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Desidero ringraziare:

-il Prof. Arch. Giuseppe Pagnano per aver accolto l’invito a presentare il volume

-il Prof. Arch. Cesare Cundari per gli stimoli costantemente rivoltimi

-il Prof. Arch. Giorgio Testa, per avermi trasmesso il piacere di apprezzare gli affascinanti “scena-

ri” relativi al linguaggio-disegno.

Un doveroso ringraziamento inoltre per i supporti garantiti:

-al Dipartimento di Rilievo Analisi e Disegno dell'Ambiente e dell'Architettura dell’Università degli

Studi di Roma "La Sapienza" per il sostegno bibliografico

ed infine, per il supporto iconografico di competenza:

-all’Accademia di San Luca

-all’Archivio Centrale dello Stato

-al Dipartimento IX del Comune di Roma

Progetto grafico e della copertina: F. Lanfranchi

Editing: F. Tomassi

In copertina: P. Aschieri, Prospetto (stralcio) per il progetto del Palazzo dei Ricevimenti e dei

Congressi all’E 42. Roma 1937. Accademia di San Luca, Donazione Aschieri, Scatola A Busta L.

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FABIO LANFRANCHI

LINGUAGGIO DI-SEGNIconsiderazioni sulla comunicazione grafica d’architettura

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via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1946–7

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: agosto 2008

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PRESENTAZIONE DI GIUSEPPE PAGNANO

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1DISEGNO E COMUNICAZIONE

LE “FASI” DEL PROGETTO

LA STRUTTURA DEL LINGUAGGIO, LA STRUTTURA DEL DISEGNO

LE SCALE DELLA RAPPRESENTAZIONE

DISEGNO E CONVENZIONE: I CODICI DELLA RAPPRESENTAZIONE

DISEGNO E POETICA

PERCEZIONE E SELEZIONE

OPPORTUNITÀ CIRCA L’USO DI GRAFICI BIDIMENSIONALI E TRIDIMENSIONALI

PARZIALITÀ COMPLEMENTARITA’

CAPITOLO 2LA COMUNICAZIONE SELETTIVA

SCOMPOSIZIONE, SELEZIONE E COMUNICAZIONE GRAFICA

L’ANALISI GEOMETRICO PROPORZIONALE

DISEGNO E CONVENZIONI GRAFICHE

SUI LINGUAGGI DEL DISEGNO

IL DISEGNO... TRA CAD E TECNIGRAFO

CAPITOLO 3CENNI SULLA DIACRONIA DEL LINGIAGGIO ARCHITETTONICO

ARCHITETTURA E RAPPRESENTAZIONE

CAPITOLO 4LA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO URBANO: LO SCENARIO DEL VILLAGGIO

OLIMPICO DI ROMA

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INDICE

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APPENDICE

APPARATI PER LA RAPPRESENTAZIONE

MEZZI ESPRESSIVI DEL DISEGNO: SUPPORTI E STRUMENTI

I SUPPORTI DEL DISEGNO: NATURA E FORMATO

GLI STRUMENTI DEL DISEGNO E LE TECNICHE DI ESECUZIONE

LE MATITE

LE PENNE

GLI STRUMENTI AUSILIARI AL DISEGNO

IL DISEGNO AUTOMATICO

NOTA BIBLIOGRAFICA

INDICE DEI NOMI

INDICE DEI LUOGHI

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PRESENTAZIONE

Dopo aver messo in luce il valore strumentale del Disegno nel processo di trasmissionedall'ideazione progettuale alla realizzazione dell'opera architettonica, Lanfranchi afferma lanatura linguistica del Disegno e lo fa al di fuori dell'ambito disciplinare della linguistica appli-cata all'architettura o meglio della semiologia. Non ci vengono incontro dalle sue pagine inomi di Koenig e di Gamberini, di Eco o di De Fusco, tutti sostenitori della natura lingui-stica dell'architettura, e neppure quello di Brandi che strenuamente si oppose all'ipotesi dellinguaggio verbale come modello per ogni altro linguaggio o sistema di segni. Gli autoricitati, nella seconda metà degli anni '60 del secolo scorso, si facevano costruttori di com-plesse elaborazioni di modelli linguistici per svelare i processi della significazione dell'archi-tettura, accettando del modello verbale ciò che si poteva applicare al segno architettonicoe scontrandosi con la difficoltà a riconoscere l'elemento significante, alle scale di fonema edi parola, ed il suo significato. La teoria di Eco sembrava offrire maggiore aderenza allemodalità di comunicare dell'architettura distinguendo un significato primo funzionale da unsignificato secondo simbolico, correlato ad un segno completo di significante materiale edi significato astratto. I significati primi o denotati ed i significati secondi o connotati costi-tuivano i due poli della semiosi architettonica ed entrarono utilmente nel linguaggio dellastoria e della critica di architettura. La costruzione semiologica più complessa e matura siebbe con l'opera della Scalvini che individuava l'architettura come una «semiotica conno-tativa» e che sembrava aver risolto tutti i problemi teorici ma poi l'eclisse dello struttura-lismo coinvolse anche questo settore di studi ed improvvisamente non si parlò più né disegni né di linguaggio. Qualcosa è però rimasto al fondo e deve aver avuto una circolazio-ne sotterranea se ora si torna a parlare di linguaggio e di segno nel campo dell'architettu-ra senza però il fardello della meccanica dello strutturalismo e senza la sua rigidità termi-nologica e la conseguente dichiarazione di adesione ad una scuola o ad un autore. Se neparla, come fa Lanfranchi, con naturalezza, quella che si ha quando si usano parole enozioni assodate dall'uso.Il Disegno è linguaggio in quanto dà forma al pensiero progettuale in ogni sua fase e, perdirla con le parole dell'autore, il Disegno è il «linguaggio per la formazione/formulazionedel pensiero». Utile è l'analisi fatta del processo progettuale in rapporto al Disegno ed allevarie modalità di comunicazione ed acuta è la nozione di schizzo come sistema aperto chefa comunicare l'architetto con sé stesso mentre suggerisce agli altri «immagini o intendi-menti completamente diversi da quelli ipotizzati». Lanfranchi passa a definire la struttura del linguaggio grafico ed analizza le scale ed i codi-ci della rappresentazione, relativi alle scelte dei metodi rappresentativi che rivelano scelte

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linguistiche dell'architettura piuttosto che opzioni di trasmissione delle informazioni grafi-che. Quindi affronta con originalità i temi della poetica e della percezione, rivelando dietrouna scrittura distaccata la ricchezza delle osservazioni e delle riflessioni.Nel capitolo dedicato alla comunicazione selettiva, Lanfranchi illustra come analizzare undisegno attraverso una scomposizione delle sue parti, scelte secondo vari criteri in rappor-to alla comunicazione. Questa parte del volume è quella di maggiore densità, derivata dal-l'esercizio dell'analisi e dalla sistemazione teorica delle osservazioni raccolte nella prassi.Particolarmente penetrante è il paragrafo sull'analisi geometrico proporzionale in cui l'au-tore afferma che «tra le molteplici e possibili analisi interpretative, la geometria può con-siderarsi come fondamentale e pertinente strumento» e riconosce che la ricerca dellematrici geometriche, delle proporzioni canoniche e della modularità sono tra i fondamen-ti configurativi dell'opera di architettura ed illustra questa tesi con abbondanti esempi. Qui,anche se non espressamente citata, si riconosce la tradizione culturale romana nel campodell'analisi grafica che, da Vincenzo Fasolo in poi, ha messo a punto la lettura dell'architet-tura antica e moderna attraverso il ridisegno e la scomposizione grafica per riconoscervitracciati regolatori, sezioni auree, rettangoli dinamici, partizioni notevoli, la presenza di pro-porzioni musicali, moduli e griglie modulari, di regole della composizione grafica median-te simmetrie semplici e complesse, iterazioni, bilanciamenti. Un armamentario della vec-chia accademia che, rimesso in luce, offre la possibilità di leggere, attraverso opportunimetodi di analisi coerenti con le forme da indagare, le configurazioni formali antiche e inparte quelle moderne.La trattazione delle convenzioni grafiche mette in evidenza la necessaria limitazione allalibertà espressiva imposta dalle regole della comunicazione. Il disegnatore, in ogni fase delprogetto, ha un utente diverso a cui comunicare i contenuti del disegno e questa trasmis-sione delle informazioni è possibile solo se si ha in comune il codice di norme e conven-zioni. La convenzionalità delle norme è tale da far distinguere a Lanfranchi i diversi «lin-guaggi del disegno» necessari come nel caso, efficacemente esposto e commentato, deidisegni progettuali predisposti per l'approvazione delle amministrazioni pubbliche con ilrilascio della licenza edilizia. Negli anni '30 del Novecento era possibile produrre disegni checontravvenivano alle regole del metodo delle Proiezioni Ortogonali presentando piante conla notazione dei pilastri in c.a., mediante quadrilateri anneriti, all'interno delle sezioni deimuri in chiaro, oltre a varie mancate corrispondenze proiettive e al diverso trattamento deiprospetti sullo spazio pubblico, corredato dalle ombre, e dei prospetti sullo spazio privatolasciati a «fil di ferro». Mentre oggi l'abbondanza di norme e vincoli ha fatto ampliare il

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corpo dei disegni elaborati per l'amministrazione e vi ha affiancato «schemi, tabelle, gra-fici e non di rado modelli tridimensionali mirati alla comunicazione di tutti i possibili aspet-ti dell'organismo progettati». Cenni sulla storia del Disegno di architettura a partire dalSettecento e la trattazione del Disegno dello spazio urbano - con l'analisi del caso delQuartiere Olimpico di Roma - arricchiscono di temi il volume. Il testo di Lanfranchi nasce dalla riflessione sulle procedure di produzione e di comunica-zione del Disegno piuttosto che dall'assunzione di una forte armatura teorica di cui l'auto-re non sente alcun bisogno, confidando sulla giustezza delle sue analisi, perfettamentecondivisibili da tutti. Con questo sereno empirismo il Disegno ha sempre bisogno di con-frontarsi per riprendere alimento dalle cose e dai disegni.

Giuseppe Pagnano

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Generalmente si è portati ad attribuire al disegno ilruolo di strumento attraverso il quale è possibile la rap-presentazione e quindi la comunicazione di una qual-siasi entità spaziale semplice o complessa, fisicamenteesistente o solo presente nella mente dell'operatorema in ogni modo formata. Ma, tentando di indagare icomplessi meccanismi posti alla base del processo gra-fico, ci si rende immediatamente conto di come in real-tà questa definizione del disegno principalmente inte-so come mezzo, risulti quanto meno semplicistica ecomunque riduttiva.Nell'atto del disegnare, inneschiamo inconsapevol-mente una serie di meccanismi mentali, tra i quali:l'accesso e la successiva restituzione/elaborazione deidati figurativi presenti nella memoria.Il rappresentare, per esempio, un'entità spaziale daparte di un architetto o una figura umana da parte diun bambino, implica una serie di considerazioni quali lerelazioni tra parti, sintesi rappresentative e convenzio-ni che, se ragionevolmente relazionate, traducono segià assimilate, o tentano di tradurre se ancora nonchiare nella mente, la materializzazione sia purcomunque vincolata alla bidimensionalità del supportoespressivo, fino ad un attimo prima solo allocata nellamemoria.In altre parole un disegno risulterà tanto più chiaro,quanto meglio si conoscono le leggi che governano larelazione tra le parti e, viceversa, tanto più nebulosoe/o indeciso nel tratto, quanto più le leggi di relazionetra e delle parti risultano labili. Evidentemente la «resti-tuzione grafica» di una qualsivoglia entità, che sia fisi-ca o mnemonica, per risultare esaustiva, deve potersi

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INTRODUZIONE

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basare su sufficienti livelli di conoscenza, in alternativail prodotto grafico risultante diverrà interlocutorio, tuttoal più allusivo.Ma se l'indecisione del tratto così come il «ripensamen-to» grafico sono le prerogative proprie di un processoconoscitivo per nulla concluso, incarnano al contempola prova tangibile del superamento del ruolo del dise-gno-strumento, a favore del disegno inteso come utilemezzo di conoscenza, in grado di favorire il processodi progressivo avvicinamento all'entità o all'idea che,da mentale, articolandosi proprio per mezzo del segno,diviene gradualmente visibile e via via sempre piùesatta.Il progressivo avvicinamento alla realtà passa quindiattraverso una serie di segni elementari (in altri termi-ni di glifi) che, al pari delle singole lettere o grafemi nellinguaggio scritto e dei fonemi in quello parlato, davaghi concetti espressi in schizzi o frasi prima incom-plete, rincorrendosi ed affinandosi, ampliano progres-sivamente la conoscenza dell'operatore e ne «materia-lizzano» le intenzioni. La considerazione del disegnocome linguaggio, per altro già ampiamente diffusa edaccreditata, permette soprattutto in ambito didattico,l'evidenziazione del ruolo formativo del disegno a pre-scindere dai già evidenti aspetti strumentali.In effetti, se consideriamo la definizione di linguaggio:particolare significato che l'uomo riconosce o attribui-sce a determinati segni, gesti, simboli e simili e facol-tà di esprimersi mediante il loro uso, e la relazioniamoal disegno, non possiamo non riconoscerne una com-pleta corrispondenza.Evidentemente allora se un corretto linguaggio, peressere tale, deve rispondere ad una serie di regole, ildisegno-linguaggio, analogamente, non può prescin-dere da convenzioni e regole rappresentative.Chiaramente così come il linguaggio si conforma al tra-scorrere del tempo alle diverse epoche e quindi alle

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diverse opportunità/necessità espressive, il percorsodel disegno proseguendo in perfetta assonanza, siadatta, mutando contenuti, regole, convenzioni e tec-niche, e dando origine a rappresentazioni che, sia purediversificate per ambiti e periodi storici, si formulano divolta in volta su contenuti, convenzioni e regole in con-tinua evoluzione.

L'architettura è arte del costruire, il disegno d’architet-tura citando Vagnetti è: arte figurativa dello spazio,l’architetto a differenza del pittore e dello scultore,esplica la parte creativa del proprio lavoro attraverso la«mediazione» del disegno. Disegno che ancor oggi, inepoca caratterizzata dalla ormai consolidata rappre-sentazione informatica, si qualifica come duttile stru-mento di lavoro, nella sua duplice opzione «tradiziona-le» ed «innovativa», condizioni caratterizzate da speci-ficità operative distinte: la prima, insostituibile per lefasi progettuali immediatamente successive al fogliobianco, la seconda più propriamente consona in quel-le relative al lasso temporale in cui, lo stesso disegnopuò definirsi come il temporaneo «sostituto» dell’ope-ra fisica che in esso è rappresentata.

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DISEGNO E COMUNICAZIONE

Si è accennato al disegno come fondamentale mezzoatto a favorire la progressione della conoscenza; saràopportuno a questo punto del discorso precisare ilruolo del disegno come mezzo espressivo entrando nelmerito del processo comunicativo.Per progetto si intende l'insieme di calcoli, disegni edelaborati necessari a definire inequivocabilmente l'idea,in base alla quale realizzare una qualsiasi opera d'inge-gno.In altre parole il progetto, in questo caso architettoni-co, è definibile come tramite tra l'idea di un manufattoe la sua realizzazione. Il «mezzo» attraverso il qualequesto processo prende prima corpo e viene successi-vamente «trasmesso» è il disegno. Disegno, quindi,inteso sia come strumento di rappresentazione, tesoalla definizione sempre più precisa di quella serie dicomponenti che legate da leggi funzionali, tecnologi-che, poetiche, concorrono alla definizione dell'elemen-to architettonico, sia come linguaggio per la formazio-ne-formulazione del pensiero.In definitiva, il disegno «accompagna» l'iter progettua-le, aderendo alle diverse fasi conoscitive attraversomanifestazioni espressive sempre più efficaci, offrendoal contempo, anche per il percorso che sotto certiaspetti impropriamente potremmo definire inverso,ossia per il rilievo, una idonea chiave di lettura.

CAPITOLO 1

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Tornando al tema più generale del progetto architetto-nico (già definito come tramite tra idea e sua realizza-zione), è opportuno soffermarsi su come il linguaggiosi articoli secondo una gamma espressiva vastissima,finalizzata di volta in volta al conseguimento di esitidiversificati, pur rimanendo l'oggetto della rappresen-tazione costante. È quindi a questo punto opportuno,delineare le motivazioni che tendono ad orientare lescelte del tipo di rappresentazione e quindi l'opportuni-tà delle stesse.

LE «FASI» DEL PROGETTO

É possibile evidenziare, nell'ambito del processo pro-gettuale, due distinte fasi del disegno: la prima che si

1/F. Borromini, Pianta parziale distudio dell’abside di San Carlo alCorso. Alb. 159

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può definire ideativa, corrispondente alla formazionedel pensiero, contraddistinta da una serie di rappre-sentazioni problematiche allusive ed ambigue, ed unaseconda più propriamente definibile come comunicati-va, determinata dal controllo del pensiero, dove la rap-presentazione diviene convenzionale, descrittiva, ine-quivocabile.Al variare delle fasi corrisponde in sostanza una varia-zione dei fruitori del messaggio grafico: l'insieme deidisegni definibili come ideativi sono principalmentefinalizzati ad un unico «interlocutore»: lo stesso idea-tore; i grafici appartenenti alla fase di definizione e diprescrizione, viceversa, devono essere caratterizzatida alta convenzionalità espressiva, in quanto finalizza-ti alla comunicazione progettuale nei confronti degliattori partecipanti al processo edilizio: committenza,amministrazioni, maestranze.

2/F. Borromini, Studio per i cam-panili di San Pietro. Alb. 735

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3/A. L. Moretti, QuartiereOlimpico, Roma, 1958. Disegnoautografo. Studio di uno stralcioplanimetrico. Lucido a china, mm310x280. Archivio Centrale delloStato. N. 58/181/4R

4/P. Aschieri, Schizzi per il pro-getto della piazza Imperialeall’E42, Roma 1937. Accademia diSan Luca, Donazione Aschieri,Scatola B Busta D.

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5/A. Libera, Studi per l’arcodell’E42, 1937-40

6/L. Moretti. II Concorso per ilPalazzo del Littorio e la Mostradella rivoluzione, Roma, 1937.

Disegno autografo Soluzione 10 -Schizzo prospettico, schema plani-metrico e studio dell'interno della

cappella, mm 420x615. Archivio Centrale dello Stato. N.

37/79/24 OR.

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8/F. Gehry, Sezione dell’edificio per uffici Nationale-Nederlanden, Praga 1992-95

Pagina precedente7/F. Borromini, Disegno per un altare per il collegio di Propaganda Fide.Milano Collezione privata.

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Ed è proprio partendo dalla distinzione dei fruitori cheè possibile operare una fondamentale distinzione inmerito alle diverse finalità comunicative degli stessigrafici ed in conseguenza di ciò dei diversi gradi di con-venzionalità espressiva.Come ho accennato, i primi segni grafici elaborati nelprocesso progettuale sono caratterizzati da un tipo dicomunicazione quasi mai convenzionale, piuttosto per-sonale: in molti casi mostrando i primi schizzi proget-tuali non di rado si finisce per suggerire immagini omeglio intendimenti completamente diversi da quelliipotizzati.I primi disegni saturi di intenzioni, talvolta ancora sololatenti, appartengono ancora a quello che può definir-si un «sistema aperto»: i segni in un primo momentoespressi quindi evidenziati poi cancellati e/o ancoraribaditi, più che comunicare, innescano, stimolano,suggeriscono.I segni rapidi e ripensati, caratteristici degli schizzi di

9/F. Gehry,Pianta al livellotipodell’edificio per uffici Nationale-Nederlanden, Praga 1992-95

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studio o dei bozzetti, risultano quindi esenti da conven-zioni canoniche ed una volta interpretati senza i «filtri»soggettivi dell'esecutore, divengono un «contenitore»d'intenzioni comunque aperte a libera interpretazione;ogni osservatore li decodifica applicando le proprieconvenzioni ed in conseguenza «vede» cose diverse(figg. 1-6). La completa (e aggiungerei lecita) mancanza di con-venzioni «oggettive» del linguaggio grafico di questaparticolare fase progettuale deve, nel prosieguo delprocesso, obbligatoriamente cambiare in favore di unacomunicazione grafica convenzionale.L'immagine che per mezzo del disegno gradualmenteprende corpo, indagata dapprima solo formalmente,viene poi via via valutata, messa in discussione, cali-brata, razionalizzata e, infine, tradotta in un linguaggionon più personale ma appunto convenzionale, ogget-tivo (figg. 7-9) affinché per prima la committenza e poiin seguito le amministrazioni, i tecnici e le maestranzepartecipanti al processo edilizio, possano prima appro-varla e quindi porla in essere, «tradurla» insommadalla bidimensionalità del foglio da disegno alla realtàfisica, all'architettura costruita.

LA STRUTTURA DEL LINGUAGGIO, LA STRUTTU-RA DEL DISEGNO

Definita, anche se in maniera sintetica e quindi inevi-tabilmente parziale, l'affinità tra disegno e linguaggio,può risultare utile, a questo punto del discorso, servir-si di tale affinità per facilitare la comprensione degliimprescindibili, anche se non esclusivi, legami del dise-gno con il progetto, continuando ad ipotizzare, sia purefaziosamente, una sorta di sillogismo tra strutturacomunicativa letteraria e struttura comunicativa pro-

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gettuale.In effetti, così come possiamo «scomporre» un com-ponimento letterario nei vari periodi a loro volta com-posti con varie proposizioni formate da insiemi di paro-le, è possibile compiere un’analoga operazione discre-tiva nei confronti del progetto.Al periodo inteso in senso linguistico, la cui definizionesemplificata può essere riassunta in: unione di due opiù proposizioni con un senso compiuto, possiamorelazionare tutta la serie degli elaborati grafici tematiciquali esecutivi specialistici, grafici per la committenza,grafici amministrativi ecc. che, anche se dotati di sensocompiuto per ogni campo di pertinenza, permettono lacompleta esemplificazione dell'opera progettata solomediante una lettura complessiva.Analogicamente, così come la formulazione del perio-do letterario avviene mediante l'uso delle proposizionio frasi, la cui definizione nell'accezione letteraria, puòessere sintetizzata in: unità linguistiche elementari incui si esprimono pensieri di senso compiuto, una com-pleta elaborazione progettuale si avvale dell'insiemedelle rappresentazioni alle varie scale, intese comeunità espressive al contempo definite ma complemen-tari. Alla base del linguaggio, infine, la parola che, defi-nibile come: termine o vocabolo, in quanto singolo ele-mento d'espressione, trova nel segno grafico elemen-tare l’ennesima corrispondenza analogica.Ho accennato al ruolo fondamentale ma al contemponon esclusivo del disegno nell'ambito della comunica-zione progettuale; in effetti: «l'attività progettuale nonè assorbita solo dal disegno e può viceversa concretiz-zarsi con altri procedimenti di "rappresentazione":pensiamo alla progettazione matematico-geometricadell'architettura egiziana o romana o all'uso del model-lo nel periodo rinascimentale»1 (fig. 10) ed ancoraall'uso dei modelli «funicolari», complesse costruzionidi fili e pesi con le quali Antoni Gaudì, complice la forza

Pagina precedente10/Modello della cupola di San

Pietro (1558-1561) eseguito perordine di Michelangelo e modifica-

to prima da Giacomo Della Porta(fine XVI sec.) poi da Luigi

Vanvitelli

1. G. Testa, «Disegni e progetto,metodi e tecniche in funzione del

progetto», in AA.VV. Il Laboratoriodi Disegno dell'Architettura II (acura di C. Cundari, L. Carnevali)

Kappa, Roma, 1997

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di gravità, a cavallo tra '800 e '900, realizzava modellirovesciati delle sue ipotesi costruttive. Il percorso delmodello in breve, continua ad evolversi e continua tut-tora, fino ai modelli non più fisici ma virtuali dell'oggi,resi possibili da hardware e software sempre più evo-luti, utilizzati già nelle prime ipotesi spaziali come mezziideativi vedi i lavori di F. O. Gehry (fig. 11) oltrechécome strumenti più propriamente rappresentativi. Inconclusione, quindi, un ulteriore tentativo di dimostra-zione, tesa anche in questo caso alla evidenziazionedell'importanza del disegno nel processo evolutivo pro-gettuale, sottolineandone la non essenzialità: «... percomprenderne, aldilà di meccaniche dipendenze eassuefazioni, la centralità. Nel momento in cui se ne

11/F. Gehry,Vista del modello delmuseo Guggenheim di Bilbao,1991-97

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coglie la limitazione, è forse possibile inquadrare ildisegno non come strumento, sia pure articolato esofisticato, ma invece come procedimento della for-mazione del pensiero spaziale stesso, progettualenella circostanza.»2

LE SCALE DELLA RAPPRESENTAZIONE

Come accennato in precedenza un qualsiasi grafico,nel nostro caso architettonico, per essere compresodeve essere redatto con modalità, simbologie e scalegrafiche in grado di aderire a precisi requisiti di conven-zionalità espressiva consona al tema e quindi alla spe-cificità di argomento.Chiaramente, considerando i vasti campi d'interventorelativi alla professione dell'architetto (dalla pianifica-zione a scala territoriale fino alla progettazione relativaall'ambito del design), si dovrà necessariamente farericorso ad un apparato rappresentativo estremamen-te vario sia dal punto di vista della convenzione grafi-ca che, ovviamente, da quello relativo alla scala dellarappresentazione. Ad esempio le peculiarità comunicative di un una car-tografia redatta su base aerofotogrammetrica sonosostanzialmente caratterizzate da una «restituzione»della realtà spaziale piuttosto allusiva e convenzionale,l'opportunità di lettura del reale rapporto tra consisten-za e spazi non edificati è solo indicativa; questo tipo dielaborato è caratterizzato infatti da una sostanzialeprecisione proiettiva della realtà su piano ma la realtàorografica il più delle volte in piano non lo è affatto. Adun alto livello di convenzionalità espressiva corrispon-de al contempo, un'altrettanto necessario uso di ele-menti grafici sintetici con una spiccata valenza simbo-lica.

2. G. Testa, «Disegni e progetto,metodi e tecniche in funzione del

progetto». in AA.VV. Il Laboratoriodi Disegno dell'Architettura II (acura di C. Cundari, L. Carnevali)

Kappa, Roma, 1997

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12/ M. Ridolfi, Casa De Bonis 1, Pianta primo piano, pianta coperture dettagli cm 59 x 77,5Ponte alle Cave (TR)

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Una base cartografica di una realtà urbana in scala1:10.000, ad esempio, evidenzia la consistenza ediliziaper mezzo di sagome normalmente campite in nero;ebbene la scelta di una tale trattamento non può certodefinirsi casuale, graficamente infatti: «... il fenomenoimmagine-sfondo concerne l'alternanza visiva fra ciòche viene considerato positivo, o pieno, e ciò che è rite-nuto negativo, o vuoto. Nel disegno, il riconoscimentodi una forma negativa è importante, poiché la confor-mazione dello spazio che circonda una figura è altret-tanto "positiva" per il campo visivo»3. Nel caso inoggetto i fabbricati, rappresentati appunto come sago-me nere, tendono ad essere identificati dal nostrosistema percettivo come «pieni» e gli spazi bianchicome «vuoti». Chiaramente, e non potrebbe essere altrimenti, ad unaalta sintesi rappresentativa, corrisponde una altrettan-to evidente astrazione della rappresentazione dallemolteplici altre componenti caratterizzanti, nel casospecifico, la realtà spaziale dello stesso tessuto ediliziorappresentato; una per tutte ad esempio l'altezza. In altri termini, l'opportunità e l'efficacia di un qualsia-si disegno, ad una qualsiasi scala di rappresentazione,dipende tanto dallo spazio fisico disponibile su carta,quanto dalle istanze comunicative idonee per quel tipodi scala (fig. 12). Tali considerazioni, ossia i limiti impo-sti da superficie a disposizione e finalità comunicativecomunque legate alla specificità di scala, credo possa-no contribuire al chiarimento del concetto relativo allacomplementarità delle diverse scale della rappresenta-zione. Ogni scala di rappresentazione offre, quindi, unagamma rappresentativa ben definita e, come si è vistonon potrebbe essere altrimenti, risulta in effetti diffici-le immaginare o meglio disegnare la planimetria peresempio di un qualsiasi quartiere in scala 1:5000 e dirappresentarne i tetti completi di falde, le relative tego-le e grondaie. Estendendo questo tipo di prassi ad ogni

3. T. Porter, S. Goodman, BasicDesign, Ed. Clup di Città Studi

scrl, Milano 1991

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13/ Disegno esecutivo dell’armatura del portale tipo dell’auditorium del Centro Pirelli, Milano pro-getto strutturale P.L. Nervi, A. Danusso, 1958

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rappresentazione, architettonica e non, si desumefacilmente che ad ogni rapporto di scala deve corri-spondere una specificità comunicativa definita ed alcontempo propria per contenuti. Le diverse compo-nenti specialistiche che concorrono alla definizione diun progetto architettonico, definite attraverso un sus-seguirsi di graduali approfondimenti tesi all'individua-zione delle parti e delle relazioni tra le stesse, sonodesumibili solo attraverso un coordinato insieme digrafici a differenti scale, che, in analogia linguistica allastessa stregua dei capitoli di un testo letterario, sianocapaci di esemplificare ruoli e regole senza perderemai di vista il fine: l'esatta rappresentazione dell'orga-nismo architettonico.

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DISEGNO E CONVENZIONE: I CODICI DELLARAPPRESENTAZIONE

Rilevate, anche se sommariamente, le affinità tra dise-gno e linguaggio sia in termini strumentali (relativi cioèalla comunicazione) che strategici (ossia atti a favorirela progressione della conoscenza), si è poi accennatoalla comune capacità di adeguamento, sia in terministrutturali che di convenzione, alle trasformazioni evo-lutive dei tempi e, aggiungerei, dei luoghi o meglio, nelcaso del disegno, degli ambiti. In effetti così come il linguaggio si differenzia per real-tà geografiche in diverse lingue, ossia in: sistemi gram-maticali e lessicali per mezzo dei quali gli appartenen-ti a diverse comunità comunicano tra loro anche il dise-gno, se inquadrato in una ottica comunicativa specia-listica, non prescinde da questa definizione. Il sistemadelle convenzioni ed in parte delle regole comunicativedei differenti campi specialistici convalida sotto molte-plici aspetti questa ipotesi. La completa definizione grafica di un progetto ediliziosi avvale di un insieme di elaborati definibile come pro-getto esecutivo, caratterizzati da diversi e specificicampi d'intervento. La prassi comunicativa di questielaborati tra i quali si annoverano gli strutturali, gliimpiantistici, gli architettonici ecc. si avvale di conven-zioni grafiche ed in parte di regole rappresentative spe-cifiche e comunque esclusive per ogni campo di tratta-zione. Si pensi ad esempio alle caratteristiche graficheproprie degli elaborati di carpenteria (fig. 13) ed in par-ticolare alla non certo intuitiva disposizione grafica dellearmature rispetto al contesto di appartenenza (travi,pilastri ecc.). O, ancora, alla specificità grafica relativaagli elaborati elettrici esecutivi (dorsali, schemi, quadri)dove l'uso delle convenzioni grafiche e dei simbolidiviene talmente specialistico da rendere l'elaboratocompletamente astratto agli occhi dei non addetti ai

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lavori. Per quanto riguarda gli elaborati grafici architettonici,infine, che ad una sommaria analisi visiva possonorisultare di più semplice comprensione degli elaboratiappena trattati, di fatto sono formulati sulla base diuna tale e tanta varietà di convenzioni e simboli, peraltro variabili in dipendenza delle diverse scale di rap-presentazione, da rendere l'esecutore un vero e pro-prio interprete, vista la complementarità tra elaborati,coordinatore ed al contempo regista. In molti casi,

14/A. Sant’Elia, Casa a gradoniper la Città Nuova, 1914

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infatti, le convenzioni grafiche (relative ad esempio aimateriali) variano al variare della scala di rappresenta-zione; si pensi alle diverse campiture convenzionali perla definizione del calcestruzzo o del legno che varianoa seconda della scala di rappresentazione acquisendosempre maggiori dettagli con la diminuzione del deno-minatore del rapporto di riduzione. Si è detto che una struttura comunicativa per esseretale deve utilizzare delle convenzioni e dei codici quan-to più rigorosi; questi, nel caso del disegno, nasconoda normative grafiche e dalle regole proiettive propriedella geometria descrittiva. Tuttavia anche questi codi-ci, consentono alcuni margini di libertà; ad esempio èpossibile optare per l'utilizzo di diversi metodi rappre-sentativi: assonometria, prospettiva, proiezioni orto-gonali. La struttura comunicativa non risulta esserequindi così rigida da non permettere nel tempo alcunelievi ma al contempo significative variazioni. Le scelte relative ai metodi rappresentativi, ai tagli, aitrattamenti risultano, come vedremo in seguito, esse-re indissolubilmente legate ai corrispettivi esiti architet-tonici; ad esempio ricordiamo le rappresentazioniassonometriche di van Doesburg e van Eesteren,esponenti del movimento architettonico De Stijl(1917-1931), che divengono non solo mezzo comuni-cativo ma soprattutto strumento progettuale, o anco-ra gli inconfondibili tagli prospettici di Antonio Sant'Elia;in altre parole la poetica del grafico, oltre a connotarele scelte espressive, ne caratterizza, precorrendonel'eventuale esecuzione, la poetica. La tecnica, lo stile dirappresentazione, il taglio, il formato, il segno grafico,dunque, devono essere intesi come testimonianzadelle intenzioni intellettuali degli autori: « I disegni d'ar-chitettura divengono perciò altrettanto precise quantoconvincenti professioni di fede culturale, che, acqui-stando un loro proprio valore artistico, possono a buondiritto proporsi come opere autonome»4 in grado, al

4. V. Magnago Lampugnani, Larealtà dell'immagine, disegni di

architettura nel Ventesimo Secolo,Ed. di Comunità, Stoccarda 1982.

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pari dell'architettura costruita, di contribuire in manie-ra determinante all'evoluzione dello stesso pensieroarchitettonico, e questo sia nel caso in cui rappresenti-no progetti disegnati e poi realizzati fisicamente, checoncepiti per essere costruiti ma poi mai realizzati oancora come progetti già ipotizzati con la consapevo-lezza dell'irrealizzabilità. Si pensi ad Antonio Sant'Eliaappunto con le sue visioni per la «Città Nuova», o aTony Garnier ed alla sua Cité Industrielle (figg.14-15).

DISEGNO E POETICA

Il processo comunicativo si avvale quindi di norme,codici e convenzioni che, se opportunamente modula-te, possono caratterizzarne modalità espositive edintenti. Ricollegando le procedure comunicative dellalinguistica nella sua accezione concreta (ossia la scrit-tura) a quelle relative al disegno, possiamo individua-

15/T.Garnier, Industrie della CitéIndustrielle, 1917

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re per entrambi i casi due esiti espressivi distinti: prosae poetica.Mentre la prosa è una forma di espressione linguisticanon sottomessa alle regole della versificazione, la poe-sia trasmette il proprio messaggio utilizzando tanto ilsignificato semantico delle parole quanto il suono ed ilritmo che le stesse parole imprimono alle frasi. In ambito poetico il linguaggio ha facoltà di potersicaratterizzare per mezzo di una serie di deroghe aicodici espressivi convenzionali, le cosiddette licenzepoetiche che, se da una parte tendono a diminuire lacompiutezza espressiva propria della prosa, avvicina-no dall’altra gli esiti compositivi alle caratteristicheemotive, emozionali ed evocative strettamente ineren-ti alla musica. In altre parole la lingua nella poesiaassume la duplice funzione di vettore sia di significatoche di suono. L’accezione suggerita dallo Zingarelli per poetica ripor-ta: l’insieme delle concezioni e delle idealità artistichedi uno scrittore. In realtà questa definizione limita il piùcompleto significato del termine; il concetto di poeticavalica, infatti, i limiti imposti dalla sfera letterale perinvestire tutte le possibili modalità di espressione arti-stica; si può parlare infatti di poetica come dell’insiemestrutturato degli intenti espressivi e di contenuto cheun artista o un movimento artistico, a prescindere dalsettore di attività, propugna in seno alla corrente cul-turale di riferimento. Nel caso del disegno potremmo individuare i duedistinti momenti espressivi di prosa e poetica, appenadefiniti per la linguistica, in due diversi aspetti comuni-cativi comunque appartenenti al medesimo percorsoprogettuale.La rappresentazione canonica e convenzionale seguele regole della prosa: in questo tipo di comunicazionenon c’è spazio per l’allusione, nei disegni di progettocosì come in quelli di rilievo il modo espositivo aderisce

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18/ A. Susini. Prospettiva eseguita per il progetto di E. Del Debbio per la nuova sede dellaFacoltà di Architettura di Roma a Valle Giulia, tempera su legno 84x45 cm

17/ A. Susini. Prospettiva eseguita per il progetto di sistemazione della pineta e della spiaggia diCastel Fusano al termine della via Imperiale; tempera su legno 98 x 45 cm.

16/ L. Moretti. Foro Italico, Roma. A destra la testata della Foresteria Sud a sinistra l’Accademiadella Scherma e sullo sfondo lo stadio del tennis.

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all’oggettività imparziale dello «svolgersi dei fatti»;questo non significa chiaramente che l’esito graficorisulti in questo caso scontato e/o peggio sterile masolo che esso utilizza regole e disposizioni riconosciuteche solitamente non portano ad: «...esiti inaspettati,non solo per inadeguatezza figurativa, ma per ineffica-cia predittiva. Con simili immagini infatti, si è quasinaturalmente portati ad apprezzare solo quanto già sipratica e non altro; certamente non gli aspetti architet-tonici più innovativi che pure elaborati di questo tipopossono contenere.»5

Nella rappresentazione architettonica poetica la lineaespositiva ha quindi, viceversa, facoltà di assumere unproprio lessico, una propria «metrica» che è, si ribadi-sce, applicabile prescindendo dalla convenzionalitàespressiva. La stessa, diviene terreno espressivo più aperto, menoconvenzionale e quindi più consono alla «trasmissio-ne» dell’intento architettonico piuttosto che alla comu-nicazione fisica dello stesso. La capacità di rendere discrete le innumerevoli compo-nenti relative all’architettura è, come già asserito, unatra le prerogative del disegno. Invero, proprio attraver-so tale duttile strumento utilizzato, poeticamente,risulta possibile indagare e comunicare anche gliaspetti ideali del progetto, come quelli emozionali cosìfortemente presenti nel momento ideativo. Ora, sebbene il momento figurativo della rappresenta-zione definita poetica, viene ad inquadrarsi, a tutti glieffetti, nella fase progettuale «comunicativa», tuttavia,esso trova i propri riferimenti nell’antecedente fase«ideativa».Più specificamente, gli esiti formali di questo tipo dirappresentazione vanno inquadrati in un ambitocomunicativo non strutturato a fini divulgativi. Difatti, ilcampo di applicazione privilegiato rimane internoall’identico processo progettuale e, pertanto, sostan-

5. G. Testa, A. De Sanctis,Rappresentazione e architettura,

linguaggi per il rilievo ed il proget-to, Gangemi Editore, Roma 2003.

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zialmente relativo al medesimo artefice il quale, pro-prio attraverso questo tipo di rappresentazione, avvici-nandosi ad esiti per certi aspetti simili al campo pitto-rico, libera l’intento progettuale dalla fisicità che saràpropria del manufatto. Ciò perchè gli intenti progettua-

19/ P. Aschieri, Prospetto (stral-cio) per il progetto del Palazzo deiRicevimenti e dei Congressi all’E42. Roma 1937. Accademia di SanLuca, Donazione Aschieri, ScatolaA Busta L.

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li tradotti sulla carta per mezzo di segni poco conven-zionali, caratterizzanti la cifra grafica dei primi schizzi diprogetto, possono essere successivamente «raziona-lizzati» mediante la variazione dei canonici assetti pro-cedurali e delle normali logiche applicative (ruoli deimetodi rappresentativi, tagli degli stessi, rapporti tra lediverse parti ecc.). «Utilizzare l’aggettivo poetico neiprocedimenti architettonici, serve nel nostro caso peraffermare l’uso della rappresentazione in “atto”, ovve-ro della rappresentazione che agisce nel momento incui, liberata da ogni pratica conosciuta, diviene espres-sione prima dell’azione interpretativa o progettuale chesi sta compiendo.»6 Non può, quindi, revocarsi il dub-bio che l’atteggiamento espressivo poetico ha da sem-pre coadiuvato il processo progettuale; se ne possonoritenere esempi la faziosità nelle scelte rappresentati-ve, l’uso di particolari mezzi espressivi. Si pensi, anco-ra, all’uso dell’assonometria come metodo di visioneglobale nella poetica neoplastica, o all’uso del tratta-mento solarizzato nelle viste prospettiche del movi-mento Costruttivista, o ancora si ricordino i particolaritagli prospettici delle opere di F. L. Wright o le prospet-tive a tempera eseguite in ambito romano tra il Ventied il Trenta ad opera di Capizzano, Gentilini, Moretti,Susini ecc. (figg. 16-18).Attraverso l’interpretazione delle tecniche, dei tagli,dell’uso della luce è quindi possibile ripercorrere l’atteg-giamento ideologico nonché culturale sia dei singoliautori che delle scuole di pensiero. Analizzando adesempio i grafici di progetto, appunto in ambito roma-no del periodo compreso tra il 1920 ed il 1940, è pos-sibile registrare una enorme varietà di tecniche utiliz-zate per la rappresentazione dell’architettura, il pro-gressivo passaggio: «... da tecniche antiche, come ilcarboncino e il wolf, estremamente legate al chiaro-scuro e con esso all’esaltazione dei rilievi ornamentalidelle facciate, a tecniche più oggettivamente astratte

6. G. Testa, A. De Sanctis,Rappresentazione e architettura,linguaggi per il rilievo ed il pro-getto, Gangemi Editore, Roma

2003

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come le prospettive a tempera riassume in pratica ilpassaggio dalla generazione culturale di Giovannoni aquella del Moretti.»7 Inoltre, alla molteplicità delle tec-niche grafiche, si affiancano una serie di metodi rap-presentativi definibili come caratteristici delle singolepoetiche; le scelte rappresentative fatte di scorci inusi-tati, di colori di nuovi materiali grafici divennero l’em-blema espressivo delle nuove generazioni di architettiorientati a sovvertire quelle modalità espressive affe-renti alla tradizione storico-accademica caratteristicadei primi del Novecento. La tendenza ad impostare rappresentazioni prospetti-che basate su rapporti di proporzione relativi al suppor-to estremamente sbilanciati in favore dell’orizzontalità,la volontà di privilegiare nitidamente le superfici e quin-di le masse piuttosto che dettagli grazie anche alla resagrafica offerta dalla tecnica a tempera, e, non menoimportante, il nuovo ruolo della luce sempre più rare-fatta, crepuscolare, contribuiscono in modo determi-nante a favorire il graduale passaggio da immaginigrafiche iconiche ad immagini sempre più orientateverso comunicazioni simboliche.

20/ A. Libera, Elaborazione pro-spettica realizzata a tecnica mistaper la Mostra della Razza, Roma1940

7. C. Mezzetti, Rappresentazionee linguaggio architettonico: la«Scuola Romana» negli AnniTrenta, in «Disegnare idee imma-gini» n. 0, 1989

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É inoltre interessante notare come in questo periodo sisiano cominciate ad utilizzare metodologie rappresen-tative caratterizzate da tecniche miste. A partire dallafine degli Anni Trenta la comunicazione grafica inizia adavvalersi dell’uso della fotografia sia per rappresenta-zioni bidimensionali che tridimensionali. É il caso adesempio dello stralcio di prospetto realizzato da P.Aschieri nel 1937 riportato in fig. 19, composizionecaratterizzata dal montaggio della fotografia del boz-zetto di un altorilievo su base grafica tradizionale, ocome nel grafico riportato in fig. 20 realizzato comecollage di immagini nel 1940 da A. Libera.

PERCEZIONE E SELEZIONE

«Analogamente a quanto avviene negli altri tipi di lin-guaggio, ad esempio quello verbale, si disegna quelloche si conosce (in quel momento) ma al contempo siconosce quello che si disegna secondo un processo vir-tuoso di consapevolezza progressiva: così come avvie-ne quando da uno scambio di opinioni scaturisce unarco di conoscenza ampliato, l'esecuzione o l'osserva-zione di un disegno consentono di spostare il livello diconoscenza e favoriscono un'espressione grafica piùricca e consapevole.»8 Provando a «ripercorrere»mentalmente un breve itinerario molto ben conosciu-to (come potrebbe essere, ad esempio, un qualsiasipercorso che si compie quotidianamente) affiorano allamemoria una serie di scorci e di riferimenti spaziali talida rendere quegli ambiti riconoscibili, familiari. Ma seal contempo si provasse a «restituire» disegnandoquegli stessi scorci inevitabilmente sulle labili cono-scenze prevarrebbero le incertezze. Le poche edincomplete immagini che riusciremmo a fermare sulfoglio diverrebbero poco più che allusioni, non sarem-

8. AA.VV. «Promemoria presenta-zione dei corsi di Scienza dellaRappresentazione 1» Corso di

Laurea in Tecnichedell’Architettura e dellaCostruzione. Facoltà di

Architettura «L. Quaroni».Università degli Studi di Roma «La

Sapienza» A.A. 2003-'04.

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mo quasi certamente in grado cioè, di dotare quellestesse immagini dei connotati di esatta riconoscibilità acui alludevo poc'anzi. Ancora più arduo, per non direquasi impossibile, sarebbe il tentativo di «ricostruirne»graficamente la planimetria o i prospetti o le sezioni, lafallace memoria visiva prevarrebbe sulle effettive erazionali conoscenze dimostrando una evidentementelacunosa mancanza di cognizioni. Evidentemente le«nozioni» immagazzinate nella mente si limitano adimmagini osservate della realtà del tutto superficiali,epidermiche: se non interessati ad una indagine cono-scitiva (ed il passeggiare non richiede tale «sforzo»),non mettiamo in moto i meccanismi che permettonodi indagare le proporzioni, le dimensioni, le relazioni traparti. Il guardare non necessariamente implica il vede-re, l'immagine viene acquisita ma i «dati» se non «fil-trati» non vengono né assimilati né tanto menomemorizzati.Il risultato non cambierebbe di molto nemmeno nelcaso in cui si tentasse la rappresentazione a memoria

21/ L. Peteani, Scorcio prospetticodi Piazza del Popolo, Roma 1955.

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di oggetti o di strumenti di uso comune dotati di unmoderato livello di complessità: un esempio per tutti labicicletta. Tutti abbiamo ben presente la bicicletta, lecomponenti i meccanismi che permettono il moto, ladirezionalità, la frenata, insomma le parti che la com-pongono; ma in realtà la conoscenza di quelli che nepotremmo definire i componenti non implica affatto laconoscenza delle modalità di aggregazione degli stes-si. La bicicletta per poter muoversi necessità chiara-mente di un ciclista seduto su di una sella che, peda-lando, deve dare, una volta in moto, direzionalità almezzo e a sua discrezione fermarsi. Una volta stabilitii requisiti di base per permettere il normale funziona-mento di questo mezzo, bisognerà occuparsi del frui-tore del mezzo, delle sue caratteristiche fisiche, delleesigenze di comodità ecc. Evidentemente il ciclista saràdotato di un certo peso, per poter pedalare inoltredovrà avere una postura che permetta senza tropposforzo la stessa azione ed al contempo permetta unacerta mobilità d'azione delle braccia e delle maniappoggiate al manubrio. La bicicletta insomma deverispondere ad una serie di requisiti quali funzionalità,stabilità e, auspicabilmente, bellezza. Due cose a que-sto punto accomunano la bicicletta ad un edificio: laprima è che devono rispondere, anche se con gradi dicomplessità assai diversi, agli stessi requisiti codificatiper l'architettura da Vitruvio in utilitas, firmitas, venu-stas; la seconda è che, se non guardati, o meglio vistie quindi studiati e capiti, difficilmente potranno essererappresentati secondo canoni rispondenti alle reali fat-tezze. A questo proposito l'ausilio del disegno diviene quantomai fondamentale. Le opportunità analitiche offerte daldisegno sono innumerevoli; la possibilità di analizzareun edificio «ripercorrendo» ad esempio la triade vitru-viana: funzionalità, stabilità e venustà, ci permette dioperare una serie di rappresentazioni selettive discre-

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Pagina precedente22/ L. I. Kahn, Schizzi di studio,

Firenze.

23/ M. De Renzi, schizzi di studioRoma.

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tizzanti il meccanismo nel suo complesso, portandoload un livello di complessità minore. Una volta isolate levarie componenti per sistemi omogenei (ad esempioquello della funzionalità) sarà possibile individuare unaserie di sottosistemi fino all'individuazione della singo-la parte, in questo caso le singole funzioni. Sempre conil disegno, attraverso l'utilizzazione dei suoi apparaticomunicativi, potremo, una volta smontato, ricompor-re il manufatto verificandone relazioni eventuali ambi-guità o inesattezze. Il prodotto oggetto di «restituzio-ne» grafica diviene a questo punto non più un conte-nitore comprendente una realtà oggettiva neutrale,paragonabile a quella che si imprime su una pellicolafotografica, bensì una immagine soggettiva, «filtrata»dagli intendimenti dell'operatore, selettiva ed al con-tempo esatta (figg. 21-23). Questa opportunità propria del rapporto disegno-archi-tettura risulta chiaramente utile sia in fase di studio diuna realtà architettonica esistente, che in fase proget-tuale.

24/ F. L. Wright, Planimetriagenerale e prospettiva della VillaMetzger, Sault sant Marie,Michigan

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OPPORTUNITA' CIRCA L'USO DI GRAFICI BIDI-MENSIONALI E TRIDIMENSIONALI

La esemplificazione grafica di un qualsiasi fenomenolegato al fare architettonico per essere comunicata ecompresa richiede una serie di rappresentazioni sia ditipo bidimensionale che tridimensionale operanti traloro sinergicamente (fig. 24). L'opportunità di utilizzo dei diversi codici rappresenta-tivi, tra i quali sinteticamente si possono riepilogare:grafici bidimensionali (piante, sezioni, prospetti) e gra-fici tridimensionali (assonometrie e prospettive), variain dipendenza dei temi trattati e delle relative istanzecomunicative.La compresenza dei due «generi» di rappresentazioneè una costante che caratterizza l'intero processo pro-gettuale, dalla prima fase ideativa al progetto esecuti-vo. Al grafico tridimensionale è generalmente delegato ilcompito di avvicinamento dell'idea alla realtà fisica, ilprimo «contatto», sia pure iconografico e quindi anco-ra virtuale dell'idea, dalla mente allo spazio tridimen-sionale. Nello specifico ambito delle rappresentazionitridimensionali possiamo innanzitutto effettuare unadistinzione delle stesse in due gruppi: quello assono-metrico e quello prospettico. Senza entrare nella spe-cificità proprie della Geometria Descrittiva, possiamolimitarci a definire tali rappresentazioni come capaci,con esiti e modalità diversificate, di razionalizzareimmagini analogiche dello spazio fisico reale o proget-tuale.La differenza sostanziale tra le immagini elaborate permezzo dei due metodi risiede nelle diverse opportuni-tà comunicative offerte: la prospettiva offre un'imma-gine percettiva razionalizzata dello spazio reale, l'asso-nometria offre un'immagine dello spazio oggettiva, o,come la definirono agli albori del razionalismo gli espo-

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nenti del movimento neoplastico, universale. Prescindendo comunque da scelte legate a particolarivolontà espressive, si pensi appunto alla poetica rap-presentativa razionalista accomunata da rappresenta-zioni con centro di proiezione improprio; l'opportunitàdi scelta tra i due metodi dipende dal tipo di comuni-cazione grafica prescelta: gli esiti rappresentativi, pro-prio per la diversa natura dei due modelli proiettivi, nonsi sovrappongono mai, l'assonometria viene quasi

25/ T. Ando, Prospettiva e asso-nometria della Wall House,Ashiya, Hyogo 1976-77.

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sempre preferita per esemplificazioni di tipo tecnico-analitico, la prospettiva come rappresentazione percet-tiva dello spazio fisico (fig. 25). Entrambi i metodi offrono una vasta gamma di oppor-tunità analitiche permettendo la «manipolazione»dellospazio indagato, basti pensare agli «spaccati» o agli«esplosi» assonometrici o prospettici, utili modelli rap-presentativi discretivi di realtà complesse. Ma al contempo, la realizzabilità di un opera architet-tonica non può certo prescindere dai grafici bidimen-sionali che, regolati dalle leggi proiettive delle doppieproiezioni ortogonali, oltre a permettere la esatta defi-nizione dell'assetto geometrico rendono possibile lamisurabilità dell'opera progettata. La pianta, la sezione, il prospetto divengono il reale tra-mite alla realizzazione fisica, paradossalmenteall'«astrazione» propria di un qualsiasi modello graficobidimensionale; la realtà fisica non è certo, infatti, per-cepita in due dimensioni, corrisponde il più diretto per-corso verso la materializzazione reale dell'opera pro-gettata.La completa ed esatta comunicazione grafica di unqualsivoglia organismo architettonico, sia progettatoche rilevato, si snoda attraverso un discorso che dichia-ra la gerarchia attribuita o attribuibile ai vari elementie parametri che lo compongono. Un discorso che èopportuno che venga esplicitato per mezzo di un con-tinuo confronto tra narrazione percettiva e rappresen-tazione oggettiva, modulato secondo i differenti valoriespressivi propri delle diverse scale della rappresenta-zione.Una metodologia operativa fondamentale per una giu-sta articolazione espressiva del linguaggio disegno: «Ildiscorso sulla complementareità può essere spintosotto certi aspetti interessanti e stimolanti della speri-mentazione progettuale e cioè quello della compresen-za di disegni diversi in uno stesso elaborato.

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Evidentemente non alludiamo ad un banale accosta-mento di disegni, né a un artificio grafico, ma a unaprocedura di comunicazione strettamente coerentealla concezione del disegno come linguaggio, cherende evidentemente "complementari" disegni "par-ziali" ma "pertinenti": un procedimento di rappresen-tazione multipla che apre la possibilità di penetrare neldiscorso mentale di scomposizione analitica, dimo-strando la presenza della stratificazione dei livelli esituazioni percettive che definiscono il fenomeno archi-tettonico ed allo stesso tempo da modo di valutarnel'influenza reciproca.»9

PARZIALITA’ COMPLEMENTARITA’

Quali caratteristiche dovrebbero distinguere la rappre-sentazione architettonica di un qualsiasi spazio fisicoda una fotografia? Un’immagine fotografica è lo specchio, almeno in ter-mini di contenuti fisici, della realtà «inquadrata» edimpressa sulla pellicola o nella memoria di un qualsia-si apparecchio fotografico. Tale immagine, quindi, seescludiamo le eventuali variazioni di luce e profonditàdi campo gestibili artificialmente per mezzo dello stes-so apparecchio fotografico, può definirsi sostanzial-mente come completamente conforme all'originale, inaltri termini oggettiva. Nel caso della rappresentazione architettonica, vice-versa, l'esito grafico deve tradurre una «realtà» filtra-ta, se vogliamo sintetica, ma certamente tematizzatae sotto certi aspetti faziosa; l'immagine disegnata deverappresentare una condizione spaziale non passiva-mente emulata, ma controllata, razionalizzata, insom-ma soggettivizzata. L'immagine da elaborare, che sia retinica o ancora pro-

26/ L. I. Kahn, Schizzo prospetti-co, Venezia.

27/ L. I. Kahn, Schizzo prospetti-co, Pisa.

28/ L. I. Kahn, Schizzo prospetti-co, Luxor.

9. G. Testa, «Disegni e progetto,metodi e tecniche in funzione delprogetto». In AA.VV. Il Laboratoriodi Disegno dell'Architettura II (acura di C. Cundari, L. Carnevali)Kappa, Roma, 1997

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gettualmente mentale, deve quindi dapprima essere«scomposta» in temi o sistemi discreti ed omogenei,dei quali è necessario comprendere strutture e relazio-ni, e solo successivamente disegnata come trasposi-zione degli intendimenti mentali piuttosto che come«riproduzione» della realtà. A questo proposito il disegno rappresenta il naturale«strumento» per attuare tale metodologia (figg. 26-28). L'esempio della fotografia è chiaramente stato uti-lizzato come pretesto per introdurre un approcciometodologico. Le opportunità analitiche poste in esse-re per mezzo del disegno infatti non si limitano certo alsolo campo della rappresentazione tridimensionale;anche se con esiti del tutto differenti tale sistema, puòessere utilizzato nei confronti di un qualsiasi tema lega-to al fare architettonico, tali opportunità offrono la pos-sibilità, ad esempio, di permettere la disarticolazione diun fenomeno complesso nelle sue componenti indivi-duandone al tempo stesso le valenze aggregative; aldisegno è senz'altro attribuibile tale prerogativa proprioin virtù della sua «parzialità». «Parzialità» che va per-ciò assunta in senso ambivalente a significare sia limi-te all'estensione quantitativa e qualitativa di quantorappresentato rispetto alla realtà, sia come procedi-mento «di parte», non neutrale, fazioso e, come tale,anche selettivo.Una volta effettuata una scelta operativa circa i temi datrattare e quindi evidenziare, occorrerà organizzare unapparato comunicativo tale da consentire, con un giu-sto grado di sintesi, una fruizione intuitiva ed al con-tempo esplicativa delle argomentazioni trattate.Il campo di applicazione di questo tipo di analisi si puòestendere, come accennato, con analoghe modalitàall'intero processo architettonico, dalle componenti fisi-che dell'architettura allo stesso linguaggio architettoni-co: «In questo caso il disegno diviene un vero e pro-prio strumento critico, o meglio un metalinguaggio,

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29/ F. Borromini, Schizzo di pro-getto per la lanterna di S. Ivo allaSapienza.

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con cui è possibile sottoporre ad analisi e controllo il lin-guaggio architettonico. Come è noto, lo scopo di unmetalinguaggio è quello di indagare un altro linguag-gio, non tanto per rappresentare certe realtà, quantoper evidenziarne le intime strutture sia a livello di signi-ficato, sia a livello di regole sintattiche.»10

30/ M. Ridolfi, Casa Lana disegniesecutivi delle opere in ferro dal

piano Lana alla taverna, cm 64,5x 71 Cesi (TR).

10. M. Docci, «Disegno e proget-tazione» in AA.VV. «50 anni diprofessione». Kappa Ed. Roma

1983

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É quindi possibile intendere il disegno come linguaggiotipico dei fenomeni spaziali in genere e dell'architettu-ra in particolare in quanto consente di penetrare inquelle realtà, non limitandosi a descriverne l'apparire.Nell'ambito della rappresentazione legata all'architet-tura -ossia all'arte ed alla tecnica di progettare ecostruire edifici o altre opere- tale opportunità si tradu-ce in un apparato analitico e critico di enorme impor-tanza.La possibilità di agire per mezzo di «filtri» selettivi, oltrea permettere un'analisi puntuale e sistematica dei varifenomeni, consente al contempo il controllo dei rap-porti e delle interazioni tra le parti. La possibilità di disarticolazione di un fenomeno com-plesso in una serie di parti che, seppure discrete, con-tinuano a connotarsi come interdipendenti, consente,come si è anticipato, di inquadrare altri due caratteridel linguaggio-disegno connessi strettamente tra loroe con il concetto di «parzialità»: la «molteplicità»espressiva e la «complementarita». Questo sistema comunicativo non è certo nuovo, bastipensare alle tavole seicentesche sulla cupola di SanPietro di Martino Ferrabosco, a Sebastiano Serlio neitrattati, a Borromini nelle tavole di progetto o alLatarourilly nei rilievi, fino ad arrivare a Ridolfi (figg.29-30); ma quello che è forse più interessante notareè l'uso del disegno complesso, della tavola comediscorso aperto dall'autore sia verso se stesso cheverso i fruitori ai quali è affidata esplicitamente la chia-ve interpretativa con tutte le valenze proprie di un rap-porto dialettico.

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LA COMUNICAZIONE SELETTIVA

Si è accennato a come, per mezzo dell'uso del disegnoe della sua vastissima gamma espressiva, sia possibi-le analizzare «a tutto campo» scenari nella fattispeciearchitettonici, anche estremamente complessi. L'immagine architettonica nella più completa accezio-ne deve, mediata dal disegno, «trasfigurarsi» propo-nendo idonee «chiavi di lettura». In altre parole, se nel caso di una immagine percepitaquello che: «...determina la difficoltà o meno della resadi un dato edificio o paesaggio non è tanto l'intrusionedel sapere quanto la mancanza di schemi»

11, analoga-

mente, nel campo rappresentativo bidimensionale,scrive Zevi: «il nostro compito è di studiare la tecnicadisponibile e renderla più efficiente»12.Con la percezione di un qualsiasi elemento fisico siinnescano una serie di procedure mentali che, attuateper mezzo dei sensi, ci permettono una prima identifi-cazione basata su analoghi riferimenti già in preceden-za acquisiti. Maneggiando ad esempio un telefono cel-lulare, possiamo valutarne dimensioni, design, legge-rezza, ergonomia, attuando un’analisi conoscitiva cheinevitabilmente si basa sul confronto tra i dati percepi-ti ed i dati «storici» appartenenti ad elementi simili già«immagazzinati» nella nostra memoria.Un analogo approccio si attua anche nel caso in cuil’elemento percepito ha caratteristiche d’uso formali e

11. E. H. Gombrich, Arte e illusio-ne, Einaudi, Torino 1965

12. B. Zevi, Saper vedere l'archi-tettura, Einaudi, Torino 1997

CAPITOLO 2

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dimensionali completamente diverse dall’esempioriportato: un elemento di arredo, un’autovettura, unmanufatto edilizio. In effetti prescindendo dalle ovvie considerazioni ine-renti le diversità dimensionali, formali e funzionalicaratterizzanti le diverse alternative proposte, il primoapproccio conoscitivo può considerarsi metodologica-mente analogo al caso dell’apparato radiomobile men-zionato. Ma la riconoscibilità fisica di un oggetto, comesi è più volte accennato, non implica affatto la cono-scenza o meglio la razionalizzazione, ad esempio, dellecaratteristiche geometrico-formali dell’elemento ossiala capacità di decodificazione dell’insieme dei segni,delle geometrie, delle forme che contribuiscono alladefinizione dell’oggetto.

31/M.J.Barozzi da Vignola (1507-1573). Gli ordini di ArchitetturaCivile.Intercolonnio con arco e piede-stallo, Tav. XXII.

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Se alla riconoscibilità funzionale, supponiamo dellatastiera del telefono, non corrisponde una razionalecomprensione dell’organizzazione geometrica dellastessa, al pari, ritornando al caso un edificio residen-ziale, la immediata riconoscibilità funzionale dell’insie-me delle finestre non implica, se non indagata e quin-di razionalizzata, la relazione geometrica organizzatri-ce che ne caratterizza l’esito formale. Ma il procedimento percettivo, che da queste primeconsiderazioni potrebbe considerarsi come caratteriz-zato da una certa superficialità, in realtà permette alcervello di registrare una serie di altre considerazionimolte delle quali orientate, ad esempio, in direzionedell’armonia estetica che si pongono in contraddizionecon una distrazione che in realtà può definirsi soloapparente. L’attenzione nei confronti dell’armonia for-male e delle modalità percettive caratterizza da sem-pre l’arte del saper costruire. L’entasi (fig. 31) è ad esempio un accorgimento natocon lo scopo di correggere la sensazione di eccessivasnellezza e fragilità delle colonne; un’altro accorgimen-to costruttivo si è da sempre utilizzato per la realizza-zione delle lesene semicircolari non impostate sulsemicerchio esatto ma sempre leggermente più estro-flesse al fine di renderle percepibili come esatta metà. Le considerazioni appena riportate sono chiaramenterelative alla sola forma percepita, alle sole caratteristi-che «epidermiche», ma, ovviamente, un qualsivogliamanufatto basa la propria fisicità epidermica (in altreparole la propria immagine) su scelte, caratteristiche enecessità anche dipendenti dalla propria organizzazio-ne interna. Riallacciando il discorso all’argomento relativo alleopportunità di analisi offerte dal disegno, si riportano diseguito, organizzate per classi tematiche discrete,diverse esemplificazioni che pur non avendo certa-mente la pretesa di rappresentare una completa ed

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21a/M.De Renzi, Complesso edili-zio in viale XXI Aprile,Roma,1931-37. Pianta alla quotadegli ingressi, disegno d’insieme.Accademia di San Luca, Fondo Derenzi, scatola 14.

21b/M.De Renzi, Complesso edili-zio in viale XXI Aprile,Roma,1931-37. Pianta alla quotadegli ingressi, dettaglio.Accademia di San Luca, Fondo Derenzi, scatola 14.

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esaustiva trattazione del complesso processo legato alfare architettonico, possono tuttavia interpretarsi come«campionature» di possibili metodologie conoscitive.

SCOMPOSIZIONE, SELEZIONE E COMUNICAZIO-NE GRAFICA

Un primo esempio riguarda la planimetria generale delpiano terra del complesso edilizio progettato da MarioDe Renzi in viale XXI Aprile a Roma: l'elaborato origi-nale, dotato della sola scala di rappresentazione grafi-ca, è redatto in scala 1:100. La scelta comunicativa,risulta incentrata su quattro distinti temi: l'assettodistributivo dell'intero complesso edilizio, la relativamaglia strutturale, la rappresentazione delle sistema-zioni delle aree di pertinenza, e i diagrammi relativi agliaccessi pedonali e carrabili. (figg. 21a - b)I quattro temi sono facilmente distinguibili per le diver-se scelte grafiche adottate: le partiture murarie adesempio sono campite in nero assoluto evidenziandoin «negativo» l’assetto della maglia strutturale, le siste-mazioni esterne ed interne sono disegnate con segnipiù leggeri, e le indicazioni degli accessi per mezzo disintetici ed al contempo intuitivi segni e simboli. In una sola immagine coesistono, quindi, sia indicazio-ni di tipo distributivo e tecnologico che di ambientazio-ne e funzionali. Chiaramente l'interdipendenza tra idiversi insiemi è sia di carattere grafico che logico; evi-dentemente ognuno di questi insiemi non definisceappieno le proprie caratteristiche, se mai le introduce;il disegno delle partiture murarie, ad esempio, nonchiarisce affatto la tecnologia delle stesse, così come ladefinizione dell’ossatura portante si limita alla sola rap-presentazione della maglia: non vengono infatti defini-te né le principali caratteristiche dimensionali né tanto

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22a/M.De Renzi, Complesso edili-zio in viale XXI Aprile Roma,1931-37. Schema dell’ossatura in c.a. efognatura, disegno d’insieme.Accademia di San Luca, Fondo Derenzi, scatola 14.

22b/M.De Renzi, Complesso edili-zio in viale XXI Aprile Roma,1931-37. Schema dell’ossatura in c.a. efognatura, dettaglio Accademia diSan Luca, Fondo De renzi, scatola14.

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meno l'orditura (ad esempio) dei solai, per quali sideve evidentemente ricorrere ad altri specifici elabora-ti.I grafici riportati nelle figure 22a e 22b rappresentano,invece, la struttura portante tipo del medesimo orga-nismo. L’impostazione della stessa si compone dei pila-stri convenzionalmente campiti in nero assoluto ed ècompletata dalla proiezione delle relative travi. Il disegno del complesso edilizio in questo caso riescesolo ad alludere al manufatto rappresentato nelleimmagini precedenti: questa comunicazione grafica,sostanzialmente incentrata sull'esemplificazione strut-turale ed implementata dalle indicazioni relative all'im-postazione dell'impianto fognario, evidenziando conmaggiore incisività l’aspetto statico-tecnologico, dimi-nuisce inevitabilmente la componente comunicativapiù prettamente architettonica. Sempre in merito aquesto grafico è bene inoltre notare come il tipo di rap-presentazione, oltre ad escludere elementi architetto-nici come tamponature, tramezzature ed infissi, esclu-da al contempo anche i solai: le proiezioni relative alletravi infatti sono definite a linea continua, ossia comeproiezioni visibili e quindi direttamente osservate. Un elaborato quindi parziale, fazioso, ma proprio perquesto in grado di esprimere con chiara evidenza iltema comunicativo scelto. La medesima rappresenta-zione completa, ad esempio, anche dei solai nonavrebbe permesso un’altrettanto efficace definizionedegli intenti espressivi; la rappresentazione della traviinfatti, (comunque necessaria) escludendo l’uso di unarappresentazione ipografica, si sarebbe dovuta effet-tuare mediante un tratteggio indubbiamente menoincisivo della linea continua adottata. Il tratteggio,infatti, convenzionalmente definisce le proiezioni postedi fronte all’osservatore ma non direttamente visibili ole proiezioni poste alle «spalle» dell’osservatore, ossiaal di sopra del piano di sezione.

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I limiti rappresentativi imposti dalla scala di rappresen-tazione (1:100) rimandano per una più efficace espo-sizione del tema tecnologico-strutturale, ad una scaladella rappresentazione maggiore e quindi ad ulteriorielaborati tematici. In figura 23 è riportato uno stralcio in scala 1:50 del-l’intervento progettuale di viale XXI Aprile. La planime-tria, grazie all’aumento di scala rappresentativa, offreun «approfondimento» architettonico della sala cine-matografica e dei relativi servizi annessi. Confrontandoquesta immagine con quella d’insieme riportata in figu-ra 21a si evidenziano una serie di criteri rappresenta-tivi che anche in questo caso vertono su opportunescelte comunicative strategiche. La pianta sezionata al

23/M.De Renzi, Complesso edilizioin v.le XXI Aprile Roma,1931-37.Pianta alla quota della galleriarelativa alla sala cinematografica1:50. Accademia di San Luca,Fondo De Renzi, scatola 14.

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livello della galleria, oltre a rappresentare la giacituradella stessa, ne descrive nella metà sinistra i soli saltidi quota ed in quella destra anche le sedute che a dif-ferenza di quelle solo simbolicamente accennate al 100assumono una configurazione proiettiva esatta. Lasimmetria dell’impianto architettonico offre quindi l’op-portunità di operare graficamente mediante sceltecomunicative parziali e comunque allusive. A rigor dilogica proiettiva sarebbe stato inoltre corretto inserireanche la proiezione della platea posta al piano terra,ma dal punto di vista comunicativo l’inserimento diulteriori «informazioni» avrebbe contribuito a renderel’oggetto della rappresentazione meno chiaro. Nellaplanimetria, oltre alle proiezioni ed alle sezioni deglielementi architettonici presenti, si evidenzia un lin-guaggio segnico: compaiono anche una serie di segnigrafici e simboli che, esulando dalla logica proiettiva,comunicano convenzionalmente richiami geometrici,richiami ad altri riferimenti, allineamenti, capisaldi. Permezzo di questi segni viene espressa la logica aggre-gativa tra le varie componenti, le direttrici geometrichedell’impianto progettuale o semplicemente i versi disalita delle rampe e/o delle scale. Il passaggio di scalaimplica al contempo una operazione di variazionecognitiva e di «ricongiunzione» degli aspetti tematici divolta in volta trattati. Le caratteristiche tecnologico-strutturali, i relativi assetti geometrici che in questocontesto sono appena e parzialmente stati enunciati,rappresentano chiaramente un solo aspetto del com-plesso fenomeno comunicativo legato al fare architet-tonico. Quanto emerge, comunque, da questa sia pure par-ziale ed incompleta trattazione rende evidente il dupli-ce ruolo comunicativo dello strumento disegno: la rap-presentazione del lato fisico dell’architettura e, di certonon meno importante, la necessità di trasmettere gra-ficamente le leggi aggregative tra le diverse parti di

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un’unica realtà. Il tema assunto nel secondo esempio verte sulle scel-te comunicative attuate da James Stirling e da MichaelWilford, ad esemplificazione dell'organizzazione distri-butiva di un edificio residenziale a più piani compostoda unità abitative a sviluppo verticale (da 2 a 4 piani)progettato nel 1978 (fig. 24a/b). La serie di elaboratigrafici, composta dalle piante a tutti i livelli, si conclu-de con una sezione architettonica, una sezione sche-matica ed uno spaccato assonometrico.L'organizzazione comunicativa è composta dalla seriedelle piante degli alloggi ai vari livelli che, strategica-

24a/J. Stirling, M. WilfordTownhouses, New York 1975,sezione longitudinale, sezione tra-sversale, spaccato assonometrico.

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mente disegnate in modo sintetico e con tono graficoleggero, rappresentano l’inquadramento distributivocomplessivo dei piani nell’ambito del quale si articola-no planimetricamente i vari alloggi a sviluppo vertica-le. La definizione delle varie unità abitative scelte perl’esemplificazione si evidenzia per mezzo di colorazioniomogenee per ogni nucleo comunque ulteriormentedistinguibile per la campitura in nero delle partizionimurarie relative. Il meccanismo rappresentativo plani-metrico è ribadito sia dalla sezione architettonica tra-sversale rispetto al corpo di fabbrica, che mantiene nel«taglio» verticale le colorazioni assegnate ai diversi

24b/J. Stirling, M. WilfordTownhouses, New York 1975,

piante ai vari livelli.

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alloggi esemplificati, ma (e soprattutto) dalla schema-tica sezione trasversale, fulcro della comunicazioneinerente l’esemplificazione distributiva. Nella sezione,caratterizzata da una alto grado di sinteticità grafica,l'organismo architettonico è rappresentato in modoassai schematico, allusivo; il grafico non risulta infatticonvenzionalmente definito come una reale proiezioneortogonale del manufatto: dei nuclei abitativi è rappre-sentata la sola superficie verticale faziosamente dislo-cata per favorire una immediata ed intuitiva esposizio-ne del meccanismo di aggregazione.

25/R. Krier, elaborati di letturadello spazio urbano 1991, graficosulla forma e sui volumi che defi-niscono una piazza.

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L'esemplificazione distributiva dell'edificio ha in questocaso richiesto, per una corretta decodificazione funzio-nale, una serie di grafici tematici distinti ma al contem-po interdipendenti, la cui «lettura» non interfacciatanon avrebbe reso di facile o comunque di immediatacomprensione il meccanismo complessivo. L’esiguonumero di opzioni disponibili in questo caso ha per-messo la definizione di una serie limitata di convenzio-ni e simbologie grafiche; spesso, in opere con bendiversi gradi di complessità, le variabili in gioco posso-no divenire tante e tali che, per essere distinte e comu-nicate, necessitano a loro volta di schemi esemplifica-tivi dedicati.

Il terzo esempio sposta il campo di applicazione dallascala edilizia alla scala urbana. L'approccio metodologi-co presentato nelle immagini prodotte da Rob Krierrisulta evidente; i grafici, entrambi caratterizzati daun’alta valenza simbolica, attuano una strategica evi-dente riduzione delle componenti proprie del contestourbano contiguo, per favorire la «messa a fuoco» deitemi proposti. Le scelte rappresentative, appartenenti ad ipotesi ana-litiche incentrate sullo studio del «cavo» urbano, sonoaccomunate da una elevata faziosità espressiva incen-trata esclusivamente sulla definizione dello spazioaperto. Le quinte architettoniche, espresse sia tridi-mensionalmente che bidimensionalmente, limitandosialla sola allusione formale, divengono i limiti oltrechéfisici soprattutto concettuali del tema comunicativocentrale: il cavo urbano. Si è in precedenza accennato ad una sostanziale edoverosa tendenza alla rappresentazione simbolica,all'aumentare del denominatore delle scale di rappre-sentazione, ma rispetto a questo dato (che possiamodefinire come pragmatico) Krier si spinge oltre. I disegni riportati esprimono un tale alto grado di astra-

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zione grafica da rendere le rappresentazioni sotto certiaspetti come non esattamente convenzionali. L'intentocomunicativo sulla forma e sui volumi che definiscononel caso della piazza rappresentata fig 25, superandola stessa istanza rappresentativa, ne enfatizza la visio-ne operando una virtuale quanto faziosa manipolazio-ne della scena urbana contigua. Le scelte rappresentative della rassegna morfologica dispazi urbani della fig. 26 sono connotate da un tipo dirappresentazione che, basando la comunicazione suuna sostanziale schematicità espressiva, evidenzianoun sintetico quanto preciso messaggio: la parzialità

26/R. Krier, rassegna morfologicadi spazi urbani, 1975

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rappresentativa che anche in questo caso risiede nellacompleta omissione del contesto urbano di apparte-nenza dell'evento rappresentato, è volutamente stral-ciata per enfatizzare la sola ipotesi, in questo caso pro-positiva, palesata per mezzo dell'uso strategico dipochi ma al contempo forti indicazioni grafiche. Così come per gli altri esempi riportati, anche in que-sto caso ricorre, quindi, un uso del mezzo grafico stra-tegico: sia che si tratti di schemi che di rappresentazio-ni percettive o di proiezioni, la realtà espressa sul foglioda disegno non deve essere l'emulazione della realtàin cui si concreta l'architettura ossia lo spazio, ma comescrive Zevi: «...mera allusione e funzione preparatoriadi quell'ora in cui, con tutti noi stessi fisici e spirituali eanzitutto umani, viviamo gli spazi con un'adesioneintegrale ed organica che è l'ora dell'architettura»13.

L'ANALISI GEOMETRICO PROPORZIONALE

Nel testo Saper vedere l’architettura, uscito in primaedizione nel 1948, Zevi dedica l’intero quinto capitoloalle diverse interpretazioni che nel corso del tempo del-l’architettura sono state date.14

Il tema dell'interpretazione architettonica è da sempreargomento di studio delle discipline più disparate: «Sescorriamo il libro di Alberto Pasquinelli uscito nel '71,dal titolo “Nuovi principi di epistemologia” [...], ciimbattiamo in un approccio teorico di tipo matematicoallorchè nel cap. II si svolge la descrizione, spiegazio-ne e previsione nel discorso degli scienziati. C'è quindiuna ricerca di analogie che riconduce situazioni com-plesse definite nell'ambito di campi disciplinari specificia rappresentazioni affidate ad altri campi, lasciandointravedere un misterioso disegno unitario che sembralegare fra loro fenomeni in apparenza distanti. E' quin-

13. B. Zevi, Saper vedere l'archi-tettura, Einaudi, Torino 1997

14. Bruno Zevi classifica le princi-pali interpretazioni correnti in trecategorie: contenutistiche, fisio-

psicologiche e formalistiche

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di con sorpresa del profano che un ragionamento filo-sofico viene restituito in termini matematici, cioè le dueforme di rappresentazione possibili comunicano ilmedesimo concetto: per la verità i significati che ven-gono in evidenza sono di ben maggiore spessore,come avviene allorchè una delle rappresentazioni, asaper leggere, sta a indicare rispondenza a fini cosmi-ci o biologici. Ecco allora comparire la possibilità di pre-visione: basti pensare alle previsioni di eclissi o allaaccertata esistenza del pianeta Nettuno prima chevenisse scoperto, grazie a un insieme di leggi astrono-miche già stabilite (Newton) e di dati empirici rappre-sentativi delle condizioni iniziali. Di qui l'aprirsi di uncampo di esplorazione di enorme interesse per "le sco-perte" a cui conduce, facilitando la comprensione direlazioni ignote e la percezione di un disegno cosmicoche, pur condizionandoci, apre sempre nuovi orizzon-ti. [...] Definendo l'architettura "aspetto visuale dellastoria" ne discende una lettura che ricorre alle conce-zioni filosofiche; nel contempo un'interpretazione delparallelismo tra concezioni matematiche e geometri-che e il pensiero architettonico richiama la complessadefinizione della forma, citando la cupola del SanLorenzo a Torino del Guarini alla quale si perviene sola-mente grazie al possesso di leggi proprie del calcolointegrale.»15

La geometria può essere considerata come uno deimolteplici criteri di lettura interpretativi dello spazioreale su uno spazio omogeneo e isotropo. Tale interpretazione, formulata su di una serie di codi-ci e convenzioni, oltre a permettere la discretizzazionebidimensionale degli aspetti spaziali e volumetrici pro-pri del mondo tridimensionale, consente l'esemplifica-zione delle caratteristiche e delle proprietà invariantidei corpi nello spazio geometrico ossia: affinità, movi-menti, omologie, mediante i codici rispettivamentedella geometria affine, euclidea e proiettiva, temi di

15. G. Trebbi, in: «Parametro»Rivista Internazionale diArchitettura e Urbanistica n. 167,Faenza Editrice S.p.A., 1988

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studio specifici della Geometria Descrittiva la quale sirimanda per eventuali e più opportuni approfondimen-ti.Le implicazioni di tipo geometrico, comunque, consen-tono un ampliamento dei dispositivi analitici legati allinguaggio artistico in generale ed architettonico in par-ticolare.Limitando il campo alla specificità della nostra materia,il disegno, tra le molteplici e possibili analisi interpreta-tive, la geometria può considerarsi come fondamenta-le e pertinente strumento. Le matrici geometriche, iproporzionamenti, le modularità rappresentano alcunitra i fondamenti costitutivi solo apparentemente ine-spressi dell'opera compiuta. In ogni procedimento architettonico, sia progettualeche di rilevamento, il riferimento a norme e schemipreventivi è pratica quanto meno logica e naturale. Gli schemi, le norme sintattiche servono in fase pro-gettuale all’operatore per pensare e quindi agire sullaforma e, al contempo, scomporne e verificarne analiti-camente gli assetti. Nelle fasi di rilevamento, vicever-sa, norme e schemi vengono ricercati ed eventual-mente riconosciuti seguendo un procedimento indizia-le, deduttivo e contemporaneamente induttivo:«..norme e schemi si utilizzano, potrebbe dirsi, inmodo inverso; permettono di non accogliere subitoquanto appare, ma di "riconoscerlo" per indizi, seguen-do un percorso fatto di adattamenti successivi. Ed ilriconoscimento tramite schemi preventivi, è forse laprima relazione che può stabilirsi con la situazionereale».16

L’interpretazione architettonica si attua quindi renden-do evidenti i rapporti e le connessioni tra le parti, clas-sificandone disposizioni, comparandone gli esiti siaappartenenti al medesimo ambito (e quindi «interni»)che con altri simili. Nell’interpretazione legata al rilevamento, la definizio-

16. G. Testa, A. De Sanctis,Rappresentazione e architettura-linguaggi per il rilievo ed il pro-

getto, Gangemi Editore, 2003

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ne di un determinato modello analitico nel corso del-l’approfondimento conoscitivo può, anche subendocorrettivi e migliorie senza modificarne l’intento origi-nario, ampliarne efficacia e validità. Parafrasando C. F. Bragdon17 gli elementi latenti, pro-pri di ogni organismo architettonico che possa definir-si tale, sono un apparato di messaggi «subliminali»che contribuiscono in maniera decisiva al buon esitospaziale, funzionale e formale dell'opera. Le immagini riportate nella figura 26 rappresentanol’interpretazione musicale effettuata da C. F. Bragdondi tre esempi di architettura romana: la traduzione inottave, quinte e terze del portale di San Damaso, latraduzione in 4/4 dell’ultimo piano del Palazzo Giraude in ultimo la cornice della Farnesina tradotta in 3/4.Sempre di C. F. Bragdon gli studi relativi al concettosulla «Geometria Latente» (fig. 27) per le piante di SanPietro e del Pantheon a Roma e per Notre Dame aParigi. Altri esempi ci sono proposti dalla letteratura speciali-stica; ne riportiamo quelli più significativi.Nella figura 28 sono riportati gli studi condotti da L.Bartoli sull’analisi proporzionale relativa alla Chiesa diSan Lorenzo; la figura 29 mostra lo schema ipotizzato

17. Claude Fayette Bragdon archi-tetto e scrittore americano 1866-1946.

26/Interpretazioni musicali secon-do Claude Bragdon. A sinistra: Ilportale di San Lorenzo in Damasoa Roma tradotto in ottave, quintee terze; a destra: L’ultimo pianodel Palazzo Giraud a Roma tradot-to in 4/4, e la cornice dellaFarnesina tradotta in 3/4.

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da G. Scovaloca per il proporzionamento della sezionetrasversale del Duomo di Milano. In ultimo il tracciatogeometrico del Partenone (fig. 30) come riportato daM. Docci e D. Maestri, legata al rapporto aureo. Negli esempi riportati l'analisi geometrico-proporziona-le viene utilizzata per l'interpretazione di architetturegià realizzate; didatticamente vale forse la pena diribadire che tra l'uso di regole o di modelli preventivi edi richiami all'opera costruita non c'è contraddizione: iprimi cercano di stabilire una «tessitura» di supportoper l'analisi (utile per innescare l'azione o per finalizza-re la ricerca), il richiamo alla realtà dell'opera serveinvece per rimanere nel tema da trattare e per misu-rare l'attendibilità delle domande e dei riferimenti sele-zionati. Nella figura 31 i due disegni fanno parte deglielaborati di progetto della Core and Crosswall House diJames Stirling, i grafici basano la propria comunicazio-ne sull’evidenzazione dei moduli e dei proporziona-menti relativi alla facciata dell’edificio.Convenzionalmente Stirling assegna due distinti tratta-menti segnici per definire similitudini e proporziona-menti.Ai tracciati contraddistinti dal tratteggio corrispondonotutte le diagonali dei quadrati nomenclati a seconda

27/Interpretazioni della«Geometria Latente», secondo

Claude Bragdon, nella pianta diSan Pietro di Michelangiolo, in

Notre-Dame a Parigi, nelPantheon.

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della dimensione con diverse sigle, ai tracciati rappre-sentati mediante il punto-linea le diagonali dei rettan-goli simili caratterizzati da proporzioni auree. Gli sche-mi, le convenzioni, i moduli, le regole che accompa-gnano la composizione rappresentano il patrimonio dipossibili condizioni nell’ambito delle quali il processo

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29/Schema di G. Scovaloca(Stornaloco) 1391 per il propor-zionamento della sezione trasver-sale del duomo di Milano.

30/M. Docci - D. Maestri, Esemplificazione del tracciatogeometrico del Partenone legata al rapporto aureo.

28/L. Bartoli, analisi proporzionaledella Chiesa di San Lorenzo.

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progettuale si muove. Le opportunità offerte dall’uso ditale patrimonio sono in grado di superare i limiti sug-geriti delle stesse regole; l’aggregazione,l’interpolazio-ne tra gli schemi di certo non limita il procedimentoprogettuale, se mai ne guida il percorso evitando situa-zioni ed esiti privi di qualità. Scrive Emilio Garroni: «Il problema scientifico dellacreatività si delinea nel momento in cui si comincia aconsiderare sistematicamente la creatività come crea-tività secondo regole o ad ogni modo come creativitàsottoposta ad una legalità generale.»18 Storicamenteappare impossibile trovare autorevoli esempi di archi-tetture che non abbiano basato i propri meccanismicompositivi sull’uso di simili dispositivi. «Da una scien-

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18. E. Garroni, Creatività inEnciclopedia Einaudi, Torino 1978

31/J. Stirling, Core and CrosswallHouse, 1951, prospettiva e studio

proporzionale di una facciata.

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za del bello è sempre facile passare ad una regola delbello»19 scrive Zevi; schemi, regole e modelli sonoquindi forse lo strumento più proprio per attribuire allaprogettazione un fondamento di rigore, un telaio logi-co nell’ambito del quale sia possibile dar luogo allalibertà creativa. Un insostituibile ausilio progettualeche, oltre a consentire l’accrescimento e l’evoluzionedella propria «struttura», offre l’opportunità una voltacodificata la logica aggregativa, di eccepire dalla stes-sa aprendo ulteriori ed altrettanto valide opzioni pro-gettuali.

DISEGNO E CONVENZIONI GRAFICHE

Le immagini riportate nella figura 32, relativa alla rap-presentazione di un capitello corinzio, sintetizzano rias-sumendoli per grandi linee i concetti relativi al disegnofino a questo punto espressi, favorendo al contempol’introduzione al tema della convenzione grafica deldisegno architettonico.Il disegno o meglio i disegni in oggetto, rappresentatiin doppia proiezione ortogonale, esemplificano grafica-mente il capitello ed il relativo stralcio di colonna, ana-lizzandone proporzionamenti e geometrie. La strategiacomunicativa della rappresentazione si avvale dellespecifiche proprietà geometriche dell’elemento rappre-sentato (come la doppia simmetria della pianta) perevidenziare le specificità compositive: il disegno inbasso ad esempio è composto da tre ipografie (piantecon viste dal basso) proiettanti tre diversi «strati» delcapitello nonché da una sezione relativa a metà colon-na resa evidente mediante l’uso di una campitura arighe parallele.L’abaco dei segni grafici si avvale di una gamma dilinee continue e tratteggiate, le prime utilizzate per la

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19. B. Zevi, Saper vedere l'archi-tettura, Einaudi, Torino 1997.

Pagina seguente:32/M.J.Barozzi da Vignola (1507-1573). Gli ordini di ArchitetturaCivile. Capitello Corintio e suapianta Tav. XXIV. «Colla pianta e col profilo di que-st’ordine Corintio si possono cono-scere tutte le misure; dalla piantasi pigliano le larghezze, facendoun quadro che sia per linea diago-nale moduli quattro, e su d’unlato dello stesso si farà un trian-golo equilatero nel modo che sivede, b a c, e nell’angolo segnatoa si fermerà la punta del compas-so e tirerassi il cavo dell’abaco bc. Per il profilo si piglia l’altezzadelle sue foglie di caulicoli edabaco, lo sporgimento delle fogliedei caulicoli si piglia per la lineache nasce dalla punta dell’abacoal tondino della colonna, comedimostra il disegno del profilo; ilrestante, con un po’ di considera-zione si può facilmente intendere»

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definizione delle proiezioni «dirette», ossia visibili, leseconde distinte in due tipi di tratteggio di cui uno assaisimile ad un puntinato e l’altro più incisivo, caratteriz-zato dalla evidente alternanza tra linea e spazio.Il tratteggio più evidente comune a tutti e due i dise-gni, definisce l’asse di simmetria del capitello, il tratteg-gio tenue viene utilizzato per l’esemplificazione dellecostruzioni grafiche, per la definizione delle figure geo-metriche di riferimento e di proporzionamento, per evi-denziare le righe di «richiamo» tra le due proiezioni,ed al contempo per l’individuazione delle righe di pro-iezione «indiretta», ossia di quelle righe che apparten-gono ad elementi celati da parti più prossime al pianodi sezione. I disegni sono completati da una serie dicaratteri alfanumerici dedicati alla definizione di com-ponenti e di relazione dimensionale. La strategia rap-presentativa è basata sull’allusione figurativa: leimmagini restituiscono il solo simulacro dell’immaginedel capitello, che, se pure per sola allusione, rimanecomunque definito. Il sapiente uso del disegno bidi-mensionale, attraverso la simultanea rappresentazio-ne delle varie parti discrete e parziali ma comunque«intelaiate» sulla comune griglia geometrica, consenteuna esemplificazione rappresentativa che la avvicinaper completezza figurativa, ad un grafico tridimensio-nale.

Si è in precedenza accennato circa le diverse peculia-rità espressive, sia in termini di contenuto che di con-venzione, legate alle scale della rappresentazione. Con il progressivo «allontanamento» del grafico dalledimensioni reali dell’elemento rappresentato aumentala componente espressiva simbolica «sostenuta» nellacomunicazione da un sempre più incisivo utilizzo dellacomponente convenzionale. Più che in ogni altro ambi-to operativo inerente la rappresentazione del costruito,nella trasposizione grafica di una realtà fisica estesa e

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complessa l’autore è chiamato ad interpretare la real-tà spaziale ed a riproporla su carta in forma di «versio-ne». In effetti il rapporto tra rappresentazione graficadello spazio e reale conformazione degli elementi chelo spazio determinano, oltre che per congruenza metri-ca, si definisce mediante la scelta degli accorgimentiespressivi quali segni, tagli, metodi e tecniche più con-soni ad esprimere gli elementi più significativi da raffi-gurare. Nel corso della storia della rappresentazionesono stati numerosi gli esempi talvolta volutamentefaziosi, altre volte involontariamente erronei, comun-que accomunati da una sostanziale non corretta tra-scrizione della realtà fisica, «pratica» utilizzata sia nellerappresentazioni tridimensionali (vedutismo) che bidi-mensionali.Solo con l’avvento delle moderne tecnologie di rileva-mento, ad una narrazione non esattamente conformeal vero e caratterizzata talvolta da «licenze narrative»si è definitivamente sostituita una rappresentazionepiù attendibile e conforme al vero. L’oggettività rappre-sentativa propria delle rappresentazioni di dettaglio, inquelle relative ad assetti spaziali a «grande denomina-tore» tende quindi a sfumare in una caratterizzazioneconvenzionale il cui esito comunicativo è inevitabil-mente legato alla codificazione della realtà fisica. Dinon secondaria importanza, inoltre, è l’aspetto legatoin generale all’attendibilità di questo tipo di grafici; nellariduzione dei singoli componenti rappresentati è insitaed inevitabile la diminuzione della precisione oltrechéformale soprattutto dimensionale. In definitiva, quindi,i disegni a grande scala rappresentano un modellodella realtà fisica formulato su basi espressive sinteti-che ed altamente convenzionali, in altre parole risulta-no contenitori di indicazioni il cui livello di attendibilitàè indissolubilmente legato al proprio rapporto di ridu-zione. Il confronto diretto tra una rappresentazione didettaglio ed una rappresentazione in scala urbanistica

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Pagine seguenti33/Tavola Rione IX Pigna delCatasto Gregoriano di Roma.

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permette di evidenziare le caratteristiche nonché lepeculiarità proprie dei due opposti estremi rappresen-tativi.La figura 33 rappresenta la Tavola del Rione IX Pigna,20

una delle mappe del Catasto Gregoriano relativo al ter-ritorio della città di Roma. Il disegno della pianta èaccurato, la trama urbana, già resa evidente da untrattamento grafico di superficie rosato, assume nelsuo complesso ulteriore rilievo mediante l’accentuazio-ne di segno e colore nei bordi orientati a sud - est asimulazione di una condizione di accennata ombreg-giatura. Il medesimo colore, solo più tenue, definisceanche gli ambiti coperti ma comunque pubblici; è, adesempio, il caso delle chiese che sono rappresentate inpianta sempre in modo molto accurato. Oltre alle par-titure murarie sezionate, i livelli di dettaglio delle qualisono molto più definiti di quanto sarebbe proprio perun disegno in scala 1:2000, compaiono anche i segnidi proiezione indiretta delle strutture murarie postesopra al piano di sezione quali archi, volte ecc. Un trat-tamento grafico differenziato contraddistingue la rap-presentazione del Pantheon; così come per la definizio-ne delle chiese, anche questo monumento è dotato diun grado di definizione molto elevato ma al contemponon sono stati resi evidenti cromaticamente gli spaziinterni. Inoltre il trattamento utilizzato per le partisezionate è in questo caso trattato in nero assoluto. Inanalogia con le rappresentazioni degli edifici che offro-no «...una continuità d’uso pubblico con le strade e lepiazze»21 anche il disegno dei cortili è estremamentecurato sia dal punto di vista geometrico che cromatico. Gli intenti comunicativi e le scelte espressive di questetavole non celano certo la probabile influenza dellaPianta di Roma di G. B. Nolli, lavoro pubblicato nel1748 (fig. 34). Il confronto diretto tra i due lavori mettein luce, soprattutto nella rappresentazione dei monu-menti, alcune affinità formali che suggeriscono un uti-

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20. Il Catasto Gregoriano è ilprimo catasto generale geometri-co e particellare dello StatoPontificio in cui venne adottatoper le misurazioni il sistemametrico decimale. Fu promossonel 1816 da Pio VII nell’ambito diuna riorganizzazione amministra-tiva dello Stato e venne attivatonel 1835 da Gregorio XVI dalquale prese il nome.Le mappe, orientate a nord, ven-nero realizzate nelle scale1:2000, 1:4000 e 1:8000. Ognimappa doveva comprendere unsolo territorio comunale, nel casodi comuni estesi oltre la dimen-sione del supporto, il territoriodoveva essere suddiviso in diver-se sezioni oggetto di distintemappe e con denominazione trat-ta dal toponimo più rilevantecompreso nel territorio. Oltre allemappe il catasto è composto dabrogliardi che sono la partedescrittiva delle mappe e forni-scono: il numero di mappa, l’ubi-cazione dei fondi ed il numerocivico, la natura dei fondi ed illoro uso, il tipo di proprietà, ilnumero dei vani per piano, super-ficie la pigione e l’estimo.

21. I. Insolera, Roma. Immagini erealtà dal X al XX Secolo, LaterzaBari, 2002.

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lizzo che sembra superi la pura «citazione» del lavorodel Nolli. Comunque la raffigurazione ottocentesca deicatasti pontifici in genere, uniformata ed «appiattita»da un disegno convenzionale che riduce la ricchezzaespressiva (ad esempio, rispetto alle rappresentazionisettecentesche), risulta particolarmente profiqua pro-prio per la sostanziale omogeneità delle informazioniriportate: «Redatti per un fine che sinteticamentediciamo “fiscale”, i catasti geometrico-particellari ten-dono a restituirci, con un buon livello di precisione, unadescrizione “autentica” e non “magnifica” della città edelle sue parti.»22

La linea del Catasto Gregoriano verte quindi sulla nar-razione della città formulata mediante la rappresenta-

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22. G. Testa, A. De Sanctis, D.Pastore, Borgo Pio 1824-1871.

Disegno delle trasformazioni edili-zie attraverso i documenti d’archi-vio, Quaderni del Dipartimento di

Rappresentazione e Rilievo,Edizioni Kappa, Roma 1991

34/G. B. Nolli, pianta di Roma del1748, particolare della zona di

Piazza della Minerva.

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zione del puro dato dimensionale, urbanistico dell’edi-lizia corrente, e di un sistematico approfondimento piùpropriamente architettonico dei luoghi pubblici altempo coincidenti nella quasi totalità dei casi ai luoghidi culto. Un tale indirizzo rappresentativo potrebbeverosimilmente dipendere da diversi fattori: retaggistorici, espressa richiesta della committenza; al di làdelle possibili cause, il dato importante ai fini del pre-sente lavoro risiede nell’aspetto comunicativo. Al paridelle scelte proiettive più o meno faziose attuate daivedutisti (tagli, evidenze grafiche di alcuni aspetti ascapito di altri, esagerazioni figurative, anche nelle rap-

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35/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti.Planimetria del progetto originariodel Quartiere Olimpico di Romarealizzato in occasione delleOlimpiadi del 1960.

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presentazioni bidimensionali) le diverse scelte interpre-tative risultano in grado di condizionare la lettura di unassetto spaziale.

L’immagine in figura 35 rappresenta l’originale assettourbanistico del Quartiere Olimpico di Roma. La plani-metria, redatta a fini pubblicistico-divulgativi, è carat-terizzata da un alto grado di sintesi espressiva, a diffe-renza delle scelte rappresentative riscontrate nel grafi-co del Catasto Gregoriano in questo caso l’evidenzia-zione dell’assetto edilizio avviene in negativo. Il verde e la continuità visiva rappresentarono alcunetra le scelte progettuali poste a fondamento dell’interointervento; da questo assunto la strategia comunicati-va si è incentrata sulla volontà di definire uniforme-mente l’intera area con uno sfondo cromatico interrot-to dalle sole strade e dagli edifici che, come per l’esem-pio di figura 33, vengono evidenziati mediante l’accen-tuazione di segno nei bordi orientati a sud-est a simu-lazione di una condizione di accennata ombreggiatura. L’effetto di tale scelta attuato in questo caso su sfondocolorato, sembra alludere, in accordo con la realtà fisi-ca, al «galleggiamento» dell’intero intervento ediliziorispetto allo sfondo. La faziosità comunicativa è in questo caso espressamediante la rappresentazione «forzata» dei soli nucleiscala, che insieme ai pilotis sono gli unici attacchi aterra dei manufatti, enfatizzati simbolicamentemediante le proprie sagome in nero.Nelle scale di riduzione dimensionalmente più prossi-me al vero, la comunicazione grafica come si è accen-nato tende gradualmente alla perdita della propriacomponente simbolica mantenendo inalterata la con-venzionalità espressiva che tuttavia deve adeguarsialle diverse istanze espressive proprie di ogni scala dirappresentazione.Le immagini seguenti offrono una prima, sia pure par-

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ziale opportunità esplicativa di quanto appena espres-so, ad una possibile ed al contempo non esclusiva«campionatura» di convenzioni grafiche e simbolichein questo caso relative al rapporto di riduzione 1:50 inpianta, segue una esemplificazione riguardante la rap-presentazione grafica convenzionale della scala ai varilivelli.Le figure 36, 37 e 38 rappresentano lo stralcio ai varilivelli delle piante di uno degli edifici che compongonoil Quartiere Olimpico di Roma. Il manufatto è caratte-rizzato, come tutte le altre residenze del sito, per «l’at-tacco a terra» realizzato su pilotis. I disegni riportati,che per esigenze di impaginazione non rispettano lascala di redazione d’origine, rappresentano una possi-bile introduzione al tema generale della convenzionegrafica nel disegno d’architettura. Una prima conside-razione riguarda il «taglio» delle rappresentazioni chesi limitano a considerare il nucleo distributivo verticaleed una sola delle 4 unità residenziali servite dallo stes-so.

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36/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti,Quartiere Olimpico, Roma, 1958.Edificio tipo D1, piano terreno ela-borato di progetto, 1:50. China sulucido, mm 2580x320. ArchivioCentrale dello Stato N. 58/181/47

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L’opportunità di stralciare, come ad esempio in questocaso, o di «sostituire», nuclei o elementi ripetitivi di uninsieme, al fine di favorire esemplificazioni di tipo distri-butivo o funzionale ecc. è un’operazione comunicativa-mente lecita purché si mantenga nell’esemplificazionela logica aggregativa generale. Una particolare attenzione deve essere rivolta alla scel-ta dei margini di cesura; l’opportunità di stralciare unarealtà al fine di semplificarne la comprensione, deveavvenire infatti con modalità chiare e logiche.L’eventuale operazione «manipolativa» deve grafica-mente denunciarsi con l’utilizzo di idonee convenzioni,nelle piante in oggetto disegnate con tratto punto.La pianta è in generale definibile come una rappresen-tazione grafica in scala, ottenuta sezionando secondoun piano orizzontale, o/e proiettando verticalmente sulpiano orizzontale, oggetti, pezzi meccanici, costruzioniterreni ecc. Convenzionalmente, in ambito architettonico, se nonaltrimenti specificato, il piano orizzontale di sezione si

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37/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti,

Quartiere Olimpico, Roma, 1958.Edificio tipo D1, piano piano tipo

elaborato di progetto, 1:50. Chinasu lucido, mm 2580x320. ArchivioCentrale dello Stato N. 58/181/47

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intende posto a 120 cm di altezza dal piano di calpe-stio di riferimento. La scelta di questa altezza derivadall’esigenza di rappresentare in sezione e/o in proie-zione quanti più elementi possibili utili alla comprensio-ne dell’organismo rappresentato. Una sezione orizzon-tale posta a 120 cm di altezza permette di «intercetta-re» porte, finestre, arredi, ecc., la parti non sezionabi-li perchè più basse di tale altezza, si limiteranno edessere proiettate con segni grafici molto meno incisividi quelli adottati per definire le parti sezionate. Oltre a queste proiezioni già in precedenza definite«dirette», ne esistono altre definite «indirette» con-venzionalmente graficizzate per mezzo di tratteggio,queste ultime possono rappresentare sia eventualirilievi posti al di sotto del piano di sezione ma celati daelementi più vicini al piano o, ed è il caso più frequen-te, da evidenze poste al di sopra del piano stesso disezione, ossia alle spalle dell’osservatore.Piante e sezioni sono quindi rappresentazioni chedevono rispondere alla medesima logica rappresenta-tiva;23 le sezioni verticali devono essere opportuna-

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38/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti,Quartiere Olimpico, Roma, 1958.Edificio tipo D1, pianta pianocoperture elaborato di progetto,1:50. China su lucido, mm2580x320.Archivio Centrale dello Stato N.58/181/47

23. Nella prassi grafica in realtàemerge spesso la tendenza a daremaggiore definizione in sezioneagli elementi «tagliati» ed in pian-ta a quelli proiettati come gli arre-di.

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mente definite planimetricamente mediante modalitàgrafiche di richiamo che, anche se convenzionalmentevariabili, devono comunque riportare la traccia di pro-iezione ovvero di sezione ed il relativo verso di osser-vazione. In presenza di particolari esigenze i «piani» disezione possono non seguire un percorso lineare econtinuo, in questo caso le variazioni devono essere«registrate» mediante opportune linee spezzate. Lesezioni, sia orizzontali che verticali devono sempreessere definite mediante riferimenti alfanumerici; nor-malmente per quelle verticali si ricorre alle lettere, perquelle orizzontali alla indicazione del livello di apparte-nenza e/o alla quota altimetrica di riferimento. Si è accennato all’opportunità di «anticipazione» di«eventi» posti al di sopra del piano di sezione orizzon-tale mediante l’uso di tratteggi atti alla definizione delleproiezioni «indirette». Anche in questo caso non esi-stono convenzioni vincolanti, il passo o lo spessoredevono adeguarsi per tipo o intensità alla scala di rap-presentazione, la scelta del segno rimane quindisostanzialmente delegata all’operatore che, in base

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39/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L.

Moretti, Quartiere Olimpico,Roma, 1958. Edificio tipo D,

sezione longitudinale, 1:50. Chinasu lucido.

Archivio Centrale dello Stato N.58/181/43

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alle diverse scale grafiche ed in dipendenza degli«eventi» da esemplificare adotterà di volta in volta unagamma espressiva adatta. Nella figura 36 si possono distinguere due diversi tipi ditratteggio, uno più marcato che definisce gerarchica-mente la sagoma del corpo di fabbrica ed un secondopiù tenue, mirato alla definizione degli elementi gerar-chicamente definibili come secondari, in questo caso lasagoma dell’intradosso dei ballatoi di accesso. Nellafigura 38, al contempo, il tratteggio posto sulla piantadelle coperture definisce le linee di compluvio e displu-vio del tetto, in altre parole i cambiamenti di penden-za necessari allo smaltimento delle acque meteoriche. La rappresentazione in scala 1:50 (figure 36-40)appartiene al livello di definizione progettuale esecuti-va; le indicazioni presenti a partire da questo rapportodi riduzione fino alla scala al vero detengono pertantonel procedimento edilizio una valenza prescrittiva.Negli elaborati esecutivi, la definizione dell’organismoarchitettonico ha raggiunto la completa maturità in

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40/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti,Quartiere Olimpico, Roma, 1958.Edificio tipo D1, prospetto, 1:50.China su lucido, mm 1020x320.Archivio Centrale dello Stato N.58/181/48

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tutti i suoi aspetti formali, funzionali e statici. Tra i gra-fici esecutivi il 50 rappresenta il riferimento, ad esem-pio a cui tutti gli elaborati specialistici devono fare capoe non a caso questa scala rappresenta spesso l’oppor-tunità ultima di rappresentazione complessiva d’insie-me. Già nel passaggio successivo alla scala 1:20, ineffetti, la rappresentazione dell’elemento architettoni-co si parzializza, diviene stralcio. Le opportunità grafico-dimensionali offerte da questascala permettono di evidenziare la molteplicità dellecomponenti occorrenti alla realizzazione del manufattoma, al contempo, non permettono di enuclearne indettaglio la definizione che viene perciò affidata adulteriori e specifici elaborati: abachi, tavole di dettaglioecc. (fig. 42). Chiaramente, al pari di piante e sezionianche i prospetti seguono un percorso comunicativotendente alla messa ad una definizione differenziatadelle diverse componenti formali. Se il 50 raccoglietutte le indicazioni necessarie alla definizione dell’ope-ra, il 100 può considerarsi come evocativo delle com-

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41/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti,

Quartiere Olimpico, Roma, 1958.Edificio tipo D1, prospetti e sezio-ni, 1:100 (stralcio). China su luci-

do, mm 1900x320.Archivio Centrale dello Stato N.

58/181/45

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ponenti più minute dell’organismo edilizio (figg. 40-41); la finalità di quest’ultima scala è rivolta alla rap-presentazione complessiva dell’organismo edilizio, allacomunicazione del «sistema facciata»; il 100 è la scalaidonea per enunciare la discontinuità della facciatainvece della finestra, come nel 200 a prevalere dovrà

42/ V. Cafiero, A. Libera, A.Luccichenti, V. Monaco, L. Moretti,Quartiere Olimpico, Roma, 1958.Edificio tipo A/B/C, dettagli fine-stre, 1:1, 1:20, 1:50, Disegno ori-ginale V. Cafiero. China su lucido,mm 2580x320. Archivio Centraledello Stato N. 58/181/57

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essere il movimento di massa fino ad arrivare alla scalaal 500 in cui il prospetto smette di essere tale per dive-nire profilo, ossia sintetica rappresentazione dellamassa volumetrica. A partire dalla rappresentazione inscala al 50 possiamo quindi definire gli elaborati grafi-ci architettonici come esecutivi, ovvero come grafici atti

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alla realizzazione dell’opera progettata. La tavola riportata in figura 42 è un grafico progettua-le di dettaglio inerente la definizione esecutiva dellediverse varianti di infisso relative ad una serie di tipiedilizi del Quartiere Olimpico. La composizione dellatavola è formulata su una serie di disegni tra loro com-plementari. Il diversi nodi costruttivi trattati trovanosempre il proprio riferimento localizzativo a negli stral-ci di piante e/o sezioni redatti al 50. I materiali dacostruzione sono convenzionalmente differenziati, laquotatura degli elementi viene espressa in millimetri;il ricorso a convenzioni grafiche definenti stralci, proie-zioni dirette e/o indirette diviene la regola comunicati-va. Si ricorre all’uso della didascalia sia per definire lespecificità dei materiali utilizzati che per esemplificareprocedure, modalità costruttive ed indicazioni prescrit-tive.24

Una considerazione inerente in generale il disegno tec-nico riguarda il sistema di quotatura. In presenza delrapporto di riduzione e/o della scala metrica è possibi-le definire la dimensione al vero dell’elemento misura-to sulla carta; chiaramente il grado di attendibilità dellamisura ricavata graficamente è tanto più basso quan-to la scala del disegno tende ad aumentare di denomi-natore. Oltre a ciò non è da sottovalutare che la impre-cisione della quota rilevata da grafico può dipendere daulteriori fattori quali la possibile deformazione del dise-gno a seguito di riproduzione o ancora la deformazio-ne dello stesso supporto in dipendenza delle condizio-ni ambientali. Tali motivazioni, oltre alle fondamentaliesigenze comunicative relative alla puntualizzazione diriferimenti dimensionali certi, rendono la quotatura diun grafico non mero esercizio complementare ad una(come si è visto possibile) alternativa misurabilità,bensì momento fondamentale di controllo e verificaprogettuale. Nei disegni precedenti si distinguono duedifferenti tipi di quotatura: una definibile lineare, l’altra

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24. Questo tipo di comunicazioneutilizzata ad integrazione del dise-gno, permette il superamento deilimiti fisici imposti dall’immagineampliando e completandone alcontempo le opportunità espressi-ve (fig 43).

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altimetrica. Le quote definite altimetriche sono espres-se mediante numeri compresi tra due parentesi enun-cianti appunto la quota del piano relativamente alpiano di campagna o in alternativa in base all’altezzasul livello del mare; questo tipo di quota si avvale diuna serie di simboli aggiuntivi come piccoli triangoli,cerchi ecc. atti alla definizione precisa del punto quota-to. La quotatura lineare si compone della misura gene-ralmente posta al centro di «linee di richiamo» e a defi-

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43/ L. Moretti, Parcheggio sotter-raneo a Villa Borghese, Roma,

1966. Schema seriale delle opera-zioni per il parcheggio sotterraneo

del galoppatoio con annotazioni.Lucido a china e colori, mm

610x545 (datato 3 agosto 1968,firmato). Archivio Centrale dello

Stato N. 65/251/10R

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nizione del limite di quota in allineamento con i puntiquotati di frecce e/o segni marcati. L’intero sistemacomunicativo deve avvalersi di un’organizzazione stra-tegica ed efficace, la quotatura delle singole parti deveessere regolarmente integrata da quella dell’insieme,la sua localizzazione deve per quanto possibile evitarepossibili interferenze con i segni grafici di proiezionemantenendo comunque una diretta relazione con glielementi misurati.

SUI LINGUAGGI DEL DISEGNO

«Il disegno di architettura appare come attività cherimanda ad altro, designando altre cose in funzione deivari interpreti (committenti, tecnici, maestranze...)».25

La strategia della rappresentazione, sia in fase di pro-cedimento analitico che progettuale, deve necessaria-mente aderire, adottando modalità e tecniche esposi-tive differenziate, agli indirizzi dettati dalle finalità espo-sitive. Le diverse modalità comunicative dovranno per-tanto risultare pertinenti alle specificità linguistiche daadottare mediante l’uso di configurazioni ed assettiespositivi specifici. Chiaramente i modi espressivi deldisegno, al pari del linguaggio, si conformano con il tra-scorrere del tempo alle diverse necessità espressiveoriginando di volta in volta modi, contenuti e conven-zioni in continua evoluzione. Lo studio effettuato, adesempio, su una serie di elaborati di progetto inerentila comunicazione grafica finalizzata al rilascio dellalicenza edilizia redatti a partire dagli anni Trenta inambito romano, ha evidenziato una serie di prassi gra-fiche caratteristiche di quel determinato periodo.Accanto alla prevalente tendenza alla accurata defini-zione delle sezioni verticali rispetto alle relative piantemetodologia probabilmente riconducibile ad una pras-

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25. R. De Fusco, Il disegno d’ar-chitettura, in Op. Cit. n. 6/1966.

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si grafica di matrice storicistica gli stessi elaborati evi-denziano al contempo la propensione comunicativaverosimilmente inversa per quanto concerne la defini-zione dell’orditura strutturale. Questa peculiarità assu-me particolare rilevanza se inquadrata nel contestocomunicativo di appartenenza, ossia l’elaborazionegrafica destinata all’amministrazione pubblica, ed inquanto caratterizzante il periodo in cui si consolidò ildefinitivo passaggio dalla struttura continua al sistemaportante a telaio (fig. 44). Sul tema della convenzionalità grafica si è evidenziatauna certa eterogeneità espressiva sia per quanto con-cerne i simboli che i trattamenti. In pianta le linee dirichiamo alle relative sezioni, ad esempio, in molti deiprogetti analizzati non sono definite ad eccezione deisoli livelli terra; ai segni di sezione inoltre non è quasimai attribuito il verso di vista, l’omissione di tali detta-gli rende macchinosa l’interpretazione delle viste inalzato considerando inoltre che i disegni, talvolta,manifestano carenze di corrispondenza proiettiva pro-babilmente dipendenti da sostituzioni parziali di graficia seguito di variazioni richieste dalla stessa ammini-strazione. Anche la quotatura, utilizzata principalmen-te ai livelli terra per misurare ingombri edilizi e distac-chi dai confini, in affinità metodologica con le tenden-ze grafiche storicistiche, continua ad essere utilizzataper misurare gli interassi tra le finestre piuttosto che idati dimensionali delle stesse (fig. 45).Tra le prassi comunicative ricorrenti si è evidenziatainoltre la strategica resa grafica differenziata tra le fac-ciate prospettanti su strade pubbliche, sempre dotatedi ombreggiatura, e quelle relative agli affacci secon-dari, quasi sempre prive di trattamento o comunquerese con toni grafici sempre meno intensi (figg. 46-47).Di particolare rilievo inoltre appare il fatto che la meto-dologia rappresentativa del periodo non contemplasse

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44/ G. Ponti, pianta al piano tipo della palazzina in piazza Eleonora Duse, Roma. Comune di Roma Dipartimento IX N. anno certificato: 359/1949

46/ M. De Renzi, prospetto principale della palazzine INA, via O. Tommasini/via A. VenturiRoma. Comune di Roma Dipartimento IX N. e anno certificato 174/1954.

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45/ L. Tufaroli, pianta al piano interrato della palazzina di via Panama, Roma. Comune di Roma Dipartimento IX N. e anno certificato 26080/1936.

47/ M. De Renzi, prospetti laterali della palazzine INA, via O. Tommasini/via A. Venturi Roma.Comune di Roma Dipartimento IX N. e anno certificato 174/1954

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49/ M. De Renzi, M. De Renzi, G. Calza Bini, rappresentazione prospettica della palazzina Castelliin via Cerveteri. Comune di Roma Dipartimento IX N. e anno certificato 32354/1935.

48/ Luigi Piccinato, schizzo prospettico della casa-albergo in via G. Nicotera Roma. Comune diRoma Dipartimento IX N. e anno certificato 298/1948.

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la relazione degli organismi progettati con la realtàurbana contigua. Tra tutti gli elaborati progettuali ana-lizzati non si sono reperiti prospetti, profili o viste tridi-mensionali finalizzati all’inquadramento architettonicodel progetto nel contesto urbano di appartenenza (fig.48); uno dei rari casi in cui il contesto edilizio limitrofocompare è quello della vista prospettica riportata infigura 49 relativa ad una delle due palazzine progetta-te da M. De Renzi e G. Calza Bini tra le vie Cerveteri eFregene a Roma.Circa le specificità espressive legate alle finalità deigrafici analizzati, si evidenzia una sostanziale esplicita-zione in merito agli opportuni riferimenti grafico-nor-mativi.In altri termini non si sono rilevate dirette indicazioniinerenti le norme edilizie del periodo, norme che, siricorda, basavano le opportunità edificatorie su rappor-ti geometrico-dimensionali tra altezze dei manufatti elarghezze delle strade, allineamenti delle facciate suifronti stradali, arretramenti degli ultimi piani ecc.26

Un procedimento comunicativo che, quindi, basava lapropria strategia comunicativa su scelte rappresentati-ve intenzionalmente indirizzate a referenti in grado didecodificare intenzionalità solo implicitamente espres-se.I meccanismi legati all’evoluzione dei procedimenticoncessori hanno, con il trascorrere degli anni, espo-nenzialmente aumentato i parametri, ed i vincoli nor-mativi legati all’edificabilità.Le innumerevoli norme e vincoli posti alla base del-l’odierna res aedificatoria norme relative a cubatura,allineamenti, standard urbanistici, e vincoli di caratterepaesistico, storico, statico, tecnologico ecc. hanno gra-dualmente ma sistematicamente contribuito adampliare il corpo degli elaborati «amministrativi».Il rilascio della moderna concessione edilizia ha gra-dualmente indotto i tecnici a produrre uno specifico

26. Compaiono raramente adesempio schemi geometrico -

esemplificativi ausiliari nelle plani-metrie, gli unici rilievi grafici sonoriportati nelle sezioni e riguardanole giaciture dei piani stradali defi-niti con linee tratteggiate, il ricor-

so a questo tipo di richiamo sirendeva necessario nel caso in cui

il piano di sezione non ne inter-cettasse la sagoma: la quota delpiano stradale in effetti rappre-

sentava nei casi specifici il pianodi riferimento per la definizionedell'altezza massima consentita

per il manufatto.

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complesso di elaborati basati su una propria e specifi-ca autonomia procedurale, in altre parole un vero eproprio percorso di definizione progettuale parallelo aquello dedicato alla realizzazione fisica dell’opera. Allecanoniche proiezioni ortogonali di piante sezioni e pro-spetti, al grafico amministrativo si affiancano oggischemi, tabelle, grafici e non di rado modelli tridimen-sionali mirati alla comunicazione di tutti i possibiliaspetti dell’organismo progettato.Alle valutazioni più specificatamente tecniche si affian-cano per i progetti più complessi analisi, simulazioni eproiezioni inerenti campi solo apparentemente distan-ti dalla logica costruttiva. Analisi economiche, valuta-zioni sociali sono divenute parte integrante degli elabo-rati amministrativi; la realtà futura una volta solo ipo-tizzata per mezzo del disegno degli elementi progetta-ti oggi viene «anticipata» mediante simulazioni digita-li, filmati multimediali di una realtà virtuale ma ormaiperfettamente conforme all’immantinente futuro.Le caratteristiche grafiche e procedurali, ossia gliassetti delle rappresentazioni, il repertorio di regole econvenzioni a disposizione degli autori, testimonianotra l'altro di una continuità diffusa dei modi di sentirel'architettura ed i procedimenti del suo costruirsi. «Laricca produzione di figure che normalmente accompa-gna sia l'azione di rilevamento che quella progettualenon è solo il segnale evidente della versatilità dei siste-mi di rappresentazione o di un acquisito virtuosismografico; è anche il segnale di interesse e soprattutto delmodo, in un determinato periodo, di considerare l'ar-chitettura e di ritenerla».27

La trattazione relativa alla flessibilità del linguaggio gra-fico non si esaurisce chiaramente nelle sole specificitàinerenti la comunicazione amministrativa o in quellaesecutiva precedentemente trattata, queste due «lin-gue» rappresentano un solo parziale affaccio sull’este-so panorama legato al fare architettonico. Si pensi ad

27. G.Testa, A. De Sanctis,Rappresentazione e architettura-linguaggi per il rilievo ed il pro-getto, Gangemi Editore, 2003

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esempio alla comunicazione grafica finalizzata ai con-corsi di architettura. Il disegno diviene in questo «territorio» il veicolo cheaccompagna o meglio proietta in pochi istanti i fruitoridelle immagini in una serie di realtà alternative che,sebbene ancora virtuali, sono accomunate da medesi-mi intenti ma definite da scelte concettuali, formali, egrafiche fortemente e necessariamente caratterizzateda un sintetico ma intenso valore comunicativo. Alla base della «trasmissione» delle volontà, delle ipo-tesi, delle idee c’è il disegno, disegno sotto certi aspet-ti sempre meno tecnico, meno convenzionale ed alcontempo sempre più vicino al concetto, all’idea,all’icona.Non a caso sempre più spesso tra i lavori premiati aseguito di competizioni, le architetture vincitrici pren-dono il nome dei riferimenti da cui traggono ispirazio-ne: la Nuvola di Fuksas28 o le Vele di Meyer;29 l’archi-tettura si immedesima nella citazione, ne divieneimmagine. E il disegno? Il disegno era e continua adessere il veicolo di comunicazione privilegiato, hasmesso in molti casi di mediare convenzionalmentel’architettura in favore di visioni meno oggettive e sem-pre più oniriche ma di fatto il suo ruolo rimane inalte-rato. Il ruolo del disegno quindi non è cambiato; a cambia-re sono stati gli strumenti per mezzo dei quali il dise-gno prende corpo e, insieme agli strumenti, in alcunicasi, gli operatori. L’opzione informatica sembra appar-tenerci da sempre, l’elaborazione grafica digitale cheha cominciato a diffondersi capillarmente presso glistudi professionali negli anni Novanta ha, in un lassotemporale limitato, trasformato le logiche rappresenta-tive fino a raggiungere specificità tali da richiedere pro-fessionalità e competenze specifiche. Rimanendo nel-l’ambito della rappresentazione destinata al concorsod’architettura, sempre più spesso si assiste alla forma-

28. Progetto di concorso del 2000di Massimiliano Fuksas per ilPalazzo dei Congressi all’Eur,

Roma.

29. Progetto di concorso del 1995di Richard Meyer per la chiesa

Dives in Misericordia, Roma.

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lizzazione della produzione comunicativa gestita dagrafici, da tecnici dell’immagine. Gli elaborati tendonosempre più al concept project e sempre meno all’ar-chitettura. L’avvalersi di figure professionali esternenon è certo una novità; già negli anni Trenta si è vistocome l’architettura si avvalesse di tecnici dell’immagi-ne, ma in quel caso la «contaminazione»era, si è visto,specificamente culturale. Il pericolo all’oggi ritengo che risieda nella travisazionedel reale ruolo dell’opzione informatica che da stru-mento passivo tende talvolta ad essere utilizzatoimpropriamente come intelligenza artificiale. Il discor-so non è chiaramente generalizzabile, ma il rischio chela generazione di un manufatto avvenga non permezzo dell’intelligenza umana ma per mezzo di unawork station, in altre parole per mezzo di una nonintelligenza, è più che possibile. Scrive Giulio CarloArgan nel 1970: «La forma artistica è il risultato logicodel “problema bene illustrato”: i piroscafi, gli aerei, lacui forma corrisponde esattamente alla funzione, sonobelli come il Partenone...»30

Che il vento «disegni» la forma delle autovetture è leci-to, che l’architettura venga disegnata nella dupliceaccezione rappresentata e progettata mediante imma-gini autocelebrative di una accattivante ma casualeaggregazione di forme e materiali, lecito non lo è affat-to.

IL DISEGNO ... TRA CAD E TECNIGRAFO

Pensando all'avvento della rappresentazione informa-tica ed alla conseguente radicale trasformazione delprocedimento grafico, appare quasi scontato trovareun possibile riferimento storico nella diffusione dellafotografia che sul finire del XIX° Secolo sembrò, senza

30. Citazione ripresa da: M.Cresci, L’immagine mediata del-l’architettura, in «Icaro» n. 8,Gangemi Editore, 1996

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procurare non poca apprensione tra gli addetti ai lavo-ri, potesse sostituire l'illustrazione tecnico-scientificaintesa nel senso tradizionale.Nel corso degli anni le competenze relative ai duemezzi espressivi smentirono in realtà i primi timori:l'evoluzione tecnologica del mezzo fotografico infatti,cominciò a permettere un uso dello stesso sempre piùspecifico e caratterizzato, delineando potenzialitàespressive per quanto sotto certi aspetti affini al mezzorappresentativo tradizionale, comunque specifiche. Inrealtà, così come in molti analoghi casi, è proprio dalconfronto e dall'interazione tra diverse tecniche e tec-nologie che passa l'evoluzione.A partire dall'ultimo decennio del XX° Secolo si è assi-stito al sempre più massiccio uso in ambito grafico-architettonico dell'informatica. L'uso della computergrafica in realtà trova le sue origini nel campo graficodell'ingegneria meccanica elettronica ed aerospaziale,tanto che uno dei software più utilizzati al mondo,l'Autocad della Autodesk, subisce nel tempo una seriedi correzioni mirate ad adeguarne le potenzialitàespressive nei confronti del campo architettonicoprima ed urbanistico poi.Il sistema CAD, acronimo di Computer Aided Design,la cui origine può probabilmente attribuirsi alloSketchpad sviluppato al Massachusetts Institute ofTecnology (MIT) nel 1963, trova le sue prime applica-zioni commerciali e quindi su larga scala a partire daglianni '70 nelle grandi aziende elettroniche automobili-stiche ed aerospaziali fino ad approdare negli anni '90prima presso gli studi medio-grandi e poi via via pres-so la quasi totalità degli studi professionali, complici daun lato la diminuzione dei costi hardware coincidentecon la diffusione dei microcomputer e dall'altro ilmiglioramento delle interfacce grafiche.Accennavo prima alle specificità operative originarie delmezzo CAD, ossia ai campi di intervento per cui que-

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sto strumento è stato ideato; il CAD è un mezzo natoper la definizione grafica di componenti esatte destina-te nella maggioranza dei casi alla produzione industria-le di serie e la precisione matematica del disegno assi-stito non prevede margini di errore. L'ideazione ed il successivo sviluppo del software harisentito ovviamente dell'uso per cui è stato ideato: idati dimensionali delle componenti dei processi pro-duttivi prima elencati necessitano di una gamma discale rappresentative piuttosto limitate e comunqueassai prossime alle dimensioni reali; questo tipo dicaratterizzazione ha, soprattutto per le prime versionisoftware utilizzate in campo grafico-architettonico,costretto ad adeguare le potenzialità espressive del-l'operatore allo strumento e non viceversa.Le differenze operative non si limitano ai soli aspettirelativi alle vastità delle scale dimensionali e quindi alleconseguenti implicazioni rappresentative, ma anche aidifferenti gradi di tolleranza necessari alla esatta rap-presentazione del non perfetto operare umano; il pro-cesso industriale edile si basa ancora, infatti, per lagran parte dei propri ambiti di intervento, sull'operamanuale dell'uomo.Nel corso degli anni i programmatori hanno affinato imenù dei comandi operativi per un uso più prettamen-te architettonico, riuscendo ad avvicinare il CAD alleesigenze grafiche del processo produttivo edile che, adifferenza dei settori meccanico, elettronico ecc., sicaratterizza sostanzialmente per un più alto grado divariabilità negli esiti esecutivi. Se sotto certi aspetti lepossibilità operative offerte dai software grafici facilita-no la definizione delle componenti fino alla scala deldettaglio ed oltre, permettendo con una semplice azio-ne sulla rotella del mouse di passare velocemente dauna visione a dimensione reale ad un'altra a scala ter-ritoriale, dall'altra, proprio a causa di questa enormeflessibilità, nello strumento CAD è insito il rischio di far

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perdere al disegno la propria principale prerogativa,quella specificità che lo rende strumento unico ed inso-stituibile: la capacità selettiva, la faziosità, in altre paro-le l'opportunità di estrapolare sintetizzando gli aspettisignificativi trattati.Indubbiamente gli esiti grafici CAD se non sapiente-mente ed opportunamente trattati si avvicinano peri-colosamente alla fotografia intesa come «contenitore»di informazioni.Le opportunità ed al contempo i limiti operativi offertidal CAD nel campo bidimensionale si enfatizzano nellospazio tridimensionale, nel modello virtuale. Anche inquesto caso la gestione dello strumento in ambito edileha risentito del gap dovuto all'originaria finalità dei soft-ware; solo negli ultimi anni infatti si è provveduto, adesempio nel campo della resa grafica, al sensibilemiglioramento dei risultati per mezzo di texture sem-pre più caratterizzate dalle specificità dei materiali dacostruzione.I mezzi offerti dall'opzione digitale soprattutto in ambi-to tridimensionale, complice una sempre più sempliceed intuitiva interfaccia, hanno contribuito a stravolgerel'intera prassi progettuale: le innumerevoli opportunitàdi controllo tridimensionale dell'idea passano ormaiattraverso una illimitata produzione di immagini; lesempre più fedeli rappresentazioni dei modelli sembra-no svelarsi come opere definite e definitive, allo stessotempo compiute e virtuali e comunque purtroppoaccomunate dalla mancanza del percorso progettuale,conoscitivo.Una ulteriore importante considerazione, comune siaal disegno assistito 2D che 3D, è quella relativa all'usodella geometria: «Con la rappresentazione informaticale regole geometriche sembrano perdere gran partedel loro valore e quasi non servire per controllare gliassetti che si vengono formulando; "automaticamen-te" possono realizzarsi volumi e da questi piante e pro-

31. G.Testa, A. De Sanctis,Rappresentazione e architettura-linguaggi per il rilievo ed il pro-

getto, Gangemi Editore, 2003

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spetti»;31 in altri termini lo strumento CAD permette diipotizzare, gestire, trasformare forme tridimensionalianche complesse ed al contempo restituire medianteopportune viste le relative proiezioni bidimensionali(figg. 50-51). Il medesimo discorso vale anche per laformulazione bidimensionale delle figure geometrichela definizione delle quali è possibile mediante l'uso degliappositi menù. Risulta chiaro quindi come lo strumento CAD offra l'op-

50/ MVRDV, Sezione trasversale(modello digitale). Progetto per ilconcorso della Biblioteca Centraledi Brabante (Olanda), 2000.

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portunità di disegnare, progettare ma anche restituirela realtà per mezzo di una serie di comandi utilizzabilisenza conoscere le regole poste alla base degli stessi,così come, in ambito linguistico, si potrebbe pensarealla formulazione di un discorso o di una narrazionecomposti mediante l'uso di periodi predefiniti: le piùche possibili conseguenze risiedono nel rischio di unimpoverimento espressivo e di contenuti.In casuale coincidenza con il diffondersi dell'utilizzo

51/ MVRDV, Prospetto (modellodigitale) Progetto per il concorso

della Biblioteca Centrale diBrabante (Olanda), 2000.

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dello strumento informatico si è innescato un tantorepentino quanto radicale sconvolgimento dell'attivitàprofessionale.Tra le cause concorrenti: la sempre più pressanterichiesta di contrazione temporale relativa alla tempi-stica progettuale sia da parte della committenza istitu-zionale che di quella privata, ed il forte incrementodelle prestazioni professionali richieste.Tale incremento si è reso necessario sia per la redazio-ne degli elaborati più propriamente costruttivi semprepiù caratterizzati per ambiti specialistici, sia per la reda-zione dei grafici dedicati agli Enti ed alleAmministrazioni in ottemperanza all'accrescimentodelle numerose norme relative al processo edilizio.Ad un primo periodo, durante il quale le potenzialità delCAD sembrarono potessero quasi magicamente con-tribuire alla risoluzione di tali problematiche, seguì unpiù realistico inquadramento delle opportunità offertedal disegno assistito che, una volta testato operativa-mente, ne ha rivelato i giusti valori evidenziando dauna parte gli innegabili pregi e delineandone dall'altra ilimiti. Dal punto di vista dei tempi di elaborazione gra-fica il disegno assistito si è dimostrato non sempre con-veniente soprattutto se non propriamente utilizzato,tale inconveniente si palesa con evidenza soprattuttonei disegni destinati ad esaurire il proprio compitosenza la possibilità di riutilizzo di una base ripetibile equindi applicabile a diverse tematiche. Risulta chiaroinoltre come le convenzioni grafiche relative alla rap-presentazione di un organismo architettonico ad undeterminata scala, supponiamo al 200, non possanoessere riutilizzate ad esempio nella scala 1:50; gli unicidati utili e quindi «esportabili» sono quelli relativi alladefinizione geometrico-dimensionale della sagoma.Viceversa nella redazione, ad esempio, degli elaboratiesecutivi l'opportunità offerta dal disegno assistito dioperare su di un involucro comune, gestibile come

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unità autonomamente modificabile, permette conpochi passi variazioni anche sostanziali all'intero corpoprogettuale.In definitiva le enormi opportunità offerte dal CAD tro-vano l'ottimizzazione operativa solo se applicate stra-tegicamente nell'organizzazione degli elaborati, con uncorretto e sistematico uso dei layer, con la creazione didata base grafici (gruppi), di librerie tematiche dedica-te a simboli, arredi, ecc.La corretta organizzazione del «pacchetto progettua-le» richiede quindi uno studio approfondito degli ele-menti grafici necessari: a seconda della dimensione,della forma, della funzione, della struttura dell'inter-vento architettonico sarà necessario pianificare la rela-tiva strategia rappresentativa.Rendere evidenti queste discordanze tra la redazionegrafica assistita dal computer e quella tradizionale ha ilsolo scopo di sottolineare la propensione del disegnoinformatico verso soluzioni del tutto differenti, da quel-le che si possono definire tradizionali. Il luogo comune che ha visto lo schermo del PersonalComputer come naturale evoluzione del tavolo dadisegno credo possa essere senza ombra di dubbiosmentito.

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CENNI SULLA DIACRONIA DEL LINGUAGGIOARCHITETTONICO

Nel 1962 Ernesto N. Rogers scriveva su Casabella:«Bisogna che il significato di disegno (e perciò anchel’interpretazione pedagogica e pratica che ne deriva)non sia soltanto la rappresentazione descrittiva di unoggetto per via di simboli, ma torni al suo antico valo-re semantico che oggi si riassume nel vocabolo ingle-se design (contrapposto a drawing) il quale contienenei simboli stessi il concetto di pensiero, intenzioneconcreta, progetto di un oggetto.Pertanto il processo del disegno, o di altri mezzi rap-presentativi, è profondamente inerente al fenomenoconclusivo: e non solo per l’indagine filologica o ingenere di carattere storico, ma perchè, per penetrarel’essenza di un determinato oggetto, è estremamenteinteressante conoscerne la fattura».32

Il legame privilegiato tra disegno e architettura trova,nella propria evoluzione storica, una coerenza metodo-logica che solo a partire dal Settecento inizia a favori-re gli aspetti figurativi, tendenzialmente orientati algraficismo, a scapito di una più rigorosa pertinenzarappresentativa. Senza inoltrarsi nella specificità delcampo inerente la storia della rappresentazione, saràcomunque opportuno ai fini del discorso, aprire uninciso al riguardo dei «meccanismi» che, in varie ripre-se nel tempo, a partire appunto dal Secolo

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CAPITOLO 3

32. E. N. Rogers, Appunti sulfenomeno architettonico,

Casabella n. 265/1962

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33. Il vedutismo nasce con intentidescrittivi, documentari e conte-nutistici durante il XVI secolo. Isoggetti privilegiati sono in unprimo momento le rappresenta-zioni delle rovine della classicitàromana. A partire dalla fine delXVII secolo la «ricerca di effettiillusori», la «prevalenza degliinteressi emotivi dell'immagine»,il «piacere per l'inquadratura delgrafico, per la sua elegante rap-portatura al foglio di sostegno»finisce per rifluire anche nel dise-gno architettonico professionaleche si orienta verso elaborati con«qualcosa di più rispetto a quantosarebbe stato sufficiente per laloro strumentalità».Riferimenti tratti da: L. Vagnetti, Il linguaggio graficodell’architetto oggi, Vitali eGhianda edizioni, Genova 1965La scenografia teatrale ed il qua-draturismo si avvalgono dei pro-gressi della scienza prospetticache si susseguono a partire dalXVI secolo; il successo dello spa-zio illusivo ed allusivo, prodottoda pittori come il Canaletto, ripor-ta un rinnovato vigore all'insegna-mento della prospettiva nelleaccademie. Attraverso i disegni diFerdinando Fuga, Filippo Juvara,le incisioni di Giovanni BattistaPiranesi, le immagini dei progettidi Claude Nicolas Ledoux eEtienne-Louis Boulée e Rodriguez,descrittività ed espressività pro-dotte con suggestivi effetti discala, di luce e di ombra, aderen-do pienamente alle regole relativealla scienza del disegno e propo-nendo un ritorno verso un classi-cismo archeologico ed una conce-zione aulica dell'architettura,favoriscono: «un uso enfatizzantedello strumento grafico entro ilquale il progetto tende ora quasiad esaurirsi.»«Con il termine di "quadraturi-smo" si intende un'architetturadipinta entro una rigorosa intela-iatura prospettica, dove l'elemen-to figurato ha una parte

52/ F. Galli (Bibbiena), Studio di cortile con scalinata.

53/ G. B. Piranesi, Elevazione della Tribuna e del Presbiteriodella Basilica Lateranense, Tav. XV.

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dell’Illuminismo, contribuiscono ad «allontanare» ildisegno architettonico dalle proprie peculiarità espres-sive avvicinandolo per esiti a quelle di altre manifesta-zioni artistiche. Tra le possibili cause legate alla conta-minazione graficistica settecentesca si possono anno-verare la diffusione del vedutismo, l’affermazione dellagrande scenografia teatrale (fig. 52), il quadraturismo,oltre all’influenza esercitata dalle accademie che a par-tire dalla seconda metà del Secolo cominciano a farsentire il proprio peso nei giudizi dei concorsi e dellecommesse.33

Scientificamente può essere interessante notare comela perdita della connotazione strumentale, e quindidella razionalità espressiva del disegno di progetto, infavore di modi espressivi più propriamente figurativi,risulti fenomeno contraddittorio se inquadrato nel con-testo culturale coevo caratterizzante il Secolo dei lumi:è, ad esempio, rimanendo in ambito rappresentativo,all’incirca alla fine del Settecento che vengono gettatele basi della rappresentazione scientifica ad opera diGaspard Monge34.L'enorme produzione di grafici del periodo tende allaricerca di effetti illusori ed autorappresentativi (fig. 53),un graduale passaggio, quindi, dall’obiettività comuni-cativa all’emotività grafica, prevalentemente incentra-ta sui valori figurativi dell'immagine che solo in parterisulta mitigata dalla «...contemporanea spinta versol'applicazione delle regole della scienza del disegno chene neutralizza in gran parte i pericoli costituiti dalnuovo costume e dal prevalere del graficismo.»35

Anche il primo scorcio dell’Ottocento risente della note-vole spinta verso quel virtuosismo del disegno già inatto nel secolo precedente,36 raggiungendo per tecni-che e rappresentatività risultati spettacolari con i dise-gni di molti architetti tra i quali Sarti, Kock, Nash,Soane, Labrouste, Viollet le Duc, Schinkel e Semper,artefici dell'eclettismo storicistico e del fiorire delle varie

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nettamente subordinata.Caratteristica di questo tipo di pit-tura è la sua illusoria prosecuzio-

ne dell'architettura reale in un vir-tuosismo che l'accomuna alla sce-

nografia.»Riferimenti tratti da:

R. De Rubertis, Il disegno dell’ar-chitettura, La Nuova Italia

Scientifica, Roma 1994

34. Un rilevante apporto allametodologia operativa nell'ambitodel disegno di progetto è in que-sto periodo costituito dalla esattadeterminazione nonché costruzio-

ne delle ombre nell'architetturadisegnata: non vi è dubbio infatti

che già prima del XVIII secoloerano state impiegate ombre nelle

rappresentazioni (Bernini adesempio ne aveva fatto ricorso

così come Neumann che le utiliz-zava in maniera più decisa del

primo e tuttavia imprecisa), ma èproprio in coincidenza della fine

del periodo Barocco, che nelcampo del disegno di architetturacon: «...l'impiego della geometriadescrittiva e soprattutto con l'im-posizione di modelli accademici di

rappresentazione» si arriverà«...allo sviluppo di un genere di

disegni in cui il mezzo - la geome-tria, le ombre - diventerà esso

stesso fine». J.M.P. Municio,Ventura Rodriguez e Villanueva:descrittività ed espressività delle

ombre nel disegno architettonico,in «Disegnare idee immagini» n°7, anno IV, Gangemi Ed., Roma

1993.

35. L. Vagnetti, Il linguaggio gra-fico dell’architetto oggi, Vitali eGhianda edizioni, Genova 1965

36. Si pensi alle eccezionali pro-duzioni di Letarouilly, Valadier e

Choisy (fig 54)

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correnti di revivals. Un percorso quindi che continuacomunque a condividere i canoni rappresentativi dellacultura grafica Settecentesca, stemperati dalla scienti-ficità della rappresentazione Mongiana utilizzata sotto,«una forma di alfabetizzazione popolare per l'insegna-mento e la nobilitazione dei mestieri, così come erarichiesto dall'ideologia illuminista»37.L’Ottocento si apre quindi all'insegna del pluralismogenerante un acceso dibattito tra i sostenitori del dise-gno accademico legato all'Ecole des Beaux-Arts, equello più tecnico diffuso dall'Ecole Politechnique. È sulruolo e sulla forma della rappresentazione di progetto,nonché sulle relative competenze che si fronteggiano idue schieramenti: da un lato coloro che vogliono attri-buire al mezzo grafico una nuova strumentalità, rifiu-tando quindi il confronto con una committenza sensi-bile a quelli che appaiono come semplici valori esteticidel progetto disegnato, dall'altro coloro che, forti di unatradizione grafica ormai consolidata, difendono il dise-

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37. R. De Rubertis, Il disegno del-l’architettura, La Nuova ItaliaScientifica, Roma 1994

54/ G. Valadier, Apparato funebreper le esequie dell’Infanta diSpagna nella Chiesa dei SS.Apostoli, Roma 1822.Fondo Valadier disegno 2794.Accademia di San Luca, Roma.

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gno d'architettura accademico.38

Tra i motivi inoltre che in qualche modo potrebberoaver contribuito al perpetuarsi della tendenza rappre-sentativa settecentesca si potrebbe enunciare la stes-sa fase di riflusso creativo caratterizzante il XIX°Secolo, epoca estremamente fertile per eterogeneitàdi gusti ma al contempo sostanzialmente arida dinuove concezioni.39

Contemporaneamente, inoltre, l'attenzione degli archi-tetti si sposta verso problematiche relative alla scaladel dettaglio, che, divenendo il comune denominatoreattraverso il quale si rende possibile la connotazionestilistica, assume la caratteristica di ornato propria dellessico architettonico di fine secolo.40 «È su questi duebinari paralleli che il disegno d'architettura prosegue ilsuo cammino nel XX° secolo, affermando non alterna-tivamente, ma contemporaneamente, sia pur condiversi linguaggi, la sua strumentalità: da un latoespressiva, dall'altro più meccanicamente comunicati-va, mai comunque fine a se stessa.»41

La tradizione accademica che si perpetua sia attraver-so la Ecole di Beaux Arts di Parigi che per mezzo delleeleganti glaciali prospettive di Otto Wagner (fig. 55) omediante la pignoleria rappresentativa di Sacconi, pas-sando gradualmente verso la più disinvolta manualitàdi Garnier e più tardi di Aschieri, è quindi un fenome-no che sotto diversi aspetti e sia pur filtrato dai carat-teri distintivi delle singole epoche e personalità, conti-nuerà il proprio percorso spingendosi fino alla metà delSecolo scorso.In controtendenza verso la fine dell’Ottocento le operedi Victor Horta, Henry van de Velde, Hector Guimard,Raimondo D'Aronco, Charles Rennie Mackintosh eJoseph Maria Olbrich, alcuni tra i maggiori esponentidell'Art Nouveau, si oppongono per contenuti architet-tonici e rappresentativi al ricorrente accademismo sto-ricistico. Gli esiti di tale movimento finiscono per ispira-

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38. “La ‘pretenziosità’ del disegnoacquerellato, il pericolo di una

marginalità dell'operazione pro-gettuale rispetto a quella grafica,

le conseguenze negative sulla cre-dibilità della figura professionale

dell'architetto sono tutti pregiudiziche mettono ora in dubbio i capi-

saldi del disegno d'architetturacosì come tradizionalmente inte-

so."R. De Rubertis, Il disegno dell’ar-

chitettura, La Nuova ItaliaScientifica, Roma 1994

39. Altre possibili motivazionipotrebbero inoltre risiedere nella

volontà di affermare il ruolo prin-cipe del disegno, per quanto con-cerne il campo della rappresenta-

zione della realtà, sull'uso deldagherrotipo prima e della foto-grafia poi; attraverso l'opera deivedutisti, la realtà prende corpo

«filtrata» dagli stessi esecutori, adifferenza invece del dagherroti-po-specchio dotato di memoria-

che consente di registrare conprecisione sorprendente la realtà

senza però quella faziosità neces-saria a connotare il prodotto del

potere illusivo-allusivo in molticasi necessario nelle immagini

allora in voga

40. Attraverso il tema del villino,uno dei punti principali del pro-

gramma edilizio della finedell'Ottocento, si opera la riduzio-ne di scala del solo lessico deco-rativo del palazzo classico monu-

mentale: «..le differenze stilisticheriguardano le decorazioni chevariano al caotico variare dei

movimenti romantici o con le pre-ferenze frammentistiche del clien-te, prontamente accontentato dal-

l'architetto che tutto sa fare, onulla.»

B. Zevi, Saper veder l’architettu-ra, Edizioni Einaudi, Torino 1976

41. R. De Rubertis, Il disegno del-l’architettura, La Nuova Italia

Scientifica, Roma 1994

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55/ O. Wagner, Cassa diRisparmio postale, Vienna 1904.

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re sulla fine del secolo, quella corrente architettonicaamericana, denominata poi «organica», che offrì,attraverso varie figure tra le quali Frank Lloyd Wright,una valida alternativa autonoma alla consolidata tradi-zione classica europea. I suoi grafici, estremamentechiari e comprensibili, assumono il carattere di virtuo-si manifesti eseguiti da un architetto rivoluzionario chefà del disegno, oltre ad uno strumento di rappresenta-zione di una realtà ricreata, un valido mezzo critico chela stessa realtà controlla e perfeziona. L'inscindibile rapporto tra architettura e natura acco-muna l'opera di Wright a quella di Alvar Aalto. Sebbenei disegni di Aalto in prima analisi risultino totalmentedifferenti da quelli dell'architetto americano, rivelanouna forza espressiva analoga: nell’architettura dei suoigrafici la costruzione ed il paesaggio apparentementeastratti, solo accennati a «grandi tratti», ne enucleanol'essenza: «le linee sono al tempo stesso sfioranti esicure, delicate e forti, prudenti e audaci. Il colore èusato di rado e mai in modo naturalistico, bensì deci-samente simbolico. Anche le immagini più elaboraterimangono sempre schizzi, non divenendo mai disegniperfezionati; per Aalto infatti il disegno è solo un mezzoper arrivare, per tentativi e deviazioni, alla forma archi-tettonica»42 Alcuni architetti tra i quali Hugo Häring eHans Scharoun, pur con autonomia intellettuale ecapacità creative proprie seguono la strada indicata daWright ed Aalto. E proprio Häring con la teoriadell'«organhaften Bauens» (costruire organicistico)costituisce una sorta di anello di congiunzione fraespressionismo e razionalismo. Non molto distanti dalle forme dell'architettura organi-ca nascono le eterogenee creazioni dell'espressionismoarchitettonico. Il movimento si sviluppa ai tempi dellaprima guerra mondiale e trova nel 1918 il suo punto dicristallizzazione sotto la guida spirituale di Bruno Taut,la cui tecnica rappresentativa si pone in diretta dipen-

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42. V. Magnago Lampugnani, Larealtà dell’immagine, disegni di

architettura nel XXI Secolo,Edizioni di Comunità, Milano

1982.

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denza della rivendicazione che l'arte non fosse più«titolo di godimento di pochi, bensì gioia e vita dellamassa», 43 da queste premesse, scaturisce quindi unarappresentazione estremamente comunicativa eaccessibile anche ai profani, vicina a quelle comics-strips che cominciano ad apparire negli Stati Uniti giàa partire dalla fine del XIX secolo.44

Non molto distante da queste posizioni potrebbe collo-carsi, almeno nella prima fase del suo lavoro, ErichMendelsohn. I suoi schizzi disegnati fra il 1914 ed il1917 godono di una potenza espressiva simbolico-astratta difficilmente superabile (fig. 56). Nei suoi gra-fici sono individuabili influenze di personalità diversecome Joseph Maria Olbrich, Antonio Sant'Elia, elabora-te attraverso un linguaggio del tutto originale, caratte-rizzato da una forte orizzontalità messa in risalto damorbide curve e da forme plastiche, la drammaticitàdel segno viene ulteriormente enfatizzata da rappre-sentazioni prospettiche quasi sempre esasperate, conlinee di fuga estremamente ravvicinate.Non particolarmente longevo ma fortemente condizio-nato dalle personalità dei suoi protagonisti, il movi-mento espressionista illumina il panorama architetto-nico del periodo. Architetti come Hans Poelzig, lo stes-so Hugo Häring, Ludwig Mies van der Rohe e PeterBehrens anche se non inclini ad estrinsecazioni sogget-tive ed a sfoghi artistici passionali, aderendo in pienoai modi espressionisti danno impulso tra il 1920 ed il1925 ad una poetica multiforme e duratura.Nell’ambito della tradizione accademica che si perpe-tua fino a tutto l'inizio del Novecento attraverso l'Ecolede Beaux-Art di Parigi, si colloca il lavoro di TonyGarnier e del suo progetto per «Cité Industrielle».L’impianto grafico, anche se dotato di chiarezza e razio-nalità, non rinuncia ad un lessico classico nel linguag-gio formale, (fig 57) ma a dominare la «scena» è tut-tavia l'affermazione del momento logico e razionale

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43. V. Magnago Lampugnani, Larealtà dell’immagine, disegni diarchitettura nel XXI Secolo,Edizioni di Comunità, Milano1982.

44. «Tutta la tecnica rappresenta-tiva di Taut è volta al fine dellarappresentazione efficacementedidattica dei suoi progetti inge-nuamente megalomani econcepiticome parabole: prospettive sem-plificate, «vedute» disegnate conastrazione sufficiente ad enuclea-re l'essenziale, ma al contempoabbastanza concrete da raggiun-gere l'evidenza di vignette; piùimmagini, anche in scala divefrsa,composte su uno stesso foglio,per additare il loro reciproco rap-porto e suggerire confronti;sequenze temporali nella succes-sione delle rappresentazioni;scambio cinematografico tra par-ticolare e visione d'insieme; einoltre fitte didascalie accurata-mente visualizzate con segni didiverso spessore ed un andamen-to ritmico delle righe, per consen-tire sia la localizzazione geografi-ca del luogo reale scelto per lefittizie operazioni architettoniche,sia il chiarimento del significato edell'intento di queste.»V. Magnago Lampugnani, op. cit.

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57/ T. Garnier, Citè Industrielle:particolare dell’edificio assemblea-

re, 1904-1917.

56/ E. Mendelsohn - Schizzi diuna stazione aerea in cemento

armato, 1925.

58/ M. Chiattone - Edifici per unametripoli moderna, 1914.

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reso evidente dalla semplicità, dal rigore e dalla quasiassenza di ornamenti nelle opere edilizie: «La minuzio-sità della rappresentazione non è né leziosa né pedan-te, ma improntata unicamente all'esigenza di unacomunicazione al tempo stesso chiara e concreta: rea-lismo al servizio dell'uomo»45.Qualche anno dopo a Milano si svolge la mostra diun'altra visione urbanistica, quella della Città Nuova diAntonio Sant'Elia i cui disegni furono esposti insieme aquelli di Mario Chiattone (fig. 58). Tralasciando i risvol-ti storici relativi all'evento, vale la pena soffermarsi sulruolo del disegno che in questo caso non è più inclinealla rappresentazione distaccata e fedele dell'architet-tura progettata, ma rivolto alla ricerca della mediazio-ne più efficace possibile della sua qualità emozionale epittorica46.Intanto, il linguaggio razionalista entra a far parte deicircoli architettonici più progressisti: Auguste Perretcombina le regole compositive dell'estetica accademi-ca con le prestazioni tecniche del cemento armato inuna «nuova classicità» che trova espressione permezzo di disegni austeri e delicati (fig. 59); PeterBehrens, dopo le esperienze della «Secessione diMonaco» del 1893 dell'Art Nouveau e del classicismo,trova la via di un razionalismo moderato (fig. 60) men-tre Adolf Loos, malgrado elabori grafici che rispecchia-no una sostanziale semplicità spinta ai limiti della tra-scuratezza, pur combattendo con polemica violenza itemi cari alla Secessione Viennese, continua a lasciartrasparire uno spirito classico non dissimile da quellodei disegni di Garnier.Nei primi anni di attività anche Walter Gropius aderiscein qualche misura alla lotta antiaccademica. Dapprimalegato agli insegnamenti di William Morris e poi influen-zato dal movimento De Stijl, in qualità di direttore delBauhaus ne cambia l'orientamento dalla fase contrad-distinta dal lavoro artigianale a quello industriale. Alla

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45. V. Magnago Lampugnani, Larealtà dell’immagine, disegni diarchitettura nel XXI Secolo,Edizioni di Comunità, Milano1982.

46. «A piane prospettive raziona-liste, composte di righe sottilitracciate a squadra con una certaobbiettiva freddezza, si contrap-pongono rappresentazioni plasti-che ed espressive, che col loroductus pregno di energia, con leloro linee a mano libera e i lorodrammatici effetti di luce eombre, sprigionano un'intensasensibilità.»V. Magnago Lampugnani, op. cit.

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direzione del Bauhaus, a partire dal 1930, dopoGropius e Hannes Meyer, succede Ludwig Mies van derRohe la cui opera architettonica (fig. 61) pur investitada una eterogenea serie di impulsi culturali, mantiene

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59/ A. Perret - Case a torre allaperiferia di Parigi, 1922

60/ Peter Behrens - Veduta di unedificio a terrazze 1920.

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nel suo percorso una coerenza ed una linearità esem-plari, dovuti ad un atteggiamento disciplinato e razio-nale che comunque non intacca un certo atteggiamen-to radicale47.Nel 1918, un anno prima della fondazione delBauhaus, a Parigi si svolge la prima mostra sul puri-smo. Nel catalogo è pubblicato un significativo manife-sto dal titolo «Après le Cubisme» ad opera di CharlesEdouard Jeanneret e Amédée Ozenfant nel quale siannuncia una nuova arte che, a seguito del fallimentodel cubismo, sarebbe sorta dall'economia dei mezzi,dalla collaborazione con la tecnica e dalla geometriapura.48 Ma le tesi espresse su «Après le Cubime» rap-presentano una sola fase nell'evoluzione del talentocreativo di Le Corbusier; nei suoi disegni il contestonon viene mai bandito, ma anzi domina la scena rap-presentata per mezzo di ampi paesaggi e fitte albera-ture, che hanno comunque il ruolo primario di rilancia-re la sua architettura cartesiana (fig. 62).In questo panorama due gruppi si collocano rispettiva-mente all'inizio ed alla fine del periodo razionalista: gliarchitetti olandesi di De Stijl e gli architetti italiani delgruppo MIAR (Movimento Italiano per l'ArchitetturaRazionale), che contribuiscono all'evoluzione dellostesso razionalismo accomunati da rappresentazioniaventi centro di proiezione all'infinito49. Lo scopo è quel-lo di rinunciare all'individualismo favorendo una visionegenerale oggettiva ed universale (fig. 63). Per lo stessofine i disegni architettonici creati nella cerchia del neoplasti-cismo presentano come caratteristica principale la rappre-sentazione assonometrica, reintrodotta da Theo vanDoesburg, con il fine di saldare al metodo proiettivo i prin-cipi fondamentali della sua concezione architettonica;numerosi architetti razionalisti degli anni Venti utilizzando-la ne fanno il leitmotiv del «Movimento Moderno».Le ragioni della rinuncia alla rappresentazione prospet-tica a favore dell'assonometria si possono riassumere

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47. «In effetti i disegni dimostra-no essi pure che logica e autoli-mitazione non generano inevita-bilmente rigidità. Con tecnichediverse, ma di preferenza con lamatita e il carboncino, Mies vander Rohe indagò l'infinito poten-ziale espressivo dei suoi elementistrutturali e formali ridotti alminimo, lasciò agire ambiente eluce sull'aristocratica perfezionedei suoi volumi, si consumò dallavisione globale al dettaglio e poi,a ritroso, dal dettaglio alla visioneglobale. A volte sono schizzi leg-geri, buttati giù in fretta e purtuttavia densi di contenuto; altrevolte disegni rifiniti, per lo piùprospettive montate talora in uncontesto fotografico per simularerealisticamente il progetto. Masempre s'intravede lo sforzo diridurre drasticamente ogni ele-mento alla sua sostanza, per arri-vare infine a quell'essenza miticanel cui silenzio si rivela l'ordinenascosto di un enigmatico mondospirituale»V. Magnago Lampugnani, La real-tà dell’immagine, disegni di archi-tettura nel XXI Secolo, Edizioni diComunità, Milano 1982.

48. La tecnica rappresentativa sisarebbe servita di prospetti epiante combinati tra loro su unasuperficie piana, evocando cosìdisegni ingegneristici. La visioneprospettiva era scrupolosamenteevitata.

49. Nell'ambito pittorico del XX°secolo l'assonometria compareper la prima volta in un dipinto diKasimir Malevic, esposto aPietroburgo nel 1915, nell'ambitoarchitettonico invece la sua rina-scita si può far risalire al 1923proprio in occasione della mostradi De Stijl a Parigi nella galleriaEffort Moderne.

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in tre punti, l'oggettività, l'economia, l'astrazione.50

Ad ogni modo l'assonometria non diviene l'esclusivaforma di rappresentazione utilizzata dal razionalismo,che continua invece in molti casi a ricorrere anche allaprospettiva. Questa nostalgia caratterizza l'opera gra-fica di Giuseppe Terragni, che fortemente influenzatoda Le Corbusier, ne condivide la predilezione cartesia-na per la geometria elementare, tradotta in disegni tal-

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61/ Ludwig Mies van der Rohe .Palazzi per uffici in cemento

armato, 1922

62/ Le Corbusier - Palazzo delleNazioni, Ginevra 1927.

50. Scrive Van Doesburg nel1924: «La nuova architettura èsenza forma.." essa rinuncia a

priori a schemi e non riconoscené simmetria né frontalità, ma

"offre la ricchezza plastica di unosviluppo poliedrico nel tempo e

nello spazio" (implicando con ciò"aspetti spazio temporali plastici

quadrimensionali"); di conseguen-za, "la nuova architettura ha [...]trasformato facciata, parte poste-

riore, destra, sinistra, alto ebasso in grandezze equivalenti»

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volta acquerellati che, pur non rinnegando una certaclassicità, guadagnano comunque la dimensionedell'«architettura della ragione.»L’eterogeneità estetica, ideologica e filosofica caratte-rizzante la prima parte del XX° Secolo prosegue neldopoguerra, attraverso le prudenti ricerche di quegliarchitetti che senza voler rompere i legami con la tra-dizione, mirano ad una riforma dell’architettura: «Illoro atteggiamento prudente, oscillante fra accortezzae reazione, si riflette nei disegni, che pur non rinnegan-do la loro provenienza dalla scuola romantica e pittori-ca, superano in misura diversa e con diverso successoi limiti di quest’ultima.»51

É a partire dal metà degli anni Cinquanta che nell’am-bito culturale architettonico si assiste, ad una reazionea quanto le avanguardie degli anni Venti e Trenta ave-vano tramandato nel primo dopoguerra: sull’antistori-cismo inizia a prevalere un’intensa riflessione storicamentre una nuova attenzione nei riguardi della formaarchitettonica si sostituisce alle teorie antiformaliste.

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63/ Alberto Sartoris - VillaGentinetta. Chexbres, Cantone diWccdt, 1937

51. E. N. Rogers, Appunti sulfenomeno architettonico,Casabella n. 266/1962

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Contemporaneamente il disegno architettonico si riva-luta come disciplina specifica, con rinnovato impegnoestetico ed artistico torna a legittimarsi una rinnovataattenzione per la grafica, la rappresentazione dell’ar-chitettura si ripropone gradualmente all’attenzionedegli operatori, dei fruitori e dei critici.In questo polimorfico panorama della seconda metàdel Novecento rientra Kahn; ad esempio, la sua nostal-gia per la tradizione si esplicita attraverso i disegni evo-canti le forme primarie e gli archetipi dell’architettura.I suoi grafici spesso tracciati a mano libera, non rara-mente incompiuti, si «incarnano» nello stesso procedi-mento progettuale, sembrano rappresentare i passi diavvicinamento all’opera che verrà costruita. Oltre oceano James Stirling attua una costante ricercaprogettuale mediante la sistematica variazione dei sin-goli elementi e dei relativi rapporti. La produzione gra-fica che ne consegue integra enfatizzandola la stessatenace energia progettuale. Rappresentazioni assono-metriche complesse, e quindi di non immediata com-prensione colorate vivacemente a pastello, chiare pro-spettive in bianco e nero composte da linee sottili ecalibrate, rappresentano una sorta di inversione comu-nicativa attuata scambiando le specificità proprie deidue distinti metodi rappresentativi, un percorso grafi-co in definitiva tortuosamente coerente con la specifi-cità dello stesso pensiero progettuale.La flessione del linguaggio architettonico prosegue nelcorso del Novecento continuando a plasmarsi in ade-renza alle specificità progettuali, alla poetica, alle istan-ze tecnico-culturali proprie di ogni periodo, movimen-to, personalità. A partire dagli anni Novanta del Secoloscorso, il procedimento grafico inizia, come accennato,ad avvalersi dell’informatica. Le mirabolanti perfor-mance offerte dalle tecnologie elettroniche consentonoormai una riproduzione della realtà più vera del vero.Al disegno, inteso in senso tradizionale, non è più dele-

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gato, in via prioritaria, il compito di raccontare la real-tà e i suoi eventi, dal momento che questo ruolo puòessere svolto da procedimenti di rappresentazioneassai più efficienti. Scrive Vittorio Gregotti: «...bisogne-rebbe riflettere intorno all’influenza sui processi di pro-gettazione dell’ideologia della realtà virtuale comeregno sostitutivo dell’esperienza dialogante, apparen-temente sottratto alle condizioni della materialità,aperto al vuoto di ogni possibile, nella falsa convinzio-ne che tutto ciò che è possibile sia anche positivo.»52

Senza generalizzare, appare chiaro che la spinta indot-ta dalle tecnologie digitali può portare a prodotti grafi-camente corretti ma sostanzialmente poveri di attribu-zioni architettoniche: il rischio dell’autocompiacimentorappresentativo non credo ancor oggi possa ritenersiestinto.

ARCHITETTURA E RAPPRESENTAZIONE

Alle prime considerazioni espresse da E. N. Rogers suCasabella riportate all’inizio del paragrafo precedenteseguì un secondo articolo che iniziava con la frase: «Seil disegno è lo strumento per rappresentare l’invenzio-ne integrale di un’opera nelle determinazioni più pro-fonde delle sue forme, è chiaro che un altro degli ele-menti costitutivi è la società dalla quale l’opera emer-ge.»53

Alla prima lucida ed appassionata proposizione nesegue un’altra che, altrettanto puntuale ed esatta, sin-tetizza il ruolo del disegno inquadrandone e limitando-ne la dimensione ad un ambito più «letteralmente»strumentale.La considerazione relativa al duplice ruolo del disegnonella specificità del procedimento progettuale, è statae continua tutt’oggi ad essere materia di argomenta-

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52. V. Gregotti, L’identità dell’ar-chitettura europea e la sua crisi,Einaudi, Torino 1999

53. E. N. Rogers, Appunti sulfenomeno architettonico,Casabella n. 266/1962

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zione, caratterizzata da un’ampia oscillazione di opinio-ni. Il ruolo del disegno, nel rapporto tra architettura erappresentazione, può definirsi attraverso i due distin-ti procedimenti che caratterizzano l’iter progettuale: unprimo utilizzo riguarda il procedimento compositivo (laspecificità è quindi inerente alla «tecnica progettuale»),il secondo ne reinterpreta gli elementi costitutivi ipotiz-zati, adeguandone convenzionalmente gli esiti con ilpreciso fine di favorirne la comunicazione e pertanto larealizzabilità.Il primo procedimento è sostanzialmente empirico,legato alla sensibilità personale ed alla ricerca della sin-tesi spaziale del progetto: «E' un atto teso alla ‘con-for-mazione’ dello spazio, che indaga nei territori misterio-si dell'immaginazione. Darne delle regole precise èpressoché impossibile, tuttavia se ne può individuare ilpercorso e stabilirne i limiti.»54

Il comune ceppo figurativo di architettura, pittura escultura emerge quindi giustificando e chiarendo lavalidità delle frange di interferenza che esistono -e nonpotrebbe essere altrimenti-tra le tre distinte arti, pro-prio in corrispondenza di quel faticoso processo men-tale che accompagna l'intuizione architettonica: «Ed ècosì che i primi schizzi confusi ed incerti dell'artefice,tutto impegnato nella ricerca convulsa ed acritica, epoco aperto dunque verso atteggiamenti logici e selet-tivi, si manifestano in immagini grafiche ove i valori pit-torici o plastici hanno assoluta prevalenza.»55

É quindi nella prima fase progettuale che può indivi-duarsi quell’unico momento di completa affinità con-cettuale del disegno architettonico con le altre arti figu-rative, un’affinità comunque limitata al solo primointento espressivo, infatti: «[...] la distinzione fra dise-gno come specifica attività espressiva e disegno in fun-zione d'un processo architettonico, richiede alla luce dipiù recenti acquisizioni metodologiche una ulteriorespecificazione.

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54. A. Anselmi, Disegno di archi-tettura e architettura disegnata,

P. Belardi, F. Fiorini (a cura di), in«Abacus» n. 21/1990

55. L. Vagnetti, Il linguaggio gra-fico dell’architetto oggi, Vitali eGhianda edizioni, Genova 1965

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[...] una volta considerato il disegno delle arti figurati-ve con una sua autonomia espressiva e quello dell'ar-chitettura legato ad una pratica esperienza che riman-da ad un sistema simbolico in funzione di vari interpre-ti quali il committente, i tecnici, le maestranze sembre-rebbe che solo il secondo abbia le caratteristiche d'unlinguaggio, abbia cioè una precisa referenzialità cheinduce e produce un determinato comportamento.Tuttavia anche il disegno figurativo è un linguaggio,come è un linguaggio la stessa architettura concreta-mente realizzata; non solo, ma questi linguaggi hannoin comune dei fattori di cultura e di gusto [...] che liaccomunano inequivocabilmente. Come considerareallora il disegno d'architettura così legato ad una fun-zione pratica, rispetto al disegno inteso come fenome-no espressivo? Proponevamo di considerare il disegno,per così dire d'arte e l'architettura realizzata come deilinguaggi artistici - con tutta la problematica e l'ambi-guità che inevitabilmente comportano - e il disegnoarchitettonico come un metalinguaggio ossia, un lin-guaggio sopra e al servizio di un altro linguaggio: l'ar-chitettura in carne ed ossa.»56

É pertanto possibile distinguere, nell’ambito dellaprima fase progettuale, due distinti momenti, il primoprettamente ideativo e già ampiamente definito ed ilsecondo caratterizzato dal primo rapporto dell’idea conla sua futura fisicità, un momento progettuale che defi-nirei interlocutorio. Anche in questo caso è il disegno,definito da De Fusco nella sua accezione di metalin-guaggio, lo strumento privilegiato ed ancora per certiaspetti esclusivo che favorisce il progressivo avvicina-mento dell’idea architettonica alla sua futura e definiti-va identità: «Quando l'architetto visualizza un'idea conuno schizzo o quando esegue dei controlli su tale idea,usa il mezzo grafico, anche se a livello inconscio, pro-prio come un metalinguaggio. Il disegno diventa ilmezzo critico attraverso il quale viene filtrata l'idea. In

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56. R. De Fusco, in Questioni deldisegno, M. Artibani (a cura di),«Abacus» n. 21/1990

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questo caso il disegno non avendo più la finalità dicomunicare all'esterno, ma quella di indagare, perde lacarica documentaristica, e tanto più si allontana daquesta, tanto più diventa incisivo.»57

Già nella fase ideativa del processo progettuale comin-ciano ad evidenziarsi i primi caratteri distintivi del dise-gno architettonico rispetto a quelli delle altre arti figu-rative. L'uso della geometria produce lo scarto maggio-re, è infatti attraverso la geometria che continua a per-petuarsi l'indagine creativa: «Geometria significa capa-cità di condurre i pesi nello spazio, di sfruttare la lorodiscesa invisibile ed obbligatoria ai fini di una "confor-mazione" significante; geometria significa dare sensoallo spazio in coerenza con le leggi inevitabili dellanatura. Per questo, il disegno nella progettazionearchitettonica risente in modo spontaneo di essa ed èattraverso di essa che svolge quell'indagine creativa dicui sopra.»58

La presenza della geometria nella prima fase della pro-gettazione, non va comunque confusa con il disegnotecnico geometrico, proprio della fase di razionalizza-zione, a cui si è precedentemente accennato, e cioèquel «luogo» del procedimento progettuale dove ildisegno si configura come strumento di determinazio-ne logico-costruttiva dello spazio. «Non vi è [...] oppo-sizione tra questi due momenti della progettazione,piuttosto vi è uno sviluppo dell’uno nell’altro, unaosmosi ed una oscillazione. [...] inoltre, queste due fasidel disegno architettonico non sono successive l’unaall’altra, quasi due gradi di sviluppo del progetto, mapercorrono relazionandosi tutto l’iter progettuale.»59

In effetti, il processo architettonico si articola nella real-tà operativa secondo modalità affatto preordinate emeccanicamente sequenziali, così come fin’ora espo-ste al fine di facilitarne la trattazione.I momenti di ricognizione, di analisi, di risoluzione sisusseguono tra loro talvolta caoticamente, senza un

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57. M. Docci, Disegno e analisigrafica II, Edizioni Laterza, Bari

1988

58. A. Anselmi, Disegno di archi-tettura e architettura disegnata,

P. Belardi, F. Fiorini (a cura di), in«Abacus» n. 21/1990

59. A. Anselmi, op. cit.

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ordine predefinito; gli esiti, formulati per mezzo deldisegno e sempre per mezzo dello stesso fissati, pos-sono talvolta dare luogo ad immagini solo illusoria-mente esaurienti, le ipotesi iniziali, quelle intermedienon vengono mai annullate definitivamente, il bagagliodi immagini rimane latente, pronto a riemergere nelmedesimo processo progettuale o magari in altro.Un percorso, quello di un qualsiasi processo progettua-le, che può quindi definirsi come di accrescimento e dimaturazione in valore assoluto. Con il disegnare, d’altra parte, si misura l’effettivo livel-lo di conoscenza: le variabili, le lacune, così come leincomprensioni o gli eventuali equivoci indistinguibilinell’effimero modello mentale, hanno modo di palesar-si, di rendersi evidenti solo se fisicamente ed inequivo-cabilmente «tracciati» sulla carta. Disegno non soloutile a registrare e trasmettere i livelli di conoscenzaacquisiti, ma idoneo percorso, lungo il quale, maturan-do progressivamente il pensiero, il sapere si accresce. Quanto espresso per i meccanismi compositivi, relati-vi quindi a ciò che ancora non esiste, risulta validoanche nei processi relativi alla conoscenza dei fenome-ni fisici esistenti. Il fatto che la produzione grafica possaconfrontarsi con un’entità dislocata, agevola solo par-zialmente la rappresentazione, il livello di validità diuna restituzione grafica non può prescindere dallaesatta e completa conoscenza della comprensionespaziale, dalle leggi di relazione, dalle eventuali trasfor-mazioni che nel tempo, per mano dei fruitori, ne hannomodificato l’originaria impronta.I due distinti metodi non appartengono pertanto a duedistinti mondi, l’interferenza è cospicua: «Il patrimoniodi risoluzioni acquisite nel rapporto diretto, sensoriale,spesso tattile con l’opera, si pone come un insieme disemilavorati in ogni nuova correlazione progettuale,così come il patrimonio dei procedimenti di progettoarticola il ventaglio delle ipotesi che consentono di

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decodificare i segnali osservabili nel reale.»60

Entrambi i procedimenti, ovvero quello progettuale equello di rilievo, si avvalgono del linguaggio - disegnonella più ampia accezione del termine, disegno chesuperando i limiti della mera descrizione degli esiti spa-ziali -che siano frutto di ideazione o già fisicamenterealizzati- si pone come il prodotto di un’intenzione;come un modo di pensare e di riconoscere l’architettu-ra, ma al contempo come modo privilegiato per asse-gnare significati e per procedere nell’azione di ricerca.

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60. G.Testa, A. De Sanctis,Rappresentazione e architettura-linguaggi per il rilievo ed il pro-

getto, Gangemi Editore, 2003

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LA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO URBA-NO: LO SCENARIO DEL VILLAGGIO OLIMPICODI ROMA

La rappresentazione dello spazio non è semplice tra-sposizione da attuare solo mediante la corretta appli-cazione di regole geometriche. L’immagine percepita diuna qualsivoglia realtà fisica complessa si suppongaun’area urbana oltre agli elementi di misura, di propor-zione e di relazione, ingloba una serie di peculiarità uni-che e caratterizzanti che ne definiscono inequivocabil-mente il carattere, l’unicità il suo genius loci;61 secondoLynch «...percepire uno spazio vuol dire creare un’ipo-tesi visiva, costruire un’immagine mentale che è basa-ta sia sull’esperienza e sugli scopi dell’osservatore, siasugli stimoli che raggiungono il suo occhio.»62 La cor-retta configurazione dello spazio rappresentato di unarealtà fisica deve quindi potersi avvalere dei medesimiapparati segnici che caratterizzano la realtà fisica diriferimento. «Dunque, il problema che ci si pone, èquello di descrivere e rappresentare lo spazio, quale simanifesta in qualsivoglia contesto prescelto, ma inmodo tale da garantire che il sistema rappresentativo,gli apparati grafici, le tecniche, comunque usate, cirestituiscano una lettura dello “scenario”, coerenteanche se parziale.»63 Paradossalmente una correttatecnica di rappresentazione può talvolta non bastarealla completa trasposizione grafica del «senso» delluogo; l’oggettività rappresentativa può infatti limitar-

CAPITOLO 4

61. Per una completa ed efficacedefinizione della locuzione genius

loci in senso architettonico sirimanda al testo di C. N. Schulz,Genius loci. Paesaggio ambiente

architettura, Electa Mondadori,1979

62. K. Lynch, L’immagine dellacittà, Marsilio Editore, Padova

1964

63. B. Roma, Scenari urbani erappresentazione dello spazio, inAA. VV. Evoluzione di una perife-ria, Borgo, Prati, Mazzini, disegni

e immagini per conoscere la città,Bonsignori Editore, Roma 1994

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ne l’espressività, la corretta interpretazione deve semai potersi avvalere di «ipotesi visive» capaci di espri-mere la significazione propria del luogo: «Attraverso larappresentazione si attesta cioè un’economia dell’atti-vità conoscitiva, ma anche un modo di procedereall’azione stessa: le immagini divengono ipotesi daaccogliere e “manipolare” e su queste è possibile defi-nire il significato delle situazioni da analizzare.»64

Nell’ambito di un’esperienza didattica65 condotta sullarealtà urbana del Villaggio Olimpico di Roma, il temadella lettura e della successiva rappresentazione inter-pretativa della realtà è stato sviluppato mediante laricerca di apparati segnici ed ipotesi visive capaci diinterpretarne la relativa complessità.Al fine di poter meglio chiarire gli esiti rappresentativi,si riassumono sommariamente le specificità proprie delcontesto urbano rappresentato negli elaborati di anali-

64/ Elaborato introduttivo all’am-bito Est del Villaggio Olimpico,l’assonometria lo scorcio prospet-tico e i due profili dei tipi edilizi atorre posti sul margine del quar-tiere nell’ambito spaziale compre-so tra il fiume ed il Parco di VillaGlori, i limiti spaziali sono eviden-ziati mediante la vista a volod’uccello. Tavola di V. Ponzo.

64. A. De Sanctis (a cura di), Lospazio urbano come tema, il casostudio del centro antico diCosenza, Gangemi Editore, Roma2004

65. Gli elaborati grafici di analisisono stati redatti nell’ambito delCorso di Scienza dellaRappresentazione 1, afferente alCorso di Laurea di Tecnichedell’Architettura e dellaCostruzione della Prima Facoltà diArchitettura «L. Quaroni»

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si prodotti dai futuri architetti nel corso di diversi anniaccademici.In occasione della XVII Olimpiade svoltasi a Roma nel1960 venne realizzato nella zona del Flaminio il com-plesso ricettivo destinato ad ospitare gli atleti impegna-ti nella gare. Il cosiddetto Villaggio Olimpico venne finda principio ideato con l’intento di consentire dopo laconclusione dei giochi, una successiva utilizzazioneresidenziale atta a sopperire al continuo fabbisognoedilizio della capitale. La realizzazione dell’intero com-plesso edilizio venne affidata ad un istituto edilizio dicarattere pubblico: l’Istituto Nazionale per le Case degliImpiegati Statali (INCIS) che incaricò gli architettiVittorio Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti,

65/ Tavola di inquadramentourbanistico e spaziale della zonaOvest del Villaggio Olimpico, laprogressione di scala è attuata

mediante scelte rappresentativesinergiche fino alla definizione

architettonica. Il profilo evidenzia«l’assenza» dell’attacco a terra

degli edifici ed al contempo il gra-duale digradare degli stessi da

Ovest ad Est. Tavola di F.Tacconi.

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Vincenzo Monaco e Luigi Moretti del progetto architet-tonico delle residenze, e Pierluigi Nervi del progetto delviadotto di Corso Francia. All’Incis come accennatoandò anche il compito di gestire gli immobili che, suc-cessivamente alle Olimpiadi del 1960, come previsto,vennero destinati al definitivo uso residenziale.L’impostazione urbanistica molto probabilmente dovu-ta a Moretti, venne ideata dopo un’attenta analisi deifattori paesaggistici caratterizzanti la zona d’interventocompresa tra i Monti Parioli e le sponde del Tevere(figg. 64-65). La scelta dell’impostazione e delle tipo-logie edilizie fu formulata nel rispetto dell’ambientenaturale esistente, la progettazione del verde integra-ta con la «liberazione» del terreno dagli attacchi a terra

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66/ Rappresentazioni assonome-trica e planovolumetrica dellacorte chiusa e delle case a torredell’ambito Est del VillaggioOlimpico, sagoma della parte Estdell’area. Tavola di I. Diamanti.

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degli edifici; si misero in atto gli intenti progettuali ine-renti lo sviluppo delle aree verdi in zone urbanizzate.Come già segnalato (cfr. nota 65) il Villaggio Olimpicoè stato oggetto di una esperienza didattica e quindi larappresentazione di un tale tessuto edilizio si è propo-sta negli elaborati degli studenti, mediante rappresen-tazioni sia tridimensionali che bidimensionali; la conti-nuità spaziale caratterizzante l’intera area, è stata resacon scorci prospettici, prevalentemente inquadrati adaltezza d’uomo, sistematicamente integrati con profili(fig. 65) coinvolgenti oltre agli edifici anche i limiti natu-rali esistenti (fig. 66). Su una superficie complessiva superiore ai 35 ettarivennero realizzate palazzine di 2-5 piani caratterizzateda tipi edilizi in linea e a torre idonee ad ospitare circai 9000 partecipanti alle gare. Nella planimetria dell’in-tero intervento, si evidenzia il passaggio baricentrico

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67/ Scorcio prospettico dall’altodelle tipologie a torre e delle case

in linea. Tavola (stralcio) di P.Sansone.

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dell’asse viario sopraelevato di Nervi (fig. 67) che defi-nisce quindi solo graficamente, due distinte zone spa-zialmente continue. La riuscita integrazione architetto-nica del grande viadotto con le caratteristiche formalidell’architettura residenziale viene evidenziata nellatavola di figura 68 mediante l’uso di un linguaggiocomunicativo forte ed allusivo.Nella parte ovest prospiciente il viale Tiziano, ad unaprima serie di edifici a pianta quadrata ed due piani siaffianca una quinta composta da tipi edilizi in linea dicinque piani, sempre disposti parallelamente al viale,che rappresentano i margini architettonici dell’area:«l’affaccio» del Villaggio Olimpico sull’edilizia seminten-siva della città urbanizzata. Tra questa prima serie di

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69/ Pagina seguente in alto.Elaborato di studio della tipologiain linea di piazza Grecia, esiti spa-ziali.Tavola di F. Faticone.

70/Pagina seguente in basso.Elaborato di studio della tipologiain linea di piazza Grecia, elabora-zione grafica CAD. Tavola di N.Bernardi.

68/ In primo piano schema pro-spettico a quadro orizzontale diuno stralcio del tessuto delle casea torre, in alto vista prospetticacentrale delle stesse dalla strada,scorcio prospettico dal basso delviadotto di Corso Francia, in altoprofilo longitudinale, in basso pro-spettiva a volo d’uccello sul via-dotto. Tavola di B. Fumarola.

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organismi ed il viadotto, altri quattro edifici di quattropiani, sempre in linea ma con la pianta leggermentearticolata, completano il settore ovest.Nel settore est una volta sottopassato il viadotto, ulte-riori nuclei di edifici in linea più bassi definiscono,mediante assetti planimetrici differenziati, una serie diambiti spaziali diversificati, tra i quali una corte chiusa(fig. 66), una quinta edilizia ad L posta a conclusionespaziale del viale di accesso all’area ortogonale al vialeTiziano, e, infine, una serie di edifici in linea di 3 pianialcuni dei quali con pianta leggermente articolata, con-formanti diversi ambiti urbani tra i quali una piazzapedonale.Nella descrizione di questi ultimi organismi architetto-nici, caratterizzati da impostazione lineare, il linguaggio

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73/ Elaborato di studio della tipo-logia in linea di piazza Grecia,

esiti spaziali nelle strade limitrofea piazza Grecia. Tavola di C.

Fabiano.

71/ Pagina precedente in alto.Elaborato di studio della tipologia

in linea di piazza Grecia. Tavola diG. Masaracchio.

72/ Pagina precedente in basso.Elaborato relativo allo studio del

tipo edilizio in linea di piazzaGrecia, scorcio prospettico delle

testate viste da v.leDiciassettesima Olimpiade. Tavola

di V. Nelli.

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espressivo si è articolato nella rappresentazione com-binata tra realtà fisica percepita, attuata talvoltamediante rappresentazioni prospettiche «ortodosse»,in altri casi faziosamente forzata al fine di accentuarela spazialità dominante, ma comunque integrata darappresentazioni più prettamente «tecniche». Lacomunicazione è stata attuata mediante spaccati asso-nometrici e proiezioni delle facciate, ripetute a diversescale della rappresentazione, fino a definizioni grafichedi dettaglio riguardanti stralci di facciata, i corpi scala egli unici «attacchi a terra» degli edifici, ossia i pilotische, oltre ad assolvere al ruolo portante dei manufat-ti, ne caratterizzano fortemente l’immagine da terra ene inglobano anche tutte le canalizzazioni impiantisti-

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74/ Elaborato di analisi del tessu-to architettonico formato dall’ag-gregazione di più unità tipologichea torre. Tavola di A. Stefanini.

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che. Un modo questo per capire ed esprimere l’archi-tettura nei suoi significati e nelle sue relazioni (figg. 69-73).Il Quartiere Olimpico si completa al margine est del-l’area, in prossimità delle pendici dei monti Parioli conun doppio nucleo di edifici a due piani con pianta acroce e distribuzione a torre, aggregati tra loro secon-do un «tessuto» edilizio che dà luogo ad una seriealternata di corti chiuse ed aperte. La dimensione edi-lizia assume in questi ambiti una sfera quasi familiare:«Mentre i fronti sulle strade si movimentano in ungioco di rientranze e di chiaroscuri, internamente iltutto si riassume in una forma geometrica elementa-re, “quadrata”, in grado di rassicurare - nella sua sem-plicità - chi vi abita, diventando a sua volta una delleforme e delle matrici tipologiche fondamentali sia nellaconformazione degli spazi risultanti dal costruito che di

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75/ Elaborato di studio del tessu-to architettonico formato dall’ag-

gregazione di più unità tipologichea torre. Tavola di L. Ruberto.

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66. M. Del Vecchio, G. Marrucci, Ilquartiere del Villaggio Olimpico,materiali didattici, Dipartimento diCaratteri degli Edifici edell’Ambiente, Università degliStudi di Roma «La Sapienza»,Roma 1977

alcuni volumi edilizi.»66

Le scelte rappresentative di approccio ai due distintinuclei si sono basate sul duplice fronte comunicativodella realtà percepita integrata da visioni oggettive macomunque caratterizzate della consistenza ediliziasempre inquadrata nell’ambito urbano di riferimento,reso anch’esso spesso in tre dimensioni mediante l’usodelle ombre (figg. 67-68). Nella ricerca di una comuni-cazione grafica «significativa» della spazialità reale cuisi accennava in precedenza, il compito di sintetizzare,lasciando inalterati i caratteri fondamentali delle quin-te edilizie, nonché gli elementi identificativi propri del-l’identità del luogo, si è rivelato talvolta operazione dinon agevole esecuzione. I diversi percorsi analitici

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76/ Elaborato di analisi della tipo-logia a torre Tavola di E. Fratini.

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hanno comunque trovato il naturale approdo nello stu-dio delle peculiarità proprie delle singole tipologie edili-zie, tra cui gli edifici in linea precedentemente trattati,e le torri. Le matrici espositive rimangono le medesi-me: a cambiano i livelli della percezione e, con essi, lerelative scale della rappresentazione. Gli organismi edi-lizi, resi prima discreti mediante disarticolazioni mirateall’enucleazione delle singole caratteristiche, recupera-no al contempo la propria complessità fisica median-te rappresentazioni prospettiche combinate ed interdi-pendenti: fotogrammi tratti da un filmato virtuale«girato» tra gli edifici (fig. 76). La simultaneità rappresentativa ha offerto l’opportuni-tà di esporre gli approcci, le sensazioni, le intuizioni, deidiversi operatori. Gli elaborati grafici divengono testi-monianza «stratigrafica» delle conoscenze acquisite(fig. 77). Se, come ha dimostrato Piaget67, l’idea dello spazio si

77/ Elaborato di studio del tessu-to architettonico formato dall’ag-grgazione di più unità tipologiche

a torre, elaborazione grafica CAD.Tavola di A. Pantano.

67. J. Piaget, B. Inhelder, Larapresentation de l’espace chez

l’enfant, Presses Univer, delFrance Paris, 1947.

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68. I. Kant, Critica della ragionpura, prima edizione 1781

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forma a poco a poco nella mente, in relazione allo svi-luppo delle capacità intellettive e che l’intuizione dellospazio trae origine dall’esperienza del movimento ed èlegata ad entrambe, allora trova ancora una volta, con-ferma in tutto ciò, quanto scrisse Immanuel Kantsull’Estetica Trascendentale: «Lo spazio non rappre-senta affatto una proprietà di qualche cosa in sé, o lecose nel loro mutuo rapporto; ossia non é una deter-minazione di esse, che appartenga agli oggetti stessi,e che rimanga anche se si faccia astrazione da tutte lecondizioni soggettive dell'intuizione. Infatti né le deter-minazioni assolute, né quelle relative possono esserintuite prima dell'esistenza delle cose alle quali appar-tengono, e quindi a priori. Lo spazio non é altro se nonla forma di tutti i fenomeni dei sensi esterni, cioè lacondizione soggettiva della sensibilità, condizione allaquale soltanto ci é possibile un'intuizione esterna. [...]Poiché le condizioni particolari della sensibilità non pos-siamo renderle condizioni della possibilità delle cose,ma solo dei loro fenomeni, così possiamo dire, che lospazio abbraccia tutte le cose che possono apparirciesternamente, ma non tutte le cose in se stesse, sianoesse intuite o no, e da qualsivoglia soggetto.»68

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Mezzi espressivi del disegno: supporti e strumenti

Il disegnare, almeno inteso in senso tradizionale, implica l'uso di una assai estesa gamma di ele-

menti che possiamo distinguere in due diversi insiemi: i supporti intesi come contenitori degli esiti

grafici, e gli strumenti ossia gli attrezzi per mezzo dei quali è possibile rendere visibili disegnare i

contenuti.

Nel disegno tecnico, i supporti e gli strumenti hanno acquisito nel tempo grazie alla tecnologia un

grado di evoluzione sempre maggiore, fino alla comparsa del disegno automatico (CAD). Il pro-

gresso tecnologico ha reso progressivamente possibile ad esempio la riproduzione dei grafici a

costi contenuti a partire dall'800, più o meno contemporaneamente all'evoluzione tecnologica edi-

lizia legata all'uso di ferro e cemento armato.

La riproducibilità dei grafici di progetto trova in effetti le sue prime applicazioni a partire dalla

prima metà dell'800 ma si sviluppa più tardi con l'affinamento della tecnica eliografica (procedi-

mento di stampa su carta speciale mediante lampada fluorescente e sviluppo a vapori di ammo-

niaca). Il portato di tale evoluzione ha, sotto certi aspetti, mutato radicalmente le strategie rap-

presentative in fase esecutiva: l'esigenza di dotare gli edifici di componenti ad esempio impianti-

stiche quali servizi, riscaldamento, reti elettriche, cominciò a richiedere una serie di elaborati spe-

cifici disegnati di volta in volta su una matrice comune, riprodotta appunto per mezzo di tale tec-

nica. L'ampliamento delle opportunità d'uso di «nuovi» materiali e tecnologie ha contribuito inoltre

alla radicale trasformazione dei metodi rappresentativi, il dettaglio architettonico una volta realiz-

zato con materiali e metodi ben conosciuti dalle maestranze diviene sempre più un concentrato di

nuove tecnologie da comunicare graficamente con metodi e tecniche che richiedono strumentazio-

ni sempre più evolute: i primi prototipi di penne a china specifiche per uso tecnico (rapidograph)

vengono messi a punto nella prima metà del 1950. Di seguito si riporta un rapido riepilogo dei prin-

APPENDICE

APPARATI PER LA RAPPRESENTAZIONE

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cipali materiali grafici e strumenti tradizionali ma non per questo anacronistici, soprattutto in fase

formativa, anche se inquadrati nell'odierna epoca informatica.

I supporti del disegno: natura e formato

L'opportunità di scelta del supporto grafico (carta o poliestere o simili), delle sue caratteristiche di

densità (grammatura), del tipo, ad esempio opaca o trasparente (lucida), o, limitatamente alle

carte opache, alle caratteristiche della superficie (ruvida o liscia) dipende dal fine e dagli strumen-

ti utilizzati per disegnare. Un supporto cartaceo, ad esempio, ad alta grammatura (valore corri-

spondente al peso della carta in grammi per metro quadro), sia opaco che lucido, è in grado di

sopportare un "carico" grafico maggiore rispetto ad una carta più leggera. La scelta del tipo di carta

dipende inoltre dagli strumenti con cui si effettuano i disegni: una superficie liscia è più adatta al

disegno tecnico a penna o a mine di medio-alta durezza, mentre il supporto ruvido si presta meglio

al disegno a matita effettuato a mano libera con mine tendenzialmente morbide. È inoltre neces-

sario considerare le diverse caratteristiche meccaniche proprie delle superfici opache e lucide: la

carta opaca di qualsiasi grammatura rende quasi impossibili operazioni di "ripensamento" grafico

ad eccezione della matita morbida-medio morbida. Al contrario una carta trasparente permette,

soprattutto se di grammatura medio alta e con le dovute accortezze, una serie di interventi atti alla

eventuale cancellazione di segni grafici anche realizzati ad inchiostro di china. La cancellazione di

tali segni si può effettuare con idonee gomme o, nei casi in cui si rendano necessarie correzioni

precise e con spazio limitato, con leggere abrasioni da effettuare con lame flessibili.

Una delle fondamentali prerogative della carta da lucido risiede comunque nell'opportunità offerta

dalla sua caratteristica fisica, la trasparenza. Sovrapponendo infatti questo tipo di supporto ad uno

o più grafici di riferimento già realizzati (minute), sarà possibile effettuare l'operazione di "ricalco"

detta appunto lucidatura, una volta ultimato il disegno o meglio la serie di disegni che eventual-

mente compongono l'elaborato; il supporto definito «lucido» può eventualmente essere riprodotto

con tecnica eliografica o xerografica (procedimento elettrostatico per la riproduzione di stampa a

secco). Per quanto riguarda i valori di grammatura delle carte opache la gamma utile per il dise-

gno varia dai 110 (carta) ai 220/240 g/mq (cartoncino); per la carta lucida la grammatura varia

dai 60/65 (carta da schizzi) ai 110/120 g/mq (carta da lucido).

Le dimensioni dei supporti cartacei sono estremamente varie, ma sostanzialmente calibrate sulle

basi dimensionali dei formati stabilite dalla norma UNI EN ISO 5457 del 2002, che specifica il for-

mato e la disposizione dei fogli prestampati per disegni tecnici in qualsiasi settore, inclusi quelli

prodotti mediante computer. Nello standard UNI 5457, i lati del foglio di carta hanno un rapporto

costante, il lato lungo è pari alla radice quadrata di due (circa 1,4142), per una lunghezza del lato

corto assunto come misura unitaria. In virtù di questo rapporto il rettangolo può essere dimezza-

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to sul lato lungo, oppure essere raddoppiato sul lato corto, mantenendo lo stesso rapporto tra i lati.

Lo standard UNI 5457, che trova le sue origini in Germania nel 1922 allo scopo di unificare i vec-

chi ed arbitrari spazi carta, definisce tre diverse serie di questi formati, ognuna delle quali parte

da una dimensione di partenza, generando le altre dimensioni suddividendo quella precedente a

metà, sul lato lungo. La serie A, ha come base di partenza il formato A0, corrispondente ad un

foglio con un'area di un metro quadro, tuttavia non si tratta del formato più grande, che è invece

ottenuto raddoppiando due volte il formato A0.

La tabella 1 seguente elenca le dimensioni espresse in millimetri di tutti i formati delle tre serie,

denominate A, B e C.

La tabella 2 esplicita i dati dimensionali di alcuni tra i più ricorrenti formati.

FORMATI UTILIZZO

A0, A1 Disegno tecnico, Poster

A2, A3 Disegno, diagrammi

A4 Lettere, riviste, cataloghi, carta per stampanti, fotocopiatrici

A5 Blocchi per appunti

C4 Buste per il formato A4

C5 Buste per il formato A4 piegato a metà

C6 Buste per il formato A4 piegato 2 volte

B4, A3 Giornali

FORMATI A mm

4A0 1682 X 2378

2AO 1189 X 1682

A1 594 X 841

A2 420 X 594

A3 297 X 420

A4 210 X 297

A5 148 X 210

A6 105 X 148

A7 74 X 105

A8 52 X 74

A9 37 X 52

A10 26 X 37

FORMATI B mm

B0 1000 X 1414

B1 707 X 1000

B2 500 X 707

B3 353 X 500

B4 250 X 353

B5 176 X 250

B6 125 X 176

B7 88 X 125

B8 62 X 88

B9 44 X 62

B10 31 X 44

FORMATI C mm

C0 917 X 1297

C1 648 X 917

C2 458 X 648

C3 324 X 458

C4 229 X 324

C5 162 X 229

C6 114 X 162

C7 81 X 114

C8 57 X 81

C9 40 X 57

C10 28 X 40

Tabella 1

Tabella 2

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Gli strumenti del disegno e le tecniche di esecuzione

Si è accennato al ruolo comunicativo del disegno ed alla necessità di codificarne gli esiti entro una

articolata serie di convenzioni. I diversi segni che compongono l'immagine devono in altre parole

uniformarsi ad un linguaggio comune sia all'operatore che al fruitore. Se questo discorso è grosso

modo valido per il disegno in assoluto, deve necessariamente esserlo per il disegno che si è defi-

nito tecnico. Nel campo della rappresentazione tecnica, all'interno della quale rientra anche la rap-

presentazione architettonica, la comunicazione grafica è sostanzialmente tesa ad una doppia

opportunità esemplificativa: la rappresentazione di elementi già fisicamente esistenti (il disegno

rilievo), o non ancora realizzati (il disegno di progetto). Sia in un caso che nell'altro le istanze

comunicative devono tenere conto tra molteplici fattori di una intrinseca duplice complessità pro-

pria degli elementi fisici: la tridimensionalità e la tecnologia di realizzazione. Si è accennato inoltre

alla necessità di «riprodurre» gli elementi architettonici sul foglio da disegno avvalendosi di rappor-

ti, molto spesso di riduzione, che devono di volta in volta fornire una comunicazione pertinente per

contenuti alla scala di rappresentazione scelta. Già da questi presupposti ne consegue un'esigenza

espressiva assai diversificata, composta da un apparato di segni grafici, variabile sia per conforma-

zione che per modulazione, da utilizzare per ogni esigenza rappresentativa, per altro variabile in

dipendenza della scala rappresentativa, sia per i grafici di tipo bidimensionale che tridimensionale.

Per disegnare diviene quindi di fondamentale importanza, l'uso di idonei strumenti che permetta-

no una pratica ed al contempo idonea gamma di varietà di segno. Il segno grafico, soprattutto quel-

lo realizzato con grafite -a prescindere dallo strumento usato che sia matita portamine o compas-

so- dipende da una serie di interazioni quali il grado di finitura del supporto, il tipo di grafite e non

per ultima la pressione esercitata con le dita sullo strumento durante il movimento sulla carta. Nel

caso in cui lo strumento utilizzato sia una penna, il segno grafico, in questo caso realizzato con l'in-

chiostro o con china, anche se risente in maniera molto meno evidente di eventuali cambiamenti

di pressione esercitati dall'operatore durante il tracciamento (scopo dei vari rapidograph è infatti

quello di erogare l'inchiostro in maniera uniforme), può dare comunque esiti grafici diversificati in

dipendenza della finitura del supporto. A parziale completamento dei principali strumenti ausiliari

per il disegno in generale e tecnico in particolare, si possono elencare gli elementi per la cancella-

zione (gomme e lamette), per la tracciatura rettilinea (righe e squadrette) e curvilinea (compassi

e curvilinei fissi e adattabili).

Le matite

Si definiscono come matite tutti gli strumenti che per scrivere e/o disegnare utilizzano la grafite o

il carboncino o materiali come i polimeri complessi. In generale è possibile suddividerle in due

modelli fondamentali: le tradizionali matite in legno che contengono un'anima (mina) di grafite o

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simili, disponibili in diversi gradi di durezza e di morbidezza, ed i portamine composti da un serba-

toio (fusto) in plastica e/o metallo con un pulsante o una ghiera che permette la fuoriuscita o il

rientro di una mina composta da polimeri o grafite disponibile anche in questo caso in differenti

gradi di morbidezza e durezza, diametri e colori. I gradi delle mine variano secondo scale decre-

scenti di durezza da 9H ad F e secondo scale ascendenti di morbidezza comprese tra HB ed EE. In

linea di massima le mine contraddistinte dalla sigla H sono più adatte al disegno tecnico, le mine

contrassegnate dalla sigla B si prestano maggiormente per il disegno a mano libera. Generalmente

il segno della matita, se non troppo inciso sulla carta, risulta facilmente cancellabile con le gomme

di colore bianco, la cancellazione o sfumatura dei segni effettuati con matite più grasse necessita-

no invece di gomme più morbide e malleabili dette pane, la cancellazione di eventuali segni di

costruzione effettuati con segno debole a matita possono altresì essere cancellati con gomme di

tipo semitrasparente. Non esiste quindi, se escludiamo la distinzione effettuata tra mine H e B, una

idoneità circa il tipo di mina in relazione al tipo di disegno, ogni grafico richiede una specifica mina

soprattutto in dipendenza della mano dell'operatore. Un'ultima considerazione riguarda l'opportu-

nità d'uso delle micromine soprattutto nel disegno tecnico. Per micromine si intendono le mine la

cui gamma di spessore varia dallo 0,5 all'1.6 mm. Ad una considerevole praticità d'uso rappresen-

tata dall'avere a disposizione una mina in pratica sempre appuntita e quindi a spessore costante,

si contrappone, per quanto riguarda l'uso delle stesse nel disegno tecnico, un'altrettanto evidente

impossibilità di modulazione di intensità del segno per la gamma di mine a sezione minore. Le

micromine più piccole infatti, oltre ad essere limitate in termini di varietà di durezza, si spezzano

molto facilmente con l'esercizio di pressioni discontinue, rendendo quasi impossibile la modulazio-

ne del segno, fondamentale come si vedrà in seguito per una corretta comunicazione grafica. Lo

stesso tipo di mina a sezione maggiore e con grado di morbidezza elevato, risulta di utilizzo assai

pratico nel disegno a mano libera.

Le penne

Si definiscono penne gli strumenti per scrivere e disegnare ad inchiostro; esse sono dotate di un

fusto con funzione di impugnatura e/o contenitore e di un puntale (pennino) realizzato in materia-

le idoneo alla fuoriuscita dell'inchiostro. In generale escludendo le penne con puntale in feltro

(pennarelli), è possibile dividere le penne in tre modelli fondamentali: le penne stilografiche, le

penne cosiddette tecniche e le penne a sfera. Le penne stilografiche costituiscono un eccellente

mezzo per la realizzazione degli schizzi veloci a mano libera, la flessibilità del pennino permette la

variazione della quantità dell'inchiostro emesso permettendo la modulazione del segno grafico. Al

contrario i puntali cilindrici delle penne tecniche (rapidograph), funzionanti con inchiostro di china,

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permettono una erogazione dell'inchiostro costante a prescindere dalla velocità di esecuzione del

tratto e dalla pressione esercitata. La variazione degli spessori delle linee è possibile, in questo tipo

di penne, solo con l'uso di puntali erogatori a spessori differenziati, la cui gamma espressa in mil-

limetri, varia dallo 0,15 all'1,5 con variazioni di 1/10 di mm. La cancellazione dei segni realizzati

con l'inchiostro di china è possibile su carta da lucido mediante l'utilizzazione di gomme di tipo gial-

lo o mediante l'uso di lame flessibili (lamette) per abrasione: non è al contempo possibile, senza

evitare il deterioramento della carta, la cancellazione dei segni grafici effettuati a china su suppor-

to cartaceo opaco. Le penne a sfera hanno infine tratto i maggiori vantaggi dall'evoluzione tecno-

logica, le ultime versioni hanno raggiunto livelli di precisione di segno e gamme di spessori prima

esclusivi dei soli pennini tecnici anche se nell'uso su supporto lucido il segno perde di incisività

assumendo una intensità di nero sbiadita.

Gli strumenti ausiliari al disegno

Possiamo definire strumenti ausiliari, rimanendo nel campo del disegno tecnico, l'insieme degli

utensili che vengono utilizzati per la rappresentazione geometrica, lineare e/o di superficie di una

qualsivoglia istanza rappresentativa nella fattispecie architettonica. Nel linguaggio corrente, dise-

gnare nella così detta modalità grafica a riga e squadra allude ad un modo grafico esatto, control-

lato con esiti chiaramente differenti per esempio dalla modalità grafica definita a mano libera.

Questo non significa che non è possibile la realizzazione di un grafico «geometrico» senza l'uso

esclusivo di tali mezzi non a caso definiti ausiliari: un'analisi degli elaborati grafici di Mario Ridolfi

può risultare utile per confermare tale affermazione. A titolo puramente esemplificativo possiamo

dividere tali strumenti in tre diverse classi: strumenti per la tracciatura rettilinea, curvilinea e per

il trattamento grafico di superfici. Tra i principali strumenti ausiliari alla tracciatura rettilinea si pos-

sono elencare: la riga (asta graduata disponibile in varie lunghezze), il parallelineo (strumento

composto da una riga da vincolare mediante fili a tavolo che permette la tracciatura e la misura-

zione lineare di righe parallele), lo scalimetro (per mezzo del quale mediante diverse graduazioni

predefinite, è possibile la «restituzione» al vero delle dimensioni dei grafici) e la squadretta (stru-

mento con forma di triangolo rettangolo disponibile in due diverse configurazioni angolari 30°-60°-

90° e 45°-45°-90° che permette la tracciatura di perpendicolari e parallele a una retta data). Tra

i principali strumenti ausiliari idonei alla tracciatura circolare si elencano il compasso, il curvilineo

fisso (strumento disponibile in varie fogge e dimensioni atto alla tracciatura di curve precostituite

a raggio variabile), il curvilineo flessibile (strumento conformabile di volta in volta a diverse oppor-

tunità curvilinee) e le maschere per cerchi, ellissi e raccordi (strumenti predisposti per il traccia-

mento di figure circolari regolari). Quasi tutti questi strumenti permettono oltre all'uso della grafi-

te (matite e portamine), mediante la particolare conformazione dei bordi solitamente nella parte

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non graduata, l'opportunità di tracciamento a china mediante penna tecnica. Nel caso dei compas-

si questa doppia opportunità di tracciamento per alcuni modelli è possibile utilizzando idonei pun-

tali intercambiabili. Tra le strumentazioni ausiliarie al disegno per il tracciamento lineare si posso-

no inoltre elencare il goniometro, per mezzo del quale è possibile la misurazione degli angoli ed il

normografo strumento costituito da una sagoma con intagliati i segni occorrenti per una scrittura

rapida con caratteri uniformi.

Il disegno legato al fare architettonico non può certo prescindere dalle superfici; qualsiasi tipo di

rappresentazione architettonica sia bidimensionale, come le piante le sezioni e i prospetti, che tri-

dimensionale, come le assonometrie o le prospettive, definiscono sullo spazio carta bidimensiona-

le entità spaziali già esistenti o progettate. L'esito grafico di tali elementi può palesarsi attraverso

il disegno con molteplici gamme espressive: un elemento murario sezionato ad esempio, può evi-

denziarsi attraverso il solo uso di linee rappresentanti il perimetro della parte sezionata, ma la stes-

sa superficie può essere evidenziata al contempo per mezzo di campitura o di un qualsiasi colore..

Tra le possibili diverse tecniche di esecuzione di questo ultimo tipo trattamento si può ricorrere

all'aerografo: apparecchio ad aria compressa in grado di polverizzare sostanze liquide, nel caso

specifico china o colori acrilici, sul supporto cartaceo preventivamente marginato.

Anche se adattata ed ampliata, questa non certo completa lista di strumentazioni ausiliarie al dise-

gno manuale appena elencata si ritrova con diverse maggiori opportunità operative nelle configu-

razioni di base di tutti i menù dei software dedicati al disegno automatico; le "forze in campo" non

variano, da una parte l'operatore con le sue istanze rappresentative, dall'altra una serie di stru-

menti che -sia nel caso in cui siano disposti su un tavolo da disegno che ordinatamente presenti

sotto forma di accattivanti icone distribuite sullo schermo- sono e rimangono mezzi incapaci da soli

di far apparire sul foglio o sul video anche un semplice punto.

Il disegno automatico

La rappresentazione contemporanea può avvalersi di specifici programmi (software) che, applicati

alla tecnologia informatica (hardware), consentono di operare nei vari settori grafici, con relativa

facilità e pertinenza grazie ad interfacce ampiamente intuitive. Senza entrare nelle specificità rela-

tive alle metodiche operative proprie delle caratteristiche degli odierni programmi di grafica in

generale, si ritiene opportuno in questa sede evidenziare le peculiarità principali e comuni alla

maggior parte dei soli programmi CAD (Computer Aided Design) inerenti non tanto i modi di ese-

cuzione grafica, quanto le nuove strategie operative tipiche dei procedimenti relativi al disegno

assistito.

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La prima e fondamentale differenza tra il disegno effettuato al Cad e quello tradizionale, è ineren-

te al dato dimensionale del «supporto» grafico a disposizione dell’operatore, supporto che può defi-

nirsi virtualmente infinito per l’opzione informatica e naturalmente finito per il secondo. Il foglio di

lavoro normalmente offerto dai software di disegno tecnico è, anche se impropriamente, determi-

nabile quindi come dimensionalmente illimitato in quanto capace di immagazzinare tutte le infor-

mazioni segniche che compongono la realtà fisica, in altre parole il modello informatico diviene il

contenitore di «...una perfetta simulazione della realtà o di una realtà solo presunta (nel caso del

progetto) in cui la corrispondenza tra spazio fisico e virtuale appare immediata; infatti ciascun

punto materiale trova il suo corrispondente virtuale identificato in modo univoco da una terna di

coordinate cartesiane».69 L’importanza di una tale opportunità, ovvero la gestione su unico file-con-

tenitore di tutte le possibili componenti di una qualsivoglia realtà fisica o progettuale, se non stra-

tegicamente gestita, può però rivelarsi controproducente o addirittura inutile. Prima della diffusio-

ne del CAD l’elaborazione di un qualsiasi progetto avveniva mediante la redazione della serie dei

disegni tematici quali gli architettonici, gli strutturali, i tecnologici ecc. su distinti supporti cartacei

lucidi. La trasparenza dei fogli consentiva la possibilità di interfacciare le diverse componenti pro-

gettate, fino a definire la completa complementarietà e corrispondenza tra le parti. Oltre alle meto-

dologie operative legate alla specificità delle diverse tematiche, la comunicazione progettuale si

avvale di diversi gradi di approfondimento e quindi di ulteriori distinti elaborati che, in accordo con

le opportunità offerte dalle diverse scale della rappresentazione, si caratterizzano per contenuti,

simboli e convenzioni. La fisicità del supporto costringeva, una volta effettuata l’opportuna ridefi-

nizione dimensionale del telaio geometrico di base, a ridefinire sui nuovi dati dimensionali, l’inte-

ra «impalcatura» comunicativa in accordo con le modalità espositive delle diverse scale della rap-

presentazione. Il procedimento progettuale è chiaramente rimasto inalterato, così come inalterate

rimangono le procedure legate alla strutturazione degli stessi. Quindi anche nel caso del modello

informatico, dove la totalità delle informazioni progettuali possono risiedere in un comune ambito

(file), i dati presenti necessitano di una strutturazione comunicativa attuabile, come per il disegno

tradizionale, mediante un’organizzazione espositiva basata su un numero illimitato di fogli traspa-

renti non più fisici ma virtuali (layer), in grado di offrire innumerevoli combinazioni di sovrapposi-

zione, evidenziazione, interpolazione sia per tematiche che per scale della rappresentazione. Il file

CAD è in definitiva un pratico e capiente database di dati grafici allocati su supporto magnetico

aperti a procedure gestionali di raggruppamento, implementazione, modifica e sostituzione.

Al contempo, oltre alle vaste opportunità grafiche offerte in campo bidimensionale, i software CAD

permettono di operare nel campo della modellazione tridimensionale mediante l’utilizzo di oppor-

tuni strumenti (tool) in grado di operare mediante l’ausilio di forme predefinite ma dimensional-

mente libere, e/o operare nella più completa libertà compositiva. Anche in questo caso l’uso dei

69. P. Barlozzini, F. Tomassi, Dal modello grafico al modello virtuale, Edizioni Kappa, Roma 2004

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layer rappresenta un fondamentale mezzo di gestione delle forme: l’appartenenza o meno ad un

determinato gruppo di solidi o di dettagli può infatti mediante opportune scelte di visualizzazione,

blocco e congelamento strategicamente fondamentali sia per una corretta comunicazione, che per

la stessa gestione operativa. Layer quindi in questo caso non più intesi come strati ma come pos-

sibili ed opportuni raggruppamenti di oggetti in 3d, dalla corretta gestione dei quali dipenderà nella

ultima fase grafica, quella coincidente con la renderizzazione del modello digitale, la resa ottima-

le dei materiali o dei colori assegnati ai diversi elementi. Riterrei infine necessaria un’ultima con-

siderazione relativa al procedimento di stampa dei disegni elaborati al computer. L’elaborazione

grafica in due dimensioni e la modellazione tridimensionale assumono la propria fisicità nel

momento in cui i fogli escono dalle stampanti o nel caso dei grandi formati dai plotter. Al contra-

rio della rappresentazione manuale pertanto il risultato grafico finale è, nel caso del disegno auto-

matico, fisicamente visibile e quindi valutabile a procedimento concluso. Durante le fasi di elabo-

razione sullo schermo del computer appaiono insiemi di linee o figure colorate corrispondenti ai

diversi layer così come strutturati dall’operatore. Associando in fase di organizzazione della stam-

pa a determinati layer e colori determinate proprietà come spessori tipi di linee e/o colorazioni

delle stesse linee o dei solidi, sarà possibile strutturare la comunicazione grafica secondo le pro-

prie intenzionalità espressive. Il procedimento di stampa spesso, soprattutto nel caso di disegni di

una certa complessità, coincide con il momento dell’effettivo controllo e verifica dell’elaborato, la

visualizzazione a schermo tende a far sopravvalutare gli esiti espressivi da un lato celando dall’al-

tro imprecisioni, errori ed omissioni talvolta anche macroscopici. Oltre a ciò bisogna considerare

anche i fattori legati alla calibrazione cromatica e di spessore molto spesso variabile da stampan-

te a stampante. In definitiva quindi la prima stampata non coincide quasi mai con l’ultima, la stam-

pa è nel caso del disegno automatico da considerare come parte integrante del procedimento gra-

fico. La considerazione circa la virtualità del disegno digitale appare se inquadrata sotto questa

luce quanto mai propria, con il disegno tradizionale la «tangibilità» degli esiti espressivi si andava

evidenziando «in fieri», eventuali variazioni di accenti, tonalità, rese grafiche si impostavano e si

valutavano in corso d’opera, con l’opzione digitale l’effettiva valutazione fisica del «prodotto» della

comunicazione è necessariamente rimandata alla fine dell’intero procedimento grafico.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

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160

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INDICE DEI NOMI

De Rubertis Roberto, 115, 116, 117

De Sanctis Aldo, 37, 39, 71, 83, 102, 107, 133, 136

Diamanti I., 138

Docci Mario, 53, 73, 74, 131

Fabiano Claudia, 143

Faticone Federica, 141

Ferrabosco Martino, 54

Fiorini Fabrizio, 131

Fratini Erika, 146

Fuga Ferdinando, 114

Fuksas Massimiliano, 103

Fumarola Barbara, 140

Galli Ferdinando da Bibbiena, 114

Garnier Tony, 34, 117, 120, 121, 122

Garroni Emilio, 75

Gaudì Antoni, 25

Gehry Frank, 21, 22, 26

Gentilini Franco, 39

Giovannoni Gustavo, 40

Gombrich Ernst Hans Josef, 55

Goodman Sue, 29

Gregorio XVI, 82

Gregotti Vittorio, 128

Gropius Walter, 122, 123

Guarini Guarino, 70

Guimard Hector, 117

Haring Hugo, 119, 120

Horta Victor, 117

Inhelder Barbel, 147

Insolera Italo, 82

Jeanneret Charles Edouard (Le Corbusier), 124, 125

Juvara Filippo, 114

Aalto Alvar, 119

Ando Tadao, 48

Anselmi Alessandro, 129, 131

Argan Giulio Carlo, 104

Aschieri Pietro, 18, 38, 41, 117

Barozzi Jacopo da Vignola, 56, 77

Barlozzini Piero, 156

Bartoli L, 72, 74

Behrens Peter, 120, 122, 123

Belardi Paolo, 131

Bernardi Noemi, 141

Bernini Gian Lorenzo, 115

Borromini Francesco, 16, 17, 20, 52, 54

Boulèe Etienne-Louis, 114

Bragdon Claude Fayette, 72, 73

Buonarroti Michelangelo, 24, 73

Cafiero Vittorio, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 137

Calza Bini Giorgio, 101

Canal Antonio (Canaletto), 114

Capizzano Achille, 39

Carnevali Laura, 25, 27, 50

Chiattone Mario, 121, 122

Choisy August, 115

Cresci Mario, 104

Cundari Cesare, 25, 27, 50

Danusso Arturo, 30

D’Aronco Raimondo, 117

De Fusco Renato, 96, 130

Del Debbio Enrico, 36

Del Vecchio Massimo, 146

Della Porta Giacomo, 24

De Renzi Mario, 45, 58, 59, 60, 62, 98, 99, 100, 101

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Ponti Gio, 98

Ponzo Valentina, 136

Porter Tom, 29

Quaroni Ludovico, 41, 136

Ridolfi Mario, 28, 53, 54

Rodriguez Ventura, 114, 115

Rogers Ernesto Nathan, 113, 126, 128

Roma Biagio, 135

Ruberto Luisa, 145

Sacconi Giuseppe, 117

Sansone Patrizia, 139

Sant’Elia Antonio, 32, 33, 34, 120, 122

Sarti Antonio, 115

Sartoris Alberto, 126

Scharoun Hans, 119

Schinkel Karl, 115

Schulz Christian Norberg, 135

Scovaloca Gabriele (Stornaloco), 74

Semper Gottfried, 115

Serlio Sebastiano, 54

Soane John, 115

Stefanini Alessandro, 144

Stirling James, 64, 65, 73, 75, 127

Susini Alfio, 36, 39

Tacconi Francesco, 137

Taut Bruno, 119, 120

Terragni Giuseppe, 125

Testa Giorgio, 25, 27, 37, 39, 50, 71, 83, 102, 107, 133

Tomassi Francesca, 156

Trebbi Giorgio, 70

Tufaroli Luciano, 99

Vagnetti Luigi, 114, 115, 129

Valadier Giuseppe, 115, 116

Van de Velde Henry, 117

Van der Rohe Ludwig Mies, 120, 123, 124, 125

Van Doesburg Theo, 33, 124, 125

Van Eesteren Cornelis, 33

Vanvitelli Luigi, 24

Villanueva Juan, 115

Viollet le Duc Eugene, 115

Vitruvio Pollione Marco, 43

Wagner Otto, 117, 118

Wilford Michael, 64, 65

Wright Frank Lloyd, 39, 46, 119

Zevi Bruno, 55, 69, 76, 117

Zingarelli Nicola, 35

Kahn Louis, 44, 50, 127

Kant Immanuel, 148,

Kock Gaetano, 115

Krier Robert, 66, 67, 68

Labrouste Henri, 115

Ledoux Claude Nicolas, 114

Letarouilly Paul Marie, 54, 115

Libera Adalberto, 19, 40, 41, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 137

Loos Adolf, 122

Lynch Kevin, 135

Luccichenti Amedeo, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 137

Mackintosh Charles Rennie, 117

Maestri Diego, 73, 74

Magnago Lampugnani Vittorio, 33, 119, 120, 122, 124

Malevic Kasimir, 124

Marrucci Gianfranco, 146

Masaracchio Graziano, 142

Mendelsohn Eric, 120, 121

Meyer Hannes, 123

Meyer Richard, 103

Mezzetti Carlo, 40

Monaco Vittorio, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 138

Monge Gaspard, 115

Moretti Luigi, 18, 19, 36, 39, 40, 84, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92,

95, 138, 139,

Morris William, 122

Municio José Manuel Pozo, 115

M.V.R.D.V., 108, 109

Nash John, 115

Nelli Valerio, 142

Nervi Pierluigi, 30, 138, 140

Neumann Johann Balthasar, 115

Newton Isaac, 70

Nolli Giovanni Battista, 82, 83

Olbrich Joseph Maria, 117, 120

Ozenfant Amedèe, 124

Pantano Alessandro, 147

Pasquinelli Alberto, 69

Pastore Daniela, 83

Perret Auguste, 123

Peteani Laura, 42

Piaget Jean, 147

Piccinato Luigi, 100, 101

Pio VII, 82

Piranesi Giovanni Battista, 114

Poelzig Hans, 120

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Atene Partenone, 73, 74, 104

Bilbao Museo Guggenheim, 26

Brabante Biblioteca Centrale, 108, 109

Cesi Casa Lana, 53

Chexbres Villa Gentinetta, 126

Castel Fusano Via Imperiale, 36

Cosenza 136

Hyogo Wall House Ashiya, 48

Firenze 44

Germania 151

Ginevra Palazzo dele Nazioni, 125

Luxor 50

Massachusetts Massachusetts Institute of Tecnology, 105

Michigan Villa Metzger, Sault sant Marie, 46

Milano Centro Pirelli, 30

Duomo di, 73, 74

New York Townhouses, 64, 65

Parigi Case a torre, 123,

Ecole de Beaux Arts, 117, 120

Galleria Effort Modern, 124

Notre Dame, 72, 73

Pietroburgo 124

Pisa 50

Ponte alle Cave Casa de Bonis 1, 28

Praga Uffici Nationale Nederlanden, 21, 22

Roma 40, 41, 45, 58, 59, 60, 62, 82, 98, 99, 100,

101, 137, 138, 140, 142, 143, 146

Arco all’E 42, 19

163

INDICE DEI LUOGHI

Roma Basilica Lateranense, 114

Chiesa dei SS. Apostoli, 116

Collegio di Propaganda Fide, 21

Dives in Misericordia, 103

Facoltà di Architettura, 36

Foro Italico, 36

Monti Parioli, 138

Palazzo dei Congressi, 103

Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi all’E42, 38

Palazzo Giraud, 72

Palazzo Littorio, 19

Pantheon, 72, 73

Parco di Villa Glori, 136

Piazza della Minerva, 83

Piazza del Popolo, 42

Piazza Imperiale all’E 42, 19

Quartiere Olimpico, 18, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90,

91, 92, 93, 94

Rione Pigna, 80, 81

San Carlo al Corso, 16

San Lorenzo in Damaso, 72

San Pietro, 17, 24, 72, 73

Sant’Ivo alla Sapienza, 52

Villa Borghese, 95

Villaggio Olimpico, 136, 137, 138, 139, 145

Torino San Lorenzo, 70

Venezia 50

Vienna Cassa di Risparmio Postale, 118

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Finito di stampare nel mese di ottobre del 2012dalla «ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l.»

00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15per conto della «Aracne editrice S.r.l.» di Roma