2017 - Slaves no More · conversione dei nostri cuori per passare dall’indifferenza al pianto....
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2017
Carissimi Membri dell’Associazione di “Slaves no more”,
Carissimi Familiari, Amici e Collaboratori,
Carissime Sorelle del gruppo di Ponte Galeria e delle case famiglia,
a voi, alle vostre famiglie e comunità, nonché a tutti coloro che in modi
diversi ci seguono nel nostro quotidiano ministero contro la tratta di eseri
umani, particolarmente per donne e minori, giungano i nostri auguri di Buon
Natale e Buon Anno 2018.
E insieme agli auguri il mio e nostro GRAZIE sincero per il vostro costante
aiuto e sostegno nel quotidiano ministero di informazione, prevenzione,
recupero e reintegrazione di quante sono vittime di questa nuova e terribile
forma di schiavitù del 21° secolo.
Con gli auguri di Natale desideriamo farvi giungere in dono anche una
“Strenna Natalizia” fatta di diversi racconti di vita e di impegno che anche
in questo anno 2017, ormai al tramonto, ci hanno visto impegnate nel nostro
quotidiano e svariegato servizio a difesa e protezione della donna e della sua
dignità.
Ricordare il passato e rompere la globalizzazione dell’indifferenza, ci può
meglio aiutare a costruire un futuro senza schiavi o schiavisti, ma
semplicemente fratelli e sorelle, nonché figli di un unico Padre che ha
mandato suo Figlio a liberarci da ogni forma di violenza e di schiavitù.
Buon Natale, Sr. Eugenia Bonetti
Con tutto il gruppo del direttivo di Slaves no more
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“Spezzare le catene delle nuove schiavitù”
Una sfida per i nostri tempi, comunità e istituzioni1
Introduzione
“La tratta delle persone è un crimine contro l’umanità. Dobbiamo unire le forze per
liberare le vittime e fermare questo crimine sempre più aggressivo, che minaccia le
singole persone, e i valori fondanti della società…. oltre il tessuto familiare e lo stesso
vivere sociale”2. (Papa Francesco)
La tratta di esseri umani coinvolge molte categorie di persone e per scopi diversi quali:
il lavoro, il traffico di organi, i bambini soldato, le adozioni clandestine,
l’accattonaggio ed altro ancora che producono forme di sfruttamento e di schiavitù.
Una di queste forme, considerata la più comune ed altrettanto umiliante è la tratta di
donne e minori per sfruttamento sessuale che secondo le ultime stime produce un
fatturato annuo di oltre 32 miliardi di dollari e coinvolge circa 27 milioni di persone.
Nessuna nazione è esente da questa terribile schiavitù giacché la “merce umana” viene
transitata dai trafficanti dai paesi di origine, transito e destinazione con la complicità
di agenti ed agenzie avide di guadagno. Simbolo di ogni schiavitù è e rimane sempre
la catena: strumento che toglie alla persona libertà di azione per sottometterla al volere
di un’altra. E come la catena è formata da molti anelli, così è la catena di queste nuove
schiave del ventunesimo secolo. Gli anelli hanno dei nomi e sono quelli delle vittime
e della loro povertà, degli sfruttatori con i loro ingenti guadagni, dei clienti con le
loro frustrazioni, della società con la sua opulenza e carenza di valori, dei governi con
i loro sistemi di corruzione e di connivenze, della Chiesa e ogni cristiano, noi pure
inclusi, con il nostro silenzio e l’indifferenza. Quante volte Papa Francesco ha parlato
della globalizzazione dell’indifferenza! Esiste un’accurata organizzazione di trafficanti, di stampo mafioso, uomini e donne,
che prendono contatto con queste vittime nel loro paese d’origine, dove le famiglie
sono povere e numerose e i giovani senza speranza. Oggigiorno soprattutto ci sono
interi popoli che fuggono dalla guerra e dalla persecuzione e cercano rifugio e sicurezza
nei nostri Paesi Europei. Purtroppo i trafficanti sfruttando la situazione di grande
emergenza e necessità di questi popoli che fuggono dai loro Paesi per proteggere la
propria vita e quella dei loro familiari si affidano agli scafisti che diventano i nuovi
schiavisti. Costoro chiedono in cambio un’ingente somma di denaro per approdare
1 Presentazione di Suor Eugenia Bonetti a cui è stato chiesto un intervento specifico di sensibilizzazione e
informazione a uno dei tanti convegni a cui ha partecipato. 2 Il 12 dicembre del 2013, in occasione della presentazione delle lettere credenziali ad un gruppo di nuovi
ambasciatori Papa Francesco condannava in termini forti la tratta di esseri umani.
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sulle coste della terra promessa. Purtroppo per migliaia di loro il viaggio della speranza
diventa un viaggio a senso unico trovando la morte in mare come stiamo assistendo
impotenti in questi giorni.
La sfida di una società multietnica
Diceva il profeta Isaia: «Per digiuno io intendo un’altra cosa: rompere le catene
dell’ingiustizia, rimuovere ogni peso che opprime gli uomini, rendere la libertà agli
oppressi e spezzare ogni legame che li schiaccia. Digiunare significa dividere il pane
con chi ha fame, aprire la casa ai poveri senza tetto, dare un vestito a chi non ne ha,
senza abbandonare il proprio simile». (Is.58: 6-7)
Questi versetti sono di grandissima attualità e continuano a interpellarci ancora oggi,
perché esprimono un profondo desiderio di giustizia sociale, di uguaglianza e di libertà.
La Chiesa per prima deve continuare ad ascoltare e a rispondere a questo grido.
Altrimenti come può proclamare a migliaia di donne che vivono e lavorano sulle nostre
strade in condizioni vergognose, che anche loro fanno parte di quei “privilegiati” che
hanno pieno diritto alla liberazione e che ci precederanno nel regno dei cieli? (Mt.
21,31-32)
Ci vuole maggior coraggio nel prendere una posizione
chiara contro le moderne schiavitù. Il silenzio della Chiesa
(e non solo) può essere giudicato come una mancanza di
preoccupazione, ma anche come una forma di complicità.
Occorre invece riappropriarsi del nostro ruolo profetico:
denunciare, correggere, guidare, promuovere la giustizia e
l’uguaglianza per tutti gli esseri umani, compresi i profughi
che bussano alle nostre porte e chiedono accoglienza. Con
Papa Francesco anche noi potremo affermare: “Non più
schiavi, ma fratelli e sorelle”.
Nuove schiavitù.
A Distanza di Dieci Anni la Battaglia Continua
Roma 2007 - 20173
Nel 2007 33 suore di 26 diversi Paesi dei cinque Continenti, iniziano un percorso per
la prevenzione e il recupero delle vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo, definito da papa Francesco “un crimine contro l’umanità”
3 Articolo di Sr Eugenia Bonetti pubblicato su Avvenire, venerdì 20 ottobre 2017
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Hanno incominciato in trentatré. Tante erano le partecipanti al seminario di formazione
organizzato dall’Ambasciata statunitense presso la Santa Sede e dall'ufficio anti-tratta
dell'Unione italiana delle superiore maggiori (Usmi) nel 2007. Trentatré suore, di
ventisei Paesi differenti, riunite dal proposito di contribuire a combattere la schiavitù
del Ventunesimo secolo.
Sono state loro a lanciare, al termine dell’incontro, il 20 ottobre di dieci anni fa, la Rete
internazionale delle religiose contro la tratta di persone (Inratip), la prima “alleanza
globale” contro questa piaga. Il lavoro di quelle pioniere ha fatto da apripista ad altre
reti – Anath, Renate, Talitha Kum – impegnate nella prevenzione e nel recupero delle
vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo, definito da papa Francesco “un crimine
contro l’umanità”.
Dieci anni dopo, “guardando e riflettendo sul cammino fatto e sugli obiettivi raggiunti
notiamo con riconoscenza che molto è stato fatto, dal termine di questo primo
convegno di religiose a livello mondiale, ma pure che molto rimane ancora da fare.
Purtroppo cambiano le modalità, le situazioni e le strategie sociali mentre la violenza
sulle donne e minori non sembra diminuire affatto”, scrivono suor Eugenia Bonetti,
presidente di Slaves no more, e Amy Roth Sandrolini, coordinatrice all’Ambasciata
Usa e ora impegnata nel contrasto al traffico di esseri umani negli Stati Uniti.
Se, nel 2007, i “nuovi schiavi” – in gran maggioranza “schiave” – erano 12,3 milioni
ora sono 21 milioni. I profitti del business sono quintuplicati in un decennio, passando
da 32 a oltre 150 miliardi di dollari. “Il punto cruciale rimane pur sempre la “domanda”
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che sfrutta situazioni di estrema povertà, ignoranza e corruzione delle persone più
indifese e a rischio per cui è ancora tanto ed urgente il lavoro da fare”, sottolineano le
due attiviste. Per tale ragione, come l’esperienza di quel primo seminario insegna, è
ancora più necessario lavorare in rete. Solo, così, “in comunione e non in competizione
– concludono - potremo annientare questa schiavitù moderna dalle pagine dei libri,
dalla nostra cronaca e dalla nostra storia”. (Suor Eugenia Bonetti)
«Chi ha pianto?»4
Nel quarto anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa dove si era recato
per fare memoria di tutte le vittime inghiottite dalle acque del Mediterraneo, mentre
tentavano di raggiungere la “terra promessa”, non può e non deve passare inosservata.
Immediatamente ritorna alla nostra mente il grido di Papa Francesco durante la sua
visita a Lampedusa: «Chi ha pianto?» Parole rimaste scolpite nella mente e nel cuore
di tutti noi.
«Chi ha pianto?» Ricordando la prima enorme tragedia del 2014 in cui 368 immigrati,
tra cui molte donne e bambini, hanno perso la vita in mare, seguita da tante altre
tragedie quotidiane, le cui notizie passano ormai inosservate come semplici notizie di
cronaca, sento il bisogno di condividere una riflessione su alcune espressioni di Papa
Francesco sempre significative e stimolanti.
«Chi ha pianto?» Durante la sua visita a Lampedusa – che è sinonimo di speranza per
tanti disperati e di dolore e morte per tanti altri che non hanno potuto coronare il sogno
4 Ricordando le tragedie dei profughi in mare nel quarto anniversario della visita di Papa Francesco a
Lampedusa. 8 luglio 2013-2017.
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di libertà e sicurezza - il grido di Papa Francesco è rimasto scolpito nella mente di tante
persone, ma soprattutto ci ha fatto riscoprire il valore delle lacrime che, lavando gli
occhi, ci aiutano a vedere meglio la realtà e la sofferenza degli altri.
«Chi ha Pianto?» È difficile dimenticare le scene di orrore e di disperazione che
quotidianamente si susseguono sui nostri schermi televisivi di quanti cercano aiuto per
sopravvivere e in mezzo al mare lottano contro la furia delle onde che cercano di
inghiottirli, mentre le loro imbarcazioni sprofondano sotto l’impotenza dei soccorritori
che tentano di aiutarli. E tra loro ci sono molti giovani, mamme e bambini in cerca
disperanza. Secondo la redazione ANSA, dall’inizio del 2017 ad oggi sono oltre 3.000
le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo. Purtroppo corriamo il rischio di
assuefarci a tali scene di disperazione e a dimenticare la compassione, il patire con,
perché non sappiamo più piangere. Purtroppo troppo spesso la “globalizzazione
dell’indifferenza” ci ha tolto la capacità di piangere!
«Chi ha pianto?» Papa Francesco incontrando personalmente a Lampedusa un gruppo
di superstiti ci ha ricordato ancora una volta: “Chi di noi ha pianto” per tragedie come
queste? “Chi ha pianto” per la morte di questi fratelli e sorelle? “Chi ha pianto” per
queste persone che erano sui barconi della morte? Per le giovani mamme che portavano
in grembo le loro creature? Per gli uomini in cerca di un lavoro per sostenere le proprie
famiglie”?
«Chi ha pianto?» Chi non ricorda la storia della piccola
Favour di nove mesi che ha commosso tante persone che,
partita dalla Nigeria insieme ai suoi giovani genitori in
cerca di un futuro migliore in Europa e hanno trovato
invece la morte in mare? Solo lei, la piccola Favour è
sopravvissuta; anche lei come Mosè salvata dalle acque.
Non potrebbe questo episodio diventare uno stimolo per
una forte presa di coscienza di quanti continuano a lottare
contro tutte le forme di schiavitù e sfruttamento?
Con Papa Francesco anche noi vogliamo chiedere la
conversione dei nostri cuori per passare dall’indifferenza al pianto. Per tutti i caduti
delle “inutili stragi” e per tutte le vittime della follia della guerra, dell’odio e della
violenza, il Papa ci ricorda che «l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del
pianto».
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Gli ignorati stupri. Il «branco» che agisce ogni notte5
Caro direttore,
Vorrei far giungere a lei, ai suoi colleghi e a tutti gli amici lettori di "Avvenire" una
breve riflessione che ho elaborato in questi giorni circa un recente, drammatico
avvenimento che come donna mi ha fatto riflettere molto, ma mi ha anche indignata.
Scrivo di getto e quasi di corsa, e perciò chiedo perdono per la forma di questo scritto.
Ma temo che le mie parole, altrimenti, diventino troppo vecchie.
Mi ha molto colpito come su giornali e tv si sono succedute notizie e informazioni, e
si sono accumulati commenti, sullo stupro di branco compiuto a Rimini, dove la notte
del 25 agosto una coppia di fidanzati polacchi e una persona transessuale sono stati
rapinati e violentati sulla spiaggia della famosa località turistica. Ciò che mi ha
maggiormente ferita e indignata è stato il fatto che nelle ultime cinque trasmissioni del
telegiornale delle ore 20 il caso e i suoi sviluppi sono stati la prima notizia. Ogni volta,
per oltre cinque minuti d’orologio, in tantissimi abbiamo visto ripetersi scene, luoghi,
persone e altri dettagli di quel vergognoso stupro di branco, a cominciare dal fatto che
gli stupratori erano tutti stranieri e alcuni di loro persino minorenni. Se si voleva far
passare ai telespettatori un messaggio orientato alla paura del diverso, dello straniero,
del rifugiato, temo che ci sia proprio riusciti. Se si voleva far aprire gli occhi sulle
violenze sessuali che accadono ogni notte (e non solo di notte) anche nella nostra Italia,
si è mancato gravemente l’obiettivo.
Ieri sera, insomma, dopo l’ennesimo, lungo servizio televisivo, sono stata travolta da
un’onda di delusione e di amarezza e da un senso di ribellione. È stato davvero doloroso
e insopportabile constatare quanta povertà e superficialità è stata messa in campo dai
mezzi di comunicazione, e in più di un caso quale volontà di indottrinamento. E ho
incominciato a fare paragoni tra quel terribile e straordinario misfatto e i tanti invece
ordinari e altrettanto terribili misfatti che ogni notte avvengono sulle nostre strade con
ragazzine straniere che subiscono stupri "a pagamento" da "clienti", magari
benpensanti, ai quali nessuno sta chiedendo conto delle loro azioni... Come mai questo
non fa mai notizia e non suscita scalpore? Come mai anche noi italiani, e soprattutto
noi donne, non ci scomponiamo affatto nel vedere le tante ragazzine, anche minorenni,
che ogni notte vengono comprate e vendute, schiavizzate e violentate da cinici
sfruttatori e da migliaia e migliaia di "clienti"? Chi pensa a loro? Chi si preoccupa di
denunciare le migliaia di stupri sistematici e organizzati che avvengono nelle nostre
città, non lontano dalle nostre case, nell’indifferenza di chi vede e passa oltre, proprio
come nella parabola del buon samaritano?
Sono una suora della Consolata, e nella mia lunga vita missionaria, esattamente dal
1993, dopo 24 anni di servizio in Kenya, mi sono trovata a vivere una nuova forma di
missione nel mio stesso Paese, così spesso per la sua grande storia definito "cristiano"
e "cattolico", a contatto con migliaia di ragazzine straniere, particolarmente nigeriane
che vengono costrette a mettere in vendita il loro giovane corpo per soddisfare
l’ingordigia di soldi dei trafficanti e le voglie e la povertà morale di "clienti" in
5 Articolo di Sr Eugenia Bonetti pubblicato su Avvenire, giovedì 7 settembre 2017
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stragrande maggioranza italiani, e al 90% battezzati, molte volte con moglie e figli.
Quali valori si vivono e si propongono, oggi, in questa nostra società che consuma
tutto, e tutto, anche le donne, riduce all’usa e getta?
Ricordo, caro direttore, una ragazzina assai minuta di 19 anni che un giorno,
parlandomi della sua storia, mi disse: «Sister, ma tu sai che in una notte io ho avuto 13
clienti...». Ne fui scossa e le chiesi come fosse stato possibile. Lei mi rispose: «Ero
richiesta e usata perché ero molto piccola e giovane e ai clienti piacciono le minorenni».
Già, perché si spera che le persone più giovani non abbiano e non trasmettano malattie
sessuali… Già, anche se quelle ragazzine potrebbero benissimo essere le figlie di tanti
di loro... Che squallore! In una notte, quella giovanissima, piccola donna ha subìto 13
stupri, e chi se ne è accorto? Chi ha denunciato tale crimine? Chi ha visto il 'branco' in
azione e l’ha fermato, chi ha portato il misfatto sulle prime pagine dei giornali e nei
titoli di testa dei tg? Il mio augurio, caro direttore, a chi opera nei mezzi di
comunicazione è che possa lavorare per far emergere sempre e solo il coraggio della
verità.
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Davanti a 26 bare e al mercato di donne schiave.
Fino a quando Signore?6
Caro direttore,
Venerdì scorso 17 novembre 2017 sono stati celebrati a Salerno i funerali delle 26
giovani donne nigeriane che hanno perso la vita in mare nel tentativo di raggiungere
l’Italia. Anche Avvenire ha dato conto di come autorità civili e religiose, nonché
persone di tutti i ceti, abbiano voluto rendere omaggio a queste giovani donne partite
dalla Nigeria con tanta speranza in cuore e in cerca di un futuro migliore in Europa per
loro e le loro famiglie. Purtroppo, però, dopo la faticosa e pericolosa traversata del
deserto del Sahara su mezzi di trasporto stipati all’inverosimile, la forzata sosta nei
'campi di concentramento' in Libia, durante la traversata del mare sperando di
raggiungere 'la terra promessa' hanno trovato la morte. Inghiottite dalle onde, e
recuperate da una nave spagnola che a Salerno ha consegnato alle autorità Italiane un
carico prezioso di giovani vite umane spezzate dalla violenza delle acque, ma forse più
ancora dalla nostra indifferenza. Due di queste giovani donne morte portavano in
grembo il dono di una nuova vita, bimbi che non vedranno mai la luce del sole. Tutte
queste vite affidiamo alla misericordia del Padre comune di tutti, ma soprattutto Padre
dei poveri, dei disperati e umiliati.
6 Articolo di Sr Eugenia Bonetti pubblicato su Avvenire, martedì 21 novembre 2017
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Ancora una volta mi ritorna alla mente la riflessione o meglio il grido che l’8 luglio
2013 papa Francesco levò da Lampedusa, meta del suo primo viaggio apostolico: «Chi
ha pianto»? Ancora oggi, dopo moltissimi altri naufragi in cui hanno perso la vita
migliaia di tanti altri disperati, mi viene da gridare «Chi ha pianto?» di fronte a quelle
26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca. Solo cinque di loro sono state
identificate, e però tutte, anche senza un nome, sono nostre figlie e sorelle.
Ma fino a quando, Signore, dovremo vedere ancora sui nostri schermi televisivi queste
tragedie e rimanere indifferenti? Fino a quando i trafficanti continueranno a ingannare
queste giovani, provenienti da famiglie povere, dai villaggi più isolati, molte pure
analfabete e quindi facilmente ingannate e soggiogate dai riti voodoo?
Fino a quando, Signore, trafficanti e mamans continueranno indisturbati e impuniti a
fare ingenti guadagni distruggendo la vita di tante loro connazionali? Fino a quando,
Signore, la nostra società del consumo, del benessere e del piacere tollererà la tratta di
esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione? Fino a quando questi corpi di
giovani donne dalla pelle nera saranno commerciati, offerti a chi cerca giovani donne
da usare, consumare e ributtare sulla strada, nuovamente in vendita?
Fino a quando, Signore, i 9 milioni di 'clienti' in Italia, al 90% cristiani, continueranno
impuniti a sostenere questo mercato di vite umane?
Questa ennesima tragedia del mare dovrebbe metterci tutti in discussione, perché ne
siamo tutti responsabili e colpevoli, bisognosi di misericordia ma anche di una nuova
e forte presa di coscienza per dire basta alla tratta di esseri umani. Purtroppo, invece,
ci stiamo abituando, perché queste tristi notizie passano sui nostri scherni televisivi e
si mescolano con le informazioni, date subito prima o subito dopo, sulla corruzione e
le beghe, a volte assai arroganti e volgari, dei nostri politici in un’eterna campagna
elettorale. Che squallore le proposte e le promesse per guadagnare voti e la rinuncia a
proporre una solida 'etica pubblica', basata sulla dignità e sul rispetto di ogni persona,
e sul dialogo con quella gran parte di cittadini che nelle stanze decisionali vogliono
veder rappresentato e promosso un vero 'bene comune'.
So che il mio pensiero è condiviso da tante altre persone, soprattutto donne con le quali
condividiamo lo stesso servizio a difesa e protezione della donna, specialmente la più
indifesa e sfruttata. Ognuna di noi ricorda e non vuole che si dimentichi la storia della
piccola Favour, che viaggiava con i genitori, purtroppo deceduti anche loro in mare in
un precedente naufragio il 26 maggio 2016. Sopravvissuta, anche lei come Mosè
salvata dalle acque, può diventare il simbolo e lo stimolo per una nuova e forte presa
di coscienza di quanti continuano a lottare contro tutte le forme di schiavitù e
sfruttamento. Nata libera deve restarlo. Questo il mio e nostro desiderio per una
famiglia umana senza più schiavi e schiavisti, fatta finalmente di fratelli e sorelle.
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“Il vuoto che resta e che pesa”.
In nome delle assenti-presenti nel giorno antiviolenza7
Caro direttore,
Ho seguito con profonda partecipazione le varie manifestazioni che si sono svolte per
celebrare la Giornata contro la violenza sulle donne. È stata una bella e importante
mobilitazione anche se ho notato l’assenza, nell’incontro alla Camera dei deputati,
delle religiose, molte delle quali impegnate in prima linea per prevenire, guarire e
accogliere le vittime di violenza domestica ma soprattutto le donne vendute e comprate
per la prostituzione coatta.
È questa la violenza su cui vorrei richiamare l’attenzione oggi. Il dramma è ben visibile
sulle nostre strade, ma si finge di ignorarlo per non prendere provvedimenti seri anche
con leggi adeguate.
Le prime persone a dire basta dobbiamo essere noi donne, con il coraggio di saper
vedere, di denunciare, sostenere, consigliare, essere accanto, intervenire e prevenire.
Certo, le autorità proposte all’ordine pubblico hanno un ruolo specifico per la tutela e
sicurezza dei cittadini. E purtroppo a volte si interviene solo quando è troppo tardi.
Anche noi “della porta accanto” siamo, però, responsabili: quante volte ci lasciamo
vincere dall’indifferenza? Non siamo quindi un po’ tutti colpevoli?
Mentre vedevo i cortei e le iniziative, alla televisione, ho ricordato quel 13 febbraio del
2011 in Piazza del Popolo a Roma, quando una folla enorme di donne ha protestato
contro lo sfruttamento di altre donne, e ha avuto il coraggio di gridare “Se non ora
7 Articolo scritto da Sr Eugenia Bonetti su Avvenire, domenica 3 dicembre 2017
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quando?”. Ancora oggi dobbiamo unire tutte le nostre forze per gridare ancora: “Se
non ora quando?”.
Oggi il mio pensiero corre verso le altrettante migliaia di donne immigrate, minorenni
comprese, che muoiono non solo per violenza fisica ma anche perché sono respinte e
lasciate morire nel deserto, nei campi di detenzione in Libia, nella traversata del mare
sperando in una accoglienza dignitosa per un futuro migliore di ciò che hanno lasciato
mentre, purtroppo molte di loro non giungeranno mai alla meta desiderata. Anche loro
rimangono vittime dell’indifferenza, della nostra personale parte nella globalizzazione
dell’indifferenza.
Quante di queste donne, se non tutte, sono state o sono vittime di violenza fisica,
psicologica, disprezzo, vergogna! Quante di loro sono state uccise sulle nostre strade.
Quanti loro corpi continuano a essere bruciati o nascosti nei cassonetti, senza che
nessuno se ne accorga o nel silenzio di chi vede e sa ma non vuol parlare per il timore
di essere coinvolto.
Di fronte alle migliaia di donne che negli ultimi anni sono approdate sulle nostre coste,
mi brucia dentro una domanda: Dove sono?
Da chi sono state accolte, o prelevate dagli stessi Sprar, Cara, o dai Cpt per poi finire
ancora nelle maglie dei trafficanti o di maman che le portano a prostituirsi sulle nostre
strade per soddisfare una pressante domanda di sesso a pagamento? Quanta violenza
fisica e psicologica subiscono queste giovani sulle nostre strade. Quanta fatica
strapparle dalle maglie delle reti dei trafficanti per portarle nelle case, gestite da varie
organizzazioni eppure ancora in gran parte da religiose, che offrono una accoglienza
familiare e serena per aiutarle a recuperare prima di tutto la loro dignità e libertà.
Dalla fine degli anni 90 del secolo scorso, è stato dato asilo e occasione di riscatto a
diverse decine di migliaia di giovani immigrate dalla Nigeria o dai Paesi dell’Est
Europa venute in Italia con il miraggio di un lavoro per trovarsi poi nelle mani dei
trafficanti.
Oltre 6mila di loro sono state recuperate e
reintegrate nella nostra società in dignità e
libertà attraverso le strutture create da religiose
come me. Quante storie di violenze inaudite
abbiamo ascoltato. Quanto bisogno di
guarigione per uscire dalla vergogna e
umiliazione abbiamo sentito e ascoltato!
Che questa giornata che abbiamo celebrato
sabato 25 novembre ci lasci più slancio, a noi
donne e alle istituzioni, a ridare libertà, dignità e
legalità alle presenti-assenti nelle solenni celebrazioni che sono state organizzate:
queste giovani donne immigrate, perché non abbiano più a subire continuamente
violenza e sfruttamento sulle nostre strade.
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25 novembre 2017
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 8
Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne anche l’associazione
“Slaves no more” prende atto di questa triste realtà di tanta inaudita violenza che ogni
giorno ci viene trasmesso dai mezzi di comunicazione. Il nostro pensiero e attenzione
viene rivolto anche alle tante altre donne, in maggioranza straniere, che vivono il loro
quotidiano martirio sulle nostre strade, di cui purtroppo, poco se ne parla. La nostra
riflessione, che diviene pure preghiera e richiesta di perdono viene pure rivolta alle
tante donne che vivono il loro quotidiano martirio sulle nostre strade.
Tutti noi siamo responsabili delle continue violenze, degli stupri e delle morti che si
consumano giorno dopo giorno sulle strade, sotto la completa indifferenza della società
che, anzi, si indigna solo per il disordine, la sporcizia ed il mal costume che le vittime
portano sulla strada.
Non possiamo più continuare così! Non dobbiamo permettere che visioni distorte della
realtà ci portino a violare diritti fondamentali dell’individuo, diritti che spettano ad
ognuno di noi per nascita e che nessuno può toglierci.
Nel giorno internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) dobbiamo
risollevarci tutti insieme e, insieme attuare un cambio di prospettiva: dobbiamo passare
dalla “globalizzazione dell’indifferenza” e disprezzo delle donne vittime della strada,
alla responsabilità e colpevolezza di quanti usano e abusano di queste donne straniere.
Molte di loro sono minorenni e analfabete, portate in Italia con raggiri, inganni e
promesse di un futuro che non si avvererà mai. Provengono in maggior parte da Paesi
poveri e, purtroppo, sono le vittime di un sistema crudele di sfruttamento e umiliazione
di cui, ancora una volta, a farne le spese sono sempre le donne.
Quante donne, così etichettate come “prostitute” sono morte o rese invalide sulle nostre
strade! Chi si ricorda di loro? Chi pensa a risarcire la perdita della loro vita?
Oggi, giornata contro la violenza sulle donne, vogliamo cominciare questo percorso di
richiesta di perdono per tutte le violenze subite dalle donne, specie sulle nostre strade
altamente a rischio di violenza e uccisioni.
Oggi, vogliamo chiedere perdono a Tina, una giovane Rumena, uccisa a 21 anni sulle
nostre strade. Tina, diventa così il simbolo di decenni di martiri che rimangono
8 Riflessione di Sr Eugenia Bonetti
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impuniti, di violenze, femminicidi, privazioni, minacce, disuguaglianze attuati sotto i
nostri occhi che si preferisce non vedere e non conoscere per non dover prendere azioni
concrete con legislazioni adeguali per bloccare questi crimini.
Siamo tutti responsabili di queste morti, perciò siamo invitati oggi a chiedere perdono:
dai singoli individui, alla società, dalle autorità, alle forze dell’ordine, dai consumatori,
alle autorità religiose, dai trafficanti agli sfruttatori. Tutti dobbiamo assumerci la
responsabilità di una società sempre più ipocrita e rivolta al consumismo, all’effimero,
che permette di acquistare anche il corpo di una minorenne visto solo come un oggetto
di piacere, un bene di consumo, che si può usare, sfruttare e maltrattare, fino ad
arrogarsi il diritto di uccidere.
Di seguito una preghiera/riflessione di perdono rivolta appunto a Tina Motoc9 una delle
tante, troppe, ragazze uccise sulle nostre strade.
TINA, DONACI IL TUO PERDONO
Tina carissima,
La tua giovane vita che si è interrotta repentinamente tredici mesi fa ci pesa
terribilmente sulla coscienza e abbiamo bisogno del tuo perdono per trovare la forza di
continuare a lottare contro tutte le forme di schiavitù e sfruttamento.
Tina, chiediamo perdono alla tua bambina Elisa, che hai lasciato in Romania a pochi
mesi dalla nascita; chiediamo perdono anche alla tua mamma e a tutte le mamme che
piangono per le loro figlie venute in Italia con il miraggio di una vita piena di speranze
e sono state colpite da una morte cruenta ed umiliante come la tua.
Tina, perdona l’ipocrisia della nostra società del benessere e del consumo, che
ostenta sviluppo e progresso tecnologico, ma che ha dimenticato il rispetto per la
dignità e la sacralità di ogni persona.
Perdona la connivenza delle nostre autorità civili che permettono o tollerano questa
nuova schiavitù del 2000 e non vogliono sconfiggere il racket e le organizzazioni
dei trafficanti di esseri umani, lasciando che la vita di migliaia di giovani indifese
sia distrutta da vili interessi o turpi guadagni.
Perdona le forze dell’ordine che non ti hanno protetta e difesa, perché eri
clandestina, priva di identità e perciò derubata anche della tua dignità e libertà.
Perdona specialmente chi, ogni notte, ti cercava, ti violentava, ti usava come oggetto
di piacere, per poi buttarti nuovamente sulla strada come spazzatura, collaborando
con i tuoi aguzzini ed incrementando il loro guadagno, pagando una tariffa destinata
a sostenere la criminalità organizzata.
9 I funerali di Tina si sono tenuti nella Parrocchia Gesù Redentore a Torino
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Perdona le autorità religiose che non hanno saputo gridare abbastanza forte il tuo
dolore e denunciare l’ingiustizia del tuo sfruttamento e della tua riduzione in
schiavitù. Durante l’Anno Santo del Grande Giubileo invano hai atteso che si
spezzassero le tue catene e si avverasse per te e per tutte le tue compagne di strada
“l’Anno di grazia e di misericordia del Signore” (Lc. 4,19).
Perdona l’atteggiamento di tanti cristiani e ben pensanti che ti hanno giudicato e
condannato, perché davi fastidio proprio come l’adultera del Vangelo, imbrattavi le
nostre strade e umiliavi il nostro falso pudore.
Ti chiedo perdono Tina, a nome di tutte noi donne - religiose comprese -, perché
con indifferenza e omertà abbiamo ignorato il tuo grido di dolore e ti abbiamo
lasciato “sola” sulla strada, a vivere il dramma della tua solitudine, del disprezzo,
dell’angoscia e della paura.
Ti chiedo perdono, Tina, anche a nome del tuo uccisore, che ha barbaramente
mutilato il tuo giovane corpo. Ma lui non è il solo responsabile della tua morte:
infatti, prima di essere colpita, tu eri già morta. Quante persone hanno ucciso i sogni
e le attese dei tuoi 20 anni! Di questa tua morte ci sentiamo tutti colpevoli e
corresponsabili: per questo invochiamo la misericordia di Dio.
Ora desideriamo per te il riposo nella pace e nell’amore di quel Dio che è Padre di
tutti gli emarginati, i disperati, gli umiliati e disprezzati della storia, perché Lui: “Ha
rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili”; Lui “Ha ricolmato di beni
gli affamati ed ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 2,52-53). Lui asciughi ora
tutte le tue lacrime e ti doni la gioia della pace e della vita eterna. Alla piccola Elisa,
rimasta orfana, e ai tuoi familiari, giunga il conforto della nostra preghiera, la
solidarietà e la condivisione per il loro grande dolore. A noi, la consapevolezza e
l’impegno di difendere e liberare tutte le schiave del ventunesimo secolo.
AMEN!
Una breve panoramica sulle attività svolte durante l’anno 2017
Durante questo intenso anno di lavoro sono stati organizzati interessanti incontri e
convegni. Vorremmo menzionare i più significativi:
L’8 febbraio, il giorno di Santa Bakhita, Slaves no More, con la collaborazione
della Cooperativa Sociale Be Free, ha organizzato, presso la Casa Internazionale delle
Donne, un incontro per celebrare la seconda giornata ecclesiale/mondiale contro la
tratta delle persone. La partecipazione è stata imponente e gli interventi dei relatori
appropriati, istruttivi e formativi. Si è parlato di quanto il fenomeno della tratta di esseri
umani sia presente in Italia, nonché al lavoro fatto ma anche di quanto rimane ancora
da fare. Passaggi fondamentali sono stati l’intervento di Blessing Okoedion, donna
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forte e risoluta che ha saputo spezzare le catene della sua schiavitù per cominciare una
vita nuova, per vivere da persona libera, grazie anche alla comunità che l’ha accolta e
accompagnata nel suo cammino di recupero e reintegrazione umana e sociale.
Il 12 giugno scorso, un altro importante momento di formazione, informazione
e sensibilizzazione, è stato organizzato presso la
Camera dei Deputati, grazie all’On Livia Turco,
in cui si è presentato il libro di Blessing
Okoedion e di Anna Pozzi “Il Coraggio della
Libertà. Una donna uscita dalla tratta.” Giornata
intensa che ha visto la partecipazione di esperti
laici e religiosi che ancora una volta hanno
concentrato l’attenzione sul tema della schiavitù
moderna e sull’importanza della dignità umana.
L’incontro è terminato proprio con la
testimonianza di Blessing che con forza ha
ribadito l’importanza di non arrendersi anche di
fronte allo sfruttamento e alla schiavitù
moderna. Blessing ha sottolineato l’importanza
del lavoro di rete che per lei è stato
fondamentale: l’aiuto di Dio, l’accoglienza di
Casa Rut di Caserta, nonché delle tante persone
che ha incontrato e che l’hanno accompagnata
durante il suo cammino di recupero e di vita
nuova da persona libera.
Dall’11 al 13 ottobre SnM ha partecipato ad un seminario formativo proposto
dall’USMI Nazionale in collaborazione con Caritas Italiana su: “Nuove tendenze e
sfide della tratta di donne e minori. Quale accoglienza oggi”. Durante le tre giornate
gli operatori di associazioni laiche e religiose che si occupano di tratta, migranti e
accoglienza, operanti su tutto il territorio, hanno condiviso tematiche di comune
interesse. Molto forte l’idea più volte ribadita dell’importanza del lavoro in rete di tutti
i soggetti a secondo dei propri ruoli e competenze, per la tutela della vittima.
Slaves no More ha pure partecipato al Workshop “Assisting Victims of Human
Trafficking: Best Practices in Legal Aid, Compensation and Resettlement” dal 4 al 6
novembre, presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (Casina Pio IV), nella
Città del Vaticano. Una varietà incredibile di associazioni, laiche e religiose, di
volontariato e istituzionale, nazionali ed europee,
nonché onlus di frontiera che operano sia nei
paesi di provenienza che di destinazione. Una
realtà plurale e differente che riunita ha trovato
cause comuni, medesime difficoltà e possibili
risposte per il problema della tratta
principalmente a fine sessuale, lavorativo e di
commercio degli organi.
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Il 1 dicembre, a San Callisto, la nostra associazione ha partecipato alla “Giornata
di riflessione su “Francesca Cabrini, patrona dei migranti - una Santa per l’oggi”.
Giornata organizzata da: L’Osservatorio Romano, il Dicastero Laici, Famiglia e Vita e
il Dicastero Sviluppo Umano Integrale. I lavori si aprono con l’idea che il lavoro contro
la tratta di esseri umani è importantissimo, soprattutto in Italia. Una delle cose
fondamentali, scopo dell’incontro, è quella di capire come creare sinergie e come
allargare la rete della cooperazione. Tutto questo prendendo spunto dall’operato di
Francesca Cabrini, che è stata al fianco dei migranti italiani in America per tutta la sua
vita, aiutandoli a diventare buoni cittadini americani, senza abbandonare o dimenticare
le origini geografiche e religiose.
Mercoledì 6 dicembre SnM è stata chiamata a partecipare alla riunione della
Cabina di Regia nazionale per la lotta alla tratta, organizzata dal Dipartimento delle
Pari Opportunità. In questa sede, insieme alle organizzazioni che si occupano del
problema, gli enti regionali, i ministeri interessati, le forze dell’ordine, tra gli altri, è
avvenuta una fruttuosa conversazione sulla necessità di continuare il lavoro fatto fino
ad ora per contrastare il fenomeno della tratta tenendo presenti i vari mutamenti.
Durante l’anno siamo riusciti ad incontrare per due volte suor Patricia
Ebegbulem, Nigeriana, che collabora con noi al progetto dei rimpatri volontari ed
assistiti in Nigeria. Con lei, il Direttivo ha dialogato per cercare di rendere il nostro
servizio più concreto e fruttuoso. Sono state affrontate problematiche e buone prassi.
Durante il suo secondo soggiorno, SnM ha organizzato per lei un viaggio in Sicilia per
aiutarla a conoscere meglio la realtà degli sbarchi e incontrare giovani Nigeriane sia
sulle strade di Palermo come pure in una casa di accoglienza per profughi a Solarino,
Siracusa. Sr. Patricia ha potuto incontrare e ascoltare le storie delle giovani ragazze
nigeriane sulla strada costrette a prostituirsi. Si è resa conto del degrado morale e
sociale in cui vivono le ragazze, per la gran parte minorenni, sulla strada. Con grande
tristezza, ha compreso come la schiavitù obbliga le ragazze nigeriane ad una vita sulla
strada piena di violenza, soprusi, costrizioni e umiliazioni. Che cosa fare? Come
prevenire?
Continuativa ed incessante è la presenza
settimanale delle suore di diverse congregazioni e
nazionalità a Ponte Galeria, sempre pronte a
sostenere le ragazze rinchiuse nel cento, per offrire
a loro un momento di riflessione e di preghiera,
nonché momenti ricreativi e condivisione di gioie e
sofferenza. Tra le tante esperienze vissute insieme
ricordiamo con particolare gioia e commozione la
giornata mondiale dei poveri voluta e celebrata da
Papa Francesco. Tra i momenti di festa condivisi tra
tutte le ospiti Sr. Eugenia ha pensato di donare ad ogni donna alla fine della festa una
nota di 5 euro per ciascuna per comperare una scheda telefonica. Questo gesto,
possibile grazie ad una donazione ricevuta pochi giorni prima di tale giornata, è stato
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apprezzato moltissimo dalle donne, che hanno
manifestato la loro gioia. Dopo la distribuzione
tre giovani Latino Americane sono tornate da
Sr. Eugenia per ringraziarla del gesto e del
pensiero, ma anche per ridonare i soldi ricevuti
perché potessero servire ad aiutare bambini più
poveri e in maggior difficoltà. Questo gesto ci
ha davvero commosse giacché ha richiamato
alla nostra mente il gesto evangelico della
donna vedova che ha gettato nel tempio tutto ciò
che aveva per vivere.
Infine un ringraziamento sentito e sincero va alle Suore Figlie di Maria SS. Dell’Orto
per uno dei doni più grandi ed importanti fatti a SnM: il meraviglioso ufficio in via dei
Quattro Cantoni 45-Roma, sede della loro Casa Generalizia. Le Suore non ci hanno
dato solo l’ufficio ma ci hanno accolto con tutto il cuore e con tanto amore, facendoci
sentire a casa, liete di poter collaborare con il nostro progetto di spezzare le catene di
tante giovani immigrate sfruttate e umiliate sulle nostre strade. Al Consiglio Generale
e a tutte le suore il nostro grazie riconoscente; non saremo mai grati abbastanza per ciò
che hanno fatto e continuano a fare per collaborare con noi per il recupero di tante
giovani che vogliono vivere e avere un futuro dignitoso. Con il nuovo ufficio abbiamo
assunto un segretaria, Francesca, molto attiva e motivata per cui l’associazione sta
prendendo maggior stabilità e funzionalità.
Terminiamo questa Strenna Natalizia rinnovando a tutti i membri dell’associazione, a
parenti, amici, collaboratori e sostenitori gli auguri di Buon Natale e Buon Anno nuovo
2018 che, insieme ai membri del direttivo auspico colmo di gioia, di pace e
consolazione, unita alla promessa del nostro ricordo.
Con affetto e riconoscenza, Sr. Eugenia Bonetti,
Associazione SLAVES NO MORE onlus
Sede legale Presso le Figlie di Maria SS. dell’Orto
Via dei Quattro Cantoni 45 - 00184 ROMA
e-mail [email protected]
Sito www.slavesnomore.it
Cellulare: +39 3468256976
Codice Fiscale / Partita Iva: 97734010586
Banca Popolare Etica - Filiale di Roma
Coord. IBAN IT55 O050 1803 2000 0000 0156877