3. La costante di Planckpeople.na.infn.it/~scotti/Area studenti/3. Istituzioni di Fisica della...

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1 3. La misura della costante di Planck nel laboratorio didattico I nodi concettuali In questo capitolo presenteremo un semplice esperimento di Meccanica Quantistica per la misura della costante di Planck basato sull’uso del LED. Fa’ attenzione a queste domande chiave: Cos’è un LED? Quali applicazioni trova nella tecnologia corrente? Cos’è la tensione di soglia? Che relazione lega l’energia di soglia del LED e la frequenza della radiazione emessa? Perché la costante di Planck è una costante universale? Questo capitolo è dedicato a M. Planck e a O. Losev. M. Planck, negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dimostrò per primo che alle costanti universali della meccanica classica ne dovessero essere aggiunte due: la prima resta intitolata al suo maestro (la costante di Bortzmann k B ); la seconda porta il suo nome (la costante di Planck h). O. Losev fabbricò i primi diodi a emissione di luce e ne descrisse correttamente il funzionamento. Molti anni più tardi si è visto che il più semplice esperimento didattico per misurare la costante di Planck è basato sull’uso dei LED. Max Planck Germania, 1858 - 1947 Oleg Losev Russia 1903 – 1942

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3. La misura della costante di Planck nel laboratorio didattico

I nodi concettuali

In questo capitolo presenteremo un semplice esperimento di Meccanica Quantistica per la misura della costante di Planck basato sull’uso del LED. Fa’ attenzione a queste domande chiave: Cos’è un LED? Quali applicazioni trova nella tecnologia corrente? Cos’è la tensione di soglia? Che relazione lega l’energia di soglia del LED e la frequenza della radiazione emessa? Perché la costante di Planck è una costante universale?

Questo capitolo è dedicato a M. Planck e a O. Losev. M. Planck, negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dimostrò per primo che alle costanti universali della meccanica classica ne dovessero essere aggiunte due: la prima resta intitolata al suo maestro (la costante di Bortzmann kB); la seconda porta il suo nome (la costante di Planck h). O. Losev fabbricò i primi diodi a emissione di luce e ne descrisse correttamente il funzionamento. Molti anni più tardi si è visto che il più semplice esperimento didattico per misurare la costante di Planck è basato sull’uso dei LED.

Max Planck

Germania, 1858 - 1947

Oleg Losev

Russia 1903 – 1942

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§3.1 Il LED

Brevissima storia del LED

Il LED (Light Emitting Diode) è un dispositivo elettronico in grado di emettere luce. Il suo comportamento può essere spiegato unicamente dalla Meccanica Quantistica. Il primo LED commerciale (rosso) fu sviluppato nel 1962. A questo è seguito dopo qualche anno il LED verde, poi il LED IR (IR = infrarosso), usato nei telecomandi, fotocelle, ecc. Da allora la tecnologia ha fatto importanti passi in avanti, soprattutto in termini delle tecniche di fabbricazione e della miniaturizzazione dei dispositivi. L’ultimo, decisivo contributo è venuto da Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shūji Nakamura per il LED a luce blu. Per le loro scoperte, a questi ricercatori è stato assegnato il Premio Nobel per la Fisica nel 2014. La realizzazione di LED commerciali nel blu ha rivoluzionato l’illuminotecnica: in pochissimo tempo l’industria è stata in grado di produrre diodi blu modificati per ottenere l’emissione di luce bianca. Inoltre, combinando insieme LED rossi, verdi e blu si possono realizzare gli schermi a LED comunemente usati nelle TV, nei cellulari, nelle macchine fotografiche, ecc.

Figura 3.1 Tre dispositivi commerciali nei quali nono montati LED: le microlampade colorate, una lampada per illuminazione domestica, un monitor.

Figura 3.2 La vignetta che il sito internet del Premio Nobel ha dedicato ai vincitori del Nobel per la Fisica del 2014.

Approfondimento #3.1

I monitor dei computer regolano il colore usando la codifica RGB. Che significa?

Come è fatto un LED

Per scoprire cosa c’è all’interno di una microlampada LED si può pensare di utilizzare una lente d’ingrandimento. Purtroppo, però, l’involucro esterno (in resina epossidica trasparente o colorata, a seconda dei casi) deforma l’immagine. Per aggirare questo problema si può usare un trucco: immergere il LED in un recipiente colmo di glicerina. Le foto in figura 3.3 mostrano ciò che si osserva nell’ingrandimento di un LED giallo prima spento (a) e poi acceso (b).

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Uno schema a blocchi

All’interno del contenitore è montato il piccolo elemento attivo: la giunzione p-n. La giunzione p-n è costituita da due semiconduttori con proprietà diverse, uniti tra di loro. Le regioni p e n sono collegate elettricamente ai piedini del LED come mostrato in figura 3.3c.

a

b c

Figura 3.3. a), b) In questi ingrandimenti è mostrata la parte attiva del LED, prima spenta (a) e poi accesa (b). La freccia nera in (a) indica un piccolo specchio parabolico montato dietro alla microlampada, per indirizzare la luce in modo ottimale. Il blocchetto scuro è la giunzione p-n; su di essa si nota la saldatura a un filo elettrico di collegamento. In (b) notiamo che, per non sovresporre la giunzione p-n che emette luce (indicata dalla freccia bianca), si è dovuto chiudere molto il diaframma della macchina fotografica, sicché non si vedono più i dettagli intorno. Si vede invece ancora la saldatura, che ostruisce parzialmente l’uscita alla luce. c) Schema a blocchi delle parti attive del LED. La giunzione è incollata col lato n sul catodo; il contatto è conduttivo. Sul lato p è saldato un filo per il collegamento all’anodo.

§3.2 La caratteristica IV dei LED I LED sono diodi

I LED, come tutti i diodi, possono essere attraversati da corrente in un solo verso. Se la polarità è sbagliata, anche applicando tensioni di molti Volt non passa corrente elettrica e il LED non emette luce. Immaginiamo ora di condurre un esperimento in cui gradatamente facciamo crescere la differenza di potenziale ai capi del LED. Se la polarità è corretta, il LED inizialmente resta “spento”, nel senso che non emette luce e permette il passaggio di una corrente molto debole. Non appena però la differenza di potenziale ai suoi capi supera un valore di soglia, che chiameremo “tensione di soglia Vs”, accadono due cose: la corrente cresce molto rapidamente, e il LED si illumina. In figura 3.4 è mostrata la “caratteristica corrente-tensione” di un LED (detta anche caratteristica I-V) raccolta sperimentalmente in un laboratorio didattico.

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Figura 3.4. Caratteristica IV di un LED. Al di sopra della tensione di soglia il LED si accende e all’aumentare della corrente emette luce di intensità crescente. Il disegno in basso mostra la scelta convenzionale dei segni: la differenza di potenziale ai capi del LED è considerata positiva nel verso che permette il passaggio di corrente.

Approfondimento #3.2

Come si prepara in laboratorio l’esperimento per la rilevazione della caratteristica IV del LED?

Approfondimento #3.3

Come si determina sperimentalmente la tensione di soglia?

§3.3 Il LED come sorgente di luce Il LED e le lampade a incandescenza

Mettiamo a confronto due sorgenti luminose: un LED verde (λ = 540 nm) e una lampadina a incandescenza. Il LED si accende piuttosto bruscamente quando ai suoi capi si stabilisce una differenza di potenziale uguale alla tensione di soglia Vs, ed emette immediatamente luce verde, prima tenue e poi più intensa. Quando lasciamo crescere gradatamente la differenza di potenziale ai capi di una lampada a incandescenza notiamo invece un comportamento molto diverso: il filamento si colora inizialmente di rosso cupo, poi rosso più brillante, poi giallognolo e infine bianco brillante. In sintesi, due fatti mostrano che i meccanismi di emissione di luce da parte del LED e della lampada devono essere molto diversi: a) il LED emette solo e sempre luce verde, mentre la lampada cambia colore; b) il LED non si scalda, mentre facendo crescere f il filamento della lampada

diventa sempre più caldo. Dunque, la lampada a incandescenza emette contemporaneamente luce di diversi colori, cambiandone la composizione a seconda della temperatura. Ciò dimostra che la lampada è una sorgente di luce più complicata del LED (fig. 3.5).

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a

b

Figura 3.5. Il meccanismo col quale la lampada a incandescenza emette luce (a) non è diverso da quello che si attiva nella colata di un metallo (b). In effetti, l’emissione di luce da parte di un corpo caldo è lo stesso per tutti i materiali. Si tratta di un fenomeno complesso: per analizzarlo occorre certamente unire la termodinamica (perché gli effetti dipendono dalla temperatura) con l’elettromagnetismo (perché la luce è costituita da onde elettromagnetiche). Questo problema va sotto il nome di “fisica del corpo nero”.

Approfondimento #3.4

Come si prepara in laboratorio l’esperimento di confronto tra LED e lampada a incandescenza?

§3.4 Il significato fisico di Vs L’analogia con un circuito idraulico

Soffermiamoci ora sul significato fisico della tensione di soglia del LED. A questo scopo, faremo riferimento all’analogia che esiste tra il circuito elettrico del LED e un circuito idraulico in cui l’acqua scorra a velocità molto bassa, come mostrato in fig. 3.6. Nel circuito idraulico: − La pompa compie lavoro motore per sollevare l’acqua. − Finché si trova nel tubo, una goccia d’acqua di massa m si muove lentamente,

sicché la sua energia cinetica è trascurabile e l’energia meccanica è uguale all’energia potenziale. Quando giunge alla quota h, la goccia possiede perciò l’energia meccanica E = mgh.

− Quando la goccia cade, cede alla vasca la sua energia meccanica sotto forma di calore.

Nel circuito del LED: − Il generatore compie lavoro motore per portare gli elettroni dal punto A al

punto B. − In tutti i circuiti elettrici la velocità media degli elettroni (detta anche velocità di

deriva) è molto piccola, sicché l’energia cinetica di ogni elettrone è trascurabile e l’energia meccanica è uguale all’energia potenziale. Quando un elettrone giunge in B, possiede perciò l’energia meccanica E = eVs.

− Tornando in A, l’elettrone cede la sua energia meccanica alla radiazione luminosa.

La barriera di potenziale Anche il meccanismo a soglia può essere spiegato ricorrendo alla stessa analogia,

come mostrato in fig. 3.7, ipotizzando che nella giunzione sia presente una “barriera di potenziale”.

L’energia di soglia

Sulla base delle considerazioni precedenti, alla tensione di soglia Vs possiamo associare l’energia di soglia E = eVs.

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L’energia di soglia ha due significati importanti: a) E è “l’altezza” della barriera di potenziale, cioè l’energia minima che un

elettrone deve avere per attraversare la giunzione; b) E è l’energia che ciascun elettrone cede alla radiazione elettromagnetica.

Figura 3.6. Analogia tra un circuito idraulico e un circuito elettrico contenente un LED. Attenzione: siccome l’elettrone ha carica negativa, l’energia potenziale U e il potenziale elettrostatico V hanno segno opposto. Quindi U è massima in B, cioè al catodo, dove V è minimo.

a

b c

Figura 3.7. a, b) Se di fronte alla pompa c’è un ostacolo di altezza hs che occlude il tubo, l’acqua non può passare finché la pompa non la solleva l’acqua al di sopra di hs. L’ostacolo costituisce una “barriera di potenziale”: una goccia di massa m attraversa la barriera solo se la pompa la porta all’energia potenziale mg hs. Questa energia potenziale si trasforma poi in energia cinetica durante la caduta. c) Analogamente, possiamo immaginare che una barriera di potenziale impedisca agli elettroni di attraversare la giunzione finché il generatore non li porta all’energia potenziale eVs. Questa energia potenziale è poi trasformata in energia luminosa, sicché ogni elettrone che “salta” cede alla radiazione l’energia E = eVs. §3.5 Relazione universale tra l’energia di soglia e la frequenza della radiazione Tutti i LED dello stesso colore hanno la stessa energia di soglia

Tutti i LED dello stesso colore hanno la stessa energia di soglia E = eVs. In altri termini, l’energia di soglia di un LED dipende esclusivamente dal colore della luce emessa. Ciò vuol dire che, a parità di colore, eVs non dipende in nessun modo da come è realizzato il LED o dai materiali che lo compongono. Per esempio, due LED verdi di diversa potenza hanno lo stesso valore di eVs (fig. 3.8).

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Figura 3.8. Esempi di LED di diversa potenza che emettono radiazione della stessa lunghezza d’onda. Questi dispositivi sono caratterizzati dallo stesso valore di tensione di soglia Vs e, quindi, dalla stessa energia di soglia eVs. Le caratteristiche IV non sono però uguali: maggiore la potenza erogata, più grande sarà la corrente che scorre nel LED.

L’energia di soglia è proporzionale alla frequenza della radiazione emessa

In fig. 3.9 è riportata l’energia di soglia E = eVs di tre diversi LED (rosso, azzurro, violetto) in funzione della frequenza ν della radiazione emessa. Il grafico mostra chiaramente che E ∝ ν. Scriviamo perciò:

La costante di Planck

E = h ν

La costante di proporzionalità h che compare nella formula è la costante di Planck.

0 200 400 600 8000

1

2

3

e V

s (

eV)

ν (THz)

colore νννν (THz) (THz) (THz) (THz) E (eV)E (eV)E (eV)E (eV)

Rosso 430 1.8

Blu 625 2.5

Violetto 690 2.8

Figura 3.9. Grafico e tabella dei dati sperimentali relativi a LED di colori diversi. I dettagli sperimentali sono discussi negli approfondimenti concettuali #3.2 e #3.3. Approfondimento #3.5

Perché la costante di Planck è una costante universale?

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§3.6 Tavola riassuntiva delle costanti universali Le unità di misura di h

Presentiamo ora un piccolo quadro riassuntivo delle costanti universali che entrano nei problemi di Meccanica Quantistica. A quelle della Meccanica Classica aggiungiamo la costante di Planck h e la costante di Planck ridotta, definita come

π=

2

hh ; a questo scopo, determiniamo innanzitutto le unità di misura di h nel SI:

[ ] [ ][ ] sJE

h =ν

=

Si tratta di una combinazione inconsueta di unità di misura (attenzione a non fare confusione con le unità di misura della potenza meccanica!) cui non si attribuisce un particolare simbolo sintetico.

L’elettronvolt

Nei problemi che riguardano il mondo degli atomi, le scale di energia sono molto più piccole del J e spesso si usa l’elettronvolt (eV), pari all’energia potenziale elettrostatica di un protone al potenziale V = 1 Volt: 1 eV = 1.6 × 10-19 C × 1 Volt = 1.6 × 10-19 J In termini dell’elettronvolt, si ha quindi [ ] seVh = .

Costante dielettrica del vuoto εo = 8,8 × 10-12 F m-1

Velocità della luce nel vuoto c = 3 × 108 m s-1

Carica del protone e = 1.6 × 10-19 C

Costante di Boltzmann kB = 1.4 × 10-23 J K-1 = 8.6 × 10-5 eV K-1

Massa di protone, neutrone ed elettrone mp ≈ mn = 1.7 × 10-27 kg ; me = 9.1 × 10-31 kg

Costante di Planck h = 6.6 × 10-34 J s = 4.1 × 10-15 eV s

Costante di Planck ridotta π

=2

hh h = 1.05 × 10-34 J s = 6.6 × 10-16 eV s

Tabella 3.1. Le costanti universali della Meccanica Quantistica. Approfondimento #3.6

La costante di Planck è piccola?

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Approfondimenti

Approfondimento #3.1 I monitor dei computer regolano il colore usando la codifica RGB. Che significa? La spiegazione viene dalle fig. 3.10, 3.11.

Figura 3.10 Il monitor a LED di un computer è una matrice rettangolare di pixel, come si vede nell’ingrandimento in basso. Ogni pixel contiene tre LED: uno rosso (R), uno verde (G) uno blu (B). Per riprodurre la foto del gatto (a), i LED di ciascun colore si accendono ed emettono luce di intensità variabile da punto a punto (R), (G), (B). L’immagine a colori, quindi, nasce dalla sovrapposizione di tre immagini monocromatiche.

Figura 3.11 Il codice RGB è una sequenza di tre numeri, compresi tra 0 e 255, che indicano rispettivamente l’intensità nel rosso (R), nel verde (G) e nel blu (B). Ad esempio, per ottenere l’azzurro in figura, è usato il codice RGB (191, 224, 227). Ecco alcuni casi particolari: a. (255, 255, 255): bianco. Se i numeri diminuiscono restando nella stessa proporzione di ottiene la scala di grigi; b. (255, 0, 0): rosso puro; (0. 255, 0): verde puro; (0, 0, 255): blu puro. (255, 255, 0): giallo puro; (255, 0, 255): magenta puro; (0. 255, 255): ciano puro.

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Approfondimento #3.2 Come si prepara in laboratorio l’esperimento per la rilevazione della caratteristica IV del LED? In figura 3.12 è mostrato lo schema del più semplice circuito pratico che può essere utilizzato per montare un LED allo scopo di determinarne la caratteristica IV. Accanto al simbolo circuitale del LED sono riportati lo schizzo della giunzione e lo schizzo di un dispositivo reale, per far notare la segnatura dei piedini. Attenzione: come già osservato, se il LED è montato al contrario, non si accende! Il LED opera a bassa tensione. La differenza di potenziale ai capi di un LED acceso è sempre dell’ordine di pochi Volt. La corrente può invece cambiare a seconda del dispositivo; per i LED colorati del tipo mostrato in figura 3.1, la corrente di lavoro è dell’ordine di qualche mA. Per un esperimento di laboratorio con un LED colorato, occorre un generatore di fem variabile da circa 6 V, che possa erogare corrente almeno fino a circa 10 mA, e una resistenza RL di circa 100 Ω. Indicativamente, RL serve a limitare la massima corrente che può passare nel circuito: se il LED si comportasse come un corto circuito, la corrente non potrebbe superare il valore f/RL. Per questo RL si chiama “resistenza di limitazione”. In figura 3.13 è riprodotta una foto che mostra il tipico apparato sperimentale per il rilevamento della caratteristica IV in un laboratorio didattico. In fig. 3.14 sono poi riprodotti gli schemi circuitali con l’inclusione degli strumenti di misura in due configurazioni diverse.

a b

Figura 3.12. a) Schema circuitale per la misura della

caratteristica IV di un LED. b) Schizzo di una microlampada LED, per

consentire il riconoscimento di anodo e catodo. E’ anche mostrato il simbolo circuitale del LED.

Figura 3.13. Apparato sperimentale per la raccolta manuale dei dati (gli strumenti non sono interfacciati al computer).

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Figura 3.14. (a) Schema circuitale dell’apparato che appare in fig. 3.14.

(b) Schema circuitale per l’acquisizione della caratteristica IV con due sensori di differenza di potenziale (schede di acquisizione) interfacciati al computer. Notiamo un dettaglio che complica leggermente la situazione: a meno che non dispongano di un ingresso differenziale, i due sensori V e V’ devono avere un riferimento di massa comune, come effettivamente si verifica in figura. In questo montaggio, il sensore V restituisce la differenza di potenziale ai capi del LED. La corrente I che scorre nel circuito può

essere invece calcolata dalla relazione LR

V'VI

−= .

Approfondimento #3.3 Come si determina sperimentalmente la tensione di soglia? La tensione di soglia Vs può essere determinata dalla caratteristica IV con diversi criteri. Il più semplice consiste nel fissare un valore di soglia Is per la corrente, e definire Vs come la tensione alla quale il LED raggiunge Is. Per esemplificare la procedura, riportiamo in fig. 3.15 le caratteristiche IV di tre LED di colore diverso. Nella tabella sono riportati i valori di Vs determinati fissando Is = 100 µA, accanto alle lunghezze d’onda della radiazione emessa (fornite dal fabbricante). Attenzione: per adottare questo criterio, è necessario raccogliere abbastanza dati sperimentali per valori di corrente molto più piccoli delle usuali correnti di lavoro (che sono dell’ordine di alcuni mA). In questo regime, potrebbe essere difficile notare a occhio nudo la luce emessa dai LED. Commentiamo ora gli errori di misura. Cambiando il valore di Is, la stima di Vs cambia. Per esempio, consideriamo il caso del LED violetto. Prendendo Is = 100 µA, si trova Vs = 2.8 Volt; se invece Is = 100 µA, si trova Vs = 2.9 Volt. Possiamo stimare l’errore sperimentale su Vs come differenza tra queste valutazioni, da cui concludiamo che Vs = 2.8 ± 0.1 Volt. Per ciò che riguarda le lunghezze d’onda λ, si può prudentemente assumere un errore relativo dell’ordine del 10%.

La frequenza ν corrispondente a λ si determina in base alla relazione λ

=ν c , con c velocità della luce nel vuoto.

L’errore relativo su ν resta uguale al 10%. In alcuni contesti didattici la tecnica sperimentale appena descritta può risultare un po’ troppo impegnativa; proponiamo quindi anche una versione alternativa molto semplificata. In fig. 3.16a è mostrato il circuito impiegato che include, come si vede, un solo voltmetro. Non essendo possibile rilevare la caratteristica IV, la tensione di soglia Vs può identificata come la differenza di potenziale alla quale il LED inizia a emettere luce in modo percettibile a occhio nudo. Ovviamente, ciò è possibile solo con LED che emettono luce visibile. Rispetto alla tecnica mostrata in precedenza, si introduce un errore di misura un po’ più grande dovuto al fatto che la sensibilità dell’occhio alla luce emessa dal LED cambia a seconda delle condizioni esterne (ambiente illuminato, parzialmente oscurato, ecc.).

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0 1 2 3 40

100

200

300

400

500

I (µA

)

V (Volt)

colore λλλλ (nm) (nm) (nm) (nm) VVVVssss (Volt) (Volt) (Volt) (Volt)

Rosso 690 1.8

Blu 480 2.5

Violetto 435 2.8

Figura 3.15. Caratteristiche IV di LED di colore diverso. In tabella sono mostrati i valori della lunghezza d’onda (forniti dal fabbricante) e le corrispondenti stime di Vs.

Figura 3.16. a) Circuito semplificato per la misura della tensione

di soglia di un LED b) Circuito per la valutazione qualitativa del

comportamento di una lampada a incandescenza.

Approfondimento #3.4 Come si prepara in laboratorio l’esperimento di confronto tra LED e lampada a incandescenza? In fig. 3.16a, b sono mostrati i circuiti per il confronto qualitativo tra LED e lampada a incandescenza. L’uso del voltmetro, se non si desidera misurare la tensione di soglia, è facoltativo: in questo semplice esperimento, ciò che conta sono le osservazioni fenomenologiche. A questo proposito, anche la sensibilità tattile alla temperatura è importante! Approfondimento #3.5 Perché la costante di Planck è una costante universale? L’esperimento condotto con i LED dimostra che la costante di Planck è una costante universale. Infatti, si trovano due risultati: a) Per qualunque LED, l’energia E = eVs che l’elettrone cede alla radiazione non dipende da come è fatto il

dispositivo, ma solo dal colore della radiazione emessa; questo dimostra che la relazione che lega E alla frequenza ν della radiazione è molto generale;

b) se mettiamo a confronto LED diversi, troviamo che l’energia ceduta da un elettrone è proporzionale alla frequenza

della radiazione emessa. In base al punto a), la costante di proporzionalità tra E e ν non cambierebbe se conducessimo l’esperimento con LED diversi; perciò deve essere una costante universale.

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Sul piano didattico queste osservazioni sperimentali sono sufficienti, ma si deve aggiungere un’altra considerazione: la costante di Planck non è semplicemente “la costante universale dei LED”, è una costante universale di importanza generale. Vediamo perché. Il meccanismo di emissione di luce da parte del LED è molto semplice: un singolo elettrone per volta “salta” dallo stato iniziale (con energia meccanica E) allo stato finale (con energia meccanica nulla) e cede l’energia persa alla radiazione. In realtà, questo è proprio il meccanismo più semplice che esista in Natura. Per esempio, quando un atomo emette luce, accade sostanzialmente la stessa cosa: un elettrone “salta” da uno stato iniziale a uno finale diminuendo la sua energia meccanica e cedendo l’energia persa alla radiazione elettromagnetica. Se nella misura della costante di Planck usassimo un atomo invece di un LED, otterremmo lo stesso risultato. Un esperimento di questo tipo si chiama “spettroscopia di emissione di un gas” e può essere facilmente condotto usando, ad esempio, una lampada al Sodio. Purtroppo, però, negli esperimenti di spettroscopia non si può misurare l’energia meccanica dell’elettrone che “salta”; bisogna invece conoscerne in partenza il valore. In conclusione, scegliere la spettroscopia come primo esperimento di meccanica quantistica non impossibile, ma sul piano didattico sembra meno efficace. Discuteremo perciò la spettroscopia atomica un po’ più in là, dopo aver presentato le proprietà fondamentali degli atomi. Approfondimento #3.6 La costante di Planck è piccola? Bisogna essere molto attenti: non ha senso affermare che una certa grandezza fisica “è piccola”, ma solo affermare che “è piccola rispetto a…”. Ora abbiamo un problema: allo stato attuale del discorso, non abbiamo introdotto alcuna grandezza fisica rilevante che abbia le stesse unità della costante di Planck! La domanda è quindi prematura: va rimandata al momento in cui parleremo di “azione meccanica”.