2017 - Slaves no More · conversione dei nostri cuori per passare dall’indifferenza al pianto....

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1 2017 Carissimi Membri dell’Associazione di “Slaves no more”, Carissimi Familiari, Amici e Collaboratori, Carissime Sorelle del gruppo di Ponte Galeria e delle case famiglia, a voi, alle vostre famiglie e comunità, nonché a tutti coloro che in modi diversi ci seguono nel nostro quotidiano ministero contro la tratta di eseri umani, particolarmente per donne e minori, giungano i nostri auguri di Buon Natale e Buon Anno 2018. E insieme agli auguri il mio e nostro GRAZIE sincero per il vostro costante aiuto e sostegno nel quotidiano ministero di informazione, prevenzione, recupero e reintegrazione di quante sono vittime di questa nuova e terribile forma di schiavitù del 21° secolo. Con gli auguri di Natale desideriamo farvi giungere in dono anche una “Strenna Natalizia” fatta di diversi racconti di vita e di impegno che anche in questo anno 2017, ormai al tramonto, ci hanno visto impegnate nel nostro quotidiano e svariegato servizio a difesa e protezione della donna e della sua dignità. Ricordare il passato e rompere la globalizzazione dell’indifferenza, ci può meglio aiutare a costruire un futuro senza schiavi o schiavisti, ma semplicemente fratelli e sorelle, nonché figli di un unico Padre che ha mandato suo Figlio a liberarci da ogni forma di violenza e di schiavitù. Buon Natale, Sr. Eugenia Bonetti Con tutto il gruppo del direttivo di Slaves no more

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2017

Carissimi Membri dell’Associazione di “Slaves no more”,

Carissimi Familiari, Amici e Collaboratori,

Carissime Sorelle del gruppo di Ponte Galeria e delle case famiglia,

a voi, alle vostre famiglie e comunità, nonché a tutti coloro che in modi

diversi ci seguono nel nostro quotidiano ministero contro la tratta di eseri

umani, particolarmente per donne e minori, giungano i nostri auguri di Buon

Natale e Buon Anno 2018.

E insieme agli auguri il mio e nostro GRAZIE sincero per il vostro costante

aiuto e sostegno nel quotidiano ministero di informazione, prevenzione,

recupero e reintegrazione di quante sono vittime di questa nuova e terribile

forma di schiavitù del 21° secolo.

Con gli auguri di Natale desideriamo farvi giungere in dono anche una

“Strenna Natalizia” fatta di diversi racconti di vita e di impegno che anche

in questo anno 2017, ormai al tramonto, ci hanno visto impegnate nel nostro

quotidiano e svariegato servizio a difesa e protezione della donna e della sua

dignità.

Ricordare il passato e rompere la globalizzazione dell’indifferenza, ci può

meglio aiutare a costruire un futuro senza schiavi o schiavisti, ma

semplicemente fratelli e sorelle, nonché figli di un unico Padre che ha

mandato suo Figlio a liberarci da ogni forma di violenza e di schiavitù.

Buon Natale, Sr. Eugenia Bonetti

Con tutto il gruppo del direttivo di Slaves no more

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“Spezzare le catene delle nuove schiavitù”

Una sfida per i nostri tempi, comunità e istituzioni1

Introduzione

“La tratta delle persone è un crimine contro l’umanità. Dobbiamo unire le forze per

liberare le vittime e fermare questo crimine sempre più aggressivo, che minaccia le

singole persone, e i valori fondanti della società…. oltre il tessuto familiare e lo stesso

vivere sociale”2. (Papa Francesco)

La tratta di esseri umani coinvolge molte categorie di persone e per scopi diversi quali:

il lavoro, il traffico di organi, i bambini soldato, le adozioni clandestine,

l’accattonaggio ed altro ancora che producono forme di sfruttamento e di schiavitù.

Una di queste forme, considerata la più comune ed altrettanto umiliante è la tratta di

donne e minori per sfruttamento sessuale che secondo le ultime stime produce un

fatturato annuo di oltre 32 miliardi di dollari e coinvolge circa 27 milioni di persone.

Nessuna nazione è esente da questa terribile schiavitù giacché la “merce umana” viene

transitata dai trafficanti dai paesi di origine, transito e destinazione con la complicità

di agenti ed agenzie avide di guadagno. Simbolo di ogni schiavitù è e rimane sempre

la catena: strumento che toglie alla persona libertà di azione per sottometterla al volere

di un’altra. E come la catena è formata da molti anelli, così è la catena di queste nuove

schiave del ventunesimo secolo. Gli anelli hanno dei nomi e sono quelli delle vittime

e della loro povertà, degli sfruttatori con i loro ingenti guadagni, dei clienti con le

loro frustrazioni, della società con la sua opulenza e carenza di valori, dei governi con

i loro sistemi di corruzione e di connivenze, della Chiesa e ogni cristiano, noi pure

inclusi, con il nostro silenzio e l’indifferenza. Quante volte Papa Francesco ha parlato

della globalizzazione dell’indifferenza! Esiste un’accurata organizzazione di trafficanti, di stampo mafioso, uomini e donne,

che prendono contatto con queste vittime nel loro paese d’origine, dove le famiglie

sono povere e numerose e i giovani senza speranza. Oggigiorno soprattutto ci sono

interi popoli che fuggono dalla guerra e dalla persecuzione e cercano rifugio e sicurezza

nei nostri Paesi Europei. Purtroppo i trafficanti sfruttando la situazione di grande

emergenza e necessità di questi popoli che fuggono dai loro Paesi per proteggere la

propria vita e quella dei loro familiari si affidano agli scafisti che diventano i nuovi

schiavisti. Costoro chiedono in cambio un’ingente somma di denaro per approdare

1 Presentazione di Suor Eugenia Bonetti a cui è stato chiesto un intervento specifico di sensibilizzazione e

informazione a uno dei tanti convegni a cui ha partecipato. 2 Il 12 dicembre del 2013, in occasione della presentazione delle lettere credenziali ad un gruppo di nuovi

ambasciatori Papa Francesco condannava in termini forti la tratta di esseri umani.

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sulle coste della terra promessa. Purtroppo per migliaia di loro il viaggio della speranza

diventa un viaggio a senso unico trovando la morte in mare come stiamo assistendo

impotenti in questi giorni.

La sfida di una società multietnica

Diceva il profeta Isaia: «Per digiuno io intendo un’altra cosa: rompere le catene

dell’ingiustizia, rimuovere ogni peso che opprime gli uomini, rendere la libertà agli

oppressi e spezzare ogni legame che li schiaccia. Digiunare significa dividere il pane

con chi ha fame, aprire la casa ai poveri senza tetto, dare un vestito a chi non ne ha,

senza abbandonare il proprio simile». (Is.58: 6-7)

Questi versetti sono di grandissima attualità e continuano a interpellarci ancora oggi,

perché esprimono un profondo desiderio di giustizia sociale, di uguaglianza e di libertà.

La Chiesa per prima deve continuare ad ascoltare e a rispondere a questo grido.

Altrimenti come può proclamare a migliaia di donne che vivono e lavorano sulle nostre

strade in condizioni vergognose, che anche loro fanno parte di quei “privilegiati” che

hanno pieno diritto alla liberazione e che ci precederanno nel regno dei cieli? (Mt.

21,31-32)

Ci vuole maggior coraggio nel prendere una posizione

chiara contro le moderne schiavitù. Il silenzio della Chiesa

(e non solo) può essere giudicato come una mancanza di

preoccupazione, ma anche come una forma di complicità.

Occorre invece riappropriarsi del nostro ruolo profetico:

denunciare, correggere, guidare, promuovere la giustizia e

l’uguaglianza per tutti gli esseri umani, compresi i profughi

che bussano alle nostre porte e chiedono accoglienza. Con

Papa Francesco anche noi potremo affermare: “Non più

schiavi, ma fratelli e sorelle”.

Nuove schiavitù.

A Distanza di Dieci Anni la Battaglia Continua

Roma 2007 - 20173

Nel 2007 33 suore di 26 diversi Paesi dei cinque Continenti, iniziano un percorso per

la prevenzione e il recupero delle vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo, definito da papa Francesco “un crimine contro l’umanità”

3 Articolo di Sr Eugenia Bonetti pubblicato su Avvenire, venerdì 20 ottobre 2017

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Hanno incominciato in trentatré. Tante erano le partecipanti al seminario di formazione

organizzato dall’Ambasciata statunitense presso la Santa Sede e dall'ufficio anti-tratta

dell'Unione italiana delle superiore maggiori (Usmi) nel 2007. Trentatré suore, di

ventisei Paesi differenti, riunite dal proposito di contribuire a combattere la schiavitù

del Ventunesimo secolo.

Sono state loro a lanciare, al termine dell’incontro, il 20 ottobre di dieci anni fa, la Rete

internazionale delle religiose contro la tratta di persone (Inratip), la prima “alleanza

globale” contro questa piaga. Il lavoro di quelle pioniere ha fatto da apripista ad altre

reti – Anath, Renate, Talitha Kum – impegnate nella prevenzione e nel recupero delle

vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo, definito da papa Francesco “un crimine

contro l’umanità”.

Dieci anni dopo, “guardando e riflettendo sul cammino fatto e sugli obiettivi raggiunti

notiamo con riconoscenza che molto è stato fatto, dal termine di questo primo

convegno di religiose a livello mondiale, ma pure che molto rimane ancora da fare.

Purtroppo cambiano le modalità, le situazioni e le strategie sociali mentre la violenza

sulle donne e minori non sembra diminuire affatto”, scrivono suor Eugenia Bonetti,

presidente di Slaves no more, e Amy Roth Sandrolini, coordinatrice all’Ambasciata

Usa e ora impegnata nel contrasto al traffico di esseri umani negli Stati Uniti.

Se, nel 2007, i “nuovi schiavi” – in gran maggioranza “schiave” – erano 12,3 milioni

ora sono 21 milioni. I profitti del business sono quintuplicati in un decennio, passando

da 32 a oltre 150 miliardi di dollari. “Il punto cruciale rimane pur sempre la “domanda”

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che sfrutta situazioni di estrema povertà, ignoranza e corruzione delle persone più

indifese e a rischio per cui è ancora tanto ed urgente il lavoro da fare”, sottolineano le

due attiviste. Per tale ragione, come l’esperienza di quel primo seminario insegna, è

ancora più necessario lavorare in rete. Solo, così, “in comunione e non in competizione

– concludono - potremo annientare questa schiavitù moderna dalle pagine dei libri,

dalla nostra cronaca e dalla nostra storia”. (Suor Eugenia Bonetti)

«Chi ha pianto?»4

Nel quarto anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa dove si era recato

per fare memoria di tutte le vittime inghiottite dalle acque del Mediterraneo, mentre

tentavano di raggiungere la “terra promessa”, non può e non deve passare inosservata.

Immediatamente ritorna alla nostra mente il grido di Papa Francesco durante la sua

visita a Lampedusa: «Chi ha pianto?» Parole rimaste scolpite nella mente e nel cuore

di tutti noi.

«Chi ha pianto?» Ricordando la prima enorme tragedia del 2014 in cui 368 immigrati,

tra cui molte donne e bambini, hanno perso la vita in mare, seguita da tante altre

tragedie quotidiane, le cui notizie passano ormai inosservate come semplici notizie di

cronaca, sento il bisogno di condividere una riflessione su alcune espressioni di Papa

Francesco sempre significative e stimolanti.

«Chi ha pianto?» Durante la sua visita a Lampedusa – che è sinonimo di speranza per

tanti disperati e di dolore e morte per tanti altri che non hanno potuto coronare il sogno

4 Ricordando le tragedie dei profughi in mare nel quarto anniversario della visita di Papa Francesco a

Lampedusa. 8 luglio 2013-2017.

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di libertà e sicurezza - il grido di Papa Francesco è rimasto scolpito nella mente di tante

persone, ma soprattutto ci ha fatto riscoprire il valore delle lacrime che, lavando gli

occhi, ci aiutano a vedere meglio la realtà e la sofferenza degli altri.

«Chi ha Pianto?» È difficile dimenticare le scene di orrore e di disperazione che

quotidianamente si susseguono sui nostri schermi televisivi di quanti cercano aiuto per

sopravvivere e in mezzo al mare lottano contro la furia delle onde che cercano di

inghiottirli, mentre le loro imbarcazioni sprofondano sotto l’impotenza dei soccorritori

che tentano di aiutarli. E tra loro ci sono molti giovani, mamme e bambini in cerca

disperanza. Secondo la redazione ANSA, dall’inizio del 2017 ad oggi sono oltre 3.000

le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo. Purtroppo corriamo il rischio di

assuefarci a tali scene di disperazione e a dimenticare la compassione, il patire con,

perché non sappiamo più piangere. Purtroppo troppo spesso la “globalizzazione

dell’indifferenza” ci ha tolto la capacità di piangere!

«Chi ha pianto?» Papa Francesco incontrando personalmente a Lampedusa un gruppo

di superstiti ci ha ricordato ancora una volta: “Chi di noi ha pianto” per tragedie come

queste? “Chi ha pianto” per la morte di questi fratelli e sorelle? “Chi ha pianto” per

queste persone che erano sui barconi della morte? Per le giovani mamme che portavano

in grembo le loro creature? Per gli uomini in cerca di un lavoro per sostenere le proprie

famiglie”?

«Chi ha pianto?» Chi non ricorda la storia della piccola

Favour di nove mesi che ha commosso tante persone che,

partita dalla Nigeria insieme ai suoi giovani genitori in

cerca di un futuro migliore in Europa e hanno trovato

invece la morte in mare? Solo lei, la piccola Favour è

sopravvissuta; anche lei come Mosè salvata dalle acque.

Non potrebbe questo episodio diventare uno stimolo per

una forte presa di coscienza di quanti continuano a lottare

contro tutte le forme di schiavitù e sfruttamento?

Con Papa Francesco anche noi vogliamo chiedere la

conversione dei nostri cuori per passare dall’indifferenza al pianto. Per tutti i caduti

delle “inutili stragi” e per tutte le vittime della follia della guerra, dell’odio e della

violenza, il Papa ci ricorda che «l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del

pianto».

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Gli ignorati stupri. Il «branco» che agisce ogni notte5

Caro direttore,

Vorrei far giungere a lei, ai suoi colleghi e a tutti gli amici lettori di "Avvenire" una

breve riflessione che ho elaborato in questi giorni circa un recente, drammatico

avvenimento che come donna mi ha fatto riflettere molto, ma mi ha anche indignata.

Scrivo di getto e quasi di corsa, e perciò chiedo perdono per la forma di questo scritto.

Ma temo che le mie parole, altrimenti, diventino troppo vecchie.

Mi ha molto colpito come su giornali e tv si sono succedute notizie e informazioni, e

si sono accumulati commenti, sullo stupro di branco compiuto a Rimini, dove la notte

del 25 agosto una coppia di fidanzati polacchi e una persona transessuale sono stati

rapinati e violentati sulla spiaggia della famosa località turistica. Ciò che mi ha

maggiormente ferita e indignata è stato il fatto che nelle ultime cinque trasmissioni del

telegiornale delle ore 20 il caso e i suoi sviluppi sono stati la prima notizia. Ogni volta,

per oltre cinque minuti d’orologio, in tantissimi abbiamo visto ripetersi scene, luoghi,

persone e altri dettagli di quel vergognoso stupro di branco, a cominciare dal fatto che

gli stupratori erano tutti stranieri e alcuni di loro persino minorenni. Se si voleva far

passare ai telespettatori un messaggio orientato alla paura del diverso, dello straniero,

del rifugiato, temo che ci sia proprio riusciti. Se si voleva far aprire gli occhi sulle

violenze sessuali che accadono ogni notte (e non solo di notte) anche nella nostra Italia,

si è mancato gravemente l’obiettivo.

Ieri sera, insomma, dopo l’ennesimo, lungo servizio televisivo, sono stata travolta da

un’onda di delusione e di amarezza e da un senso di ribellione. È stato davvero doloroso

e insopportabile constatare quanta povertà e superficialità è stata messa in campo dai

mezzi di comunicazione, e in più di un caso quale volontà di indottrinamento. E ho

incominciato a fare paragoni tra quel terribile e straordinario misfatto e i tanti invece

ordinari e altrettanto terribili misfatti che ogni notte avvengono sulle nostre strade con

ragazzine straniere che subiscono stupri "a pagamento" da "clienti", magari

benpensanti, ai quali nessuno sta chiedendo conto delle loro azioni... Come mai questo

non fa mai notizia e non suscita scalpore? Come mai anche noi italiani, e soprattutto

noi donne, non ci scomponiamo affatto nel vedere le tante ragazzine, anche minorenni,

che ogni notte vengono comprate e vendute, schiavizzate e violentate da cinici

sfruttatori e da migliaia e migliaia di "clienti"? Chi pensa a loro? Chi si preoccupa di

denunciare le migliaia di stupri sistematici e organizzati che avvengono nelle nostre

città, non lontano dalle nostre case, nell’indifferenza di chi vede e passa oltre, proprio

come nella parabola del buon samaritano?

Sono una suora della Consolata, e nella mia lunga vita missionaria, esattamente dal

1993, dopo 24 anni di servizio in Kenya, mi sono trovata a vivere una nuova forma di

missione nel mio stesso Paese, così spesso per la sua grande storia definito "cristiano"

e "cattolico", a contatto con migliaia di ragazzine straniere, particolarmente nigeriane

che vengono costrette a mettere in vendita il loro giovane corpo per soddisfare

l’ingordigia di soldi dei trafficanti e le voglie e la povertà morale di "clienti" in

5 Articolo di Sr Eugenia Bonetti pubblicato su Avvenire, giovedì 7 settembre 2017

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stragrande maggioranza italiani, e al 90% battezzati, molte volte con moglie e figli.

Quali valori si vivono e si propongono, oggi, in questa nostra società che consuma

tutto, e tutto, anche le donne, riduce all’usa e getta?

Ricordo, caro direttore, una ragazzina assai minuta di 19 anni che un giorno,

parlandomi della sua storia, mi disse: «Sister, ma tu sai che in una notte io ho avuto 13

clienti...». Ne fui scossa e le chiesi come fosse stato possibile. Lei mi rispose: «Ero

richiesta e usata perché ero molto piccola e giovane e ai clienti piacciono le minorenni».

Già, perché si spera che le persone più giovani non abbiano e non trasmettano malattie

sessuali… Già, anche se quelle ragazzine potrebbero benissimo essere le figlie di tanti

di loro... Che squallore! In una notte, quella giovanissima, piccola donna ha subìto 13

stupri, e chi se ne è accorto? Chi ha denunciato tale crimine? Chi ha visto il 'branco' in

azione e l’ha fermato, chi ha portato il misfatto sulle prime pagine dei giornali e nei

titoli di testa dei tg? Il mio augurio, caro direttore, a chi opera nei mezzi di

comunicazione è che possa lavorare per far emergere sempre e solo il coraggio della

verità.

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Davanti a 26 bare e al mercato di donne schiave.

Fino a quando Signore?6

Caro direttore,

Venerdì scorso 17 novembre 2017 sono stati celebrati a Salerno i funerali delle 26

giovani donne nigeriane che hanno perso la vita in mare nel tentativo di raggiungere

l’Italia. Anche Avvenire ha dato conto di come autorità civili e religiose, nonché

persone di tutti i ceti, abbiano voluto rendere omaggio a queste giovani donne partite

dalla Nigeria con tanta speranza in cuore e in cerca di un futuro migliore in Europa per

loro e le loro famiglie. Purtroppo, però, dopo la faticosa e pericolosa traversata del

deserto del Sahara su mezzi di trasporto stipati all’inverosimile, la forzata sosta nei

'campi di concentramento' in Libia, durante la traversata del mare sperando di

raggiungere 'la terra promessa' hanno trovato la morte. Inghiottite dalle onde, e

recuperate da una nave spagnola che a Salerno ha consegnato alle autorità Italiane un

carico prezioso di giovani vite umane spezzate dalla violenza delle acque, ma forse più

ancora dalla nostra indifferenza. Due di queste giovani donne morte portavano in

grembo il dono di una nuova vita, bimbi che non vedranno mai la luce del sole. Tutte

queste vite affidiamo alla misericordia del Padre comune di tutti, ma soprattutto Padre

dei poveri, dei disperati e umiliati.

6 Articolo di Sr Eugenia Bonetti pubblicato su Avvenire, martedì 21 novembre 2017

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Ancora una volta mi ritorna alla mente la riflessione o meglio il grido che l’8 luglio

2013 papa Francesco levò da Lampedusa, meta del suo primo viaggio apostolico: «Chi

ha pianto»? Ancora oggi, dopo moltissimi altri naufragi in cui hanno perso la vita

migliaia di tanti altri disperati, mi viene da gridare «Chi ha pianto?» di fronte a quelle

26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca. Solo cinque di loro sono state

identificate, e però tutte, anche senza un nome, sono nostre figlie e sorelle.

Ma fino a quando, Signore, dovremo vedere ancora sui nostri schermi televisivi queste

tragedie e rimanere indifferenti? Fino a quando i trafficanti continueranno a ingannare

queste giovani, provenienti da famiglie povere, dai villaggi più isolati, molte pure

analfabete e quindi facilmente ingannate e soggiogate dai riti voodoo?

Fino a quando, Signore, trafficanti e mamans continueranno indisturbati e impuniti a

fare ingenti guadagni distruggendo la vita di tante loro connazionali? Fino a quando,

Signore, la nostra società del consumo, del benessere e del piacere tollererà la tratta di

esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione? Fino a quando questi corpi di

giovani donne dalla pelle nera saranno commerciati, offerti a chi cerca giovani donne

da usare, consumare e ributtare sulla strada, nuovamente in vendita?

Fino a quando, Signore, i 9 milioni di 'clienti' in Italia, al 90% cristiani, continueranno

impuniti a sostenere questo mercato di vite umane?

Questa ennesima tragedia del mare dovrebbe metterci tutti in discussione, perché ne

siamo tutti responsabili e colpevoli, bisognosi di misericordia ma anche di una nuova

e forte presa di coscienza per dire basta alla tratta di esseri umani. Purtroppo, invece,

ci stiamo abituando, perché queste tristi notizie passano sui nostri scherni televisivi e

si mescolano con le informazioni, date subito prima o subito dopo, sulla corruzione e

le beghe, a volte assai arroganti e volgari, dei nostri politici in un’eterna campagna

elettorale. Che squallore le proposte e le promesse per guadagnare voti e la rinuncia a

proporre una solida 'etica pubblica', basata sulla dignità e sul rispetto di ogni persona,

e sul dialogo con quella gran parte di cittadini che nelle stanze decisionali vogliono

veder rappresentato e promosso un vero 'bene comune'.

So che il mio pensiero è condiviso da tante altre persone, soprattutto donne con le quali

condividiamo lo stesso servizio a difesa e protezione della donna, specialmente la più

indifesa e sfruttata. Ognuna di noi ricorda e non vuole che si dimentichi la storia della

piccola Favour, che viaggiava con i genitori, purtroppo deceduti anche loro in mare in

un precedente naufragio il 26 maggio 2016. Sopravvissuta, anche lei come Mosè

salvata dalle acque, può diventare il simbolo e lo stimolo per una nuova e forte presa

di coscienza di quanti continuano a lottare contro tutte le forme di schiavitù e

sfruttamento. Nata libera deve restarlo. Questo il mio e nostro desiderio per una

famiglia umana senza più schiavi e schiavisti, fatta finalmente di fratelli e sorelle.

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“Il vuoto che resta e che pesa”.

In nome delle assenti-presenti nel giorno antiviolenza7

Caro direttore,

Ho seguito con profonda partecipazione le varie manifestazioni che si sono svolte per

celebrare la Giornata contro la violenza sulle donne. È stata una bella e importante

mobilitazione anche se ho notato l’assenza, nell’incontro alla Camera dei deputati,

delle religiose, molte delle quali impegnate in prima linea per prevenire, guarire e

accogliere le vittime di violenza domestica ma soprattutto le donne vendute e comprate

per la prostituzione coatta.

È questa la violenza su cui vorrei richiamare l’attenzione oggi. Il dramma è ben visibile

sulle nostre strade, ma si finge di ignorarlo per non prendere provvedimenti seri anche

con leggi adeguate.

Le prime persone a dire basta dobbiamo essere noi donne, con il coraggio di saper

vedere, di denunciare, sostenere, consigliare, essere accanto, intervenire e prevenire.

Certo, le autorità proposte all’ordine pubblico hanno un ruolo specifico per la tutela e

sicurezza dei cittadini. E purtroppo a volte si interviene solo quando è troppo tardi.

Anche noi “della porta accanto” siamo, però, responsabili: quante volte ci lasciamo

vincere dall’indifferenza? Non siamo quindi un po’ tutti colpevoli?

Mentre vedevo i cortei e le iniziative, alla televisione, ho ricordato quel 13 febbraio del

2011 in Piazza del Popolo a Roma, quando una folla enorme di donne ha protestato

contro lo sfruttamento di altre donne, e ha avuto il coraggio di gridare “Se non ora

7 Articolo scritto da Sr Eugenia Bonetti su Avvenire, domenica 3 dicembre 2017

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quando?”. Ancora oggi dobbiamo unire tutte le nostre forze per gridare ancora: “Se

non ora quando?”.

Oggi il mio pensiero corre verso le altrettante migliaia di donne immigrate, minorenni

comprese, che muoiono non solo per violenza fisica ma anche perché sono respinte e

lasciate morire nel deserto, nei campi di detenzione in Libia, nella traversata del mare

sperando in una accoglienza dignitosa per un futuro migliore di ciò che hanno lasciato

mentre, purtroppo molte di loro non giungeranno mai alla meta desiderata. Anche loro

rimangono vittime dell’indifferenza, della nostra personale parte nella globalizzazione

dell’indifferenza.

Quante di queste donne, se non tutte, sono state o sono vittime di violenza fisica,

psicologica, disprezzo, vergogna! Quante di loro sono state uccise sulle nostre strade.

Quanti loro corpi continuano a essere bruciati o nascosti nei cassonetti, senza che

nessuno se ne accorga o nel silenzio di chi vede e sa ma non vuol parlare per il timore

di essere coinvolto.

Di fronte alle migliaia di donne che negli ultimi anni sono approdate sulle nostre coste,

mi brucia dentro una domanda: Dove sono?

Da chi sono state accolte, o prelevate dagli stessi Sprar, Cara, o dai Cpt per poi finire

ancora nelle maglie dei trafficanti o di maman che le portano a prostituirsi sulle nostre

strade per soddisfare una pressante domanda di sesso a pagamento? Quanta violenza

fisica e psicologica subiscono queste giovani sulle nostre strade. Quanta fatica

strapparle dalle maglie delle reti dei trafficanti per portarle nelle case, gestite da varie

organizzazioni eppure ancora in gran parte da religiose, che offrono una accoglienza

familiare e serena per aiutarle a recuperare prima di tutto la loro dignità e libertà.

Dalla fine degli anni 90 del secolo scorso, è stato dato asilo e occasione di riscatto a

diverse decine di migliaia di giovani immigrate dalla Nigeria o dai Paesi dell’Est

Europa venute in Italia con il miraggio di un lavoro per trovarsi poi nelle mani dei

trafficanti.

Oltre 6mila di loro sono state recuperate e

reintegrate nella nostra società in dignità e

libertà attraverso le strutture create da religiose

come me. Quante storie di violenze inaudite

abbiamo ascoltato. Quanto bisogno di

guarigione per uscire dalla vergogna e

umiliazione abbiamo sentito e ascoltato!

Che questa giornata che abbiamo celebrato

sabato 25 novembre ci lasci più slancio, a noi

donne e alle istituzioni, a ridare libertà, dignità e

legalità alle presenti-assenti nelle solenni celebrazioni che sono state organizzate:

queste giovani donne immigrate, perché non abbiano più a subire continuamente

violenza e sfruttamento sulle nostre strade.

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25 novembre 2017

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 8

Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne anche l’associazione

“Slaves no more” prende atto di questa triste realtà di tanta inaudita violenza che ogni

giorno ci viene trasmesso dai mezzi di comunicazione. Il nostro pensiero e attenzione

viene rivolto anche alle tante altre donne, in maggioranza straniere, che vivono il loro

quotidiano martirio sulle nostre strade, di cui purtroppo, poco se ne parla. La nostra

riflessione, che diviene pure preghiera e richiesta di perdono viene pure rivolta alle

tante donne che vivono il loro quotidiano martirio sulle nostre strade.

Tutti noi siamo responsabili delle continue violenze, degli stupri e delle morti che si

consumano giorno dopo giorno sulle strade, sotto la completa indifferenza della società

che, anzi, si indigna solo per il disordine, la sporcizia ed il mal costume che le vittime

portano sulla strada.

Non possiamo più continuare così! Non dobbiamo permettere che visioni distorte della

realtà ci portino a violare diritti fondamentali dell’individuo, diritti che spettano ad

ognuno di noi per nascita e che nessuno può toglierci.

Nel giorno internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) dobbiamo

risollevarci tutti insieme e, insieme attuare un cambio di prospettiva: dobbiamo passare

dalla “globalizzazione dell’indifferenza” e disprezzo delle donne vittime della strada,

alla responsabilità e colpevolezza di quanti usano e abusano di queste donne straniere.

Molte di loro sono minorenni e analfabete, portate in Italia con raggiri, inganni e

promesse di un futuro che non si avvererà mai. Provengono in maggior parte da Paesi

poveri e, purtroppo, sono le vittime di un sistema crudele di sfruttamento e umiliazione

di cui, ancora una volta, a farne le spese sono sempre le donne.

Quante donne, così etichettate come “prostitute” sono morte o rese invalide sulle nostre

strade! Chi si ricorda di loro? Chi pensa a risarcire la perdita della loro vita?

Oggi, giornata contro la violenza sulle donne, vogliamo cominciare questo percorso di

richiesta di perdono per tutte le violenze subite dalle donne, specie sulle nostre strade

altamente a rischio di violenza e uccisioni.

Oggi, vogliamo chiedere perdono a Tina, una giovane Rumena, uccisa a 21 anni sulle

nostre strade. Tina, diventa così il simbolo di decenni di martiri che rimangono

8 Riflessione di Sr Eugenia Bonetti

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impuniti, di violenze, femminicidi, privazioni, minacce, disuguaglianze attuati sotto i

nostri occhi che si preferisce non vedere e non conoscere per non dover prendere azioni

concrete con legislazioni adeguali per bloccare questi crimini.

Siamo tutti responsabili di queste morti, perciò siamo invitati oggi a chiedere perdono:

dai singoli individui, alla società, dalle autorità, alle forze dell’ordine, dai consumatori,

alle autorità religiose, dai trafficanti agli sfruttatori. Tutti dobbiamo assumerci la

responsabilità di una società sempre più ipocrita e rivolta al consumismo, all’effimero,

che permette di acquistare anche il corpo di una minorenne visto solo come un oggetto

di piacere, un bene di consumo, che si può usare, sfruttare e maltrattare, fino ad

arrogarsi il diritto di uccidere.

Di seguito una preghiera/riflessione di perdono rivolta appunto a Tina Motoc9 una delle

tante, troppe, ragazze uccise sulle nostre strade.

TINA, DONACI IL TUO PERDONO

Tina carissima,

La tua giovane vita che si è interrotta repentinamente tredici mesi fa ci pesa

terribilmente sulla coscienza e abbiamo bisogno del tuo perdono per trovare la forza di

continuare a lottare contro tutte le forme di schiavitù e sfruttamento.

Tina, chiediamo perdono alla tua bambina Elisa, che hai lasciato in Romania a pochi

mesi dalla nascita; chiediamo perdono anche alla tua mamma e a tutte le mamme che

piangono per le loro figlie venute in Italia con il miraggio di una vita piena di speranze

e sono state colpite da una morte cruenta ed umiliante come la tua.

Tina, perdona l’ipocrisia della nostra società del benessere e del consumo, che

ostenta sviluppo e progresso tecnologico, ma che ha dimenticato il rispetto per la

dignità e la sacralità di ogni persona.

Perdona la connivenza delle nostre autorità civili che permettono o tollerano questa

nuova schiavitù del 2000 e non vogliono sconfiggere il racket e le organizzazioni

dei trafficanti di esseri umani, lasciando che la vita di migliaia di giovani indifese

sia distrutta da vili interessi o turpi guadagni.

Perdona le forze dell’ordine che non ti hanno protetta e difesa, perché eri

clandestina, priva di identità e perciò derubata anche della tua dignità e libertà.

Perdona specialmente chi, ogni notte, ti cercava, ti violentava, ti usava come oggetto

di piacere, per poi buttarti nuovamente sulla strada come spazzatura, collaborando

con i tuoi aguzzini ed incrementando il loro guadagno, pagando una tariffa destinata

a sostenere la criminalità organizzata.

9 I funerali di Tina si sono tenuti nella Parrocchia Gesù Redentore a Torino

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Perdona le autorità religiose che non hanno saputo gridare abbastanza forte il tuo

dolore e denunciare l’ingiustizia del tuo sfruttamento e della tua riduzione in

schiavitù. Durante l’Anno Santo del Grande Giubileo invano hai atteso che si

spezzassero le tue catene e si avverasse per te e per tutte le tue compagne di strada

“l’Anno di grazia e di misericordia del Signore” (Lc. 4,19).

Perdona l’atteggiamento di tanti cristiani e ben pensanti che ti hanno giudicato e

condannato, perché davi fastidio proprio come l’adultera del Vangelo, imbrattavi le

nostre strade e umiliavi il nostro falso pudore.

Ti chiedo perdono Tina, a nome di tutte noi donne - religiose comprese -, perché

con indifferenza e omertà abbiamo ignorato il tuo grido di dolore e ti abbiamo

lasciato “sola” sulla strada, a vivere il dramma della tua solitudine, del disprezzo,

dell’angoscia e della paura.

Ti chiedo perdono, Tina, anche a nome del tuo uccisore, che ha barbaramente

mutilato il tuo giovane corpo. Ma lui non è il solo responsabile della tua morte:

infatti, prima di essere colpita, tu eri già morta. Quante persone hanno ucciso i sogni

e le attese dei tuoi 20 anni! Di questa tua morte ci sentiamo tutti colpevoli e

corresponsabili: per questo invochiamo la misericordia di Dio.

Ora desideriamo per te il riposo nella pace e nell’amore di quel Dio che è Padre di

tutti gli emarginati, i disperati, gli umiliati e disprezzati della storia, perché Lui: “Ha

rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili”; Lui “Ha ricolmato di beni

gli affamati ed ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 2,52-53). Lui asciughi ora

tutte le tue lacrime e ti doni la gioia della pace e della vita eterna. Alla piccola Elisa,

rimasta orfana, e ai tuoi familiari, giunga il conforto della nostra preghiera, la

solidarietà e la condivisione per il loro grande dolore. A noi, la consapevolezza e

l’impegno di difendere e liberare tutte le schiave del ventunesimo secolo.

AMEN!

Una breve panoramica sulle attività svolte durante l’anno 2017

Durante questo intenso anno di lavoro sono stati organizzati interessanti incontri e

convegni. Vorremmo menzionare i più significativi:

L’8 febbraio, il giorno di Santa Bakhita, Slaves no More, con la collaborazione

della Cooperativa Sociale Be Free, ha organizzato, presso la Casa Internazionale delle

Donne, un incontro per celebrare la seconda giornata ecclesiale/mondiale contro la

tratta delle persone. La partecipazione è stata imponente e gli interventi dei relatori

appropriati, istruttivi e formativi. Si è parlato di quanto il fenomeno della tratta di esseri

umani sia presente in Italia, nonché al lavoro fatto ma anche di quanto rimane ancora

da fare. Passaggi fondamentali sono stati l’intervento di Blessing Okoedion, donna

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forte e risoluta che ha saputo spezzare le catene della sua schiavitù per cominciare una

vita nuova, per vivere da persona libera, grazie anche alla comunità che l’ha accolta e

accompagnata nel suo cammino di recupero e reintegrazione umana e sociale.

Il 12 giugno scorso, un altro importante momento di formazione, informazione

e sensibilizzazione, è stato organizzato presso la

Camera dei Deputati, grazie all’On Livia Turco,

in cui si è presentato il libro di Blessing

Okoedion e di Anna Pozzi “Il Coraggio della

Libertà. Una donna uscita dalla tratta.” Giornata

intensa che ha visto la partecipazione di esperti

laici e religiosi che ancora una volta hanno

concentrato l’attenzione sul tema della schiavitù

moderna e sull’importanza della dignità umana.

L’incontro è terminato proprio con la

testimonianza di Blessing che con forza ha

ribadito l’importanza di non arrendersi anche di

fronte allo sfruttamento e alla schiavitù

moderna. Blessing ha sottolineato l’importanza

del lavoro di rete che per lei è stato

fondamentale: l’aiuto di Dio, l’accoglienza di

Casa Rut di Caserta, nonché delle tante persone

che ha incontrato e che l’hanno accompagnata

durante il suo cammino di recupero e di vita

nuova da persona libera.

Dall’11 al 13 ottobre SnM ha partecipato ad un seminario formativo proposto

dall’USMI Nazionale in collaborazione con Caritas Italiana su: “Nuove tendenze e

sfide della tratta di donne e minori. Quale accoglienza oggi”. Durante le tre giornate

gli operatori di associazioni laiche e religiose che si occupano di tratta, migranti e

accoglienza, operanti su tutto il territorio, hanno condiviso tematiche di comune

interesse. Molto forte l’idea più volte ribadita dell’importanza del lavoro in rete di tutti

i soggetti a secondo dei propri ruoli e competenze, per la tutela della vittima.

Slaves no More ha pure partecipato al Workshop “Assisting Victims of Human

Trafficking: Best Practices in Legal Aid, Compensation and Resettlement” dal 4 al 6

novembre, presso la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (Casina Pio IV), nella

Città del Vaticano. Una varietà incredibile di associazioni, laiche e religiose, di

volontariato e istituzionale, nazionali ed europee,

nonché onlus di frontiera che operano sia nei

paesi di provenienza che di destinazione. Una

realtà plurale e differente che riunita ha trovato

cause comuni, medesime difficoltà e possibili

risposte per il problema della tratta

principalmente a fine sessuale, lavorativo e di

commercio degli organi.

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Il 1 dicembre, a San Callisto, la nostra associazione ha partecipato alla “Giornata

di riflessione su “Francesca Cabrini, patrona dei migranti - una Santa per l’oggi”.

Giornata organizzata da: L’Osservatorio Romano, il Dicastero Laici, Famiglia e Vita e

il Dicastero Sviluppo Umano Integrale. I lavori si aprono con l’idea che il lavoro contro

la tratta di esseri umani è importantissimo, soprattutto in Italia. Una delle cose

fondamentali, scopo dell’incontro, è quella di capire come creare sinergie e come

allargare la rete della cooperazione. Tutto questo prendendo spunto dall’operato di

Francesca Cabrini, che è stata al fianco dei migranti italiani in America per tutta la sua

vita, aiutandoli a diventare buoni cittadini americani, senza abbandonare o dimenticare

le origini geografiche e religiose.

Mercoledì 6 dicembre SnM è stata chiamata a partecipare alla riunione della

Cabina di Regia nazionale per la lotta alla tratta, organizzata dal Dipartimento delle

Pari Opportunità. In questa sede, insieme alle organizzazioni che si occupano del

problema, gli enti regionali, i ministeri interessati, le forze dell’ordine, tra gli altri, è

avvenuta una fruttuosa conversazione sulla necessità di continuare il lavoro fatto fino

ad ora per contrastare il fenomeno della tratta tenendo presenti i vari mutamenti.

Durante l’anno siamo riusciti ad incontrare per due volte suor Patricia

Ebegbulem, Nigeriana, che collabora con noi al progetto dei rimpatri volontari ed

assistiti in Nigeria. Con lei, il Direttivo ha dialogato per cercare di rendere il nostro

servizio più concreto e fruttuoso. Sono state affrontate problematiche e buone prassi.

Durante il suo secondo soggiorno, SnM ha organizzato per lei un viaggio in Sicilia per

aiutarla a conoscere meglio la realtà degli sbarchi e incontrare giovani Nigeriane sia

sulle strade di Palermo come pure in una casa di accoglienza per profughi a Solarino,

Siracusa. Sr. Patricia ha potuto incontrare e ascoltare le storie delle giovani ragazze

nigeriane sulla strada costrette a prostituirsi. Si è resa conto del degrado morale e

sociale in cui vivono le ragazze, per la gran parte minorenni, sulla strada. Con grande

tristezza, ha compreso come la schiavitù obbliga le ragazze nigeriane ad una vita sulla

strada piena di violenza, soprusi, costrizioni e umiliazioni. Che cosa fare? Come

prevenire?

Continuativa ed incessante è la presenza

settimanale delle suore di diverse congregazioni e

nazionalità a Ponte Galeria, sempre pronte a

sostenere le ragazze rinchiuse nel cento, per offrire

a loro un momento di riflessione e di preghiera,

nonché momenti ricreativi e condivisione di gioie e

sofferenza. Tra le tante esperienze vissute insieme

ricordiamo con particolare gioia e commozione la

giornata mondiale dei poveri voluta e celebrata da

Papa Francesco. Tra i momenti di festa condivisi tra

tutte le ospiti Sr. Eugenia ha pensato di donare ad ogni donna alla fine della festa una

nota di 5 euro per ciascuna per comperare una scheda telefonica. Questo gesto,

possibile grazie ad una donazione ricevuta pochi giorni prima di tale giornata, è stato

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apprezzato moltissimo dalle donne, che hanno

manifestato la loro gioia. Dopo la distribuzione

tre giovani Latino Americane sono tornate da

Sr. Eugenia per ringraziarla del gesto e del

pensiero, ma anche per ridonare i soldi ricevuti

perché potessero servire ad aiutare bambini più

poveri e in maggior difficoltà. Questo gesto ci

ha davvero commosse giacché ha richiamato

alla nostra mente il gesto evangelico della

donna vedova che ha gettato nel tempio tutto ciò

che aveva per vivere.

Infine un ringraziamento sentito e sincero va alle Suore Figlie di Maria SS. Dell’Orto

per uno dei doni più grandi ed importanti fatti a SnM: il meraviglioso ufficio in via dei

Quattro Cantoni 45-Roma, sede della loro Casa Generalizia. Le Suore non ci hanno

dato solo l’ufficio ma ci hanno accolto con tutto il cuore e con tanto amore, facendoci

sentire a casa, liete di poter collaborare con il nostro progetto di spezzare le catene di

tante giovani immigrate sfruttate e umiliate sulle nostre strade. Al Consiglio Generale

e a tutte le suore il nostro grazie riconoscente; non saremo mai grati abbastanza per ciò

che hanno fatto e continuano a fare per collaborare con noi per il recupero di tante

giovani che vogliono vivere e avere un futuro dignitoso. Con il nuovo ufficio abbiamo

assunto un segretaria, Francesca, molto attiva e motivata per cui l’associazione sta

prendendo maggior stabilità e funzionalità.

Terminiamo questa Strenna Natalizia rinnovando a tutti i membri dell’associazione, a

parenti, amici, collaboratori e sostenitori gli auguri di Buon Natale e Buon Anno nuovo

2018 che, insieme ai membri del direttivo auspico colmo di gioia, di pace e

consolazione, unita alla promessa del nostro ricordo.

Con affetto e riconoscenza, Sr. Eugenia Bonetti,

Associazione SLAVES NO MORE onlus

Sede legale Presso le Figlie di Maria SS. dell’Orto

Via dei Quattro Cantoni 45 - 00184 ROMA

e-mail [email protected]

Sito www.slavesnomore.it

Cellulare: +39 3468256976

Codice Fiscale / Partita Iva: 97734010586

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Coord. IBAN IT55 O050 1803 2000 0000 0156877