Langlois, Il Libro dellaPassione, IX, 11).

Il Maestro non insegna l’ironia morda-ce né tantomeno il sarcasmo, ma una cer-ta affettuosa presa in giro, che aiuta a ri-dimensionare i problemi senza negarli.Un tono in cui si fa sempre sentire lacomprensione, che aiuta l’interlocutore asdrammatizzare la situazione. Non si trat-ta di negare le preoccupazioni, le inquie-tudini, i drammi. Si tratta di non prende-re troppo sul serio noi stessi mentre af-frontiamo i problemi. È un’arte partico-larmente importante in famiglia, ancorpiù adesso che è terminata la fase eroicadella “quarantena quaresimale”, e ci tro-viamo incamminati da vari chilometri sulnoioso sentiero, che sembra interminabile,della “quarantena pasquale”. Anche re-stando chiusi in casa è necessario impara-re a rallentare l’andatura per osservare unfiglio, per ascoltare il coniuge, per assiste-re con pazienza un genitore anziano chenon riesce a gestire bene una videochia-mata… Non è difficile immaginare il sor-riso con il quale i discepoli di Emmausavranno raccontato decine di volte, primache confluisse nel Vangelo di Luca, il ge-

sto quasi giocoso con cui il Maestro, sen-za mostrare la minima fretta, «quando fu-rono vicini al villaggio dove erano diretti,fece come se dovesse andare più lontano»(Lc 24, 28).

Ma si può ancora sorridere nel mondo dioggi? Come i discepoli di Emmaus, anchenoi a volte sentiamo il peso delle ansie, co-me se questa Pasqua non fosse riuscita arendere il nostro mondo davvero vivibile.In una recente omelia mattutina, PapaFrancesco ha invitato a pregare per le don-ne incinte, che sono inquiete e si domanda-no: «In quale mondo vivrà mio figlio?». LaPasqua ci riporta l’invito esplicito di Gesùa fidarci della sua parola, senza essere«stolti e lenti di cuore a credere» (Lc 24,25). Il Maestro ci promette che il mondoche troveranno i nostri figli (e anche noiquando finalmente usciremo dalle nostrecase) non sarà una terra desolata. Come di-ce il Papa, «sarà certamente un mondo di-verso, ma sarà sempre un mondo che il Si-gnore amerà tanto». E che guarderà con unsorriso affettuoso e incoraggiante.

ROMA, 21. «L’allentamento delle mi-sure di lockdown non significa la fi-ne della pandemia». Così si èespresso ieri il direttore generaledell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms) Tedros Adhanom Ghe-breyesus nel corso del briefing sulcoronavirus ribadendo che «tutti iPaesi coinvolti devono assicurarsi diessere in grado di individuare, testa-re, isolare e curare ogni caso di co-vid-19». È necessario l’impegno ditutti «altrimenti c’è il serio rischio diuna seconda ondata».

I lockdown disposti da vari gover-ni «possono aiutare a ridurre lapressione su un Paese, ma non pos-sono eliminare la pandemia» ha sot-tolineato il direttore dell’Oms. «Permettere fine alla pandemia ci vorràuno sforzo sostenuto da parte degliindividui, delle comunità e dei go-

verni per continuare a sopprimere econtrollare il virus» ha detto Ghe-breyesus. Occorre quindi «investirein misure alternative al lockdown».

Il direttore dell’Oms è anche tor-nato sulle recenti polemiche politi-che sul ruolo dell’Oms nella gestio-ne della pandemia. «Le crisi politi-che alimentano la pandemia, il diva-rio tra le persone e tra i partiti ali-mentano il virus».

Parole molto simili sono state usa-te da Mike Ryan, capo del Program-ma per le emergenze sanitariedell’Oms: «Se non ci muoviamo ver-so un empowerment della popola-zione, che deve capire come proteg-gere sé stessa e gli altri, attraversol’igiene personale e il distanziamentosociale, e un investimento per raffor-zare i sistemi sanitari». Questo nonsignifica solo testare — ha aggiunto

— «ma anche contact tracing, isolarei casi confermati, quarantenare icontatti, aumentare la capacità dellestrutture sanitarie, della sorveglianzaa livello comunitario. Occorre inve-stire ora in alternative al lockdown,in modo che questa tragedia non siripeta se la malattia ritorna. Lavore-remo in questo senso con i Paesi ene vediamo molti che stanno agendouniti e in maniera attenta verso que-sti obiettivi. Li sosterremo».

Il bilancio dei morti per coronavi-rus nel mondo ha raggiunto ieriquota 170.418, mentre le personecontagiate sono al momento2.480.749, secondo il conteggio dellaJohns Hopkins University. Dramma-tica la situazione negli Usa, dove incirca 24 ore sono morte altre 1.433p ersone.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 22 aprile 2020

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s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Ancora contenuta la diffusione della malattia ma preoccupano la tenuta del sistema sanitario e le ricadute economiche

Di fronte alla crisi del coronavirusl’Africa chiama alla solidarietà globale

Crollo storico del prezzo del petrolio

Per il covid-19Trump ferma l’immigrazione

La Spagnaprop oneil debitop erp etuo

BRUXELLES, 21. A due giorni dalcruciale vertice Ue sul rilanciodell’economia devastata dal co-vid-19, la Spagna ha fatto pre-sente che le nuove misure di aiu-to non devono aumentare i debi-ti pubblici. Madrid ha quindiproposto un “debito europeop erp etuo”, che funzionerebbecome i meccanismi attualmentein uso per finanziare parte delbilancio Ue, cioè quelle minimeemissioni comuni già in campoda anni come il piano Invest. Insostanza il fondo, gestito dallaCommissione Ue, andrebbe sulmercato a finanziarsi emettendotitoli garantiti dal bilancio del-l’Unione europea.

Gli Stati membri dovrebberosolo occuparsi di pagare gli inte-ressi di quel debito comune, at-traverso le risorse proprie del bi-lancio come una nuova tassa sul-le emissioni. La proposta spa-gnola rischia però di distanziareancora di più i leader europeinel summit di giovedì prossimo.

E mentre nel Continente è sta-to abbondantemente superato ilmilione di contagi, il cancellieretedesco, Angela Merkel, ha fre-nato sulla possibilità di accelera-re la cosiddetta fase2. «Nondobbiamo mai perdere di vistache siamo ancora alle prime bat-tute di questa pandemia, nondobbiamo sentirci al sicuro nep-pure per un istante», ha avverti-to. In un clima di forte tensione— il tasso di contagio resta sottoil valore 1, ma i casi di infezionesono 145.743 e i morti 4.642 — èstato deciso di annullare il tradi-zionale Oktoberfest.

La Cina chiede cooperazione internazionaleper controllare la pandemia

Dalla Croce rossatonnellate di aiuti

al Venezuela

CARACAS, 21. La Federazione inter-nazionale delle Società della Crocerossa e della Mezza luna rossa haconsegnato, ieri, al Venezuela unnuovo carico di oltre 22 tonnellatedi aiuti tecnici per la lotta alla pan-demia. Lo riferisce l’agenzia distampa statale Avn, precisando chesi tratta di macchinari medici, gene-ratori elettrici e prodotti sanitari divario genere. Il nuovo sostegnorientra in un accordo firmato a giu-gno del 2019 nel quale l’o rg a n i s m osi impegnava ad inviare regolar-mente materiale sanitario. Finora ilnumero dei contagiati nel paese èdi 256 persone, di cui nove morte.In Brasile invece sono oltre 40 milai casi confermati. Discordanti peròle versioni sul numero delle vittimeoggi nel paese. Il ministero dellaSalute ha prima annunciato 383morti, salvo poi rettificare a 113. Levittime totali salgono così a 2.575,mentre sarebbero almeno sette gliindios deceduti in Amazzonia.

Intanto, in Cile sono stati arre-stati ieri il presidente del Raggrup-pamento nazionale degli impiegatipubblici del Cile, José Pérez, insie-me a tutti i membri della commis-sione direttiva del sindacato davantial palazzo presidenziale. Nel frat-tempo in Ecuador sono stati supe-rati i 10 mila casi, con 507 decessi.

PE C H I N O, 21. La Cina intensificagli sforzi per fronteggiare la crisisenza precedenti causata dallapandemia. L’autorità sanitaria ci-nese ha chiesto, in particolare,cooperazione e livello internazio-nale per la prevenzione e il con-trollo congiunto nella lotta controcovid-19. L’appello è stato rivoltoieri dal ministro responsabile dellaCommissione sanitaria nazionale,durante una riunione virtuale deiministri della Salute G20. Paralle-lamente, il Paese ha deciso di au-mentare lo stimolo per sostenere

l’economia, promettendo misuremirate per aiutare le aziende a su-perare la crisi.

Nel timore che le carceri sovraf-follate possano trasformarsi in fo-colai ingestibili di covid-19, il go-verno del Myanmar ha trasferitocentinaia di ex detenuti Rohingya,rilasciati dalle prigioni la scorsasettimana, nello Stato d’origine diRakhine. Circa 600 sono stati por-tati nei pressi di Sittwe e altri 200al confine con il Bangladesh peressere posti in quarantena. Lohanno reso noto fonti locali.

Sono trascorsi oltre due mesi daquando venne diagnosticato ilprimo caso di infezione da co-

ronavirus in Africa. Lo annunciò il14 febbraio scorso il ministero dellasalute egiziano, precisando che sitrattava di un paziente straniero.Ebbene, allo stato attuale, standoagli ultimi dati ufficiali del Centrodi controllo delle malattie sottol’egida dell’Unione africana (Cdc

gli effetti della pandemia dovrebbe-ro rivelarsi più contenuti rispetto adaltre parti del mondo. A ciò si ag-giunga una particolare predisposi-zione genetica delle popolazioni ni-lotiche e bantu a resistere maggior-mente all’aggressione virale, anchese naturalmente la cautela è d’obbli-go perché del covid-19 la comunitàscientifica internazionale sa ancoratroppo poco.

Ad esempio, proprio in Europa, sista riscontrando che le problemati-che cardiovascolari, anche in sogget-ti più “giovani” affetti dal virus, sia-no spesso alla base di complicazionial decorso del quadro, anche indi-pendentemente dalla situazione re-spiratoria. Detto questo, è innegabi-le la resilienza delle popolazioni au-toctone africane costrette a convive-re con altre malattie endemiche co-me quelle tropicali neglette (Mtn)per non parlare delle tre “big ones”,cioè malaria, aids e tubercolosi, o diepidemie particolarmente gravi sep-pur territorialmente circoscritte co-me ebola, che tra 2013 e 2014 ha in-vestito l’Africa occidentale (Liberia,Sierra Leone, Guinea) e, più recen-temente, il settore nordorientale del-la Repubblica Democratica del Con-go (Kivu e Ituri), con tassi di letali-tà intorno al 50 per cento.

Ma attenzione, non è tutto qui:l’Africa subsahariana è l’area geogra-fica dove le cosiddette “fake drugs”(farmaci contraffatti) sono più diffu-si: il 42 per cento dei casi rilevati alivello globale. Sebbene nel conti-nente africano risulti ancora difficileavere un computo esatto delle fakedrugs in circolazione, si ritiene chela percentuale sia compresa, a secon-da dei paesi, tra il 30 e il 60 percento del totale in commercio. Ecco

che allora il coronavirus di cui soprarappresenta davvero l’ultima di unalunga serie di sciagure per l’Africa.È evidente che la priorità per le au-torità sanitarie nazionali deve rima-nere quella del salvataggio delle viteumane e della protezione dei mezzidi sussistenza rafforzando i presidiospedalieri e intraprendendo azionirapide per scongiurare le interruzio-ni nelle catene di approvvigiona-mento alimentare.

E qui si apre il triste capitolo del-le ricadute economiche della crisi sa-nitaria globale sul continente africa-no. In Africa, infatti, l’annunciataspinta recessiva per l’impatto del co-vid-19 avrà conseguenze molto piùdrammatiche che in ogni altra regio-ne del mondo. A questo propositola Banca mondiale (Bm), in un suoreport pubblicato giovedì 9 aprile,ha ipotizzato che la crescita econo-mica dell’Africa subsahariana possacontrarsi dal «+2,4 per cento nel2019 al -2,1 per cento nel 2020»,precisando che si tratterebbe della«prima recessione nel corso degli ul-timi 25 anni». Considerando che ilvalore assoluto del Pil stimato per il2019 dell’Africa risultava di oltre2.400 miliardi di dollari — una cifraancora molto bassa se paragonata aquella dell’Italia che per lo stessoperiodo aveva una previsione di cir-ca duemila miliardi — è evidente chelo scenario in Africa è drammatico.Sta di fatto che il crollo del turismoe delle esportazioni, la volatilità sul-le piazze finanziarie internazionalidel prezzo delle commodity (materieprime), petrolio in primis, stannomettendo in ginocchio le economienazionali africane. Stando semprealla Bm, il coronavirus potrebbe ge-nerare nell’Africa subsahariana una

crisi della sicurezza alimentare, conprevisioni di contrazione della pro-duzione agricola comprese tra il 2,6per cento e il 7 per cento a seguitodi blocchi commerciali. Su questepremesse si fonda la decisione, adot-tata dai Paesi del G20 di sospendereper un anno il debito dei paesi piùpoveri — tra cui figurano quelli afri-cani — consentendo un risparmiocomplessivo di 20 miliardi di dollari.Tutta liquidità che dovrebbe essereinvestita, oltre che per contrastare ladiffusione della pandemia, ancheper mitigarne l’impatto della crisieconomica.

Ma attenzione: non si tratta dicancellazione del debito. Infatti ildenaro dovuto sarà spalmato neltempo e comunque condizionerànon poco la ripresa del continente,assommandosi a quello pregresso.L’adozione inoltre di nuovi pro-grammi di prestiti sottoscritti dalFondo monetario internazionale(Fmi) e dalla Bm pone lo stessoproblema, soprattutto per quantoconcerne il meccanismo di rimborso.È evidente che per i governi africa-ni, al momento, la priorità deve ri-manere quella di contrastare la pan-demia, rafforzando i presidi ospeda-lieri e intraprendendo azioni rapideper scongiurare le interruzioni nellecatene di approvvigionamento ali-mentare. Ciò non toglie che find’ora, guardando all’Africa, occorrepensare al “dopo coronavirus” p ro -muovendo scelte all’insegna dellasolidarietà globale, nei confronti inparticolare, di coloro che vivono nel-le periferie del mondo. Per dirla conle parole di Papa Francesco, questasolidarietà «se la viviamo, noi siamonel mondo segno, sacramentodell’amore di Dio. Lo siamo gli uniper gli altri e lo siamo per tutti!».

di GIULIO ALBANESE

Africa), diramati il 21 aprile, sonostati registrati a livello continentale1.158 decessi causati dal covid-19,23.505 contagi e 5.833 ricoveri. Darilevare che, volendo confrontarequesti numeri con la popolazioneafricana — oltre un miliardo e 300milioni — non saremmo ancora difronte a quello scenario catastroficoche tutti, ancora oggi, ritengononon solo possibile, ma probabile. Siteme naturalmente che i contagipossano essere molti di più per ladebolezza del sistema sanitario con-tinentale che, nelle condizioni attua-li, non è in grado di monitorare lepossibili catene di contagio localicapaci di scatenare processi di molti-plicazione e dunque di propagazio-ne della pandemia. Il direttore gene-rale dell’Organizzazione mondialedella sanità (Oms) Tedros AdhanomGhebreyesus, lo scorso weekend, halanciato l’allarme: «Nell’ultima setti-mana i casi confermati di coronavi-rus in Africa sono aumentati del 51per cento e il numero delle morti ac-certate del 60 per cento», ma inmancanza di kit per i test «è verosi-mile che i numeri siano più alti».

Questo, in sostanza, significa cheforse bisogna prepararsi al peggio.La principale preoccupazione ri-guarda non solo la diagnostica, masoprattutto la mancanza di farmaciimpiegabili e di ventilatori polmona-ri: nella Repubblica Centrafricana,ad esempio, risultano essercene solotre. Si tenga presente che stiamoparlando, in termini generali, dipaesi segnati da un basso rapportodi medici per popolazione — in me-dia un medico ogni 5.000 persone —e da una spesa sanitaria media pariad appena il 5 per cento del giàscarso Prodotto interno lordo (Pil)continentale. Dunque, la capacità digestione e di risposta del sistema sa-nitario, a livello sia urbano sia rura-le, è ritenuta scarsa e inadeguata.

Ciò non toglie che qualcosa nontorni. Infatti, se da una parte la ge-stione clinica dei pazienti contagiatie la diagnosi laboratoriale, a livellocontinentale, sono problematiche,dall’altra vi è sempre stata la convin-zione che l’allarme sarebbe scattato,soprattutto nelle strutture ospedalie-re urbane, in conseguenza dell’au-mento dell’incidenza dei ricoveri. Eal momento, stando sempre al CdcAfrica, sono poco meno di seimilain un continente tre volte l’E u ro p a .Da rilevare che in molte città africa-ne, come Nairobi, Kampala, Lagos,vi sono innumerevoli baraccopolicon un’altissima densità di popola-zione. Viene pertanto spontaneo do-mandarsi quali possano essere le ra-gioni che finora hanno evitato che sievidenziasse un picco dei decessiall’interno di questi agglomerati ur-bani, come anche negli ospedali. Aciò si aggiunga il fatto che in Africa,per ragioni economiche ed impren-ditoriali, vi è una presenza conside-revole di cinesi, alcuni dei qualiavrebbero potuto veicolare il covid-19, prima ancora che il virus giun-gesse in Europa.

Potrebbero esservi forse almenodue elementi in grado di attenuarel’impatto del coronavirus in Africa.Anzitutto, il fatto che la letalità, cosìcom’è stata registrata negli altri con-tinenti, interessi prevalentemente lapopolazione più anziana, mentrel’impatto è meno rilevante per legiovani generazioni. Considerandoche in Africa oltre il 60 per centodella popolazione è sotto i 25 anni,

WASHINGTON, 21. Per combattere il«nemico invisibile» e con l’inten-zione dichiarata di proteggere i po-sti di lavoro dei cittadini statuniten-si, il presidente Donald Trump haannunciato ieri sera, su Twitter, lafirma di un decreto governativo concui sospenderà temporaneamentel’immigrazione negli Stati Uniti.Con questo ordine, che dovrebbeessere firmato dal presidente neiprossimi giorni, gli Usa non acco-glieranno, in toto, le domande pre-sentate da cittadini stranieri per vi-vere e lavorare nel paese, anchequelle per un periodo limitato ditempo. In pratica con questo prov-vedimento diventerebbe impossibiletrasferirsi legalmente negli StatiUniti. Il pensiero del presidente sa-rebbe rivolto agli oltre 22 milioni dicittadini statunitensi che, in quattrosettimane — le ultime due di marzoe le prime due di aprile — hannoperso il lavoro a causa delle conse-guenze economiche legate alla pan-demia di coronavirus.

L’annuncio del decreto esecutivocontro l’immigrazione arriva mentrela Casa Bianca e i due rami del

Congresso (la Camera a maggioran-za democratica, il Senato a maggio-ranza repubblicana) stanno rag-giungendo un accordo per un’ulte-riore manovra di aiuti pubblici, peruna cifra intorno ai 450 miliardi, inlarga parte destinata alle piccole emedie imprese.

Intanto ieri si è registrato uncrollo storico del prezzo del petro-lio. Per la prima volta il costo delgreggio che segue l’indice West Te-xas Intermediate (Wti) è statoscambiato sotto lo zero, arrivandoaddirittura a -40,32 dollari al barileper poi chiudere ieri sera a NewYork a -37,63 al barile. In pratica ivenditori hanno pagato i comprato-ri per prendersi il greggio. In matti-nata nei mercati asiatici il costo albarile è tornato leggermente sopralo zero. Un barile di Wti per leconsegne di maggio è stato com-mercializzato all’apertura dei mer-cati a 0,56 dollari. Questo è dovutoa tutta una serie di fattori, legatiunicamente alla crisi generata dallapandemia di coronavirus: la satura-zione delle scorte e il crollo delladomanda; l’incertezza sulla ripresaeconomica e sulla fine del lock-down in molti paesi; gli avverti-menti dell’Oms per una riaperturatroppo anticipata. Conseguente-mente questa mattina tutte le borseeuropee, in linea con l’andamentodelle Borse asiatiche, hanno apertoin rosso.

Al momento negli Stati Uniti,stando agli ultimi dati della JohnsHopkins University, sono morte al-tre 1.433 persone a causa del coro-navirus nelle ultime 24 ore, portan-do complessivamente i decessi a ol-tre 42 mila nel paese. Da quando èesplosa l’epidemia negli Usa sonostate contagiate oltre 785.000 perso-ne. Il presidente ieri, nel corso delconsueto briefing, invitando i citta-dini a continuare a rispettare il di-stanziamento sociale, ha dichiaratoche la sua amministrazione è al la-voro con i governatori degli Statiper aumentare il numero di test ef-fettuati e individuare il maggior nu-mero di persone positive al virus.

Visti i miglioramenti dei numerirelativi ai contagi, ai ricoveri e aidecessi i governatori di Texas e Flo-rida hanno deciso di velocizzare lariapertura, allentando alcune misurerestrittive. La maggioranza delle al-tre amministrazioni statali stannoattendendo che si realizzino le con-dizioni di sicurezza indicate dallatask force anticovid-19 come neces-sarie per la ripresa delle attività.

Page 3: 3 Quando il silenzio insegna ad ascoltare...ria d’amore sempre più grande. La sofferenza e la morte ne ricevono un senso alto e inaspettato. «Non c’è amore più grande che

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 22 aprile 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Il virusdella normalità

L’insegnamento a distanza ha mostrato lacune risolvibili e la necessità di un progetto di ampio respiro

L’Università del futuro: più tecnologiama serve ripensare anche l’a rc h i t e t t u r a

Accordo tra Netanyahu e GantzIsraele ha un nuovo governo

Zarif ribadisceil sostegno dell’Iran

ad AssadDA M A S C O, 21. «Non ci sarà alcuncambiamento nel sostegno dell’Iranalla Siria dopo l’assassinio del gene-rale Soleimani». Queste le paroleusate, ieri, dal ministro degli esteriiraniano, Javad Zarif, nel suo incon-tro a Damasco con il presidente siria-no Bashir Assad. Zarif ha fatto riferi-mento all’uccisione di Soleimani av-venuta il 3 gennaio 2020 durante unraid statunitense in Iraq, ordinato di-rettamente da Trump, e che innescòuna grave crisi internazionale.

Il presidente Assad, dal canto suo,ha ricordato «il ruolo unico di Solei-mani nella lotta al terrorismo» e ri-badito il suo ringraziamento all’Iranper il sostegno garantito finora.

Nel colloquio, Zarif e Assad han-no discusso delle trattative per unasoluzione politica del conflitto siria-no. Il leader di Damasco ha inoltrenuovamente denunciato «gli sconfi-namenti della Turchia che violano lasovranità della Siria». L’Iran, insiemealla Russia e alla Turchia, partecipaal cosiddetto “processo di Astana”che dal 2017 si prefigge di trovareuna soluzione alla guerra siriana.Inoltre, a quanto riferito dai mediastatali di Damasco, il presidente As-sad e il ministro Zarif hanno accusa-to l'occidente di sfruttare la pande-mia di coronavirus per scopi politici,rivocando il rifiuto della revoca dellesanzioni alla Siria e all'Iran.

Il presidentenigerianocondannale violenze

ABUJA, 21. Il presidente dellaNigeria, Muhammadu Buhari,citato dai media locali, ha con-dannato la serie di sanguinosiattacchi avvenuti nel fine setti-mana nello stato di Katsina, nelnord-ovest del paese africano.Attacchi che hanno provocato lamorte di almeno 47 persone. Se-condo testimoni oculari, banditiin sella a decine di motociclettehanno preso di mira — armi inpugno e simultaneamente — learee di Safana, Dutsinma eDanmusa, bruciando le case dialmeno 5 villaggi e sparandoagli occupanti. Questa ondatadi violenza è arrivata dopo mesidi relativa pace nella regione.Buhari ha detto che i criminalistanno approfittando delle mi-sure restrittive imposte per con-tenere la diffusione del corona-virus, esortando i nigeriani anon scoraggiarsi.

Negli ultimi anni, gli statidell’area nord-occidentale dellaNigeria (il paese più popolosodell’Africa) sono stati ripetuta-mente e gravemente colpiti dabande armate, che attaccanoabitanti del posto e visitatori,uccidendoli o prendendoli inostaggio per chiederne poi il ri-scatto.

di LUISA MURARO

Q uando per me l’idea di an-darmene da questo mondonon voleva dire praticamen-

te niente, per me morivano solo glialtri; poi a poco a poco sono en-trata anch’io nella categoria deivecchi, ancora non destinata a mo-rire ma con il sentimento che lamia vita si stava consumando. Inquesta fase ho fatto delle riflessionilegate alla mia morte, tra le qualiche a suo tempo avrei lasciato que-sto mondo senza lasciar detto nullaa quelli che ci restavano: per meavrebbero parlato i miei scritti, mipiaceva pensare, il mondo che iolascio, a loro sembrerà ancora nuo-vo (e, in caso, da salvare dai disa-stri ambientali, annunciati comep ro s s i m i ) .

L’emergenza globale del nuovovirus ha fatto crollare questa costru-zione mentale nei termini più im-prevedibili: mi resta da vivere nonso quanto ma il mondo sta cam-biando per tutti, e nessuno sa comecambierà. Che cosa possiamo direoggi noi che siamo vecchi? Possofare qualcosa con le mie forze resi-due? E che cosa? Che cosa farannoquelle e quelli che restano? Comevivrà la generazione che viene?

Si fanno delle ipotesi, delle pre-visioni, delle congetture, oltre a for-mulare analisi critiche seguite da se-vere e giuste conseguenze o da ac-corate raccomandazioni. Si tratta,in sostanza, di adoperarsi perchénon il potere sia la ragione dellapolitica ma una maggiore giustiziasociale e una convivenza pacificacosì da essere meglio preparati aquesto tipo di emergenze, e piùumani.

Leggo e ascolto, ma ogni voltache mi trovo d’accordo, anzi: piùmi trovo d’accordo e più sono presada un dubbio che mi toglie la paro-la: non ne siamo capaci. Però… p e-rò, mi dico, l’emergenza ha mobili-tato il personale sanitario e altri,donne e uomini. a dare il meglio disé fino al limite delle loro forze e arischio di ammalarsi. Loro, che so-no persone non eroiche nella nor-malità del vivere, in condizioniestreme riescono a trovare le ener-gie e mi chiedo: dove hanno trova-to le forze necessarie? Le hannotrovate, questo è il fatto: dunque,l’umanità è capace di volere e con-dividere qualcosa di buono?

Da qualche parte nel mondo, inquesti giorni su un grande muroesterno è comparsa questa scritta:

«Non torniamo alla normalità, ilmale è questo». Verità paradossalema vera.

Abbiamo creduto normale accet-tare che nazioni povere fossero im-pedite di migliorare a causa del de-bito che hanno con i paesi ricchi,Non abbiamo neanche notato diessere regolarmente complici deipiù forti, e sopportiamo o trovia-mo naturale che i rapporti tra lepersone e tra le nazioni siano rego-lati dalla forza. Ci consideriamofortunati perché abbiamo la neces-saria assistenza sanitaria, che difet-ta o manca a tanti altri nel mondo.Si parla di libertà e si pensa alla li-bertà di farsi concorrenza anchenel commercio di beni indispensa-bili…

E noi continueremo a chiamarenormalità questo stato di cose? Conquello che segue: guerre per assicu-rarsi risorse naturali, paesi resi invi-vibili da guerre civili, commercio diarmi, alleanze ai fini della superio-rità militare…

Sono una donna e quando quelledella mia generazione si sono detteche la subordinazione femminile almondo degli uomini non è norma-le, che non potevamo accettarla eche non era accettabile neanche da-gli uomini, questo stato di cose hacominciato a cambiare profonda-mente a cominciare dai rapporti tradonne come anche quello con l’uo-mo. La subordinazione durava sipuò dire da sempre ma quando laconsapevolezza ha cominciato a dif-fondersi come un contagio e il do-minio maschile è stato visto perquello che aveva di iniquo e sba-gliato, non aveva più credito ed èvenuto meno. Queste cose succedo-no, come è successa la mobilitazio-ne eroica di gente normale per aiu-tare il prossimo bisognoso.

Perché succedano, ci voglionodelle circostanze favorevoli. D’ac-cordo. Forse è venuto il tempo fa-vorevole perché una nuova genera-zione si mobiliti per salvare il pia-neta dal disastro ecologico e l’uma-nità dall’egoismo fatto sistema, ledue cose insieme perché insiemevanno. Non sul piano economico,si dirà. Infatti le circostanze favore-voli non bastano, ci vuole ancheuna presa di coscienza personale,contagiosa e condivisa, ci vuole unlibero diffuso con-sentire. E questoè a causa della libertà la cui possi-bilità, prima di essere un dirittoumano, prima di essere una conqui-sta, ci è donata con la parola.

di MARIO PANIZZA

La chiusura delle sedi universi-tarie sta determinando unacondizione nuova, improvvisa,

ma soprattutto non prevista. Gli ate-nei sono ricorsi, con sufficiente tem-pestività, all’insegnamento a distan-za, di fatto affiancandosi a quelli te-lematici; hanno affrontato il proble-ma, mirando a soluzioni che non in-terrompessero i programmi dei corsi.I limiti sono però apparsi subito evi-denti, legati per lo più all’inadegua-tezza della dotazione tecnologica ealla preparazione informatica, mode-sta se non del tutto carente, di uncerto numero di docenti.

Si è ricorsi all’uso di piattaforme,testate per l’occasione, scoprendoche non tutti gli insegnamenti pote-vano essere supportati dallo stessomodello di dialogo interattivo. Adesempio, una lezione di progettazio-ne architettonica si compone di unaparte ex cathedra e di una parte pra-tica, dove il docente è impegnato,insieme allo studente, nell’analisi enel commento degli elaborati grafi-ci. È chiaro che, in questo caso, lacomunicazione richiede piani diversidi approfondimento e quindi unastrumentazione informatica che, permantenere costante l’attenzione ge-nerale, deve poter dialogare con pla-tee variabili, al fine di permettere atutti (50-80 studenti) di partecipareattivamente a ogni fase. Del tuttodiverse sono le esigenze di una di-sciplina umanistica, quando la lezio-ne è estesa a un gruppo molto piùn u m e ro s o .

Emerge, anche se scontato, chel’insegnamento a distanza comportauna specializzazione diversa, da cali-brare per ogni tipo di disciplina.Non può essere affrontato come unasemplice conferenza in video, perchéè necessario che il docente sappiamisurare il livello di concentrazione,e quindi di apprendimento, del suouditorio. A ciò si deve aggiungereche la formula dell’e-learning do-vrebbe permettere, visto che ne ha ilpotenziale, di ridurre gli abbandonie, di conseguenza, far seguire le le-zioni, anche se non tutte, in tempidifferiti. L’opportunità più ricca ètuttavia la possibilità di combinaretra loro le offerte didattiche di piùatenei, consentendo agli allievi diutilizzare, con profitto, altri appro-fondimenti, sia italiani che interna-zionali. Questo richiede ovviamentela semplificazione di alcuni processi,lasciando alla tecnologia informaticala possibilità di accertare la parteci-pazione attiva degli allievi.

Data la complessità del sistema, siintuisce, abbastanza facilmente, chesi stanno incontrando non pochedifficoltà, dovute in gran parte,all’improvvisazione del momento.Tuttavia, come è altrettanto sempliceintuire, sono difficoltà risolvibili.Ciò cosa determinerà? Che le uni-versità tradizionali, in presenza, ten-deranno a trasformarsi in telemati-che, oppure che, approfittando inpositivo dell’esperienza di questoperiodo, svilupperanno quei percorsiformativi misti che, sicuramente,avrebbero già dovuto essere predi-sp osti?

Pensare a semplici automatismisarebbe del tutto errato, in quanto ilprocesso dell’apprendimento restacomplesso e non può affidarsi ascorciatoie. Si può individuare però,caso per caso, il percorso che si ri-volge agli strumenti e alle tecnichepiù idonee per combinare i momentiin distanza con quelli in presenza.

Ciò comporta sicuramente una re-visione della struttura edilizia, ina-datta, secondo i canoni tradizionalidell’insegnamento, a sostenere unprofondo cambiamento nella gestio-ne del modello formativo. Si poneimmediata la domanda se siano an-cora necessarie le aule per 300 postie oltre, senza mettere in discussionela presenza dell’aula magna, indi-spensabile per convegni e manifesta-zioni. Si evidenzia però la necessitàdi adeguare, se non suddividere, lealtre aule molto grandi, tema nontrascurabile, da affrontare con suffi-ciente anticipo, perché la riconver-sione, soprattutto degli ambienti agradoni, richiede tempo ed esperien-za progettuale. Si dovranno molti-plicare i punti d’ingresso, le uscite

di sicurezza e si dovrà riordinare ilmodello d’uso dei locali. Gli edificimoderni, impostati su schemi modu-lari, potranno più facilmente esserericonvertiti, mentre gli ambientiall’interno dell’edilizia antica, spessosoggetta a vincoli, richiederanno dif-ficili e onerose soluzioni. In questocaso il progetto edilizio e il progettoformativo, per giungere a risultatitra loro compatibili, dovranno pro-cedere attraverso progressivi aggiu-stamenti e correzioni.

Quale dovrà essere lo spirito chesappia accompagnare l’universitàtradizionale nella sua inevitabile tra-sformazione affinché migliori i suoilivelli di efficienza e sappia far com-prendere, con chiarezza, che il per-corso solo telematico non può sod-disfare l’intero ciclo formativo? Allabase di questo processo non potran-no porsi solo fattori contingenti, co-me quello attuale, ma dovrannoemergere valutazioni più strutturali,quali il rinnovato rapporto con lacittà e con l’ambiente e il manife-starsi di nuove domande professio-nali e di cultura.

Ritengo che il valore, anche at-trattivo, dell’università debba rivol-gersi sempre più alla costruzione fi-sica e ideale del concetto di comuni-tà. Proporsi cioè come un luogo do-ve gli allievi costruiscono il loro fu-turo scientifico, partecipando a unavita fatta di scambi costanti e fre-quenti tra loro, con i professori econ gli esperti esterni coinvolti inincontri disciplinari trasversali. Ciòcomporta il prevalere di attività se-minariali con gruppi abbastanzacontenuti e la presenza del docentee del tutor attraverso un impegno,se non continuo, alquanto assiduo.

Ovviamente l’idea di comunitànon si costruisce solo attraverso larivisitazione della struttura universi-taria, rimodulando le aule grandi inambienti più familiari, ma, soprat-tutto, rivolgendo l’impegno a dotareil patrimonio universitario di strut-ture complementari, destinate pro-prio a consolidare il carattere di ap-partenenza: gli spazi verdi eall’aperto per le attività ricreative, lemense, i teatri, i servizi necessari al-lo studio e ai laboratori integrativi,gli ambienti di soggiorno e di studioindividuale. Quindi quell’insieme didotazioni che qualificano la condi-zione di abitabilità, permettendoagli studenti, ai professori e a tuttoil personale una permanenza confor-tevole durante la giornata.

A queste dotazioni si deve inoltreaggiungere l’offerta residenziale chepresenta, in quasi tutto il territorionazionale, margini di ampia indeter-minatezza. Il suo dimensionamentoè calcolato in base alla domanda deifuorisede, mentre, in funzione dellacrescente mobilità studentesca e del-la costruzione di un sempre più con-solidato spirito di appartenenza allastruttura, esso dovrebbe estendersi ilpiù possibile, proprio per favorirel’uscita dall’ambito familiare e facili-tare la completa autonomia dellostudente, una volta conseguito il ti-tolo e avviato l’impegno lavorativo.

Le residenze studentesche devonopertanto essere al centro dell’ade-guamento dell’università. La doman-da elevata, l’estensione dell’offerta,una gestione razionalizzata che com-prima i tempi morti dei posti allog-gio e l’attuale disponibilità di capi-tali internazionali invitano a guarda-re le nuove possibilità di interventocon grande concretezza, dando spa-zio e sviluppo a una ricerca chepunti a tipologie innovative, utilianche a rilanciare l’intero mercatoimmobiliare. La scelta dovrebbe ri-volgersi a soluzioni edilizie flessibili,dove la condivisione dei servizi pos-sa diventare una dotazione adeguataanche per una residenza a utenzadifferenziata. Una casa per studentiè compatibile con le esigenze diun’abitazione multifamiliare o di unalloggio per anziani. A ciò si ag-giunga la spinta, ormai diffusa, acambiare sede sia lavorativa che resi-denziale. Alcune esperienze di allinclusive sono reali, così come lacondizione ibrida che pone su pianiintercambiabili lo student-housing e ilc o - h o u s i n g.

Rafforzato in termini di riconosci-mento e di appartenenza dall’am-piezza delle dotazioni comunitarie,

ogni ateneo potrebbe, proprio sfrut-tando il potenziale dell’insegnamen-to a distanza, estendere la sua offer-ta formativa: impostare corsi di stu-dio consorziati, riconoscendo il valo-re dei crediti conseguiti altrove, epermettere, in tal modo, ai propriallievi di costruirsi un curriculum,punteggiato da eccellenze e specia-lizzazioni.

In conclusione ritengo che il con-cetto di didattica blended, che preve-de la separazione tra distanza e pre-senza per quanto riguarda la forni-tura delle lezioni e la prova d’esame,possa estendersi alla combinazione,che però non può che avvenire gra-dualmente, dell’intero percorso uni-versitario. Sicuramente questa espe-rienza, imposta dalla pandemia, dichiudere le università per un perio-do abbastanza lungo lascerà indica-zioni che, ripeto, non devono essereassunte come spunti per semplifica-re, ma come un’occasione per mette-re in luce le più opportune possibili-tà di miglioramento della strutturauniversitaria e della sua organizza-zione accademica, sia nel campoesclusivo della formazione e della ri-cerca, sia in quello dell’integrazionecon la società e l’ambiente urbano.

TEL AV I V, 21. Israele ha un nuovogoverno. L’intesa tra Benjamin Ne-tanyahu, leader del Likud, e BennyGantz, leader del partito di centro-sinistra Blu e Bianco, è stata an-nunciata ieri sera. Il nuovo esecuti-vo arriva dopo settimane di este-nuanti negoziazioni, con lo spettrodi nuove elezioni, le quarte in unanno. Sostanzialmente, l’a c c o rd oprevede un’alternanza tra i due lea-der: Netanyahu resterà primo mi-nistro per 18 mesi, dopo i quali su-

bentrerà Gantz, attualmente presi-dente del parlamento israeliano, laKnesset. I ministeri previsti sono36, 15 dei quali andranno a BluBianco: tra questi gli esteri, la giu-stizia e l’economia. Al blocco delladestra, religiosi compresi, il resto:tra cui le finanze, la sicurezza in-terna e la sanità. Contro l’a c c o rd osi sono scagliati gli ex alleati diGantz: in primis Yair Lapid che haparlato di un «cattivo compromes-so».

Page 4: 3 Quando il silenzio insegna ad ascoltare...ria d’amore sempre più grande. La sofferenza e la morte ne ricevono un senso alto e inaspettato. «Non c’è amore più grande che

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 22 aprile 2020

Un volume su Domenico Tardini a cura di monsignor Sergio Pagano

Diario di un cardinaleLa Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista

Cronache della vita «alla finestra» nei testi di Niccolò Fabi — III

Nel blu

Grazie a un eccezionale apparato criticoè possibile cogliere non solo le sfumaturedella fisionomia umana e religiosa di Tardinima anche i nevralgici risvolti di avvenimentiche segnarono quell’epoca ricca di fermenti

Pio XII e il cardinale Tardini (1958)

di FRANCESCO MALGERI

Domenico Tardini è stato una fi-gura che ha segnato profonda-mente la politica vaticana nelcorso del Novecento, una per-sonalità che attraversa la storia

della Chiesa, ne fu protagonista e testimone,lasciando il segno della sua presenza e delsuo ruolo di primo piano. Alla fine dellagrande guerra, nel 1921 Benedetto XV lo no-minò minutante della Congregazione degliAffari Ecclesiastici Straordinari. Nel 1929 fu,con Pio XI, sottosegretario della medesimaCongregazione e nel dicembre del 1935 So-stituto della Segreteria di Stato e Segretariodella Cifra. Nel dicembre 1937 entrò nel cuo-re della diplomazia vaticana come Segretariodella Congregazione degli Affari Ecclesiasti-ci Straordinari. Pio XII lo chiamò a ricoprire,assieme a monsignor Montini, la carica dipro Segretario di Stato. Nel 1958 GiovanniXXIII lo nominò cardinale e Segretario diStato.

Sul piano storiografico la figura di Tardiniha trovato attenzione particolare in numerosistudi sulla storia della Chiesa nel Novecen-to, ad opera di studiosi quali Angelo Marti-ni, Benny Lay, Andrea Riccardi, Jean-Domi-nique Durand, Giovanni Sale, Emma Fatto-rini, Lucia Ceci e molti altri. In particolare,vanno poi ricordati due studi di particolareinteresse: la biografia di Tardini scritta damonsignor Giulio Nicolini, dal titolo Il Car-dinale Domenico Tardini (Padova 1980) e ilvolume di Carlo Felice Casula, DomenicoTardini (1888-1961). L’azione della Santa Se-de nella crisi fra le due guerre (Roma 1988),nel quale l’autore pubblicava il diario di Tar-dini relativo agli anni 1933-1936, da lui rin-

in quel momento (1967) venne giudicatainopportuna. La recente apertura agli storici,da parte di Papa Francesco, delle cartedell’Archivio Vaticano relative agli anni 1939-58, rendeva possibile la pubblicazione diqueste carte. Anzi, lo stesso Papa Francescoinvitò monsignor Pagano a pubblicare queidocumenti, che appaiono ora nel volumeDomenico Tardini. Diario di un cardinale(1936-1944). La Chiesa negli anni delle ideo-logie nazifascista e comunista, a cura di SergioPagano (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2020,pagine 246, euro 20).

Si tratta di documenti che a volte assumo-no il carattere di memorie, altre volte si trat-ta di vere e proprie pagine di diario. Ne esceun quadro quanto mai ricco e vivace, chemonsignor Pagano ha curato con particolarecura, non solo corredando il volume conuna ampia introduzione, che ripercorre le vi-cende archivistiche di queste carte e la bio-grafia di Tardini, ma arricchendo il testo delDiario con un eccezionale apparato critico,che consente al lettore di avere informazioni,rinvii bibliografici, archivistici e puntualizza-zioni storiche necessari per cogliere il signifi-cato di questi documenti. Da essi, monsi-gnor Pagano coglie anche la fisionomiaumana e religiosa di Domenico Tardini, scri-vendo tra l’altro: «In questi fogli, con unaforte coscienza della Chiesa immersa nellastoria (la navicula Petri, che anche ai suoitempi fu «in gran tempesta») egli raccogliefatti e pensieri suoi, sul tema di un giorno,di un colloquio, di una meditazione più lun-ga, e non rare volte con dovizia di particola-ri, scrivendo, ma pure raccontando e di tan-to in tanto lasciandosi prendere la mano dal-la irrefrenabile sua ironia, schietta ed arguta,tipicamente romanesca, simpatica ma anche

l’emergere in alcuni paesi di regimi totalitariispirati da ideologie nazionaliste e razziste, ilriarmo e lo scatenamento di una nuovaguerra mondiale, destinata a travolgere e cal-pestare quei valori ispirati alla convivenza ci-vile, al rispetto e alla fratellanza umana, in-vocati dalla Chiesa.

Tardini, nelle sue carte, testimonia lepreoccupazioni del Pontefice per questo cli-ma carico di tensioni e di pericoli. Evidenziala tenace fermezza di Pio XI nel contrastarele leggi razziali e nel denunciare il vulnus alConcordato inferto in Italia, con il divietodel matrimonio tra ariani e non ariani, mi-nacciando di «mandare a monte, se occor-resse, anche il Concordato». Secondo il Pa-pa il nazionalismo era una «eresia moder-na», il razzismo feriva «il concetto cattolicodella universalità della Chiesa, della ugua-glianza e fratellanza umana». Tardini si sof-ferma anche sull’enciclica contro il nazismo,pubblicata poco dopo quella sul comuni-smo, ricordando come venne fatta perveniresegretamente ai vescovi tedeschi, perché fos-se letta in tutte le Chiese, prima che ne fosseimpedita la pubblicazione dal regime nazi-sta. «Fu accolta con venerazione — scriveTardini — fu accolta con profonda e sinceracommozione. I buoni cattolici tedeschi sisentirono compresi e incoraggiati dal Padrecomune». Nell’udienza tenuta a Castelgan-dolfo il 28 luglio 1938 ebbe ad affermare:«Ci si può chiedere come mai, disgraziata-mente, l’Italia abbia avuto bisogno di andaread imitare la Germania». Tardini si soffermapoi ad illustrare la preparazione dell’ultimodiscorso natalizio di Pio XI, pronunciato il24 dicembre 1938. Un discorso che il Papavolle preparare da sé, nel massimo segreto,nel quale definiva la croce uncinata «nemicadella croce di Cristo». Una affermazione chemolti gli avevano consigliato di evitare, pernon provocare reazioni da parte tedesca.«Ma — scrive Tardini — tutto fu inutile, PioXI tenne duro».

Secondo Tardini, Pio XI aveva maturato laconvinzione che la perdita del potere tempo-rale «era stata provvidenziale per i Papi; cheil prestigio morale del pontificato ne avevatratto immenso guadagno; che una restaura-zione vera e propria di quel potere era uma-namente assurda». Pur giudicando necessa-rio «salvare il principio della sovranità anchecivile e quindi territoriale del romano ponte-fice, ma spiritualizzò per così dire, anche loStato terreno, riducendolo al minimo, tantoquanto bastasse perché su un lembo di terri-torio il papa potesse essere e dirsi non sud-dito di un altro sovrano, ma sovrano eglistesso».

Alla luce di questi orientamenti, Pio XIgiudicava quanto mai necessario celebrare ildecennale dei Patti Lateranensi. Le memoriedi Tardini si soffermano a lungo sulla prepa-razione di questo evento e sul discorso che ilPapa avrebbe dovuto pronunciare nel corsodi una solenne cerimonia, alla presenzadell’episcopato italiano. Com’è noto Pio XInon riuscì a realizzare questa iniziativa, allaquale teneva particolarmente, anche al finedi chiarire alcune questioni nei rapporti trala Chiesa e il fascismo: dall’Azione Cattoli-ca, al vulnus al Concordato, al problemadell’assistenza religiosa a militari e ai giovaniinquadrati nella Gioventù italiana del Litto-rio. Il 1° febbraio a Tardini che gli riferivaun discorso che Hitler aveva pronunciatocontro la Chiesa, con «tono molto aspro,

con voce molto eccitata, (...) con rabbia», ilPapa rispose: «E io parlerò con rabbia anchemaggiore». Un discorso, tra l’altro, che sichiudeva con un vibrante appello alla pace,invocando «l’ordine, la tranquillità, la pace,la pace, la pace a tutto questo mondo, che,pur sembrando preso da una follia omicida esuicida di armamenti, la pace vuole e connoi dal Dio della pace la implora e sperad’averla. Così sia!». La morte di Pio XI, p ro -prio alla vigilia di quell’evento da lui prepa-rato con tanta passione, gli impedì di pro-nunciare il suo discorso e di confrontarsi conl’episcopato italiano.

L’attenzione di Tardini e il suo rapportonei confronti di Pio XI si segnala anche perla familiarità e il rapporto cordiale da lui in-trattenuto con il Papa, che lo porta ad affer-mare che «Pio XI era di una conversazionepiacevolissima. Parlava lentamente e parevasi dilettasse nel raccontare e nel rievocaretante cose e tanti fatti. (...) Amava, più dei

brile, teso, agitato: il papa sta sempre peg-gio, non bisogna dirlo e non bisogna dirglie-lo. Lui sembra voler resistere al male, na-scondendo, minimizzando le sue condizioni,in un clima simile a quello che accompagnaun anziano, un malato terminale, in una fa-miglia che lo rassicura, e lo protegge ancheda se stesso» (Emma Fattorini, Pio XI, Hitlere Mussolini. La solitudine di un papa, Einaudi2010).

La seconda parte dei documenti di Tardi-ni pubblicati da monsignor Pagano riguar-dano i primi anni del Pontificato di Pio XII.Secondo Tardini l’elezione del cardinale Pa -celli era stata in qualche modo preparata esuggerita dallo stesso Pio XI. Ricorda Tardi-ni che nel corso di un suo colloquio con PioXI, questi, accennando al cardinale Pacelli,aveva affermato: «Sarà un bel Papa!». Tardi-ni descrive anche le sue impressioni, di fron-te all’ascesa al soglio pontificale di Pio XII,del suo «lento distacco di un uomo da quel-

tracciati nell’Archivio di Villa Nazareth. Perlunghi anni è stata vana la ricerca della partesuccessiva del Diario, fino a quando monsi-gnor Sergio Pagano, Prefetto dell’A rc h i v i oApostolico Vaticano, lavorando attorno allecarte del cardinale Antonio Samorè (cheaveva collaborato a lungo con Tardini, dive-nendone esecutore testamentario), si imbat-teva nella busta 6 dello Spoglio Samorè,nella quale rintracciava le carte di Tardini re-lative al periodo 1936-1944, la cui trascrizio-ne era stata affidata a Federico Alessandrini,in vista di una eventuale pubblicazione, che

dialoghi, i monologhi. E questi monologhierano spesso conditi di barzellette, di argu-zie, da motti, da aneddoti spesso interessan-ti, sempre piacevoli». L’intensa e affettuosasollecitudine di Tardini nei confronti di PioXI, si evidenzia in particolare durante i duemomenti nei quali il Papa vide aggravarsi lesue condizioni di salute. Tardini aveva vissu-to la malattia del pontefice dal dicembre1936 al gennaio 1937 con una costante preoc-cupazione, anche per le sofferenze che PioXI gli confessava: «Sono dolori atroci, ferociche non hanno nome». Ma in quella occa-sione il Papa «guarì — osserva Tardini —perché volle guarire, visse perché volle vive-re. E appena poté si mise alacremente al la-v o ro » .

La morte di Papa Ratti, la mattina del 10febbraio 1939 è descritta da Tardini in tuttala sua drammaticità, potremmo dire minutoper minuto, sino alle 5.31. Si tratta di unmomento particolarmente delicato, su cuigià Emma Fattorini si era soffermata: «Lecarte ci restituiscono un clima frenetico, feb-

che piano piano farà sempre più sentire lasua autorità e la sua personalità».

Le pagine di Diario relative ai primi mesidella guerra europea assumono un rilievonon trascurabile. Si tratta di puntuali anno-tazioni sui contatti intrattenuti non solo congli ambienti ecclesiastici ma anche con la di-plomazia internazionale accreditata presso laSanta Sede. Al tavolo di Tardini si susseguo-no diplomatici francesi, inglesi, polacchi, ru-meni, spagnoli e di altri paesi. L’a g g re s s i o n enazista e la concomitante invasione sovieticadella Polonia è seguita con costante preoc-cupazione. Nel corso di questi colloqui ven-gono alla luce i problemi che in quei primigiorni di guerra venivano a turbare la convi-venza europea. Si può affermare che questepagine vengono a integrare la documenta-zione contenuta negli Actes et documents duSaint Siège relatifs à la seconde guerre mondia-le. Nei suoi appunti Tardini non manca diesprimere anche alcune sue convinzioni, su-gli sviluppi della guerra e sulla posizioneche avrebbe assunto l’Italia. «Mai nella sto-ria — scrive Tardini il 4 settembre 1939 — si èvista una unione come quella tra Hitler eMussolini. Per me l’Italia ha un solo mododi guadagnare e molto: la neutralità (...) MaMussolini sarà tanto equilibrato da sceglierequesta via? Non credo. Il suo temperamentolo porta a non restare passivo quando altrimenano le mani. La sua dottrina fascistanon conduce che alla guerra magnificata,esaltata, glorificata».

Questi documenti, relativi ai primi annidel pontificato di Pio XII, dallo scoppio del-la guerra sino alla liberazione di Roma, te-stimoniano anche l’impegno di Tardininell’affrontare le delicate trattative per rag-giungere, «quasi con l’energia della... dispe-razione», un accordo tra le parti belligerantial fine di dichiarare Roma città aperta. Tar-dini si sofferma anche sui momenti dramma-tici dei bombardamenti di Roma del 19 lu-glio e del 13 agosto 1943, ricordando come lavisita del Santo Padre sui luoghi del bom-bardamento «fu un trionfo». Saluta infinecon emozione e speranza la liberazione diRoma, ricordando il ruolo e il peso che laSanta Sede e il Papa avevano svolto per lasalvezza di Roma, sottolineando la straordi-naria partecipazione popolare alla manifesta-zione del 5 giugno, che egli definisce «la piùbella, la più commovente, la più grandiosadimostrazione cui io abbia assistito». E ag-giunge: «L’entusiasmo fu indescrivibile. Cosìsi chiudeva, nella gioia e nel ringraziamento,un periodo di lavoro intenso e diuturno chese diede ansie e preoccupazioni, ci procuròanche una delle più grandi consolazioni del-la nostra vita di sacerdoti-impiegati».

lo che era stato finora. I primigiorni di un Papa sono i più in-teressanti. Si direbbe che non haancora presa consapevolezzadell’altissima dignità che riveste.È confuso, umile, remissivo, in-dulgente... Poi col tempo il Papadiventa anche nel tratto esterio-re... papa. Pio XI nei primi tempiera un agnellino, poi evolvendodiventò un leone. Non so se PioXII diventerà... feroce. Ma certo

sferzante, sarcastica, che in brevi tratti dipin-geva un ambiente, una persona, un interlo-c u t o re » .

Negli anni che attraversano le pagine diquesti documenti, l’Europa visse uno deimomenti più drammatici della sua storia. Apartire dalla metà degli anni Trenta, assistia-mo al consolidamento del regime sovieticoin Russia, dispotico e persecutorio contro laChiesa, e del totalitarismo fascista in Italia,la definitiva affermazione di Hitler e del na-zismo in Germania, la crisi austriaca, laguerra civile spagnola, la guerra d’Etiopia,

Le parole e le note dell’ultimo album di Nic-colò Fabi, «Tradizione e Tradimento», purconcepite in un altro tempo, si rivelano oggiincredibilmente attuali. Dopo aver aperto con«I giorni dello smarrimento» e «Prima dellaTempesta», e proseguito con «A prescindereda me» e «Io sono l’altro», concludiamo conl’ascolto di «Nel blu» e «Amori con le ali».

di SERGIO VENTURA

In questi venerdì e sabato santi indefi-nitamente prolungati, nel mezzo diuna tragedia dal sapore antico — la

cui via di uscita è posta tra le vite rapiteoggi dal covid-19 (se non viviamo alla giu-sta distanza) e quelle che lo saranno do-mani dalla crisi economica incipiente, puòavere ancora senso raccontare l’evento cri-stiano della risurrezione dai morti ai pa-renti e agli amici di chi non c’è più, di chiè stato sommerso dalla marea del conta-gio? E quello ebraico della liberazione daogni schiavitù a chi, invece, casualmente cisi trova ancora dentro e con molto pocomerito ne sarà salvato?

Sì, lo ha ricordato Papa Francesco, ab-biamo un «diritto alla speranza» da eserci-tare, foss’anche soltanto sulle nuvole diVasco Rossi, nel cielo di Ligabue o lungo

il sentiero fiorito di De André; una paroladi consolazione capace di rincuorare senzascivolare in un ingenuo ottimismo se sa-premo ricordare che il vangelo più antico,quello di Marco, il più semplice e con lamaggiore densità di miracoli, si concludeinvece in un clima realistico di umanapaura e senza un proprio racconto di ap-parizione del Risorto.

Siamo dunque legittimati solo a credereche «ciò che tarda avverrà» (P. De Bene-detti), che un giorno qui in terra e forsegià ora nell’aldilà si darà quel che cantaNiccolò Fabi: «come in un appuntamento/ su uno scoglio prima del tramonto» —come Giuseppe e Franca, morti all’osp eda-le di Como mano nella mano dopo cin-quant’anni di matrimonio — a c c o rc e re m odi nuovo le distanze ma gradualmente,per il peso del dolore che ci ha lasciatospersi e ammutoliti: «sembrava che ioguardassi solo al largo / ma ti ho sentitaarrivarmi accanto / prima seduti con legambe fra le braccia / ognuno muto den-tro i suoi richiami».

In quel momento poi, come i discepoliinvitati a tornare nella Galilea delle gentiper fare esperienza reale di risurrezione,«ci siamo aperti come libri / aiutandoci aricordare i nomi / di quelli che eravamo»,riordinando «con cura» — alla luce di que-sta rinnovata vitalità (nel tempo onell’eternità) — i ricordi di una vita che sipreannunciava già vecchia, ma che conte-neva in realtà l’essenza del nuovo.

«Tu arrivavi dalla fine di una guerra»pregno di morte, ritenendo ormai intollera-bile che qualcuno muoia senza esserne toc-cati, mentre «io ero scivolato dal mio piedi-stallo», da un annoiato delirio di onnipo-tenza; entrambi consapevoli che in realtàsiamo «un’assemblea di cocci» intenta «aconversare di vasi», di un’Europa moribon-da che ancora una volta sogniamo risortaper pronunciare i nostri mai-più-come-pri-ma, onde evitare quella spirale di autodi-struzione in cui «alla fine qualcuno pagherà/ il male che ci ha fatto / qualcun altro».

Finalmente liberi da ogni mascherina,che pure ci ha insegnato un uso migliore

dello sguardo, «tu mi hai sorriso e ho sen-tito di essere pronto». Tenendoci per ma-no, «ci siamo alzati contro il vento / e inpochi passi eravamo fino al bordo / con ilcoraggio che da soli non avremmo maitrovato». Leggeri come non mai, «il pesosi è lasciato andare avanti / i talloni si so-no alzati dalla terra», pronti nuovamente atuffarci nella Vita — eterna o temporale;«tu avevi paura, io forse un po’ di più /ma l’attimo dopo in un salto / noi erava-mo insieme, nel blu»: tra le braccia diquel mistero dell’a/Amore quale eterno eimmutabile movimento che tutto nel tem-po muove.

Non possiamo infine escludere che ungiorno lontano, dopo aver sperimentatoquesti «amori con le ali» e dopo moltiforse, qualcuno nell’al di qua dei salvati odall’aldilà dei sommersi riuscirà anche adarrivare a riconoscere che paradossalmenteil virus «mi ha regalato un movimento /allontanandomi da qualcosa / e avvicinan-domi a qualcos’altro / avvicinandomi aqualcuno / e allontanandomi da qualcunaltro». Prima no. Per pudore, per amoredel Vero che c’è nell’andrà tutto bene –tramandatoci da Giuliana di Norwich.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 22 aprile 2020 pagina 5

D all’“io” narciso al “noi” condiviso

La distanza tra certezza e verità

D’un tratto la teoria scettica che identificaval’essere certi con l’essere dogmaticisi mostra semplicemente inadeguataa cogliere il problema dell’esistenza dell’uomoCome se mancasse clamorosamente il suo bersaglio

Caravaggio, «Narciso» (1597-1599)

Giorgio De Chirico«L’incertezza del poeta» (1913)

CRONACHE DAL NICHILISMO — VIII

di CO S TA N T I N O ESPOSITO

Che ne sarà di noi? Neltempo della crisi pande-mica — come in ogni si-tuazione critica che toc-chi l’esistenza personale

e sociale — questa domanda torna aimportunarci, struggente e implaca-bile. Struggente, perché è il segno diun’ultima tenerezza nei nostri con-fronti, come un prendersi cura delnostro destino, cioè della possibilitàdi compiere o meno ciò che deside-riamo nella vita. Implacabile, perchési tratta di una domanda a cui nonriusciamo a dare una risposta scon-tata o automatica in base ai nostripropositi o alle nostre programma-zioni. In essa infatti tocchiamo conmano il fatto che stare al mondovuol dire essere sempre in questione,e che la vita è un’avventura — indivi-duale e collettiva — che dobbiamogiocarci sempre.

L’unica risposta che ci verrebbeda dare a questo interrogativo è chenessuno può essere certo di cosasuccederà. Ed è infatti un’incertezzastrisciante, poi dilagante, il senti-

mento più condiviso nella nostra at-tuale condizione. Ma un mutamentoculturale sta avvenendo sotto i nostriocchi. Nella lunga stagione del ni-chilismo di cui tutti bene o male sia-mo eredi, la certezza era stata da piùparti considerata come una specie didisvalore, un residuo dogmatico ri-spetto all’emancipazione della ragio-ne critica, il cui compito sembravaessere invece proprio quello dismontare ogni certezza come unapresunzione pericolosa e in definiti-va come una pretesa impossibile.

Questa posizione teorica si basavasulla constatazione sincera che il no-stro modo di conoscere, sempre par-ziale e limitato, non ci permette maidi afferrare l’essenza indubitabile ola verità ultima del mondo. Ma c’eraanche un altro motivo (forse menoinnocente e più ideologico) per so-stenere l’impossibilità della certezza,e cioè che quest’ultima in fondo sa-rebbe solo una nostra costruzione,una strategia psicologica, culturale esociale per tutelarsi dai rischi dellavita e del mondo. Insomma, essercerti significherebbe illudersi. Fino adire che l’unica certezza è che non si

è certi di niente — tranne di una co-sa, sedimentata fin nel nostro lin-guaggio quotidiano, quando peresprimere l’assoluta convinzione suun evento o una persona, diciamoche è “certo come la morte”. E alloraper vivere ci si aggrappa alle certez-ze costruite dal nostro fare, rinchiu-dendosi in recinti di sicurezza o affi-dandosi a narrazioni collettive.

D’altra parte, a dispetto della teo-ria, l’incertezza si è sempre più im-posta come il vero male di vivere nelpassaggio dal XX al XXI secolo. Èquello che il sociologo ZygmuntBauman ha descritto più volte luci-damente (per esempio nel saggioPaura liquida, Laterza 2008) comeuna nuova percezione della nostraimpotenza e della nostra contingen-za dopo il crollo dei diversi tentativimoderni di sostituirci a Dio come“signori” delle nostre vite. Per esor-cizzare quest’incertezza gli individuisi affidano volentieri alla protezionedella società e dello Stato, ma è unaaspettativa sempre più delusa che fi-nisce per essere rigettata sulle spalledei singoli, ormai esposti a doverfronteggiare inermi gli imprevistidella vita.

E gli ha fatto eco un altro grandesociologo, Ulrich Beck, acuto osser-vatore di quella che egli chiama la«società mondiale del rischio», incui «la sicurezza antropologica dellamodernità» si rivela «una sabbiamobile» e l’individuo viene caricatodella nuova, pesante responsabilità— materiale e morale — di affrontarei rischi globali sulla base della suasola decisione (e mai come in que-sto nostro tempo virale capiamo co-sa sia un rischio mondiale da fron-teggiare attraverso comportamentiindividuali). Con la conseguenzaparadossale che l’individuo post-moderno, quello che persegue comeideale una «vita propria» sganciatada altri legami, se non con se stesso,

finisce per essere preso dal panicoche il sistema delle sicurezze possacollassare. E allora, lungi dall’e s s e reil padrone di sé, fa appello sempredi più alla «razionalità del control-lo» a livello politico, sociale e tec-nologico, per rendere «nuovamentepossibile il funzionamento indistur-bato dei sistemi» (in Conditio huma-

essere certi di cose in se stesse deplo-revoli. Insomma, il passo dalla cer-tezza alla fede cieca e irrazionale sa-rebbe sempre in agguato. In fondo,quando Hermann Göring, uno deinazisti più devoti, affermava: «Ionon ho nessuna coscienza, la mia co-scienza si chiama Adolf Hitler», nonesprimeva una (tragica) certezza? In

percezione “che è una verità”»:quando cioè una cosa vera non è so-lo vera, ma viene raggiunta, acquisi-ta, assimilata coscientemente come“nostra”. La certezza di cui abbiamobisogno non è solo un’assicurazioneo una garanzia sulla vita, ma la fidu-cia in qualcosa di grande che nonfacciamo noi, che ci è dato o che in-contriamo, ma grazie a cui possiamocamminare, rischiare, finanche sba-gliare senza perdere il cammino, cioèla meta. Una certezza così non puòessere semplicemente escogitata oprogrammata da noi: essa richiedeche ce la testimoni qualcuno a cuipossiamo accordare ragionevolmentela nostra fiducia.

La certezza di cui abbiamo biso-gno è quella per cui un “io” solo onarciso possa diventare un “noi”condiviso. E infatti, sin dal primosguardo di nostra madre quando sia-mo venuti al mondo, e poi via vialungo gli incontri decisivi della vita,la certezza vera è sempre un “tu”.

L’intelligenza del riccioProssimità e relazione in uno studio sullo spazio degli affetti

Democrazia e autorità politica secondo don Sturzo

I limiti del popolo

La libertà non va confusacon il quietismo socialeperché essa non esclude il conflittoma lo risolvenel quadro dell’ordinamento sociale

na. Il rischio nell’età globale, Laterza2008).

Il paradosso allora è che proprionell’epoca dell’incertezza diffusa tor-ni a riaprirsi, in positivo, la doman-da se c’è qualcosa o qualcuno di cuiabbiamo certezza — e si riapre noncome un’ipotesi astratta, ma comeun bisogno essenziale per vivere. Ed’un tratto la teoria scettica cheidentificava l’essere certi con l’e s s e redogmatici si mostra semplicementeinadeguata a cogliere il problemadell’esistenza dell’uomo contempora-neo. Come se mancasse clamorosa-mente il suo bersaglio.

Ma come spesso succede, dall’in-terno di una crisi può nascere unanuova comprensione dei fenomenicostitutivi della condizione umana edelle parole con cui li designiamo.Abitualmente la “certezza” è vista co-me un’esperienza soggettiva, a diffe-renza dalla “verità” che indicherebbeinvece uno stato di cose oggettivo. Eper questo alcuni filosofi hanno pre-ferito la verità alla certezza, con lamotivazione che si potrebbe anche

questo caso la certezza è intesa comeuna credenza che non ha più il pro-blema della verità.

Ma non basta appellarsi alla veritàper far fuori la certezza. Proviamo afare l’inverso, e chiediamoci: cosa sa-rebbe una verità senza certezza, senon una conoscenza senza impatto eriflesso nella mia esistenza? La veri-tà, di suo, è indipendente dalle no-stre opinioni o reazioni; tuttavia soloquando noi la riconosciamo, quandoassentiamo o dissentiamo da essa, laverità diventa “esp erienza” nostra.Qui è tutto il nocciolo della certez-za, senza la quale non potremmo vi-vere: l’assenso che la nostra intelli-genza — spinta dalla nostra libertà —dà al reale che ci viene incontro.

John Henry Newman è tra coloroche hanno messo a fuoco la certezzacome una dinamica essenziale dellanostra intelligenza e della nostra af-fettività. Nella sua G ra m m a t i c adell’assenso (1870, ora in Scritti filoso-fici, Bompiani 2005) ci dice che lacertezza umana è «la percezione diuna “verità” accompagnata dalla

di RO CCO PEZZIMENTI

Occorre subito dire che I limiti del po-polo. Democrazia e autorità politica nelpensiero di Luigi Sturzo (Soveria Man-

nelli, Rubbettino, 2020, pagine 409, euro 25)di Flavio Felice è uno studio dal quale saràimpossibile prescindere per quanti, in futuro,vorranno affrontare la figura del fondatoredel popolarismo. Le tematiche affrontate nel-le tre parti del volume presentano inoltre unastringente attualità, vista la crisi politica cheaccompagna gran parte della classe politicaeuropea. Dar conto di tutto è impossibile, perquesto occorre puntualizzare quegli elementiche Sturzo considerò e che furono archiviaticon superficialità, salvo poi riesplodere pre-potentemente nelle attuali contingenze.

misura non solo dalla forza del suo pensierocapace di dare risposte ai problemi del suotempo, ma anche dalla capacità di questo diinserirsi, a pieno titolo, nella grande tradizio-ne del pensiero cristiano di ogni tempo. Sot-tolinea Felice, «ogni potere è relativo, deriva-to da Dio, dunque, limitato», perché la poli-tica non costituisce, pur essendo estremamen-te importante, il tutto dell’uomo. Se così fos-se, inevitabilmente, diverrebbe totalitaria. Daqui la critica all’enfasi hegeliana dello statali-smo panteista che, sia pur in modo diverso,accomunerà la destra e la sinistra. Lo stessomarxismo, in questa prospettiva, nasce ingab-biato e tale resta nei suoi tre elementi teoricifondamentali: «il determinismo collettivo acarattere materialista, una concezione storicadi tipo dialettico e infine il concetto di ugua-glianza» che sfugge all’ottica dei veri diritti erisulta frutto di una pianificazione imposta adanno della libertà e della stessa volontà po-polare. Per questo, «tutta l’era cristiana sareb-be contrassegnata» dalla necessità di trovareun potere che «abbia origine nel popolo. In-vero si tratterebbe di un’idea ben presente an-che nell’era pre-cristiana, sebbene inquinatadalla pratica della schiavitù». Forse non riu-sciremo mai a valutare la grande portata sto-rica della nostra religione che, non a caso, ap-parendo oggi in crisi, ha generato nuove edrammatiche forme di schiavitù.

Da qui il recupero, proprio nelle pagineconclusive, di quell’autorità che era stato iltema iniziale dello studio. Autorità intesa co-me ministero, tanto da suggerire, ad alcunicontemporanei, l’opportunità di definire l’au-torità come la più alta forma di carità. Eccoperché i nomi della carità «sono diritto, dove-re e responsabilità». Caratteristiche frutto diuna rigorosa disciplina morale e, quindi, pre-supposto dell’ordine politico. Questo «nonha nulla di statico, attinge semmai all’agosti-niana Tranquillitas ordinis» ripresa e rivisitata,poi, dalla Scuola di Friburgo.

Nelle conclusioni si capisce perché Sturzosia tra quei giganti che si sono battuti per re-cuperare alla politica i suoi presupposti mora-li, intesi come rettitudine di coscienza e noncerto imposti da comitati centrali di partito,concezioni etiche dello Stato o guide infalli-bili di turno. Da qui la polemica sturziananei confronti dello statalismo, la partitocraziaegoistica e lo spreco di denaro pubblico, chesempre definì le «tre male bestie».

Tra i problemi della prima parte spiccaquello del limite e dell’autocontrollo. Limiteche non riguarda solo i poteri, ma lo stessopopolo nel quale vanno create «le condizionietico-psicologiche, per le quali esso stesso im-pone a sé i limiti che non può oltrepassare».Se questo non avviene, le democrazie dannospazio a quel populismo che da anni stiamosp erimentando.

Di grande valore è la seconda parte dove sianalizzano autorità politica e coscienza indi-viduale. La base morale dell’autorità costitui-sce la sua ragion d’essere. Belle sono le im-pressioni sturziane raccolte dalla stessa Dot-trina sociale della Chiesa, per esempio inGiovanni Paolo II. Ma non meno suggestivesono le pagine relative alla cosiddetta passio-ne per la libertà capace di esprimersi in unvero e proprio metodo. Libertà e la stessa pa-ce sociale, infatti, non vanno confuse con unosterile quietismo. La libertà «non esclude ilconflitto», ma lo risolve «nel quadro dell’or-dinamento sociale, ricorrendo agli istituticlassici della democrazia liberale, mai definiti-vi e mai assoluti». La grandezza di Sturzo si

di PAOLO NEPI

L’esistenza dell’uomo nel mondo,fin dai primi passi, segue una di-namica in cui giocano un ruolo

fondamentale il tempo e lo spazio. Perquanto riguarda il tempo, ogni individuo,ma anche ogni assetto sociale, deve fareinnanzitutto i conti con la sua storia, at-traverso una memoria creativa che nonimprigiona nel passato, pregiudicando intal modo il presente e l’avvenire. A pro-posito dello spazio, le persone devono in-vece trovare, ponendosi alla giusta distan-za, la loro corretta collocazione rispettoagli oggetti dell’esperienza e agli altri.Come si vede, si tratta di un tema parti-colarmente intrigante nel tempo del coro-n a v i ru s .

Il tema della distanza, come ci ricordaDonatella Pagliacci in una pregevole rico-gnizione dei suoi molteplici risvolti, nonha dunque solo un significato topografi-co, ma assume una precisa rilevanza an-tropologica ed esistenziale. Da questaprospettiva, la persona umana è dunquechiamata a trovare la giusta «distanza trasé e sé, tra sé e gli altri e tra sé e il mon-do» (L’io nella distanza. Essere in relazione,oltre la prossimità, Milano, Mimesis, 2019,pagine 308, euro 24). Anche se può sem-brare un paradosso, l’esperienza ci confer-ma dunque che il rapporto con il proprioio è la prima sfida che l’uomo deve af-

frontare. La più antica rappresentazionedi questo aspetto del problema ci è offer-ta dal mito di Narciso, in cui l’incom-prensione della differenza e distanza tral’io e il tu relega il soggetto in un isola-mento totale, portando il povero giovaneall’auto distruzione.

La relazione tra l’io e gli altri presentauna ricca fenomenologia di situazioni,nelle quali è sempre in gioco una relazio-ne che richiede di sapersi porre a giustadistanza. Fondamentale quella padre-fi-glio, oggi diventata particolarmente pro-blematica, e costretta a ripensarsi a segui-to della crisi di ogni forma di autorità.Ricca di singolari suggestioni si presentala situazione speculare, quale si manifestanella figura della donna-madre, che ha ca-ratteristiche assolutamente specifiche, spe-cialmente rispetto al nascituro e al neona-to. Anche l’amore e l’amicizia richiedonoun sapiente dosaggio tra prossimità e di-stanza, per evitare la sindrome del posses-so dell’altro che si sostituisce, come formapatologica, al rapporto libero di due per-sone che occupano, senza pestarsi i piedi,il medesimo spazio esistenziale. Uno spa-zio in cui la reciprocità degli affetti, perpoter dispiegare tutte le sue potenzialità,non ha assolutamente la forma del domi-nio ma del dono gratuito.

Vi è poi la questione del rapporto chepassa dalla relazione io-tu a quella con-nessa al più ampio mondo sociale, ovverola dimensione del “noi”. A proposito delrapporto con gli altri viene in menteSchopenhauer, pensatore noto per il suoproverbiale pessimismo, che ha scritto ungraziosissimo apologo che ci aiuta a stabi-lire, per quanto riguarda le relazioni inter-personali e sociali, un iniziale criterio dimisura. Si tratta dell’apologo noto comeil dilemma del porcospino: «Alcuni por-cospini, in una fredda giornata d’inverno,si strinsero vicini, vicini, per proteggersi,col calore reciproco, dal pericolo di rima-nere assiderati. Ben presto, però, sentiro-no le spine reciproche; il dolore li costrin-se ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’al-tro. Quando poi il bisogno di riscaldarsili portò nuovamente a stare insieme, si ri-peté quell’altro malanno; di modo che ve-nivano sballottati avanti e indietro fra duemali, finché non ebbero trovato una mo-derata distanza reciproca, che rappresen-tava per loro la migliore posizione».

Il tema può avere una sua declinazioneanche in chiave religiosa, in particolare ri-guardo alla tradizione ebraico-cristiana. Ilrapporto uomo-Dio segue in questo con-testo un paradigma originale rispetto aipoliteismi dell’antichità. Il Dio creatore sicolloca infatti in un’assoluta distanza on-tologica rispetto alle creature, ma questonon impedisce che sia, allo stesso tempo,nella più vera prossimità per quanto attie-ne alla sua cura e al suo amore per loro.Il peccato dell’uomo è dunque l’esp erien-za di una distanza che non rispetta più lamisura del rapporto, oscillando tra l’ec-cesso di una confidenza che oblia la diffe-renza e l’allontanamento come espiazionedella colpa commessa.

Quanto all’esperienza del suo essere almondo, non mancano, per l’essere uma-no, le occasioni in cui il tema della di-stanza si presenta con un’urgenza tuttaparticolare. Basti pensare all’esp erienzadel dolore e della morte. Anche in tuttiquesti casi occorre trovare la giusta misu-ra della partecipazione e del distacco, perfar sì che la persona non venga travoltada un’ineliminabile angoscia del nulla,ma sappia, in date situazioni, “mettere ladistanza” tra il proprio io e la mortedell’altro, attraverso un’elaborazione deldolore che non chiuda tutte le porte allaconsolazione e alla speranza.

Infine, in relazione alla distanza presacontemporaneamente nel suo duplice si-gnificato, spaziale e sociale, il libro accen-na qua e là, anche senza dedicargli unaspecifica riflessione, al mutamento antro-pologico connesso alle nuove forme dicomunicazione. Le tecnologie informati-che stanno infatti trasformando molti deitradizionali termini di relazione. Di questimutamenti credo che non abbiamo ancorafino in fondo afferrato gli effetti, trattan-dosi tra l’altro di un processo in atto. Ilprimo paradosso è comunque costituitoda un dato innegabile, ovvero dall’a c c re -scimento delle possibilità di comunicazio-ne a prescindere dalla distanza. Quantopiù aumentano le possibilità tecniche diessere in relazione a prescindere dalle di-stanze, tanto più si allentano le forme tra-dizionali della comunicazione dal vivo. Equi si apre il nuovo interrogativo: questainedita asimmetria è la soluzione del pro-blema oppure ci rimanda a nuove stimo-lanti (e inquietanti) domande?

Page 6: 3 Quando il silenzio insegna ad ascoltare...ria d’amore sempre più grande. La sofferenza e la morte ne ricevono un senso alto e inaspettato. «Non c’è amore più grande che

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 22 aprile 2020

Il sostegno del cantante Nek all’attività missionaria di Nuovi Orizzonti in Brasile

Cosa riesce a fare l’a m o re

Una Chiesa da restaurareNell’arcidiocesi di Los Angeles una preghiera di guarigione dalle ferite provocate dagli abusi

di GI O VA N N I ZAVAT TA

«C aro Gesù, pastore dellapace, unisci alla tua pro-pria sofferenza il dolore

di tutti coloro che sono stati feritinel corpo, nella mente e nello spiri-to da quelli che hanno tradito la fi-ducia riposta in loro». È una Chiesada restaurare, da reimmaginare, cosìcome scuole, quartieri, comunità. Laferita delle violenze sessuali com-messe su minori e persone vulnera-bili da ecclesiastici e religiosi saràdifficile da rimarginare. Per la guari-gione serve anche pregare, e molto.Negli Stati Uniti, dal 1983, aprile èil mese per la prevenzione nazionaledegli abusi sui bambini. Fra le tanteiniziative, quest’anno si segnala lanovena di preghiera, dal 18 al 26aprile, organizzata dall’arcidiocesi diLos Angeles. «Questa novena è percoloro che sono stati direttamentedanneggiati dalle violenze sia all’in-terno sia all’esterno dei luoghi diculto e delle strutture religiose. In-sieme pregheremo per la guarigionedella nostra Chiesa e delle nostre

comunità, mentre lottiamo per com-prendere, espiare», spiega HeatherBanis, coordinatrice del Victims As-sistance Ministry dell’arcidio cesi,l’ufficio per l’assistenza alle vittime(al quale è collegato un numero te-lefonico) che pubblica annualmentel’elenco aggiornato di politiche, pro-grammi, risorse, numeri di contattoe altre importanti informazionisull’opera di prevenzione. Si trattadi una squadra interamente compo-sta da donne: insieme a Heather Ba-nis ci sono le vice coordinatrici Tere-sa Celada-Dalton e Martha Gutier-rez e l’assistente Christi Lara.

Con gran parte del mondo chiusoin casa per colpa del coronavirus,l’isolamento domestico potrebberendere le persone vulnerabili agliabusi ancora più vulnerabili. Moltedelle vittime, in generale (quindinon esclusivamente in ambito eccle-siale), hanno infatti subito violenzada un adulto della cerchia familiareo comunque di fiducia, osserva lacoordinatrice, e tale situazione po-trebbe facilmente ripetersi se i duerestano confinati nello stesso luogo.

Da sabato scorso, ogni giornodella novena una parrocchia diversadell’arcidiocesi di Los Angeles staospitando un servizio di preghiera ocelebrando una messa trasmessa instreaming dedicata alla guarigionedagli abusi sessuali. Le parrocchiesono situate nelle aree di San Fer-nando, Santa Barbara, Our Lady ofthe Angels, San Pedro e San Ga-briel. Ai cattolici è stato chiesto didecorare e accendere una candela incasa per coloro che hanno subitoviolenza e per le loro famiglie. Leintenzioni e le intercessioni di pre-ghiera durante la novena includonola protezione dei più vulnerabili nel-le comunità, la cura, l’accompagna-mento e il conforto delle vittimenonché il supporto alle comunitàimpegnate sul campo. «L’obiettivo èconvogliare tutti in una preghieracollettiva, in un profondo momentodi riflessione», osserva HeatherBanis. Poiché le riunioni pubblichee i servizi di culto sono stati sospesia causa della pandemia, i fedeli so-no invitati a visitare un’app ositapagina web, intitolata United Toge-ther in Prayer, dove verrà fornito illive streaming con la parrocchia diturno.

Da tempo la diocesi di Los Ange-les, guidata dall’arcivescovo JoséHoracio Gómez, presidente dellaConferenza episcopale statunitense,è in prima linea sul fronte delle de-nunce, in collaborazione con le for-ze dell’ordine, e della prevenzionedell’odioso crimine. Aprile si è aper-to con l’iniziativa dell’Office of Sa-feguard the Children «Uniti insiemenella preghiera», per trasformare laconsapevolezza di un grave proble-ma in azione. L’arcidiocesi ha inol-tre creato un nuovo sito web, LACa-tholics, che funge da strumentomultiforme contenente risorse, pro-grammi e servizi per la protezionedei minori e la segnalazione di abu-si, compresa la Carta per la prote-zione dei bambini e dei giovani sot-

toscritta dall’episcopato statunitense.«Grazie al coraggio delle vittime eall’impegno dei rappresentanti e deivolontari della Chiesa, abbiamo assi-stito a una considerevole riduzionedegli episodi di abusi sessuali su mi-nori negli ultimi due decenni quinell’arcidiocesi di Los Angeles. Tut-tavia — scrive monsignor Gómez inuna lettera — ogni caso, anche unoin più, è di troppo: un crimine e unpeccato che richiedono giustizia, ri-parazione e guarigione. Rimaniamovigili e impegnati a tutti i livelliecclesiali per creare ambienti sicuriper i nostri figli, riferendo e investi-gando sulle accuse di cattiva con-dotta e rimuovendo gli autori dalm i n i s t e ro » .

Il 17 febbraio 2004 l’arcidiocesi hapubblicato il Report to the People ofGod: Clergy Sexual Abuse Archdioceseof Los Angeles 1930-2003, un dossierche è diventato parte essenziale de-gli sforzi in corso per promuovere laguarigione e la riconciliazione dellevittime, delle loro famiglie e dell’in-tera comunità ecclesiale, tradita dasacerdoti, diaconi, membri di ordinireligiosi e altri che hanno servito laChiesa in quel lungo periodo. Ilrapporto ha esposto, senza alcuntentativo di giustificare gli erroricommessi, la storia spesso dolorosadi come la comprensione dei re-sponsabili dell’arcidiocesi di LosAngeles riguardo la piaga degli abu-si sessuali si sia evoluta nel corsodegli anni, dal momento in cui èstata trattata essenzialmente comeuna “debolezza morale” e un “p ec-cato” all’adozione, nel 2002, di unaferma politica di tolleranza zero.

«Spirito santo, consolatore dicuori, guarisci le ferite del tuo po-polo e rendi integro ciò che è fran-tumato»: questa l’invocazione con laquale domenica 26 aprile, a conclu-sione della novena di preghiera, i fe-deli, nelle proprie case, chiederannocoraggio e saggezza, umiltà e grazia,pace e giustizia.

Un libro-intervista su padre Juan Gabriel Arias

La vitacome missione

Allarme della Repam per l’aumento della violenza alle donne

C o m b a t t e reil fantasma

QU I T O, 21. Un allarme sociale chepurtroppo non smette mai di risuo-nare dato il drammatico ripetersidel fenomeno, «un fantasma che tiafferra la gola e non ti lascia più».Così la Rete ecclesiale panamazzo-nica (Repam), in una nota, ha defi-nito la violenza sulle donne che, acausa della quarantena obbligatoriaper combattere la pandemia da co-ronavirus, ha visto un preoccupanteaumento in molti paesi dell’Ameri-ca latina.

Secondo alcuni dati forniti dallaRepam, in Bolivia, ad esempio,dall’inizio del periodo di isolamen-to sono stati registrati oltre millecasi di aggressioni mentre in Perúsono più di quaranta le violenzesessuali denunciate, molte dellequali all’interno delle mura dome-stiche; inoltre in Colombia, le lineetelefoniche di sostegno psicologicodedicate al mondo femminile han-no visto un aumento del cinquantaper cento delle chiamate, eviden-ziando come il 77 per cento dei cri-mini di genere viene commesso nel-la stessa abitazione delle vittime. Aciò si aggiungono i casi di omicidio

di leader donne negli attacchi per-petrati dai narcotrafficanti e dallacriminalità organizzata.

La violenza compiuta nei con-fronti dell’altro sesso, sostiene laRepam, è come una pandemia «chequando si accompagna a un’altrapandemia diventa ancora più fero-ce. In Amazzonia gli indicatori del-le aggressioni fisiche, sessuali e psi-cologiche contro le donne sono al-larmanti» e il sovraffollamento abi-tativo, la fame e la disperazioneconseguenti alla crisi economicacausata dal coronavirus acuisconoancora di più questa realtà», ag-giunge l’organismo. Realtà spessosottovalutata e non affrontata «co-me una necessità urgente», soprat-tutto in questo periodo. Infatti, intempo di pandemia, la cura e l’at-tenzione alle vittime di violenza digenere è diventata ancor più caren-te e mette seriamente a rischio la vi-ta. È necessario quindi, conclude laRepam, compiere ogni sforzo ne-cessario per estirpare questo feno-meno perché «se anche una soladonna viene abusata è come se ve-nissero abusate tutte».

Nota dell’episcopato brasiliano

Prendersi cura della vita

di MARCELO FIGUEROA

Nelle scorse settimane, aBuenos Aires, nella parroc-chia dell’Immacolata Con-

cezione di Belgrano, emblema diquesto quartiere portegno, è statopresentato il volume edito da«Agape Libros» che raccoglie leinterviste curate dalla giornalistaSilvina Premat a padre Juan Ga-briel Arias, missionario argentinoin Mozambico. Tra i numerosi par-tecipanti alla presentazione, prece-duta da una messa celebrata da pa-dre Juan Gabriel, ricordato comeparroco, c’erano anche padre PepeVallarino, autore del prologo dellibro, e il direttore della casa editri-ce, Ignacio Javier Colabelli.

Il libro è il frutto di più di ottoore di dialogo fluido, personale emissionario. Da esso emerge una vi-ta che non è stata facile, con diffi-coltà di ogni sorta (economiche eaffettive), come quella di tanti. Male interviste ci mostrano che, inquesto caso, le carenze, piuttostoche un limite, sono state uno spro-ne. Padre Juan Gabriel è un appas-sionato tifoso di calcio, di arrampi-cate e di immersioni, come pure dialtre attività che denotano una per-sonalità che potrebbe apparire ec-centrica e poco strutturata. Eppure,nella sua identità profonda, questolibro ci mostra soprattutto il cuoredi un uomo catturato da Gesù.

Durante la presentazione, padreJuan Gabriel Arias, ha parlato, conprofonda gioia, del suo lavoroquotidiano di cura pastorale inquarantacinque comunità, dove so-no state aperte decine di cappellein edifici estremamente precari.Grazie alla sua esperienza missio-naria degli anni trascorsi in Mo-zambico, ha compreso che è statala celebrazione eucaristica a farcrescere le comunità, che dal suoarrivo si sono triplicate. Ha poi ag-giunto che, in un raggio di 90 chi-lometri, molte comunità sono nuo-ve ma che sono state riaperte an-che alcune di quelle che erano sta-te chiuse durante la guerra. Hainoltre sottolineato l’imp ortanzadei progetti educativi e le loro po-tenzialità in ambito sociale. I mo-zambicani di queste aree isolate, aesempio, non conoscevano nel lororegime alimentare la colazione da-

to che, nel migliore dei casi, aveva-no accesso a un solo pasto giorna-liero. L’offerta di una colazionecon un attento apporto nutriziona-le ha incrementato non solo la fre-quenza scolastica ma anche la ca-pacità di concentrazione e la salutedei 15.000 studenti che al momen-to frequentano le scuole parroc-chiali. Lo hanno testimoniato, du-rante la presentazione, due giovanimozambicani che hanno già conse-guito il diploma e una borsa distudio e che ora sono iscritti a uncorso di laurea all’università catto-lica di Buenos Aires.

Il sostegno missionario argenti-no all’opera di padre Juan Gabrielè stato confermato anche dalla pre-senza di equipe di medici con vo-cazione missionaria che si recanospesso in Mozambico per andarein suo aiuto. Gli operatori sanitarihanno messo in evidenza l’imp or-tanza della missione raccontandoche, nelle loro prime visite, si sonoresi conto che il 99 per cento deimozambicani non avevano mai vi-sto un medico in vita loro.

Padre Juan Gabriel Arias è statoordinato sacerdote nel 1997. Haesercitato il suo ministero in diver-se parrocchie dell’arcidiocesi diBuenos Aires, a quel tempo sottola guida episcopale di monsignorJorge Mario Bergoglio. Dal 2003al 2006 è stato missionario in Mo-zambico. Su consiglio pastorale diBergoglio è poi tornato a BuenosAires, dove è rimasto fino al 2014,anno in cui ha fatto ritorno in Mo-zambico per portare avanti la mis-sione di San Benito di Mangunde.

Nelle pagine del libro padreJuan Gabriel esprime pensieri mol-to vicini a quelli di Papa France-sco, che riconosce come un padresempre presente nella sua vita e nelsuo ministero: «Per me i poveri so-no sacrari viventi. Non posso ingi-nocchiarmi davanti al Santissimo,pregare e rendere culto all’eucari-stia, a Gesù nell’eucaristia, se tuttociò non è unito al culto di Gesùnella persona dei poveri. Non pos-so separare le due cose, non sonodue cose diverse, ma sono unite,sono collegate e sono anche colle-gate alla Parola. Per me è impor-tante l’unione tra adorazione euca-ristica e adorazione nella personadei poveri. Non posso parteciparealla celebrazione del Venerdì santo,adorare la Croce e baciare Gesùcrocifisso, se dopo poi non m’im-porta che Gesù soffra in ogni po-vero che sta soffrendo. Nella miafede c’è qualcosa di sbagliato sefaccio l’adorazione all’eucaristia omi sento unito a tutta la Chiesanella comunione e poi non vivoquesta comunione nella solidarietà,non mi impegno nell’aiuto al piùpovero. Se non vedo Gesù nel po-vero e lo vedo solo nell’eucaristia,la mia fede è incompleta, la miaadorazione non è reale. È un pro-blema di carità, di amore, ma c’èanche un problema dogmaticoperché non sto intendendo bene lafede, sto avendo un problema conla fede. È molto più di una que-stione morale, è una questionedogmatica».

di IGOR TRABONI

È un cantante di successo, unodei pochi artisti capaci diriempire i palasport e di far

cantare i figli assieme ai genitori,grazie ai trent’anni di una carrieracostellata di hit intramontabili. MaFilippo Neviani, in arte Nek, ha an-che un cuore così grande da poteraccogliere e “co ccolare” centinaia dibambini brasiliani, i piccoli di stradache ha voluto incontrare durante unviaggio missionario in America Lati-na e che oggi continua a sosteneredall’Italia. Un viaggio compiuto as-sieme a don Davide Banzato, voltonoto di programmi tv e assistentespirituale di Nuovi Orizzonti, larealtà che la fondatrice Chiara Ami-rante volle anche missionaria già dal2001. Quel viaggio, a portare cibo,indumenti ma anche l’allegria dicanzoni strimpellate davanti a ca-panne fatte di poco, Nek lo ha rac-contato in una sorta di diario quoti-diano sui social, con tanto di videoancora oggi cliccatissimo in rete.

Come fanno decine di volontariogni anno (e altri certamente parti-ranno quando sarà superato l’allarmeper la pandemia), Nek ha toccato

con mano povertà e voglia di riscat-to, discese negli abissi (bambini chesi prostituiscono, si drogano o ven-gono violentati già a 10 anni) e risa-lite, grazie alle comunità brasilianedi Nuovi Orizzonti dove ci si fa ca-rico di tante miserie, non solo mate-riali. «Guardate cosa riesce a farel’amore» ha ripetuto in più occasionil’artista. E non smette di darne testi-monianza — lui che tra l’altro è an-che consacrato “cavaliere della luce”in Nuovi Orizzonti — come accadu-to nelle scorse settimane a Bologna,all’inaugurazione della mostra disuccesso «Meninos de rua» di Gui-do Samuel Frieri, il fotografo profes-sionista pure presente in quel viag-gio missionario, e il cui ricavato dal-le vendite delle opere è stato desti-nato all’acquisto delle “ceste basi-che”, ovvero del sostegno materialeper un anno a una delle migliaia difamiglie delle due favelas dove Nuo-vi Orizzonti è presente.

«Sono diversi i progetti che abbia-mo avviato in Brasile», racconta Lu-cia Tognarini, responsabile dell’a re acooperazione internazionale di Nuo-vi Orizzonti, «a iniziare da “Cora-ção”, cuore in italiano, avviato sullascorta dell’omonima trasmissione

condotta da Raffaella Carrà e cheveicolò una buona visibilità per ilsostegno a distanza di duecentocin-quanta famiglie nelle favelas di Qui-xadá e Fortaleza. Ora ai nostri amicisostenitori proponiamo per l’appun-to l’appoggio necessario all’acquistodi una “cesta basica”, con beni diprima necessità per aiutare una fami-glia nell’arco di un mese o di un an-no. Quando portiamo gli aiuti, pernoi è anche un modo per avvicinare

riprende la Tognarini — stiamo av-viando una casa di accoglienza ma-schile, per ragazzi preda di alcol edroga, per quei padri spesso assentidalla società e dalle famiglie brasilia-ne». E qui entra in gioco, come sem-pre, il grande aiuto degli “amici del-la missione”, pur con tutte le innega-bili difficoltà del momento ancheeconomico che l’Italia sta vivendo:«La generosità è sempre tanta manon di rado arrivano lettere, magari

dove i piccoli possono stare insieme,fare i compiti, crescere in un am-biente sano, e che è già attivonell’altra favela per cinquanta-sessan-ta bambini. Così come ci sono duecase di accoglienza residenziali,ognuna con circa venticinque piccolie un ricambio continuo, perché perla legge brasiliana ogni due anni ibimbi devono tornare in famiglia.L’Sos più pressante arriva propriodai bambini ed è sempre quello cheChiara Amirante avvertì nel 2001(«Ho sentito il grido dei piccoli») eche ha portato Nuovi Orizzonti dal-le strade e dalle periferie d’Italia an-che a quelle del Brasile. «Adesso —

di pensionati o di persone che nonhanno più la sicurezza di un lavoroche a malincuore ci scrivono di nonfarcela più a sostenere il progetto didonare 25 euro al mese. Però, ripeto,sono sempre tanti quelli che donano,e lo fanno con il cuore. Così cometanti sono i volontari che ci chiedo-no di partire per il Brasile, di andarelì, e che poi, una volta toccata conmano quella realtà, diventano lorostessi i primi testimonial del soste-gno a distanza». Proprio come hafatto, e ora non smette neppure perun minuto di continuare a farlo, Fi-lippo Neviani, in arte Nek, artista disuccesso sul palcoscenico della vita.

quelle persone, per co-noscerle meglio. Equesto vale soprattuttoper le mamme, moltopiù presenti rispetto aipadri, e che spesso sisobbarcano da sole, ocon l’aiuto delle lorostesse mamme, fami-glie con tanti figli etantissima miseria. Av-viciniamo i bambini distrada, costretti a chie-dere l’elemosina o aprostituirsi. Il nostrovuole essere un soste-gno alla genitorialità,spesso anche all’edu-cazione e alla preven-zione, anche rispettoalle norme igienico-sa-nitarie più sempliciper noi ma sconosciu-te in quegli ambienti».

Da poco, a Fortale-za, è partito anche il«Progetto Emmaus»,con un centro diurnoper bambini, dall’im-pronta più educativa,

BRASÍLIA, 21. È tempo di prendersicura della vita umana. Lo ribadi-scono i vescovi brasiliani che, attra-verso una nota della presidenzadell’episcopato, lanciano un appel-lo alla società e al mondo della po-litica dopo averlo fatto pochi gior-ni fa, tramite una lettera personaleindirizzata ai membri del Supremotribunale federale. La Corte il 24aprile prossimo sarà chiamata infat-ti a esprimersi sulla possibilità didepenalizzazione dell’aborto nelcaso che la gestante abbia contrattoil virus Zika. L’udienza era statarinviata nel maggio dell’anno scor-so, anche a seguito delle proteste

delle organizzazioni pro-life. Ades-so le valutazioni dei giudici, vistol’allarme per la pandemia da coro-navirus, dovrebbero avvenire a di-stanza. In tal senso, i vescovi espri-mono perplessità anche per il fattoche sia stata convocata un’udienzadi tale importanza proprio in un«grave momento di lotta per la sa-lute e per la vita». E, aggiungonoribadendo l’insegnamento dellaChiesa, che «non spetta a nessunaautorità pubblica riconoscere selet-tivamente il diritto alla vita, assicu-randolo ad alcuni e negandolo adaltri. Questa discriminazione è ini-qua ed escludente».

†Superiori, Officiali e Collaboratoridell’Amministrazione del Patrimoniodella Sede Apostolica si stringono nelcordoglio al Sig. Pino Troia per lascomparsa della madre

Signora

ANTONIA STA Z IIl Signore misericordioso consoli i

suoi cari e le doni il premio promessoai servi buoni e fedeli.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 22 aprile 2020 pagina 7

In sant’Anselmo d’Aosta

La teologiacome contemplazione

Chi desidera fare teologia non puòbasarsi solo sull’intelligenza, ma de-ve compiere al tempo stesso unaprofonda esperienza di fede. A dir-lo è uno dei teologi più celebri delMedioevo: Anselmo d’Aosta. Uomodi profonda spiritualità, è stato unitinerante, nel senso che ha travali-cato i confini dei vari regni, princi-pati, regioni linguistiche e organiz-zazioni sociali che caratterizzavanol’Europa del tempo. Dimostrandoquanto il cristianesimo fosse il verocollante di tutto il “vecchio conti-nente”. Anselmo è stato perciò unvero cittadino europeo ante litteram:partendo dalla sua città natale, Ao-sta, finì — attraverso un’esp erienzamonastica in Normandia — per di-ventare arcivescovo di Canterbury equindi primate d’Inghilterra. Unsanto venerato, infatti, non solo daicattolici, ma anche dagli anglicani.Aveva un pensiero fisso: dimostrareche la ragione umana non è in op-posizione alla fede, ma è uno stru-mento fondamentale per la specula-zione teologica. Per questo, vieneanche chiamato il “padre della Sco-lastica”, grazie alla sua ricerca, svi-luppata nel P ro s l o g i o n , di un unicoprincipio immediato e fondato solosu sé stesso per dimostrare l’esisten-za e gli attributi di Dio. Escogitòuna formula, Credo ut intelligam(“Credo per capire”), con la qualesintetizza le sue ricerche. Il filosofoImmanuel Kant, nel XVIII secolo,chiamò questa dimostrazione la«prova ontologica dell’esistenza diDio», anche se Anselmo non utiliz-zò questa espressione.

Nacque ad Aosta nel 1033 dal lon-gobardo Gundulfo e dalla nobile bor-gognona Eremberga. A causa di con-flitti con il padre, che non accettava sidedicasse a Dio, preferì allontanarsida casa e si diresse all’abbazia di No-tre-Dame du Bec in Normandia. Erastato attirato dalla fama di Lanfrancodi Pavia che aveva fatto del cenobioun centro di studi rinomato. Arrivònell’abbazia nel 1060 e tre anni dopo,alla partenza di Lanfranco, nominatoabate di Saint-Étienne a Caen, diven-tò priore. In quegli anni si dedicò allascrittura e allo studio. Nacque così nel1076 il Mo n o l o g i o n (“Solilo quio”), unameditazione filosofica con la qualecercò di spiegare non l’essenza mal’esistenza di Dio. Negli anni imme-diatamente successivi, approfondì laspeculazione filosofico-teologica nelP ro s l o g i o n (“Collo quio”). Per dimo-strarne l’esistenza, partì a posterioridall’esperienza per arrivare a Dio. Ilsuo percorso fu dagli effetti alla causa.

Anselmo definisce Dio come «ciòdi cui non si può pensare nulla dipiù grande» o «la cosa più grande».

Nel mondo reale esiste la cosa piùgrande e poiché la cosa più grandeè Dio, Dio esiste. Il metodo usatoda Anselmo nella sua meditazioneconferisce piena legittimità all’usodella dialettica nelle discussioni teo-logiche. Anselmo venne assorbitonon solo dalle riflessioni teologiche,ma anche dagli eventi del suo tem-po. La conquista del regno di In-ghilterra nel 1066 da parte di Gu-glielmo, duca di Normandia, scon-volse i piani sia di Lanfranco, sia diAnselmo. Il nuovo sovrano, nel1070, chiamò Lanfranco in Inghilter-ra per affidargli la cattedra di Can-terbury. Fu primate d’Inghilterra fi-no alla morte nel 1089. Per quattroanni la cattedra rimase vacante, poi,nel 1093 il nuovo re Guglielmo II,detto “il Rosso”, chiamò Anselmoquale nuovo arcivescovo. Purtroppo,sorsero contrasti tra lui e il sovrano,che ambiva a impossessarsi dei beniecclesiastici e voleva campo liberoper le investiture. Il nuovo arcive-scovo si oppose fermamente. La rot-tura fu definitiva quando Anselmodecise di andare a Roma per farsiimporre il pallio arcivescovile dalPontefice, nonostante Guglielmo IIglielo avesse vietato.

Rientrato in Italia, lo troviamo trai padri del concilio di Bari del 1098e di quello di Roma del 1099. Urba-no II gli affidò il compito di rispon-dere ai dubbi teologici dei vescoviitalo-greci. Alla morte di GuglielmoII, il successore Enrico richiamò An-selmo a Canterbury. Ben presto, pe-rò, si riaccesero i contrasti, perché ilre voleva l’omaggio feudale da partedell’arcivescovo, il quale riteneva in-vece un valore fondamentale la li-bertà della Chiesa dai poteri tempo-rali. Nel 1103 riprese così la viadell’esilio e giunse a Roma da Pa-squale II. Nel 1106 si riconciliò defi-nitivamente con Enrico e poté rien-trare in Inghilterra. Infatti, il re ri-nunciò alla pretesa di conferire le in-vestiture ecclesiastiche, alla riscossio-ne delle tasse e alla confisca dei benidella Chiesa.

Anselmo dedicò gli ultimi annidella sua vita alla formazione moraledel clero e alla ricerca intellettualesu argomenti teologici. Lasciò unagrande eredità. L’attività del teolo-go, secondo Anselmo, si sviluppa intre stadi: la fede, l’esperienza, e lavera conoscenza, che non è maifrutto di asettici ragionamenti, ma diun’intuizione contemplativa. Morì il21 aprile 1109, Mercoledì santo. SanTommaso Becket promosse la suacausa di canonizzazione e nel 1720Clemente IX lo proclamò dottoredella Chiesa. (nicola gori)

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Diocesi di RomaIl sito della “diocesi del Papa”. Un albero di notizie che abbraccia la vita della Chiesadi Roma e germoglia, con articoli e approfondimenti, sulle attività e iniziative del Vica-riato. Le visite, circa 70.ooo a marzo 2020, superano i confini dell’Urbe, arrivano datutta Italia e, a seguire, anche dall’estero. Nell’ordine, soprattutto da Stati Uniti, Spa-gna, Brasile e Polonia. Il sito viene più letto da dispositivi mobili che da co m p u t e r.

Tra le pagine degli uffici più viste, svettano quella dell’ufficio Matrimoni e della Pa-storale scolastica. Quest’anno è stato attivato anche un canale video Youtube. Ognimattina viene infatti condivisa la diretta della messa da Casa Santa Marta del vescovodi Roma, Papa Francesco, e ogni giorno, alle 19, quella celebrata dal santuario del Di-vino Amore. Spazio agli eventi della diocesi, ai documenti e all’agenda — temp oranea-mente sospesa per motivi di salute — del cardinale vicario Angelo De Donatis. La ra-mificazione del territorio, suddivisa in cinque settori e 337 parrocchie, è percorribile at-traverso la ricerca nell’annuario.

La diocesi ha messo radici anche sui social network, dove vengono raccolte, in nu-mero crescente, richieste di preghiera e di conforto spirituale ma anche di generi di pri-ma necessità.

www.dio cesidiroma.it

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OSPEDALEDA CAMPO

La Pasqua dei cappellani che assistono i carcerati in un periodo particolare della loro esperienza

Accanto ai detenutiin un mondo di reclusi

di DAV I D E DIONISI

C’è una figura particolare cheentrando in un carcere, in-contrando le persone, ascol-

tando i loro desideri, i loro sogniper il futuro, stabilisce una relazioneche, prima di tutto, allontana tantiuomini e tante donne dalla solitudi-ne. Gli dà valore e le accompagnaverso il cambiamento e, con pazien-za, realizza una vera rieducazione. Èil cappellano del carcere, colui cheall’interno di un moderno lazzarettocontinua a pensare (e a dire) cheogni persona è sacra, e possiede unadignità inviolabile donata da Dio aprescindere dalla condizione socialein cui ci si trova. Colui che segue,accompagna e consola chi si trovaristretto, a chi pensa con rimpiantoo con rimorso ai giorni in cui era li-bero, e subisce con pesantezza untempo presente che non sembra pas-sare mai. Soprattutto in un periodoinedito come quello che stiamo vi-vendo. E soprattutto nel tempo li-turgico forte dell’anno. Ma che Pa-squa è stata quella di quest’anno peri detenuti delle carceri italiane? Perdon Raffaele Grimaldi, ispettore ge-nerale dei cappellani delle carceriitaliane, «è stata la Pasqua di sem-pre, perché anche in questo momen-to buio di sofferenza e di angosciaper tutta l’umanità, Cristo è risortoe continua a risorgere attraverso lenostre opere e i nostri messaggi che,nonostante le opportune restrizioni,continuiamo ad inviare ai fratelli de-tenuti». Don Grimaldi racconta diaver contattato tutti coloro che vivo-no le tante realtà di detenzione nelnostro paese: dai direttori, agli agen-ti di polizia penitenziaria, fino ai vo-lontari e naturalmente ai cappellanie agli ospiti degli istituti. «L’ho fat-to perché conosco le loro paure equelle dei familiari. E per questo hoscritto anche a Papa Francesco, rin-graziandolo per tutto quello che stafacendo per il nostro mondo». Inun momento in cui tutti hanno avu-to enormi difficoltà a entrare, il cap-pellano è rimasta una delle rare fi-gure a cui è stato consentito l’acces-so. «Si comprende quanto sia deter-minante una presenza simile che, co-munque, riesce ad assicurare un mi-nimo di approvvigionamento per ipiù poveri e un canale di comunica-zione con chi non riesce a parlarecon i cari. Anche in questa occasio-ne abbiamo scelto la prima lineaperché, secondo noi, i carcerati sonogli amici di Gesù e il nostro compi-to è quello di seminare in questiluoghi di dolore e sofferenza l’an-nuncio della Speranza», rileval’isp ettore.

Don Umberto Deriu, cappellanodella Casa di reclusione di TempioPausania, nel descrivere il carceresardo, parla di “clima disteso”. Sono

venuti meno i colloqui in presenza,ma i ragazzi possono contare sullevideochiamate. «Questo è già ungrande sollievo perché sono moltolegati alle loro famiglie. Ho cercatodi spiegargli che di fronte a una si-tuazione inedita e a un nemico invi-sibile, siamo detenuti anche noi.Riusciamo così a capire cosa vuoldire vivere da ristretti. Certo, cimancano i momenti di condivisione,la messa, ma loro vivono la fede inmodo diverso: pregano e cercano diimpegnarsi per migliorare. Cosìavranno una vita più onesta quandousciranno da qui. Ma gli ripeto sem-pre che nel loro cuore non deve es-serci la paura, ma la speranza».

Per don Luigi Mazzocchio, sacer-dote nel carcere di Agrigento, «ilcoronavirus ha messo in secondopiano tutte quelle che sono le emer-genze della vita carceraria. Il timoredi essere contagiati serpeggia. Nonsolo tra gli ospiti, ma anche tra gliagenti». Cosa chiede il detenuto alcappellano in questo periodo cosìdifficile? «Soprattutto benedizioni»rivela don Deriu. «E poi ricarichetelefoniche e contatti con gli avvoca-ti. Soprattutto quelli che hanno si-tuazioni in via di risoluzione premo-no per uscire. Quindi il cappellanoè l’uomo di tutti, la presenza amicache dà conforto». E la Pasqua aTempio Pausania? «È evidente chela nostra è stata più una Pasqua daVenerdì Santo che di Resurrezione,una passione che non sappiamo an-cora quanto debba durare. Ma il

messaggio è tutto fuori dal Sepol-cro, lontano dalla tristezza che ci hasegnato a causa della pandemia.Fuori per risorgere come personenuove, capaci di costruire un mondodiverso», aggiunge il cappellano ecommenta: «Si lamentano dei collo-qui, anche se Skype gli consente disentire e vedere i propri familiari.Ma a loro manca il contatto fisico.Ma cerco di spiegargli che prestoriavranno la possibilità di riabbrac-ciarli e di tenere ben presente che ilvirus più grave non è il covid-19, mail peccato».

Don Cristian Sciaraffa presta ser-vizio nella casa circondariale di Bel-lizzi Irpino: «Questo è un tempoche sta mettendo alla prova tutti, inparticolare noi che siamo in carcere»chiarisce. «Al Cappellano è richiestatanta pazienza, soprattuttonell’ascoltare i ragazzi. Ora deveuscire il meglio di loro, non il peg-gio. La generosità che hanno mani-festato, mettendosi a disposizione, èun segnale forte. Pensano ai loro ca-ri, a ciò che potrebbe capitargli e silamentano della loro assenza. Lamia risposta è sempre la stessa: perrafforzare un abbraccio lo devi ri-mandare. La Pasqua verrà». DonSciaraffa ha un metodo tutto suo,ormai collaudato, per un approcciovincente: «Ho una regola, quelladelle tre P, piccoli passi possibili.Dobbiamo prepararci a quandousciranno perché una persona che èstata trenta anni in carcere, se va viacon lo stesso cuore con cui è entra-

to, il nostro sforzo è stato vano. Ildramma non è essere carcerato, maabbandonato».

A Potenza c’è padre JanvierAgue, cappellano della Casa circon-dariale che segnala: «All’inizio i ra-gazzi hanno organizzato una mani-festazione pacifica e hanno inviatouna lettera, peraltro pubblicizzataanche dai media locali, nella qualeesprimevano la loro vicinanza allepersone colpite dal covid-19, così co-me ai medici, agli infermieri e ai vo-lontari della Protezione civile». Ilruolo di Padre Ague al tempo delcoronavirus è chiaro: «Prima di tut-to il Cappellano è la presenza dellaChiesa all’interno del carcere, quindiè chiamato ad affiancare e sostenerenon solo i detenuti, ma anche leguardie e il personale amministrati-vo. Non è lì per giudicare, ma è unapresenza che deve infondere serenitàe tranquillità. In questo periodoparticolare deve rappresentare ancheil collegamento con l’esterno». Poirivela: «Le video chiamate sono sta-te provvidenziali. Ho visto tanti ra-gazzi commuoversi nel rivedere lapropria casa, i familiari che non rie-scono abitualmente a venire ai collo-qui. Ho assistito anche al pianto diuno di loro nel riaccarezzare, seppu-re virtualmente, il suo cane. Dicosempre ai giovani che possono fareesattamente quello che si sta facen-do fuori, rimanendo vicino a chi stasoffrendo e regalando un sorriso alcompagno di cella».

Causa di beatificazione e canonizzazionedel servo di Dio

Gregorio Pietro XV Agagianian(al secolo: Ghazaros)

Cardinale di Santa Romana ChiesaPatriarca della Chiesa cattolica armena

EDITTOIl 16 maggio 1971 moriva a Roma ilServo di Dio Gregorio Pietro XVAgagianian, cardinale della Chiesacattolica romana e Patriarca dellaChiesa cattolica armena. Il Servo diDio, uomo di profonda cultura teo-logica e pastorale, dedicò la sua vitaal servizio al Signore e alla SantaChiesa nei vari ministeri a cui fuchiamato. Con sapienza e amore gui-dò la Chiesa cattolica armena pro-muovendone lo sviluppo spirituale emateriale. Lo stesso amore, prudenzae zelo per la diffusione del messag-gio evangelico dimostrò quando glifu affidata la guida della Congrega-zione di Propaganda Fide. In ognicircostanza della vita ha testimoniatola sua fede in Dio, nella gioia di es-sere un suo consacrato e nel deside-rio costante di comunicarla ai fratelli.Essendo andata, vieppiù, aumentan-do, col passare degli anni, la sua fa-ma di santità ed essendo stato for-malmente richiesto dal Postulatorelegittimamente costituito di dare ini-zio alla Causa di Beatificazione e Ca-nonizzazione del Servo di Dio, nelportarne a conoscenza la Comunitàecclesiale, invitiamo tutti e singoli ifedeli a comunicarci direttamente o afar pervenire al Tribunale Diocesanodel Vicariato di Roma (Piazza SanGiovanni, 6 - 00184 Roma) tuttequelle notizie, dalle quali si possanoin qualche modo arguire elementi fa-

vorevoli o contrari alla fama di santi-tà del detto Servo di Dio.

Dovendosi, inoltre, raccogliere, anorma delle disposizioni legali, tuttigli scritti a lui attribuiti, ordiniamocol presente editto, a quanti ne fos-sero in possesso, di rimettere condebita sollecitudine al medesimoTribunale qualsiasi scritto, che ab-bia come autore il Servo di Dio,qualora non sia già stato consegna-to alla Postulazione della Causa.Ricordiamo che col nome di scrittinon si intendono soltanto le operestampate, che peraltro sono già sta-te raccolte, ma anche i manoscritti,i diari, le lettere e ogni altra scrittu-ra privata del Servo di Dio. Coloroche gradissero conservarne gli origi-nali potranno consegnarne copiadebitamente autenticata. Stabilia-mo, infine, che il presente editto ri-manga affisso per la durata di duemesi alle porte del Vicariato di Ro-ma, nonché sia pubblicato sulla«Rivista Diocesana» di Roma, e suiquotidiani «L’Osservatore Roma-no», «Avvenire» e «Il Messagge-ro», nonché sul Bollettino del Pa-triarcato armeno cattolico «Ave-dik».

Dato in Roma, dalla sede del Vi-cariato, il 4 febbraio 2020.

ANGELO Card. DE DO N AT I SVicario Generale

MARCELLO TERRAMANIN o t a ro

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 22 aprile 2020

Nella messa a Santa Marta il Pontefice mette in guardia dalle divisioni causate nelle comunità cristiane da soldi, vanità e chiacchiericcio

Quando il silenzioinsegna ad ascoltare

«In questo tempo c’è tanto silenzio.Si può anche sentire il silenzio. Chequesto silenzio, che è un po’ nuovonelle nostre abitudini, ci insegni adascoltare, ci faccia crescere nella ca-pacità di ascolto». Con questa pre-ghiera Papa Francesco ha iniziatomartedì mattina, 21 aprile, la cele-brazione della messa — trasmessa indiretta streaming — nella cappella diCasa Santa Marta. Per poi, nel-l’omelia, mettere in guardia dalle di-visioni nella comunità cristiana pro-vocate, quasi sempre, dalla «monda-nità dei soldi, dalla vanità e dalchiacchiericcio». A queste tentazioni,ha suggerito, si può rispondere con«la docilità allo Spirito Santo», chepuò trasformare persone e comunitàper realizzare l’«armonia» autentica.

«“Nascere dall’alto” è nascere conla forza dello Spirito Santo» ha det-to il Papa all’inizio dell’omelia,prendendo spunto dal passo delVangelo di Giovanni (3, 7-15) cheracconta il dialogo tra Gesù e Nico-demo. «Noi — ha spiegato — nonpossiamo prendere lo Spirito Santoper noi, possiamo soltanto lasciareche Lui ci trasformi». E «la nostradocilità apre la porta allo SpiritoSanto: è Lui che fa il cambiamento,

la trasformazione, questa rinascitadall’alto». È «la promessa di Gesùdi inviare lo Spirito Santo» (cfr. At t idegli apostoli 1, 8); e «lo Spirito San-to è capace di fare delle meraviglie,cose che noi neppure possiamo pen-s a re » .

«Un esempio è questa prima co-munità cristiana» ha fatto presente ilPontefice, riferendosi al passo degliAtti degli apostoli (4, 32-37) propo-sto dalla liturgia come prima letturae sottolineando: «Non è una fantasiaquesto che ci dicono qui: è un mo-dello dove si può arrivare quandoc’è la docilità e si lascia entrare loSpirito Santo e ci trasforma». È«una comunità “ideale”, diciamo co-sì» ha spiegato Francesco. Anche se«è vero che subito dopo di questoincominceranno dei problemi; ma ilSignore ci fa vedere fino a dove po-tremmo arrivare se noi siamo apertiallo Spirito Santo, se siamo docili».

«In questa comunità c’è l’armo-nia» ha affermato il Papa. E «loSpirito Santo è il maestro dell’armo-nia, è capace di farla e l’ha fatta qui:la deve fare nel nostro cuore, devecambiare tante cose di noi» per «fa-re l’armonia, perché Lui stesso è l’ar-monia». Anche «l’armonia fra il Pa-

dre e il Figlio — ha proseguito Fran-cesco — è l’amore di armonia, Lui eLui, con l’armonia, crea queste cosecome questa comunità così armoni-ca». Ma «poi la storia ci dice nellostesso libro degli Atti degli apostoli,di tanti problemi nella comunità».Ecco che, ha insistito il Pontefice,«questo è un modello: il Signore hapermesso questo modello di una co-munità quasi “celeste”, per farci ve-dere dove dovremmo arrivare».

In realtà anche in quella comunità«poi incominciarono le divisioni». E«l’apostolo Giacomo, nel secondocapitolo della sua lettera, dice: chela vostra fede “sia immune di favori-tismi personali”» (cfr. 2, 1). Lo scrive«perché c’erano». E, ancora, «gliapostoli devono uscire ad ammonire:“Non fate discriminazioni”». Inoltre«Paolo, nella prima lettera ai Corin-zi, nel capitolo 11, si lamenta: “Hosentito che ci sono divisioni travoi”».

Insomma «incominciano le divi-sioni interne nelle comunità» ha fat-to notare il Papa. Perché a «questo“ideale”» si deve arrivare, «ma non èfacile: ci sono tante cose che divido-no una comunità, sia una comunitàcristiana parrocchiale o diocesana opresbiterale o di religiosi o religiose,tante cose entrano per dividere lacomunità».

«Vedendo quali sono le cose chehanno diviso le prime comunità cri-stiane — ha spiegato Francesco — ione trovo tre: prima, i soldi». Infatti«quando l’apostolo Giacomo (cfr. 2,2) dice di non avere favoritismi per-sonali dà un esempio, perché “senella vostra chiesa, nella vostra as-semblea entra uno con l’anellod’oro, subito lo portate avanti, e ilpovero lo lasciate da parte”». È laquestione dei «soldi». Anche Paolo«dice lo stesso: “I ricchi portano damangiare e mangiano, loro, e i pove-ri, in piedi”» (cfr. Prima lettera aiCorinzi 11, 20-22). In questo modo,

«i poveri li lasciamo lì come a direloro: “arrangiati come puoi”».

«I soldi dividono, l’amore dei sol-di divide la comunità, divide laChiesa» ha insistito il Pontefice os-servando: «Tante volte, nella storiadella Chiesa, dove ci sono deviazionidottrinali — non sempre, però tantevolte — dietro ci sono dei soldi: isoldi del potere, sia potere politico,sia soldi in contanti, ma sono soldi».

«I soldi dividono la comunità» haripetuto il Papa. E «per questo lapovertà è la madre della comunità,la povertà è il muro che custodiscela comunità». Perché «i soldi divido-no, l’interesse personale anche nellefamiglie: quante famiglie sono finitedivise per un’eredità? Quante fami-glie? E non si parlarono più, quantefamiglie» divise per «un’eredità: isoldi dividono».

«Un’altra cosa che divide una co-munità è la vanità, quella voglia disentirsi migliore degli altri» ha rilan-ciato Francesco, ricordando «la pre-ghiera del fariseo: “Ti ringrazio, Si-gnore, perché io non sono come glialtri”» (cfr. Luca 18, 11). È «la vani-tà» di «sentirmi che» valgo più de-gli altri, ha aggiunto il Pontefice. E«anche la vanità nel farmi vedere, lavanità nelle abitudini, nel vestirsi:quante volte — non sempre, maquante volte — la celebrazione di unsacramento è un esempio di vanità,chi va con i vestiti migliori, chi faquello e l’altro». Si cede alla vanitàper «la festa più grande: anche lì en-tra la vanità». E «la vanità divide,perché ti porta a fare il pavone e do-ve c’è il pavone c’è divisione, sem-p re » .

«Una terza cosa che divide unacomunità — ha affermato il Papa — èil chiacchiericcio: non è la primavolta che lo dico, ma è la realtà». Ed«è la realtà quella cosa che il diavolomette in noi, come un bisogno disparlare degli altri: “Ma che buonapersona è quella” — “Sì, sì, ma pe-rò...”». Ecco il bisogno di mettere

«subito il “ma”», come «una pietraper squalificare l’altro e subito qual-che cosa che ho sentito la dico e cosìl’altro lo abbasso un po’».

«Ma lo Spirito viene sempre conla sua forza — ha assicurato France-sco — per salvarci da questa monda-nità dei soldi, della vanità e delchiacchiericcio, perché lo Spiritonon è il mondo: è contro il mondo».Ed «è capace di fare questi miracoli,queste grandi cose».

In conclusione il Pontefice ha in-vitato a chiedere «al Signore questadocilità allo Spirito perché Lui citrasformi e trasformi le nostre comu-nità parrocchiali, diocesane, religio-se: le trasformi, per andare sempreavanti nell’armonia che Gesù vuoleper la comunità cristiana».

Successivamente, con la preghieradi sant’Alfonso Maria de’ Liguori,Francesco ha invitato «le personeche non possono comunicarsi» a fa-re «adesso» la comunione spirituale.Concludendo la celebrazione conl’adorazione e la benedizione eucari-

stica. Per poi affidare — accompa-gnato dal canto dell’antifona ReginaCaeli — la sua preghiera alla Madredi Dio, sostando davanti all’immagi-ne mariana della cappella di CasaSanta Marta.

Le intenzioni del vescovo di Ro-ma sono state rilanciate a mezzo-giorno, nella basilica Vaticana — do-ve, da ieri, accanto alla statua dellaVergine è stata collocata l’immaginedi Gesù misericordioso ispirata dasanta FaustinaKowalska — dal cardi-nale arciprete Angelo Comastri cheha guidato la recita del Regina Caelie del rosario.

Posticipati di un anno i raduni mondialidel Papa con famiglie e giovani

Saranno posticipati di un anno i prossimi raduni internazionali di PapaFrancesco con famiglie e giovani. Lo ha reso noto lunedì 20 aprile, unadichiarazione del direttore della Sala stampa della Santa Sede, MatteoBruni, in cui si chiarisce che «a causa dell’attuale situazione sanitaria edelle sue conseguenze sullo spostamento e l’aggregazione di giovani e fa-miglie, il Santo Padre, insieme al Dicastero per i laici, la famiglia e la vi-ta, ha ritenuto di posporre di un anno il prossimo Incontro mondiale del-le famiglie, in programma a Roma nel giugno del 2021, e la prossimaGiornata mondiale della gioventù, in programma a Lisbona nell’agostodel 2022, rispettivamente a giugno 2022 e ad agosto 2023».

All’interno della manifestazione online anche l’udienza generale di Francesco a cinque anni dalla «Laudato si’»

Una maratona multimediale per la Giornata della terra

Nominaepiscopale

Robert W. Marshallvescovo di Alexandria

(Stati Uniti d’America)Nato il 17 giugno 1959 a Memphis(Tennessee), vi ha frequentato laSaint Michael School (1964-1973)e la Christian Brothers HighSchool (1973-1977) e vi ha ottenu-to il baccalaureato in storia pressola Christian Brothers University(1977-1980) e il dottorato in giuri-sprudenza presso l’University ofMemphis - Humphreys School ofLaw (1980-1983). Dopo aver lavo-rato per diversi anni come avvo-cato, è entrato in seminario svol-gendo gli studi ecclesiastici alNotre Dame Seminary di NewOrleans (1995-2000). Ordinato sa-cerdote per il clero di Memphis il10 giugno 2000, è stato vicariodella parrocchia dell’Incarnazionea Collierville (2000-2002), parro-co di Sacred Heart a Humboldt edi Saint Matthew a Milan (2002-2004), dell’Ascensione a Memphis(2004-2012) e della Saint Francisof Assisi a Cordova (2012-2017).Amministratore e, poi, parrocodella cattedrale, dedicata all’Im-macolata concezione, dal 2017, èstato anche cerimoniere vescovilee delegato dell’a m m i n i s t r a t o reapostolico (2018-2019). Vicariogenerale della diocesi di Memphisdal 2019, era inoltre membro delcollegio dei consultori, del consi-glio presbiterale, e del Clergy Per-sonnel Board.

Nono positivoal covid-19in Vaticano

«Si è aggiunto nei giorni scorsiun nono caso di positività agli ot-to già registrati all’interno delloStato della Città del Vaticano etra i dipendenti della Santa Se-de». Lo ha dichiarato lunedì 20aprile il direttore della Sala stam-pa, spiegando che «la persona èstata ricoverata in ospedale, sottoosservazione, e sono state fatte leopportune sanificazioni e verifi-che tra quanti avevano avuto con-tatti con l’interessato nell’unicogiorno di sua presenza sul luogodi lavoro nelle due settimane pre-cedenti al riscontro, tutte con esi-to negativo».

La pandemia ha completamente stra-volto programma e progetti delineatiper il cinquantesimo anniversariodella Giornata mondiale della terra(Earth day) indetta per mercoledì 22aprile dall’Organizzazione delle Na-zioni Unite. Ma anziché attenuarneil significato ne ha rilanciato la por-tata, dando voce, in un modo persi-no straziante, alle grida di sensibiliz-zazione per la tutela del pianeta, fi-nora sistematicamente inascoltate oquasi. Sulla scia, del resto, di quantova ripetendo Francesco in questedrammatiche settimane, segnate daisuoi appelli «a comprendere e acontemplare la natura» e «a ricon-netterci con il nostro ambiente rea-le», come ha esortato nella recenteintervista a Austen Ivereigh.

E sarà proprio il Papa — punto diriferimento, al di là di fedi religiosee orientamenti culturali, in questotempo complesso per l’umanità inte-ra — ad orientare, in qualche modo,la “maratona multimediale” che pertutta la giornata coinvolgerà miliardidi persone, come e più degli annipassati, attraverso l’impegno di75.000 realtà in 193 Paesi. Una “ma-ratona” che comprenderà anchel’udienza generale del Pontefice eavrà come “magna charta” la sua en-ciclica Laudato si’ che, nei cinqueanni dalla sua pubblicazione, hacontribuito a generare una maggioreconsapevolezza mondiale sul cam-biamento climatico, anche per quan-to riguarda lo storico accordo sul cli-ma di Parigi (2015).

La “maratona multimediale”#OnePeopleOnePlanet sarà integral-mente trasmessa sul canale strea-ming Rai Play, con un palinsesto li-ve di 12 ore, dalle 8 alle 20. Oltre aRai Play — e a numerosi programmidi Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rai News eRai Ragazzi — porteranno il lorocontributo a questa staffetta mediati-ca anche Vatican Media e Tv 2000.

#OnePeopleOnePlanet nasce da-gli sforzi di due organizzazioni —Earth Day e Movimento dei Focolari— che da anni collaborano insiemenella realizzazione del “Villaggio perla Terra”, la manifestazione ambien-tale più partecipata d’Italia, che que-st’anno è stata sospesa per l’emer-genza covid-19. La “maratona italia-

na”, nell’ambito di una campagna diresponsabilità sociale nel pieno diquesta crisi epidemica, sarà partedella kermesse mediatica globale in-titolata #Earthrise che coinvolgerà i193 Paesi membri dell’Onu. «Siamoonorati dell’impegno che Papa Fran-cesco mette nell’unire le personesull’importanza della terra in questomomento così importante e la suaenciclica Laudato si’ sottolinea il po-tente rapporto che ognuno di noi hacon il nostro pianeta» hanno affer-mato Denis Hayes, fondatoredell’Earth Day, e Kathleen Rogers,presidente dell’Earth Day Network.

La “maratona online” sarà anima-ta da numerosi interventi, approfon-dimenti, testimonianze, performancee campagne, con collegamenti conprogrammi radio televisivi per am-plificare al massimo l’onda d’urtomediatica pensata per offrire unachiave di lettura costruttiva nell’at-tuale situazione di crisi. «La gravecrisi sociale ed economica generatadal coronavirus — spiega PierluigiSassi, presidente di Earth Day Italia— se da una parte poteva renderedifficili questi appuntamenti, dall’al-tra ci chiama a rilanciare il tema del-la sostenibilità sociale ed economicache oggi mostra tutta la sua urgenzae che trova nel nostro evento globaleun’occasione straordinaria. Deside-riamo lanciare al mondo un messag-gio di speranza — aggiunge Sassi —ma anche richiamare tutti a un rin-novato impegno perché con il coro-navirus tutti si sono accorti di quan-to modelli economici troppo specu-lativi finiscano per azzerare ogni for-ma di solidarietà e per consumare ilpianeta oltre la sua capacità di rige-nerarsi». In fin dei conti, #OnePeo-pleOnePlanet vuole rappresentareproprio lo spirito del “Villaggio perla Terra”, del quale la “maratonamediatica” riprenderà i temi: educa-zione ambientale, tutela della naturae sviluppo sostenibile, solidarietà,partecipazione. Ad animarla sarannodecine di contributi video — in diret-ta e on demand sulla piattaformawww.onepeopleoneplanet.it — dallagalassia di partner, associazioni, isti-tuzioni, testimonial, esponenti delmondo della scienza, della cultura,dell’arte, dello spettacolo e dello

sport, che da anni sono il cuore del-la manifestazione.

Momenti emozionanti e coinvol-genti a cui le persone potranno par-tecipare da casa interagendo con lapiattaforma web e i social, utilizzan-do gli hashtag della giornata: #One-PeopleOnePlanet, #CosaHoImpara-to, #EarthDay2020, #iocitengo,#VillaggioperlaTerra, #focolareme-dia. «Una maratona — fa presenteFederica Vivian a nome del Movi-mento dei Focolari — per coglieredal tempo presente i segni di unanuova stagione di solidarietà,dell’avere cura, del puntare a ciò checi unisce, al bene di tutti e di ciascu-no. Una stagione in cui scegliere di“fare bene il bene” nei rapporti in-terpersonali e con la nostra terra».

Nella lunga produzione radiotele-visiva — diretta da Gianni Milanocon la direzione artistica di GiuliaMorello e la direzione scientifica diRoberta Cafarotti — si parlerà dei«popoli custodi della terra» attraver-so l’incontro con le popolazioni in-digene del pianeta; di mobilità soste-nibile urbana; di cambiare l’econo-mia («se non adesso quando?») ver-so una ricostruzione più attenta alla

felicità e alla terra; di sport olimpicoe paralimpico; di innovazione e svi-luppo sostenibile; di scienza e natu-ra (con collegamenti dall’Antartico,da Houston e dai più importanticentri di ricerca internazionali); dicultura per il bene comune e soste-nibile. Non mancherà l’attenzionealla formazione e alle sensibilità deibambini e dei più giovani per edu-care davvero alla sostenibilità versoun patto educativo globale. Oltretut-to per l’occasione sono state raccoltele voci dei più giovani: dodici “gior-nalisti nell’erba”, di varie parti d’Ita-lia, con un’età compresa tra 10 e i 13anni, che daranno vita allo specia-le #Explorer Pianeta Terra di RaiGulp, alle 18, nelle vesti di reporter,per dare notizie e raccontare il loro#cosahoimparato dalla pandemia.Con loro ci saranno anche giovani(tra i 16 e i 23 anni), docenti e geni-tori: tutti insieme, insomma, per“guardare al futuro”.

Sono tantissimi i testimonial dellamanifestazione italiana. Tra questi,Andrea Lucchetta, Anna Foglietta,Bebe Vio, Clemente Russo, Damia-no Tommasi, Edoardo Leo, FionaMay, Flavio Insinna, Francesco

Giorgino, Leonardo Becchetti, LucaMercalli, Luca Parmitano, MarioTozzi, Mauro Berruto, Noa, PaolaSaluzzi, Stefano Zamagni, ValentinaVezzali e Vittoria Puccini.

La manifestazione ha anche il pa-trocinio dell’ambasciata d’Italia pres-so la Santa Sede, della Congregazio-ne per l’educazione cattolica, del Di-castero per la comunicazione, delDicastero per il servizio dello svilup-po umano integrale, del Pontificioconsiglio della cultura con il Cortiledei Gentili. E anche della Custodiadi Amazzonia dei Frati minori cap-puccini dell’Umbria e di moltissimealtre realtà. Comprese quelle istitu-zionali come il Parlamento europeoe, per l’Italia, lo Stato maggiore del-la Difesa, la Polizia di Stato, l’armadei Carabinieri, i ministeri dell’Am-biente e della tutela del territorio edel mare; delle Politiche agricole,alimentari e forestali; dell’I s t ru z i o n e ,dell’università e della ricerca. Fino aititolatissimi gruppi sportivi delleFiamme gialle e delle Fiamme azzur-re, sempre attenti — anche in colla-borazione con Athletica Vaticana —a unire sport e questioni sociali.

La visita di Papa Francesco alla manifestazione “Villaggio per la terra” organizzata a Villa Borghese il 24 aprile 2016