29 Giugno Il coraggio della conversione e della denuncia€¦ · una serie di contatti con il mondo...

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L’ORTOBENE 3 DOMENICA 5 LUGLIO 2015 PRIMO PIANO La storia di Salvatore Buzzi e l’inchiesta che fa tremare il mondo politico romano Il manager del sociale nel mondo di mezzo L’accusa: «Braccio operativo di un’associazione di stampo mafioso» «Riferimento di una rete di cooperative sociali che si so- no assicurate, nel tempo, me- diante pratiche corruttive e rapporti collusivi, numerosi appalti e finanziamenti della Regione Lazio, del Comune di Roma e delle aziende muni- cipalizzate». Così il Gip di Ro- ma Flavia Costantini riassu- me il ruolo di Salvatore Buz- zi, uno dei protagonisti del- l’inchiesta “Mafia Capitale” che fa tremare Roma dopo le 37 ordinanze di custodia cau- telare eseguite nel dicembre 2014 e le altre 44 dello scorso giugno. Buzzi, l’autore della lettera a papa Francesco che pubblichiamo integralmente in queste pagine, rinchiuso nella sezione di Alta sicurezza del carcere di Badu ’e Carros, racconta un’altra storia: «At- tenzione, a volte più che col- pevoli si è vittime», aveva già detto nello scorso dicembre al deputato Roberto Capelli in visita nel penitenziario nuo- rese. Ora affonda il colpo fa- cendo tremare dalle fonda- menta il mondo politico e isti- tuzionale accusato di campa- re con il malaffare sulle spalle di chi deve lavorare. Definito il “dominus delle cooperative sociali romane”, Salvatore Buzzi fino a sei me- si fa era considerato l’esem- pio vivente della bontà della legge Gozzini, la riforma del sistema penitenziario appro- vata nel 1986 per attenuare l’aspetto punitivo della carce- razione valorizzandone la funzione rieducativa. Con- dannato per omicidio nel 1980, in cella si mise a stu- diare fino a laurearsi, oltre a battersi per i diritti dei dete- nuti e avviare da Rebibbia una serie di contatti con il mondo politico e il mondo dell’associazionismo fino a riuscire a organizzare per il 29 giugno del 1984 nel carce- re romano uno storico conve- gno. In quella occasione si gettarono le basi per la costi- tuzione nel 1985 della coop “29 Giugno” che registrò una notevole espansione dal 1994 quando Salvatore Buzzi tor- nò in libertà graziato dal pre- sidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Nel sito internet della stessa coopera- tiva si legge che la “29 Giu- gno” ha come «scopo sociale l’inserimento lavorativo delle persone appartenenti alle ca- tegorie protette svantaggiate (detenuti, ex detenuti, disabi- li fisici e psichici, tossicodi- pendenti ed ex) e più in ge- nerale delle persone apparte- nenti alle fasce deboli della società (senza fissa dimora, vittime della tratta, immigra- ti). Le specializzazioni acqui- site nel tempo e la continua ricerca di innovazioni ha per- messo alla cooperativa di of- frire servizi a elevata profes- sionalità nei settori della ma- nutenzione delle aree verdi, dell’igiene urbana e gestione dei rifiuti, delle pulizie e dei servizi assistenziali con la ge- stione di centri di accoglienza e case famiglia». Stando alle notizie reperibili via web il “Gruppo 29 giugno” contava nel 2011 ben 986 occupati con un’incidenza del 32,89 per cento di lavoratori svantag- giati. «In quasi trent’anni – scriveva inoltre da presidente lo stesso Buzzi – oltre 300 de- tenuti hanno lavorato con la cooperativa e i casi di recidiva non arrivano a dieci». L’arresto di Salvatore Buzzi e dei coimputati getta però una luce diversa su que- sta grande attività di inte- resse sociale. Un intreccio di malaffare, corruzione, appalti pilotati, favori e ruberie do- ve anche gli stessi migranti diventano merce da trattare per lucrare sull’accoglienza, riassumibile nella battuta che vede Roma come una «vacca da mungere» e mar- chiato dalla stessa magistra- tura come mafia. È stata, in- fatti, contestata l’associazio- ne di stampo mafioso, indivi- duando anche il boss in Mas- simo Carminati, ex estremi- sta di destra. Proprio Carmi- nati battezza come Terra di Mezzo l’operazione avviata a dicembre del 2014 dalla ma- gistratura: «È la teoria del mondo di mezzo compa’… ci stanno… come si dice… i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo. E allora... e allora vuol dire che ci sta un mondo… un mondo in mezzo in cui tutti si incon- trano...», dice in una intercet- tazione il presunto boss. Nella lettera scritta al Pa- pa dalla sua cella di Badu ’e Carros Salvatore Buzzi sem- bra intenzionato ad aprire quella cerniera tra illegalità e apparente legalità, attra- versare la terra di mezzo, tentando però di strapparsi di dosso i panni che gli han- no ritagliato gli inquirenti e, soprattutto, i mass media. Chiara la sua intenzione di collaborare con la magistra- tura e altrettanto chiaro il suo invito-augurio a non es- sere il solo a seguire l’esorta- zione di papa Francesco. Vuo- le scrivere una storia diver- sa, non da corruttore e mun- gitore di mucche ma da ma- nager costretto, dopo aver tentato inutilmente di oppor- si, ad adeguarsi al sistema per raggiungere obiettivi sempre nobili. Sono i gorgo- glii di una pentola che sta esplodendo, l’annuncio di uno tsunami in arrivo dopo due terremoti. (m. t.) La lettera scritta al Papa il 15 maggio dall’ex presidente della cooperativa 29 Giugno dal carcere di Badu ’e Carros Il coraggio della conversione e della denuncia «Il fine non giustifica i mezzi: mi auguro e spero di non essere il solo a sfuggire all’accanimento nel peccato» Santità, mi chiamo Salvatore Buzzi e sono l’ex presidente della cooperativa 29 Giugno, dive- nuto ahimè famoso per l’in- chiesta denominata Mafia Ca- pitale, che ha avuto un clamo- re mediatico enorme e attual- mente sono detenuto nel car- cere di Nuoro. L’inchiesta ha visto l’arresto di gran parte del gruppo dirigente della co- operativa che è stata vista co- me una cooperativa predatri- ce, che speculava sulle pover- tà e ha scosso dalle fonda- menta il Comune di Roma, come se lo stesso fosse inqui- nato da infiltrazioni mafiose. Tutte le attività della coope- rativa sono state criminaliz- zate, con grave pregiudizio per tutta la cooperazione so- ciale. Io e la cooperativa sia- mo stati condannati a mezzo stampa, senza alcuna possibi- lità di difesa, e le nostre ra- gioni nemmeno prese in con- siderazione; condannati sen- za appello dai tribunali del popolo e dei media sulla base di luoghi comuni dati da noti- zie distorte e da intercettazio- ni divulgate in modo distorto. Ho usato a volte un lin- guaggio inopportuno e di questo chiedo scusa a tutti e in primis a coloro che mi co- noscono: erano però discus- sioni private, captate all’in- terno della mia auto, e la fra- se più inopportuna che mi è valsa la condanna alla dan- nazione è stata detta al cul- mine di una lite e quando una persona litiga dice spes- so cose di cui ha a pentirsi. L’uso di questa intercettazio- ne da parte dei media e so- prattutto la “manina” che l’ha trovata nelle oltre 60.000 pa- gine dell’inchiesta, connota la violenza mediatica di cui so- no stato vittima, con palesi violazioni dei miei diritti. Il clamore creato ad arte dall’inchiesta rischia di coin- volgere tutte quelle cooperati- ve del Terzo Settore che si prodigano nell’assistenza dei più deboli, vittime collaterali, come i civili nelle guerre; ma anch’io mi ritengo vittima del furore mediatico e dei tanti luoghi comuni, oltre che degli errori riscontrabili negli atti giudiziari. Avevo già pensato di scri- vere a Sua Santità dopo il Te Deum del 31 dicembre e dopo l’udienza concessa ai coopera- tori di Confcooperative il 28 febbraio, poiché in entrambe le circostanze Ella aveva pro- nunciato parole dure contro le false cooperative che spe- culano sulle povertà, parole che sottoscrivo anche io, ma pronunciate dopo il clamore suscitato dall’inchiesta che mi riguarda e che sicuramente le hanno ispirate. Ho appreso dalla stampa l’indizione del Giubileo Straor- dinario della Misericordia e grazie al Cappellano del car- cere ho potuto leggere per in- tero la Bolla Misericordiæ Vultus, il Suo appello per un «Anno Santo come un mo- mento straordinario di grazia e rinnovamento spirituale» e il Suo invito alla conversione rivolto alle «persone fautrici e complici di corruzione» che va duramente combattuta in quanto «opera delle tenebre». Le Sue parole mi hanno pro- fondamente colpito e arriva- no in un momento in cui sto facendo una seria autocritica del mio percorso di vita e per questo motivo ho trovato il co- raggio di scrivere a Sua San- tità, confortato dal Vescovo Diocesano e dal Cappellano, per un duplice motivo: aderi- re al Suo appello per una con- versione dei corruttori; riabi- litare la cooperativa 29 Giu- gno e le tante persone che vi lavorano con onestà. Provo a raccontare brevemente una lunga storia. Sono stato detenuto negli anni 80 per aver commesso un grave reato, un omicidio, e impiegai tutto il tempo tra- scorso in carcere in attività volte a implementare il rein- serimento sociale dei miei compagni di pena, spesso po- veri e senza istruzione, un modo per me risarcitorio nei confronti della società. Orga- nizzai e promossi un conve- gno su “Le misure alternative alla detenzione e ruolo della comunità esterna” e in quella occasione proposi di creare una cooperativa fra detenuti per poter avere possibilità di uscire dal carcere mediante una occasione concreta di la- voro. Era una cosa del tutto utopica, ma dato il clamore positivo dell’evento (era il pri- mo convegno organizzato in un carcere da detenuti) e con il sostegno di gran parte del mondo politico, l’anno suc- cessivo riuscimmo a creare la cooperativa 29 Giugno (così chiamata dal giorno in cui si tenne il convegno che cambiò le nostre vite, 29 giugno 1984). La prima cooperativa con soci detenuti che aprì una nuova via dell’integrazione in Italia. Ebbi l’onore della coperti- na di Famiglia Cristiana e l’attenzione di tutti coloro che credono nella possibilità di dare una seconda occasione a chi ha sbagliato. Il nostro motto è sempre stata una fra- se di San Giovanni XXIII: «Non dirmi da dove vieni ma dimmi dove vuoi andare» e in tanti anni di attività abbia- mo accolto detenuti, ex dete- nuti, portatori di handicap, donne vittime della tratta, tossicodipendenti e alcolisti in cura, richiedenti asilo e im- migrati e tutte le altre fasce deboli della società. La cooperativa iniziò a la- vorare superando notevolissi- me difficoltà economiche e so- ciali e il mio impegno per far crescere e consolidare questa esperienza pioneristica fu as- soluto: molti detenuti condan- nati a lunghe pene detentive iniziarono ad uscire dalle car- ceri in semilibertà e dimo- strarono con le opere di esse- re meritevoli di una seconda possibilità, nonostante la gra- vità dei reati commessi. Nei primi anni non esitai a impe- gnare con le banche le mie proprietà personali per avere accesso al credito. La cooperativa divenne una eccellenza sociale e anche lavorativa e i servizi svolti an- davano dalla manutenzione di parchi e giardini, alla raccolta dei rifiuti, ai servizi di porti- neria e ai servizi alle fasce de- boli: immigrati, nomadi, dete- nuti. In tutto questo percorso i rapporti con la pubblica am- ministrazione furono sempre improntati alla massima cor- rettezza e la remunerazione per i servizi svolti è sempre stata in linea con quella degli altri competitori. La gestione della coopera- tiva era improntata a fini so- ciali: utili reinvestiti e distri- buiti ai soci, che negli ultimi anni hanno ricevuto ben 15 mensilità; io avevo per mia libera scelta una retribuzio- ne pari a 5 volte quella di un operaio e soprattutto non ru- bavo. È facile dire «io non rubo» quando non se ne han- no le possibilità, è bellissimo poterlo fare quando invece hai vere possibilità. Io e il mio gruppo dirigente abbia- mo amministrato e gesti- to con onestà e parsimonia. di Salvatore Buzzi SEGUE A PAG 4 Salvatore Buzzi

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L’ORTOBENE 3DOMENICA 5 LUGLIO 2015

PRIMO PIANO

La storia di Salvatore Buzzi e l’inchiesta che fa tremare il mondo politico romano

Il manager del sociale nel mondo di mezzoL’accusa: «Braccio operativo di un’associazione di stampo mafioso»

«Riferimento di una rete dicooperative sociali che si so-no assicurate, nel tempo, me-diante pratiche corruttive erapporti collusivi, numerosiappalti e finanziamenti dellaRegione Lazio, del Comune diRoma e delle aziende muni-cipalizzate». Così il Gip di Ro-ma Flavia Costantini riassu-me il ruolo di Salvatore Buz-zi, uno dei protagonisti del-l’inchiesta “Mafia Capitale”che fa tremare Roma dopo le37 ordinanze di custodia cau-telare eseguite nel dicembre2014 e le altre 44 dello scorsogiugno. Buzzi, l’autore dellalettera a papa Francesco chepubblichiamo integralmentein queste pagine, rinchiusonella sezione di Alta sicurezzadel carcere di Badu ’e Carros,racconta un’altra storia: «At-tenzione, a volte più che col-pevoli si è vittime», aveva giàdetto nello scorso dicembre aldeputato Roberto Capelli invisita nel penitenziario nuo-rese. Ora affonda il colpo fa-cendo tremare dalle fonda-menta il mondo politico e isti-

tuzionale accusato di campa-re con il malaffare sulle spalledi chi deve lavorare.

Definito il “dominus dellecooperative sociali romane”,Salvatore Buzzi fino a sei me-si fa era considerato l’esem-pio vivente della bontà dellalegge Gozzini, la riforma delsistema penitenziario appro-vata nel 1986 per attenuarel’aspetto punitivo della carce-razione valorizzandone lafunzione rieducativa. Con-dannato per omicidio nel1980, in cella si mise a stu-diare fino a laurearsi, oltre abattersi per i diritti dei dete-nuti e avviare da Rebibbiauna serie di contatti con ilmondo politico e il mondodell’associazionismo fino ariuscire a organizzare per il29 giugno del 1984 nel carce-re romano uno storico conve-gno. In quella occasione sigettarono le basi per la costi-tuzione nel 1985 della coop“29 Giugno” che registrò unanotevole espansione dal 1994quando Salvatore Buzzi tor-nò in libertà graziato dal pre-

sidente della RepubblicaOscar Luigi Scalfaro. Nel sitointernet della stessa coopera-tiva si legge che la “29 Giu-gno” ha come «scopo socialel’inserimento lavorativo dellepersone appartenenti alle ca-tegorie protette svantaggiate(detenuti, ex detenuti, disabi-li fisici e psichici, tossicodi-pendenti ed ex) e più in ge-nerale delle persone apparte-nenti alle fasce deboli dellasocietà (senza fissa dimora,vittime della tratta, immigra-ti). Le specializzazioni acqui-site nel tempo e la continuaricerca di innovazioni ha per-messo alla cooperativa di of-frire servizi a elevata profes-sionalità nei settori della ma-nutenzione delle aree verdi,dell’igiene urbana e gestionedei rifiuti, delle pulizie e deiservizi assistenziali con la ge-stione di centri di accoglienzae case famiglia». Stando allenotizie reperibili via web il“Gruppo 29 giugno” contavanel 2011 ben 986 occupati conun’incidenza del 32,89 percento di lavoratori svantag-

giati. «In quasi trent’anni –scriveva inoltre da presidentelo stesso Buzzi – oltre 300 de-tenuti hanno lavorato con lacooperativa e i casi di recidivanon arrivano a dieci».

L’arresto di SalvatoreBuzzi e dei coimputati gettaperò una luce diversa su que-sta grande attività di inte-resse sociale. Un intreccio dimalaffare, corruzione, appaltipilotati, favori e ruberie do-ve anche gli stessi migrantidiventano merce da trattareper lucrare sull’accoglienza,riassumibile nella battutache vede Roma come una«vacca da mungere» e mar-chiato dalla stessa magistra-tura come mafia. È stata, in-fatti, contestata l’associazio-ne di stampo mafioso, indivi-duando anche il boss in Mas-simo Carminati, ex estremi-sta di destra. Proprio Carmi-nati battezza come Terra diMezzo l’operazione avviata adicembre del 2014 dalla ma-gistratura: «È la teoria delmondo di mezzo compa’… cistanno… come si dice… i vivi

sopra e i morti sotto e noistiamo nel mezzo. E allora...e allora vuol dire che ci staun mondo… un mondo inmezzo in cui tutti si incon-trano...», dice in una intercet-tazione il presunto boss.

Nella lettera scritta al Pa-pa dalla sua cella di Badu ’eCarros Salvatore Buzzi sem-bra intenzionato ad aprirequella cerniera tra illegalitàe apparente legalità, attra-versare la terra di mezzo,tentando però di strapparsidi dosso i panni che gli han-no ritagliato gli inquirenti e,soprattutto, i mass media.

Chiara la sua intenzione dicollaborare con la magistra-tura e altrettanto chiaro ilsuo invito-augurio a non es-sere il solo a seguire l’esorta-zione di papa Francesco. Vuo-le scrivere una storia diver-sa, non da corruttore e mun-gitore di mucche ma da ma-nager costretto, dopo avertentato inutilmente di oppor-si, ad adeguarsi al sistemaper raggiungere obiettivisempre nobili. Sono i gorgo-glii di una pentola che staesplodendo, l’annuncio di unotsunami in arrivo dopo dueterremoti. (m. t.)

La lettera scritta al Papa il 15 maggio dall’ex presidente della cooperativa 29 Giugno dal carcere di Badu ’e Carros

Il coraggio della conversione e della denuncia«Il fine non giustifica i mezzi: mi auguro e spero di non essere il solo a sfuggire all’accanimento nel peccato»

Santità,mi chiamo Salvatore Buzzie sono l’ex presidente dellacooperativa 29 Giugno, dive-nuto ahimè famoso per l’in-chiesta denominata Mafia Ca-pitale, che ha avuto un clamo-re mediatico enorme e attual-mente sono detenuto nel car-cere di Nuoro. L’inchiesta havisto l’arresto di gran partedel gruppo dirigente della co-operativa che è stata vista co-me una cooperativa predatri-ce, che speculava sulle pover-tà e ha scosso dalle fonda-menta il Comune di Roma,come se lo stesso fosse inqui-nato da infiltrazioni mafiose.Tutte le attività della coope-rativa sono state criminaliz-zate, con grave pregiudizioper tutta la cooperazione so-ciale. Io e la cooperativa sia-mo stati condannati a mezzostampa, senza alcuna possibi-lità di difesa, e le nostre ra-gioni nemmeno prese in con-siderazione; condannati sen-za appello dai tribunali delpopolo e dei media sulla basedi luoghi comuni dati da noti-zie distorte e da intercettazio-ni divulgate in modo distorto.

Ho usato a volte un lin-guaggio inopportuno e diquesto chiedo scusa a tutti ein primis a coloro che mi co-noscono: erano però discus-sioni private, captate all’in-terno della mia auto, e la fra-se più inopportuna che mi èvalsa la condanna alla dan-nazione è stata detta al cul-mine di una lite e quandouna persona litiga dice spes-so cose di cui ha a pentirsi.L’uso di questa intercettazio-ne da parte dei media e so-

prattutto la “manina” che l’hatrovata nelle oltre 60.000 pa-gine dell’inchiesta, connota laviolenza mediatica di cui so-no stato vittima, con palesiviolazioni dei miei diritti.

Il clamore creato ad artedall’inchiesta rischia di coin-volgere tutte quelle cooperati-ve del Terzo Settore che siprodigano nell’assistenza deipiù deboli, vittime collaterali,come i civili nelle guerre; maanch’io mi ritengo vittima delfurore mediatico e dei tantiluoghi comuni, oltre che deglierrori riscontrabili negli attigiudiziari.

Avevo già pensato di scri-vere a Sua Santità dopo il TeDeum del 31 dicembre e dopol’udienza concessa ai coopera-tori di Confcooperative il 28

febbraio, poiché in entrambele circostanze Ella aveva pro-nunciato parole dure controle false cooperative che spe-culano sulle povertà, paroleche sottoscrivo anche io, mapronunciate dopo il clamoresuscitato dall’inchiesta che miriguarda e che sicuramente lehanno ispirate.

Ho appreso dalla stampal’indizione del Giubileo Straor-dinario della Misericordia egrazie al Cappellano del car-cere ho potuto leggere per in-tero la Bolla MisericordiæVultus, il Suo appello per un«Anno Santo come un mo-mento straordinario di graziae rinnovamento spirituale» eil Suo invito alla conversionerivolto alle «persone fautricie complici di corruzione» che

va duramente combattuta inquanto «opera delle tenebre».Le Sue parole mi hanno pro-fondamente colpito e arriva-no in un momento in cui stofacendo una seria autocriticadel mio percorso di vita e perquesto motivo ho trovato il co-raggio di scrivere a Sua San-tità, confortato dal VescovoDiocesano e dal Cappellano,per un duplice motivo: aderi-re al Suo appello per una con-versione dei corruttori; riabi-litare la cooperativa 29 Giu-gno e le tante persone che vilavorano con onestà. Provo araccontare brevemente unalunga storia.

Sono stato detenuto neglianni 80 per aver commessoun grave reato, un omicidio,e impiegai tutto il tempo tra-

scorso in carcere in attivitàvolte a implementare il rein-serimento sociale dei mieicompagni di pena, spesso po-veri e senza istruzione, unmodo per me risarcitorio neiconfronti della società. Orga-nizzai e promossi un conve-gno su “Le misure alternativealla detenzione e ruolo dellacomunità esterna” e in quellaoccasione proposi di creareuna cooperativa fra detenutiper poter avere possibilità diuscire dal carcere medianteuna occasione concreta di la-voro. Era una cosa del tuttoutopica, ma dato il clamorepositivo dell’evento (era il pri-mo convegno organizzato inun carcere da detenuti) e conil sostegno di gran parte delmondo politico, l’anno suc-cessivo riuscimmo a creare lacooperativa 29 Giugno (cosìchiamata dal giorno in cui sitenne il convegno che cambiòle nostre vite, 29 giugno1984). La prima cooperativacon soci detenuti che aprì unanuova via dell’integrazione inItalia.

Ebbi l’onore della coperti-na di Famiglia Cristiana el’attenzione di tutti coloro checredono nella possibilità didare una seconda occasione achi ha sbagliato. Il nostromotto è sempre stata una fra-se di San Giovanni XXIII:«Non dirmi da dove vieni madimmi dove vuoi andare» e intanti anni di attività abbia-mo accolto detenuti, ex dete-nuti, portatori di handicap,donne vittime della tratta,tossicodipendenti e alcolisti incura, richiedenti asilo e im-migrati e tutte le altre fascedeboli della società.

La cooperativa iniziò a la-

vorare superando notevolissi-me difficoltà economiche e so-ciali e il mio impegno per farcrescere e consolidare questaesperienza pioneristica fu as-soluto: molti detenuti condan-nati a lunghe pene detentiveiniziarono ad uscire dalle car-ceri in semilibertà e dimo-strarono con le opere di esse-re meritevoli di una secondapossibilità, nonostante la gra-vità dei reati commessi. Neiprimi anni non esitai a impe-gnare con le banche le mieproprietà personali per avereaccesso al credito.

La cooperativa divenneuna eccellenza sociale e anchelavorativa e i servizi svolti an-davano dalla manutenzione diparchi e giardini, alla raccoltadei rifiuti, ai servizi di porti-neria e ai servizi alle fasce de-boli: immigrati, nomadi, dete-nuti. In tutto questo percorso irapporti con la pubblica am-ministrazione furono sempreimprontati alla massima cor-rettezza e la remunerazioneper i servizi svolti è semprestata in linea con quella deglialtri competitori.

La gestione della coopera-tiva era improntata a fini so-ciali: utili reinvestiti e distri-buiti ai soci, che negli ultimianni hanno ricevuto ben 15mensilità; io avevo per mialibera scelta una retribuzio-ne pari a 5 volte quella di unoperaio e soprattutto non ru-bavo. È facile dire «io nonrubo» quando non se ne han-no le possibilità, è bellissimopoterlo fare quando invecehai vere possibilità. Io e ilmio gruppo dirigente abbia-mo amministrato e gesti-to con onestà e parsimonia.

di Salvatore Buzzi

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Salvatore Buzzi

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4 L’ORTOBENEDOMENICA 5 LUGLIO 2015

PRIMO PIANO

Nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario i temi cari a papa Francesco

L’Anno Santo della MisericordiaL’invito ai fautori o complici di corruzione: «è il momento di cambiare vita!»

Io ho commesso reati non perarricchimento personale, maper far crescere e aumentarel’occupazione della cooperati-va: questo è un dato incontro-vertibile, infatti tra le molteimputazioni che ho non vi èl’appropriazione indebita o l’e-lusione delle imposte.

Abbiamo saputo coniugarecrescita e occupazione con ilpieno rispetto dell’etica di im-presa. La cooperativa è cre-sciuta tantissimo: abbiamocapitalizzato la cooperativacon gli utili e in questo modoabbiamo implementato l’occu-pazione e dato retribuzionecostante a coloro che vi lavo-rano e che hanno potuto im-pegnarsi, anche finanziaria-mente, in progetti di vita.

Al momento del mio arre-sto lavoravano 1254 personein prevalenza appartenentialle fasce deboli della società:gestivamo molti centri di ac-coglienza per richiedenti asi-lo, case famiglia per detenutie per ragazze madri e tantialtri servizi in campo am-bientale. Non abbiamo mai ri-cevuto una penale dai nostricommittenti. Abbiamo sem-pre messo l’uomo al centrodel progetto e abbiamo datonon la seconda possibilità, maanche la terza o la quarta achi era caduto nella polvere.La mia grande angoscia eradi non riuscire a dare risposteai tanti che ci chiedevano la-voro e che avevano situazioniveramente disperate.

Dal 2010 iniziammo ad

avere richieste varie di utilitàda parte di funzionari ed am-ministratori: facemmo unesposto alla Procura di Romama non ci fu seguito, tentam-mo anche la via della denun-cia politica, ma anche questavia non portò risultati. Ed al-lora io in prima persona ce-detti a queste richieste: mo-ralmente giustificavo il mioagire con il classico “fine chegiustifica i mezzi”. Tali richie-ste si sono poi accentuate congli anni e con il crescere dellacooperativa; io continuavo agiustificare il mio operato conil fatto di creare occupazioneper tante persone che altri-menti non avrebbero mai tro-vato lavoro. Da vittima diven-ni pian piano complice di unsistema corruttivo cresciutosempre di più, sia a livello po-litico che amministrativo.

Al momento del mio arre-sto lavoravano in cooperativaoltre 300 detenuti ed ex dete-

nuti, alcuni con reati anchemolto gravi, che avevano in-trapreso un percorso vero direinserimento, fra questi an-che Massimo Carminati, cheper quanto di mia conoscenzaaveva commesso l’ultimo rea-to nel 1999, come si evincedal suo certificato penale, di-venuto famoso più per il filmRomanzo Criminale che per ireati commessi. Ho frequen-tato Carminati alla luce delsole, come i tanti ex detenutiche hanno trovato lavoro incooperativa, non aveva alcunapendenza, tanto da avere pas-saporto e non ho mai com-messo reati con lui.

Ho fatto questa digressio-ne perché, causa la frequen-tazione di Carminati, io e tut-to il gruppo dirigente della 29Giugno siamo stati accusatidi associazione mafiosa. Nonc’è mai, dico mai, un episodiodi violenza o minaccia ricon-ducibile alla 29 Giugno e non

conoscevamo minimamentealcuno degli arrestati vicini aCarminati accusati di reativiolenti. Ogni singolo episodiodi violenza e minaccia cheemerge dalle carte processua-li è posto in essere da personecon le quali la 29 Giugno e ilgruppo dirigente non aveva-no rapporti: questo emergecon chiarezza dalle carte pro-cessuali, solo a volerle leggerecon attenzione. L’accusa dimafia è stata strumentale perpoter effettuare indagini “in-vasive” ed abusare della car-cerazione preventiva. L’accusadi mafia ha inoltre deturpatola mia immagine, quella deimiei collaboratori e, ancor piùgrave, il trentennale lavorosvolto dalla cooperativa 29Giugno e da tutti coloro checon immani sacrifici ognigiorno cercano di dimostrarein concreto che le opere di mi-sericordia si possono fare.

Noi ci difenderemo con

tutte le forze da questa accu-sa infamante anche per recu-perare il nostro onore.

Per quanto riguarda lacorruzione della quale primasono stato vittima e poi com-plice, dichiaro con questa miala completa adesione allo spi-rito della Bolla con la qualeSua Santità ha indetto il Giu-bileo Straordinario della Mi-sericordia. Ho preso coscien-za che potevo rifiutare la cor-ruzione, fare scelte diverse eche il fine non giustifica maimezzi che prevaricano.

Come è scritto saggiamentenella Bolla, la corruzione «conla sua prepotenza e avidità di-strugge i progetti dei deboli eschiaccia i più poveri»: questeparole mi hanno folgorato. Lemie giustificazioni morali cheil fine dell’occupazione di svan-taggiati giustificasse l’uso dimezzi corruttivi non tenevaconto di questo aspetto delproblema. Non avevo più lagiusta prospettiva, obnubilatoda un delirio di onnipotenzavolto alla crescita della coope-rativa. Avevo completamenteperduto la giusta percezionedei valori. Avevo trascuratoanche la mia famiglia.

Potrei dire sono stato co-stretto ad accettare perchénon potevo lasciare senza la-voro tante persone che crede-vano in me e in parte forse èvero, ma oggi so, dopo aver alungo riflettuto, aiutato inquesto percorso dal Cappella-no e dal Vescovo Diocesano,che la mia era una falsa giu-

stificazione e che potevo rifiu-tare proposte corruttive, solose avessi avuto il coraggio del-la denuncia. Potevo sceglieree scelsi la via sbagliata. Hopreso coscienza inoltre che leproposte corruttive hannoavuto una valenza ancor piùnegativa, perché rivolte a unacooperativa che si adoperavaper integrare gli ultimi, per-tanto doppiamente colpevolechi ce le ha proposte e impo-ste, ma doppiamente colpevoleanch’io che ho accettato. Ave-vo smarrito la via della veraintegrazione dei più deboli, lavia delle opere di Misericor-dia corporale che per tanti an-ni avevo perseguito laicamen-te, insieme a tutto il gruppodirigente della cooperativa.

Sono consapevole di doveraffrontare la giustizia terre-na e mi adopererò per chiari-re le mie colpe e contrastareper quanto è nelle mie possi-bilità i fenomeni corruttivi; midifenderò dalla accusa ingiu-sta di mafia.

Seguendo la via tracciatadalla Bolla Misericordiæ Vul-tus, dichiaro la mia totaleadesione al Suo invito allaconversione, «unita al corag-gio della denuncia» perché lacorruzione «impedisce diguardare al futuro con spe-ranza… ed è un accanimentonel peccato».

Mi auguro e spero di nonessere il solo.

Salvatore BuzziVia Badu ’e Carros 1

08100 Nuoro

La misericordia è «l’archi-trave che sorregge la vita del-la Chiesa», scrive papa Fran-cesco. Questo è il cuore dellaBolla di indizione del prossi-mo Giubileo della Misericor-dia intitolata MisericordiæVultus (Il volto della miseri-cordia) e insieme offre il sensodell’Anno straordinario an-nunciato a sorpresa dal Papalo scorso 13 marzo – secondoanniversario del pontificato –e indetto ufficialmente con laBolla che reca la data dell’11aprile, vigilia della secondadomenica di Pasqua dettadella Divina Misericordia.

Quel testo è arrivato a toc-care il cuore di un detenutodi Badu ’e Carros, fino a spin-gerlo a seguire l’invito del Pa-pa alla conversione «unita alcoraggio della denuncia», unpasso della Bolla è infattiesplicitamente rivolto allepersone fautrici o complici dicorruzione. Scrive Francesco:«Questa piaga putrefatta del-la società è un grave peccatoche grida verso il cielo, per-ché mina fin dalle fondamen-ta la vita personale e sociale.La corruzione impedisce diguardare al futuro con spe-ranza, perché con la sua pre-potenza e avidità distrugge iprogetti dei deboli e schiacciai più poveri. È un male che siannida nei gesti quotidianiper estendersi poi negli scan-dali pubblici. La corruzione èun accanimento nel peccato,che intende sostituire Dio conl’illusione del denaro come

forma di potenza. È un’operadelle tenebre, sostenuta dalsospetto e dall’intrigo». Citan-do San Gregorio Magno il pa-pa afferma che «nessuno puòsentirsi immune da questatentazione. Per debellarla dal-la vita personale e sociale so-no necessarie prudenza, vigi-lanza, lealtà, trasparenza,unite al coraggio della denun-cia. Se non la si combatteapertamente, presto o tardirende complici e distrugge l’e-sistenza». Subito arriva peròl’invito, una supplica quasi,alla conversione: «Questo è ilmomento favorevole per cam-biare vita! Questo è il tempodi lasciarsi toccare il cuore –afferma Francesco. Davantial male commesso, anche acrimini gravi, è il momento diascoltare il pianto delle per-sone innocenti depredate deibeni, della dignità, degli affet-ti, della stessa vita. Rimaneresulla via del male è solo fontedi illusione e di tristezza. Lavera vita è ben altro. Dio nonsi stanca di tendere la mano.È sempre disposto ad ascol-tare, e anch’io lo sono, come imiei fratelli vescovi e sacer-doti. È sufficiente solo acco-gliere l’invito alla conversio-ne e sottoporsi alla giustizia,mentre la Chiesa offre la mi-sericordia».

Un analogo appello è rivol-to agli appartenenti a gruppicriminali, perché «il denaronon dà la vera felicità» e «laviolenza usata per ammassa-re soldi che grondano sangue

non rende potenti, né immor-tali». «Nessuno – incalza ilPapa – potrà sfuggire al giu-dizio di Dio».

Nei paragrafi successivi,sull’esempio del comporta-mento di Gesù, il Papa richia-ma il rapporto tra giustizia emisericordia: «Davanti alla vi-sione di una giustizia comemera osservanza della legge,che giudica dividendo le per-sone in giusti e peccatori –scrive Francesco –, Gesù pun-ta a mostrare il grande donodella misericordia che ricercai peccatori per offrire loro ilperdono e la salvezza. Il ri-chiamo all’osservanza dellalegge – prosegue il Papa –«non può ostacolare l’atten-zione per le necessità che toc-cano la dignità delle persone.Il richiamo che Gesù fa al te-sto del profeta Osea – “vogliol’amore e non il sacrificio” – èmolto significativo in propo-sito – spiega il Papa. Gesù af-ferma che d’ora in avanti laregola di vita dei suoi disce-poli dovrà essere quella cheprevede il primato della mi-sericordia, come Lui stesso te-stimonia, condividendo il pa-sto con i peccatori».

Quello della misericordiaè un tema centrale nel ponti-ficato di Bergoglio, fin dal suomotto “Miserando atque eli-gendo”: la frase è tratta dalleOmelie di San Beda il Vene-rabile, il quale, commentan-do l’episodio evangelico dellavocazione di san Matteo, scri-ve: «Vidit ergo lesus publica-

num et quia miserando atqueeligendo vidit, ait illi Sequereme» (Vide Gesù un pubblica-no e siccome lo guardò consentimento di amore e loscelse, gli disse: Seguimi).Questa omelia è un omaggioalla misericordia divina ed èriprodotta nella Liturgia del-le Ore della festa di san Mat-teo. Ma anche nelle sue pri-me omelie la misericordia an-dava delineandosi come la ci-fra del suo magistero petri-no: il 17 marzo 2013 a San-t’Anna, il Papa disse che «ilmessaggio di Gesù è quello:la misericordia. Per me, lo di-co umilmente, è il messaggiopiù forte del Signore». Ed ec-co ora ribadire questi concet-ti nella Bolla di indizione delGiubileo: «Misericordia: è lavia che unisce Dio e l’uomo,perché apre il cuore alla spe-ranza di essere amati persempre, nonostante il limitedel nostro peccato». Uno deinodi centrali del testo riguar-da proprio la remissione deipeccati: il Papa auspica che«i confessori siano un vero se-gno della misericordia del Pa-dre», capaci di accogliere i fe-deli come il padre della para-bola del figliol prodigo.

«La credibilità della Chie-sa passa attraverso la stradadell’amore misericordioso ecompassionevole. Forse pertanto tempo abbiamo dimen-ticato di indicare e di viverela via della misericordia» con-fida il Papa.

Nella seconda parte della

Bolla, Francesco offre alcuneindicazioni pratiche per vive-re il Giubileo straordinario inpienezza spirituale: compiereun pellegrinaggio, non giudi-care e non condannare, aprireil cuore alle periferie esisten-ziali, portando consolazione esolidarietà a quanti, nel mon-do di oggi, vivono «precarietàe sofferenza». E ancora esortaa compiere con gioia le operedi misericordia corporale espirituale, per «risvegliare lenostre coscienze assopite da-vanti al dramma della pover-tà» e annunciando la libera-zione ai prigionieri delle mo-derne schiavitù.

Il Pontefice si sofferma,poi, sull’indulgenza, elemen-to caratteristico del Giubileo:essa dimostra che «il perdonodi Dio per i nostri peccati nonconosce confini», perché l’in-dulgenza permette la cancel-lazione non solo del peccatocommesso, ma anche di ogni

sua conseguenza negativa suicomportamenti e sui pensieridell’uomo.

L’Anno Santo della Miseri-cordia che avrà per motto “Mi-sericordiosi come il Padre”, siaprirà l’8 dicembre, Solennitàdell’Immacolata Concezioneed in coincidenza con il cin-quantesimo anniversario dellachiusura del Concilio Vatica-no II, in quell’occasione siaprirà la Porta Santa dellaBasilica Vaticana, la domenicasuccessiva toccherà a quelledelle altre basiliche papali.Ma Francesco ha stabilito cheanche in ogni Chiesa partico-lare e nei Santuari si apra,per tutto l’Anno Santo, un’u-guale Porta della Misericor-dia, affinché il Giubileo possaessere celebrato anche a livel-lo locale, «quale segno di co-munione di tutta la Chiesa».

Un segno che porta già isuoi primi frutti.

(fra. co.)