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20150525 un caso di rabbia
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Rabbia in Francia Sultan, un Bull Terrier di 6 mesi di età, è morto di rabbia nella notte tra il 17
e il 18 maggio, a Le Chambon-Feugerolles, un comune francese di 13.119
abitanti situato nel dipartimento della Loira della regione del Rhone-
Alpes, appena un giorno dopo essere stato messo in quarantena dal
servizio veterinario, per aver morso un parente del suo padrone e il cane
di un vicino.
Illegalmente importato dall'Ungheria,
senza alcuna vaccinazione o
identificazione, avrebbe contratto la
malattia durante un viaggio in Algeria,
dove era giunto al seguito del padrone
che vi aveva soggiornato dal 21 aprile al
7 maggio scorso e durante il quale
sarebbe scappato per qualche tempo.
Il caso di rabbia è stato confermato giovedì 21 maggio 2015, dall’Istituto
Pasteur con la tipizzazione del ceppo virale Africa 1 a conferma che
l’animale ha contratto l’infezione durante il soggiorno algerino.
L'allerta dell'OIE.
Nel dieci giorni successivi al rientro in Francia del cane, 19 persone, tutte
appartenenti all’entourage del padrone, sono state identificate come a
rischio per aver avuto contatti diretti con il cane: sette di questi sono
state sottoposte a vaccinazione post-contagio, altre nove sono sotto
tutt'ora in osservazione nel centro per la profilassi antirabbica, mentre di
altre tre sono state perse le tracce e per questo motivo sono stati affissi
manifesti in francese e in arabo negli spazi pubblici nei pressi della
residenza del proprietario del cane.
Nathalie Gershon, direttore della direzione dipartimentale per la
protezione delle popolazioni della Loira, ha lanciato un allarme “Queste
persone dovrebbero sottoporsi al più presto agli accertamenti necessari,
perché se non viene trattata rapidamente questa infezione è
inevitabilmente fatale negli esseri umani".
In seguito alla conferma della diagnosi, sono state prese rigorose misure
di contenimento che prevedono una maggiore sorveglianza sulle
movimentazioni dei carnivori domestici, il rafforzamento della cattura
degli animali randagi ma anche il sacrificio di tutti i carnivori (cani, gatti,
furetti) non adeguatamente vaccinati che potrebbero essere venuti a
contatto con il caso.
I carnivori correttamente vaccinati, che potrebbero hanno avuto contatto
con il caso, saranno invece sottoposti a un monitoraggio clinico della
durata di 6 mesi.
L'ultimo caso di rabbia registrato in Francia risale al 2013 ed era dovuto ad
un gatto importato dal Marocco.
Scheda della rabbia Fonte Epicentro ISS
Si tratta probabilmente della malattia più antica di cui si ha
notizia. La parola "rabbia" deriva dal sanscrito "rabbahs",
che significa "fare violenza".
La rabbia è una zoonosi, causata da un virus appartenente alla famiglia dei
rabdovirus, genere Lyssavirus. Colpisce animali selvatici e domestici e si
può trasmettere all’uomo e ad altri animali attraverso il contatto con
saliva di animali malati, quindi attraverso morsi, ferite, graffi, soluzioni di
continuo della cute o contatto con mucose anche integre. Il cane, per il
ciclo urbano, e la volpe, per il ciclo silvestre, sono attualmente gli animali
maggiormente interessati sotto il profilo epidemiologico.
La malattia sviluppa una encefalite: una volta che i sintomi della malattia si
manifestano, la rabbia ha ormai già un percorso fatale sia per gli animali
che per l’uomo. Senza cure intensive la morte arriva entro una settimana.
La rabbia attualmente viene elencata dall’Oie (Organizzazione mondiale
di sanità animale), viene elencata nella “Lista B”, che raccoglie le "
malattie trasmissibili considerate di importanza socio-economica e/o di
sanità pubblica all'interno degli stati e che sono significative nel
commercio internazionale di animali e di prodotti di origine animale".
Sintomi e decorso negli animali
Il decorso clinico dell’encefalite rabida è caratterizzato da due possibili
forme che hanno sempre in comune una prima fase caratterizzata da
sintomi generici e poco specifici che coinvolgono il sistema respiratorio,
gastrointestinale e il sistema nervoso centrale. Successivamente la
malattia può evolvere in due forme a decorso acuto.
la forma furiosa (75 % dei casi) caratterizzata da disturbi psicomotori
eccitativi nei quali spiccano la perdita del senso dell’orientamento,
vagabondaggio, accessi di iperattività talora a carattere furioso. Negli
animali si possono avere alterazioni della fonesi e perdita di saliva,
sintomo strettamente correlato alla potenziale diffusione del
contagio. L’epilogo della malattia è caratterizzato dai segni progressivi
di paralisi della muscolatura, fino al coma e alla morte.
la forma paralitica (25 % dei casi), nella quale compare la paralisi
progressiva senza le manifestazioni di aggressività che caratterizzano
la forma furiosa.
Per l'identificazione di un caso di rabbia attenzione particolare deve
essere posta alle turbe del comportamento, a fenomeni di aggressività da
parte di animali normalmente mansueti o viceversa, e a modifiche della
fonesi. Questi sintomi sono ovviamente più facilmente rilevabili da chi,
come il proprietario di un animale domestico d’affezione (cane, gatto),
vive a continuo contatto con l'animale, che quindi diventa un elemento
importante per la sorveglianza e la prevenzione della malattia.
Trattamenti e profilassi
La prevenzione della malattia nell’uomo si basa sulla vaccinazione
preventiva per chi svolge attività professionale “a rischio specifico”
(veterinari, guardie forestali, cinovigili, guardie venatorie ecc.) e sul
trattamento vaccinale post esposizione, limitato a particolari situazioni di
rischio, come l’aggressione da parte di un animale sospetto. In questo
caso, l’animale deve essere sottoposto ad una osservazione di 10 giorni, in
modo tale da poter escludere l’esposizione al virus al momento
dell’aggressione o esposizione.
Per quanto riguarda la prevenzione della malattia negli animali è
importante:
la vaccinazione (obbligatoria o volontaria a seconda del dato
epidemiologico) degli animali domestici, la lotta al randagismo e
l’attuazione di provvedimenti coercitivi (cattura ed eventuale
abbattimento) al fine di realizzare attorno all'uomo un anello di
protezione costituito da animali domestici non recettivi e quindi
incapaci di trasmettere l'infezione (prevenzione del ciclo urbano della
malattia);
la vaccinazione orale dei carnivori selvatici, volpi in particolare,
introdotta da più di un decennio in alcuni paesi europei. A seguito di
tale misura è stato osservato un significativo decremento
dell'incidenza della malattia, rilevato attraverso piani di sorveglianza
sul serbatoio selvatico (prevenzione e controllo del ciclo silvestre della
malattia).
In caso di post-esposizione alla rabbia è importante lavare e sciacquare la
ferita o il punto di contatto con acqua e sapone, detergenti o acqua
naturale, seguito dalla applicazione di etanolo, tintura o soluzione
acquosa di iodio. A questo punto, a seconda dei casi, si effettua la
somministrazione del vaccino (che rappresenta uno strumento di
profilassi ma è efficace anche quando viene somministrato dopo una
esposizione) o di immunoglobuline anti-rabbiche.
Per il dettaglio delle procedure da adottare dopo l'esposizione si può
consultare il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità “WHO
Recommendations on Rabies Post-Exposure Treatment and the Correct
Technique of Intradermal Immunization against Rabies”.