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vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

SISTEMA SALUTELA RIVISTA ITALIANA DI EDUCAZIONE SANITARIA

E PROMOZIONE DELLA SALUTEgià Educazione Sanitaria e Promozione della Salute

Sistema Salute. La Rivista Italiana di Educazione Sanitaria e Promozione della Salute è Organo del Centro sperimentale per l’educazionesanitaria dell’Università degli studi di Perugia. Già diretta da Alessandro Seppilli

Direzione e Redazione: Centro sperimentale per l’educazione sanitaria, Università degli studi di Perugia, via del Giochetto 6, 06126 Perugia / tel.:075.5857357-56-55 - fax: 075.5857361 / e-mail: [email protected] / www.unipg.it/csesi

Direttore responsabile: Filippo Antonio Bauleo, Azienda Sanitaria n. 2, Regione Umbria

Presidente del Comitato scientifico: Maria Antonia Modolo, Università degli studi di Perugia

Redattore capo: Lamberto Briziarelli, Università degli studi di Perugia

Segretario di redazione: Paola Beatini, Università degli studi di Perugia

Autorizzazione del Tribunale di Perugia n. 4 del 17 febbraio 2012

Comitato scientifico: Bruno Benigni, Centro di promozione per la salute “Franco Basaglia” (Arezzo) / Mario Bertini, Società italiana di psicologiadella salute, già professore di psicologia, Sapienza Università di Roma / Francesco Blangiardi, Società italiana di igiene, medicina preventiva esanità pubblica, Dipartimento di prevenzione AUSL n. 7 della Sicilia (Ragusa) / Sabrina Boarelli, Ufficio scolastico regionale per l’Umbria /Antonio Boccia, Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, professore di igiene, Sapienza Università di Roma / FrancescoBottaccioli, Società italiana di psiconeuroimmunologia (Roma) / Lamberto Briziarelli, già professore di igiene, Università di Perugia / AntonioCappelli, Centro italiano ricerca sui servizi sanitari e sociali (Roma) / Carla Collicelli, Fondazione CENSIS (Roma), professore di sociologia dellasalute, Sapienza Università di Roma / Paolo Contu, professore di igiene, Università di Cagliari / Michele Conversano, Società italiana di igiene,medicina preventiva e sanità pubblica, Dipartimento di prevenzione ASL Taranto / Giorgio Cosmacini, professore di storia della medicina,Università Vita-Salute San Raffaele (Milano) / Claudio Cricelli, Società italiana di medicina generale / Barbara D’Avanzo, Dipartimento dineuroscienze, Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” (Milano) / Paola Di Nicola, professore di sociologia dei processi culturali ecomunicativi, Università di Verona / Floriana Falcinelli, professore di didattica generale e tecnologie dell’istruzione, Università di Perugia / CarloFavaretti, Health promoting hospital & health services network, Azienda ospedaliera-universitaria “Santa Maria della Misericordia” (Udine)/ Luigi Ferrannini, Società italiana di psichiatria, Dipartimento di salute mentale, ASL n. 3 della Liguria (Genova) / Irene Figà-Talamanca, giàprofessore di igiene, Sapienza Università di Roma / Fabrizio Fornari, Università “Gabriele D’Annunzio”, Chieti-Pescara / Salvatore Geraci, Areasanitaria della Caritas Diocesana Roma / Mariano Giacchi, professore di igiene generale e applicata, Università di Siena / Guido Giarelli,European society for health and medical sociology, professore di sociologia generale, Università Magna Graecia (Catanzaro) / MargheritaGiannoni, professore di economia sanitaria, Università di Perugia / Marco Ingrosso, professore di sociologia generale, Università di Ferrara /Domenico Lagravinese, Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, Dipartimento di prevenzione ASL Bari / GavinoMaciocco, Osservatorio italiano sulla salute globale, professore di politica sanitaria internazionale, Università di Firenze / Maurizio Mori, giàprofessore di medicina di comunità, Università di Perugia / Aldo Morrone, Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazionimigranti ed il contrasto delle malattie della povertà, Roma / Pio Enrico Ricci Bitti, Società italiana di psicologia della salute, professore dipsicologia generale, Università di Bologna / Walter Ricciardi, European public health association, professore di igiene generale e applicata,Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma) / Paola Rivosecchi, professore di metodologia epidemiologica e igiene, Università di Perugia /Roberto Romizi, Associazione internazionale dei medici per l’ambiente / Tullio Seppilli, già professore di antropologia culturale, Università diPerugia, Fondazione Angelo Celli per una cultura della salute (Perugia) / Paolo Siani, Associazione culturale pediatri, Ospedale Cardarelli(Napoli) / Gianfranco Tarsitani, professore di igiene, Sapienza Università di Roma / Maria Teresa Tenconi, professore di igiene, metodologiaepidemiologica e medicina di comunità, Università di Pavia / Maria Triassi, professore di igiene generale e applicata, Università Federico II diNapoli / Enrico Tempesta, Osservatorio permanente giovani e alcol, Roma / Maria Giovanna Vicarelli, professore di sociologia dei processieconomici e del lavoro, Università Politecnica delle Marche (Ancona) / Mauro Volpi, professore di diritto costituzionale, Università di Perugia.

Comitato di redazione: Sandro Bianchi, Associazione culturale pediatri (sezione Umbria)/ Sabrina Flamini, Fondazione Angelo Celli per unacultura della salute (Perugia) / Fausto Francia, Dipartimento di sanità pubblica, AUSL Bologna / Patrizia Garista, Università di Perugia / EdvigeMancinelli, Università di Perugia / Giuseppe Masanotti, Università di Perugia / Liliana Minelli, Università di Perugia / Giovanni Paladino,Università Federico II di Napoli / Damiano Parretti, Società italiana di medicina generale (sezione Umbria) / Rossana Pasquini, Università diPerugia / Enrico Petrangeli, Fondazione Angelo Celli per una cultura della salute (Perugia) / Giancarlo Pocetta, Università di Perugia / CarloRomagnoli, ASL n. 2 dell’Umbria / Tiziano Scarponi, Società italiana di medicina generale (sezione Umbria) / Francesco Scotti, Gruppo tecnicointerregionale per la salute mentale, Regione Umbria.

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In questo numero

Qualcosa di nuovo per Educazione sanitaria e Promo-zione della salute?Lamberto Briziarelli

Attualità e riorientamento della Promozione della salu-te nello scenario sociale contemporaneoMarco Ingrosso

Core competencies per gli operatori della promozione dellasalute. Risultati del Progetto Europeo COMPHPDonatella Belotti, Giancarlo Pocetta, Laura Pilotto

Il benessere soggettivo in tempi di crisiSandro Stanzani

Promuovere la salute ed il benessere in età adulta edanziana attraverso il potenziamento delle Life Skills. Unpercorso di ricerca-interventoManuela Zambianchi, Pio Enrico Ricci Bitti

Are you ready for dance/change? Il “ProgrammaInterdipartimentale Promozione della salute” dell’Azien-da USL di Modena: innovare l’organizzazioneGiuseppe Fattori, Maria Monica Daglio, Marco Vanoli

La Carta di Ottawa. Ancora oggi strumento di innova-zione in Emilia RomagnaFausto Francia, Patrizia Beltrami

Editoriale

Monografia

Indice vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013 Sommario

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Per un questionario europeo di indagine sui consumi al-colici e sui possibili danni correlati. Un’esperienza ita-lianaAllaman Allamani, Maria Cristina Manca, KarinPantzer, Ilaria Basetti Sani, Patrizia Ammannati

Fattori alimentari ed antropometrici associati al rischiodel tumore mammario implicazioni per la prevenzioneprimariaAdelaide Chiaravalloti, Simone Manfredelli, FabrizioGiannandrea, Irene Petritsi Figà-Talamanca

EuroHealthNet - Bruxelles, 10 settembre 2013.EuroHealthNet sollecita azioni più incisive: Il rapportodella Commissione europea sulle diseguaglianze in salu-te conferma che persistono gap dannosi e costosi tra gliStati membri dell’Unione europea e al loro interno

Società Italiana per la Promozione della Salute. La pro-mozione della salute in Lombardia. Primo incontro del-la delegazione Lombardia della Società Italiana per laPromozione della Salute. Milano 30 ottobre 2013 / 5°Convegno internazionale sulla Qualità del Welfare. Latutela degli anziani buone pratiche per umanizzare l’as-sistenza. Rimini, 18-19 novembre 2013 /Progetto MAT-TONE INTERNAZIONALE - WORKSHOP. Salute2020: un nuovo approccio per il salute e il benessere inEuropa. Roma 17-18 ottobre 2013 / II Corso di Forma-zione Internazionale, Florence International Training Course,Firenze 17-22 novembre 2013 / NOTIZIE IUHPEGiancarlo Pocetta, Centro Sperimentale per l’Educazione Sani-taria, Università degli studi di Perugia

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Notiziario

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 245-246

IN QUESTO NUMERO

In questo numero una Monografia per una ri-flessione e un’analisi sulla attualità e validi-tà dei principi e modelli della promozionedella salute individuati dalla Carta di Ot-tawa nel 1986, alla luce dei vasti cambia-menti culturali, sociali, economici ed ov-viamente sanitari che hanno investito ilnostro tempo.Questione difficile e sicuramente non espli-cabile ed esauribile in “alcune decine di pa-gine”: ampi e complessi i suoi risvolti e leimplicazioni nell’intero sistema sociale suiquali si sofferma Lamberto Briziarelli nel suoEditoriale introduttivo.Apre la serie di contributi l’importante sag-gio di Marco Ingrosso che ricostruisce - at-traverso l’analisi dei documenti internazio-nali e della produzione scientifica su rivistee siti dedicati - le fasi di sviluppo della pro-mozione della salute, aprendo a nuove pro-spettive emergenti che necessitano di esse-re caratterizzate da un atteggiamento ge-nerale che “dia senso alla salute” attraversoscelte etiche ed estetiche e adeguata capaci-

tà operativa.In riferimento alla specifica area tematicadella formazione postlaurea dei professio-nisti della promozione della salute nel nuo-vo contesto globale, Gianni Pocetta et al ri-feriscono sul progetto europeo CompHP fi-nalizzato ad elaborare uno schema dellecompetenze di base che gli operatori coin-volti stabilmente in questo ambito dovreb-bero possedere. Il progetto ha costruito alcontempo un sistema di valutazione e dicertificazione di accreditamento dei profes-sionisti e dell’offerta formativa dedicata.Il contributo di Sandro Stanzani affronta iltema delle ripercussioni della crisi econo-mica sul benessere degli individui. La ricer-ca indaga la percezione dello stato di salutein relazione al peggioramento delle condi-zioni economiche; l’Autore individua stra-tegie politiche di promozione della salutedella comunità centrate sul rafforzamentodella coesione sociale e sullo sviluppo dicapitale sociale.Si sono da tempo affermati programmi di

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life skill education rivolti alla popolazionegiovanile. La ricerca-intervento presentatada Zambianchi e Ricci Bitti descrive un per-corso formativo che utilizza l’approccio delpotenziamento delle life-skill negli adulti enegli anziani, al fine di ridurre in tale sog-getti i rischi per la salute legati alla cre-scente complessità della società e alla pre-carizzazione dei percorsi biografici di vita.La metodologia si è rilevata efficace ed ap-plicabile anche in queste fasce di età.Gli ultimi due contributi della Monografiariportano esperienze di innovazione orga-nizzativa che utilizzano i principi della pro-mozione della salute in Emilia Romagna.Giuseppe Fattori et al riferisce il ProgrammaInteraziendale di promozione della salutenell’Azienda USL di Modena, esperienza distrutturazione organizzativa degli interventiattraverso il sostegno alle reti di relazioni eall’integrazione tra i soggetti interni edesterni alla Asl: integrazione politica, tec-nica e strategico-operativa.

Fausto Francia e Patrizia Beltrami ricondu-cono ai cinque cardini della Carta di Ot-tawa gli interventi attuati in Emilia Roma-gna dai Servizi di Prevenzione: una testi-monianza della validità della strategia diOttawa per i professionisti sul territorio.Seguono la monografia gli Articoli di Alla-man Allamani et al e Chiaravalloti et al.Allamanni descrive il contributo italiano alProgetto SMART finalizzato a costruire etestare un questionario alcologico per rile-vare - attraverso una metodologia standar-dizzata a livello europeo - i consumi di be-vande alcoliche e conseguenti danni. Sonoriportati i risultati della sperimentazioneitaliana.Una review della letteratura sul ruolo del-l’ambiente e dell’alimentazione come fat-tori di rischio di tumore mammario, il con-tributo di Adelaide Chiaravalloti et al; par-ticolare enfasi è posta sui fattori modifica-bili attraverso interventi di promozione ededucazione alla salute.

Editoriale

Sistema Salute, 56, 3, 2012: pp. 247-248

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Qualcosa di nuovo per Educazione sanitaria e Promozionedella salute?Something new for Health Education and Health Promotion?

Lamberto BriziarelliRedattore capo della Rivista

Con la ridenominazione della nostra rivistain “Sistema Salute. La Rivista italiana di edu-cazione sanitaria e promozione della salute”avevamo inteso allargare ulteriormente l’am-bito concettuale e culturale in cui ci erava-mo mossi lungo l’arco dei sessanta anni divita, proseguendo la nostra continua ricercadi adeguamento ai cambiamenti del conte-sto in cui la nostra azione si svolgeva.Abbiamo così aperto le collaborazioni, allar-gando lo spettro del giornale ben oltre ilmodello bio-psico-sociale della salute versocui ci siamo sempre mossi. E così nei priminumeri della nuova programmazione abbia-mo affrontato temi generali di contesto, den-tro i quali hanno portato il loro contributostudiosi di discipline diverse dalle nostre diigienisti – seppure innovatori, come abbia-mo cercato di essere – introducendo ideenuove, ed anche qualche volta controcorren-te, magari divergenti dalle nostre.In questo processo di rinnovamento/inno-vazione rispetto ad un mondo che si muove

a velocità vertiginosa, senza spesso saperedove esattamente stia andando, con la par-te monografica di questo numero abbiamovoluto aprire un grosso momento di discus-sione e riflessione sugli stessi fondamentidella nostra disciplina naturale – l’Educa-zione sanitaria/alla salute – e del suo conte-nitore primigenio, la Promozione della sa-lute. Temi sui quali noi stessi ci eravamointerrogati ed avevamo presentato diversicontributi. Ma riteniamo che non sia suffi-ciente, occorre approfondire ulteriormente.Abbiamo quindi pensato di chiedere ancoraaltri lavori su questo tema a diversi dei no-stri collaboratori, sottoponendo alla loro ri-flessione ed analisi questo interrogativoprincipale: gli schemi culturali della Pro-mozione della salute ed in essa dell’Edu-cazione sanitaria/alla salute, i principi,modelli e metodi che ci hanno accom-pagnato sin dagli anni ‘80, da Ottawaad oggi, sono ancora gli stessi? La loroapplicazione operativa è la medesima?

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Salute Globale: troppe definizioni, un solo obiettivo?248

Come debbono muoversi coloro cheoperano verso questi fini?Tenendo conto di quello che è successo nelcontesto applicativo, con gli sconvolgimentiche hanno interessato negli ultimi trent’an-ni non solo il nostro Paese ma l’intero glo-bo terrestre:- un profluvio di nuove conoscenze scienti-

fiche, in particolare sui determinanti disalute e malattia, nella loro più ampia ac-cezione e l’incremento esasperato delletecnologie hanno posto nuovi, grossi pro-blemi al mondo della sanità e non solo;

- la crisi economica nell’ambito della glo-balizzazione ed i conseguenti mutamentisocio-economici (in aggiunta a quelli de-mografici e al movimento delle popola-zioni) hanno messo in discussione obiet-tivi e programmi, organizzazioni e pro-fessioni;

- i mutamenti ambientali hanno turbatoprofondamente modi di pensare l’organiz-zazione sociale, nelle varie nicchie ecolo-giche;

- la crisi di rappresentanza delle popolazio-ni e il mutato rapporto con le organizza-zioni intermedie della democrazia, comepartiti, sindacati ed altri soggetti, hannodeterminato necessariamente cambiamen-ti istituzionali;

- in questo quadro è stato messo in discus-sione il ruolo dei servizi pubblici e sonostati introdotti vari tentativi di ritornoalla privatizzazione, come anche un ripen-

samento ai modi di finanziamento;- infine i profondi cambiamenti nelle for-

me e nelle modalità di comunicazione edi informazione – in particolare connessecon lo sviluppo della rete, dei social networke di forme autarchiche di aggregazionehanno posto forti interrogativi sui modellicomunicativi propri dell’educazione allasalute, della comunicazione e informazio-ne sociale, del modo di formarsi della pub-blica opinione.

La revisione dei temi concettuali e di fondosi riverberano poi sull’organizzazione, losviluppo dei servizi, le modalità operative,la formazione degli operatori e così via. Nonriteniamo di approfondire questi punti, chesaranno oggetto dei contributi richiesti.Con questi interrogativi e su questi temiabbiamo ricevuto una prima serie di rispo-ste, negli articoli che presentiamo, che nonesauriscono l’intero pacchetto previsto nel-le nostre intenzioni e che sarà completatonei prossimi numeri. Essi si muovono indiverse direzioni, anche con una certa di-stanza tra di loro.Su questi contributi sollecitiamo, come giàabbiamo fatto in passato, la discussione deinostri lettori, aprendo un vero e proprio fo-rum, del tutto necessario vista la complessi-tà della materia e del momento che stiamovivendo. Ogni contributo potrà fornire nonsolo punti di vista diversi ma ulteriori ap-porti al chiarimento delle problematiche edalle possibili direzioni in cui andare.

Monografia

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 249-264

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Attualità e riorientamento della Promozione della salutenello scenario sociale contemporaneoRelevance and reorientation of Health Promotion in contemporary social scenario

Marco Ingrosso

Marco IngrossoProfessore ordinario di Sociologia della Salute e Direttore del Laboratorio di Studi sociali su Salute,Cura e Benessere sociale “Paracelso”, Università di Ferrara

Parole chiave: promozione della salute, cura, continuum delle pratiche di salute

RIASSUNTOObiettivi: il saggio intende ricostruire le varie fasi di sviluppo della Promozione della salute (PdS), a partireda quella generativa, iniziata circa trent’anni or sono, fino a quella contemporanea, segnata dalla crisiglobale. Vengono evidenziati i cambiamenti di contesto prodottisi, segnati da notevoli mutamentiepidemiologici, ecologici, tecnici, economici e culturali, che hanno depotenziato e distorto il modello diazione politico-sociale immaginato dalla Carta di Ottawa. A questa situazione si è risposto, nel primodecennio degli anni duemila, attraverso proposte che volevano accreditare la PdS come un’azione sanitariaefficace ed efficiente, ma anche con un’apertura al mercato in nome delle tendenze alla commercializzazionee individualizzazione delle pratiche di benessere diffusesi nella società. Il saggio si chiede se confermarequesto orientamento o ripensarlo alla luce delle nuove prospettive emergenti.Metodo: analisi dei principali documenti internazionali sulla PdS e della produzione scientifica di alcuneriviste e siti di riferimento nell’arco di circa trent’anni.Risultati: nella fase recente, segnata dalla crisi, la salute resta un riferimento sociale condiviso molto rilevanteche si situa all’interno di un continuum di pratiche che va dalla cura di sé, alla promozione della salute,all’intervento medico-sanitario a varia intensità, fino alla riabilitazione e all’assistenza nelle fasi terminali.Per questo la promozione non deve essere disgiunta dalla cura, intesa non in senso meramente tecnico, macome impegno attento e responsabile a difendere, promuovere, ristabilire il benessere nonché affrontare ledifficoltà poste dalla malattia. Il cambiamento di contesto deve stimolare non un semplice adeguamento aitrend esistenti, ma piuttosto un riorientamento che stimoli la capacità di “dare senso” alla salute a partire dasignificative scelte etiche ed estetiche sostenute da un’adeguata capacità operativa.

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Attualità e riorientamento della Promozione della salute nello scenario sociale ...

Key words: Health Promotion, care, continuum of health practices

S U M M A RYObjectives: This paper aims to reconstruct the various stages of development of Health Promotion (HP),from the generative period, started about thirty years ago, to contemporary times, marked by the globalcrisis. Context changes occurred are also analysed, marked by significant epidemiological, ecological,technical, economic and cultural transformations. They have weakened and distorted the pattern of political-social intervention imagined by the Ottawa Charter. This situation stimulated proposals, in the first decadeof the new millennium, where they wanted to obtain credit to HP as an effective and efficient healthaction, but also with an opening to the market in the name of the commercialization and individualizationof well-being practices spread in society. The essay asks if we have to confirm this orientation, or rethink itin the light of new emerging assumptions.Method: Analysis of the main international documents on the HP and the scientific production of a numberof magazines and reference sites over a period of about thirty years.Results: In the recent phase, marked by the crisis, the health remains a very relevant social reference that lieswithin a continuum of practices ranging from self-care, health promotion, medical intervention at variousintensity until the rehabilitation and assistance in the terminal stages. For this, promotion must not beseparated from the care, understood not in a purely technical sense, but as a careful and responsiblecommitment to defend, promote, restore well-being and coping with challenges posed by the disease. Thechange of context should stimulate not just a simple adjustment to the existing trends, but rather a re-orientation that fosters the ability to “make sense” to health from significant ethical choices and aestheticsupported by adequate operational capacity.

Genesi, sviluppi, ripensamenti dellaPromozione della saluteLa domanda sulla rilevanza assunta dallaPromozione della salute (PdS/HP), comemovimento collettivo e sana politica pub-blica, a circa trent’anni dalla sua elabora-zione e lancio, nonché sulla sua attualità neldiverso contesto epidemiologico e socialecontemporaneo, difficilmente può avere ri-sposte univoche sia perché essa abbraccia uninsieme di realtà locali, nazionali, globaliestremamente vaste ed eterogenee sia per-ché la PdS ha avuto interpretazioni e appli-cazioni molto diversificate, mutevoli e nonsistematiche.La fase generativa e creativa della Promozio-ne della salute si è avviata nei primi anniottanta attraverso elaborazioni realizzate dagruppi di lavoro in ambito dell’OMS-Euro-

pa ed applicazioni in paesi guida, come ilCanada, l’Australia, i Paesi scandinavi (35).La nuova proposta prendeva spunto daimovimenti sociali attivi negli anni settanta(di salute pubblica, delle donne, ambienta-lista, di self-care/self-help, ecc.), nonchédalle elaborazioni della “Health for All”(Thirtieth WHA, Geneva, 2-19 May 1977),per perseguire uno scenario ecologico di salute(32, 11), ossia un nuovo orizzonte di inter-venti contrassegnato dallo sviluppo dell’eco-logia ambientale e di quella sociale, capacedi fare uscire la sanità dalla tradizionale ca-ratterizzazione paternalista e ospedalocen-trica per proiettarla verso una nuova com-binazione di opportunità e risorse capace divalorizzare i saperi e le responsabilità per-sonali, gli ambienti di vita quotidiana (scuo-la, lavoro, ..), l’associazionismo e le risorse

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territoriali/comunitarie, i servizi di preven-zione, educazione e primary care posti a sup-porto di un nuovo modello d’azione (36).Gli scopi erano attinenti ad obiettivi: a) disalute pubblica (riduzione delle nuove pro-blematiche comportamentali - fumo e dro-ghe - e dei rischi di cronicità, promuoven-do gli stili di vita più sani); b) di partecipa-zione e libertà individuale (le scelte sanefacilitate e la promozione della self-care); c)di equità sociale (estensione di buone prati-che e creazione di nuove opportunità); d) dicontenimento dei costi della sanità (i com-portamenti sani – specie nell’età adulta eanziana – promettevano una limitazionedegli interventi tecnici e assistenziali e deirelativi costi).La fase creativa si è caratterizzata per la ri-cerca di un nuovo orientamento verso la sa-lute: si è infatti parlato di salute “in positi-vo”, di sviluppo del potenziale di salute, dicapacità di coping di fronte alle situazionidifficili della vita, di processi di salutogenesida favorire e supportare (1, 6), di una nuovascienza integrata della salute (26), capace difare sintesi di diversi modelli e approcci.Sembrava possibile rispondere ad una nuo-va situazione sociale post-moderna e apertaal nuovo attraverso l’elaborazione di un pen-siero complesso, socialmente e politicamen-te attivo, capace di contrastare il dualismoimperante (la “salute in un vuoto”, da unaparte, i rischi e le malattie al centro, dal-l’altra) e l’ingessatura della sanità sulle tra-dizionali problematiche sanitarie (12).Si voleva passare dal paradigma pre-venti-vista a quello pro-mozionale, che implicavanuovi obiettivi e metodi dell’educazione allasalute, ma anche la capacità di valorizzarela self-care nell’età adulta, oltreché rilevantiinvestimenti collettivi di supporto e mobi-litazione.

Fin da subito si lanciano nuove iniziative eaggregazioni sviluppando il metodo dellereti (Città sane, Scuole che promuovono la salu-te, ecc.). Sul piano delle politiche nazionalis’invocano nuovi investimenti in campi ester-ni a quelli sanitari (trasporti, ambiente cit-tadino, cibo, energia, ecc.) e la valutazionedi tutte le politiche per il loro impatto sul-la salute (Health Impact Assessment).Ci si muove su uno scenario mondiale, cometestimoniano le diverse assise che hanno luo-go negli anni successivi in diverse capitalicontinentali (37, 38, 39, 40), con l’obietti-vo di ridurre le resistenze che, fin da subito,si manifestano a livello di politiche nazio-nali, ma anche nell’ambito delle dirigenze,professioni e strutture sanitarie. In alcunipaesi, fra cui l’Italia, si evita per molto tem-po, a livello di politiche nazionali e regio-nali, di dare ascolto a queste assise mondia-li: infatti, nel nostro Paese solo nel PianoSanitario Nazionale del 1998-2000 viene in-trodotto il tema, con diverse ambiguità elimitazioni.Alla fase creativa del primo decennio-quin-dicennio ne subentra un’altra di assunzionenel discorso pubblico, ma con attuazioni par-ziali e depotenziate. Ciò si spiega con il mu-tamento del clima politico e culturale chesi produce nei paesi occidentali, ma anche alivello globale. Si assiste al progressivoestendersi della società liquido-moderna (2)e dei rischi (4) che porta ad un vigoroso svi-luppo di una cultura edonista e di consumo,ad una crescita dei mercati globali, ad unridimensionamento sia dei movimenti perla salute sia delle politiche pubbliche rifor-miste dei decenni precedenti. La PdS met-tendo l’accento (anche) sul ruolo individua-le verso la salute sembra andare incontroalle nuove tendenze individualizzanti e po-ter dare una “buona immagine” del com-

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Attualità e riorientamento della Promozione della salute nello scenario sociale ...

plesso sanitario.Contemporaneamente, tuttavia, nel camposanitario si assiste allo sviluppo di un nuo-vo orientamento politico e gestionale di tipoaziendalistico ed economicistico volto alcontenimento dei costi dell’apparato di cura,alla crescita di efficienza dei servizi, all’ac-crescimento delle opportunità di scelta(pubbliche e private) da parte del pubblico.Un orientamento che, sotto molti aspetti,collide con quello che ha ispirato la PdSdella prima fase. Infatti le politiche nazio-nali vengono messe in crisi a favore di unitàgestionali decentrate e di una libertà azien-dale ispirata dal mercato (o da quasi-mer-cati semi-pubblici), mentre le attività sani-tarie non prestazionali e “produttive” ven-gono smantellate: fra queste quelle di edu-cazione sanitaria/della salute e preventive/di controllo. Si riduce la collaborazione coiterritori, con le dimensioni socio-assisten-ziali, con l’associazionismo. Ci si chiudepiuttosto nello specifico sanitario-curativotrainato da nuovi e rilevanti investimentitecnologici, compresi quelli informatico-amministrativi volti a tenere sotto controllole variabili gestionali.In tale fase, alla forte riduzione della pro-spettiva e delle pratiche di educazione allasalute si risponde potenziando aspetti lega-ti agli stili di vita, in particolare l’alimen-tazione e l’attività motoria, che diventa ilfocus di interventi dimostrativi (spesso conuno stile di marketing), di campagne co-municative di massa, di riutilizzi della lo-gica preventivista guidata dagli esperti, dipromozione di attività sportive.La PdS ha ancora carte da giocare in questafase in quanto per prima, nel campo sanita-rio, ha previsto e interpretato fenomeni nuo-vi, come la comunicazione della salute neimedia, le potenzialità delle nuove strategie

comunicative organizzate, l’utilizzo dei nuo-vi media, lo sviluppo della literacy e dellecompetenze dei cittadini, la necessità di svi-luppare stili di vita più sani e a minore im-patto sui servizi sanitari, la necessità di pro-grammi locali e di una programmazionelocale-regionale coordinata fra diversi atto-ri di salute. Essa quindi continua a proporreinnovazioni che tuttavia trovano scarsoascolto e applicabilità, al di là dei proclamidi facciata.Nel corso degli anni duemila si apre tutta-via un ulteriore periodo, che potremmo chia-mare di riadattamento e rielaborazione. Il con-testo sociale sembra vedere, per un verso, iltrionfo delle culture e politiche neo-libera-li, di nuovi assetti continentali e nuovi pro-tagonisti della scena economica (sintetizza-ti nel termine “Brics”), di un quadro di in-stabilità politica internazionale (dopo l’11settembre 2001), ma, per un altro, anche lapossibilità di orientamenti di “terza via”capaci di coniugare riformismo e liberismo.In tale situazione, la PdS sembra cambiareprogressivamente il proprio modo di pen-sare e le proprie linee d’azione.Diverse sono le testimonianze di questo ri-pensamento. In primo luogo la Carta diBangok (41), frutto della 6° Conferenza Glo-bale sulla Promozione della salute (2005),assume il tema della globalizzazione comenuovo scenario di riferimento. In particola-re si afferma la necessità di una governanceglobale della salute nei campi del commer-cio, produzione, servizi e marketing. Ilmercato e il settore privato vengono visticome un nuovo ampio campo di interventoper gli impatti che essi rivestono sulla salu-te. Si ammette inoltre che vi sia stato unsignificativo divario di implementazionedelle risoluzioni attinenti la PdS e che que-sto dovrebbe essere colmato con nuove for-

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me di partnership che includano lo stessosettore privato.Un altro segnale di questa fase è la forteenfasi che vengono ad assumere gli orienta-menti di evidence based nella PdS (28, 29). Sivuole così passare da una fase naif e volon-tarista ad una nuova applicazione “scienti-fica” e professionalmente organizzata dellaPdS. Solo in questo modo sarà possibile su-perare le riserve ad una sua legittimazionein ambito sanitario, e non solo.Ci si accorge inoltre che la salute resta unaspetto rilevante anche della società globa-lizzata contemporanea, ma che essa è pro-ceduta per canali autonomi dagli interventipubblici e “comunitari”. Vi è stata piutto-sto una privatizzazione e commercializza-zione della wellness che ha avuto impatti benmaggiori delle iniziative promozionali.L’empowerment del soggetto passa quindiper una valorizzazione della sua individua-lità, attraverso opportune tecnologie perso-nalizzate (9), piuttosto che per iniziativecomunitarie e aggregazioni locali.Tale fase di riposizionamento della PdS vie-ne bruscamente rimessa in discussione dal-la crisi mondiale – che si sviluppa dalla finedel 2008 fino a oggi – che ha trovato, almomento, solo parziali aggiustamenti e con-tenimenti. Infatti, in tale contingenza, pre-valgono le difficoltà operative in tutti i cam-pi, le riduzioni dei finanziamenti a medio elungo termine sulle politiche pubbliche esanitarie, le incertezze di prospettiva. I temiproposti in molte assise regionali e mon-diali di questo periodo cercano di sviluppa-re aspetti già noti ma poco attuati dellepolitiche sanitarie pubbliche, come la valu-tazione di tutte le politiche (43), la dimen-sione della “salute globale” (3), le applica-zioni tecnologiche delle ITC, le valutazionidi risultati della HP. Si assiste dunque a una

fase di attesa e di incertezza che non ha ancoratrovato nuovi sbocchi e indicazioni mobili-tanti.

Globalizzazione e individualizzazio-ne: i nuovi scenari socialiCome si è detto, molti si sono chiesti se ilnuovo contesto della globalizzazione portia cambiamenti significativi nelle politichepubbliche e, fra queste, nell’azione della Pro-mozione della Salute (27, 29).I cambiamenti intercorsi negli ultimitrent’anni sono di diverso tipo. In primo luo-go demografici (la popolazione sulla terra èarrivata a superare i 7 mld), in virtù dell’al-lungamento della vita in quasi tutti i paesi,in particolare nei paesi occidentali svilup-pati, e dell’incremento demografico in moltia medio tasso di sviluppo. Ciò ha compor-tato anche un ulteriore avanzamento del-l’invecchiamento della popolazione in occi-dente. Inoltre, si sono avuti ampi sposta-menti di popolazione, prevalentemente dalsud al nord del mondo, con forti correnti mi-gratorie che hanno significativamente mu-tato lo scenario socio-culturale di moltipaesi.Si sono diffuse molte malattie trasmissibili(come l’HIV-Aids, Sars, H1N1, ecc.) fra gliesseri umani e fra gli animali (mucca pazza,aviaria, peste suina, ecc.), producendo al-larmi globali. Le “malattie della civiltà” svi-luppate in occidente si sono ulteriormenteincrementate e diffuse anche altrove, sep-pur con ritmi minori, in alcuni casi, graziea qualche limitato cambiamento dei com-portamenti nocivi (fumo, sostanze psicoat-tive, alimentazione squilibrata, ecc.).Sono peggiorati i tassi di inquinamento e icambiamenti climatici, così come gli squilibridegli ecosistemi naturali, nonostante i pri-mi tentativi di introdurre fonti energetiche

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meno inquinanti.Su piano sociale, le diseguaglianze di salutesi sono incrementate e ha avuto un anda-mento irregolare la diffusione della povertàe dell’indigenza estrema che continua ad at-tanagliare quasi un miliardo di persone.Per quanto riguarda i paesi occidentali, pro-fondi sono stati i cambiamenti economici(decentramento, terziarizzazione, precariz-zazione del lavoro, ecc.) e quelli tecnologi-ci (ITC, nanotecnologie, ecc.), ma anche letrasformazioni di costume e culturali. Fe-nomeni come la precarietà lavorativa, l’in-dividualizzazione, la multimedialità, il mul-ticulturalismo, la “liquidità” delle apparte-nenze, delle relazioni e dei percorsi di vitahanno portato a climi sociali competitivi, edo-nisti, nihilisti e ad un vistoso calo del capita-le sociale (31) e del benessere sociale [dato dallerelazioni di reciprocità e appartenenza: (22,13, 15)].Sul piano dei rapporti internazionali moltesono state le situazioni di conflitto endemi-co che hanno portato a significative diffi-coltà e diffidenze negli scambi mondiali dipopolazioni (per lavoro e turismo). Anchel’avvento di un nuovo multilateralismo (perla crescita di paesi come Cina, India, Brasi-le, ecc.), se ha portato ad incrementi degliscambi economici e del PIL mondiale, haaltresì innescato relazioni sempre più diffi-cili e poco governate a vari livelli, per cuisolo in pochi casi si sono trovati accordi (adesempio sul clima) abbastanza vasti e ade-guati.La globalizzazione si è quindi accompagnatasolo in parte ad una distensione internazio-nale capace di superare i muri e le divisionidell’epoca novecentesca e moderna. Nuoveproblematiche e conflitti internazionali si sonoaffacciati, tali da rendere difficile intervenireanche sulla mondializzazione delle malattie

o sulle nuove diseguaglianze.Molte delle politiche pubbliche – e quellepromozionali in specie – sono messe in cri-si da questi cambiamenti. In primo luogol’azione pubblica è sempre più pressata dariduzioni di spesa da una parte e da nuoveproblematiche emergenti dall’altra. Ampiele diffidenze culturali diffusesi sulla sua ca-pacità di sviluppare innovazione e buona ge-stione, per cui è pervaso un clima pregiudi-zialmente ostile all’intervento pubblico ecollettivo. Sul piano della mobilitazione del-le forze locali, in particolare associative edi “terzo settore”, se in un primo momentoesse sembravano una risposta alla crisi del-l’intervento pubblico, in seguito esse hannorisentito del sempre maggiore disinvesti-mento nei servizi e nella solidarietà orga-nizzata.L’individualizzazione ha avuto anch’essa ef-fetti ambivalenti in quanto ha fatto cresce-re le attese di una maggiore valorizzazionedelle voci e scelte personali, ma, al contem-po, è cresciuta esponenzialmente la diffe-renziazione e complessità sociale, la scarsafiducia e fragilità delle relazioni sociali, unacultura narcisistica ripiegata sul presente.I servizi socio-sanitari, a loro volta pressatidai continui tagli e ristrutturazioni che han-no adottato nuove modalità gestionali e pro-cedurali sempre più complesse e neo-cen-tralizzate, hanno avuto minore autonomiae hanno ben poco supportato la promozio-ne della salute a livello comunitario e indi-viduale.Si può quindi dire che, nel nuovo scenario,il modello di azione politico-sociale imma-ginato dalla Carta di Ottawa risulta depo-tenziato, distorto e, al contempo, sfidatoda nuove problematiche. Depotenziato inquanto le principali leve d’azione (pubbli-che e comunitarie) sono in crisi di risorse,

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autonomia, innovazione. Distorto in quan-to il nuovo soggettivismo dei “nativi digi-tali” presenta peculiari fragilità, forti carenzein termini di relazioni sociali, nuove pro-pensioni a forme di incontro mobili e menoimpegnative (social network), ma anche la di-sponibilità a mobilitazioni sostenute da in-tense correnti emozionali (5). Si affaccianoinoltre nuovi rischi per il benessere perso-nale (crisi di passaggio, depressione, stress,scompensi emozionali multiproblematici,ecc.) che escono dai canoni dello “star bene”occidentale (tutto centrato su alimentazio-ne, fitness/fisicità e attivismo) e difficoltàdi conciliare gli stili di vita “disordinati”della cultura giovanile (estesa a molte fascedi popolazione) con l’ordine e l’equilibriodella cultura della salute.Si pone quindi il problema di come rilegge-re la situazione sociale intravvedendone ine-dite potenzialità d’azione adeguate al pre-sente e al prossimo futuro.

Il ripensamento della Carta diOttawaCome detto nel primo paragrafo, nel corsodel primo decennio degli anni duemila sonostati fatti vari tentativi di ripensamento del-la PdS al fine di aderire ai nuovi canoni im-posti dallo scenario sociale neoliberale e ne-oriformista (o di “terza via”). Fra questi,quello di coloro che hanno cercato di porta-re evidenze sul contributo che la PdS avevaportato e poteva portare nel ridurre i costimedici (28). Ovviamente queste misurepotevano essere rilevate allorché i program-mi promozionali erano stati ampi, conti-nuativi e sistematici, almeno per certe fa-sce di popolazione, condizione difficile dareperire, come già si è detto. In ogni caso,essi avevano un fine principale non legatoall’efficacia, ma all’efficienza costi/benefici,

ossia alla dichiarata riduzione delle spesemediche da parte del sistema pubblico, maanche di quello assicurativo privato. Vole-vano quindi incentivare una partecipazionedelle aziende e dei fondi assicurativi all’in-troduzione di misure di health promotion neiluoghi di lavoro e nel tempo libero dei la-voratori. Inoltre, esse evidenziavano la ne-cessità di sviluppare figure professionali eorganizzazioni, anche private, che sovrain-tendessero alla gestione di tali interventi ene garantissero l’efficacia/efficienza in ter-mini di vari output.Secondo il nuovo termine introdotto nel2006 nel Glossary ufficiale dell’HP (33), perEvidence-based health promotion si intende«L’uso di informazioni derivate da ricercheformali e sistematiche volte ad identificarele cause e i fattori contribuenti (al soddisfa-cimento) dei bisogni di salute e alle più ef-ficaci azione di promozione della salute daindirizzare in contesti dati e popolazionispecifiche». Dunque, le nuove azioni vannogiustificate sulla base dei risultati preceden-ti, accuratamente vagliati secondo i meto-di standard della ricerca medica. La fase cre-ativa è così definitivamente abbandonata afavore di una legittimazione tecnica ed eco-nomica avente i crismi della “scienza dura”.Un ulteriore indizio di tale orientamentorisiede in un altro concetto introdotto nel-l’aggiornamento del Glossary nello stessoanno: quello di social marketing, che è defi-nito come «applicazione di tecnologie dimarketing commerciale all’analisi, esecuzio-ne e valutazione di programmi progettatiper influenzare il comportamento di targetdi pubblico in funzione dell’incremento delbenessere degli individui e della società»(33). Si cerca dunque di indurre attraversocampagne “promozionali/di mercato” il pro-dotto benessere nel comportamento di ben

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individuati bersagli. Si noti che non si parladi Health Communication, intesa come ana-lisi della comunicazione di salute esistente,lancio e negoziazione di messaggi adeguatialle differenze culturali e linguistiche pre-senti nella popolazione, strategie comples-se educativo-comunicative, come sostengo-no altri interpreti (21, 14, 16, 17), ma piut-tosto di comunicazione persuasiva mutuatadall’esperienza commerciale.Interessante è anche l’introduzione del ter-mine Wellness, definito «lo stato ottimale disalute di individui e gruppi», ma anche «larealizzazione del potenziale fisico, psicolo-gico, sociale, spirituale ed economico», non-ché «la soddisfazione delle aspettative diruolo nella famiglia, comunità, luogo diculto, posto di lavoro e altri contesti».Come ho cercato di mostrare, in effetti lastoria della wellness ha avuto diversi puntidi contatto alle sue origini con il movimen-to della HP (20). Molti degli attivatori deiprogrammi di buona salute hanno cercatoispirazioni plurime per cercare di uscire daun canone occidentale di “star bene” appiat-tito su una fisicità prestativa (fitness) benpoco sensibile alle dimensioni psico-relazio-nali e spirituali. Tuttavia in seguito, al mu-tare di sensibilità e clima sociale, moltedelle iniziative no-profit di wellness sonodiventate ben organizzati business, soprat-tutto nel contesto statunitense, con una cre-scita di centri, prodotti, servizi, insegnamen-ti che hanno strutturato un nuovo settoredella cultura popolare.Riflettendo su questo enorme spazio crea-tosi nell’ambito del mercato, Ilona Kick-busch (con L. Payne), per un lungo periodoa capo dell’Ufficio Europeo OMS della PdS,già nel 2003 era arrivata a proporre un si-stematico cambiamento di prospettiva ca-pace di fare incontrare la “terza rivoluzio-

ne” delle politiche pubbliche (ossia la PdS)con la “Wellness revolution” (25): «Mentrei membri della comunità della PdS discu-tono del suo futuro, essi tendono a negareuno dei maggiori orientamenti seminalidelle società moderne: la crescente priva-tizzazione della PdS. Mentre essi ancoracombattono per superare l’esistenza margi-nale all’interno del settore sanitario curati-vo, il settore privato ha intrapreso ciò cheun autore ha definito la “wellness revolu-tion” (30).» L’autrice prosegue mettendo inrilievo che il segno più evidente di tale ri-voluzione è stata l’esplosione dei media de-dicati alla salute e benessere, tanto in for-mato tradizionale quanto elettronico, maanche la costituzione di un ampio mercatoprivato di beni e servizi. In tale mercato, incui predomina la distribuzione di conoscenzaanziché di merci, «la linea di confine fracibo, integratori dietetici e prodotti farma-ceutici sta diventando difficile da traccia-re». L’analisi prosegue indicando i vari set-tori merceologici in espansione e, in parti-colare, il ruolo di quelle nuove imprese com-merciali che erano state capaci di struttura-re e vendere programmi di PdS nei luoghidi lavoro ottenendo un successo che le retipubbliche non avevano conseguito.Se dunque la commercializzazione, privatizza-zione e individualizzazione della salute sonoespressioni di ampi trend presenti nelle so-cietà contemporanee, continua la Kickbu-sch, si tratta di vedere le nuove esigenzeemergenti e farsene carico: ad esempio intermini di protezione dei consumatori dafrodi e prodotti nocivi, ma anche di svilup-po delle competenze e conoscenze degli ac-quirenti nella scelta dei prodotti e servizidisponibili. Di qua la nuova enfasi postanello sviluppo della Health Literacy del pub-blico adulto che deve fare i conti con i di-

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versi ambienti nel quale esso può reperirerisorse per la propria salute [sistema dellecure, arena politica, mercato, lavoro, casa ecomunità: (24)].Nello stesso periodo, il pensiero dell’autri-ce si focalizza sulla teorizzazione di quelleche essa chiama le “società della salute” (23).La Kickbusch argomenta che, nonostantetutti i cambiamenti, la salute è una dellecaratteristiche distintive della società con-temporanea: essa è un tema dominante deldiscorso politico e un obiettivo centrale perle persone. Le società della salute si caratte-rizzano per due macrofenomeni: l’espansio-ne del territorio della salute (soprattuttonella direzione del mercato, come si è vi-sto) e l’espansione della riflessività: «La no-stra comprensione dei determinanti dellasalute rende ovvio che ogni decisione poli-tica che un governo assume produce unimpatto sulla salute e la nostra conoscenzadei fattori di rischio implica che a livelloindividuale ogni scelta comportamentale hadelle conseguenze di salute». Si deve quindidiscutere di come portare le nuove politi-che pubbliche del 21esimo secolo «molto ol-tre ciò che avevamo intravvisto nella Carta diOttawa della Promozione della Salute».Una delle principali promotrici di quelmovimento ritiene dunque che la nuova si-tuazione porti a immaginare scenari e azio-ni profondamente cambiate. Essa ritiene chetutti i quattro domini dei sistemi di salutesi espandano, ma secondo logiche differen-ziate (salute personale, salute pubblica, sa-nità, mercato del benessere). Il tema della“medicalizzazione” e del potere della pro-fessione medica non è più centrale come inpassato: piuttosto il dibattito si è spostatosu questioni come «la responsabilità pub-blica e quella privata, la privatizzazione ela commercializzazione, la salute e la ric-

chezza, l’empowerment e la partecipazio-ne, l’inclusione e l’esclusione sociale» (23).Alcune conseguenze di tale nuovo contestosono che il ruolo dello Stato rispetto allasalute si espande fino a comprendere nuovitipi di regolazione, così come nuove formedi partnership pubblico-privato. Si porta-no, a tal proposito, gli esempi della “Heal-th in All Policies” e del lancio dell’ Europe-an Platform on Diet, Physical Activity andHealth da parte della Commissione Euro-pea che si rivolgono a un vasto gruppo diplayers di tipo pubblico, privato e no-profit.Le proposte sono quelle di accrescere gliinvestimenti passando dall’attuale media del3% del budget medio complessivo della sa-nità per prevenzione, promozione e sanitàpubblica ad un 5,5%, ma altresì di scorpo-rare questo settore da quello della medicinacurativa, possibilmente creando un ministe-ro apposito come hanno cominciato a farealcuni paesi. Tale scorporo dovrebbe eviden-ziare il contributo che la PdS può dare alraggiungimento degli obiettivi generali diuna società e dovrebbe portare questo set-tore a dotarsi di una solida infrastrutturaoperativa. Andrebbe inoltre compensatol’attuale deficit democratico rispetto allasalute e alle sue politiche attraverso un rio-rientamento della partecipazione e respon-sabilizzazione della popolazione nella gestio-ne del sistema sanitario e delle iniziativeattinenti la salute in tutti i settori.È evidente la forte portata e provocatorietàdi tale analisi che ribalta molti degli assun-ti originari della PdS sempre presentatacome una politica pubblica integrata, co-munitaria, idealista e agita dal basso. Difronte a vent’anni di resistenze e sordità delsettore pubblico, si prospetta una strada diuscita scorporando tale “azione di cittadi-nanza” dall’apparato curativo, facendola

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correre in uno spazio aperto, prevalentemen-te privato, dotandola di una propria strut-tura di supporto ben più specializzata e ro-busta rispetto a quella attuale, ma, al con-tempo, mantenendola nell’alveo dei dirittidemocratici.Non è facile dire fino a che punto tale auto-revole analisi abbia avuto seguito, dato che,come già si è anticipato, lo scenario si èulteriormente evoluto poco tempo dopol’avanzare di tali proposte in ragione dellacrisi economica che ha investito a fondo leeconomie occidentali. Ben difficilmente leproposte di tipo finanziario e politico avan-zate potevano trovare applicazione in talequadro di crisi. Esse restano come segnaledi un forte ripensamento che si è avuto fradiversi autorevoli esponenti internazionalidella PdS di fronte al nuovo contesto socia-le che sembrava destinato a durare e affer-marsi permanentemente.

Crisi economica e strategie per la sa-luteQuali indicazioni trarre dall’analisi fin quicompiuta? Sicuramente che il mutamentodi contesto va compreso e considerato. Ilrischio di andare avanti per inerzia batten-do le stesse strade degli inizi va evitato. Sideve probabilmente distinguere fra alcuni“principi ispiratori” della Carta di Ottawache sembrano mantenere validità e le stra-de per metterla in pratica. È necessario svi-luppare nuove idee guida che ispirino un’eticae un’estetica, ossia un piacere/desiderio chemotivi significativi attori sociali verso lasalute.La crisi in atto ha stimolato ripensamenti eproposte che hanno auspicato l’apertura diun nuovo quadro di riferimento. Fa questesegnalo quelle espresse da A. Tannahill, capodell’Ufficio “Evidence for Action” dell’Or-

ganizzazione Nazionale Scozzese per la cre-scita della salute. Aprendo la conferenzainternazionale “Setting the Ethical Agendafor Health Promotion” (Ghent, 2007) egliha presentato una prolusione dal significa-tivo titolo “Beyond evidence-to ethics” (34).Egli propone un modello di decision-makingin cui l’evidenza è subordinata alle scelteetiche incarnate nella promozione della sa-lute (fra queste: agire per il bene, non produrredanno, equità, rispetto, empowerment, sostenibi-lità, responsabilità sociale, partecipazione, tra-sparenza, verificabilità) ed è vagliata da op-portune proposte teoriche. Gli scopi eticistanno al vertice del triangolo decisionale(etica-teoria-evidenza) attraverso cui ven-gono assunte le scelte in campo pubblico.Questa indicazione ribalta l’idea che il sem-plice “fare”, comunque coniugato o anchescientificamente vagliato, sia adeguato esufficiente per promuovere la salute. Tan-nahill indica la strada di una ricerca eticagenerativa e preliminare per la mission e lavision delle strategie di salute, ma stimolaanche a produrre buone teorie che guidinola ricerca e progettazione applicativa.Cominciano ad emergere inoltre delle vociche protestano contro le vistose disegua-glianze della salute e contro la mercantiliz-zazione della salute, a cui la PdS non ha sa-puto e potuto mettere un argine, comeemerge dai lavori della Commissione sui De-terminanti sociali di salute (42).Un bilancio aggiornato delle strategie disalute nel corso della crisi recessiva contem-poranea si può avere esaminando il pro-gramma “Health 2020. A European policyframework and strategy for the 21st centu-ry” diffuso dall’Ufficio Europeo dell’OMSnel 2013 (44) come frutto dell’accordo dei53 Stati aderenti alla Regione. In tale docu-mento programmatico si nota un’enfasi par-

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ticolare, come forse mai in passato, sul ruoloche la buona salute assume per l’intera so-cietà, ma soprattutto per l’economia, la pro-duttività, l’innovazione: «La salute contri-buisce ad incrementare la produttività, aduna più efficiente forza-lavoro, ad un invec-chiamento più sano, a minori spese durantela malattia, oltre che ad altri benefici socia-li e a una bassa perdita di entrate fiscali». Ilsettore salute, si prosegue, è importante pergli effetti diretti e indiretti che ha sull’eco-nomia, l’occupazione, i consumi, l’innova-zione. Tuttavia, nonostante i miglioramen-ti, si deve registrare che «le diseguaglianzesi sono grandemente accresciute nelle deca-di recenti» e questo «è inaccettabile» (44).L’incremento dei costi della sanità è spessodifficile da controllare, si ammette, maquello che è peggio è che i risultati in ter-mini di diritti di salute e protezione socialepeggiorano. In particolare si sottolineano ibassi investimenti in PdS (circa il 3% delbudget complessivo della sanità nei paesiOCSE) che non sono stati in grado di con-trastare le diseguaglianze prodotte. Le tec-nologie nelle aree dell’informazione, delmarketing sociale e dei media offrono degliutili strumenti, ma non sufficienti. È dun-que necessario un grande sforzo di efficien-za e cambiamento da parte dei sistemi sa-nitari, così come un impegno coordinato didiversi attori sociali per cooperare a buonepolitiche e interventi. Dunque, bisogna ar-rivare a migliori sistemi di governance peraffrontare le nuove problematiche sociali edepidemiologiche.Al di là di alcune interessanti proposte, comequella di investire in salute adottando unmodello life-course attento alla costante va-lorizzazione delle persone o l’introduzionedel concetto di resilient community, resta ilfatto che il programma sembra lanciare un

appello ad uscire da un meccanismo che haben poco funzionato: i sistemi sanitari sisono poco riformati, hanno investito pochis-simo in prevenzione-promozione, hannomantenuto alti costi e basse performancerispetto al miglioramento della salute e be-nessere (i due termini vengono sistematica-mente usati insieme). Ciò in quanto le poli-tiche hanno ben poco governato i processiottenendo effetti recessivi anche in campoeconomico. In altri termini: le intuizioni dellaPdS erano giuste e avrebbero potuto portare fortibenefici, ma non si sono attuate.Vi è ora spazio per un ripensamento? Dal-l’interno della crisi attuale si direbbe di no,ma è possibile che la prospettiva cambi nelcorso del decennio. Difficile immaginaregoverni che facciano scelte di reinvestimen-to e di forte governance, così come attoricollettivi che assumano una leadership pre-mendo sugli stessi. È forte quindi il rischiodi stallo e avvitamento.

Idee generative per una riforma delcontinuum di saluteSi è visto che l’accomodamento della PdSagli andamenti economici neo-mercatisti eneo-riformisti ha portato a proposte diffi-cilmente giustificabili, come quelle dellascissione fra salute e sanità. Resta di fattoche la salute necessita di essere “promossa”in molti modi e in tutte le situazioni an-dando molto al di là dei confini della sani-tà; che, inoltre, la sanità pubblica si è fattacarico finora in modo molto limitato e ri-duttivo di tali problematiche. L’esperienzadei Piani di salute-Piani di zona (ora unifi-cati), sviluppati in alcune Regioni e territo-ri in Italia, sembrava essere una via d’uscitaa tale difficoltà attraverso il coinvolgimen-to del terzo settore (15), ma essi non sonostati certamente sufficienti e mobilitanti.

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Nonostante i limiti attuativi, la PdS ha an-cora molte ragioni che ne giustificherebbe-ro gli investimenti, ma essa andrebbe inse-rita in un nuovo quadro di azioni e struttu-re coordinate. Essa deve tornare a risultarecoinvolgente e mobilitante, oltreché capa-ce di dare risposte alle nuove problemati-che (demografiche, epidemiologiche, sociali)emerse nel frattempo. Cercherò qui di avan-zare alcune riflessioni in merito, senza ave-re l’ambizione di esaustività.In primo luogo, l’analisi della Kickbusch,pur discutibile nelle soluzioni proposte, parecogliere un punto forte dell’assetto contem-poraneo: la costituzione di “società dellasalute”, cioè di assetti sociali che fanno del-la salute (e della sua strutturazione organiz-zata) un riferimento d’interesse generale edi “tenuta” di una società. I fenomeni dicommercializzazione e individualizzazionevanno visti allora non come tendenze ine-luttabili, ma come ricerca di spazi ulterioriche lo standard sanitario non riesce a rag-giungere e promuovere, in primo luogo perla ristrettezza del suo sguardo centrato suldanno da riparare. Per uscire da tale stret-toia, non pare sufficiente affidarsi al merca-to, ma piuttosto è possibile puntare su pro-getti con un radicamento comunitario e in-sieme operativamente ben attrezzati. In al-tri termini, si tratta di incentivare attori/imprenditori no-profit capaci di farsi col-lettori e sviluppatori di reti e iniziative peril benessere in specifici territori. Ciò è pos-sibile trovando forme di gestione che me-dino fra pubblico e privato, che evidenzinola necessità – e direi la bellezza – del farecomune per ottenere risultati diffusi. Ciò

può avvenire col sostegno di opportuni in-centivi e attivatori d’impresa costituiti daEnti locali, regionali o nazionali. Le reti chepossono collocarsi intorno a tale nucleo or-ganizzativo possono coinvolgere societàsportive dilettantistiche, operatori delle pra-tiche non convenzionali, centri di aggrega-zione giovanili e così via. Con i modi op-portuni, anche aziende di vari settori affinial benessere possono essere portate a colla-borare.La società della salute si sviluppa sulla basedi idee generative etiche, estetiche, opera-tive. Una di queste, emersa in questi anni,è quella della salute come “bene comune”.Non si tratta però di scrivere proclami ide-ologici ma di dare evidenza ad una realtàoggi sommersa: per star bene, è necessariaun’azione cooperativa, fatta insieme1. È ne-cessario partire da un accordo che la saluteè un diritto da tutelare, ma insieme unaresponsabilità di ciascuno. Inoltre la saluteè frutto di una cura reciproca senza la qualesi vanifica in una serie di consumi e prati-che che rischiano la dispersione e l’ineffica-cia. Non basta tuttavia dire che la “Salute èun bene comune” in quanto è anche un benepersonale e un fascio di relazioni con gli al-tri e l’ambiente. Abbiamo quindi bisognodi ricorrere a concetti triadici: ad es. quellodi Cooperazione-Libertà-Cura (19) o, in al-tri termini, di salute come un benfare comune-personale-relazionale. Il “comune” non coin-cide con il pubblico-statale, ma con una vi-sione generale che si traduce in consenso ecapacità operativa.La fase generativa della PdS ha insegnatoche la salute-benessere è un costrutto dina-

1 È in questa direzione che sembra andare il documento “Salute e sanità come beni comuni: per un nuovo sistemasanitario” redatto dalla Fondazione Angelo Celli (7) che sottolinea appunto che la salute non deve essere intesacome un “possesso pubblico”, ma come un fare insieme che richiede forme partecipate di gestione.

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mico, interagente con l’ambiente sulla basedi un assetto personale soggetto a cambia-menti e apprendimenti. La salute non puòessere assimilata ad uno “star bene” distin-to e polarizzato rispetto alla malattia, mapiuttosto va vista come una condizione vi-tale che si dispiega in tutte le età e situazio-ni nel corso della vita. Benessere e malesse-re, agio e disagio, star bene e star male sialternano, si rimandano, coesistono e han-no bisogno ambedue di cura, in molte for-me, ma con una precisa attenzione respon-sabile verso di sé e verso gli altri. L’equili-brio salutare solo in parte può essere tenutosotto controllo (come aspirano tutte le po-litiche), ma con esso si può interagire attra-verso un’attenzione responsabile, chiamatacura, che usa tutte le risorse disponibili perottenere i migliori benefici per il soggettostesso nelle varie condizioni e fasi di vita.Per questo la promozione non deve essere di-sgiunta dalla cura, intesa non in senso me-ramente tecnico, ma come impegno atten-to e responsabile a difendere, promuovere,ristabilire il benessere. Un impegno che sidispiega, quando necessario, anche affron-tando le difficoltà poste dalla malattia (resi-lienza), cercando di mantenere salda e vivala dignità personale fino che c’è possibilitàdi una “vita buona”.Per la cura della salute si deve ragionare suun continuum di pratiche che va dalla cura disé, alla promozione della salute, all’inter-vento medico-sanitario a varia intensità,fino alla riabilitazione, alle cure palliative eall’assistenza nelle fasi terminali. È bene cheuna struttura unica sovraintenda a questipercorsi, ma con il concorso e la responsa-bilità di diversi attori, e in primis della per-sona-nel-proprio-ambiente. La PdS è dun-que uno spazio attivo che opera in sinergiacon la cura di sé da una parte e con l’assi-

stenza primaria dall’altra.Nelle varie fasi della vita i compiti dellapromozione della salute cambiano: in in-fanzia-adolescenza è importante avviare cia-scuno alla cura di sé attraverso un significa-tivo e costante investimento educativo, maè anche importante dare adeguate opportu-nità ambientali per coltivare pratiche salu-tari e per proteggersi dai rischi. La preven-zione cerca di percepire e cogliere i diversirischi possibili, ma si deve muovere in modopromozionale stimolando sia a cercare unequilibrio salutare sia anche a fare i conticon le minacce e le difficoltà della vita. Vadunque superata l’idea che la promozionesia solo “salute in positivo”: piuttosto curadi sé socialmente assistita che comprende i pri-mi rudimenti di scelta e resilienza di fronteai rischi e alle minacce per il benessere pro-prio e altrui. La cura di sé si distingue net-tamente dal narcisismo e ripiegamento au-tocelebrativo. Come ho cercato di mostra-re (18), essa va di pari passo con la cura de-gli altri, degli esseri viventi, dell’ambienteda assumere all’interno di un forte e siste-matico percorso educativo.L’età adulta ha più capacità di promuoverela salute in presenza di informazioni aggior-nate e di sostegni/opportunità ambientali.Vi sono però informazioni fuorvianti, bassacapacità di alcune fasce di popolazione, pervari motivi, risorse non agibili (per man-canza di mezzi o per modelli culturali nonadeguati). La PdS deve poter agire in ter-mini di comunicazione sociale per tutti (for-nendo risorse informativo-comunicative diriferimento), di sviluppo di risorse locali (so-stenendo iniziative opportune di agenzielocali, come si è detto), di formazione e af-fiancamento per le fasce con maggiori diffi-coltà. Le strutture della primary care devonopoter essere interlocutori di tali iniziative,

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e soprattutto agire per valorizzare la self-care personale e di gruppo nella gestione deipiccoli mali e delle patologie cronico-dege-nerative insorgenti.La terza età s’intreccia con la tarda maturitàe vede diversi stadi di passaggio. La capaci-tà di gestire il proprio benessere e i proprilimiti funzionali deve ricevere nuovo im-pulso di fronte ai bisogni e alle difficoltàcrescenti. La gradualità degli interventi puòpermettere di guadagnare diversi anni inbuona/accettabile salute se si accompagnacon un’adeguata “salute promossa” nel quo-tidiano. Sono necessarie forme di affianca-mento dei soggetti e delle famiglie capacidi consigliare e limitare le degenerazionifunzionali. Successivamente è possibile pas-sare a forme di sostegno che permettano dicontrastare gli effetti più deleteri delle pa-tologie cronico-degenerative mantenendo lepersone nei propri ambienti di vita quantopiù a lungo possibile in modi sostenibili perle famiglie. L’assistenza domiciliare e lecure primarie dovrebbero essere messe ingrado, con opportune riforme, di sovrain-tendere a tali fasi contando non solo su ri-sorse proprie ma anche su quelle familiari eassociative.Nel complesso la PdS non solo ha ragionedi esistere, ma può ampliare il suo raggiodi intervento senza tuttavia aspirare ad unapresenza totalizzante. Il mercato continue-rà ad avere propri spazi, che tuttavia an-dranno regolati grazie ad interventi delleassociazioni di difesa dei consumatori e adun’opportuna legislazione che nasce dal-l’esperienza.Nuova attenzione va portata all’area dellepratiche non convenzionali che possono essereutilmente coinvolte per una gestione softdei piccoli mali e per la promozione delbenessere (si pensi allo yoga, allo shiatsu,

all’agopuntura, ecc.). Esse possono arricchirela cura di sé e la promozione della salute (8,10) senza essere pensate e vissute come “al-ternative” alla cura medica (che tuttavia puòassumere un atteggiamento più prudente emeno invasivo in diverse situazioni).Questo programma d’azione implica un’or-ganizzazione e professionalizzazione di alcuninuclei centrali e periferici della promozione, ca-paci soprattutto di animare vaste reti localie campagne nazionali. Competenze proget-tuali, comunicative e organizzative devonoessere affiancate da quelle di nuove figuretecniche psico-socio-sanitarie capaci di pro-muovere e sostenere le competenze per lacura di sé interfacciando le risorse ambien-tali (ad es. le associazioni sportive e gli spa-zi per attività fisiche), le opportunità dellepratiche non convenzionali e i percorsi diprimary health care.Un nuovo investimento è possibile se si potràsostenere che il cambio di passo può darefrutti operando in modo meno dispersivoche in passato, costituendo primi nuclei diriferimento pluriprofessionali che finora nonci sono stati. Le possibilità di uscita dallacrisi economica vanno colte attraverso unadeguato programma di riforma del settoreche non disgiunga promozione e cura ma leripensi entrambi e le intrecci, dando tutta-via alla promozione quell’autonomia e quellegambe operative che non ha avuto finora.Essa deve poter testimoniare concretamen-te che salute e cura sono un compito perso-nale, relazionale, comune che s’interfacciacon le strutture socio-sanitarie.Queste devono perdere la propria autorefe-renzialità, essendo in grado di facilitare, abi-litare e sostenere soggetti e comunità, comegià diceva la Carta di Ottawa. La nuovastruttura di assistenza primaria (in partico-lare le costituende Case della salute) ha, in

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questa direzione, un ruolo importante diraccordo e mediazione, non limitandosi adessere solo un presidio decentrato dellamedicina “hard”.In conclusione, il cambiamento di contestodeve stimolare non un adeguamento carat-terizzato dal seguire le tendenze alla fran-tumazione sociale e individualizzazionespinta (fonti di diversi nuovi rischi sociali,come si è detto), ma piuttosto esso deveessere governato attraverso la capacità di“dare senso” alla salute attraverso significa-tive scelte etiche ed estetiche sostenute daun’adeguata organizzazione operativa. Lepromesse della PdS hanno ancora una ra-

gione forte dalla loro, soprattutto in unasocietà che continua a guardare alla salutecome un grande albero piantato nel campocomune che deve mantenersi saldo, frondo-so e fruttifero. Tuttavia essa opera contro-corrente rispetto all’efficientismo economi-co di breve periodo e al consumismo edoni-stico, ma spesso anche rispetto alle tenden-ze produttivistiche e autoreferenziali dei si-stemi sanitari. Un cammino non facile, peril quale trovare alleanze e punti forti nel-l’immaginario collettivo, ma per cui c’èancora spazio e possibilità.

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Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute,vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Core competencies per gli operatori della promozione dellasalute. Risultati del Progetto Europeo CompHPCore competencies for professionals in health promotion. Results of the EuropeanProject CompHP

Giancarlo Pocetta, Patrizia Garista, Erika Maria Pace, Alessandra Sotgiu, PaoloContu

Giancarlo PocettaCentro sperimentale per l’educazione sanitaria, Università degli studi di Perugia

Patrizia GaristaCentro sperimentale per l’educazione sanitaria, Università degli studi di Perugia

Erika Maria PaceCentro sperimentale per l’educazione sanitaria, Università degli studi di Perugia

Alessandra SotgiuUniversità degli studi di Cagliari

Paolo ContuUniversità degli studi di Cagliari

Parole chiave: promozione della salute, competenze, valutazione, accreditamento, formazione, CompHP,IUHPE

RIASSUNTOObiettivi: il Progetto CompHP si è proposto di elaborare uno schema delle competenze di base che glioperatori coinvolti stabilmente nella promozione della salute dovrebbero dimostrare di possedere pergarantire azioni efficaci, eticamente sostenibili ed eque. In parallelo con l’elaborazione delle competenze,CompHP si è proposto di costruire un sistema di valutazione e di accreditamento volontario sia dei singoliprofessionisti della promozione della salute che dei corsi di laurea e post lauream destinati a formare taliprofessionisti.

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Core competencies per gli operatori della promozione della salute. ...

Il Contesto“The practice of contemporary health promotion isinformed by decades, if not centuries, of methods ofworking with communities, policymakers and otherprofessionals to empower people to have more controlover the factors that influence and impact upon theirhealth. The field of health promotion has evolvedover time, though an articulation and delineationof what we now think of as the profession or prac-tice of health promotion is relatively recent.Awareness of the principles, best practices, and thevalues that underpin health promotion are criti-cal to an efficient and effective delivery of healthpromotion activity. As clever and good-intentio-ned as we may be, there is still a need for structureto ensure that health promotion training is well-grounded in evidence; and is consistent, professio-nal, and comprehensive. If we are to build capa-city to promote health, we must have frameworksfrom which to work and standards by which we

Metodi: l’approccio seguito da CompHP si è sviluppato attraverso i seguenti metodi: ampia ricercabibliografica internazionale, gruppi di lavoro tra i membri del progetto, consultazione di esperti (FocusGroup, DELPHI), studi di fattibilità sul campo.Risultati: Sono stati elaborati tre documenti relativi, ciascuno, alle tre aree di lavoro: core competencies,standard di valutazione, sistema di accreditamento.L’articolo si propone di illustrare i risultati ottenuti da CompHP discutendoli alla luce della più recenteesperienza italiana.

Key words: health promotion, skills, assessment, accreditation, training, CompHP, IUHPE

S U M M A RYObjectives: the project CompHP it was proposed to develop a framework of basic skills that operatorsregularly involved in health promotion should demonstrate to ensure effective action, ethically sustainableand equitable. In parallel with the development of skills, CompHP it was proposed to build a system ofevaluation and accreditation is voluntary individual professionals health promotion courses in undergraduateand postgraduate degree designed to train these professionals.Method: the approach followed by CompHP was developed through the following methods: largeinternational bibliographic research, working groups from among the members of the project, expertconsultation (Focus Group, DELPHI), feasibility studies in the field.Results: we developed three texts , each of the three areas of work: core competencies , standards of evaluation,accreditation system. The article aims to present the results obtained from CompHP discussing them in thelight of more recent Italian experience.

measure our efforts.”(1)Michael Sparks Presidente dell’Unione Inter-nazionale per la Promozione della Salute(IUHPE) mette bene in evidenza che la stra-ordinaria evoluzione sia in termini teorici cheoperativi della Promozione della Salute a li-vello mondiale richiede un “in più” di com-petenza da parte dei professionisti che se neoccupano e che il sistema formativo a livellouniversitario e post universitario aggiorni leproposte formative in modo da corrisponde-re a questa esigenza.In questo articolo, daremo conto in sintesidei risultati e dello stato di avanzamento diun progetto europeo, al quale l’Italia sta par-tecipando con il Centro Sperimentale perl’Educazione Sanitaria di Perugia ed il Dipar-timento di Sanità Pubblica dell’Università diCagliari, volto a definire il nucleo delle com-petenze di base degli operatori, sanitari e non,

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della Promozione della Salute, a migliorarel’offerta formativa e, infine, come conseguen-za, a sviluppare un sistema di accreditamen-to tra pari degli operatori (2).In anni recenti, alcuni avvenimenti hannosegnato il contesto italiano in modo da ren-dere rilevante il tema delle competenze edella formazione della salute anche nel no-stro Paese. Il primo è l’approvazione del Pro-gramma Nazionale “Guadagnare Salute.Rendere facili le scelte salutari” il cui obiet-tivo primario è declinato nel modo seguen-te: “agire in modo integrato e coordinato suiquattro principali fattori di rischio modifi-cabili (fumo, alcol, scorretta alimentazionee inattività fisica) che sono responsabili dasoli del 60% della perdita di anni di vita inbuona salute in Europa e in Italia. Questi fat-tori di rischio devono essere affrontati nonsolo dal punto di vista sanitario ma comeveri e propri fenomeni sociali” (3). Questadichiarazione e gli atti successivi, principal-mente gli accordi con le Regioni e le Provin-ce Autonome e i Protocolli d’intesa dal Mi-nistero della Salute con altri Ministeri ed entipubblici e privati a vario titolo coinvolti nellearee d’intervento identificate dal Program-ma esplicitano l’adesione delle politiche perla salute del nostro Paese ai criteri di inter-settorialità, multidisciplinarietà, centraturasulla comunità, che sono fattori di ricono-scimento e qualificazione delle azioni di Pro-mozione della Salute. Il secondo momentoimportante dal punto di vista dell’incardina-mento della Promozione della Salute nellepolitiche per la salute in Italia è rappresenta-to dall’iter dei Piani di Prevenzione che sep-pure con molte incertezze e ambiguità tut-tavia hanno il pregio di collocare la Promo-zione della Salute nel pieno della program-mazione sanitaria del nostro Paese coinvol-gendo la piena responsabilità politica delle

Regioni e Province Autonome nell’adottarequesta strategia. Tutto ciò sta implementan-do il “sistema” della Promozione della Salu-te in Italia nel quale svolgono un ruolo im-portante anche i sistemi di sorveglianza chein parallelo sono stati attivati e si vanno sta-bilizzando: PASSI, OKKIO ALLA SALUTE,PASSI D’ARGENTO insieme ad una plateadi altri “attori” di cui vale la pena citare comeesempio i grandi network di Promozionedella Salute, espressione di un’adesione ita-liana ad iniziative di respiro internazionale,quali la Rete degli Ospedali promontori disalute (4), oppure la Rete delle Scuole chepromuovono salute (5) fino all’ultima inizia-tiva della Rete Italiana delle Culture per laSalute che raccoglie adesioni di enti e profes-sionisti del territorio.Questi avvenimenti esplicitano, in qualchemodo, quella “domanda” di competenze inPromozione della Salute richiamata da M.Sparks la quale va oltre il settore sanitarionon considerando l’amplissima quantità diintervento collocati in settori diversi da quellosanitario come l’ambiente scolastico, quellodel sociale, ecc. Un quadro molto rappre-sentativo del panorama italiano della Pro-mozione della Salute dal punto di vista del-l’operatività è stato recentemente offerto dallaManifestazione Nazionale del Programmasvolta a Venezia nel Giugno 2012 (6). E’ ab-bastanza consequenziale affermare che talequantità di impegno istituzionale, politico,amministrativo, organizzativo sulla Promo-zione della Salute cui si accompagna un al-trettanto cospicua movimentazione di risor-se, richieda via via modelli formativi sem-pre più appropriati per produrre operatorisempre più qualificati.L’ambito formativo rappresentato dall’Uni-versità, dai corsi post laurea e dalla forma-zione continua, costituisce, insieme a quello

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Core competencies per gli operatori della promozione della salute. ...

dell’organizzazione dei servizi, la dimensio-ne delle risposte ed in questo ambito si col-loca il contributo portato dal Progetto Euro-peo “Developing Competencies and ProfessionalStandards for Health Promotion Capacity Buil-ding in Europe (CompHP) (7)”.

CompHP: una visione d’insiemeIl progetto CompHP, iniziato nel 2009 egiunto oggi alla sua fase pilota, vede la par-tecipazione di 24 Paesi coordinati in una pri-ma fase dall’Università di Galway (Irlanda) esuccessivamente dall’Ufficio Europeo del-l’IUHPE.CompHP si propone alcuni obiettivi rilevantiper lo sviluppo professionale del settore del-la Promozione della Salute, ovvero (3):A.la comprensione condivisa ed il consenso

sulle competenze di base richieste per lapratica della Promozione della Salute ed iprocessi educativi e formativi ad essa col-legati,

B. a partire dalle competenze, sviluppare unset di standard che supportino i processi,di livello europeo, di costruzione delle ca-pacità professionali in Promozione dellaSalute,

C. costruire un sistema di accreditamentovolontario tra pari validato a livello na-zionale e gestito dall’Unione Internazio-nale per la Promozione della Salute e l’Edu-cazione alla Salute (IUHPE) che supportigli organismi nazionali nell’accreditamentodei professionisti e dei provider della for-mazione (di base e post laurea) utilizzan-do criteri condivisi,

D.sviluppare/migliorare la formazione di basee post laurea in Promozione della Salutein Europa sulla base della comprensione

comune delle competenze di base e deirelativi standard che dovranno essere in-corporati nei curricula accademici,

E. la promozione dello sviluppo professiona-le e delle buone pratiche in Promozionedella Salute attraverso il coinvolgimentodei professionisti e degli organismi pro-fessionali nello sviluppo degli standard diqualità e dei sistemi di accreditamento,

F. sviluppare la cooperazione ed il coordina-mento delle azioni di Promozione dellaSalute e della formazione a livello euro-peo attraverso un processo attivo di con-sultazione e diffusione che conduca ad unaqualità migliore delle pratiche basate sucompetenze e standard condivisi.

La strategia del CompHP si articola su alcu-ne aree chiave che esprimono anche l’orien-tamento verso una formazione adeguata al-l’attuale panorama della Promozione della sa-lute in Europa e a livello nazionale:- una precisa definizione dei destinatari- l’articolazione in competenze- la valutabilità della formazione- il riconoscimento pubblico/professionale

delle competenze e il lavoro.

I destinatariLe competenze di base del progetto Com-pHP sono destinate in primo luogo agli ope-ratori la cui funzione lavorativa principale èla Promozione della Salute e che hanno unaformazione superiore in questo settore: “unapersona in possesso di laurea o di un titolopost laurea in Promozione della Salute o unadisciplina correlata, il cui ruolo e funzioneprincipale sia quella di promuovere la salutesecondo i principi della Carta di Ottawa1 (2):- costruire una politica pubblica per la salute

1 Ad esempio: sanità pubblica, psicologia, epidemiologia, sociologia, scienze dell’educazione, comunicazione,scienze ambientali, sviluppo di comunità, urbano e rurale, scienze della politica. Questo, nonostante l’ampiez-za, non è un elenco esaustivo ma lascia aperta la possibilità di essere coinvolte anche ad altre discipline.

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- creare ambienti favorevoli- dare forza all’azione della comunità- sviluppare le abilità personali- riorientare i servizi sanitariSebbene quindi i curricula formativi e le qua-lifiche professionali nei diversi Paesi dell’Unio-ne possano non includere sempre il termine“Promozione della Salute”, le competenze dibase sono state elaborate per essere appropria-te per quei professionisti il cui ruolo riflette ladefinizione e i principi della Carta di Ottawa.Ad essi è dunque indirizzata una formazionedi base e specialistica specifica ed un processocontinuo di aggiornamento professionale permantenere quella particolare combinazione di“conoscenze” e “abilità” richieste per azioniefficaci e sostenibili.

Il sistema delle competenzeIn CompHP, competenza vuol dire “la com-binazione di risorse interne possedute, adesempio conoscenze, abilità, capacità ed at-titudini che l’individuo necessita per mette-re in pratica un insieme di compiti ad unostandard appropriato” (2).La scelta strategica di elaborare un sistema

basato sulle competenze per contribuire alladefinizione ed allo sviluppo di un’area pro-fessionale deriva da una serie di potenzialiricadute positive. Un sistema di questo tipoha la capacità di:- supportare lo sviluppo futuro della forma-

zione di base e specialistica dei professio-nisti coinvolti,

- supportare un’efficace e sostenibile proget-tazione, implementazione e valutazionedella formazione continua degli stessi,

- attivare sistemi di accreditamento e mi-glioramento continuo della qualità degliinterventi,

- consolidare la definizione dei contenuti di-sciplinari e operativi di un ambito profes-sionale,

- dare conto, in modo pubblico, della quali-tà delle prestazioni professionali e dell’usodelle risorse.

La definizione dei domini di competenza pro-fessionale in Promozione della Salute rappre-senta quindi il fulcro dell’elaborazione diCompHP e la figura seguente sintetizza idomini per ciascuna delle quali esse sono stateelaborate.

Figura 1: Il quadro delle competenze formulato dal Progetto CompHP (4)

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Core competencies per gli operatori della promozione della salute. ...

Rendere Possibile il Cambiamento Rendere possibile che individui, gruppi, comunità eorganizzazioni costruiscano capacità per le azioni di Promozione della Salute al fine di migliorarela salute e ridurre le disuguaglianze di saluteSostegno per la Salute Promuovere e sostenere pubblicamente le idee, insieme e per conto diindividui, comunità e organizzazioni, per il miglioramento della salute e il benessere e per svilupparele capacità necessarie per le azioni di Promozione della SaluteMediare attraverso il Partnerariato Lavorare in modo collaborativo tra diverse discipline,settori e partner per rafforzare l’impatto e la sostenibilità delle azioni di Promozione della SaluteComunicazione Comunicare efficacemente le azioni di Promozione della Salute utilizzando tecnichee tecnologie appropriate per diversi tipi di pubblicoLeadership Contribuire allo sviluppo di una visione condivisa e di un orientamento strategicoverso l’azione di Promozione della SaluteAnalisi Condurre un’analisi dei bisogni e delle risorse, in collaborazione con gli stakeholder, nelquadro dei determinanti politici, economici, sociali, culturali, ambientali, comportamentali e biologiciche promuovono o compromettono la salutePianificazione Sviluppare, in collaborazione con gli stakeholder, in base all’analisi di bisogni ealle risorse, finalità e obiettivi di Promozione della Salute misurabiliImplementazione-Attuazione Implementare, in collaborazione con gli stakeholder, azioni diPromozione della Salute efficaci, efficienti, etiche e culturalmente sensibiliValutazione e Ricerca Utilizzare metodi di valutazione e di ricerca, in partenariato con isoggetti interessati, per determinare l’impatto, la portata e l’efficacia dell’azione di Promozionedella Salute

I Valori Etici e le Conoscenze in Promozionedella Salute sono presentati come il centro ditutte le azioni in Promozione della Salute ne-gli altri nove domini. I Valori Etici sono fon-damentali per le azioni in Promozione dellaSalute e formano il contesto in cui tutte lealtre competenze vengono praticate. Essi in-cludono: equità, giustizia sociale, rispetto perl’autonomia e la scelta, di individui e di grup-pi, di processi di lavoro che si basano sullacollaborazione e consultazione (2). A sua vol-ta, il dominio delle Conoscenze in Promozio-ne della Salute descrive le competenze di baseed i principi che caratterizzano l’attività inPromozione della Salute. Le conoscenze chia-ve richiedono che un operatore in Promozio-

ne della Salute si avvalga di conoscenze mul-tidisciplinare in concetti chiave, principi, teo-rie e ricerche in Promozione della Salute e l’ope-rabilità in campo di essi (2).Gli altri nove domini, elencati nella tabelladi seguito (2), si riferiscono ad aree specifi-che di pratica in Promozione della Salute2.L’elaborazione di specifiche formulazioni dicompetenze all’interno di queste aree rappre-senta lo sforzo di elaborazione più produtti-vo attuato nel Progetto CompHP ed ha ri-chiesto un lungo lavoro di ricerca e di co-struzione del consenso tra i partecipanti alProgetto, e tra questi e numerosi stakehol-der di diversa estrazione nazionale. In sinte-si, per ciascuna area è stato elaborato un elen-

2 La tabella che segue come le successive riportano la traduzione dei rispettivi testi fatta a cura degli autori diquesto articolo

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co di criteri che articolano il concetto prin-cipale e che rappresentano anche la base delprocesso di (auto) valutazione sia dei profes-

sionisti che dei percorsi formativi. La tabellaseguente mostra l’articolazione del dominiorelativo alla Leadership (2).

La valutabilità delle competenze: gliStandard professionaliSulla base dell’articolazione delle competen-ze il CompHP ha dunque elaborato un ap-proccio valutativo costituito dagli standardche esplicitano ciò che il professionista devepossedere in termini di conoscenze e abilità.Per il CompHP “standard” è: “a technicalspecification or other precise criteria designedto be used consistently as a rule, guideline,or definition” (8). Il CompHP, come proget-to Europeo, accoglie le diverse prospettivecon cui in Europa sono delineati i sistemi diqualificazione delle competenze i quali com-prendono sistemi in cui le performance pro-fessionali sono strettamente dettagliate eanche sistemi con formulazioni più generaliche descrivono i contenuti di un apprendi-mento. Per sintetizzare questi diversi siste-

5. LeadershipContribuire allo sviluppo di una visione condivisa e di un orientamento strategico verso l’azionedi Promozione della Salute.Un operatore in Promozione della Salute è in grado di:5,1 Lavorare con i portatori di interesse (stakeholders) per concordare una visione con-divisa e una direzione strategica per l’azione di Promozione della Salute5,2 Utilizzare capacità di leadership che promuovano l’empowerment e la partecipa-zione (considerando il lavoro di gruppo, la negoziazione, la motivazione, la risoluzionedei conflitti, il processo decisionale, la facilitazione e la risoluzione dei problemi)5,3 Lavorare in rete e motivare i portatori di interesse nel guidare il cambiamento permigliorare la salute e ridurre le disuguaglianze5,4 Incorporare nuove conoscenze per migliorare la pratica e rispondere alle sfide emer-genti nella Promozione della Salute5,5 Contribuire alla mobilitazione e alla gestione delle risorse per le azioni di Promo-zione della Salute5,6 Contribuire all’apprendimento organizzativo e di gruppo per promuovere l’azionedi Promozione della Salute

mi di qualificazione, il CompHP ha adotta-to la proposta dello Europea QualificationFramework che gli standard si basino su esitidi apprendimento rappresentati da: Knowle-dge (teoriche e fattuali), skills (sia l’uso delpensiero logico, intuitivo e creativo nonchéle capacità pratiche e di metodi, tecniche estrumenti), competence come esercizio di re-sponsabilità ed autonomia (9). Lo standardquindi può facilmente prestarsi ad una(auto)valutazione utilizzabile a diversi livel-li: il singolo professionista che ha uno stru-mento di pianificazione della carriera profes-sionale anche in riferimento alla mobilità la-vorativa, gli ordini e gli organismi profes-sionali che vi trovano la possibilità di svilup-pare processi di valutazione della qualità pro-fessionale, dei “datori di lavoro” (AziendeSanitarie, ad esempio) che hanno uno stru-

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Core competencies per gli operatori della promozione della salute. ...

mento di sviluppo della qualità delle presta-zioni di Promozione della Salute ed anche diorientamento nel reclutamento e nella ge-stione della mobilità interna degli operatoridi Promozione della Salute ed infine e altret-tanto importante, i cittadini stessi e le co-munità coinvolte nelle azioni di Promozio-ne della Salute. Gli standard quindi hannouna doppia valenza: definiscono il perimetrodella “professione” di promotore di salute enello stesso tempo sono alla base di un per-corso di tipo valutativo. A titolo di esem-pio, di seguito proponiamo una nostra tra-duzione degli standard relativi ad uno dei 9domini di competenza, la leadership.

Il riconoscimento pubblico/profes-sionale delle competenze e il lavoroIl sistema basato sulle competenze ha quindilo scopo di descrivere le capacità fondamen-tali necessarie a generare una pratica efficacein Promozione della Salute. Nel contesto delCompHP sono state usate non solo comebase per sviluppare i relativi Standard Pro-fessionali ma anche per indicare una strate-gia che, tenendo conto delle caratteristichedei sistemi vigenti nei diversi Paesi e dellecondizioni professionali di ciascuno, permettadi costruire percorsi di Accreditamento Pro-fessionale tra pari, condivisi a livello Pan Eu-ropeo. Allo stesso modo di altri contesti pro-fessionali, l’accreditamento tra pari è in-teso come uno strumento atto a facilitare larealizzazione di processi virtuosi di Miglio-ramento Continuo della Qualità professio-nale.Su questo si appoggia il terzo livello del pro-getto CompHP, ovvero la definizione di unpercorso formale di accreditamento e che ri-guarda tanto gli operatori della Promozionedella Salute quanto l’offerta formativa (v.pagine seguenti Figg. 2 e 3).

Dalle competenze e degli standard si è co-struito un sistema di accreditamento per laformazione e la professione del promotoredi salute, condiviso a livello internazionale.In realtà i due sistemi si incrociano fra loro,in quanto un professionista che possiede unbackground formativo accreditato, ha una viapreferenziale di accreditamento.

L’accreditamento dei professionistiL’accreditamento di un singolo professioni-sta è una ‘registrazione’ che attesta le com-petenze in base al livello di istruzione, espe-rienza di lavoro, sviluppo professionale con-tinuo o combinazioni di questi elementi.Esistono due differenti accessi all’accredita-mento individuale:1) un “Health Promotion Practitioner” con

laurea (Bachelor o Master) di un corso dipromozione della salute accreditato nel-l’ambito dell’accreditamento IUHPE, supresentazione della prova di laurea;

2) un “Health Promotion Practitioner” conlaurea (Bachelor o Master) di un corso dipromozione della salute non accredita-to nell’ambito dell’accreditamentoIUHPE o un corso in altra disciplina rile-vante, con un minimo di 2 anni di espe-rienza di lavoro e pratica in promozionedella salute nei precedenti cinque anni. Gliaspiranti dovranno dimostrare di soddisfarei criteri compilando un modulo di auto-valutazione e fornendo le opportune refe-renze.

L’accreditamento dell’offerta for-mativaL’accreditamento di un Corso di Laurea è una‘registrazione’ che certifica che il corso for-nisca agli studenti delle competenze in baseal programma curriculare, esperienza sulcampo (tirocini, etc.), capacità professionali.

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Standard relativi alla Leadership

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Possiamo suddividere l’accreditamento tracorsi completi (cioè quelli che consentono ilprimo accreditamento di laureati), i qualidevono ricoprire tutti i domini definiti dalCompHP e dimostrare come il contenutodel corso permetta agli studenti di soddisfa-re i criteri di performance (ad esempio risul-tati di apprendimento) secondo gli standarddefiniti dal CompHP.Gli enti formatori devono fornire la prova diriconoscimento/accreditamento nell’ambitodel sistema di assicurazione/accreditamentodi qualità dell’istruzione in vigore nel loro

paese (10).Va sottolineato che ad essere accreditati altermine del processo, non sono gli enti for-matori (es. le università) ma i singoli corsi distudio (Bachelor o Master).Attualmente è in corso la fase pilota di ac-creditamento che coinvolge 20 professioni-sti a livello europeo, suddivisi tra diversi pa-esi europei e due corsi di laurea.Al termine di questa fase di accreditamento,si introdurrà la procedura su larga scala a li-vello internazionale.Tale sistema di accreditamento ha introdot-

Fig.2 - Schema del processo di accreditamento dei singoli professionisti

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to un discorso di riconoscimento della quali-tà del professionista e della formazione cheha incontrato molto interesse anche al di fuoridel progetto CompHP.

In conclusione, uno sguardo alla ri-caduta lavorativaIl Progetto CompHP si pone in coerenza conil più generale approccio che fa dell’appren-dimento non un traguardo ma una funzionedella crescita e dello sviluppo di una personae di una comunità e che si dipana perciò lun-go tutta l’esistenza umana. Tuttavia, all’in-

Fig.3 - Schema del processo di accreditamento dell’offerta formativa

terno di questa prospettiva così ampia, ladefinizione della “competenza” diventa nonpiù “solo” un concetto regolatore di tutto ilprocesso di apprendimento nel corso della vita(lifelong learning) ma anche la condizione peraccrescere le possibilità occupazionali nelmercato del lavoro e facilitare l’accesso aqualifiche e titoli di studio più elevati grazieal riconoscimento di parte delle conoscenzeacquisite sul lavoro. In questo, il ProgettoCompHP si colloca in coerenza anche con losviluppo che di questa materia sta dando ilnostro Paese, seppure con molta lentezza. E’

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Core competencies per gli operatori della promozione della salute. ...

sufficiente richiamare due questioni, da unaparte la stretta analogia che il lavoro di Com-pHP esprime con la definizione di compe-tenza data, nel contesto italiano, dall’ISFOLovvero: “la competenza è il patrimonio com-plessivo di risorse di un individuo nel mo-mento in cui affronta una prestazione lavo-rativa o il suo percorso professionale. E’ co-stituita da un insieme strutturato di cono-scenze, abilità e risorse personali”; in secon-do luogo occorre ricordare che anche l’Italiasta contribuendo al disegno di una strategiaeuropea in materia avendo accettato di con-dividere l’iniziativa del Quadro europeo dellequalifiche (EQF) che mira a dotare l’Europadi uno strumento comune per facilitare lacomparazione delle diverse qualificazioni esi-stenti negli Stati Membri dell’Unione Euro-pea.Rimane però un punto finale che il ProgettoCompHP lascia scoperto. Se infatti, il ver-sante dell’applicazione professionale e opera-tiva del sistema di competenze è ben deline-ato e coerente, su un altro versante, quellodella ricaduta sul sistema formativo, il lavo-ro di CompHP è ancora non concluso pur se,come si è evidenziato all’inizio riportandonele finalità, il progetto CompHP si proponedi offrire uno strumento di miglioramentoanche della qualità della formazione in Pro-mozione della Salute.Il contributo del Progetto CompHP – se as-sunto con chiarezza sia dai professionisti chedalle associazioni professionali che dal corpoaccademico e delle organizzazioni formative

del settore – avrà certamente importanti ri-cadute a vantaggio del nostro sistema di Pro-mozione della Salute e infine del nostro si-stema di Sanità Pubblica. Esso infatti con-tribuirà allo sviluppo professionale in un’areadi intervento che oggi ha, anche in Italia, unconsiderevole sviluppo quantitativo e quali-tativo, incoraggerà l’applicazione di meto-dologie e pratiche basate su prove di eviden-za scientifica, centrate sui bisogni delle co-munità, solide dal punto di vista etico edeque, formerà la base di pratiche responsabi-li sia dal punto di vista della qualità delleprestazioni che da quello dell’uso delle risor-se pubbliche, assicurerà valide e chiare lineeguida ad una pratica efficace e etica, darà so-stanza ai processi formativi e di qualificazio-ne professionale stabilendo un ponte tra que-sti e i bisogni professionali, sosterrà lo svi-luppo delle carriere professionali facilitandola mobilità dei professionisti attraverso imolteplici “ambienti” di lavoro della Pro-mozione della Salute, favorirà gli scambiprofessionali, attraverso il processo di accre-ditamento professionale ed il riconoscimentidelle competenze, all’interno dei sistemi so-ciosanitari regionali e tra Paesi che condivi-dono il sistema delle competenze, promuo-verà infine una comunicazione più efficace alivello multidisciplinare e multisettorialeattraverso il linguaggio comune delle com-petenze condivise rendendo omogenea la vi-sione degli operatori che lavorano nei settoridi interesse della Promozione della salute efavorendo un più solido riconoscimento del-la pratica di Promozione della Salute.

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Battel-Kirk B, Davison H, Dempsey C, Parish R,Schipperen M, Speller V, Zanden van der G, ZilnykA. on behalf of the CompHP Partners. TheCompHP Project Handbooks. International Unionfor Health Promotion and Education (IUHPE),Paris:IUHPE; 2012.

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Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 278-290

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Il benessere soggettivo in tempi di crisiSubjective well-being in times of crisis

Sandro Stanzani

Sandro StanzaniDipartimento TESIS (Time, Space, Image and Society), Università degli studi di Verona

Parole chiave: salute, benessere, crisi economica

RIASSUNTOObiettivi: la letteratura sulle conseguenze delle crisi economiche per il benessere degli individui ha messo inluce alcune relazioni statistiche. In particolare esiste un accordo tra i ricercatori sul fatto che le crisi econo-miche si trascinino dietro un aumento dei suicidi, delle malattie depressive e dell’abuso di sostanze alcoliche.Il presente lavoro si propone l’obiettivo di indagare l’impatto umano della crisi economica. In particolare,attraverso un panel di dati riferiti alla popolazione italiana, andrà alla ricerca di eventuali nessi tra ilpeggioramento delle condizioni economiche delle famiglie italiane e fenomeni meno critici, ma pursempre rilevanti, come sono lo stato di benessere generale e la salute soggettivamente percepita.Metodologia: il metodo utilizzato è quello della ricerca quantitativa attraverso dati raccolti in successiverilevazioni dal 2009 al 2012 su un panel rappresentativo della popolazione italiana.Risultati: dall’analisi dei dati emerge che circa un quarto del campione ha avvertito in modo significativo ilpeggioramento delle condizioni economiche e che tale peggioramento è correlato ad una percezionenegativa dello stato di salute. In sostanza la crisi non produce solo effetti negativi perché sviluppa unmaggior grado di stati depressivi o un aumento dei tassi di suicidio, un maggior uso di sostanze alcoliche.Ma è il clima psicologico culturale del Paese che viene a modificarsi, tanto da colpire il cittadino in generedeterminando un minore senso di benessere. Ciò richiede una riflessione sulle misure da mettere in campo,accanto a quelle di natura economico politica, per favorire anche in questa delicata fase la promozione dellasalute dei cittadini.

Key words: health, well-being, economic crisis

S U M M A RYObjectives: the social sciences found evidence of the statistical relation between economic crises and well-

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1. IntroduzioneEsiste un forte nesso tra sistema sociale e statodi benessere delle persone. Ne sono prova ifatti di cronaca che hanno accompagnato inquesti ultimi tempi il persistere della crisieconomica dei paesi industrializzati e dell’Ita-lia in particolare. Certo le condizioni del si-stema economico, i suoi alterni successi edinsuccessi non esauriscono il paniere delle va-riabili che influiscono sul benessere e sullasalute. Se ne sono accorti da tempo gli scien-ziati sociali, in particolare economisti e isti-tuti di statistica che stanno cercando di indi-viduare nuovi indici per misurare lo stato dibenessere complessivo di una società che pre-scindano dal PIL. Al tempo stesso non è an-cora chiaro in che misura e attraverso qualileve la dimensione economica della vita so-ciale incida sul benessere delle persone. Èquesto il contesto nel quale si colloca il pre-sente lavoro che intende fornire un contribu-to alla misurazione dell’influenza esercitata

dalle variabili economiche sulla percezionedel benessere da parte dei singoli, al fine diindividuare eventuali modalità di promozionedella salute. A tale scopo, il secondo para-grafo propone una rassegna della letteraturain argomento. Il quarto paragrafo, invece,presenta l’analisi dei dati messi a disposizio-ne dal panel dell’Osservatorio sui consumidegli italiani. Il paragrafo cinque propone ladiscussione sintetica dei risultati di ricerca ealcune riflessioni di conclusione.

2. Rassegna della letteraturaLa letteratura sui fattori psico-sociali che in-fluenzano il benessere delle persone è impo-nente. Le recenti raccolte di saggi sul temacurate da Ed Diener (9, 10) ne forniscono unadimostrazione. Gli aspetti economici svol-gono un ruolo non secondario nell’influenza-re lo stato di benessere degli individui1. Piùdi recente l’attenzione degli osservatori e dellescienze sociali si è rivolta agli effetti delle

1 Una letteratura piuttosto estesa (ad esempio Diener & Oishi 2000; Diener & Seligman 2004; Fitch et al.2009; Economou e Nikolaou 2008; Stuckler et al.) offre in proposito indizi empirici consistenti.

being. Suicide, depressive illness and alcohol abuse seem to be the consequences of a worsening ofindividual economic status. The paper’s aim is to analyze the human impact of Italian economic crises.Particularly through a panel of data it will search possible links between worsening of familial economicconditions and some less critical, but still important, phenomenon, like general subjective well-being andself-perception of health.Method: the work uses a quantitative method of analysis of data collected thorough repeated surveys from2009 to 2012 through a panel representative of the Italian population.Results: data analysis shows that a quarter of the sample experienced a significant deterioration in economicconditions and that this decrease is related to a negative perception of health status. In short an economiccrisis does not only produce strong negative effects like a greater degree of depression or an increase insuicide rates and increased use of alcohol. But it is the Country’s cultural psychological climate thatchanges, so as to hit the single citizen resulting in a lower sense of well-being. This calls for a reflection onthe measures to be put in place, alongside those of an economic policy, to encourage even in this delicatesituation the promotion of public health.

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Il benessere soggettivo in tempi di crisi

congiunture economiche sullo stato di be-nessere degli individui cercando di individuarequal è l’impatto prodotto da una fase di svi-luppo o di crisi economica sulla salute. Nonsempre, e non necessariamente, lo sviluppoè associato al benessere e la crisi al malesse-re. Ad esempio è stato osservato che nellefasi di sviluppo economico si riscontra unaumento dell’inquinamento ed una maggio-re esposizione ad agenti ambientali perico-losi, un aumento del traffico ed un conse-guente aumento degli incidenti stradali, unaumento degli infortuni sul lavoro, una mag-giore distribuzione della ricchezza che con-sente a più persone di sostenere stili di vitarischiosi per la salute.Al tempo stesso i dati mostrano che in occa-sione delle crisi economiche i medesimi fat-tori di rischio si riducono con un effetto po-sitivo sulla salute collettiva. Tuttavia non èquesto un motivo sufficiente per dare il ben-venuto alla crisi economica, anche perchéoltre alle convinzioni del senso comune glistessi dati di ricerca empirica hanno messoin luce una serie di conseguenze negativedella crisi economica. È cioè provato adesempio, che le crisi economiche sono posi-tivamente correlate con un aumento dei sui-cidi (22), delle patologie depressive (13, 2) edell’uso di sostanze alcoliche (7); così comead una minore diffusione di stili di vita sani ead un minore o ritardato accesso ai servizi ealle cure sanitarie. Questi ultimi fenomenipossono essere determinati dalla contrazio-ne dei redditi e/o dell’aumento del costo diprodotti sani (ad esempio alimenti come lafrutta e vegetali o di prodotti per l’igiene e lacura della persona), oppure all’aumento delcosto di accesso a servizi sanitari di varianatura da quelli diagnostici a quelli terapeu-tici (6). Si pensi, per quanto riguarda il casoitaliano, ai costi dei ticket o a quelli dei ser-

vizi non mutuabili come le cure dentisticheo la terapia psicologica.Ciò che sembra più rilevante e urgente è,tuttavia, l’osservazione dell’influenza eserci-tata dalla crisi sul disagio psicologico. In ef-fetti le patologie depressive e i comporta-menti suicidi sono, nell’immediato, gli aspettidi maggiore impatto della crisi. Frequentisono stati nel nostro Paese gli allarmi pro-dotti da fatti di cronaca che hanno coinvoltocon forme di grave autolesionismo lavorato-ri e imprenditori in difficoltà economiche.Su questo fronte le scienze sociali non hannomancato di esercitare la loro indagine perindividuare quali sono i nessi che dalla crisieconomica conducono al disagio soggettivo.Certamente la perdita del lavoro ha un’in-fluenza sul benessere soggettivamente per-cepito. Ciò non solo per via della conseguen-te perdita del reddito, ma anche e, secondoalcuni, soprattutto per via delle ricadute sim-boliche e psico-sociali che una tale condizio-ne si trascina dietro. Già diversi anni fa lapsicologa sociale Mary Jahoda (18, 19, 20)ha elaborato una teoria delle funzioni del-l’occupazione professionale distinguendo trafunzioni manifeste e funzioni latenti. La fun-zione manifesta dell’occupazione è quella digarantire un reddito al lavoratore, ma esi-stono, secondo la psicologa sociale austriaca,altre importantissime funzioni di natura psi-cologico-culturale che l’autrice definisce fun-zioni latenti. Si tratta della possibilità distrutturare l’esperienza del tempo e di con-dividere esperienze, dell’occasione di intrat-tenere relazioni regolari con persone all’ester-no della famiglia, della possibilità di perse-guire obiettivi e fini d’azione che trascendo-no gli scopi meramente personali, della defi-nizione dello status e dell’identità del sog-getto lavoratore. La ricerca ha offerto svaria-ti sostegni empirici a tale prospettiva ed ha

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riflettuto sugli effetti di deprivazione latentecui un licenziamento sottopone i disoccupa-ti (6, 26).Tuttavia, come spesso accade, l’attività diricerca empirica non ha individuato nessiunivoci tra le variabili in gioco2. Si può ipo-tizzare che siano proprio i già citati aspettipsicologico-culturali della percezione del pro-prio lavoro a spiegare la scarsa concordanzadei dati di ricerca empirica relativamenteall’impatto determinato dalle crisi economi-che sulla rappresentazione soggettiva del be-nessere e della salute. Alcune ricerche addi-rittura sostengono che sembra essere per lopiù lo stato di incertezza, e, dunque, la di-mensione psicologica, piuttosto che quellameramente economica a determinare un peg-gioramento nella percezione soggettiva delbenessere. Ad esempio Dekker e Schaufeli (16)hanno mostrato che, in una fase di crisi azien-dale, i lavoratori sottoposti all’incertezza de-rivante dal rischio di perdere il lavoro, unavolta informati del loro effettivo licenziamen-to, e dunque di un peggioramento della lorocondizione economica, mostravano tuttaviaun aumento del loro benessere.La disoccupazione non è, comunque, l’unicaconseguenza negativa prodotta dalle crisieconomiche sulla vita delle persone e, come

abbiamo visto, non è univoca l’influenza cheessa produce, poiché è condizionata dall’in-tervento di variabili psicologiche, sociali eculturali. Esistono altri studi che testimo-niano delle tragiche ricadute umane dellecongiunture economiche negative3.

3. Obiettivi e metodologia dellaricercaMantenendo sullo sfondo le ricerche consoli-date su crisi economica e salute ed in parti-colare l’analisi sugli esiti più tragici che lacrisi ha prodotto4 il presente lavoro conduceun’indagine esplorativa sul clima psicologi-co culturale indotto dalla crisi economica5,nell’ipotesi che l’insicurezza circa il futuro ela chiusura di prospettive generate dal climaeconomico abbiano un impatto sul benesse-re individuale.A tale scopo utilizzeremo i dati dell’Osser-vatorio sulle strategie di consumo delle fa-miglie curato dalla società di ricerca socio-logica SWG e dal centro studi CRiS dell’Uni-versità di Verona. L’osservatorio, diretto daMaurizio Pessato (SWG) e da Domenico Se-condulfo (Università di Verona), conduceperiodicamente indagini campionarie con ilmetodo CAWI (Computer Assisted WebInterviewing) su un panel (split panel) di circa

2 Un lavoro che ha proposto un’analisi ancora attuale e di sicuro interesse dell’influenza esercitata da una seriedi variabili intervenienti nella relazione tra perdita del lavoro e aumento di sintomi depressivi è stato condottoda Leonard Pearlin e collaboratori (28); cfr. anche Pearlin (27).3 Per una riflessione ad ampio raggio Feather (18), importanti ricerche empiriche sono quelle di Blanchflowere Osvald (5); Di Tella et al. (15), che hanno mostrato una correlazione tra il benessere soggettivamentepercepito e variabili economiche come la disoccupazione e l’inflazione. Si veda anche ad esempio Bambra eEikemo (3).4 Per un’analisi della variabili che influenzano negativamente la salute degli italiani in tempi di crisi si vedaCosta et al. (7) e la banca dati dell’Osservatorio nazionale sulla salute degli italiani PASSI (http://www.epicentro.iss.it/passi/).5 Sul tema dell’impatto psicologico delle crisi economiche nei paesi europei crf. Who (2011), Anderson (1),de Belvis et al. (4).

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Il benessere soggettivo in tempi di crisi

2.000 intervistati rappresentativo dell’interapopolazione italiana. Il campione è stratifi-cato per area geografica di residenza (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole), sessoed età degli intervistati. In particolare nelpresente lavoro verranno utilizzati dati del-l’ultima rilevazione disponibile al momento(dicembre 2012) e confrontati, in alcuni casi,con le rilevazioni precedenti (2009, 2010,2011). Il lavoro ha un obiettivo descrittivoed esplorativo, non tenta di verificare ipotesio di fornire analisi esplicative dei nessi tra levariabili analizzate.

4.Risultati4.1. L’impatto economico della crisiAttraverso le domande del questionario èpossibile osservare l’andamento della crisinegli ultimi anni. Si ricordi che la crisi hafatto sentire i suoi effetti in Italia con parti-colare intensità a partire dal 2009. I dati del-l’osservatorio mostrano in generale un anda-mento altalenante che, sulla base della per-cezione degli intervistati, vede la situazioneeconomica delle famiglie peggiorare nel 2009,recuperare nel corso del 2010, per poi cono-scere un più forte peggioramento nel 2011 esoprattutto nel 2012. Se ad esempio si analiz-za la variabile sulla situazione lavorativa deimembri delle famiglie intervistate, si nota chenel 2009 il 25,7% delle famiglie ha visto unpeggioramento della condizione lavorativa dialmeno uno dei suoi membri, nel 2010 il24,5%, nel 2011 il 27,4% e nel 2012 del31,6%.Se poi ci si limita a confrontare i dati del2009 con quelli del 2012 si nota con mag-giore chiarezza l’impatto complessivo della

crisi economica. Infatti, se nel 2009 la crisiha cambiato il modo di fare la spesa del66,7% degli intervistati, nel 2012 (assom-mando a 77,6% degli intervistati) sono l’11%in più le famiglie costrette ad un tale cam-biamento. Percentuali analoghe si riscontra-no alla domanda sulla impossibilità di ac-cantonare risparmi. Nel 2012 sono il 74,3%degli intervistati a dichiarare di non riusciread accantonare risparmi, nel 2009 era il66,3% (l’8% in meno). In sostanza la crisiimpedisce oggi ai tre quarti degli italiani diconfermare una delle caratteristiche tipichedel Paese: l’elevata propensione al risparmiodelle famiglie. Vi è poi, nel 2009, una quotacirca del 20% (non molto lontana dal 25%di famiglie che ha visto uno dei membri del-la famiglia peggiorare la sua situazione lavo-rativa) che dichiara di non disporre di un red-dito familiare sufficiente a coprire tutte lespese mensili e che è stata costretta nel corsodell’anno a chiedere aiuti economici. La quotadi chi non ha un reddito sufficiente nel 2012è salita al 23,2%, mentre è rimasta invariatala percentuale di coloro che hanno chiestoaiuti economici. Insomma possiamo dire checomplessivamente la crisi economica ha fat-to sentire in modo significativo il suo im-patto, con un’accentuazione lungo il corsodel 2012 (Tab. 1, v. pag. seg.).Con le domande citate è stata costruita unavariabile sintetica per misurare l’impattodella crisi sulle economie familiari6. Ne èscaturito un indice che, standardizzato, va-ria tra 0 e 10, e nel 2009 presenta un valoremedio di 4,4 con una deviazione standarddi 2,9, mentre nel 2011 la media è 4,6 e ladeviazione standard 2,8 e nel 2012 la media

6 Per la costruzione dell’indice sono state utilizzate le seguenti variabili: il reddito mensile non è sufficiente percoprire le spese familiari; nell’ultimo anno è capitato di chiedere aiuti economici; nell’ultimo anno non èriuscito ad accantonare risparmi; la crisi ha cambiato il suo modo di fare la spesa.

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cresce al 4,9 con una deviazione standarddello 0,28. Siamo dunque di fronte a un fe-nomeno in crescita che testimonia del per-durare e dell’aggravarsi nel corso del tempodegli effetti economici della crisi sulle con-dizioni di vita delle famiglie.Incrociando i valori dell’indice con i dati diprofilo degli intervistati emerge che la crisisi fa sentire leggermente di più per coloroche sono nelle coorti centrali delle fasced’età. Il diverso sviluppo economico dellearee geografiche del Paese genera un diver-so impatto della crisi che è avvertito mag-giormente dalle famiglie, man mano che sipassa da Nord a Sud. Anche la struttura fa-miliare sembra esercitare un’influenza sullapercezione della crisi. Sono le famiglie configli, specie se più di uno, ad avere un piùalto indice di impatto della crisi. E, ovvia-mente, l’indice di impatto della crisi è mag-giore per coloro che sono in condizioni oc-cupazionali maggiormente precarie, disoc-cupati, cassintegrati, lavoratori atipici e gio-vani in cerca di prima occupazione. In so-stanza l’analisi bivariata, che considera ilprofilo degli intervistati e delle loro fami-glie e l’impatto della crisi economica, con-ferma le nozioni di senso comune.

4.2. L’impatto psicologico della crisiAlcune domande del questionario sono vol-te a rilevare quello che potremmo definirel’impatto psicologico legato alle condizionieconomiche degli intervistati, o, per me-glio dire, costituiscono una proxy del con-cetto. Agli intervistati è stato chiesto divalutare la situazione economica della lorofamiglia, distinguendo tra: precaria; soddi-sfacente; buona e ottima; e di manifestarela loro eventuale preoccupazione pensandoalla situazione economica familiare dell’an-no futuro. Le rilevazioni successive mostra-no che, quanto alla valutazione della condi-zione economica della famiglia, circa il 35%degli intervistati nel 2009 la riteneva buo-na od ottima. Nel 2011 il dato è in leggerocalo (- 2 punti percentuali) e nel 2012 il calosi fa ancora più significativo (- 8 punti per-centuali rispetto al 2009). Andamento ana-logo per la variabile relativa alle previsionifuture, che nel passaggio dal 2009 al 2012vede un aumento di 8 punti percentuali tracoloro che si dicono fortemente preoccupa-ti per la situazione economica familiare del-l’anno seguente (Tab. 2, v. pag. seg.).Attraverso le due variabili appena citate èstato costruito un indice di impatto psicolo-

Tab. 1 - L’impatto della crisi sulle economie familiari

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gico della crisi, che, standardizzato secondoun intervallo da 0 a 10, presenta un valoremedio di 5,59 nel 2009 con una deviazionestandard di 2,37 mentre nel 2012 è aumen-tato al valore medio di 6,24 con una devia-zione standard di 2,30. Se si correla la varia-bile ottenuta con l’indice di impatto econo-mico della crisi se ne ricava un r di Pearsondi 0,658***, che testimonia della strettaassociazione tra aspetti strutturali e psicolo-gici della crisi. Se poi si analizza l’indice d’im-patto psicologico in relazione alle variabilidi profilo degli intervistati si riscontra unaconferma di quanto già rilevato per l’indicedi impatto economico della crisi. Sostanzial-mente, la crisi sembra avere maggiori riper-cussioni psicologiche man mano che si scen-de da Nord a Sud del Paese, se si hanno figli,se si è in età lavorativa, si possiede un titolodi studio basso e se ci si trova in una condi-zione occupazionale incerta (disoccupati, incerca di prima occupazione, lavoratori atipi-ci). Inoltre si può dire che, come mostra lafigura 1, il perdurare della crisi ha prodottoun innalzamento della preoccupazione per lasituazione economica della famiglia negli anni

a venire. Si è infatti passati da valori intornoal 50% nel 2009 e 2010 a valori intorno al66% nel 2011 e 2012 (Fig. 1, v. pag. seg.).4.3. Crisi economica e benessere soggettivoAccertata l’influenza crescente della crisi sulleeconomie familiari e lo stato di preoccupazio-ne che ne deriva, indaghiamo le eventuali con-seguenze della crisi economica sulla salute.L’osservatorio fornisce una sola variabile permisurare il grado di salute soggettivamentepercepito. Si tratta della domanda formula-ta dall’Organizzazione Mondiale della Sanitàche recita: “Come va la sua salute oggi?: (5)molto bene; (4) bene; (3) discretamente; (2)male; (1) molto male” e utilizzata, in Italia,anche dall’Istat. La quota di coloro che sicollocano nella polarità negativa poiché uti-lizzano le modalità di risposta male e moltomale è circa del 28% ed è leggermente supe-riore alla quota della polarità positiva 26%7

(Tab. 3, v. pag. seg.).Se si incrocia il dato con le variabili che ri-guardano la situazione economica delle fa-miglie si ottiene un quadro empirico che te-stimonia dell’associazione tra gli aspetti ma-teriali della vita delle famiglie e la percezio-

Tab. 2 - La preoccupazione per la crisi (valori %)

7 Purtroppo in questo caso non è possibile un confronto con gli anni precedenti poiché è stata utilizzata unadiversa strategia di rilevazione della variabile.

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ne soggettiva del benessere.Ad esempio incrociando la salute soggetti-vamente percepita con la disponibilità di red-dito si può notare chiaramente che tra colo-ro che non hanno un reddito mensile suffi-ciente a coprire tutte le spese è molto piùalta la percentuale di quanti dichiarano ditrovarsi in condizioni di salute critiche (lerisposte: male/molto male sono il 23,3% trachi dispone di un reddito mensile sufficientee il 43% tra chi non ne dispone) (tab. 4, v.pag. seg.).Analogamente alla domanda “Come valuta

l’attuale situazione della sua famiglia?” sinota una netta associazione con la variabilerelativa alla salute percepita. Infatti la per-centuale di coloro che dichiarano di goderedi salute buona o molto buona cresce sensi-bilmente se si passa da coloro che defini-scono la situazione economica precaria(20,2% dichiara di godere di buona salute)a coloro che la definiscono ottima (37,0%).All’opposto, coloro che dicono di non go-dere di buona salute sono il 48% di chi con-sidera precaria la situazione economica del-la famiglia e solo il 19,7% di coloro che laconsiderano ottima. Vi è dunque un nessoparticolarmente forte e significativo tra ledue variabili (Tab. 5, v. pag. seg.)Certo le relazioni analizzate potrebbero an-che essere spiegate nei termini di un’influen-za delle condizioni di salute sulla situazioneeconomica, ma pare decisamente più pro-babile che sia il giudizio sulla propria con-dizione economica a determinare una mag-giore o minore soddisfazione per il propriobenessere psicofisico. La forza del nesso trapercezione del proprio stato di benesserepsicofisico e condizioni economiche è con-

Tab. 3 - Grado di salute soggettivamente percepita(anno 2012)

Fig. 1 - Andamento della preoccupazione per la situazione economica

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fermata anche dall’incrocio con altre varia-bili, quali ad esempio: «Nell’ultimo annole è capitato di chiedere aiuti economici?».Tra coloro che hanno risposto «sì» il 33,2%valuta il suo attuale stato di salute in modonegativo, mentre lo fa solo il 26% di coloro

che non hanno chiesto aiuti economici.Analoghe distribuzioni si ottengono condomande del tipo «Nell’ultimo anno è riu-scito ad accantonare risparmi?». Chi ha ri-sparmiato sta meglio di chi non è riuscito afarlo. Anche variabili come il miglioramen-

Chi-quadrato = 170,98; V di Cramer = 0,201; p < 0,001; gradi di libertà 6* Precaria: le risorse familiari non sono sufficienti e siamo sempre costretti a delle rinunce o a dei tagli di spesa.Soddisfacente: le risorse familiari soddisfano le esigenze principali ma talvolta siamo costretti a delle rinunce.Buona: le risorse familiari soddisfano ogni esigenza ma non riusciamo a mettere da parte dei risparmi.Ottima: le risorse familiari soddisfano ogni esigenza e riusciamo anche a mettere da parte i risparmi

Tab. 5 - Grado di salute percepita e situazione economica della famiglia (anno 2012)

Tab. 4 - Grado di salute soggettivamente percepita e reddito mensile (anno 2012)

Chi-quadrato = 73,30; V di Cramer = 0,186; p < 0,001; gradi di libertà 2

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to o il peggioramento delle condizioni dilavoro di un familiare incidono sul benesse-re percepito. Non v’è dubbio, dunque, cheesista un nesso tra la crisi economica e lapercezione del proprio stato di salute. Ciògiustificherebbe l’ipotesi che con la crisieconomica si stia diffondendo un atteggia-mento di pessimismo generalizzato che ar-riva a coprire anche la sfera della percezio-ne del proprio benessere psicofisico.Per cogliere in modo sintetico quanto ap-pena detto utilizziamo gli indici di impattoeconomico e di impatto psicologico dellacrisi. Dalla tabella 6 emerge con chiarezzal’associazione tra le due variabili dell’im-patto economico della crisi e del grado disalute soggettivamente percepito. In effet-ti, coloro che dichiarano di sentirsi male omolto male sono solo il 20,2% di chi av-verte un basso impatto della crisi mentresono il 36,6% di coloro che ne subisconouno elevato. Un andamento analogo, anzidimensionalmente più accentuato, si riscon-tra incrociando l’indice di impatto psicolo-gico della crisi con il grado di salute perce-pita (Tab. 6).La tendenza evidenziata trova poi un’ulte-riore conferma in altre elaborazioni, non

Tab. 6 - Grado di salute percepita e impatto economico della crisi (anno 2012)

Chi-quadrato = 47,64; V di Cramer = 0,106; p < 0,001; gradi di libertà 4

ultime le tavole di contingenza tra redditofamiliare e salute percepita. Non è tuttaviail caso di insistere nell’approfondimento sta-tistico della tendenza. Le rilevazioni sonosufficienti per certificare la necessità di ri-flettere in qualche modo sulle conseguenzepsicologico-culturali della stagione econo-mico politica che stiamo attraversando, edi interrogarsi sulle iniziative che possonoessere messe in campo per fronteggiare nonsolo gli aspetti strutturali della crisi, ma leconseguenze psicologico-culturali che essasi trascina dietro.

7. ConclusioniIn sintesi il panel dell’Osservatorio sui con-sumi delle famiglie mostra che la crisi eco-nomica ha colpito una quota consistente dicittadini. Oltre il 65% degli intervistati nelperiodo dal 2009 al 2012 dichiara di averedovuto modificare il proprio modo di farela spesa, di avere dovuto ridurre gli acquistiper alcune tipologie merceologiche e di nonessere riuscito ad accantonare risparmi. Inol-tre un 25% circa lamenta di avere fatto espe-rienza di un peggioramento della condizio-ne lavorativa di un familiare ed una percen-tuale simile (intorno al 20%) dichiara di non

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disporre di un reddito mensile sufficiente acoprire tutte le spese familiari e di averedovuto chiedere nell’ultimo anno aiuti eco-nomici. Tali fenomeni sono distribuiti inmodo diverso tra la popolazione, aumenta-no in presenza di figli e nel passaggio dalnord al sud del Paese e si riducono al cresce-re del titolo di studio.Tale situazione, che affligge il sistema eco-nomico e le casse delle famiglie, si riper-cuote anche sugli atteggiamenti, le opinio-ni e gli umori degli intervistati. C’è oramaiuna mole considerevole di dati che mostrale correlazioni tra crisi economica e feno-meni patologici di tipo psichico. Tuttavia, idati dell’osservatorio evidenziano che la crisinon produce solo effetti negativi perché svi-luppa un maggior grado di stati depressivio un aumento dei tassi di suicidio, un mag-gior uso di sostanze alcoliche. Ma è il climapsicologico culturale del Paese che viene amodificarsi, tanto da non colpire solo chi sitrova in condizioni di estrema difficoltà eco-nomica e mette in atto strategie di “fron-teggiamento” estreme (assunzione di alco-ol, manifestarsi di patologie psicologiche opsichiatriche, suicidi). È piuttosto il citta-dino in genere ad essere afflitto dalla crisiricevendone un minore senso di benessere eaddirittura una definizione del proprio gra-do di salute più precario (indipendentementeda effettive manifestazioni biologiche o psi-cologiche del malessere). La ricerca ha messoin luce, infatti, che l’esperienza di doveremodificare il proprio stile di vita, di dovertenere sotto controllo le spese, di monito-rare a fine mese il saldo del conto corrente,sono tutti fattori che si associano ad unapercezione negativa dello stato di salute/benessere degli intervistati. Anzi quantomaggiore è il numero di eventi conseguentila crisi economica sperimentati dal sogget-

to tanto maggiore è la probabilità che eglidefinisca la situazione della sua salute comenegativa in modo più o meno indipendentedal buon funzionamento dell’organismo.In un tale contesto, quali possono essere lemisure da mettere in campo per la promo-zione della salute? Di primaria importanzasono, ovviamente, le misure di politica eco-nomica che devono essere messe in campoper migliorare le prospettive economichee, di conseguenza, il clima psicologico ge-nerale. Tuttavia, nella congiuntura attuale,spesso tali misure sono misure di austeritàche tendono a ridurre le risorse economichedelle famiglie (in seguito alla tassazione) ele risorse a disposizione per l’erogazione deiservizi pubblici (tagli di spesa). Ciò a quan-to pare tende ad aggravare il clima psicolo-gico, a meno che i cittadini non avvertanonelle stesse misure un sacrificio necessarioad un’apertura di prospettiva futura. In so-stanza la situazione è tale per cui a fronte diuna carenza di risorse economiche, oltre adagire per migliorare il loro rendimento invista di una loro futura implementazione,occorre portare l’attenzione su altre risorse.Risorse simboliche e sociali. In quest’otticale istituzioni politiche e la pubblica ammi-nistrazione hanno un ruolo chiave e sonochiamate ad esercitare tutta la loro respon-sabilità. Nello specifico le stesse politichesanitarie, pur nell’austerità delle misure,dovrebbero insistere sul valore della tuteladella salute, conservando ad esempio unaattenzione ai livelli essenziali di assistenza.Come mostrano alcune ricerche empiriche- ad esempio Rothstein e Stolle (29); Stolle(30) - le buone performances delle pubbli-che amministrazioni concorrono a generarecapitale sociale e coesione sociale, cioè ri-sorse sociali simboliche che possono in uncerto senso sopperire alla carenza delle ri-

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sorse economiche. Servizi sociali ed educa-tivo formativi che sfuggano alla trappoladell’assistenzialismo cercando di attivare edaccrescere (con l’apprendimento e forma-zione ad esempio) le risorse di chi a causadella crisi si trova in condizioni di difficol-tà, possono concorrere a livello micro-so-ciale a modificare il clima psicologico ne-gativo innescato dalla crisi. Al tempo stes-so anche politiche di promozione della coe-sione sociale attraverso l’associazionismo ola tutela dei beni comuni, come il verde,possono concorrere alla generazione di ca-pitale sociale, quale risorsa aggiuntiva ri-spetto alle risorse economiche carenti. Laletteratura sul capitale sociale e sul suo ruolonella promozione del benessere soggettivoè decisamente consistente8. Il capitale so-ciale è un concetto che ha avuto un notevo-lissimo successo nelle scienze sociali nell’ul-timo decennio. È stato utilizzato quale va-riabile esplicativa di una serie molteplice difenomeni, tra i quali il buon funzionamen-

to dei mercati, così come delle istituzionipolitico amministrative e appunto del be-nessere soggettivo. Si tratta di un concettomultidimensionale e viene inteso come uninsieme di risorse alle quali è possibile ac-cedere in virtù della qualità delle relazionisociali. Tra le dimensioni che lo caratteriz-zano vi è il “livello” delle relazioni socialiin virtù delle quali si generano le risorse: lerelazioni primarie, come quelle familiari edi parentela, le relazioni secondarie, comequelle dei contesti comunitari allargati,come le associazioni sociali e quelle secon-darie generalizzate, come le relazioni che cilegano ai cittadini del Paese d’origine. A tuttiquesti livelli si potrebbe pensare di attivareil capitale sociale per far fronte alla crisi eco-nomica. A tale proposito una ricerca chechiarisca quali risorse relazionali, oggi, inItalia, sono maggiormente in grado di inci-dere sul benessere soggettivo sarebbe di par-ticolare utilità per progettare misure di pro-mozione della salute in tempi di crisi.

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Promuovere la salute ed il benessere in età adulta ed anzia-na attraverso il potenziamento delle Life Skills. Un percor-so di ricerca-intervento.Promoting health and well-being in adult and old people through the enhancementof Life Skills. A research-intervention.

Manuela Zambianchi, Pio Enrico Ricci Bitti

Manuela ZambianchiDipartimento di psicologia, Università di Bologna

Pio Enrico Ricci BittiDipartimento di psicologia, Università di Bologna

Parole chiave: Life Skills, apprendimento attivo, adulti, anziani, funzionamento positivo

RIASSUNTOIntroduzione: nella società post-moderna contemporanea si rende sempre più necessario promuovere nellepersone adulte ed anziane delle competenze che favoriscano la riduzione dei rischi per la salute, legati allacrescente complessità della società stessa, alla precarizzazione dei percorsi biografici di vita ed alla necessitàdi individuare risposte nuove e flessibili. Le Life Skills (35) possono rappresentare anche per le età adultae anziana risorse e competenze efficaci per rispondere con adeguatezza alle sfide poste dalla società contem-poranea e garantire salute e benessere.Obiettivi. attraverso due esperienze di ricerca-intervento si è cercato di potenziare alcune Life Skills di adultied anziani.Metodologia: l’intervento è stato presentato sotto forma di corsi proposti all’Università per Adulti della cittàdi Lugo (Ravenna) con la partecipazione di 37 iscritti (età media 52.30 anni) per il primo corso e 21 iscritti(età media 53,9) per il secondo corso. Ai partecipanti sono stati dapprima somministrati dei questionariche hanno indagato: l’autoefficacia percepita nelle relazioni interpersonali, nell’empatia, nell’espressionedelle emozioni positive e nella regolazione delle emozioni negative e nel problem solving creativo; un altroquestionario ha approfondito la prospettiva temporale e le strategie di gestione degli eventi critici posti nelfuturo.Risultati: le competenze che hanno ottenuto il punteggio più elevato sono l’espressione delle emozionipositive e l’empatia, mentre quelle più critiche sono la regolazione delle emozioni negative e le relazioniinterpersonali. Una particolare attenzione è stata posta alle strategie di anticipazione degli eventi criticiposti nel futuro, emerse come fattori di rischio per il benessere. I risultati emersi a livello teorico hannoindirizzato le modalità di realizzazione dell’intervento, che è stato condotto attraverso una metodologiamista, alternando momenti di approfondimento teorico con laboratori di apprendimento attivo.

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Promuovere la salute ed il benessere in età adulta ed anziana attraverso ...

nuova disciplina come la Psicologia dellaSalute, affermatasi negli ultimi decenni delsecolo scorso, ha tra i suoi obiettivi di ri-cerca e di intervento l’individuazione deifattori di rischio e di protezione della salutenelle diverse fasi di vita, spostando gradual-mente il suo baricentro di interesse dallariduzione del danno e della sintomatologiadei disturbi alla prevenzione degli stessi edalla promozione di uno stile di vita sano inogni fase della vita (6, 7).Inserendosi nel dibattito degli anni settantae ottanta del secolo scorso sulla complessi-tà delle definizioni di salute e malattia, lacarta di Ottawa per la promozione dellaSalute (36), indicò quali fondamenta impre-scindibili per il mantenimento della salutela presenza di adeguate risorse economiche,l’alimentazione, la condizione abitativa, lapresenza di un ecosistema stabile, l’uso so-stenibile delle risorse e la presenza di risor-se e competenze negli individui, sottoline-ando inoltre i legami stretti che intercorro-no tra le condizioni socio-economiche, le

1. IntroduzioneA partire dalla fine degli anni ’70 del secoloscorso nuove scoperte scientifiche, relativeai fattori che influenzano la salute e la malat-tia, indicavano la presenza di strette inter-relazioni tra sistemi biologici e sistemi psi-cologici dell’individuo, aprendo la strada anuovi paradigmi interpretativi e nuovi ap-procci ai temi della promozione della salu-te e della prevenzione della malattia. Lanascita del modello bio-psico-sociale (23),che introduce, tra i fattori responsabili del-l’esordio di patologie, anche le condizionipsicologiche ed i contesti sociali in cui l’in-dividuo è inserito, è contemporanea all’in-troduzione, da parte di autori come Bron-fenbrenner (14), di un approccio sistemicoallo sviluppo umano. I contesti di vita nonsolo prossimali, come il sistema familiare,ma anche distali come l’ambiente lavorati-vo dei genitori ed i modelli culturali e va-loriali che sono propri di una determinatasocietà concorrono a determinare lo svilup-po, più o meno positivo, dell’individuo. Una

Key words: life-skills, active learning, adults, old age, positive functioning

S U M M A RYIntroduction: in post-modern society it become increasingly necessary to promote in adult and old peoplecompetencies that foster the reduction of bio-psychosocial health risks, related to increasing complexity ofsociety and flexibilization of biographies that request new and more flexible answers. Life Skills, a set ofcompetencies for managing life task and challenges (35), can represent effective resources a to deal withchallenges of our society.Objectives: two project was aimed to promote and improve Life Skills in adulthood and old age. Theseprojects were presented at University of Adults of Lugo (Ravenna). 37 individuals (mean age = 52,30)participated in the first course, while 21 individuals(mean age = 53,9) participated in the second course.Method: participants firstly filled four questionnaires that investigate the perceived self-efficacy concerninginterpersonal relationships, empathy, expression of positive emotions and regulation of negative emotions,and creative problem solving; another questionnaire investigated the time perspective.Results: the skills with the highest score were the expression of positive emotions and empathy, while theregulation of negative emotions and interpersonal relationships showed the lowest scores. Negative futureemerged as one of the most critical time dimensions for well-being in all stages of life. The life skills havebeen than explored and improved through a mixed methodology, including laboratories of active learning.

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caratteristiche dell’ambiente, lo stile di vitae la salute.L’attenzione crescente alle componenti po-sitive della salute portò, verso la fine delsecolo scorso, alla nascita del movimentodella Psicologia Positiva (48). La PsicologiaPositiva pone l’accento sulle risorse e le po-tenzialità dell’individuo anziché sui deficite sulle condizioni di malessere (20). La ca-pacità dell’individuo di far fronte alle sfideed alle richieste del contesto sociale, maanche di saper trarre dalle esperienze di vitaelementi di crescita e maturazione psicolo-gica è legata alla presenza di risorse di na-tura cognitiva e sociale che vengono acqui-site sia nell’età dello sviluppo, sia, come di-mostrano sempre più gli studi in prospetti-va life-span, nell’età adulta ed anche in etàanziana. Essa fa propria, soprattutto all’in-terno della prospettiva eudaimonica del be-nessere (46, 51), una concezione della salu-te intesa come “flessibilità proattiva”, comecapacità creativa di adattamento all’ambien-te, dove individuo e ambiente si modifica-no entrambi in senso costruttivo grazie allereciproche influenze. Una concezione che,come sostengono Masten et al. (32), favori-sce lo sviluppo globale ed il raggiungimen-to della salute (quindi molto più che meraassenza di malattia) attraverso il possesso el’utilizzo di competenze, strategie, risorseda parte dell’individuo che attraverso di esseriesce non solo a ridurre l’effetto nocivo deifattori di rischio, ma a modificare l’ambien-te di vita in modo favorevole al dispiega-mento delle proprie potenzialità. Cowen (19)introduce un approccio dinamico e multi-componenziale al benessere psicologico: egliparte dal presupposto che il benessere si fondisulla progressiva costruzione di competen-ze, definite sia come possesso di capacitàeffettive, sia come percezione di competenza

nell’utilizzarle. Per Cowen le competenzevengono costruite durante la fanciullezza evariano nelle diverse fasi della vita, in rela-zione ai compiti evolutivi propri di ogni fase;esse inoltre possono essere potenziate an-che nelle fasi successive della vita.La rilevanza crescente dei sistemi di com-petenze posseduti dall’individuo per la pro-mozione della salute e del benessere è inol-tre legata ai profondi mutamenti struttura-li di natura economica, valoriale, sociale edemografica che stanno investendo la so-cietà occidentale in particolare, ma progres-sivamente, attraverso i fenomeni di globa-lizzazione dovuti principalmente alla digi-talizzazione delle società, tutte le culture.Il passaggio dalla prima alla seconda mo-dernità (5) che può essere considerato, sulpiano storico, quasi coevo ai cambiamentiparadigmatici che hanno investito le scien-ze bio-mediche e psico-sociali, si caratte-rizza per il venir meno dei forti legami traindividuo e istituzioni sociali che garanti-vano chiarezza normativa e prevedibilitàbiografica grazie alla stabilità dei modellivaloriali, sociali e lavorativi cui l’individuofaceva riferimento per la costruzione deipropri percorsi di vita. L’ingresso nella se-conda modernità comporta un profondomutamento strutturale della società: si as-siste a processi di individualizzazione e pre-carizzazione delle biografie di vita, doveviene sempre più riposta nelle abilità delsingolo la capacità di auto-orientarsi tramolteplici modelli sociali, valoriali e pro-getti di vita sul piano relazionale e profes-sionale (si pensi ai processi di precarizza-zione del lavoro di cui sono oggi protagoni-sti soprattutto, ma non solo, i giovani). Unulteriore processo caratteristico della secon-da modernità è rappresentato dalla progres-siva riduzione della prevedibilità del futuro

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(28), con forti riverberi sulla capacità di co-struire piani e progetti a lungo termine,soprattutto nelle generazioni più giovani,le quali tendono ad orientarsi su progettibrevi o sul tempo presente, in cui prevale latendenza all’attesa o all’esperienza occasio-nale non pianificata (52, 53). L’incertezzasociale e biografica comporta un forte cam-biamento sul piano della costruzione iden-titaria, privilegiando le cosiddette “identi-tà riflessive” (33), dove la continuità bio-grafica diventa frutto della capacità indivi-duale di definire e ridefinire, in modo fles-sibile, un orizzonte di scelta e di apparte-nenza. La Divisione di Salute Mentale del-l’Organizzazione Mondiale della Sanità evi-denziò, già dagli anni novanta (35), la rile-vanza crescente delle Life Skills, definitecome abilità/capacità che permettono di ac-quisire un comportamento versatile e posi-tivo, grazie al quale possiamo affrontare ef-ficacemente la vita quotidiana. Esse rappre-sentano un insieme di competenze sociali erelazionali che permettono agli individui diaffrontare in modo efficace le esigenze dellavita quotidiana, rapportandosi con fiducia ase stessi, agli altri ed alla comunità. Lamancanza di tali skills può causare, in par-ticolare nei giovani, l’instaurarsi di compor-tamenti negativi e a rischio in risposta allostress (35). Luogo di apprendimento privi-legiato (ma non unico) delle Life-Skills è cer-tamente la scuola, entro la quale anche nelcontesto italiano sono stati attivati diversiprogetti e percorsi (8, 9, 26) Le Life Skills(o “skills for life”), si delineano come “com-petenze trasversali”, non legate ad alcunadisciplina scolastica specifica, ma in gradodi migliorare anche le competenze accade-miche attraverso la loro applicazione ancheal contesto dello studio. Le Life Skills indi-viduate dall’OMS riguardano i seguenti

aspetti dell’esperienza umana:- Autoconsapevolezza. Capacità di leggere

dentro se stessi, di conoscere se stessi, ilproprio carattere, i propri bisogni e desi-deri, i propri punti deboli e i propri puntiforti. E’ la condizione indispensabile perla gestione dello stress, la comunicazioneefficace, le relazioni interpersonali positi-ve e l’empatia.

- Gestione delle emozioni. Capacità di ricono-scere le proprie emozioni e quelle deglialtri. Essere consapevoli di come le emo-zioni influenzano il comportamento, inmodo da riuscire a gestirle in modo ap-propriato e a regolarle opportunamente.

- Gestione dello stress. Capacità di riconosce-re e controllare le fonti di tensione sia tra-mite cambiamenti nell’ambiente o nellostile di vita, sia tramite la capacità di ri-lassarsi.

- Senso critico. Capacità di analizzare e valu-tare le situazioni. Saper analizzare infor-mazioni ed esperienze in modo oggetti-vo, valutandone vantaggi e svantaggi, alfine di arrivare ad una decisione più con-sapevole, riconoscendo e valutando i di-versi fattori che influenzano gli atteggia-menti ed il comportamento, quali adesempio l’influenza dei mass-media.

- Decision making. Capacità di prendere de-cisioni. Saper decidere in modo consa-pevole e costruttivo nelle diverse situa-zioni e contesti di vita. Saper elaborare inmodo attivo il processo decisionale puòavere implicazioni positive sulla saluteattraverso la valutazione delle diverseopzioni e delle conseguenze che esse im-plicano.

- Problem solving. Capacità di risolvere pro-blemi. Saper affrontare e risolvere in modocostruttivo i diversi problemi che, se la-sciati irrisolti, possono causare stress men-

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tale e tensioni fisiche.- Creatività. Capacità di affrontare in modo

flessibile ogni genere di situazione. Sapertrovare soluzioni e idee originali, compe-tenza che contribuisce sia al decisionmaking sia al problem solving, permet-tendo di esplorare le diverse alternativepossibili e le conseguenze delle diverseopzioni.

- Comunicazione efficace. Capacità di espri-mersi in ogni situazione particolare sia alivello verbale che non verbale in modoefficace e congruo alla propria cultura, di-chiarando opinioni e desideri, ma anchebisogni e sentimenti, ascoltando con at-tenzione gli altri per capirli, chiedendo,se necessario, aiuto.

- Empatia. Capacità di comprendere gli al-tri. Saper comprendere e ascoltare gli al-tri, immedesimandosi in loro anche in si-tuazioni non familiari, accettandoli e com-prendendoli e migliorando le relazioni so-ciali, soprattutto nei confronti di diversi-tà etniche e culturali.

- Relazioni interpersonali. Capacità di inte-ragire e relazionarsi con gli altri in modopositivo. Sapersi mettere in relazione co-struttiva con gli altri, saper creare e man-tenere relazioni significative, ma anche es-sere in grado di interrompere le relazioniin modo costruttivo.

I programmi di Life Skills Education sonostati fin qui utilizzati soprattutto all’inter-no di percorsi legati alla prevenzione deicomportamenti a rischio in età adolescen-ziale, dimostrando la loro efficacia nella ri-duzione dei comportamenti di rischio perla salute e problematici sul piano psicoso-ciale (12, 34). D’altro canto la psicologiadell’arco di vita (44, 22, 3) estende all’inte-ra vita dell’individuo i concetti ed i proces-si di evoluzione, sviluppo e crescita, deline-

ando in questo modo una prospettiva di ac-crescimento di competenze e abilità chepossano garantire una gestione efficace delletransizioni della vita (come, ad es., l’ingres-so nel lavoro, la formazione di una fami-glia, il pensionamento), e la modificazionedi traiettorie di vita particolarmente espo-ste a rischi di natura psicosociale o dellasalute (43, 22). Le Life Skills, proprio per-ché considerate una gamma di abilità co-gnitive, emotive e relazionali di base checonsentono alle persone di operare con com-petenza sia sul piano individuale che su quel-lo sociale (9), possono svolgere un ruolo im-portante nella promozione della salute, in-tesa come benessere bio-psico-sociale (6),anche oltre le età di vita per le quali eranostate originariamente pensate; con le oppor-tune modifiche di obiettivi, esse possonoessere estese all’età adulta ed anziana, inrapporto alle nuove sfide (ma anche oppor-tunità) poste dai cambiamenti strutturalidella società.Alcuni compiti di sviluppo legati alle tran-sizioni dell’età adulta e anziana necessitanoinfatti di competenze e abilità per poter es-sere affrontati con successo. L’età adulta ri-chiede sempre più competenze per affron-tare specifici compiti di sviluppo, come lastrutturazione di un percorso lavorativo (17)e la creazione di legami affettivi stabili, cherichiedono sia capacità negoziali con le isti-tuzioni sociali e lavorative, sia abilità com-plesse di comunicazione ed empatia, assie-me al saper collocare eventi e problemati-che all’interno dei contesti e processi stori-co-sociali legati all’evoluzione della societàcontemporanea (1, 32, 53). La fase del pen-sionamento richiede, per l’aumento dellasperanza di vita (24), la capacità di ripro-gettare la propria vita attiva sul piano so-ciale (49, 50), processo che richiede all’in-

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dividuo competenze di pianificazione futu-ra, ma anche di relazione interpersonale ecomunicativa, per incontrare nuovi ambien-ti sociali o per ricostruire reti relazionali aseguito di perdite importanti sul piano affet-tivo (è il caso della perdita del coniuge/part-ner), processi che a loro volta richiedono ca-pacità di rielaborazione dei vissuti emozio-nali di depressione, abbandono, rabbia e tri-stezza e di apertura (self-disclosure) all’altroper poter costruire relazioni significative ingrado di ridefinire un senso di appartenenza.La mancanza di queste capacità pone l’anzia-no a rischio di solitudine affettiva, uno deipiù rilevanti fattori di rischio per il declinocognitivo, fisico e sociale (42).

2. La ricerca-interventoL’dea di sviluppare un percorso di valuta-zione delle Life Skills possedute dalle per-sone adulte ed anziane e di potenziamentodelle stesse è stata discussa da uno degliautori con i responsabili dell’Università perAdulti della città di Lugo (Ravenna), unadelle più importanti Associazioni per la pro-mozione della cultura del territorio del-l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna,di cui Lugo è centro principale; essa contaoltre un migliaio di iscritti e numerosi cor-si attivati, che vedono la partecipazione didiverse fasce d’età: gli iscritti infatti sonocompresi in un range di età che va dall’etàadulta alla quarta età (oltre 80 anni), conuna netta prevalenza di donne (circa 1000)rispetto agli uomini (circa 500). Per quantoriguarda il livello di scolarità, la maggioran-za degli iscritti possiede il Diploma di Scuo-la Secondaria Superiore, seguito dalla Laureae dalla Scuola Media Inferiore. I progetti sonoentrati a far parte dei Corsi proposti agli iscrittirispettivamente per gli anni scolastici 2011/12 e 2012/13 e sono stati successivamente

attivati in quanto hanno raggiunto il nume-ro di partecipanti richiesto.Le Life-Skills oggetto dei corsi. I corsi sul po-tenziamento delle Life Skills, avendo comedurata massima 40 ore, hanno richiesto unaselezione delle competenze da approfondiree sviluppare. Sono state scelte, per il primocorso, la gestione delle emozioni, l’empa-tia, le relazioni interpersonali, la comuni-cazione efficace, il pensiero critico ed il pen-siero creativo. Il secondo corso attivato haapprofondito ulteriormente le relazioni in-terpersonali e la psicologia dell’esperienzatemporale, area di indagine oggi di crescenteinteresse e con rilevanti ricadute sul pianodel benessere e della salute delle persone.La consapevolezza che le modalità con cuigli individui percepiscono ed organizzano illoro rapporto con il passato, il presente e ilfuturo hanno grande rilevanza per il funzio-namento positivo globale (54, 17), almenoquanto la capacità di utilizzare strategie diorganizzazione temporale della vita quoti-diana per far fronte allo stress derivante dalleaccresciute richieste della società contem-poranea (31, 28) e di anticipare mentalmen-te scenari ipotetici futuri identificando alcontempo le strategie idonee a ridurne gliimpatti più negativi (2), ha fatto pensareagli autori di poter individuare nella com-petenza temporale una nuova, fondamenta-le Life-Skill, essenziale nelle età adulta edanziana.La modalità con cui si sono svolti i due cor-si ha fatto rifermento teorico al paradigmadella ricerca-intervento (29), per il quale losviluppo di un gruppo si configura comemodalità di intervento che presuppone laconoscenza dei fattori sui quali innescare,attraverso la partecipazione attiva ed il coin-volgimento delle persone, il cambiamentoauspicato.

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2.1 MetodologiaIl percorso formativo sulle Life-Skills è sta-to suddiviso, per ognuno dei due corsi, indue fasi, la prima di valutazione delle lifeskills sopra elencate mediante strumentisomministrati ai partecipanti e la secondabasata su momenti di approfondimento te-orico e su attività laboratoriali (apprendi-mento attivo).

2.1.1 Fasi ed obiettiviPrima fase. Primo corso- Valutazione del livello di autoefficacia

percepita nelle seguenti Life-Skills: comu-nicazione efficace, relazioni interpersona-li, empatia, espressione e regolazione delleemozioni, pensiero critico, pensiero crea-tivo, sviluppo di una prospettiva tempo-rale bilanciata, gestione del tempo quoti-diano, capacità di pianificazione ed anti-cipazione proattiva degli eventi criticifuturi

- Valutazione dell’influenza dell’età sullecompetenze percepite nelle Life Skills

- Valutazione delle correlazioni tra le com-petenze percepite sulle Life-Skills

Prima fase. Secondo corso- Valutazione delle caratteristiche della pro-

spettiva temporale (densità degli eventiricordati o prefigurati e loro tonalità emo-zionale; coerenza tra i tempi passato, pre-sente e futuro)

- Valutazione delle strategie di gestione deltempo quotidiano

- Valutazione delle strategie cognitive uti-lizzate per la costruzione di scenari ipote-tici futuri e delle strategie cognitive e com-portamentali utilizzate per ridurre i rischidi esiti negativi

Seconda fase. Entrambi i corsi- Miglioramento/potenziamento delle life-

skills attraverso momenti di approfondi-

mento teorico e momenti di laboratorioin cui sono state utilizzate diverse tecni-che di apprendimento attivo (role playing,focus group), scelte in base al tipo di Life-Skill considerata

2.1.2 Strumenti utilizzatiI due corsi hanno visto l’utilizzo di stru-menti di natura quantitativa (questionariself-report) e qualitativa (domande aperte,libere associazioni a parole-stimolo). Per lavalutazione della competenza percepita inalcune Life-Skills sono stati utilizzati i se-guenti strumenti self-report:- Questionario sull’autoefficacia sociale per-

cepita (15, 16). Il questionario, compostoda 15 items, valuta la propria capacità diinserirsi facilmente, di sentirsi a proprioagio e di svolgere un ruolo proattivo insituazioni sociali, come iniziare una con-versazione con chi non si conosce moltobene, esprimere la propria opinione ingruppo. La scala valutativa è una Likert aquattro punti (1 = per niente capace; 4= molto capace).

- Questionario sull’autoefficacia percepitanella regolazione delle emozioni negative(15, 16). Il questionario, composto da 8items, valuta quanto si è capaci di regola-re emozioni negative come la frustrazio-ne, l’irritazione per i torti subiti, la rab-bia. La scala valutativa è una Likert a quat-tro punti (1 = per niente capace; 4 =molto capace).

- Questionario sull’autoefficacia nell’espres-sione delle emozioni positive (15, 16). Ilquestionario, composto da 7 items, valu-ta la capacità percepita di esprimere emo-zioni positive come entusiasmo e conten-tezza in occasione di feste e incontri congli amici, di rallegrarsi del successo di unapersona amica, di entusiasmarsi ascoltan-

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do una musica che piace. La scala valuta-tiva è una Likert a quattro punti (1 = perniente capace; 4 = molto capace)

- Questionario sull’autoefficacia percepita alivello empatico (15, 16). Il questionario,composto da 12 items, misura le convin-zioni relative alle proprie capacità di ri-conoscere sentimenti, emozioni e le ne-cessità degli altri, di capire quando unamico ha bisogno di aiuto senza che lochieda esplicitamente, di capire l’effettodelle azioni sui sentimenti degli altri. Lascala valutativa è una Likert a quattropunti (1 = per niente capace; 4 = moltocapace)

- Questionario sull’autoefficacia percepitanel pensiero critico e divergente (37). In-dica le convinzioni possedute circa la ca-pacità di affrontare e risolvere i problemiin modo creativo, critico e innovativo,come individuare soluzioni alternative, in-ventare nuove procedure anziché limitar-si a seguire quelle stabilite dagli altri. Lascala valutativa è una Likert a quattropunti (1 = per niente capace; 4 = moltocapace).

Per la valutazione delle caratteristiche dellaprospettiva temporale è stato utilizzato unquestionario che prevedeva i seguenti com-piti:a) descrizione, attraverso un’immagine, del

proprio passato, presente, futuro;b) descrizione, attraverso cinque aggettivi,

del proprio passato, presente, futuro;c) collocazione temporale (nel passato, pre-

sente o futuro) di pensieri frequenti (ri-cordi, esperienze, situazioni, attese ...)positivi;

d) collocazione temporale (nel passato, pre-sente o futuro) di pensieri frequenti (ri-cordi, esperienze, situazioni, attese …)negativi.

Per la valutazione del futuro negativo e del-le strategie poste in atto per fronteggiarnegli esiti è stato utilizzato un questionarioche prevedeva i seguenti compiti:a) visualizzare e descrivere la situazione fu-

tura che si teme maggiormente;b) indicare quanto essa sia distante dal pre-

sente;c) elencare quali emozioni essa susciti;d) indicare quali azioni si pensa siano pos-

sibili per evitare che essa si attualizzi;e) indicare quali azioni la persona sta adot-

tando per evitare che essa si verifichi eperché.

2.1.3 PartecipantiHanno preso parte al primo corso 37 sog-getti (9 maschi e 28 femmine; età media52,3); al secondo corso hanno partecipato21 soggetti (6 maschi e 15 femmine, etàmedia 53,9 anni).

2.2 Risultati2.2.1 Valutazione delle Life Skills oggetto dellostudioLe competenze che presentano il punteggiopiù elevato riguardano l’empatia e l’espres-sione delle emozioni positive (rispettiva-mente M = 2.83 e M = 3.18, con punteg-gio massimo previsto =4), mentre la rego-lazione delle emozioni negative è risultataessere la competenza con il punteggio piùbasso (M = 2.38).Le competenze percepite relativamente allevarie life skills sono risultate tutte positi-vamente correlate, con valori che vanno dar = .37 (p< .01) a r = .65 (p< .001).I risultati emersi dalle analisi statistichehanno permesso di calibrare il tempo dadedicare agli interventi su specifiche lifeskills; si è cercato infatti di assegnare piùtempo all’approfondimento teorico e all’ap-

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prendimento attivo riguardante alcune LifeSkills che hanno evidenziato basi punteggi.2.2.2 La fase di apprendimentoI risultati dei questionari hanno permessodi mettere a punto un percorso di apprendi-mento teorico ed esperienziale che ha ap-profondito le Life Skills previste dai due cor-si, facendo particolare attenzione a quellecompetenze che risultavano più critiche,come la regolazione delle emozioni negati-ve, le competenze per creare nuove relazio-ni interpersonali soddisfacenti e il futuro ne-gativo. Considerata l’eterogeneità dell’etàdegli iscritti ai corsi si è cercato di predi-sporre gli incontri e le attività di laborato-rio dedicate all’approfondimento di ogni LifeSkills in modo che potessero tener conto ilpiù possibile delle esperienze di vita quoti-diana di tutti i partecipanti (indipendente-mente della fascia di età), e si potesse quin-di verificare l’importanza di queste skills.Per questo, le attività come i role playing ei focus groups sono stati pensati per affron-tare e discutere problemi e situazioni in cuile varie età potessero riconoscersi, come ledifficoltà di relazione interpersonale con icolleghi al lavoro, il colloquio di lavoro perun’assunzione, la comunicazione tra geni-tori e figli adulti, l’organizzazione tempo-rale delle attività quotidiane in rapporto allemolteplici richieste dell’ambiente, la soli-tudine in età anziana e la ricerca di amicizieper poter condividere momenti o attività,la risoluzione creativa di problemi della vitaquotidiana e dell’attività professionale, lapromozione della salute.Ognuna delle Life Skills trattate nei corsi èstata oggetto inizialmente di approfondi-mento teorico e successivamente di labora-torio pratico ed esperienziale. Per ogni LifeSkill sono state previste da 2 a 3 incontri.Ai fini del presente contributo e per ragioni

di sintesi vengono qui presentate in detta-glio, a scopo esemplificativo, soltanto al-cune esperienze, che hanno riguardato alcu-ne specifiche Life Skills: la competenza co-municativa, la prospettiva temporale bilan-ciata, la gestione ed organizzazione del tem-po quotidiano, le strategie di coping proat-tivo per ridurre il rischio che si realizzinoin futuro eventi critici o temuti.a. La competenza comunicativa e la sua cen-tralità nelle relazioni interpersonaliParte teorica. La costruzione di relazioni sod-disfacenti e durature è un bisogno dell’esse-re umano che si evidenzia fin dalla nascitaattraverso sistemi di attaccamento specifi-ci (13). Gli incontri dedicati a queste Life-Skills hanno approfondito dapprima il con-cetto di “competenza comunicativa” e di“comunicazione efficace”, illustrando ai par-tecipanti la rilevanza di entrambi i sistemicomunicativi utilizzati nel dialogo interper-sonale, la comunicazione verbale e la co-municazione non verbale, quest’ultima de-finita anche come “linguaggio della relazio-ne” in quanto canale privilegiato attraversocui vengono espresse le nostre emozioni edi nostri vissuti (38, 40). Ogni comunicazio-ne che voglia essere efficace (ovvero sia ingrado di raggiungere l’obiettivo che il locu-tore si è prefissato, dall’informazione allarichiesta di compagnia, di aiuto, di condi-visione di esperienze…) si basa sulla utiliz-zazione competente di entrambe le formedi comunicazione, verbale e non verbale.Successivamente è stato affrontato il temadella reciprocità comunicativa, che permet-te di capire come gli atteggiamenti inter-personali siano influenzati dallo stile comu-nicativo adottato (se, ad es., si aggrediscel’altro attraverso un particolare stile non ver-bale preciso, la reazione di chi si sente ag-gredito potrà innescare a sua volta una co-

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municazione conflittuale, esplicita o impli-cita, che persisterà nel tempo finchè nonvenga chiarito da entrambi che cosa non hafunzionato in quella relazione). Consideratele differenti età dei partecipanti, sono statiutilizzati, nella parte esperienziale, sessionidi role playing centrati su esperienze di vitacome un colloquio di assunzione, un con-flitto tra due coniugi in cui uno richiedevamaggiore autonomia di vita e il dialogo traun genitore anziano ed il figlio adulto a pro-posito di vacanze estive. Qui sotto un esem-pio di questi.Fase di apprendimento attivo: la vacanza delgenitore anziano (role-playing). Il gioco diruolo porta sulla scena un episodio che vedeprotagonisti una signora ultraottantenne edil figlio adulto. La madre comunica al figlioche nel mese di luglio andrà in vacanza sul-le Dolomiti da sola, con la propria auto,per poter fare passeggiate e fruire di unambiente per lei suggestivo, dal momentoche ama la montagna da sempre. Il figlioappare subito preoccupato, e comunica chia-ramente l’ansia per questo viaggio in pienaautonomia, attraverso il canale non verbale(in particolare il tono della voce). Lascia peròquesta comunicazione implicita, cercandouna scusa che appare socialmente plausibi-le, la cura dei nipotini piccoli. La madre peròè irremovibile e dice chiaramente al figliodi essere la responsabile della sua vita e divoler decidere autonomamente dove anda-re anche a questa età così avanzata.La discussione che è seguita al gioco di ruo-lo ha portato l’attenzione dei corsisti sia sugliaspetti della comunicazione efficace discus-si nella parte teorica sia su alcune dinami-che interpersonali legati al rapporto tra ge-nitori anziani e figli adulti. Tra questi, lanecessità di non infantilizzare il genitoreormai molto anziano (fenomeno frequente

nella società odierna, dove è in crescita ilnumero degli anziani ultraottantenni) e lapresenza di stereotipi sull’anziano che po-trebbero condurre a non valutare la personaspecifica e le sue risorse: in questo caso lamadre, pur ultraottantenne, mostra una for-te autonomia, motivazione e funzionalitàpsico-fisica globale, condizione che non puòessere sottovalutata dal figlio, ma che ri-schia invece di non essere considerata inquanto non rientra nel prototipo dell’anzia-no ottuagenario. L’analisi delle sequenzeinterattive ha permesso inoltre di mostrarecome le nostre credenze, i nostri atteggia-menti si manifestino soprattutto attraversoil canale non verbale, e come sia necessarioaprire un dialogo con l’altro che ne rispettil’autonomia e la diversa visione sulla vita.b. La competenza temporaleb1) Il futuro negativo (anticipare mentalmen-te le situazioni temute e individuare oggi lestrategie per ridurne l’impatto o evitarnel’attuazione).Parte teorica. La parte teorica dell’esperienzaha fatto inizialmente riferimento al costruttodi prospettiva temporale, identificato ini-zialmente da Zimbardo e Boyd (54) comeuna “cornice” (frame), o categoria cognitivaentro la quale l’esperienza di vita viene ri-partita nelle dimensioni fondamentali delpassato (positivo o negativo), presente (fa-talistico o edonistico) e futuro. Carelli,Wiberg e Wiberg (17) hanno recentementeproposto una revisione di questo costrutto,distinguendo due dimensioni essenziali delfuturo, il futuro negativo (che riguarda lapercezione del futuro come tempo minac-cioso, attivatore di ansie ed eventi criticinegativi) ed il futuro positivo (che riguardala pianificazione di attività, comportamen-ti volti a conseguire obiettivi di valore emotivanti). Il futuro negativo appare una

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delle dimensioni della prospettiva tempora-le maggiormente in grado di ridurre il be-nessere psicologico e provocare un impattopotenzialmente negativo sulla salute perce-pita; per questo è fondamentale l’apprendi-mento e l’utilizzo di strategie efficaci in gra-do di ridurne gli effetti nocivi. Tra questestrategie di anticipazione, interesse crescen-te stanno suscitando le strategie proattive dicoping (2) che si articolano in cinque fasi di-stinte:- Accumulare le risorse. Questa fase compren-

de l’accumulo di risorse e l’acquisizionedi abilità e competenze che preparano, alivello generale, a riconoscere i segnali ogli indizi di eventi critici che possono con-cretizzarsi in futuro e a farvi fronte inmodo da evitare il loro accadere.

- Riconoscere i segnali e gli indizi rilevanti.Spesso i segnali di crisi sono di piccolaportata ed un ruolo cruciale nel loro rico-noscimento tempestivo è rivestito dallacapacità di elaborare l’informazione inmodo non distorto da fattori emotigeniquali l’ansia e la preoccupazione.

- Valutazione iniziale della crisi potenziale.Quando si è constatato che una crisi o unperiodo difficile “si avvicina all’orizzon-te” entrano in gioco compiti diversi cherichiedono specifiche abilità, tra cui com-petenze cognitive per generare scenaricomplessi favorevoli.

- Dalla valutazione iniziale alla scelta delleprime azioni. Numerosi sono i fattori psi-cologici che favoriscono o viceversa bloc-cano il passaggio dalla valutazione circaciò che potrebbe verificarsi all’azione pia-nificata, tra i quali l’autoefficacia perce-pita (4), e le credenze di controllo interno(41).

- Richiesta di feedback sulle strategie prescelteed utilizzate in via preliminare. Quest’ulti-

ma fase del coping proattivo richiede, af-finchè possa essere attivata, buone com-petenze comunicative e relazionali.

Fase di apprendimento attivo. Possibili situa-zioni negative future (focus group). La fasesuccessiva ha visto la compilazione di unbreve strumento volto a favorire la visua-lizzazione di situazioni future che i corsistidefiniscono più minacciose e le strategieutilizzate per farvi fronte. Il focus groupattivatosi successivamente ha discusso gliscenari futuri temuti, dove spiccano le dif-ferenze di età per contenuti e collocazionetemporale. Mentre infatti i giovani e gliadulti tendono a riferire scenari legati al-l’incertezza lavorativa e sociale, sentitacome fattore che può compromettere i pro-pri sogni e progetti e collocata in un futuroa breve-medio termine (Andrea, 38 anni:“temo la privazione della possibilità di vi-vere la propria vita… Oramai non si è sicu-ri né in casa né fuori, si può venire derubatio peggio rapinati in qualsiasi momento…”),gli anziani anticipano mentalmente scenarilegati alla perdita della salute e dell’auto-nomia, percepite come le due minacce piùgravi alla vita futura (Ada, 61 anni: “temol’invecchiamento con malattia mentale, mivedo incapace dell’autonomia e chiusa incasa sola”). Le emozioni suscitate da questiscenari si caratterizzano per la loro conno-tazione di frustrazione ed impotenza (An-drea, 38 anni: rabbia, impotenza, amarez-za) o di ansia (Ada, 61 anni: grande paura;Luciana, 64 anni: estrema preoccupazione,ansia e paura), e vengono utilizzate per in-trodurre le strategie proattive di copingcome strumenti in grado di ridurre l’im-patto (o anche il verificarsi) di questi scena-ri minacciosi e di modificare i vissuti emo-zionali. All’interno delle strategie proatti-ve vengono approfondite infatti tecniche e

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processi di natura cognitiva, come l’atten-zione alle informazioni, la costruzione discenari futuri più positivi allo scopo di con-vogliare motivazione e comportamenti attia rafforzare il locus of control interno e tec-niche di rinforzo del feedback che si puòottenere dalla relazione con gli altri alloscopo di verificare se i passi compiuti appa-iono corretti o necessitano invece di modi-fiche e riformulazioni. Vengono inoltre ri-chiamate e brevemente approfondite stra-tegie cognitive di problem solving creati-vo, efficaci nella ristrutturazione degli sce-nari e nella ricerca di risposte innovative aiproblemi.b2) L’armonia tra passato, presente e futuro (unarisorsa per il benessere psicologico e sociale)Parte teorica. Gli incontri dedicati al rappor-to tra prospettiva temporale e benesserepsicologico e sociale hanno preso in esame,sul piano teorico, il costrutto di Prospetti-va Temporale Bilanciata introdotto recen-temente da Boniwell e Zimbardo (10), ilquale sta ricevendo una crescente attenzio-ne da parte della Psicologia Positiva e, ingenerale, da parte di quei settori di ricercache indagano sui fattori di promozione delbenessere. Essa viene definita come la capa-cità di utilizzare in modo appropriato ledifferenti dimensioni della prospettiva tem-porale (ossia il passato positivo, il presenteedonistico ed il futuro positivo) rispetto allecircostanze e in base ai diversi contesti divita (ad esempio è importante per il benes-sere relazionale saper gioire dei rapporti fa-miliari e di amicizia nel tempo presente,mentre può essere più utile al proprio be-nessere o alla soddisfazione in campo pro-fessionale una forte capacità di organizza-zione e pianificazione delle attività in vistadi obiettivi futuri) e riveste un ruolo fonda-mentale nella globale soddisfazione di vita

(11). Dopo l’attività di apprendimento at-tivo (role playing) viene approfondito ulte-riormente il tema del rapporto tra benesse-re e dimensioni temporali, distinguendo trabenessere edonico (21) che riguarda la sod-disfazione per la propria vita e l’esperienzaemozionale positiva o negativa e benessereeudaimonico (16), che invece si riferisce allafelicità determinata dalla realizzazione del-le potenzialità e dei talenti all’interno dellasocietà. Pensare, ad esempio, di potenziareil benessere edonico comporta una forte at-tenzione al presente e alla prevalenza di vis-suti emozionali positivi (gioia, felicità), le-gati al presente ed al passato; potenziareinvece il benessere eudaimonico implicafocalizzare la propria attenzione sul futuropositivo, sentito come tempo della proget-tualità. Vengono considerate, in particola-re, alcune strategie per favorire l’armoniatra passato presente e futuro e il vissutopositivo del tempo come la reminiscenzaper aumentare la salienza del passato posi-tivo, l’anticipazione e la propositività per ilfuturo positivo, l’esperienza flow, o espe-rienza ottimale (18) per il presente edoni-stico.Fase di apprendimento attivo. Una conversazio-ne “di altri tempi” (role-playing).Il gioco di ruolo viene interpretato da dueamiche anziane, Ada e Antonia, le quali sitrovano insieme in pasticceria a bere un caf-fè. Ada inizia a parlare di cosa le piacerebbefare nel pomeriggio: andare a fare una pas-seggiata in centro per vedere le vetrine deinegozi, e alla sera recarsi al cinema, doveproiettano un film da lei tanto atteso. E’chiaro, anche se implicito, l’invito ad An-tonia, che invece parla ininterrottamente damezz’ora di quando, dieci anni fa, nello stes-so periodo andava in vacanza sulle Dolomi-ti, cosa che ora non fa più, da quando ha

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perso il marito (è vedova da molti anni,ormai). La conversazione si protrae perun’ora circa, poi entrambe si salutano, sen-za aver concordato nulla per la giornata.I partecipanti sono invitati a riflettere sulfatto che le due amiche vivono proiettatein due differenti dimensioni temporali, ilpresente ed il passato, e questa discrepanzanell’esperienza temporale rende difficile unaintesa progettuale. A questo punto il lavo-ro di gruppo viene focalizzato sulla prospet-tiva temporale bilanciata, che consiste an-che nella capacità di utilizzare in modo fles-sibile “il tempo giusto” in quel determina-to frangente. Nel caso di Ada e Antonia,mentre la prima è concentrata sul presente,la sua amica invece vive proiettata nel pas-sato, percepito come tempo ideale e proba-bile punto di confronto con un presente sem-pre e comunque più negativo (nella sua pro-spettiva di comparazione).b3) L’agenda temporale quotidiana e l’esperien-za di stress: le strategie di Time management.Parte teorica. Un tema di crescente rilevanzaper le ricadute sul piano della salute e delbenessere riguarda la gestione del tempoquotidiano di vita, divenuto oggi partico-larmente difficile e spesso “portatore” distress. La parte teorica introduttiva ha dap-prima evidenziato il ruolo dei “valori tem-porali” espressi da ogni società in uno spe-cifico momento storico nella costruzionedella prospettiva temporale di ognuno, e laloro modificazione nel passaggio dalla pri-ma alla seconda modernità (28). Se infattila prima modernità proponeva il futuro cometempo fondamentale di realizzazione di sée delle collettività, accentuando la rilevan-za delle strategie di pianificazione a lungotermine, della dilazione delle gratificazionie dell’armonizzazione dei tempi affettivo,lavorativo e ricreativo in un quadro coeren-

te guidato dai valori della realizzazione diun preciso progetto biografico, la secondamodernità invece pone l’enfasi sul tempopresente, privilegiando un approccio allebiografie caratterizzato dalla scomparsa deiprogetti a lungo termine e dalla opacizza-zione del futuro, cui fa da corollario l’inve-stimento in molteplici attività ed esperien-ze poste nella dimensione del presente (52,39). La crescente complessità della societàoccidentale contemporanea, assieme ai pro-cessi di individualizzazione e precarizzazio-ne delle biografie e al diffondersi delle tec-nologie digitali sta infatti portando all’au-mento delle richieste (lavorative, sociali,familiari…) che “collassano” simultanea-mente tutte sul presente quotidiano, crean-do negli individui l’esperienza diffusa distress e di “ansia” legata alla pressione tem-porale dovuta alla sensazione di non esserein grado di fare fronte in modo adeguato atutte queste richieste. L’accelerazione tem-porale su tempo (e spazio) quotidiano comeluogo della familiarità e del radicamentoidentitario (28) espone gli individui ad al-cuni rischi quali la frammentazione e so-vrapposizione delle attività, l’insoddisfazioneed il risentimento come vissuti emotiviquando velocità e lentezza temporali nonpossono convivere e non ci si sente in gradodi cogliere tutte le opportunità in teoriadisponibili.La difficoltà di gestione del tempo quoti-diano nell’epoca della post-modernità si acu-isce inoltre per il genere femminile, in quan-to sottoposto a richieste molteplici e simul-tanee (equilibri di tempi casa-lavoro; curadelle persone non autosufficienti, bambinio anziani), che generano spesso vissuti difrustrazione dovuti alla percezione di man-canza di tempo per sé.A questo punto viene introdotto il modello

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denominato “Time Management” (31) cheviene approfondito nelle sue dimensioni te-oriche e operativo-strategiche all’interno ditre consecutivi focus groups, con la richie-sta ai partecipanti di annotare durante lasettimana i momenti di maggiore criticitàtemporale e l’eventuale applicazione dellestrategie apprese.Fase di apprendimento attivo. Il tempo quoti-diano e l’esperienza di stress (focus group) Vie-ne proposto un breve questionario all’iniziodel primo incontro dedicato alle strategiedi gestione del tempo quotidiano che i par-tecipanti compilano in circa mezz’ora eche serve da base su cui lavorare. Esso af-fronta le seguenti tematiche:- Gli obiettivi prioritari e quelli secondari. Vie-

ne incoraggiata la riflessione dei parteci-panti per verificare se questa distinzioneviene adottata nella vita quotidiana e perindividuare quali criteri e valori guida laorientano: stabilire le priorità è un primo,importante passo per organizzare le attivi-tà quotidiane.

- La lista degli impegni/attività da svolgere. Ilcompito consiste nella riorganizzazione diessa in base alle priorità individuate come“antidoto” allo stress da pressione tempo-rale.

- L’attenzione ai processi di procrastinazione.Spesso di fronte ad attività o compiti chenon piacciono, si tende a lasciarli indietro,pensando di riuscire comunque a portarli atermine entro le scadenze prefissate. Ci siaccorge poi che “il tempo non basta più”,con il rischio di fare esperienza di notevolestress ed ansia, nocivi per la salute ed ilbenessere psicologico. La riflessione cheviene svolta dopo la lettura di alcune ri-sposte approfondisce alcune cause del mec-canismo di procrastinazione, come l’ansiada prestazione, il perfezionismo come mec-

canismo difensivo nei confronti di una au-tostima non elevata e la conseguente pa-ura di non essere all’altezza delle aspettati-ve. In questo focus-group emerge la diffi-coltà delle donne ad armonizzare i tempidel lavoro con i tempi della cura familiare,che genera stress ed a volte vissuti depres-sivi e di demotivazione; molto animato ilconfronto con i partecipanti uomini delgruppo.

- La gestione monocronica vs policronica del tem-po quotidiano (30). Preferire di svolgere unaattività alla volta (uso monocronico deltempo) o più attività contemporaneamen-te (uso policronico del tempo) rappresentauna differenza individuale (ma anche unadifferenza di natura culturale, (27)) rilevan-te, soprattutto nell’epoca della società di-gitale, che ha accentuato la simultaneitàdelle esperienze grazie all’annullamento del-le distanze spazio-temporali tra gli utenti.L’uso delle tecnologie informatiche infattiincoraggia l’adozione di una gestione poli-cronica del tempo presente-quotidiano, convantaggi ma anche rischi legati al tipo diattività da svolgere.

3. Discussione e conclusioniIl progetto di potenziamento delle Life Skil-ls in età adulta e anziana ha cercato di ri-spondere alla necessità crescente di abilità dinatura cognitiva, interpersonale ed emozio-nale per gestire con competenza le sfide po-ste sia dalle transizioni e dai compiti di svi-luppo “tipici di ogni specifica fase di vita, siadalla crescente complessità della società con-temporanea. La crescente complessità e fles-sibililità dei percorsi di vita che si evidenzianella società contemporanea richiede allapersone in ogni fase della vita il possesso diuna vasta gamma di abilità da utilizzare neidifferenti contesti sociali, da quelli familiari

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a quelli lavorativi e di comunità (25). Le com-petenze sulle quali i partecipanti hanno per-cepito una minore autoefficacia hanno riguar-dato la regolazione emozionale e la costru-zione di relazioni interpersonali, mentre leskills in cui essi si sono sentiti maggiormen-te competenti sono legate all’empatia ed allaespressione delle emozioni positive, due com-petenze essenziali per la costruzione di rela-zioni strette e di supporto reciproco e fonda-mentali per il benessere psicologico in ognietà della vita (45). Ciò ha portato a dedicareun tempo maggiore all’approfondimento diquelle life skills rispetto alle quali i parteci-panti si valutavano più carenti, come la re-golazione delle emozioni negative o le abili-tà di costruzione delle relazioni interperso-nali.L’analisi correlazionale ha evidenziato comequeste competenze presentino significativeinterdipendenze, confermando che esse con-corrono a determinare un insieme ampio edintegrato di abilità il cui possesso favorisce

lo sviluppo personale e la relazione con i con-testi di vita. Inoltre, la competenza tempo-rale, skill che si ritiene di crescente impor-tanza nella società contemporanea, caratte-rizzata dal venir meno di un futuro prevedi-bile e causalmente legato alla pianificazionedegli obiettivi e centrata invece sulla simul-taneità delle esperienze poste nel presente,ha incontrato interesse e partecipazione vivada parte dei corsisti, che hanno potuto ac-quisire competenze teoriche e strategiche pergestire il complesso rapporto con il temponella vita quotidiana. La capacità di sinto-nizzare se stessi su di una specifica dimensio-ne temporale e di adottare una prospettivatemporale bilanciata, rappresenta una com-ponente rilevante della più ampia competen-za temporale in quanto la rielaborazione delpassato, la partecipazione alle esperienze pre-senti e la riduzione delle ansie legate a scena-ri critici o negativi previsti nel futuro, con-sente alle persone di migliorare il benesserepsicologico e sociale.

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Are you ready for dance/change? Il “ProgrammaInterdipartimentale Promozione della salute” dell’AziendaUsl di Modena: innovare l’organizzazioneAre you ready for dance/change? The Modena ASL “Health PromotionInterdipartimental Program”: innovating organization

Giuseppe Fattori, Maria Monica Daghio, Marco Vanoli

Giuseppe FattoriProgramma Interdipartimentale Promozione della Salute, AUSL di Modena

Maria Monica DaghioProgramma Interdipartimentale Promozione della Salute, AUSL di Modena

Marco VanoliProgramma Interdipartimentale Promozione della Salute, AUSL di Modena

“La principale speranza di armonia nel nostro tormentato mondo risiede nella pluralitàdelle nostre identità, che si intrecciano l’una con l’altra e sono refrattarie a divisionidrastiche lungo linee di confine invalicabili a cui non si può opporre resistenza”1.

Amartya Sen

Parole chiave: programma interdipartimentale di promozione della salute, partecipazione, organizzazionelocale della promozione della salute, empowerment, cambiamento

RIASSUNTOObiettivi: chiedersi se le politiche di promozione della salute sono una lezione dimenticata o ancora daimparare è la domanda cruciale da cui si muove la riflessione sul significato che ha il Programma Interaziendaledi Promozione della salute dell’Azienda USL di Modena. La letteratura evidenzia quanto gli interventi dipromozione della salute, molto spesso, si focalizzino sul comportamento del singolo individuo. Il rischio èquello, da un lato, di colpevolizzare la vittima, attribuendogli la responsabilità di non aderire alle racco-

1 Amartya Sen, Identità e violenza, Laterza, 2006

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mandazioni salutari che riceve e, dall’altro di non programmare azioni che vadano ad intervenire sulle causesociali e strutturali che generano problemi di salute.Metodologia: l’esperienza del Programma di Modena è il tentativo di organizzare in modo strutturale gliinterventi di promozione della salute. Lo scopo è quello di “sostenere la rete di relazioni e favorirel’integrazione fra i diversi soggetti interni ed esterni all’Azienda USL al fine di rafforzare i rapporti dicondivisione e collaborazione con le realtà territoriali, l’Azienda Ospedaliera Policlinico, l’Università degliStudi, il Terzo settore e gli Enti Locali mediante strategie di promozione della salute volte alla comunicazio-ne, all’educazione, alla partecipazione e alla riduzione delle disuguaglianze.”Risultati: integrazione orizzontale fra le diverse competenze (Azienda Usl e Azienda Policlinico) che siinterseca con l’impianto strategico (verticale) dettato dalle scelte politiche (agende) e si concretizza su duelivelli: il Programma territoriale (politico), il Programma interaziendale (tecnico) per sviluppare le azioniall’interno delle aree tematiche alcol, fumo, alimentazione, movimento e malattie sessualmente trasmissibili.Per entrambi i livelli la dimensione di rendicontazione (accountability) e monitoraggio è essenziale. Ladescrizione del Programma che si cerca di realizzare sul territorio di Modena, con tutti i suoi limiti, è unesempio di quanto la lezione della Carta di Ottawa non sia stata dimenticata.

Key words: health promotion, participation, empowerment, health promotion program, local health promotionorganization

S U M M A RYObjectives: is health promotion a forgotten or current lesson? The Health Promotion Plan in Modena, Italy,should be the answer to this question. What is clear is that the great deal of health promotion interventionsare addressed to individual behaviors. The risk is i) to blame citizens for having a disease due to theirincorrect behaviors and ii) avoid to plan actions aimed to the real biologic/environmental/socioeconomiccauses. The purpose of Modena Health Promotion Plan is to favour the share of knowledge in the networkbetween health system, local institutions, charity organization, citizens, voluntary services.Method: health Promotion plans need two levels of integration, i.e. a vertical one, that is the strategic plan(policy level), a horizontal one, that is the network interaction and communication (professional ability). The vertical level generates the Local Health Promotional Plan framework whereas the horizontal levelconsents peer distribution of competencies.Results: our experience shows how the interconnection between local policy and health system leads to thestructural plan of actions: the Charta Ottawa lesson is still current in Modena Health Promotion Plan.

Alcuni anni fa in Canada, patria della Cartadi Ottawa, ci si chiedeva se “le politiche dipromozione della salute fossero una lezionedimenticata o ancora da imparare” (1) Do-manda legittima, ma oltremodo inquietantese si considera che già nell’antica Grecia allasalute si guardava sia sul piano individualeche comunitario. Il concetto di dieta, peresempio, aveva un significato che andava benoltre il semplice mangiare e bere, la diatetica

era infatti considerata la pietra miliare dellacura che comprendeva gli stili di vita comeunicum. Essa forniva informazioni sul mododi vivere di un uomo: relazione veglia/son-no, attività/riposo, scelta del cibo, quantitàconsumata e tutti gli altri aspetti del vivereche dovevano essere controllati non solo percurare malattie, ma anche per mantenereprestanza fisica e bellezza. Sul piano sociale,la visione della salute degli antichi Greci te-

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neva conto dei bisogni della comunità persviluppare competenze, creare un ambientesalutare e sviluppare politiche per la salutepubblica. In altre parole si aveva un concettodi salute molto allargato che, ancora oggi, èalla base della promozione della salute se-condo la carta di Ottawa (2).E questo aspetto per Ackerknecht (3) è digrande importanza per comprendere al me-glio la continuità e nel contempo l’evoluzio-ne del pensiero umano.Evoluzione che ci ha oggi portato a ricono-scere nella partecipazione la strada principa-le che le istituzioni sociali e politiche devo-no percorrere per favorire l’empowerment del-l’individuo e della comunità al fine di agireper la promozione della salute dell’interapopolazione. Sfida non facile da accogliereconsiderato che la maggior parte delle atti-vità di promozione della salute hanno avuto,e continuano ad avere, l’obiettivo di agiresul singolo individuo (4). Il rischio da evitareè quello di colpevolizzare la vittima (5) at-tribuendole la responsabilità dell’irrisoltoproblema di salute senza intervenire sullecause sociali e strutturali che lo hanno gene-rato. La personalizzazione della salute, infat-ti, sposta l’attenzione sul “combattimento”,“lotta” o “battaglia” contro una malattia,contro un’abitudine (fumo, alcol). L’accentoè quindi posto sul senso di colpa, responsabi-lità personale e sull’azione del singolo indi-viduo e il cambiamento può, di conseguen-za, avvenire solo a livello personale, ma nona quello strutturale.Altro rischio è quello di ridurre la promo-zione della salute a semplici interventi dipromozione di cambiamento di atteggiamentiche non modificano le condizioni sociali edambientali di rischio che, in realtà, sono ilvero obiettivo della promozione della saluteintesa come “programma”. Le strategie di

intervento sociale che agiscono per lo svi-luppo delle comunità enfatizzano l’uso dellapianificazione e dei modelli di azione socia-le. Il loro obiettivo è quello di un cambia-mento istituzionale la cui chiave sono i grandidecisori – decision maker – e/o tutti coloroche possono esercitare una influenza direttasul vertice delle istituzioni (policy maker). Loscopo è quello di ottenere un radicale cam-biamento nelle politiche, una redistribuzio-ne delle risorse e l’instaurazione, o riforma,della legislazione e delle regole (6).Per Baum (7) il cambiamento strutturale èignorato dai governanti che invece continua-no a premere sulla segmentazione della po-polazione al fine di intervenire solo sullamodifica dei comportamenti non salutaridegli individui.Segmentazione che sembra avere un effettoboomerang se proprio su due temi caldi del-la salute pubblica – alcol e dieta – chi riescead indurre un cambio di comportamento èsolo il mercato attraverso l’uso di messaggiseduttivi, evocativi che rinforzano insani sti-li di vita… (8).Per disegnare e implementare un program-ma di promozione della salute si dovrebberomettere in relazione evidenze scientifiche,strategie di intervento e sostenibilità dei ri-sultati raggiunti (9). La classificazione dei li-velli di azione per programmi di salute a lun-go termine potrebbe essere così scandita:- costruire, mantenere, sviluppare le infra-

strutture (plannig, relazioni interne, part-nership, risorse umane, finanziamenti, ecc.)necessari per la promozione della salute;

- cambiare l’approccio alla “salute” di indi-vidui, comunità, organizzazioni sociali, isti-tuzioni, in altri termini dell’ambiente;

- sostenere progetti ad ampio respiro, per-ché nella promozione della salute i risulta-ti non sono dimostrabili in tempi brevi.

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Ciò comporta il superamento della “sindro-me di Cenerentola” per cui la promozionedella salute “sembra dover continuamenterivalutare e riaffermare le sua prospettive”(10). In altri termini, procedendo per via ne-gativa, si può dire che la promozione dellasalute non è: prevenzione dell’obesità o dellemalattie non trasmissibili (NCD), controllosui determinanti di salute, ecc. La promozio-ne della salute è un ampio framework che or-ganizza e dà coerenza a questi diversi ambitidi attività, a volte fra loro antagonisti, offren-do orizzonti di valore e concettuali, metodi estrumenti di valutazione che consentono unosviluppo organico e razionale che aprono aduna visione proattiva (cosa si può fare) del-l’educazione/prevenzione della salute.Al piano strutturale e di significato, va ag-giunto, secondo Ruckert (11), che la promo-zione della salute di una popolazione richiedeuna interazione mutua anche fra i diversi li-velli di governo (locale e regionale) in cui sial’individuo sia la comunità possano orientarele azioni in modo concorde e simmetrico.A garanzia di ciò, è necessario definire rego-le chiare a cui i diversi soggetti che hannointeresse/interessi nella promozione della sa-lute debbano attenersi. Lo sviluppo della gam-ma di interessi è molto ampio, possono es-sere di natura economica (marketing), poli-tica (power), professionale, ma tutti trovanoil loro punto di forza nella frammentazione.Un chiaro esempio, in ambito sanitario, èl’estenuante lotta per mantenere ancorate ase stesse le diverse discipline (esperti in die-ta, alcol, ecc.). La costruzione di un fra-mework per la promozione della salute simuove nella prospettiva di una condivisionedi regole su cui poggiare le alleanze necessa-rie per raggiungere obiettivi comuni. Inol-tre, l’interazione fra individuo e comunità,in una logica di empowerment reciproco, è

la precondizione per dare ad ognuno l’oppor-tunità di riappropriarsi del potere di cambia-re non solo lo stile, ma anche le condizionidi vita. La necessità di una presenza più mas-siccia di un movimento pubblico che dibattae pesi sui temi della salute deve emergereaffinché la visione dell’ambiente, inteso nel-la sua complessità, quale luogo di salute di-venti centrale nella formulazione delle “agen-de” per le politiche di salute e, soprattutto,le agende non calendarizzino esclusivamentegli interessi di lobby e/o di corporazioni mul-tinazionali (12).La metafora del ballo non spiace agli articoliscientifici (Take your partners for the dance, BMJ1999) e, volendola applicare alla promozio-ne della salute, si potrebbe pensare alle im-ponenti coreografie del film Ziegfeld Follies(1945) in cui ogni ballerino è un tassello irri-nunciabile per l’effetto d’insieme. Solo unosguardo attento rivela le singole identità. Laperfezione tecnica, l’attenzione al particola-re/generale, al dentro/fuori disegnano fanta-smagorici scenari che la prestazione seppurperfetta di un singolo danzatore non riusci-rebbe a rendere. Regia, allenamento, respi-razione, esercizio, tempo, ritmo, orecchio,sguardo, consapevolezza dei limiti, lavoro disquadra, antagonismi controllati, capacità divedere oltre sono alcuni dei fattori che con-sentono di realizzare una coreografia. Inter-settorialità, multidisciplinarietà, partnership,regia, sguardo sul presente, ma proteso alfuturo, competenza specifica, competenzetrasversali, potrebbero essere i ballerini dellacoreografia della danza “promozione dellasalute”.

Modena: Passi di danzaL’esperienza del Piano per la Salute (PPS)nella regione Emilia-Romagna è stata impe-gnativa ed esaltante. Per la provincia di Mo-

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dena il PPS o “piano poliennale di azione elabo-rato e realizzato da una pluralità di attori, co-ordinati dal governo locale, che impegnano risorseumane e materiali allo scopo di migliorare la sa-lute della popolazione anche attraverso il miglio-ramento dell’assistenza sanitaria” è stato un’im-portante palestra di costruzione sociale dellasalute dal 2001 al 2007.In questa traiettoria, nel 2000 la Conferen-za Territoriale Sociale e Sanitaria (CTSS)aveva individuato il Programma Promozio-ne della Salute dell’AUSL di Modena qualearea prioritaria del Piano per la Salute. L’ac-quisizione nella pratica, non solo da lette-ratura, che la salute è patrimonio della co-munità (Enti Locali, Scuola, capitale socia-le, ecc.) e che la comunità non è solo desti-nataria di interventi, ma importante part-ner, ha spinto all’integrazioni delle azionifra le due Aziende Sanitarie (Azienda Usl eAzienda Ospedaliera Universitaria Policli-nico) attraverso il Programma interazien-dale “Comunicazione e Promozione dellasalute” 2008-2010 e poi esteso al 2014. Loscopo è quello di implementare a livellolocale il Programma nazionale “Guadagna-re Salute”, in coerenza con i contenuti delPiano Nazionale e Regionale della Preven-zione, con gli indirizzi del Piano SanitarioNazionale 2006-2008 e del Piano Sociale eSanitario 2008-2010 dell’Emilia-Romagna,piano Regionale della Prevenzione 2010-2012 e prorogato al 2013. A livello locale idocumenti di riferimento sono: la program-mazione provinciale (Atto di Indirizzo e Co-ordinamento triennale) definita dalla Con-ferenza Territoriale Sociale e Sanitaria sullabase del Profilo di Comunità; i Piani di Zonaper la Salute e il Benessere Sociale dei di-stretti della provincia di Modena. Dalle ori-gini il Programma ha avuto come scopo losviluppo integrato (istituzioni, EELL, capi-

tale sociale) di azioni sui temi di salute: ali-mentazione, movimento, fumo, alcol, conattenzione alla prevenzione cardiovascolaree oncologica, all’AIDS e alla diffusione delvalore della solidarietà (volontariato, dona-zione di sangue e organi).La programmazione prevede una gestioneper processi delle azioni di promozione del-la salute per favorire l’integrazione e l’in-tersettorialità.Nel 2011 con delibera della CTSS il Pro-gramma è diventato territoriale e l’impian-to si è ulteriormente delineato affidando ilcoordinamento del Gruppo strategico all’as-sessore provinciale welfare/sanità e all’asses-sore alle politiche sociali e sanitarie del Co-mune di Modena e di cui sono membri didiritto gli assessori alle politiche sociali esanitarie dei Comuni capodistretto dellaprovincia di Modena. L’Azienda USL ha ri-cevuto il mandato relativo al coordinamentotecnico relativo allo sviluppo delle aree te-matiche di Guadagnare Salute sia in rela-zione alla progettualità sia in ordine alla co-struzione di alleanze sia di monitoraggiodelle azioni. Il Piano Attuativo Locale (PAL)2011-2013 recepisce l’impianto leggendo-ne la continuità con i Piani per la Salute acui attribuisce l’avvio di “un importanteprocesso di coinvolgimento ed integrazio-ne tra soggetti” che è confluito nel Pro-gramma Territoriale Comunicazione e Pro-mozione della Salute, struttura unica fraAUSL e Azienda Ospedaliera - Universita-ria. Inoltre, il Gruppo Operativo, deputatoal coordinamento ed allo sviluppo attuati-vo del Programma Territoriale Comunica-zione e promozione della Salute ha istituito“gruppi specifici di lavoro” per “rafforzare irapporti di condivisione e collaborazione conle realtà territoriali, il Terzo Settore e gliEnti Locali”.

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Coreografo, étoile, ballerini di fila:il “Programma InterdipartimentalePromozione della salute”

“Sta prendendo vita una nuova geografia delleprofessioni, in cui lo status, inevitabilmente, conte-rà meno della velocità di interpretazione e di pre-senza, destinato a diventare “reliquia” per quan-ti non capiranno che stanno finendo le stagioni delculto”2.

Pier Luigi Celli

Nella logica di una promozione della salute(10) che è framework, orizzonte di riferimen-to, supporto metodologico e garante di coe-renza delle azioni, il ruolo tecnico affidatoall’Azienda Usl di Modena nell’ambito delProgramma Interaziendale di Promozionedella Salute si traduce non solo in una strettacollaborazione con gli altri settori della so-cietà civile, ma anche nel supporto ai dipar-timenti dell’Azienda al fine di non atomiz-zare gli interventi. Lo sviluppo traversale agitodall’obiettivo di intervenire efficacemente ecoerentemente su di un’area tematica (per es.fumo) ripropone, per similitudine, lo sposta-mento da un modello disease centered a quellopatient oriented (13). In altri termini, sono lecompetenze che, in modo proattivo, intera-giscono in una logica di costruzione di alle-anze (community capacity building) per risol-vere/affrontare temi e/o problemi (problemsolving). L’integrazione orizzontale fra le di-verse competenze (dipartimenti) si muoveall’interno dell’impianto strategico dettatodalle scelte politiche (agende) e si concretiz-za su due livelli:1. il Programma Territoriale di Promozione

della salute (livello di integrazione politica)2. il Programma Interdipartimentale per svi-

luppare le azioni all’interno delle aree te-matiche di alcol, fumo, alimentazione,movimento e malattie sessualmente tra-smissibili (livello di integrazione tecnica)

Per entrambi i livelli la dimensione di rendi-contazione (accountability), monitoraggio èessenziale.In questo percorso, in sostanza, la soluzionedel problema e non la dichiarazione di “so-vranità” sul problema, è la prospettiva nellaquale inserire l’interaziendalità e l’interdipar-timentalità del Programma di Promozionedella Salute il cui scopo è “sostenere la retedi relazioni e favorire l’integrazione fra i di-versi soggetti, interni ed esterni all’Azienda,al fine di rafforzare i rapporti di condivisionee collaborazione con le realtà territoriali,l’Azienda Ospedaliera Policlinico, l’Univer-sità degli Studi, il Terzo settore e gli EntiLocali mediante strategie di promozione dellasalute volte alla comunicazione, all’educazio-ne, alla partecipazione e alla riduzione delledisuguaglianze.” I soggetti interni sono iDipartimenti di Salute Pubblica, Salute Men-tale, Cure Primarie, Socio-Sanitario e quelliospedalieri (Medicina Interna, Cardiologia,Oncologia, ecc.) e, naturalmente, le Dire-zioni dei Distretti che nell’Azienda USL diModena sono sette. Il rapporto con l’Azien-da Ospedaliera - Universitaria Policlinicoamplia sia l’ambito di competenze cliniche(il supporto per esempio della clinica di Ma-lattie Infettive al programma Aids) sia quel-lo della sperimentazione/ricerca. I soggettiesterni sono coloro che consentono di lavo-rare sul territorio in setting che non sono pro-priamente di competenza sanitaria (piazze,mercati, festival, locali commerciali, luoghidi lavoro, polisportive e associazioni sporti-ve, ecc.) attraverso sia supporti organizzati-

2 Pier Luigi Celli in: Michele Mezza, Sono le news bellezza, Donzelli, 2011

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vi (EELL; Terzo Settore, Biblioteche, Am-ministrazione carceraria, GDO, Confindu-stria, Confcommercio, ecc.) sia di mediazio-ne dei linguaggi (taratura degli interventi suidiversi target) sia di passaparola per la diffu-sione dei messaggi. A livello distrettuale, gliinterventi di promozione della salute sonoadottati nei Piani di Zona distrettuali per lasalute e il benessere sociale, nonché nei rela-tivi Programmi Attuativi Annuali.Va inoltre sottolineato che il rapporto con-solidato con la Scuola, attraverso l’Educazionedella Salute alimenta, nel tempo il parterredi popolazione coinvolta nei temi di promo-zione della salute. Ogni anno sono circa30.000 le persone (docenti, genitori, bambi-ni, ragazzi) raggiunte.Il Programma per effettuare l’attività di co-ordinamento e integrazione delle attivitàaziendali di promozione di sani stili di vita,relative al Piano Regionale della Prevenzio-ne, e supporto a progetti regionali e ministe-riali, è così articolato:- Educazione alla salute: è la componente

storica della promozione della salute, curail rapporto con le Scuole, la sperimenta-zione delle modalità di peer education, ecc.;supporta le campagne di promozione dellasalute sul territorio;

- Laboratorio Cittadino Competente: suppor-ta l’empowerment del cittadino/pazientenella prospettiva di una costruzione parte-cipata dei progetti;

- Comunicazione e Marketing sociale: spe-rimenta modalità di coinvolgimento deipartner utilizzando i principi del marke-ting sociale;

- Web 2.0 e Salute: sperimenta delle nuovetecnologie (SoME, ecc.) per promuovere la

salute e attraverso queste modalità ampliareil target;

- Progetti di Comunità: supporto di coordi-namento e tecnico alla definizione (costru-zione di alleanze) stesura, realizzazione deiprogetti di comunità sul territorio;

- Pubblicità nei contesti aziendali: fa da ga-rante dell’uso coerente con le finalità del-l’Azienda degli spazi pubblicitari in una lo-gica sia di tutela d’immagine sia di infor-mazione corretta per la salute;

- Protocolli di intesa: cura la stipulazione diaccordi che rafforzano la partnership nellaprospettiva di una costruzione sociale del-la salute;

- Formazione integrata e trasversale: cura laco-progettazione, organizzazione deglieventi formativi a servizio della crescitaculturale (teorico-pratica) degli attori, in-terni ed esterni, coinvolti nel Programma.

Are you ready for dance/change?Imparare a danzare non è facile, richiede dotinaturali quali flessibilità e orecchio. Danzareper fare una coreografia richiede molto lavo-ro. La consapevolezza che il dibattito sul fu-turo della promozione della salute è aperto alivello mondiale (14), che i problemi sociali,economici e culturali richiedono nuove pro-gettualità e che l’interconnessione in una lo-gica “glocale” è ormai una realtà, porta adaccettare la sfida. La descrizione del Program-ma che si cerca di realizzare sul territorio diModena, con tutti i suoi limiti, è un esempiodi quanto la lezione della Carta di Ottawanon sia stata dimenticata. La coreografia pro-babilmente ha bisogno di ulteriore allenamen-to e ancora non è all’altezza delle ZiegfeldFollies, ma in un prossimo futuro…

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Modena - verbale del 26/5/2004- Programma Nazionale “Guadagnare Salute”

SITI DI RIFERIMENTOhttp://www.ppsmodena.ithttp://www.healthpromotion2013.org

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 316-322

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute,vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

La Carta di Ottawa: ancora oggi strumento di innovazionein Emilia RomagnaThe Ottawa Charter: still a tool for innovation in Emila Romagna

Fausto Francia, Patrizia Beltrami

Fausto FranciaDirettore del Dipartimento di Sanità Pubblica AUSL di Bologna

Patrizia BeltramiResponsabile Programma “Promozione della salute” AUSL di Bologna

Parole chiave: strategia, strumenti, comunità, rete

RIASSUNTOObiettivo: valutare se la carta di Ottawa rappresenta ancora oggi un riferimento metodologico applicabileagli interventi di prevenzione.Metodo: partendo dalle cinque attività strategiche suggerite dalla Dichiarazione si è verificato se in questiambiti sono collocabili gli interventi che stanno attuando i servizi di prevenzione della regione Emilia-Romagna nel dare attuazione ai documenti programmatori sanitari e di governo del territorio.Risultati: l’approccio di tipo comunitario al lavoro intersettoriale e multi professionale previsto dalla Cartarappresenta tuttora la strategia vincente pur in una ottica di innovazione scientifica ed organizzativa.

Key words: strategy, tools, community, network

S U M M A RYObjectives: to assess whether the Ottawa Chart is a methodological reference still applicable to preventionactivities.Method: we verified if the interventions that the Emilia-Romagna prevention services are implementing torealize the health care plan and territorial administration agenda are matching the five strategic activitiessuggested by the Declaration.Results: the community-based approach to the multi-sectoral and multi-professional work required by theChart is still the best strategy although in a perspective of scientific and organizational innovation.

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Adottata nel 1986, la “Carta di Ottawa perla Promozione della salute” dell’OMS deli-nea le scelte strategiche necessarie per pro-muovere e tutelare la salute, intesa comeunità olistica di caratteristiche fisiche psi-cologiche e sociali.Dopo oltre 25 la Carta appare ancora straor-dinariamente innovativa, forse anche per iritardi e la lentezza con i quali si è cercato didarle attuazione. Sancisce che il miglioramen-to della salute non dipende solo dall’ inter-vento del mondo sanitario, ma richiede ilcoinvolgimento di professionisti di diversaestrazione che devono “imparare” a lavorarecon modalità integrata per perseguire obiet-tivi comuni. Le stesse politiche per la salutenon sono responsabilità esclusiva di un sin-golo Ministero, ma il frutto di un’ampia gam-ma di decisioni: un approccio di così ampiorespiro è indubbiamente, ancora oggi, un ele-mento fondamentale nella realizzazione dipercorsi di promozione della salute.Promozione della salute intesa come “Ilcomplesso delle azioni dirette non solo adaumentare le capacità degli individui, maanche ad avviare cambiamenti sociali, am-bientali ed economici, in un processo cheaumenti le reali possibilità di governo, daparte dei singoli e della comunità, dei de-terminanti di salute” (Health PromotionGlossary, OMS 1998).Questi presupposti possono trovare praticaattuazione attraverso le cinque attività stra-tegiche previste dalla Carta di Ottawa, at-tività che che rappresentano la cornice al-l’interno della quale si collocano molti in-terventi realizzati nel contesto della regio-ne Emilia-Romagna e in particolare nel-l’Azienda Usl di Bologna.

1) Costruire una politica pubblica perla salute: significa porre la salute all’ordine

del giorno dei decisori politici di ogni set-tore e livello, per sviluppare una maggioreconsapevolezza delle conseguenze che han-no le loro determinazioni in questo ambi-to. Tale strategia è il frutto di azioni diver-se, coerenti e coordinate tra di loro. Diver-si strumenti di pianificazione (dal Piano so-cio-sanitario della Regione Emilia-Roma-gna al più recente Piano Regionale dellaPrevenzione 2010-2013) rappresentano unfondamentale sostegno alla realizzazione diazioni condivise tra più settori della societàche, a diverso titolo, possono contribuirealla promozione della salute. La complessi-tà legata alle caratteristiche socio-economi-che, culturali ed ambientali rende difficileindividuare gli interventi appropriati e ne-cessari ad accrescere la qualità della vita deicittadini. In questo quadro, a nostro avvi-so, spetta al Servizio Sanitario Regionale laresponsabilità di costituire punto di riferi-mento culturale e di essere elemento trai-nante dell’azione degli altri settori, che in-cidono sugli aspetti essenziali della vita quo-tidiana (scuola, mondo del lavoro, agricol-tura, urbanistica, casa, trasporti…).Il Piano Regionale della Prevenzione 2010-2013 è stato redatto in continuità con i prin-cipali strumenti regolatori della RegioneEmilia-Romagna, contribuendo ad orienta-re verso la salute collettiva i diversi stru-menti di programmazione del territorio.Esso afferma: “Una delle fondamentali ra-gioni della necessità di costruire un welfarelocale e di comunità è la peculiare combi-nazione fra politiche generali che incidonosulla qualità della vita quotidiana […omis-sis...]. Tali politiche hanno livelli diversi dideterminazione i cui effetti finali conver-gono comunque a livello locale. Questo com-porta la necessità di realizzare l’attivazionedell’intera comunità locale”.

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La Carta di Ottawa: ancora oggi strumento di innovazione in Emilia Romagna

2) Creare ambienti che favoriscano lasalute: significa promuovere e valorizzaregli “ambienti” che facilitano le scelte di sa-lute. La nostra società è caratterizzata dauna notevole complessità e diventa moltodifficile separare obiettivi di salute da altriobiettivi che essa persegue: le relazioni cheesistono tra le persone e i loro contesti ri-chiedono l’adozione di un approccio pretta-mente socio-ecologico alla salute:occorreincidere sulle condizioni di vita e di lavoroin un ambiente in rapida trasformazione nonsolo in termini strutturali, ma anche rela-zionali.Il Programma ministeriale “Guadagnaresalute” ha facilitato la realizzazione di ini-ziative, non solo di tipo educativo, ma an-che in ambito comportamentale ed ambien-tale, a sostegno dei diversi determinanti disalute.Bologna ha visto l’avvio di numerosi pro-getti di valorizzazione del contesto ambien-tale. Ricordiamo “Parchi in movimento” (21parchi cittadini “adottati” da 11 associazio-ni sportive per la realizzazione di 15 tipolo-gie di attività proposte per 46 momenti diincontro settimanali), che ha consentito, conun percorso di progettazione intersettorialeed interistituzionale, di coinvolgere migliaiadi persone, ma al tempo stesso di utilizzarele risorse e le opportunità territoriali. Direcente, nell’ambito del progetto nazionaleCCM “1 chilometro in salute”, i parchi di11 città italiane sono diventati il settingprivilegiato per la realizzazione di “gruppiomogenei di cammino” per velocità di pas-so: una evoluzione dei gruppi di cammino,già diffusi capillarmente nel nostro territo-rio. Anche il progetto Cittattiva ha visto la“mappatura” di alcuni quartieri di Bolognaper avviare la camminata veloce o la corsalenta (attività fisica moderata) nel contesto

urbano, favorendo l’avvicinamento al mo-vimento attraverso percorsi sicuri: una sor-ta di “impiantistica” a km “0”, ad impatto“0” ed a costo “0” sia per il cittadino cheper l’amministrazione pubblica.

3) Rafforzare l’azione della comunità:significa operare concretamente e all’inter-no della comunità, per definire priorità, as-sumere decisioni, pianificare e realizzareinterventi che consentono di raggiungere unmaggior livello di salute. Per questo lo sfor-zo maggiore è “fare rete” e attingere allerisorse umane e materiali esistenti nellecomunità stesse, per aumentare l’auto aiu-to, il supporto sociale e rafforzare la parte-cipazione sui temi della salute.In questo ambito a Bologna e provincia larealtà dell’auto mutuo aiuto (A.M.A) haormai una storia ultra decennale, a partiredai Piani per la Salute (D.G.R n. 321/2000in attuazione del Piano Sanitario Regionale1999/2001), che, partendo dalla lettura deibisogni hanno coinvolto tutti i componentidella società civile, dai decisori politici, allascuola, alle categorie professionali, creandoalleanze e sinergie. Si è creata una nuova“cultura della salute” che ha fatto crescerenuove consapevolezze teoriche, ma anchenuove modalità di approccio a questi temi,per far assumere alla promozione della sa-lute un ruolo centrale nel lavoro quotidianodi ciascuno dei soggetti coinvolti.La nostra Azienda Sanitaria da tempo so-stiene, attiva e diffonde interventi che pre-vedono approcci multi-target e multi com-ponenti per motivare e facilitare l’adozionedi stili di vita salutari. I progetti in contestidi comunità vedono i soggetti chiamati apartecipare con una duplice funzione: da unlato rappresentano la comunità locale, dal-l’altro sono il tramite per raggiungere altri

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soggetti e le diverse componenti della co-munità in modo da facilitarne la inclusionenel processo partecipativo. L’obiettivo dellavoro in contesti di comunità, così comelo stiamo sviluppando nella nostra realtàlocale, è quello di arrivare a raggiungere la“gente comune”, i cittadini con le loro di-versità, i loro bisogni. le loro risorse, i lorosaperi: questo è il presupposto fondamenta-le per avviare il processo di empowermentcomunitario.Quindi questi percorsi non sono il risultatoo l’azione esclusiva di uno o più servizi, mal’azione che la comunità stessa può intra-prendere per cambiare o risolvere un pro-blema. In questo caso il ruolo dell’operato-re sanitario è essenzialmente quello di faci-litatore: creare situazioni più favorevoli ache i diversi attori coinvolti siano messi ingrado di riconoscere la propria situazionesostiene e motiva ad agire per promuoverecambiamento, ma svolge anche un impor-tante ruolo di catalizzatore nell’intero pro-cesso. Questo approccio è particolarmenteefficace nei setting e nei contesti caratteriz-zati da una maggiore complessità: richiedecapacità di interagire con i diversi attorisociali, di gestire gruppi di lavoro, di co-struire reti nel territorio con attenzione aivalori che vengono veicolati e che la comu-nità esprime. In questo modo lo strumentodella partecipazione diventa un obiettivofondamentale del nostro agire: la ricercadell’autonomia e dell’autodeterminazionerappresenta un elemento essenziale degliinterventi che sostengono la crescita e lamobilitazione della comunità.

4) Sviluppare le capacità personali: si-gnifica sostenere lo sviluppo individuale esociale, fornendo informazione e miglioran-do le abilità utili alla vita quotidiana. Ciò

deve essere reso possibile a scuola, in fami-glia, nei luoghi di lavoro e in tutti gli am-bienti organizzati della comunità.La comunicazione per la salute ha subitoprofondi mutamenti, anche grazie al con-tributo della carta di Ottawa. L’approcciobio-medico prevede l’utilizzo di strumentiessenzialmente informativi e la modalitàcomunicativa è prevalentemente persuasi-va: una sequenza lineare tra l’acquisizionedi informazioni e di conoscenze e la modi-fica di atteggiamenti e di comportamenti.Molti contributi della letteratura mettonoin evidenza che l’utilizzo di questo approc-cio esclusivo, sia a livello individuale checollettivo, ha risultati solo in una minoran-za di soggetti e solo in coloro che possiedo-no più elevati titoli di studio e una miglio-re consapevolezza delle proprie risorse ecapacità personali, con la paradossale con-seguenza di implementare disuguaglianze.Anche “le campagne sugli stili di vita han-no un effetto più marcato sulla quota so-cialmente più elevata della popolazione, cheè in grado di modificare i propri comporta-menti pericolosi più ampiamente e più ce-lermente delle fasce più deboli.” (DonaldAcheson)Di qui la necessità di incidere sui compor-tamenti anche attraverso altri modelli co-municativi: l’approccio socio-affettivo hacome obiettivo lo sviluppo personale, at-traverso le metodologie educative a soste-gno delle life skill (abilità cognitive, emo-tive e relazionali che consentono all’indivi-duo di operare con competenza sia sul pia-no individuale che sociale) e che passanoattraverso metodologie di lavoro essenzial-mente interattive e laboratoriali.La comunicazione a sostegno della motiva-zione al cambiamento comportamentale nonè una relazione di tipo informale, quasi

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La Carta di Ottawa: ancora oggi strumento di innovazione in Emilia Romagna

amicale, ma richiede competenze specifi-che (conoscenze, abilità e autoconsapevo-lezza) che vanno ad aggiungesi a quelle pro-prie della professione svolta. Questo mo-dello comunicativo prende le distanze dal-l’intervento inteso come esclusiva erogazio-ne di “consigli esperti”.In questo senso lo sforzo che è stato realiz-zato sia a livello regionale sia locale è statoquello di investire nella formazione deglioperatori nell’acquisizione di queste abilitàcomunicative, cosiddette “negoziate”, uti-lizzate in molti setting quali la scuola, ilsettore sanitario e quello sportivo.

5) Riorientare i servizi sanitari: signifi-ca adottare un mandato ampio che sia sen-sibile e rispettoso dei bisogni culturali dellecomunità in cui sono inseriti, stabilendo con-nessioni tra il settore sanitario e le più di-verse componenti sociali economiche e po-litiche. Riorientare i servizi significa ancheporre attenzione alla ricerca e alla forma-zione professionale per sostenere atteggia-menti e organizzazioni più vicini ai bisognicomplessivi dell’individuo visto nella suaglobalità.Da questo punto di vista la più importanteinnovazione strategica è la costruzione delle“case della salute”, nuove strutture organiz-zative flessibili tali da garantire – ponendoal centro la persona – equità di accesso e ditrattamento ed una vera integrazione inter-professionale, coerente con un modello or-ganizzativo per intensità di cura e di presa incarico globale della salute dei cittadini.In tale ambito è possibile una alleanza tramedicina di iniziativa e prevenzione, tesa amettere in campo percorsi strutturati dicounseling motivazionale personalizzati ge-stiti direttamente dai medici di medicinagenerale, dai pediatri di libera scelta e dagliinfermieri, nonché interventi preventivi di

comunità condotti direttamente dai Dipar-timenti di Prevenzione nei confronti di grup-pi di soggetti a rischio individuati tra l’uten-za della struttura.Si possono ipotizzare i seguenti ambiti disviluppo in funzione dei target:1. promozione di stili di vita sani (corretta

alimentazione, esercizio fisico, sicurezzastradale, sicurezza domestica, rapporti ses-suali protetti…….)

2. promozione di stili di vita contrastantifattori di rischio (lotta al sovrappeso edalla obesità, al fumo, alla ipertensione, allaipercolesterolemia, all’abuso di alcol e far-maci e sostanze…)

3. promozione di stili di vita coadiuvantiterapie per patologie in essere (prescrizio-ne di esercizio fisico adattato nei post IMAe trapiantati e di attività fisica specificanelle patologie neurologiche e osteoarti-colari nonché gruppi di cammino nel dia-bete di tipo 2)

4. bilanci di salute per fattori di rischio mag-giormente diffusi (visite auxologiche, ap-plicazione carta del rischio cardiovascola-re)

5. promozione dell’adesione ai percorsi discreening (attenzione ai non responders,luogo di ritiro e consegna dei contenitoriper colon-retto, di effettuazione del PAPTEST)

6. promozione delle vaccinazioni obbliga-torie e raccomandate (sia per campagnedi massa sia per somministrazioni mira-te per patologie di base del paziente)

7. partecipazione ad analisi epidemiologi-che, sistemi di sorveglianza e studi di po-polazione (per evidenziare clusters di pa-tologie legate ad esposizioni ambientalicollegate a quella specifica zona, per par-tecipare alla rete di prevenzione dei dan-ni da ondate di calore, per individuarebisogni territorio-specifici…).

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ConclusioniLe strategie del servizio sanitario del futurosi dovranno basare su quattro elementi car-dine:1) La medicina di iniziativa, in quanto i cit-

tadini reclamano una assistenza che nonsi limiti alla cura delle malattie, ma allapresa in carico della loro salute;

2) La presenza di strutture di riferimento,le Case della salute, che rappresenteran-no i baluardi territoriali per le iniziativeassistenziali e di prevenzione;

3) La lotta alle disequità al fine di ridurre ilgap di opportunità nelle scelte di salutelegate al censo, alla etnia ed alla culturadi base individuali, tramite l’individua-zione di percorsi, anche preventivi, di tipostrutturato finalizzati all’appropriatezza

e al consenso informato;4) Una forte collaborazione del sistema sa-

nitario con i soggetti pubblici, privati edel terzo settore presenti nel territoriodi riferimento, per creare insieme dellemappe delle opportunità relative a per-corsi di prevenzione che integrino il tra-dizionale approccio clinico.

Le evidenze scientifiche (fonte OCSE 2012)dimostrano come nella popolazione con etàcompresa tra i 50 e gli 80 anni, i program-mi di prevenzione producano un guadagnoin termini di Dalys che è quasi il doppiorispetto al guadagno in anni di vita: se sivuole governare in futuro la spesa sanitariaquesta è la via obbligata e la carta di Ot-tawa si sposa ancora perfettamente con que-ste linee di sviluppo.

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Articoli

Sistema Salute, 56, 3, 2013: pp. 322-334

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 56, n. 3, luglio-settembre 2013

* Azienda Sanitaria di Firenze (ASF) con la collaborazione dell’Agenzia Regionale toscana di Sanità (ARS). Siringrazia per la collaborazione al progetto: Fabio Voller, Osservatorio sociologia ARS; Alessandro Barchielli,Epidemiologia ASL 10 Firenze; Rina Brunetti, assistente sanitaria (U.O. Assistenza Sanitaria in A.P). ASL 10Firenze - Referente locale della S.S Educazione alla Salute; Silvia Branzini, segreteria ARS per l’inserimentodei dati.

Per un questionario europeo di indagine sui consumi alco-lici e sui possibili danni correlati. Un’esperienza italiana*

For a European questionnaire survery on alcohol consumption and possible damagerelated. An italian experience

Allaman Allamani, Maria Cristina Manca, Karin Pantzer, Ilaria Basetti Sani,Patrizia Ammannati

Allaman AllamaniCoordinatore di Progetto, psichiatra. Centro Alcologico ASF, Firenze

Maria Cristina MancaAntropologa, consulente per la parte qualitativa, intervistatrice

Karin PanzerSociologa, intervistatrice

Ilaria Basetti SaniAssistente sanitaria (U.O. Assistenza Sanitaria in A.P.) ASL 10 Firenze

Patrizia AmmannatiDietista (U.O. Dietetica Professionale) ASL 10 Firenze

Parole chiave: consumi alcolici, danni correlati, metodologia standardizzata, questionari

RIASSUNTOObiettivi: il progetto SMART (Standardizing Measurement of Alcohol-Related Troubles, cioè Standardizzazione dellaMisurazione dei Problemi Correlati all’Alcol), finanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Istituto diPsichiatria e Neurologia di Varsavia (Polonia), tra il 2009 e il 2011 ha inteso identificare una metodologiastandardizzata europea per intraprendere indagini sul consumo di bevande alcoliche e sui problemi o danni

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

323Allaman Allamani, Maria Cristina Manca, Karin Pantzer, et al.

1. Il progetto internazionale SMARTAnche se vi sono notevoli differenze tra Pae-se e Paese – con ormai bassi consumi nei Paesimediterranei e alti consumi in alcuni Paesidel settentrione – l’Unione Europea rappre-senta in media l’area geografica col più altoconsumo di bevande alcoliche: nell’anno2009, il consumo medio di un individuo di15 anni ed oltre era di circa 12,5 litri di alcolpuro, corrispondenti a 27 grammi di alcolpuro al giorno, quantità rimasta stabile pertutto il decennio precedente (3). Altre infor-mazioni emergono dalle indagini sui consu-mi alcolici dei giovani in età scolare, qualiESPAD e HBSC (7, 12), in cui si rileva che

che ne possano derivare.Metodologia: è stato quindi elaborato un questionario internazionale che è stato testato in 9 Paesi Europei,tra cui l’Italia, rappresentata dall’ Azienda Sanitaria di Firenze. Ognuno dei Paesi ha tradotto e adattato ilquestionario alla propria lingua. In totale sono state intervistate circa 200 persone di età compresa tra i 18e i 74 anni. Lo studio quantitativo è stato integrato con dei Focus Group per approfondire alcuni ambititematici.Risultati: a seguito dell’elaborazione dei risultati il questionario è stato ridefinito nella sua forma finale.Sul sito europeo e sul sito italiano: www.ars.toscana.it/pub (documento n. 66/2012) sono visibili i variquestionari e il rapporto finale.

Key words: alcohol consumption, related harm, standardized metodology, questionnaires

S U M M A RYObjectives: the SMART project (Standardizing Measurement of Alcohol-Related Troubles, ie Standardizationof Measurement of alcohol-related problems), funded by the European Union and coordinated by theInstitute of Psychiatry and Neurology in Warsaw (Poland), between 2009 and 2011 has sought toidentify a standardized methodology for the European undertake investigations on the consumption ofalcoholic beverages and the problems or damages that may arise.Method: a questionnaire was therefore developed internationally that has been tested in 9 European countries,including Italy, represented by Health Agency of Florence. Each of the countries has translated andadapted the questionnaire to their own language. In total 200 people were interviewed between the agesof 18 and 74 years. The quantitative study was integrated with the Focus Group to develop certainsubject areas.Results: following processing the results of the questionnaire has been redefined in its final form. On theEuropean site and on-site Italian: www.ars.toscana.it/pub (document no. 66/2012) you can see thevarious questionnaires and the final report.

gli episodi di ubriachezza sono diffusi tra igiovani, anche se gli studenti del sud Europahanno circa cinque volte meno probabilitàdi quelli di altre aree europee di essersi ubria-cati più di 20 volte nella loro vita.Tuttavia, in generale, i dati che si ottengonodalle varie inchieste alcologiche sono dipen-denti in misura considerevole dalle doman-de dei questionari somministrati: nel riesa-minare le analisi costi-benefici di 21 studieuropei, Anderson & Baumberg (5) hannoosservato una grande varietà di metodologieutilizzate.Ad oggi, un approccio di livello europeo perottenere informazioni confrontabili sul con-

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Per un questionario europeo di indagine sui consumi alcolici e sui possibili danni ...

sumo di alcol, sulle modalità del bere e suiproblemi correlati non era stato ancora in-trapreso, a parte alcuni recenti tentativi (EU-ROSTAT, EHIS, EUROBAROMETERECHIM). Per ovviare a tali difficoltà la Com-missione Europea ha richiesto lo sviluppo diuno studio specifico che fosse in grado di pro-durre un questionario alcologico europeo.Il progetto SMART si è pertanto prefisso dimettere a punto una metodologia standar-dizzata che servisse per confrontare adegua-tamente le indagini alcologiche dei vari pae-si europei. Il Progetto è stato finanziato dal-l’Unione Europea attraverso la Public HealthExecutive Agency della Commissione Europea,ed è stato coordinato dall’Instytut Psychiatriii Neurologii (IPiN), di Varsavia in Polonia,sotto la responsabilità del professor JacekMokskalewicz.Il gruppo del Progetto SMART, a seguito diuna rassegna sistematica (6) e tenuto contodelle opinioni di pannelli di esperti, ha pre-parato un questionario unico europeo che sipropone per le prossime indagini epidemio-logiche europee. Hanno partecipato allo stu-dio nove Paesi con diverso retroterra socio-culturale e modalità di consumo di alcol: Ita-lia, Spagna (Mediterraneo), Finlandia (paesinordici), Polonia, Estonia (area del Balticomeridionale), Ungheria, Repubblica Ceca (Eu-ropa centro-orientale), Germania e RegnoUnito (Europa occidentale). Il gruppo si èconfrontato via via durante i due anni (2009-2011) della realizzazione del progetto, sia percorrispondenza elettronica sia in 4 incontrioccorsi semestralmente in varie città euro-pee, tra cui Firenze.

2. Obiettivi e metodologia dello stu-dioL’obbiettivo generale di SMART è sviluppa-re una metodologia standardizzata per com-

piere indagini comparative sul consumo dialcol, includendo il bere episodico eccessivo,l’ubriachezza, il contesto del consumo di al-col, la dipendenza dall’alcol, l’acquisto dibevande alcoliche non registrato (senza fat-tura o ricevuta) e sulle conseguenze sociali(personali e del gruppo) del consumo di al-col, nonché sul sostegno pubblico alle misu-re di politica alcologica.L’impatto previsto è che un migliore uso diapprocci standardizzati in tutta Europa portia politiche più informate e basate sull’evi-denza, ai fini di ridurre le conseguenze nega-tive dell’alcol sulla salute e sull’economia.Gli obiettivi specifici sono stati i seguenti:- rivedere le esistenti metodologie delle in-

chieste alcologiche della letteratura inter-nazionale;

- sviluppare una metodologia d’intervistache valuti la fattibilità di un questionarioalcologico europeo – a livello di popola-zione generale – con domande sul consu-mo alcolico, sui problemi alcol-correlati,e sulle soluzioni auspicate, ai fini di esplo-rare la migliore tipologia di domande ri-spetto ad ogni ambito tematico;

- produrre un questionario finale sulla basedei suggerimenti dei ricercatori e i com-menti degli intervistati da proporre per lesuccessive indagini alcol-epidemiologicheeuropee.

Nella prima fase del progetto è stata elabo-rata una metodologia di indagine standard,che ha richiesto una rassegna della letteratu-ra con la revisione delle circa 40 inchiestealcologiche europee realizzate a partire dal2000. Successivamente è stato elaborato ilquestionario con domande (relative agli ulti-mi 12 mesi) sulla frequenza del bere, le occa-sioni del consumo di alcol, i vari tipi di be-vande consumate, il bere episodico e il berebinge (episodi di bere eccessivo), ed alcune

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domande sulla dipendenza, sulle conseguen-ze sociali (personali e del gruppo) del consu-mo di alcol e sulle politiche alcologiche.Il questionario è stato quindi tradotto nellelingue dei paesi partecipanti e dopo esserestato testato è stato somministrato ad uncampione opportunistico di 200 soggetti inciascuno dei paesi partecipanti, per un totaledi circa 2.000 intervistati. Alcuni paesi han-no anche organizzato dei focus group per in-dagare in profondità i differenti aspetti lega-ti alle modalità del bere.

3. L’esperienza italianaL’Italia ha una sua specificità nel bere, docu-mentata da vari studi epidemiologici e diprevenzione. Tra le istituzioni di ricerca atti-ve in Italia e note all’estero, l’Azienda Sani-taria di Firenze ha da tempo sviluppato nelterritorio di Scandicci iniziative di portataalcologica e vi sono stati realizzati almenodue progetti che hanno coinvolto la comuni-tà locale1. Le risposte date dai cittadini e dal-la comunità nel suo insieme sono state note-voli.Grazie alla collaborazione sviluppata conl’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) in que-sto progetto, l’Azienda Sanitaria di Firenze

ha realizzato una serie di attività coordinatecon l’Istituto di Varsavia:1) traduzione in italiano del questionario

internazionale (redatto in inglese);2) verifica del questionario attraverso un

piccolo gruppo di intervistati;3) somministrazione del questionari agli in-

tervistati;4) inserimento dei dati mediante program-

ma SPSS e invio per la elaborazione al-l’IPiN;

5) conduzione di tre gruppi focali per ap-profondire gli aspetti culturali dei princi-pali concetti sotto studio;

6) collaborazione all’analisi dei dati italianie allo studio internazionale, nonché al rap-porto finale;

7) valutazione del progetto; con restituzio-ne dei risultati dello studio nell’area diScandicci2.

3.1. Traduzione e adattamento del questio-narioIl primo passo è stato quello di tradurre ilquestionario dall’inglese all’italiano, con unlinguaggio adatto alla cultura italiana. Ri-guardo alla tipologia delle bevande, oltre avino, birra e superalcolici è stata aggiunta

1 Il Progetto di prevenzione alcologica di comunità (Educazione ai consumi e prevenzione dei problemi alcol-correlati. “Scandicci 2000”), attuato tra il 1999 e il 2004 (2); e il progetto PRISMA (Progetto nazionale perla promozione di strategie di prevenzione precoci per la riduzione del danno alcol-correlato nei servizi socio-sanitari di base- Progetto dell’Azienda Sanitaria di Firenze. “Identificazione Precoce e Intervento Breve per iBevitori a Rischio nell’assistenza primaria”), attuato tra il 2004 e il 2007 (3).2 Venerdì 12 novembre 2010, nella Sala del Consiglio Comunale di Scandicci, sono stati presentati i risultatipreliminari del progetto europeo SMART, come una giornata di restituzione. La giornata è stata preparata pertempo dal gruppo di Studio SMART con le modalità dell’approccio multidisciplinare che ne ha caratterizzatoil lavoro nei due anni (2009 -2010) in cui si è svolto. La collaborazione della municipalità di Scandicci è stataessenziale.All’incontro erano presenti circa 40 persone, dipendenti del comune di Scandicci, operatori sanitari ASF,volontari dell’Humanitas e dell’Auser, appartenenti, in massima parte, ai 202 intervistati del progetto SMARTche hanno attivamente dimostrato di come le interviste siano state percepite come un contributo attivo dellacomunità locale allo studio SMART.

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Per un questionario europeo di indagine sui consumi alcolici e sui possibili danni ...

una voce per aperitivi-spumanti.E’ stata fatta una traduzione libera in parti-colare per quanto riguarda la formulazionedella domanda sul consumo non registrato,la quale si è focalizzata sulla preparazione dellabevanda in casa o sull’acquisto fatto diretta-mente dai contadini, piuttosto che sul tema,importante invece per i nordeuropei, dellaproduzione e vendita illegali, fenomeno ab-bastanza sconosciuto dalle nostre parti. In altredomande si sono ammorbidite espressioniche indagavano sugli effetti del bere, che unatraduzione troppo fedele avrebbe reso presu-mibilmente inaccettabili agli intervistati.Nella prima settimana di novembre 2009sono state realizzate tre interviste pilota cheavevano come obiettivo di valutare la tradu-zione – linguistica e culturale – nonché i puntidi forza e le aree critiche del questionario.

3.2. Gli intervistatori, la scelta del territo-rio e degli intervistatiLa scelta degli intervistatiDa novembre 2009 a febbraio 2010 è statorealizzato un totale di 202 interviste. Com-plessivamente, si è trattato di un campiona-mento di 182 bevitori “moderati” e di 20bevitori forti, o “eccessivi”, o con trascorsidi alcolismo.Bevitori moderatiPer effettuare le interviste ai 182 bevitorimoderati il territorio di riferimento princi-pale è stato Scandicci, città di 50.000 abi-tanti, alla periferia sudovest di Firenze, dovel’Azienda Sanitaria di Firenze, responsabiledello studio, aveva in precedenza realizzatouna serie di attività di prevenzione alcologi-ca (vedi nota 1).A Scandicci si sono identificate due aree: (a)un’area urbana, riferibile al centro della cit-tà, e (b) un’area semirurale, identificata nellafrazione di Badia a Settimo, zona interme-

dia tra città e campagna, con una lunga tra-dizione rurale ma ora in fase di urbanizzazio-ne. Per raggiungere il richiesto numero diinterviste, si è anche utilizzato il territoriodella città di Firenze e, per un piccolo nume-ro di intervistati, la vicina città di Sesto Fio-rentino a nord di Scandicci.Pur rispettando le previste quote per classidi età, genere e aree urbana/rurale (Tab. 1) lascelta del campione è stata opportunistica.Per reperire le persone che avrebbero accet-tato di essere intervistate sia in area urbanasia in area semi-rurale, si è fatto capo ad al-

Tabella 1 - Distribuzione dei bevitori moderati inter-vistati (N= 182) secondo area di residenza (urbana/rurale) e secondo il genere e tre classi di età

cune istituzioni: (a) il Comune di Scandiccicon i suoi dipendenti; (b) l’Azienda SanitariaLocale con i suoi dipendenti e utenti intervi-stati presso gli ambulatori dei presidi sanita-ri; (c) le associazioni di volontariato che sioccupano di assistenza socio-sanitaria (Hu-manitas di Scandicci centro, Humanitas diSan Colombano) con i loro soci e utenti; (d)l’associazione per l’assistenza agli anzianiAuser di Sesto Fiorentino, con i volontari chene fanno parte.Inoltre, per semplificare il reclutamento nellafascia di età 18-29 anni, si è in gran partericorso a una procedura a “palla di neve”3 apartire dalle iniziali conoscenze delle inter-vistatrici.

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Le 182 persone intervistate erano di età com-presa fra 18 e 74 anni; 94 erano donne e 88uomini. Per 104 di loro la provenienza era diarea urbana e per 78 di area rurale.Forti bevitoriLe 20 interviste ai forti bevitori sono staterealizzate tra novembre 2009 e febbraio 2010.Di questi 20 intervistati, 6 erano utenti delCentro Alcologico dell‘Azienda Sanitaria diFirenze che avevano smesso di bere da alme-no un mese o che avevano deciso di ripren-dere il trattamento dopo un periodo di inter-ruzione; 2 intervistati erano da poco entratia far parte degli Alcolisti Anonimi e aveva-no smesso di bere da più di sei mesi; in 5 casisi è trattato di persone con un passato di for-ti bevitori, indicate perché conosciute perso-nalmente dagli intervistatori e/o dal coordi-natore; in 7 casi si è trattato di persone cherispondendo al questionario hanno afferma-to di consumare una quantità di bevande al-coliche superiore ai 40 grammi giornalieri(cioè 4 bicchieri da 100 cc. di vino, o equiva-lenti).Somministrazione del questionarioLe interviste hanno avuto una durata varia-bile tra i 20 e i 40 minuti circa. Nelle inter-viste individuali sono state usate anche delleschede (card) da mostrare agli intervistati,contenenti le risposte da scegliere quandovenivano presentate alcune domande.Ad ogni intervistato individualmente veni-vano presentati un bicchiere standard di vino(100 cc.), di birra (lattina di 330 cc.), di ape-ritivi o spumante (100 cc.) e di superalcolici(40 cc.). Ciò affinché l’intervistato potessecalcolare e riferire correttamente ciò che abi-tualmente consuma secondo le varie bevan-

de. Solamente per le interviste ai forti bevi-tori non sono stati utilizzati i bicchieri e lalattina di riferimento, poiché avevano procu-rato apparentemente qualche difficoltà nelleinterviste fatte nella struttura alcologica.Il gruppo di intervistatrici, composto daun’assistente sanitaria, una dietista, una so-ciologa e un’antropologa, ha realizzato le in-terviste faccia-a-faccia: l’intervistatrice rivol-geva le domande e riempiva a matita il que-stionario. Per 15 persone si è trattato di in-terviste a piccoli gruppi. È stato chiesto adogni intervistatrice di tenere un “diario dicampo” dove annotare commenti, riflessio-ni, idee e proposte rispetto alle interviste, alquestionario in generale e alle sezioni di do-mande. L’insieme dei commenti, riflessionie proposte ha poi costituito l’ossatura delreport finale e di questo articolo. Il gruppo siè riunito da novembre a marzo circa ogni 15giorni insieme al coordinatore del progettoper presentare e commentare il lavoro svol-to, i problemi, le difficoltà, gli obiettivi rag-giunti e per programmare i passi seguenti, inuna costante dinamica di collaborazione in-terdisciplinare. Periodicamente nelle riunio-ni, le intervistatrici comunicavano alle col-leghe i dati delle interviste da loro registratisu un’apposita scheda segnalando l’età, il ses-so e la zona di residenza (urbana, rurale) diogni intervistato. Inoltre veniva informatoil gruppo di lavoro di chi, fra gli intervistati,si rendeva disponibile per partecipare ai fo-cus group. Lo scopo era di avere costante-mente un calendario attualizzato rispetto alnumero e alla tipologia delle persone inter-vistate.

3 Si tratta di un campionamento di convenienza dove i primi membri del campione ne identificano altri consimili caratteristiche

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3.3. I risultati dello studio italianoOrganizzazione del questionarioIl questionario si componeva di 5 macro se-zioni contenenti domande rivolte con mo-dalità diverse ma sul medesimo contenuto,assegnate in modo casuale ad ogni intervi-stato. Le macro sezioni facevano riferimentoalla frequenza, quantità e contesto del con-sumo di alcol, all’ubriachezza e al bingedrinking (episodi di bere eccessivo), al con-sumo non registrato, alla dipendenza da al-col e alle conseguenze del consumo di alcol(consumo personale, di persone vicine o del-la comunità). Il questionario prevedeva inol-tre una sezione con domande sull’opinionein merito alle politiche alcologiche ed unasezione relativa ai dati sociodemografici.Dopo aver concluso il questionario e dopoaver ringraziato, l’intervistatore chiedeva al-l’intervistato di commentare e valutare ledomande di alcune sezioni del questionario.Commento generaleLa maggior parte (80%) delle persone inter-vistate sono state disponibili a rispondere alledomande dei questionari, ma circa il 40%sono state poco disponibili a fare commenti,nonostante abbiano apprezzato la possibilitàdi esprimere il loro punto di vista. General-mente il questionario è stato bene accettatoe ha riscosso interesse una volta che ne è sta-to chiarito lo scopo. I rifiuti4 all’intervistasono stati del 3,4% (n. 7 persone).E’ stata gradita la spiegazione iniziale su comefare il calcolo delle unità alcoliche mostran-do i bicchieri e la lattina. Per molti degliintervistati era la prima volta che provavanoa quantificare il proprio consumo di bevandealcoliche e qualcuno è stato sorpreso dallaquantità consumata, poiché riteneva che un

bicchiere di vino contenesse una quantitàdecisamente superiore a 100cc. Visualizzarela quantità e sapere quanti grammi di alcolcontiene una “bevuta”, ha permesso agli in-tervistati di prendere coscienza di quanto al-col consumava giornalmente e ha dato lapossibilità ad alcuni di aprirsi e di parlare delproprio bere senza timore di essere giudica-to. Alla conclusione del questionario circaun terzo delle persone ha voluto sapere dipiù e approfondire l’argomento del bere.Vari intervistati hanno commentato che ilquestionario era comprensibile perché è sta-to spiegato dall’intervistatore fin dall’inizionei suoi obiettivi, finalità e domande, sotto-lineando che se ciò non fosse stato fatto nonsarebbero stati in grado di rispondere da soliin quanto le quasi tutte le domande sonoapparse “molto complesse”.É stato anche molto utile l’uso delle card cheha aiutato gli intervistati a comprendereimmediatamente il tipo di risposte da poterdare, ad ottimizzare i tempi e a facilitare lerisposte come rinforzo/memoria visiva rispet-to a quanto letto dall’intervistatore.Da una impressione d’insieme delle rispostealle interviste, le modalità del bere si diffe-renziano soprattutto nel bere durante i pastiversus fine settimana, tra giovani, giovaniadulti e adulti più anziani, e non tanto trabere eccedente e bere moderato oppure trazona urbana e zona rurale.Nella fascia di età 18-29 anni (zone sia urba-ni che rurali) usualmente il consumo di be-vande alcoliche è nei fine settimana, soprat-tutto birra e aperitivi; invece i soggetti dietà 30-49 (sia urbani che rurali) generalmen-te hanno un consumo moderato, salvo i mo-menti di socialità e di festa; infine gli inter-

4 Una persona ha commentato di non gradire intrusioni personali e sei non hanno accettato per mancanza ditempo in orario di lavoro

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vistati di età 50-74 (sia urbani che rurali)generalmente consumano il vino come indi-spensabile accompagnamento al momentodei pasti e nei momenti di socialità e festa.Commenti degli intervistatiIn generale, il questionario è considerato va-lido per il consumatore moderato; secondogli intervistati i forti bevitori potrebbero sot-tostimare volutamente il loro bere.E’ stata più volte sottolineata l’insufficienzadi domande relative al contesto in cui si beve:la convivialità, il gusto e il piacere abbinan-do alimenti al vino, la situazione in cui sibeve. Conoscere tali usi sarebbe servito peravere informazioni utili al fine di orientarepiù adeguatamente gli interventi educativinella popolazione generale. Per questo moti-vo la sezione di domande LO (Last Occasion:ultima occasione) che contestualizzavano ilbere prendendo in considerazione l’aspettosociale, la cultura e la tradizione sono stateconsiderate tra le più semplici e piacevoli.Molti intervistati hanno segnalato la diffi-coltà nel ricordare i consumi negli ultimi 12mesi, come rappresentativi del proprio con-sumo abituale e come richiesto nel questio-nario. Specialmente per chi si considera “unbevitore occasionale,” oppure per chi aumen-ta il bere in determinati periodi (momenti dicrisi, problemi, difficoltà, ricadute, ecc.) ledomande non fanno emergere questo “consu-mo discontinuo”. Nonostante queste osserva-zioni, alcuni intervistati hanno dichiarato cheriflettere sul consumo degli ultimi 12 mesipuò aiutare a rendersi conto della reale quan-tità di alcolici che viene consumata.Molti sono stati i suggerimenti rispetto acome iniziare il questionario con domandepiù generali prima di chiedere le quantità,come per esempio “le piace bere?”, oppurecon una domanda che esplora il piacere, ilgusto nell’abbinamento dei vini ai cibi (qua-

lità), oppure qualcuno ha proposto di chiede-re “cos’è l’alcol” per conoscere qual è la per-cezione dell’intervistato.Alcuni intervistati avrebbero aggiunto alquestionario una domanda rivolta a conoscere“perché bevi” formulandola in due modi: 1)bevi perché ti piace quello che bevi; 2) beviper sentirti più disinibito, più socievole.Le domande delle sezioni LO, BSQF (Bevera-ge Specific Quantity - Frequency: frequenza/quantità per bevanda specifica), GF (Gradua-ted Frequency: graduazione di frequenza) sonostate definite come “molto dirette e ripetu-te” e quindi potrebbero indurre i forti bevi-tori a dare risposte generiche in quanto il ri-cordo è vago e lontano nel tempo.Rispetto alla seconda parte del questionarioche si riferisce a: ubriachezza e binge drinking(episodi di bere eccessivo) il problema mag-giore è stato quello di definire “sentirsi ubria-co” spesso confuso con “alticcio” o con averbevuto molto. Per alcuni intervistati mancail “sentirsi intossicato” nel senso di brucioridi stomaco, mal di testa, ecc., cioè tutte queimalesseri fisici che possono accompagnare oseguire un episodio di bere eccessivo. Inol-tre, molti intervistati hanno affermato cheuna persona con problemi di alcolismo si sen-tirebbe giudicata da una domanda così diret-ta e non risponderebbe con sincerità.Rispetto alla sezione del consumo non registra-to (UP - Unrecorded Purchasing: acquisto nonregistrato), che nella versione originale delquestionario era inteso come consumo “il-legale” cioè di contrabbando, la maggior partedegli intervistati ha considerato le domande“strane”, e poco comprensibili per la culturaitaliana. Spesso gli intervistati hanno chiestoragguagli sulla finalità della domanda e sulperché veniva posta. L’unico consumo nonregistrato che gli intervistatori hanno dichia-rato è stato quello dell’acquisto del vino dal

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contadino, ritenuta questa una modalità cul-turale toscana.Sottoponendo le domande sulla dipendenzada alcol (RAPS - Rapid Alcohol ProblemsScreen: test rapido su problemi dovuti all’al-col / AUDIT - Alcohol Use Disorders Iden-tification Test: test di identificazione dei di-sturbi da consumo di alcol e DSM IV - Stati-stical Manual of Mental Disorders: Manualediagnostico e statistico dei disturbi mentali- IV ed.) ai consumatori moderati si sonofrequentemente osservate espressioni di stu-pore attraverso il non verbale (sgranare gliocchi, tirare indietro il busto, fare il cenno didiniego con la testa). Si è inoltre osservatouna diminuzione di interesse da parte degliintervistati che definiamo consumatori “mo-derati”, quando gli venivano sottoposte ledomande di questa sezione e molti hannocommentato: “non mi ritrovo nelle situazioniesposte; le trovo superflue; sono adatte per chi hauna dipendenza”, soprattutto per quel che ri-guarda tutte le domande del DSM-IV. No-nostante ciò, alcune persone hanno commen-tato come le domande del DSM IV e RAPSstimolino una riflessione e possano eventual-mente far emergere gli effetti e le problema-tiche connesse col bere, oppure al contrariola consapevolezza di non avere un bere pro-blematico.Il suggerimento di molti intervistati che con-sumano quantità moderate di alcol e che han-no trovato le domande sulla dipendenza fuo-ri luogo e non adatte al loro consumo, è sta-to quello di creare un filtro che sottopongale domande sulla dipendenza solo a coloroche hanno un consumo di alcol al di sopra diun limite da stabilire. Alcuni intervistati sisono sentiti giudicati dalle domande sulladipendenza e avevano paura di essere etichet-tati come forti bevitori.Le domande incluse nella sezione sulle conse-

guenze dell’uso di alcol (ASC - Adverse SocialConsequences of Own Alcohol Use: Conse-guenze sociali avverse / HD - Heavy Drinkersin Your Life: Forti bevitori nella propria vita/ COM - Impact of Others Drinking in theCommunity: Impatto dei bevitori sulla pro-pria comunità) sono risultate difficili da sot-toporre alla popolazione e varie domandesono apparse troppo intrusive e imbarazzan-ti, come per esempio “Le é sembrato che il suobere abbia danneggiato la sua vita domestica o ilsuo matrimonio?”Le domande relative alle conseguenze dalconsumo di alcol (consumo personale, di per-sone vicine o della comunità) delle sezioniHD e COM hanno fatto riemergere l’inte-resse degli intervistati “moderati” che eracalato durante le domande precedenti sulladipendenza poiché riguardano maggiormentela collettività e il gruppo. La maggiore diffi-coltà è simile a quella delle sezioni prece-denti dove viene richiesto di quantificareeventi e circostanze negli ultimi 12 mesi e iltimore manifestato da gran parte degli inter-vistati è stato quello di poter essere fraintesinelle risposte ed etichettati come alcolisti.Una volta di più gli intervistati hanno sug-gerito alcune domande introduttive a questasezione, come per esempio: cosa intendi perforte bevitore? Come definisci un alcolista?Per la sezione dedicata alle politiche alcologiche(AP - Attitudes to Alcohol Policy: opinionisulle politiche alcologiche) c’è stato un forteinteresse degli intervistati, che si sono senti-ti chiamati in causa sugli aspetti sociali e dellepolitiche. Varie persone hanno sottolineatola difficoltà di dare risposte “chiuse” a do-mande che invitavano a fare riflessioni e pro-poste e che le scelta delle risposte da dare eratroppo rigida. Molti intervistati non si sonodichiarati in favore del proibizionismo, mahanno proposto di aumentare da un lato l’edu-

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cazione sanitaria (sfera pubblica) e dall’altrola consapevolezza riguardo al corretto con-sumo legata alla nostra cultura del gustare ilvino a tavola (sfera familiare).Tra gli intervistati “forti bevitori” che ave-vano smesso di bere da parecchi mesi, il que-stionario è stato definito come molto utileperché fa ricordare – oppure non fa dimenti-care – come e quanto si beveva prima, alcu-ni hanno affermato che intristisce perché fariflettere sulle quantità di alcolici che veni-vano bevute prima di smettere e sulla vitada alcolista attivo. Queste riflessioni posso-no forse aiutare ad evitare le ricadute nel bereTra gli intervistati “forti bevitori” che ave-vano smesso di bere da poco tempo le do-mande sulla quantità consumata sono statetra le più difficili; il ricordo è ancora moltofresco e per nessuno è stato piacevole ricor-dare.I Focus groupNel mese di marzo 2010 sono stati organiz-zati e realizzati tre focus group (uno con 3intervistati dell’area rurale, uno con 5 inter-vistati dell’area urbana, uno con 3 intervista-ti forti bevitori). I tre focus sono stati con-dotti dall’antropologa con la collaborazionedella sociologa e dell’assistente sanitaria cheha partecipato al focus dell’area urbana. I treincontri hanno stimolato la discussione e sonostati molto partecipati; il tema del bere èsenza dubbio di forte interesse.L’obiettivo dei focus era di commentare lastruttura del questionario e di approfondire gliaspetti culturali dei principali concetti sottostudio: quando, dove, perché e in che momentivengono consumate le bevande alcoliche, ilsignificato e la differenza tra bere “giusto” ebere “molto”, le politiche sull’alcol.A livello generale sono state ribadite le per-plessità che gli intervistati avevano segnala-to nei commenti finali del questionario (ru-

rale, urbano) e la percezione che hanno avutoal momento dell’intervista sentendo il que-stionario molto invasivo e finalizzato a “sag-giare le abitudini pesanti”. Nei focus conpartecipanti rurali e urbani molto si è parla-to dei significati e delle modalità del bere inToscana.Il consumo di bevande alcolicheIl vino o la birra vengono consumati esclusi-vamente durante i pasti, prevalentementeserali, normalmente uno o due bicchieri apasto (considerato il bere “giusto”). Neimomenti di convivialità si può aumentare laquantità e aggiungere anche superalcolici. Viè più attenzione alla qualità (abbinamentovino e pietanza, birra e pizza o determinatepietanze che il palato richiede) che alla quan-tità. Viene ritenuto molto importante auto-regolarsi; il vino viene consumato per il gu-sto e per il piacere, spesso condividendolocon amici o familiari. Ogni tipo di bevandaalcolica (vino – bianco o rosso –, birra, ape-ritivi, spumante, superalcolici) ha un suo mo-mento particolare destinato al suo consumoe un abbinamento specifico. I partecipanti aifocus concordavano sul fatto che il consumodi bevande alcoliche nella famiglia di originenon è un incentivo al consumo, ma che tal-volta un esempio di bere eccessivo e proble-matico, può essere un disincentivo.Bere “giusto” e bere “molto”Molto si è discusso della soglia tra il “beregiusto” e il “bere molto”, della differenza traforte bevitore e alcolista:a- in molti si sono interrogati sul rapporto

tra alcol e disagio sociale, tra alcol e pub-blicità (attori molto conosciuti pubbliciz-zano in TV le bevande alcoliche), tra ilconsumo di bevande alcoliche e l’imma-gine di sé proposta nei media che accostala pubblicità di bevande alcoliche a uo-mini e donne sempre giovani, belli e li-

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beri.b- I partecipanti hanno segnalato di come

sia più importante il motivo del bere e ilrapporto con la bevanda più della quanti-tà bevuta, esprimendo i propri dubbi sulperché alcune persone passano dal piace-re di bere (che viene identificato anchecon il bere moderato) al desiderio dellostordimento (identificato con l’alcolismo).

c- Un aspetto emerso sia nel focus groupurbano che in quello dei forti bevitori èun concetto comune su cosa significala dipendenza dalla bevanda alcolica inte-sa come ciò che riempie un vuoto ed undisagio esistenziale.

Le politiche sull’alcolLe maggiori osservazioni sono state rispettoall’inutilità dell’approccio proibizionista. Peri partecipanti ci vorrebbero al contrario, piùinterventi culturali. Si è parlato di corsi didegustazione di vino in una prospettiva diriappropriazione dell’aspetto culturale e tra-dizionale, con l’obiettivo di promuovere unbere consapevole più che una proibizione delbere. Nel focus con forti bevitori è invecestata sottolineata “la paura” delle bevandealcoliche, la pericolosità e l’assimilazione diqueste a una droga, da qui l’importanza di“proibirne” qualunque uso in qualunque con-testo. Molto si è parlato dell’importanza dirompere lo stereotipo dell’alcolista che mol-to spesso viene identificato con il barbone, ilsenzatetto, il povero sporco e trasandato e dimostrare una realtà che è molto più com-plessa, stratificata e variegata, al di là del li-vello socio-economico, di studi e di genere.Il perché del bereIn tutti e tre i focus un importante tema didiscussione (anche se non previsto dalle lineeguida) che hanno sollevato i partecipanti èstato il perché alcune persone di fronte a dif-ficoltà delle vita (lutti, cambiamenti, prove,

perdita di lavoro, ecc.) aumentano il consu-mo delle bevande alcoliche, mentre altrepersone riescono a superare le stesse difficol-tà senza la necessità delle bevande alcoliche.E’ inoltre emersa l’idea di una differenza delrapporto con le bevande alcoliche tra i gio-vani (che forse bevono per testare rischi elimiti e quindi smetteranno una volta diven-tati più adulti), tra gli adulti (bere come pia-cere e convivialità) tra i forti bevitori (berecome necessità e bere come dipendenza).

4. ConclusioniL’obbiettivo principale dello studio SMART,come espresso nelle finalità del progetto, erala creazione di un questionario alcologico chetenesse conto dei consumi alcolici, degliaspetti problematici del bere, e delle relativeazioni preventive e che fosse utilizzabile neivari stati europei, in modo che i risultatiespressi potessero essere valutati confrontandoadeguatamente i vari Paesi. A seguito dei ri-sultati emersi dallo studio, il questionario èstato ridefinito ed in parte semplificato nellasua forma finale.Complessivamente, lo studio ha messo inrilievo le differenze tra le culture del bere neivari Paesi. Questo aspetto è emerso in parti-colare durante le discussioni e riflessioni nel-le riunioni biannuali tra i ricercatori previsteper la durata del progetto che hanno portatoa una rielaborazione finale del questionario,più semplice e potenzialmente più maneg-gevole dagli intervistatori dei vari Paesi.Questo nuovo questionario standardizzato –se sarà messo in pratica – potrebbe essereuno strumento di grande utilità nell’aiutarericercatori e esperti di prevenzione e di poli-tiche sanitarie a livello europeo a meglio pro-gettare future linee europee per interventicondivisi, così come la risposta all’aspirazio-ne auspicata da anni da ricercatori e politici.

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La parte italiana dello studio ha mostratomolti aspetti interessanti. Ha dimostrato cheistituzioni sanitarie e amministrative, grup-pi di base e singoli sono ben coinvolgibilinella riflessione sul tema delle bevande alco-liche e dei possibili problemi, in particolarese proposta in una prospettiva sovranaziona-le. Come atteso, durante i colloqui indivi-duali con gli intervistati e nei gruppi focalisono emerse le specificità generali della cul-tura italiana e in particolare della cultura delbere, dove appare meno presente, seppur benpercepito, l’aspetto trasgressivo del bere edelle sue conseguenze patologiche. Infine,l’interdisciplinarietà dei ricercatori del grup-

NOTA BIBLIOGRAFICA1. Agenzia Regionale di Sanità della Regione Tosca-

na. Indagine sul consumo di alcolici e sui possibilidanni ad esso correlati: lo studio StandardisingMeasurement of Alcohol- related Troubles –SMART. Documenti dell’ Agenzia Regionale diSanità della Regione Toscana, n. 66, agosto 2012.www.ars.toscana.it/pub

2. Allamani A, Basetti Sani I, Centurioni A,Ammannati P. Preliminary Evaluation of theEducational Strategy of a Community Alcohol UseAction Research Project in Scandicci Italy.Substance Use & Misuse 2007; 42: 2029-2040.

3. Allamani A, Pili I, Cesario S, Centurioni A,FusiG.Client/General Medical Practitioner InteractionDuring Brief Intervention for Hazardous Drinkers:A Pilot Study. Substance Use & Misuse 2009; 44:775–793.

4. Anderson P, Møller L, Galea G. Alcohol in theEuropean Union. Consumption, harm and policyapproaches. Copenhagen: World HealthOrganisation, Regional Office for Europe; 2012.

po ha stimolato lo scambio e la crescita diognuno, nel contesto fornito dall’AziendaSanitaria di Firenze e dall’Agenzia Regionaledi Sanità.In conclusione, ci chiediamo quando e fino ache punto questo nuovo questionario alcolo-gico europeo (visibile e scaricabile alla finedel rapporto in Agenzia Regionale di Sanità,2012) sarà applicabile nelle prossime inchie-ste italiane.La prossima sfida sarà proprio quella di ri-flettere su una strategia informativa e di spe-rimentazioni, che potrebbe iniziare con laRegione Toscana, che in Italia ha avuto ilprivilegio di partecipare a questo studio.

5. Anderson P, Baumberg B. Alcohol in Europe: apublic health perspective. London; Institute ofAlcohol Studies; 2006.

6. Bloomfield K, Hope A, Kraus L. Alcohol surveymeasures for Europe: A literature review. Drugs:Education, Prevention and Policy, Early online,DOI: 10.3109/ 09687637.2011.642906, 1-13;2012.

7. Currie C, Gabhainn SN, Godeau E, RobertsC,Smith R, CurrieD, Picket W, Richter M, MorganA, Barnekow V. (eds.) Inequalities in YoungPeople’s Health: International Report from theHBSC 2006/06 Survey (Health Policy for Childrenand Adolescents, No.5). Copenhagen: WHORegional Office for Europe.

8. EUROSTAT http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home/

9. EHIS, European health interview survey, http://epp. eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/i ndex .php /G lo s s a r y :Eu ropean_hea l th_interview_survey

10. EUROBAROMETER http://ec.europa.eu/public_

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opinion/archives/eb_special_en.htm11. ECHIM http://www.echim.org/12. Hibell B, Guttormsson, U, Ahlström S, Balakireva

O, Bjarnason T, Kokkevi A, Kraus L. The 2007ESPAD Report - Substance Use Among Studentsin 35 European Countries. Stockholm: The SwedishCouncil for Information on Alcohol and OtherDrugs (CAN) (http://www.espad.org/); 2009.

Lo studio SMART ha prodotto una serie d’indagini e distudi di livello europeo che sono reperibili in linguainglese nel sito del progetto: http://www.alcsmart.ipin.edu.pl/Sono stati anche stampati due volumetti:- Anderson P, Baumberg B. Cost benefit analyses of

alcohol policy - a primer. Warsaw: Institute of

Psychiatry and Neurology: 2010.- Moskalewicz J, Sierosawski J. Drinking Population

Surveys Guidance Document for StandardizingApproach. Warsaw: Institute of Psychiatry andNeurology; 2010.

che possono essere richiesti direttamente al coordina-tore del progetto SMART:Jacek Moskalewicz, Ph.D.Institute of Psychiatry and NeurologySobieskiego 9 02-957 Warsaw PolandDirect line: + (48 22) 45 82 784 Fax: + (48 22) 65165 61e-mail: [email protected], il rapporto italiano del progetto SMART e iquestionari in italiano sono è visibili e scaricabili in:www.ars.toscana.it/pub (documento n.66/2012)

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 335-355

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Fattori alimentari ed antropometrici associati al rischio deltumore mammario: implicazioni per la prevenzione primariaAnthropometric and dietary factors associated with the risk of breast cancer:implication for primary prevention

Adelaide Chiaravalloti, Simone Manfredelli, Fabrizio Giannandrea, Irene PetritsiFigà-Talamanca

Adelaide ChiaravallotiDipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo Università di Roma “Sapienza”

Simone ManfredelliDipartimento di Scienze Chirurgiche “F. Durante”, Policlinico Umberto I, Università di Roma“Sapienza”,

Fabrizio GiannandreaDipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo Università di Roma “Sapienza”

Irene Petritsi Figà-TalamancaDipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo Università di Roma “Sapienza”

Parole chiave: tumore mammario, fattori di rischio, obesità, Body Mass Index, altezza, estrogeni, Insuline-like Growth Factor-1, alcol, attività fisica, dieta, alimentazione

RIASSUNTOObiettivo: lo scopo di questo lavoro è quello di passare in rassegna i principali fattori alimentari edantropometrici in relazione al rischio di tumore mammario, ponendo maggiore enfasi su quelli che potreb-bero essere modificati mediante interventi di educazione e promozione della salute.Metodologia: review della letteraturaRisultati: il tumore mammario rappresenta la più comune patologia tumorale tra le donne. Alcuni fattoridi rischio biologico (es: nulliparità, ritardo della prima gravidanza, non allattamento) sono ben noti. Menoconosciuto è il ruolo dell’ambiente e dell’alimentazione, ovvero fattori di rischio che sono potenzialmentemodificabili con misure di prevenzione. Lo stesso vale per le abitudini strettamente legate allo stile di vita(attività fisica, obesità e consumo di alcol). È stato suggerito che alcuni alimenti e nutrienti possanoaumentare il rischio di sviluppare un tumore mammario in diversi momenti della vita riproduttiva delladonna attraverso meccanismi che favoriscono i livelli circolanti di estrogeni endogeni e di vari fattori di

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Fattori alimentari ed antropometrici associati al rischio del tumore mammario: ...

IntroduzioneIl tumore mammario rappresenta la neo-plasia più frequente tra le donne nel mondocon 1.380.000 nuovi casi di cancro diagno-sticati nel 2008 (23% di tutti i tumori).Attualmente è anche il tumore più comune

crescita, in particolare l’IGF-I. Il bilancio energetico, le interazioni legate all’apporto calorico, l’obesità,l’attività fisica ed il tasso metabolico sono altri fattori che hanno un notevole impatto sul rischio di tumoremammario attraverso meccanismi non completamente chiariti. In tal senso, desta particolare interesse ilruolo dei carboidrati in relazione all’indice glicemico, al carico glicemico degli alimenti ed al consumo digrassi animali. Alcuni studi si sono focalizzati su sostanze cancerogene come le amine eterocicliche prodot-te durante i processi di cottura della carne. Altri studi hanno esaminato il ruolo degli acidi grassi polinsaturipresenti in alcuni alimenti e del consumo di soia e isoflavoni. Infine molti studi riguardano i beneficiderivanti dai prodotti derivati dal latte in base al loro contenuto in vitamina D, calcio e di vari acidi organicied il consumo di frutta e verdura, il potere antiossidante delle vitamine (C, E e â-carotene). Dall’analisi dellaletteratura, si conclude che non esistono sufficienti elementi per stabilire con certezza associazioni consi-stenti tra i diversi fattori alimentari ed il rischio di tumore mammario. Esistono tuttavia delle indicazioni diun possibile ruolo degli alcolici e dell’incremento ponderale come probabili fattori di rischio del tumoremammario.

Key words: breast cancer, risk factors, obesity, BMI, height, estrogens, IGF-1, alcohol, physical activity, diet

S U M M A RYObjective: the purpose of this paper is to review the main dietary risk factors of breast cancer with emphasison those that can be modified thought interventions of health education and promotion.Method: literature reviewResults: breast cancer is the most frequent malignant disease among women. Some biological risk factors(nulliparity, late first pregnancy, not breastfeeding) are well-known. Less known are the factors related tothe environment and the diet which are potentially modifiable by preventive measures. The same appliesto lifestyle factors (physical activity, obesity and alcohol consumption). It has been suggested that somefoods and nutrients can increase the risk of breast cancer at various stages of the reproductive life of womenthrough mechanisms that favor the circulating levels of endogenous estrogens and of various growthfactors, particularly IGF-I. The energy balance, the interactions associated with caloric intake, obesity,physical activity and metabolic rate are other factors which have a significant impact on the risk of breastcancer through mechanisms not fully elucidated. Therefore, particular attention has been devoted to therole of carbohydrates in relation with glycemic index and the glycemic load of foods, and the consumptionof animal fats. Studies have also focused on substances ascertained as carcinogens such as heterocyclicamines produced during the process of cooking meat. Other studies have examined the role of polyunsaturedfatty acid present in some foods and of the consumption of soy isoflavones. Finally many studies concernthe benefits arising from dairy products containing vitamin D, calcium and various organic acids and theconsumption of fruit and vegetables and antioxidant vitamins (C, E and â -carotene). Analyzing theliterature, there isn’t sufficient evidence to conclude with certainty associations between the various dietaryfactors and risk of breast cancer. There is however sufficient evidence of the role of alcohol and weight gainas possible risk factors of breast cancer.

nelle regioni in via di sviluppo con circa690.000 nuovi casi stimati annualmente. Itassi di incidenza variano dal 19,3 per100.000 (abitanti per anno) per le donne inAfrica Orientale a 89,7 per 100.000 per ledonne in Europa occidentale, e sono elevati

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(superiori a 80 per 100.000) nelle regionisviluppate del mondo (Giappone escluso) emeno comuni (meno di 40 per 100.000)nella maggior parte delle regioni in via disviluppo. I tassi di mortalità nelle regionipiù industrializzate sono attualmente mol-to più bassi che in passato (circa il 6-19 per100.000) grazie al miglioramento della dia-gnosi precoce e all’efficacia delle terapie.Come risultato, il tumore mammario sicolloca come la quinta causa di morte percancro al mondo (458 000 morti), ma è an-cora la causa più frequente di morte per tu-more nelle donne sia nei paesi in via disviluppo (269 000 decessi, 12,7% del tota-le) e sia nei paesi sviluppati (fonte Interna-tional Agency for Research on Cancer 2008)(1). L’incidenza è decisamente maggiore neipaesi del Nord America e dell’Europa nord-occidentale. Si comprende, quindi, comequesta neoplasia sia da tempo oggetto diricerche eziologiche e di sviluppo di meto-di diagnostici e terapeutici volti al miglio-ramento della sua sopravvivenza. Nonostan-te le molte acquisizioni, soprattutto riguar-do alla diagnosi precoce, il tumore mam-mario è ancora la principale causa di morteda tumore nelle donne di tutto il mondo. Ifattori eziologici del tumore mammariosono solo in parte conosciuti. Le grandi dif-ferenze internazionali di incidenza e la loroevoluzione nel tempo, in particolare l’in-cremento che si registra nei soggetti chemigrano da zone a bassa incidenza a zonead alta incidenza, suggeriscono l’esistenzadi fattori eziologici ambientali e sociali, equindi, come tali, potenzialmente preveni-bili. Lo stesso vale per le abitudini stretta-mente legate allo stile di vita (attività fisi-ca, obesità e consumo di alcol). È stato sug-gerito che alcuni alimenti e nutrienti pos-sano aumentare il rischio di sviluppare un

tumore mammario in vari momenti dellavita riproduttiva della donna attraversomeccanismi che favoriscono i livelli circo-lanti di estrogeni endogeni e di vari fattoridi crescita, in particolare l’IGF-I. Il bilan-cio energetico, le interazioni legate all’ap-porto calorico, l’obesità, l’attività fisica edil tasso metabolico sono altri fattori chehanno un notevole impatto sul rischio ditumore mammario. Lo scopo di questo la-voro è di passare in rassegna i principali fat-tori alimentari e antropometrici, correlatinon solo al possibile rischio di insorgenzadel tumore mammario, ma anche della suaprevenzione.

MetodoLa seguente rassegna si basa sulla letteraturascientifica presente in Pubmed a partire dal1980 relativa al ruolo dei fattori alimentaried antropometrici nell’eziopatogenesi deltumore mammario. Sono stati inclusi studidi coorte, caso-controllo e meta-analisi conun congruo impianto metodologico e che ri-portassero stime puntuali ed intervalli di con-fidenza di rischio appropriati. Sono state esa-minate, in modo particolare, le esposizioni afattori alimentari quali carboidrati, grassi,proteine, soia e isoflavoni, frutta e verdura ei fattori antropometrici della donna dalla suainfanzia fino alla fase adulta. Inoltre è stataconsultata la banca dati dello IARC/WHOper analizzare i dati relativi all’incidenza dellaneoplasia nei 5 continenti (www.iarc.fr). Lastrategia di ricerca ha portato a selezionaregli articoli riguardanti la relazione tra fattorialimentari e tumore mammario e quelli re-lativi ai fattori antropometrici in relazione,sempre, allo sviluppo dello stesso tumore.Inoltre sono stati esclusi articoli con pubbli-cazioni in progress o abstract di conferenzescientifiche.

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Fattori alimentari ed antropometrici associati al rischio del tumore mammario: ...

Fattori di rischio biologico del tumo-re mammarioL’incidenza di questa neoplasia è rara primadei 25 anni. Da questa età in poi si presentaun aumento costante fino alla menopausa,per poi continuare a salire più lentamentenel periodo post-menopausale. L’età mediaal momento della diagnosi è 64 anni. Di-versi studi epidemiologici hanno individuatomolteplici indicatori di rischio per il tumo-re mammario; elencheremo di seguito iprincipali, pur soffermandoci, nelle inten-zioni già descritte di questa rassegna sulruolo dei fattori alimentari ed antropome-trici.

Fattori familiari e geneticiUna storia familiare, con due o più casi ditumore mammario, costituisce un fattoredi rischio perché in una percentuale varia-bile dal 5 al 10% questi tumori sono attri-buibili all’ereditarietà di un gene autosomi-co dominante (2). La probabilità di trasmis-sione genetica aumenta nel caso di più pa-renti colpiti dalla malattia e di insorgenzain giovane età. Due sono i geni responsabilidella maggior parte dei casi di tumore mam-mario ereditario, BRCA1 e BRCA2 (brea-stcancer1 e 2). Responsabili di questa pre-disposizione sarebbero mutazioni che coin-volgono il gene BRCA1 mappato sul brac-cio lungo del cromosoma 17 ed il geneBRCA2 mappato sul cromosoma 13 in po-sizione q12-13.

Fattori riproduttiviI fattori riproduttivi rappresentano, proba-bilmente, i fattori di rischio più importantie quelli maggiormente studiati nel passato.Questi fattori potrebbero essere in qualchemodo modificabili considerando che il ri-schio di sviluppare un tumore mammario

appare inversamente correlato all’età dellaprima gravidanza e al numero delle stesseportate a termine, probabilmente perché ilforte stimolo differenziativo che ciascunagravidanza (in particolare la prima) esercitasull’epitelio ghiandolare mammario, ridu-ce la suscettibilità alla trasformazione neo-plastica. L’allattamento sarebbe anch’essoassociato ad un rischio ridotto di tumoremammario poiché in questa fase la ghian-dola completa la sua maturazione e quindidiventa più resistente ad eventuali trasfor-mazioni neoplastiche. Altri fattori di rischiocerti sono rappresentati da un menarca pre-coce e da una menopausa tardiva. Questiultimi due fattori corrisponderebbero ad unamaggiore durata della vita riproduttiva, diconseguenza, a una più lunga esposizionedell’epitelio ghiandolare agli stimoli proli-ferativi degli estrogeni ovarici (3).

Fattori ormonaliI fattori ormonali giocano un ruolo fonda-mentale nello sviluppo e nella progressionedel tumore mammario. Una delle teorie piùaccreditate chiama in causa i livelli e la du-rata di esposizione agli estrogeni da partedella ghiandola mammaria. Nell’eziologiadel tumore mammario va tenuto in consi-derazione anche il rapporto tra l’assunzionedi ormoni esogeni ed il rischio di sviluppa-re la malattia. Alcuni studi hanno messo inluce, ad esempio, un incremento del rischionelle pazienti che fanno uso di terapia or-monale sostitutiva per combattere i distur-bi tipici della post-menopausa. Tuttavia, ilrischio relativo legato a questa terapia sa-rebbe intorno al RR=1.5, ma solo per as-sunzioni prolungate (8-10 anni almeno).Meno chiaro è il ruolo dei contraccettiviorali. Va detto, però, che al di là delle causedeterminanti vere e proprie esistono varie

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condizioni che favoriscono l’insorgenza e losviluppo del tumore. Gli estrogeni, ad esem-pio, rappresentano un vero e proprio fatto-re di crescita. Per risentire dell’influenzadegli estrogeni è necessario, però, che lecellule del carcinoma posseggano un recet-tore specifico denominato ER (3).

Fattori antropometrici in età precoceOggi è noto che il peso del bambino allanascita è associato positivamente con gliormoni sessuali materni, incluso l’estradio-lo (9) e il fattore di crescita IGF-I (10) du-rante la gravidanza. Sia gli ormoni che l’IGF-I sono entrambi implicati nei meccanismiche promuoverebbero il tumore mamma-rio. Alcuni studi mettono direttamente inrelazione il peso alla nascita con lo sviluppodi un tumore mammario in età adulta (11-13). Anche l’esposizione stessa del bambinoagli ormoni presenti nell’utero della madrepotrebbero condizionare lo sviluppo di untumore mammario. Si è visto che bambinicon un peso ≥ 4000g alla nascita avevano unrischio aumentato del 23% di sviluppare untumore rispetto ad altri bambini con un pesoinferiore (≤ 2500g) (14,15). Numerosi studiparlano di un’associazione positiva tra ilpeso alla nascita e rischio di tumore mam-mario che sarebbe maggiore per le donne inpre-menopausa (16). Questa ipotesi è sup-portata da un ristretto studio caso-control-lo all’interno di 2 studi di coorte del Natio-nal Institute of Health. Anche uno studiodel Medical Reserch Council ha evidenziatoche partorire nascituri con un peso ≥ 4000gaumenterebbe il rischio di tumore mam-mario nelle future donne prima della me-nopausa (RR, 5.03; 95% CI, 1.13-22.47) seconfrontato con nascituri con un peso <3000g (P= 0.03). Non tutti gli autori sonod’accordo con questa visione. In alcuni stu-

di, dopo adattamenti per lunghezza del na-scituro e circonferenza della testa, il pesodel bambino sembrava non avere più que-sta importanza. In generale, possiamo as-sumere che il peso alla nascita abbia un ruolomoderatamente forte nell’eziopatogenesi deltumore mammario soprattutto nel periodopre-menopausale (12,13). E’ possibile che ilpeso alla nascita condizioni l’età del menar-ca e quindi un prolungamento dell’esposi-zione agli estrogeni (11). Simili osservazio-ni si applicano alla lunghezza del bambinoalla nascita che risulta associata con il ri-schio di sviluppare un tumore mammarioin età adulta (19). Infatti, una maggiore lun-ghezza del nascituro potrebbe significareun’esposizione più prolungata del feto agliestrogeni materni ed all’ormone della cre-scita (20), che di conseguenza aumentereb-bero il rischio di tumore mammario (21).Da questi studi si evince che esiste una for-te associazione positiva e che le poche di-screpanze potrebbero essere dovute alla dif-ficoltà di fare misurazioni accurate dei na-scituri. Anche le differenze etniche sonoimportanti. Infatti, un recente studio valu-ta gli effetti delle differenze genetiche nelpeso e nella lunghezza alla nascita e circal’11% delle normali variazioni osservate nelperiodo della gravidanza vengono spiegatecon fattori genetici ereditari (22). Inoltre,fattori poligenetici controllano le dimensio-ni del nascituro e questa interazione meritaulteriori approfondimenti. Un recente stu-dio ha cercato di identificare quantitativa-mente il tratto di loci che controlla il pesoe la lunghezza alla nascita che potrebbe iden-tificare specifiche varianti genetiche e chia-rire meglio questa relazione (23). Un altrofattore antropometrico da tenere in consi-derazione nell’eziopatogenesi del tumoremammario è l’altezza nel periodo postna-

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tale. La crescita dei bambini merita moltaattenzione soprattutto nel periodo che dal-l’infanzia porta al raggiungimento dell’al-tezza in età adulta. L’altezza negli adulti èassociata positivamente al rischio di tumo-re mammario e all’età di comparsa del me-narca. Ragazze nelle quali il menarca simanifesta tardivamente saranno da adulte,in media, più alte. La ragione biologica diquesto meccanismo è da ritrovarsi nel fattoche la crescita scheletrica raggiunge solita-mente il completamento circa due annidopo la comparsa del menarca (24). Un’al-tra chiave di lettura per cercare di compren-dere questa complessa associazione potreb-be risiedere nella velocità di crescita duran-te l’infanzia e nello scatto che si verifica inquesto periodo della vita. Questo suggeri-rebbe una connessione multi sfaccettata ela velocità di crescita potrebbe essere cen-trale nel comprendere quest’apparente con-traddizione nella relazione tra comparsa delmenarca e altezza in età adulta con il ri-schio di tumore mammario (16). A tutt’og-gi, però, siamo ben lontani dal poter inter-pretare con chiarezza questi risultati, mal’insieme dei dati potrebbe essere utile, nelfuturo, per cercare di comprendere i pro-cessi che sottendono a questa complessamalattia.

Fattori antropometrici in età adultaObesitàOggi è noto che l’eccesso ponderale costi-tuisce un fattore di rischio per il tumoremammario. Il presunto meccanismo pato-genetico che ne sta alla base è quasi sicura-mente da ricercarsi nel fatto che il tessutoadiposo rappresenta la principale fonte diestrogeni circolanti nella donna in post-menopausa. L’obesità porta ad una derego-lazione nel bilancio energetico dell’organi-

smo che deriverebbe da un eccesso di tessu-to adiposo (rapporto tra numero di kcal as-sunte e consumate, rapporto grasso e mu-scolo, attività fisica) (5) ed anche ad un al-terato metabolismo lipidico influenzando ilivelli di citochine e fattori di crescita (lep-tine, adiponectine, Tumor Necrosid Factor-alfa) che giocano un importante ruolo nellacarcinogenesi (6). La relazione che intercor-re tra l’eccesso di peso e il tumore mam-mario è complessa. Sicuramente le donnedopo la menopausa sono maggiormente arischio (7). Basti pensare che in un pool didati ricavati da sette studi di coorte, in cuisono state arruolate 703 donne in pre-me-nopausa con tumore mammario e un BMI≥ 33 si è osservato un rischio relativo di 0.58( 95% CI: 0.34-1.00) rispetto a donne conBMI < 21. Nella stessa analisi il rischiorelativo di tumore mammario per le donnein menopausa è stato 1.27 (95% CI: 1.03-1.55). Questi risultati sono coerenti conquelli ottenuti dallo studio europeo dell’Eu-ropean Prospective Investigation into Can-cer and Nutrition. Quindi un aumento dipeso in età adulta sembra essere un fattoredeterminante nello sviluppo del tumoremammario. Ad esempio, un aumento dipeso ≥ 25 kg prima della menopausa è as-sociato ad un rischio relativo di 0.74 (95%CI: 0.54-1.03), mentre per le donne in post-menopausa un simile aumento di peso è as-sociato ad un rischio relativo di 1.41 (95%CI: 1.12-1.78).

Indice di massa corporeaIn accordo con l’Organizzazione Mondialedella Sanità, per entrambi i sessi ed in etàadulta, si considerano normopeso gli indi-vidui con un indice di massa corporea (BMI= kg/) compreso tra 18.5 e 24.9, in sovrap-peso o pre-obesi coloro con un BMI tra 25 e

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29.9 ed obesi di classe I coloro con un BMIcompreso tra 30.0 e 34.9 (17). Come giàindicato dagli studi citati, il BMI è inversa-mente associato con il rischio di tumoremammario nelle donne prima della meno-pausa, ma positivamente associato nelledonne in post-menopausa. Inoltre, sembrache il peso acquistato gradualmente dall’etàdi 20 anni in poi potrebbe essere un fattorenello sviluppo del tumore in post-menopausapiuttosto che un singolo aumento di pesoacquistato tutto in una volta (18).

Fattori ambientali e legati allo stiledi vitaL’influenza dei fattori ambientali viene sug-gerita dalla variabilità nell’incidenza deltumore mammario tra gruppi geneticamen-te omogenei e dalle differenze geografiche.Basti pensare che i tassi di incidenza deltumore mammario negli Stati Uniti ed inaltri paesi Occidentali sono stati da 4 a 7volte maggiori che nei paesi non in via disviluppo. Tuttavia il rischio di tumore tragli immigrati dai paesi povero verso gli USAè aumentato nel corso delle generazioni,suggerendo un ruolo causale dei fattori am-bientali e quindi modificabili (2). L’attivitàfisica, soprattutto se regolare, aiuta a pre-venire le malattie cardiovascolari, ma po-trebbe anche agire sul tumore mammarioinfluenzando i livelli ormonali (5) e aumen-tando i livelli della Sex Hormone BindingProtein così da ridurre la biodisponibilitàdi estrogeni (7). Svolgere attività fisica ri-duce il rischio di sviluppare un’insulino-re-sistenza e iperinsulinemia che sembrano es-sere collegati allo sviluppo del tumore mam-mario. L’ipotesi che l’attività fisica possainfluenzare il rischio di tumore mammarioattraverso un percorso ormono-dipendenteè sostenuta da uno studio della Women’s

Health Initiative (26). Di sicuro, nel futu-ro, le strategie di prevenzione potrebberomirare ad incentivare lo svolgimento di unaregolare e sana attività fisica che porta deibenefici anche per la prevenzione di altremalattie.

Consumo di alcolL’alcol etilico o etanolo (CH

3-CH

2-OH) è

il componente principale delle bevande al-coliche e come tale deve considerarsi un nu-triente ad alto contenuto energetico, inquanto capace di fornire all’ossidazione 7kcal/g (28). Il consumo di alcol nell’uomo,è associato a varie forme di tumore e la suapotenzialità cancerogena è stata classificatadallo IARC. È probabile che l’alcol non agi-sca come iniziatore, ma più probabilmentecome co-carcinogeno (28). Esistono diffe-renze legate all’età e al sesso nella rispostaall’alcol e le donne sembrano essere mag-giormente a rischio ed un consumo eccessi-vo, oltre a determinare danni organici spe-cifici a carico del tratto gastrointestinale edel pancreas, a livello del sistema nervosocentrale e periferico e del miocardio, au-menterebbe anche il rischio di tumore mam-mario (4). Lo studio longitudinale “NursesHealth Study” (29) inizialmente ha seguito89.538 infermiere sane di età compresa trai 34 e i 59 anni includeva informazioni cir-ca l’uso di birra, vino e alcolici. Dopo oltre20 anni di follow-up è apparso subito evi-dente un rischio statisticamente significati-vo di sviluppare un tumore mammario perle donne che consumavano 40 g di alcool opiù al giorno rispetto a quelle donne che,invece, non assumevano alcool con un RR1.69 (95% CI, 1.19 a 2.40). Quest’associa-zione non era imputabile a fattori confon-denti legati all’alimentazione come il con-sumo totale di kcal, grassi, fibre e vitamina

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C o al fumo. Anche uno studio dello IARCiniziato nel 1988 ha mostrato che il consu-mo giornaliero di circa 50g di alcol è asso-ciato ad un rischio relativo di 1.5 se con-frontato con le donne non bevitrici. Inoltreè stato osservato che il rischio di tumoremammario aumentava con il consumo cre-scente di alcol (27).

Fattori alimentariIl ruolo della composizione della dieta nel-l’insorgenza del tumore mammario è statoa lungo studiato per la forte evidenza epi-demiologica che dimostra un’incidenza dellaneoplasia molto più elevata, rispetto allamedia mondiale, nelle popolazioni che se-guono una dieta di tipo occidentale. I mol-teplici studi analitici condotti non semprehanno portato a risultati convergenti, inparte dovuti alle difficoltà tecniche nelquantificare con precisione il contenuto dispecifici nutrienti nell’alimentazione deisoggetti in esame. Bisogna anche ricordareche, alcuni nutrienti hanno delle importan-ti capacità antiossidanti che possono influen-zare la riparazione del DNA o, al contra-rio, indurre mutazioni del DNA. Possonoavere capacità detossificante o, al contra-rio, indurre effetti tossici. Nelle pagine cheseguono, quindi, si approfondisce questoaspetto senza avere la presunzione di trarreconclusioni certe, ma solo nell’intento diindividuare eventuali fattori di rischio edabitudini alimentari sbagliate che potreb-bero essere oggetto di programmi di pre-venzione.

Consumo di carboidrati e tumore mammarioGli alimenti ricchi in carboidrati rappresen-tano la principale fonte di energia per tuttele popolazioni del mondo e in un’alimenta-zione equilibrata debbono fornire più della

metà della quota energetica complessivadella dieta giornaliera. Sul piano fisiologi-co-nutrizionale la biodisponibilità è massi-ma per i carboidrati cosiddetti “disponibi-li” (zuccheri ed amido) e praticamente nul-la per i carboidrati detti “non disponibili”(fibra alimentare) anche se quest’ultima puòessere fermentata dalla flora batterica inte-stinale producendo acidi grassi a catena cortae fornendo, perciò, una certa quantità dienergia. Per i carboidrati non esiste una verae propria essenzialità, quanto piuttosto unaloro necessarietà per garantire un correttocontrollo metabolico nell’organismo. Inparticolare sono necessari per evitare l’ac-cumulo di corpi chetonici dovuto ad un ec-cessivo catabolismo delle proteine tissutalie la perdita di cationi, soprattutto sodio.Quindi diete ricche di carboidrati e fibrasono in grado di ridurre il rischio di com-parsa di malattie e disturbi di tipo cronico-degenerativo come l’obesità, il diabete,malattie cardio-vascolari e alcuni tipi ditumore (30).

Consumo di carboidrati e tumore mamma-rio: il ruolo dell’insulinaRecentemente, l’associazione tra il rischiodi tumore mammario ed il consumo di car-boidrati ha ricevuto notevole attenzionepoiché secondo alcuni autori un elevato con-sumo degli stessi favorirebbe l’insulino-re-sistenza ed anche la concentrazione plasma-tica di insulina stessa - condizione, questa,che sarebbe associata con il rischio di tu-more mammario (31). Anche la specificacomposizione dei carboidrati assunti con ladieta avrebbe un ruolo nello sviluppo deltumore e fattori legati al metabolismo delglucosio. Le cellule tumorali, a differenzadi quelle sane, utilizzano preferenzialmenteglucosio per il loro metabolismo, così ri-

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durre i livelli plasmatici di glucosio potrebberappresentare un fattore limitante all’espan-sione tumorale. Inoltre il metabolismo ana-erobico, o glicolisi, garantisce vantaggi in-discussi alle cellule tumorali più di quantonon faccia la normale respirazione cellula-re. Nonostante risulti meno efficace da unpunto di vista energetico, la via glicoliticanon causa la totale distruzione delle mole-cole di glucosio, rendendo così disponibilicatene di carbonio sufficientemente lungheper la nuova sintesi di acidi nucleici, prote-ine e lipidi, essenziali per la proliferazionetumorale. In aggiunta, l’utilizzo preferen-ziale del glucosio dà luogo alla produzionedi acido lattico, un sottoprodotto metabo-lico che può causare morte cellulare, angio-genesi, degradazione della matrice extracel-lulare ed inibire le risposte immunitarieanti-tumorali favorendo così la metastasi.Il glucosio plasmatico induce la secrezionepancreatica di insulina, che in questo modo,determina la captazione dello zucchero del-le cellule tumorali. Come riferimento c’èun interessante studio prospettico lo Shan-ghai Women’s Health Study condotto sulledonne cinesi e sulle loro abitudini alimen-tari. Nello studio si esaminano l’associazionetra l’indice glicemico degli alimenti, il ca-rico glicemico, il consumo di fibre e il ri-schio di tumore mammario nelle donnedello studio di coorte di Shanghai e quantogli effetti della dieta vengano modificatidall’età e da fattori di rischio collegati al-l’insulina o agli estrogeni. Una parte consi-derevole della dieta cinese è costituita daamido resistente che contribuisce al totaledelle fibre assunte con la dieta e ha un bassoindice glicemico. Le donne cinesi, storica-mente, hanno sempre consumato grossequantità di carboidrati, eppure hanno unbasso rischio di tumore mammario. Il rapi-

do sviluppo economico della Cina e di Shan-ghai in particolare, ha determinato profon-de modificazioni nella dieta delle donne ci-nesi caratterizzate soprattutto da un aumen-to del consumo di grassi e dalla diminuzio-ne del consumo di carboidrati in particola-re nelle fasce di donne più giovani (32).Come conseguenza di questi cambiamentialimentari, le donne di Shanghai hanno vi-sto aumentaredrammaticamente, negli ul-timi anni, l’incidenza del tumore mamma-rio. I meccanismi che implicherebbero unruolo dei carboidrati nell’eziologia del tu-more mammario sono legati allo sviluppoo all’esacerbazione dell’insulino resistenza oad un’ iperinsulinemia cronica (33). Gli ef-fetti dovuti al consumo di carboidrati sullosviluppo del tumore potrebbero essere me-diati dall’insulina e dall’IGF-I. Si può dire,in conclusione, valutando attentamente irisultati ottenuti dallo studio cinese, che ilconsumo di carboidrati e fibra non sia asso-ciato al tumore, ma si è ritrovata un’asso-ciazione positiva soltanto per quelle donneprima della menopausa.In generale, va det-to che diete ricche di carboidrati raffinatiaumentano i livelli di glucosio nel sangue edi conseguenza aumentano la concentrazio-ne plasmatica di insulina; eccessi di insuli-na sono anche indirettamente collegati al-l’aumento dei livelli di estrogeni liberi at-traverso l’inibizione della SHBP con il con-seguente aumento dei livelli di testostero-ne ed estradiolo (8). L’insulina oltre ad esse-re essa stessa un promotore, aumenta anchel’attività dell’IGF-I che può funzionare an-ch’esso da promotore tumorale (34). Il con-sumo di fibra, invece, non è associato in al-cun modo al rischio di sviluppare un tumo-re mammario in nessun momento della vitariproduttiva della donna. A questo punto,si può intuire quanto sia importante segui-

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re un corretto regime alimentare, dato cheun consumo frequente di questi alimentipotrebbe aumentare il rischio di tumore.Quindi le relazioni tra carboidrati e tumoremammario meritano di essere studiate conmaggiore attenzione nel futuro anche per-ché i carboidrati costituiscono una fettaimportante della nostra dieta, ma anche ditutte le popolazioni del mondo.

Consumo di proteine e aminoacidi e tumo-re mammarioDa un punto di vista nutrizionale, gli ami-noacidi sono tradizionalmente classificati inessenziali e non-essenziali. Questa classifi-cazione ha rilevanza pratica in quanto in-forma su quali siano gli aminoacidi che de-vono essere presenti preformati nella dietae quali quelli che possono essere “trascura-ti”. Il ruolo metabolico è legato all’essen-zialità di alcuni aminoacidi. Aminoacidi eproteine sono fra loro legati in un rapportodinamico che consente un flusso continuodegli aminoacidi da e verso le proteine, flus-so che è implementato dall’apporto esternodegli aminoacidi derivanti dalle proteinedella dieta (35).

Carne e derivatiLa carne contiene mediamente il 20% diproteine di buona qualità nutrizionale, haun buon contenuto di aminoacidi essenzialied una buona digeribilità. La carne è impor-tante come fonte di vitamine del gruppo Btiamina, riboflavina (che è molto elevatanella carne suina), niacina e vitamina B

12,

di cui la carne è l’unica fonte alimentare. Èanche un’importante fonte di minerali come:zinco, rame, selenio e ferro. A seconda cheuna carne abbia un maggiore o minore con-tenuto di ferro viene classificata come car-ne rossa (bovino adulto) o bianca (vitello,

pollo, coniglio). Con il termine di derivatidella carne intendiamo le varie lavorazionidella carne come: carne in scatola, salumiin genere, insaccati, frattaglie ecc. (36).Oggi si sa che numerosi tipi di tumore pos-sono essere associati ad un consumo ecces-sivo di carne (37), che a partire dalla finedella Seconda Guerra Mondiale è cresciutosempre di più. I risultati delle ricerche sonotuttavia spesso contrastanti anche a causadelle differenze nella definizione di consu-mo totale di carne. Inoltre qualche autoresuggerisce che siano, invece, i metodi dicottura della carne stessa a favorire lo svi-luppo del tumore. Nello United KingdomWomen’s Cohort Study è stato riscontratoun significativo aumento del rischio di tu-more mammario per le donne in pre-me-nopausa associato con il consumo di carnelavorata e non-lavorata. In questa fascia d’etàsi è stimato che il rischio relativo a seguitodi un aumento di 50 g al giorno sul consu-mo totale di carne fosse di 1.12 (95%CI:1.02-1.23, P trend = 0.02). Anche il con-sumo di carne non lavorata risultava asso-ciato positivamente al rischio di tumoremammario, HR= 1.20 (95% CI: 0.86-1.68)per grandi consumatori vs non consumato-ri, con un rischio relativo di 1.13 (95% CI:1.01-1,26, P trend = 0.03) sempre per in-crementi di 50gr di carne al giorno. Nelledonne in post-menopausa il consumo di car-ne risultava anch’esso associato al rischio ditumore con un HR= 1.63 (95% CI: 1.10-2.30) (Figura 1). Questa associazione, sia nel-le donne in pre-menopausa che in quelle inpost-menopausa, potrebbe essere dovuta afattori che riguardano il contenuto nutri-zionale della carne stessa come: grassi, pro-teine, ferro o addirittura i metodi di cottu-ra (38). Sono stati ipotizzati numerosi mec-canismi biologici che spiegherebbero l’as-

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sociazione tra consumo di carne e rischio ditumore mammario, ma ci limiteremo elen-carne solo tre (39): 1) Formazione di am-mine eterocicliche durante la cottura ad ele-vate temperature. Da studi in vitro si è vi-sto che queste ammine hanno attività estro-genica (40,41) ed è stato proposto che pos-sano avere un meccanismo cancerogeno spe-cifico sui tessuti della mammella (40,42,43);2) Un secondo meccanismo è legato allapresenza di ormoni nella carne anche se l’usodi specifici ormoni nell’allevamento è dra-sticamente diminuito sempre di più col pas-sare degli anni (44); 3) Il ferro contenutonella carne sembra essere implicato nell’ezio-patogenesi di numerosi tipi di tumore in-cluso quello mammario (45). È stato dimo-strato, nei roditori, che il ferro assunto conla dieta aumenta la cancerogenicità degliestrogeni probabilmente attraverso la for-

mazione di radicali liberi che danneggereb-bero il DNA (46). Nonostante queste os-servazioni, ad oggi, non siamo in grado diattribuire a questo meccanismo una veridi-cità a livello di popolazione. In conclusio-ne, il consumo totale di carne, rossa o lavo-rata, è associato ad un rischio statisticamen-te significativo nelle donne in post-meno-pausa, mentre gli effetti della carne non-lavorata sono maggiori nelle donne in pre-menopausa.

Consumo di grassi e tumore mam-marioQuasi tutte le molecole lipidiche dell’orga-nismo sono prodotte per sintesi endogena,tranne gli “acidi grassi essenziali”, che l’or-ganismo non è in grado di sintetizzare e chepertanto devono essere assunti preformaticon gli alimenti. Da qui deriva un primo

Figura 1 - Meat consumption and risk of breast cancer in the UK Womens’ Cohort Study.

Fonte: Taylor E.F et al. British Journal of Cancer, vol 96 (7), pp. 1136-46, 2007

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importante ruolo dei lipidi alimentari nellanutrizione umana. I lipidi sono importantioltre che per la produzione di energia e peril trasporto e l’assorbimento di vitamine li-posolubili, anche per la formazione di alcu-ni composti biologicamente attivi e per laregolazione di parametri collegati alla com-parsa di alcune patologie di rilevanza sani-taria (es: malattie cardiovascolari). Di no-tevole importanza a tale riguardo è lo statochimico-fisico, ed in particolare lo stato diossidazione e la presenza di sostanze conattività antiossidante. Esiste un vero e pro-prio fabbisogno minimo di lipidi, che deri-va dal bisogno di acidi grassi essenziali edun livello massimo da non superare; tutta-via è difficile stabilire un livello ottimalenella dieta (47).

Derivati del latte: composizione e possibilimeccanismi d’azioneI prodotti derivati del latte rappresentanoun vasto e diversificato gruppo di alimenti.Alcuni prodotti, come il latte intero e mol-ti tipi di formaggi, hanno un alto contenu-to di grassi saturi, che incrementerebbero ilrischio di tumore. I prodotti derivati dellatte potrebbero influenzare il rischio di tu-more mammario, sia positivamente chenegativamente. Le principali ipotesi propo-ste che suggerirebbero un aumento del ri-schio di tumore mammario associato alconsumo di prodotti derivati del latte sonole seguenti (48): 1) un massiccio consumodi questi prodotti si rifletterebbe in un com-plessivo aumento dei grassi assunti, special-mente grassi saturi, che sono stati associatial rischio di sviluppare un tumore mam-mario; 2) i prodotti a base di latte potreb-bero contenere contaminanti, come pesti-cidi, che sono potenzialmente cancerogeni;3) il latte, inoltre, potrebbe contenere fat-

tori di crescita, come il fattore di crescitadell’insulina IGF-I, che si è visto essere unpromotore della crescita cellulare nelle cel-lule tumorali. L’IGF-I, in particolare, è ri-chiesto per un normale sviluppo della ghian-dola mammaria, ma è anche implicato nel-lo sviluppo del tumore mammario (50).Questo perché l’IGF-I esplica la sua azionebiologica interagendo con uno specifico re-cettore presente sulle membrane cellulari,l’IGF-IR (49,50) anche se dai risultati otte-nuti sia in vitro che in vivo l’assorbimentonegli animale dell’IGF-I sarebbe inconsisten-te e attualmente non sono stati condottistudi sugli uomini. Quindi, si può conclu-dere che l’incremento dei livelli di IGF-Inei soggetti che bevono latte è accompa-gnato piuttosto da un aumento totale deigrassi e delle kcal assunte rispetto a chi nonbeve latte. Quindi sarebbero l’energia ed igrassi assunti a determinare effettivamentei livelli di IGF-I.Altre ipotesi, invece, suggeriscono una re-lazione inversa tra il consumo di derivatidel latte e rischio di tumore mammario (51).La maggior parte di queste si sono concen-trate sugli aspetti anticancerogeni della vi-tamina D e del calcio. La forma attiva dellavitamina D

3, la 1α,25-diidrossivitamina D

[1,25 (OH) D] determina cambiamentimorfologici e biochimici specifici dell’apop-tosi come condensazione della cromatina,separazione di cellule adiacenti e frammen-tazione del DNA. Le funzioni della vitami-na D sono strettamente legate a quelle delcalcio. Il calcio è un regolatore cardine in-torno al quale ruotano un vasto numero difunzioni cellulari, inclusa la proliferazioneed il differenziamento cellulare, processi neiquali il calcio si comporta come secondomessaggero (52,53). La vitamina D è unodei tanti regolatori dell’assorbimento e del

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metabolismo del calcio. I meccanismi at-traverso i quali il calcio esplica la sua azio-ne antiproliferativa sono diversi. Il calciopotrebbe neutralizzare gli acidi grassi e gliacidi biliari potenzialmente mutageni, chepotrebbero passare rapidamente dall’intesti-no al seno e colpire i recettori ER e potreb-bero stimolare le proteine estrogeno-rego-late analogamente a come farebbe l’estra-diolo (54). Un altro meccanismo d’azionedei prodotti derivati del latte nel ridurre ilrischio di tumore suggerirebbe il coinvol-gimento del coniugated linoleic acid. Il CLAè un termine comunemente usato per de-scrivere un insieme di isomeri posizionali egeometrici dell’acido linoleico di cui i deri-vati del latte abbondano (55). Hanno azio-ne anti-tumorale inducendo apoptosi e ini-bizione dell’angiogenesi (56,57). Dall’ana-lisi statistica dei dati si evince una relazio-ne inversa tra il tumore ed il consumo diderivati del latte.

Acidi grassi polinsaturi (pufa): ωωωωω-6 e ωωωωω-3L’essenzialità dei grassi alimentari è statadimostrata sul finire degli anni ’20 in espe-rimenti su animali da laboratorio alimen-tati con diete semi-purificate prive del tut-to di grassi. Per questo è stato coniato ilconcetto di acido grasso essenziale (AGE)specificatamente per l’acido linoleico, chenon può essere sintetizzato dall’organismo.L’essenzialità dell’acido linoleico (della se-rie ω-6) e dell’acido linolenico (della serieω-3) è stata ampiamente dimostrata ed ilmeccanismo con il quale agiscono si fondasulla capacità che hanno le due famiglie ω-6 e ω-3 di dar luogo alla formazione di so-stanze biologicamente attive, importanti indiversi processi fisiologici, come gli eicosa-noidi: prostaglandine, trombossani, prosta-ciclne e leucotrieni (47). Nella dieta umana

le fonti di PUFA sono diverse e solo pochistudi epidemiologici hanno esaminato l’as-sociazione tra i PUFA e il rischio di tumoremammario facendo riferimento ai cibi o alconsumo di antiossidanti (58). C’è da preci-sare che il tumore mammario non è legatoad un eccesso di PUFA totali; ma si è vistoche esistono degli effetti opposti a secondadella fonte di provenienza dei PUFA.Bisognacomunque fare una distinzione tra gli effet-ti degli ω-6 e quelli, invece, degli ω-3. IPUFA ω-6 hanno mostrato spiccati effettienhancer (cioè che facilitano) sui tumori.Altri studi suggeriscono che consumi ele-vati di ω-3 potrebbero esercitare effetti ini-bitori sul processo canceroso della mammel-la agendo in competizione con gli ω-6 oattraverso la formazione di prodotti di os-sidazione. Nell’insieme, il rischio di tumo-re mammario non è strettamente in rela-zione al consumo di ω-6 (totali, acido lino-leico, acido arachidonico) o a quello di ω-3(totali, acido α-linoleico, a catena lunga) oancora al tasso di PUFA ω-3 o ω-6 (v. pag.seguenti Tabella 1). Quando i dati vengonostratificati in base al consumo totale diPUFA ω-6, si riscontra per i PUFA ω-3 acatena lunga un decremento del rischio ditumore mammario ristretto al quintile piùalto del consumo di PUFA ω-6 (quintilemaggiore vs minore dei PUFA ω-3 a catenalunga, HR 0.62; 95% CI 0.44, 0.86; p trend0.021; p interaction 0.042). Analizzando larelazione tra il rischio di tumore mamma-rio e i singoli PUFA provenienti dalle prin-cipali fonti di alimenti (v. pag. seguenti Ta-bella 2), si può osservare un diminuzionedel rischio di tumore mammario associatoad un alto consumo di ALA derivante dafrutta e verdura. Al contrario, si è osserva-to un aumento del rischio del tumore asso-ciato al consumo di grandi quantità di aci-

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do linoleico o di ALA proveniente da cibilavorati, inclusi i mix di noci. Le donne cheassumono pochi ù -3 hanno un rischio mag-giore di ammalarsi di tumore mammario.Questa osservazione è plausibile dal mo-mento che esiste una competizione tra ù -6ed ù -3 per la produzione di eicosanoidi(composti derivati dell’acido arachidonicoimportanti nel costruire una risposta im-munitaria efficace) come meccanismo difondo. In conclusione, grazie ai numerosistudi condotti in più di 50 anni, possiamodire che i tumori della ghiandola mamma-ria vengono facilitati dalla presenza di ele-vate quantità di grassi nella dieta. Questeosservazioni sono confermate da esperimen-

ti su animali da laboratorio (alimentati condiete ad alto contenuto di grassi), da studiepidemiologici condotti in Paesi con dietestoricamente più “occidentali” ed anche supopolazioni che emigravano da Paesi abi-tuati a consumare pochi grassi ad altri abi-tuati a consumi lipidici maggiori. In tuttiquesti casi è stato confermato l’aumentodell’incidenza del tumore mammario. Di-versi meccanismi sembrano poter operarenell’eventuale effetto carcinogenico dei gras-si. Alcuni di questi sembrano ricollegarsiad effetti specifici dei PUFA nella produ-zione di eicosanoidi e nel cambiamento dellacomposizione delle membrane cellulari, mabisogna anche tener presente la distinzione

Tabella 1 - Dietary intakes of ù-6 and ù-3 polyunsaturated fatty acids and the risk of breast cancer

Fonte: Anne C.M. Thiébaut et al. International Journal of Cancer vol.124 pp.924-931, 2009

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tra gli effetti degli ù -3 e quelli, invece, de-gli ù -6. Inoltre, la carcinogenesi a livellodella ghiandola mammaria sembra essere

positivamente collegata all’effetto che i grassihanno sul bilancio energetico. È noto che losviluppo dei tumori è ostacolato dalla restri-

Tabella 2 - Dietary intakes of ù-6 and ù-3 polyunsaturated fatty acids and the risk of breast cancer.

Fonte: Anne C.M. Thiébaut et al. International Journal of Cancer, vol. 124, p. 924-931, 2009.1 Cox proportional hazardsmodels adjusted for age (time metric), nonalcohol energy and athanol intakes,smoking history, history of benign breast disease, histiry of breast cancer in first-degree relatives, age atmenarche, parity, body mass index, menopausal status, age at menopause and use of menopausal hormonetreatment. 2 Two-sided test using median nutrient intake in ezch quintile as a continuos variable. 3 Food itemspontentially including patially hydrogenated vegetable oils, i.e., margarine, ready-to-use salad dressing, bre-aakfast cereals, industrial bread and rusk, croissants, biscuits and cakes, chocolate bars and candies, nut mixes,pizza, tart and sanfwiches, French fries, fruit pies and dessert. 4 Single peanut, 16% pistachio, 9% almond, 5%dried exotic fruit, 5% hazelnut, 5% cashew nut, 2% seeds and 1% coconut. The reference category corre-sponds to 23,7% non-consumers; the upper categories were based on quartiles among consumers.

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zione calorica e che l’elevata densità caloricadei grassi favorisce un bilancio energeticopositivo poiché l’energia viene immagazzi-nata nel corpo, soprattutto nel tessuto adi-poso, compreso quello della ghiandola mam-maria. Questo potrebbe creare uno stimolopositivo per la crescita in generale e favorirela crescita del tessuto canceroso. Consideran-do gli studi esistenti e le normali variazioninella quantità e tipo di grasso consumati,sembra che sia il livello dei grassi piuttostoche il tipo di grassi consumati abbia un mag-giore impatto sul controllo dell’incidenza deltumore.

Soia ed isoflavoni: esiste un effettoprotettivo?La soia contiene alcuni costituenti specificicome isoflavoni e lignani (questi ultimi pre-senti anche nei cereali seppure in concen-trazioni minori), denominati fitoestrogeni(genisteina e daidzeina) proprio perché laloro struttura chimica è simile a quella de-gli estrogeni e la cui attività biologica emeccanismo d’azione sono ancora oggettodi verifica per quel che riguarda l’effetto“protettivo” nei confronti dei tumori ormo-no-dipendenti come quello mammario (59).Dati di laboratorio suggeriscono che gli iso-flavoni hanno un ampio range di effetti bio-logici (60). In primis hanno una spiccataaffinità peri recettori degli estrogeni, in vi-tro (61) perciò potrebbero comportarsi comedegli antiestrogeni in competizione con isiti di legame dei recettori per gli estrogeni(62). Oltre a questo, gli isoflavoni hannoattività anti-proliferativa (63), proapoptotica(64), anti-angiogenica (65), antio-ossidati-va ed anti-infiammatoria (66). Storicamen-te le donne giapponesi hanno un tasso diincidenza di tumore mammario nettamen-te inferiore rispetto a quello delle occiden-

tali. Una possibile spiegazione potrebbe es-sere legata ad un maggiore consumo di cibia base di soia che contengono appunto iso-flavonoidi. Questo spiegherebbe anche ilperché il tasso aumenta nelle immigrategiapponesi una volta stabilitesi nella nuovanazione (67,68) suggerendo che i cambia-menti nello stile di vita potrebbero avereun ruolo, incluse le variazione nell’assun-zione di isoflavoni. L’ipotesi è confermataconfrontando i dati del Cancer Incidence inFive Continents vol. IX (69) dove il tassodi incidenza del tumore mammario tra legiapponesi di Osaka (Giappone) nel 1998-2002 era di 32.0 per 100.000; 105.6 per100.000 tra le donne bianche alle Hawaii; e107.5 per 100.000 tra le donne giapponesiimmigrate alle Hawaii. È probabile, anche,che la dieta individuale possa modificare l’as-sociazione tra consumo di isoflavoni e ri-schio di tumore influenzando la farmacoci-netica del metabolismo degli isoflavoni.Anche il metabolismo stesso degli isofla-voni può variare ampiamente tra i diversiindividui pur consumando identiche quan-tità di cibi a base di soia. L’equol, cioè unmetabolita della daidzeina, è stato identifi-cato in campioni di sangue e urine di alcunisoggetti, ma non in tutti. La stessa florabatterica intestinale gioca un ruolo impor-tante nel metabolismo della daidzeina an-che se, al momento, non si sono identificatii batteri responsabili (70). L’equol si legacon molta più affinità ai recettori per gliestrogeni di quanto non faccia il suo precur-sore daidzeina e la sua attività antiossidan-te è sicuramente maggiore rispetto a quelladi tutti gli altri isoflavoni. Sicuramente inGiappone prevalgono i cosiddetti soggetti“produttori” di equol rispetto al resto dellapopolazione bianca e questo potrebbe rap-presentare un fattore vantaggioso per le

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donne giapponesi in termini di riduzione delrischio di tumore mammario. Da studi invitro si è visto che una precoce esposizionealla ginesteina, sia nel periodo prepuberaleche in quello puberale, ridurrebbe l’incidenzadi numerosi tumori mammari indotti chi-micamente negli animali forse a causa dellealterazioni nell’espressione genica e cambia-menti morfologici nella ghiandola mamma-ria. Nonostante queste osservazioni bisognatenere presente che il tumore mammario èlegato a diversi fattori sia ormonali che dellostile di vita. La soia e gli isoflavoni hannoeffetti sui livelli degli estrogeni circolantisia in pre-menopausa che in post-menopau-sa. Per interpretare correttamente i dati,però, è necessario considerare le fonti e laforma degli isoflavoni, il tempo di esposi-zione, la condizione di produzione dell’equol,lo stato dei recettori per gli estrogeni ed ilprofilo ormonale individuale. Tutti questifattori, insieme anche all’ambiente esternoe ai fattori genetici, possono modulare l’as-sociazione tra il consumo di soia e il rischiodi tumore mammario. Nel futuro prossi-mo sarebbe importante incentrare gli studisu campioni sufficientemente grandi inmodo da poter rilevare i fattori che sono ingrado di modificare l’associazione tra la soiae il tumore.

Prevenzione primaria attraversol’educazione alimentare e modifica-zione dello stile di vitaCambiare le abitudini e lo stile di vita diuna popolazione è difficile, soprattutto sequesti sono radicati nel tempo. Esistonotuttavia una serie di comportamenti chepotrebbero essere modificati attraverso uncorretto approccio volto all’educazione ali-mentare inquadrata soprattutto nell’ambi-to di una progetto di prevenzione. L’ade-

guatezza della dieta consiste essenzialmen-te nella qualità e nella quantità degli ali-menti consumati, in misura tale da soddi-sfare i bisogni di energia e nutrienti, rispet-tando combinazioni e proporzioni tali danon arrecare rischi potenziali per la salute.Tra le varie considerazioni nella program-mazione degli interventi di educazione ali-mentare sono importanti i rapporti tra in-dividuo ed ambiente, come quello fisico (es:disponibilità e scelta degli alimenti), l’am-biente socio-economico (es: che condizionale abitudini di vita e l’accessibilità dei pro-dotti alimentari) e l’ambiente culturale (es:la famiglia e la tradizione) adottando unoschema di analisi antropologica (25). Le be-vande alcoliche sono parte integrante dellacultura occidentale assumendo un signifi-cato in parte di completamento della dieta,ma soprattutto come simbolo edonistico.L’alcol ha attualmente una rilevante collo-cazione sociale ed è presente nella nostraalimentazione sotto forma di vino, birra,liquore ecc. come un gradito completamen-to della vita di relazione. Se ingerito conmoderazione, in particolare vino e birra,favoriscono la degustazione degli alimenti(28), se ingerito in quantità elevate esplica-no gli effetti nocivi. L’aspetto culturale esociale dell’alcol dovrebbe essere tenuto indebita considerazione soprattutto nelle cam-pagne di prevenzione del tumore mamma-rio a causa del costante e sempre maggiorerichiamo che l’alcol esercita sui giovani.Anche la relazione tra peso e rischio di svi-luppo del tumore mammario risulta abba-stanza complessa. Il mantenimento di unpeso adeguato è una buona forma di pre-venzione nei confronti della neoplasia cosìcome svolgere anche una regolare e sanaattività fisica . Essendo questa un’area diparticolare interesse di salute pubblica, i

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lavori futuri dovranno tenere conto dell’esi-stenza di valori di BMI soglia per il rischiodi tumore e molta cautela deve essere postasulla veridicità dei risultati prima di costru-ire campagne di educazione alla salute.

ConclusioniIl tumore mammario è una patologia com-plessa che risulta dalla somma di numerosifattori di rischio ed esposizione agli stessinell’arco degli anni, incluse la suscettibilitàgenetica e gli stimoli ambientali. Sicuramen-te i fattori alimentari ed antropometrici ri-vestono un ruolo di particolare importanzanell’eziopatogenesi di questa malattia. Lo stu-dio dei rapporti tra la dieta ed il tumoremammario è iniziato quando sono apparseevidenti le differenze di incidenza della neo-plasia tra varie popolazioni con differentiabitudini e condizioni di vita. La dieta puòavere effetti “protettivi” se fornisce antiossi-danti capaci di modificare il metabolismo dieventuali sostanze mutagene o influenzare lamoltiplicazione cellulare o il profilo ormo-nale. Quest’ultimo infatti può essere altera-to dall’assunzione di estrogeni di alimenti diorigine vegetale oppure da un aumentatograsso corporeo deposito di xenoestrogeniambientali ed alimentari. Esistono, quindi,diverse ipotesi a sostegno del ruolo specificodi alcuni nutrienti nel favorire o limitare lacrescita e lo sviluppo delle cellule neoplasti-che. La conoscenza che determinati gruppidi alimenti abbiano una relazione con il ri-schio di tumore mammario può dare utili e

pratiche indicazioni nelle strategie di preven-zione. In particolare, è stato evidenziato cheil consumo di alimenti ricchi in proteine egrassi, come la carne rossa, sono associati adun maggiore rischio di sviluppare questo tipodi neoplasia. Questo può essere attribuibilead un maggior deposito di grasso nella ghian-dola mammaria e alla maggiore produzionedi estrogeni conseguente ad una dieta iperli-pidica oppure alla possibilità che si forminosostanze mutagene, durante la cottura ad ele-vate temperature, come le amine eterocicli-che. L’effetto cancerogeno dei grassi delladieta non è dovuto solo ai grassi saturi, ge-neralmente di origine animale, ma anche al-l’eccessivo consumo di acidi grassi polinsa-turi. I micronutrienti contenuti negli alimen-ti di origine vegetale come le vitamine C edE e gli isoflavoni della soia, anche se non com-pletamente accertato, esplicherebbero unruolo “protettivo” grazie alle loro proprietàantiossidanti. Meglio accertato è il ruolo delconsumo di alcol e dell’obesità in post-me-nopausa, ambedue fattori di rischio per iltumore mammario. Quindi la limitazione nelconsumo di grassi animali e di bevande alco-liche e il controllo del peso corporeo ancheattraverso una regolare attività fisica sonoefficaci misure di prevenzione di questa neo-plasia. Questi fattori, che sono determinantinello sviluppo non solo del tumore mam-mario, ma anche di altre malattie croniche,sono tutti aggredibili con appropriate strate-gie di educazione sanitaria e promozione dellasalute.

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Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

355Adelaide Chiaravalloti, Simone Manfredelli, Fabrizio Giannandrea, Irene Figà-Talamanca

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Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 356-357

RECENSIONI

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

State of the Science of Endocrine DisruptingChemicals - 2012. Edito da Ake Bergman,Jerrold J. Heindel, Susan Jobling, KarenA. Kidd and R. Thomas Zoeller. WHOGeneva 2013, pp. 289.

A 10 anni dalla pubblicazione di un rapporto intito-lato “Global Assessment of the State-of-the-Science ofEndocrine Disruptors.” un corposo e documentatovolume redatto da Åke Bergman, Jerrold J. Heindel,Susan Jobling, Karen A. Kidd e R. Thomas Zoeller(autori di prevalente origine scandinava che hannoretto alla prova dell’assenza di conflitto di interessi inun settore in cui questo può essere molto consisten-te) mette a disposizione della comunità scientifica edegli esposti il punto sullo sviluppo delle conoscenzerelative alle sostanze chimiche che avendo la capacitàdi interferire, sregolandolo, con il sistema endocrino-da qui la denominazione “Endocrine DisruptingChemicals” ECDs - svolgono un ruolo cruciale neldeterminare alterazioni riproduttive e un ampio spet-tro di malattie cronico degenerative nell’uomo e nel-la fauna selvatica, con delle specificità tali daprefigurare un nuovo modello di tossicità, che si ag-giunge a quelli già noti.Il testo si articola in tre capitoli ed è preceduto da unriassunto che fa il punto sugli aggiornamenti che ne-gli ultimi dieci anni hanno arricchito il corpo delleevidenze scientifiche sugli ECDs fino a farne unadelle tematiche che, insieme alla epigenomica, po-trebbero modificare profondamente le nostre cono-scenze sulla patogenesi di molte delle principalipatologie e comportare: a) un superamento degliapprocci che oggi dominano nel campo della preven-zione primaria e nella disapplicazione su scala globalee locale del principio di precauzione; b) la adozione

di nuove metodologie adatte a studiare gli effetti diqueste sostanze; c) lo sviluppo di una ricerca indipen-dente dagli interessi dei produttori di rischio.Quanto ai contenuti, molto sinteticamente, il primocapitolo è dedicato a spiegare cosa sia un interferenteendocrino e perché sia cosi importante prevenirne glieffetti: gli autori, analizzando il funzionamento deisistemi endocrini nei vertebrati, mettono in luce ilfatto che essi sono talmente simili da avere un fun-zionamento specie indipendente. Sulla base di questocriterio di plausibilità vengono passati in rassegna glistudi disponibili sugli effetti che gli ECDs hanno sulsistema endocrino delle diverse specie di vertebrati,uomini compresi, facendo emergere prove consistenticirca il fatto che anche gli effetti delle sostanze chi-miche sul sistema endocrino siano specie indipen-denti.Sulla scorta di questa chiave di interpretazione, ilsecondo capitolo censisce e colloca una serie moltoestesa di evidenze derivanti da studi condotti suglieffetti che gli ECDs svolgono nell’uomo e nella fau-na selvatica, in specifici capitoli: salute riproduttivadella donna: salute riproduttiva dell’uomo; effettisul rapporto maschi femmina alla nascita; disturbi epatologie del funzionamento tiroideo; interferentiendocrini e sviluppo neurologico del bambino; inter-ferenti endocrini e cancri correlati con l’effetto disostanze ormonali (mammella, endometrio, ovaio,prostata, testicolo, tiroide); disturbi e patologie del-l’asse ipotalamo – ipofisi – surrene; disturbi e malat-tie delle ossa; disordini metabolici con particolareriferimento a malattie come obesità e diabete; siste-ma immunitario e malattie nell’uomo e nella faunaselvatica; declino delle popolazioni.Il terzo capitolo sintetizza le informazioni disponibilisulle esposizioni umane e della fauna selvatica agliECDs, descrivendo le varie tipologie di inquinanti e

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n.n. 3, luglio-settembre 2013

357Carlo Romagnoli

le relative fonti di diffusione, la distribuzione nel-l’ambiente ed il destino cui vanno incontro, per pas-sare in rassegna la documentazione scientifica sugliECDs trovati in organismi umani e nella fauna selva-tica e concludere con le problematiche emergenti,relative sia alle molecole note per i loro effetti endocrinied alla loro ubiquitaria diffusione, sia alla enormeproblematica delle sostanze chimiche diffuse dal com-mercio globale che possono contenere composti emolecole patogeni ma di cui poco si sa quando inve-ce sarebbe meglio per tutte/i saperne molto di più.Tra gli sviluppi che gli autori auspicano come impor-tanti per affrontare e vincere la sfida posta dagli ECDs,oltre ad un ulteriore rafforzamento delle conoscenzesu queste molecole, un ruolo importante hanno losviluppo di nuovi test e metodologie appropriati allespecificità e problematiche che comportano (effettonel periodo fetale e negli organismi in sviluppo a dosimolto più basse di quelle attive negli organismi adul-ti; bioaccumulo; interazioni e sommazione degli ef-fetti tra molecole diverse, ecc), le modalità con cuiridurre le esposizioni e quindi la vulnerabilità allemalattie nella cui patogenesi sono implicati, l’identi-ficazione di altre sostanze chimiche che hanno unpotenziale effetto di interferente endocrino, la crea-zione di ambienti favorevoli per la ricerca scientifica,

l’innovazione e la prevenzione delle malattie e la messaa punto di nuovi metodi per valutare la forza delleevidenze disponibili sulla associazione tra sostanzechimiche e loro effetti sulla salute.In conclusione il testo, importante per la formazionedi base ed in servizio delle varie professioni sanitariee delle varie branche di attività medica, sembra pre-sentare le caratteristiche di quei lavori scientifici chedocumentano un salto di paradigma in divenire, per-ché capaci di invalidare, a partire da una nuova ipote-si patogenetica e da una visione olistica che combinaosservazioni scientifiche su uomini e fauna selvatica,tutta una serie di conoscenze su cui prima si basava lapratica medica e gli interventi di sanità pubblica.Certo colpisce il fatto che OMS e UNEP pubblichi-no il testo ma lascino la responsabilità delle afferma-zioni agli editori come se fossero troppo pesanti perle loro spalle e come se ci fosse qualcun altro che, alivello globale, debba farsi carico di trarre le conclu-sioni che questa mole di osservazioni scientifiche sug-gerisce, rafforzando l’idea che il conflitto di interessinella contemporaneità non stia più solo e tanto neisingoli, ma investa pienamente le organizzazioni chia-mate a difendere la salute di tutti.

Carlo Romagnoli

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 358-360

SCHEDE

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Roberto d’Amico, Marina Davoli, Luca DeFiore, Roberto Grilli, Paola Mosconi (a curadi), La sanità tra ragione e passione. Da Ales-sandro Liberati sei lezioni per i prossimi anni,Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2013.

Un libro non solo di scienza, ma anche di letteraturae di arte. Per chi ritiene la sanità pubblica una conqui-sta e un valore non solo da difendere, ma da sviluppa-re, perfezionare e portare a più avanzate realizzazioniattraverso partecipazione, democrazia, equità, soli-darietà, per chi ha avuto esperienze di lavoro di me-dico di sanità pubblica e ritiene che la nuova sanitàpubblica si deve basare sul binomio “promozione dellasalute - continuità delle cure”, questo libro che, sullatraccia delle sei parole delle famosa Lezioni america-ne di Italo Calvino, propone una articolata riflessionesull’esperienza e gli insegnamenti di Alessandro Li-berati, costituisce “un serbatoio” di idee e ragiona-menti che rafforzano la passione e l’impegno di ricer-catori, scienziati, amministratori e operatori.A partire dal tema della ricerca come “bene comu-ne”, come risorsa messa a servizio della collettività edel cambiamento nella società, una ricerca libera dal-l’influenza dei conflitti d’interesse, una ricerca utile edisponibile per indirizzare le decisioni.Illuminante il riferimento alle sei parole di Calvino:leggerezza, rapidità, esattezza, visibiilità, molteplici-tà, consistency/coerenza, che, anche in un contestoassai diverso dall’origine, mantengono una forzaevocativa straordinaria.La leggerezza, cioè essere semplici e diretti, e quindi

il suo valore per la partecipazione dei cittadini al di-battito su salute e informazione (qualità delle infor-mazioni) e alle decisioni sulla ricerca e sull’assistenza;il tema della leggerezza riguarda anche la qualità del-l’informazione e della comunicazione ai fini del con-senso informato, quello che serve è un “accordo in-formato”, piuttosto che un “consenso informato”.La rapidità, cioè l’importanza della tempestività del-la ricerca per prendere decisioni, conciliare rapidità eaffidabilità, l’importanza di tecniche analitiche (Valueof Information Analysis). Tra le molteplici applicazio-ni della medicina basata sulle prove, di cui Alessan-dro Liberati è stato pioniere, c’è l’Health TechnologyAssessment, in questo ambito la rapidità rappresentala tensione tra ricerca e decisione, ma si analizzaanche perché non si adottano nella pratica clinicainterventi di provata efficacia o perché si diffondonointerventi e tecnologie di efficacia ancora da dimo-strare. Spesso il problema non è solo far arrivare rapi-damente ai decisori i risultati della ricerca, ma anchedi quali informazioni hanno bisogno.La rapidità è anche la rapidità delle favole di cui ciparla Calvino, la cattura del tempo per tenere vivo ildesiderio di saperne il seguito, perché il tempo non èuna continuità, ma una discontinuità. E allora rapi-dità come discontinuità, come la legge 180 e L’isti-tuzione negata di Basaglia, la presa in carico di dirittinegati, discontinuità è il diritto-di-avere-diritti e noni diritti come variabili dipendenti dall’economia,discontinuità è la guerra come malattia strutturale.L’esattezza come bisogno di ricevere/fornire rispo-ste, di affrontare e ridurre l’incertezza. La problematicaè affrontata dal punto di vista del clinico, del

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 56, n. 3, luglio-settembre 2013

359Filippo Antonio Bauleo, Lamberto Briziarelli, Giancarlo Pocetta

metodologo e dal punto di vista del paziente. L’in-certezza come prerequisito per la ricerca clinica etica,l’importanza di sviluppare alleanze con gli utenti perandare verso un riconoscimento più ampio dell’in-certezza e delle debolezze della medicina nel proces-so di prioritarizzazione.La visibilità è la necessità di rendere visibili problemie punti di vista trascurarti dalla ricerca dominante,visibilità è “non perdere mai di vista la foresta men-tre si guardano gli alberi”, è una politica sanitariaculturale per promuovere un ruolo attivo dei cittadi-ni e dei pazienti.La molteplicità delle competenze dei ruoli e delle pas-sioni, che devono convergere per raggiungere gli obiet-tivi.La consistency come coerenza (tra epidemiologia e sa-nità pubblica, ad esempio), ma anche come solidabase del pensare e dell’agire, ubi consistam? La ricer-ca della verità e della giustizia.

F.A.B.

Censis, Forum per la ricerca Biomedica, Il fu-turo della sanità. Tra risorse vincolate e deficit dicompliance, Franco Angeli, 2013, pp. 103.

In un volumetto agile e di estrema chiarezza e sem-plicità, vengono riportati i risultati di una ricerca ese-guita da un gruppo di lavoro del Censis, diretto daCarla Collicelli e coordinato da Francesco Maietta eKetty Vaccaro. Il testo si articola attorno a due do-mande Quale futuro per le risorse in sanità? e Qualefuturo per il rapporto medico-paziente nella nuovasanità? alle quali viene data risposta rispettivamentecon otto e quattro risposte, che affrontano temi rile-vanti, vicini a quelli che ci siamo posti nel proporre laparte monografica di questo numero della rivista.Nella prima parte è centrale il discorso di come darerisposta alla crisi in atto, riduzione delle risorse, dimi-nuzione di risorse pubbliche, aumento della spesaprivata, perdita di fiducia nel sistema, paura per ilfuturo, riduzione di consumi sanitari e sociali, ridu-zione di prestazioni essenziali ed altro ancora. Si parla

del mutamento di alcuni driver socio-culturali,autoregolazione, olismo ed estetica, di un possibilelow-cost sanitario, del rapporto tra tagli di bilancio efederalismo, di mutualità volontaria.Nella seconda parte l’analisi del rapporto medico-pa-ziente viene svolta attorno a quattro temi fondamen-tali, la comunicazione rivoluzionata, interesse e biso-gni per l’informazione sanitaria, le fonti di informa-zione e la loro inadeguatezza, la necessità di come pas-sare dall’informazione alla responsabilizzazione, allacondivisione, come elementi guida verso un’evoluzio-ne del rapporto stesso. Con la raccomandazione diporre massima attenzione “all’informazione-disinformazione del malato e del suo entourage”, “amodalità e tonalità comunicativa nell’ambito del rap-porto medico-paziente o operatore sanitario-pazien-te”, a “l’utilizzazione dei canali vecchi nuovi di autoinformazione”, si conclude con l’ipotesi che i rispon-denti auspichino un nuovo tipo di rapporto che “lungidall’essere paritetico, prevede una condivisione dialet-tica delle informazioni e in sostanza una partecipazio-ne consapevole del paziente alla costruzione del pro-prio percorso diagnostico terapeutico e clinico”. Unalettura da consigliare sulla quale riflettere, anche se .cisembra che sarebbe stato opportuno - non è mai trop-po tardi - allargare il discorso a ciò che dovrebbe sotto-stare a come il paziente possa acquisire“responsabilizzazione e capacità di condivisione”, conla sola informazione, assai incerta e incompleta. Nien-te da dire e su Health literacy ed educazione alla salute?

L.B.

Carole Clavier and Evelyne de Leeuw (editedby), Health Promotion and the Policy Process, 240pages, Paperback, September 2013 (estimated).Also available as: eBook

Gli studiosi e governi riconoscono l’importanza del-lo sviluppo e attuazione delle politiche per la salutedella popolazione, ma c’è una mancanza di sviluppoteorico e concettuale sistematica nel campo della sa-lute per affrontare il problema. “Health Promotion

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Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 56, n. 3, luglio-settembre 2013

Schede

Le schede sono state redatte da: Filippo AntonioBauleo, Lamberto Briziarelli, Giancarlo Pocetta

and Policy Process” è il primo libro che si propone didare uno sguardo approfondito ai progressi teoricinelle scienze della politica, comprendendo una di-scussione sul significato di economia e sociologiapolitica, campi che finora hanno fatto pochi progres-si nello sviluppo della promozione della salute.Attraverso strumenti pratici e di critica, di ricerca edi discussione basata sull’esperienza, il volume discu-te come le teorie possono essere usate per influenza-re, valutare, orientare e realizzare interventi e politi-che di promozione della salute. Questo libro è una

lettura importante per i professionisti della promo-zione della salute che vogliono essere efficaci nell’in-fluenzare i determinanti sociali della salute. Il volu-me quindi si indirizza a studenti, professionisti dellasanità pubblica, ricercatori, professionisti, responsa-bili politici e operatori interessati alle politiche ed allaricerca applicata.

G.P.

DOCUMENTI

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 361-364

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

EuroHealthNet - Bruxelles, 10 settembre 2013EuroHealthNet sollecita azioni più incisive: Il rapporto dellaCommissione europea sulle diseguaglianze in salute con-ferma che persistono gap dannosi e costosi tra gli Stati mem-bri dell’Unione europea e al loro internoEuroHealthNet, Bruxelles september 10, 2013EuroHealthNet calls for more action as European Commission report on healthinequalities confirms harmful and costly gaps remain between and within EUMember States

EuroHealthNet accoglie positivamente ilrapporto sulle disuguaglianze sanitarie nel-l’UE diffuso dalla Commissione europea il9 settembre. In quanto organizzazione cre-ata da organismi statali e regionali dell’UEper contribuire a migliorare la salute e com-battere le diseguaglianze sociali e di salute,l’attività di EuroHealthNet è richiamataattraverso il suo principale lavoro, i pro-getti di ricerca, il supporto per le azionicomuni dell’UE, la collaborazione conl’OMS e altri stakeholder. I direttori CliveNeedle e Caroline Costongs hanno rilascia-to oggi la seguente dichiarazione: “Il rap-porto della Commissione europea dimostraa sufficienza l’entità del lavoro avviato dal-le Direzioni più direttamente responsabiliper Salute, Affari sociali e Ricerca nel pe-

riodo considerato, da quando è stata pro-dotta nel 2010 la Comunicazione Solidarityin Health. Ci congratuliamo con tutti i re-sponsabili e ci impegniamo a sostenere i loroulteriori sforzi e a diffondere le loro comu-nicazioni. Precorrendo questo rapporto ab-biamo lanciato il nostro nuovo piano stra-tegico per il 2020 che sarà caratterizzato dauna nuova piattaforma per la salute e l’equitàsociale (FASE), un nuovo Centro per l’Inno-vazione e la Ricerca per l’implementazionedi Salute e Benessere (CIRI) e un importan-te sviluppo del nostro network principaleche diventerà Promozione della Salute Eu-ropa (HPE). Sebbene questo dimostri la fi-ducia dei nostri membri che l’UE continue-rà a svolgere un ruolo guida nella lotta con-tro le diseguaglianze e per migliorare la sa-

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Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

Documenti

lute, dimostra anche che persiste chiara eurgente la necessità di fare molto di più emolto meglio.I paragrafi chiave del rapporto sono i se-guenti. A pagina 3: ‘’... sono presenti conside-revoli gap in salute all’interno e tra gli Statimembri dell’UE ... nello stato di salute c’è ungradiente sociale per cui le persone con livellod’istruzione inferiore, classe professionale piùbassa o più basso reddito tendono a morire piùgiovani e hanno una maggiore incidenza dellamaggior parte dei tipi di problemi di salute.Negli ultimi anni, il livello di diseguaglianzaè migliorato per un piccolo numero d’indicatori,mentre per altri non vi è stato alcun cambia-mento e, per alcuni, un peggioramento”.E a pagina 19: ‘’Per alcuni indicatori chiave disalute c’è stato sia un miglioramento generaleche una modesta riduzione delle diseguaglianzetra gli stati, anche se il livello di tali disegua-glianze rimane inaccettabilmente alto. Ma lediseguaglianze tra gruppi sociali, tra ricchi epoveri, tra soggetti con livello d’istruzione uni-versitario e quelli con basso livello d’istruzione etra la popolazione in generale e in alcuni grup-pi tra cui i Rom, restano elevate e persistenti, e lasituazione economica in alcune aree pone ulterio-ri sfide per il futuro’’.È chiaro che nel nuovo periodo strategicoUE 2014 - 2020 si devono raddoppiare glisforzi. Gran parte delle condizioni, riporta-te o a cui si fa riferimento in termini d’in-sufficienza di dati adeguati riguardo agli annidi vita in buona salute e non solo all’aspet-tativa di vita, fanno crollare il tenore di vitaper molte persone vulnerabili, fanno aumen-tare la povertà in particolare tra i bambini,producono una massiccia disoccupazionegiovanile, riducono l’accessibilità ai servizisanitari, sono semplicemente inaccettabilie ingiuste. Si richiedono politiche urgenti eazione pratica all’interno del settore sanita-

rio e al di fuori di esso.Scriviamo oggi ai principali membri delParlamento europeo per invitare il Parlamen-to europeo a garantire l’organizzazione diuna corretta ed efficace riflessione sul pre-sente rapporto e su quello che è stato fattonon solo all’interno dei programmi dell’UE,ma anche all’interno degli Stati membridell’Unione europea e come questo si met-te a confronto con le iniziative a livellomondiale, considerato che uno degli obiet-tivi UE 2020 è di essere dinamici e compe-titivi a livello globale. Chiediamo che siamisurato il progresso rispetto alle raccoman-dazioni prioritarie della Commissione suideterminanti sociali di salute (CSDH), adot-tate dall’assemblea dell’OMS per migliora-re valutazioni e conoscenze, condizioni divita e di lavoro ed equilibrio di ricchezza,potere e risorse.Attendiamo con impazienza l’imminentepubblicazione di uno studio congiunto, incui EuroHealthNet ha fatto parte di ungruppo di ricerca condotto dal professor SirMichael Marmot, e prevediamo che le sueraccomandazioni per il miglioramento ris-pecchieranno quello che sarà annunciato dalrapporto sul continente nel suo complesso,che sarà pubblicato la prossima settimanada OMS Europa. Chiediamo a tutte le isti-tuzioni dell’UE di prendere in seria consi-derazione tali raccomandazioni e di imple-mentarle all’interno degli stati e delle co-munità UE.Sollecitiamo la rapida attuazione di misurepertinenti centrate sull’equità, come previ-sto in tutti i programmi e nella legislazionedell’UE, ma soprattutto in base alla strate-gia Europa 2020, la strategia per la saluteUE, il Pacchetto d’Investimenti Sociali UEe il programma di ricerca Horizon 2020.Ora ci rivolgiamo ulteriormente ai nostri

Sistema Salute. La Rivista italiana di educazione sanitaria e promozione della salute, vol. 57, n. 3, luglio-settembre 2013

363Documenti

membri, partner e stakeholder per contri-buire a portare avanti un’essenziale com-prensione di questo e di altri rapporti e perfare presto ulteriori dichiarazioni”.

Note sul background per giornalistie lettoriIl rapporto evidenzia che il divario tra lapiù alta e la più bassa aspettativa di vita inUE-27, così come la mortalità infantile nel-l’UE è diminuita tra il 2006-2007 e il 2011.Si tratta di una tendenza positiva. Tuttavia,vale la pena sottolineare che il rapporto con-ferma la persistenza di diseguaglianze disalute significative e inaccettabilmenteampie all’interno degli Stati membri del-l’UE. Il divario di salute, infatti, rimanesempre elevato e in alcuni casi in crescita,esistono disparità sanitarie tra le regioni eall’interno dei paesi.- Oltre 9000 giovani vite possono essere

salvate ogni anno se tutti gli Stati mem-bri raggiungono il miglior tasso di mor-talità infantile di 2,1 per 1000 nati, comenel caso della Svezia;

- Tra gli Stati membri con aspettativa divita più alta e quelli con aspettativa divita più bassa c’è una differenza di 12 annidi aspettativa di vita per gli uomini, e unadifferenza di 19 anni quando si tratta delnumero di anni di vita vissuti in salute;

- Il rapporto fa anche riferimento a dati cheriflettono le differenze nella speranza divita tra gli uomini meno e più istruiti chepossono essere fino a 13 anni (Ungheria,Estonia) o addirittura 17 anni (Repubbli-ca Ceca) o di 9 anni tra le donne;

- Nel complesso, il divario sanitario tra leregioni non si è ridotto negli ultimi anni.In effetti, per alcuni indicatori, come lasperanza di vita a 50 anni per i maschi, èaumentato.

Nel 2008, CSDH ha concluso che le dise-guaglianze sociali in salute insorgono a causadelle disparità nelle condizioni di vita quo-tidiana e nei fattori determinanti fondamen-tali che danno loro origine: disuguaglianzedi potere, di denaro e di risorse. CSDH haindicato che le diseguaglianze sociali ed eco-nomiche sono alla base dei determinanti disalute, serie di fattori che interagiscono dan-do origine a salute e benessere. Un certonumero di questi fondamentali determinantisocio-economici come la distribuzione delreddito e i livelli di disoccupazione sonovariati negli ultimi anni, a causa della crisi,nei vari Stati membri dell’Unione europea.Di particolare interesse per la salute è lavariazione di disoccupazione di lungo peri-odo, la percentuale di cittadini con istru-zione a livello secondario inferiore o al disotto e quelli che soffrono di deprivazionemateriale. Le statistiche UE sulle condizio-ni di vita (EU SILC) dimostrano come, intutta l’UE nel suo insieme e in quasi tuttigli stati membri, il livello di salute auto-riferito è peggiore per le persone con bassiredditi e livelli d’istruzione. Inoltre può es-sere osservato un gradiente in cui la salute èmigliore per quelli con i più alti livelli direddito e d’istruzione e via via peggiore perquelli con livelli inferiori.L’azione sulle diseguaglianze sanitarie devequindi rimanere una priorità di sanità pub-blica per l’UE, come l’attenzione e gli inve-stimenti sulle priorità raccomandate da“Comunicazione e Solidarietà in materia disalute: riduzione delle diseguaglianze sani-tarie nell’UE” della Commissione e il re-cente Pacchetto d’Investimenti Sociali. Ilruolo del settore sanitario nella lotta con-tro le diseguaglianze sanitarie è di vitaleimportanza, ma le diseguaglianze in salutenon possono essere ridotte solo con azioni

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Documenti

nel settore sanitario, ma richiedono un’azio-ne su tutti i determinanti sociali di salute.Altri settori sono in modo crescente coin-volti, nondimeno è ancora necessario unulteriore più sviluppato impegno al di fuoridel settore sanitario.EuroHealthNet ha contribuito allo studiosulle diseguaglianze sanitarie condotto daSir Michael Marmot, che ha fornito contri-buti per questo rapporto della Commissio-ne e ha sostenuto l’azione comune sullediseguaglianze sanitarie (www.health-inequalities.eu ), in particolare assistendo leregioni che accedono a fondi comunitaristrutturali per l’equità in salute(www.fundsforhealth.eu).

Si svolgerà a Bruxelles il 23 gennaio 2014la conferenza Equity Action per definire lepriorità della futura azione integrata di lot-ta contro le disuguaglianze sanitarie nel-l’UE.Per ulteriori informazioni contattare:Clive Needle, direttore EuroHealthNete-mail: [email protected] Costongs, vicedirettore EuroHe-althNete-mail: [email protected].: + 32-2-235-03-20Fax: + 32-2-235-03-39www.eurohealthnet.euwww.healthpromotion.euTwitter: @eurohealthnet

traduzione dall’inglese di Giovanni Bauleo

NOTIZIARIOINFORMAZIONI

Sistema Salute, 57, 3, 2013: pp. 365-367

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Società Italiana per la Promozione dellaSalute. La promozione della salute in Lom-bardia.Primo incontro della delegazione Lombar-dia della Società Italiana per la Promozio-ne della SaluteMilano 30 ottobre 2013 ore 14,00 CentroServizi Banca Popolare di Milano, Sala con-ferenze, via Massaua, 6 (MI)

Interverranno: Riccardo Senatore, Presidente Nazio-nale SIPS Gabriele Giannella, Presidente delegazio-ne SIPS Lombardia Sergio Ardis, Segretario Nazio-nale SIPS.La Società è ormai presente in tutte le Regioni Italia-ne e anche in numerose altre Regioni è in corso lacreazione formale delle Delegazioni Regionali.E’ importante il fatto che finalmente la Promozionedella Salute abbia una sua voce in un quadro di forticambiamenti della sanità italiana e nelle diverse re-gioni.Nel corso dell’incontro si terrà l’assemblea della de-legazione SIPS Lombardia e l’elezione del Direttivoregionale. (info: sipsalute.it)

CONVEGNISTICA

Alcune iniziative formative e convegnistiche che sisvolgeranno nei mesi di Ottobre e Novembre in Ita-lia richiamano l’attenzione di studiosi, politici e cit-tadini su temi fondamentali della promozione dellasalute e dei sistemi sanitari di fronte alla crisi chestiamo attraversando. Crediamo sia utile darne noti-zia per avere ulteriori punti di riferimento sul dibat-

tito che oggi si affronta sui temi dell’invecchiamentoe delle disuguaglianze.

5° Convegno internazionale sulla Qualità delWelfare.La tutela degli Anziani. Buone pratiche perumanizzare l’assistenzaRimini 18-19 Novembre 2013

Il tema della tutela dell’anziano fragile assume semprepiù i toni di un’autentica emergenza sociale per le notemotivazioni di carattere demografico (l’innalzarsi del-l’età media della popolazione), sanitario (l’aumentodelle cronicità), economico (l’incremento della spesapubblica) e sociale l’aumento della povertà, i carichi dicura della rete parentale, l’equità fra le generazioni). Ildibattito attuale tende tuttavia a concentrarsi su treaspetti: quello medico, quello economico e quellomanageriale. Minore attenzione è attribuita a un temache in realtà rimane centrale: come rispettarel’“umanità”e i “diritti esistenziali” profondi delle per-sone fragili e delle loro famiglie nel mentre si organiz-za l’assistenza in loro favore. Il Convegno intende quin-di allargare lo sguardo al campo delle humanities edelle buone pratiche relazionali, per offrire a chi operaquotidianamente con gli anziani spunti di riflessione estrumenti operativi capaci di «porre al centro » la per-sona con le sue relazioni. Si tratterà quindi anzitutto disuperare una visione dell’anziano fragile centrata sullapatologia per giungere a un’idea di salute in un’acce-zione non esclusivamente sanitaria; una visione globa-le che tenga insieme altre istanze oltre alla pur impor-

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tante autosufficienza funzionale (la dimensione delsenso della vita e della sofferenza, della spiritualità,della convivialità; del diritto all’autodeterminazione,a essere ascoltati, a essere utili agli altri, ecc.). In questaprospettiva l’idea stessa di tutela dell’anziano assumeconnotazioni ampie e in apparenza contro-intuitive,che trovano sbocchi in forme giuridiche innovative, inesperienze organizzative flessibili e non autoreferenziali,in tecniche relazionali di comprovata efficacia, in mo-vimenti associativi e di mutualità diretta tra utenti ecaregivers che coinvolgono i territori in un’ottica diwelfare comunitario. Nonostante i tempi di crisi èpossibile talvolta osservare in Italia e all’estero espe-rienze eccellenti di care ben impostate umanamente efinanziariamente sostenibili. Il Convegno vuole alloraporsi come luogo riflessivo d’incontro e di dialogo trai diversi saperi, professionali ed esperienziali, che han-no consentito la fioritura di tali «buone pratiche», alloscopo di riuscire a comprenderle sempre meglio e, sepossibile, rilanciarle.Tra i temi in programma- Le risorse inaspettate degli anziani fragili- Person centered care: l’approccio di Tom Kitwood- Il senso della cura e l’etica della care- L’approccio alla demenza nel metodo Validation- L’Amministrazione di sostegno e la protezione giu-

ridica dell’anziano fragile- Il sostegno ai caregiver familiari e la loro

valorizzazione nelle progettazioni assistenziali- Prevenire il burnout ascoltando e valorizzando tutte

le voci coinvolte nell’assistenza- Innovazioni umanizzanti nelle Residenze Sanitarie

Assistenziali (RSA)- La mediazione socio-assistenziale per la risoluzio-

ne dei conflitti nei contesti familiari e residenziali- “Curare” e “prendersi cura”: ripensare l’integrazio-

ne socio-sanitaria nell’ottica delle reti- Il dialogo aperto tra famiglie e serviziCon la partecipazione straordinaria di: MiguelBenasayag (autore di «L’epoca delle passioni tristi»).DestinatariDirigenti e coordinatori di Servizi, assistenti sociali,geriatri, infermieri, altri operatori sanitari, psicologi,educatori professionali, volontari e familiari esperti.

Direzione scientificaPierpaolo Donati (Università di Bologna)Fabio Folgheraiter (Università Cattolica di Milano)Coordinamento scientificoNicoletta Pavesi (Università Cattolica di Milano)(info: http://www.convegni.erickson.it/latuteladeglianziani/programma-2)

Progetto MATTONE INTERNAZIONALE- WORKSHOP.Salute 2020: un nuovo approccio per lasalute e il benessere in EuropaRoma 17-18 ottobre 2013

L’evento, organizzato nell’ambito del progetto Mat-tone Internazionale - MI, vede il coinvolgimento dialcuni esperti dell’Ufficio Europeo per gli investi-menti in Salute e Sviluppo dell’Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS) per un’analisi approfonditae dibattito sulla nuova politica di riferimento euro-pea “Salute 2020”.In particolare il workshop intende fornire una chiaracomprensione delle sfide e delle opportunità delinea-te in Salute 2020 per le Regioni italiane nel migliora-re la salute della popolazione, ridurre le iniquità disalute causate da fattori sociali, garantire sistemi sa-nitari centrata sulla persona, universali, equi, sostenibilie di elevata qualità.Tra le tematiche oggetto di specifico approfondimento:1. La sostenibilità sociale ed economica dei sistemi

sanitari europei “universalistici” di fronte alla at-tuale crisi economica;

2. l’approccio multisettoriale alle malatte croniche:3. le malatte trasmissibili;4. I gruppi vulnerabili: i bisogni della popolazione

residente e migrante.

II Corso di Formazione Internazionale Flo-rence International Training Course Firenze17-22 novembre 2013Regione Toscana in collaborazione con l’Uffi-

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Informazioni 367

cio Europeo OMS “Investment for Health andDevelopment” con sede a Venezia

Obiettivi del CorsoDiscutere le evidenze scientifiche relative all’impat-to della crisi economica sulla salute e la qualità dellavita.Discutere le strategie attraverso cui le politiche sani-tarie, sociali ed economiche stanno affrontando lesfide della crisi a livello locale, nazionale e internazio-nale.Condividere le azioni finalizzate a minimizzare glieffetti negativi della crisi sulla salute lavorando su:equità, solidarietà e resilienza e rinforzando legovernance per la salute.Moduli del Corso1. impatto della congiuntura economica sulla salute

in Europa (gruppi vulnerabili, sistemi sanitari,malattie croniche e infettive, incidenti e salutementale);

2. le politiche a livello locale, nazionale e internazio-nale (interventi di sanità pubblica e promozionedella salute, politiche fiscali, politiche del lavoro ereti sociali, politiche per la salute dei migranti);

3. buone pratiche provenienti da diverse Regionieuropee;

4. i programmi di intervento a livello locale (inter-venti efficaci attuati dalle Municipalità in Euro-pa);

5. approcci “whole-of-government and whole-ofsociety “ in tempi di crisi economica.

Il Corso si ispira ai principi ed ai valori sottesi agliindirizzi politici sottesi a HEALTH 2020 e si svolgein stretto legame con i Network OMS “Regions forHealth” e “Healthy Cities”

NOTIZIE IUHPE

Nel corso della recente Conferenza MondialeIUHPE tenutasi in Tailandia, il Ministero della Salu-te Tailandese ha chiesto il supporto della comunitàinternazionale per la lotta contro le interferenze chel’industria del tabacco sta frapponendo alla decisione

di aumentare le avvertenze sulla pericolosità del ta-bacco poste sui pacchetti di sigarette. Michael Sparks,Presidente dell’Unione Internazionale di promozio-ne della salute e l’istruzione (IUHPE) ha detto che ilComitato della Conferenza e più di 1.000 delegatiprovenienti da 81 paesi intendono fortemente soste-nere il Ministero della Salute della Tailandia nel suosforzo di proteggere i bambini tailandesi e giovanidalla dipendenza da tabacco. Aumentare le avver-tenze illustrate sui pacchetti di sigarette dal 55%all’85% è una misura fondamentale per educare ilpubblico sul pericolo del consumo di tabacco e mol-tiplica l’efficacia di altre politiche di controllo deltabacco, quali la fiscalità e ambiente privo di fumo.“Mezzo secolo di ricerca ha dimostrato che il tabaccoè il prodotto più letale disponibile legalmente in tut-to il mondo. Uccide sei milioni di persone ogni anno.E’ responsabilità del governo di una nazione regola-mentare i prodotti del tabacco e proteggere la salutedella sua popolazione. Misure forti di controllo deltabacco sono molto in linea con il tema della Confe-renza Mondiale IUHPE “Migliori investimenti perla salute” che sottolinea la necessità di sviluppare l’eco-nomia, la produttività, la salute e il benessere delpopolo. Poiché la Tailandia è un Paese modello conforti misure di controllo del tabacco ed è parte delWHO FCTC (Framework Convention on TobaccoControl), credo che il motivo per cui l’industria deltabacco si muove contro la Tailandia è perché nonvogliono che essa apra la strada ad altri nell’aumenta-re fino all’85% la dimensione delle avvertenze illu-strate sui pacchetti di sigarette. Hanno paura chealtri Paesi la seguano il che porterà all’ulteriore decli-no delle vendite”.

Giancarlo Pocetta

Testata bimestrale del Centro spermentale per l’educazione sanitariaUniversità degli studi di Perugia

Direttore responsabile Maria Antonia ModoloEdita dalla Fondazione Angelo Celli per una cultura della salute (Perugia)

Per informazioni e abbonamenti:Centro spermentale per l’educazione sanitaria

via del Giochetto, 6 , 06126 Perugia - tf. 075.5857355-57e-mail: [email protected] / [email protected]

AMRivista della Società Italiana di Antropologia Medica

Testata semestrale della Fondazione Angelo Celli per una cultura della salute (Perugia)Realizzata con la collaborazione della Sezione antropologica del Dipartimento Uomo &

Territorio della Università degli Studi di PerugiaDirettore responsabile Tullio Seppilli

Per informazioni: Fondazione Angelo Celli per una cultura della saluteStrada Ponte d’Oddi, 9 (ex Monastero Santa Caterina vecchia), 06125 Perugia

Tel. 075 41.508 - Fax 075 584.0812

L’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’Alcool nasce nel marzo 1991 con l’intento diraccogliere e mettere a disposizione della comunità scientifica e della collettività naziona-le informazioni e scientificamente attendibili sulle modalità di consumo di bevande alco-liche e sulle relative problematiche nella popolazione giovanile italiana.In questi anni la missione dell’Osservatorio è stata quella di promuovere ricerche, in un’otticadi integrazione interdisciplinare finalizzata ad ottenere una visione globale del fenomeno.A partire da un approccio bio-psico-sociale delle problematiche alcool correlate, l’Osser-vatorio ha voluto integrare ed allargare la dimensione ”sanitaria” del problema approfon-dendo gli aspetti psicosociali ed antropologico-culturali dei comportamenti individuali ecollettivi, compresi gli aspetti economici e quelli politico-legislativi.Ispirandosi ai principi dell’“alcologia sociale” che, specie a livello europeo, trova semprepiù consensi, l’Osservatorio ha esercitato un ruolo primario nell’identificare strategie diprevenzione dell’eccedenza efficaci e consapevoli delle differenze culturali e comporta-mentali.La crescente attenzione per le problematiche alcool correlate ha posto l’esigenza di strut-turare maggiormente l’Osservatorio dal punto di vista organizzativo, ampliando il nume-ro dei suoi partner.I mutamenti delle realtà giovanili e la crescente globalizzazione hanno inoltre reso neces-sario un allargamento delle tematiche ai comportamenti alimentari e agli stili di vita deigiovani ed un rafforzamento del network europeo, per garantire la realizzazione di ricerchecomparate e l’elaborazione di strategie di prevenzione adattabili in diversi paesi.In questa ottica una sempre maggiore enfasi verrà posta sulla promozione di collaborazio-ni internazionali che permetteranno il confronto e lo scambio di esperienze e la collabora-zione reciproca fra strutture ed esperti ai massimi livelli.

ObiettiviNel fornire aggiornate informazioni sul comportamento connesso al bere della popolazio-ne l’Osservatorio vuole essere:- Uno strumento per operatori e policy makers del settore- Un’affidabile fonte di interpretazione sul consumo d’alcool e politiche sociali- Un’agenzia permanente di valutazione e monitoraggio dei fenomeni delle misure pre-

ventiveIl complesso di queste attività è finalizzato alla promozione di un consumo d’alcool re-

sponsabile. In quanto laboratorio di riflessione sulle fenomenologie di consumo legateall’alcool, l’Osservatorio si pone in particolare i seguenti obiettivi:

- Fornire in modo permanente dati ed informazioni aggiornate sui comportamenti degliitaliani nei confronti del bere

- Promuovere fra le varie fasce e categorie della popolazione italiana un comportamentoresponsabile nei confronti dell’alcool

- Contribuire a prevenire i consumi smodati, gli eccessi e l’insieme dei comportamenti arischio legati all’assunzione di alcool

- Contribuire a sviluppare e definire politiche alcol correlate più efficaci, attraverso unamaggiore attenzione alle caratteristiche regionali delle comunità locali di auto regolarsi

Presidente onorario: Umberto VERONESI

Presidente: Giancarlo TRENTINI

Vice-Presidenti: Michele CONTEL, Amedeo COTTINO

Presidente del laboratorio scientifico: Enrico TEMPESTA

Finito di stampare nel mese di settembre 2013