2011-09-25 Diari della battaglia

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LADO MEN IC A D I REPUBBLICA DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011 NUMERO 345 Francesco Nuti “Io sono qui: rivoglio il cinema” L’incontro MAURIZIO CROSETTI Il grande sonno arretrato dei pendolari L’attualità  VITTORIO ZUCCONI CULT La copertina BACCALARIO E GROSSMAN Bentornati vecchi cartoon Così le favole escono dal 3D Il libro NADIA FUSINI L’ambiguità del male nel romanzo amato da Bellow All’interno L’intervista  VANNA VANNUCCINI Uwe Timm “L’epopea della donna aviatrice” La mostra NATALIA ASPESI Artemisia quando la pittura è vendetta Il teatro RODOLFO DI GIAMMARCO Barberio Corsetti rilegge Kafka Dagli sms al Castello  N egliultimi anni di vita, quando scriveva per Repubbli- ca, Carlos Franqui, il fondatore di Revolucion, il pri- mo giornale dei barbudos nella Cuba liberata da Ba- tista, ricordava spesso «una cassa di manoscritti del Che» come un tesoro che per onestà si era lasciato sfuggire. Gliela aveva data Fidel Ca stro alla fine del 1967 dopo la morte di Guevara in Bolivia perché si avvalesse di quei quaderni nei suoi libri sulla storia della rivoluzione cubana, ma lui li aveva consegnati alla vedova, Alei- da March, senza aprirli. Da quella cassa è nata la Fondazione Gue- vara che possiede i diritti di ciò che scrisse il guerrigliero più leggen- dario del Novecento e cura l’edizione dei suoi libri. Quest’anno la Fondazione ha mandato in stampa un inedito: gli appun ti quotidia- ni di Guevara dei tre anni (1956-58) sulla Sierra Maestra di Cuba con l’esercito ribelle di Fidel, Raul, Camilo Cienfuegos e Huber Matos. (segue nelle pagine successive) OMERO CIAI 1957: MAGGIO S enza molta fretta, ci mettiamo in marcia. Giunti sul luogo dell’imboscata del giorno prima, ci raggiunge uno dei nostri uomini staffetta che porta un prigio- niero che, secondo alcuni informatori, sarebbe un po- liziotto travestito. Dall’interrogatorio non esce fuori nulla di concreto; lui dice di essere un fidelista e che vuole unirsi a noi. Siamo rimasti imboscati per tutto il giorno e nel corso della giornata è sorta una discussione con Fidel perché io dicevo che non si poteva sprecare l’opportunità di prendere cinquanta o ses- santa guardie in un’imboscata, e lui che non si può attaccare se non una caserma per la forza simbolica che questo comporta. Per cominciare si è pensato di attaccare Uvedo che ha sessan- ta soldati [...]. (segue nelle pagine successive) ERNESTO CHE GUEVARA “Un po’ medico, un po’ guerrigliero” Un inedito Ernesto Che Guevara racconta la sua rivoluzione Diari  battaglia della I    F    O    T    O     R    U    E    D    E    S    A    R    C    H    I    V    E    S Repubblica Nazionale

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LA DOMENICADIREPUBBLICA

DOMENICA 25SETTEMBRE2011NUMERO 345

Francesco Nuti“Io sono qui:rivoglio il cinema”

L’incontro

MAURIZIO CROSETTI

Il grande sonnoarretratodei pendolari

L’attualità

 VITTORIO ZUCCONI

CULT

La copertina

BACCALARIO E GROSSMAN

Bentornativecchi cartoon

Così le favoleescono dal 3D

Il libro

NADIA FUSINI

L’ambiguitàdel malenel romanzoamato da Bellow

All’interno

L’intervista

 VANNA VANNUCCINI

Uwe Timm“L’epopeadella donnaaviatrice”

La mostra

NATALIA ASPESI

Artemisiaquandola pitturaè vendetta

Il teatro

RODOLFO DI GIAMMARCO

Barberio Corsettirilegge Kafka

Dagli smsal Castello

 Negliultimi anni di vita, quando scriveva perRepubbli-ca, Carlos Franqui, il fondatore di Revolucion, il pri-mo giornale dei barbudos nella Cuba liberata da Ba-tista, ricordava spesso «una cassa di manoscritti del

Che» come un tesoro che per onestà si era lasciato sfuggire. Glielaaveva data Fidel Castro alla fine del 1967 dopo la morte di Guevara inBolivia perché si avvalesse di quei quaderni nei suoi libri sulla storiadella rivoluzione cubana, ma lui li aveva consegnati alla vedova, Alei-da March, senza aprirli. Da quella cassa è nata la Fondazione Gue-vara che possiede i diritti di ciò che scrisse il guerrigliero più leggen-

dario del Novecento e cura l’edizione dei suoi libri. Quest’anno laFondazione ha mandato in stampa un inedito: gli appunti quotidia-ni di Guevara dei tre anni (1956-58) sulla Sierra Maestra di Cuba conl’esercito ribelle di Fidel, Raul, Camilo Cienfuegos e Huber Matos.

(segue nelle pagine successive)

OMERO CIAI

1957: MAGGIO

Senza molta fretta, ci mettiamo in marcia. Giunti sulluogo dell’imboscata del giorno prima, ci raggiungeuno dei nostri uomini staffetta che porta un prigio-niero che, secondo alcuni informatori, sarebbe un po-

liziotto travestito.Dall’interrogatorio non esce fuori nulla di concreto; lui dice di

essere un fidelista e che vuole unirsi a noi.Siamo rimasti imboscati per tutto il giorno e nel corso della

giornata è sorta una discussione con Fidel perché io dicevo chenon si poteva sprecare l’opportunità di prendere cinquanta o ses-

santa guardie in un’imboscata, e lui che non si può attaccare senon una caserma per la forza simbolica che questo comporta.

Per cominciare si è pensato di attaccare Uvedo che ha sessan-ta soldati [...].

(segue nelle pagine successive)

ERNESTO CHE GUEVARA

“Un po’ medico,un po’ guerrigliero”Un inedito

Ernesto

Che Guevara

racconta

la sua

rivoluzione

Diari battagliadella

I

   F   O   T   O    R

   U   E   D   E   S   A   R   C   H   I   V   E   S

Repubblica Nazionale

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

 L’assalto alla caserma, l’imboscata, le discussionicon Fidel Castro, i compagni caduti. Ma anche i dubbi,l’ironia, la noia.Escono a Cuba per la primavolta i taccuini che Guevara scrissesulla Sierra Maestra, prima della vittoriafinale. Eccoli in esclusiva per “Repubblica”

La copertinaI diari della battaglia

(seguedalla copertina)

Fidel pensa che Casillas (il colonnello che Batista avevamesso al comando del Terzo Distretto Militare Las Vil-las,ndr ) sia vicino e ordina l’avanzata in contempora-nea di 80 uomini sul posto. Abbiamo preso posizionequando ci hanno informato che era tutto tranquillo eche le spie erano state catturate. Dopo un po’ sono ar-

rivati i prigionieri, un bianco e un nero; il bianco piangeva a caldelacrime. Hanno confessato di aver avuto l’ordine da Casillas di an-dare in giro a scoprire qualcosa. Non suscitavano pena ma ripu-gnanza per la loro vigliaccheria.

Gli ordini prevedevano di impadronirci dei posti di guardia e diavanzare sulla caserma per crivellarla di colpi. La mappa della zo-na di combattimento era questa:

Con il far del giorno, ci siamo trovati davanti la sgradevole sco-perta che la caserma non si vedeva. Alcuni gruppi hanno sbaglia-to direzione e a un altro avevano dato delle cattive informazioni eil suo gruppo non dominava la caserma come gli avevano detto. Lamia posizione mi permetteva di sparare sulla caserma a una di-stanza di circa 500 metri. Appena dato l’ordine di aprire il fuoco,con lo sparo di Fidel, le mitragliatrici hanno cominciato a crepita-re. La caserma ha risposto al fuoco e in modo abbastanza efficace,come poi sono venuto a sapere [...]. Abbiamo continuato ad avan-zare e 2 che sono corsi verso il batey (villaggi costruiti in mezzo al-le piantagioni di canna da zucchero,ndr ) sono sfuggiti al mio Mad-zen. Non avendo più cespugli dietro cui trascinarci, cade accantoa me il vecchio Leal e vado a soccorrerlo, il colpo gli ha trapassatola testa, interessando la massa encefalica all’altezza della circon-voluzione parietale sinistra e non riusciva a muovere la mano de-stra. Gli faccio un po’ d’aria, copro la ferita con un pezzo di carta elo affido a Joel mentre io riprendo il mitra, quasi subito, tuttavia, lacaserma e i posti di guardia si arrendono [...].

La battaglia si era svolta così: dopo lo sparo e le raffiche siamoavanzati tutti, meno lo stato maggiore. Lì c’era Julito [Díaz], appo-stato dietro un tronco, quando gli hanno sparato in un occhio ed èmorto poco dopo. Il vecchio Eligio Mendoza, l’uomo pratico del-la zona, si è gettato nella mischia con un fuciletto che gli avevanodato e si è preso un proiettile nel ventre, morendo poco dopo. Jor-

ge è avanzato alla testa del suo plotone, ma è stato respinto e si èdovuto buttare in acqua per non farsi ammazzare, “el policía” eradietro di lui e lo hanno ammazzato; nell’avanzata sono stati feritiManals e Quique Escalona al braccio, a una mano e al gluteo de-stro; Anselmo Vega, del plotone di Guillermo, si è fatto troppo

ERNESTO CHE GUEVARA

Quando il medico divenne guerriglieroOMERO CIAI

“Non abbiamo tempo

 per seppellire gli eroi”

(segue dalla copertina)

Èil materiale grezzo che servì al Che da manuale per scrivere La guerra ri-voluzionaria a Cuba ma che trova la sua forza proprio nell’essere unatestimonianza immediata, concisa, giornaliera sull’avventura nella

Sierra Maestra. Così scopriamo un Che Guevara spesso ironico, a volte an-noiato, altre dubbioso. Ma sempre fresco e diretto. Tra le pagine del Diario de un combatiente (titolo che aveva scelto lui stesso per i quaderni) troviamo dalracconto del disastroso sbarco del Granma, il 2 dicembre del ’56, al battesimodel fuoco, fino alla trasformazione di Guevara da medico — motivo per cui Fi-del Castro l’aveva ammesso tra i ribelli ma ruolo che gli stava strettissimo — acomandante guerrigliero. E c’è tutta la complicata relazione con Castro cheall’inizio lo guarda con sospetto (era stato Raul a convincere il fratello a por-tare «l’argentino» sul Granma) e tarda a riconoscerne i meriti di combattente.

 Annota per esempio il Che dopo l’assalto a una piccola guarnigione dell’eser-cito di Batista: «Ancora una volta dovevo mutare ruolo, da soldato a dottore,

cosa che nei fatti consisteva in poco più che lavarmi le mani». All’inizio il Che si lamenta per la distribuzione delle armi perché a lui toc-cavano sempre quelle meno efficienti e dopo quattro mesi nella Sierra ripor-ta nel suo Diario che Raul aveva proposto di promuoverlo da «medico» a«commissario politico» ma che «Fidel si oppos e». Poi le cose cambiano finoal giorno in cui durante una nuova distribuzione di armi scopre che avrà unamitragliatrice Madsen (“Madzen” nei diari) e ricordandolo annoterà più tar-di: «In questo modo feci il mio debutto come combattente a tempo pieno,perché fino ad allora ero stato un combattente part-time e la mia maggiore

responsabilità era stata quella di medico della truppa. Ero entrato in un altrolivello». Ci sono episodi comici, come quando racconta di essere scappato agambe levate davanti a una sentinella nemica che gli sparava contro: «Corsia una velocità mai raggiunta prima». E c’è uno degli episodi più famosi dellarivoluzione cubana: l’intervista di Fidel Castro a Herbert Matthews del New York Times . All’epoca Matthews era uno stimato inviato di guerra che avevamesso alla prova le sue capacità su molti fronti, ma Castro riuscì a ingannar-lo facendogli credere di essere alla guida di un esercito di ribelli quando —nel marzo del ’57 — i barbudos sulla Sierra Maestra erano poco più di una ven-tina di uomini. Guevara, colto da una crisi d’asma, non partecipò all’intervi-sta ma prese nota brevemente del «colpo mediatico» di Fidel.

Le note giornaliere del Diario arrivano fino al 3 dicembre 1958, poche set-timane prima della battaglia di Santa Clara che, diretta personalmente dalChe, fu l’episodio decisivo per convincere Batista alla fuga il primo gennaiodel 1960. Ma mancano due quaderni che coprivano nove mesi dall’agosto del’57 all’aprile del ’58. E, soprattutto, ci sono alcune censure editoriali. In parte

inspiegabili perché l’originale delDiario

venne fatto leggere negli anni No-vanta dalla vedova di Guevara al giornalista americano Jon Lee Anderson chene riportò stralci nella sua biografia del Che. Almeno un paio di passaggi ta-gliati in questa edizione del Diario si possono leggere nel libro di Anderson. Ilprimo riguarda l’esecuzione di Eutimio Guerra, un contadino che faceva daguida ai ribelli ma che si rivelò una spia dell’esercito batistiano. Il secondo èun’annotazione ironica del Che su una graziosa ragazza militante del “26 lu-glio”, il movimento clandestino che appoggiava la guerriglia nelle città.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Che

I Posti di guardiaII Batey III CasermaIV Impianti

della Società Babún1 stato maggiore2 plotone di Raúl3 plotone di Almeida4 e 5 plotoni

di Jorge e Guillermo6 e 7 Avanguardia

e Retroguardia8 plotone di Crescencio9 Io con la mitragliatrice

Madzen

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

nostra raffica di mitragliatrice ha provocato la replica degli uomi-ni della caserma, e Nano è caduto ferito a morte alla testa. Acuñaera con noi e mentre andava a soccorrere Leal è stato ferito alla ma-no e al braccio destri, allora si è trascinato per uscire dalla linea difuoco e trovandosi davanti Almeida ferito lo ha portato con sé finoalla retroguardia. Il plotone di Crescencio non è quasi intervenu-to per il fatto che la mitragliatrice non ha funzionato: si trovava nel

posto migliore per attaccare la caserma. Quando gli uomini si so-no arresi, [Víctor] Mora e Vitalio [Torres], dell’avanguardia, hannocatturato il soldato che ci sparava addosso e con il prigioniero sia-mo andati a prendere il medico e il suo aiutante; dopo avergli affi-dato i feriti ho proceduto a perlustrare il batey dove ho trovato al-

© RIPRODUZIONE RISERVATA

tre due guardie. I loro feriti sono stati 19, i morti 12, oltre a 14 pri-gionieri, se si considera che erano 51 esclusi i sanitari, si ritiene chesiano scappate 6 guardie. La cosa stupefacente nel corso della bat-taglia che è durata 2 ore e tre quarti è che nessun civile è stato feri-to. In serata ho potuto prendermi cura dei feriti e dormire che erail mio più grande desiderio [...].

1958: Luglio

Si è dato ordine a tutti g li uomini perché si preparino a scendereperché alle 6 è terminata la tregua. Raúl rimarrà sulla Maestra coni suoi uomini e Fonso, tutti gli altri piomberanno su Las Vegas [deJibacoa], appoggiati da 30 uomini di Camilo che si troverà in un po-sto intermedio per attaccare Las Vegas o i rinforzi di Santo Do-mingo. È andato tutto storto perché gli uomini non si sono attenuti

agli ordini e sono rimasti a metà strada o qualcosa del ge-nere e infatti non si sono potuti trovare. Il messaggero che

doveva fare da contatto con Camilo non si è degnato di sve-gliarmi e si è addormentato tranquillamente.

Il piano d’attacco a Las Vegas è il seguente:

GLI APPUNTI

Nella paginaa sinistra,gli “Ordini Militari”che Fidel Castroscrisse al Cheriguardoalla battagliadi Las VillasIn questa pagina,esempi del diariodel Che. Dall’altoin basso,un manifestodi accusa del Chee di Ciefuegos;le prime paginedi Patria

e di Milicianos

IL LIBRO

Sotto,la copertinadi Diario

de un

combatiente

da cui sonotrattequesteimmagini

I = Minas de FríoII = Vegas1 = Guajiro 82 = Manuel 63 = Silva 154 = Joel 185 = Io 186 = Laferté 207 = Camilo 30

Tratteggiate = sentieriDoppie = fiume JibacoaFrecce = direzionedelle nostre forze

avanti ed è stato abbattuto, morto. Luis Crespo è venuto dallo sta-to maggiore per aiutare e siamo riusciti a sterminare il posto diguardia quando ormai non faceva quasi più resistenza. Sul postosono rimasti tre uomini, il quarto è uscito di corsa ed è stato colpi-to e ucciso sulla spiaggia. Almeida è avanzato con i suoi uomini sulposto di guardia e anche loro hanno ucciso 3 uomini, ma ce n’eraancora qualcuno che ha fatto molte vittime provocando un allar-

me perché i nostri credevano che a sparare fossero i nostri com-pagni. Raúl (Castro, fratello di Fidel, ndr ) ha separato il suo ploto-ne e Nano [Díaz] è stato mandato in basso con la mitragliatrice. Èarrivato quasi fino alla caserma con il suo treppiedi e quando que-sta si è arresa ha proseguito con la pistola. In quel momento una

[...] Arriva un messaggio che chiede un medico, perché Danielha una brutta ferita. Ho passato il messaggio a Las Vegas e sono an-dato di corsa con quello che avevo a portata di mano per riuscire avedere solo il suo cadavere. Daniel era morto per la ferita causatada un mortaio nello stomaco, era di 10 centimetri ma si sarebbepotuto salvare se avesse avuto delle cure immediate. L’imboscataera viziata da vari errori gravi ma aveva lasciato un saldo di 16 sol-dati morti e altrettanti gravemente feriti da una mina. Gli uominisi sono affrettati per andare a cercare le guardie e un mortaio hacolpito Daniel; c’è stato un momento di confusione e lui è rimastosolo con il suo piccolo gruppo, ferito, e ha dovuto passare per unavia crucis fino alla morte, qualche ora dopo. Delle profonde diver-genze ideologiche mi separavano da René Ramos (detto Daniel,ndr ) ed eravamo nemici politici, ma ha saputo morire compiendoil suo dovere, in prima linea e chi muore così lo fa perché sente unimpulso interiore che io gli avevo negato e che ora rettifico. Senzaaver tempo per il lutto, proseguiamo per Las Mercedes, organiz-ziamo un assedio, senza sapere con sicurezza se ci sono o no leguardie.

Traduzione di Luis E. Moriones (daDiario de un combatiente, © 2011 Aleida March y el Centro

de Estudios Che Guevara, © 2011 Ocean Pr ess y Ocean Sur)

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 In America li chiamano “commuters”, in Giappone “salarymen”,in Italia “pendolari”.Sono la categoria che in tutto il mondosoffre di un arretrato, perenne e inestinguibile bisogno

di dormire. E dai sobborghi di New York alle metro di Milano e Parigicerca di recuperare come può, dove può, quando può

L’attualitàRiti urbani

Èildebito inestinguibile che la modernitàesige dall’uomo che ha sfidato la proprianatura: il sonno. L’inquieto principe diDanimarca che voleva dormire per —forse — sognare, nel Ventunesimo seco-lo avrebbe sognato di dormire, come i

miliardi di uomini e di donne costantemente, a vol-te ossessivamente, alla ricerca del sonno perduto.

 Viviamo in un tempo che ci ascolta invocare inv anoil nome di quel dio dispettoso, Hypnos, anche più

che il cugino Eros, che ci tradisce quando lo deside-reremmo, guardando le cifre della sveglia digitaleche avanza verso l’allarme e cercando il lato frescodel cuscino. E poi ci aggredisce quando non lo vor-remmo, sulla panca delle metropolitane oltre la sta-zione desiderata, alla proiezione della CorazzataPotëmkin, in aula durante la lezione di filosofia deldiritto. A nessun dio l’umanità ha sacrificato più ri-ti e pozioni, più cerimonie e pillole — quaranta mi-liardi di dollari all’anno in farmaci ipnotici da ricet-ta negli Stati Uniti, più miliardi in rimedi effimeri eplacebo miracolosi — di questa soave carogna.

Il debito con il sonno è più inestinguibile del de-bito pubblico italiano e ci circonda ovunque. Dor-mono a milioni nel sonno glutinoso del pendolareperenne i salarymen giapponesi, i salariati sui con-vogli che li portano dall’ufficio ai lontanissimi sob-borghi, nel riposo crudele del commuter casa-lavo-ro-casa in tutto il mondo. Ho visto dormire persinoi vigili del fuoco e i poliziotti affranti dalla fatica e daldolore nella notte dell’11 settembre, perché Hy-pnos ha i suoi momenti di misericordia, e la paura,come sa ogni soldato al fronte, concilia il plumbeoabbandono nel vuoto a ogni occasione di bivacco ososta.

Già Sigmund Freud, medico al fronte con l’eser-cito austroungarico, notava che nelle trincee scom-paiono le nevrosi e il sonno cala facile e pietoso co-

me un angelo sul soldato sospeso fra un assalto e unbombardamento. Ho dormito «come un bambi-no», luogo comune smentito da ogni genitore co-stretto ad alzarsi più volte nella notte per calmare irisvegli del neonato, anche sotto i missili di SaddamHussein in Arabia, con la tuta di cerata anti armi chi-miche indosso o sull’aereo militare saudita che in-vano tentò per cinque volte di azzeccare la pista diatterraggio prima di centrarla ed evitare così che ilmio sonno si facesse eterno.

Non esiste un numero magico buono per tutti. Laautorevolissima Mayo Clinic se la cava indicandofra le «sette e le nove ore» la durata ideale per unadulto, contro le dieci o undici per un bambino inetà scolare (tanti cari auguri, gentili genitori) mapoi, secondo i dettati dell’astrologia e della migliorclinica, si cautela precisando che «più della quan-tità conta la qualità del sonno», la durata del Rem, lafase del movimento rapido degli occhi. I colossi diBig Pharma, le grandi multinazionali, investonofortune nella caccia a quella pillola miracolosa, quel

 Viagra da riposo, che salderà il debito senza esigereinteressi di effetti secondari, assuefazione, rinton-timenti, e decretano con studi epidemiologici chetutti crediamo di dormire più di quanto in realtàdormiamo. E meno di quanto vorremmo, firmandouna cambiale che non potrà mai essere saldata,neppure nell’eterna illusione della giornata festiva

Il grande

 VITTORIO ZUCCONI

Sonno

40% l’aumento salariale che compenserebbe le ore passate in viaggio

4 mln i passeggeri giornalieri della metropolitana di Tokyo 7/9 le ore di sonno quotidiane consigliate a un adulto

LA DOMENICAs 36

DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

Fonte Umea University Fonte Zurigo University

Fonte Tokyo Metropolitan Government Fonte Mayo Clinic

40% delle coppie in cui uno dei due viaggia più di 45 min al giorno è in crisi

FOTO MARTIN PARR/MAGNUM FOTO FERDINANDO SCIANNA/MAGNUM

FOTO GUEORGUI PINKHASSOV/MAGNUM FOTO FERDINANDO SCIANNA/MAGNUM

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o delle ferie. Dormono, sorprendentemente, se-condo la National Sleep Foundation, in media unpoco di più (mezz’ora) le femmine dei maschi, e ne-gli Usa molto meno i neri dei bianchi, ma non per-ché il dna africano impedisca loro il sonno. Perchémolti sono gli afroamericani costretti a fare due la-vori al giorno o a subire i turni peggiori.

Chi non conosce la sofferenza dell’addormenta-mento, l’insonnia iniziale, o del risveglio anteluca-no, l’ora diabolica nella quale si agitano gli spettridell’angoscia, l’insonnia terminale, prova un’in-sensata invidia per la madre che allatta e deve com-battere con le palpebre plumbee, per il pendolareche ronfa con la bocca aperta abbandonato sullaspalla del vicino, per l’ospite che nel primo dopo ce-na rivolta gli occhi nelle orbite lottando contro l’ab-biocco. L’insonne stenta a capire il caso celebrescandaloso dei due piloti di un jumbo jet in volo sul-l’Atlantico che si addormentarono entrambi e furo-no svegliati dalle grida disperate dei controllori divolo in cuffia e dalle assistenti di volo che la compa-gnia era riuscita a contattare grazie ai telefoni di bor-do. Come l’inappetente che non capisce il mangio-ne e si sente assediato da ripugnanti buffet, così l’in-sonne crede di vivere in mondo perennemente ap-pisolato, mentre soltanto lui veglia. La tortura natu-rale diventa quindi facilmente strumento di sevizieartificiali, ben conosciuto agli aguzzini che ricorro-

no alla sleep deprivation, alla privazione del sonnoper costringere le loro vittime a perdere il controllodi loro stesse e confessare qualsiasi cosa. Racconta-va Menachem Begin, il premier israeliano che dagiovane conobbe in Urss le tenere cure della Nkvd,la polizia segreta staliniana: «Nella testa dell’inter-rogato comincia a formarsi una foschia che impe-disce di pensare, di ragionare, di reggersi in piedi edè rotta soltanto da un desiderio bruciante e fisso didormire. Neppure la fame e la sete sono lontana-mente paragonabili agli effetti della privazione for-zata del sonno».

Il Guinness dei primati attribuisce a una donna,l’inglese Maureen Weston, il record mondiale del-l’insonnia totale, con diciotto giorni e diciassetteore, ma l’unico caso scientificamente studiato daineuropsichiatri della Marina americana, restaquello di Randy Gardner, che rimase sveglio, senzal’uso di farmaci stimolanti, per undici giorni. Nu-meri sbalorditivi, ma certamente più credibili deitrentatré anni senza dormire vantati dal contadinovietnamita Thau Ngoc, secondo la non sempre at-tendibilissima agenzia di stampa di quella nazione.Di fatto, tutti i tribunali internazionali per i dirittiumani, la Corte dell’Aja, l’Onu, il governo degli Sta-ti Uniti scosso dalle rivelazioni sulla prigione di AbuGhraib e poi sul lager di Guantanamo hanno inseri-to la privazione del sonno fra i dieci peggiori «trat- © RIPRODUZIONE RISERVATA

2 le ore al giorno perse dai tailandesi per andare al lavoro 11 i giorni passati da un uomo senza dormire (esperimento)

30%di chi viaggia 90 minuti al giorno soffre di mal di schiena 100 le ore l’anno perse dagli americani per andare al lavoro

13 milioniIl numero

dei pendolari italianiPari al 22,2%

della popolazione(Censis 2007)

67,8%La percentuale

dei pendolari italianiche utilizza l’auto

Il 14,8% si muove in treno,il 7,2% in metropolitana

3,5 milioniIl numero di cittadini

americaniche passa più di 90 minuti

al giorno su un mezzodi trasporto

5 milioniI newyorchesi

che viaggiano in metroper andare al lavoro

Il 52,1% degli americaniinvece usa la macchina

1 su 10I lavoratori europei

che passanopiù di 60 minuti al giorno

sui mezzi pubbliciper raggiungere il lavoro

tamenti disumani» (leggi, tortura) dei prigionieri.Eppure un assaggio di questa disumanità è assapo-rata milioni e milioni di volte a ogni calare della not-te, nella giostra dei fusi attraverso il mondo, spessoda innocenti condannati a orari e turni e trasferi-menti efferati per lavorare o per trovare un’abita-zione a prezzi abbordabili . Chi non dorme, o chi de-ve rubare un sonnellino alla giornata o lottare al vo-lante contro il micidiale colpo di sonno, per il qualele auto di lusso e più avanzate oggi offrono prote-zioni elettroniche osservando le palpebre del gui-datore e scuotendo il volante, aborre tutta l’odiosasapienza popolare dell’«oro in bocca», del «piglia-pesci». Fruga nell’armadietto delle benzodiazepi-ne, degli oppioidi, dei rimedi via via di moda, mela-tonina, triptofan, antistaminici, pozioni erbali di ef-ficacia spesso proporzionata soltanto alle fede dichi li inghiotte, essendosi dimostrata ormai l’ineffi-cacia delle pecore, dei rosari e persino della visionediPorta a porta.

Ognuno di noi, dal turnista di notte che ciondolama non cade nelle carrozze vuote della subway diNew York, alla mamma che si rigira pensando allafiglia fuori, al turista trafitto dall’agguato dei fusi edella differenza oraria, desidera e teme il sonno, locorteggia e lo sfugge, nel suo essere la breve eppurechiara metafora quotidiana del lungo sonno.

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

Fonte Worldmap.com

Fonte Gallup

Fonte US Navy

Fonte Bureau of Labor Statistics

Invochiamo invanoil nome di Hypnos,dio dispettoso,

che ci tradisce quandolo desideriamo e ci aggredisce

quando non lo vorremmo

Le multinazionaliinvestono fortuneper trovare la pillola

miracolosa,che salderà il debito senza esigere interessi

FOTO GUEORGUI PINKHASSOV/MAGNUM FOTO PETER VAN AGTMAEL/MAGNUM

FOTO ALEX MAJOLI/MAGNUM FOTO GUEORGUI PINKHASSOV/MAGNUM

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

È famoso per la “Grande onda”,divenuta il simbolo dello tsunami

che ha travolto il Giappone lo scorso marzo

 Ma il maestro che si definiva “vecchio pazzo per il disegno” fu l’inventore di un genereche influenzò Degas e Van Gogh

L’immagineRosso levante

Hokusaiè famoso per la Grande onda, la terrificante forma assun-ta dall’acqua marina colta nel mo-mento in cui si inalbera per abbat-tersi sulla terra come gli artiglispumeggianti di una tigre.

L’immagine del suo capolavoro è stata ripro-posta centinaia e centinaia di volte di recen-te, quando lo tsunami ha sconvolto le co-ste del Giappone, e quella sua muragliadi acqua è diventata il simbolo della ca-tastrofe conferendole una valenzaestetica esaltata dal comportamentocomposto, quasi ritualizzato nel ri-spetto della forma, della popolazioneferita a morte.

Ma Hokusai, il «vecchio pazzo per lapittura», come si definiva egli stesso, è fa-moso anche per aver coniato il termineman-

 ga, oggi universalmente noto per designare i fu-metti giapponesi, storie raccontate con disegni. I

manga di Hokusai, “schizzi o disegni spontanei”questa la non facile traduzione del termine giap-ponese, costituiscono un’imponente raccolta dioltre quattromila motivi in cui l’artista ha im-mortalato guerrieri, lottatori, artigiani, contadi-

ni, attori, cortigiane, pescatori, animali di ognispecie, fiori e piante, quasi un’enciclopedia visi-va del Giappone a cavallo tra il XVIII e il XIX seco-lo. Quasi il film di un’epoca, potremmo dire, perla vivezza delle forme che sono colte nel l’atto delmovimento, una caratteristica che ha reso Hoku-sai maestro e non soltanto di pittori giapponesima di Monet, Degas, Toulouse-Lautrec, Van Go-gh, Gauguin, tanto per fare alcuni dei più celebrinomi di maestri dell’Impressionismo che aHokusai direttamente si richiamarono, a dimo-strazione di quanto il mondo fosse già globale.

Per Degas, «Hokusai è un’isola, un continente,un mondo a sé» e per il suo magnifico dipintoBal-lerine agli esercizi si ispirò alla Danza del servo,uno degli schizzi del terzo volume dei manga delgrande pittore giapponese che siera spento già da mezzo secolo,nel 1849, in povertà, perché con-siderato «rozzo e ignorante»,non compreso dai suoi conter-ranei perché troppo anticonfor-mista, troppo originale. E originale

lo era davvero, al punto che un giornoinscenò una performance dipingendo con unascopa di canne una superficie di circa due-cento metri quadri ottenuta congiungen-do vari fogli di carta che poi issò uno ad uno

su di una intelaiatura e apparve il volto del pa-triarca Daruma. Ancora, osò esibirsi alla cortedello Shogun versando colore blu su di una lun-ga striscia di carta di riso, poi tirò fuori da un ce-sto un gallo, gli intinse le zampe nella vernice ros-sa, lo fece andare su e giù per la carta: sul foglio simaterializzò il disegno di un fiume che traspor-tava foglie rosse di acero.

Più che scandalo queste sue esibizioni destava-no stupore, come se si fosse trattato dell’abilità diun giocoliere ma Hokusai, nato nel 1760 da unapovera famiglia, di scuola ne aveva già fatta moltaquando passò alle stravaganze artistiche. A sei an-ni già disegnava, a sedici era entrato come ragazzodi bottega nella scuola del famoso maestro Shun-so, il più stimato artista di ukiyo-e , ossia del “mon-do fluttuante”, come veniva chiamata la varia

umanità gaudente che a Edo, l’attuale Tokyo,sperperava ricchezze nei quartieri del

piacere, si appassionava alle opere delteatro Kabuki e alle belle cortigianedi Yoshiwara, rinnegando l’auste-rità dei nobili e dei samurai. Intorno

a questo mondo di trasgressione sisviluppò un movimento artistico

che si esprimeva con stampe a colorivivaci, a basso costo, che ritraevano at-

tori o belle donne di facili costumi, oppu-

HokusaiRENATA PISU

 ANIMALI

In queste pagine,

alcuni disegnidi animali. Hokusaidisse di averne capitola strutturasoltanto a 73 anni

GEOMETRIE

Nei tre disegniin alto con i relativibozzettisi può vedereil metodo di lavorodell’artista fondatosu uno studiopreparatoriocon cerchie triangoli

Il manga prima dei manga

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

Un giorno disse: “A settant’anni ho capitola struttura delle forme, a ottanta miglioreròA novanta penetrerò il mistero”

Ora per la prima volta in Italia

viene pubblicata la più grande raccoltadei suoi lavori, dalla natura al folklore

re scene di romanzi popolari, e Hokusai ben pre-sto superò il maestro in questo genere.

 Abbandonò la bottega di Shunso, lavorò pres-so un altro maestro, poi un altro ancora, un lun-go peregrinare di bottega in bottega e, alla fine, sidecise a mettersi in proprio per affermare la suaindipendenza creativa. Il suo studio era sporco,trattava male i visitatori, viveva in semipovertà,disegnava, ispirato da tutto ciò che vedeva, lacampagna, gli alberi, le rive del mare, i muta-menti delle stagioni, il monte Fuji, al quale dedi-ca le sue celeberrime Trentasei vedute (è qui cheimmortala la Grande onda con la montagna pic-cola sullo sfondo).

Nel 1817 pubblica il primo volume dei manga,al quale ne seguiranno altri quattordici, ed è que-sto il vero riassunto della sua attività: tutto quel-lo che gli piace è reso con una forma rapida ed es-senziale. L’osservazione e la fantasia si mescola-no: lottatori, guerrieri, acrobati, artigiani con i lo-ro attrezzi, uomini e donne, paesaggi e divinità.Nella prefazione a uno dei volumi, Hokusai scri-veva: «Io mi accorgo che i miei animali, i miei in-

setti, i miei personaggi vogliono fuggire dalle pa-gine. Questo non è straordinario? Fortunata-mente l’incisore Ko Izumi, abilissimo nello sca-vare il legno con il suo coltello ben aguzzato, si èassunto il compito di recidere le vene e i nervi de-

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL LIBRO

Hokusai Manga esce per la prima voltain Italia e in Europa il 27 settembre(696 pagine, 29,90 euro)È la più grande raccolta di lavori (alcuniriprodotti in queste pagine) del maestroriprodotti con i colori originalidella xilografia giapponeseIl libro, curato da Keiko Miakie tradotto da Fabio Zucchella,è pubblicato da Ippocampo

 VOLTI

Nelle figure umane, un’altracaratteristica di Hokusai:nascondeva spesso i loro volti

gli esseri che ho disegnato e ha potuto togliere adessi la libertà di fuggire».

Per ottenere il movimento, cioè la vita, Hoku-sai si vale del procedimento artistico che fa deimovimenti una sintesi per la quale dai momentisuccessivi di immobilità disordinata che assumeun corpo quando compie un gesto (come quellifissati in sequenza da una foto) si ricavano le li-bere armonie che suggeriscono lo scopo del mo-vimento stesso.

Il maestro, il vecchio pazzo per la pittura morìa ottantanove anni senza aver mai smesso di di-pingere neanche un solo giorno. A settantacin-que anni aveva scritto: «Dall’età di sei anni avevola mania di disegnare la forma degli oggetti. Ver-so i cinquant’anni avevo fatto un’infinità di dise-gni, ma tutto quello che feci prima del mio set-tantesimo compleanno non merita di essereconsiderato. A settantatré anni capii in modo ap-prossimato la vera struttura degli animali, delleerbe, delle piante, degli uccelli, dei pesci e degliinsetti. Così a ottant’anni potrò fare altri progres-

si e a novanta penetrerò il mistero delle cose».

Ci era andato molto ma molto vicino, glimancava soltanto un anno, e forse, senza ac-corgersene, quel mistero lo aveva già pene-

trato.

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

SpettacoliSurrealisti

MARIO SERENELLINI

L’11 settembre era già stato im-maginato, programmato,scritto. Oltre vent’anni primadell’attentato alle TwinTowers. Nell’estate del 1978,due uomini, chiusi per tre set-

timane in un alberghetto nella Spagna più di-sabitata e solitaria, avevano preparato graficie scene del terrore: il disegno di un’apocalissefastosa e assurda, iperbolica e definitiva, pa-radossalmente possibile, come l’aveva pro-spettata al cinema, nel ’64, l’allucinazione co-mica del Dottor Stranamore di Stanley Ku-brick. Anche questa nuova ecatombe, cheavrebbe avuto per teatro e prima deflagrazio-ne il Louvre a Parigi, era un’ipotesi-cinema:non comica, ma surreale. Perché i due uomi-ni al lavoro si chiamavano Luis Buñuel e Jean-Claude Carrière. Ma il film,  Agôn o  Agonia,«concepito e scritto in ventitré giorni, dal 4 al27 agosto 1978», come si legge in una nota ma-noscritta dello stesso cineasta, non è mai sta-to realizzato. Sarebbe stato l’ultimo dire tto daBuñuel che, quasi ottantenne, si consideravaperò inadeguato a nuove regie: morirà nel1983 in Messico.

«Peccato», sospira Carrière, ottant’anni loscorso 17 settembre, sceneggiatore del registaspagnolo nei suoi ultimi vent’anni di vita, dalIl diario di una cameriera aQuell’oscuro oggettodel desiderio. «Il film, percorso dagli smarri-menti e dalle violenze di fine anni Settanta,avrebbe lanciato segnali profetici su quel checi allarma oggi, dal terrorismo alla mondia-lizzazione, dalla minaccia nucleare all’in-tolleranza sempre più diffusa». Infatti, alcentro di Agôn (gara, in greco) o  Agonia

(lotta, in latino), che in Francia si sarebbeintitolato Une cérémonie somptuese (l’at-tentato, secondo la provocatoria definizionesurrealista), c’è il ricatto alla Terra di un grup-po terroristico che fa scivolare sulla Senna ver-so il Louvre un’imbarcazione imbottita d’e-splosivo: inedito bateau-bomba che polveriz-zerà il museo più famoso del mondo. «Atten-tatori ultimo grido», glossa Carrière, «fautorid’un terrorismo anti-culturale». Prima chescada l’ultimatum fiammeggiano atti dimo-strativi «minori»: l’assassinio d’un arcivesco-vo, «gesto giudicato da alcuni terroristi un po’troppo frivolo e démodé», raffiche di mitra su-gli astanti dal tavolo della conferenza stampa...Insomma, piccoli attentati tra amici, scoppiet-tii intimidatori di gravità progressiva, fino al-l’attentato supremo — la disintegrazione cul-turale — cui segue quella del pianeta.

È qui che esplode, alla lettera, la trovata piùsurreale e irridente del cinema di Buñuel: daifumi della distruzione più cieca e totale, tra leresidue nebbioline letali di quel nulla chiama-to uomo, ecco apparire il volt o di Gesù. «È il fe-

nomeno della parusia universale», spiegal’antico complice del cineasta, «il sogno reli-gioso che la materia si dissolva in spirito, conl’epifania del divino ovunque nell’ex-mondo,nella stupefazione generale di chi non ne ave-

 Nel 1978 il regista di “Belle de jour” ha in mente un filmche lo ossessiona: la storia di un attentato terroristicoe l’avvento di una nuova era. Non farà in tempo a finirloOggi Jean-Claude Carrière, che lavoravacon lui a quel progetto, ci mostraquegli storyboard rimasti segreti

Prove tecnichedi un’apocalisse

mai girata

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va mai sentito parlare». Dove s’indovina laperfidia di Buñuel, «ateo per grazia di Dio» co-me si definiva, che fa coincidere distruzione ebenedizione, riscatto dell’aldilà sulla pelledell’al di qua, suggerendo che il trionfo co-smico del Cristo necessita di un solido incipitterroristico.

«Per avere un’idea del paradosso e del suoeffetto grande schermo», avverte Carrière,«basterebbe ripensare il nuvolone immensodi Ground Zero dopo l’attentato di dieci annifa come ribalta per l’apparizione a sorpresadell’icona una e trina sui teleschermi dell’in-tero pianeta. La tragedia dell’11 settembre èstata solo una briciola, una modesta prova ge-nerale rispetto al cataclisma concepito daBuñuel ventitré anni prima». «Fantasy reali-stico, politico-religioso», come il film è defini-to, giocando sugli opposti, in un appunto amano degli autori sulla copertina dello scriptoriginale, rimasto sceneggiatura — ora editain Spagna e pubblicata in estratto, con disegnid’allora di Carrière, sui Cahiers du Cinéma —condivide il suo limbo cinematografico conaltri due progetti inconclusi, Il monaco, daLewis, e Là-bas , da Huysmans, «uno dei trescrittori francesi di fine Ottocento, con Mir-beau e Pierre Louïs, che lo perseguitavano dal-la giovinezza, l’unico che non sia riuscito aportare sullo schermo», ricorda Carrière.

Ma è in questo mancato film della fine —della carriera e della vita — che scalpita più chemai uno dei suoi temi più ossessivi: l’incogni-ta del terrorismo. Era il suo refrain avvelenato,insieme a altri due tormentoni prediletti: lesfide dell’eros nella gabbia borghese (Belle de 

 jour ) e la cappa di piombo del cattolicesimo(La Via Lattea). «Il terrorismo è stato il suo tar-

lo», spiega Carrière, «da quando, ragazzo, inSpagna, era stato scioccato dall’uccisioned’un vescovo». L’incubo terrorista segna l’in-tera parabola del suo cinema, da L’Âge d’or aQuell’oscuro oggetto del desiderio, infarcito diattentati, tra cui, segnala Carrière, «l’esplosio-ne dell’auto ironicamente guidata dal suo fe-dele produttore Silberman... In Francia, piùvolte, durante il Sessantotto, Buñuel si facevasorprendere, smarrito, tra barricate e lacri-mogeni, nel Quartiere Latino, dove di solito ciincontravamo».

E dove prendevano corpo, cinematografi-camente, le sue ossessioni? «L’elaborazionedi una sceneggiatura ci chiedeva ogni volta unlavoro metodico, appartato, monastico», ri-sponde Carrière. «Il ritiro era di norma in Mes-sico o in Spagna, dove andavamo sul finiredell’inverno, in hotel appena riaperti, freddo-lini, con la neve dintorno. La scrittura ci pren-deva due mesi: due mesi di solitudine a due.L’albergo in Spagna era vicino a un convento,dove i frati ci invitavano una volta alla setti-mana, e mangiavano con noi in silenzio. Lagiornata era scandita da orari e impegni pre-cisi. I dialoghi, di uomini e donne, li recitava-mo insieme, ogni volta, per capire se avrebbe-ro funzionato. Buttata giù la prima stesura, ciritrovavamo due mesi dopo per rivederla e ri-metterla a posto. Ci è capitato spesso di riscri-vere la sceneggiatura quattro o cinque volte.Lavorare con Buñuel era vivere con Buñuel:non dovevi avere famiglia, moglie, figli. Macon lui non si smetteva mai di imparare. Ave-vo fatto mio il principio di André Gide: bisognasempre seguire quelli che cercano la verità efuggire quelli che l’hanno trovata».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

‘‘Il cielo, scuro e minaccioso Nel cielo si alza il lugubre

fungo atomicoLe nuvole che coronanoquesto fungo si scostano

lentamente

Una silhouetteimprecisa appare

sopra le nubiQuesta silhouette,

 posata sulla cima del fungo,si avvicina a noi

Riconosciamo il Cristo,con la mano

destra alzata, immobileSi avvicina sempre di più,

cinto da nuvolesempre più scure

I suoi occhi non sono altroche due orbite vuote

I DISEGNIIn queste pagine,i disegni originalidi Jean-Claude Carrièreper lo storyboard di Agonia:ecco il Cristo che “con la manodestra alzata si avvicinasempre di più”Nella foto, Luis Buñuel

Luis Buñuel

Dalla sceneggiaturadi Agonia

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

Si chiama “lifelogging”, significa registrare,filmare e archiviare ciò che facciamo ogni giorno

da quando ci svegliamo a quando mangiamo, andiamo al lavoro,ascoltiamo musica o navighiamo in Rete. È praticato non solodal popolo dei social network ma anche da ricercatoriimpegnati a combattere l’Alzheimer. Ecco perché

NextDiari digitali

   F   O   T   O   ©    D

   R .   C   A   T   H   A   L   G   R   E   E   N

partire da metà anni ’80. Gordon Bell,di Microsoft, nel 2000 si è messo unamini-videocamera al collo e ha co-minciato ad archiviare ogni sua im-pronta digitale. Mentre Cathal Gur-rin, dell’università di Dublino, stacercando di organizzare il caos gene-rato dal fotografare ogni sua giorna-ta dal 2006 a oggi. Ieri era un’eccen-

tricità da studiosi. Oggi è una praticadi autocoscienza elettronica a porta-ta di tutti e, in prospettiva, un ausiliopieno di promesse per i malati di

 Alzheimer. Perché gli strumenti ne-cessari sono diffusissimi. Lo spazioper immagazzinare economico. E ilconfine tra pubblico e privato labilecome non mai.

La vera svolta è degli ultimi mesi.Catalizzatori sono stati gli smartpho-ne di cui, stando a Nielsen, detenia-mo la percentuale più alta al mondo.Per acquistare un apparecchio spe-cifico serve una motivazione forte,mentre una volta fatto l’investimen-to di un iPhone, è un attimo scarica-re Lifelapse a 0,99 euro. «Un nuovomodo per catturare la tua vita e rivi-vere gli eventi e le esperienze» pro-mette il produttore. L’applicazionescatta in automatico una foto ogni 30secondi. Basta mettere il telefonomultifunzione nel taschino della ca-

micia o in una custodia apposita perimmortalare tutto ciò che passa da-vanti. Da rivedere poi come videounico o immagini distinte. La partedifficile arriva dopo, se si pretende di

trasformare questa specie di movio-la in una memoria di scorta, da cuiestrarre significato. Perché una cosaè registrare, altra è captare un segna-le sotto quell’enorme rumore di fon-do. Come ha dolorosamente scoper-to anche Bell, sotto gli occhi di CliveThompson, il giornalista che era an-dato a intervistarlo: «Mi aveva parla-

to di un articolo di Krugman che gliera piaciuto ma quando siamo anda-ti per recuperarlo ne sono venuti fuo-ri così tanti che non è riuscito a tirarfuori quello giusto. Idem per una te-lefonata registrata con un collega, dicui era rimasta l’intestazione ma nonil file». È tutto perfettibile, ovvio. Leimmagini sono già organizzabili perdata e luogo in cui sono state scatta-te. I software per riconoscere e “tag-gare” i volti migliorano di giorno ingiorno. Così come i programmi che,sbobinando l’audio, lo rendono in-terrogabile.

La documentazione audiovisualepoi non è che un aspetto di questanuova archivistica di massa. La postaelettronica resta il più grande giaci-mento da cui riscostruire le esisten-ze, dalle corrispondenze professio-nali ai frammenti di discorsi amoro-si. L’offerta base di Gmail è di oltre 7giga ma, per cinque dollari all’anno,

potete comprarne altri venti e au-mentarla secondo le esigenze. Conl’algoritmo di Google applicato allevostre conversazioni ogni parolascritta anni e anni prima potrà esse-

RICCARDO STAGLIANO

La scelta, essenzialmen-te, è tra registrare tutto osoltanto un po’. Perchéanche chi non se ne ac-corge ha il dito semprepiù spesso premuto su

qualche tasto “rec”. Può non esserciscritto proprio così, possono non es-sere immagini quelle che ne derive-ranno, ma il risultato è lo stesso. Unresoconto, più o meno volontario,delle nostre giornate ad opera di ap-parecchi digitali. Email scambiate,musica ascoltata, viaggi fatti e millealtri rilevatori esistenziali. La nostravita, minuto per minuto. Un piccoloTruman Show a uso interno, di cuisiamo contemporaneamente vitti-

me e carnefici.La differenza la fa solo l’esserneconsapevoli. Ed è meglio diventarlosubito, perché questo futuro è già a r-rivato. Quindi sorridete: potreste es-sere su una lifelog camera.

Il fenomeno del lifelogging , ovveroil tenere un diario digitale il più com-pleto e automatico possibile, ha deiprecedenti. Il guru Ted Nelson, in-ventore del termine «ipertesto», regi-strava tutte le sue conversazioni già a

LIBRILETTIUna pagina mediadi un tascabilecontiene circa150 parole,per un peso di 3KBa paginaTotale 100 pagine:300KB

POSTAELETTRONICAIpotizzandoche in mediaun messaggioin formato solotesto pesi 10KBe assumendodi riceverneun centinaioal giorno,si tratterebbedi 1MBMa ammettiamoche alcune pesinodi più, per allegati,immagini e altro,e raddoppiamo

Totale 100 email:2MB

PAGINESCRITTEUn documentoin Word di diecipagine o un mediofoglio elettronicopesa circa 70-80KPer semplicitàarrotondiamoa 100 e assumiamoche ne lavoriateuna ventinaal giornoTotale 20documenti: 2MB

e-memory,

quanti byte pesala nostra vita

L’ESPERIMENTOIL CALCOLO

 Volendo registrarele attività più comuniin una giornata tipo,si può calcolarelo spazioche occuperebberosu supporto digitale

Il professor Cathal Gurrindell’Università di Dublino dal 2006filma, registra e fotografa la sua vitagrazie a una videocameracostantemente appesa al colloLe foto che seguono sono quelledel suo esperimento‘‘Inventeremo norme

sociali per deciderequando farlo

sia appropriato o no,ma per i più

la registrazionetotale diventerà

 pervasiva come

il testo oggiFiniremo per nonaccorgercene

neppure, trannequando qualcosa

andrà stortoKevin Kelly

Fondatore diWired

300KB

2MB

2MB

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

I supporti Tre modi per fare “lifelogging”

re riportata alla luce in pochi secon-di. Lo stesso vale per chi segna gli ap-puntamenti su Calendar, fucina dialibi o prove che potranno essereusate contro di voi. Il matematicoSteve Wolfram, per dire, da oltrevent’anni registra ogni singola lette-ra battuta sulla sua tastiera per infe-rirne forse indici di produttività. Lamemoria esterna più promettente,però, rimane quella portatile. Cosìtra le app di maggior successo c’èEvernote, che consente di archiviarein un unico contenitore foto, appun-ti audio, testi. Oppure Tripit, chescandaglia la vostra casella postaleper raggruppare prenotazioni di tre-ni, aerei o alberghi, calcolando ancheil totale dei chilometri percorsi. An-che la musica è ormaimore geometri-

co demonstrata. ITunes ricordaquante volte avete ascoltato un pez-zo e le stelle che gli avete dato. Su

 Amazon potete ricostruire la lista dilibri comprati, se non letti, e su Net-flix quella dei film visti. Ma non è cheun assaggio del catalogo.

D’altronde il trasloco online dellanostra vita è per molti felicemente ul-timato, mentre anche chi punta i pie-di sa che il mondo analogico rischiadi diventare un lusso per nostalgici.Per questo già un decennio fa l’infor-matico di Yale David Gelertner avevaproposto di modificare l’interfacciaai computer: non più finestre e car-

telle ma un lifestream, un flusso vita-le, con un passato, presente e futurosu cui innestare gli eventi. Perché noinon funzioniamo mettendo i ricordiin scatole distinte, ma in un conti-nuum dentro al quale cercare (maga-ri con l’aiuto del software). Che ve-desse molto avanti l’aveva intuitol’Unabomber che, nel suo delirio an-titecnologico, l’aveva mutilato conuna lettera esplosiva. Forse oggi itempi sono maturi, tant’è che il piat-to forte dell’annunciato restyling diFacebook è proprio la cronologiadelle attività degli iscritti. Kevin Kel-ly, fondatore di Wired e appassiona-to «misuratore» della sua esistenza,non ne dubita. Immagina problemilegali e culturali tipo «si tratterà dibugia se una certa parola che uso ri-

sulterà diversa da quella che poi rive-dremo nella registrazione?» ma perlui è solo questione di quando, non dise. Scrive sul suo blog: «Inventeremonorme sociali per decidere quandofarlo sia appropriato o no, ma per ipiù la registrazione totale diventeràpervasiva come lo è il testo oggi. Fini -remo per non accorgercene neppu-re, tranne quando qualcosa andràstorto». Perché se faremo affidamen-to sulla nuova «scatola nera» comeoggi sui cellulari per ricordare i nu-meri, sarà davvero essenziale inve-stire sul back up.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL FILMDELLA GIORNATA

Calcoliamodi registrare 16 oredi vita vigilein bassa qualitàIpotizzando di farlosoltanto per 2 oredi vita vissutae 2 ore di cose viste(film o altro)Risultato: un’oradi video di qualitàDvd = 2GB(che con lacompressione Xvidsi riduce a 350 MB)

Totale: 1.4 GB

FOTOSCATTATE

Una foto ogni5 minuti per 16 oresono 200 scatti Alla risoluzione

di tre megapixelpesano circa 1 MBTotale 200 foto:200MB

RIVISTELETTESalvandolecome Pdf,calcoliamo 100KBa pagina. Diciamoche ne possiamoleggere 50 pagineal giornoTotale 50 pagine:50MB

NAVIGAREIN RETEPer le pagine webè più difficilefare una media:ce ne sono di moltocariche di immagini,altre di solo testoL'homepagediUsaToday è stata pesataqualche tempo fain 240KB, mentreun suo articolointerno 80KBFacendo una mediaviene 160KBper paginaTotale 100 paginesalvate: 16MB

RISULTATO:1 GIORNO = 2,1 GBSe risparmiatequalcosavi entra tuttoin una chiavettada 2GB. Oppure,a scelta, poteteimmagazzinaredue giornatesu un Dvd (4,7GB)Con un disco fissoda 1TB, che ormaisi trovaa meno di 80 euro,ci immagazzinatecomodamenteun anno intero

PEN DRIVE(Da 2 a 64GB)

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HARD DISK (Fino a 2TB)

SMARTPHONEI nuovi cellularisono tuttidotatidi videocamera

 APPLICAZIONI

Lifelapsescatta una fotoogni30 secondi

MICROCAMERA Tra i modelli,

 Vikon Revue,Looxciee Muvi

50MB

200MB

412,5MB

2,1GB

1,4GB

16MB

CANZONIASCOLTATE

Una canzonedi quattro minutiin formato Mp3di buona qualità(192 Kbps) pesacirca 5,5 MBovvero 82,5 MBper un’oraSe aggiungiamootto ore di audioa 96 Kbps,vengono fuorialtri 330 MBTotale otto oreaudio, più unadi musica:

412,5 MB

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I sapori Non solo Baci

Si è meritata un ruolo di primo piano in pasticceria tra cioccolato, torrone,creme, gelati e strabilianti invenzioni industriali. Importata dall’Asia Minore,ha trovato nel Mediterraneo l’habitat idealein cui proliferare fino alla raccolta che in queste settimane

anima le nostre campagne. E le feste del prossimo weekend 

l tesoro dentro al guscio. Piccolo, tondo, coriaceo quanto basta aresistere al salto dalle fronde della corylus avellanafino a terra, pro-teggendo i semi preziosi citati nei manoscritti cinesi di cinquemi-la anni fa come cibo benefico e curativo. Succede in queste setti-mane, tempo di raccolta delle nocciole, indimenticabili, se consu-mate fresche, per la dolcezza dovuta alla presenza abbondante divitamina E, fitosteroli e grassi monoinsaturi anticolesterolo (ri-scontrabili nelle oltre 6 calorie per grammo).

Importate dall’Asia Minore, le nocciole hanno trovato nel climadel Mediterraneo il migliore degli habitat possibili, così da prospe-rare tra Grecia e Turchia, Spagna e Italia. Selettive ma non preten-ziose, come testimonia il loro adattamento alle colline langarole,calde d’estate ma gelide d’inverno. Difficile distinguere tra intui-zione e scelta obbligata, quando a metà Ottocento i parassiti pero-nospora e fillossera, non lasciando scampo ai vigneti piemontesi,indussero il valente agronomo Emanuele Ferraris a sostituire quel-le colture devastate con i più robusti e produttivi noccioleti.

In quegli stessi anni, il blocco navale imposto da Napoleone al-le flotte commerciali inglesi, con i preziosi carichi di spezie in arri-vo dalle colonie, aveva indotto i pasticceri torinesi a modificare laricetta dei cioccolatini, sostituendo parte del cacao con le noccio-le. Nel 1865, durante le sfilate del Carnevale la maschera torineseGianduja (Gioann d’la doja, Giovanni del boccale) distribuì i nuo-vi cioccolatini battezzati con il vezzeggiativo del suo stesso nome:gianduiotti.

Da lì in poi, le nocciole non sono più uscite dai laboratori di pa-sticceria, intere in torroni e croccanti, polverizzate nelle torte più

amate da chi non può permettersi le farine tradizionali, lavorate apasta dentro i gelati, mantecate a crema per gli spalmabili più go-losi, a cominciare dalla Nutella — dal corrispettivo inglesenut —la cui progenitrice Supercrema venne lanciata sul mercato da Pie-tro Ferrero esattamente sessant’anni fa.

 Altra dipendenza stretta e incoercibile dalle nocciole, quella deiBaci Perugina, nati da un’idea di Luisa Spagnoli, che non si rasse-gnava all’idea di buttar via le briciole di frutta secca avanzate dallaproduzione dei cioccolatini. I nuovi nati furono impreziositi dal se-me intero incastonato sopra.

Provare in diretta il piacere delle nocciole gustate fresche non èdifficile, visto che le coltivazioni prosperano in Alta Langa come nel-la campagna salernitana, passando per la provincia di Viterbo, finoa Calabria e Sicilia. Robuste ma non inossidabili: se le portate a ca-sa, abbiate cura di tenerle al riparo da luce e umidità, esaurendolein qualche settimana. Altrimenti, meglio congelarle. Se le tostate,

invece, non andate oltre i 40 gradi, così da preservare l’integrità deilipidi, sfregandole poi con un panno asciutto per spellarle.

Tutto e questo e molto altro è a disposizione di chi raggiungeràoggi a Cravanzana e Cortemilia, terre-madri della Tonda langaro-la, parate a festa per Nocciolando in Alta Langa, con l’assise delleCittà della Nocciola, mentre nel prossimo weekend, la sesta edi-zione di Dolcemente Pisa manderà in passerella i tradizionali dol-ci toscani a base di frutta secca e le creazioni della famiglia DeBondt, cioccolatieri con un debole per le nocciole. In caso di dieta,passate oltre.

Cinquemila annidentro a un guscio

LICIA GRANELLO

Il gelatoTuorli montati a spuma,lenta aggiunta di latte bollitocon vaniglia e cotturaa bagnomaria. Alla crema,raffreddata e filtrata,si aggiungono le noccioletritate finissime

Il torroneMiele e zucchero caramellatia bagnomaria, amalgamaticon albumi a neve e noccioletostate, frantumate in briciolegrossolane. Si stendesu un’ostia, livellandocon il coltello unto

La cremaLa base dei gianduiottiè costituita dalle noccioleinfornate mezz’ora a 100gradi per togliere la pellicina,frullate con burro, lattezucchero e cioccolato,facendo addensare sul fuoco

Le varietàSu tutte vince la “tondagentile” delle Langhe,protetta dall’Igp. Di altaqualità anche quelle coltivatenel Viterbese, a Giffoni(Salerno), tra Nebrodie Madonie e in Calabria

Nocciola

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DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

GIORGIO BOCCA

Torta di nocciole

figli». Mi fermo davanti all’osteria, vado a guardare lefinestre che danno sul retro, sul fossato per cui fuggim-mo quella sera che entrò nell’osteria una donna vesti-ta di nero, e agitava le braccia e diceva: «I tudesc, i tude-sc! ». Vestita di nero lì a Monforte come alla Ruà del Pràin Val Maira, come al Piasco in Valle Varaita. Che nonfosse sempre lei, la nostra Pallade Atena contadina chearrivava a salvarci?

Per andare a San Fereolo passo per i miei ricordi. Unpo’ spaesato lo sono, mi sembra strano che la gente nonmi riconosca, che le sorelle Pira siano morte, che il par-roco di Monforte abbia un’altra faccia, che sia pieno diautomobili e che abbiano fatto una grande cantinabianca sotto una piscina, quelli che comprano il vinovedono quelli che nuotano sopra le loro teste. In guer-ra avevamo poche macchine fotografiche e non eraconsigliabile usarle, tutto è rimasto affidato alla me-moria, che ricorda solo ciò che vuole. Un giorno salen-do a San Fereolo vedrò che persino l’Osteria del Ponteè scomparsa.

Una delle piccole cose importanti di qui è il pranzoin trattoria alla domenica, non quello dei turisti su inLanga, ma dei contadini che hanno finalmente alzatola testa dal lavoro: non c’è nulla di meglio che stare apranzo al caldo dietro le tendine bianche ricamate efarsi finalmente servire e provare il lusso, perché in tut-te le trattorie ormai ci sono la tovaglia bianca, i bicc hieria calice, la carta con i cinque vini e i venti piatti. I con-tadini hanno alzato la testa nel mondo, ma quandomangiano la tengono piegata sul piatto, solo ogni tan-to la sollevano per vedere se è proprio vero, se è arriva-to anche per loro il momento di farsi servire.

Ingredienti per 4 persone

120 gr. nocciole piemonte i.g.p. tostate

120 gr. zucchero semolato40 gr. zucchero di canna grezzo

90 gr. burro

80 gr. farina 00

3 uova

5 gr. cacao

Tempo di cottura: 30 minuti

Temperatura: 180 gradi in forno preriscaldato

Per prima cosa, occorre frullare le nocciole con 50 gr. di zucchero

semolato e lo zucchero di canna grezzo.Arrivati alla consistenza

di una farina fine, la si lavora con il burro, per ottenere una crema

bella spumosa, in cui incorporare, a uno a uno, i tuorli d’uovo

Nel frattempo, bisogna montare i bianchi. Raggiunta la consistenza

di neve ferma si incorporano con attenzione gli altri 70 gr. di zucchero

Una volta uniti i due composti - la base di nocciole e i bianchi - bisogna

aggiungere la farina e il cacao amaro, precedentemente setacciatiinsieme. L’impasto va diviso in due teglie (diametro 22 cm) imburrate

e infarinate. A piacere, l’impasto può essere profumato

con un cucchiaino di rum, che funziona anche da conservante naturale

Con questo piccolo trucco, chiusa in un sacchetto per congelazione

e lasciata a temperatura ambiente, la torta dura qualche settimana

Federico Molinarigestisce con la sorellaCristina il “Laboratoriodi resistenza dolciaria”,pasticceria-cultonel centro di Alba,dove si recuperanoricette della tradizione,attualizzandole,nel rispetto assolutodelle materie primenaturali e localiTorta di nocciole con crema

e palline di nociDessert di yogurt e melea strati con nocciole e miele

Biscotti di Natalecon granella di nocciole

Cheesecake a due straticon crema di nocciole

Tortine al cappuccinocon nocciole tostate

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Sulla strada

LA RICETTA

lle Langhe si sale, nelle brume della pianura appare laterra promessa, la nube morbida delle colline. Conquegli sfondi alpini che mutano ogni volta, mai vistocome questa sera fra i pioppi del Tanaro e le alture diSanta Vittoria d’Alba, un Monte Viso così ghiacciato,così tagliente. Il mondo non si lascia vedere in una solavolta, da questa strada continuo a scoprire castelli, vil-le, chiese dinanzi a cui sarò passato mille volte. Per an-dare a San Fereolo passo a Barolo, davanti alla casa delPira, che fu l’ultimo in Langa a pigiare le uve con i pie-di, e un giorno si buttò nel pozzo lasc iando le tre sorel-le a chiedersi il perché. E poi salgo a Monforte. Lì la stra-da scende per qualche centinaia di metri e poi curva al-l’Osteria del Ponte: c’è ancora una scritta scolorita, lìera il cuore del nostro mondo partigiano, arrivavano icomandanti di banda per discutere dei lanci, per spar-tirsi le armi, le divise americ ane color nocciola e a chie-dersi chi poteva aver rubato il fusto con una striscia ros-sa con le cose strane degli americani : pillole per restaresvegli, benzina rosa in una sacca di plastica, mai vistaprima, stecche di Chesterfield. Il vecchio Conterno nonera proprio un oste, ma un padrone di vigna che avevaaffidato ai figli, e stava lì all’osteria per sentire quelli chevanno per Langa, sentirli raccontare.

Per secoli la comunicazione orale è stata l’unica inqueste colline per cui non passavano treni o carrozze diposta, ma solo i barrocci di quelli che portavano vino inLiguria e ne tornavano con l’olio e le acciughe. Noi fa-cevamo all’Osteria del Ponte i nostri discorsi di guerrae i nostri progetti di pace, e il vecchio Conterno li scio-glieva nel vino; saliva dal crotto con le bottiglie di Baro-lo e diceva: «Queste è meglio che ce le beviamo noi e noni tedeschi. Le avevo tenute per il matrimonio dei miei

Gli indirizzi

DOVE DORMIRE

LE DUE MATOTE B&B Via Umberto I 67Bossolasco

Tel. 0173-793299Camera doppia da 160 eurocolazione inclusa

 ARVEIA NATURA& BENESSERERegione S. Girolamo 1Roccaverano

Tel. 0144-93200Camera doppia da 70 eurocolazione inclusa

 AZIENDA AGRICOLANOCCIOLE D' ELITE Via San Pietro 6Cravanzana

Tel. 0173-855129

DOVE MANGIARE

DA MAURIZIO Via Luigi Einaudi 5Cravanzana

Tel. 0173-855019Chiuso merc. e giov. a pranzomenù da 30 euro

SAN CARLINO(con camere)Corso Divisioni Alpine 41Cortemilia

Tel. 0173-81546Chiuso a pranzo e lunedìmenù da 35 euro

 VILLA D’AMELIA (con camere)Località Manera 1Benevello

Tel. 0173-529225Chiuso lunedì, martedì a pranzomenù da 40 euro

DOVE COMPRARE

 ARBIORA FORMAGGI Via Consortile 18Bubbio

Tel. 0144-852010

MULINO MARINO Via Caduti per la Patria 43Cossano Belbo

Tel. 0141-80129

 AZIENDA AGRICOLANOCCIOLE D’ ELITE Via San Pietro 6Cravanzana

Tel. 0173-855129

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Un pranzo nelle Langhe

con la testa sul piatto

Biscotti alle nocciolecon tè alla cannella

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Repubblica Nazionale

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“Una notte, cinque anni fa, sono cadutodalle scale e mi sono addormentato”

 Dopo tre mesi in coma, due anni e mezzo

in ospedale e quattro a letto ora il registae attore rinasce passo dopo passo

 La voce affidataa un sintetizzatore,un computer per scriverenuove sceneggiature,la voglia di tornare

in scena e un libroche uscirà a giorni:“Io sono qui”,dice, “la botta mi ha salvato,adesso sono sereno”

LA DOMENICAs 60

DOMENICA 25 SETTEMBRE 2011

PRATO

Gli occhi di Francesco cisono ancora, così stro-picciati e soli. Occhi afessura dentro un reti-

colo di rughe. Occhi birbanti. OraFrancesco Nuti ne strizza uno, solle-vando le lenti scure dei Ray-Ban. Poiaccende lo strumento che si chiama“comunicatore”, pigia un bottone conla mano sinistra perché la destra è pa-ralizzata, e comincia a picchiare sui ta-sti col dito indice. Le lettere compaio-no una a una, lievi come farfalle, tena-ci come zanzare. «Io». Spazio, pausa,un altro spazio. «Sono». Spazio. «Qui».

Francesco è vivo, attentissimo. Laparola è ancora una conquista lonta-na, cinque anni dopo la caduta dallescale, i tre mesi di coma, i due anni emezzo d’ospedale, i quasi quattro an-ni a letto. La sua voce è un sintetizza-tore collegato alla tastiera. Le frasi di-ventano suoni pronunciati in un im-peccabile accento da accademia d’ar-te drammatica, però non è quello diFrancesco. «Oh bisognerà che lo fac-ciamo parlare in toscano!», dice Gio-vanni Nuti, il fratello, medico e musi-cista di alcuni suoi film. Lo ha aiutato

a scrivere il libro che uscirà il 28 set-tembre per Rizzoli (212 pagine, 17 eu-ro), Sono un bravo ragazzo, dove ilsottotitolo spiega tutto:  Andata, ca-duta e ritorno.

Francesco, perché hai scritto la tuastoria? Il dito scivola sui tasti e sul biso-

gno di essere vivi. «Perché sì». E la risa-ta è un lampo improvviso, un fuocod’artificio nella bocca che un po’ sba-va, e allora la mano raccoglie un fazzo-letto di carta per asciugare il viso. Il cor-po è fragile, però la volontà non gli con-cede tregua, sette ore al gio rno nel cen-tro riabilitativo a Prato. «Lavoro», spa-zio, «lavoro». Francesco scrive i nomidelle persone che lo stanno aiutando auscire dal ventre della balena. «Danie-la». È la fisioterapista. «Laura». Lei in-vece è la logopedista. Il libro si apre conuna frase del vangelo di Luca: “Ma nonle sarà dato alcun segno, se non il segnodi Giona”. Perché qui, ragazzi, qui nonsi scherza soltanto. Qui, strizzandol’occhio, si combatte con la morte.

La casa di Francesco non è una villahollywoodiana, ha muri esterni rosasalmone, nel piccolo giardino dei vici-ni c’è un melograno. Siamo a Narnali,sobborgo di Prato, dove tutto comin-ciò. Francesco Nuti è seduto al sole suuna seggiola di legno, l’ultimo sole disettembre, l’aria è già frizzante comed’autunno. Scolaretti cinesi trascina-no zaini enormi. Da qualche parte, quivicino, qualcuno sta picchiando conun martello.

La mano sinistra di Francesco è unpo’ fredda, quando prende la tua e lastringe. Se dici una cosa che gli pia ce,

tipo «nel libro ci sei proprio tu, cometi ricordavamo nei film», lui fa «ok»con le dita, oppure alza il pollice. E lepupille s’accendono dietro lo scher-mo scuro delle lenti, dentro il misterodei pensieri.

«Volevo raccontare». Francesco hatolto la funzione vocale del sintetizza-tore, è meglio leggere soltanto quelloche lui scrive. Serve tempo, tutto ruotaattorno al tempo. «La botta mi ha salva-to». Il successo, le donne, gli amori, i sol-di, le auto sportive, le critiche acide, iprimi fallimenti, i produttori che volta-no le spalle, la depressione, l’alcol, la so-litudine. E poi? «Una notte sono cadutodalle scale e mi sono addormentato».Quasi morto, e invece no. «Stavo meglioprima». Un’altra risata, forte, un po’gutturale, come di tosse allegra. «Maadesso», pausa, «adesso sono sereno».

Chi ha avuto la sventura di vedereFrancesco Nuti in quel collegamentotelevisivo con Barbara D’Urso, qual-

che mese fa, dimentichi la scena pate-tica, il primissimo piano che fu puraviolenza. Dimentichi le lacrime e l’af-fanno, perché Francesco non è così.Oggi è un uomo che fa a pugni con la

malattia, convinto di stenderla. Anzi,ci gioca a biliardo, come nel più famo-so dei suoi film. «Vado alla Casa del po-polo tutti i giorni». Questa è una frasebella lunga, nel visore si va a capo.Francesco alza la mano, mima un’in-visibile boccetta, fa il gesto di chi la statirando su un panno verde come unprato dopo la pioggia. «Gioco ancora».Ed è così, tutti i pomeriggi con gli ami-ci di sempre. Altri nomi da sillabarecon i polpastrelli . «Alessandro». «Mau-ro». «Andrea». Ragazzacci di Narnalicome lui, c’è da giurarlo.

Il fratello Giovanni spiega che Ceccoè davvero migliorato molto, e ora il suosogno è tornare a lavorare. Francesco lointerrompe, alza la mano come si fa ascuola quando si vuole intervenire, ri-prende a scrivere. Tic, toc, titòc, è belloil rumore delle parole quando nascono.«Da due mesi non penso ad altro», però“altro” gli è venuto male, Cecco in realtàha scritto “atrrl”: rimette la funzione vo-

cale, la macchina fa una specie di per-nacchia e Francesco se la ride, compia-ciuto dello scherzo. I bambini nonsmetterebbero mai di giocare. Eppure ilsogno non è folle. Esistono due sceneg-giature quasi pronte,Olga e i fratellastri Billi eSolo quando avrò cullato unbam-bino, per la prima è già avviata una trat-tativa con una casa di produzione. «Lastoria più bella è ancora chiusa in uncassetto», scrive lentamente, implaca-bilmente Cecco, assai più forte del suocorpo dispettoso. Si tratta di un sogget-to originale, I casellanti : il racconto didue fratelli che s’innamorano dellastessa donna, in un casello ferroviarioda far rinascere in memoria del nonno.Riecco i temi forti del cinema di Nuti:l’amore, la malinconia, lo spaesamen-to, l’amicizia. Ma tu, Cecco, puoi anco-ra dirigere un film? «Sicuro». Stavolta èuna frase senza errori, senza incertezze.Di più: «Io posso recitare». E se gli diciche in fondo la sua cifra stilistica è sem-pre stata il silenzio, non solo l’ironia, eche le scene migliori le ha recitate stro-picciando quello sguardo da cane ab-bandonato, allora Francesco Nuti sol-leva di nuovo i Ray-Ban per strizzarel’occhio. «Perfetto», scrive sulla suamacchinetta.

E poi sta per succedere un’altra cosabella. Il 2 ottobre sarà inaugurata la mo-

stra dei suoi quadri, grande passione alungo segreta. Trenta opere esposte al-l’opificio Malkovich di Prato, spaziopolivalente. Il soggetto è uno solo: Pi-nocchio. Ce n’è uno giallo anche qui,appeso al muro. «Pinocchio è comeme». Una seconda frase precisa meglio:«Non come me». Spazio. «Io sono Pi-nocchio», e la mano si avvicina al nasonel gesto di allungarlo. Cecco sorride,poi passa le dita sul titolo del mano-scritto appoggiato al tavolo: Sono unbravo ragazzo. Pausa. «Io sono un atto-re drammatico che sorride».

La mostra, un concerto con le suecanzoni (è anche uscito un cd antologi-co, Le note di Cecco), forse un dibattitocon Maurizio Ponzi, il regista dei primisuccessi, insieme alla proiezione deldocumentario di Mario Canale, Fran-cesco Nuti e vengo da lontano. Un saccodi cose. Ma il cinema, Francesco, ti vuo-le ancora? Si ricorda di te? «Qui vieneGiovanni, e ogni tanto i ragazzi». Gio-

vanni sarebbe il regista Giovanni Vero-nesi, uno dei pochissimi a non averemai abbandonato Francesco negli an-ni dentro la balena, e i ragazzi sonoquelli della vecchia troupe: i tecnici di

Roma, il costumista, il truccatore. Ognitanto arrivano, parlano un po’ con Cec-co, scherzano, ripartono. Lui gli ripetedi tenersi pronti per il prossimo film. Ele donne, Francesco? Le star dentro loschermo e nella tua vita? «La più bella èGinevra», cioè la sua bambina. È l’uni-co momento di commozione del no-stro incontro, la piccola donna che vie-ne a trovare il papà, separato dallamamma, una volta al mese. Anche que-sta, però, non è pena. Questa cosa sichiama amore.

«Io ci sono». Oggi Francesco Nuti hacinquantasei anni, una camicia blunotte, non più i riccioli sbarazzini macapelli quasi lisci e un po’ ingrigiti. Trale pieghe della sua storia resta nitido ilpersonaggio notturno, poetico, un po’stralunato dentro una solitudine so-gnante. È grande il bisogno di raccon-tarsi. «Non sono ancora forte comevorrei». Pausa. «Sono molto migliora-to». «Il mio futuro è giovane». Pausapiù lunga, Cecco ha sete: si brinda conl’acqua naturale. «Devo riposarmi do-po cento passi». Come sarebbe a dire,cento passi? La mano sinistra picchiasui tasti: «Ti mostro». Francesco Nuti siappoggia al tavolo, il fratello Giovannie la cognata lo aiutano, con il bracciosano si puntella e poi comincia a cam-minare. Lo fa spesso, in casa, col ba-

stone, e adesso anche senza. La fragi-lità e la forza. Un giro attorno al tavolo,un secondo, il fiato è un po’ corto,«vuoi riposare?» gli domandano e la ri-sposta è il terzo giro. Una passeggiatadal buio, fino a dove sarà.

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L’incontroVenuti da lontano

   F   O   T   O   P   H   O   T   O   M   O   V   I

   E

Vado alla Casadel Popolotutti i pomeriggicon gli amici

Ma non giocopiù a biliardo...Ora giocoa boccette

Francesco Nuti

MAURIZIO CROSETTI

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