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Historica

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In copertinaGrafica: ComunicAzioneDisegno: Crociati alla battaglia di Ascalona, nel particolare di un dipintoottocentesco di Charles Philippe de Larivière, conservato a Versailles, nelMuseo del castello.

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Bonfirraro Editore

dalle remote origini a Nicolò PlacidoStoria, miti e leggende

... un pezzo di storia Europea e della Sicilia

Nino Pisciotta

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© 2009 by Bonfirraro EditoreViale Ritrovato, 5 - 94012 Barrafranca - EnnaTel. 0934.464646 - 0934.519716 - telefax 0934.400091E-mail: [email protected]

ISBN 978-88-6272-008-3

Foto: Archivio Bose GiesseNino Pisciotta

PREFAZIONE

Sul doppio binario dell’historia di Sicilia, con le località più importanti – Leonforte oRaccuja nuova, l’odierna Bagheria, in testa – e della storia “mediterranea” soprattuttoquando si riferisce alla vicende del Regno di Spagna, Nino Pisciotta da vita, con effica-cia narrativa, capitolo dopo capitolo, a un esauriente, validissimo progetto storiograficoche consente al lettore di avere anche un preciso quadro sinottico degli avvenimenti. Iltutto con un linguaggio semplice, essenziale, sobrio, non paludato, epperò coinvolgenteed appassionante.

Pisciotta non fa parte della cosiddetta cultura accademica, di una cultura canonizzata,istituzionalizzata o peggio ancora, da quella etichettata, funzionalizzata, ma appartienealla cultura militante ed opera nell’ambito di una storiografia volta a destare “idee-forza”,a ristabilire anche una continuità rispetto agli ideali, ai simboli e alle vocazioni di una piùalta umanità.

E per questo la sua “storia dei Branciforti” è calata nella realtà, nella tradizione socio-culturale, nella rappresentazione storica di una comunità e di un territorio, nel qualel’Autore è profondamente radicato e per la cui promozione culturale opera con entusia-smo da tempo.

Ma la particolarità, la specialità della “proposta interpretativa” di Nino Pisciotta sullevicende dei Branciforti, alle “remote origini”, consiste precipuamente nell’assegnare unruolo fondamentale all’influenza del movimento dei Catari e all’Ordine dei Templari.

Con riferimento ai primi, non si può, di fatti, ignorare che alla famiglia di Assalit, capo-stipite della famiglia Blanchefourt, appartenne un vescovo degli stessi Catari e che idiscendenti di Bertrand si difesero decisamente, e tenacemente, con altri nobili dai papa-lini venuti in Provenza a combattere, armi in pugno, l’“eresia” dei catari, molti dei qualiaffluirono, poi, nell’Ordine dei Templari.

E nella lotta contro gli “eretici” albigesi, ad esempio, la cittadella di Blanchefort fudistrutta, mentre un altro feudatario subentrò al Blanchefort nel possesso di quelle terre.

Per il secondo Beltrand de Blanquefort ricoprì l’incarico di Gran Maestro dell’Ordinedal 1156 al 1169. Ora nell’indiscutibile collegamento tra i Blanquefort ed i Templari sipotrebbe intravedere, e su questo concordiamo pienamente con Pisciotta, un precisonesso con il trasferimento in Sicilia di alcuni Blanchefort e Branciforti e dei feudi loroassegnati. Particolarmente illuminante in questa prospettiva, poi, una Bolla di PapaAlessandro III del 1178, con la quale venivano confermati ufficialmente i possedimentidell’Ordine di Sion, che includevano case e vaste proprietà anche in Sicilia.

Dunque i Branciforti, probabilmente, furono nobili di origine francese che, nelle varievicende storiche contro i Saraceni e i Longobardi, ottennero significativi successi inSpagna, Francia e nel Piacentino, per poi passare anche in Sicilia.

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Sicuramente appartenenti alla stessa famiglia dei cognomi Bracciforti/ Bracciforte/Brancitorti/Branciforte italiani, anche Blancfort, Blancafort, Blanquefort, Blanchefort –letteralmente “biancoforte”– tradiscono un particolare significato esoterico.

A tal proposito si deve evidenziare il significato attribuito dai Templari al bianco.“L’Ordine dei Templari”, profondamente permeato dall’ideale guerresco della cavalle-

ria laica e da quello semplicemente ascetico del cristianesimo e dei suoi ordini monasti-ci, che lo accosta sensibilmente al tipo della “cavalleria spirituale del Graal”, ha una pro-pria “dottrina interna” con carattere iniziatici.

E la stessa lotta contro l’Ordine dei Templari, a maggior ragione di quella contro iCatari, può considerarsi una crociata contro il Graal.

Profonde e varie le analogie fra i cavalieri del Graal ed i Templari: in Wolfram vonEschenbach, benché di nessun tempio si parli, i custodi del Graal sono chiamatiTempleisen, cioè Templari.

Nel Perlesvax i guardiani del Graal nell’“Isola” sono figure anche ascetiche e come iTemplari, portano una croce rossa su veste bianca.

Giuseppe di Arimathia diede a Evelach, antenato di Galahad, eroe del Graal e di reArtur, uno scudo bianco con croce vermiglia che è la stessa insegna consegnata esclusi-vamente ai Templari, nel 1147, da papa Eugenio III.

E una nave con questa stessa insegna templare, con croce rossa su vela bianca, è quel-la che viene a prendere per ultimo Parsifal per condurlo nella sede sconosciuta, dove ilGraal era stato portato e donde Parsifal non tornerà più.

Ora la cavalleria templare fu tipicamente un Ordine, nel quale il combattimento esoprattutto la “guerra santa” costituivano un cammino di ascesi e di liberazione.

Questo profondo legame fra graal e templarismo è stato ben colto da Nino Pisciotta,che ci offre proprio una lettura “diversa” delle vicende dei Branciforti, attraverso un’ac-curatissima ricerca che non trascura, peraltro, un’approfondita analisi delle carte d’archi-vio, che anche in questo caso offrono uno spaccato significativo della famiglia e dei suoiprincipali rappresentanti: l’archivio privato dei Principi Lanza di Travia, ad esempio,oggi conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo, essendovi stato depositato daglieredi principi Galvano, Sofia e Giovanna Lanza Branciforti, ed ammontante a poco piùdi mille unità archivistiche, riguardanti proprio i Branciforti, la cui presenza in Sicilia èdocumentata dagli ultimi del sec. XVIII (Inventario, vol. 27 “Scritture che legittima ladiscendenza delle famiglie Speciale, Barresi, Santapau, Villanova, Branciforti”, ecc.625,1439-1703).

Nino Pisciotta ha ricostruito pazientemente, anche con riferimento alla relativa docu-mentazione, le innumerevoli cariche pubbliche ricoperte dai membri della famiglia, chein ogni epoca riuscì ad assumere un ruolo di primo piano nella vita politica e sociale delRegno.

Il loro nome, difatti, ricorre, e molto spesso, tra i Deputati del Regno, i capitani, i pre-tori, i senatori di Palermo, i governatori del Monte di Pietà e di altre istituzioni civichecome la Compagnia dei Bianchi e la Compagnia della Pace.

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Ed i Branciforti, particolarmente nei secoli XVII e XVIII, assunsero anche l’incaricodi vicario generale per il regno.

La famiglia, il che viene puntualmente analizzato da Pisciotta, ebbe il merito di averecontribuito all’efficace “creazione di quelle infrastrutture che consentono una formaanche minima di vita sociale, indispensabile per dare un contenuto concreto, giuridicoed economico, ai possedimenti di natura feudale”.

I Branciforti esercitavano le prerogative attribuite al feudatario in quanto tale, in mate-ria giurisdizionale, amministrativa e di polizia, dalle quali si originavano tutti quei rap-porti che il signore doveva quotidianamente attivare con la popolazione e i relativi rap-presentanti e amministratori, e ancora più con il potere centrale, gli altri feudatari e levarie magistrature dello Stato.

Non solo, ma alla concessione della giurisdizione “in civili tantum” si aggiunse sem-pre più spesso, a partire dal Quattrocento, e ancor di più nel Cinquecento, quella penale,conferita personalmente, di volta in volta, al titolare del feudo con l’esborso di unasomma in denaro, previamente stabilita, da pagarsi in moneta “de puro auro” e “in unicamassa et solutione”.

Tale speciale concessione, pur revocabile, non aveva limiti, e si riferiva alla cognizio-ne e alla decisione delle cause di qualsiasi valore e in materia penale, di tutti i delitti,anche quelli per i quali fosse prevista la pena di morte; e presupponeva l’esclusione diqualsiasi altra giurisdizione regia o baronale.

A questi poteri erano ovviamente legati quelli di polizia. In considerazione del fatto che tutte le cariche erano di nomina baronale, Vito La

Mantia affermava che “...nelle terre feudali sotto le apparenti forme di libertà municipa-le tutto dipendeva dai baroni che persino nelle città demaniali avevano usurpata non lieveingerenza malgrado il divieto di leggi speciali”.

Nino Pisciotta, infine, si sofferma soprattutto su alcuni dei Branciforti, in particolare suNicolò Placido, Conte di Raccuja, che nella baronia di Tavi, fondò nel 1614 l’abitato diLeonforte, dal quale il nome al principato (1622), titolo e principato poi ereditati da unaltro Nicolò Placido, nipote.

E proprio su quest’ultimo Nicolò Placido Branciforti, a Palermo, lungo la strada cheiniziava nella contrada dell’Olivella e terminava dietro il Convento di S. Cita, possedevauno splendido palazzo.

Ce ne da una circostanziata descrizione l’erudito Vincenzo di Giovanni nella sua opera“Del Palermo restaurato” (1615). Il contesto, nel quale era allocato, si presentava moltoricco di palazzi nobiliari e di edifici religiosi: tra gli altri, il palazzo di Don Ottavio diAragona, poi dei Principi di Lampedusa, la Chiesa della Madonna del Piliere, le chiesedell’Annunziata e di San Giorgio dei Genovesi, la Parrocchia di S. Nicolò ed ilSeminario Greco, il convento di S. Cita e il Monastero di Valverde.

L’antico palazzo dei Conti di Raccuja, ampliato e ristrutturato, in seguito ad opera diGiuseppe e Nicolò Placido Branciforti “assunse un aspetto del quale purtroppo oggi benpoco rimane ad eccezione della “monumentalità derivante dal suo notevole volume

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edilizio”. La trasformazione dell’edificio in filiale del Monte dei Pegni, avvenuta nel 1801, non-

ché le sue successive vicende lo hanno purtroppo profondamente alterato. Ma alla fine del secolo XVII, quanto meno erano già state ultimate le opere di amplia-

mento dell’antico Palazzo Raccuja, l’edificio si presentava con caratteristiche tali da farloconsiderare una delle più suntuose dimore patrizie di Palermo.

Antonino Pisciotta insiste anche su un dato significativo nella storia del casato: iBranciforti tra i secoli XVI e XVII si impegnarono in un’accorta politica matrimonialeche, nel giro di poche generazioni aveva portato all’unione delle famiglie Speciale,Santapau e Barresi ed adottarono un “oculato esercizio di bon governo” e una significa-tiva opera di mecenatismo attuata soprattutto da Francesco e Donna Giovanna “coniugiilluminati” e benevoli, autori di una sorta di “rinascimento” nel Militellese e a Militello,“una città e città grande”.

I Branciforti, a partire da Ercole, conte di Cammarata, poi duca di San Giovanni, nella“giostra” “uno dei primi cavalieri de’suoi tempi”, ricoprono anche un ruolo molto signi-ficativo, nel vasto e laborioso processo di trasformazione della nobiltà europea tra il ‘500e il ‘600, dove la “giostra” e il “giardino”, caratteristici della nobiltà, “sono assunti comeluoghi privilegiati per rivelare il passaggio da un modello culturale ad un altro.

Della crisi del primo, fondato sulla contrapposizione tra onore e denaro, – sostieneGiuseppe Giarrizzo – nella quale l’onore è virtù eroica in quanto si identifica al tempostesso con l’onore della nazione e dell’accostamento alla temperie culturale da cui origi-na il romanzo di Cervantes”.

Del secondo si mettono in evidenza le contraddizioni tra il “buen retiro”, delineato, adesempio, da Ottavio, vescovo di Catania e figlio di Ercole e donna Agata Lanza con rife-rimento al giardino di San Michele, alla fondazione di nuove città, per le quali la nobil-tà siciliana spera di ripercorrere i vecchi fastigi.

Ed il recupero della giostra “come terreno d'esercizio della virtù eroica ad opera dellagrande nobiltà, ha anche l’obiettivo nel tardo ‘500 spagnolo di tenere i Grandi alla mili-zia, e crescente vi appare il ruolo della piccola nobiltà (la hidalguia): il “senor” sia nonsolo cortigiano prudente, consigliere del principe o suoi collaboratore nel governo degliStati, ma anche soldato e “cavaliere”, perché da qui, dalla guerra vengono le virtù eroi-che, in guerra si esercitano onore e Fedeltà”.

Il “giardino” – della villa di Leonforte rimangono ancora oggi tracce visibili – costitui-sce l’altro elemento portante nel nuovo.

Attraverso Agata Lanza era passato, e s’era per sua opera diffuso in Sicilia un model-lo culturale – come sottolinea efficacemente Giuseppe Giarrizzo –quello della villa-giar-dino del tardo Rinascimento, che avrebbe segnato il paesaggio della Sicilia interna e lasua cultura, simbolica e tecnologica, in dentro la più complessa e certo meglio conosciu-ta vicenda settecentesca.

Umberto Balistreri

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CODICE IDENTIFICATIVO BRANCIFORTI

Per meglio identificare i vari Branciforti, è stato attribuito loro un codice, forma-to da un numero indicante la generazione ed una lettera, che differenzia i vari fra-telli.Per quanto riguarda i Branciforti di Sicilia dalla nona generazione in poi, primadel numero identificativo della generazione, è stato attribuito un segno grafico,che identifica il ramo di discendenza:* ramo di Mazzarino, che scaturisce da Giovanni III (*9A);*ç sottoramo di Mazzarino e Militello, che scaturisce da Francesco (*ç13A) ;§ ramo di Raccuia, che scaturisce da Blasco (§9B) ;§x sottoramo di Cammarata, originato da Geronimo (§x10B) ;§p sottoramo di Militello, originato da Francesco (§P13B);§x& sottoramo di Butera, originato da Pietro (§x&12D),§xk sottoramo di Cammarata, orinato da Girolamo (§xk12E);§xj sottoramo di Scordia, originato da Antonio (§xj12A) ;§xjw sottoramo di Leonforte, originato da Emanuele (§xjw17B).

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Capitolo primo

ORIGINI DELLA FAMIGLIA BRANCIFORTI

Il 30 giugno 1735 il nuovo re di Sicilia Carlo di Borbone, figlio del re FilippoV di Spagna e della seconda moglie Elisabetta Farnese, entrò in Palermo peressere incoronato.

A recare lo stendardo con le armi del re fu il primo barone del regno, don ErcoleMichele Branciforti, principe di Butera, Grande di Spagna. (1)

I Branciforti erano da circa tre secoli tra i primi baroni del Regno e signori dibuona parte dei feudi di Sicilia.

Il solo Stato di Butera, primo titolo di Sicilia, comprendeva ben 19 feudi, tantogrande che il suo impegno feudale per il servizio militare, nel 1700, fu calcolatoin 109 cavalli. Da dove trova origine una famiglia così importante in Sicilia?

Blasio Aldimari, in una sua pubblicazione del 1691 (2), affermò che la famigliaBranciforti era catalana, francese ed italiana.

Cavalcata lungo la Strada Colonna in occasione dell’incoronazione di Carlo III, nel 1735.

Palermo. Incisione raffigurante l’incorona-zione di Carlo di Borbone da parte diErcole Michele Branciforti (da P. La Placa,La Reggia in trionfo, 1736).

Dalle ricerche effettuate nella storia della Catalogna, si è trovato effettivamenteun casato dei Blancafort presente in tutte e quattro le province della regione:Girona, Terragona, Lerida (o LLeida) e Barcellona. Molta importanza, in questoterritorio, hanno avuto gli Ordini monastico-cavallereschi, primo, fra tutti, quel-lo dei Templari. Nella penisola iberica, infatti, specialmente nel nord-est,l’Ordine del Tempio ebbe una forte espansione, dovuta in molta parte al favoregoduto dai governanti dell’Aragona e della Catalogna per la sua partecipazionealla “Reconquista”. Tale favore arrivò a far sì che il re di Aragona Alfonso I, nonavendo eredi, che lasciasse il regno di Aragona all’Ordine del Tempio, a quellodell’Ospedale e a quello del Santo Sepolcro nel 1131. Il regno fu, poi, riconse-gnato, nel 1137, dopo anni di trattative, al nuovo re di Aragona grazie all’inter-cessione del Papa. I Templari, tuttavia, continuarono a possedere numerosissimicastelli e borghi. In Catalogna, l’Ordine venne amministrato anche da ufficialigiudiziari laici, che svolgevano il proprio lavoro sotto la supervisione deiTemplari. In Terragona, l’Ordine del Tempio possedette molte signorie: Selma,Ollers, Vallfogona, Albiò, Espluga de Francolì, Montbriò e Valldossera, ecc. Con la conquista dellaLerida, dopo la libera-zione dai Mori, nel1149, i Templari neavevano ricevuto unquinto e, tra i compen-si, la Gardeny collina,che divenne uno deiprincipali centri deci-sionali dei Templari diAragona.

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I centri templari in Aragonae Catalogna.

RAMO CATALANO: BLANCAFORT

Come si è detto l’Aldimari menziona per primo un ramo catalano della fami-glia Branciforti, di cui ne fa pure menzione il Barellas (4), narrando di donBernardo Barcino, primo conte di Barcellona, che, in un combattimento coiMori, nel 714, nominò, tra i cavalieri suoi soccorritori, Beltran Blancafort.

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La Catalogna. Le 4 provincie dellaCatalogna.

Le regioni spagnole con a nord-estla Catalogna.

Stemmi araldici dei Blancafort e/o Blancaflor.1. De gules a trois lions d’or. 2. De gules, cortado de oro, seis lises inversadas, tres y tres en faja. 3. cortado. 1°, de gules, tres flores de lis de plata, puestas en faja ; 2°, de oro, tres de lis degules, puestas en faja.

LA PROVINCIA CATALANA DI GIRONA

Nel nord della Catalogna, ancora oggi, giunge notizia delcastello dei Blancafort, anche chiamato delle “Dame”.

I resti del castello si trovano, nella provincia di Girona, in cima al paese diGombrèn, tra Can Pomarell e Can Rogell, a 1170 m. di altitudine, inondato dalleacque di una palude.

Il castello di tipo militare fu sussidiario del castello di Mataplana ed apparten-ne alla famiglia Blancafort.

Il castello venne detto anche “delle dame”, poiché ci si rifà ad un mitico perso-naggio realmente vissuto, il conte Arnau, signore del castello di Mataplana.

Una canzone popolare dice che il conte utilizzasse il castello come luogo diperversione per inviarvi i propri amici nobili dalle dieci dame o monache, che viabitavano. Il castello si ritrova nei documenti fino al XII sec., nel 1376, fu com-prato dall’Abate di Sant Joan de les Abadesses (5).

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Provincia di Girona, Comarca di Ripolles,nei pressi della città di Gombren.

Castello di Mataplana

LA PROVINCIA CATALANA DI TERRAGONA

Altra testimonianza dei Blancafort èdata, nel sud della Catalogna, nella pro-vincia di Terragona, nella comarca deConca de Barbera, dall'ajuntamento chia-mato proprio Blancafort.

Nel territorio esistette anche un castelloBlancafort del quale resta solo il toponi-mo, dove era situato. Un documento del1207 cita il castello a proposito di unadonazione da parte di Pere Romeu eArnau Fitor di un censo annuale al mona-stero di Poblet. Nelle vicinanze delcastello, nel XII sec., venne fondatoanche il paese di Blancafort.

Lo stemma del paese di Blancafort presenta nello scudo a sinistra l’immaginedi bianco fiore ed occorre anche dire che, in Catalogna, visse una nobile fami-glia Blancaflor, per la quale i nobiliari spagnoli rimandano alla famigliaBlancafort.

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L’ajuntamento denominato Blancafort, dovesorge l’omonimo paese.La Comarca de Conca de Barbera

La provincia di Terragona

Lo stemma del paese di Blancafort.

L’odierno piccolo paese di Blancafort.

Ci fu un altro castello Blancafort, nella pro-vincia di Lerida, nella comarca di Noguera, nell’ajuntamento di Menarguens.

Il maniero fu conquistato da Guerau Pons de Cabrera e, poi, nel 1158, lo stes-so passò a Ramon Berenguer d’Anger, Gran Conte di Barcellona e Marito dellaregina d’Aragona Petronilla; al quale, successivamente, successe Berenguer deSantgenis. Attualmente l’edificio è inondato dalle acque di un pantano.

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Provincia di Lerida

Comarca diNoguera

L’ajuntamento di Menarguens

Comarca di Noguera

LA PROVINCIA CATALANA DI LERIDA

Nella provincia diBarcellona, nel norddi La Garriga, sitrova la pittoresca

fattoria Blancafort. In origine era una torre della metà delXII secolo utilizzata per difesa o il controllo del passag-gio del fiume Congost. L’insieme degli altri edifici, l’an-tico mulino ad acqua alimentato dal fiume embassadesCongost, (documentato nel XIV secolo), la nuova casa ela cappella della Vergine dei Misteri (XXVI secolo) sonodi epoca successiva. Nel bordo del portale in pietra, sivedono scolpite le armi dei Blancafort. Un altro castelloBlancafort, ancora, è esistito, nella provincia diBarcellona, nella comarca di Berguedà, presso il paese diCercs. Riguardo a questo castello dei Blancafort esisteanche una leggenda.

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La provincia di Barcellona.

Fattoria BlancafortBarcellona

Le comarche della provinciadi Barcellona.La comarca di Berguedà conCercs.

LA PROVINCIA CATALANA DI BARCELLONA

In tutte e quattro le pro-vincie della Catalogna esi-ste, dunque, un castelloBlancafort.

Storicamente la Catalogna,un tempo apparteneva alregno Visigoto. Fu occupa-ta dagli Arabi nel 718, mala regione fu sottratta alloro dominio da CarloMagno con le campagne di

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Si narra che uno tra i signori Blancafort, proprietari del castello, fu tra i piùvalenti e poderosi cavalieri. Egli s’innamorò e sposò una sua bellissima vassal-la, senza guardare la differenza di lignaggio.

Passati pochi giorni che erano state celebrate le nozze, il re chiese l’aiuto delBlancafort per combattere i mori.

Durante una battaglia il Blancafort venne gravemente ferito e così scrisse unalettera alla sposa.

Affidò la lettera ad un cavaliere suo amico, affinché la recapitasse.Il cavaliere si recò dalla bella moglie e le diede notizia del marito, ma il cava-

liere, rimanendo al castello per un po’ di giorni, s’innamorò della castellana.La castellana lo pregò di andare via e portare al marito la notizia che lei

aspettava un bambino, ma egli finse di accontentarla e, ritornò poco tempodopo al castello, portandole la falsa notizia della morte in guerra del signore diBlancafort.

Lo sconforto della signora fu molto grande, però il tempo e l’amore per ilbambino nato la cominciarono a distrarre dal dolore.

Così, i due si fidanzarono e si sposarono, ma in piena festa di matrimonio,arrivò il signore di Blancafort, che era ritornato dalla guerra.

Si può capire la sorpresa e l’indignazione nel venire a conoscenza del tradi-mento del suo amico che sfidò a duello e uccise.

La donna, sebbene perdonata dal marito perché era stata ingannata, si autoac-cusò della leggerezza per aver creduto al falso amico del marito e volle andarea passare il resto della sua vita in penitenza non lontano dal castello (6).

LA LEGGENDARIA STORIA DEL CASTELLO DEI BLANCAFORT

Castello di Blanchefortdi Cercs

guerra condotte dal 785 all’812 e fu unita allaSettimana, l’attuale Linguadoca, nel regnodi Aquitania.È chiaro, pertanto, che i Blancafort, per quantoprima detto, furono presenti in Catalogna giàdurante il Regno Visigoto. I Blancafort, omeglio, Blanchefort o Blanquefort furono pre-senti anche al di la dei Pirenei: in Francia.

Nella cartina di parte della regione franco-spagnola sono indicate le zone che

hanno interessato i Blancafort-Blanquefort.

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= castelli Blancafort e Blanchefort

Cartina dell’antico Regno Visigoto

IL RAMO FRANCESE: BLANCHEFORT O BLANQUEFORT

Riguatdo il ramofrancese della fami-glia vengono indi-viduate le seguentilocalità:

Blanchefort inLimousine;

Blanquefort inAquitania;

Blanchefort inCouiza.

LA REGIONE FRANCESE DI LIMOUSINE

Nella regione di Limousin, nel centro della Francia, nel dipartimento diCorreze, presso il paese di Lagrauliere si trova la foresta ed il castello del XII sec.di Blanchefort. Il castello fu costruito da Archambaud IV, visconte di Comborn

nel 1125.

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Parte della regione di Limousin, lo stemma del dipartimento di Correze ed il castello di Blanchefort.

Stemmi delle famiglie Blanquefort francesi.1. D’or, à six cotices de gueules. 2. D’or, à deux lions lèopardès de gueles, l’un sur l’autre. 3. Portebande d’azur, argent de dix Piaces. 4. Fascè contre fascè d’or et de gueules. 5. Coupè de gueules suror, à six fleurs de lis de l’un à l’autre, posèes 3 et 3.