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La Svizzera Pesciatina

FIG.13 FRONTESPIZIO TRATTO DA TABLEAU DE L’AGRICULTURE TOSCANE

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La Svizzera Pesciatina

2.1.3 Sismondi e la Svizzera Pesciatina

Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi (1776-1842) è uno dei più poliedrici intellettuali dell’Europa del primo Ottocento. Autore di una monumentale “Histoire des Républiques Italiennes du Moyen Age” (16 voll., 1807-1816), che inaugurò gli studi mo-derni sui comuni medievali italiani, e di un’altrettanta poderosa “Histoire des Français” (30 voll., 1821-1842), che influì su tutta la storiografia romantica della sua epoca, Sismondi è anche passato alla storia per aver elaborato un’interpretazione della storia della letteratura italiana destinata a condizionare in profondità l’immagine dell’Italia nel Risorgimento (“De la littérature du Midi de l’Europe”, 4 voll., 1813). La sua operosità però non rimase circoscritta all’ambito storico, ma si rivolse anche agli studi economici e alle più rilevanti battaglie umanitarie del suo tempo. In economia, con i suoi “Nouveaux principes d’économie politique”, pubblicati in prima versione nel 1819, Sismondi può essere considerato uno dei primi critici del capitalismo: denunciando gli effetti devas-tanti sul tessuto sociale delle crisi di sovrapproduzione e del pauperismo conseguente, Sismondi fu il primo economista che reagì con forza contro il liberismo economico allora prevalente in tutta Europa. In secondo luogo, forte della lezione liberale che aveva appreso frequentando il circolo di Coppet di Mme. de Staël durante l’età napoleonica, Sismondi fu nel corso della sua esistenza a fianco di tutti gli “oppressi” della sua epoca, si trattasse dei neri d’America o delle nazionalità in via d’emancipazione (come l’Italia, la Grecia o la Polonia).

A Sismondi sembra si debba anche l’appellativo di Svizzera Pesciatina, con cui sono convenzionalmente conosciute le montagne che circondano Pescia: pare che un giorno, camminando per la strada che da Pescia conduceva a Pietrabuona, esclamasse “Che meraviglia! Ma questa è la Svizzera Pesciatina!”31 Apocrifa o meno, l’espressione tuttavia denota l’intenso investimento emotivo che Sismondi aveva riversato su queste terre, fin dagli anni della giovinezza. A Pescia infatti i Simonde erano giunti dalla natia Ginevra nel 1795 per sfuggire alle prevedibili persecuzioni del neo-istituito governo rivoluzionario ginevrino nei confronti di una famiglia appartenente al patriziato cittadino.

31 M. CHIOSTRI, “Valchiusa racconta. Uno sguardo al passato, un fiorire di memorie”, Pescia, Benedetti, 1988, p. 45

Qui due anni dopo acquistavano la villa di Portavecchia (oggi sede della Biblioteca co-munale), dove la madre soggiornò fino alla morte avvenuta nel 1821, anche per rimanere accanto alla figlia, Sara, sposatasi nel 1798 con il nobile pesciatino Anton Cosimo Forti. Il fatto che Pescia fosse diventata la residenza abituale della madre strinse ancora di più i legami di Sismondi con queste terre, definite più volte nel corso della sua vita una “seconda patria”32: nella sua casa di Pescia, rinominata sulla scia petrarchesca Valchiusa, l’intellettuale infatti, una volta rimpatriato a Ginevra nel 1800, tornò quasi ogni anno, fintanto che rimase in vita sua madre, per poi riannodare un ultimo intenso rapporto con essa nell’ultimo suo soggiorno italiano, durato dal 1836 al 1838. Qui avrebbe voluto ter-minare i suoi giorni, e agli amati nipoti pesciatini lasciò tutto il suo lascito documentario, oggi di proprietà del comune di Pescia, depositato nel locale Archivio di Stato.

La sua conoscenza diretta della Svizzera Pesciatina è testimoniata dalla pagine che l’autore le dedica nella sua prima opera data alle stampe, il “Tableau de l’agriculture toscane”. In questa sede sono cinque le peculiarità geografico-ambientali che sembra-no attirare la sua attenzione. Innanzi tutto, le memorie medievali incastonate nei dieci Castelli, che nella loro simmetria e relativa agiatezza testimoniano di essere “l’ouvrage d’un siècle de liberté et d’industrie”33. In secondo luogo le vaste distese di castagni che si prolungano a nord dei Castelli, principale fonte di sostentamento per gli abitanti dei luoghi: Sismondi sottolinea come i boschi sembrino imitare in maniera più grossolana le terrazze coltivate ad uliveti della collina e si sofferma in maniera particolareggiata sui procedimenti con cui dalle castagne si ricava la farina e sugli impieghi culinari di

32 Si veda ad esempio la lettera di Sismondi a Enrico Mayer del 10 ottobre 1835 cit. in A. Linaker, “La vita e i tempi di Enrico Mayer”. Con documenti inediti della storia dell’educazione e del Risorgimento italiano, Firenze, Barbera, 1898, I, p. 568 e quella a Giuseppe Barbieri dell’8 maggio 1837, in J.C.L. “Sismondi, Episto-lario”, a cura di C. Pellegrini, IV, Firenze, La Nuova Italia, 1954, p. 112.33 J.C.L. SIMONDE DE SISMONDI, “Tableau de l’agriculture toscane”, Genève, Paschoud, 1801 (reprints Genève, Slatkine, 1998, avec une introduction de F. SOFIA), p. 231. Alle guerre tra Pisa e Firenze tra il XIII e il XIV per il possesso dei Castelli Sismondi dedicherà anche alcune pagine della sua “Histoire des Républiques italiennes”: cfr. per esempio VI, pp. 461 ss. (si cita dalla trad. it., Italia [Milano], s.e.,1818).

a cura di Francesca Sofia

Ritratto di Sismondi di Amélie Munire-Romilly (Bibliothèque publique et universitaire de Genève)

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quest’ultima (la polenta, i necci e i pattoni, nota Sismondi, sono una pietanza ricercata in tutta la Toscana, e non solo dalle classi meno abbienti)34. Terza particolarità che attira l’attenzione di Sismondi è la bellezza delle donne del borgo di Stiappa, esaltata dal loro costume particolare, che “leur donne la tournure Grecque, ou plutôt celle des femmes à la mode du jour”35. Sismondi poi esprime tutto il suo stupore per il fatto che le more, di cui abbandonano le montagne pesciatine, non vengano mangiate dagli abitanti, né siano conosciute come commestibili neanche in pianura36. Ultima caratteristica della regione su cui sofferma l’attenzione è naturalmente l’abbondanza di cartiere dislocate nella valle

34 “Tableau de l’agriculture toscane”, cit., p. 243.35 Ivi, p. 244.36 Ivi, p. 259.

tra Pescia e Pontito, di cui tuttavia deplora il fatto che siano alimentate dagli stracci e non da materie vegetali, come in Inghilterra, ciò che contribuirebbe a rafforzare il circuito virtuoso manifatture - agricoltura alla base della prosperità economica37.

Tuttavia non sono queste pagine (le uniche della sua vastissima produzione) che giustificano il nome di Svizzera Pesciatina dato alla regione, ma il legame affettivo che univa Sismondi a queste terre, addirittura precedente alla loro identificazione con la resi-denza dell’amatissima madre. Ne fanno fede due testimonianze particolari, che acquista-no il loro intenso significato se lette in maniera cumulativa. La prima è l’apposizione al cognome di Simonde del patronimico Sismondi, che il Nostro inizia a utilizzare a partire dal 1797, convinto, come prova un albero genealogico, ricostruito dal ginevrino allora38, di discendere da un ramo del casato pisano dei Sismondi, rifugiatosi nel ‘500 nel Delfi-nato per motivi religiosi: i Sismondi, più volte ricordati anche all’interno dell’ “Histoire des Républiques italiennes”, erano una famiglia ghibellina di Pisa, menzionata anche da Dante, che aveva dato i natali a personaggi famosi come Cinzica, eroina della città contro l’invasione saracena, e l’ammiraglio Buzzecherino, vittorioso contro la flotta genovese39. La seconda testimonianza rimanda alla giustificazione che lo stesso Sismondi propone nella sua prima opera, il “Tableau de l’agriculture toscane”, per l’appellativo dato alla sua casa di Pescia, Valchiusa: il nome a suo dire significa “un vallon fermé, il s’applique naturellement à un gorge qui n’a d’issue que d’un côté”40. Tale era senza meno la posiz-ione della sua casa di Pescia, situata allo sbocco della valle appenninica della Svizzera Pesciatina, ma tale era anche l’amata casa di campagna ginevrina dove Sismondi era

37 Ivi, p. 262.38 L’albero genealogico della famiglia Sismondi è contenuto in un quaderno miscellaneo conservato nella Sezione di Archivio di Stato di Pescia, Fondo Sismondi, Ms. 22 n. 27, ff. 114-115 e 117, databile all’inverno del 1795. Sull’utilizzazione del patronimico Sismondi a partire dal 1797 cfr. M. Stanghellini Bernardini, Sismondi livellario del Conservatorio di S. Michele a Pescia, in “Sismondi esule a Pescia. I tempi e i luoghi”, Pescia, Benedetti, 1997, p. 64.39 Cfr. C. PAZZAGLI, “Sismondi e la Toscana del suo tempo (1795-1838)”, Siena, Protagon, 2003, p. 24.40 “Tableau de l’agriculture toscane”, cit., p. 219 nota 1.

FIG.14 ILLUSTRAZIONE TRATTA DA “TABLEAU DE L’AGRICULTURE TOSCANE”

Terza particolarità che attira l’attenzione di Sismondi è la bellezza delle donne del borgo di Stiappa, esaltata dal loro costume particolare, che “leur donne la tournure Grecque, ou plutôt celle des femmes à la mode du jour”.

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-1- Disegno conservato nella Sezione di Archivio di Stato di Pescia, Fondo Sismondi

-2- Tratto da I contadini della Toscana in 60 stampe a colori disegnate da Antonio Bicci

-3- Foto del 1980 in Sismondi e l’agricoltura della Valdinievole nell’800

-1- -2- -3-

cresciuto, Châtelaine, protetta dalle Alpi e aperta verso il Salève. Possiamo allora con-cludere che Sismondi, per ricucire lo strappo dell’esilio, attuò una doppia identificazione con la Toscana, e con il territorio pesciatino in particolare: da un canto, trasformando l’esperienza dolorosa del confino nell’evento opposto di un rimpatrio; dall’altro, allevi-ando la sensazione di spaesamento con lo stabilirsi in un luogo che, per caratteristiche orografiche, si presentava ai suoi occhi il più simile a quello che era stato costretto ad abbandonare. Tramite questa doppia identificazione, immaginaria l’una, e concretissima l’altra, possiamo comprendere le ragioni più convincenti del perché Sismondi addossasse alle montagne che circondano Pescia l’appellativo di Svizzera Pesciatina.

Con gli anni poi questa identificazione doveva arricchirsi anche di precisi conte-nuti sociali. Già nel “Tableau de l’agriculture toscane” le modalità di sfruttamento del terreno e delle tecniche in uso in Valdinievole (perché è di questa parte della Toscana che l’opera tratta) venivano quasi contrapposte al credo agronomico prevalente ai suoi giorni, concordemente rivolto ad imitare lo sfruttamento capitalistico su larga scala delle campa-gne inglesi. Pur criticando in questa sede il contratto di mezzadria diffuso nella regione (i mezzadri, notava Sismondi, vivono al limite della sussistenza e pertanto sono estra-nei a qualsiasi principio di emulazione) il ginevrino notava pure che, se era vero che la mezzadria “met obstacle à plusieurs améliorations importantes, qu’elle rend imparfaite la culture du blé, et celles des prairies impraticables, […] il n’est pas moins évident que c’est l’extrême petitesse des métairies qui est cause que le produit brut de la terre est le plus grand, et la population qu’il doit nourrir la plus nombreuse possibile”41. Se dunque scopo della scienza economica non è tanto quello di accrescere il profitto netto, quanto quello di diffondere il benessere tra il maggior numero possibile di popolazione (secondo la prospettiva che Sismondi farà propria in anni più maturi42), i contratti d’affitto esistenti

41 Ivi, p. 192.42 Nei “Nouveaux principes d’économie politique”, I, Paris, Treuttel et Würtz, 1819, pp. 9-10, Sismondi scriverà testualmente che “ce n’est point en effet d’une manière absolue que la richesse et la population sont les signes de la prospérité des états ; c’est seulement dans leurs rapports l’une avec l’autre. La richesse est un bien lorsqu’elle répands l’aisance dans toutes les classes ; la population est un avantage lorsque chaque

in Toscana assumevano la virtù di garantire uno sviluppo sostenibile, contro le lacerazio-ni prodotte da una selvaggia industrializzazione. Per di più, gli stessi contratti non erano tanto lontani da produrre gli effetti sociali positivi di cui godevano i piccoli proprietari agricoli della sua Ginevra nativa: sarà lo stesso Sismondi a ricordarlo una volta tornato a Ginevra, in alcune pagine redatte nel 1801 in qualità di membro del Consiglio di agricol-tura, arti e commercio della sua città43.

Questa occasionale coincidenza sarà destinata a caricarsi con gli anni di valori aggiuntivi al punto che le condizioni di vita della popolazione agricola svizzera e toscana diventeranno agli occhi di Sismondi un concreto modello da proporre alle altre nazioni europee. Posto di fronte ai massici esodi rurali indotti dalla nascita del lavoro in fabbrica, e alla latente proletarizzazione che spesso ciò comportava, Sismondi sarà portato a idea-lizzare il modello “Svizzero-Toscano” come l’unico in grado di garantire il benessere di tutti e di ciascuno. E’ nel 1819, nei suoi “Nouveaux principes d’économie politique”, che Sismondi, analizzando i diversi sistemi di conduzione agricola, per la prima volta dichia-rerà a chiare lettere, facendo anche tesoro delle sue ricerche storiche, la sua incondiziona-ta predilezione per la mezzadria. “La culture par métayers, ou exploitation à moitié fruits – scriveva in questa sede – est peut-être une des plus heureuses inventions du Moyen Age: c’est celle qui a contribué le plus à répandre le bonheur dans les classes inférieures, à porter la terre au plus haut degré de culture, et à y accumuler le plus de richesse”44.

In quest’opera l’accento veniva posto soprattutto sul modello toscano, mentre è nel successivo “Etudes sur l’économie politique” del 1837 (scritto proprio nella sua villa pesciatina) che l’analogia di condizioni sociali tra la Svizzera e la Toscana acquista tutta la sua rilevanza. Nel capitolo dedicato a indicare quale fosse il sistema di distribuzione

homme est sûr de trouver par le travail un honnête existence”.43 Cfr. D. ZUMKELLER, “Vignobles, pâturages et forêts : pages inédites de la Statistique du département du Léman de Sismondi”, in “Schweizerische Zeitschrift für Geschichte”, XLVIII, 1998, p. 36.44 J.C.L. DE SISMONDI, “Nouveaux principes d’économie politique”, I, cit., p. 189.

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della proprietà fondiaria più atto a procurare la felicità collettiva, Sismondi si soffer-mava soprattutto su quattro realtà sociali: la Scozia, l’Irlanda, la Svizzera e la Toscana. Mentre delle prime due sottolineava i danni apportati dallo sfruttamento capitalistico delle grandi tenute, che comportava l’allontanamento endemico dei contadini dalle terre e la loro trasformazione in salariati agricoli, la Svizzera e la Toscana venivano proposte come soluzioni alternative concretamente imitabili da parte di tutti i legislatori filantropi dell’epoca. Se il piccolo proprietario svizzero contribuiva con la sua esistenza a garantire il benessere dell’intera popolazione, ad accrescere i consumi, a sviluppare lo spirito d’in-dipendenza e d’intrapresa, a diffondere uno stile di vita sano (nonostante che la Svizzera fosse per caratteristiche climatiche e topografiche assai simile alla Scozia45), il mezzadro toscano, e più in particolare quello della Valdinievole, appariva invece il modello posi-tivo da contrapporre all’infelice contadino irlandese. Sia l’Irlanda che la Toscana erano cattoliche, e segnate in profondità nei loro costumi dal loro credo religioso; entrambe soffrivano di un eccesso di popolazione, che rendeva assai risibile il costo della manodo-pera nelle poche manifatture urbane; ma la Toscana poteva vantare, al contrario dell’Ir-landa, l’invidiabile condizione dei suoi contadini, “un doux tableau de variété, d’abon-dance et de paix - lo definiva Sismondi - sur lequel il y a du plaisir à reposer les yeux”46. Pur non essendo a tutti gli effetti proprietari, i mezzadri della Valdinievole godevano, per consuetudine o per pattuizione, dell’usufrutto della terra a tempo indeterminato: ciò provocava una minore competitività tra gli stessi contadini (che sarebbe andato a tutto vantaggio dei proprietari) e li incoraggiava ad apportare le migliorie necessarie all’ap-pezzamento. In questo contesto, i mezzadri, come i proprietari della Svizzera, lavoravano attivamente senza alcuna sorveglianza, motivati economicamente e intellettualmente da un lavoro in cui erano attivamente coinvolti. Così, sottolineava Sismondi, “le métayer vit sur sa métairie comme sur son héritage, l’aimant d’affection, travaillant à la bonifier sans cesse, se confiant dans l’avenir, et comptant bien que ses champs seront travail-

45 J.C.L. DE SISMONDI, “Etudes sur l’économie politique”, I, Paris, Treuttel et Würtz, 1837, pp. 171-173.46 Ivi, p. 284.

lés après lui par ses enfans et les enfans de ses enfans”47. Tenuto conto poi del diritto fondiario vigente in Toscana, dove spesso la proprietà privata era gravata da diritti altrui, la condizione del mezzadro appariva quasi superiore a quello di un proprietario, perché egli godeva tutti i vantaggi inerenti alla proprietà, senza subirne alcun inconveniente. Ciò comportava notevoli benefici, sia agli stessi interessati – non esisteva paese al mondo, notava Sismondi, dove la popolazione agricola sia “mieux nourrie, mieux logée, où elle fasse plus joyeusement son travail”48 – sia al benessere generale: tramite le migliorie apportate ai poderi, infatti i mezzadri contribuivano a massimizzare un prodotto agricolo socialmente utile a coloro stessi che l’avevano prodotto. Come il piccolo proprietario delle montagne svizzere, il mezzadro delle colline della Valdinievole attuava così, in maniera positiva, il modello di sviluppo auspicato da Sismondi, quello di una prosperità a lungo termine alimentata dal pieno impiego e dal potere d’acquisto degli stessi lavo-ratori. E’ questo medesimo e armonico scenario sociale che giustifica l’attribuzione a Sismondi della definizione di Svizzera Pesciatina.

47 Ivi, p. 292.48 Ivi, p. 314.

BIBLIOGRAFIA

J.C.L. SIMONDE DE SISMONDI, “Tableau de l’agriculture toscane”, Genève, Paschoud, 1801 (reprints Genève, Slatkine, 1998, avec une introduction de F. Sofia)

C. PAZZAGLI, “Sismondi e la Toscana del suo tempo” (1795-1838), Siena, Protagon, 2003

J.C.L. DE SISMONDI, “Nouveaux principes d’économie politique”, I

J.C.L. de Sismondi, “Etudes sur l’économie politique”, I, Paris, Treuttel et Würtz, 1837

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FIG. 15 I LUOGHI SISMONDIANI

PESCIAVilla Ansaldi, oggi Bonnistalli, poco lontana dal Convento di Colleviti

Sismondi vi soggiornò appena arrivato a Pescia: una lapide sulla facciata recita: Anno 1892/ In questa villa restaurata ed ampliata / Dall’Avvocato Alessandro Ansaldi / Abitò negli anni 1794-95 / Il Sismondi / Lo storico delle Repubbliche italiane / Qui ebbe il primo modello della mezzadria Toscana / Da lui celebrata nelle sue opere Economiche / Rinnovanti la definizione della Scienza Sociale / Cui assegnò lo scopo / Dell’equa ripartizione della ricchezza / F.T.

Villa di Portavecchia (oggi sede della Biblioteca comunale)E’ la casa acquistata dalla Famiglia Simonde nel 1795, dove la madre visse fino alla morte. Si veda la descrizione che ne fa Sismondi nel Tableau de l’agriculture toscane, cit., pp. 224-225: “Sur le penchant de la colline est bâtie l’humble maison du maître, au dessous d’elle les bois d’oliviers s’étendent et se prolongent jusqu’aux trois croupes qui s’élevant l’une sur l’autre forment le sommet de la montagne, et sur lequel l’œil étonné distingue un gros village et plusieurs clochers ; chaque petit champ est entouré d’une élégante palissade de vignes, et ombragé par des arbres fruitiers; deux longues treilles couvrent les avenues qui parcourent ce petit bassin, et une source vive reparaissant en plusieurs endroits fait jaillir constamment trois ou quatre fontaines. Immédiatement devant la maison, trois terrasses s’abaissent les unes au-dessous des autres ; des nom-breux citronniers s’y entremêlent aux arbrisseaux et aux fleurs de parterres, le jujubier les décore de son élégant feuillage, et l’acacia du Nil les embaume du parfum de ses fleurs. Depuis ces terrasses l’œil découvre d’épais vergers, le commencement de la plaine, les rians jardin de Pescia, sa porte qui s’élève en arc de triomphe, ses clochers, son dôme et ses couvents qui se dessinent sur la verdure de la montagne opposée : la grosse bourgade d’Uzzano, qui se déployant sur un couteau rapide, semple planer au-dessus de la ville, les bois de chataigniers qui l’entourent, la vieille tour qui la domine, et le spectacle toujours riant, toujours fécond de l’agriculture de la Toscane.”

Casa Forti, ruga degli Orlandi, 54E’ la casa dove viveva abitualmente sua sorella dopo il matrimonio avvenuto nel 1798 con Anton Cosimo Forti

Convento di CollevitiSismondi frequentava la biblioteca del convento, quando scriveva l’Histoire des républiques italiennes: si veda la let-tera a Mme. de Staël da Pescia, 2 novembre 1807 (Epistolario, I, p. 199): “ la première fois que j’entrerai à la Bibliothèque du Couvent de nos capucins, je chercherai dans le grand recueil de la vie de cette Geneviève pour en savoir quelque chose .”

CAMPUGLIANO, OGGI BOTTEGHINO DI UZZANOSede di una residenza di campagna della famiglia Forti, la prediletta da Serina

UZZANO, BUZZANO, STIGNANOMenzionati nel Tableau come esempi architettonici della floridezza della repubblica fiorentina medievale

STIAPPASempre nel Tableau, ammira la bellezza delle donne e i loro costumi

VALLE DI PONTITOSempre nel Tableau, nota la disseminazione delle cartiere, la manifattura più importante della regione

Valle di Pontito

La Svizzera Pesciatina

Villa Ansaldi, oggi Bonnistalli

Villa di PortavecchiaConvento di Colleviti

Casa Fortiresidenza di campagna dei Forti Buggiano

Stignano

Uzzano

Stiappa

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Pieve di S.Tommaso a Castelvecchio

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2.2 beni storici

Testimonianze della ricca storia fin qui trattata sono le innumerevoli presenze materiali che punteggiano e strutturano il territorio della Svizzera Pesciatina, e che tanta parte rivestono nella caratterizzazione del paesaggio. Si tratta dei cosiddetti beni storici e architettonici, patrimonio di interesse culturale di proprietà dello Stato, delle regioni, di enti e di istituti pubbli-ci, nonché di persone private singole o organizzate in fondazioni, associazioni o similari.

Di seguito si trattano in dettaglio le diverse tipologie di questi beni: i beni puntuali o comunque localizzati come quelli archeologici e quelli artistici e architettonici per i quali, in questo territorio, si rende necessario un approfondimento specifico sull’archeologia industriale e le numerose cartiere presenti; i segni della mirabile viabilità storica che contribuisce da tempo a strutturare i rapporti tra le parti del territorio e a farne un unicum in cui ogni singola parte è complementare all’altra.

A questo quadro dei beni storici non può mancare la menzione degli aspetti che riguardano la tipica pietra locale e l’at-tività di estrazione ad essa legata con le sue cave attive, come si è detto, sin dall’antichità. La pietra infatti, con i suoi aspetti materici e coloristici, contribuisce a caratterizzare in maniera determinante tutti i beni storici che disseminano il paesaggio come per esempio le facciate delle “Castella”, i selciati stradali e le fonti collocate nelle piazze dei centri medievali, come anche le strutture agrarie dei terrazzamenti, i metati, i cippi e le varie tipologie di costruzioni rurali.

a cura di Ilaria Rossi Doria