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28° Convegno ed Assemblea Annuale degli Associati “Forum shopping e concorrenza sleale” Catania 17 – 20 settembre 2015 1 Enrico Adriano Raffaelli AIGLI CATANIA 17 – 20 SETTEMBRE 2015 Le nuove frontiere della concorrenza sleale

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28° Convegno ed Assemblea Annuale degli Associati “Forum shopping e concorrenza sleale”

Catania 17 – 20 settembre 2015

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Enrico Adriano Raffaelli

AIGLI CATANIA 17 – 20 SETTEMBRE 2015

Le nuove frontiere della concorrenza sleale

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Art. 2598 c.c. Atti di concorrenza sleale Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1)  usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni

distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;

2)  diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;

3)  si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.

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   Alcune fattispecie di applicazione dell’art. 2598, n.3 c.c.

- pubblicità menzognera

-  manovre sui prezzi

-  violazione di norme pubblicistiche

-  storno di dipendenti

-  violazione di segreti aziendali

-  concorrenza dell’ex dipendente

-  concorrenza parassitaria

-  “boicottaggio”

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   Normative specifiche

relative ad ambiti precedentemente ricondotti alla disciplina della concorrenza sleale:

•  Disposizioni volte alla repressione della pubblicità ingannevole ed alla definizione

delle condizioni di liceità della pubblicità comparativa (d.lgs. 145/2007).

•  Previsioni che sanciscono il divieto di pratiche commerciali scorrette: d.lgs. 206/2005 (c.d. Codice del consumo), come modificato dal d.lgs. 146/2007.

•  Disposizioni relative alla tutela dei segreti aziendali: artt. 98 e 99 del Codice della proprietà industriale (d.lgs. 30/2005).

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Condizioni di applicabilità della normativa repressiva della concorrenza sleale:

•  Il fatto che sia il soggetto attivo che il soggetto passivo dell’atto debbano essere

IMPRENDITORI. •  Tali soggetti debbono essere in rapporto di concorrenza economica.

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   Competenza in materia di concorrenza sleale:

•  Le Sezioni Specializzate in materia d’impresa sono competenti per “tutti i procedimenti giudiziari in materia […] di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale” (art. 134 CPI)

mentre •  Le Sezioni ordinarie sono competenti per le sole fattispecie di concorrenza sleale

“pura”, secondo la prevalente interpretazione del concetto di “interferenza” con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale.

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PROBLEMATICHE PIÙ ATTUALI

Possono essere individuate, in particolare, nei seguenti settori: 1.  L’uso dei segni distintivi altrui 2.  L’imitazione servile 3.  L’appropriazione di pregi 4.  La denigrazione 5.  Lo storno dei dipendenti 6.  La concorrenza parassitaria 7.  L’Ambush marketing 8.  Le vendite sottocosto 9.  La sottrazione di informazioni riservate 10.  L’uso di internet 11.  Gli aiuti di Stato 12.  La violazione di norme pubblicistiche

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   LA CONCORRENZA SLEALE CONFUSORIA

TRAMITE L’USO DI SEGNI DISTINTIVI ALTRUI

L’art. 2598, n. 1, c.c. prevede che: “FERME le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque […] USA nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri […]”. •  La tutela in questione riguarda sia i segni tipici che quelli atipici.

•  Per quanto riguarda i segni tipici vanno coordinate le norme che tutelano i segni distintivi tipici con la tutela civilistica in materia di concorrenza sleale.

•  Per i marchi, registrati o non registrati che siano, la giurisprudenza maggioritaria

ammette la CUMULABILITÀ dell’azione reale di contraffazione del marchio con l’azione personale di repressione della concorrenza sleale.

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   ALCUNI CASI PRATICI

CASO BAGGIO/CIOCCA - Tribunale di Torino, 25 maggio 2012 Nell’utilizzo da parte della Baggio S.r.l. del segno BAGGIO di titolarità della CIOCCA, come componente di un marchio complesso non registrato il Tribunale ha ravvisato: •  un uso illegittimo del segno BAGGIO ai sensi della normativa speciale sulla tutela

dei diritti di proprietà industriale ed anche

•  un illecito di concorrenza sleale avendo la BAGGIO S.r.l. diffuso al pubblico una

comunicazione “capace di creare” un’obiettiva confusione circa l’esistenza di legami tra il suo operato e quello della ormai cessata Baggio S.r.l. acquistata dalla CIOCCA che ad essa è subentrata nei rapporti con la clientela in modo tale da indurre i destinatari della comunicazione a ritenere di avere a che fare con la stessa Ciocca.

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   CASO PIRELLI/HUAWEI

Tribunale di Torino 13 luglio 2015 (ord.)

Nell’utilizzo da parte di Huawei del segno interferente con i marchi

, e (P Zero) di titolarità di Pirelli il Tribunale delle imprese di Torino ha ravvisato: •  un uso illegittimo del marchio ai sensi della normativa speciale sulla tutela dei

diritti di proprietà industriale, inibendone l’uso ma in sede cautelare

•  non ha preso posizione sull’illecito di concorrenza sleale prospettato da Pirelli e consistente, in particolare, nelle condotte di Huawei integranti, ad avviso di Pirelli:

-  concorrenza sleale confusoria (art. 2598, n. 1, c.c.); -  appropriazione di pregi (art. 2598, n. 2, c.c.); -  concorrenza parassitaria ed uso di mezzi non conformi alla correttezza

professionale (art. 2598, n. 3, c.c.).

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   L’IMITAZIONE SERVILE

•  Art. 2598, n. 1, c.c.: “chiunque […] imita servilmente i prodotti di un concorrente”. •  L’imitazione servile riguarda gli elementi esterni ed appariscenti del prodotto del

concorrente (la FORMA del prodotto e la sua CONFEZIONE). •  È illecita solo quando è suscettibile di dare luogo a CONFONDIBILITÀ in merito

all’impresa di provenienza dei prodotti. •  Il giudizio di confondibilità si fonda sulla capacità media di percezione e di memoria

del consumatore dei prodotti. •  Le sole FORME tutelate sono quelle aventi efficacia individualizzante e

diversificatrice che collegano i prodotti ad una determinata impresa. →

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   L’IMITAZIONE SERVILE II

•  L’imitazione servile di forme funzionali che non siano indispensabili ed

inderogabili per raggiungere un dato risultato tecnico (che si può raggiungere altrimenti) è illecita?

•  L’imitazione servile delle forme ornamentali dotate di PREGIO ESTETICO è illecita? •  E la copiatura pedissequa non confusoria?

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   IMITAZIONE SERVILE III

CASI PRATICI

•  Caso SURYA/MPF TRADE: il Tribunale di Firenze ha ritenuto del tutto indifferente l’elencazione delle modeste differenze tra i prodotti in questione (apparecchi per illuminazione) perché ciò che conta è “l’impressione generale che il loro aspetto d’insieme può provocare nel consumatore medio” (c.d. giudizio mnemonico a distanza).

•  Caso THUN: il Tribunale di Venezia, chiamato a tutelare alcune celebri statuette della Thun (un elefante ed alcuni angeli),

•  ha escluso la tutela autorale (ex art. 2 L.d.A.) in quanto ha ritenuto le statuette prive di valore artistico; •  ha escluso la tutela ai sensi della legge modelli in quanto ha ritenuto che i prodotti del concorrente fossero differenziati e avessero quindi carattere individuale (per l’UTILIZZATORE INFORMATO); •  ha invece concesso la tutela alle statuette sulla base della disciplina della concorrenza sleale per imitazione servile in quanto ha ritenuto sussistere confondibilità tra i prodotti quanto alle imprese di provenienza (struttura complessiva corrispondente a quella degli originali Thun) per il CONSUMATORE.

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   DENIGRAZIONE

•  Art. 2598 n.2 c.c.: vieta la denigrazione dei prodotti e/o dell’attività del concorrente cioè la

diffusione di notizie/apprezzamenti idonei a fargli perdere la buona reputazione e la fiducia del pubblico di consumatori.

•  Le notizie debbono essere GRAVI e comunque idonee a causare un DANNO CONCORRENZIALE.

•  le notizie debbono essere rivolte ad una pluralità di soggetti (ma la giurisprudenza ritiene che anche una sola comunicazione possa essere illecita se capace di causare DANNO CONCORRENZIALE).

-  E se le notizie sono vere?

-  E se la pubblicità è comparativa?

-  E nel caso di magnificazioni dei propri prodotti?

-  E la pubblicazione di un provvedimento non DISPOSTA dall’autorità giudiziaria? →

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   DENIGRAZIONE II

CASI PRATICI

•  Caso GENERAL FITTINGS: il Tribunale di Brescia ha ritenuto illecita, perché denigratoria, una pubblicità comparativa della concorrente Georg Fisher nella quale si affermava che i prodotti del concorrente fossero dei falsi rispetto al preteso prodotto «originale» senza peraltro citare il concorrente.

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   L’APPROPRIAZIONE DI PREGI

•  L’art. 2598, n. 2, c.c. prevede che sia illecita la condotta di chiunque si appropria di pregi

dei prodotti o dell’impresa di un concorrente.

•  I “pregi” sono le “qualità” dei prodotti o dell’impresa del concorrente.

•  L’“appropriazione” sta nel far credere che la propria impresa ed i suoi prodotti POSSEGGANO i pregi di un concorrente.

•  Esempi ne sono:

•  uso indebito di denominazioni di origine o di indicazioni di provenienza •  utilizzo del marchio proprio e del marchio del concorrente accostato alle parole:

TIPO SIMIL MODELLO

•  utilizzo di una FORMA PECULIARE già usata dal concorrente →

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   L’APPROPRIAZIONE DI PREGI II

CASI PRATICI

•  Caso K-FLEX/EVOCELL: il Tribunale di Milano (ord.) ha accertato in sede cautelare l’illiceità della condotta di Evocell che promuoveva i propri prodotti avvalendosi di un catalogo e di un listino prezzi che riproduceva in maniera pedissequa le caratteristiche peculiari

-  dei cataloghi -  del listino prezzi

-  del manuale di installazione -  del sito internet

della K-Flex. •  Caso Pirelli/SAPSA: il Tribunale di Milano (ord.) ha ritenuto che costituisse

appropriazione di pregi (sub specie, agganciamento) la condotta con cui Sapsa, mediante comunicato stampa, si qualificava come “erede diretta di Pirelli Sapsa” e affermava che, nell’ambito di una determinata operazione, fosse “coinvolto il management della storica Pirelli Sapsa”.

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   L’APPROPRIAZIONE DI PREGI III

CASI PRATICI

•  Caso PIAGGIO/LML ITALIA: il Tribunale di Napoli ha ritenuto che le condotte (attività promozionale su vari canali, tra i quali internet con i ripetuti riferimenti a Piaggio ed ai suoi marchi, ad es. VESPA) di LML ITALIA costituissero illecito diretto a sfruttare indebitamente il prestigio della concorrente PIAGGIO e dei suoi marchi.

•  Caso ALACANTARA/MERCEDES: nel quale Mercedes usava espressioni quali «tipo

Alcantara», o «modello Alcantara» per descrivere prodotti diversi da quelli di Alcantara.

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LO STORNO DI DIPENDENTI

Viene considerata ILLECITA, ai sensi dell’art. 2598 n.3 c.c., la condotta di una impresa che «porta via» i dipendenti ad un concorrente istigandoli a dimettersi per poi assumerli. L’inquadramento della fattispecie non è facile perché la sottrazione di dipendenti altrui non è di per sé illecita. Vengono infatti in gioco:

i) il diritto alla mobilità del dipendente; ii) il diritto all’organizzazione dell’impresa.

Vanno menzionati ulteriori ELEMENTI di elaborazione giurisprudenziale, quali ad esempio: - lo storno deve riguardare dipendenti QUALIFICATI e indispensabili o quantomeno utili; -  deve essere attuato con MEZZI ANOMALI, CONTRARI

-  alla normalità del confronto concorrenziale -  alla libera determinazione del valore -  alla libera circolazione del lavoro

-  il servirsi dell’attività di un dipendente dell’impresa che subisce lo storno; -  la finalizzazione dello storno a carpire SEGRETI AZIENDALI o quantomeno NOTIZIE UTILI.

DEVE sussistere l’ANIMUS NOCENDI, cioè l’intenzione di vanificare gli sforzi di investimento del concorrente.

Come si può affermare la sussistenza dell’ANIMUS NOCENDI?

 

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   LO STORNO DI DIPENDENTI II

CASI PRATICI

•  Caso CSC ITALIA / SPINDOX: caso in cui il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa (2013), ha accolto le domande cautelari di CSC ed ha così inibito a Spindox di continuare ad utilizzare le prestazioni professionali di una determinata persona, ex dipendente di CSC, complice di Spindox, nel tramare e compiere lo storno di dipendenti (personale altamente qualificato) in danno di CSC. •  Caso NEXTIRAONE ITALIA/COM.TEL SPA: in questo caso il Tribunale di Milano ha respinto le domande di Nextiraone in quanto ha ritenuto insostenibile l’animus nocendi dello storno di dipendenti sulla base della considerazione che “la sottrazione era diluita in un tempo tale da non disarticolare l’organizzazione avversaria e consentire di ricostituire la forza lavoro”.

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   LA CONCORRENZA PARASSITARIA

Si realizza la concorrenza parassitaria quando un imprenditore si pone in CONTINUO E SISTEMATICO CAMMINO sulle ORME di un CONCORRENTE. La definizione e la teorizzazione di questa fattispecie che oggi è riconosciuta in tutto il mondo, si devono al Professor Remo Franceschelli, che nel 1958 elaborò tale concetto; nel 1962 la Corte di Cassazione affermò che avesse «diritto di ingresso nel nostro sistema legislativo, sotto il n. 3 dell’art. 2598 c.c., la cosiddetta concorrenza parassitaria». Oggi si considera non solo la concorrenza sleale parassitaria DIACRONICA, ma anche quella SINCRONICA (o anche ISTANTANEA). La tendenza va verso un AMPLIAMENTO del novero delle condotte comprese nella fattispecie di concorrenza parassitaria: - ad esempio, anche il semplice uso di fotografie del concorrente, perché così facendo si evita “di sopportare i costi e gli oneri di studio, realizzazione e valutazione delle tendenze di mercato”. Con il divieto di concorrenza parassitaria si vuole dunque tutelare l’efficienza dinamica dei mercati.

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   LA CONCORRENZA PARASSITARIA II

CASI PRATICI

Caso LEGO: in merito alla possibilità di produrre e commercializzare mattoncini modulari compatibili con quelli della LEGO una volta scaduto il relativo brevetto LEGO.

- la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che costituisse concorrenza sleale la produzione di mattoncini modulari compatibili con quelli LEGO “mancando una necessità qualificante che giustifichi la pedissequa ripresa di quella SPECIFICA COMBINAZIONE allorché questa risulti surrogabile con forme alternative equivalenti sul piano della funzionalità ( e dei costi)”. - la Corte di Cassazione invece ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello di Milano stabilendo che

“non costituisce atto di concorrenza sleale la vendita in Italia dei mattoncini per giochi di costruzione… compatibili con quelli progettati e venduti dalla LEGO”.

La Corte in tal modo ha voluto confermare che la tutela delle privative industrialistiche è funzionale alle esigenze di INCENTIVARE la RICERCA

E che tale funzione verrebbe meno in caso di riconoscimento di un diritto perpetuo di utilizzazione esclusiva di brevetti e modelli.

Caso NESTLÉ: il Tribunale di Milano ha riconosciuto che “anche in assenza di rischi confusori […] una imitazione […] pedissequa e integrale dei prodotti altrui […] consente […] di appropriarsi parassitariamente e senza alcun costo degli INVESTIMENTI che altri abbiano fatto”.    

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L’AMBUSH MARKETING

-  Con tale termine si intende un comportamento parassitario di agganciamento ad una manifestazione di particolare visibilità (ad es. OLIMPIADI, MONDIALI DI CALCIO, ECC.) ad opera di una IMPRESA che non ha alcun legame con l’organizzatore dell’evento.

-  Solitamente l’ambusher è una impresa titolare di marchi rinomati che non avendo, o non volendo, alcun rapporto di sponsorizzazione si lega all’evento con autonome iniziative di marketing che ingenerano nel pubblico la convinzione che tale impresa sia sponsor dell’evento.

-  Sono state individuate varie figure di AMBUSH MARKETING: i) il predatory ambushing: uso dei segni dell’evento ii) il coattail ambushing: associazione indiretta iii) l’insurgent ambushing: azioni a sorpresa durante l’evento iiii) il saturation ambushing: intensificazione dell’attività pubblicitaria in concomitanza dell’evento.

-  Nel nostro ordinamento il fenomeno è stato fronteggiato con leggi ad hoc (ad es. OLIMPIADI INVERNALI di TORINO).

-  Con il Disegno di legge n. 1635 del 2 ottobre 2014, ora all’esame delle Commissioni Parlamentari, il nostro legislatore intende creare una disciplina organica per contrastare e reprimere l’ambush marketing in Italia.

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   L’AMBUSH MARKETING II

CASI PRATICI

Il caso San Carlo / LAY’S: ha visto la San Carlo agire contro la Lay’s davanti al Tribunale di Torino per concorrenza sleale in quanto riteneva illecita la pubblicità delle patatine LAY’S che aveva come testimonial CANNAVARO in maglia azzurra. La San Carlo, nota produttrice di patatine, vedeva in questo un pregiudizio del proprio investimento come sponsor ufficiale della Nazionale Italiana Calcio. Il Tribunale di Torino, ed anche lo IAP, hanno invece escluso la natura parassitaria della pubblicità della LAY’S con una articolata serie di motivazioni (ad esempio: il testimonial Cannavaro aveva cessato da tempo l’attività agonistica e non indossava la maglia ufficiale della nazionale, ma una semplice maglia da gioco di colore azzurro). Il caso Pirelli / Harley Davidson: viene presentato come il primo caso nel quale un Tribunale italiano ha riconosciuto la sussistenza dell’ambush marketing.

•  Pirelli aveva allestito uno stand in prossimità del luogo nel quale Harley Davidson festeggiava a Roma il suo 110° anniversario

•  Il provvedimento è stato emesso INAUDITA ALTERA PARTE (e non è stato confermato, avendo le parti transatto la controversia) sulla base della sola prospettazione della Harley Davidson che aveva presentato il caso come un caso di AMBUSH MARKETING.

•  In realtà non si trattava di un caso di AMBUSH MARKETING:

-  perché la controversia riguardava la interpretazione degli accordi raggiunti tra le parti in merito alla partecipazione di Pirelli all’evento;

-  Pirelli ben prima dell’evento aveva diramato un comunicato stampa relativo alla sua partecipazione all’evento di Harley Davidson.

   

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   LE VENDITE SOTTOCOSTO

È la pratica di vendite effettuate ad un prezzo inferiore al costo del prodotto, da un lato, e al costo medio per gli altri imprenditori, dall’altro. Le vendite sottocosto, non essendo espressione della capacità di produrre più economicamente, sono considerate modalità concorrenziali escludenti e distruttive e sono illecite ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c. Quali i REQUISITI perché tali vendite possano essere considerate sottocosto?

- La verifica che i prezzi siano effettivamente inferiori ai costi (problema della definizione dei costi). - La durata: le vendite sottocosto debbono essere stabili o sistematiche (non temporanee ed occasionali). -  La finalità di turbare il mercato e di alterare il fisiologico meccanismo concorrenziale (non è necessario l’intento monopolistico) .

Situazione diversa nell’ambito ANTITRUST, dove: A.  per costi si intendono Costi Medi Variabili (CMV) depurati dei Costi Fissi

e B. l’intento monopolistico assume una rilevanza fondamentale.

Ed infatti gli obiettivi nella normativa antitrust e della normativa repressiva della concorrenza sleale sono diversi.

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   LE VENDITE SOTTOCOSTO II

CASI PRATICI Caso K-Flex/Armacell: K-Flex ha convenuto Armacell davanti al Tribunale di Milano denunciando la violazione dell’art. 2598, n. 3, c.c. e dell’art. 102 TFUE e chiedendo l’inibitoria all’importazione e commercializzazione dei prodotti Armacell il cui prezzo di vendita fosse sottocosto.

Il Tribunale non ha ritenuto necessaria la prova dell’intento monopolistico ed ha rilevato come ci si debba concentrare sugli EFFETTI della pratica di vendite sottocosto, che sono anomale e contrarie alla FISIOLOGIA dell’attività di impresa ed in generale agli interessi della collettività.

Esperita una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), rilevato che le vendite sottocosto effettuate da Armacell in Italia sono state per lungo tempo superiori al 50% del fatturato, che erano state eseguite in modo sistematico e che non erano ancora cessate al momento del contenzioso, il Tribunale le ha inibite perché contrarie alla correttezza professionale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c.  i  

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   INTERNET e CONCORRENZA SLEALE

Il domain name è il segno usato su internet per identificare un sito e svolge funzione pubblicitaria analoga a quella del marchio. Registrare un domain name che sfrutti il marchio o il segno distintivo di altra impresa concorrente può ricadere nell’ambito di applicazione dell’art. 2598 c.c. Le più comuni fattispecie di illecito concorrenziale correlato all’utilizzo di internet sono: 1) l’utilizzo sleale del META - TAG; 2) il fenomeno del LINKLING; 3) Il fenomeno del FRAMING; 4) il keywords advertising; 5) il mouse trapping; 6) il page jacking.

     

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   LA VIOLAZIONE

DI NORME PUBBLICISTICHE

Fattispecie in continuo sviluppo che si realizza quando un’impresa viola una delle tante norme che regolano l’attività imprenditoriale che comportano

-  LIMITI -  COSTI

ed -  ONERI.

In particolare perché si realizzi un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c. deve risultare che nel caso concreto:

i) la violazione di norme pubblicistiche possa configurare un atto concorrenziale e che

ii) tale atto concorrenziale sia scorretto dal punto di vista professionale. →

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   LA VIOLAZIONE

DI NORME PUBBLICISTICHE II CASI PRATICI

Nel caso UBER POP il Tribunale di Milano ha ritenuto che “la mancanza di titoli autorizzativi e la operatività degli autisti UBER POP al di fuori degli oneri imposti dal regime amministrativo dell’attività” davano luogo ad un reale vantaggio competitivo e concorrevano a definire un comportamento non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a determinare uno sviamento di clientela. Il Giudice cautelare ha elencato i costi che venivano evitati dagli autisti UBER POP, evitando i quali potevano applicare tariffe sensibilmente minori rispetto a quelle del servizio pubblico.

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   LA VIOLAZIONE

DI NORME PUBBLICISTICHE III CASI PRATICI

Particolarmente rilevante è un caso, tuttora pendente in sede cautelare che vede contrapposta la società italiana LA PRESSE al Gruppo XY. La Presse ritiene che il Gruppo XY abbia praticato prezzi eccessivamente bassi, grazie ad un risparmio fiscale derivante dal non aver dichiarato all’Agenzia delle Entrate italiana l’esistenza di una stabile organizzazione personale in Italia; così facendo XY non risulterebbe assoggettata al regime fiscale italiano e all’IVA applicabili invece ai propri concorrenti, andando a beneficiare di notevoli risparmi fiscali e finanziari.

La Presse ha dunque adito il Tribunale delle Imprese, chiedendo la concessione di un’inibitoria, in modo tale da ripristinare un corretto contesto entro il quale si possa svolgere un’effettiva concorrenza. La questione è pendente, ma può essere segnalata l’importanza della CTU, che ha riconosciuto l’esistenza di una stabile organizzazione occulta, da parte di XY in Italia, in grado di beneficiare, a livello di costi operativi del mancato assoggettamento agli oneri fiscali in Italia.

La decisione del Tribunale adito costituirà un importante precedente.  

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   CONCORRENZA SLEALE

E AIUTI DI STATO

•  La competenza esclusiva in materia di COMPATIBILITÀ degli aiuti di Stato con il funzionamento del mercato interno (come previsto dall’art. 107 TFUE) è della Commissione Europea

•  È però riconosciuto che il concorrente leso dalla violazione delle norme in materia di aiuti di Stato possa agire ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c. davanti all’ Autorità Giudiziaria Ordinaria

•  Quindi, il ruolo dei Giudici nazionali è DISTINTO, ma complementare a quello della Commissione Europea.

•  Essi possono intervenire se un’Autorità nazionale abbia concesso un aiuto: - senza chiedere l’autorizzazione della Commissione Europea

o - senza rispettare la clausola di sospensione prevista dall’art. 108, par. 3, TFUE.

I Giudici nazionali possono intervenire anche nell’esecuzione di decisioni di recupero quando la Commissione ritenga l’aiuto incompatibile con il mercato interno.

•  I Giudici nazionali quindi possono: A) disporre la sospensione dell’aiuto B) disporre il recupero dell’aiuto e degli interessi relativi per la durata dell’aiuto C) condannare al risarcimento dei danni D) disporre misure provvisorie contro gli aiuti.

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   CONCORRENZA SLEALE

E AIUTI DI STATO II

•  Nel nostro ordinamento il legislatore ha introdotto gli artt. 49 e 50 della legge 234/2012

che prevedono la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo per le controversie in materia di aiuti di Stato.

•  In dottrina si ritiene:

•  che l’azione per l’eliminazione e/o la sospensione dell’aiuto come pure l’azione risarcitoria contro la P.A. vadano proposte davanti al Giudice Amministrativo

e •  che l’azione contro il beneficiario responsabile del pregiudizio subito da un

concorrente possa essere portata solo sulla base dell’art. 2598 n.3 c.c. davanti al giudice ordinario.

•  Il concorrente leso dovrà dimostrare il NESSO CAUSALE tra l’illegittima misura di AIUTO e l’atto scorretto posto in essere dal beneficiario (es. prezzi sottocosto, ecc.).

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   CONCORRENZA SLEALE E AIUTI DI STATO III

CASI PRATICI: A livello nazionale sono davvero pochi. -  Nel caso Moby / Traghetti per la Sardegna Moby ha chiesto al Tribunale di Milano di accertare

la violazione dell’art. 2598 c.c. ad opera di Traghetti per la Sardegna, in quanto questa avrebbe praticato prezzi sottocosto come conseguenza immediata e diretta di aiuti di Stato illegali.

Il Tribunale, non ritenendo provata la condotta contestata, ha respinto la domanda di Moby. -  Nel caso GNV / Saremar, GNV ha chiesto al Tribunale di Genova di accertare la violazione

dell’art. 2598 n.3 c.c. nelle condotte realizzate da Saremar, beneficiaria di aiuti di Stato illegali. Il Tribunale ha accolto la domanda ritenendo che l’aiuto permetteva a Saremar di praticare politiche di prezzo altrimenti insostenibili.

-  Nel caso Alitalia / Airone è stata Airone a chiedere al Tribunale di Roma di non far partecipare Alitalia ad una gara per l’acquisto della compagnia VOLARE, perché ciò sarebbe stato contrario alle condizioni cui la Commissione Europea aveva subordinato l’autorizzazione di un aiuto di Stato. Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di Airone in primo grado cautelare, salvo poi respingerla in sede di reclamo in quanto Airone non aveva provato l’uso illecito degli aiuti.

   

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   CONCLUSIONI

§  La normativa repressiva della concorrenza sleale è quanto mai VIVA e può

comprendere nel suo ambito di applicazione fattispecie che sfuggono ad altre normative.

§  Particolare rilevanza assume la norma generale di chiusura di cui all’art. 2598 n.3 c.c.

§  I confini tra l’antitrust e la concorrenza sleale sono sempre più labili.

§  Molto positivo che la competenza sia nella maggior parte dei casi attribuita ai Giudici specializzati dei Tribunali delle Imprese.

§  La normativa repressiva della concorrenza sleale deve continuare ad avere un posto di riguardo nell’armamentario dell’avvocato esperto in materia di concorrenza.

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