2011-08-07 C'Era Una Volta Il Muro

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    DOMENICA7AGOSTO2011/Numero338

    DomenicaLadiRepubblica

    le tendenze

    Benvenuto, uomo in technicolorLAURA ASNAGHI e LAURA LAURENZI

    cultura

    Quando i detective vanno in pensioneGIANCARLO DE CATALDO e ALICIA GIMNEZ-BARTLETT

    i sapori

    Pompelmo, il dolceamaro della vitaLICIA GRANELLOe MASSIMO MONTANARI

    lincontroStefano Bollani, Volevo essere nero

    GIUSEPPE VIDETTI

    lattualit

    Silenzio stampa, giornalisti nel mirinoATTILIO BOLZONI

    FOTOA

    LINARI

    La prima, e ancora primitiva, versione del Muro miapparve davanti quando scesi alla stazione Zoo diBerlino. Allora nella citt era ancora diffu sa la perce-zione che la costruzione di quel mostro fatto di mat-toni di cemento, filo spinato e facciate delle case mu-rate fosse un delitto epocale. Migliaia di berlinesi oc-

    cidentali si erano precipitati per vedere quella frontiera eretta nelgrigiore dellalba, senza capacitarsi di quello che si ritrovavanodavanti agli occhi. Subito dopo si erano attaccati al telefono per

    dire parole dincoraggiamento ai concittadini nellEst che osser-vavano il Muro con lo sguardo pietrificato, e avevano insultato glioperai che lo stavano costruendo lanciando contro di loro anchequalche pietra. In 250mila si erano poi raccolti davanti al palaz-zo comunale di Schneberg per sollecitare le potenze che pro-

    teggevano le loro zone ad avviare un negoziato. I leader di queste,tuttavia, non ci pensavano proprio a rischiare unaltra guerramondiale a causa della costruzione di quel muro. Tutti concor-davano che, se la Repubblica Democratica Tedesca voleva so-pravvivere, doveva porre fine alla fuga di milioni di cittadini. E sela soluzione era un muro, che muro fosse.

    La collaborazione dellEsercito del popolo e di milizie armatedella Ddr ai lavori di costruzione sanc in poche ore il destino dicentinaia di migliaia di persone; e non solo separando violente-mente innumerevoli famiglie per un quarto di secolo, ma anchestrappando al loro posto di lavoro decine di migliaia di pendola-

    ri della Ddr che lavoravano a Berlino Ovest. I berlinesi dellEst cheper caso quel 12 agosto 1961 avevano dormito da parenti o amicia Berlino Ovest dovettero decidere se restare in Occidente o tor-nare nella loro zona sigillata cos allimprovviso.

    (segue nelle pagine successive)

    PETER SCHNEIDER

    ilMuro

    Berlino, 13 agosto 1961la citt si risveglia divisadalla pi grande cortinadella Guerra fredda

    Il racconto di quei giorni

    Cerauna volta

    Repubblica Nazionale

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    32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    la copertinaCera una volta il Muro

    Era la notte tra il 12 e il 13 agosto 1961. Prima con il filo spinatoe poi mattone dopo mattone la Ddr eresse la cortina che divisela Germania e il mondo tra Occidente e socialismo realeQuella barriera che cambi la vita di migliaia di personesarebbe rimasta in piedi quasi trentanni, ma, come raccontaun testimone dei fatti, la sua ombra non se ne and mai del tutto

    (seguedalla copertina)

    A

    ncora oggi non si dispo-ne di ricerche esaurientisu come i berlinesi del-lEst reagirono al nuovo

    status di ostaggi del go-verno Ulbricht. Le di-

    mostrazioni di giubilo organizzate a Estdai partiti devono essere apparse ai picome una fiera delle mostruosit. Eva eJens Reich, due berlinesi dellEst deiquali poi diventai amico, si recaronoquella sera alla Brandenburger Tor.Nello sguardo di quasi tutti quelli cheincontravano si leggeva lindignazione.Da quel momento in poi la metropoli-tana non si sarebbe pi fermata nellestazioni di Berlino Ovest e nei vagoniaffollati da pendolari la tensione era co-s alta che sarebbe bastata una scintillaper far esplodere la rabbia trattenuta.Solo una minoranza di funzionari e discrittori sostenitori del Partito unitariosocialista tedesco gio per le nuove op-portunit che grazie al Muro il sociali-

    smo avrebbe avuto per costruire unaGermania migliore.

    Le immagini dei berlinesi disperati,che riuscirono a saltare in Occidente al-lultimo istante lungo la delimitazionedella Bernauerstrasse mentre il piano disotto era gi murato, hanno fatto il girodel mondo. Meno note sono invece le

    tragedie di chi decise di intraprendere lafuga senza riuscirci nelle settimane e neimesi successivi alla costruzione del Mu-ro. Una di queste storie, che si svolse su-bito dopo il 13 agosto, lho approfondi-ta assieme a Margarethe von Trotta: ungruppo di maturandi aveva deciso difuggire in Occidente passando dalle fo-gne, che non erano ancora state chiuse.Uno dei ragazzi arriv troppo tardi e do-vette tornare dai genitori. Gli altri, tra cuiil suo grande amore, raggiunsero lOcci-dente. Il filmGli anni del Muroraccontacome quel momento mancato deter-min il destino di una coppia di amantiper trentanni, come i due difesero il lo-ro amore nonostante vite molto diffe-renti e come, anche cos, gradualmentesi allontanarono.

    Di queste storie ce ne furono ovvia-

    mente a migliaia. Nella parte occiden-tale per non si raccontavano, se si ec-cettua il caso unico di Uwe Johnson, cheriusc a trasferirsi a Ovest. Nella lettera-tura, lo squilibrio fu evidente ben pre-sto. Mentre nella Ddr, negli anni dellaGermania divisa, non ci fu un solo scrit-tore importante che, pur con tutta la

    cautela richiesta dalla censura, non af-frontasse letterariamente il drammadella divisione, nella Repubblica Fede-rale il tema non fu affrontato neancheda uno scrittore.

    Per me, per quelli arrivati tardi, la sto-ria decisiva fu quella di Peter Fechter,raggiunto dalle pallottole della poliziadi frontiera durante un tentativo di fu-ga, il 17 agosto 1962, vicino al Check-point Charlie. I poliziotti, i cosiddettiGrepo, rimasero l a guardare per quasiunora con i fucili caricati come Fechtersi dissanguava. Atterriti dalla scena, gliabitanti di Berlino Ovest sollecitarono isoldati americani a intervenire per aiu-tarlo. Lufficiale di turno era incerto sulda farsi e telefon al comandante ame-ricano a Berlino, il maggiore generale

    Albert Watson II, che gli rispose: Te-

    nente, lei conosce i suoi ordini. Tengaduro. Non faccia niente.

    La lotta contro la morte di Peter Fech-ter e le sue urla di aiuto diventarono pe rme e per molti dei miei compagni il testdi una coscienza politica non ancoramessa alla prova: chi di noi avrebbe osa-to avvicinarsi al moribondo per trasci-

    narlo nella parte occidentale? La rispo-sta a questa domanda salv o spezz al-lora molte amicizie. Alcuni studenti, co-nosciuti pi tardi gi negli anni della ri-volta, rischiarono la vita e la libert perdiventare soccorritori di fuggiaschi, maquando sei anni dopo lanticomunismodivent tra la nuova sinistra un peccatomortale, smisero quasi del tutto di ri-vendicare queste azioni eroiche.

    Dal progetto folle della costruzionedel Muro derivarono logicamente tuttele altre anomalie della politica occiden-tale e orientale: un commercio di esseriumani per miliardi di marchi, che pernon essere politicamente scorretto erachiamato acquist o della libert dei pri-gionieri politici; le adozioni forzate, alungo ignorate dalle autorit federali,dei bambini figli di persone la cui fuga

    era fallita; il sussidio da parte della riccaRft di una Ddr che si avvicinava sempredi pi alla bancarotta. Nei giorni dopo lacostruzione del Muro a Berlino Ovest,lesclamazione pi comune fu: Follia!In realt, la caduta del Muro rappre-sent la fine di una follia alla quale sierano abituati tutti e la ripresa di una

    normalit non presente per un lungoperiodo e dimenticata.

    ancora sorprendente quanto lin-dignazione dei primi mesi e anni si tra-sformasse rapidamente in abitudine,quasi si potrebbe dire in accettazione,sebbene con diverse intensit. Se per itedeschi della Ddr la costruzione delMuro signific la fine della libert dispostamento, per quelli a Ovest fu pre-sto chiaro che, fatta eccezione per lostruggente fratelli e sorelle a Est concui li martellava il gruppo editorialeSpringer, a loro in realt non era venutoa mancare molto. Gradualmente la rab-bia divent un arrabbiarsi contro le dif-ficolt alla frontiera. Una crepa comin-ci a insinuarsi nella Repubblica Fede-rale e anche a Berlino Ovest nella que-stione tedesca. Mentre i conservatori

    PETER SCHNEIDER

    Berlino Est, ultima fermata

    LA COSTRUZIONE

    Inizia nella nottetra il 12 e il 13agosto 1961:la Ddr vuole

    impedire le fugheverso Occidente

    KENNEDY

    Il 26 giugno 1963J. F. Kennedy

    pronuncia vicinoal Muro di Berlinoil celebre discorso:Io sono berlinese

    IL CEMENTO

    Nel 1975viene costruito

    il Muro di quartagenerazione

    in cemento armatorinforzato

    I FUGGITIVI

    In 5.043(tra cui 574 militari)

    sono fuggiti a Ovest;239 sono rimastiuccisi durante

    la fuga, 260 feriti

    GLI ARRESTI

    Ne arrestarono3.221: la Stasi,polizia segretadella Ddr, avevaun suo agente

    ogni 150 abitanti

    I TUNNEL

    Ne furono scavati 70In 57 fuggirono

    da un tunneldi 130 metriche sbucavain un panificio

    SALUTI. Una donna di Berlino Ovest sventola il fazzoletto sul muro in costruzione BAGAGLI. Fuga da una finestra in Bernauerstrasse

    SEPARAZIONI. Le donne si trovano nel settore sovietico, gli uomini in quello americano CANTIERE. Il rafforzamento del muro in Niederkircherstrasse

    Repubblica Nazionale

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    LADOMENICADI REPUBBLICA 33DOMENICA7AGOSTO2011

    della Cdu e le pubblicazioni della Sprin-ger continuavano a parlare, seppure aun pubblico sempre pi ristretto, del-lunificazione della Germania, nella si-nistra e nel Partito socialdemocratico siera diffusa la convinzione che non cifosse modo di cambiare lo stato dellecose con i desiderata. Fu in questa terra

    desolata di uno sterile scontro Occi-dente-Oriente che Willy Brandt edEgon Bahr gettarono il seme della poli-tica della distensione. Questo nuovoapproccio per poteva essere applicatosolo a caro prezzo. Per non mettere a re-pentaglio il dialogo con i governanti co-munisti, i negoziatori dellOvest dovet-tero troncare ogni contatto con i dissi-denti della Ddr, dellUnione Sovietica edella Polonia. Parole provocanti comeMuro della vergogna o riunificazio-ne dovettero essere cancellate dal vo-cabolario per essere sostituite dal con-cetto falso ma distensivo che il sociali-smo in questi paesi fosse riformabile. Diquesto pensiero ristretto fu vittima il te-ma pi importante della Germania: laseparazione e il suo superamento. Loslogan contro loppressione nella Ddr

    divent monopolio della destra; chi sicollocava a sinistra preferiva aggirarequesti scomodi dati di fatto.

    Nel 1980 trascorsi sei mesi tenendoconferenze nellAmerica Latina. Al mioritorno, il mio sguardo per quella fron-tiera nel frattempo modernizzata fu pidistaccato: s, il Muro era la costruzione

    pi assurda del mondo cui nessuno riu-sciva a sottrarre lo sguardo, pensai, lan-tagonista tedesco, per cos dire, dellaStatua della libert, ma al tempo stessoniente si sapeva su quello che la costru-zione aveva fatto alle persone che vive-vano nella sua ombra. Quando comin-ciai le ricerche per Ilsaltatore del Muro,dovetti scontrarmi con lo scetticismo diquasi tutti gli amici ai quali parlavo delmio progetto. Gi il tema stesso mi ren-deva sospetto. Innanzitutto cozzavacontro i canoni delloriginalit in lette-ratura. Non cerano gi migliaia di arti-coli che avevano il Muro come tema? Se-condo, e questargomento pesava dipi, non mi stavo inoltrando nel territo-rio della destra e della Bild-Zeitung, cheuna persona di sinistra ben informataavrebbe voluto evitare a tutti i costi? Chi

    avesse rimestato nella questione delMuro e della divisione della Germania,ritenuto anchesso un risultato dellaguerra di Hitler, sarebbe diventato unsostenitore della Guerra fredda e, s, an-che un revisionista e un revanscista.

    Non occorreva essere particolar-mente brillanti n avere capacit profe-

    tiche per scoprire il Muro nella testa diciascuno di noi, che io nel mio librochiamai per nome e descrissi per pri-mo. Bastava la curiosit. Una curiositche tuttavia, nellisterico periodo dellaGuerra fredda e del pensiero ristretto,era merce rara. Una recensione di DieWelt, giornale del gruppo Springer,scrisse allora che era sorprendente cheil libro fosse stato scritto proprio da unapersona di sinistra. Il libro era decisa-mente pi intelligente del suo autore.

    Nel corso degli anni, da entrambi i la-ti del Muro, incontrai dei dissidenti del-la Ddr che nel cuore erano ancora deicomunisti Stephan Hermlin,Stephan Heym, Heiner Mller, ThomasBrasch, Christa Wolf, Christoph Hein e

    Volker Braun, tra molti altri. Ancora og-gi mi chiedo che cosa li abbia spinti a re-

    stare fedeli, anche a Muro cadut o, a unoStato che aveva cacciato via tanti lorocolleghi e minacciato loro stessi con lacensura e con il divieto di pubblicare laloro critica solidale. Qual era loriginedi quella curiosa lealt, in qualche mo-do anche masochista, per i loro aguzzi-ni? Era la convinzione che la Ddr fosse

    in principio davvero lunico Stato anti-fascista sul suolo tedesco? O era forseche non riuscivano semplicemente adammettere di aver scommesso per tut-ta una vita su un progetto mandato amonte dai popoli dellEuropa centrale edellEst con una vera rivoluzione? O for-se lo Stato li aveva davvero viziati?

    La fedelt di molti intellettuali dellaDdr a una dittatura che aveva impostoloro la strada e che aveva trasformato inprigionieri politici decine di migliaia diloro concittadini meno noti continua aessere un fenomeno tutto tedesco esenza analogie in nessun altro paese delblocco dellEst. ancora sorprendente,inoltre, che tra gli scrittori di orienta-mento di sinistra della Repubblica Fe-derale nessuno abbia abbracciato latempesta della libert che impazzava

    nellEuropa centrale e dellEst. Temoche la classe intellettuale tedesca non sisia ancora ripresa da quella incredibilee finora non ammessa assenza di rea-zione da parte dei rappresentanti dellasua letteratura.

    Quando il Muro cadde, ventinoveanni dopo la sua costruzione, la tempe-

    sta che invest quella mostruosit arrivindubbiamente da Est. I tedeschi del-lOvest e le potenze che li proteggevanosono rimasti l a sfregarsi gli occhi men-tre i popoli dellEuropa centrale e del-lEst e infine anche i tedeschi dellEst as-salivano i bastioni della dittatura co-munista. Che cosa accadde veramentea Ovest? Perch nessuno vide arrivarequella rivoluzione? Persino nella Cdu,ha ammesso Helmut Kohl un anno fa,nessuno credeva pi alla possibilit diuna caduta del Muro e della riunifica-zione. Non un rimprovero, ma un fat-to storico: a Berlino Ovest e nella Ger-mania Federale non c stata una solamanifestazione a favore della riunifica-zione.

    Traduzione di Guiomar Parada

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    PETER FECHTER

    Era un muratoredi Berlino Est,che fu ucciso nel 62davanti alle guardieamericane mentre

    tentava di scappare

    LA SCOSSA

    Il 23 agosto1989lUngheria apre

    il confinecon lAustria: 13mila

    tedeschi dellEstin vacanza scappano

    IL CROLLO

    Nellottobre dell89iniziano le protestenella Ddr. In migliaiaoltrepassano il Muro

    nella nottedel 9 novembre

    GLI ABITANTITra il 61 e l89,Berlino Ovest

    contavatra 1,9 e 2,1 milioni

    di persone, Berlino Esttra 1,1 e 1,2 milioni

    IL LAVOROFino al 61, ognigiorno 12mila

    abitanti dellovestlavoravano a est;

    53mila di Berlino Estlavoravano a ovest

    LA MONETA

    Con il tempola divisione divenne

    anche economica:9 marchi federali

    venivano scambiaticon 100 della Ddr

    100m

    3-5m

    --

    OVEST

    3.6 m

    MURO

    DIBERLINO

    Fossoanti

    veicoli

    302Torridi guardia

    14.000Guardieal perimetro

    259Corridoiper cani

    20Bunker

    Le fortificazioni del Muro

    WEST BERLIN

    IL MURO

    B E R L I N O

    EST

    5 km

    OVEST

    Un tubo di amianto sulla sommitimpedisce di aggrapparsicon le mani

    Strisciadi controllo

    Strada per le rondeVeicoli di ronda

    e guardie armatesulla strada

    asfaltata

    Garitta

    Filospinato

    Cavodi allarme

    sonoroe ottico

    Muro in calcestruzzoe rete metallica

    attraversatada correnteelettrica

    Spuntonidacciaio

    Torretta di guardiaCollocata

    al di qua o al di ldel Muro

    Feritoieper fucili

    Rete metallicaalta 2 metri

    La lunghezzadel Muro dentro Berlino

    43,1km

    Muro in lastredi calcestruzzo

    Limite estremo dellarea presidiata

    SGOMBERI. Intere famiglie vengono sfrattate dalle case lungo il confine in Bernauerstrasse

    PROTESTA. Libert per Harry Seidel, in carcere per aver aiutato i fuggiaschiFOTOA

    RCHIVIOS

    TATALEDIBERLINO

    Repubblica Nazionale

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    Silenzio

    ce, Michele non ha pi avuto pace. Esperto di co-se mafiose, descrive gli avvenime nti e li interpre-ta con il suo sapere. Pericoloso. Spiega bene espiega troppo. Ha casa a Polistena, che un pic-

    colo comune sfiorato dalla strada che collega ilmar Tirreno allo Jonio. Lo trattano come se fosseun appestato: Loro sanno chi sei, ti conosconofisicamente. Li incontri quando escono dal car-cere, li incontri al bar, dal benzinaio, al super-

    S

    onoinvisibili, facce che non si vedononei talk show. Sono soli, sperduti nel-la provincia italiana pi lontana. Sonodecisi, appassionati, sfrontati. E dan-

    no notizie che fanno male. Sul mafio-so della porta accanto, sul sindaco chemagari amico del cugino o dello zio, sul compa-gno di scuola che diventato trafficante di coca.Scrivono. E pi scrivono e pi sono in pericolo.Raccontano. E pi raccontano e pi sono bersa-glio. Cronisti di paese, corrispondenti dal fronte.Li vogliono con la bocca chiusa. Muto tu e muto io.Silenzio stampa.

    Chi sono? Cosa rivelano e cosa denuncianoquei giornalisti senza nome e senza firma checombattono una guerra oscura negli avamposticriminali dItalia? Quanti sono e a chi fanno pau-ra gli sconosciuti reporter che ogni giorno setac-ciano i loro territori sputtanando saccheggi, ac-cordi loschi, commerci? Diffondono informazio-ne scomoda. E in cambio ricevono minacce, subi-scono attentati, sono destinatari di anonimi, pal-lottole calibro 12, consigli, avvertimenti dedica-ti a figli e a mogli. linferno del giornalista chevede e che sente e che parla. Quello che non si vol-ta dallaltra parte.

    Dallinizio di questo 2011 sono 143 i cronisti chesi sono svegliati allimprovviso di notte per il bot-to della loro auto saltata in aria, o che hanno tro-vato una lettera con una croce sopra, o che sonostati pedinati e percossi, che hanno aperto unascatola con dentro la testa di un capretto o di uncane. Avvisati.

    Accanto ai pochi noti e famosi come RobertoSaviano, Lirio Abbate e Rosaria Capacchione, cisono gli altri, gli ignoti, quelli che sopravvivononel terrore nella Piana di Gioia Tauro, quelli chefanno i conti con i signorotti di Casal di Principeo i guappi napoletani, quelli guardati in Siciliada Cosa Nostra e quegli altri vessati dai malacar-ne di Viterbo o di Fondi. Non c zona franca peri cronisti con la schiena dritta. Se a Partinico pre-feriscono il fuoco, a Vicenza oscurano i siti web.Se a Sabaudia sinfilano nelle loro abitazioni perimpaurirli, in Lombardia fanno un uso intimida-torio di querele e cause civili. Ogni volta che unarticolo non piace mandano avanti gli avvocati.Piccoli giornali e fogli locali sono sommersi da ci-tazioni. Un modo come un altro per metterli a ta-cere. Ogni potente ha i suoi metodi . Dopo la re-tinata il tirare le redini come si fa con i cavalli a volte si ottiene leffetto: il silenzio. il silen-zio quello che conta.

    Il giornalista deve stare al suo posto. Una paro-la di troppo pu provocare risentimenti, affossa-re affari. E cos latitanti come Michele Zagaria e

    Antonio Iovine chiamano in diretta Carlo Pasca-rella delGiornale di Casertache sollevava dubbi sucerti equilibri criminali: Noi ci siamo stufati, noisiamo delle famiglie che ci stimiamo da tanti annie da domani mattina non scrivere pi certe cose...attento, non che ti stiamo minacciando.

    Dare notizie peggio. Ne sanno qualcosa i ven-tuno cronisti calabresi che negli ultimi nove mesisono stati colpiti. Troppo informati. Sono quasitutti giovanissimi, qualcuno non ha neanchetrentanni. Precari, pagati a pezzo, senza assisten-za legale si aggirano per le vie di Reggio o fra gli uli-vi di Rosarno con addosso il fiato dei capobasto-ne. il drappello pi numeroso dei giornalisti a ri-schio in Italia. Ogni loro articolo studiato, ognimovimento controllato. In una terra dove la ma-fia stata a lungo protetta e coccolata, dove i bossdella Ndrangheta non erano abituati a finire inprima pagina, allimprovviso sono arrivati loro. Sichiamano Michele Albanese e Francesco Mobi-lio, Giuseppe Baldessarro e Lucio Musolino, Mi-

    chele Inserra, Nino Monteleone, Pietro Comito. Ece ne sono tanti, tanti altri ancora.Le loro storie sono tutte diverse e tutte uguali.

    Cronache asciutte su omicidi e faide, resocontiimpeccabili su operazioni poliziesche e giudizia-

    rie, lapprofondimento dei fatti, le testimonianze.Un giornalismo a tutto campo. Troppo giornali-smo. E troppo ravvicinato a quelli che l sono con-siderati i padroni. Finito il silenzio cominciato il

    terrorismo mafioso. Chi si trova un passo avantientra nel mirino. Chi ha una notizia in pi diven-ta obiettivo militare e politico della Ndranghe-ta che vuole sempre comandare. Anche sui gior-nalisti. La loro colpa quella di far conoscere la

    mafia calabrese anche fuori dal suo regno.A Michele Albanese, corrispondente dalla Pia-

    na per Il Quotidiano della Calabria, di minaccene sono arrivate esplicite e in codice, firmate e

    anonime. Lultima da Rosarno, un paese che inproporzione al numero dei suoi abitanti ap-pena quindicimil a ha cinque volte i mafiosi diPalermo. Da quando ha raccontato la caccia alnero nelle campagne dove raccoglievano aran-

    Schiene dritte

    Quei cronisti senza nomenel mirino per una notizia

    Sanno troppo, scrivono tuttoE pagano per questoMinacce, auto in fiamme,proiettili. Soprattuttoin Calabria, ma dal Sudal Nordsono pi di centoi giornalisti che rischianola vita perch fanno il loromestiere. Ecco le loro storie

    ATTILIO BOLZONI

    34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    lattualit

    Repubblica Nazionale

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    stampaminali e alle cupole politiche? Ci sono colleghiche si ostinano a fare il loro lavoro e questo sta di-ventando molto rischioso, risponde AlbertoSpampinato, un bravissimo giornalista siciliano segue per lagenziaAnsa i presidenti della Re-

    pubblica che nel 2007 ha avuto lidea di far na-scere un osservatorio, Ossigeno per linformazio-ne,sui cronisti sotto minaccia. Nel 1972 Alberto haperso un fratello. Si chiamava Giovanni, era corri-spondente dellOra da Ragusa: lo assassinaronomafia ed eversione nera. Dopo avere scritto un li-bro su Giovanni, Alberto Spampinato si buttatoin questavventura: Ho capito che il meccanismoche aveva ucciso mio fratello tuttora attivo e con-tinua a macinare vite di giornalisti. L osservato-rio ha anche un contatore che registra i nuovi casidi intimidazione.

    Dicono quello che altri non dicono. Pino Ma-niaci, dagli schermi di TeleJato a Partinico. EnzoPalmesano, che svela le contiguit fra i camorri-sti Ligato e Lubrano e uomini politici di Pignata-ro Maggiore. Le testimonianze di Tina Palombae Marilena Natale nelle terre di Gomorra. GianniLannes, freelance pugliese e il siciliano Nino

    Amadore con le sue cronache sul pizzo fra le duesponde dello Stretto.

    Sei morto, il messaggio che ha trovato sullascrivania Daniele Camilli, collaboratore deLOpi-nionedi Viterbo. Lhanno seguito di notte e han-no fatto irruzione nella casa di Vetralla, il suo pae-se. Lo perseguitano. Nei cunicoli di Viterbo Da-niele aveva scoperto una trentina di scavi clande-stini, traffico di reperti archeologici. sopraffatto:Me ne vado: a Vetralla non posso pi vivere.

    Pi di tutti gli altri per, assediati sono sempre igiornalisti calabresi. Angela Corica ha solo venti-cinque anni, cinque colpi di pistola contro la suaauto. Nino Monteleone ha ventisette anni e anchela sua macchina saltata in aria. Sul blog raccon-tava dei Serraino e della loro latitanza protetta daipicciotti di altre famiglie. Una notizia nella notiziache anche gli inquirenti non conoscevano: signi-ficava che tutti i clan di quella zona rispondevanoa un solo comando. Averlo fatto sapere gli costa-to molto. Quello di Nino stato lunico attentatoscoperto contro i giornalisti. I due mafiosi che loseguivano avevano una cimice che li ascoltava. Sisentivano le loro voci mentre stavano per colpire.

    I mafiosi leggono. Fanno confronti. Giudica-no i giornalisti. E poi reagiscono. A Michele In-serra hanno mandato un regalo: la cartuccia diun fucile da caccia. Allora Michele stava a Sider-no, una delle capitali della Locride. Racconta:Una volta la Ndrangheta era come un fanta-

    sma, tutti ne sentivano parlare ma poi dicevanoche non lavevano mai vista. Quella parola nonbisognava scriverla. Ora sta cambiando, lenta-mente ma sta cambiando.

    Le cattive abitudini del vecchio giornalismocalabrese. Che poi qui erano anch e le cattive abi-tudini dei poliziotti, dei magistrati, degli avvoca-ti, degli imprenditori. Muto tu e muto io. Chi pro-va a spezzare il muro di omert entra nella lista.C finito anche Francesco Mobilio. Lui un cro-nista di bianca, nei suoi articoli non cita mai inomi dei mafiosi. Apparentemente si occupadaltro. Apparentemente. Ogni mattina fa il girodelle stanze del Comune di Vibo Valentia, riferi-sce di consigli comunali, pubblica inchieste suiproblemi della sua citt. Come quella sulledifi-cio che a Vibo chiamano il palazzo della vergo-gna, una costruzione abbandonata da quindicianni nel centro storico. Un sindaco aveva avutola bella idea di abbattere ledificio e ricavarci unapiazza. Francesco ha fatto il suo articolo. Minac-ce di morte e pallottole. Il palazzo della vergogna sempre nel cuore di Vibo Valentia. E Francescocontinua a fare il suo mestiere. Come gli altri. Co-

    me Michele, Giuseppe e Nino, Angela, Lucio, co-me Filippo, laltro Michele, Agostino, Leonardo,i due Antonio, Fabio, Lino, Alessandro. Tutti conil vizio di scrivere. Infami.

    mercato quando sei con la moglie a fare la spesa,in pizzeria quando le figlie festeggiano il com-pleanno. Ti fanno capire che sei un nemico: chesei un mpamu, un infame.

    I giornalisti delle grandi testate che racconta-no la Calabria scendono due giorni a seguire unfatto e poi se ne vanno, Michele resta l. Solo nel-la piazza di Polistena, a guardarsi intorno sequalcuno gli scivola alle spalle.

    A Lucio Musolino hanno bruciato la macchina,a Pietro Comito di Calabria Orahanno spedito lasolita lettera (Sei una cosafitusa) e poi partitala telefonata: Smettila con i Soriano che ti gettia-mo nel cimitero. I Soriano di Filandari, quelli chefacevano politica dagli arresti domiciliari, che co-mandavano dalla casa dove non potevano uscire.

    A Giuseppe Baldessarro, anche lui cronista giudi-ziario per ilQuotidianoe corrispondente dalla Ca-labria per Repubblica, sono state consegnate viaposta un po di pallottole. Dice Giuseppe: Il loroobiettivo quello di farci smettere di scrivere.

    Fino a una decina di anni fa in Calabria si ven-deva un solo giornale locale e cera una sola tele-visione regionale. Da quando sono nate altre te-state e le notizie circolano sui blog, scoppiatauna rivoluzione. il giornalismo che si ribellatoalla Ndrangheta. Le prime vittime sono stati que-sti ventuno colleghi. Silenzio stampa.

    Andare oltre. Il confine impercettibile. Bastatrovarsi con un piede dallaltra parte e diventispione, uno che non si fa gli affari suoi. Bastanotrenta righe in cronaca e ti stampano addosso ilmarchio di sbirro. C chi se ne frega e c chi evi-ta. La normalit diventa coraggio. Tutti hannopaura, qualcuno va avanti. Isolato dentro e fuoriil suo ambiente, compatito e a volte anche attac-cato dai colleghi (Chi te lo fa fare, Te la sei

    cercata, Cos vai a sbattere), scansato comeun cane rognoso. Una notizia in pi porta sem-pre guai. Meglio non scrivere.

    Perch il giornalismo fa paura? C una strate-gia contro chi non vuole piegarsi alle cupole cri-

    LADOMENICADI REPUBBLICA 35DOMENICA7AGOSTO2011

    SU REPUBBLICA.IT

    Silenzio stampa linchiesta di AttilioBolzoni online da oggi sul sitoRE Le inchieste di Repubblica.itUn documentario video di Bolzonie Giulio La Monica (girato in Calabria,Sicilia e Lazio) racconta le storiedei giornalisti sconosciuti al grandepubblico minacciati, aggreditie intimiditi perch fanno bene

    il proprio lavoro

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    ILLUSTRAZIONEDIERICD

    ROOKER

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-08-07 C'Era Una Volta Il Muro

    6/14

    Quando i detective invecchiano

    Il

    AddioLungo

    John Rebus che va in pensione. Kay Scarpetta che scompareMiss Marple e Nero Wolfe che si dedicano al giardinaggioMaigret che fuma la pipa guardando la Loira. Ogni creatore

    di crime story si posto il problema: come fa un eroe a sconfiggere il tempoche passa?Ecco come i personaggi (e spesso i lettori) costringono i loro autoria risolvere il dilemma. Anche a costo di infrangere le leggi del noir

    CULTURA*

    36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    HARRYHOLE

    1997-2011di Jo Nesb

    MIKAELBLOMVKIST

    2005-2007di Stieg Larsson

    Francia

    KURTWALLANDER

    1991-2009di Henning Mankell

    FABIOMONTALE1994-1997

    di Jean-Claude Izzo

    Nord

    MONSIEURLECOQ

    1863-1875di mile Gaboriau

    NESTORBURMA

    1943-1983di Lo Malet

    COMMISSARIOMAIGRET

    1936-1950di Georges Simenon

    STEVECARELLA1956-2005

    di Ed McBain

    TRAVISMCGEE

    1964-1984di John D. MacDonald

    Stati UnitiMIKEHAMMER1947-1996

    di Mickey Spillane

    PERRYMASON

    1933-1973di Erle Stanley Gardner

    HENRIBENCOLIN1930-1937

    di John Dickson Carr

    ELLERYQUEEN

    1928-1970di Ellery Queen

    HARRYBOSCH

    1992-2011di Michael Connelly

    LINCOLNRHYME

    1997-2010di Jeffery Deaver

    DAVEROBICHEAUX

    1987-2008di James Lee Burke

    KAYSCARPETTA

    1986-2009di Patricia Cornwell

    MATTHEWSCUDDER1976-2005

    di Lawrence Block

    LispettoreJohn Rebus va in pensione, e il Parlamen-to scozzese propone di elevare let pensionabiledei poliziotti per richiamarlo in servizio. Il com-missario Kurt Wallander scivola malinconica-mente nellAlzheimer. Kay Scarpetta ha fatto per-dere le sue tracce sulla soglia dei fatidici cinquan-

    ta. Legioni di lettori insorgono. I grandi detective invecchiano. Cchi si arrende e si fa da parte cedendo il passo alle nuove leve e cchi resiste stoicamente. Come il vice-sceriffo Dave Robicheaux,che, passati da un po i settanta, continua a fare cento flessioni algiorno e a cacciarsi nei guai nella Lousiana dei vecchi rancori raz-ziali, deibayoue del blues, la musica del diavolo. Come il suo coe-taneo Matthew Scudder, occhio privato senza licenza, un passatoda alcolista, tuttora impegnato in indagini ad alto rischio nella New

    York sempre meno scintillante e sempre pi abbacchiata di oggi. Ocome il nostro Salvo Montalbano, che, frequentato da ricorrenti in-cubi, riversa le sue inquietudini in dialoghi pirandelliani con il suo

    doppio. Ma tutti devono fare i conti con gli anni che passano. Il cri-me, una volta universo di eroi senza tempo, costretto a misurarsicon le inesorabili leggi della natura. lultimo passaggio di un lun-go percorso dallepoca del poliziesco classico. Miss Marple che ri-solve enigmi sferruzzando nel suo eremo di Saint Marys Mead, nel-la campagna inglese, uno dei luoghi a pi elevata concentrazionecriminale nellintero Occidente; Nero Wolfe fra le sue orchidee nel-la casa di arenaria sulla 35ma strada; il commissario Maigret che siaggira fra le Halles e la Rue Picpus, o fuma la pipa su una chiatta chepercorre pigra la Loira; Padre Brown che inchioda un assassinosgranando il rosario possiamo immaginarceli ancora adesso co-s come li abbiamo conosciuti la prima volta, con la stessa emozio-ne (o la stessa indifferenza). Possiamo farlo perch loro non hannobisogno di cambiare. Pu cambiare, e anzi cambia, il mondo circo-stante: ma leco delle novit penetra immancabilmente nelle av-venture attraverso i personaggi di contorno, e non sfiora il protago-nista. Questi eroi senza tempo incarnano la metafisica del genere:leterno conflitto fra il Bene e il Male declinato come sfida fra eccel-se intelligenze. In questo genere di racconto, la fine nota, e il letto-

    re va a nanna piacevolmente rassicurato daltrionfo della giustizia. Poi, a partire dagli anniCinquanta, si affacciano sulla scena altri eroi:gente che cambia, ma appena un po. Philip Mar-lowe sposa una delle tante miliardarie disperateche per ventanni hanno attraversato il suo cammi-no lungo le turbolente strade della California, e tutti sichiedono se finir borghese arricchito a zappettare nelgiardino della faraonica villa di Malibu o se prevarr il richia-mo del sangue. E Steve Carella, poliziotto i talo-americano della se-rie dell87mo Distretto (nei primi Gialli Mondadori era diventatoCarell, senza la a finale, per farlo pi americano), in quarantannidi romanzi si sposa, fa due figli, perde il padre in seguito a una tragi-ca rapina, e, come lui, crescono e cambiano i suoi colleghi e amici.

    Ma crescono, e cambiano, appunto, un po, solo un po: perchEd McBain usa sapientemente un doppio passo cronologico chegli permette, da un lato, di registrare il mutamento dei costumi, dal-laltro di ritardare ad libitum il deterioramento degli eroi. In questiracconti, la fine nota solo in parte: sappiamo che la giustizia trion-

    GIANCARLO DE CATALDO

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-08-07 C'Era Una Volta Il Muro

    7/14

    AUGUSTE DUPIN

    1841-1844di Edgar Allan Poe

    SHERLOCK HOLMES

    1887-1915di Conan Doyle

    SAM SPADE

    1930-1932di Dashiell Hammett

    NERO WOLFE

    1934-1974di Rex Stout

    PHILIP MARLOWE

    1939-1960di Raymond Chandler

    Padri

    Classici

    LADOMENICADI REPUBBLICA 37DOMENICA7AGOSTO2011

    NIGEL

    STRANGEWAYS

    1935-1968di Cecil Day-Lewis

    ADAM

    DALGLIESH

    1962-2008di P. D. James

    JOHN

    REBUS

    1987-2007di Ian Rankin

    Regno UnitoHERCULEPOIROT

    1920-1975di Agatha Christie

    PADRE

    BROWN

    1911-1935di G. K. Chesterton

    DUCA

    LAMBERTI

    1966-1969di Giorgio Scerbanenco

    LALLIGATORE

    BURATTI

    1995-2009di Massimo Carlotto

    fer, ma non sappiamo a che prezzo, perch gli sbirri dell87mo ven-gono feriti, sospesi dal servizio, qualcuno ama la donna sbagliata,qualcun altro commette un errore, e via dicendo. E noi lettori siamointeressati, in egual misura, tanto alla soluzione del caso che alle vi-cende personali dei protagonisti. La serie dell87mo Distretto , daquesto punto di vista, lo snodo cruciale di unevoluzione storica delcrime: dopo Mc Bain, e grazie a lui, lentamente, ma inesorabilmen-te, il destino delleroe diverr, ai nostri occhi, pi importante dellostesso esito dellindagine. E i modelli narrativi del detective serialesi avvicineranno, sino a una quasi perfetta identificazione, allestrutture della lunga serialit televisiva. O di certi fumetti in versio-ne hollywoodiana, vedi lUomo Ragno o Batman, che ci attraggononon solo e non tanto per lo spreco di effetti speciali, ma per le que-stioni profonde che lo spleen degli eroi ci costringe ad affrontare.

    Invecchiare un problema per chiunque, figurarsi per un eroe.Un investigatore alle prese con protesi dentarie e altri ausili sanita-ri alquanto imbarazzante. Nelcrimesi spara, ci si scambiano caz-zotti, si rischia la pelle a ogni ragionevole numero di pagine, un podi prestanza fisica richiesta. Ma se i l personaggio ha ancora qual-

    cosa da dire? Se lotta con tutte le sue forze per non e ssere accanto-nato? Si possono immaginare allora prequel, ambientando nelpassato lultima avventura delleroe senescente, o intersezionitemporali che prevedono il rientro in scena di antichi bad guyser-roneamente creduti morti. Si possono ipotizzare serie alternative,alla Frank Miller, con ucronia e universi paralleli. Con la buona vo-lont si pu fare tutto, se il mercato lo esige. Ma se lautore a ribel-larsi al personaggio? Il rapporto fra lautore e la sua creatura quan-to di pi complesso si possa immaginare. Pu assumere, in certi ca-si, laspetto di unautentica ossessione. A volte, chi ha inventato unpersonaggio di grande successo finisce per sentirsene prigioniero.Non vede lora di liberarsene. Forse accaduto proprio questo a IanRankin, a Mankell, alla Cornwell. Accadde persino al padre nobiledi tutto il crime, sir Arthur Conan Doyle. Lui, la sua creatura, la uc-cise, precipitandola nella cascata di Reichenbach insieme al mor-tale nemico, il turpe professor Moriarty. Tutto inutile. Fu costrettoa resuscitare Sherlock Holmes a furor di popolo. Aveva vinto lui, an-cora una volta.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Petra nata con quarantanni. Mi era sembrata unet giusta per farla venire al mondo. Si ha gi unesperienza: ab-bastanza da esibire un passato interessante; un carattere formato: si sa abbastanza su se stessi; si ha ancora un aspet-to giovanile: imprescindibile per fare delle conquiste ogni tanto... Insomma, mi ero convinta che una donna di qua-

    rantanni affrontasse la vita in maniera passionale, seppure gi leggermente cauta. Anche professionalmente unetideale: si ha un passato, ma davanti si apre ancora il futuro... Sono sincera, non ho pensato pi allet del mio personag-gio. Nei romanzi che ho scritto, uno dopo laltro, Petra ha agito, ha avuto problemi di lavoro, ha ap profondito la sua ami-cizia con Garzn, si innamorata o si fatta illusioni su un nuovo uomo... stato cos fino a Serpenti in paradiso. Qui la de-tective ha attraversato una sorta di crisi personale chiedendosi come sarebbe stato diventare madre prima o poi. La filo-

    sofia temporale della sua vita si svelata in tutta la sua crudelt.C una strada tracciata e quando si sceglie qualcosa, ci si lascia dietro molto

    altro. La crisi si chiusa con una conclusione chiara e matura: Petra non avreb-be mai avuto un figlio e ci non lavrebbe fatta soffrire. andata cos e basta. Cinonostante, sono rimasta di stucco quando un giornalista mi ha chiesto per laprima volta: Abbiamo visto che anche Petra invecchia continuer a invec-chiare?. Non avevo mai ragionato in un modo cos concreto e corretto. Allora horiflettuto, ho rivisto i libri gi pubblicati... non cerano riferimenti diretti alla suaet, ma era ovvio che gli anni passavano, che cambiava, che esprimeva giudizi ecommenti che si adeguavano a questioni che dipendevano dal trascorrere deltempo. Petra invecchiava, s.

    La mia reazione come autrice stata ben poco coraggiosa. Dovevo procederecon lintuizione che mi aveva ispirato, permettendo al mio personaggio di fare igiri che voleva fare. Eppure: quanta fatica faccio per inserire un riferimento aglianni che passano anche per Petra! E come evito sempre di menzionare se ha qua-rantacinque o quarantanove anni! come se mi spaventasse lidea di trasporladi un decennio. La Delicado che ha cinquantanni? Impossibile! Il punto per-ch? La risposta mi riporta sempre alla stessa spiegazione: la quantit di argo-menti stupidi ma terribili che la societ sfodera attorno alla questione dellet,soprattutto delle donne. Una donna di cinquantanni invisibile, le sessan-tenni sono fuori dai parametri di ci che attraente... Non voglio continuare, sa-pete gi a che cosa mi riferisco.

    Parlando con le lettrici, molte mi hanno detto di identificarsi con lispettrice.La forbice della loro et va dai trenta ai sessantanni. E quindi, che devo fare, la-sciare che certe si sentano orfane permettendo, dopo aver saputo quanti annicompie esattamente Petra, che le loro menti siano permeate dagli argomenti so-ciali in uso comunemente? Tutto questo mi fa pensare che un personaggio ab-bia dei tratti di personalit precisi e che, secondo ci che avviene nei suoi giornidi carta, reagir in un modo o nellaltro. In fondo, agli esseri umani succede lostesso, solo che nel loro corpo compaiono delle rughe e la pelle cede, e che, vistoche sono sempre circondati da gente vera, finiscono per soccombere alle stupi-di imposizioni dettate dagli altri. Quando ho fatto sposare Petra per la terza vol-ta, molti lettori hanno alzato le braccia al c ielo. Non lho capito: che le donne su-biscano una transustanziazione quando si sposano? In assoluto, si suppone che

    sar sempre la stessa persona: che sia nubile, sposata, vedova o persino monaca. Con let accade lo stesso. Lasciamo Pe-tra dove sta, o meglio, lasciamo che sia esattamente com; un giorno spegner le candeline di una torta di compleanno,ma per ora che continui a mangiare il dolce senza distruggere la torta. Quanto a Garzn Fermn non diventer mai unvecchio. Sarebbe una trafila noiosa: dovrebbe andare in pensione, non lo lascerebbero pi mangiare salsicce e uova al-locchio di bue... no, Fermn non invecchier mai perch un mio amico, e che tutti si mettano lanimo in pace.

    Traduzione di Guiomar Parada

    Lultimo libro di Alicia Gimnez-Bartlett Dove nessuno ti trover (Sellerio)Lautrice sar a Pordenonelegge domenica 18 settembre

    La mia amica Petra Delicado

    bella e immobile nei suoi anta

    ALICIA GIMNEZ - BARTLETT

    KOSTAS

    CHARITOS

    2000- 2011di Petros Markaris

    MediterraneoPETRA

    DELICADO

    1996-2009di Alicia Gimnez-Bartlett

    PEPE

    CARVALHO

    1972-1997di M.Vsquez Montalbn

    COMMISSARIO

    MONTALBANO

    1994-2011di Andrea Camilleri

    ItaliaISPETTORE

    COLIANDRO

    1991-2009di Carlo Lucarelli

    SARTI

    ANTONIO

    1980-2004di Loriano Macchiavelli

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    AVVOCATO

    GUERRIERI

    2002-2010di Gianluca Carofiglio

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-08-07 C'Era Una Volta Il Muro

    8/14

    Era il 1971, la crisi economica piegavagli Stati Uniti e il cuore di Manhattanera un luogo malfamato. Finch due avvocati

    credettero in un nuovo spettacolo, A Chorus Line. Fu la svolta: da allora i teatrisi riempirono ininterrottamente.E oggi, con lAmericadi nuovo in recessione, la storia si ripete

    SPETTACOLI

    38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    NEW YORK

    Ogni sera a Broadway va in scena unospettacolo unico: fiumane dinewyorchesi e turisti sgomitano e sispintonano sotto la luce accecante

    delle maxipubblicit di Times Square, lottano per

    farsi strada verso gli ingressi diThe Book of Mormon

    e Spider Man, i musical pi gettonati del mo-mento. Se il resto dellAmerica in affanno,con 17 milioni di disoccupati, qui ogni sera iltutto esaurito una certezza: la stagione tea-trale 2010-2011 ha visto salire del sei per ce ntole entrate, ha sfondato abbondantemente il mi-liardo di dollari di fatturato. In un anno 12,5 mi-lioni di spettatori si contendono loggetto del desi-derio: un biglietto per il musical Chicago o il teatrodautore, Al Pacino che recitaIl mercante di Veneziadi Shakespeare, Vanessa Redgrave in Driving MissDaisy. Megaproduzioni con un glamour di massache attirano turisti dal mondo intero, o teatro coltodi alta qualit con i talenti pi quotati della culturaangloamericana: il ventaglio della scelta infinito.Sembra impossibile che un giorno, non molto tem-po fa, questo luogo scintillante di seduzione fosse

    derelitto, malfamato, infrequentabile.Eppure la storia di Broadway, cos come la cono-

    sciamo oggi, risale a soli quaranta anni fa. il 1971,lanno in cui si tocca i l fondo. Non solo Broadway,ma la citt di New York a quellepoca versa in unacrisi profonda: economia depressa, alta disoccupa-zione, casse comunali in eterno rosso (nel 1973 sisfiorer la bancarotta vera e propria). In quel disa-stro, Times Square una sorta di vetrina degli orro-ri. zona malfamata, distretto a luci rosse: strip-tease e peep-show di basso livello, nulla di parago-nabile al Crazy Horse parigino. Gli albergatori diManhattan consigliano ai turisti di stare alla largada quella zona, dove scippi e piccole aggressioni so-no allordine del giorno. I teatri sono decaduti, om-bre del passato, fantasmi rispetto alle Ziegfeld Fol-lies degli anni Venti. Radio City Hall si rianima sot-to Natale, con un mediocre balletto che eccita i pro-vinciali venuti dal Midwest. A gestire molti di queiteatri c un relitto umano: Lawrence Shubert Law-rence, erede dellimpero dei tre fratelli Shubert cheavevano inventato Broadway nel 1900, unubriacone che amministra la sua societ vivendo

    notte e giorno in un bar, da Sardis. Ma alle dipen-denze di Shubert lavorano due avvocati, BernardJacobs e Gerald Schoenfeld, che non si rassegnanoalla decadenza. E in quellanno di grazia 1971 i duecomplottano, fanno fuori Shubert, prendono i co-

    mandi della societ. Fin dalla prima mossa, la cop-pia Jacobs-Schoenfeld mostra un fiuto speciale efirma due successi: Pippin nel 1972 ed Equusnel1974. Poi vengono a sapere di un giovane regista,Michael Bennett, che non trova produttori per unoshow dedicato proprio ai ballerini di Broadway. Idue si fanno avanti e nasceA Chorus Lineche fa lasua prima nel 1975. Quel musical rester in pro-grammazione allo Shubert Theater per quindicianni di fila, incassando centinaia di milioni di dol-lari. la svolta, come ricorda oggi Philip Smith cheha ereditato le redini della Shubert organization:Prima diA Chorus Linenon cera denaro. DopoAChorus Linenon c altro che denaro.

    Ma il lieto fine non ovvio, allora. In quelliniziodegli anni Settanta nessuno pu immaginare chebasti un successo a segnare la fine di unera. Lim-magine negativa non si cancella dun tratto. Jacobse Schoenfeld si mettono alla testa di una mobilita-zione cittadina per risanare Times Square, arruola-no un pezzo di establishment, mecenati illustri. Lacaccia di nuovi talenti non si ferma ai confini del-lAmerica. Jacobs e Schoenfeld varcano loceano,

    spingono i loro tentacoli verso Londra, da sempreuna citt gemella e rivale, fucina di creativi del tea-tro. Nel giro dei due impresari si aggrega un giova-ne produttore inglese, Cameron Mackintosh, ini-zialmente cos squattrinato che quando sta a New

    FEDERICO RAMPINI

    storyLo show di Times Square

    quarantanni di sold out

    Broadway

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-08-07 C'Era Una Volta Il Muro

    9/14

    LADOMENICADI REPUBBLICA 39DOMENICA7AGOSTO2011

    Mackintosh dopo Catssforna successi a ripetizio-ne, di pubblico e di critica: sonoThe Phantom of theOpera(ancora musiche di Lloyd Webber), Les mis-rableseMiss Saigon , i fatturati dalle centinaia di mi-lioni balzano ai miliardi di dollari grazie alle co-pro-duzioni parallele in giro per il mondo, pi il mer-chandising di dischi, T-shirt.

    Lascesa di Broadway procede irresistibile lungogli anni Ottanta fino a piazzare la Mecca del musi-cal sugli schermi radar dellaltra industria america-na dello spettacolo, Hollywood. Allinizio degli an-ni Novanta nasce cos una sorprendente alleanza:

    tra il sindaco della tolleranza zero Rudolph Giu-liani e il colosso californiano del cinema danima-zione Walt Disney. Giuliani ha preso sul serio il so-gno di Jacobs-Schoenfeld di ripulire Times Square,ha chiuso i locali a luci rosse, ha cacciato implaca-

    bilmente spacciatori, ladruncoli e mendicanti. Lasua amministrazione corteggia a lungo la Disney efinalmente la convince, nel 1993, a rilevare un anti-co locale decaduto, il New Amsterdam Theater sul-la 42esima Strada. Dal matrimonio fra Hollywood eBroadway nasce la versione teatrale de La bella e labestianel 1994: tredici anni di tutto esaurito. Un col-po ancora pi grosso arriva nel 1995 quando la Di-sney arruola una regista colta e raffinata, Julie Tay-mor, nota per allestimenti operistici e shakespea-riani: lei a firmare Il re leonein versione teatrale, ilpi grande successo di tutti i tempi per il numero direpliche messe in scena in contemporanea su quat-tro continenti (e sulle due coste degli Stati Uniti,perch Los Angeles si piega a reimportare da New

    York il musical tratto da un suo film).Il glamour di Broadway tale che anche la televi-

    sione si adegua, piazza a pochi isolati da TimesSquare gli studi dei talkshow pi popolari comeTo-daye David Letterman. Il genere teatrale si issa suun piedistallo, fondendo qualit e fatturato, fino al

    punto che le star di Hollywood non si sentono pro-fessionalmente realizzate se non passano lesamedi Broadway. Julia Roberts accetta nel 2006 di cal-care le scene teatrali (con risultati controversi) e daallora londata non si ferma pi, ogni sera a TimesSquare i cartelloni vedono presenti i volti pi popo-lari del cinema: da Denzel Washington a ScarlettJohansson, da Catherine Zeta-Jones a Ben Stiller,Robin Williams, Kathleen Turner.

    A far volare alle stelle i profitti dei teatri ha contri-buito la legge della domanda e dellofferta: con las-sedio costante del pubblico che affluisce dal mon-do intero, gli impresari possono permettersi i prez-zi che vogliono, compresi quelli delle famigeratepoltrone premium che superano i quattrocentodollari. Nel tremendo biennio 2007-2009, quando aNew York lintera economia sembra fermarsi, lebanche di Wall Street licenziano migliaia di dipen-denti, i prezzi delle case crollano, lunica industriache regge quella della cultura: teatro, musica, mu-sei. E a quarantanni dalla sua rinascita Broadwayconiuga lappeal di massa con lintelligenza: pro-prio mentre due mormoni (Mitt Romney e JonHuntsman) si candidano alla nomination repub-

    blicana per le presidenziali, gli autori di South ParkfirmanoThe Book of Mormonper bersagliare il con-nubio religione-politica in una satira beffarda espietata.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    I MUSICALDa Il re leonea The Phantomof the Operae Spider-man:in queste pagine,le locandinedei musicalpi famosi della storiadi BroadwayAl centro,Times Squarenegli anni Settantae oggi

    In cartellone ci sono i voltipi popolari del cinema:Denzel Washington, ScarlettJohansson, Ben Stiller,Robin Williams

    York dorme nel tinello di Bernard Jacobs. lui che sperimenta, prima a Londra, lidea ditrarre un musical da una raccolta di poesiesui gatti firmata T. S. Eliot, affidando la colon-na sonora originale a Andrew Lloyd Webber.Nasce nel 1980 Cats, prima come una mini-produzione frugale, poi trasportata aBroadway: diciotto anni di trionfi ininterrotti. il fenomeno Catsa generare unaltra innova-zione: lidea di produrre versioni parallele damettere in scena in diverse citt del mondo. Alposto della classica tourne nasce un concettopi moderno: il clone.

    In un passato pi remoto alcuni successi ame-ricani come West Side Storyerano stati s allestitiin altre nazioni, ma con impresari locali e senzagaranzie sugli standard di qualit.Catsinvece vie-ne prodotto in contemporanea dai suoi creatorioriginali, le versioni da esportazione sono tutte diottimo livello, grazie a rigorosi criteri di recluta-mento dei cantanti-ballerini. La premiata ditta

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-08-07 C'Era Una Volta Il Muro

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    le tendenzeTentazioni destate

    Fucsia, viola, arancio, verde speranza, blu elettrico: il guardarobaper lui che abbraccia tinte squillanti e sfumature pastelloha smesso di scandalizzare per diventare la normaE le case di moda fanno a gara nel proporre scarpe, giubbotti,borse, ma anche bermuda e polo dalle nuance ardite. Limportante attingere al caleidoscopio con misura. E soprattutto con ironia

    40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    Dove non finisce

    larcobalenoLAURA LAURENZI

    Basta, almeno destate, con luomo incolore, in grisaglia, che non osa e sicancella. Una volta per tutte le tinte squillanti, ma anche le tenere sfu-mature pastello vengono sdoganate senza nulla concedere alla ma-scherata. Anzi, connotano il maschio metropolitano che sceglie di esse-re vistoso se non altro nei dettagli: la cintura, il mocassino, il giubbotto,la borsa da viaggio ma se occorre anche i bermuda, il costume da bagno,

    la polo. Quante polo rosa, violetto, glicine, lavanda hanno smesso di scandalizzare perdiventare addirittura la norma.

    Lunga stata la marcia perch luomo in technicolor o per lo meno con qualchetocco di colore ardito, ma classico nel taglio fosse accettato e accettabile. passatoquasi un secolo, era il 1914, da quando Giacomo Balla nel Manifesto Futurista propu-gn abiti che fossero aggressivi, agilizzanti, dinamici, gioiosi, illuminanti, dotati diiridescenze entusiasmanti e rischiarati da colori muscolari, violettissimi, rossissi-mi, turchinissimi, verdissimi, gialloni, arancioni, vermiglioni.

    Ma quella provocazione rest una breve parentesi. I n fondo da poco tempo che unuomo pu indossare una polo total pink senza suscitare battute. Eppure precedentied esempi illustri non mancano: Moravia amava le camicie fucsia o anche verde sme-raldo, Carlo Ripa di Meana, il pi elegante di tutti, ha sempre osato dettagli sgargianti

    non soltanto nella montatura degli occhiali, Renzo Arbore predilige gilet super colo-rati, Paolo Crepet va in tv con una gamma variegata di maglioncini pastello-confetto,Gianfranco Fini sembra possedere solo cravatte rosa, Lapo Elkan, neo-dandy, unatavolozza ambulante, Massimo DAlema stato fotografato nei mari della Sardegnamentre si tuffa con indosso un costume arancione Guantanamo.

    Certo, poi ci sono gli eccessi, le rivolte contro luniformit, lausterit, lomologa-zione. E allora ecco un Roberto Formigoni che di colp o si presenta in tiv con camiciaa fiorellini o a disegni psichedelici ma anche con pantaloni arancioni e mocassini bluelettrico.

    Predicava Bertrand Russell che tra le varie libert fondamentali delluomo una ve-ra democrazia dovrebbe contemplare anche quella alleccentricit. Il punto che or-mai luomo a tinte forti di moda. Non c griffe che non si sia lanciata nel saccheggiodei colori che poi gli esperti definiscono per esempio lilium, camomilla, geranio, co-rallo, lime, menta, quarzo ma, insomma, la sostanza non cambia: le sfumature sono erestano quelle e la libert di mettersi addosso tutti i colori dellarcobaleno & derivatista diventando una nuova uniforme.

    Limportante sono le piccole dosi, attingere al caleidoscopio con misura. Il colore lespressione di una virt nascosta, scrisse Marguerite Yourcenar, che per la verittendeva a prediligere il nero. In cromoterapia, per chi ci crede, ogni colore corrispon-de a uno dei sette chakra: ci sono colori calmanti e rinfrescanti come il blu, colori del-larmonia e della speranza come il verde, della felicit e del buon umore come il gial-lo, della forza e delleccitazione come il rosso e via elencando. Che ognuno possa sce-gliere quello che preferisce, senza dare spiegazioni, semplicemente dando nelloc-chio. Meglio se con ironia.

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    MOCASSINOIn camoscio nei colori caldidellestate con il laccettorealizzato in pelle intrecciataUn classico di Tods

    CRAVATTAIn pura setadisponibile in seidiverse variantidi colore la cravatta Gallo

    VERDEAi pantalonicon piegaa cannoloverde marcio

    Armani abbinauna maglia

    girocollocolor lime

    QUADRETTILuomo bianco e rossoper D&Gcon un trionfodi quadrettiVichy

    su giaccae camicia

    Repubblica Nazionale

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    LADOMENICADI REPUBBLICA 41DOMENICA7AGOSTO2011

    Dalla camicia al costume da bagnoquello che conta lo stato danimo

    Lintervista / Kean Etro

    LAURA ASNAGHI

    Kean Etro, lei disegna la linea maschiledel marchio di famiglia, che da sempreadotta il colore anche per luomo. Qual

    la filosofia che sta dietro questa scelta?Il colore come il paisley, il tessuto con di-segni cachemire, che fa parte del dna di Etro.Colore luce, vita. Illumina le zone dombrae sottolinea la personalit. Ecco perch il colo-re ha un posto importante nella storia di Etro.

    Per i maschi vestono quasi sempre di blu,di nero o di beige, perch il colore un po li spa- venta. Come si pu convincere un uomo aosare di pi?

    Il colore il segnale di uno stato emotivo, lapertura verso lesterno. In unepoca di chiu-sura e introspezione segnata dalluso frequen-te del nero e del blu, osare un colore, almeno inun accessorio, come una cravatta o un foulard, accettare di vivere, cogliere loccasione dispezzare una routine fintamente rassicurante.Ecco perch il colore richiede una forte consa-pevolezza da parte di chi lo indossa.

    Colore e rispetto della sartorialit in chiavemoderna: come si crea un equilibrio tra que-ste due componenti?

    La sartorialit convive da sempre con il co-lore. E consiste nelluso sapiente dei tessuti edelle forme. Per armonizzare bene i colori oc-corre avere anche un forte senso estetico.

    Com il guardaroba colorato di Etro?Io sostengo da sempre la sperimentazione

    del classico, in una visione che rientra nellanuova tradizione. Stampe a righe, pois, mi-

    cro fantasie convivono con tessuti a tinta uni-ta in unalternanza giocosa di colori, spessoinusuale e talvolta irriverente ma sempre ri-

    spettosa dellarmonia e della bellezza.Ci sono occasioni in cui labito colorato fondamentale?

    Personalmente non credo nelle occasionima negli stati danimo. Chi ha classe pu sem-pre permettersi il colore.

    Quando crea gli abiti colorati a chi si ispira?I personaggi che ho in mente sono tanti.

    Giotto, Piero della Francesca, Leonardo daVinci, tutto il Rinascimento italiano, i perso-naggi famosi del Medioevo. Gli indiani pelle-rossa di ogni trib, con collane e orecchini,portatori di unetica colorata e di rispetto permadre natura. Tutto questo e altro alimenta lamia fantasia e diventa fonte di ispirazione perle collezioni.

    Nella valigia estiva di un uomo quali sono icapi colorati che non possono mancare?

    Camicia, polo, pantalone e costume da ba-gno. Tutto deve essere allinsegna del colore.Non uno qualsiasi, ma un colore che ha affinitelettive con il nostro modo di essere. Questoperch i colori raccontano chi siamo e quindila scelta deve essere mirata.

    Quali sono i suggerimenti di Kean Et ro perindossare capi colorati in modo divertente?

    Guardarsi allo specchio e sentirsi non solobelli e interessanti ma anche pronti ad aprirsialla vita.

    CAPPELLO

    A tesa piccolain paglia intrecciatacon fascia in tessutoa righe bianco, rosso,blu: il tema marinarosecondo Energie

    OCCHIALI

    Si vestono di colorifluo gli occhialida sole Carrera,abbinati a ricercatelenti trasparentispecchiate

    ROSSO

    Sgargiantipantaloni rossia contrastocon il bomberdi camosciotinto turchese

    e la T-shirt biancaDsquared2

    SENAPE

    ll completo formatoda camiciadi seta colorsenapee pantaloni

    in linoLouis Vuitton

    GIALLO

    Domina il giallonel look Etro:dal giubbottoin pelleai bermudain cotone

    con stampapaisley

    BLU

    Prada accostaai pantalonciniin popeline bludue camiciedello stessotessuto

    indossateuna sullaltra

    ZAINO

    Espandibile, portacomputer, in nylon

    antistrappoe water-proof

    Anche porta iPade cellulare. Piquadro

    SCARPONCINO

    In pelle e suedeblu cobalto

    con suola a contrastocolor sabbia

    Lo scarponcinofirmato Murphy & Nye

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    Repubblica Nazionale

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    42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    i saporiIbridi

    Prima era giallo e burbero, poi diventato rosa e si ingentilitoInfine ha toccatoil rosso e si scoperto ancora pi zuccheroso. Da semprecompagno delle diete, enigma per i biochimici e incubo dei botanici,ora lagrume king size cambia di nuovo buccia.Basta spremute, cocktaile sorbetti: il suo posto accanto a crudi di mare, crostacei e piatti dautore

    n principio fu Jaffa, frutto formato king size marchia-to con il nome della millenaria progenitrice di Tel Aviv.Cinque lettere per etichettare lagricoltura israelianacon il suo prodotto pi famoso, arr ivato in Italia sullascia di una promessa formidabile: far dimagrire i suoiconsumatori pi fedeli grazie alla capacit di ridurre i

    livelli ematici di insulina. Numerosi studi compiuti inCalifornia (tra i maggiori produttori fin dagli anni Set-tanta) attestavano inderogabilmente che il consumodi mezzo pompelmo prima dei pasti era propedeuti-co alla perdita di peso.

    Il tempo di trasformare la diffidenza complice ilgusto spiccatamente amarognolo in pratica diete-tica, e dal Texas che contendeva alla California il pri-mato delle coltivazioni arriv un altro s tudio di bendiverso tenore. Punto di partenza, il dato statistico checomprovava come i pazienti texani, abituati a com-battere il gran caldo di quelle parti con succhi di pom-pelmo e bevande affini, fossero i pi refrattari a certeterapie, con incidenze di insuccesso farmacologiconettamente superiori a qualsiasi altro stato america-

    no. Allertati dalla comunit scientifica locale, i biochi-mici delluniversit di Houston si misero al lavoro,scoprendo che la colpa era di un polifenolo presentenel pompelmo, la bergamottina, capace di compete-re e inibire gli enzimi epatici destinati a metabolizza-

    re i componenti di alcuni psicofarmaci e della ciclo-sporina. Risultato: la Food and Drug Administrationobblig le case farmaceutiche a inserire lavvertenzanel foglietto informativo delle medicine a rischio.

    Cos, negli ultimi trentanni, il pompelmo rimastosospeso tra fortuna e dannazione, diventando il piondivago tra gli agrumi in circolazione. Grande e pol-poso molto pi dei nostri agrumi tradizionali, il pom-pelmo deve il suo nome a una crasi tra pompoen(gros-

    so, in olandese) e limoes,limone nella lingua di Giava,termine mutuato dal primo nome botanico,citrus pa-radisi. Niente di pi inesatto. Infatti, la sua storia sfiglia del miglior meticciato frutticolo, ma con da unaparte il pomelo,un ipersuccoso, enorme agrume tra-vestito da pera (pu arrivare a dieci chili) e dallaltra lapiccola, deliziosa arancia.

    Un ibrido talmente riuscito che negli anni il pom-pelmo primario, quello giallo canarino, si colorato dimille sfumature dal rosa al rosso, seguendo la scia diulteriori reincroci aranceschi o utilizzando il meto-do dellirradiazione dei semi. Pi colorato, ma anchepi dolce, se vero che il pompelmo rosa ricco di frut-tosio ed zuccherino quasi quanto unarancia.

    Il nuovo status di frutto pi dolce che amaro gli haspalancato il mondo della cucina dautore, altamentesensibile al fascino dei gusti divergenti, dato che nul-la meglio del pompelmo rosa in primis esempli-fica gli estremi dei gusti in un solo boccone.

    I primi ad adottarlo sono stati i cuochi dediti allacucina di mare, a partire dal festival dei crudi: un ac-cento in levare per gli scampi, altrimenti fin troppocedevoli nella loro dolcezza, un correttore di carna-lit nei gamberoni, lalter ego ideale per le grassocce

    capesante. Se il sushi non tra i vostri cento piattipreferiti, trasformatelo in sorbetto. Una spruzzata diessenza di zenzero lo trasformer nel fine pasto pichic dellestate.

    LICIA GRANELLO

    RossoArriva dallAustraliain coincidenzacon la nostra estatePiccolo, dolce,ha la buccia rosa chiaroe la polpa di colore rossointenso. ricchissimodi vitamina C

    Il bello di restarecol dolceamaro in bocca

    Piccione

    in rosaAntonio Guida(Il Pellicano, PortoErcole, Grosseto)serve il piccionecon caff su cremadi topinambur,pompelmo rosae mandorle

    Ricciola

    in salsaGiovanni Grasso(La Credenza,San MaurizioCanavese, Torino)scotta e affumicai filetti di ricciolacon cavolfiori e salsaal pompelmo rosa

    Senza

    ScampoAccursio Craparo(La Gazza Ladra,Modica,Ragusa)arrostisce le codedegli scampiCon granitadi pompelmo, succodostrica e zenzero

    IRosaIbrido californianodi pompelmo gialloe arancia, lo Star Rubyha una maturazioneritardata (intorno alla fine

    della primavera)La buccia sottile,laroma delicato

    GialloNota come Marshseedless, la varieta polpa gialla,di maturazione invernale,si caratterizzaper il sapore amarognoloe la buccia spessa priva di semi

    BiancoAl suo debuttocommerciale, la nuovavariet Jackson,originaria del Sud Africa,vanta dimensioni ridottee un gusto dolce,con freschi sentoridi lime

    Granita

    con pannaEnrico Crippa (PiazzaDuomo, Alba, Cuneo)accompagnala granita di nocciolefresche con sorbettodi pompelmo, pannaal miele di castagnoe vermut bianco

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Pompelmo

    le tonnellate di produzionenel mondo

    5,2mln

    la quantit di caloriepresenti in 100 grammi

    32

    i chili di peso che puraggiungere un frutto

    2

    Tartare

    dolce-piccanteMarco Fadiga (MarcoFadiga Bistrot,Bologna) abbinaguacamolecon tonno crudoa pompelmo rosa,menta, uvettae cipolla fritta

    Repubblica Nazionale

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    LADOMENICADI REPUBBLICA 43DOMENICA7AGOSTO2011

    Lamezia Terme (Cz)

    DOVE DORMIRE

    HOTEL LAMEZIASS. 280 Localit Feroleto Antico. Tel. 0968-754009Camera doppia da 125 euro, colazione inclusa

    DOVE MANGIARE

    ASHLEY (con camere)Localit Marinella. Tel. 0968-51851Sempre aperto, men da 37 euro

    DOVE COMPRARE

    BAR IL CANTAGALLI (con camere)Via S. Rocco 17. Tel. 0968-437107

    itinerariNoto (Sr)

    DOVE DORMIRE

    GRAND HOTEL SOFIAViale Confalonieri. Tel. 0931-835057Camera doppia da 70 euro, colazione inclusa

    DOVE MANGIARE

    TRATTORIA CROCIFISSO DA BAGLIERIVia Principe Umberto 48. Tel . 0931-571151Chiuso mercoled, men da 30 euro

    DOVE COMPRARE

    CAFF SICILIACorso Vittorio Emanuele III 125. Tel. 0931-835013

    Ugento (Le)

    DOVE DORMIRE

    BIO MASSERIA GIANFERRANTE (con cucina)Torre Mozza. Tel. 348-4942294Camera doppia a partire da 60 euro

    DOVE MANGIARE

    LACCHIATURAVia Marzani 12, Loc. Racale. Tel. 0833-558839In estate sempre aperto, men da 25 euro

    DOVE COMPRARE

    BAR GELATERIA DOLCI SENSAZIONIC.so Uxentum, Loc. Torre S. Giovanni. Tel. 0833-082621

    DallEden alle Esperidi il frutto scomparso dal giardinoMASSIMO MONTANARI

    Nelgiardino delle Esperidi il pompelmo (forse) non cera. Secondo il mito greco, in quel giar-dino leggendario crescevano alberi dai frutti dorati, guardati a vista dal drago Ladone e dal-le tre Esperidi, figlie del titano Atlante. Una delle fatiche di Eracle fu di rubare quei frutt i con

    un sotterfugio, diffondendoli per il mondo. Cos quei frutti preziosi diventarono patrimonio del-lumanit. Ma quali frutti erano? Giovanni Pontano, agli inizi del Cinquecento, immagin che fos-sero gli agrumi. Anche il pompelmo?

    Scivolando dal mito alla storia, diventa difficile dis tricarsi tra le avventure che in tempi e modidiversi portarono alla diffusione verso occidente degli agrumi, originari del sud-est asiatico. Il belportamento della pianta, i colori splendidi dei frutti, il profumo inebriante: tutto ci basterebbe a

    spiegare lo strepitoso successo di questi pomi dorati. Ma poi fu il sapore a denominarli: agrumi(il termine compare nel Sedicesimo secolo, ma il concetto pi antico) sono i frutti dal sapore agro.

    Agro ma non solo: al tempo stesso dolce, al tempo stesso amarognolo. Un sapore complesso, chesi adattava al gusto antico e medievale, che amava tenere insieme qualit diverse. Se mescolaremiele e aceto era gi una consuetudine della cucina romana, nel Medioevo al miele s i affianc lozucchero e gli agrumi sostituirono laceto. Il gusto si ammorbid, confermando la passione del con-trasto. Il pompelmo dolceamaro, se lo avessero conosciuto, avrebbe fatto furore. Frattanto, nuo-ve specie arrivano in Europa: ai cedri dellantichit si aggiungono limoni e melangole (le aranceamare). Allinizio dellet moderna appaiono le arance dolci, importate dai portoghesi. E poi scop-

    pia una vera citromania, una passione per il giardinaggio e la frutticoltura che diventa anche unsegno di distinzione sociale.

    Il pompelmo, per, si lascia a lungo desiderare: fino allOttocento nessun testo di agronomia obotanica ne parla, nessuno lo raffigura, nemmeno quel Bartolomeo Bimbi che nel Diciottesimosecolo dipinge per la villa medicea di Poggio a Caiano una serie di quadri che sono un vero catalo-go dei frutti conosciuti. Eppure c chi ritiene che il pompelmo fosse gi noto agli arabi nel Me-dioevo, e che lo si possa rintracciare sotto altro nome, magari in quel pomo dAdamo che il bo-tanico ottocentesco Giorgio Gallesio chiamer pompelmousse. La suggestiva evocazione delparadiso terrestre, in cui viveva il progenitore Adamo, torner nella denominazione citrus para-

    disidata al pompelmo nel diciannovesimo secolo. Qualcuno ha addirittura ipotizzato che il pom-pelmo non sia originario dellAsia (come tutti gli agrumi) ma dellAmerica. Le ipotesi e le fantasiesi accavallano, come spesso accade nella storia degli agrumi: incroci, ibridi, invenzioni hanno mol-tiplicato nei secoli questi meravigliosi frutti, ma classificarli sempre stato ostico, anche perchmolti ibridi (il pompelmo sembra derivato da un antico incrocio fra larancio dolce e il gigantescopomelo) si sono imposti come specie autonoma. Chiss, il pompelmo forse era gi nel giardinodelle Esperidi. Sicuramente vissuto nel giardino degli uomini, che nel corso dei secoli hanno la-vorato, con passione, a moltiplicare e arricchire il fantastico dono di Eracle.

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    Repubblica Nazionale

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    44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA7AGOSTO2011

    lincontroStelle del jazz Ha la comicit del ragazzone

    che le donne trovano irresistibile, un imitatore formidabile, ma quandosuona il pianoforte si fa serio

    Alla tentazione pop lo ha strappatoEnrico Rava e ancoraoggi, dopo due dozzinedi album incisi,il Gran Visir dello swingconfessa:Non mipiaceva la musica

    classica. Avrei volutostare sulla 52esima con CharlieParker. E volevo essere nero

    Faccio duecentoconcerti lannoSolo Fresu ne fa di piSiamo due workaholicIl palco ci rigenera

    La gente ha pagatoil bigliettoe io suono per loroQuesta vera libert

    tato da Kim Rossi Stuart. A dodici anniero gi un talebano del jazz. Flores mi hatrasmesso lo stupore di fronte al miste-ro dellimprovvisazione. Lui era timido,io un bambino, non gli chiedevo mainulla. Senza parlare mi ha insegnatoche la musica materia viva, quella cheho sempre poi voluto sotto le mani.

    Trentanove anni, sangue lombardo-veneto, ma passo per esser fiorentino,perch ormai ci ho trascorso tanto diquel tempo, Stefano Bollani ha eredi-tato da Carosone la simpatia contagio-sa e un senso dellumorismo che con-quista. La comicit del ragazzone che ledonne trovano irresistibile lui e Fre-su sono i tombeur de femmesdel jazzMediterraneo, come Gerry Mulligan eChet Baker negli anni del cool-Pacifico una dote ormai familiare anche alpubblico televisivo. Bollani un imita-tore formidabile. Jovanotti, Arbore,Caetano Veloso, Enrico Rava: capacedi riproporre le voci con una fedelt sor-prendente. Ma non per far ridere lIta-lia che si diplomato al conservatorio eha inciso in quindici anni due dozzinedi album per etichette prestigiose comeLabel Bleu, Ecm, EmArcy e Verve. Alcu-ni con sorprendenti risultati commer-ciali, come BollaniCarioca, Rhapsodyin Blue, insieme a Riccardo Chailly e al-la Gewandhaus di Lipsia (un caso di-scografico: entrato nelle classifichepop con oltre sessantamila copie ven-dute) e il recente Big Band!.

    Il conservatorio lo pativo un po,

    racconta. Ero la pecora nera. Pu im-maginare la faccia che facevano quan-do mi sentivano suonare Oscar Peter-son e Carosone. Questa non musica!Siamo una scuola seria!, dicevano.Non mi piaceva la musica classica. Co-minciai ad apprezzarla solo lanno deldiploma, nel 93, quando ancora l den-tro sembrava di vivere nellOttocento.Ero intrippato con blues e jazz; rock epop sono arrivati dopo, intorno aiventanni. Prima era solo jazz anni Cin-quanta, quasi esclusivamente bebop;avrei voluto stare sulla 52esima conCharlie Parker, Art Blakey e Horace Sil-ver. E volevo essere nero. A quindici an-ni cominciai a fare la professione. Nelsenso... a percepire un cachet. Alla finesono ventitr anni che suono.

    Il Conservatorio Luigi Cherubini, lostesso in cui Flores si diplom in pia-noforte, gli ha messo in mano una tec-nica invidiabile, quella che oggi gli per-mette di muoversi con grande libert.

    Infatti stato utilissimo, ammette,ma pur vero che molti dei musicistiche io amo non hanno nessuna forma-zione accademica. Oggigiorno sonotutti bravi ragazzi, non si drogano, sono

    colti, hanno manager e ufficio stampa,ma i jazzisti con i quali io sono cresciu-to erano maledetti e autodidatti. I mieiidoli. Gli eroi dello swing, p rimo fra tut-ti Buscaglione. E tra i pianisti, Oscar Pe-terson, perch era velocissimo, e Art Ta-tut (Flores mi fece ascoltare Bill Evans,che invece non penetrai immediata-mente, avevo tredici anni). Poi MilesDavis e Chet Baker. Infine, Joao Gilber-to e Caetano Veloso per la semplicit ela purezza, che io rincorro sempre; rie-scono a commuovere con tre accordi,allora mi dico, cazzo! forse ho studiatotroppo. Non voglio perdere in comuni-cazione, diventare troppo tecnico e di-menticare lintensit di quelli che amo,come Sinatra, o Chet quando canta.

    Il pop, diavolo tentatore, era dietrolangolo. Volevo fare il pianista jazz ebasta, ma dopo il diploma Raf michiam a suonare le tastiere nel suotour. Avevo avuto una breve esperienzanel gruppo rock fiorentino La FormaSrl, in cui cantava Irene Grandi (ne esi-ste testimonianza in un infame live re-

    gistrato allAnfiteatro delle Cascine da-vanti a venti persone, compresi noi set-te sul palco), ma non mi era piaciuta.Era un mondo in cui non si parlava maidi musica (sbuffa, ndr), io a diciannoveanni avevo voglia di scambiare dischicon i coetanei, che invece ascoltavano iDuran Duran. Quando finalmenteavrei potuto parlare di musica, mi ritro-vai a suonare con Raf. Al pop lo strappEnrico Rava, che incontr nel 96. Glidisse: Non hai famiglia, sei giovane, chite lo fa fare? Lascia perdere. E lui, chestava per partire in tour con Jovanotti,moll tutto. Rava lo aveva ammonito:Se fai quella cosa l, nessuno ti chia-mer pi a suonare il jazz. In realtquando entri nel circuito pop sei consi-derato un musicista non disponibile,inaffidabile, i tour dei grandi artisti popdurano anche un anno, a quel puntoper il jazz restano solo ritagli di tempo,spiega Bollani. Cos mollai tutto e mimisi nelle mani di Rava. In realt la suafu solo una spinta morale, non mi ave-va fatto promesse. Lascia Jovanotti evedrai che pian piano comincerai asuonare jazz, e aveva ragione. Grazie altrombettista ho conosciuto i produtto-ri delletichetta con la quale ho inciso imiei primi dischi e Manfred Eicher del-la Ecm. La seconda volta che suonam-mo insieme fu a Parigi, dove collaboraicon Aldo Romano, Gato Barbieri eJimmy Cobb. Il musicista jazz vive di in-contri, la vita larte dellincontro (diceimitando alla perfezione Vinicius de

    Moraes, ndr). La popstar che viaggia inprima classe e i musicisti della band nelfurgone un modulo che nel jazz nonesiste. Anche Davis, leader spietato, erasempre aperto alle collaborazioni. En-rico, per esempio, non mi ha mai spie-gato nulla, mi ha insegnato tutto con lacomplicit di un fratello maggiore. Ave-vo un mio gruppo, LOrchestra del Tita-nic, con il quale volevo fare il demago-go, impartire lezioni, e invece vedevoRava che non diceva nulla, che mi face-va capire suonando. Allora cambiai at-teggiamento. Una volta mi disse: Sechiami a suonare un musicista che sti-mi, non ha senso che gli dici cosa devefare. un principio cardine nel jazz.

    Lassistente di studio si affaccia persincerarsi che i tre minuti e mezzo sa-ranno duecentodieci secondi e nonuno di pi. Bollani la rassicura. Dicia-moci la verit, cosa ci va a fare uno in te-levisione? A farsi pubblicit, minimiz-za. Non sar mai soddisfatto di unap-

    parizione in tv come di un disco o di unconcerto. Oggi la musica sul piccoloschermo purtroppo solo unospot pubblicitario che racconta a unpubblico che non ti conosce che esiste

    qualcosaltro oltre a Lady Gaga. Tu en-tri per un attimo, lanci il tuo messaggioe fuggi per non essere divorato. Non laguardo. pi istruttivoYouTube. Ne in-tuii il pericolo quando Arbore michiam la prima volta nel suo spettaco-lo (Meno siamo meglio stiamo). Fu lui ascoprire la mia capacit di far ridere du-rante una serata tra amici. Disse, per-ch non vieni in tv e fai un brano musi-cale e poi uno sketch (ora parla con lavoce di Renzo, ndr)? Avevo cominciato aimitare i cantanti nel 94, gag tra amici.Ero bravissimo a fare Paolo Conte.

    Bollani uno di quelli che ovunque lometti fa la sua figura. Con la prestigiosaorchestra sinfonica di Lipsia o con laNDR Big Band di Amburgo. In tv a fare ilcomico, aCaterpillarsu Radio Due o a IlDottor Djembe: via dal solito tam tam suRadio Tre, al Blue Note di Ne w York o intour con Chick Corea. Persino in libre-ria, dove il Gran Visir del Sultanato delloSwing, come stato battezzato daFreddy Colt, presente con LAmerica diRenato CarosoneeLa sindrome di Bron-tolo. Fa tanto, e bene. Suono circa due-cento concerti allanno, ormai diven-tato il mio ritmo. Anche durante il con-servatorio mi esibivo tre sere alla setti-mana. Logorante? Ancora no. Chissquando sar pi vecchio Solo Fresu fapi concerti di me. Siamo due workaho-lic. Il palco ci rigenera. Spengo il telefo-nino, faccio il mio dovere e ne ricavo pia-cere, sto bene, il mio lavoro, mi appas-siona. La gente ha pagato il biglietto e io

    suono per loro. Questa per me la veralibert.

    Lassistente di studio irrompe sussie-gosa. Tra dieci minuti siamo pronti perregistrare. Io mi limiterei a tre minutisecchi, ce la fa a tagliare trenta secondi?.La notizia scivola sul buonumore di Bol-lani e rimbalza sul pavimento del came-rino senza far rumore. Il jazz altrove.

    GIUSEPPE VIDETTI

    FOTOG

    ETTY

    Stefano Bollani

    MILANO

    Se al posto di Stefano Bollanici fosse Miles Davis, lassi-stente di studio del pro-gramma RaiTv avrebbe un

    occhio nero. Le dispiacerebbe limita-re la sua esibizione a tre minuti e mez-zo?. Lui paziente: S, stia tranquilla,non un secondo di pi. Lei imperterri-ta: Il pubblico rischia di deconcentrar-si durante un brano musicale troppolungo. Excusatio non petita. Il pianistaacconsente e pi serafico di un monacobuddista continua a inseguire i suoipensieri. Avevamo in casa un organoBontempi e io a sei anni ci mettevo lemani sopra. Allora mi chiesero, vuoiprendere lezioni di piano? E io: s, ce rto.

    A quel punto comparve in salotto unpianoforte verticale. Confesso, iniziai asuonare per poter fare il cantante. Nel-la mia immaginazione quello era lostrumento che mi sarebbe servito ungiorno per accompagnare la voce. Eroappassionato di canzonette, il mio ido-lo era Celentano, lo imitavo in playbackdavanti allo specchio. Finch non micapit tra le mani una cassetta di Rena-to Carosone e fu amore a prima vista.Era tutto quello che io avrei voluto di-ventare: cantava, suonava il piano edera divertente. A undici anni gli scrissi,e alla lettera allegai una cassetta con lesue canzoni cantate da me in un impro-

    babile napoletano. Incredibile, mi ri-spose: poche righe in cui mi consigliavadi studiare il blues. L inizi la febbrile ri-cerca di vecchi dischi, che mi ha porta-to fino al jazz e alla passione per la mu-sica afroamericana. Cominciai a stu-diare con Luca Flores (1956-1995) ilpianista su cui Veltroni ha scritto Il di-sco del mondo, che poi diventato unfilmPiano, solo, in cui Flores interpre-

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