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2.2 - ANALISI DELLA VULNERABILITÀ Ing. Giacomo Di Pasquale Servizio Sismico Nazionale Prof. Mauro Dolce Università della Basilicata – Potenza Ing. Antonio Martinelli Gruppo Nazionale per la Difesa dai terremoti – L’Aquila 2.2.1 - Aspetti introduttivi La vulnerabilità sismica di una costruzione può essere definita, in termini generali, come la sua suscettibilità ad essere danneggiata da un terremoto. La valutazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni è un passo fondamentale nelle analisi di rischio sismico e nella definizione di scenari di danno per terremoti di diverse intensità. In termini operativi, la vulnerabilità sismica può essere espressa sia attraverso distribuzioni condizionali del danno data l’intensità sismica, dette matrici di probabilità di danno (DPM) nel caso in cui l’intensità sia espressa mediante un parametro a variazione discreta (intensità macrosismica), sia attraverso curve di fragilità, ossia relazioni che forniscono il valor medio del danno in una costruzione in funzione di un parametro di intensità sismica (accelerazione di picco, intensità spettrale, intensità macrosismiche) ovvero la probabilità di superamento di un certo livello di danno al variare dell’input [17]. Una revisione e classificazione dei metodi di valutazione della vulnerabilità è riportata in [10, 11]. La disponibilità di schede sia di primo livello che di secondo livello [1, 14] nel rilievo LSU permette, nell’indagine presentata in questo volume, di affrontare il problema della valutazione della vulnerabilità secondo approcci diversi e di effettuare interessanti confronti. L’utilizzazione delle schede di 1° livello consente di pervenire alla determinazione di classi di vulnerabilità, nelle quali classificare le diverse tipologie edilizie che caratterizzano gli edifici. Le classi di vulnerabilità sono state definite per la prima volta nelle scale macrosismiche, ed in particolare, con maggiore accuratezza, nella scala MSK [15, 16], con lo scopo di facilitare e migliorare i rilievi macrosismici post-sisma finalizzati alla valutazione dell’intensità locale di un terremoto. La definizione delle classi di vulnerabilità a scopi macrosismici è migliorata sensibilmente negli ultimi anni, grazie allo sviluppo della scala EMS (European Macroseismic Scale), particolarmente nell’ultima versione del 1998 [13]. La scala EMS, oltre a migliorare le attribuzioni di classe degli edifici tradizionali, evidenziando comunque le inevitabili incertezze di attribuzione, include nella classificazione anche gli edifici progettati con criteri antisismici, assenti nella scala MSK, estendendo il range delle classi, dalle 3 (A, B, C) della MSK a 6 (A, B, C, D, E, F). Nonostante tali miglioramenti, rimangono ancora ampi e inevitabili i margini di giudizio nell’attribuzione dei singoli edifici o meglio delle singole tipologie strutturali alle varie classi. È evidente che le incertezze connesse a tale attribuzione sono strettamente legate, da un lato, alla generalità di una scala macrosismica internazionale, che deve valere in ambiti territoriali anche profondamente diversi, dall’altro, alle finalità della definizione delle classi, strettamente legate alle valutazioni macrosismiche dell’intensità di un terremoto. Per ciascuna classe di vulnerabilità, le scale MSK e EMS forniscono anche le distribuzioni CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO 76

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2.2 - ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

Ing. Giacomo Di Pasquale Servizio Sismico NazionaleProf. Mauro Dolce Università della Basilicata – PotenzaIng. Antonio Martinelli Gruppo Nazionale per la Difesa dai terremoti – L’Aquila

2.2.1 - Aspetti introduttivi

La vulnerabilità sismica di una costruzione può essere definita, in termini generali, come lasua suscettibilità ad essere danneggiata da un terremoto. La valutazione della vulnerabilitàsismica delle costruzioni è un passo fondamentale nelle analisi di rischio sismico e nelladefinizione di scenari di danno per terremoti di diverse intensità. In termini operativi, lavulnerabilità sismica può essere espressa sia attraverso distribuzioni condizionali del dannodata l’intensità sismica, dette matrici di probabilità di danno (DPM) nel caso in cuil’intensità sia espressa mediante un parametro a variazione discreta (intensitàmacrosismica), sia attraverso curve di fragilità, ossia relazioni che forniscono il valor mediodel danno in una costruzione in funzione di un parametro di intensità sismica (accelerazionedi picco, intensità spettrale, intensità macrosismiche) ovvero la probabilità di superamentodi un certo livello di danno al variare dell’input [17]. Una revisione e classificazione deimetodi di valutazione della vulnerabilità è riportata in [10, 11]. La disponibilità di schede sia di primo livello che di secondo livello [1, 14] nel rilievo LSUpermette, nell’indagine presentata in questo volume, di affrontare il problema dellavalutazione della vulnerabilità secondo approcci diversi e di effettuare interessanticonfronti. L’utilizzazione delle schede di 1° livello consente di pervenire alla determinazione di classidi vulnerabilità, nelle quali classificare le diverse tipologie edilizie che caratterizzano gliedifici. Le classi di vulnerabilità sono state definite per la prima volta nelle scalemacrosismiche, ed in particolare, con maggiore accuratezza, nella scala MSK [15, 16], conlo scopo di facilitare e migliorare i rilievi macrosismici post-sisma finalizzati allavalutazione dell’intensità locale di un terremoto. La definizione delle classi di vulnerabilità a scopi macrosismici è migliorata sensibilmentenegli ultimi anni, grazie allo sviluppo della scala EMS (European Macroseismic Scale),particolarmente nell’ultima versione del 1998 [13]. La scala EMS, oltre a migliorare leattribuzioni di classe degli edifici tradizionali, evidenziando comunque le inevitabiliincertezze di attribuzione, include nella classificazione anche gli edifici progettati concriteri antisismici, assenti nella scala MSK, estendendo il range delle classi, dalle 3 (A, B,C) della MSK a 6 (A, B, C, D, E, F).Nonostante tali miglioramenti, rimangono ancora ampi e inevitabili i margini di giudizionell’attribuzione dei singoli edifici o meglio delle singole tipologie strutturali alle varieclassi. È evidente che le incertezze connesse a tale attribuzione sono strettamente legate, daun lato, alla generalità di una scala macrosismica internazionale, che deve valere in ambititerritoriali anche profondamente diversi, dall’altro, alle finalità della definizione delleclassi, strettamente legate alle valutazioni macrosismiche dell’intensità di un terremoto. Per ciascuna classe di vulnerabilità, le scale MSK e EMS forniscono anche le distribuzioni

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del danneggiamento, articolate in 5 livelli di danno in aggiunta alla situazione di dannonullo, previste per ciascuna intensità sismica espressa nella stessa scala. Sebbene anche perle distribuzioni di danno la scala EMS abbia conseguito notevoli miglioramenti rispetto allaMSK, almeno dal punto di vista concettuale, la loro articolazione risulta ancora alquantogrossolana ai fini delle valutazioni di rischio sismico. Per i motivi su esposti, nel passato sono stati messi a punto algoritmi [2, 3] e espressi giudiziesperti [5] per l’attribuzione delle classi di vulnerabilità alle tipologie edilizie tipiche delpatrimonio edilizio italiano. Parimenti si è cercato di migliorare la definizione delle leggi didistribuzione del danno, sulla base del danno registrato a seguito di terremoti violenti [2, 6].Ovviamente tali valutazioni dovevano prendere come riferimento fondamentale ledistribuzioni indicate nelle scale macrosismiche, in particolare nella MSK. Rispetto aqueste ultime, le analisi svolte tendevano a definire meglio la forma della distribuzione,rimanendo invariata la posizione della moda. Gli studi svolti nei lavori citati hannopermesso di individuare una particolare distribuzione probabilistica, la distribuzionebinomiale, che ha la capacità di adattarsi, variando un solo parametro, alle diverse situazioniriscontrate nei terremoti del 1980 (Campania, Basilicata, Puglia) e del 1984 (Abruzzo,Molise). L’utilizzazione delle schede di 2° livello consente di pervenire ad una valutazione puntualedella vulnerabilità edificio per edificio, mediante un punteggio compreso tra 0 e 100, per gliedifici in muratura, e tra –25 e 100, per gli edifici in c.a.. Per una data intensità sismica, ildanno subito da un certo edificio è funzione crescente del punteggio ad esso assegnato.Ovviamente, a causa delle incertezze connesse alla valutazione delle caratteristichestrutturali dei singoli edifici, alla variabilità del loro comportamento sismico, alla precisionedel modello di vulnerabilità, all’aleatorietà della scossa sismica, le cui caratteristiche nonpossono essere definite univocamente attraverso il solo parametro di intensità considerato,e agli eventuali effetti di amplificazione locali, raramente valutabili edificio per edificio, lafunzione che esprime il danno in funzione del punteggio di vulnerabilità e dell’intensitàsismica non può considerarsi deterministica [Braga et al. 1987]. Per questo motivo l’indicedi vulnerabilità del singolo edificio va pensato come parametro indicativodell’appartenenza ad una fascia di vulnerabilità più ampia, piuttosto che come valutazionepuntuale. Nel presente capitolo si esaminano i principi assunti nella determinazione delle classi divulnerabilità delle diverse tipologie che scaturiscono dal rilievo della scheda di 1° livello,illustrando altresì i risultati delle elaborazioni statistiche svolte, per caratterizzare sia leclassi di vulnerabilità all’interno del campione, sia il campione stesso in termini dinumerosità delle diverse classi di vulnerabilità. Inoltre si esaminano le distribuzioni deipunteggi assegnati all’indice di vulnerabilità all’interno delle diverse classi. Quest’ultimaelaborazione risulta di particolare interesse scientifico, perché permette di stabilire un pontetra i due approcci, 1° e 2° livello, normalmente utilizzati in maniera alternativa e raramenteposti a confronto.

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2.2.2 - Attribuzione delle classi di vulnerabilità

Numerosi sono i lavori nei quali si sono dovute definire le classi di vulnerabilità di singoliedifici o di tipologie strutturali ben definite del patrimonio edilizio italiano. Il primoesempio è relativo al terremoto dell’Irpinia-Basilicata del 1980, terremoto che mise adisposizione 38.000 schede di rilievo relative ad altrettanti edifici di 41 comuni delterritorio colpito dal sisma. Le schede costituivano la prima versione dell’attuale 1° livelloed erano estremamente semplificate rispetto a quest’ultima. La struttura era descrittasemplicemente attraverso quattro tipologie di struttura verticale (muratura di pietrame, ditufo, di mattoni e struttura in c.a.), quattro tipologie di struttura orizzontale (volte, solai inlegno, solai in ferro, solai in c.a.). Dagli incroci possibili delle tipologie di struttureorizzontali e verticali furono individuate 13 tipologie (la struttura verticale in c.a. nonpoteva che avere struttura orizzontale in c.a.). Le elaborazioni svolte [2] hanno portatoall’attribuzione delle tre classi di vulnerabilità MSK alle 13 tipologie e alla determinazionedelle distribuzioni di danno, sia di tipo binomiale che di tipo non parametrico, per le treclassi di vulnerabilità e per le singole tipologie [3, 9]. La sostanziale assenza di struttureantisismiche, e le pessime caratteristiche delle poche presenti, rendeva perfettamentecongruente la considerazione delle sole tre classi A, B, C della scala MSK. Tra gli altri esempi di attribuzione delle classi di vulnerabilità, totalmente diverso perdisponibilità di dati sulle caratteristiche tipologiche, è quello relativo alla definizione dellamappa del rischio sismico italiano, che ha assunto come base dati d’inventario quellarelativa al censimento ISTAT [5]. La base dati era, in questo caso, decisamente più povera,contenendo solo informazioni relative all’età e alle caratteristiche della struttura verticale(due tipologie: muratura e c.a.). Sulla base di queste due sole caratteristiche sono stateattribuite le classi di vulnerabilità di tutte le unità abitative dell’intero patrimonio edilizioitaliano, ricorrendo ad una correlazione statistica fra classi di vulnerabilità ed età dedotta dairilievi post-sisma del 1980 e del 1984.La situazione da prendere in esame nel presente studio presenta aspetti diversi daiprecedenti due. La scheda di 1° livello utilizzata è frutto dell’evoluzione nel tempo dellascheda di 1° livello del terremoto del 1980, e fornisce informazioni nettamente più riccherispetto a quest’ultima. In particolare le strutture verticali e le strutture orizzontali,comprese le coperture, sono classificate in 18 e 17 categorie rispettivamente e definitedistintamente a ciascun piano. Per rendere i dati confrontabili con quelli raccolti dopo ilterremoto del 1980, è necessario effettuare un’operazione di forte sintesi, che riconduca leinnumerevoli tipologie che scaturiscono dalla combinazione di strutture verticali eorizzontali ai diversi piani alle tredici tipologie individuate nel 1980, per poi arrivare alle treclassi di vulnerabilità, A, B, C, per gli edifici non antisismici, con l’aggiunta di ulterioriclassi per gli edifici antisismici, in origine o perché successivamente sottoposti a interventidi adeguamento.Un’operazione di questo tipo è stata svolta per la valutazione della vulnerabilità sismicadegli edifici della città di Potenza [12], con l’obiettivo di utilizzare le Matrici di Probabilitàdi Danno (DPM) calibrate sugli effetti del sisma del 1980, su una base dati di inventariotratta dal rilievo effettuato nel 1990, dopo il terremoto che colpì la provincia di Potenza. Ilrilievo fu effettuato con una scheda di 1° livello identica a quella utilizzata nella presenteindagine. La procedura messa a punto per Potenza è stata utilizzata nel presente studio, con

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ulteriori modifiche, per generalizzarla agli ambiti territoriali più ampi e diversi di cui sioccupa il presente studio. L’utilizzazione delle DPM del 1980 richiede la definizione di una tipologia ediliziaindividuata da due soli parametri: Tipologia Verticale (TV) e Tipologia Orizzontale (TO).Per poter classificare gli edifici in questione nell’ambito delle tredici tipologie necessarieper utilizzare le DPM si è quindi adottato il criterio per il quale ogni edificio è rappresentatodalle tipologie verticali ed orizzontale più frequenti tra quelle presenti ai vari piani. Insostanza si sono determinate tutte le combinazioni (TV, TO) rilevate ai vari piani e si èscelta quella presente con maggiore frequenza.Ai fini di un corretta utilizzazione delle tipologie strutturali verticali definite nelle schedeGNDT di I livello, rispetto a quanto previsto dalle DPM, è stato necessario svincolarsi dalledefinizioni strettamente legate ai materiali utilizzati, classificando le tipologie verticali inmuratura in relazione alla qualità dell’apparecchio murario, come segue:

1. Muratura di Qualità Scadente2. Muratura di Qualità Media3. Muratura di Qualità Buona.

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Tabella 1 - Equivalenza tra tipologie verticali delle schede GNDT e delle DPM.

Tabella 2 - Equivalenza tra tipologie orizzontali delle schede GNDT e delle DPM.

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Tali tipologie sono sostitutive delle tipologie (muratura in pietrame non squadrato, muraturain pietre squadrate e muratura in mattoni o blocchi) utilizzate nella costruzione delle DPM[2]. Le corrispondenze adottate sono riportate nella tabella 1 in ordine di vulnerabilitàdecrescente. Per la riduzione delle tipologie strutturali orizzontali alle quattro previste, sono stateadottate le corrispondenze riportate nella tabella 2 (sempre a vulnerabilità decrescente).Stabilite le corrispondenze delle tabelle 1 e 2, l’attribuzione della classe di vulnerabilitàMSK, A, B, C, ai singoli edifici sarebbe immediata, sulla base dei risultati riportati neglistudi precedentemente citati [2, 3], secondo la classificazione riportata in tabella 3. In taletabella si è mantenuta la distinzione tra edifici in muratura e in c.a. appartenenti alla classeC, classificandoli in C1 e C2 rispettivamente. La presenza di edifici progettati con criteri antisismici, particolarmente edifici in c.a.,costruiti dopo la classificazione in comuni oggi classificati in zona sismica, o di edificiprevalentemente in muratura, rafforzati nei confronti delle azioni sismiche, a seguito diinterventi di miglioramento o adeguamento, richiede l’introduzione di alcune variantirispetto alle attribuzioni sopra richiamate e, soprattutto, di nuove classi di vulnerabilità, chetengano conto del maggior grado di resistenza sismica. La scala EMS – 98 prevede ben treclassi di vulnerabilità di edifici antisismici: D, E, F, a vulnerabilità decrescente; ed èpertanto necessario stabilire a quale di queste classi di vulnerabilità attribuire gli edificiantisismici, o resi tali a seguito di interventi di adeguamento. Atteso che la normativaitaliana del c.a., fino a pochi anni fa, non richiedeva dettagli costruttivi atti a garantire lanecessaria duttilità agli elementi strutturali, determinando solo un incremento di resistenzaalle forze orizzontali ed una più corretta impostazione della struttura (telai nelle duedirezioni), si è ritenuto opportuno inserire gli edifici antisismici in c.a. in classe D, senzaulteriori differenziazioni sulla sismicità di classificazione della zona. Si è ritenuto, poi, chegli edifici in muratura costruiti in osservanza delle norme sismiche, anche d’inizio secolo,possano essere posti in classe D, per la maggiore attenzione verso i materiali, i dettaglicostruttivi, le regole sui collegamenti strutturali. In particolare, è utile citaresommariamente alcune semplici prescrizioni contenute nelle norme tecniche emanate conR.D. n. 193 del 18.4.1909 e riprese nel R.D. n. 2089 del 23.10.1924, il cui impatto sullariduzione della vulnerabilità appare evidente.

Tabella 3 - Definizione delle classi di vulnerabilità: combinazione delle tipologie strutturaliverticali ed orizzontali.

L’art. 1 poneva l’accento sulle condizioni del sito: “É vietato costruire edifici su terrenipaludosi, franosi, o atti a scoscendere, e sul confine fra terreni di natura od andamentodiverso, o sopra un suolo a forte pendio, salvo quando si tratti di roccia compatta”.L’art. 4 imponeva il collegamento fra struttura e fondazioni “Nel caso di edifici intelaiati obaraccati le costole montanti o i ritti dell’armatura debbono essere infitti a perfettoincastro nella roccia, o in una platea generale armata, o essere collegati ad un robustotelaio di base formato con membrature rigide. Per gli edifici di muratura ordinaria lefondazioni debbono essere costituite da muri continui concatenati fra di loro.” L’art. 5 vietava alcune tipologie più vulnerabili: “É vietata la muratura a sacco e quella conciottoli, se non convenientemente spaccati e posti in opera con struttura listata.É pure vietato, l’impiego della ghisa e di qualunque altro materiale fragile per travi, percolonne, e in genere per parti essenziali dell’organismo resistente degli edifici.”L’art. 7 metteva in evidenza la necessità di realizzare una struttura che collegasseefficacemente tutte le parti dell’edificio e che non avesse masse in alto: “Gli edifici debbonoessere costruiti con sistemi tali da comprendere un’ossatura di membrature di legno, diferro, di cemento armato, o di muratura armata, capaci di resistere contemporaneamente asollecitazioni di compressione, trazione e taglio. Esse debbono formare un’armaturacompleta di per sé stante dalle fondamenta al tetto, saldamente collegata con le struttureorizzontali portanti (solai, terrazzi e tetti) e che contenga nelle sue riquadrature, oppureracchiuda nelle sue maglie, il materiale formante parete, o vi sia immersa.Gli edifici debbono avere il loro centro di gravità più basso che sia possibile.”L’art. 8 dettava regole per l’uso della muratura ordinaria: “ Negli edifici col solo pianoterreno é ammessa anche la muratura ordinaria, purché:a) la costruzione sia fatta con buona malta;b) le parti murarie aventi funzione statica siano eseguite con mattoni o blocchi di pietranaturale od artificiale a facce piane, oppure a struttura listata, fatta con pietra spezzata einterrotta da corsi orizzontali di mattoni o da fasce continue di cemento armato, distantinon più di cm. 60 fra loro;c) i muri perimetrali abbiano alla base una grossezza non minore di 1/8 dell’altezza e sianoimmorsati coi muri trasversali distanti non più di 5 metri……..d) la costruzione sia consolidata al piano del pavimento da collegamenti rigidi, e allasommità dei muri maestri tanto perimetrali quanto trasversali, da catene di ferro o telai dilegno o di cemento armato rinforzati da squadre negli angoli.”L’art. 17 dettava disposizioni per la realizzazione di aperture: “I vani delle porte e dellefinestre debbono essere incorniciati di un solido telaio di ferro, di legno o di cementoarmato”.C’era inoltre una diffusa attenzione, forse superiore a quella odierna, ai dettagli nonstrutturali (camini, sporti, ecc.).Riguardo agli edifici in muratura resi antisismici mediante interventi di rafforzamento,atteso che le prestazioni nel terremoto Umbria-Marche 1997 degli edifici in muraturaadeguati rispetto al sisma non sono state, per ragioni da esaminare in altra sede, quelleattese, si è ritenuto opportuno differenziare la classe di attribuzione degli edifici adeguati infunzione delle condizioni di partenza. In sostanza, gli edifici originariamente di tipologia A(muratura scadente), anche se adeguati, vengono collocati in C1. Gli altri edifici, seadeguati, sono posti nella classe D. Riguardo agli interventi di ‘miglioramento’ e

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‘riattazione’, finalizzati in genere a ridurre le carenze legate ai collegamenti senza arrivarea conseguire la sicurezza sismica richiesta agli interventi di adeguamento, si è assunto chetali interventi determinino il passaggio dalla classe di provenienza a quella immediatamentesuccessiva (Tabb. 5-7).

Le attribuzioni effettuate sulla base deicriteri detti sono riportate in tabella 7, nellaquale si è ritenuto opportuno manteneresempre la distinzione tra edifici antisismiciin muratura ed in c.a., classificandolirispettivamente in D1 e D2, come per gliedifici della classe C. Le lettere traparentesi quadra indicano la classe diappartenenza a seguito di interventi diriattazione o miglioramento.Riguardo all’attribuzione alla classe D,occorre rilevare come essa possa essereeffettuata solo in base all’età dicostruzione. Purtroppo questo dato non èconoscibile esattamente dalle schede, masolo attraverso l’attribuzione ad una dellefasce d’età predefinite riportate in tabella 4.Per tale motivo è stato necessario adottareil criterio restrittivo di attribuzione per ilquale il singolo edificio viene assegnatoalla classe D solo se il limite inferiore dellafascia d’età di appartenenza è posteriorealla data di classificazione del comune incui è costruito.

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Tab. 5 - Tipi di intervento dellascheda GNDT di 1° livello.

Nota: tra parentesi quadra è indicata la classe di attribuzione per gli edifici che hanno subito interventi di miglioramento/riattazione

Tab. 4 - Classi dietà della scheda

GNDT .

Tab. 6 - Criteri adottati per le variazioni di classe MSK,per edifici in muratura e c.a. antisismici.

Tab. 7 - Definizione delle classi di vulnerabilità: combinazione delle tipologie strutturaliverticali ed orizzontali.

2.2.3 - Elaborazioni

Le elaborazioni svolte sono state finalizzate a caratterizzare il campione rilevato in terminidi attribuzione alle diverse classi di vulnerabilità (approccio di 1° livello) e di indice divulnerabilità (approccio di 2° livello), nonché in termini di età di costruzione e di numero dipiani, parametri presenti anche nel censimento ISTAT. Questi parametri sono stati valutatianche separatamente per le diverse classi di vulnerabilità, così da caratterizzarle eevidenziare eventuali correlazioni. Particolare attenzione è stata posta nellacaratterizzazione delle classi di vulnerabilità MSK in termini di indice di vulnerabilità, perindividuare le correlazioni tra i due approcci, caratterizzare meglio le diverse classi divulnerabilità nei differenti ambiti regionali, verificare la coerenza delle assunzioni relativeagli edifici antisismici o resi tali a seguito di interventi di adeguamento o miglioramento.

Nelle figure 1 e 2 sono riportati i diagrammi e le tabelle che illustrano la distribuzionestatistica delle classi di vulnerabilità per l’intero campione e la distribuzione dell’indice divulnerabilità per gli edifici in muratura. Per quanto riguarda questi ultimi, si rileva unadistribuzione quasi uniforme tra le classi A, B, C1 e D1, con una lieve preponderanza per leultime due, che indica una buon livello di protezione sismica per circa il 55% del campioneesaminato.

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Tab. 8 / Fig. 1Distribuzione statistica del campione complessivo degli edifici per classi di vulnerabilità MSK.

Tab. 9 / Fig. 2Distribuzione statistica dell’indice di vulnerabilità del campione complessivo degli edifici in muratura rilevati,

per valori percentuali del numero e del volume.

L’indice di vulnerabilità degli edifici inmuratura è distribuito in un intervallocompreso tra 0 e 49 per il 90% degli edifici etra 0 e 29 per più del 65%. Sempre per questiedifici, il confronto tra le distribuzioni innumero e in volume evidenzia un buonaccordo, così da consentire, nel seguito, difar riferimento indifferentemente al numerodegli edifici o al loro volume. Si osserva,inoltre, che non esiste una chiaracorrelazione fra volume dell’edificio e indicedi vulnerabilità, correlazione che, invece,esiste con il rapporto (α) fra resistenza convenzionale (C) e valore di riferimento di taleresistenza (0,4) (fig. 3). Tale resistenza risulta, in media, decrescente sia con il volume siacon il numero di piani, e presenta anche una dispersione decrescente con queste grandezze.Evidentemente l’influenza degli altri parametri stempera l’influsso della resistenzaconvenzionale sulla vulnerabilità, ed è anche possibile supporre che alcuni di essi giochinoin media in senso opposto: per esempio la qualità del sistema potrebbe essere maggiore, inmedia, per gli edifici a maggior volumetria o numero di piani come risultato di una qualitàcostruttiva più elevata. Per gli edifici in c.a., si riscontra una preponderanza della classe D2,determinata dalla più giovane età del c.a. e dalla classificazione sismica che, in diversicomuni della Calabria, Sicilia e Basilicata, copre quasi tutto il secolo XX. Nella figura 4 sono riportati i diagrammi e le tabelle che illustrano, per l’intero campione, ladistribuzione statistica delle diverse fasce di età tra le classi di vulnerabilità e viceversa. Nel

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Fig. 3 - Correlazione tra volume e resistenzaconvenzionale (α). Campione di circa 900 edifici.

Fig. 4 - Distribuzione statistica del campione complessivo degli edifici per età di costruzione e classi divulnerabilità MSK. In Tab. 10: valori assoluti; in Tab.11: valori percentuali. In Tab.12: distribuzione percentuale,

per classi MSK , degli edifici distinti per età di costruzione.

Tab. 10

Tab. 11

Tab. 12

diagramma superiore si riscontrano distribuzioni di età praticamente coincidenti per gliedifici di classe A e B, confermando che gli edifici più vulnerabili sono, per più del 90%,costituiti da costruzioni anteriori al 1945. La classe C1 presenta una distribuzione quasiuniforme fino al ’71, con una maggiore presenza prima del 1919 ed una progressivariduzione nelle due fasce di età finali. Infine la classe D1 ha una presenza cospicua nelperiodo tra le due guerre (circa il 40%) e significativa anche prima del 1919 (circa il 25%).La chiave di lettura di questo risultato va ricercata nei miglioramenti di resistenzaconseguiti attraverso gli interventi di adeguamento (per gli edifici di classe A in origine) edi miglioramento, nonché nella classificazione di vecchia data di alcuni comuni dellaCalabria, Sicilia e Basilicata. Per gli edifici in c.a., al di là dell’ovvia considerazione sullapressoché totale assenza prima del 1945, si riscontra una presenza trascurabile in classe C2dopo il 1981, frutto della classificazione in zona sismica della quasi totalità dei comuniesaminati (Fig. 5). Tra gli edifici non antisismici (classe C2), circa l’80% è stato costruitotra il ’61 e l’’81, mentre tra quelli antisismici, la stessa percentuale la si ritrova per gli edificicostruiti dopo il ’72. Le corrispondenze fra età e classe di vulnerabilità per la muratura sonoabbastanza in accordo con quelle trovate sulla base dei dati del rilievo effettuato a seguitodel sisma del 1984 in Abruzzo [5]. Sono, invece, decisamente più ottimistiche di quellededotte dall’esame dei dati del rilievo eseguito dopo il sisma del 1980 in Irpinia. A titolo diesempio, riferendosi alle sole classi A, B e C1, si trova che il 42% degli edifici costruitiprima del 1919 è classificabile in classe A, mentre il 38% è classificabile in B. I dati delrilievo post-sisma nell’Abruzzo portano a percentuali rispettivamente del 50% e del 45%,mentre quelli relativi al terremoto dell’Irpinia conducono a percentuali del 71% e del 25%.Evidentemente i dati forniti dal rilievo LSU riflettono sia una diversa realtà territoriale, siaun’evoluzione degli ultimi anni determinata dagli interventi di miglioramento e riattazioneeffettuati a seguito di vari eventi sismici nelle regioni esaminate. Sempre a titolo di esempioconfluisce in classe C1 il 90% circa degli edifici costruiti negli anni 60 e 70; secondo i datidel rilievo post-sisma in Abruzzo questa percentuale era di poco superiore all’80%, secondoil rilievo in Irpinia era di poco inferiore all’80%. Nella fig. 6 sono riportati i diagrammi e letabelle che illustrano, per l’intero campione, la distribuzione statistica del numero di pianitra le classi di vulnerabilità e viceversa. La distribuzione del numero dei piani mostra, comeera da attendersi, che tutte le classi degli edifici in muratura hanno un minor numero di piani(in più del 90% dei casi non più di 3), mentre negli edifici in c.a., indipendentemente dallaclasse di appartenenza, si hanno percentuali significative (circa il 10%) oltre i 4 piani,arrivando anche a 8 piani. Il confronto in termini volumetrici, in fig. 6, evidenzia la maggiore volumetria media degli

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Fig. 5 - Edifici rilevati e classificazione sismica dei comuni di appartenenza.

Tab. 13

edifici in c.a. e la crescente importanza che, sul campione totale, acquisiscono gli edifici alti(oltre il 30% in volume degli edifici sopra i tre piani contro circa il 12% in numero).Nella tab. 16 e nella successiva fig. 8 sono tabellati e diagrammati i valori medi ed icoefficienti di variazione degli indici di vulnerabilità degli edifici in muratura, valutati per

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Fig. 6 - Distribuzione statistica del campione complessivo degli edifici per numero di piani e classi di vulnerabilitàMSK. In Tab. 14: valori assoluti; in Tab. 15: valori percentuali.

Tab. 14

Tab. 15

Tab. 16

Tab. 17

Fig. 7 - Distribuzione statistica, in volume, del campione complessivo degli edifici per numero di piani e classi divulnerabilità MSK. In Tab. 16: valori asoluti; in tab. 17: valori percentuali.

le singole classi di vulnerabilità e per le singole regioni. I valori riferiti all’intero campioneforniscono una corretta progressiva riduzione dell’indice di vulnerabilità passando dallaclasse A alla classe C1, con una riduzione di circa 7 e 12 punti nel passare da A a B e da Ba C1. Le classi C1 e D1, invece, si differenziano per poco più di un punto. Questo scartocosì modesto può essere imputato o all’incapacità dell’approccio di 2° livello di cogliere leriduzioni di vulnerabilità conseguenti agli interventi di adeguamento sismico, o ancheall’effettivo modesto risultato di questi ultimi e dell’applicazione delle regole previste nellevarie normative antisismiche succedutesi nel tempo. Evidentemente su questo aspetto ènecessario ed importante un ulteriore approfondimento. È peraltro da segnalare come nelleregioni in cui si sono effettuati i più pesanti interventi di adeguamento antisismico, a seguitodella Legge 219 del terremoto dell’’80, la progressione dell’indice di vulnerabilità sisviluppa correttamente, passando dalla C1 alla D1, con differenze dell’ordine di 5-7 punti,mentre nei territori maggiormente interessati da una classificazione di lunga data (Calabria,Sicilia, Abruzzo), gli indici delle classi C1 e D1 sono quasi coincidenti se non addiritturainvertiti. Questo risultato è in parte legato al criterio scelto per definire l’appartenenza allaclasse D1 sulla base del confronto fra classe di età e data di classificazione del comune.Come già detto si è adottato il criterio di considerare l’edificio a norma sismica solo sel’estremo inferiore della classe di età supera l’anno di classificazione. Ciò comporta unerrore di attribuzione che potrebbe essere più sensibile proprio nei comuni di più anticaclassificazione, dove si può trascurare il contributo di parti significative delle classi di etàpiù ampie (A: prima del 1919 e B: 1919-1945). Particolarmente interessante è la variabilità dell’indice di vulnerabilità di una stessa classetra le diverse regioni, ad evidenziare come le diversità regionali nelle tradizioni costruttivepossano determinare differenze non trascurabili tra edifici appartenenti alla stessa classe.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Tab. 18 - Valori medi, e relativi coefficienti di variazione, dell’indice di vulnerabilità dei campioni di edificiin muratura delle sette regioni.

Ovviamente una ‘classe di vulnerabilità’ propriamente definita deve essere caratterizzata dauna vulnerabilità ragionevolmente omogenea, qualunque sia la porzione di territorio in cuiessa è collocata. L’apparente incongruenza della diversa distribuzione di V a parità di classenasce dal fatto che, nello spirito della scala macrosismica MSK o EMS, l’attribuzione di unedificio ad una classe è basata su alcune caratteristiche tipologiche generali e su una regolaunica su tutto il territorio. L’indice di vulnerabilità è valutato tenendo conto di diversiparametri non intervenuti nella scelta della classe, che dovrebbero condurre ad una stimapiù fine del comportamento sismico. In sostanza si potrebbe dire che la regola che consentedi attribuire l’edificio alla classe di vulnerabilità sulla base delle caratteristiche tipologichegenerali dovrebbe tenere conto delle differenti realtà territoriali, in modo da riprodurre unrisultato più omogeneo. Molto evidente è la condizione estremamente carente degli edificidi classe A della Basilicata, che peraltro presenta caratteristiche migliori nelle classi C1 eD1, mentre decisamente al di sopra della media sono le caratteristiche degli edifici pugliesiappartenenti a tutte le classi di vulnerabilità.

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Fig. 8 - Valori medi dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muratura per regione.

Fig. 9a - Distribuzioni statistiche percentuali dell’indice di vulnerabilità degli edifici in muratura per regione: asinistra distribuzioni per numero percentuale di edifici; a destra le relative distribuzioni cumulative.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Fig. 9b - Distribuzioni statistiche dell’indice di vulnerabilità degli edifici in muratura per le diverse classiMSK relative all’intero campione alle singole regioni.

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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In sintesi si trova che i valori medi oscillano tra 32.2 e 48.1 per gli edifici di classe A, tra22.5 e 34.1 per gli edifici di classe B, tra 16.1 e 23.7 per gli edifici di classe C1 e tra 12.2 e21.9 per gli edifici di classe D1. I coefficienti di variazione risultano tipicamente crescentinel passare dalla classe A alla classe D1, con valori compresi tra 0.34 e 0.42 per la classe Afino ad arrivare a valori compresi tra 0.54 e 0.84 per la classe D1. La deviazione standardha una variabilità più contenuta: fra 13 e 20 se riferita ai campioni regionali, con il valoremassimo per la Basilicata, fra 18 e 9 se riferita alle classi di ciascuna regione. Le considerazioni svolte sui valori medi e sui coefficienti di variazione dell’indice divulnerabilità trovano riscontro nei diagrammi delle figure 9a e 9b. La figura 9a riporta unconfronto fra le distribuzioni statistiche percentuali in numero di edifici, normali ecumulate, dell’indice di vulnerabilità dell’intero campione di edifici in muratura di ogniregione; la figura 9b riporta analoghe distribuzioni per le diverse classi di vulnerabilitàottenute per i campioni di ogni regione. Al di là di alcune irregolarità delle distribuzioni, siveda ad esempio la doppia moda nelle distribuzioni delle classi A e B in Basilicata, chemeritano ulteriori approfondimenti, l’andamento delle distribuzioni rispecchia leconsiderazioni svolte. Particolarmente utile risulta, in tal senso, l’esame visivo delledistribuzioni cumulative. Analoghe considerazioni valgono per i diagrammi e le tabelledelle figure 10-16, relative alle singole regioni.

Tab. 19

Tab. 20

Fig. 10 - Regione ABRUZZO: distribuzioni dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muratura per lediverse classi MSK. In Tab. 19: numero di edifici; in Tab. 20: valori percentuali.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Fig. 11 - Regione BASILICATA: distribuzioni statistiche dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muraturaper le diverse classi MSK. In Tab. 21: numero di edifici; in Tab. 22: valori percentuali.

Fig. 12 - Regione CALABRIA: distribuzioni statistiche dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muratura perle diverse classi MSK. In Tab. 23: numero di edifici; in Tab. 24: valori percentuali.

Tab. 21

Tab. 22

Tab. 23

Tab. 24

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Fig. 13 - Regione CAMPANIA: distribuzioni statistiche dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muraturaper le diverse classi MSK. In Tab. 25: numero di edifici; in Tab. 26: valori percentuali.

Fig. 14 - Regione MOLISE: distribuzioni dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muratura per le diverseclassi MSK. In Tab. 27: numero di edifici; in Tab. 28: valori percentuali.

Tab. 25

Tab. 26

Tab. 27

Tab. 28

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Fig. 15 - Regione PUGLIA: distribuzioni dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muratura per le diverse classi MSK. In Tab. 29: numero di edifici; in Tab. 30: valori percentuali.

Fig. 16 - Regione SICILIA: distribuzioni dell’indice di vulnerabilità (Iv) degli edifici in muratura per le diverse classi MSK. In Tab. 31: numero di edifici; in Tab. 32: valori percentuali.

Tab. 29

Tab. 30

Tab. 31

Tab. 32

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Fig. 17 - Distribuzioni statistiche del numero di edificiper classi di vulnerabilità MSKnelle province delle sette regioni.

Nella fig. 17 sono riportati i diagrammi che illustrano, per le singole province di ciascunaregione esaminata, la distribuzione statistica degli edifici del campione rilevato per lediverse classi di vulnerabilità, espresse in termini di numero percentuale. Interessante ericca di implicazioni applicative è la notevole variabilità delle caratteristiche del patrimonioedilizio tra le province di una stessa regione, variabilità sicuramente legata alla storia socio-economica dei luoghi, alla reperibilità dei materiali da costruzione, alle più recentivicissitudini sismiche e alla classificazione dei siti in zona sismica. In Abruzzo le caratteristiche dell’edilizia nell’Aquilano, e dunque all’interno della regione,si differenziano totalmente da quelle delle altre tre province. Nella prima provinciaprevalgono le classi più deboli (A e B) e quelle degli edifici antisismici (D1 e D2), conpresenze quasi insignificanti nelle classi C1 e C2. Ciò è dovuto principalmente al fatto chegran parte della provincia (97 comuni su 108) è stata classificata nel 1915, quindi esistonorelativamente pochi edifici non nati sismici, specialmente di c.a., tipologia diffusasisostanzialmente dopo il ‘50. Inoltre la provincia ha una forte presenza di edifici in muraturaantichi, mentre le costruzioni recenti sono principalmente in c.a.. Nelle altre tre province,viceversa, la classificazione è intervenuta in diverse fasi (1915, 1927, 1935, 1962, 1980,1982), per molti comuni a partire dal 1962, ciò comportando una presenza significativa diedifici ‘non nati sismici’, anche di c.a.. Queste province, inoltre, specialmente lungo lacosta, hanno avuto un forte sviluppo edilizio nel dopoguerra, quindi con materialirelativamente moderni. Ciò giustifica il fatto che prevalgono nettamente le classi C1 e C2, ariprova di una buona qualità media delle costruzioni in muratura e di una classificazionemolto recente.In Basilicata si riscontrano situazioni diverse per le due province, con significative analogierispetto alla situazione abruzzese. La provincia più all’interno, Potenza, evidenzia unpatrimonio di base estremamente povero e altamente vulnerabile, insieme ad una presenzasignificativa di edifici resi antisismici a seguito degli interventi effettuati con la Leggen. 219. Al contrario nella provincia di Matera si riscontra un’edilizia di base di migliorequalità, con classe C1 prevalente negli edifici in muratura, ed una scarsa presenza di edificinati o resi antisismici.La Calabria presenta una situazione di buona omogeneità tra le diverse province, conprevalenza netta degli edifici antisismici (complessivamente più del 60% del campione),ciò è dovuto al fatto che la classificazione sismica risale agli anni 1909 – 1912 e riguardatutti i comuni della regione, infatti non si rilevano edifici in c.a. non antisismici. Si nota,tuttavia, una presenza significativa anche di edifici a vulnerabilità più elevata (più del 30%degli edifici nelle classi A e B); cosa che si può spiegare ancora con il criterio adottato perl’identificazione degli edifici ‘nati sismici’: poiché la classe di età più ‘antica’ presente nelrilievo è quella che arriva al 1919, mentre la classificazione è intervenuta poco prima, nonsi può stabilire, se non in termini statistici, la quantità di edificato costruito prima dellaclassificazione. Dovendo restituire un dato valido singolarmente per ogni edificio si è sceltodi non considerare costruito a norma sismica nessun edificio appartenente alla classe di etàprecedente il 1919. Ciò comporta che nelle classi A e B siano presenti gli edifici più antichi,quindi verosimilmente con parametri di secondo livello che indirizzano verso indici divulnerabilità alti, anche se alcuni di essi, ricostruiti dopo il sisma del 1908, dovrebberoavere buone caratteristiche Considerazioni analoghe possono svolgersi anche per Campania, Molise, Puglia e Sicilia.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Vulnerabilità degli edifici in c.a.

L’attribuzione alle classi C2 (non antisismico) e D2 (antisismico) degli edifici in c.a.,adottata nel paragrafo precedente nelle elaborazioni complessive delle schede di primolivello, ha tenuto conto di ulteriori affinamenti, in relazione sia alle informazioni contenutenelle schede di primo livello, che a quelle contenute in una scheda aggiuntiva, di secondolivello, per il c.a.. Sebbene lo studio per la valutazione di vulnerabilità degli edifici in c.a siaad uno stadio meno avanzato di quello relativo agli edifici in muratura, descritto nelparagrafo precedente, si è ritenuto opportuno utilizzare fin d’ora le informazioni di secondolivello al fine di ottenere alcuni risultati preliminari più avanzati rispetto a quelli ottenibiliutilizzando le sole informazioni di primo livello. È evidente che il problema dovrà essereapprofondito a livello metodologico con apposite ricerche, peraltro già in corso sia inambito GNDT che SSN, per sfruttare al meglio i dati resi disponibili dal censimentoeffettuato. La scheda di I livello, nella sezione dedicata al rilievo della tipologia strutturaledell’edificio, comprende anche informazioni sommarie, riguardanti la descrizione degliedifici in cemento armato, proponendo, in particolare, le seguenti quattro categorie distrutture portanti verticali:

O strutture verticali in pareti in calcestruzzo armatoP telai in calcestruzzo armato non tamponatiQ telai in calcestruzzo armato con tamponature deboliR telai in calcestruzzo armato con tamponature consistenti

Per ovvie ragioni, le strutture orizzontali, solai e coperture, sono limitate ad un solo tipo,descritto come in “laterocemento o soletta in c.a.”.

Nel corso del progetto è stata introdotta ed utilizzata, per la prima volta, una scheda per laraccolta di alcune semplici informazioni di livello superiore, relative a fattori divulnerabilità facilmente osservabili, quali:

1. Sistema resistente2. Distribuzione delle tamponature3. Configurazione planimetrica4. Piano debole5. Pilastri tozzi

La vulnerabilità di un edificio viene definita con l’assegnazione ad una delle 5 classi divulnerabilità seguenti, mediante la procedura di attribuzione in due fasi di seguito descritta:

A (alta)MA (medio-alta)M (media)MB (medio-bassa)B (bassa).

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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- Nella prima fase, sulla base degli indicatori di I livello, si effettua un’assegnazionepreliminare seguendo lo schema sintetizzato in tabella 33, analogo a quello utilizzato perl’elaborazione dei dati raccolti a seguito del censimento degli edifici pubblici [18]. Lamatrice di attribuzione del livello di vulnerabilità si basa sulla distinzione di tre tipologiestrutturali (nelle righe) e di quattro modalità di presumibile progettazione dell’edificiobasate sulla classificazione sismica del comune di ubicazione e sull’epoca di costruzionedello stesso: edifici in zona non classificata sismica all’epoca della costruzione sonoritenuti più vulnerabili, mentre viene attribuito un livello decrescente di vulnerabilità aquelli costruiti in comuni classificati in terza, seconda e prima, in epoche posteriori aquella di classificazione del comune di appartenenza. La presenza di tamponature forti odi setti in c.a. costituisce elemento di ulteriore riduzione della vulnerabilità.

- Nella seconda fase si prendono in considerazione gli indicatori di vulnerabilità presentinella scheda di II livello, per affinare ulteriormente l’assegnazione alle classi. Taliindicatori sono riportati nella tabella 34 insieme con i punteggi assegnati a ciascuno diessi. Quando l’indicatore ricade nella media delle situazioni riscontrabili, ad esso èassegnato punteggio nullo, se, invece, presenta caratteristiche che denotano un caratteredi elevata oppure ridotta vulnerabilità, ad esso viene assegnato, rispettivamente, unpunteggio negativo o positivo. La somma dei punteggi può assumere al massimo valore–2, e ciò avviene in quei pochi casi nei quali i vari parametri si combinano con i lorovalori massimi; nella quasi totalità dei casi quindi essa può determinare per l’edificio unsolo salto verso la classe di vulnerabilità definitiva, che è quella immediatamenteprecedente o successiva a quella conseguita nella prima fase, in base alla tabella 33.Ovviamente si è esclusa la possibilità di ‘uscire fuori scala’ quando si parte da classi chegià in prima fase si trovano agli estremi (B ed A).

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Tab. 33 - Matrice di attribuzione classi di vulnerabilità per edifici in c.a.

I risultati principali delle elaborazioni effettuate sono riportati in tabelle e grafici dai qualisi possono trarre alcune interessanti considerazioni.

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Tab. 34 - Indicatori di II livello e punteggi relativi per la determinazione delle variazioni di classe

Fig. 18 - Distribuzione del numero di edifici e del volume per livelli di vulnerabilità, relativa alla totalità delcampione di edifici in c.a. rilevati. In Tab. 35 numero edifici e volumi per livelli di vulnerabilità

Fig. 19 - Distribuzioni per livelli di vulnerabilità e per età di costruzione relative alla totalità del campione diedifici in c.a. rilevati. Nelle tabelle, dati assoluti e percentuali.

Tab. 35

Tab. 36 e 37

In fig. 18 è riportata la distribuzione degli edifici in c.a. fra le classi di vulnerabilità. Si vedeche la moda della distribuzione è localizzata nella classe MB se ci si riferisce al numero diedifici, mentre è nella classe M se ci si riferisce ai volumi. Ciò è conseguenza del fatto che,contrariamente a quanto rilevato per gli edifici in muratura, i volumi medi degli edifici inc.a. non sono uniformi nelle diverse classi. In particolare le classi M ed MA hanno i volumimedi più elevati, con 1740 – 1760 m3/edificio, mentre le classi meno vulnerabili (B ed MB)hanno volumi di 1260 – 1380 m3/edificio. Nel complesso, comunque, le cinque classi sonopressoché uniformemente popolate, con la MB e la M che superano di un 30% circa le altre.È anche interessante osservare che, se non si limitano i ‘salti’ di classe all’interno dellecinque predeterminate nella fase 1, si riesce ad individuare un significativo numero diedifici (il 3,5% del totale) di vulnerabilità superiore alla classe A. Questi edificirappresenterebbero una ‘coda’ di particolare interesse per l’eventuale studio di priorità diintervento in prevenzione.Nella fig. 19 sono riportate le distribuzioni degli edifici nelle classi di vulnerabilità infunzione dell’età. Si nota che la distribuzione relativa agli edifici costruiti fra il 1919 e il1945 è anomala rispetto alle altre e caratterizzata da una evidente moda in corrispondenzadella classe MB. La distribuzione è però basata sui dati relativi a soli 26 edifici, insufficientia fornire un dato statisticamente significativo. Un discorso analogo, in relazioneall’irregolarità della forma della distribuzione, può essere fatto per gli edifici degli anni ‘46-’60, sebbene il numero di edifici sia in questo caso di un ordine di grandezza superiore alprecedente. Più interessante è l’andamento delle distribuzioni per le tre classi di etàtemporalmente successive, che denotano un progressivo miglioramento delle costruzioninel tempo. La moda si sposta dalla classe MA alla classe MB passando dagli edifici delboom edilizio degli anni ’60 agli edifici degli anni ’80, che hanno usufruito di unaclassificazione sismica molto più estesa.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Fig. 20 - Distribuzioni per livelli di vulnerabilità e per numero di piani relative alla totalità del campione di edificiin c.a. rilevati. Nella tabella 38, dati assoluti; nella tabella 39, dati percentuali.

Tab. 38 e 39

Nella fig. 20 sono rappresentate le distribuzioni del numero di piani fra le classi divulnerabilità. Si nota che gli edifici di altezza ‘ordinaria’, cioè da 1-2 piani fino a 5-6,presentano distribuzioni simili e quasi uniformi. Gli edifici più alti, viceversa, hannovulnerabilità spostate verso le classi M ed MA. Questo risultato trova conforto, anziaccentua quello già trovato nel paragrafo precedente, per il quale tra gli edifici altiprevalevano quelli non antisismici (v. fig. 6).

I risultati ottenuti per la vulnerabilità degli edifici in c.a. nelle sette regioni sono messi aconfronto nei diagrammi della figura 21. Si notano con evidenza le differenze chedistinguono, su esiti contrapposti, i campioni della Basilicata e della Calabria, mentre piùsimili appaiono le distribuzioni per le altre regioni. Nella fig. 22 sono rappresentati i diagrammi di distribuzione degli edifici per livelli divulnerabilità nelle singole regioni. Le colonne affiancate forniscono rispettivamente lefrequenze percentuali in termini di numero e volume di edifici. Si notano con altrettantaevidenza come le più basse vulnerabilità si registrino in Calabria e Campania, chepresentano nelle due classi migliori (B ed MB) rispettivamente il 70% e il 40% delpatrimonio rilevato; all’opposto, la Basilicata ha poco più del 20 % di edifici nelle classimigliori e circa il 35% nella classe ad alta vulnerabilità. Il dato è influenzato ancora unavolta dalla classificazione, che in Calabria è intervenuta fin dall’inizio del secolo. Questirisultati e quest’ultima considerazione sul modello di valutazione assunto, cherazionalmente considera l’intervento della classificazione e delle relative normative comefattori di qualificazione antisismica delle costruzioni in c.a., pongono in risalto la questionedella necessità di modalità di indagine e valutazione più appropriate per questo tipo dicostruzioni, soprattutto con riferimento alla non trascurabile presenza di quelle abusive. L’esame delle figure 23 e 24 relative ai parametri di secondo livello permette di effettuare

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Fig. 21 - Distribuzioni per livelli di vulnerabilità relative ai campioni di edifici in c.a. rilevati nelle sette regioni.Nelle tabelle, valori assoluti (Tab. 40) e percentuali (Tab. 41).

Tab. 40 Tab. 41

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Fig. 22 - Distribuzioni percentuali di vulnerabilità dei campioni di edifici in c.a. rilevati nelle regioni e delcampione complessivo.

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Fig. 23 - Distribuzioni percentuali di vulnerabilità dei campioni di edifici in c.a. rilevati nelle regioni e delcampione complessivo.

alcune considerazioni, che di seguito si riportano:- il sistema resistente prevalente è quello realizzato con pilastri e travi (90% del totale),

con una bassissima presenza del sistema a setti (6,6%); il sistema con travi emergenti èquello in assoluto più diffuso (oltre il 60%), tuttavia la presenza delle travi a spessore,che generalmente non consentono una buona risposta al sisma, è rilevante (circa il29%);

- la regolarità nella distribuzione delle tamponature esterne è statisticamente abbastanzasoddisfacente, con i 2/3 del campione caratterizzato da tamponature sui 4 lati;

- la configurazione planimetrica ottimale (compatta con nucleo centrale) prevale sullealtre (45%), la configurazione compatta ma con nucleo eccentrico ha una frequenza dicirca il 35%, le configurazioni più sfavorevoli complessivamente rappresentano menodel 20% dei casi;

- la presenza di un piano debole è stata rilevata in meno del 20% dei casi esaminati; lapercentuale è da ritenere significativa, considerata la valenza particolarmente negativaassociata a questa caratteristica di vulnerabilità; essa è comunque prossima a quelladesumibile dai dati ISTAT;

- i pilastri tozzi sono presenti in circa il 20% dei casi rilevati ed è per la maggior parte deicasi dovuta alla realizzazione di rampe di scale o di piani sfalsati.

Se si esaminano le frequenze dei parametri sopra citati disaggregate fra edifici a normasismica ed edifici non a norma si vede che: - la scelta del sistema resistente non sembra essere complessivamente influenzata dalla

progettazione sismica, si nota, infatti, una lievissima maggior presenza dei sistemi apareti e una sempre lievissima minor presenza delle travi a spessore. Questa circostanzasembrerebbe evidenziare che l’influenza delle conoscenze scientifiche maturate negliultimi anni e anche delle indicazioni di norma (alcune leggi regionali impongono le traviemergenti in zona sismica) fatica a modificare la ‘tradizione’ costruttiva consolidatasinegli anni 60 e 70, improntata alla massima libertà di organizzazione degli spazi; unsegnale positivo in questo senso si rileva, invece, se si confrontano le presenze dei telaicon travi alte nelle zone a diverso grado di sismicità: si vede che questo sistema è piùfrequente nelle zone ad alta sismicità, l’inverso avviene per le travi a spessore;

- la regolarità della distribuzione delle tamponature è solo leggermente migliore per gliedifici antisismici, anche in questo caso, la consapevolezza del ruolo delle tamponaturenel comportamento sismico fatica ad imporsi;

- la regolarità in pianta complessivamente non è influenzata molto dalla progettazioneantisismica, anzi, sembra che la frequenza della configurazione ottimale (compatta connucleo centrale) sia inferiore nelle zone a maggiore sismicità;

- il piano soffice non ha frequenze significativamente diverse fra edifici antisismici e non,nell’ambito dei primi è più frequente nelle zone a bassa sismicità;

- i pilastri tozzi complessivamente sono equipresenti fra edifici antisismici e non,nell’ambito dei primi sono più frequenti nelle zone a bassa sismicità.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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Conclusioni

I dati raccolti con il rilievo dell’edilizia privata consentono di avere una rappresentazioneaggiornata della vulnerabilità sismica, basata su un campione del patrimonio ediliziocomplessivamente rilevante. Per quanto riguarda la muratura si è affiancata, allaconsolidata rappresentazione della vulnerabilità del singolo edificio mediante l’indice V, lasua attribuzione alle classi di vulnerabilità delle scale macrosismiche. Le due diverse‘misure’ di vulnerabilità sono state poste a confronto, evidenziando interessanticoncordanze, ma anche l’opportunità di tarare le regole di attribuzione di tipologie edilizie

CAPITOLO II - RISULTATI GLOBALI DEL PROGETTO

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Fig. 24 - Distribuzioni percentuali del numerodi edifici in c.a., nei cinque parametri divulnerabilità di secondo livello, rispetto allaclassificazione sismica. Sono non antisismicigli edifici costruiti in zone non classificate oprima della classificazione sismica del comunedi ubicazione.

alle classi di vulnerabilità, per tener conto delle specifiche caratteristiche delle costruzionidi ciascuna zona. Si è anche evidenziata l’opportunità di tener conto delle modifiche allecaratteristiche originarie degli edifici prodotte dagli interventi di adeguamento emiglioramento effettuati nei territori oggetto del rilievo. Ciò ha richiesto l’introduzione diuna nuova classe di vulnerabilità (D), nella quale sono confluiti anche gli edifici ‘nati’antisismici. Le distribuzioni degli indici di vulnerabilità per le diverse classi risultanogeneralmente graduate in maniera coerente con la gerarchia prevista dalla scala EMS. Suquesto tema si aprono ulteriori prospettive di ricerca poiché, se si possono riteneresufficientemente consolidate le matrici di probabilità di danno per edifici non antisismici,molto occorre ancora fare per la caratterizzazione della vulnerabilità di edifici resi o natiantisismici, con diverso grado di protezione sismica. Nel complesso, comunque, il rilievoha evidenziato che la situazione del patrimonio edilizio in muratura, nelle regioni censite, ècomplessivamente migliore di quella che in passato emergeva dalla raccolta di dati neglistessi territori (1980 – Irpinia, 1984 – Abruzzo).Per quanto riguarda il c.a., le cui procedure di valutazione della vulnerabilità sono menoconsolidate, è stato utilizzato un approccio basato sul giudizio esperto. Partendodall’impostazione utilizzata per il progetto LSU-1, si sono utilizzati i risultati trovatinell’ambito del progetto Catania e i parametri di II livello come ulteriore elemento dicalibrazione della vulnerabilità. I risultati ottenuti hanno mostrato una buona coerenza conquelli ottenuti per la muratura di pari classe. Dall’analisi tipologica risulta che gli edificiantisismici hanno caratteristiche di regolarità e del sistema resistente statisticamente tropposimili agli edifici non antisismici, segno che le ‘tradizioni’ consolidatesi negli anni ’60 e‘70, ispirate alla massima libertà di organizzazione degli spazi, resistono alle più restrittiveindicazioni derivanti dalla ricerca scientifica e dall’esperienza dei recenti terremoti. Ancheper gli edifici in c.a. i risultati ottenuti indicano l’opportunità di ulteriori approfondimenti,quali, ad esempio, la ricerca delle regole di attribuzione ottimale delle tipologie alle classi divulnerabilità.

ANALISI DELLA VULNERABILITÀ

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