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complesso foresteria-ex scuderie in uso al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico a Duino relazione geologica dott. geol. Sara Bensi, phD dott. geol. Antonio Bratus, phD RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO

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complesso foresteria-ex scuderie in uso al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico a Duino

relazione geologica

dott. geol. Sara Bensi, phD dott. geol. Antonio Bratus, phD

RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO

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Relazione geologica dott. geol Sara Bensi, dott. geol. Antonio Bratus

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1 Premessa La presente relazione geologica è stata redatta su richiesta del Servizio gestione patrimonio immobiliare in base alla nota prot. n. 4075 di data 15 febbraio 2016 in seguito alla nota n. 2658 di data 4 febbraio 2016 con la quale è stata richiesta l’attivazione di un rapporto di collaborazione finalizzato alla predisposizione di relazioni geologiche a corredo di progetti di restauro e risanamento conservativo di beni immobili facenti parte del patrimonio regionale. In particolare la relazione geologica viene redatta per il progetto di restauro e risanamento conservativo dell’edificio denominato “ex scuderie” e del tunnel di collegamento tra la Foresteria e le cucine del Castello di Duino, entrambi facenti parte del più ampio compendio del Castello di Duino.

2 Inquadramento L’area su cui poggiano gli edifici oggetto del restauro si trova nella parte settentrionale della parte italiana del Carso Classico, altipiano, costituito da rocce carbonatiche del cretacico e terziario, che si estende in direzione nordovest – sudest ed è caratterizzato da due principali peculiarità, che lo rendono unico al mondo: un’alta concentrazione di fenomeni carsici epigei e ipogei e la presenza del fiume sotterraneo Timavo che s’inabissa in Slovenia, nelle Grotte di San Canziano (Škocjanske Jame), ed emerge, nei pressi dell'area di studio ovvero dalle risorgive di San Giovanni di Duino – Štivan, dopo più di 40 km di percorso sconosciuto. Geomorfologicamente parlando, l’area si trova nella parte terminale nord occidentale del ciglione carsico ovvero il gradino morfologico con falesie e ripide scapate carbonatiche che si osserva tra le foci del Timavo e il Monte Maggiore (Učka) in Croazia, che costituisce la fascia di confine tra, da una parte l'altopiano carsico del Carso-Kras e della Čičarija, e dall'altra l'Istria flyschoide e la fascia costiera di Flysch presso Trieste.

3 Inquadramento paleogeografico dell’area vasta ed assetto geologico – strutturale.

Dal punto di vista paleogeografico, l'area del ciglione carsico si è formata lungo il margine tra il segmento Dinarico e il segmento Adriatico, inizialmente uniti nella Piattaforma carbonatica adriatico-dinarica. Nel Mesozoico il supercontinente Pangea si è disgregato in più continenti e tra la placca africana ed europea si è formato l'oceano Tetide. La Piattaforma carbonatica adriatico-dinarica è una microplacca che allora si staccò dalla parte settentrionale della placca africana. Alla fine del Mesozoico questo processo si è arrestato e la placca africana ed europea iniziarono ad avvicinarsi convergendo l'una verso l'altra. Il mar Mediterraneo rappresenta oggi quello che è rimasto dell’Oceano Tetide. I microcontinenti che si sono staccati dalla placca africana (tra i quali anche la Piattaforma adriatico-dinarica), a causa della chiusura della Tetide e il conseguente avvicinamento dei continenti, si sono scontrati con la placca europea e da queste collisioni si sono formate, e tuttora si stanno innalzando, le catene montuose come le Alpi, i Pirenei e le Dinaridi. L’altipiano del Carso appartiene alle Dinaridi esterne nello specifico all'Area embriciata delle Dinaridi Esterne che, a causa della rotazione e il sottoscorrimento dell'Istria, viene ulteriormente deformata all'interno dell'Area di sottoscorrimento Istro-friulana.

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Figura 3.1 Schema strutturale del territorio attorno all'area di studio da Placer, L., Vrabec, M. & Celarc, B. 2010: The bases for understanding the NW Dinarides and Istria Peninsula tectonics.- Geologija 53/1, 55-86, Ljubljana (di seguito Placer et alii 2010). Legenda: 1-Area embriciata delle Dinaridi Esterne; 2-Area sovrascorsa delle Dinaridi Esterne; 3-Area sovrascorsa delle Dinaridi Interne; 4-Area di Budva.

Entrando nello specifico, considerando l’altipiano del Carso un anticlinorio ad asse dinarica (chiamato in bibliografia “Anticlinorio di Trieste e Komen”), presso il Castello di Duino ci troviamo proprio in prossimità del fianco sudoccidentale della piega con strati calcarei da sub verticali a verticali, lungo il Sentiero Rilke anche localmente rovesciati. Questo lembo nordoccidentale dell’anticlinorio del Carso viene ulteriormente interessato da faglie con direzione antidinarica (nordest – sudovest) dovute, secondo gli autori sloveni (Placer et alii 2010 e Placer, L. 2015: Simplified structural map of Kras. Geologija 58/1, 89-93, Ljubljana – di seguito Placer 2015) anche al sottoscorrimento dell’Istria (Figura 3.2).

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Figura 3.2 Dettaglio della Carta strutturale semplificata del Carso – dalla pubblicazione di Placer 2015. Il cerchio in giallo indica l’area dell’intervento. Si può notare che l’area è interessata da una faglia trascorrente sinistra che disloca il contatto tra le formazioni di Sežana (Calcari di Aurisina parte inferiore), di Lipica (Calcari di Aurisina parte superiore), e la Formazione Liburnica e che si estende fino al Monte Ermada.

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Figura 3.3 Leggenda della Carta strutturale semplificata del Carso di Placer 2015.

4 Litostratigrafia Le rocce che affiorano sul Carso Classico Italiano e Sloveno appartengono ad una successione di piattaforma carbonatica definita come Piattaforma Carbonatica Adriatica, che ha una potenza complessiva di circa 6.000 m e la cui radice è del Giurassico inferiore. Nel Carso affiora la sola sequenza cretacico-paleogenica, con spessore superiore ai 2.000 m, che inizia con la formazione di Brje (Cretacico inferiore), seguita dalla formazione di Povir (Cretacico inferiore-superiore), Continua con le formazioni di Repen e dei Calcari di Aurisina (Cretacico superiore) e si chiude con la Formazione Liburnica, che include il limite Cretacico-Paleogene (limite K/T). Le unità successive, di età paleogenica, sono rappresentate dalla formazione di Trstelj e dai Calcari ad Alveoline e Nummuliti. La sequenza carbonatica termina con gli Strati Transizionali ed è seguita dalla deposizione del Flysch (Eocene).

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Figura 4.1 Colonna stratigrafica delle rocce del Carso con i nomi correlati delle unità litostratigrafiche in Slovenia ed in Italia (da F. Cucchi, L. Zini, C. Calligaris 2015: Le acque del Carso Classico progetto Hydrokarst. EUT Edizioni Università di Trieste, Trieste).

Le rocce carbonatiche che affiorano nel Carso Classico italiano hanno un’età compresa tra l’Albiano superiore (Cretacico inferiore) e il Paleogene. Nell’area in esame affiorano i calcari appartenenti alle seguenti unità litostratigrafiche: i Calcari di Aurisina di età Turoniano-Campaniano e i calcari della Formazione Liburnica (Maastrichitiano – Paleocene) che sono ulteriormente suddivisi in sottounità Liburnico A e Liburnico B, rispettivamente di età tardo cretacica e paleocenica.

Figura 4.2 Dettaglio della Carta geologico formazionale GeoCGT (Servizio Geologico, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia). Leggenda: in verde scuro Calcari di Aurisina (Cretacico), verde chiaro - LIBa Formazione Liburnica sottounità A (Cretacico), marrone chiaro - LIBb Formazione Liburnica sottounità B (Paleogene), giallo chiaro - UIN depositi sciolti di ciottoli carbonatici (Olocene-attuale), azzurro - GRA Unità di grado depositi sedimentari marini (Olocene-attuale).

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4.1 Calcari di Aurisina La parte superiore dei Calcari di Aurisina, è composta alla base da calcari bioclastici mediamente grigi, a grana fine con piccoli frammenti di molluschi e da calcari bioclastici e a foraminiferi (packstone-floatstone) con frammenti di rudiste, echinodermi e briozoi. A questa unità appartengono i calcari biomicritici e biosparitici grigio–chiari, da massivi a stratificati con matrice micritica parzialmente o completamente ripulita e abbondanti resti fossili di rudiste, coralli, idrozoi e brachiopodi, molto importanti dal punto di vista economico. La parte superiore della formazione è composta da calcari micritici bioclastici con foraminiferi bentonici tipici del Campaniano. Biostromi a rudiste o strati di boundstone a rudiste sono qui più rari e più sottili. Lo spessore varia trai 150 e i 400 m.

4.2 Formazione Liburnica A e B La parte inferiore della Formazione Liburnica è composta da calcari bioclastici, micritici, stratificati e di colore grigio scuro. Sono comuni frammenti di rudiste e foraminiferi, tra cui si ricorda la Rhapydionina liburnica, del Maastrichtiano. Il limite Cretacico-Paleogene è contenuto all’interno di una breccia intraformazionale, che può essere spessa da 20 cm a qualche metro, contenente clasti appartenenti alle formazioni cretaciche. Presenta una matrice micritica con materia organica e Microcodium e può contenere anche caliche, stromatoliti e bioturbazioni. In alcune località del Carso l’evento, noto come limite K/T, è stato verificato con prove paleontologiche, quali la scomparsa dei fossili cretacici e la successiva comparsa dei primi fossili paleocenici, geochimiche quali tenori anomali dell’iridio e shift negativo del δ13C, e paleomagnetiche, quali la presenza di Ch29R. Sulla base del limite K/T, la Formazione Liburnica viene suddivisa in due sottounità, il Liburnico A e il Liburnico B. Gli strati di quest’ultima sottounità, di età Daniano (Paleocene inferiore) sono costituiti da calcari molto più scuri, fino a neri, leggermente marnosi, con tessitura mudstone-wackestone, lamine stromatolitiche a stratificazione da centimetrica a decimetrica e numerose evidenze di paleocarsismo. Tra i fossili, si trovano bivalvi, piccoli gasteropodi, alghe calcaree, miliolidi e foraminiferi. Lo spessore varia da 50 a 130 m nella parte settentrionale del Carso, mentre può superare i 200 m nella parte meridionale.

5 Descrizione dei punti osservati Partendo dagli affioramenti più antichi verso i più recenti Punto 1 – (Figura 3.1) Affioramento a nord dell’edificio chiamato ex scuderie, alla base della cinta muraria settentrionale: calcare compatto massivo, stratificazione metrica, di colore grigio chiaro e molto fossilifero, appartenente all’unità Calcari di Aurisina.

Figura 5.1 Affioramento punto 1.

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Punto 2 – (Figura ) Affioramento a nord dell’edificio chiamato ex scuderie, alla base della cinta muraria settentrionale: calcare compatto a stratificazione pluridecimentrica di colore nocciola grigio, fetido alla percussione.

Figura 5.2 Affioramento punto 2.

Punto 3 – (Figura 5.3) Ad est dell’edificio del Mondo unito, in giardino, affioramento di strati calcarei di spessori variabili 20-30-50 cm con giacitura 290/70, calcare di colore nocciola scuro, grigio scuro, mudstone/wackestone fangosostenuto con foraminiferi appartenente alla Formazione Liburnica sottounità A (Cretacico).

Figura 5.3 Affioramento punto 3.

Punto 4 e 5 – (Figura 5.4) Strati calcarei affioranti in versante subito ad est dell’edificio del Mondo unito e scendendo verso la spiaggetta. Rispetto alle formazioni sopra descritte, dal punto di vista geologico-tecnico il calcare da stratificazione massiva o pluridecimentrica diventa fittamente stratificato, con potenza anche minore del decimetro e calcare di colore nocciola grigio packstone – rudstone con frammenti di fossili tra cui foraminiferi, granosostenuto (anche calcarenite) con poca matrice micritica. Appartenenti alla Formazione Liburnica sottounità B (Paleogene). La giacitura degli strati è di 285/60, 280/55, 330/65.

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Figura 5.4 Affioramento punto 5.

Come evidenziato anche dalla carta geologica di dettaglio in Figura 5.5, l’Ambito A (edificio ex scuderie) poggia su calcari della la Formazione Liburnica A, vicino al presunto passaggio stratigrafico con l’unità litostratigrafica dei Calcari di Aurisina, dunque su calcari a stratificazione massiva o pluridecimetrica. La giacitura degli strati nei pressi dell’edificio è concorde con la giacitura degli strati nei punti 3, 4 e 5 dove la stratificazione è molto più evidente con l’unica differenza di un’inclinazione meno acclive. Parte dell’edificio in uso al Collegio del Mondo Unito, incluso l’Ambito B ovvero il tunnel oggetto del restauro, poggiano invece su calcari fittamente stratificati con potenze anche minori del decimetro appartenenti alla Formazione del Liburnico B. La giacitura ha un valore medio di 295/60, gli strati sono tendenzialmente subverticali, in falesia a franapoggio, meno inclinati del pendio. Ad ovest dell’edificio in questione passa una faglia trascorrete sinistra e direzione nord-sud, di significato locale che di fatto disloca i calcari dell’unità dei Calcari di Aurisina (a stratificazione da decimetrica a plurideciemetrica) e li porta a contatto con i calcari fittamente stratificati del Liburnico B.

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Figura 5.5 Carta geologica da rilevamento in scala 1:1000 con i punti indagine e gli ambiti d’intervento.

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6 Pericolosità geologiche e idrauliche Con DGR 2278/2014 è stato approvato il progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) dei “bacini idrografici dei tributari della laguna di Marano - Grado, ivi compresa la laguna medesima, del torrente Slizza e del Levante”. Le norme di attuazione ad esso relative sono misure di salvaguardia ai sensi e per gli effetti dell’articolo 15 della legge regionale 16/2002, e sono vincolanti dal 17.12.2014, data di pubblicazione dell’avviso di approvazione del progetto di Piano stralcio di cui trattasi sul numero 51/2014 del Bollettino Ufficiale della Regione. L’area d’intervento rientra, come noto, nel bacino del Levante, pertanto è soggetta alle vigenti misure di salvaguardia. Se dal punto di vista idraulico non vi sono elementi di pericolosità, dal punto di vista geologico gli elementi di pericolosità sono rappresentati in Figura 6.1.

Figura 6.1 Estratto della cartografia del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) dei “bacini idrografici dei tributari della laguna di Marano - Grado, ivi compresa la laguna medesima, del torrente Slizza e del Levante”

L’esame della cartografia evidenzia come entrambi gli interventi sono esterni ad aree interessate a pericolosità geologica. L’area del tunnel di collegamento è prossima ad una zona a pericolosità geologica P4, a causa dei fenomeni di caduta massi presenti sull’antistante falesia. Tale tipo di fenomeno non ha tuttavia influenza alcuna sull’intervento edilizio di progetto.

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7 Pericolosità sismiche La mappa finale realizzata nell’ambito dello studio “Riclassificazione sismica del territorio della Regione Friuli Venezia Giulia ai sensi dell'Ordinanza 3274 del 20/03/03 della Presidenza del Consiglio dei Ministri” rappresenta lo scuotimento atteso tenendo conto dell’amplificazione locale dovuta sia all’effetto litologico che a quello morfologico (Figura 7.1). Per tale realizzazione, i fattori amplificativi per effetto litologico e morfologico sono stati moltiplicati ed applicati ai valori di scuotimento attesi su roccia (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.).

Figura 7.1 Mappa dello scuotimento locale con periodo di ritorno di 475 anni riferita alla superficie libera realizzata utilizzando i fattori amplificativi litologici e morfologici derivati dallo studio. I valori numerici indicano il valore di PGA.

L’area di massima pericolosità è risultata la fascia centrale della regione dove sono attese accelerazioni anche superiori a 1 g (9.8 m/sec2). Lo studio è stato consegnato all’Amministrazione regionale nell’ottobre 2006.

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Figura 7.2 Mappa dello scuotimento atteso riferita ad un terreno uniforme e roccioso, riferita alla regione FVG. I valori numerici indicano il valore di PGA.

In sismica si parla di accelerazione che definisce lo scuotimento locale atteso per una certa zona, tale valore è stato definito con più termini, quali ag, amax e PGA. I tre termini si riferiscono alla stessa grandezza, vale a dire il valore massimo (o picco) di accelerazione del suolo attesa; ag è il termine usato nella normativa, amax è usato nei documenti scientifici in italiano che accompagnano gli studi di pericolosità sismica, PGA è il termine nella letteratura scientifica internazionale. La DGR 845/2010, ha definito la “Classificazione sismica del territorio del Friuli Venezia Giulia”. La suddetta proposta di classificazione sismica è stata predisposta dal Servizio geologico della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici in osservanza della o.p.c.m. 3519/2006 e tenuto conto dei risultati del documento “Riclassificazione sismica del territorio della Regione Friuli Venezia Giulia ai sensi dell’ordinanza 3274 del 20 marzo 2003 della Presidenza del Consiglio dei Ministri”, elaborato in data ottobre 2006 dal Dipartimento di Scienze geologiche, Ambientali e Marine dell’Università degli Studi di Trieste, dal Dipartimento di Georisorse e Territorio dell’Università degli Studi di Udine e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste (OGS); Nella proposta di classificazione sismica: • si è assegnato ciascun Comune ad un’unica zona sismica corrispondente al valore della sollecitazione sismica nel sito del Capoluogo comunale; • si sono assegnati i Comuni della Regione alle zone sismiche 1 e 2, quali aree di “alta sismicità”, ed alla zona sismica 3 quale area di “bassa sismicità”; • non è stata assegnata ad alcun Comune la zona sismica 4, in quanto le norme tecniche per le costruzioni di cui al d.m. 14 gennaio 2008 riportano, nei territori comunali che ai sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 2325/2003 ricadono in zona 4, valori di sollecitazione sismica superiore al valore di riferimento della zona 4 secondo l’o.p.c.m. 3519/2006; • non si è ritenuto, in considerazione dei valori di sollecitazione sismica di cui al citato d.m. 14 gennaio 2008, di individuare determinate aree di bassa sismicità del territorio regionale come previsto dall’articolo 7, comma 8, della legge regionale 16/2009. Il territorio regionale è stato suddiviso in tre zone, come evidenziato in Figura 7.3.

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Figura 7.3 Carta della classificazione sismica del territorio regionale.

Il comune di Duino-Aurisina rientra nella zona 3. Il progetto europeo Share (Seismic Hazard Harmonization in Europe) ha presentato nel 2013 le nuove mappe di pericolosità sismica armonizzata dell’Europa. Queste mappe sintetizzano lo stato di avanzamento delle conoscenze sulla pericolosità sismica in tutta Europa, sia in termini di dati di base che in termini di metodi di calcolo. Le mappe presentano stime di pericolosità sismica per diversi periodi di ritorno, da 100 fino a 5000 anni, per tutta Europa (Figura 7.4).

Figura 7.4 Mappa del rischio sismico europeo ottenuta dai risultati del progetto SHARE.

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All’interno del progetto sono stati realizzati: il catalogo europeo dei terremoti, il database delle faglie attive e la mappa della distribuzione della massima magnitudo attesa.

Il database Europeo delle Faglie Sismogeniche (EDSF), ovvero di quelle faglie in grado di generare un terremoto, è stato compilato all’interno del Work Package 3, Task 3.2. Il database comprende solo le faglie ritenute in grado di generare terremoti di magnitudo superiore a 5.5 ed è finalizzato ad assicurare un input omogeneo per la creazione di mappe di scuotimento nell’area Euro Mediterranea. Il database è gestito dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) Sono state riconosciute 1128 faglie, identificate come sorgenti sismogenetiche, in tutta l’area di studio. Due di queste, identificate con il codice rispettivamente ITCS100 (Figura 7.7) ed ITCS101 (Figura 7.8) interessano l’area del Golfo di Trieste (Figura 7.5).

Figura 7.5 Dettaglio della mappa del database EDSF, focalizzato all’area del Golfo di Trieste, il retino grigio indica l’immersione del piano di faglia.

Tali faglie, come emerge dal confronto della Figura 7.6 sono note da tempo come elementi tettonici presenti sul terreno, tuttavia la loro potenziale sismogenicità è stata palesata con i risultati del progetto Share, confermati anche nella versione più aggiornata del DISS 3.1.1 (database faglie sismogeniche) pubblicato nel 2015 dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). La posizione esatta e l’attività di tali lineamenti tettonici non è tuttavia definita con precisione, pertanto non si è nelle condizioni di poter definire delle aree di rispetto edificatorio così come previsto dalla LR 27/88.

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Figura 7.6 Quadro tettonico del Friuli Venezia Giulia (Carulli, 2006)

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Figura 7.7 Scheda riassuntiva della faglia ITCS100.

Figura 7.8 Scheda riassuntiva della faglia ITCS101.

8 Caratterizzazione sismica del sito Nel corso del rilevamento geologico è emerso che nell’Ambito A, la massa rocciosa, pur prossima alla superficie topografica, non affiora direttamente in prossimità dell’edificio, mentre nell’ambito B è stato possibile verificare come il tunnel di collegamento sia direttamente impostato sui calcari.

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Per chiarire la situazione dell’Ambito A sono state eseguite due misure di HVSR a stazione singola con lo scopo di verificare l’assenza di una copertura significativa della massa rocciosa. Le misure sono state fatte in prossimità dell’edificio su superfici non pavimentate (Figura 8.1).

Figura 8.1 Ubicazione punto di misura HVSR a stazione singola.

Il rumore sismico generato dai fenomeni atmosferici (moti oceanici, del vento, ecc.) e dall’attività antropica, è presente ovunque sulla superficie terrestre; è detto anche microtremore, poiché riguarda oscillazioni molto più piccole di quelle indotte dai terremoti. Il rumore di fondo agisce da funzione di eccitazione per le risonanze specifiche del terreno, rendendole chiaramente visibili nello spettro di rumore, analogamente a quanto avviene durante un terremoto, che si può immaginare come un episodio di rumore particolarmente forte con ampiezze di parecchi ordini di grandezza maggiori rispetto alle ampiezze del microtremore. Se la frequenza di risonanza del suolo coincide con quella propria degli edifici (fenomeno della doppia risonanza), si produce un’amplificazione delle onde sismiche costruttiva e vengono indotte sollecitazioni con forte potere distruttivo: l'amplificazione sismica è la prima causa dei danni agli edifici durante un terremoto, molto più dannosa della grandezza stessa del terremoto. La tecnica maggiormente consolidata per estrarre l’informazione relativa al sottosuolo dal rumore sismico è quella dell’analisi dei rapporti spettrali tra le componenti del moto sismico orizzontali e verticali (Horizontal to Vertical Spectral Ratio, HVSR o H/V -Nogoshi e Igarashi, 1970). Il codice utilizzato per la creazione di curve H/V sintetiche si basa sulla simulazione del campo di onde di superficie di Rayleigh e Love in sistemi multistrato a strati piani e paralleli (Aki, 1964 -Ben-Menahem e Singh, 1981), considerando che l’onda sismica viene parzialmente riflessa dall’interfaccia che separa due mezzi (litotipi) a rigidità differente, con la determinazione di un contrasto di impedenza. L’onda riflessa interferisce con quelle incidenti sommandosi e raggiungendo le ampiezze massime (condizione di risonanza), quando la lunghezza dell’onda incidente è 4 volte lo spessore H del primo strato: la frequenza fondamentale di risonanza F relativa alle onde S risulta pari a F = VS /4H.

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L’elaborazione dei dati, acquisiti con tempi di registrazione di 20 min con una frequenza di campionamento di 512 Hz, permette di evidenziare, in forma di picchi nello spettro del rapporto H/V, i contrasti di impedenza tra litotipi a rigidità diversa che determinano possibili fenomeni di amplificazione delle onde sismiche. I dati sono stati acquisiti con un tromografo digitale modello “Tromino” della Micromed s.r.l. mentre l’elaborazione è stata eseguita con il software dedicato Grilla. Le due stazioni di misura sono denominate DU01-16 e DU02-16. Per entrambe le misure, oltre allo spettro H/V, è illustrata la trasformata delle singole componenti spaziali, l’analisi direzionale e temporale del rumore sismico acquisito.

Figura 8.2 Analisi temporale del rumore nella stazione DU01-16 le bande nere rappresentano finestre temporali di acquisizione particolarmente rumorose che non sono state elaborate.

Figura 8.3 Rapporto H/V nella stazione DU01-16.

Figura 8.4 Spettri delle tre componenti nella stazione DU01-16.

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Figura 8.5 Analisi direzionale del rumore nella stazione DU01-16.

Figura 8.6 Analisi temporale del rumore nella stazione DU02-16 la banda nera rappresenta una finestra temporale di acquisizione particolarmente rumorosa che non è stata elaborata.

Figura 8.7 Rapporto H/V nella stazione DU02-16.

Figura 8.8 Spettri delle tre componenti nella stazione DU02-16.

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Figura 8.9 Analisi direzionale del rumore nella stazione DU01-16.

I grafici da Figura 8.4 a Figura 8.9 illustrano i valori misurati. L’interpretazione dei dati indica che non vi sono picchi di risonanza legati a condizioni geologiche, pertanto si può ritenere che nel sottosuolo non vi siano variazioni d’impedenza acustica e di fatto il substrato roccioso anche nell’Ambito A può essere considerato subaffiorante.

Figura 8.10 Categorie di sottosuolo e condizione topografiche.

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Assumendo da dati bibliografici che la velocità delle onde s (vs) nel calcare sia compresa tra 2000 e 3300 m/s, risulta che per entrambi gli ambiti ci si trovi in una situazione di tipologia di terreno di tipo A “Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs30 superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione, con spessore massimo pari a 3 m”, così come evidenziato in Figura 8.10. Sempre dalle informazioni ricavabili dalla Figura 8.10 emerge come nell’Ambito B, del tunnel di collegamento, sia opportuno considerare anche un fattore legato alle condizioni topografiche, poiché il sito si trova su un pendio maggiore di 30 m di altezza avente inclinazione maggiore di 15°. L’ambito B ricade quindi nella categoria T2, mentre l’Ambito A, pur essendo posto in prossimità di un terrazzo morfologico, rientra in categoria T1 poiché il dislivello è minore di 30 m. La Tabella 8.1 e la Tabella 8.2 riassumono le caratteristiche sismiche dei due Ambiti di intervento rispetto le norme tecniche per le costruzioni (DM 14 gennaio 2008).

Bedrock NO SI

Copertura assente Parametro Vs (da bibliografia) 2000 – 3300 m/s

Categoria di sottosuolo A Caratteristiche topografiche T1

Tabella 8.1 Caratterizzazione sismica dell’ambito A rispetto le norme tecniche per le costruzioni (DM 14 gennaio 2008).

Bedrock NO SI

Copertura assente Parametro Vs (da bibliografia) 2000 – 3300 m/s

Categoria di sottosuolo A Caratteristiche topografiche T2

Tabella 8.2 Caratterizzazione sismica dell’ambito B rispetto le norme tecniche per le costruzioni (DM 14 gennaio 2008)

9 Caratteristiche di resistenza della massa rocciosa Da dati bibliografici, è possibile distinguere nel calcare la massa rocciosa compatta da quella fratturata in una prima caratterizzazione degli inviluppi di resistenza alla Mohr-Coulomb (Tabella 9.1). Calcare compatto Calcare fratturato Peso di volume 26 kN/m3 24 kN/m3 Angolo di attrito 45° 35°-38° Coesione 35 kPa 0 kPa Tabella 9.1 Parametri di resistenza secondo il criterio di Mohr-Coulomb per diverse condizioni della massa rocciosa calcare, desunti da bibliografia.

Si tratta di valori estremi, poiché la situazione dei luoghi investigati si pone in una condizione intermedia tra un calcare compatto ed un calcare fratturato in cui la coesione è pari a 0. Di fatto la situazione geologica dei luoghi non pone problemi rispetto alla realizzazione delle opere previste.

10 Conclusioni Si tratta di due interventi di restauro e di ripristino conservativo su due edifici storici, le cui problematiche di ammaloramento non sono legate a problematiche di tipo geologico. In entrambi i casi si tratta di sostituire strutture in elevazione esistenti che non influenzano le fondazioni. Dal punto di vista litologico entrambi gli interventi insistono su calcari variamente fratturati subaffioranti.

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Dal punto di vista sismico entrambe le aree rientrano, litologicamente, nella categoria di sottosuolo A. La particolare morfologia dell’ambito B, del tunnel di collegamento, posto sul ciglio del versante, potrebbe influire sulla risposta sismica del sito, per cui è opportuno considerare per questo ambito una categoria topografica T2. L’ambito A, delle scuderie, pur essendo posto sul ciglio di un terrazzo, rientra nella categoria topografica T1. Trieste 22 aprile 2016 dott. geol. Sara Bensi phD dott. geol. Antonio Bratus phD