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>> Il Direttore

La gestione

sostenibile del tempo:

tra rapidità e lentezza

Editoriale

Il numero della Rivista - come la seconda lezione americana di Calvino - è dedicato alla “rapidità”; concetto che, in real-tà, sottende la dimensione complementare della “lentezza”. Insieme rappresentano gli estremi entro i quali risulta possibi-le declinare le personali modalità di gestione del tempo. Dalla soluzione prescelta per gestire esperienze e situazioni (dellavita, del lavoro e delle proprie organizzazioni) dipende il significato ed il valore del “tempo” che scorre inesorabilmentetra le nostre dita, portando con sé la nostra vita e le cose che realizziamo. Calvino si sofferma ad analizzare questo aspet-to e, grazie alla sua colta sensibilità, riesce a rappresentare (quasi profeticamente) le contraddizioni che registriamo nell’o-dierna vita quotidiana. Negli ultimi decenni, infatti, ha avuto la meglio il modello di gestione del tempo illustrato da LewisCarrol nel libro “Alice nel paese delle meraviglie” attraverso le parole della Regina rossa: «qui...devi correre più che puoi,per restare nello stesso posto. Se poi vuoi andare da qualche altra parte devi correre almeno il doppio». La “fretta”, il “rela-tivismo” e la “globalizzazione selvaggia” hanno realizzato un dannoso impoverimento del contenuto della personale cas-setta degli attrezzi da utilizzare per affrontare, in modo lucido ed efficace, i momenti cruciali della vita.L’eterno confronto, infatti, è tra i due paradigmi individuati sin dalla mitologia greca per rappresentare il rapporto di cia-scuno con il tempo che passa:• «kronós» (il tempo che consuma gli uomini, come Crono che divorava i suoi figli) è l’essere mostruoso che divora i pro-pri figli; simboleggia il tempo che passa di fretta e che distrugge le giornate e le cose che facciamo, lasciandoci spessosolo angosce e paure. È la «visione quantitativa» del tempo e delle cose da fare in modo sequenziale e che non ci lascial’attimo per apprezzarle dopo averle fatte;

• «kairós» (il tempo vissuto nel modo giusto) rappresenta la «visione qualitativa» del tempo vissuto; nell’antica Greciasignificava il “momento giusto o opportuno” o il “tempo di Dio”. Le dimensioni non sono temporali, ma si riferisconoalla “misura giusta” e alla “idoneità”. Il concetto di kairós implica, quindi, una visione del tempo che possa conciliarsicon una esigenza di efficacia e di tempestività dell’azione umana, che sembra assomigliare molto alla Qualità!

L’utilizzazione “giusta” del tempo, nella sua pendolarità tra “rapidità” e “lentezza”, costituisce, pertanto, il filo conduttoredegli scritti contenuti in questo numero della Rivista che sono aggregati tematicamente in tre aree:• ambiente, energia e sostenibilità: acquisti verdi; nuovi rischi nella progettazione internazionale di impianti e sistemi;valutazione degli impatti ambientali sulla risorsa idrica; energie rinnovabili e risparmio energetico; gestione sostenibileurbana dell’acqua;

• trasporti, mobilità e logistica: nuova Autorità dei Trasporti; sistema europeo SQAS per la logistica delle merci pericolo-se; protezione dei rotabili ferroviari dalla corrosione;

• aspetti gestionali e laboratori: certificazione ferroviaria ed interoperabilità europea; risultati di un progetto sull’imple-mentazione del “vendor rating”; la gestione dei processi esternalizzati; la norma ISO17025).

La Rivista si apre con un elzeviro dedicato alla «ricerca di un nuovo paradigma per la creazione del valore condiviso»,autorevole contributo di Cristina Tantalo, docente presso la San Francisco City University (California, USA) -uno dei talen-ti italiani nel mondo- e si conclude con le Rubriche fisse che ritengo debbano svolgere il ruolo di “punti di riferimento” peri lettori di Qualità.Desidero formulare, infine, un grato ringraziamento agli autorevoli autori per gli importanti, competenti e innovativi con-tributi che hanno voluto mettere a disposizione della nostra Rivista e quindi di tutti i lettori, ai quali auguro buona lettura!

Sergio BINI

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

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EditorialeLa gestione sostenibile del tempo:tra rapidità e lentezza 1Sergio BINI

Tema 1 - Ambiente, energiae sostenibilità

Acquisti verdi: la revisione 2013 6Massimo LEONE, Rossella MORTELLARO

“Wild Life” e globalizzazione 11Elisabetta CERETTI, Gabrielle F. NEMANY POUNGUEY,

Magdi ALIMERIGO EL SAWI

Gli impatti ambientali sulla risorsa idrica 15Anna MAZZI, Alessandro MANZARDO,

Michela LONGO, Antonio SCIPIONI

Il progetto energetico nei Living Lab 19Antonio SCIPIONI, Filippo AGUIARI, Filippo ZULIANI, Stella CATTO

Strumenti per la gestionesostenibile dell’acqua 23Antonio SCIPIONI, Andrea LOSS,

Alessandro MANZARDO, Chiara PIERETTO

Tema 2 - Trasporti, mobilità e logisticaNasce in Italia l’Autorità dei Trasporti 26Pietro SPIRITO

Il sistema SQAS 29Giulio TRAVERSI

La protezione dei rotabili dalla corrosione 32Emanuele GANDOLFO, Paolo RAMI

La gestione delle aziende aerospaziali 35Francesco GIULIANA

Tema 3 - Aspetti gestionali e laboratoriProgetto Vendor Rating 38Antonio DI BENEDETTO, Adriano DI DOMENICANTONIO,

Elena INNOCENZI, Corrado CERRUTI

Considerazioni sull'outsourcing 44Giampaolo STELLA

Certificazione ferroviariae interoperabilità europea 47Carlo CARGARICO

L’assicurazione della qualità nella ISO 17025 50Nicola DELL’ARENA

Rubrica Anfia 53A cura di Marco MANTOAN

Osservatorio ACCREDIA 54

Comitato editoriale e di supportoComposto da: Sergio Bini (coordinatore),Presidente AICQ, Claudio Rosso, Pietro Fedele,Egidio Cascini, Mario Cislaghi, Cecilia de Palma,Piero Dettin, Italo Benedini.EditoreMediavalue srlVia G. Biancardi, 2 - 20149 Milanotel. +39 0289459724 - fax +39 0289459753www.mediavalue.it - [email protected], grafica, [email protected]@mediavalue.itPubblicità[email protected] - NovaraGli articoli di questo numero, pur ritenuti validi daglieditori per il loro contenuto, vengono pubblicati sotto la

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n. 6 novembre/dicembre 2013Edizione Nazionale AICQAutorizzazione del Trib. di Torinon. 783 del Registro del 28/11/52

ISSN 2037-4186

Direttore responsabileSergio Bini

RedazioneAnnalisa Rossi

Segreteria di redazioneAICQ - via Cornalia, 1920124 MilanoTel. 02 66712484Fax 02 [email protected]

s o m m a r i o I N P R I M O P I A N O

Valore per pochi o per molti? 3Verso un nuovo paradigmaper la creazione di valore condivisoCaterina TANTALO

2novembre/dicembre

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20.000 dipendenti1. Tale fallimento si è ripercosso non solo su

azionisti (74 miliardi di dollari in perdite), dipendenti (chehanno perso il loro posto di lavoro) e investitori (che hannoperso i loro risparmi) ma anche sul sistema economico mon-diale e su altre imprese come Arthur Enderson (2002), coin-volta nello scandalo Enron

2.

•WorldCom (2002). Impresa attiva nelle telecomunicazioni co-involta in 3,8 miliardi di dollari in frodi finanziarie, 30.000posti di lavoro persi e 180 miliardi di dollari in perdite per gliinvestitori

3.

•Tyco (2002). Impresa attiva in sistemi di sicurezza con circa240.000 dipendenti coinvolta in 650 milioni di dollari in frodifinanziarie

4.

•HealthSouth (2003). Attiva nel sistema sanitario e coinvolta infrodi finanziarie per circa 1,4 miliardi di dollari

5.

•Parmalat (2003). Attiva nel settori caseario e coinvolta in unafrode finanziaria di circa 14 miliardi di Euro

6.

•Lehman Brothers Holdings Inc. (2008). Leader nei servizi fi-nanziari a livello globale. Coinvolta in uno scandalo finanzia-rio di più di 50 miliardi di dollari

7.

Oltre alle ingenti perdite ed alle conseguenze su dipendenti,fornitori, consumatori e comunità, che cosa avevano in comunei modelli di business (per usare un termine anglosassone: «busi-ness models») di tutte queste imprese?

La miopia dei modelli di businesstradizionaliPer molti anni il modello di sviluppo di un business si è fondatosu questa assunzione: l’impresa appartiene agli azionisti o pro-prietari e di conseguenza la responsabilità dei managers è quel-la di massimizzare tanto la profittabilità dell’impresa quanto ilvalore creato per la proprietà/azionisti. «Business models» diquesto tipo, dunque, hanno come unico obiettivo quello dimassimizzare un solo fattore (profitto/valore per laproprietà/azionisti) a qualunque costo. Senza considerare la di-

La recente crisi economica e gli scandali finanziari che sisono susseguiti negli ultimi anni hanno dimostrato limitinei modelli di business tradizionalmente adottati dalla

maggior parte delle imprese. Pensiamo a tutti i fallimenti azien-dali – imprese viste come modello di sviluppo da seguire datutte le piccole, medie e grandi imprese attive non solo a livellonazionale ma mondiale – che oltre alle perdite perazionisti/proprietà hanno avuto forti ripercussioni anche su di-pendenti, fornitori, clienti e più in generale l’intera collettività.Mi vengono in mente casi come:•Enron (2001). Una delle più grandi imprese a livello interna-zionale attiva nei settori di elettricità, gas naturale, comunica-zioni e carta, con un fatturato di circa 101 miliardi di Dollari e

For many years, corporations assumed that firm’s performance

maximization and short-term gains were the main organizatio-

nal goals and overemphasized the economic and financial di-

mension of the firm’s business model. Some of these corpora-

tions are successful but most of them failed. These business mo-

dels are “myopic” because they create the situation in which

value is created for some of the primary stakeholders at the ex-

penses of the others. Many problems can be directly linked to

business models too focused on maximizing one single goal, li-

ke the financial performance including: excessive risk-taking by

corporations, managerial frauds, and value destruction. In con-

trast, a similar result can be obtained by business models too

focused on solving the social problems such that they ignore fi-

nancial performance. To overcome these limitations discussed

above, a company’s business model may be able to effectively

satisfy the needs of all primary stakeholders without compromi-

sing or ignoring the satisfactions of some of them. This new ap-

proach shifts the focus from shareholder value to stakeholder

value creation, and from profit maximization to primary stake-

holder value co-creation.

Verso un nuovo paradigma

per la creazione di valore condiviso

� In primo piano �iinn pprriimm

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www.aicq.it novembre/dicembre 2013

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Valore per pochio per molti?

Caterina TANTALO

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novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

� ISO/IEC 27001 per la sicurezza delle informazioni �

mensione temporale (breve vs lungo termine), esaminiamo lefonti delle limitazioni legate a tali modelli. Pensiamo ad una impresa come composta da diversi portatoridi interesse, di cui gli azionisti/proprietà ne rappresentano unaspecifica categoria. I portatori di interesse (chiamati stakehol-ders) sono tutti coloro che influenzano l’impresa e, a loro volta,sono da essa influenzati

8.

Questi possono essere distinti in stakeholders primari e secon-dari

9.

Gli stakeholders primari sono coloro che influenzano diretta-mente l’azienda e senza i quali l’attività d’impresa non potreb-be continuare. Questi includono: azionisti/proprietà, consuma-tori, dipendenti, fornitori e comunità. I portatori d’interesse se-condari sono tutti coloro che influenzano l’attività aziendale in-direttamente come ad esempio i media e i gruppi d’interessespecifici. Da quanto detto si evince che per qualunque impresaè fondamentale rispondere ai bisogni dei portatori d’interesseprimari.Ogni portatore di interesse, tuttavia, è caratterizzato da specificibisogni che non necessariamente convergono o sono allineatiai bisogni degli altri portatori d’interesse. Ora, se teniamo inconsiderazione il vincolo che l’impresa ha a disposizione unaquantità limitata di risorse che possono essere investite/allocateper soddisfare i portatori d’interesse, i manager sono chiamatiperiodicamente a prendere una decisione su quali portatorid’interesse primari soddisfare, tra quelli che maggiormente con-tribuiscono all’obiettivo aziendale di massimizzazione del pro-fitto/valore per gli azionisti/proprietà. Per tale ragione, dunque, la teoria aziendale si è avvalsa di mo-delli decisionali basati su logiche di prioritizzazione degli inte-ressi. In particolare, l’allocazione di risorse avviene in manieraprioritaria per la soddisfazione dei portatori di interesse più rile-vanti per il raggiungimento dello scopo aziendale e in via resi-duale per gli altri stakeholders

10.

Il risultato dell’adozione di questi modelli è la soddisfazione ri-petuta di alcuni portatori d’interesse, considerati più importantiper il fine ultimo dell’impresa quale la massimizzazione delprofitto (per esempio azionisti e/o clienti), alle spese di altri ri-tenuti meno importanti (ad esempio la comunità). Tali modelli di business sono dunque “miopi” in quanto capacidi soddisfare i bisogni di pochi portatori di interesse ignorando i

bisogni degli altri. Essendo orientati alla sola massimizzazione del profitto (o delvalore per la proprietà), questi modelli sono incapaci di genera-re valore per tutti gli stakeholders generando simultaneamentedue tipi di problematiche: da un lato, i portatori di interesse pri-mari, vedendo le loro aspettative insoddisfatte ripetutamente, ri-durranno progressivamente il supporto offerto all’impresa; dal-l’altro lato, ponendo la massimizzazione del profitto come fine“sovrano”, creano un incentivo a frodi manageriali, distruzionedi valore, profilo di rischio eccessivo

11.

Tali modelli di business, dunque, generano situazioni in cui be-nefici privati degli azionisti e dei manager sono creati alle spesedei portatori d’interesse “residuali”, avendo come contropartitacosti sociali legati al fallimento aziendale. Un simile risultatoviene raggiunto quando lo scopo aziendale si focalizza sullamassimizzazione del benessere di un solo portatore di interes-se, ad esempio la società, ignorando completamente la creazio-ne di valore per gli azionisti/proprietà.

Un nuovo modello di creazione di valore: un approccio al valore condivisoMa qual è la responsabilità di un business se non quella di mas-simizzare il profitto? Una delle responsabilità di un business è quella di creare valoreper i propri azionisti insieme a ulteriori responsabilità legate alfatto che l’impresa è costituita da diversi portatori d’interesse,inclusa la comunità. Un «business model», dunque, dovrebbeessere in grado di creare valore per tutti i portatori di interesseprimari non pregiudicando il benessere di nessuno di essi. Se ilprofitto e la creazione di valore per gli azionisti sono uno degliscopi dell’attività aziendale (lo scopo lucrativo), non si può nontener conto di due cose: i) l’attività d’impresa si basa non solo sulle risorse e lavoro del-l’imprenditore, ma anche sull’utilizzo di risorse appartenentialla società quali materie prime, risorse ambientali, risorseumane, ecc. In tale ottica, non si può ignorare il fatto che iprofitti privati vengono creati grazie all’utilizzo di risorse co-muni che devono essere remunerate attraverso risorse tangi-bili o intangibili;

ii) l’impresa è un attore sociale che riveste un ruolo chiave nellacomunità in cui opera e, in generale, nell’ambito economiconazionale ed internazionale.

Ogni «business model» che non sia miope, dunque, deve esse-re in grado di soddisfare non soltanto le aspettative degli azioni-sti ma anche i bisogni di dipendenti, clienti, fornitori, e colletti-vità. La domanda a cui cercherò di dare una risposta è: come?Ogni portatore di interesse è caratterizzato da specifici bisogninon necessariamente di natura economico-finanziaria. Per alcuni stakeholders, ad esempio, tale variabile è di estremaimportanza mentre altri danno la priorità a variabili di diversanatura (come ad esempio: reputazione aziendale, politichework-life balance, natura dell’attività aziendale ecc.). Proverò a mettere in pratica quanto appena detto con un esem-

> Bardolino in provincia di Verona, capitale BIL (Benessere Interno Lordo) nel 2011

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novembre/dicembre 2013www.aicq.it

� Valore per pochi o per molti? �

pio. Supponiamo che, grazie ad un miglior dialogo con i nostri por-tatori di interesse, riusciamo a comprendere che: a) per gli azionisti, avere un azienda profittevole nel lungo ter-mine avente un elevate reputazione a livello non solo nazio-nale ma anche internazionale è molto importante;

b) per i dipendenti il salario non è la priorità, ma avere un ora-rio flessibile (politiche work-life balance), un ambiente di la-voro amichevole in cui le relazioni tra colleghi e con la pro-prietà sono basate su rispetto reciproco e amicizia, una posi-zione lavorativa motivante e con possibilità di crescita, un’at-tività lavorativa appagante che dia loro la sensazione di poterfare la differenza, sono fattori più importanti della remunera-zione;

c) i fornitori danno importanza non tanto alla variabile econo-mico-finanziaria della commessa ma soprattutto alla certezzae ai tempi di pagamento, alla reputazione del cliente, alla du-rata della relazione nel lungo termine;

d) per i consumatori la variabile chiave non è tanto il prezzoquanto piuttosto la qualità delle materie prime utilizzate, lecaratteristiche del prodotto, la reputazione aziendale non so-lo nei confronti dei clienti ma anche nei confronti della co-munità (per esempio: azioni filantropiche o diretto supportoalla comunità locale);

e) la comunità valuta come fondamentale l’attenzione che l’a-zienda pone nella tutela dell’ambiente, alle proprie risorseumane e alla collettività attraverso l’utilizzo di manodoperalocale o il supporto di eventi locali.

La responsabilità del management, a questo punto, è quella diindividuare una specifica combinazione di fattori ritenuti moltoimportanti da tutti e cinque portatori di interesse primari tali dapoter essere soddisfatti con le limitate risorse a disposizione. Inquesto caso, proviamo ad immaginare di tradurre ciò nella real-tà aziendale. Immaginiamo che l’azienda decida di assumereoltre a candidati nazionali/internazionali anche una percentua-le di dipendenti “locali”. Inoltre, a tutti i dipendenti viene offer-ta l’opportunità di avere formazione continua, di avere un ora-rio di lavoro flessibile, politiche orientate al benessere dei di-pendenti estesi anche alle loro famiglie (per esempio: medico epalestra aziendali). Il risultato è un ambiente di lavoro che sod-disfa i dipendenti i quali saranno disposti a rinunciare a salaristrepitosi in cambio di ciò. Tale ambiente di lavoro non solo sa-rà in grado di attrarre continuamente nuovi talenti ma benefice-rà la performance aziendale. Dipendenti soddisfatti, infatti, so-no più produttivi, influenzano positivamente l’ambiente di lavo-ro e la qualità del prodotto. Ciò inciderà positivamente sullaperformance aziendale, inoltre darà l’opportunità all’azienda dioffrire migliori condizioni ai propri fornitori attraverso un rap-porto collaborativo di lungo termine, minori tempi di pagamen-to a favore di elevati standard qualitativi a un prezzo più van-taggioso per l’azienda. Tutto questo si rifletterà in un migliorprodotto per i clienti e una migliore reputazione che andrà abeneficio non solo degli azionisti, ma anche dei dipendenti, dei

fornitori e renderà la comunità locale/nazione orgogliosa diavere tale azienda nel territorio. Infine, ciò darà l’opportunitàall’azienda di supportare la comunità locale non solo in terminidi risorse umane ma anche dal coinvolgimento delle famigliedei dipendenti e supporto diretto di attività locali. Il risultato ditale esempio è un modello di creazione di valore non solo peralcuni portatori di interesse alle spese degli altri ma per tutti iportatori d’interesse simultaneamente.

ConclusioniQuesto esempio mostra come sia possibile creare modelli dibusiness che non siano miopi. La responsabilità dell’impresadunque si sposta dalla massimizzazione del profitto alla crea-zione di valore condiviso beneficiando non soltanto gli azioni-sti/proprietà ma tutti i portatori di interesse. Le limitate risorsenon sono e non devono rappresentare un ostacolo. Portatori diinteresse soddisfatti non sempre hanno a che vedere con la va-riabile economico-finanziaria ma, il più delle volte, la soddisfa-zione degli stakeholders è il risultato di scelte aziendali che pre-diligono valori a cui non è possibile attribuire un valore econo-mico quali qualità, sicurezza, reputazione e umanità. La soddi-sfazione di poter lavorare in un ambiente appagante, la tran-quillità di poter consumare un prodotto di qualità, la collabora-zione basata sulla fiducia tra un’azienda e un fornitore, il sensodi gratitudine che la comunità ha in un’azienda e nelle personeche la governano, la serenità di sapere che si possiede un’im-presa che crea valore per la collettività sono cose che non sipossono misurare in denaro ma che avranno sempre un valoreinestimabile.

� NOTE1 Fonte: www.mergentonline.com.

2 “Andersen guilty in Enron case”. BBC News. June 15, 2002.

3 Fonte: “World-Class Scandal At WorldCom”. CBS News. February 11, 2009.

4 Fonti: “Ex-Tyco CEO Kozlowski found guilty”. CNN Money, June 21, 2005. &

accounting-degree.org/scandals.

5 Fonte: en.wikipedia.org/HealthSouth.

6 Fonte: “Italian dairy boss gets 10 years”. BBC News. December 18, 2008.

7 Fonte: en.wikipedia.org/wiki/Lehman_Brothers.

8 Freeman, E. (1984). Strategic Management: A Stakeholder Approach. Pitman:

Boston.

9 Clarkson, M. (1995). A stakeholder framework for analyzing and evaluating cor-

porate social performance. Academy of Management Review.

10 Si veda, ad esempio Mitchell, Agle, Wood,1997.

11 Si vedano, ad esempio, Erickson, Hanlon & Maydew, 2006; Harris & Bromiley,

2007; O'Connor, Priem, Coombs & Gilley, 2006; Jensen, 2000; Sanders &

Hambrick, 2007.

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CATERINA TANTALOProfessore di Management e Sustainable Business, San Francisco State Uni-

versity - College of Business, College (USA).

[email protected]

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Gli obiettivi principali della revisione delPiano d’Azione Nazionale (PAN) sono;• il rafforzamento del ruolo delle asso-ciazioni di categoria degli operatorieconomici nel processo di diffusionee promozione dei CAM (Criteri Am-bientali Minimi

2, NdA) presso gli as-

sociati, oltre che nel processo di defi-nizione dei CAM;• il maggiore coinvolgimento delleCentrali di committenza nella predi-sposizione e nell'adozione deiCAM nelle proprie iniziative digara;•una migliore divulgazione deiCAM verso i grandi enti (es.Università, CNR, ENEA,ISPRA.);• un maggiore supporto alle sta-

zioni appaltanti per l'integrazionedegli aspetti sociali, specie sulle cate-gorie di appalto più soggette al rischiodi lesione dei diritti dei lavoratori;

• l’aggiornamento e il perfezionamentodelle attività di monitoraggio sinorasvolte;

• la promozione dell'uso di strumentidi analisi e valutazione del costo deiprodotti lungo il ciclo di vita;

• il maggiore coinvolgimento deglioperatori economici nazionali nelprocesso di definizione delle propo-ste europee dei criteri ambientali pergli appalti verdi …;

• la promozione della conoscenza dei

• COM (2010) 2020 “Europa 2020 Unastrategia per una crescita intelligente,sostenibile e inclusiva” e

• COM(2011) 571 “Tabella di marciaverso un'Europa efficiente nell'impie-go delle risorse”.

PremessaIl Ministero dell’ambiente haapprovato, con il Decreto Mini-steriale del 10 aprile 2013, la“Revisione 2013 del Piano d'a-zione per la sostenibilità am-bientale dei consumi nel settoredella pubblica amministrazione”.Il Decreto aggiorna il “Piano d'azio-ne per la sostenibilità ambientale deiconsumi nel settore della Pubblica Am-ministrazione (PAN GPP)”

1, approvato

con il Decreto dell'11 aprile 2008, e tie-ne conto dei risultati e delle criticitàemerse nell’applicazione del PAN, co-me di successivi documenti di indirizzodell’Unione Europea, quali le Comuni-cazioni:• COM(2008) 397 “Strategia europeaper il Consumo e la Produzione So-stenibili”;

• COM(2008) 400 “Appalti pubblici perun ambiente migliore”;

6

The National Action Plan for Green Pu-

blic Procurement has been updated by

the Ministerial Decree

of April, 10 2013.

The present article explains the main

novelties brought about by the Decree,

concerning the Action Plan’s imple-

mentation by public administrations

and the role of national consultation

bodies.

Aggiornamento del Pianod’azione nazionale ttee

mmaa

� Ambiente, energia e sostenibilità �

Acquisti verdi: la revisione 2013

Massimo LEONE, Rossella MORTELLARO

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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aa� Acquisti verdi: la Revisione 2013 �

conformare le proprie politiche e i pro-pri programmi agli obiettivi del Pianod'azione è rivolta agli enti locali regi-strati EMAS, in possesso di Certificazio-ne ISO 14001 o che hanno intrapresoun percorso di Agenda 21.Il Comitato di GestioneIl Comitato di Gestione, nominato conDecreto del Ministro dell'Ambiente, ècomposto dai rappresentanti del Mini-stero dell'Ambiente, che ne è il coordi-natore, dei Ministeri dello SviluppoEconomico, dell'Economia e Finanze,delle Politiche agricole e forestali, dallaAutorità di vigilanza sui Contratti pub-blici, delle Regioni, di CONSIP, ENEA,ISPRA e delle Agenzie regionali perl’Ambiente.I compiti del Comitato di Gestione, se-condo l’aggiornamento 2013 del PAN,sono:• programmare, coordinare e attuare leattività per la definizione dei CriteriAmbientali Minimi;

• formulare proposte e attivare iniziati-ve di comunicazione, divulgazione eformazione per favorire il raggiungi-mento degli obiettivi del PAN;

• individuare soluzioni per le criticitàche possono presentarsi in sede at-tuativa;

• formulare proposte per il migliora-mento del monitoraggio;

• formulare proposte e/o realizzarestudi e ricerche su analisi del ciclo divita (LCA), valutazione del costo delciclo di vita (LCC), etichette ambien-tali, strumenti fiscali ed economiciecc.

Tavoli di confrontoL’aggiornamento del Piano istituisce un“Tavolo di confronto permanente”, do-ve il Ministero dell’ambiente e laCONSIP si confrontano con le centralidi acquisto regionali sui Criteri Am-bientali Minimi, prima della loro ado-zione, ed esaminano con esse le even-tuali criticità riscontrate in fase di ap-plicazione.Il Piano prevede inoltre tavoli di con-fronto specifici su ciascuna categoria dibeni e servizi, ai quali parteciperannocon le associazioni di categoria di rife-

Le Indicazioni generali per tutti gli entipubbliciLe pubbliche amministrazioni, indivi-duate secondo gli articoli n. 3 e 32 delD.Lgs. 163/2006

5, sono invitare a proce-

dere secondo le seguenti fasi:A. Analisi preliminare: eseguire un’ana-lisi preliminare e valutare come ra-zionalizzare i fabbisogni tenendo inconsiderazione gli obiettivi ambien-tali strategici del PAN GPP “(peresempio quali forniture possono es-sere dematerializzate, quali esigenzepossano essere più efficacementesoddisfatte con minor carico ambien-tale, quali procedure e quali soluzio-ni possono essere promosse ed intra-prese per evitare sprechi di risorsenaturali ed economiche)”.

B. Obiettivi: fare quanto necessario peraderire agli obiettivi e ai principi delPiano di Azione Nazionale e definireun piano con obiettivi specifici.

C. Funzioni competenti: • individuare le funzioni coinvolte neiprocessi d’acquisto, con competen-ze per l’attuazione del PAN;

• individuare le modalità da seguireper raggiungere gli obiettivi stabiliti;

• garantire i livelli di conoscenza eformazione necessari a svolgere leattività che servono per raggiungeregli obiettivi stabiliti;

D. Monitoraggio: monitorare il raggiun-gimento degli obiettivi prefissati erealizzare le azioni migliorative ne-cessarie.

Prescrizioni particolari per le Regioni egli enti localiLe Regioni sono invitate a includere gliappalti verdi nella normativa regionale ea valutare l’opportunità di elaborare unpiano regionale, che comprenda: • attività di comunicazione di forma-zione;

• specifiche prescrizioni per incentiva-re l’applicazione dei CAM, comemeccanismi premianti nell’utilizzodei fondi comunitari o stabilire chel’applicazione dei Criteri AmbientaliMinimi sia condizione per accederea finanziamenti.

Una particolare raccomandazione a

sistemi di eco-etichettatura, in parti-colare dell'Ecolabel Europeo, presso iconsumatori privati e pubblici”.

Il campo di applicazionedegli acquisti verdiSono state finora individuate, con unaserie di decreti ministeriali, 11 categoriedi beni, servizi e lavori sui quali si appli-cano i criteri ambientali: • arredi (mobili per ufficio, arredi scola-stici, arredi per sale archiviazione esale lettura);

• edilizia (costruzioni e ristrutturazionidi edifici con particolare attenzione aimateriali da costruzione, costruzionee manutenzione delle strade);

• gestione dei rifiuti; • servizi urbani e al territorio (gestionedel verde pubblico, arredo urbano);

• servizi energetici (illuminazione, ri-scaldamento e raffrescamento degliedifici, illuminazione pubblica e se-gnaletica luminosa);

• elettronica (attrezzature elettriche edelettroniche d'ufficio e relativi mate-riali di consumo, apparati di teleco-municazione);

• prodotti tessili e calzature; • cancelleria (carta e materiali di consu-mo);

• ristorazione (servizio mensa e fornitu-re alimenti);

• servizi di gestione degli edifici (servizidi pulizia e materiali per l'igiene);

• trasporti (mezzi e servizi di trasporto,sistemi di mobilità sostenibile).

Dovrebbero essere incluse altre catego-rie, come gli elettromedicali e altri pro-dotti utilizzati in ambito sanitario, te-nendo conto anche della definizione deirelativi criteri a livello europeo

3.

Obiettivi e modalità diattuazione del PianonazionaleL’obiettivo nazionaleIl Decreto stabilisce l'obiettivo naziona-le di raggiungere, entro il 2014, un livel-lo di appalti conformi ai Criteri Ambien-tali Minimi non inferiore al 50%, sul to-tale degli appalti stipulati per ciascunacategoria di affidamenti e forniture

4.

novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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rimento e le Agenzie ambientali(ISPRA, Agenzie regionali e delle pro-vince autonome).Azioni di comunicazione e formazioneLa principale fonte di informazione sulPiano d’azione per la sostenibilità deiconsumi nel settore della Pubblica Am-ministrazione e sui Criteri AmbientaliMinimi è il sito del Ministero dell’Am-biente (www.minambiente.it) che con-tiene una sezione dedicata. In questasezione, oltre alle informazioni relativeal Piano d’azione, sono disponibili lanormativa sugli appalti verdi, una sele-zione della normativa e degli atti di indi-rizzo comunitari, notizie sulle iniziativedel Comitato di Gestione.Il Ministero pubblica una newsletter, or-ganizza almeno un evento sul PAN GPPe intende attivare iniziative di promozio-ne e diffusione verso particolari settoridella pubblica amministrazione (univer-sità, ricerca, sanità, forze armate, ecc.).Per promuovere l’applicazione dei Cri-teri Ambientali Minimi saranno realiz-zate iniziative in collaborazione con isoggetti e le reti di autorità locali che sioccupano di GPP, come le Agenzie am-bientali, i cui compiti istituzionali in-cludono la promozione e la diffusionedegli strumenti di certificazione am-bientale.Il monitoraggioDal mese di gennaio 2010 l’Autorità perla vigilanza sui contratti pubblici verifi-ca il grado di applicazione dei CriteriAmbientali Minimi e l’efficacia in ter-mini economici e di mercatodel Piano. L’AVCP rilevail nu-

mero e l'importo di appalti pubblici“verdi” (conformi ai CAM), rispetto alnumero e al valore totali dei contrattistipulati nella categoria di riferimento, eil numero di prodotti “verdi” acquistatirispetto al totale, nei contratti di fornitu-ra.Il monitoraggio serve a stimare, sulla ba-se di un campione rappresentativo dicontratti, il raggiungimento degli obietti-vi quantitativi previsti dal PAN e a quan-tificare, in via approssimativa, i beneficiambientali diretti ottenuti, calcolati sullabase di indicatori specifici (ad esempioil risparmio in termini di CO2 emessa inrelazione alla spesa: CO2 emessa/eurospesi).Il monitoraggio sarà migliorato, ancheper razionalizzare i compiti dei respon-sabili dei procedimenti di acquisito chesi avvalgono di convenzioni stipulatedalle Centrali di committenza.I risultati delle indagini annuali sarannocomunicati anche agli operatori econo-mici.

� NOTE1 M. Leone, R. Mortellaro, PA il Piano di azione per

gli acquisti verdi. Qualità, n. 6, dicembre 2009.

1 I “Criteri Ambientali Minimi” rappresentano le

“misure volte all’integrazione delle esigenze di

sostenibilità ambientale nelle procedure d’acqui-

sto di beni e servizi delle amministrazioni compe-

tenti” previste al comma 1126 dell’articolo 1 del-

la legge 27 dicembre 2006 n. 296.

1 GPP Work Programme for 2013-2014:

http://ec.europa.eu/environment/gpp/gpp_crite-

ria_wp.htm

1 La percentuale è considerata sia sulla base del

numero sia del valore totale degli appalti.

1 Il Decreto Ministeriale del 10 aprile 2013 stabili-

sce che il PAN deve essere applicato “principal-

mente” da:

• centrali di committenza;

• amministrazioni centrali dello Stato (Presidenza

del Consiglio dei Ministri, Ministeri);

• enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Città

metropolitane, Comuni, Comunità Montane);

• enti pubblici non economici, organismi di diritto

pubblico e enti aggiudicatori quali:

- agenzie delle amministrazioni centrali dello

Stato e delle Regioni (l’ISPRA, le ARPA);

- gli enti parco nazionali e regionali;

- le università, gli enti di ricerca, gli istituti scola-

stici di ogni ordine e grado;

- le aziende sanitarie locali;

- concessionari di pubblici servizi o lavori;

- gli enti, le società e le imprese che forniscono

servizi di trasporto al pubblico locale per mez-

zo di autobus e servizi di erogazione e gestione

dell'energia elettrica e del calore.

� Acquisti verdi: la Revisione 2013 �ttee

mmaa

8

MASSIMO LEONEConsigliere AICQ-ci; amministratore unico di

Q&A s.r.l. di Roma

[email protected]

ROSSELLA MORTELLAROResponsabile tecnico di Q&A s.r.l. di Roma

[email protected]

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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PremessaI progettisti di sistemi complessi cono-scono l’influenza delle condizioni cli-matiche sui prodotti che andranno arealizzare. Temperatura, umidità, polverisono da sempre considerate in fase diprogettazione e i loro effetti vengonoanalizzati con metodologie più o menostrutturate. Ciò che si trascura, e che og-gi con l’esigenza di operare a livelloglobale in territori “ostili” da un puntodi vista ambientale assume una notevolerilevanza, sono gli effetti che flora e fau-na, oltre al clima, possono scatenare suimpianti e sistemi. Già nelle zone climatiche continentali,la presenza degli insetti o di piccolimammiferi come i roditori possono cau-sare danni anche ingenti. Insetti che ni-dificano in cabine elettriche, nei canalidi ventilazione o di aspirazione possonocausare incendi o riduzione dei flussid’aria, piccoli mammiferi come roditoriod altri animali possono causare interru-zione dell’alimentazione elettrica, fuo-riuscita di fluidi ma anche incendi. Ma come si possono prevenire gli effettidei potenziali infestanti in aree geogra-

fiche non particolarmente conosciuteper cautelarsi da rischi di malfunziona-menti? Ed ancora, un’analisi preventiva dei po-tenziali rischi in fase di definizione pro-gettuale, potrebbe minimizzare gli effettinocivi introdotti da condizioni ambien-tali non note a priori?Per rispondere a queste domande risultautile reperire informazioni strutturate edoperare classificazioni relativamente a:• tipologia degli impianti;• fasce climatiche;• livelli di severità esistenti.

Classificazione degliimpianti Gli impianti, per loro natura ed ubica-zione, presentano diverse caratteristichestrutturali e possono di conseguenza es-sere soggetti a diverse forme e caratteri-stiche di infestanti con effetti di vario ti-po. •Impianti out-door: ovvero, quelli chesi trovano all’esterno, in luoghi nonchiusi da fabbricati e quindi posti all’a-perto, e più facilmente a contatto diret-to con la flora e la fauna, nonché sog-

Elisabetta CERETTI, Gabrielle F. NEMANY POUNGUEY, Magdi ALIMERIGO EL SAWI.

“Wild Life”e globalizzazione

� Ambiente, energia e sostenibilità �tteemm

aa>>

Nuovi rischi sugli impianti e sistemi

Globalization has led companies to ad-

dress new markets, territories and re-

gions that are often unknown and "ho-

stile." The presence of environmental

conditions, not only related to the cli-

mate, but also to the wild life, whose

behavior are unknown to the business

world, it can jeopardize the reliability

of equipment and systems. This article

summarizes the results of a survey ba-

sed on the Independent Consultants ex-

perience in the international markets

and conducted in collaboration with

the Faculty of Engineering of the Uni-

versity of Brescia. It suggests a metho-

dological process, defined by Indepen-

dent Consultants (IE2A ), to detect and

if possible, mitigate the deleterious ef-

fects that wild life may have on

systems, to the benefit their operation

reliability and quality. A preliminary

analysis of the events, or the environ-

ment, in some cases and for some ap-

plications, would mitigate the effects of

consequences that otherwise would ha-

ve significant impacts in terms of qua-

lity and cost.

11

Tropicale Arido Boreale Temperato

novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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getti alle intemperie. Tipici esempi so-no gli impianti eolici, dei quali si pre-senteranno alcuni risultati, o quelli fo-tovoltaici, ma anche le linee di distri-buzione di energia o gli impianti chi-mici.•Impianti in-door: ovvero tutti gli im-pianti confinati in ambienti chiusi; so-luzione che evita all’impianto o al dis-positivo stesso di trovarsi a contatto di-retto con l’esterno (fauna, flora, clima)e che prevede punti di accesso per ae-razione, ispezione, ecc..

Fasce climatichePer poter strutturare una valutazionepreliminare sui potenziali agenti am-bientali che potrebbero interferire con leinterfacce dei sistemi che verranno rea-lizzati in particolari aree geografiche,occorre individuare trovare una classifi-cazione delle stesse che possa risultareappropriata. La classica suddivisionedelle aree climatiche basata sulla solalatitudine terrestre non tiene conto diaspetti fondamentali, a nostro avviso,per le verifiche preliminari da effettuarsiin fase di realizzazione di un impianto. Fattori come l’altezza dal livello delmare, lontananza dagli oceani, morfo-logia del territorio, irradiazione solaresono elementi altresì importanti nell’a-nalisi. Tra le classificazioni che a nostroavviso meglio soddisfano le esigenzequella di Köppen

1è risultata essere la

più idonea. Secondo la classificazione Köppen, ilglobo terrestre viene suddiviso in cin-que fasce climatiche (classi climatiche):• Casse A (climi tropicali): raggruppa ilclima equatoriale, clima monsonico e

il clima del-la savana.• Classe B (climi aridi): è composta dalclima della steppa e dal clima deserti-co.

• Classe C (climi temperati): è compo-sta dai climi oceanico,subtropicaleumido, tempera-to umido, mediterra-neo.

• Classe D (climi boreali): è compostadai climi della foresta, transiberiano,continentale, temperato freddo, subar-tico.

• Classe E (climi nivali): composta dalclima glaciale e dal clima della tun-dra.

Come in tutte le valutazioni che portanoalla definizione di priorità ed importan-za degli interventi da implementare perminimizzare l’effetto dell’ambiente sul-l’impianto abbiamo definito una classifi-ca associata all’impatto che fauna, florae clima possono arrecare. Per non operare in modo arbitrario si èpreso come modello quanto definito

dalla norma ISO 31000:2009 relativa al«Risk management - principles and gui-delines».

L’approccio metodologicoComprendere quanto oltre il clima, laflora e la fauna possano interferire con isistemi, impianti o dispositivi, deve pre-vedere un processo ed una metodologiastrutturata e organizzata per evitare con-fusione e garantire un approccio meto-dologico razionale, imparziale ed uni-voco. Importante infatti nella ricercadelle informazioni e nell’analisi dei dati,è garantire uniformità di valutazione perottenere, oggettività ed omogeneità deirisultati. È quindi necessario stabilire una moda-lità di conduzione dello studio che nonpuò che avvenire in due fasi:• la prima fase consiste nella ricercadelle informazioni sugli incidenti ac-caduti agli impianti industriali, aven-do come origine o cause la fauna, laflora o i fenomeni atmosferici legati alclima. La loro raccolta e classificazio-ne;

• la seconda fase verte sull’analisi diquesti dati con l’aiuto degli strumentisia quantitativi (uso di strumenti stati-stici), che qualitativi.

La ricercaOvviamente identificato l’impianto peril quale si vuole condurre l’analisi oc-corre ricercare - con banche dati - le in-

� Ambiente, energia e sostenibilità �

> Figura 1

LIVELLI SERVITÀ IE2A4 Catastrofico Danni molto importanti all’impianto

(chiusura dell’impianto)

3 Critico Danni importanti al sistema, distruzione di parti, fermo

impianto prolungato, contaminazioni sul prodotto o

processo.

2 Sostanziale Evento provochi danni secondari al sistema, fermo impianto

di breve durata, danneggiamento di parti.

1 Trascurabile Danni trascurabili al sistema, fermi di breve durata e

comunque rispristinabile con interventi minori.

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formazioni sulla tipologia e sulle conse-guenze che fauna, flora od eventi natu-rali hanno comportato su installazionisimili; tali informazioni, però, risultanoessere scarse.Affinché le informazioni raccolte possa-no risultare rilevanti per l’analisi succes-siva devono essere correlate con la«Classe Climatica» nella quale l’impian-to dovrà operare.

L’analisiPer la successiva analisi dei risultati del-la ricerca condotta per l’impianto occor-rerà creare una base dati che consentadi poter effettuare delle aggregazioni evalutazioni statistiche sui risultati stessi.Lo strumento deve, in oltre, garantire lapossibilità di aggregazioni diverse non-ché multiple; deve essere, infatti, possi-bile associare e correlare effetti e cause,numerosità incidenti e aree climatiche,e molto ancora. Solo grazie ai risultati diqueste correlazioni e dei dati “statistici”ad esse associati si possono ottenere ri-sposte oggettive agli obiettivi prefissatied identificare eventuali aree di inter-vento quando il livello di severità risul-tasse non accettabile.

L’individuazione delle causeNon sempre le cause scatenanti unevento sono facilmente individuabili nelcorso della ricerca delle informazioni,in particolar modo per analisi su im-pianti o sistemi che non siano legati altrasporto aereo, o per impianti che ab-biano un notevole impatto sull’ambien-te. Gli impianti industriali “tradizionali”spesso non godono delle stesse attenzio-ni.Ove le cause non sono particolarmentechiare è possibile ipotizzarle con ragio-nevole og-gettività, applicando le tecni-che proprie del “problem solving” alleinformazioni descrittive dell’incidente.La tecnica da noi ritenuta più idoneaper il tipo di informazioni trovate nelcorso delle varie ricerche condotte su 5tipologie di sistemi (campi eolici, tra-sporto aereo, trasporto ferroviario, mi-niere e Oil & Gas e trasporto dell’ener-gia), ci hanno fatto considerare il «meto-

do dei 5 perché» come lo strumento piùefficace e “veloce” per ipotizzare conragionevole oggettività la causa scate-nante.

Un caso di studioDi seguito vengono presentati alcuni ri-sultati di un’analisi condotta per la valu-tazione delle cause di danni e della loroseverità per gli impianti eolici.I dati analizzati per ogni impianto sonorelativi agli incidenti accaduti tra 2007 e2012 e sono stati raccolti con l’ausiliodi vari fonti tra cui internet (data baseonline, motori di ricerca), giornali epubblicazioni.Degli 825 casi analizzati inerenti gli in-cidenti negli impianti eolici, 38 sonostati selezionati con i criteri scelti per ilnostro studio ovvero causati da flora,fauna o fenomeni meteorologici.I risultati dell’analisi condotta sulle in-formazioni raccolte sono presentati informa grafica per una più immediata let-tura ed interpretazione nei grafici delleFigure 2, 3, 4, 5, e 6. Analizzando le cause di malfunziona-menti o di danneggiamenti dei genera-tori eolici troviamo, come evidenziatodal grafico della figura 2, come il climasia la principale causa di eventi indesi-derati e come questo sia quasi unifor-memente distribuito nelle aree ove mag-giormente vengano installati i generatori(la scarsa incidenza nelle aree tropicaliè presumibilmente dovuta ad una mino-re densità di impianti). Tra le zone cli-matiche, quella boreale registra un nu-mero di eventi maggiore, come rappre-sentato in Figura 2.La figura 4 rappresenta la distribuzionedegli indici di severità degli incidenti.La distribuzione dimostra che la mag-gior parte degli incidenti registrati negliimpianti eolici hanno una severità “criti-ca” cioè causano danni molto importan-ti al sistema con distruzione di parti ochiusura prolungata dell’impianto. Men-tre quelli a severità “trascurabile” sonoquasi inesistenti. Correlando le informa-zioni sulla severità con quelle relative al-le zone climatiche dove gli impianti so-no collocati riscontriamo che gli inci-

� “Wild Life” e globalizzazione �

> Tabella 4

> Tabella 1

> Tabella 2

> Figura 2

> Figura 3

> Figura 4

> Figura 5

> Tabella 3

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novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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denti aventi come fattore originario il“clima” hanno per lo più una severità“critica” e presentano una maggiore in-cidenza nella zona climatica “boreale”,seguiti dalla zona “temperata”.Le figure 5 e 6 riassumono i risultati del-

la correlazione della severità con la zo-na climatica.Oltre l’80% degli incidenti negli im-pianti eolici è dovuto al fattore “clima”,come evidenziato in figura 7. Dovendoquindi definire delle linee guida proget-tuali occorrerà introdurre soluzioni attea minimizzare gli effetti del clima ed inparticolare, come visibile nella figura 8,adottare accorgimenti tali da evitare cheforti tempeste con venti e fulmini, arre-chino danni all’impianto. Questa condi-zione infatti determina oltre l’80% deidanni agli impianti. Nel caso specificola “fauna e flora” tipicamente stormi osingoli volatili, poco incidono sulle cau-se delle anomalie. In oltre il fattore “clima” è causa, comepresentato nella figura 9, di oltre il 70%degli eventi con severità classificata co-me “critica”.In definitiva, dai risultati statistici dei da-ti raccolti e da quanto presentato neidiversi grafici, è evidente che la zona aclima boreale è una zona a rischio piùelevato per gli impianti eolici, mentre ilfattore “flora e fauna” possiamo consi-derarlo trascurabile.

ConclusioniIn tutti e 5 gli impianti analizzati, la per-centuale di incidenti a gravità “catastro-fico” e “critico” si rivela molto elevata.L’accadimento di un incidente quindi,comporta costi elevati da sostenere per ilsuo ripristino. Sarebbe quindi interessante, per mini-mizzare tali costi di ripristino, effettua-re un’analisi ambientale preventiva pri-ma della scelta di collocare o no unimpianto in un certa zona climatica,analisi non mirata esclusivamente a ve-rificare l’esistenza delle condizioni peril migliore funzionamento dell'impian-to solamente ai fini della produzione dienergia.I risultati qui riportati sono parziali poi-ché occorrerebbe correlare anche in-formazioni sulla stagionalità deglieventi. Ad esempio, nelle zone tropica-li infatti la presenza di tornado, poten-ziali cause di danneggiamento dell’im-pianto, si presentano con stagionalità.

O ancora, quando le cause sono legatealla “fauna” si riscontra che la causadominante è legata a stormi di uccelli,in questo caso, gli eventi si possonoverificare nel periodo della migrazione. Quanto sopra potrebbe portare a ragio-nare su delle azioni mitigatrice da attua-re solo in certi periodi dell’anno. Riassumendo, la metodologia (IE2A – In-terface Environment Effect Analysis) de-finita da Independent Consultants e quipresentata prevede i seguenti 10 passi:1. identificazione e caratterizzazione

dell’impianto;2. individuazione della zona climatica di

collocazione dell’impianto;3. ricerca delle informazioni pertinenti;4. individuazione delle cause;5. creazione di una base dati;6. analisi e correlazione dei dati;7. identificazione dei possibili impatti

sull’impianto in via di sviluppo;8. definizione delle azioni da intrapren-

dere per minimizzare gli impatti;9. implementazione delle azioni;10. verifica nel tempo dell’efficacia delle

soluzioni adottate.Applicando tale metodologia si riescead avere una analisi preventiva com-pleta di tutte le implicazioni che posso-no influenzare il corretto funzionamen-to di un impianto e la sua gestione neltempo, focalizzando correttamente tuttigli aspetti inerenti costi e qualità.

� NOTE1 Wladimir PETER geografo, botanico e climatolo-

go tedesco noto in campo climatologico poiché

padre dell’omonima classificazione dei climi.

� “Wild Life” e globalizzazione �

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

> Figura 6

> Tabella 5

> Figura 7

> Figura 8

> Tabella 6

> Figura 9

ELISABETTA CERITTIProfessore di Tecnologie e Sistemi di Lavora-

zione, Dipartimento di Ingegneria Meccanica

e Industriale - Università degli Studi di Brescia

[email protected]

GABRIELLE F. NEMANY POUNGUEYBTS Marketing in Camerun; Ingegnere Ge-

stionale, Università di Brescia

MAGDI ALIMERIGO EL SAWIIngegnere elettronico; partner di Indepen-

dent Consultants di Roma

[email protected]

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IntroduzioneLa crescente attenzione della comunitàinternazionale e del mondo delle impre-se per il problema dell’uso e consumosostenibile delle risorse idriche, ha spin-to la comunità scientifica ad elaboraremodelli per la comprensione degli im-patti ambientali che prodotti, processi edorganizzazioni hanno sull’acqua. Inquesto contesto si è andato via via affer-mando il concetto di «Water Footprint»,uno strumento per valutare questi impat-ti e supportare la definizione di strategieper prevenirli. L’articolo ha l’obiettivo di presentare l’e-voluzione del concetto di «Water Foot-print» fino all’ultima definizione all’inter-no del futuro standard internazionaleISO 14046. Tale norma, la cui pubblica-zione è prevista per il primo semestre2014, sarà il riferimento internazionaleper la conduzione di studi di Water Foot-print anche all’interno di una più com-pleta analisi di Life Cycle Assessment.

Il contesto di riferimentoLa crescita della popolazione mondialee lo sviluppo economico hanno impostoun grande stress sulla disponibilità di ri-

sorse naturali necessarie per garantire ilbenessere dell’umanità e delle future ge-nerazioni (Bates et al., 2008; El Gohemy,2012). Ciò comporta anche la necessitàdi gestire in modo sostenibile la risorsaidrica (UN, 2005, EU, 2012). Motivoprincipale di questo interesse sta nel fat-to che l’acqua dolce, elemento necessa-rio per la vita e alla base della maggiorparte dei processi industriali, è disponi-bile in quantità limitata sul nostro piane-ta. Le stime della comunità internaziona-le prevedono che entro il 2025 oltre dueterzi della popolazione mondiale vivràin condizioni di scarsità idrica (UN,2009); al contempo, dati reali mostranocome questo sia un problema già pre-sente anche in nazioni vicine alla nostraquali la Spagna, dove le condizioni discarsità previste per il 2025 sono già og-gi una realtà concreta (UNESCO, 2009).Anche il mondo delle imprese sta mo-strando una crescente sensibilità versoqueste tematiche, quantificando i rischied i costi legati all’uso e consumo diquesta importante risorsa. Ci sono aspettidiretti, quali i costi di gestione dovuti aiconsumi di acqua e al suo inquinamentoe quelli per la licenza di accesso alla ri-sorsa, e costi indiretti, quali i costi op-portunità legati alla propria capacità pro-duttiva in funzione della disponibilità diacqua ed i costi di immagine. L’interessedelle imprese per questo argomento èrafforzato da alcune iniziative dei merca-

ti nazionali ed internazionali come quel-li alla base dell’Environmental FootprintEuropeo (EU, 2013) o del Pact Enviro-mental Francese (Commissariat Généralau Développement durable, 2009) cheprevedono la possibilità di comunicaredirettamente sul packaging le performan-ce ambientali dei prodotti, incluso l’im-patto sulla risorsa acqua.Per rispondere alle esigenze di cono-scenza e gestione di questi costi e rischi,la comunità scientifica ha elaborato ilconcetto di «Water Footprint» (WF) e nelcorso del tempo ha proposto diversi mo-delli per la sua quantificazione.Le prime aziende a condurre studi diWF operano nel settore food & bevera-ge, come Coca Cola, Nestlè e Barilla.Da qui lo strumento del WF si è diffusonegli ultimi anni, in particolare per iprodotti del settore agricolo, allevamen-to, food and beverage, carta e packa-ging. Quello che però emerge dall’ana-lisi di queste applicazioni è soprattuttol’eterogeneità dei metodi utilizzati per ilcalcolo del WF. Un esempio emblemati-co di questa eterogeneità è messo inevidenza da uno studio condotto di re-cente su una marmellata di fragole daagricoltura biologica di un’azienda ita-liana: per lo stesso prodotto in questionesono stati applicati due metodi di valu-tazione del WF differenti e si sono otte-nuti risultati molto diversi (Manzardo etal., 2012) (tabella 1).

Anna MAZZI, Alessandro MANZARDO, Michela LONGO, Antonio SCIPIONI

Gli impatti ambientalisulla risorsa idrica

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

>>

Il Water footprintverso Il nuovo standard ISO 14046

The sustainable water management is a

key issue today: the new ISO 14046

will guide us in assessing water impacts

of products and processes.

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15� Ambiente, energia e sostenibilità �

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www.aicq.it

L’evoluzione del concetto di «Water Footprint»Quello che oggi chiamiamo WF, ovveroimpronta idrica di un prodotto, ha inrealtà origini diverse. Una prima defini-zione di WF si ha negli anni 90 quandoAllan (Allan, 1997) introduce per primoil concetto di “Virtual Water”, ovverouna misura del contenuto d’acqua deiprodotti. Questo indicatore è stato intro-dotto allo scopo di sensibilizzare la co-munità internazionale sulla grave scarsi-tà idrica di alcune regioni del mondo esulla possibilità di sopperire a questoproblema importando acqua sotto formadi contenuto idrico dei prodotti alimen-tari.Si deve aspettare ancora qualche annoper avere la prima vera definizione diWF come “misura complessiva dell’ap-propriazione di acqua dolce da partedell’uomo” (Hoekstra et al., 2002). Se-condo questo approccio, sono tre lecomponenti che contribuiscono alla mi-sura del WF: Blue water, Green water e il

biano dimostrato interesse per questostrumento, la convivenza nel mercato didiverse definizioni di WF e di numerosimodelli per la sua quantificazione ne hadi fatto limitato credibilità e diffusione.Per superare questi limiti e barriere nel2008 è stato avviato un processo di stan-dardizzazione a livello internazionale.

Il futuro standard ISO14046L’International Organization for Standar-dization (ISO), organizzazione interna-zionale per la definizione degli standard,a partire dal 2009 ha avviato un proces-so di normazione in tema di WF, che haportato nei mesi successivi a definire iltitolo, la struttura e i contenuti di unnuovo standard: la norma ISO 14046“Water Footprint - Principles, require-ments and guidelines” (ISO, 2013).Giunto ormai alle fasi finali del processodi normazione (la pubblicazione è previ-sta nel primo semestre 2014), questostandard propone requisiti e linee guida

Grey water (Tabella 2). Il WF secondoHoekstra, sebbene abbia avuto il meritodi aumentare l’attenzione da parte delmondo delle imprese sull’importanza digestire in modo corretto la risorsa idrica,viene criticato per l’incapacità di quanti-ficare gli impatti ambientali legati all’uti-lizzo di tale risorsa.A partire dal 2008 il concetto di WF vie-ne ulteriormente affinato grazie al contri-buto della comunità scientifica del LifeCycle Assessment (LCA) (tra gli altri, Ba-yart et al., 2010; Pfister, 2009). In questocontesto, il WF è definito come una “mi-sura dei potenziali impatti ambientaliche un prodotto, processo o organizza-zione ha sull’acqua in un’ottica di ciclodi vita”. Il WF dovrebbe quindi conside-rare diversi aspetti ambientali quali adesempio la disponibilità locale di risorsa,l’eutrofizzazione e l’eco-tossicità. La tabella 3 mette a confronto i tre diver-si approcci al concetto di WF, sottoli-neandone i vantaggi e i limiti.Sebbene grandi imprese nel mondo ab-

Prodotto studiato Metodo di calcolo utilizzato Risultato del calcolo

Water Footprint Network (Hoekstra et al., 2011) WF = 209,9 Litri

Water Scarsity Index (Pfister, 2009) WF = 88,4 Litri

16� Ambiente, energia e sostenibilità �

novembre/dicembre 2013

> Tabella 1. Risultati di uno studio di WF per una marmellata di fragole biologiche con due diversi metodi di calcolo

Componenti del WF Contenuti

Blue water quantità di acqua dolce prelevata da corpi idrici sotterranei o superficiali che a causa di processi quali evaporazione, inclu-

sione nei prodotti finiti, o trasferimento in altro bacino idrico non viene restituita all’ambiente da cui è stata prelevata

Green water quantità di acqua piovana che a causa dei processi di evapotraspirazione delle piante non contribuisce alla ricarica delle

falde

Grey water volume di diluizione necessario a ripristinare i parametri qualitativi dell’acqua inquinata in seguito al suo utilizzo

> Tabella 2. Componenti del WF (Hoekstra et al., 2011)

Approccio al WF

Virtual Water (Allan, 1997)

Water Footprint (Hoekstra et al., 2011)

Life Cycle Assessment (Bayart et al., 2010;

Pfister, 2009)

Vantaggi

Prima iniziativa in risposta al problema della

scarsità idrica

Misura degli impatti diretti e indiretti delle attivi-

tà umane sulla risorsa idrica, considerando tre

differenti tipologie di acqua (green, grey, blue)

Adozione di un approccio di ciclo di vita e va-

lutazione degli impatti a livello mid-point ed

end-point

Limiti

Incapacità di quantificare gli impatti sulla risor-

sa idrica

Misura espressa in volumi di acqua e difficoltà

nel considerare altri impatti ambientali dovuti

all’utilizzo della risorsa idrica

Limiti relativi ai dati di inventario e alle modalità

di valutazione degli impatti e mancanza di con-

siderazioni relative al contesto temporale e geo-

grafico

> Tabella 3: I precedenti modelli di WF a confronto

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per la conduzione di studi di WF. Sebbe-ne modifiche di natura formale siano an-cora possibili, i principi ed i contenutidello standard possono considerarsi or-mai consolidati.Alcuni elementi principali che caratteriz-zeranno il nuovo standard ISO 14046per il WF sono analoghi ai contenuti de-gli standard ISO 14040-44 del LCA (ISO,2006a, b):• si tratta di uno standard contenente re-quisiti e linee guida, non prevede unsistema di certificazione ma potrà es-sere condotta una verifica di terza par-te sulla metodologia seguita e sullescelte condotte durante lo studio (pro-cesso di critical review);

• i requisiti della standard seguono unapproccio di ciclo di vita (Life CycleThinking)

• lo studio deve essere strutturato in 4fasi, definizione dello scopo e delcampo di applicazione, analisi d’in-ventario, analisi degli impatti ambien-tali e interpretazione dei risultati;

• la valutazione degli impatti può esserecondotta a livello mid-point (ovverocaratterizzando usi e consumi di ac-qua in relazione ai potenziali rischisull’ambiente) oppure a livello endpoint (ovvero esprimendo come uso econsumo di acqua impattano sulle ca-tegorie di danno quali salute umana,ecosistemi e disponibilità di risorse na-turali).

Rispetto agli standard ISO 14040-44 delLCA (ISO, 2006a, b), il nuovo standard

ISO 14064 relativo al WF presenta an-che importanti elementi di novità:• lo studio di WF può essere applicatonon soltanto a prodotti/servizi, ma an-che a processi ed organizzazioni;

• la conduzione di uno studio di WFpuò avvenire come analisi a sé stanteoppure come parte di una più com-pleta analisi di LCA;

• lo studio di WF deve rappresentaretutti i potenziali impatti ambientali ri-tenuti significativi limitatamente all’ac-qua, valutandoli sia in termini quanti-tativi che qualitativi;

• la valutazione degli impatti ambientalinello studio di WF deve essere sito-specifica e considerare le condizionitemporali;

• i risultati di uno studio di WF possonoessere presentati come singolo indica-tore oppure come un set di indicatori(Water Footprint Profile);

• sono previsti dei requisiti anche in me-rito all’attività di reporting dello studiodi WF.

ConclusioniUn importante elemento di novità conte-nuto nello standard ISO 14046 chiariscel’estensione di uno studio di WF: si puòdefinire WF lo studio che non si fermaalla fase di inventory analysis ma cheprocede e conclude con la fase di im-pact assessment, superando così l’ap-proccio di water accounting tipico delprecedente modello di WF (Hoekstra etal., 2011) e adottando l’approccio di va-

lutazione di impatto tipico del modelloLCA (Bayart et al., 2010) (figura 1).In questo senso, il nuovo standard ISO14046 si pone come elemento di conti-nuità tra i precedenti modelli diffusisinegli scorsi anni sul mercato e al con-tempo guida tali modelli ad una fase dimaturità, dove si integrano e si competa-no a vicenda, fino a superare gli elemen-ti di debolezza che li hanno caratterizza-ti.

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� Gli impatti ambientali sulla risorsa idrica �tteemm

aa17

> Figura 1. I diversi step e i diversi livelli di WF secondo il framework di ISO 14046

Goal and ScopeDefinition

InterpretationInventoryAnalysis

Impact Assessment

WATER ACCOUNTING

WATER FOOTPRINT

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Organization. Parigi

� Gli impatti ambientali sulla risorsa idrica �

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

tteemm

aa18

ANNA MAZZIIngegnere, Ph.D.; assegnista di ricerca e do-

cente a contratto presso Centro Studi Qualità

Ambiente del Dipartimento di Ingegneria In-

dustriale - Università di Padova

[email protected]

ALESSANDRO MANZARDOIngegnere gestionale; dottorando presso il Cen-

tro Studi Qualità Ambiente del Dipartimento di

Ingegneria Industriale - Università di Padova

[email protected]

MICHELA LONGOassegnista di ricerca presso Centro Studi Qua-

lità Ambiente del Dipartimento di Ingegneria

Industriale - Università di Padova

[email protected]

ANTONIO SCIOPIONIProfessore e responsabile del Centro Studi

Qualità Ambiente del Dipartimento di Inge-

gneria Industriale - Università degli Studi di

Padova

[email protected]

Eventi SETTIMANA EUROPEA DELLA QUALITÀ 2013

“MADE IN QUALITY - MADE FOR SUCCESS”11-17 NOVEMBRE 2013

Anche quest’anno sono previsti nu-

merosi appuntamenti sull’intero terri-

torio nazionale dedicati alla diffusio-

ne della cultura della Qualità, all’in-

terno del quadro di programmi che

vanno sotto il nome di «settimana eu-

ropea della qualità».In tutto il conti-

nente europeo l’EOQ - European Organization for Quality - sin dal 1995 promuove annualmente questo importante appun-

tamento mondiale; è un focus per posizionare in contemporanea le campagne di sensibilizzazione e di promozione della co-

noscenza dei vantaggi di una corretta implementazione della qualità (in particolare) e dei sistemi di gestione (in generale);

obiettivo fondamentale rimane, quindi, la promozione della corretta condivisione degli strumenti culturali necessari per ac-

crescere sia la competitività delle organizzazioni, sia la soddisfazione dei cittadini/clienti.

In Italia, le numerosissime manifestazioni sono state organizzate dalle otto AICQ federate all’interno di appositi programmi

disponibili nei loro rispettivi siti istituzionali.

In Italia gli appunti ruotano, temporalmente attorno alla “settimana europea della Qualità”, che quest’anno va dall’11 al 17

novembre, ed in particolare alla “Giornata Mondiale della Qualità”: 14 novembre 2013.

In realtà, per aumentare la platea dei colleghi potenzialmente interessati i programmi solitamente partono ad ottobre e si pro-

traggono anche fino a marzo dell’anno successivo.

Per gli eventi proposti dalle Federate AICQ ci si può informare sui siti web corrispondenti, raggiungibili anche dal sito

www.aicqna.com

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IntroduzioneIl fenomeno dei cambiamenti climaticiche interessano il nostro pianeta è rico-nosciuto come una delle sfide più gran-di che l’umanità abbia mai dovuto af-frontare. La Comunità Internazionale, apartire dal Protocollo di Kyoto (UN,1992; UNFCCC, 1997, 2010) e con ilpiù recente Bali Action Plan (UNFCCC,2008), ha confermato la necessità di in-traprendere azioni concrete per limitarela causa di questi fenomeni riconosciutanell’emissione in atmosfera dei cosid-detti gas serra, principalmente dovuti al-l’utilizzo di combustibili fossili per laproduzione di energia.Anche la Comunità Europea, particolar-mente attenta a questo problema, si èposta obiettivi ambiziosi come quello diridurre del 20% le emissioni di questigas entro il 2020 investendo nella diffu-sione delle fonti rinnovabili di energia epromuovendo iniziative per il risparmioenergetico (EC, 2010).

Presentazione del progettoIl progetto intende far nascere nel territo-rio transfrontaliero tra Italia e Sloveniauna rete di Living Lab denominati

“EnergyViLLab” (Energy Virtuos LivingLab), ovvero dei laboratori virtuali all'in-terno dei quali interagiscono diversi sog-getti, pubblici e privati, interessati a spe-rimentare applicazioni e soluzioni inno-vative incentrate sull’uso di energie dafonti rinnovabili, sul risparmio energeti-co e su forme di mobilità sostenibile.L'iniziativa, finanziata nell’ambito delProgramma per la Cooperazione trans-frontaliera Italia-Slovenia 2007-2013,dal Fondo europeo di Sviluppo Regio-nale e dai fondi nazionali, collega espe-rienze slovene e italiane.EnergyViLLab si pone dunque come “fa-cilitatore”, incubatore di idee, rete perlo scambio di buone prassi e mediatoredi innovazione, con lo scopo di trarreutili spunti e sollecitazioni per nuovepolitiche partecipative di sviluppo eco-sostenibile.La figura 1 riporta i loghi del progettoEnergy Villab, della linea di finanzia-mento europeo Interreg Italia-Slovenia edei ministeri italiano e sloveno che so-stengono l’iniziativa.L’iniziativa coinvolge territori del Veneto(con le province di Venezia, Padova, Tre-viso), del Friuli Venezia Giulia (provin-cia di Pordenone), dell’Emilia Romagna(provincia di Ravenna), nonché le regio-ni slovene Obalno-kraška (provincia diCapodistria), Goriška (province di NovaGorica e di Tolmino), Osrednjesloven-ska (provincia di Lubiana).

Le attività progettuali, avviate a novem-bre 2011, hanno una durata di 31 mesie si concluderanno il 31 maggio 2014.Nell’ambito del progetto si prevede lacostituzione di sei EnergyViLLab pilotanell’area transfrontaliera.L’approccio dei Living Lab, sostenutidalla Commissione europea come unaforma di partenariato pubblico-privato,intende favorire forme di innovazioneaperta, guidata da chi sul territorio viveed opera.In tal senso, EnergyViLLab coinvolgeuniversità, centri di innovazione, PMI,distretti produttivi, municipalità e citta-dini per promuovere lo sviluppo dicomportamenti virtuosi nella produzio-ne e nell'uso dell’energia.

tteemmaa

Antonio SCIPIONI, Filippo AGUIARI, Filippo ZULIANI, Stella CATTO>>

Il progetto energetico nei Living Lab

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

� Ambiente, energia e sostenibilità �19

Developing new solutions for energy

sustainability is a goal of the cross-bor-

der cooperation project involving 15

Italian and Slovenian partners.

> Figura 1. Loghi del progetto, della linea di finanzia-

mento e dei ministeri sostenitori

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FOR. A.L.L. - FORte PoerioArea Living Lab C.R.A.C.A. è il promotore di un progettopilota finalizzato al recupero dell’area“Forte Poerio” presso Mira (VE), caratte-rizzata dalla presenza di un forte milita-re in disuso e un parco circostante. Ilprogetto si propone di dare una nuovautilità all'area abbandonata del Forte,promuovendo il coinvolgimento dellacomunità locale per mezzo di un pro-cesso partecipato. Tali obiettivi sarannoraggiunti grazie all’utilizzo di “CasaFu-tura”, un prototipo di “casa passiva” giàpresente all’interno dell’area, che potràdiventare un polo di promozione, svi-luppo e diffusione di soluzioni per il ri-sparmio energetico.

GEO-ENLAB - GEOthermaIENergy Living LAB Il Comune di Teolo, in collaborazionecon il Dipartimento di Ingegneria Indu-striale dell’Università di Padova, è sede leprogetto GEO-ENLAB, che si integra alSistema di Gestione Ambientale registra-to EMAS già presente nel Comune e alPiano d’Azione per l’Energia Sostenibilestabilito dal Comune in linea con il Pattodei Sindaci. L’obiettivo è quello di perse-guire i traguardi energetici del Comune,rivolti sia al settore pubblico sia al priva-to, privilegiando l’applicazione e le diffu-sione delle tecnologie geotermiche.

sensibilizzazione e informazione adopera degli EnergyViLLab, porteranno alloro riconoscimento nella rete ENoLL(European Network of Living Labs).La costituzione di un network transfron-taliero di EnergyViLLab, costituito da 6EnergyViLLab pilota, sarà seguita da altri4 EnergyViLLab potenziali, allo scopo difacilitare lo scambio di informazioni ebuone prassi e ampliare la capacità dielaborazione congiunta di progetti e ini-ziative RRM tra Italia e Slovenia.La figura 2 rappresenta la distribuzionegeografica, sul territorio transfrontalieroItalia-Slovenia, dei 9 EnergyViLLab svi-luppati nel corso del progetto.

In tabella 1 è riportato l’elenco dei part-ner di progetto.

Descrizione dei laboratorivirtualiI Living Lab sono incentrati sull’applica-zione di tecnologie R-R-M:• RES: Renewable Energy Sources / fon-ti di energia rinnovabile;

• RUE: Rationale Use of Energy / usorazionale dell’energia;

• MOB: Sustainable Mobility Systems /sistemi di mobilità sostenibile.

L’incremento di progetti, iniziative pilotae realizzazioni RRM nel territorio trans-frontaliero, accompagnati da attività di

Nome del partner Regione Paese

Unioncamere del Veneto – Eurosportello (Lead Partner) Veneto Italia

C.R.A.C.A. - Centro Regionale di Assistenza per la Cooperazione Artigiana) Veneto Italia

Università degli Studi di Padova - Dipartimento di Ingegneria Industriale - Centro Studi Qualità Ambiente Veneto Italia

Provincia di Treviso Veneto Italia

Camera di Commercio di Venezia Veneto Italia

Comune di Jesolo Veneto Italia

ConCentro - Azienda Speciale della Camera di Commercio di Pordenone Friuli Venezia Giulia Italia

I.A.L. Innovazione Apprendimento Lavoro Friuli Venezia Giulia Friuli Venezia Giulia Italia

Università di Lubiana - Facoltà di Ingegneria Meccanica (U.L. F.S.) Osrednjeslovenska Slovenia

Istituto per lo Sviluppo dell'Innovazione dell'Università di Lubiana (I.R.I. U.L.) Osrednjeslovenska Slovenia

Centro di Sviluppo della Valle dell'Isonzo (P.R.C.) Goriška Slovenia

Agenzia Locale per l'Energia della Goriška (G.O.L.E.A. Nova Gorica) Goriška Slovenia

Fondazione Istituto sui Trasporti e la Logistica - Ravenna Emilia Romagna Italia

Comune di Musile di Piave Friuli Venezia Giulia Italia

Università del Litorale (Primorska) - Facoltà Matematica, Scienze Naturali e Tecnologie Informatiche (FAMNIT) Obalno-kraška Slovenia

> Tabella 1: partner di progetto

> Figura 2: distribuzione geografica dei ViLLab di progetto

� Ambiente, energia e sostenibilità �

www.aicq.itnovembre/dicembre 2013

20ttee

mmaa

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piccole e medie dimensioni attive nelcampo dell’efficienza energetica degliedifici, l’Università del Litorale, i comu-ni e gli abitanti. Le attività consistononella promozione dell’efficienza ener-getica delle case private e nell’informa-zione ai cittadini sulle modalità con cuipossono ridurre l’impatto ambientaleaumentando l’efficienza energetica delproprio immobile.

GREEN SCHOOLSLa Provincia di Treviso è responsabiledell’avvio dell’EnergyViLLab GreenSchools, che mira ad aumentare l’effi-cienza energetica all'interno degli edifi-ci scolastici. Per la gestione del propriopatrimonio immobiliare, costituito inprevalenza da edifici per l’istruzione se-condaria superiore, la Provincia haadottato da anni la formula di outsour-cing attraverso un contratto di “GlobalService”. Nel caso di edifici scolasticiquesto approccio permette di coinvol-gere gli utenti abituali (studenti e perso-nale) nel corretto uso degli edifici e del-le strutture, permettendo un effetto mol-tiplicatore ottenuto attraverso comporta-menti virtuosi che gli studenti farannopropri per il futuro. La nuova esperien-za sperimenta una formula contrattualeper la gestione energetica (EPC – EnergyPerformance Contract), che miglioraral’efficienza attraverso una serie di im-portanti investimenti tecnologici già sta-biliti nel contratto di aggiudicazione.

VILAGO - Virtual Laboratoryfor Efficient Energy inPublic Buildings GOLEA GOLEA - l’Agenzia Locale per l’Energiadi Nova Gorica, è attiva su un ampioterritorio del litorale (23 comuni). L’o-biettivo del laboratorio energetico vir-tuale VILAGO è istituire un ambientegenerico e creativo per creare le condi-zioni per un utilizzo efficiente dell’ener-gia negli edifici pubblici. È prevista lacreazione di un registro relativo all’uti-lizzo dell’energia negli edifici pubblici,che verrà utilizzato per semplificare ilprocesso decisionale per gli interventi dirinnovamento energetico degli edifici

tro e sviluppata in collaborazione conARES, l'Agenzia Regionale per l'EdiliziaSostenibile, è rivolta in particolare al di-stretto industriale del coltello di Mania-go e prevede la promozion di iniziativelegate al risparmio energetico.

MobiTo - Sustainablemobility Living Lab inTolmin Tolmino è una piccola città con un traf-fico relativamente importante ma conuna mobilità da migliorare in ottica disostenibilità. Il progetto MobiTo pro-muove la mobilità sostenibile all’inter-no della città e tra essa e le zone circo-stanti, riducendo l’utilizzo di automobi-li private all’interno della città e poten-ziando l’utilizzo di biciclette comemezzo di trasporto quotidiano. Un’ana-lisi della mobilità cittadina e pericittadi-na evidenzierà le effettive necessità de-gli utenti e sarà alla base di uno studiodi fattibilità per il futuro trasporto pub-blico a maggiore efficienza energetica.

SME VILLAB Presso l’Università del Litorale, Facoltàdi Scienze matematiche, naturali e tec-nologie informatiche (UP FAMNIT), illaboratorio SME Villab si occuperà dimettere in comunicazione imprese di

SEM - Summer EnergeticManagement Living Lab Il Comune di Jesolo, territorio a fortevocazione turistica, registra una sensibi-le variazione del consumo di energiadurante il periodo estivo (per climatiz-zazione e refrigerazione). Il progettoSEM mira a favorire l’incremento dellaproduzione energetica da fonti di ener-gia rinnovabili e a informare le realtà ri-cettive e turistiche sui sistemi di gestio-ne volti a un uso più razionale dell’e-nergia. I principali attori coinvolti sonola Pubblica Amministrazione, i cittadi-ni, gli operatori economici e turisticiche si attiveranno per migliorare la retedi distribuzione energetica e ridurre ilconsumo di energia. È previsto anche ilcoinvolgimento dei turisti, che riceve-ranno consigli utili a stimolare, duranteil soggiorno, comportamenti virtuosiche consentano la riduzione degli spre-chi di energia.

ENVICUT - Energy ViLLabCUTIery ClusterIl progetto sperimenta l’applicazione, daparte della Regione Friuli Venezia Giu-lia, del protocollo di valutazione ener-getico-ambientale degli edifici pubblicie privati in ambito di edilizia industriale.L'azione pilota, coordinata da ConCen-

> Figura 3: distribuzione dei ViLLab in termini di strategie per la sostenibilità e ambito degli interventi

� Il progetto energetico nei Living Lab �

novembre/dicembre 2013www.aicq.it

21tteemm

aa

Page 24: AICQaicqna.it/wp-content/uploads/2013/11/AICQ_6completo.pdf · 2016-01-14 · vanti per il raggiungimento dello scopo aziendale e in via resi-duale per gli altri stakeholders10. Il

22

Edgar H. SCHEIN, CULTURE D’IMPRESA «come affrontare

con successo le transizioni e i cambiamenti organizzativi». La

cultura d’impresa, da tema elitario per pochi studiosi, è divenu-

to un argomento di estremo interesse per manager, dirigenti ed

esperti impegnati nella gestione del cambiamento. L’A., studio-

so di fama mondiale, illustra: la cultura d’impresa e i suoi in-

gredienti; come si valuta; come si affronta il cambiamento; di

come la cultura condizioni il modo di lavorare; consigli pratici

per approcciare situazioni che richiedono cambiamenti. Schein

ricorda che Kurt Lewin affermava: «non si può comprendere

un’organizzazione fino a quando non si prova a cambiarla».

[Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000]

tteemm

aa� Il progetto energetico nei Living Lab �

www.aicq.itnovembre/dicembre 2013

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work Convention on Climate Change.

� RIFERIMENTO DI PROGETTOhttp://www.energyvillab.eu/

dell’energia solare e delle energie rinno-vabili generate. Il progetto pilota è statoindividuato in una piccola area diespansione e gli obiettivi sono: uso dimateriali eco-compatibili, risparmioenergetico, energia pulita, risparmioidrico, costi contenuti ed educazioneambientale.

ConclusioniIl progetto EnergyViLLab è in fase di pie-na realizzazione e si concluderà a metà2014. Già ora è però possibile esprime-re alcune considerazioni generali in rife-rimento ai ViLLab che si vanno a costi-tuire nel progetto.In particolare, è interessante riconoscerecome le iniziative siano tra loro eteroge-nee (e per questo anche complementari)sotto diversi punti di vista:• dal punto di vista dell’ambito di inter-vento, la maggior parte dei ViLLab siriferiscono al settore pubblico, alcunisi rivolgono al settore privato e altriancora si rivolgono ai cittadini/utenti;

• dal punto di vista dei contenuti, i pro-getti propongono interventi di sosteni-biltà energetica che nella maggiorparte dei casi si traduce in uso razio-nale dell’energia, in qualche caso insviluppo di energia da fonti rinnovabi-li e in qualche altro caso in mobilitàsostenibile.

La figura 3 sintetizza la diversità dei di-versi progetti di EnergyViLLab in riferi-mento agli ambiti di intervento e alla ti-pologia di interventi di sostenibilitàenergetica considerati.

� BIBLIOGRAFIAEC (European Commission), 2010. Communication

from the Commission Europe 2020. A strategy for

smart, sustainable and inclusive growth.

COM(2010) 2020 final.

(ESCO - contratti energetici). Un ulterio-re obiettivo è mettere in contatto gli in-teressi pubblici e quelli privati sotto for-ma di nuove opportunità lavorative(ESCO - contratti energetici) che contri-buiranno all’aumento dei posti di lavoronel settore privato.

LOGNET. LL - LogisticNetwork Living LabLOGNET Living Lab si propone di defi-nire, nell’ambito della logistica, un mo-dello sostenibile di trasporto capace diincidere sulla razionalizzazione del pro-cesso di pianificazione dei trasporti, at-traverso una progressiva integrazione traoperatori logistici ed aziende industriali.Il Living Lab mette in luce i benefici de-rivanti dall'implementazione del nuovomodello di trasporto, in grado di genera-re risparmi economici per le imprese,nonché di incidere sulla riduzione del-l’impatto ambientale. A tal fine sono sta-te coinvolte tre imprese meccaniche edue consorzi di autotrasporto della pro-vincia di Ravenna. Contestualmenteall’affiancamento delle imprese, nellosviluppo del Living Lab è stata avviataun’opera di disseminazione verso laProvincia di Rimini, che ha visto il pro-gressivo coinvolgimento di l’Unione diMestiere degli Auto Trasportatori provin-ciale e regionale (FITA-CNA).

ENERSAVED - EnergySaver District Il Comune di Musile di Piave sta svilup-pando un progetto di Living Lab legatoalla sostenibilità di un quartiere urbano.Gli obiettivi principali del progetto sonola promozione di linee d’azione e politi-che urbanistiche volte a favorire ed in-centivare interventi edilizi ad elevata so-stenibilità ambientale, lo sfruttamento

ANTONIO SCIPIONIProfessore e responsabile del Centro Studi Qua-

lità Ambiente del Dipartimento di Ingegneria

Industriale - Università degli Studi di Padova

[email protected]

FILIPPO AGUIRIAssegnista di ricerca presso il Centro Studi

Qualità Ambiente del Dipartimento di Inge-

gneria Industriale - Università di Padova

[email protected]

FILIPPO ZULIANIAssegnista di ricerca presso il Centro Studi

Qualità Ambiente del Dipartimento di Inge-

gneria Industriale - Università di Padova

[email protected]

STELLA CATTOCollabora con il Centro Studi Qualità Ambiente

del Dipartimento di Ingegneria Industriale -

Università di Padova

[email protected]

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L’acqua: una risorsafondamentale per losviluppoL’acqua è vita. È la risorsa che sostienegli ecosistemi e regola il nostro clima,ma ha la caratteristica di essere una ri-sorsa limitata seppur abbondante sul pia-neta (UNESCO, 2009). L’acqua dolce di-rettamente accessibile al consumo del-l’uomo è inferiore all’1% della disponi-bilità idrica a livello mondiale. I cambia-menti climatici in atto a livello globale,la popolazione mondiale in crescita el’inquinamento sono solo alcuni fattoriche portano a un crescente dibattito sul-la disponibilità di acqua dolce per il no-stro futuro (IPCC, 2009; WBCSD, 2006;2009). L’Europa, storicamente, non è uncontinente arido in quanto presenta mol-te fonti di approvvigionamento idrico,tuttavia la carenza idrica è un fenomenopreoccupante che si presenta con sem-pre maggiore frequenza e riguarda piùdel 10% della popolazione europea equasi il 20% del territorio. Ciò è da ri-condurre essenzialmente a tre cause: ilsovra sfruttamento della maggior partedelle fonti di approvvigionamento idrico,il fenomeno del riscaldamento globale

che ha prodotto l’aumento delle tempe-rature medie in tutta Europa ed alla geo-morfologia dell’Unione Europea che de-termina una distribuzione dell’acquanon omogenea e diversi livelli di dispo-nibilità locale (EU, 2011). I fenomeni di siccità si stanno intensifi-cando con il passare del tempo, genera-no forti costi, che si stimano attorno ai100 miliardi di euro negli ultimi trent’an-ni. Lo sviluppo demografico e socio eco-nomico producono una crescita genera-lizzata della domanda di acqua in tuttaEuropa con l’effetto di aumentare lapressione sulle risorse idriche. Inoltre, sistima che gli sprechi di acqua in Europasiano compresi fra il 20 e il 40% delle ri-sorse idriche disponibili e che siano do-vuti a: perdite nelle reti idriche, mancan-za di tecnologie water-saving, processi diirrigazione non ottimizzati, ecc. In talsenso la razionalizzazione dei consumie degli usi rappresenta la prima rispostaefficacie per fronteggiare avversità diquesto tipo. Inoltre, se si considera chela risorsa acqua è fortemente sito-specifi-ca, si rafforza il concetto che la sua cor-retta gestione è un elemento fondamen-tale per rendere compatibili le richiestedi risorse idriche alle disponibilità locali(EU, 2000).Di fronte a questa situazione, l’UnioneEuropea, con una solida presa di co-scienza, forte della consapevolezza cheun adeguato approvvigionamento di ri-

sorse idriche, di buona qualità, rappre-senta un requisito imprescindibile per ilprogresso sociale ed economico dei pae-si dell’Unione Europea, ha attuato unaserie di azioni che mirano a migliorarel’efficienza della gestione dell’acquache, di fatto, sta diventano sempre di piùuna risorsa strategica primaria, elementochiave per lo sviluppo sostenibile deipaesi (EU, 2000; 2011).

Presentazione del progettoPer indirizzare gli sforzi nella giusta dire-zione, l’Unione Europea ha individuato isuoi principali problemi legati alla gestio-ne della risorse idriche a livello urbano:• la qualità dell’acqua, per via di tecno-logie di trattamento e tecnologie in-stallate a livello edilizio obsolete;

• la sua gestione da parte dei cittadini,per via della scarsa sensibilizzazione edell’utilizzo non cosciente dell’impor-tanza di questa risorsa verso la qualepercepiscono disponibilità scontata;

• i problemi di inondazioni, per le ele-vate velocita di urbanizzazione delsuolo;

• la gestione della rete idrica.In questo contesto si inserisce il progetto

Antonio SCIPIONI, Filippo AGUIARI, Filippo ZULIANI, Stella CATTO>>

Strumenti per la gestionesostenibile dell’acqua

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

� Ambiente, energia e sostenibilità �

A livello urbano: il progettoUrban Water Footprint

9 organizations from 5 European coun-

tries participate to the Central Europe

project for improve the use of water in

urban areas through innovative tools.

> Figura 1: Loghi del progetto e della linea di finanzia-

mento

23tteemm

aa

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“URBAN_WFTP: Introduction of WaterFootprint (WFTP) Approach In UrbanArea To Monitor, Evaluate And ImproveThe Water Use”, finanziato dal CentralEurope da sempre sensibile alle temati-che ambientali strategiche per lo svilup-po. In figura 1 sono riportati i loghi delprogetto e quelli della linea di finanzia-mento di riferimento.Il progetto, che si svolgerà nell’arco delbiennio 2012-2014, ha come partnerleader il Dipartimento di Ingegneria In-dustriale dell’Università degli Studi di Pa-dova, coinvolge 5 Paesi del centro Euro-pa e vede la partecipazione di 9 partner,presentati nel dettaglio in tabella 1.Il team di progetto garantisce la trasversa-lità delle conoscenze: l’Università di Pa-dova e le Università di Innsbuck e Wro-claw, con grande competenza nel campodelle tematiche ambientali, rappresenta-no il cuore scientifico del progetto, le au-torità locali rappresentano i migliori attoriper la creazione di politiche e strategie disviluppo locali, e le altre organizzazionipartner offrono esperienza nel settoredella gestione dell’acqua e nella comuni-cazione di progetto, essenziale per il co-involgimento degli stakeholders.Il progetto focalizza la sua attenzionesull’ottimizzazione dei consumi e usiidrici civili che presentano ampi marginidi miglioramento. Infatti, l’acqua, inun’area urbana, può essere consumataper usi civili o industriali, mentre gli usiindustriali sono legate a logiche eteroge-

nee di processo, gli usi civili sono spessolegate ad elevati sprechi, utilizzo di tec-nologie obsolete e scarsa sensibilità deicittadini rispetto al problema.Obiettivo primario del progetto è creareun approccio comune che permetta dimigliorare le politiche di gestione del-l’acqua a livello urbano attraverso l’at-tuazione di azioni mirate, approccio chepotrà successivamente essere sfruttatonel resto dell’Europa Centrale. In riferi-mento alle problematiche individuatedall’Unione Europea, legate alla gestionedelle risorse idriche a livello urbano,questo approccio mira al conseguimentodi alcuni obiettivi chiave:• sostenere le attività ecocompatibili: in-fatti l’adozione di questo approccioaiuterà i comuni nella definizione dipolitiche rispettose dell’ambiente, pia-ni e strategie di quantificazione deibenefici ambientali ottenibili attraver-so l’introduzione di nuove tecnologie,la promozione di attività per il raffor-zamento della partecipazione di so-cietà responsabili nella gestione deiservizi idrici e la crescita della consa-pevolezza dei cittadini;

• promuovere tecnologie rispettosedell’ambiente: l’identificazione dellesoluzioni tecnologiche a risparmioidrico, più efficienti per la gestione etrattamento delle acque nelle aree ur-bane e la loro promozione, costituisceun’attività chiave del progetto;

• creare vantaggi economici: una mi-

gliore gestione delle risorse idriche eminori utilizzi di acqua hanno impattipositivi sui costi di questa risorsa;

• ottenere benefici ambientali: migliora-re la qualità dell’acqua e diminuire lostress sulla risorsa dovuto al sovrasfruttamento permette di ridurre gliimpatti sull’ecosistema;

• favorire un approccio comune piùampio riguardo la gestione delle ac-que urbane: definizione di strategiecomuni in materia di gestione dell’im-pronta idrica delle aree urbane basatesul risparmio idrico, l’innovazione tec-nologica e la promozione della cono-scenza transazionale.

La metodologia scientifica alla base delprogetto è rappresentata dal Water Foot-print (Hoekstra et al., 2011), strumento dilivello internazionale, la cui applicazioneè in forte espansione, che quantifica iconsumi, intesi come perdite di acquadolce, avvalendosi di 3 indicatori: Bluewater, Green water e Grey water. Le atti-vità progettuali si articolano in 6 “WorkPackages”, che sono presentate in tabella2. Il progetto presenta una prima parte diattività a carattere scientifico ed innovati-vo che si identificano nella creazione diun metodo che permetta l’applicazionedella metodologia Water Footprint (WF)alle aree urbane per lo studio dei consu-mi e usi civili di acqua ai fini di crearel’approccio gestionale. Una seconda par-te che prevede l’applicazione del meto-do innovativo agli “Urban Water Foot-print Labs”, che costituiscono le aree ur-bane pilota di test ai fini di valutare l’effi-cacia del metodo e il confronto dei risul-tati ottenuti. Il progetto prevede tre diver-si laboratori urbani situati a: Vicenza,Innsbruck e Wroclaw. Infine, le attività siarticolano, in una terza ed ultima parte,focalizzata sulla diffusione dell’approc-cio attraverso la formazione di tecnicispecifici e il coinvolgimento degli stake-holders ad ogni livello.

Stato di avanzamento del progettoIl progetto è iniziato a novembre 2012 esi concluderà a fine 2014. In questi mesisi trova nel pieno della fase 1, ovvero sta

� Ambiente, energia e sostenibilità �

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

> Tabella 1: Partner ufficiali del progetto URBAN_WFTP

tteemm

aa24

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affrontando la sfida riguardante la crea-zione di un apposito modello che per-metta di applicare la metodologia WaterFootprint alle aree urbane. In seguito aimeeting di Innsbruck e Norimberga, av-venuti rispettivamente a febbraio e a giu-gno di quest’anno, i partner di progettohanno condiviso la metodologia di lavo-ro, stabilendo di strutturare il calcolo delWater Footprint nelle aree urbane su di-versi livelli:• il primo livello, già sviluppato in modocongiunto dalle tre Università partner,considera i macro flussi di acqua in in-gresso e uscita dalla città, quantifican-do l’indicatore WF a livello globale;

• il secondo livello è in fase di sviluppoe prevede di dividere la città in funzio-ne dei differenti utilizzi dei suoli urba-ni, sfruttando quindi un approccio subase area; in questo caso sarà possibi-le individuare e mappare eventuali zo-ne urbane critiche dove l’indicatoreassume valori elevati;

• il terzo livello è in fase di sviluppo eprende in considerazione le diverse ti-pologie di strutture che generano con-sumi di acqua; questo livello permette-rà di comprendere meglio l’influenzadelle politiche locali e le possibilità diintrodurre tecnologie water saving;

• trasversalmente a questi tre livelli dimodellazione vi è il modello virtualwater, da poco sviluppato, che conta-bilizza i flussi di virtual water generatidagli scambi di merci in ingresso euscita dalle aree urbane.

La modellazione su più livelli è stataideata per dare vita ad un approccio fles-sibile, in grado di fornire diversi livelliapplicativi in funzione delle risorse chesi desiderano investire e del dettagliocon il quale si vogliono ottenere i risulta-

ti. Nei prossimi mesi, una volta ultimatol’approccio, le attività progettuali entre-ranno nella WP4 con la creazione deilaboratori urbani ai quali verrà applicatol’approccio sviluppato.

ConclusioniAll’interno del progetto URBAN_WFPT èpossibile riconoscere alcuni elementi in-teressanti che contribuiscono allo svilup-po di nuove modalità di gestione localesostenibile dell’acqua.Prima di tutto, il progetto costituisceun’esperienza innovativa in quanto ap-plica l’approccio Water Footprint ad areeurbane e sfrutta la capacità di questostrumento di poter essere utilizzato oltreche come strumento di water manage-ment anche come strumento di pianifi-cazione. Proprio in questo suo utilizzo,le pubbliche amministrazioni, potrannofarne un uso strategico, valutando diversipiani di sviluppo urbano.Nel progetto, la scelta di creare un ap-proccio multilivello permette una flessibi-lità molto preziosa, che permette allepubbliche amministrazioni di approcciar-si al problema della gestione dell’acquacon diversi livelli di dettaglio ai fini di ri-spondere a problematiche specifiche.Infine, un altro punto di forza del proget-to è quello di focalizzare sull’introduzio-ne di nuove tecnologie attivando a 360°i diversi stakeholders, a partire dalleaziende produttrici e ai consumatori pri-vati e pubblici.

� BIBLIOGRAFIAEU, 2000. Direttiva 2000/60/Ce del Parlamento Eu-

ropeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istitui-

sce un quadro per l’azione comunitaria in materia di

acque. Parlameto Europeo. Bruxelles

EU, 2011. Carenza e siccità nell’Unione Europea.

Parlameto Europeo. Bruxelles

Hoekstra, A.Y., Chapagain,A.K., Aldaya, M.M., Me-

konen, M.M., 2011. The Water Footprint Assessment

Manual. Setting the Global Standard.

IPCC, 2008. Climate Change and Water, Technical

Paper VI. Intergovernmental Panel on Climate Chan-

ge. Ginevra.

UNESCO, 2009. The United Nations World Water

Development Report 3–Water in a Changing World.

United Nations Educational Scientific and Cultural

Organization. Pargi.

WBCSD, 2006. Business in the world of water:

WBCSD Water Scenarios to 2025. World Business

Council for Sustainable Development. Ginevra.

WBCSD, 2009. Water for Business, Initiatives guiding

sustainable water management in the private sector.

World Business Council for Sustainable Develop-

ment. Ginevra.

� RIFERIMENTO DI PROGETTOhttp://www.urban-wftp.eu/

� Il progetto energetico nei Living Lab �

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

tteemmaa

25

Work package di progetto (WP)

Fase N° WP Scopo Partner guida

/ WP 1 Gestione e coordinazione del progetto PP2

WP 2 Gestione della comunicazione e della disseminazione PP2

1 WP 3 Definizione dell’approccio Water Footprint per aree urbane PP9

2 WP 4 Attivazione dei 3 laboratori urbani PP6

WP 5 Definizione e attivazione di piani di miglioramento nella gestione delle acque PP2

3 WP 6 Attività di formazione e definizione di una strategia per replicazione attività PP2

ANTONIO SCIPIONIProfessore e responsabile del Centro Studi Qua-

lità Ambiente del Dipartimento di Ingegneria

Industriale - Università degli Studi di Padova

[email protected]

ANDREA LOSSIngegnere chimico; collabora con il Centro

Studi Qualità Ambiente del Dipartimento di

Ingegneria Industriale - Università di Padova

[email protected]

ALESSANDRO MANZARDOingegnere gestionale; dottorando presso il Cen-

tro Studi Qualità Ambiente del Dipartimento di

Ingegneria Industriale - Università di Padova

[email protected]

CHIARA PIERETTOassegnista di ricerca presso il Centro Studi Qua-

lità Ambiente del Dipartimento di Ingegneria

Industriale - Università di Padova

[email protected]

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La travagliata genesi dell’AutoritàLa storia delle Autorità indipendenti ini-zia, alla fine del diciannovesimo secolo,proprio nel settore dei trasporti: «Le au-torità sono nate negli Stati Uniti un seco-

lo fa con il nome di “Indipendent Regu-latory Commissions”. La prima (1887) fula Intestate Commerce Commission, sor-ta a causa delle proteste degli agricoltorifortemente danneggiati dai prezzi fissatidalle imprese ferroviarie per il trasportodei prodotti. La Commissione fu incari-cata di calmierare le tariffe e assicurarelo svolgimento del servizio nelle tratteeconomicamente poco convenienti»

1.

Insomma, il legislatore statunitense av-vertiva l’esigenza, che poi ha dato vitaalla normativa antitrust, di controllare ilpotere dei monopoli e degli oligopoli,che rischiavano, con il loro potere dicondizionamento, di danneggiare gli in-teressi dei consumatori. Interessante ri-cordare che il primo caso di formulazio-ne dell’obbligo di fornire ai concorrentil’accesso a infrastrutture essenziali ha ri-guardato il trasporto ferroviario

2.

A questa cultura giuridica, di impostazio-ne anglosassone, il nostro ordinamento ègiunto molti decenni dopo, quando, all’i-nizio degli anni Novanta del secolo pas-sato, è nata in Italia l’Autorità Garanteper la Concorrenza e per il Mercato. Poi,quasi goffamente a recuperare il tempoperduto, sono fiorite le Autorità indipen-denti anche nel nostro Paese: ne sono na-te tante, in numero forse anche ridondan-te rispetto alle effettive necessità. L’evoluzione verso modelli di regolazio-ne attraverso poteri affidati ad autoritàindipendenti risponde a diverse esigen-

Pietro SPIRITO

Nasce in Italia l’Autorità dei Trasporti

ze, di natura variegata3:

• assicurare un indirizzo stabile ad unadisciplina di settori che transitano dalmonopolio alla concorrenza, per evi-tare ondeggianti orientamenti dei go-verni e contenere i conflitti di interessedi cui questi sono inevitabilmente por-tatori;

• garantire un apporto professionale especialistico di competenze tecniche,anche per rispondere all’indebolimen-to qualitativo degli apparati ammini-strativi tradizionali;

• consentire una produzione di regoleunitaria e coerente nell’ordinamentonazionale, integrata costantementecon gli indirizzi della legislazione co-munitaria.

Mancava però, al multiforme - e forse or-mai eccessivo - panorama italiano di isti-tuzioni regolatorie, l’Autorità dei tra-sporti, di cui pure si era discusso lunga-mente a partire dalla metà degli anniNovanta, quando ormai era sostanzial-mente quasi compiuto il processo di li-beralizzazione del settore aereo e co-minciava il percorso di riconfigurazionedel sistema ferroviario a seguito delleprime direttive comunitarie. Tentativi per giungere alla istituzione diuna autorità indipendente per la regola-zione dei trasporti ce ne sono stati tanti.Nel progetto originario di quella che poiè divenuta la legge n. 481/1995, si pre-vedeva l’istituzione di autorità di regola-

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

Il ruolo che può giocare nelladefinizione delle condizioniminime per la qualità deiservizi erogati

>>

� Trasporti, mobilità e logistica �ttee

mmaa

The recent institution of the Authority

for regulation in the transport sector is

the final landing for a long debate star-

ted in Italy in the mid of the Nineties of

the last century. The model adopted is

based on a wide range competence of

the new regulator, that is in charge for

all network and services for transport,

on a plurimodal basis. This approach is

different from the other European expe-

riences: only the Swedish model can

be considered quite similar. Regarding

to the service quality, the Authority has

three major responsibilities: 1. Defini-

tion of the minimum requirements for

quality of the national and local servi-

ces operated under the scheme of pu-

blic service obligation; 2. Definition of

the minimum content of the rights of

the customers in front of the compa-

nied operating infrastructure and trans-

port services; 3. Monitoring of the servi-

ce quality for taxi services in the cities.

The role of the Authority cannot substi-

tute the lack of industrial policies for

transport sector, that is the missing link

during the last decades in Italy.

26

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www.aicq.it novembre/dicembre 2013

� Nasce in Italia l’Autorità dei Trasporti �tteemm

aazione indipendenti nei settori dell’ener-gia elettrica e del gas, delle poste e delletelecomunicazioni, dei trasporti e deiservizi idrici. All’esito dell’esame parla-mentare, tuttavia, vennero solo istituitel’Autorità per l’energia elettrica ed il gase, più tardi, l’Autorità delle Comunica-zioni. Per i trasporti non se ne fece nullapoiché una maggioranza parlamentaretrasversale decretò che “i tempi non era-no maturi”. In luogo dell’Autorità indipendente suitrasporti vennero istituiti nel 1997 l’Entenazionale per l’aviazione civile e nel2004 l’Ufficio per la regolazione dei ser-vizi ferroviari presso il Ministero delleinfrastrutture e dei trasporti. Nella XV e nella XVI legislatura si sonosucceduti ulteriori tentativi, sia mediantedisegni di legge di iniziativa governativasia mediante progetti di iniziativa parla-mentare, tendenti a generare la nascitadella Autorità di regolazione nei traspor-ti, sino a quando, con l’articolo 37 deldecreto legge n. 201/2011 (c.d. “Salva-Italia”) così come modificato dall’artico-lo 36 del successivo decreto legge n.1/2012 (c.d. “liberalizzazioni”), si ègiunti alla sua istituzione.L’iter travagliato non è terminato qui. Laterna originariamente designata dal Go-verno Monti, a causa di veti incrociatidei partiti non è stata nemmeno sottopo-sta al parere delle competenti Commis-sioni Parlamentari, che dovevano espri-mersi con una maggioranza di due terzidei componenti, e la questione è statarinviata alla diciassettesima legislatura

4.

Alla fine di luglio del 2013 si è giunti al-la composizione del Collegio secondo laprocedura di legge, ed il Parlamento hastabilito che la sede della nuova Autoritàsarà Torino, in luogo di Roma, che erastata individuata in precedenza, conDPCM dell’11 maggio 2012

5.

Le funzioni dell’Autorità dei trasportiInsomma, si è giunti, dopo un percorsolungo e tortuoso, alla compiuta defini-zione della Autorità di regolazione per ilsettore dei trasporti

6. È nato un soggetto

in qualche modo singolare rispetto alle

altre esperienze europee, con un raggiodi attribuzioni plurimodali che abbracciasostanzialmente la gamma completa del-le reti e dei servizi di trasporto: «In Ger-mania una parte dell’autorità delle reti sioccupa di ferrovie; in Gran Bretagnaopera un’autorità per le ferrovie ed unaper l’aviazione civile; in Francia ci sonouffici ministeriali dedicati, uno per le fer-rovie ed uno per la qualità dei servizi ditrasporto in generale; in Spagna è attivol’ufficio ministeriale per le ferrovie. Il ca-so più vicino al modello italiano è quel-lo della Svezia, dove il mandato del re-golatore è sì plurimodale, ma si intrecciacon residue funzioni ministeriali»

7.

Il legislatore nazionale ha deciso diadottare un approccio tendente a ricon-durre ad unitarietà un processo regolato-rio caratterizzato da una eredità storicaframmentata nel settore dei trasporti. Recita la legge al comma 1, secondoparagrafo, dell’articolo 37: «L’Autorità ècompetente nel settore dei trasporti edell’accesso alle relative infrastrutture eai servizi accessori, in conformità con ladisciplina europea e nel rispetto delprincipio di sussidiarietà e delle compe-tenze delle regioni e degli enti locali dicui al titolo V della parte seconda dellaCostituzione». Nella configurazione della nuova Autori-tà non sono stati peraltro demarcati tutti imeccanismi di intersezione e di interre-lazione con le altre istituzioni pubblicheche mantengono funzioni di governo, di-sciplina ed intervento su ambiti concor-renti nel settore dei trasporti. Molti aspet-ti restano da chiarire, e sarà opportunonel tempo procedere ad un riassetto del-la legislazione tale da rendere maggior-mente nitido il ruolo dell’Autorità deitrasporti nella complessa costellazionedei soggetti amministrativi che conserva-no poteri in materia di infrastrutture eservizi di trasporto

5.

Le funzioni che la legge assegna allanuova Autorità sono classificabili inquattro aree di regolazione su:• i servizi infrastrutturali, mediante ladefinizione delle regole di accesso al-la gestione ed all’uso delle reti, pro-cessi di unbundling, qualità e tariffe

per l’uso delle infrastrutture;• i servizi di trasporto, mediante la rego-lazione delle tariffe, in assenza di unaeffettiva concorrenza, la definizionedelle condizioni minime per la qualitàdei servizi di trasporti nazionali e localiconnotati da oneri di servizio pubbli-co;

• gli assetti di settore, mediante la fissa-zione di bandi e convenzioni, la defi-nizione degli ambiti di mercato, la se-parazione tra reti e servizi;

• la tutela dei consumatori, mediante lavalutazione dei reclami e l’erogazionedi indennizzi in caso di disservizi gravida parte delle imprese di settore.

Il ruolo dell’Autorità sullaqualità dei servizi erogatiIn base al dispositivo di legge, l’Autoritàdi regolazione nel settore dei trasporti in-terviene sui temi più strettamente ineren-ti alla qualità dei servizi erogati in treambiti specifici: • i servizi di trasporto nazionale e localeconnotati da obblighi di servizi;

• il contenuto minimo dei diritti, ancherisarcitori, dei clienti;

• il servizio dei taxi. Vediamo separatamente le tre questioni,prima di tentare, in conclusione di que-sta analisi, di analizzare il ruolo che lanuova Autorità può giocare in tema dimiglioramento nella qualità dei servizi ditrasporto erogati.In base alla lettera “c” del secondo com-ma dell’articolo 37, l’Autorità stabilisceinnanzitutto “le condizioni minime diqualità dei servizi di trasporto nazionalie locali connotati da oneri di servizipubblico, individuate secondo le caratte-ristiche territoriali di domanda ed offer-ta”. Va osservato che il legislatore si rife-risce non solo ai servizi di trasporto pub-blico locale soggetti ad obblighi di servi-zio pubblico, anche a quelli nazionali,includendo anche quelle prestazionisoggette ad analogo obbligo; al momen-to attuale, sono tre gli ambiti nei quali siapplica tale fattispecie, vale a dire il tra-sporto ferroviario passeggeri di media elunga percorrenza notturno, il trasportoferroviario delle merci, il trasporto aereo

27

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e marittimo che assicura continuità terri-toriale tra il continente e le isole. Su queste fattispecie connotate da vinco-lo di obbligo di servizio, oltre che sultrasporto pubblico locale, spetterà dun-que alla nuova Autorità definire le con-dizioni minime di qualità che dovrannoessere incorporate nei contratti di servi-zio pubblico: andrà analizzato e valuta-to come dovranno adeguarsi, una voltadefinite le condizioni minime da partedell’Autorità, i contratti già vigenti, so-prattutto nei casi in cui, all’interno diquegli stessi contratti, siano stati stabiliticriteri differenti per la fissazione dellecondizioni minime di qualità dei servizierogati.Più in generale, in base alla lettera “d”del secondo comma dell’articolo 37,l’Autorità definisce “in relazione ai di-versi tipi di servizio ed alle diverse infra-strutture, il contenuto minimo degli spe-cifici diritti, anche di natura risarcitoria,che gli utenti possono esigere nei con-fronti dei gestori dei servizi e delle infra-strutture di trasporto; sono fatte salve leulteriori garanzie che accrescano la pro-tezione degli utenti che i gestori dei ser-vizi e delle infrastrutture possono inseri-re nelle proprie carte dei servizi”. Si trat-ta in questo caso di un potere di inter-vento dell’Autorità con penetranti risvol-ti sulla qualità dei servizi erogati, inquanto, in base a tale dispositivo dellalegge, l’Autorità stessa è chiamata a de-finire il contenuto minimo dei diritti deiclienti dei servizi di trasporto, giungen-do sino a definire anche i diritti risarci-tori in caso di mancata osservanza deidiritti stessi.Infine, in base al punto “m” dell’articolo37, l’Autorità interviene “con particolareriferimento al servizio taxi, a monitoraree verificare la corrispondenza dei livellidi offerta del servizio taxi, delle tariffe edella qualità delle prestazioni alle esi-genze dei diversi contesti urbani, secon-do i criteri di ragionevolezza e propor-zionalità, allo scopo di garantire il dirittodi mobilità degli utenti”. Comuni e re-gioni, nell’ambito delle proprie preroga-tive istituzionali, dovranno poi provve-dere, avendo acquisito preventivamente

il parere da parte dell’Autorità, ad ade-guare il servizio taxi secondo i principifissati dal comma stesso, che prevedono,tra l’altro, al punto 4 il miglioramentodella qualità di offerta del servizio.Sulla definizione degli indici di qualitàdi servizio nel settore dei trasporti esisteuna ampia letteratura, e non è questa lasede per poterla approfondire. Tuttavia,come spunto per la riflessione, si può os-servare che sinora si è lavorato prevalen-temente sulla qualità percepita dai clien-ti, mediante indagini di mercato. Un fronte interessante da esplorare ri-guarda la possibilità di definire indici diqualità tecnica delle prestazioni erogate,capaci di fornire riferimenti maggior-mente oggettivi

9.

Non solo con riferimento alla definizio-ne degli standard qualitativi dei servizidi trasporto erogati, ma più in generalesui profili di efficacia e di efficienza delsettore, è bene sottolineare che la nuovaAutorità non dovrà, e non potrà, surroga-re la mancanza di politiche adeguatedella mobilità, che nel nostro Paese lati-tano ormai da qualche decennio. Forse èbene ricordare che “l’affidamento almercato non costituisce una strategiasufficiente in termini di efficacia e di effi-cienza delle attività di trasporto. Il de-centramento decisionale genera neces-sariamente un deficit di coordinamento,con conseguenze negative in termini diintegrazione, sia interna che esterna”

10.

La regolazione, in assenza di politiche,rischia di essere un esercizio sterile ditecnicismi alla ricerca di una ottimizza-zione non conseguibile. Fatta l’Autorità, ora occorre fare le politi-che. In assenza di questo missing link,anche la ricerca di una migliore qualitànelle prestazioni erogate rischia di essereuna chimera.

� NOTE1 Ugo Rossi Merighi, “Autorità indipendenti tra crisi

economiche e regolazione”, in Studi urbinati digi-

tali, Serie A, 2013, p. 342.

2 Corte Suprema USA, Sentenza “Terminal Railroad

Association”, 1912.

3 Per una analisi più approfondita su questi aspetti,

cfr. Luisa Torchia, “La regolazione dei mercati fra

autorità indipendenti nazionali ed organismi euro-

pei”, Astrid, 2013.

4 Per una sintetica analisi sullo svolgimento dei fatti

accaduti, cfr. Pietro Spirito, “La lotteria dell’Autori-

tà dei trasporti”, in www.huffingtonpost.it, 15 lu-

glio 2013.

5 Non appare inverosimile immaginare che la fissa-

zione della sede della nuova Autorità sia entrata

nella negoziazione tra le forze politiche per l’otte-

nimento del parere favorevole sulla nuova terna di

candidati alla Commissione, al fine di conquistare

il consenso della Lega Nord, la quale, in prece-

denti dichiarazioni, aveva sostenuto di essere con-

traria alla sua istituzione tout-court.

6 Per la piena operatività della nuova Autorità man-

cano ormai solo i regolamenti di organizzazione

interna e di funzionamento previsti dalla legge isti-

tutiva, in quanto questi atti sono necessari per far

decorrere l’esercizio delle competenze.

7 A cura di Luisa Torchia, “L’Autorità dei trasporti nel

sistema delle Autorità indipendenti”, Astrid, mag-

gio 2013, p. 9.

8 Nodi irrisolti dalla legge istitutiva riguardano in

particolare i rapporti della nuova Autorità (i) con le

Autorità Portuali, per il settore marittimo, (ii) con i

Ministeri e il CIPE, per i contratti di programma,

(iii) con il Ministero delle infrastrutture dei traspor-

ti per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria, (iv) con

le regioni per il trasporto locale e regionale.

9 Un interessante sforzo metodologico in tale dire-

zione viene operato nel settore del trasporto pub-

blico locale da Claudia Burlando, Enrico Ivaldi,

Alessio Teti, “La diseguaglianza nella dotazione di

servizi di trasporto pubblico locale misurata attra-

verso la costruzione di un indice”, in Rivista di

economia e Politica dei Trasporti, 2013, n. 1. Vie-

ne proposto un indicatore di sintesi della qualità

tecnica composto di quattro variabili: vetture/km

prodotte, numero di veicoli immatricolati negli ul-

timi 5 anni, rapporto tra addetti e lunghezza della

rete, rapporto tra veicoli in servizio e lunghezza

della rete.

10 Fabio Carlucci, Andrea Cirà. “L’integrazione degli

interventi nel settore dei trasporti e la trasferibilità

delle politiche”, in Rivista di Economia e Politica

dei Trasporti, n. 1, 2013, p. 3.

� Nasce in Italia l’Autorità dei Trasporti �ttee

mmaa

PIETRO SPIRITODocente di Economia dei trasporti, Facoltà di

Economia -Università di Roma Tor Vergata; di-

rigente di ATAC Spa; blogger di Huffington Post

www.huffingtonpost.it

28

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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PremessaL’industria chimica europea, attraverso lasua Confederazione CEFIC (EuropeanChemical Industry Council) che ha sedea Brussels, ha sentito l’esigenza di dotar-si, nel settore dei trasporti e della logisti-ca, di politiche e di sistemi di gestioneche potessero comunicare e mettere inatto un alto livello di attenzione e curaverso le persone, l’ambiente e la proprie-tà e per tutto questo ha seguito tre binari: • RESPONSIBLE CARE (produzione egestione delle attività in modo respon-sabile);

• SUSTAINABLE DEVELOPMENT (sviluppo sostenibile);

• CERTIFICAZIONE DI SISTEMI PER LAQUALITÀ (utilizzo di standard interna-zionali);

Nell’ambito di attenzione di queste tre fi-liere gestionali viene creato uno stru-mento gestionale di valutazione integra-ta aziendale (salute, sicurezza, ambien-te e security) sotto forma di questiona-rio al quale viene dato il nome di

SQAS - Safety and QualityAssessment SystemSQAS costituisce, quindi, un sistema in-ternazionale di valutazione della realeefficienza aziendale delle imprese di tra-sporto egli operatori della logistica relati-vamente alla affidabilità nella difesa del-la sicurezza sul lavoro, dell’ambiente,della gestione aziendale ed infine anchenei confronti della protezione delle mer-ci e delle persone (security).L’SQAS, infatti, è un sistema di valutazio-ne effettuato in maniera uniforme che fasuoi molti dei principi ed in alcuni casi liintegra, del Responsible Care, degli stan-dards tecnici ISO 14001, ISO 9001 edinfine dello standard sulla sicurezzaOHSAS 18001.Il sistema non porta ad una certificazio-ne, ma ad una reale e puntuale rappre-sentazione dell’impresa di logistica, taleda permettere alle Imprese Committentidi poter o meno affidare le proprie merciad un fornitore di servizi di trasporto e dilogistica.In buona sostanza si è creato uno stru-mento che copre e tiene in considerazio-ne tutti gli aspetti concernenti la sicurez-

za, la difesa dell’ambiente, la qualità ge-stionale dell’impresa ed infine anche ladifesa della proprietà nel settore logisti-co.Non vi è dubbio che con l’ultima versio-ne dell’SQAS che è entrata in vigore apartire dal 1° Luglio 2011, l’azienda chi-mica richieda una sempre maggiore se-verità nel rispetto delle norme cogenti etecniche e da queste regole le aziendevettrici non potranno derogare pena l’e-sclusione dal servizio od il loro accessoai bandi di gara.Gli estensori del sistema hanno postol’attenzione su tutti i processi logistici ehanno cercato di impostare la valutazio-ne sul governo dell’impresa, tenendopresente che il sistema non pone atten-zione solo al trasporto delle merci peri-colose, ma a tutte le merci.A questo proposito, si veda ad esempioil caso dello specifico questionario relati-vo alle stazioni di lavaggio delle cisterneche è molto richiesto dalle aziende ali-mentari perché fornisce garanzie sul suc-cessivo utilizzo delle cisterne stesse inun settore molto delicato come quelloalimentare.Questo sistema tecnico, come già detto,molto severo e dettagliato si componedi questionari comuni e specifici cheelencano centinaia e centinaia di do-mande, alle quali si può rispondere solo«sì» o «no»; vale a dire se c’è o non c’èevi-denza certa e non lascia quindi nes-

Giulio TRAVERSI

Il sistema SQAS

� Trasporti, mobilità e logistica �tteemm

aa>>

Per la logistica europea delle merci pericolose

SQAS (Safety & Quality Assessment

System) is a system to evaluate the qua-

lity, safety, security and en-vironmental

performance of Logistics Service Provi-

ders (LSP's) and Chemical Distributors

in a uniform manner by single standar-

dised assessments carried out by inde-

pendent assessors using a standard

questionnaire.

An SQAS assessment does not lead to a

certificate but offers a detailed factual

report which each com-pany needs to

evaluate according to its own require-

ments.

29

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

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sun margine di disponibilità o di com-prensione. Eviden-temente, quandomanca il processo in azienda alla do-manda si risponde che il requisito non èapplicabile.Il CEFIC gestisce il sistema SQAS occu-pandosi direttamente di:• preparare ed adeguare nel tempo iquestionari di valutazione;

• accreditare gli Ispettori, previo accer-tamento di alcuni requisiti base ed unsuccessivo esame;

• sviluppare un database in grado diraccogliere le valutazioni effettuate

Va sottolineato anche che uno degli ele-menti che ha dato origine al sistemaSQAS è stata anche l’esigenza, soprattut-to da parte delle aziende multinazionali,di disporre di uno strumento di valuta-zione in grado di assicurare un giudiziouniforme sulla affidabilità delle impreseche forniscono servizi di trasporto e dilogistica in tutta Europa e nel mondo.In questo modo l’Industria Chimica hocreato un sistema comune di valutazio-ne ed ha evitato il moltiplicarsi degli au-dits realizzati dalle singole aziende con ipropri singoli questionari.

Partnership fra committenti e fornitori di serviziUno dei valori fondamentali dei questio-nari di valutazione e autovalutazioneaziendale [che sono gratuitamente sca-

ricabili dal sito del CEFIC:www.sqas.org] si trova nella crea-zionedi una reale partnership fra Committentie Vettori, ed uno degli elementi che vie-ne “stressato” nei questionari è il miglio-ramento continuo delle prestazioni equindi nel tempo la ricerca di una sem-pre maggiore affidabilità dell‘aziendache fornisce servizi di trasporto e di logi-stica.Questo comporta anche una maggioreattenzione delle aziende Committenti,che dovreb-bero scegliere, attraversoquesto sistema, le aziende di servizi ditrasporto e di logistica che, sulla basedella valutazione, presentino le premes-se per servizi più affidabili. Per rendere veramente operativa la sud-detta partnership, il sistema SQAS ri-chiede un colloquio periodico fra Com-mittente e Vettori sul servizio reso conl’esame di indicatori di misura e diobiettivi di miglioramento. In tal modosi crea un circolo virtuoso che porta allafidelizzazione del cliente, ma anche alnaturale interesse del Committente neiconfronti della gestione dell’azienda vet-trice che, a sua volta, dovrebbe esserecondotta a comprendere meglio le esi-genze gestionali della controparte.

Moduli SQASSono state realizzate cinque tipologia dimoduli con altrettanti “questionari” spe-cifici in gra-do di coprire l’intero ciclo

dei servizi afferenti la logistica:• SQAS Transport Service (trasporto sustrada);

• SQAS Rail Transport (trasporto per fer-rovia);

• SQAS Tank Cleaning (stazioni di la-vaggio);

• SQAS Packaged Warehouse (magazzini merci imballate);

• SQAS Distributor ESAD-II (distributoridi prodotti chimici).

Le aziende chimiche, ma non solo, dis-pongono quindi di uno strumento di va-lutazione per determinare l’utilizzo omeno dei fornitori dei servizi di trasportoo di logistica; attenzione però: la valuta-zione deve superare certi livelli di rispo-ste positive (molti committenti richiedo-no almeno l’80%), in caso contrario sipuò venire esclusi alla partecipazionedelle gare o comunque dall’utilizzo delservizio.

Iter per raggiungere la valutazione SQASNella figura n. 1 viene rappresentato ilprocesso per giungere alla valutazioneSQAS.Qualsiasi impresa fornitrice di servizi lo-gistici può richiedere di essere valutataed il questionario compilato dal valutato-re viene inserito nel sito del CEFIC trentagiorni dopo la data di valutazione perpermettere alle aziende valutate di ag-giungere loro commenti alla valutazionedell’auditor soprattutto per quanto riguar-da le risposte negative. Il tutto, dopo ipredetti trenta giorni, diviene consultabi-le dalle imprese Committenti per consen-tire le loro di essere scelte fra i fornitori diservizi di trasporto e di logistica.

Ispettori accreditati dal CEFICPer ottenere omogeneità di valutazioneil CEFIC si avvale di ispettori accreditatidal CE-FIC stesso. All’esame per l’accre-ditamento si accede solo se si risponde adeterminati prerequisiti:• essere registrati come Lead Auditor daun Istituto di Certificazione accredita-to;

• avere effettuato durante i tre anni pre-

> Figura 1

� Trasporti, mobilità e logistica �ttee

mmaa

30

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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cedenti almeno cinque audits neglischemi ISO 9001, ISO 14001 o OH-SAS presso imprese di trasporto o dilogistica o commercianti/distributorichimici;

• essere pienamente indipendenti dalleimprese valutate di trasporto o di logi-stica (nessun legame di consulenza o

commerciale con le imprese valutate);• essere in possesso di certificato Con-sulente Merci Pericolose (DangerousGoods Safety Advisor) rilasciato in Ita-lia dal Ministero dei Trasporti dopoaver superato il relativo esame;

• avere una “good working knowledge”della lingua inglese, anche perché l’e-

same scritto e orale si fa a Brussels ininglese ed i commenti sul questionarioin corso di audit vanno riportati in in-glese su un testo in inglese.

Le valutazioni effettuate da questi Ispetto-ri -che devono avere anche un’ottima co-noscenza del settore- vengono raccolti inuna banca dati CEFIC alla quale hannodiritto di accesso le Aziende Committentiche aderiscono al sistema SQAS.

Vantaggi dell’adozione del sistema SQASIn conclusione il sistema SQAS si confi-gura quindi come uno valido strumentoper elevare la qualità e la sicurezza deiservizi offerti per tutte le aziende fornitri-ci di servizi connessi con i trasporti e lalogistica promuovendo contemporanea-mente la valutazione del proces-so dimiglioramento continuo.I vantaggi che concretamente i fornitoridi servizi logistici possono ottenere edisporre sono principalmente i seguenti :• CEFIC è il garante dell’intero ciclo disistema;

• la valenza multinazionale della valuta-zione;

• valutatori indipendenti, esperti ed ac-creditati;

• aggiornamento costante del questiona-rio alle leggi e norme settoriali;

• identificazione chiara ed immediatadelle aree di miglioramento;

• strumento completo per controllare illivello delle prestazioni dei subfornito-ri per tutti gli aspetti coinvolti;

• monitoraggio costante dei migliora-menti effettuati.

Non vi è dubbio che una buona valuta-zione SQAS conferisca all’impresa, chefornisce servizi di trasporto e di logistica,una grande visibilità presso i Commit-tenti e questo permette di raggiungereun buon successo sul mercato.

� Il sistema SQAS �

GIULIO TRAVERSIChimico; esperto e valutatore dei sistemi eu-

ropei CEFIC (Federazione della chimica eu-

ropea) SQAS ed ESAD; Consulente trasporto

merci pericolose

[email protected]

tteemmaa

31

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

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Le Linee guida AICQA partire dal 2012 sono state pubblicatele “Linee Guida - Protezione dalla cor-rosione nel Settore Ferroviario” svilup-pate in ambito AICQ (Associazione Ita-liana Cultura Qualità) e finalizzate alsettore dei rotabili ferroviari in sintoniacon le esigenze dei Committenti edOperatori la cui struttura è articolata inquattro parti distinte che si occupano di:• progettazione• gestione e controllo del processo (re-quisiti)

• controlli in processo/prove di serie• formazione qualificazione e certifica-zione del personale.

2.1 ProgettazionePer quanto riguarda la parte relativa allaprogettazione la Linea Guida fornisce irequisiti minimi per la definizione, daparte del progettista in collaborazionecon esperti di anticorrosione, della Spe-cifica Tecnica dei requisiti dove devonoessere definiti:• i documenti e le norme di riferimento;• le condizioni ambientali d’eserciziodel rotabile;

• le classi di aggressività dell’ambientein cui opera il rotabile;

• le raccomandazioni relative alciclo/cicli da impiegare per le varieparti e/o componenti del rotabile(esterno cassa, carrello, sotto cassa,componenti interni, ecc.);

• il piano di omologazione con definiti

di altri componenti ha, in alcuni casi,accentuato la dimensione dei fenomenicorrosivi in ragione della scarsa cono-scenza dei processi di progettazione,fabbricazione, uso e manutenzione deiprodotti in lega di alluminio e dellasottovalutazione della corrosione ag-giuntiva (galvanica) determinata dalcontatto diretto fra materiali metallicieterogenei. La realizzazione di un’effi-cace protezione dalla corrosione ri-chiede pertanto una corretta gestione eun attento controllo del processo anti-corrosivo per garantire nel tempo l’affi-dabilità del sistema ferroviario sia co-me qualità che continuità del servizio,che dei costi diretti e indiretti, derivantida interventi di riparazione con indi-sponibilità del materiale/sistema. In tale contesto il processo anticorrosi-vo può essere definito “processo spe-ciale” in analogia, per le modalità digestione e controllo, al processo di sal-datura. Per entrambi infatti il risultatoqualitativo finale non può essere accer-tato completamente da collaudi e pro-ve ma dalla totale gestione del proces-so stesso. Contrariamente ai processi di saldaturai processi anticorrosivi in passato nonsono stati inquadrati in un contestonormativo nazionale o internazionale,ma gestiti in modo soggettivo con tuttele problematiche derivanti, in terminidi costi e rischi, sul prodotto finito.

GeneralitàIl processo corrosivo di un rotabile fer-rotranviario può innescare nel tempoprofonde alterazioni delle caratteristi-che strutturali dei veicoli ferroviari edei relativi componenti metallici talida comprometterne, oltre all’aspettoestetico, anche la sicurezza e la fun-zionalità.L’introduzione di leghe di alluminioper la realizzazione sia della cassa che

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

Ferrotranviari: la linea guida AICQttee

mmaa

� Trasporti, mobilità e logistica �

Emanuele GANDOLFO, Paolo RAMI

32

The corrosion process of a rolling stock

material can generate over time altera-

tions of the structural characteristics of

railway vehicles and their metal compo-

nents such as to compromise, also the

security and functionality.

An effective corrosion protection is, the-

refore, necessary, but it requires a pro-

per management and close monitoring

of the process to ensure ongoing reliabi-

lity of the rail system both in quality and

continuity of service, also considering

the direct and indirect costs due to in-

terventions repair resulting in unavaila-

bility of the rolling stock material.

In 2012 AICQ published the "Guideli-

nes - Corrosion Protection in Railway

Sector" developed with the aim to sup-

port Companies operating in the field of

railway rolling stock material in order to

properly manage the corrosion protec-

tion processes.

La protezione dei rotabilidalla corrosione

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rio standardizzate (UNI, ISO, ASTM). Itest condotti permettono di verificarenel dettaglio le proprietà/qualità dei ri-vestimenti in relazione a corrosione, im-permeabilità, resistenza al calore/shocktermico, resistenza chimica, resistenzaall’abrasione, verificando la risponden-za alle esigenze dei Clienti e dei requisi-ti normativi.2.3 Controlli in processo/prove di serieLa parte relativa ai controlli di processo,o prove in serie, ha l’obiettivo di assicu-rare ad attestare la conformità ai requisi-ti attesi attraverso specifiche attività dicontrollo e ispezione che possono esse-re così raggruppate• ispezioni e controlli da eseguire sulrotabile/componente;

• prove distruttive e non distruttive;• documentazione da emettere per at-testare la conformità del ciclo anti-corrosivo ai requisiti di qualità attesi.

2.4 Formazione e qualificazione delPersonale

La Linea Guida, ha ritenuto opportunodefinire i seguenti profili professionali,con i relativi percorsi formativi, ivi in-cluse le modalità di esame:• coordinatore delle attività di prote-zione dalla corrosione nel settore

rosivo (incluso i requisiti specifici chedevono avere i produttori);

• Qualificazione delle modalità di ap-plicazione dei cicli di protezione anti-corrosive;

• Sito produttivo:• Layout del sito;• Condizioni ambientali del sito;• Attrezzature, impianti e manuten-zione;

• Gestione dei prodotti destinati alprocesso anticorrosivo;

• Conservazione dei manufatti;• Taratura degli strumenti di misura econtrollo;

• Identificazione e rintracciabilità;• Sub fornitura;• Ispezioni e controlli;• Documentazione tecnica.Grande rilevanza è stata attribuita allanecessità di operare con personale op-portunamente qualificato attraverso cor-si di formazione i cui requisiti minimisono dettagliati nella parte relativa allaformazione, qualificazione e certifica-zione del personale.Anche le attività di omologazione deicicli di protezione sono trattate in mododettagliato. Tale attività prevede l’esecu-zione di una serie di prove di laborato-

i test di omologazione ed i criteri diaccettabilità in funzione dell’esposi-zione alla tipologia di corrosione sta-bilita per la parte e/o componente delrotabile (esterno cassa, carrello, sottocassa, componenti interni, ecc.);

• corretta progettazione del manufatto.La forma del manufatto può influire sul-la sua predisposizione alla corrosione, edi conseguenza le strutture devono esse-re progettate in modo da non favorire“trappole di corrosione” dalle quali lacorrosione stessa possa diffondersi.Quindi lo scopo è quello di studiare unprogetto che nella sua globalità faciliti iprocessi di protezione dalla corrosionee di individuare cicli protettivi che sianoin grado di resistere alle sollecitazionicorrosive per tutto il “ciclo di vita delrotabile/componente”, con specificheindicazioni per l’omologazione del ci-clo anticorrosivo stesso in termini diprove chimico fisiche di laboratorio edei criteri di accettabilità per attestare laconformità ai requisiti attesi.2.2 Gestione e controllo del processo

(requisiti)La parte relativa alla gestione e controllodel processo, sicuramente la più innova-tiva e caratterizzante di tutto il docu-mento, dettaglia i requisiti tecnici mini-mi necessari per l’omologazione di cicliprotettivi e per la gestione del processodi verniciatura da parte delle aziendeche operano nel settore della protezionedalla corrosione attraverso la tenuta sot-to controllo del layout del sito, condi-zioni ambientali, materiali, attrezzature,impianti e strumenti di misura.Tra le principali attività si menzionano:• Omologazione dei cicli di protezioneanticorrosiva;

• Personale:• Coordinamento delle attività di pro-tezione dalla corrosione;

• Operatori addetti alle attività di ap-plicazione dei cicli anticorrosivi;

• Ispettori addetti ai controlli non di-struttivi e distruttivi;

• Pianificazione e controllo delle attivi-tà;

• Criteri per l’approvvigionamento deiprodotti destinati al processo anticor-

Spessore EN ISO 2808:2007

Adesione EN ISO 2409

Gritting test EN13261

Nebbia salina neutra EN ISO 9227/ASTM B117

Resistenza Prodotti Chimici EN 13261

Adesione post resistenza prodotti Chimici EN ISO 2409

Esame visivo QUA/IO/109

Adesione - Pull-off test UNI EN ISO 4624

Colore UNI 8941 o ISO 7724/3

Brillantezza UNI EN ISO 2813

Elasticità - Bend test UNI EN ISO 1519

Imbuttitura - Chupping test UNI EN ISO 1520

Durezza Buchholz UNI EN ISO 2815

Camera umidostatica ASTM D2247 e D714

Resistenza urto UNI EN ISO 6272

Resistenza prodotti chimici UNI EN ISO 28-12-1

Grado retricolazione MEK UNI 9852

Cold check test Da specifica

Resistenza ai graffi ASTM D3363

Resistenza all’abrasione ASTM D4060

> Le principali prove che possono essere eseguite

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

33tteemm

aa� La protezione dei rotabili dalla corrosione �

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ferroviario (CCF) di livello A e B;• ispettore addetto ai controlli non di-struttivi e distruttivi nel settore ferro-viario (ICF);

• operatori addetti alle attività di ap-plicazione di prodotti anticorrosivinel settore ferroviario (OAF).

La figura del coordinatore (CCF) è decli-nata su 2 livelli, denominati grado A eB, i cui compiti e responsabilità preve-dono, seppur con grado di competenzadifferente, il controllo e la gestione delprocesso di protezione dalla corrosione,incluse le attività di progettazione, pia-nificazione, verifica supervisione e for-mazione del personale di livello inferio-re.La figura dell’Ispettore (ICF) è invece ri-volta ai controlli preliminari, intermedie finali relativi al processo di protezio-ne dalla corrosione, tra cui, ad esem-pio, i controlli di rugosità, pulizia emodalità di esecuzione della vernicia-tura.I requisiti di accesso al corso prevedo-no un diploma di scuola media supe-

riore sia per i coordinatori (indipenden-temente dal Grado) sia per gli ispettori.Coloro che siano in possesso di espe-rienza documentata e specifica nel set-tore possono ottenere una riduzionedella durata del corso con riconosci-mento di crediti formativi.Tutti i corsi sono caratterizzati da unaparte teorica e da una parte pratica,aventi durate differenti in base al corso.Di seguito si riporta una sintesi degliargomenti trattati, seppur con taglio edapprofondimento diverso in funzionedel livello e della figura professionale.

L’Impegno del GruppoIstituto Italiano dellaSaldatura nell’ambito dellaprotezione dalla corrosione,nel settore dei rotabiliferroviarill Gruppo Istituto Italiano della Saldatu-ra attraverso le proprie società IIS PRO-GRESS, IIS CERT ed IIS SERVICE hastrutturato le proprie attività per offrirealle Aziende un adeguato supporto nella

gestione delle problematiche legate allaprotezione dalla corrosione specificata-mente nel settore dei rotabili ferroviarisecondo quanto stabilito dalle LineeGuida.In particolare attraverso personale spe-cializzato e qualificato, IIS è in grado disupportare le Aziende per le attività diseguito specificate:• formazione, qualificazione e certifi-cazione delle figure professionalispecializzate nelle attività di coordi-namento ed ispezione;

• omologazione dei cicli protettivi;• qualificazione delle modalità appli-cative di cicli protettivi omologati;

• verifiche di terza parte dei processiaziendali di aziende applicatrici dicicli protettivi;

• prove di laboratorio nell’ambito diomologazione e caratterizzazione dicicli protettivi;

• attività di supporto alla stesura didocumentazione tecnica;

• attività di coordinamento, ispezionee controllo di processi di protezionedalla corrosione.

� La protezione dei rotabili dalla corrosione �34

tteemm

aa Parte Teorica

• La corrosione

• Preparazioni superficiali

• Prodotti anticorrosivi

• Impianti ed attrezzature

• Controlli distruttivi e non distruttivi

• Documentazione tecnica

• Omologazione e qualifiche

• Sicurezza ed ambiente

• Stesura ed analisi di specifiche anticorrosive

Parte pratica

• Preparazione superficiali

• Preparazione ed applicazione di prodotti

anticorrosivi

• Controlli non distruttivi

•Controlli distruttivi

EMANUELE GANDOLFOIngegnere; responsabile IIS CERT – Gruppo Isti-

tuto Italiano della Saldatura, Genova

[email protected]

PAOLO RAMITecnologo processi anticorrosivi in ambito fer-

roviario; funzionario dell’Istituto Italiano del-

la Saldatura, Genova

[email protected]

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

EMANATA LA NUOVA ISO/IEC 27001:2013La nuova ISO/IEC 27001:2013 è stata emanata il 25 settembre;

è diversa rispetto all'ed. 2005 ed è stata sviluppata utilizzando

l'allegato “SL” delle direttive ISO predisposte per armonizzare la

struttura degli standard gestionali (la prima ad allinearsi: la ISO

22301 sulla Business Continuity). A differenza dell’ed. 2005, la

nuova norma consente di utilizzare anche altri approcci per il

miglioramento continuo del SGSI, oltre al PDCA.

Termini e definizioni sono stati inseriti nella ISO/IEC 27000, che

diventa riferimento comune per la famiglia ISO/IEC 27XXX.

Nella ISO/IEC 27001:2013 l’attenzione si focalizza su: definizio-

ne degli obiettivi; valutazione di prestazioni e metriche.

I requisiti di valutazione del rischio sono meno prescrittivi ed

allineati alla ISO 31000 (gestione del rischio). Revisionati an-

che i requisiti per l’impegno del management con clausola di

Leadership. I requisiti per la dichiarazione di applicabilità

(SOA) sono stati migliorati ed il processo di trattamento del ri-

schio rende più facile l'adozione di framework di controllo, ol-

tre a quelli proposti nell'allegato A (rivisto e ristrutturato alli-

neandolo con ISO/IEC 27002:2013). Eliminato l'allegato B. Ora

ci sono 35 obiettivi di controllo, 114 controlli in 14 aree/cate-

gorie (rispetto ai 133 controlli in 11 aree/categorie del-

l’ed.2005).

Roberto RANDAZZO

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Le aziende che operano nei settori«aeronautica, spazio e difesa»hanno vissuto la ristrutturazione

organizzativa del Sistema di Gestione perla Qualità, per adeguarsi alla nuova nor-mativa di riferimento: UNI EN9100:2009 e PR EN 9101:2009.Come noto, la nuova logica voluta daIAQG

1, proprietaria della normativa cita-

ta, è stata quella di permettere lo svilup-po di una supply chain del comparto ae-rospazio e difesa, garantito da un siste-ma gestionale standard, diffuso tra glioperatori del settore legati dalla catenadi fornitura, con un approccio per pro-cessi fortemente monitorato, per garanti-re qualità al cliente e rispetto dei tempidi consegna.

La conformità ai requisiti certificativi ri-chiesti da tale normativa viene verificatada auditor che fanno riferimento a Orga-nismi di Certificazione, che rispondonoa criteri di selezione e formazione stabi-liti da IAQG, proprietaria della normati-va aerospaziale e difesa e sono inseriti inun data base (OASIS) opportunamentegestito.Il rapporto che siinstaura tra il sog-getto certificante eil soggetto certifi-cato è di naturaprivatistica e ri-guarda la certifica-zione di un “Siste-ma Gestionale”.

Lo stesso mondo aziendale, essendo le-gato alla «aeronavigabilità» dei prodotti,è strutturalmente soggetto a specificanormativa cogente che, in vario modo,ne individua i requisiti. Tali requisiti so-no di natura cogente, inseriti a secondadelle attività in uno schema soggetto acertificazione, che prevede una “orga-nizzazione aziendale” aderente alla nor-ma di riferimento, emanata dall’Autoritàe da questa verificata.Il rispetto di tali requisiti è verificato, incertificazione iniziale o in mantenimen-to, con audit svolti dall’Autorità rilevan-te, civile o militare, tramite ispettori chesono funzionari pubblici, ed è di naturapubblicistica. Essenzialmente, dette normative hannoun parallelismo, non perfettamente pun-tuale, con lo standard EN 9100, sia perl’area civile, sia per l’area militare, chepuò essere così sintetizzato sulla basedell’Ente responsabile:EASA – European Aerospace SafetyAgency, indicata nella tabella, ha autori-

Francesco GIULIANA

La gestione delle aziende aerospaziali

� Trasporti, mobilità e logistica �tteemm

aa>>

Tra standard di sistema e norme cogenti

Companies operating in the Aeronautics, Space and Defense have experienced the or-

ganizational restructuring of the System of Quality Management, in order to adapt to

the new reference standard UNI EN 9100:2009 and EN 9101:2009 PR.

As is known, the new logic desired by IAQG, owner of the above rules was to allow the

development of a supply chain of the aerospace and defense sector, secured by a mana-

gement system standard, widespread among the industry linked from the supply chain

with a process-based approach heavily monitored to ensure quality customer service

and on-time delivery.

The same corporate world, is related to the airworthiness of the products, structurally

subject to specific binding regulations that, in various ways, identify the requirements.

In conclusion we can say that the role of a management system implemented according

to the standard EN 9100: 2009 is an irreplaceable tool for the proper management pro-

cesses for the Company, set and monitored to meet the customer in terms of quality and

delivery time, coordinating coexistence with the schemes, civil and military, set upon

mandatory regulations.

35

AIQG EASA DGA NATO

EN9100 EASA part 21J AEQ-Q 2110 AQAP 2110

EN9110 EASA part 21G

(produzione) AER-Q 2120 AQAP 2110

EN9110 EASA part 145

(manutenzione) AER-Q 2120 AQAP 2120

EN9120 - - -

> Tabella 1

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

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tà sul mondo aeronautico civile degliStati Membri dell’Unione Europea e puòdelegare per alcune attività l’Autorità na-zionale dello Stato Membro (per l’Italial’ENAC – Ente Nazionale Aviazione Civi-le).Essa è un’Agenzia della DG TREN, istitu-zione della Commissione Europea, ed èstata istituita come previsto dal Regola-mento CE1592/2002, successivamentesostituito dal 216/2008, con integrazioniinerenti essenzialmente le Operazioni diVolo.Sulla base di tale regolamento, definitobasic Regulation, sono stati emessi gliImplementing Rules che hanno regola-mentato l’«aeronavigabilità iniziale» el’«aeronavigabilità continuativa».Questa puntualizzazione nell’individua-re le Istituzioni da cui originano le nor-mative è stata riportata per dare signifi-cato al potere dell’Autorità nel campodell’Aviazione Civile.Analoghe normative sono emanate daOrgani extra europei e, fra queste, lanormativa più importante è la famigliadelle FAR statunitensi.Sono in essere accordi bilaterali per ela-borare procedure di mutuo riconosci-mento (BASA)La normativa EASA ha come obiettivoprimario di garantire la sicurezza (safety)delle attività di volo in tutti gli aspetti co-involti (interesse protetto). Per gli aspetti tecnici, detta normativa af-fronta la problematica esaminando ilmateriale aeronautico in sede di «aero-navigabilità iniziale» e di «continuazio-ne dell’aeronavigabilità».Le suddette parti della normativa EASAregolano la certificazione delle aziendeper divenire:• DOA (Design Organization Approval)secondo la EASA part 21J;

• POA (Production Organization Appro-val) secondo la EASA part 21G;

• MOA (Maintenance Organization Ap-proval) secondo la EASA part 145.

Le aziende che sono certificate secondole normative sopra indicate devono di-mostrare di essere organizzate e gestitein conformità con le normative cogenticitate. Dette certificazioni consentono levarie attività di progettazione, produzio-ne e manutenzione, entro limiti (privile-gi, operazioni autorizzate, ecc.) tassati-vamente definiti e documentati.Ogni DOA, POA, MOA ha proprie strut-ture organizzative con organigrammi,mansionari, requisiti minimi delle risorseumane e tecniche come richiesto e veri-ficato dalla normativa EASA.Le risorse umane sono individuate concaratteristiche di formazione scolastica,esperienza, conoscenza tecnica e dellanormativa di riferimento e sono sottopo-ste a verifica di accettazione dell’Autori-tà EASA o, se delegata, da ENAC. Questefigure professionali devono coprire ruoligià tassativamente indicati e definiti nel-la norma che, quindi, vincolano gli Or-ganigrammi e i mansionari specifici. Vengono di seguito riportate le figure ri-tenute essenziali in relazione alla tipolo-gia di certificazione EASA:DOA viene strutturata con: • Chief Executive (CE);• Chief of System Monitoring(CSM);• Head Design Office (HDO);• Chief of Office Airworthiness (COA);• Chief of Design Office (CDO);• Compliance Verification Engineer(CVE).

POA viene strutturata con:• Accountable Manager (AM);• Quality Manager (QM);• Production Engineering• Manager (PEM);

• Manufacturing Manager (MM);• Certifying Staff (CS).

MOA viene strutturata con:• Accountable Manager (AM);• Quality Manager (QM);• Maintenance Manager (MM);• Certifying Staff (CS).Si comprende come la necessità di orga-nizzare una struttura rispondente ai re-quisiti gestionali della EN9100 e con-temporaneamente avere una azienda lacui struttura deve rispondere ai requisiticogenti EASA può presentare qualchedifficoltà di coordinamento, specialmen-te se l’Azienda è contemporaneamentecertificata DOA, POA e MOA.La funzione fondamentale del Sistemagestionale EN9100 viene quindi a essereil supporto organizzativo sul quale faroperare, nel rispetto delle cogenze ri-chieste, le specifiche tipologie di certifi-cazione.A titolo esemplificativo si può dire che,nel definire i requisiti richiesti per le ri-sorse impiegate, possono essere indicatiquelli previsti dalle norme EASA; ma sesi vuole effettuare una modifica organiz-zativa questa dovrà sottostare ai tempi emetodi richiesti da EASA e, quindi, conla ovvia ricaduta sulla organizzazionestessa.In questa logica va interpretato il ruolodel Certifying Staff che, pur essendo undipendente dell’Azienda certificata, agi-sce in completa autonomia, risponden-do autonomamente all’Autorità entro ilimiti di abilitazione ricevuta. Tale personale è abilitato a firmare unospecifico modulo, noto come EASA form1, che consente l’ammissione al servizio(«aeronavigabilità iniziale» per POA) ola riammissione al servizio («aeronaviga-bilità continua» per MOA). DGA (Direzione Generale Armamento)La normativa AER-Q, emanata dallaDGA, ripercorre essenzialmente la nor-ma UNI EN ISO 9001:2008 con l’ag-giunta di specifici requisiti.Essa riguarda la gestione delle aziendeche operano nel settore aeronautico mi-litare italiano e, similmente a quanto giàvisto in precedenza per il mondo aero-nautico civile, autorizza l’emissione di

� Trasporti, mobilità e logistica �ttee

mmaa

36

EASA part 21J Progettazione di prodotti e componenti aeronautici

(«aeronavigabilità iniziale»);

EASA part 21G Produzione di prodotti e componenti aeronautici

(«aeronavigabilità iniziale»);

EASA part 145 Manutenzione di base o di linea di prodotti e componenti aeronautici

«continuazione dell’aeronavigabilità».

> Con riferimento alla tabella 1

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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documenti relativi alla «aeronavigabilitàiniziale» e alla «continuazione dell’ae-ronavigabilità» di prodotti e componentimilitari aeronautici italiani.La normativa consente di fare più facil-mente riferimento allo schema gestiona-le EN9100, permettendo una integrazio-ne dei requisiti cogenti richiesti.L’Autorità Militare –similmente conquanto sopra esposto per la normativacivile– monitora con puntuale attenzio-ne le aziende che sono in possesso delleattestazioni AER-Q.Anche in questa realtà le modifiche or-ganizzative devono essere comunicatetempestivamente e, se del caso, autoriz-zate. È frequente, nella gestione dei con-tratti che riguardano i rapporti cliente-fornitore del mondo aeronautico, sup-portare il rapporto contrattuale regolan-dolo con un “Piano della Qualità” .Tale requisito è invece cogente nei con-

tratti gestiti sotto normativa AER-Q (pun-to 5.4 – Pianificazione) deve essere ela-borato in conformità con la AER-Q-140.La stessa norma AEQ-Q 140 definisce ladocumentazione per la «aeronavigabilitàiniziale» e per la «continuazione dell’ae-ronavigabilità», consistente in un Certifi-cato di Conformità (Stanag) di cui indicai campi obbligatori, firmato in genere dalQuality Manager aziendale dopo verifi-ca della corretta adesione alle richiestecontrattuali, del corretto svolgimento delciclo di produzione e controllo.

NATOI requisiti della normativa AQAP sonocompresi completamente negli schemiAER-Q e sono verificati in via generaledagli ispettori della DGA. Valgono per questi schemi le considera-zioni già fatte in precedenza in prece-denza per l’AER-Q.

ConclusioniIl ruolo svolto da un “sistemagestionale” implementato secondo lostandard EN9100:2009 rappresenta uninsostituibile strumento per la corretta“gestione per processi” dell’azienda,impostati e monitorati per soddisfare ilcliente in termini di qualità e tempi diconsegna, coordinando la convivenzacon gli schemi certificativi autonomi, ci-vili e militari, impostati su normative co-genti.

� NOTE1 IAQG, è l’acronimo di International Aerospace

Quality Group.

tteemmaa

37

FRANCESCO GIULIANAEsperto Sistemi di gestione per organizzazio-

ni del settore aerospaziale

[email protected]

FERROVIE UDINE – CIVIDALE

La prima azienda certificata UNI EN13816:2002 in Italia

Con il rilascio del Certificato n. 50 100 11756 del 29/01/2013 da

parte di TÜV Italia, Ferrovie Udine Cividale srl (impresa ferrovia-

ria operante in Friuli Venezia Giulia e soggetta alla Direzione e

Coordinamento della Regione FVG), è diventata la prima azienda

certificata UNI EN 13816:2002 in Italia per quanto ri-guarda il

trasporto pubblico di passeggeri in ambito ferroviario.

Il conseguimento di questo ambizioso risultato è stato l’output di

un processo articolato in 15 mesi di attività, consentendo lo svi-

luppo di una nuova cultura aziendale, attraverso la maggiore sen-

sibilizzazione di tutto il personale, nei confronti del cliente.

La qualità nel settore del trasporto passeggeri riveste oggi un’im-

portanza sempre maggiore, in risposta alle ripetute riduzioni al

budget di spesa, operata dagli Enti Locali al trasporto pubblico lo-

cale, prevedendo sul lungo periodo l’incremento della competi-

zione tra operatori di trasporto, operanti sulle stesse direttrici. La

sopravvivenza delle aziende del comparto è legata quindi alla ca-

pacità di offrire un servizio che non solo rispetti le clausole con-

trattuali, ma che si allinei alle attese manifestate dai propri Clienti.

In quest’ottica, la norma UNI EN 13816, si propone quale valido

strumento per il miglioramento continuo del servizio di trasporto

passeggeri, ponendo al centro il cliente, inteso sia come “cliente-

istituzionale”, vale a dire l’Ente erogatore dei fondi per lo svolgi-

mento del servizio di trasporto pubblico, ma soprattutto come

“cliente-utente”, effettivo beneficiario del servizio.

Il cardine del sistema è il «ciclo della qualità del servizio» che di-

stingue quattro aspetti della qualità del servizio, considerando

congiuntamente il punto di vista del Cliente e quello del fornito-

re: il ciclo inizia con l’analisi della qualità del servizio attesa dal

cliente, le cui aspettative sono utili all’azienda per definire la qua-

lità del servizio progettata, indicando una serie di parametri sia

quantitativi che qualitativi; in base a tali valori verrà rilevata la

qualità del servizio erogata, misurata a cura dell’erogatore di ser-

vizio ma dal punto di vista del cliente; infine è prevista la valuta-

zione della qualità del servizio percepita, svolgendo invece delle

interviste dirette ai Clienti. Lo scostamento tra qualità progettata

ed erogata fornisce una misura della prestazione, mentre il diva-

rio tra qualità attesa e percepita è un indicatore della soddisfazio-

ne del cliente.

Lo scopo di Ferrovie Udine-Cividale è stato quello di minimizza-

re questi due gap, apportando modifiche al servizio, sulla base sia

del nuovo dialogo con il cliente, sia delle rilevazioni periodiche

sul servizio erogato e percepito.

Il processo di certificazione UNI EN 13816, ha consentito poi lo

svolgimento di attività e l’adozione di strumenti di analisi e misu-

razione nuovi per l’Azienda, quali “focus group”, indagini del ti-

po “cliente misterioso” e la costituzione di un organo collegiale

denominato “Comitato Tripartito”.

Amministratore Unico della Società è il dott. Maurizio IONICO; il

“progetto” è stato coordinato dalla dott.ssa Sabrina Paola MAN-

ZINI,Responsabile Marketing e Qualità.

� La gestione delle aziende aerospaziali �

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Premessa sul Vendor RatingL’esigenza di controllo dei fornitori nellevarie interazioni con i clienti è espressa-mente indicata nella norma ISO 9001

(Sistemi di gestione per la qualità) cheprevede che il committente dell’acquistodel generico prodotto/servizio:• verifichi la conformità dei prodotti ap-provvigionati ai requisiti specificati;

• selezioni i fornitori in base alla lorocapacità di fornire prodotti conformiai requisiti richiesti;

• registri i risultati delle valutazioni e ditutte le azioni conseguenti.

La raccomandazione non indica il livellodi analisi o di applicazione delle suddet-te attività alle forniture di prodotti/servizie ciò ha ingenerato spesso l’equivoco,nelle aziende che hanno affrontato ilprocesso di certificazione ISO, che essedebbano essere svolte per la totalità deicontratti di approvvigionamento, gene-rando costi impropri che hanno condi-zionato talvolta il corretto sviluppo delleattività di controllo.I requisiti sopra indicati sono ricollegabi-li in sintesi a tre attività di controllo fina-lizzate a consentire acquisti in condizio-ni competitive (ottimizzazione costi/tem-pi/qualità):• la Qualificazione: attività pre-forniturafinalizzata all’accertamento dellecompetenze tecniche e della soliditàsocietaria dei fornitori;

• il Controllo della qualità entrante: fi-nalizzato all’accertamento della ri-spondenza alle specifiche contrattualidelle caratteristiche tecniche del pro-dotto/servizio rilasciato dal fornitore;

Antonio DI BENEDETTO, Adriano DI DOMENICANTONIO, Elena INNOCENZI, Corrado CERRUTI

Progetto Vendor Rating

• il Vendor Rating: finalizzato alla valu-tazione di tutte le risultanze del rap-porto di fornitura e alla evidenziazio-ne delle criticità da superare assiemeai fornitori.

I monitoraggi di Vendor Rating [di segui-to V.R.] ricomprendono quindi la verifi-ca, in fase di accettazione della fornituradel prodotto/servizio, dei parametri defi-niti contrattualmente ma non si esauri-scono in essa, prendendo in considera-zione, in chiave di confronto competiti-vo tra i vari fornitori, tutte le interazionidegli stessi con la committenza e fattorisuccedanei alla fase di acquisto. Tali parametri vengono normalmente ri-portati su strutture logiche ad albero, sul-le quali vengono assegnate opportuneponderazioni e definite metriche di valu-tazione.

Finalità e impostazione del progetto di ricercaIl progetto di ricerca è nato a seguito diun workshop tenutosi nell’ambito delleiniziative legate al Master in Procure-ment Management dell’Università di TorVergata che ha evidenziato l’interessegenerale delle aziende partecipanti adapprofondire le varie problematiche diprogettazione e gestione del V.R.. Tale in-teresse è legato sostanzialmente a duemotivi:• presa d’atto di un quadro delle appli-cazioni del V.R. nelle aziende nazio-

>>

The evaluation of suppliers’ performan-

ces is a crucial issue for purchasing ma-

nagers and different methodologies can

be adopted. Indeed, the adoption of

common «Vendor Rating» [V.R.] sche-

mes can be very beneficial for both

suppliers and purchasing companies, in

terms of effectiveness and costs of the

evaluations.

Based on this consideration, the Uni-

versity of Tor Vergata in Rome has car-

ried out a research, with the financial

and operational support of seven Italian

companies (Anie, Enel, Eni, Kpmg, Pro-

cout, Reply and Terna), looking at V.R.

in different industries.

This paper synthesizes the results of the

project, by:

• outlining the state of the art of V.R. in

Italy;

• defining models, processes and tools

associated to V.R. at goods & services

category level;

• proposing a model of standardiza-

tion for V.R. at global level, taking in

to account also areas of evaluations

crossing all the purchasing categories

(like CSR).

38

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

� Aspetti gestionali e laboratori �ttee

mmaa

I risultati dello studiodell’Università di Roma Tor Vergata

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nali manifatturiere e di servizio moltoeterogeneo, sia a livello di modelli diriferimento che soprattutto di logichedi utilizzo dei risultati;

• considerazione che l’adozione di logi-che di valutazione comuni dovrebbeessere vantaggiosa sia lato committen-za che lato fornitori, specie in caso diadozione lungo l’intera supply chain.

Gli obiettivi che il progetto si è posto so-no stati sostanzialmente due:• tracciare una sorta di inventario a li-vello nazionale dello stato dell'artedelle applicazioni di V.R., identifican-do best practice e scelte strategiche edoperative più comuni;

• costruire modelli di riferimento delV.R. sia a livello di categoria merceo-logica sia a livello globale, ossia te-nendo conto anche di aspetti trasver-sali alle singole forniture.

L’Università di Tor Vergata ha contattatodiverse società nazionali potenzialmenteinteressate al progetto, nel doppio ruolodi soggetto valutato (fornitore di presta-zione prodotto o servizio) e di soggettovalutatore (committente). L’invito è statoraccolto da sette aziende: un’associazio-ne di categoria di imprese (Anie

1), tre tra

le principali aziende di servizi nazionali(Enel, Eni, Terna) e tre aziende operantinel campo della consulenza e della rea-lizzazione di sistemi informativi a sup-porto delle attività d’acquisto (KPMG,Procout e Reply).Al gruppo di lavoro interaziendale, coor-dinato dal team di Tor Vergata, hannopreso parte anche rappresentanti del-l’Autorità di Vigilanza per i ContrattiPubblici.Il presente articolo –su autorizzazionedelle aziende sopra citate– sintetizza i ri-sultati principali dell’analisi effettuata.

Stato dell’arte delle applicazioni di Vendor RatingL’Università di Roma Tor Vergata ha con-tattato oltre 150 aziende, rappresentativedel mondo sia della committenza

2che

della fornitura su vari comparti merceo-logici e fasce di fatturato, inviando loroun questionario articolato sui diversi

aspetti progettuali e gestionali. 53 azien-de (circa un terzo di quelle contattate)hanno fornito le risposte qui riportate informa cumulativa.Circa la presenza nelle aziende di siste-mi di V.R., le applicazioni di V.R. sono ingran parte di recente introduzione (delle38 aziende che lo utilizzano, il 44% dal2007) e 6 aziende sono al momentonella fase di pianificazione di un sistemadi V.R.Le metodologie di V.R. vengono definiteprevalentemente in ambito DirezioneAcquisti, che opera come owner del pro-cesso per la maggior parte dei casi(66%), spesso in sinergia con altre fun-zioni aziendali (Direzione Tecnica, Qua-lità, Sicurezza, ecc.).

Le aree di valutazione più ricorrenti(90%) sono riconducibili alla Qualitàtecnica (qui intesa come comprensivadelle valutazioni in fase di consegna e divita utile della fornitura) e commerciale(relativa alle fasi di gestione del contrattodi fornitura da parte della Direzione Ac-quisti). I parametri di valutazione sono definitiprevalentemente in modo oggettivo omisto ma solo in parte sono ricuperatidal sistema informativo di supporto alleattività d’acquisto che di norma registrainformazioni relative alla fornitura, dallequali possono essere ricavati degli im-portanti indicatori di V.R. (ad esempio:puntualità delle consegne).La frequenza dei monitoraggi di V.R. piùricorrente (39%) è quella semestrale.Circa la trasparenza di metodologie e ri-sultati, le metodologie di V.R. vengonorese note ai fornitori in fase contrattualein una discreta percentuale (48%), spin-gendosi anche al dettaglio di formule,metriche e pesi (35%). Le valutazionielementari vengono condivise o even-tualmente controfirmate dai fornitori so-lo in una modesta percentuale mentre irisultati finali di V.R. vengono comunicaticon regolarità ai fornitori nella maggio-ranza dei casi (76%), prevalentemente intermini di risultati assoluti e più raramen-te in termini di posizionamento competi-tivo. Gli impatti più ricorrenti dei monitoraggidi V.R. riguardano prevalentemente azio-ni di miglioramento o correttive (38%),ma anche interventi sull’Albo e provve-dimenti contrattuali (ad esempio: bo-nus/malus) legati ai risultati di V.R.Infine, le principali criticità riscontratenei monitoraggi di V.R. sono quelle lega-te alla tempestiva e sistematica raccoltadelle valutazioni da parte dei clienti in-

� Progetto Vendor Rating �

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

Fascia di fatturato:

altissima (>1 €miliardo) 26

alta (>100 €miliardo e ≤1 €milioni) 15

media (>10 €milioni e ≤100 €milioni) 10

bassa (≤10 €milioni) 2

Totale 53

> Figura 1 > Figura 4

> Figura 2

> Figura 3

39tteemm

aa

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terni (43%), alle quali si pone rimedioprevalentemente agendo su sistemi infor-mativi e semplificando i questionari divalutazione.In caso di fornitori operanti su vari mer-cati e/o comparti merceologici viene ri-cavato un indicatore di V.R. “Globale”solo in una modesta percentuale di casi(19%), per lo più come media ponderatadei risultati di V.R. di categoria.Considerando i tre tipi di segmentazio-ne adottati (ruolo prevalente di commit-tente/fornitore, comparto merceologico,fascia di fatturato) non si sono riscontratediffe-renze significative nelle risposte aiquesiti, a meno delle seguenti:• Presenza di V.R.: il settore delle teleco-municazioni risulta quello che utilizzamaggiormente lo strumento del V.R.,in particolare nelle aziende con unafascia di fatturato alta;

• Owner del processo: le metodologiedi V.R. sono definite prevalentementein ambito Direzione Acquisti sia per icommittenti che per i fornitori. La fun-zione organizzativa Qualità gioca unruolo preponderante tra i fornitori,mentre le aziende committenti sonospesso coadiuvate da figure tecniche oresponsabili dell’esecuzione del con-tratto;

• Parametri elementari soggettivi/oggetti-vi: i parametri elementari di valutazio-ne vengono ritenuti prevalentementeoggettivi e misurabili tra i fornitori(43%, contro il 33% dei committenti).

Modello di riferimento per ilVendor Rating operante alivello di categoriaSulla base dei risultati del questionario edelle esperienze delle aziende parteci-panti al gruppo di lavoro, sono state svi-

luppate delle linea guida per l’applica-zione di V.R. per comparto merceologi-co, descrittive del processo di valutazio-ne e delle sue implicazioni.In termini di impostazione metodologi-ca sono stati inizialmente identificati 4principi di base: 1.Adeguata analisi e scelta degli ambitidi monitoraggio: a fronte dei costi diimplementazione e gestione di un si-stema di V.R., un’efficace selezionedei comparti da sottoporre a monito-raggi di V.R. non può che partire dallaindividuazione della classe di rischioassociata al comparto. In termini ge-nerali si può affermare che l’ambitopreferenziale per i monitoraggi di V.R.è quello delle forniture di prodotti/ser-vizi ad alto rischio, commissionate aduna pluralità di fornitori con contrattipluriennali omogenei.

2.Trasparenza nei confronti dei fornitori:sia sugli aspetti metodologici (che van-no resi noti, se non in alcuni casi im-postati congiuntamente, all’atto dellerichieste di offerta, per una preventivaconoscenza da parte dei fornitori ditutti i parametri di valutazione, degliimpatti dei risultati e dei costi associatial controllo, e comunque allegati aicontratti), sia sui risultati ottenuti, nonsolo in termini di risultati assoluti maanche di confronto competitivo.

3.Preventiva definizione degli impattidei risultati di V.R. che in generale di-pende fortemente dalla natura dell’ac-quisto (pubblico/privato) e dell’ambitodella fornitura.

4.Chiara identificazione dei ruoli me-diante la definizione di una metodolo-gia che definisca le responsabilità ope-rative delle varie fasi del processo chedi norma dovrebbero vedere nella Di-

rezione Acquisti il process owner delprocesso.

È stato quindi identificato un ”Albero”tipico di valutazione basato su tre distin-te aree:• la qualità tecnica della fornitura, valu-tata dalla Direzione del cliente finaleal quale la fornitura è destinata (dinorma in base a parametri quali il ri-spetto di SLA, tempi di consegna/pun-tualità, ritorni dal campo);

• la qualità commerciale, relativa alprocesso di gestione dell’iter d’acqui-sto pre e post contrattuale, valutatadalla Direzione acquisti (in base aparametri di puntualità, correttez-za,flessibilità ecc.)

• la qualità amministrativa, relativa inparticolare al processo di fatturazione,valutata dalla Direzione amministrati-va (in base alla rispondenza al dispo-sto contrattuale delle fatture emesse).

A tali aree si possono aggiungere, in re-lazione alla rilevanza in termini di ri-schio per specifici ambiti merceologici,le aree della sicurezza e dell’impattoambientale e sociale, che altrimenti sipossono considerare incluse nella valu-tazione della qualità tecnica della forni-tura. Nel corso del progetto sono anche statidefiniti i parametri di valutazione asso-ciati a ciascuna delle suddette aree conriferimento a due macrocomparti consi-derati prioritari per il GDL: lavori e svi-luppo e manutenzione software.Le caratteristiche del modello sono statepoi analizzate in termini di:• Periodo di monitoraggioLa scelta del periodo di monitoraggio,in generale da effettuarsi in modo dif-ferenziato per categoria merceologi-ca, va effettuata di norma in relazionealla frequenza delle interazioni com-merciali coi fornitori del comparto.

• Campionamento, riferito:• al campione minimo di valutazionielementari per poter considerare si-gnificativa in termini di V.R. la perfor-mance di un fornitore (memoria mi-nima per il calcolo dell’indicatore);

• all’eventuale limitazione del monito-raggio nel caso di comparti con ele-

� Aspetti gestionali e laboratori �ttee

mmaa

40

> Figura 5

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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vato numero di fornitori.• Metriche: per ogni parametro elemen-tare di valutazione va definita la relati-va metrica (binaria, pentenaria, ecc.) eper i parametri aggregati potrà essereprescelta una metrica di pesatura li-neare ovvero non lineare con logichea soglia.

• Pesi: l’assegnazione dei pesi ai vari li-velli dell’albero del V.R. è aspetto ope-rativamente delicato, per il quale è au-spicabile un’analisi adeguata se nonun periodo di sperimentazione sulcampo degli effetti. Nei casi più com-plessi, ai metodi tradizionali di defini-zione unilaterale dei pesi relativi adogni elemento di valutazione vannopreferiti metodi come l’“Analytic Hie-rarchy Process” che adotta un sistemadi comparazione a coppie e test diconsistenza finali.

• Soglie: sono da preferire in generale leassegnazioni di valori fissi e noti apriori anche se quelle dinamiche, le-gate ad esempio alla media dei valoriregistrati durante il monitoraggio,quando non vi siano rischi percepiti diperformance coordinate dei fornitori,possono essere da stimolo ulterioreper la competizione in termini di qua-lità.

Rilevato che l’analisi dei risultati di V.R.costituisce un interessante strumento divalutazione dell’evoluzione qualitativanon solo dei singoli fornitori ma anchedell’intero comparto sotto monitoraggioe che la trasparenza sui risultati del sin-golo fornitore è evidentemente essenzia-le per poterlo indirizzare alla rimozionedelle criticità riscontrate, sono state defi-nite due tipologie di reportistica:• ad uso interno, per le funzioni azien-dali coinvolte nelle valutazioni, cheevidenzi oltre ai risultati analitici delmonitoraggio le criticità riscontrate suiparametri di valutazione e gli anda-menti storici, anche allo scopo di ve-rificare l’eventuale necessità di aggior-namento della Normativa Applicativadi riferimento e più in generale la ri-spondenza del monitoraggio alla me-todologia adottata;

• specifica per ciascun fornitore sotto

monitoraggio consistente nella valuta-zione di ciascuno dei parametri delmonitoraggio, del valore complessivodell’indicatore di V.R. e del posiziona-mento competitivo dello stesso rispet-to agli altri fornitori monitorati nellostesso periodo (ad esempio in terminidi scostamento rispetto alla media, ov-vero di ranking).

Sono quindi stati identificati i principaliimpatti del V.R.L’efficacia del V.R. è strettamente legataanche all’attuazione di provvedimenti,contrattuali/gestionali, idonei a stimolarei fornitori verso l’erogazione di prodot-ti/servizi di qualità.Sul piano contrattuale possono essere ri-portate nei contratti clausole che in baseai risultati di V.R. modulino in alternati-va:• bonus/penali;• prezzi unitari di acquisto;• volumi d’acquisto;• durata del contratto (rinnovo/estensio-ne/risoluzione nel caso di elevata criti-cità ecc.).

Sul piano gestionale, risultati non positi-vi di V.R. possono avere impatto siasull’Albo Fornitori (modulando diversa-mente lo stato di qualificazione conprovvedimenti di temporanea sospensio-ne ovvero cancellazione), sia sulle logi-che di selezione dei fornitori da invitarea competizioni d’acquisto, sia sulle atti-vità di audit ovvero di attivazione di pia-ni d’azione correttivi o di miglioramento.Sono stati infine definiti i requisiti di ba-se di un sistema informativo, a supportodei monitoraggi di V.R. che si rende ne-cessario quando vi sia una pluralità dicomparti merceologici e di fornitori da

monitorare con normative applicative di-stinte.Tale sistema, di grande utilità anche perle modifiche che nel tempo i monitorag-gi possono richiedere, dovrà coprire levarie fasi in cui il generico monitoraggiodi V.R. può essere scomposto:• definizione della normativa applicati-va (metodologia di dettaglio) di V.R.;

• raccolta dei dati sulle perfomance delfornitore nel periodo di monitoraggio;

• elaborazione dei dati raccolti;• emissione della reportistica;• attuazione dei provvedimenti conse-guenti al monitoraggio.

Modello di riferimento per il Vendor Ratingoperante a livello globaleL’esigenza di uno schema di V.R. che ap-prezzi nella sua globalità le prestazionidel fornitore può nascere da più esigen-ze:• confronto delle varie valutazioni diV.R. di categoria per i fornitori cheoperino su più comparti merceologiciovvero su distinte aree geografiche;

• apprezzamento di parametri valutabilitrasversalmente ai vari comparti d’ac-quisto.

L’attribuzione di un punteggio di V.R.“globale” può essere utile per accertare ireali punti di forza e debolezza dei forni-tori, stimolarne la competizione a piùampio spettro; perché le valutazioni sia-no utilizzabili nel confronto tra fornitoriè opportuna comunque una omogeneitàdi ambiti d’azione dei soggetti da con-frontareLa ricerca si è concentrata sul modello diriferimento esposto di seguito.

� Progetto Vendor Rating �41

tteemmaa

> Figura 6

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

Page 44: AICQaicqna.it/wp-content/uploads/2013/11/AICQ_6completo.pdf · 2016-01-14 · vanti per il raggiungimento dello scopo aziendale e in via resi-duale per gli altri stakeholders10. Il

V.R. medio di categoriaÈ il parametro di maggiore rilevanza edè basato sui valori di V.R. riscontrati sututti i comparti merceologici sotto moni-toraggio. L’aggregazione dei risultati diV.R. non può esser fatta su base aritmeti-ca ma è opportuno pesare adeguatamen-te i comparti con maggiori volumi di or-dinato ed operare su valori normalizzatiper tener conto delle differenze riscon-trate in comparti anche simili ma chepresentino valori massimi di compartosignificativamente diversi.Innovazione tecnologica e di mercatoLa proposta da parte del fornitore di con-tributi e soluzioni innovative può costi-tuire un valore aggiunto per il commit-tente, ai fini del lancio di nuovi prodot-ti/servizi e comunque per una gestioneottimale del proprio business; essa com-porta per il fornitore un’attività di ricercae sviluppo non necessariamente legata asingole contingenze di natura commer-ciale.In particolare, per la misura del parame-tro in questione, relativamente ai fornito-ri di prestazioni/servizi/lavori sono statiidentificate le seguenti aree di valutazio-ne:• livello di innovazione delle soluzioniproposte e concretamente realizzabili;

• proposizione di offerte che vadano ol-tre i requisiti di capitolato a costi com-petitivi;

• soluzioni con tecnologie innovative eda minor costo, sostitutive delle prece-denti.

Sostenibilità ambientale e socialeLe imprese che si contraddistinguonoper l’elevata propensione ad investire inqualità, sviluppo sostenibile, riduzionedegli impatti ambientali, supporto allecomunità locali e adozione di modelli diLife Cycle Cost Assessment e così via,dovrebbero essere preferite rispetto adaltre meno sensibili alle medesime tema-tiche. La misura, complessa, di taleaspetto è legata ad indicatori:

SicurezzaLa legislazione italiana in materia di sicu-rezza, rivista nel 2008 (D. Lgs. 81/2008“Testo Unico in materia di tutela della sa-

lute e della sicurezza nei luoghi di lavo-ro”) si pone come una delle legislazionipiù stringenti in ambito europeo. Gli ob-blighi per le imprese riguardano numero-si fronti: formazione, analisi dei rischi re-lativi alla salute e sicurezza dei lavoratori(delle singole attività e derivanti dall’in-terferenza dei lavori delle ditte appaltatri-ci e subappaltatrici), identificazione dellacatena di responsabilità a partire dal da-tore di lavoro, procedure e dispositivi diprotezione, vigilanza sulle attività. La valutazione delle ditte appaltatrici sultema della sicurezza può essere ricondot-ta all’organizzazione “formale” della si-curezza, ossia al possesso di specifici ele-menti e aspetti organizzativi e procedura-li capaci di garantire le buone pratichegestionali oltre all’adempimento di ogniobbligo di legge; di seguito un elenco dialcuni dei parametri individuati:• esistenza di una funzione con la speci-fica responsabilità del controllo sullasicurezza sul lavoro e sua organizza-zione;

• elaborazione del Piano Operativo dellaSicurezza (POS);

• elaborazione del Piano di SicurezzaCantieri (PSC);

• formazione e periodico aggiornamentodel personale su organizzazione delcantiere, metodi di lavoro, impiego at-trezzature e mezzi d’opera;

• esistenza di statistica infortuni.Competitività commercialeVa valutata non solo in termini della ca-pacità di fornire offerte economicamentecompetitive ma anche in quella di reagirecon tempestività e correttezza alle richie-ste di offerta e documentali del commit-tente; di seguito un elenco, non esausti-vo, di possibili indicatori: • % di aggiudicazioni di competizioni

d’acquisto;• % di offerte ammesse a fase di rilan-cio;

• % di acquisti in competizione rispettoal totale degli acquisti;

• % di inviti a presentare offerta senzaseguito;

• % di contratti non ottemperati o re-scissi;

• regolarità nell’invio/aggiornamentodella documentazione di qualificazio-ne e contrattuale.

Quanto esposto in precedenza per la re-portistica interna di V.R. è applicabileanche per quanto riguarda la reportisticaper il V.R. globale che includerà ovvia-mente un’adeguata illustrazione delle lo-giche di calcolo utilizzate per ciascunaarea di valutazione e di riparametrazio-ne dei risultati.Il ranking dei fornitori in termini di V.R.globale ha però valenza del tutto diversada quella del V.R. di categoria, e la logi-ca della trasparenza illustrata in prece-denza non pare sempre applicabile; ingenerale appare ragionevole però comu-nicare ai fornitori l’esistenza di un siste-ma di valutazione complessivo delle per-formance evidenziandone anche le areedi valutazione.Ancora più marcata è la differenza in ter-mini dei possibili impatti del V.R. globa-le che in generale si limiteranno a:• richiedere azioni di miglioramento alfornitore sulle aree di valutazione ri-sultate maggiormente critiche;

• selezionare i fornitori idonei alla speri-mentazione di nuovi servizi/tecnolo-gie;

• esercitare una logica di preferenzialitànelle competizioni d’acquisto.

Conclusioni Un’efficace e tempestiva valutazionedelle potenzialità e delle performancedei fornitori è presupposto fondamentaleper la corretta gestione del rapporto co-gli stessi e per la ricerca delle miglioriopportunità di approvvigionamento.Come confermato dal sondaggio effet-tuato sullo stato dell’arte del Vendor Ra-ting in Italia, i sistemi di valutazione del-le performance dei fornitori, sviluppatisi

tteemm

aa42

� Aspetti gestionali e laboratori �

ambientali consumi energetici/tipologia,

materiali, acqua, emissioni/rifiu-

ti,trasporti, certificazioni, ecc.;

economici investimenti in R&S e formazio-

ne sulle tematiche CSR, fornitori

“sostenibili”, ecc.;

sociali forza lavoro interna, diritti

umani, comunità.

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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per lo più in anni recenti a parte il casodi alcune grandi società di servizi e ma-nifatturiere, differiscono sia a livello diaree di valutazione, che di frequenza,che di utilizzo dei risultati.L’analisi condotta col progetto di ricercaha consentito di definire un modello diriferimento per il Vendor Rating operantea livello di categoria merceologica chepuò esser preso a riferimento dalleaziende che vogliano dotarsi di tale stru-mento, identificando:• quattro principi di base da tener pre-senti nel disegno delle applicazioni diVendor Rating (attenta scelta degli am-biti di monitoraggio, trasparenza, im-patti, ruoli);

• la struttura di riferimento per l’alberodi valutazione, comprensiva delleprincipali interazioni committente-for-nitore;

• i principali parametri caratteristici delmonitoraggio (periodo, metriche, pesi,ecc.);

• la reportistica, interna e verso i fornito-ri, conseguente al monitoraggio;

• gli impatti conseguenti al monitorag-gio;

• le principali funzionalità del sistemainformativo a supporto del V.R.

Sulla base delle risultanze del V.R. di ca-tegoria è poi possibile costruire un Indi-catore di Vendor Rating Globale checonsenta di prendere in esame i risultatiottenuti dal fornitore nei vari compartimerceologici in cui si sia trovato ad ope-rare e quattro aspetti trasversali ritenutidi particolare significatività per la com-mittenza:

• innovazione tecnologica e di mercato;• sostenibilità ambientale e sociale;• sicurezza;• competitività commerciale.Le indicazioni emerse dal progetto van-no poi tradotte e particolarizzate nei sin-goli contesti aziendali onde far sì che ilVendor Rating possa giocare un ruolonon già di gestore di classifiche del «bestin class» ma piuttosto di strumento asupporto delle strategie d’acquisto piùfunzionali alla committenza; l’adozionedi schemi di valutazione omogenei, im-prontati a trasparenza e oggettività con-sentirà non solo al mondo della commit-tenza bensì all’intera supply chain di ri-cavarne benefici.

� RINGRAZIAMENTIGli autori desiderano ringraziare i componenti del

Gruppo di lavoro, riportati di seguito, che ha pro-

dotto la relazione finale del progetto di ricerca sul

V.R. per l’autorizzazione a pubblicare il presente ar-

ticolo.

Team Università di Roma Tor Vergata:

prof. Corrado CERRUTI; ing. Antonio DI BENEDET-

TO;

dott. Adriano DI DOMENICANTONIO; dott.ssa Ele-

na INNOCENZI;

Rappresentanti delle aziende/enti partecipanti al

progetto:

ANIE (prof. Angelo AIRAGHI, dott. Paolo GAIOTTI);

ENEL (ing. Giancarlo UCCIERO, ing. Carla QUA-

TRANA, ing. Paola SANTARELLI);

ENI (ing. Giuliana DI BELLO, ing. Luca FERRI, ing.

Matteo ZAFFARONI);

KPMG (dott. Raffaele BOCCIA, dott. Giacomo LA

GIOIA, dott. Andrea STELLA);

PROCOUT (dott. Francesco LA NAVE, ing. Sergio

GIORDANO, ing. Fabrizio MAZZONI);

REPLY (dott. Antonello MARTINI, dott. Alessandro

SARTORELLI, dott. Mario MEZZULLO);

TERNA (ing. Sabrina CASANOVA).

� NOTE1 Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed

Elettroniche.

2 Ci si riferisce qui al ruolo prevalente di committen-

te o di fornitore: gli stessi centri d’acquisto nati in

ambito sia pubblico (es. Consip) sia privato (es.

FGS per il Gruppo Finmeccanica), rappresentativi

per definizione del mondo della committenza,

svolgendo un servizio per conto di terzi sono su-

scettibili di valutazione sul loro operato da parte

degli enti/società che se ne avvalgono.

tteemmaa

43� Progetto Vendor Rating �

ANTONIO DI BENEDETTODipartimento Studi di Impresa Governo Filo-

sofia – Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata

[email protected]

ADRIANO DI DOMENICANTONIODipartimento Studi di Impresa Governo Filo-

sofia – Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata

[email protected]

ELENA INNOCENZIDipartimento Studi di Impresa Governo Filo-

sofia – Università degli Studi di Roma Tor Ver-

gata

[email protected]

CORRADO CERRUTIProfessore di Economia e Gestione dell’Inno-

vazione, Dipartimento Studi di Impresa Go-

verno Filosofia – Università degli Studi di Ro-

ma Tor Vergata

[email protected]

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

LA GENERAZIONE «N.E.E.T.» È UN’EMERGENZA!L’International Labour Organization dell’ONU lancia l’allarme la-

voro in Italia! A fine 2012 i disoccupati (>3 milioni) sono il 12%;

il dato, però, non tiene conto dei 520.000 cassaintegrati. Ai nu-

meri vanno aggiunti i dati sulla disoccupazione giovanile (> 37%)

e sulla generazione NEET (≈ 1,5 milioni). Il Rapporto ILO ha un

focus sull’aumento del part-time (15,2%) e dei contratti a tempo

determinato (13,4%), che sono scelte obbligate per circa la metà

dei lavoratori. Il timore dell’ILO, ignorato dalle istituzioni, è che

l’austerità finisca per “aumentare ulteriormente il ciclo recessivo”.

Compare il termine NEET, una nuova parola dal significato terri-

bile! È l’acronimo di «not in education, employment or training»;

l’etichetta che si affianca spesso ai giovani più fragili, vittime della

globalizzazione senza regole e della banalizzazione del lavoro.

Secondo l’ISTAT (2012) la quota di NEET in Italia (22,7%) è supe-

riore alla media europea (15,4%); mentre tra il 2010 ed il 2013 il

numero dei “under 35” al lavoro è passato da 6,3 a 5,3 milioni,

mentre al Sud il tasso di disoccupazione “under 35” è del 30%.

La generazione NEET sembra essere vittima dell’attualizzazione

della favola del “pifferaio magico” (Grimm) che punisce gli am-

ministratori di Hamelin portando via per sempre tutti i bambini

del paese .. [sb]

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CONSIDERAZIONI SULL’OUTSOURCING

Gianpaolo STELLAPer diversi motivi connessi con i cambiamenti socio-economici,

con le nuove tecnologie e con le mutevoli condizioni ambientali, le

im prese ricorrono sempre più di frequente ad esternalizzare i pro-

cessi (il cosiddetto outsourcing); in alcuni casi fino a ridurre drasti-

camente le attività gestite direttamente. In virtù di questa tendenza

ed in considerazione dell’impatto che le attività esternalizzate pos-

sono avere sui risultati dell’organizzazione è indispensabile una

corretta e completa interpretazione dei relativi requisiti previsti dalle

norme sui sistemi di gestione per la qualità. L’elaborazione di una

specifica guida dedicata – ISO 37500 in corso di redazione

[Guidance in outsourcing (draft version 0.52 del 9.04.2012)] –

insieme alla già detta crescente propensione da parte di molte orga-

nizzazioni ad affidare all’esterno alcuni processi, rappresenta la giu-

sta occasione per sintetizzare i concetti chiave dell’outsourcing1. Al

fine di facilitarne una chiara interpretazione ed una corretta appli-

cazione nell’ambito di un Sistema di Gestione per la Qualità [SGQ]

si è ritenuto utile effettuare, in prima battuta, una breve ricognizio-

ne di come sia stato considerato nel tempo - in ambito normativo –

il concetto di outsourcing. A questo proposito preme evidenziare

che, pur in assenza di indicazioni specifiche, il concetto è da sem-

pre presente sin dalle prime norme di Assicurazione Qualità [AQ]

utilizzate per la certificazione dal 1987. Non poteva essere diversa-

mente visto che l’outsourcing - parente del più tradizionale ap prov-

vigionamento - è estremamente importante ai fini della qualità di un

prodotto o di un servizio. L’outsourcing in un certo senso rappre-

senta (insieme agli approvvigionamenti) il complemento ai proces-

si interni di un’organizzazione per completare i processi che servo-

no alla produzione di un prodotto o di un servizio. In estrema sin-

tesi, si può pertanto affermare che il perimetro del SGQ deve con-

siderare tutti i processi che concorrono alla realizzazione del pro-

dotto o servizio, perché solo in questo modo è possibile tenere sotto

controllo –direttamente o indirettamente– l’intero ciclo produttivo

al fine di garantirne la qualità finale. E ciò deve essere garantito a

prescindere dal soggetto che effettua operativamente l’attività o il

processo.

In questo senso, una chiara interpretazione dell’outsourcing rappre-

senta un aspetto essenziale nella progettazione e realizzazione del

SGQ. Un processo affidato all’esterno non solo non può essere

ignorato dal SGQ, ma il sistema stesso ne dovrebbe assicurare un

controllo coerente con i propri requisiti interni, graduandone i cri-

teri e le modalità in funzione sia dell’importanza del processo ai fini

della qualità del prodotto o del servizio sia delle caratteristiche e

capacità del fornitore nel garantirne i requisiti.

Per meglio comprendere il concetto di outsourcing nell’ambito nor-

mativo, di seguito se ne riassume l’evoluzione a partire dalle prime

norme strutturate per l’AQ. In coerenza con il modello organizzati-

vo industriale più tradizionale e diffuso all’epoca delle prime norme

di AQ (cfr MIL-Q-9858 del Ministero della difesa statunitense;

AQAP della NATO; prima edizione ISO 9000:1987) le attività svol-

te all’esterno di un’organizzazione erano essenzialmente quelle

connesse con l’approvvigionamento di prodotti. Al fine di garantire

la qualità del prodotto era sufficiente, pertanto, estendere i principi

del sistema di gestione attraverso specifici requisiti per i fornitori

(definiti all’epoca subfornitori in quanto il fornitore era considerato

quello che adesso è l’organizzazione).

Anche la prima versione delle norme della serie ISO 9000 del 1987

[recepite in Italia come UNI EN ISO 290012, 29002

3e 29003

4], che

si distinguevano per il loro perimetro di applicazione, conferma

questa impostazione. E non deve trarre in inganno il fatto che le

norme stesse davano la possibilità di considerare un perimetro del

SGQ ridotto. Questa possibilità era, infatti, consentita quando tale

scelta non condizionava la qualità del prodotto o del servizio. A tito-

lo di esempio, la UNI EN ISO 29003 non comprendeva gli approv-

vigionamenti (punto 4.6), ma ciò era possibile solo nei casi in cui la

qualità del prodotto poteva essere assicurata dalle prove, controlli e

collaudi finali.

Nella sostanza, in questa prima edizione del pacchetto normativo

–ma anche in quella del 1994– tutte le attività che restavano al di

fuori del perimetro dell’organizzazione non potevano che essere

considerate alla stregua del punto 4.6 approvvigionamento.

Solo con la ISO 9001 del 2000 – la cosiddetta Vision 2000 - veni-

va finalmente introdotto e chiarito il concetto di processo affidato

all’esterno (o esternalizzato o in outsourcing). Infatti, al punto 4.1

Requisiti generali si precisava che: «...Qualora l’organizzazione

scelga di affidare all’esterno processi che abbiano effetti sulla con-

formità del prodotto ai requisiti, essa deve assicurare il controllo di

tali processi. Nell’ambito del sistema di gestione per la qualità

devono essere definite le modalità per tenere sotto controllo tali

processi affidati all’esterno».

Attualmente i requisiti per tenere sotto controllo i processi affidati

all’esterno sono indicati in modo chiaro ed esplicito nella ISO

9001:2008 (cfr riquadro seguente) ed ulteriormente approfonditi

dalla relativa guida ISO dell’ottobre 2008 (Documento ISO TC/176-

SC2-N630 R3).

Per maggiore chiarezza, per favorirne l’interpretazione e consentir-

ne una corretta applicazione di seguito si riepilogano in forma sche-

matica le considerazioni già espresse ed i concetti previsti dalle

norme, cogliendo alcuni spunti anche dalla citata bozza delle

“linee-guida” ISO 37500 in corso di redazione.

Definizioni di un processo esternalizzato

Un processo va considerato affidato all’esterno quando:

1. viene eseguito da un fornitore che può essere completamente

indipendente dall’organizzazione o farne parte, ma che non

adotta lo stesso SGQ. Può essere effettuato nell’ambiente fisico

dell’organizzazione o all’esterno;

2. influenza la conformità del prodotto o del servizio ai requisiti,

siano essi del cliente oppure cogenti;

3. storicamente o tradizionalmente è stato gestito all’interno dell’or-

ganizzazione;

� Aspetti gestionali e laboratori �ttee

mmaa

44

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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4. il suo impatto sull'organizzazione è significativo;

5. è necessario per l’organizzazione per il proprio SGQ.

Individuazione di un processo esternalizzato

Prima di affidare un processo all’esterno

1. bisogna far rientrare la scelta tra quelle strategiche dell’organiz-

zazione;

2. è necessario valutarne a priori in modo approfondito rischi e

benefici, anche in relazione all’importanza rivestita. Per esempio

è molto diverso affidare all’esterno un processo core o un pro-

cesso di supporto;

3. non bisogna prestare attenzione solo alla riduzione dei costi;

4. bisogna definirne adeguatamente le specifiche ed i criteri di

governance.

Modalità di gestione dei processi affidati all’esterno

Per i processi affidati all’esterno:

1. devono essere applicati controlli coerenti con quelli del SGQ del-

l’organizzazione, ma graduati sia sull’importanza del processo

sia sulle caratteristiche del fornitore;

2. devono essere gestite le interazioni con i processi interni all’or-

ganizzazione;

3. si applicano i requisiti di entrambi i punti 4.1 (Requisiti generali)

e 7.4 (Approvvigionamento) della norma ISO 9001:2008. Ciò

anche se a volte il risultato del processo affidato all’esterno non è

acquistato nel senso stretto del termine;

4. i criteri e le modalità di governance saranno diversi nel caso in

cui l’organizzazione ha o meno le compe-tenze sul processo

stesso;

5. può essere opportuno definire nel contratto di outsourcing le

modalità di controllo del processo, ma senza sacrificare la capa-

cità del fornitore, per esempio di introdurre innovazioni;

6. le necessarie flessibilità nei contratti con il fornitore del processo

vanno definite valutando in modo approfondito le dinamiche del-

l’ambiente esterno;

7. bisogna valutare e gestire in modo adeguato gli effetti all’interno

dell’organizzazione: effetti sul know how, sul personale, sulle

relazioni interne, soprattutto nel caso di processi primari;

8. è necessario gestire in modo adeguato il trasferimento di respon-

sabilità e definire gli adeguati controlli chiave.

Per concludere, si vuole evidenziare che la nota 3 della più recen-

te ISO 9001:2008 chiarisce che il controllo sui processi esternaliz-

zati non solleva l’organizzazione dalla responsabilità di assicurare

la conformità a tutti i requisiti del cliente ed a quelli cogenti. Ciò

sottolinea che per i processi affidati all’esterno è necessario un

approccio in grado di garantirne nella sostanza il controllo (o

meglio il mantenimento sotto controllo) ed i risultati, in coerenza

con il proprio SGQ. Ciò non solo per motivi di conformi-tà ai requi-

siti della norma, ma per una finalità ben più importante quale la

responsabilità diretta rispetto alla conformità ai requisiti del prodot-

to o del servizio.

A conferma di quanto detto, si vuole richiamare il contenuto della

nuova ISO 9001, la cui pubblicazione è programmata per il 2015

[Quality management system. Requirement. CD, ISO/TC

176/SC2/WG24 del 3 giugno 2013]. La nuova versione della

norma prevede, infatti, l’unificazione di tutte le forme di forniture

dall’esterno in uno specifico punto [8.4 Control of external provi-

sion of goods and services], con un’ancora più completo e definiti-

vo chiarimento della problematica che dovrebbe fugare definitiva-

mente ogni possibilità di equivoco.

� NOTE1 La ISO 9001:2008 definisce un processo affidato all’esterno

come: «un processo necessario all’organizzazione per il proprio

sistema di gestione per la qualità e che essa decide di far esegui-

re da una parte esterna».2 ISO 9001:1994 per l’Assicurazione della qualità nella progetta-

zione, sviluppo, fabbricazione, installazione e assistenza.3 ISO 9002:1994 per l’Assicurazione della qualità nella fabbrica-

zione, installazione e assistenza.4 ISO 9001:1994 per l’Assicurazione della qualità nelle prove,

controlli e collaudi finali.

� Considerazioni sull'outsourcing �tteemm

aa45

ISO 9001:2008 - 4.1 Requisiti generali……

Qualora un’organizzazione scelga di affidare all’esterno qualsiasi processo che influenzi la conformità del prodotto ai requisiti, essa deve

assicurare di tenere sotto controllo tali processi. Il tipo e l’estensione del controllo da applicare a questi processi affidati all’esterno devo-

no essere definiti nell’ambito del sistema di gestione per la qualità. ……

Nota 2 Un “processo affidato all’esterno” è un processo necessario all’organizzazione per il proprio sistema di gestione per la qualità e

che essa decide di far eseguire da una parte esterna.

Nota 3 Assicurare di tenere sotto controllo i processi affidati all’esterno non solleva l’organizzazione dalla responsabilità per la confor-

mità a tutti i requisiti, sia del cliente sia cogenti. Il tipo e l’estensione del controllo da applicare al processo affidato all’esterno pos-

sono essere influenzati da fattori quali:

a) l’impatto potenziale del processo affidato all’esterno sulla capacità dell’organizzazione di fornire prodotti conformi ai requisiti;

b) il grado di ripartizione del controllo sul processo;

c) la capacità di ottenere il necessario controllo attraverso l’applicazione del punto 7.4. ……

www.aicq.it novembre/dicembre 2013

GIANPAOLO STELLAIngegnere

[email protected]

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Megli ultimi anni si sono verificatinumerosi ed epocali cambia-menti nelle Ferrovie europee che

hanno determinato sostanziali modificheorganizzative, tecniche e culturali: le fer-

rovie non sono più un unicum ma preve-dono diversi soggetti: uno, generalmentepubblico, che ha il compito di provvede-re alla gestione e manutenzione dellarete ferroviaria ed alla sicurezza della cir-colazione dei treni (il «Gestoredell’Infrastruttura») e diversi altri, pubbli-ci e/o privati che, in concorrenza tra loro,offrono i servizi passeggeri e merci finoradi esclusiva competenza delle ferrovie(gli «Operatori Ferroviari»).Il “mercato ferroviario” è stato così “libe-ralizzato”: tutti i soggetti che abbiano ot-tenuto le previste autorizzazioni dalleAutorità competenti possono correre coni propri treni sulle diverse reti ferroviarieeuropee, decidendo in piena autonomiaqualità, tipologia, quantità e costi deiservizi che intendono offrire; per tali ser-vizi essi devono pagare ai Gestori del-l’Infrastruttura interessati un compenso(il “pedaggio”) per l’utilizzo delle risorsenecessarie a far circolare i propri treni(energia elettrica, sistemi di segnalamen-to, personale addetto,...); questa libera-lizzazione implica anche l’esistenza diuna rete “interoperabile” ossia tale daconsentire ai treni di circolare in sicurez-za in tutta Europa senza arresto alle fron-tiere.In precedenza, ogni ferrovia era respon-sabile, nel suo Paese, per tutti gli aspetticonnessi all’esercizio ferroviario ed inparticolare per la sicurezza: erano infattii “ferrovieri” ad effettuare le prove, i col-

laudi e le verifiche necessarie per lamessa in servizio di apparati, linee, tre-ni,... sulla base delle regole nazionali,unico riferimento normativo, a volte di-verse per i diversi Paesi.Con la liberalizzazione è nata invece l’e-sigenza di definire ed emanare normetecniche unificate, regole comuni e pro-cedure di valutazione omogenee: sonostate quindi create l’Agenzia Europeaper le Ferrovie (ERA) e le singole Agen-zie Nazionali per la Sicurezza delle Fer-rovie (ANSF); alla prima spetta il compi-to di definire e pubblicare norme e rego-lamenti con valenza europea, alle altre ilcompito di rilasciare le previste “autoriz-zazioni” per mettere in servizio il mate-riale rotabile, gli impianti, gli apparati, isistemi...Parimenti è stato necessario affidare asoggetti terzi ed indipendenti sia dai Ge-stori Infrastruttura sia dagli Operatori Fer-roviari le verifiche necessarie a garantire,dalla fase di progettazione fino alla mes-sa in servizio, la sicurezza di tutti gli ele-menti del “sistema ferrovia”: sono cosìnati gli “Organismi Notificati” ed i “Veri-ficatori Indipendenti di Sicurezza”, cheoperano su “riconoscimento” dalle auto-rità del Paese interessato.In Italia, tale riconoscimento viene rila-sciato dal Ministero dei Trasporti, dal-l’ANSF e da Accredia (l’Ente italiano diaccreditamento) dopo una ben definitaprocedura volta alla valutazione delle

Carlo CARGARICO

Certificazione ferroviariae interoperabilità europea

� Aspetti gestionali e laboratori �tteemm

aa>>

In Europe, during the last years, great

changes took place within the Rail-

ways, deeply modifying this world, un-

til then very conservative.

New actors have appeared while the

traditional ones have seen heavily mo-

dified their duties and responsibilities;

new concepts have been introduced:

the liberalization, the competition

among the rail service suppliers, the in-

teroperability between different net-

works: this has also led to a “cultural”

change, partially still in progress.

In this new scenario, an important role

has been assigned to independent orga-

nisms, which have been given the re-

sponsibility of verifying the reliability,

availability, maintainability and safety

of components and systems for railway

use since their design through their

commissioning.

Italcertifer is one of these organisms: af-

ter a big experience in Italy, acquired

working on the whole High Speed net-

work, it is operating in different Euro-

pean and not-European Countries, brin-

ging also there the capability, know-

how and expertise of its staff.

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novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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capacità tecniche e commerciali posse-dute dagli organismi interessati. Le nor-me di riferimento per il funzionamentodi tali organismi sono contenute nellaUNI CEI EN 45011 ed.1999, in via di so-stituzione con la UNI CEI EN 17065 ed.2012L’attuale quadro normativo europeo chedefinisce e norma il cambiamento sopradescritto é articolato su tre livelli: le Di-rettive, le STI (Specifiche Tecniche di In-teroperabilità) e le Norme EN.In particolare, le Direttive, emanate dallaCommissione Europea e recepite da tuttigli Stati membri, individuano i “sottosi-stemi”, ossia le diverse aree in cui è statosuddiviso il sistema ferroviario (Infrastrut-tura, Rolling Stock, Energia,Controllo/Comando e Segnalamento,Persone a Mobilità Ridotta, Esercizio, Si-curezza in Galleria) e precisano i relativirequisiti essenziali; tra le più importantioccorre citare:• 1991/440: Sviluppo delle ferrovie co-munitarie, modificata dalla 2001/12;

• 1996/48: Interoperabilità del sistemaferroviario trans-europeo ad alta velo-cità;

• 2001/13: Autorizzazione alle ImpreseFerroviarie;

• 2001/14: Ripartizione della Capacitàdell’infrastruttura e Certificato di Sicu-rezza;

• 2001/16: Interoperabilità del sistemaferroviario trans-europeo convenzio-nale;

• 2004/49: Sicurezza delle ferrovie co-munitarie, modificata dalla 2008/110;

• 2008/57: Interoperabilità dell’intero si-stema ferroviario (rifusione delle1996/48 e 2001/16), modificata dalla2011/18.

Le STI, parimenti emanate dalla Com-missione, individuano invece i parametridi base di ciascun sottosistema e defini-scono le specifiche da soddisfare per ri-spettare i requisiti essenziali di sicurez-za, compatibilità tecnica, affidabilità edisponibilità, rispetto dell’ambiente e sa-lute. Esistono STI specifiche per il settore“Alta Velocità”, altre relative al settore“Convenzionale” ed altre, definite “Tra-sversali”, che interessano tutti i settori

ferroviari. Le Norme EN costituiscono infine i do-cumenti tecnici applicativi e di riferi-mento delle STI.Sulla base delle suddette normative,quindi, sottosistemi e singoli componenti(elementi di base da incorporare in unsottosistema) possono essere utilizzati inambito ferroviario solo dopo la verificadella loro “Conformità” alle normativeapplicabili ed “Idoneità all’Uso” (in Italiail relativo obbligo è sancito dal D.L.191/2010); tale verifica può essere ese-guita, come accennato, esclusivamenteda uno degli organismi sopra citati in oc-casione:• della prima messa in servizio;• di rinnovo o ristrutturazione (ad evita-re possibili fraintendimenti o interpre-tazioni difformi, le relative definizionisono precisate nelle STI).

È opportuno rilevare come sia possibileutilizzare elementi non inclusi in una STIo di cui la STI applicabile non precisiesattamente i parametri o che non rispet-tino completamente i requisiti della stes-sa STI purché venga dimostrata la rispon-denza di tali elementi ai requisiti essen-ziali sopra descritti.Come accennato, il nuovo ordinamentoha quindi sottratto alle ferrovie i controllie le verifiche di sicurezza di componentie sottosistemi prima della loro messa inservizio mentre le fasi di ordinario eser-cizio e manutenzione sono invece rima-ste nella responsabilità di Gestori Infra-struttura ed Imprese Ferroviarie, ciascu-no per gli aspetti di rispettiva competen-za; per tale compito, essi devono dotarsidi uno specifico Sistema di Gestione del-la Sicurezza, anche questo da certificarea cura di un organismo riconosciuto.Sempre allo scopo di assicurare la sicu-rezza, anche tutti i soggetti che provve-dono alla manutenzione dei rotabili (siaImprese Ferroviarie che Officine Private)devono essere certificati da un organi-smo riconosciuto che ne accerti la capa-cità tecnica, il processo seguito, i con-trolli, le lavorazioni, ...Al fine di consentire l’univocità di com-portamento e di valutazione da parte deivari Organismi Notificati dei diversi Pae-

si, è stato costituito dalla CommissioneEuropea un apposito “comitato” deno-minato NB-Rail al cui partecipano rap-presentanti dei suddetti organismi; in ta-le sede vengono verificate e discussenorme, procedure, valori, ... esistenti neivari documenti normativi che possanodar luogo a controversa interpretazione,vengono definite modalità di esecuzionedi prove particolari, risolti quesiti postida uno o più dei partecipanti e/o da altrisoggetti interessati, quali i Fornitori ed iCostruttori, ... Il risultato è la pubblicazione di appositidocumenti ufficiali, definiti Recomman-dation For Use (RFU) che acquisisconoil valore di norme obbligatorie per tutti evanno ad aumentare il quadro normati-vo complessivo. Tutti questi “principi” altamente innova-tivi applicati in Europa da oltre un de-cennio hanno dimostrato la loro validitàe per questo stanno conquistando le fer-rovie di numerosi altri Paesi nei quali es-si sono già applicati, anche se con qual-che adattamento locale, o sono in pro-cinto di essere applicati; questo ancheperché da sempre le ferrovie europee so-no state un “faro” per le altre, positiva edoggettiva considerazione derivante prin-cipalmente dalla presenza di:• una intensità del traffico e complessitàdella rete che non hanno paragoni nelresto del mondo, sia come linee AltaVelocità che convenzionali;

• normative, procedure e concetti con-solidati in termini di sicurezza;

• tecnologie e sistemi in accordo contali normative;

• esperienze consolidate nella imple-mentazione di regole, organizzazioni,tecnologie e sistemi derivanti da quan-to sopra;

• un mercato più aperto e standardizza-to.

Il valore aggiunto del “nuovo approccio”è oggi riconosciuto quasi universalmentein ambito ferroviario, in quanto la certifi-cazione è in grado di assicurare la ri-spondenza alle regole/normative di rife-rimento per la sicurezza e l’interoperabi-lità, di garantire l’indipendenza della va-lutazione poiché rilasciata da una Parte

� Aspetti gestionali e laboratori �ttee

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Terza, di semplificare e velocizzare le at-tività necessarie ad esportare in altri Pae-si i risultati ottenuti in un determinatoPaese e di ridurre i tempi, gli sforzi ed icosti della valutazione di aggiornamen-ti/migliorie introdotti su componenti esottosistemi durante il loro ciclo di vita.Italcertifer è stata costituita nel 2001come società consortile di ricerca, cer-tificazione e sviluppo nel settore ferro-viario; i soci iniziali erano RFI, Trenita-lia, Politecnico di Milano e le Universi-tà di Firenze, Pisa e Napoli; nel 2007 èentrata nella compagine societaria laFS Holding che ha acquisito tutte lequote di Trenitalia; nel 2011, infine,Italcertifer si è trasformata in societàper azioni, adottando un nuovo Statutoe, sempre nel 2011, la compagine so-cietaria è stata aggiornata con il pas-saggio ad FS Holding di tutte le quoteRFI. Il suo personale proveniva tutto dalleFerrovie dello Stato ed era quindi in pos-sesso di grandi capacità tecniche, diesperienza e di elevate professionalità,che hanno permesso alla società di ri-chiedere il sopra citato “riconoscimento”per svolgere con competenza il ruolo diente terzo: nel 2007 è stato infatti otte-nuto il riconoscimento di “OrganismoNotificato” (Notified Body o NoBo, se-condo la terminologia inglese normal-mente usata); nel 2008, da parte dell’A-genzia nazionale della sicurezza, quellodi “Verificatore Indipendente di Sicurez-za” (in sigla, VIS o ISA); infine, nel 2010,quello di ACCREDIA, l’Ente italiano diaccreditamento autorizzato dallo Stato asvolgere questa attività. Oggi Italcertifer è tra le quattro/cinquesocietà accreditate per la certificazionein Italia e tra le circa 50 accreditate intutta Europa, ove pure esistono significa-tive differenze, visto che si passa dallecirca 15 della Gran Bretagna all’unicodella Germania. Come NoBo, Italcertifer svolge attivitàdi verifica di conformità alle SpecificheTecniche di Interoperabilità (STI) edemette i relativi certificati con validitàestesa a tutti i paesi d’Europa mentrecome VIS, svolge attività di verifica del-

la conformità alle normative nazionali(ambedue le due attività sono relative acomponenti, sistemi e sottosistemi dautilizzare in ambito ferroviario).L’attività di NoBo è quella a maggior va-lore internazionale (per la certificazio-ne, ad esempio, dei sistemiERTMS/ETCS e le verifiche di sicurezzadegli impianti e delle linee di Alta Velo-cità), e -in questo settore- Italcertifer puòfar valere la profonda conoscenza dellespecifiche tecniche e delle modalità difunzionamento degli apparati. Per que-sto, essa è anche uno dei principali in-terlocutori con gli organismi europei edegli altri paesi per tutto ciò che riguar-da le certificazioni di sicurezza dei si-stemi di interoperabilità e l’evoluzionenormativa e gestionale.Attualmente, in portafoglio Italcertiferha circa 300 commesse ed altrettanticlienti in vari paesi del mondo: tra iclienti ci sono quasi tutti i principalioperatori e costruttori di materiale rota-bile, come Alstom, Ansaldo, Bombar-dier, Siemens, Pesa, CAF,… e quasi tut-te le aziende legate al sistema ferrovia-rio nei settori dell’infrastruttura, dei si-stemi di comando/controllo, dell’ener-gia, dell’infrastruttura.Questi risultati sono ottenuti da unastruttura snella, composta di circa cen-toventi unità, tutte con competenzespecifiche; la maggior parte, come ac-cennato, è personale di provenienzaFS, ma si stanno inserendo anche ener-gie giovani: a fronte di un 65% di “as-sessors” (chi effettua le verifiche tecni-che) di esperti aventi grande esperien-za, c’è un buon 35% di giovani neo-laureati che, affiancati ai primi, stannoacquisendo una loro capacità profes-sionale autonoma.Negli ultimi anni, sulla base dell’espe-rienza acquisita con la certificazionedell’intera rete Alta Velocità Italiana,Italcertifer si è rivolta al mercato estero,dove ha conquistato un ruolo significa-tivo, acquisendo commesse importantiin Europa (Polonia, Grecia, Svezia, Re-pubblica Ceca,…) e nel mondo (ArabiaSaudita, India, Cina, Emirati Arabi, Au-stralia,..).

La prima esperienza all’estero è stata inTurchia dove, tra il 2010 ed il 2011Italcertifer, primo organismo notificatoa svolgere attività fuori dai confini na-zionali, ha certificato tutti i componen-ti e sottosistemi della linea Alta Veloci-tà Ankara-Konya, una tratta di 212 chi-lometri a doppio binario che si inseri-sce nell’ampio progetto di sviluppodella rete ferroviaria turca che prevedeil collegamento completo, sempre adalta velocità, tra Istanbul e la capitale,per un totale di 533 chilometri.La Ankara-Konya è stata aperta all’eser-cizio commerciale il 23 agosto 2011,alla presenza del Primo ministro Erdo-gan, del ministro dei Trasporti Yildirime del ministro dello Sviluppo Economi-co Yilmaz, oltre che di tutte le autoritàferroviarie turche. Sempre in Turchia, Italcertifer è stataimpegnata nella certificazione di altretratte della Ankara-Istanbul già comple-tate ed in esercizio e ha attualmenteiniziato le stesse attività su ulterioritratte ancora in costruzione.L’esperienza ha dimostrato come sianecessario, oltre che soddisfare in ognicaso le esigenze del cliente, soprattuttoin un contesto internazionale caratte-rizzato da una grande concorrenzialità.svolgere non solo l'attività“burocratica” della certificazione, maanche - e, in qualche caso, soprattutto -quella di formazione e di trasmissionedi esperienza a chi dovrà poi concreta-mente operare sui sistemi.Nel caso di Italcertifer, questo è statoed è possibile grazie alla competenzadei suoi tecnici che, grazie alla loroesperienza ferroviaria, conoscono lespecifiche dei vari sistemi e le loro mo-dalità di applicazione, essendo così incondizione di dare anche suggerimentiper utilizzarli al meglio, garantendo imaggiori livelli di sicurezza, affidabilitàe disponibilità.

� La certificazione ferroviaria ed interoperabilità europea �tteemm

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CARLO CARGARICOIngegnere; Amministratore Delegato Italcerti-

fer del Gruppo Ferrovie dello Stato

www.italcertifer.com

novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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Scopo della normaISO17025La norma ISO 17025 è una norma inter-nazionale, riporta i requisiti generali chedevono essere applicati per eseguire pro-ve e tarature. Essa si applica a tutti i la-boratori (di prova e di taratura) indipen-dentemente dal numero del fatto che perla norma esista o non esita una normada applicare (si chiama metodo norma-lizzato). Fornisce i requisiti da applicareper sviluppare ed attuare un sistema digestione della qualità in un laboratorio.La ISO 17025, a differenza della ISO9001, è costituita da:• 14 requisiti gestionali e • 10 requisiti tecnici. I dieci requisiti tecnici, dettagliati in ogniparticolare e per ogni argomento, creanola differenza enorme esistente con la9001, anche se la stessa 9001 richiamal’applicazione integrale dei requisiti tec-nici per il settore in cui viene applicato.

Scopo dell’assicurazionedella qualitàTra i requisiti tecnici la ISO 17025 ne

dedica uno (il punto 5.9) alla assicura-zione della qualità. Lo scopo dell’assicu-razione della qualità e quindi del requi-sito riguarda la validità delle prove/tara-ture effettuate e serve per dare fiducia alcliente sulla bontà dei risultati ottenutidal laboratorio. Per far ciò il laboratoriodeve esercitare un controllo sui processidi prova e valutare i risultati ottenuti. Ilrequisito può essere suddiviso in duegrossi argomenti: a) controllo della qualità; b) metodi da utilizzare.

Controllo della qualitàNella prima parte del punto 5.9.1, si pre-scrive che: «il laboratorio deve disporredi procedure di tenuta sotto controllodella qualità per monitorare la validitàdelle prove e delle tarature effettuate».La norma obbliga ad avere delle proce-dure di controllo della qualità e di con-seguenza di applicarle. Il numero delleprocedure dipende dalla tipologia dellaprova e complessità delle apparecchiatu-re necessarie per la prova. I controlli della qualità che un laborato-rio deve applicare sono indicati nelle ri-spettive norme o nelle istruzioni dellecase costruttrici. In questa situazionenon c’è bisogno di riscrivere la norma ol’istruzione in una procedura, ma solo diapplicarle. Nel caso mancassero il labo-ratorio deve predisporre le procedure.Esempi di procedure di controllo della

qualità sono: prove di funzionamento diparti importanti delle apparecchiature, diparti elettriche ed elettroniche; prove difunzionamento sugli elementi che elabo-rano i risultati; prove sulla purezza del-l’acqua utilizzata; analisi chimiche di so-stanze liquide utilizzate. Mi fermo quipoiché la casistica è ampia.

MetodiNella seconda parte del punto 5.9.1 lanorma prescrive che: «il monitoraggiodeve essere pianificato e riesaminato epuò comprendere, non limitandosi adessi, quanto segue: a) l’utilizzo regolare di materiale di rife-rimento certificati e/o la tenuta sottocontrollo della qualità interna nell’uti-lizzo di materiali di riferimento secon-dari;

b) la partecipazione a programmi diconfronti interlaboratori o prove valu-tative;

c) la ripetizione di prove o tarature uti-lizzando metodi identici o differenti;

d) l’effettuazione di nuove prove o tara-ture sugli oggetti conservati;

e) la correlazione di risultati fra caratteri-stiche diverse di un oggetto».

Ci sono altri metodi che si possono uti-lizzare, e la norma non lo vieta con lafrase non limitandosi ad essi, come adesempio: - la correlazione di risultati frale stesse caratteristiche di diversi di og-getti; la predisposizione di liste di riscon-

Nicola DELL’ARENA

L’assicurazione della qualità nella ISO 17025

� Aspetti gestionali e laboratori �ttee

mmaa >>

The report shows the content to ISO

17025 upon Quality Assurance in the

laboratory, our method and our quality

control. The report shows the necessary

documentation for apply this paragraph

to the standard.

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novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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aa� L’assicurazione della qualità nella ISO 17025 �

Ripetizione di prove e tarature. La norma prevede due tipi di ripetizione:con metodi identici e con metodi diffe-renti. Per molte tarature esiste un solometodo e quindi questo requisito non siapplica. La ripetizione della taratura conlo stesso metodo può essere fatto soloprima della riconsegna dello strumentooppure riportando lo strumento al Cen-tro in tempi diversi facendo aumentare icosti. Solo poche prove (ad esempio durezza)possono essere effettuate con metodi dif-ferenti. La ripetizione delle prove conmetodi identici diventa di difficile appli-cazione per gli oggetti che si devono re-stituire o per quelli facilmente deperibili.Per questo argomento nasce il problemadei costi elevati per la conservazione el’immagazzinamento (penso ai laborato-ri di analisi cliniche con centinaia diclienti al giorno per ogni prova e con og-getti tipo urina e sangue). Nonostantequeste perplessità, dove possibile, il la-boratorio deve richiedere al cliente l’og-getto della prova in quantità sufficienteper permetterne la ripetizione.

Correlazione dei risultati. Questo metodo, sia per le caratteristichediverse dello stesso oggetto che per lestesse caratteristiche di diversi oggetti, èsemplice da adottare e non costa tanto.

Verifica prima della prova/taraturaQuesto metodo non esiste nella letteratu-ra ma nel corso degli audit svolti da partedi chi scrive si è costatato presso un labo-

le prevedono eseguire i controlli dellaqualità. Non farei nessuna distinzione diapplicazione della 17025 tra materiali diriferimento certificati e secondari.

Confronto interlaboratorioEsso è un elemento importante per la va-lidità e la bontà dei risultati ottenuti; co-stituisce uno strumento importantissimoe lodevole per l’esistenza di un laborato-rio, soprattutto quanto ci si confrontacon tutti i laboratori del mondo. I confronti e le prove valutative devonoessere organizzati da qualcuno (a livel-lo nazionale, europeo, mondiale); perogni singola prova, in accordo alla gui-da ISO 43 ed alla guida ILAC G13.Queste guide obbligano chi partecipa aconfrontarsi con i laboratori di tutto ilmondo e ad applicare delle azioni cor-rettive qualora i limiti predefiniti fosserostati superati. A questi cicli di confron-to, soprattutto quelli mondiali, possonopartecipare solo pochi laboratori diogni stato. Si può affermare che per unanno il requisito si applica solo a pochilaboratori.

Prove valutative interneLe prove valutative interne possono esse-re effettuate con l’utilizzo di materiali diriferimento certificati, o secondari o conl’utilizzo di campioni civetta. Nei primidue casi il risultato ottenuto deve essereuguale a quello conosciuto mentre il ter-zo caso durante la prova deve essere ri-scontrato l’errore. Nel settore della taratu-ra la prova deve essere effettuata con uncampione primario interno o con in cam-pione degli Istituti Metrologici Primari

tro e relativa compilazione da parte deglioperatori addetti; applicazione di metoditeorici per la predeterminazione dei ri-sultati attesi; impiego di “campioni civet-ta” (prove di errore); - controlli interme-di; - validazione dei risultati finali basatasul giudizio di esperti o su dati disponi-bili in letteratura o presso gli archivi dellaboratorio stesso, verifica prima dellaprova/taratura.Alcuni di questi metodi hanno bisognodell’utilizzo delle tecniche statistiche perarrivare a definire la validità della provache si sta eseguendo.La nota per tale requisito afferma che: «imetodi selezionati dovrebbero essereappropriati al tipo e al volume delle atti-vità svolte». La scelta basata sul tipo fa capire che,solo alcuni metodi si possono applicare,la realtà del laboratorio dice che permolte prove si possono applicare solo al-cuni metodi. La scelta basata sul volume non deve ri-guardare la selezione del metodo ma de-ve interessare solamente la frequenza diapplicazione del metodo.

Materiali di riferimento. Molte prove e tarature sono effettuatesenza l’ausilio dei materiali di riferimen-to di conseguenza il metodo non si ap-plica. Per altre prove l’utilizzo dei mate-riali di riferimento è essenziale e deter-minante, per esempio è come un mano-metro per la prova di pressione, per cuiil materiale di riferimento lo si deve trat-tare come fosse una attrezzatura o appa-recchiatura (applicare tutti i requisiti del-la norma). Per i materiali di riferimento certificati, lanorma parla solo di utilizzarli mentre adessi deve essere applicata tutta la ISO17025 ad esempio, taratura, manuten-zione, condizioni ambientali, stato diconservazione, precauzioni durante l’u-so, controlli intermedi, e così via, oltre aicontrolli della qualità se previsti. Per imateriali di riferimento secondari, la nor-ma prescrive i controlli di qualità ma, se-condo me, per essi bisogna applicaretutta la norma ISO 17025 e dove le ri-spettive norme o istruzioni del fornitore

novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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ratorio la bontà di questo metodo. Prima di iniziare la taratura l’operatoredà alla macchina l’input di effettuare leverifiche sulla bontà dei risultati che siottengono ed alla fine la macchina stam-pa un rapporto. Solo se l’esito della veri-fica è positivo il personale può iniziarela taratura.

PianificazioneLa ISO 17025 prescrive che il monito-raggio sia pianificato e riesaminato. Perquanto riguarda la pianificazione, il la-boratorio deve per prima cosa scegliereil metodo da adottare e/o la procedura dicontrollo da applicare, dopo deve emet-tere ed applicare un documento di piani-ficazione (sinceramente nella letteraturanon esiste un nome e neanche la normaparla di documento, si potrebbe chia-marlo Piano di Monitoraggio o Piano diControllo della Qualità). Il documento può essere predisposto informa tabellare o in forma descrittiva. Il documento in forma tabellare è sem-plice da capire e facile da applicare, inesso si può riportare il metodo o la pro-cedura di controllo, la frequenza, la re-sponsabilità (interna o esterna) con i no-mi del personale interno, i controlli daeseguire, le registrazioni da utilizzare ese si vuole lo spazio per la firma di avve-nuta azione. La scelta della frequenzadipende dalla tipologia del metodo o deicontrolli e dal volume delle prove effet-tuate nel corso dell’anno.Il laboratorio può preparare due docu-menti di pianificazione: il primo solo perle azioni di controllo della qualità e il se-condo solo per i metodi, oppure puòpreparare un solo documento che con-tenga controlli e metodi. Nel caso checontenga solo i controlli il documentopuò essere emesso con frequenza an-nuale mentre negli altri due casi può es-sere emesso con frequenza maggiore, vi-sto che i confronti interlaboratori hannouna frequenza maggiore dell’anno. Ci sono dei documenti di pianificazioneancora più semplici, preparati per ognisingola apparecchiatura/attrezzatura do-ve su un formato standard si riportano icontrolli, la frequenza, la data di effet-

tuazione e la firma dell’operatore.Per quanto riguarda il riesame del moni-toraggio si possono rivedere controlli,metodi e frequenza (anche se per un la-boratorio accreditato è difficile cambiaremetodi e controlli). La frequenza deicontrolli della qualità e dei metodi deveessere riesaminata in base alle esigenze,ai costi e ai risultati ottenuti (se positivi sipuò aumentare, se negativi si può dimi-nuire).

Analisi dei dati Il paragrafo 5.9.1 prescrive che: «i datirisultanti devono essere registrati in mo-do che le tendenze siano rilevabili e,quanto fattibile, devono essere applicatetecniche statistiche per riesaminare i ri-sultati»; mentre nel paragrafo 5.9.2 siprescrive che: «i dati di tenuta sotto con-trollo della qualità devono essere analiz-zati e, qualora si dimostrino al di fuoridei criteri predefiniti, devono essereadottate azioni pianificate per corregge-re il problema e per prevenire che sianoriportati risultati non corretti». Con i risultati ottenuti e la susseguenteanalisi si esprime un giudizio sulla bontàdel laboratorio, se l’esito è positivo siprocede con le prove, se l’esito è negati-vo si bloccano le prove. A volte con i da-ti precedenti si può valutare se la provasia ancora in grado di dare risultati buonioppure si può valutare fino a quando sipuò continuare ad effettuare prove senzaintervenire sul processo (acquisto dinuove apparecchiature). La frase “applicate tecniche statisticheper riesaminare i risultati” è abbastanzaambigua per l’utilizzo del termine riesa-minare. Questo termine risulta poco ac-cettabile per la “cattiva” traduzione daltermine inglese “review” (che compren-de esame e riesame). Infatti, per prima cosa i risultati non si ri-esaminano, in italiano riesaminare signi-fica fare una seconda volta l’esame. Lafrase potrebbe portare a due azioni: • esaminare con tecniche statistiche i ri-sultati ottenuti per esprimere un giudi-zio;

• riesaminare tutti i risultati di preceden-ti controlli, con tecniche statistiche,

per valutare la bontà delle prove giàeffettuate e quelle da effettuare.

Le azioni da effettuare devono raggiun-gere due scopi: -correggere il problema;-evitare che siano riportati risultati noncorretti, questo requisito mi ricorda laprima norma sul “quality assurance” do-ve l’obiettivo primario delle azioni cor-rettive era proprio quello di eliminare edevitare che si ripresentasse una non con-formità. La norma richiede con una frase generi-ca azioni pianificate. Secondo le normevigenti, sarebbe stato più opportuno par-lare di azione correttiva ed introdurre undocumento di pianificazione. Si suggerirebbe di utilizzare due stru-menti a seconda delle dimensioni e deicosti dell’azione correttiva da effettuare.Nei casi semplici si potrebbe utilizzareil modulo sulle azioni correttive già pre-disposto dal laboratorio, nei casi com-plessi si potrebbe, invece, predisporreun documento di pianificazione, in for-ma descrittiva, in cui riportare tuttoquello che necessità, quali azioni da ef-fettuare, costi, responsabilità interne edesterne, tempi di attuazione, acquisti oinstallazione di nuove apparecchiatureo attrezzature, controlli da eseguire re-gistrazioni da emettere, e così via, e sipotrebbero riportare anche più azionicorrettive se sono necessarie per rag-giungere lo scopo.La norma parla di “al di fuori dei criteripredefiniti”. In base alla norma il labora-torio deve stabilire dei criteri per valuta-re se la prova dia dei risultati validi. Inquesta scelta il laboratorio è aiutato dal-le norme sulla singola prova, dalla lette-ratura scientifica e dalle istruzioni dellecase costruttrici e qualora questi criterinon esistessero li stabilisce e li riesaminain base alle proprie esigenze.

� L’assicurazione della qualità nella ISO 17025 �ttee

mmaa

52

NICOLA DELL’ARENAIngegnere meccanico; dal 1978 opera nel-

l’ambito del “Quality Assurance”, prima nel set-

tore nucleare poi nei sistemi di gestione di al-

tri settori; è stato responsabile qualità SIT; Va-

lutatore di sistemi qualità

[email protected]

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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Anfia

53

Com’è noto, l’automotive è un

settore caratterizzato da fortissi-

me esigenze qualitative dei pro-

dotti. Negli ultimi anni, un’evo-

luzione tecnologica sempre più

rapida, lo sviluppo di prodotti

altamente sofisticati, una com-

petizione globale sempre più

sfidante, insieme all’innalza-

mento delle aspettative dei

clienti stessi, hanno richiesto e

continuano a richiedere ai pro-

duttori garanzie sempre più

stringenti sulla commercializza-

zione di prodotti con un livello

sempre più elevato di qualità,

affidabilità e sicurezza.

Possiamo dire che l’affidabilità

rappresenta ormai una premes-

sa indispensabile per raggiunge-

re la fedeltà dei clienti, ed è

uno dei requisiti più importanti

per la qualità del prodotto, di

cui esprime l’attitudine a man-

tenere inalterate nel tempo le

caratteristiche funzionali ed

estetiche.

Mettere sotto controllo l’affida-

bilità dei propri prodotti, signifi-

ca, quindi, affrontare temi che

vanno dall’individuazione delle

reali esigenze dei clienti, alle

attività di prevenzione degli in-

convenienti, alla pianificazione

ottimizzata delle prove di verifi-

ca sperimentale del raggiungi-

mento degli obiettivi di affidabi-

lità.

Ma al di là degli specifici stru-

menti metodologici, è impor-

tante pianificare una supervisio-

ne logico-temporale della sua

gestione, teorica e pratica, lun-

go tutto il processo di sviluppo

prodotto.

Diventa, quindi, essenziale tra-

durre il desiderio di maggiore

affidabilità in azioni chiare, di-

rette, efficaci e, possibilmente, a

basso costo. Nella più recente

interpretazione del concetto di

affidabilità si pone enfasi, in

particolare, sulla voce “cliente”,

che risulta al centro dell’intero

progetto industriale attraverso la

definizione di obiettivi di soddi-

sfazione da trasferire opportuna-

mente sulle caratteristiche tec-

niche del prodotto. Per questo,

la ricerca di affidabilità e sicu-

rezza assume un ruolo chiave

fin dalla fase iniziale di proget-

tazione di un bene, proseguen-

do lungo i diversi step di produ-

zione, fino alla consegna al

cliente e alla successiva assi-

stenza post-vendita. Raggiunge-

re obiettivi di qualità, in un con-

testo fortemente competitivo

come quello attuale, spesso

comporta una significativa tra-

sformazione delle logiche inter-

ne di un’azienda, con un ripen-

samento completo del modo di

progettare e produrre nell’ottica

di un approccio integrato.

La disciplina dell’affidabilità, in-

fatti, è complessa. Una stima di

affidabilità valida e accurata

presuppone l’acquisizione di

conoscenze relative alle specifi-

cità dei particolari componenti

esaminati, ai disegni costruttivi,

ai processi manifatturieri adotta-

ti, alle condizioni di impiego

previste e a tanto altro ancora.

Anche le tecniche empiriche di

previsione che si rifanno alle

esperienze passate, ai livelli di

affidabilità raggiunti da prodotti

affini, possono rendere più ac-

curate le previsioni, ma sicura-

mente non sostituirle del tutto.

Codici di simulazione per stu-

diare a fondo le varie criticità

progettuali - la simulazione nu-

merica è molto utilizzata nello

studio e nell’ottimizzazione del-

la vettura e dei suoi componenti

- metodi standard e condivisi di

analisi di sicurezza, regole di

catalogazione per riorganizzare

la notevole mole di informazio-

ni costituiscono strumenti inte-

grativi ulteriori per garantire un

approccio completo alla risolu-

zione del problema tecnico.

� Anfia �

� NOTE1 ANFIA Service nasce nel 1996

come Società di Servizi di AN-

FIA (Associazione Nazionale Fi-

liera Industria Automobilistica);

è certificata ISO 9001:2008. Ope-

ra in diversi settori di attività, tra

cui i principali sono la consu-

lenza, la formazione, i convegni

e le pubblicazioni tecniche in

ambito, Qualità, Ambiente, Si-

curezza ed Etica.

ANFIA, in qualità di membro

IATF (International Automotive

Task Force) in rappresentanza del-

l’industria nazionale, ha contri-

buito allo sviluppo della Specifi-

ca Tecnica ISO/TS 16949: 2009 e

ne monitora costantemente l’ap-

plicazione dello schema di cer-

tificazione in Italia. È dunque an-

che alla luce delle ultime e ori-

ginali indicazioni fornite da IATF

che ANFIA Service progetta e ag-

giorna tempestivamente l’offerta

formativa di in area Qualità.

Tutte le informazioni dettagliate e

gli ultimi aggiornamenti sulle at-

tività di ANFIA Service sono dis-

ponibili sul portale www.anfia.it

Marco MantoanAmministratore Delegato di ANFIA Service

1

Responsabile italiano dell’IATF Oversight Office

>>

AFFIDABILITÀ NEL SETTOREAUTOMOTIVE

novembre/dicembre 2013www.aicq.it

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Sul sito «www.accedia.it» è pre-sente la cartella “SEGNALA-ZIONI” con interessanti infor-mazioni e due moduli dedicatiai «RECLAMI e SEGNALAZIO-NI»: MD-10-01-DC per il Di-partimento Certificazione e Ispe-zione e MD-10-01-DT per il Di-partimento Laboratori di Taratu-ra. In coerenza con la normaUNI ISO 10002:2006, viene pre-cisato che:• per reclamo si intende l’e-sposizione della insoddisfa-zione di ogni tipo di unutente (consumatore, Orga-nismo accreditato, P.A.,ecc.) rispetto alla fruizionedi un servizio erogato, al-l’acquisto di un prodotto ce-duto da un’organizzazionecertificata sotto accredita-mento;

• la segnalazione, invece, sidistingue dal reclamo per-ché non implica necessaria-mente un’insoddisfazionenei confronti dei servizi odei prodotti acquistati, masta a indicare comportamen-ti non in linea con la norma-tiva tecnica di riferimento(ISO 9001, ISO 14001, EN45011, ecc.);

• la segnalazione e/o il recla-

mo possono essere espostiattraverso lettera - via postaordinaria, fax o e-mail; perassicurare una gestione effi-cace è importante che glistessi siano supportati dauna serie di utili informazio-ni-base.

Prima di inoltrare il reclamo ola segnalazione:• occorre essere certi che sista evidenziando un com-portamento effettivamenteriferibile alle attività di provao di ispezione o di certifica-zione, di personale, ecc.che rientrano sotto accredi-tamento;

• è buona regola prenderepreliminare visione delleBanche Dati di ACCREDIA edella pagina “Accreditamen-to” presenti sul sito www.ac-credia.it.

ACCREDIA si impegna a dareseguito ai messaggi ricevuti ri-tenuti inerenti alle funzioni pro-prie o degli Organismi che ope-rano sotto il suo accreditamen-to, o riconosciuti sulla base diAccordi internazionali. ACCRE-DIA, fornisce una serie di infor-mazioni minime da conoscereprima di inviare un reclamo ouna segnalazione:

• non sono accettati messaggianonimi, al fine di dare cor-so a segnalazioni a fini spe-culativi di turbativa dellaconcorrenza;

• la veridicità dei dati inseritiviene sottoposta ad un pre-ventivo controllo;

• viene assicurata la protezio-ne dei dati personali di tutti isoggetti che utilizzano il ser-vizio reclami e segnalazionie nel trattamento viene assi-curato l'anonimato, ove ri-chiesto dal soggetto;

• provvederà ad informare an-che il proprio “Organismodi Vigilanza” nel caso di se-gnalazioni che facciano rife-rimento a possibili reati pe-nali commessi dal personaleACCREDIA o, comunque, adelle violazioni del proprioModello Organizzativo odel Codice Etico e di Con-dotta;

• si impegna a fornire una pri-ma risposta al soggetto re-clamante entro trenta giornilavorativi dal ricevimentodell’istanza.

L’ISTANZAI destinatari dei reclami e dellasegnalazioni sono i Dipartimentidi ACCREDIA di competenza,(guardare tabella).La compilazione del “modulo”,

ove presen-te, è consigliata per con-

sentire un rapido avvio della pro-cedura di gestione del suo re-clamo o della sua segnalazione;il “modulo” costituisce guida ingrado di consentire la miglioreformulazione di reclami e/o se-gnalazioni: verso ACCREDIA;verso gli Organismi o i Labora-tori accreditati; nonché verso leorganizzazioni certificate/ispe -zionate da Soggetti accreditati.L’istanza deve contenere le se-guenti informazioni minime:A.dati di chi sporge il reclamoo inoltra la “segnalazione”:•cognome e nome;•ragione sociale;•indirizzo completo di cap;•recapiti telefonici e fax;•indirizzi e-mail; •firma per autorizzazione altrattamento dei miei datipersonali;

B.dati del soggetto contro cui sista reclamando:•cognome e nome;•ragione sociale (Diparti-mento ACCREDIA; organi-smo/organizzazione; Labo-ratorio);•tipologia di attività;•schema di certificazione;•indirizzo completo di cap;•recapiti telefonici e fax;•indirizzi e-mail; C. descrizione chiara e detta-gliata del reclamo;

D. documenti a supporto del re-clamo allegati (con elenco ri-epilogativo);

E. informazioni relative all’e-ventuale esistenza di prece-denti reclami nei confrontidell’organizzazione e/o del-l’organismo competente (edel loro esito);

G. data e firma.È questa un’iniziativa utilissima,perché “le organizzazioni di-pendono dai propri clienti”.

[sb]

� Osservatorio ACCREDIA �OsservatorioACCREDIA

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DIPARTIMENTO MODULO INDIRIZZO

DC - Organismi di MD-10-01 DC (rev. 01) e-mail: [email protected]

certificazione e ispezione reclami e segnalazioni via Tonale, 26 - 20125 Milano

(modulo in word tel. +39 02210096.1;

scaricabile dal sito) fax. +39 0221009637

DL - Laboratori di prova; e-mail e-mail: [email protected]

DS - Laboratori di prova e-mail: [email protected];

per la sicurezza via G. Saliceto, 7/9 - 00161 Roma

degli alimenti tel 06 844099.1; fax 06 8841199

DT - Laboratori di taratura MD-10-01 DT (rev. 00 ) e-mail: [email protected]

reclami e segnalazioni strada delle Cacce, 91 - 10135 Torino

(modulo in word tel +39 011 3919729;

scaricabile dal sito) fax +39 011 3919372

RECLAMI E SEGNALAZIONI

novembre/dicembre 2013 www.aicq.it

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ASSOCIAZIONE ITALIANACULTURA QUALITÀFEDERAZIONE NAZIONALEPresidente: Fazio CAROTIVicepresidenti: Maurizio CONTI, Sergio BINIAssemblea: Federica GALLEANO, Giovanni MATTANA,Alberto BOBBO, Andrea MINARINI, Fazio CAROTI, SergioBINI, Salvatore MINUCCI, Santo PATERNÒGiunta esecutiva: Maurizio CONTI, Ernesto SCURATI,Alberto BOBBO, Sergio BINI, Vittorio CECCONI, ClaudioROSSO, Santino PATERNÒ, Domenico GAISegretario Generale: Giacomo CASARINOSegreteria Nazionale: Annalisa ROSSI

ASSOCIAZIONI TERRITORIALI DELLA FEDERAZIONEAICQ - Associazione Italia Centronord20124 Milano - via M. Macchi, 42 - tel. 02 67382158fax 02 67382177 - [email protected]: Giovanni MATTANAAICQ - Associazione Piemontese10128 Torino - via Genovesi, 19 - tel. 011 5183220fax 011 537964 - [email protected]: Federica GALLEANOAICQ - Associazione Triveneta30038 Spinea (VE) - Via E. De Filippo, 80/1tel. 041 5084954 fax 041 5084981 - [email protected]: Alberto BOBBOAICQ - Associazione Emilia Romagna40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11tel. 3355745309 - fax 051 0544854 - [email protected]: Andrea MINARINIAICQ - Associazione Tosco Ligurec/o CIPAT Via dei Pilastri n°1/3 50121 FirenzeTel. e fax 055 481524 - [email protected]: Fazio CAROTIAICQ - Associazione Centro Insulare00185 Roma - via di San Vito, 17 - tel. 06 4464132fax 06 4464145 - [email protected]: Sergio BINIAICQ - Associazione Meridionale80125 Napoli - via Giulio Cesare, 101 - tel. 081 2396503fax 081 6174615 - [email protected]: Salvatore MINUCCIAICQ - Associazione Sicilia90139 Palermo - via F. Crispi 120,c/o Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermocell. 393 9033933 - fax 091 [email protected]: Santo PATERNÒ

COMITATI TECNICIComitato Ambiente e EnergiaPresidente: Antonio SCIPIONIComitato Salute e SicurezzaCoordinatore: Diego CERRAComitato Metodi StatisticiPresidente: Egidio CASCINIComitato Metodologie di Assicurazione della QualitàPresidente: Francesco CARROZZINIComitato Normativa e Certificazionedei Sistemi Gestione QualitàPresidente: Cecilia DE PALMAComitato Qualità del Software e dei servizi ITPresidente: Mario CISLAGHIComitato Risorse Umane e Qualità del LavoroPresidente: Piero DETTINComitato Laboratori di Prova e TaraturaPresidente: Massimo PRADELLAComitato Responsabilità SocialePresidente: Sergio FORNAI

SETTORI TECNOLOGICISettore AlimentarePresidente: Claudio MARIANISettore AutoveicoliPresidente: Federico RIVOLOSettore Costruzioni CiviliPresidente: Antonino SANTONOCITOSettore Elettronico ed ElettrotecnicoPresidente: Giovanni MATTANASettore Servizi per i TrasportiCoordinatore: Luigi ZANNISettore TurismoPresidente: Caterina FIORITTISettore Trasporto su RotaiaPresidente: Gianfranco SACCIONESettore EducationPresidente: Paolo SENNI GUIDOTTI MAGNANISettore SanitàPresidente: Mauro TONIOLO

FEDERATA DI SCOPO DELLA FEDERAZIONEAICQ - SICEV20124 Milano - via Cornalia 19tel. 02 66713425 - [email protected]

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