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3. IL VULCANISMO Sul nostro pianeta esistono circa 500 vulcani attivi, che rappresentano probabilmente il segno più evidente dell’attività interna della Terra. In base alle testimonianze geologiche è noto che il vulcanismo è attivo da miliardi di anni e, nonostante la molteplicità delle sue forme, è un fenomeno essenzialmente unitario, tale da essere inquadrato nell’ambito di un processo evolutivo che riguarda il nostro pianeta. 1) I FENOMENI VULCANICI Il vulcanismo è un fenomeno dagli aspetti molteplici, che si manifesta in forme differenti nelle diverse zone del pianeta. Caratteristica comune a tutte è il trasferimento di magmi dall’interno della Terra in superficie. Questi si formano all’interno della crosta e nella parte alta del mantello, in seguito alla graduale fusione di materiali solidi determinata da aumenti di temperatura, diminuzioni di pressione o dalla penetrazione di fluidi in profondità, tutti fattori facilitanti la fusione. Inizialmente la massa solida assume una maggiore plasticità e dentro di essa si generano minuscole goccioline di materiale fuso, disperse all’interno di un residuo solido refrattario alla fusione. All’aumentare della percentuale di materiali fusi le gocce tendono a migrare, riunendosi in una massa fluida che, a causa della minore densità, inizia a risalire sfruttando e ampliando le fessure presenti nella crosta o creandone di nuove. La velocità di risalita del magma varia in virtù di diversi fattori, tra cui la sua viscosità, dipendente dalla composizione, la profondità e la temperatura a cui si trova, e può procedere in modo continuo o per tappe. Durante le soste il magma modifica la propria composizione, sia per la parziale assimilazione delle rocce incassanti, sia per il già citato processo di differenziamento. Lungo la risalita può accumularsi a una certa profondità, generando una camera magmatica dalla quale periodicamente, in seguito a variazioni delle condizioni ambientali, può risalire fino in superficie. A causa della differenza di pressione che si verifica nel passaggio dal sottosuolo alla pressione atmosferica, il magma perde istantaneamente tutti i gas disciolti, i quali, liberandosi tumultuosamente, contribuiscono alla sua fuoriuscita dal condotto vulcanico. Una volta giunto in superficie il magma viene indicato col nome di lava e il suo accumulo intorno al condotto determina la formazione di un edificio vulcanico (fig. 1). 2) VULCANISMO EFFUSIVO ED ESPLOSIVO La natura del magma emesso influenza il tipo di attività del vulcano e la forma dell’edificio vulcanico generato. A seconda della forma del condotto si distinguono vulcani centrali, dotati di condotto cilindrico comunicante all’esterno con un cratere più o meno circolare, e vulcani lineari, in cui il condotto è costituito da una spaccatura che penetra in profondità nella crosta. In base al tipo di attività si distingue un vulcanismo di tipo effusivo, contraddistinto dalla tranquilla emissione di lava fluida, e un vulcanismo di tipo esplosivo, in cui l’emissione di materiali è accompagnata da violente esplosioni. La maggior parte dei vulcani attivi sul nostro pianeta presenta un tipo di attività misto tra i due tipi descritti e per questo motivo si distinguono eruzioni di tipo hawaiano, caratterizzate da attività effusiva dominante, eruzioni di tipo stromboliano, con un’attività effusiva prevalente accompagnata da un’attività esplosiva più o meno regolare, ed eruzioni di tipo vulcaniano o di tipo peleano, nelle quali, invece, predomina il carattere esplosivo.

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3. IL VULCANISMO Sul nostro pianeta esistono circa 500 vulcani attivi, che rappresentano probabilmente il segno più evidente dell’attività interna della Terra. In base alle testimonianze geologiche è noto che il vulcanismo è attivo da miliardi di anni e, nonostante la molteplicità delle sue forme, è un fenomeno essenzialmente unitario, tale da essere inquadrato nell’ambito di un processo evolutivo che riguarda il nostro pianeta. 1) I FENOMENI VULCANICI Il vulcanismo è un fenomeno dagli aspetti molteplici, che si manifesta in forme differenti nelle diverse zone del pianeta. Caratteristica comune a tutte è il trasferimento di magmi dall’interno della Terra in superficie. Questi si formano all’interno della crosta e nella parte alta del mantello, in seguito alla graduale fusione di materiali solidi determinata da aumenti di temperatura, diminuzioni di pressione o dalla penetrazione di fluidi in profondità, tutti fattori facilitanti la fusione. Inizialmente la massa solida assume una maggiore plasticità e dentro di essa si generano minuscole goccioline di materiale fuso, disperse all’interno di un residuo solido refrattario alla fusione. All’aumentare della percentuale di materiali fusi le gocce tendono a migrare, riunendosi in una massa fluida che, a causa della minore densità, inizia a risalire sfruttando e ampliando le fessure presenti nella crosta o creandone di nuove. La velocità di risalita del magma varia in virtù di diversi fattori, tra cui la sua viscosità, dipendente dalla composizione, la profondità e la temperatura a cui si trova, e può procedere in modo continuo o per tappe. Durante le soste il magma modifica la propria composizione, sia per la parziale assimilazione delle rocce incassanti, sia per il già citato processo di differenziamento. Lungo la risalita può accumularsi a una certa profondità, generando una camera magmatica dalla quale periodicamente, in seguito a variazioni delle condizioni ambientali, può risalire fino in superficie. A causa della differenza di pressione che si verifica nel passaggio dal sottosuolo alla pressione atmosferica, il magma perde istantaneamente tutti i gas disciolti, i quali, liberandosi tumultuosamente, contribuiscono alla sua fuoriuscita dal condotto vulcanico. Una volta giunto in superficie il magma viene indicato col nome di lava e il suo accumulo intorno al condotto determina la formazione di un edificio vulcanico (fig. 1).

2) VULCANISMO EFFUSIVO ED ESPLOSIVO La natura del magma emesso influenza il tipo di attività del vulcano e la forma dell’edificio vulcanico generato. A seconda della forma del condotto si distinguono vulcani centrali, dotati di condotto cilindrico comunicante all’esterno con un cratere più o meno circolare, e vulcani lineari, in cui il condotto è costituito da una spaccatura che penetra in profondità nella crosta. In base al tipo di attività si distingue un vulcanismo di tipo effusivo, contraddistinto dalla tranquilla emissione di lava fluida, e un vulcanismo di tipo esplosivo, in cui l’emissione di materiali è accompagnata da violente esplosioni. La maggior parte dei vulcani attivi sul nostro pianeta presenta un tipo di attività misto tra i due tipi descritti e per questo motivo si distinguono eruzioni di tipo hawaiano, caratterizzate da attività effusiva dominante, eruzioni di tipo stromboliano, con un’attività effusiva prevalente accompagnata da un’attività esplosiva più o meno regolare, ed eruzioni di tipo vulcaniano o di tipo peleano, nelle quali, invece, predomina il carattere esplosivo.

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I vulcani alimentati da magmi molto fluidi, di tipo basaltico, sono caratterizzati dalla prevalenza dell’attività di tipo effusivo. Quando il condotto è di tipo cilindrico i magmi basaltici, essendo in grado di colare per lunghe distanze prima di solidificare, generano i cosiddetti vulcani a scudo, aventi altezza modesta rispetto al diametro di base. Ne costituisce un esempio il Mauna Loa (isola di Hawaii), alto 4.170 m a fronte di un diametro di base di 250 km. Alla sommità di questi vulcani si forma spesso una depressione, detta caldera, generata dal collasso del fondo del vulcano in seguito allo svuotamento della camera magmatica (fig. 2).

Spesso sul fondo della caldera resta un lago di lava fusa, che nel momento in cui riprende l’attività vulcanica ribolle, a causa dell’emissione di gas. Lo stesso tipo di lava, emessa da condotti di tipo lineare (come nel caso dei vulcani islandesi), genera grandi espandimenti, detti plateau basaltici. I vulcani alimentati da magmi meno fluidi, che solidificano all’interno del condotto nel periodo di inattività, alternano fasi di attività effusiva ed esplosiva. La ripresa dell’attività vulcanica è caratterizzata da un’esplosione provocata dalla pressione esercitata dai gas liberati dal magma durante la risalita che rimuove lo strato solidificato all’interno del condotto. Se il magma non è molto viscoso (come quello basaltico dello Stromboli) lo spessore del magma solidificato che ostruisce il condotto non è molto grande e una modesta pressione dei gas è sufficiente a rimuoverlo: in tal caso l’esplosione non è molto violenta ed è seguita dall’effusione di lava fluida. L’alternanza di fasi esplosive ed effusive determina la formazione di edifici conici costituiti da strati sovrapposti di colate laviche e di piroclastiti, detti per questo strato-vulcani (fig. 3).

I vulcani alimentati da magmi acidi, come i magmi riolitici o andesitici, dotati di viscosità elevata, presentano un’attività prevalentemente esplosiva. In questi vulcani, infatti, l’ostruzione del condotto raggiunge spessori elevati e richiede una pressione maggiore per poter essere rimossa. L’esplosione iniziale spesso è talmente violenta da portare alla demolizione di parte dell’edificio vulcanico. In alcuni casi, come accaduto, ad esempio, per il Vesuvio, l’esplosione può svuotare completamente l’intero condotto vulcanico, innalzando per chilometri al di sopra della superficie terrestre una colonna di vapori, gas e frammenti solidi, detta nube ardente ascendente, che si espande in alta quota per poi ricadere sotto forma di ceneri e pomici (fig. 4).

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Esistono, infine, lave talmente viscose da essere espulse attraverso il condotto vulcanico quasi allo stato solido, dando origine a formazioni denominate duomi o cupole. Simili eruzioni sono accompagnate dall’emissione di nubi ardenti discendenti che, espulse dalla base di queste formazioni, rotolano lungo le pendici del vulcano fino a grandi distanze. Effetti ancora più devastanti si devono alle nubi ardenti originate da condotti lineari che, essendo dotate di maggiore energia, si spingono a centinaia di chilometri di distanza, generando plateau ignimbritici. Un altro tipo di vulcanismo altamente esplosivo è il vulcanismo idromagmatico, che prende origine dall’interazione del magma con le acque di falda. In questo caso le caratteristiche esplosive del fenomeno non vanno ascritte alla natura del magma, bensì all’azione di enormi pressioni nel sottosuolo generate dal surriscaldamento dell’acqua e dal suo repentino passaggio allo stato vapore (fig. 5).

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3) PRODOTTI DELL’ATTIVITÀ VULCANICA E FENOMENI TARDIVI Le eruzioni vulcaniche comportano l’emissione di grandi quantità di materiali, sia aeriformi che solidi. I prodotti aeriformi sono difficili da campionare e da analizzare, ma sono sicuramente costituiti da grandi quantità di vapore acqueo, anidride carbonica, zolfo, azoto. I materiali solidi sono invece più conosciuti e variano a seconda del tipo di magma, del tipo di attività e del luogo di emissione. Le colate laviche di magmi fluidi sono caratterizzate da superfici lisce, mentre quelle dei magmi più viscosi tendono a frantumarsi in blocchi spigolosi. Se l’emissione della lava avviene sott’acqua, come nei vulcani sottomarini, il rapido raffreddamento determina la formazione di una crosta vetrosa, ripetutamente spaccata dall’arrivo di nuova lava che fuoriesce in fiotti dalle fessure: il risultato è la formazione della tipica lava a cuscini. Le piroclastiti, invece, sono il prodotto dell’attività vulcanica di tipo esplosivo e possiedono un aspetto variabile a seconda della viscosità della lava emessa. Le lave più fluide vengono espulse in frammenti di grandi dimensioni, originando scorie e bombe vulcaniche, mentre quelle più viscose, emesse con esplosioni più violente, originano frammenti più piccoli, come polveri e ceneri vulcaniche, accompagnati da lapilli (grossi come ciottoli) e blocchi di grandi dimensioni. Le lave molto acide e viscose, che nella risalita formano schiume vetrose, danno origine alle tipiche pomici. Una possibile conseguenza dell’attività vulcanica è costituita dalle colate di fango, che si verificano quando i detriti piroclastici incoerenti e le ceneri accumulatesi lungo le pendici dell’edificio vulcanico o dei rilievi circostanti, imbibendosi di grandi quantità d’acqua proveniente da precipitazioni abbondanti o dall’eruzione stessa, divengono instabili e scivolano verso la pianura. Fenomeni legati al vulcanismo, che possono manifestarsi anche molto tempo dopo la cessazione dell’attività vulcanica, sono le emissioni di gas e acque termo-minerali utilizzate a scopo terapeutico: le numerose sorgenti termali esistenti in Italia, ad esempio, sono il residuo di un’attività vulcanica estinta da tempo. Altri fenomeni tardivi sono i geyser, consistenti nell’emissione di alte colonne d’acqua che, penetrata nel sottosuolo e surriscaldatasi in prossimità di una camera magmatica, risale e prorompe violentemente in superficie. 4) DISTRIBUZIONE DELL’ATTIVITÀ VULCANICA SULLA TERRA Osservando la distribuzione dei vulcani sul nostro pianeta risulta subito evidente come l’attività vulcanica non sia affatto omogenea, ma tenda a concentrarsi in lunghe fasce o in catene di edifici. Inoltre, le due tipologie di vulcanismo, effusivo ed esplosivo, hanno una diversa distribuzione geografica. Il vulcanismo effusivo si manifesta principalmente in corrispondenza di un sistema di rilievi che si snoda per circa 60.000 km sul fondo degli oceani, detto sistema delle dorsali oceaniche, e in prossimità di punti isolati all’interno dei continenti o delle piane abissali, denominati punti caldi. Qui, sotto la pressione dell’acqua sovrastante, la lava fluisce in modo tranquillo, senza liberare tumultuosamente i gas disciolti, generando le tipiche strutture a cuscini. Solo nelle zone dove la dorsale è meno profonda le eruzioni divengono visibili in superficie in seguito all’emissione di vapori e, in rari casi, la dorsale emerge per l’accumulo dei materiali, come accade in Islanda o per le isole Azzorre e Galàpagos. Analogamente l’accumulo di materiali prodotti dalle eruzioni può determinare, in corrispondenza dei punti caldi, la comparsa di isole vulcaniche, come l’isola di Hawaii o le Canarie. Il vulcanismo esplosivo, invece, è associato soprattutto ai margini continentali fiancheggiati da profonde depressioni del fondo oceanico, note come fosse abissali, o in corrispondenza di archi di isole accresciutesi lungo i margini delle fosse. Questa distribuzione del vulcanismo lascia supporre che sul nostro pianeta siano in atto processi che determinano, in corrispondenza di particolari strutture geologiche, l’instaurarsi delle condizioni necessarie alla formazione dei magmi.