2010. Vincenzo Cicero, Dexter e i suoi nomi

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Nel nome di Dexter Un killer seriale tra letteratura e tv a cura di vincenzo Cicero

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A Dexter-interpretation in moral-theological key

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Nel nome di DexterUn killer seriale tra letteratura e tv

a cura di vincenzo Cicero

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www.vitaepensiero.it

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dal -l’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipu -lato tra Siae, Aie, Sns e Cna, Confartigianato, Casa, Claai, Confcommercio,Confesercenti il 18 dicembre 2000.Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per unnumero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito dispecifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano,e-mail: [email protected]

© 2010 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 MilanoISBN 88-343-1947-5

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di ScienzeCognitive e della Formazione – Università degli Studi di Messina

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INDICE

Introduzione di Vincenzo Cicero VII

PARtE PRIMA

Serialità televisiva, criminale ed ematologica

VALENtINA VELLUCCI

Ritualità e ammiccamento in Dexter. Autopsia di una opening sequence epocale 3

LUCA BARRA - MASSIMO SCAGLIONI

Vicini di casa. Dexter, il crime televisivo contemporaneo e la serialità cable 23

VALERIA MACRì

Un serial killer fuoriserie 35

BENEDEttO SANFILIPPO

«Il sangue mi rende nervoso». Dexter ematologo, le ragioni di una scelta professionale 47

PARtE SECONDA

Polarità personali e impersonali

VALERIO VILLANO BARBAtO

Figli e pronipoti di Hyde. Figure multipolari dalla letteratura al fumetto alla tv 57

SIMONA CORINNA GUGLIOttA

Il Sinistro in Dexter. Un viaggio alla scoperta del Sé 67

SIMONA CORINNA GUGLIOttA - DOMENICA MENtO

Dexter e le sue menzogne, dal trauma all’autoinganno 83

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ANtONINO LAGANà

L’antinomia della coscienza nella figura di Dexter 95

VINCENzO CICERO

Dexter e i suoi nomi 105

APPENDICE

Guida agli episodi della serie tv e ai romanzi di Jeff Lindsay 127

BIBLIOGRAFIA E INDICI

Bibliografia dexteriana 137Filmografia 141telefilmografia 143Indice dei nomi 145

Gli autori 151

VI INDICE

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Introduzione

Si può amare un serial killer, tifare platealmente per lui nella sua partitamaschia contro la polizia, aspettare quasi in trance che metta a segno ilprossimo gol, senza con ciò provare alcun imbarazzo morale?

Risposta a caldo: ammesso che non apparteniamo alla sua stessa ca-tegoria criminale e che non vogliamo emularlo, sì, questa passione èpossibile, date però certe condizioni. Il serial killer 1) non dev’esserereale, ma finzionale, 2) non deve compiere atti di efferatezza gratuita osu innocenti, 3) dev’essere irresistibilmente simpatico come Dexter Mor-gan – un altro dei grandi personaggi penombrali e solitari lanciati nel-l’ultimo decennio dalla serialità televisiva americana, accanto a tonySoprano, Gregory House, Don Draper, Paul Weston, Cal Lightman...

Risposta a freddo: sì, date tali condizioni si può essere, senza scru-poli morali, fan di un serial killer – purché però si sia già messa in que-stione la moralità e, quindi, quella che sola può costituirne la fonte: lalibertà del singolo1.

1 In questa sede posso solo richiamare brevemente i termini della questione. Per‘morale’ si intende in genere un insieme di princìpi – o codice di norme – che re-golano le azioni umane in riferimento a moventi, mezzi e fini. Qui ne propongoperò un’accezione più ristretta. Con una distinzione terminologica di cui non civorrà molto a riconoscere il gesto costitutivo hegeliano, e che utilizzo per i suoi in-dubbi vantaggi didascalici, riservo il sostantivo ‘morale’ al corpo di norme relativealle condotte di un singolo oppure di una microcollettività; e mentre la ‘legalità’ èla mera adesione formale (che p.es. può essere automatica oppure coatta), ‘moralità’indicherà invece la libera conformità delle azioni dei singoli a queste norme speciali;con il sostantivo ‘etica’ designo poi il codice che vige all’interno di una collettivitàcomunitaria ed è vincolante per le condotte di tutti i suoi membri (e ‘eticità’, distintaanch’essa dalla legalità, significherà allora la libera conformità a tali leggi gene-rali). – In un tale contesto, ogni morale che voglia essere comunitariamente validadeve in generale ispirarsi alle leggi etiche; e ogni codice normativo, a sua volta, puòfar capo a una morale eticamente orientata oppure a una morale parziale, microcol-lettiva – e in questo secondo caso il codice può essere ‘amorale’, cioè indifferente alleistanze etiche, se non addirittura ‘immorale’, qualora contenga direttive comporta-mentali contrarie alle norme comuni tarie o comunque in conflitto con esse.

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Dexter è un assassino seriale il quale uccide rigorosamente solo que-gli assassini seriali che, per un motivo o per un altro, sono riusciti a sfug-gire alla giustizia dei tribunali. Le sue infrazioni etiche sono perciòchiare e gravi: innanzitutto è contrario all’etica l’assassinio perpetratointenzionalmente; la serialità è poi un moltiplicatore di immoralità, pernulla attenuata dall’essere diretta verso soggetti ancora più immorali.

Stabilito che la condotta di Dexter è contrapposta alle istanze etichedella sua comunità, rimane da esaminare se non gli appartenga quan-tomeno una ‘moralità speciale’ benché antietica, ossia la conformità li-beramente scelta delle proprie azioni a un corpus di regole micro -collettive in parte immorali – quella (im)‘moralità’ che caratterizza p.es.un personaggio come il boss mafioso tony Soprano.

Il rigore con cui Dexter seleziona le sue vittime obbedisce a un in-sieme di regole impartitegli dal padre adottivo Harry Morgan, poli-ziotto della narcotici morto da una decina d’anni: il Codice di Harry(per il quale rinvio al mio saggio, §§ 6-7). La questione qui non è sequesto codice si ispiri o meno a una morale eticamente orientata, maquale sia la natura dell’adesione di Dexter alle sue norme, se sia cioè li-bera oppure accordata in maniera passiva.

Ora, se la condizione della moralità è che le norme della condottasiano scelte liberamente, per intima consapevolezza e intenzione, men-tre il Codice di Harry si è imposto, pur con le sue ragioni, quasi violen-tando la pubertà di Dexter, il quale non ha più osato metterlo in discus-sione: allora l’unica conclusione è che Dexter, almeno nel momento incui facciamo la sua conoscenza, non abbia alcuna moralità e viva piut-tosto in una drammatica – per lo più inconsapevole – condizione di il-libertà. Specie se aggiungiamo che le ‘ragioni’ di Harry consistevanonella necessità di incanalare in una determinata direzione, ‘meno dan-nosa’ per la comunità, il periodico impulso-bisogno omicida che albergain Dexter e che questi chiama il Passeggero Oscuro.

Schiacciato tra i due signori della sua mente, il Codice e il Passeg-gero, quando inizia a raccontarsi Dexter è un essere che non ha la mi-nima autonomia, un essere non libero, dunque senza moralità, che dàluogo sì ad azioni immorali e ne gode («Uccidere mi fa sentire bene...Mi piace quello che faccio, scusate se vi disturba»), ma è più agito cheagente, più illiberato che deliberante, più colpevole che responsabile.Senza libertà attuale di decidere e quindi di agire, qualsiasi agente ri-mane in una sorta di limbo amorale, anche se ogni sua azione vienecompiuta in piena adesione formale alle norme di un codice.

All’inizio della narrazione, Dexter non ha quindi alcun grado di mo-ralità. Non è libero di scegliere, di decidere, non sa deliberare il proprioessere e agire. Ma Dexter evolve, e il suo processo di formazione com-

VIII INtRODUzIONE

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porta una tormentata, dilaniante ridefinizione dei rapporti con il Co-dice di Harry e con il Passeggero Oscuro. I romanzi di Lindsay e la serietv di Manos Jr. non ci presentano altro, in fondo, che la via angusta diuna auto liberazione lastricata di contrapposizioni inaudite e dolori in-dicibili. Così nel nome di Dexter risuona uno strano trinomio, il polinomiodi un’algebra sinistra – in sensi plurimi che verranno chiarendosi nelcorso del volume.

Se ora torniamo alla domanda d’esordio, si può dire che, pur contutto l’affetto che nutriamo per un personaggio così, il quale inoltre saanche autoesporsi con ironia e disarmante candore, non c’è assoluta-mente pericolo che la nostra bussola morale – se ne abbiamo davverouna – si smagnetizzi2.

E nemmeno la bussola estetica, aggiungerò. Infatti nella serie tv, inparticolare, Dexter è inserito in un contesto che – come è stato giusta-mente affermato3 – riconfigura per il pubblico televisivo gli stilemi delgotico, la rappresentazione della violenza e la mutilazione del corpo, dimodo che agli spettatori venga sempre evitata la visione delle esecu-zioni-dissezioni dexteriane, e questo è indispensabile per mantenere lasimpatia verso il protagonista.

Se dunque la serafica efferatezza di Jeffrey Dahmer ci fa orrore, e sela fine intelligenza di Hannibal Lecter non manca di sedurci, l’affabu-lazione ironica – con humour macabro – di Dexter Morgan può conti-nuare ad appassionarci e divertirci senza che la nostra moralità e il no-stro senso estetico vengano affatto pregiudicati.

* * *Nel licenziare il volume, mi resta il rammarico di non aver potuto de-dicare uno studio specifico all’evoluzione morale di Dexter. Ma mi con-sola il pensiero della genesi e realizzazione di questa fatica di gruppo.

L’idea di un libro collettaneo e multidisciplinare sui serial killer mifu comunicata nel novembre 2008 da Valeria Macrì, che accolse con fa-vore la mia proposta di concentrarci monotematicamente sul serial killerpiù eccentrico del mondo; e a gennaio 2009 il progetto editoriale eragià pronto. Nella primavera successiva organizzai a Scienze della forma -zione dell’Università di Messina un laboratorio di 30 ore sul tema: Mr.Dexter & Dr. House. Un parallelo in prospettiva logica, epistemologica ed etica.

IXINtRODUzIONE

2 L’immagine della bussola morale (moral compass) è impiegata a proposito di tonySoprano da Nöel CARROLL, Sympathy for the Devil, in R. GREENE - P. VERNEzzE, TheSopranos and Philosophy. I Kill Therefore I Am, Open Court, Chicago - La Salle (Ill.)2004, p. 136.3 Da Simon BROWN e Stacey ABBOtt, citati più avanti, pp. 27 e 51.

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Sette dei nove saggi presenti nel volume sono nati nel fervore ludico ecreativo di quel contesto, con il contributo determinante dei sessantastudenti partecipanti.

Gli scritti che seguono, compresi i due sopraggiunti in un secondotempo, esprimono perciò una spiccata coralità, che certo non vuol direunanimità di vedute e valutazioni. I loro titoli spigliati e insieme circo-stanziati sono così eloquenti che mi ritengo esonerato dal farne unaqualsiasi presentazione.

Un grazie di cuore va ad Aurelio Mottola, il direttore di Vita e Pen-siero, che ha accolto il progetto editoriale dexteriano nella prestigiosacollana ‘Media Spettacolo e Processi culturali’.

Ringraziamenti speciali indirizzo a due personalità che mi onoranodella loro amicizia e senza le quali questo volume avrebbe avuto altra (oforse nessuna) forma: Pietro Emanuele e Fabio Cannavò.

Rometta Marea, 3 ottobre 2010 Vincenzo Cicero

X INtRODUzIONE

NB: I brani citati dai romanzi dexteriani di Lindsay e dalle stagioni del serial Dextervengono segnalati come segue:a) nelle citazioni letterarie, un numero ordinale romano indica il romanzo (secondol’ordine cronologico di pubblicazione; v. Appendice, pp. 133-134) ed è seguito dauno spazio e da una cifra araba relativa al capitolo;b) nelle citazioni dalla sceneggiatura della serie tv (ed. Fox Channels Italia), il sim-bolo ‘#’ precede un numero di tre cifre: la prima cifra indica la stagione, le altredue l’episodio (v. Appendice, pp. 129-132).

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vIncenzo cIcero

dexter e i suoi nomi

1. Prologo su un certo fascino della criminalità seriale

Il predatore di esseri umani si muove nell’ombra perché il suo elementoè la tenebra, e il suo strumento la menzogna. Il serial killer abita la metàoscura dello spirito, e l’umbratilità entro cui dipana la propria esistenza,e tesse le proprie finzioni e recide le vite altrui, è una proiezione direttadi questa oscurità.

ombra non di un corpo, dunque, ma di uno spirito essenzialmentetenebroso. anche le personalità più lucide proiettano zone scure; l’om-bra scagliata dalla luce nera dell’omicida seriale, però, è cupa irruzionedi morte inferta da un arbitrio perverso, è l’interferenza letale di ma -lignità e corporalità entro le brusche molecole del tempo. Intrusionetrista, tetra, mostruosa, ma non ferina.

Il serial killer è certo un monstrum, un’entità formidabile e straordinaria– extrau mana, viene da dire talvolta –, le cui modalità di apparizione (mon-stratio) concorrono in realtà tutte quante puntualmente ad ammonirci (mo-nitum)1 sull’infondatezza delle opinioni consuete circa una ‘natura uma -na’ data e fissata una volta per sempre. non si tratta della semplice messain crisi di un preconcetto o di un pregiudizio, come un’operazione efficacesolo nella sfera intellettivo-astratta. la mostruosità di questo predatoreeccentrico ed estremo ci sconvolge nell’intimo, ci azzanna alle visce re, ri-vela il baratro su cui sta sospesa la libertà enigmatica del nostro essere.

Un omicida seriale non è affatto un’entità contronatura, a meno chenon si intenda la parola nel senso di ‘contro la nozione ordinaria di na-tura umana’. Ma – insisto su questo – non è neppure una fiera, una belva,una bestia, né un essere parzialmente regrediente a uno stadio ante-riore, primordiale, dell’evoluzione. Tanto nel profondo bisogno psichicoin cui va individuato il suo primo movente, quanto nella faccia pretta-mente sadico-sessuale disegnata dal suo modus operandi, dall’assetto dellascena del delitto e dal rapporto con le vittime, non c’è traccia di ferinità,

1 Il connubio di mostrare e ammonire nella radice etimologica di ‘mostro’ è messoperspicuamente in rilievo da IsIdoro dI sIvIglIa nelle Etimologie (XI, III 3).

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di istintualità belluina – se non per metafora debole: perché l’atto sadicoperpetrato da un essere ‘umano’ è abissalmente più annichilente dellaferocia di qualsiasi altro vivente. e l’evento traumatico o la catena ditraumi dell’infanzia a cui rimonta in ultima analisi il comportamentodel criminale seriale escludono pure, già solo per il loro determinatocarattere storico-personale, che l’involuzione comportamentale scaval-chi a ritroso, verso presunte fasi arcaiche del genere umano, l’originarialesione psichica; l’unica vera regressione riscontrabile è qui di matricepsicogenetica, non filogenetica (la filogenesi gioca piuttosto un ruoloimportante sul piano dell’immaginazione simbolica, basti pensare a Jef-frey dahmer e alle rituali costellazioni di simboli che circondavano lesue pratiche necrofile e cannibaliche).

davanti a questa irruzione di fosca mostruosità, capita alle ‘personenormali’ di avvertire confusamente, pur nello straniante raccapriccio, ilrichiamo fascinoso a un’affinità intima, a una strana familiarità, come sevi venisse alla luce un tratto umano costitutivo che sarebbe dovuto restaresegreto e celato. Insieme sconvolgimento e fascino, nel segno dell’indi-viduazione di una inopinata comunanza – e di una sor prendente dupli-cazione. ecco perché la figura del serial killer è alquan to inquietante,perturbante, in un senso prossimo allo Unheimliches freu diano.

2. Il perturbante tra angoscia ed emozione estetica

È in generale perturbante – straniante, spaesante, sinistro – ciò che su-scita terrore e orrore in relazione a cose che ci sono da tempo note e fa-miliari. secondo Freud, che in proposito si riallaccia a otto rank, ilmeccanismo del perturbante si innesca di solito in concomitanza col fe-nomeno del doppio e della ripetizione dell’identico, e si attua come ri-presentazione di qualcosa di rimosso nel contesto di un annuncio dimorte2. ora, il rapporto fra dexter Morgan e il fratello Brian Moser(narrato nel primo romanzo di lindsay e nella prima stagione del serialtv di James Manos jr.) sembra poter essere interpretato proficuamentesotto l’egida di questo concetto; ma con alcune divergenze significative.

In primo luogo, il doppio in rank-Freud è endopsichico, un’entitàche all’inizio sorge per garantire l’io del bambino dall’estinzione, ben-ché negli stadi psichici ulterio ri inverta letteralmente il proprio aspetto

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2 cfr. s. FreUd, Il perturbante (Das Unheimliche, 1919), in Opere di Sigmund Freud, trad.it. di s. daniele, Bollati Boringhieri, Torino 1989, vol. IX, pp. 77-118. l’opera dio. rank a cui attinge Freud è Il doppio (Der Doppelgänger, 1914). cfr. il saggio di vil-lano Barbato, § 1.

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per farsi nunzio di morte. In lindsay-Manos il doppio di dexter è in-vece reale, nell’infanzia costituiva un vero compagno di giochi, il fratellomaggiore di un solo anno («gemelli irlandesi, come si suol dire», I 27),e quando da adulto reinterseca l’esistenza del fratellino non si limita adannuncia re morte, ma la procura rimettendola ostentatamente e pro-vocatoriamente in scena.

In secondo luogo, la teoria freudiana sostiene che il fenomeno per-turbante del doppio è caratterizzato dalla serie di ripresentazioni an-gosciose di un rimosso, dunque di un contenuto psichico da lunghissimotempo familiare, solo non riconosciuto nel suo riaffiorare e perciò scam-biato per estraneo. Il trauma rimosso di dexter sta nell’aver assistito,quando aveva appena tre anni (insieme al fratello di quattro), alla mortedella madre laura Moser, fatta a pezzi con una motosega da un traffi-cante di cocaina dentro un container del porto di Miami, e nell’essererimasto (sempre col fratello) per due giorni e mezzo seduto al buio inuna pozza di sangue accanto ai resti smembrati del corpo materno. Ilgraduale ritorno di questo complesso traumatico avviene qui grazie aldoppio reale, Brian, regista raffinatissimo che allestisce per il fratellominore una serie di macabri spettacoli criminali con modalità che ri-chiamano l’evento rimosso, e con indizi simbolici strategicamente col-locati dentro e fuori le scenae criminis (lo specchietto retrovisore del ca-mion frigo, la Barbie disarticolata, il numero 103). Indotto a entrare inquesto circuito drammaturgico, invitato sottilmente a con giocarvi, dex-ter prova per la prima volta – a memoria sua – «sentimenti umani qualiangoscia, disperazione, autentica tensione emotiva» (I 9), e di fronteall’ennesima installazione di membra pallide, esangui, bianco-azzurro-gnole, avverte indistinta mente un’aria di famiglia («su tutto aleggiaval’impressione che questo mi fosse molto familiare», I 22); l’effetto piùimpressionante di questa strategia evocatrice approntata da Brian si puòammirarlo nella sequenza che culmina con il crollo di dexter dentro lospecchio di sangue nella stanza 103 del Marina view Hotel3.

Ma – ecco il punto – il processo dexteriano di autoriconoscimentonon è affatto dominato dall’angoscia, che pure è presente assieme allapaura4. Il perturbamento del protagonista è anzi interamente intriso,entro quella atmosfera di non-so-che familiarità, da veri e propri brividi

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3 su questa sequenza cfr. il saggio di sanfilippo, § 4.4 cfr. p.es. I 25, dove peraltro il narratore dexter cita di passaggio il fondatore dellapsicoanalisi: «Per la prima volta, per quanto potessi ricordare, ebbi paura. non mipiaceva trovarmi in quel luogo [il porto di Miami], dove si aggiravano entità spa-ventose. [...] Mi sentivo il testimonial di una raccolta di fondi pro sigmund Freud».

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estetici. nei confronti del killer del camion frigo (alias Brian, il suo dop-pio reale), dexter comincia col provare sin dall’inizio una connessioneestetica (aesthetic connection). dopo il secondo omicidio, la sola notiziadi un nuovo corpo smembrato e dissanguato gli dà un vago senso divertigine: Wonderful! – è il commento alla perfezione dei tagli, e lo spet-tacolo gli mette appetito: «la mia mente affamata girava intorno aquelle membra ripulite come un’aquila alla ricerca di un brandello dicarne da lacerare» (I 6). le membra esangui delle prostitute uccise sem-brano cantargli una rapsodia in bianco. l’assassino finisce col diventareil suo nuovo amico e artista preferito: «non c’erano mai coincidenze,con questo serial killer. Tutto era deliberato, tutto era studiato per otte-nere un preciso effetto estetico, in funzione di una necessità artistica» (I19). e nello stesso capitolo, commento finale alla scenografia di restimozzati con maestria chirurgica: «era di una bellezza terribile. la di-sposizione era perfetta, coinvolgente, immacolata. dimostrava ungrande spirito e uno straordinario senso della composizione. Qualcunosi era dato un gran daffare per realizzare una vera opera d’arte. Qual-cuno dotato di stile, talento e morbosa ironia». Fino al momento del-l’agnizione (allorché l’artista uscirà dall’ombra mostrando il volto quasi-identico al suo e ... tutto precipiterà), la direzione emotiva principaledel perturbante in dexter è indiscutibilmente quella estetica. Fruizionedi un’arte macabra, terribile ma bella da togliere il fiato.

In terzo luogo, il perturbante freudiano è sempre legato alla coazionea ripetere, ossia all’istinto compulsivo alla reiterazione, che nell’incon-scio ricopre un ruolo così predominante da ridurre spesso alla totaleimpotenza il principio di piacere5. Questa compulsione al ritorno del-l’identico governa naturalmente anche la mente del predatore di uo-mini, il quale garantisce appunto uno sbocco seriale alla coazione a uc-cidere. Brian Moser, che condivide con dexter Morgan buona parte didna e il medesimo trauma originario, è un serial killer da manuale eal tempo stesso – ciò che ne fa un personaggio a sua volta intrigante –coazione a ripetere vivente, cioè il doppio reale, anch’egli ‘artista’, delfratello minore: un perturbante al quadrato, quindi. dexter no. È un

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5 In FreUd il piacere è la sensazione di appagamento di un bisogno, ed equivale alladiminuzione della libido (quantità di energia) della pulsione corrispondente al bi-sogno stesso. Il principio di piacere afferma che tutte le pulsioni inconsce tendonoesclusivamente ad appagarsi in maniera immediata; è controbilanciato dal principiodi realtà, mediante il quale l’io controlla le pulsioni differendone il soddisfacimento.Questi concetti e il loro nesso con la coazione a ripetere sono trattati sistematica-mente da Freud nel breve Al di là del principio di piacere (1920), coevo al saggio sulperturbante.

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predatore di predatori6. e il rapporto con l’altro suo doppio, il doppiointeriore, il Passeggero oscuro (Dark Passenger), viene a configurarsisotto il segno non del perturbante, ma del numinoso, in un senso abba-stanza differente dal Numinoses discusso da otto.

3. I momenti del numinoso secondo Rudolf Otto

cogliere l’essenza intima della sacertà nella maniera più radicale e purapossibile, così da risalire al senso originario dell’esperienza religiosa ingenerale e cristiana in particolare, dato il cristianesimo come la reli-gione salvifica per eccellenza: è l’intento del saggio epocale pubblicatonel 1917 dal teologo luterano rudolf otto col titolo Il sacro7. Una taleprospettiva teorica è, manco a dirlo, evidentemente distante dalla cor-nice tematica di questo mio scritto; tuttavia è in essa che vanno collocatigli aspetti speculativi che adesso chiamerò in causa per cercare di megliointendere il legame tra dexter e il Passeggero oscuro.

l’intuizione feconda del teologo tedesco sta nell’aver colto che, dei trelati tradizio nali del sacro – morale, razionale, irrazionale –, il più carat-teristico della sua essenza è il terzo, radicalmente ripensato però secondola catena dei momenti strutturali che vi si riferiscono. Per farne risaltarecon maggiore adeguatezza la peculiarità, otto lo ha ribattezzato con unneologismo ispirato alla lingua latina: das Numinose, da numen, «forza di-vina, energia sovranaturale». Il numinoso indica allora l’essenza origi-naria del sacro come arcienergia ‘irrazionale’, precisamente nel senso diforza pre- e ultra-razionale (come pure pre- e ultra-morale) che risultaindefinibile, concettualmente inafferrabile e, a rigore, ineffabile; si pos-sono solo discutere per accenni i momenti categoriali di questa forza,che in linea fondamentale sono quattro, strettamente interconnessi: su-perpotens, mysterium tremendum, fascinans, augustum8. li tratteggio in breve.

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6 sul profilo eccentrico della criminalità seriale di dexter cfr. il saggio di Macrì.7 r. oTTo, Il sacro. L’irrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale (1917),trad. it. di e. Buonaiuti, se, Milano 2009.8 oTTo elenca in realtà sei momenti categoriali, includendo nella lista anche lahymnesis (preghiera con inni), glorificazione numinosa del nome di dio, e il deinóssofocleo, il portentoso (das Ungeheuere): ma è facile mostrare che la prima può rien-trare nell’augustum, mentre il secondo va ricondotto al perturbante, cioè al tremen-dum. lo Unheimliches di otto è di tipo prettamente collettivo e recita il ruolo da pro-tagonista nell’origine del fatto religioso; gli mancano le sfumature e le ambiguitàdel perturbante freudiano, che invece, come s’è visto, è analizzato innanzitutto conriguardo alla sfera psichica del singolo.

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a) Il momento del superpotens concerne il numinoso quando suscitanell’animo umano il timore e la prima risposta emozionale al sacro: ilsentimento creaturale, nel quale l’uomo si scopre immerso nel proprionulla e si annichilisce di fronte alla sovrapotenza di ogni creaturalità.

b) Il secondo momento sorge dalla sintesi di due bracci inizialmentea se stanti: il tremendo e il misterioso. Il tremendum si impone come su-perpotere (superpo testas; ne è esempio tipico l’ira divina), come maestàsuprema (majestas) assolutamente inacces sibile a cui la creatura può cor-rispondere in maniera acconcia solo trasforman do l’iniziale tremore intrepidazione e umiliazione attiva (humilitas), lasciando cioè che l’energi-cum del numinoso metta in moto nell’animo quel fervore operoso checonsente all’eccitazione interna di erompere all’esterno. Il mysterium au-tentico, prima di accop piarsi con il tremendum, è il totalmente altro, in-commensurabile alla nostra essenza, il mirabile a cui nell’animo corri-sponde il meravigliarsi, lo stupor, lo stupore allibito.

c) Intrecciato al momento repellente del tremendum, in uno strano‘contrasto armo nico’, è il momento attraente del fascino, l’elemento dio-nisiaco degli effetti numinosi. con il fascinans si accentua l’influsso delnumen sul soggetto umano, infatti indica ciò che è beatificante per lacreatura.

d) l’augustum si ha infine quando l’autodeprezzamento della creaturaporta con sé l’apprezzamento (la lode, l’esaltazione) del valore numi-noso assoluto, scaturigine ‘irrazionale’ di ogni assiologia o valorialità:questo momento accentua nel numen l’aspetto oggettivo di essere valoreassolutamente degno di rispetto per sé.

In forma di estremo compendio si può dunque dire: per otto l’es-senza del sacro consiste nell’energia originaria del numen divino pensataunitariamente come superpotente, tremenda-misteriosa, affascinante eaugusta. a questa essenza e alla sua polivalente energia ‘oggettiva’ cor-risponde nell’uomo una ‘soggettiva’ predisposizione ad accoglierla, una priori emozionale a cui fanno capo determinate potenzialità energe -tiche, rispettivamente: timore e sentimento creaturale, stupore e umi-liazione attiva, ebbrezza, autosvalorizzazione.

come stanno ora le cose con il numen di dexter? È corretto parlaredel Passeggero oscuro in termini numinosi, oppure in questo modo sidà corpo all’usurpazione – forse persino empia – di un nome di chiarapertinenza mitico-religiosa e teologica? e se chiamare numen il Passeg-gero oscuro si rivelasse invece determinante per un approfondimentoinedito della numinosità stessa?

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4. Applicazione delle categorie di Otto al Passeggero Oscuro

non è di sicuro un nume assoluto né trascendente, e con lui accanto(con lui alla guida) il numinato non trema e non teme nulla. Quindisulla soglia del raffronto numinologico tra la figura del Passeggerooscuro e la concezione ottiana, di quest’ultima si devono mettere fuorigioco almeno tre elementi caratterizzanti: l’assolutezza, la trascendenza,il timore-e-tremore. senza i quali sembra quasi da stolti continuare aimpiegare la nozione di sacro.

eppure, se è vero che dexter non crede in dio, inteso come forza epotenza trascendente ultraterrena (verticale), c’è comunque un unico po-tere superiore (higher power), ma immanente, della cui esistenza è certis-simo: appunto il Passeggero oscuro9. l’appartamento in coconut grove,Miami, dove un baule a doppio fondo nasconde gli arnesi di mor te, men-tre una grata dell’impianto di condizionamento custodisce come in untabernacolo il cofanetto dei trofei, ossia i vetrini di sangue delle vittime,è un santuario in onore di questo nume10. È dunque per dexter in per-sona che il proprio rapporto con il Passeggero oscuro costituisce unvincolo sacro. Il numen va però trasferito – letteralmente – dal dominioextramentale all’interno della mente. vediamo allora che succede in uncontrappunto con i momenti del numinoso descritti da otto.

a) Innanzitutto emerge il dexter nullo e vuoto che annienta se stessodavanti alla sovrapotenza del Passeggero oscuro. non parlerei di sen-timento creaturale, è chiaro, ma di un reiterato riconoscimento dellapropria costitutiva non-autosufficienza o non autonomia, di una consa-pevolezza unita, secondo necessità (quando urge il Need, il Bisogno),alla ossequiosa sottomissione al superpotens ospite interiore.

b) Un ospite in fondo misterioso, ma parzialmente accessibile11, senon altro in forza della sua invadenza verso l’ospitante. ed è sì l’altro,

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9 Immanente lo sperimenta dexter nei primi due romanzi e nelle stagioni tv fin quitrasmesse. alla luce dell’ulteriore sviluppo letterario del personaggio e del rapportocon il suo ospite interiore, si può comunque dire che, rispetto a dexter, al Passeggerooscuro spetti fondamentalmente una trascendenza orizzontale (in virtù della suaorigine ‘terrena’ antichissima), che a un ‘certo’ punto diviene immanenza.10 In #405, dopo che lo scoppio accidentale di un tubo in cucina ha messo a soq-quadro l’appartamento e altri l’hanno preceduto sul luogo, le prime parole che dex-ter pronuncia entrando dalla porta sono: «Il mio santuario. non più privato e nonpiù sacro» (My sanctuary. It’s private and sacred no more). Per la sua collocazione nellastoria dexteriana, la scena è fortemente simbolica.11 Fino a Dexter in the Dark, questo mistero non viene avvertito come un problema:«non ho mai avuto idea di cosa fosse il Passeggero oscuro o da dove venisse, e la

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ma non il totalmente altro, infatti dexter lo chiama l’‘altro me’, a con-ferma che l’ignoranza sull’origine della sua essenza numinosa non pre-clude affatto una familiarità, perfino una confidenza con le varie mo-dalità della sua periodica manifestazione. Una majestas intermittente,e d’incontro una humilitas compartecipe, più ammirata che mera -vigliata.

c) Un’umiltà che ha peraltro il suo ottimo tornaconto, dato che illasciarsi dominare dall’energia del numen equivale a un’esplosione diebbrezza dionisiaca: «Man mano che il Passeggero oscuro si sedeva alvolante e prendeva il controllo, mi inebriavo dell’esaltante ondata dipotere. È sempre stato eccitante farmi scaraventare sul sedile posterioree lasciar guidare il Passeggero. le ombre sembrano farsi più definite el’oscurità si anima di un grigio brillante che rende tutto più nitido. Irumori bassi diventano forti e chiari, la mia pelle freme, respiro afondo, e anche l’aria mi sembra diversa, intrisa di aromi sconosciuti.non mi sentivo mai così vivo come quando il Passeggero oscuro era alvolante» (II 3). Fascinans rude e generoso, che concede uno stato di gra-zia omicida.

d) Tutto ciò che per dexter vale e disvale, ogni cosa evento o personache ai suoi occhi merita apprezzamento o disprezzo (e quelli da lui so-prattutto disprezzati sono i predatori di uomini insieme ai loro numinamaligni – la ‘società dei numi estinti’), è tale sulla base del primo valoreparadigmatico, al quale lui tributa rispetto autentico perché se ne sentea sua volta degnato di considerazione e – strano a udirsi – di amore:«Mi chiamo dexter e non so che cosa sono (what I am). so soltanto chec’è qualcosa di oscuro in me, e lo nascondo. certamente non ne parlo,ma c’è, sempre, questo Passeggero oscuro. [...] È tutto ciò che ho.nient’altro (Nothing else) potrebbe amarmi, neppure io, purtroppo»(#203). Numen augustum magnanimo, che ama il suo servo derelitto.

Fin qui lo schematico parallelo delle tangenze numinologiche con lateoria di ru dolf otto. oltre alle determinazioni già discusse, tuttavia,sono convinto che un ripen samento del nome numen entro lo specialesistema-mente di dexter possa mettere a nudo delle direzioni significa-tive del numinoso e del sacro finora intuite solo in parte.

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cosa non è mai sembrata così importante» (III 5). a un certo punto il numen diven-terà anche inaccessibile, dexter ne perderà le tracce, ne soffrirà l’assenza. cfr. ilsaggio di laganà.

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5. Fratellanze nominali e ignoranze essenziali

Nomen numen – assai più che una semplice consonanza pseudoerudita,è una vera pa rentela, una fratellanza in voce latina con ascendente me-sopotamico. secondo infatti la recente congettura formulata da gio-vanni semerano, in principio era nabûm, verbo accadico con varie acce-zioni semantiche come ‘nominare, invocare, chiamare, pro clamare,comandare, decretare’, da cui discendono, tra le altre forme, sia nomensia numen12.

l’origine comune permette allora ciò che la riflessione teologicarusso-orto dossa, con la sua filosofia del nome (Bulgakov, losev, Floren-skij), ammette da tempo: pensare la nominazione, ossia l’atto di attri-buire un nome e di istituire così un lega me tra nominante e nominato,anche come numinazione, manifestazione di energia da parte di unavolontà superiore; per converso, nel momento in cui con-suona comenomen (nel senso del nominans), il numen può venir colto in maniera piùesplicita nel suo carattere di appello, di chiamata, quindi nel suo esserefondamentalmente energia vocante, potenza di una voce fascinosa. Ilrapporto tra dexter e il Passeggero oscuro viene dispiegandosi entrouna economia ‘nouminazionale’13 di questo tipo.

Il nome dello stesso protagonista suona latino: dexter (in greco dexi-terós, cioè propi zio, di buon auspicio, favorevole, benigno), vocabolosorto in sede rituale e riferito a dèi o a segni – dunque ancora una voltaun contesto numinoso. ci vuole senza dubbio una buona dose di ironiaper alludere a tali attributi mediante il nome di un serial killer, eppurebisogna riconoscervi il tocco felice dell’ambiguità, perché dal nocciolomaligno di questo predatore di predatori si rovesciano sul reale deglieffetti ‘positivi’ per la società, quali le esecuzioni capitali dei criminali

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12 Per lungo tempo i conati etimologici dei due nomi hanno seguito correnti diverse:nomen, insieme al cugino greco ónoma, è stato ricondotto a una radice indoeuropea(cfr. sanscrito nama, «nome»); invece per numen si è prestata interamente fede aFesto e varrone, che lo riferiscono al cenno della testa (nutus) co me segno di co-mando (cfr. gli affini neúú, greco, e nauti, sanscrito). cfr. giovanni seMerano, Le ori-gini della cultura europea. vol. II. Dizionari etimologici, olschki, Firenze 1994 (rist.2002), s.v.; e inoltre: a. ernoUT - a. MeIlleT, Dictionnaire étymologique de la languelatine, klincksieck, Paris 20014, e P. cHanTraIne, Dictionnaire étymologique de la languegrecque, 2 voll., klincksieck, Paris 1968-80.13 non si tratta di mero gioco di parole: anche per l’etimologia di noûs, e quindi dinooúmenon, seMerano (Le origini, pp. XIX e 197 s.) chiama in causa il verbo nabûmattraverso l’ebraico ne’)m (‘parola, voce oracolare’) come anello intermedio. davverointeressante questa antica comunanza verbale di nome, nume e ‘mente’ – e non siferma qui.

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seriali. e si tratta comun que solo di una porzione del potenziale allusivoglobale del nomen: nella sua ‘dexterità’ ci sono anche la destrezza, comeabilità nell’uso delle mani e del corpo (la padronanza dei ferri chirur-gici, la pratica di ju-jitsu al college), poi l’acutezza ed elasticità mentale(l’alto QI, la velocità intuitiva), e persino un rinvio all’emisfero cerebrale– il destro – da cui la personalità di dexter riceve le sue (antinomiche)direttive14.

Ma al di là dei semi augurali nell’etimo, la relazione di dexter con ilproprio nome, e con il nome del proprio nume, mette in evidenza unacircostanza singolare: la proli ferazione delle denominazioni in propor-zione inversa al sapere essenziale circa i deno minati.

ogni denominazione dipende in ultima istanza da una nominazioneprinci piale (o da una rinominazione poietica), dalla quale riceve in mi-sura variabile parte dell’energia creativa originaria, trasmettendola asua volta al nome impiegato. Il nominare è un apporre nomi, il deno-minare un disporli per l’impiego; là si istituiscono sinergie con i nomi-nati, qui si approntano vocaboli per i discorsi.

ora, dexter è l’es sere delle mille autodenominazioni, particolar-mente inventivo nell’inghirlandare con aggettivi e apposizioni il proprionomen quando, raccontando in presa diretta le sue intricate peripezie,giostra più veloce che mai attorno al nucleo (per lui) enigma tico dellasua essenza. dexter sa benissimo questo non-sapere, lo confessa con di-sar mante franchezza a lettori e spettatori; e non è un caso che i nume-rosi autoepiteti riprendano per lo più l’iniziale del suo nome, quasi avoler declinare ironicamente il mistero di sé per via anaforica, come sipuò desumere anche dai titoli dei romanzi lindsayani e dal la seguentelista-campione un po’ ditzy (vertiginosa come lui in I 9): il deli zioso,diver tente, defunto-dentro, diligente, deragliato, delicato, depistato,deviato, de lirante, di lettante, derelitto, deferente, disinvolto, defilato,disperato, dipsofobico, diur no, disar mato, disgraziato, deteinato, disin-tegrato, disadattato, detenuto, devoto, di partito, delfino, docile, de-presso, deliziosamente dimesso, demonico, deontologico... dexter!

Ma l’ignoranza su se stesso, sul suo essere né-bestia-né-uomo, ha unfondo tragico e appare tutt’uno con la perdita del legame originariocon chi gli ha dato il nomen. la vera scoperta di chi sia stato il nominans(la madre laura Moser) coincide infatti con la reviviscenza dell’eventotraumatico: «e l’interno di un altro container mi apparve con estremachiarezza. non c’erano scatoloni, ma c’era... qualcosa. vicino alla...mamma? distinguevo il suo volto: si stava nascondendo dietro alle...cose, se ne vedeva lo sguar do immobile, vitreo, inerte. dapprima mi

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14 cfr. il saggio di gugliotta.

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venne da ridere: la mamma si era nascosta così bene. non vedevo ilresto, solo la faccia. doveva avere scavato un buco nel pavi mento. si eranascosta in un buco e ora stava sbirciando fuori, ma perché non mi di -ceva niente, ora che l’avevo trovata? Perché non batteva ciglio? nem-meno quando la chiamai ad alta voce rispose, o si mosse. Mi guardavae basta» (I 27). da questo mo mento in poi si può dire inizi ufficialmentel’itinerario dexteriano di autocono scenza nel e attraverso il proprionomen, in vista della libera rinominazione di sé e del mondo.

Intanto l’altra ignoranza, quella sull’essenza e provenienza delnumen, viene com pensata soprattutto mediante la metafora regina delPasseggero oscuro, tenebroso autostoppista che chissà dove e quandolo chauffeur dexter ha fatto acco modare sul sedile posteriore della dex-termobile, per lasciargli volentieri la guida nelle battute predatorie du-rante i pleniluni15.

la caratteristica più straordinaria dell’ospite oscuro è la voce con cuisussurra all’orecchio del docile autista: lontana, fredda, gelida, vocenon-voce, tono muto, «pensiero a cavalcioni di un respiro» (I 13), chenelle notti di plenilunio diviene un grido, un ruggito, «lo stridore sin-fonico di mille voci nascoste» (I 1), e sbocca all’esterno fondendosi conla voce di dexter.

anche per il numen c’è comunque un rosario di denominazioni,spesso con iniziale maiuscola: l’entità, la cosa dentro, affamata, calma egelida, il caro amico interiore, l’osservatore che ride, il danzatore sottola luna, il me non-me, l’altro me, il mio io segreto ecc.

solo più tardi, una volta che dexter avrà appreso il motivo per cuitanto tempo prima il Passeggero oscuro si è insediato nella sua mentee nel suo corpo, comincerà un processo di conoscenza del proprionumen che incrocerà il vettore autoconoscitivo. allora diventeranno piùchiari certi aspetti numinosi individuati istintivamente mediante le de-nominazioni descrittive, come il gelo, la risata, l’osserva re, nonché la

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15 credo che la metafora sia un omaggio a george roMero e a stephen kIng: «noisiamo ‘esseri umani’, plurale. In ognuno di noi convivono due entità opposte. l’en-tità esteriore, che è quella che mostriamo a tutti, inibita, timida, patologicamentebugiarda. e poi c’è l’entità interiore, quella vera, appassionata, disinibita e libidi-nosa. Molti di noi tengono questa entità nascosta, soffocata. Ma uno scrittore di nar-rativa non la deve nascondere, al contrario deve rappresentarla, lasciarla crescere,portarla allo scoperto, farla vivere, respirare. Dategli le chiavi della macchina, dan-nazione, lasciatela correre, sì! chiaro? È questo il suo dovere. È essenziale. lo scrit-tore deve spingere fuori dalla gabbia l’entità interiore. deve lasciare che abbia vocein capitolo, altrimenti il lavoro stesso sarà inibito, timido, senza passione. sarà ip-ocrita e falso» (dalla sceneggiatura di The Dark Half [La metà oscura, 1993], cheromero ha tratto dall’omonimo romanzo di king; corsivo mio).

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speciale empatia che fa comunicare la voce non-voce con gli altri Pas -seggeri oscuri («la cosa dentro lancia il suo richiamo nel vuoto quandoriconosce un esemplare della sua stessa specie», I 19; e in I 22, mentredexter è del tutto disorientato, il suo numen è già entrato in contattocon quello del fratello Brian). Però...

Però c’è un’altra voce che attraversa le ossa di dexter, e che dallaterza stagione tv assume in maniera regolare i connotati di allucinazionevisiva: è di Henry ‘Harry’ Morgan, il poliziotto della narcotici che avevaportato il piccolissimo dexter fuori dal container degli orrori, prenden-dolo in adozione. È giunto il momento di occuparmene.

6. La legge del padre (adottivo)

al momento in cui comincia la narrazione dexteriana, Harry è mortoda una decina d’anni. la sua presenza nelle vicende in corso è quindidisincarnata, ma ciò non gli impedisce di incidere ancora nell’esistenzadel figlio adottivo in misura persino superiore alla già di per sé ingom-brante influenza del Passeggero oscuro. secondo la modalità attuale edefficace del suo essere, non è né un nomen né un numen, benché condi-vida alcuni tratti centrali dei loro significati. È un nomos. dexter lochiama: the Harry Code, il codice di Harry.

nel XX secolo il concetto di nomos è stato riconsiderato in manierarilevante dal filosofo del diritto carl schmitt nell’opera Il nomos dellaterra16. collegandosi alle ricerche del linguista tedesco Jost Trier, schmittha inteso recuperare il nesso arcaico con l’occupazione della terra con-tenuto nel senso presocratico della parola greca, e ha invitato a non tra-durre più quest’ultima con il consueto Gesetz, ‘legge’, ma a lasciarla sem-mai intradotta, in quanto il nomos sarebbe piuttosto la misura e forzagiuridica originaria, legata alla terra, di ogni legalità17. senonché, il pre-

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16 c. scHMITT, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello ‘Jus Publicum Europaeum’(1950), trad. it. di e. castrucci, adelphi, Milano 20033 (nelle citazioni alla nota se-guente ho ritoccato la traduzione).17 cfr. ibidem, I 4, pp. 36, 40, 42: «Nomos è la prima misurazione che fonda ogni suc-cessivo criterio di misura, la prima occupazione di terra come prima partizione espartizione dello spazio: l’originaria divisione e distribuzione. [...] In seguito la parolaè stata usata per statuti, statuizioni, provvedimenti e decreti d’ogni tipo. [...] Nomosviene da nemein, una parola che significa tanto ‘dividere’ quanto ‘pascolare’. [...]Nomos è la misura che distribuisce e localizza il terreno e il suolo della terra in uncerto ordinamento, e la forma così risultante dell’ordinamento politico, sociale e re-ligioso. [...] Il nomos nel suo senso originario è proprio la piena immediatezza di una

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supposto etimologico sul quale si basa il discorso schmittiano – secondocui nomos verrebbe dal verbo nemein, ‘dividere, pascolare’, quindi ‘occu-pare e distribuire la terra’ – è stato mostrato scorretto da semerano, cheha ricondotto nemein al sostantivo accadico namû, ‘terra da pascolo’, enomos invece al già incontrato verbo nabûm, in cui è insito senz’altro ilsenso della misura e della forza, mentre solo periferico può apparirvi ilrinvio alla terraneità e all’occupazione fondiaria. Poiché seguo anchequi il filologo italiano, affermo allora che il nomos, pensato sul filo del-l’etimologia insieme a (e come) nomen-numen, indica il frutto di un no-minare autorevole la cui energia normativa è in grado di durare e sus-sistere da sé anche quando il nominante (lo chiamerò: il nomiurgo) nonsia più presente. Il codice di Harry ne è un caso tipico.

lo scopo fondamentale del nomos di Harry è di aiutare dexter nel-l’arduo compito di controllare il suo numen. ecco il primo sgorgare diquesta fonte – flashback con le parole pronunciate dal poliziotto al figlioadottivo quattordicenne sotto un cielo di stelle eccezionalmente brillanti,attorno a un fuoco ormai spento, a elliott key, Florida meridionale,metà anni ’80 (Harry aveva da poco scoperto la fossa comune in cui daun anno e mezzo il ragazzino andava seppellendo gli animali uccisi persoddi sfare il proprio Bisogno): «Quello che ti è successo prima che tiprendessimo con noi, anche se non te lo ricordi, dexter, ha avuto un in-flusso su di te. Ho cercato di mettere le cose a posto, ma era troppo forte.Troppo. Ti è entrato dentro presto e ci rimarrà. non ci puoi fare niente.non lo puoi cambiare. Tuttavia puoi incanalarlo. controllar lo. sce glierecosa o chi uccidi. c’è un sacco di gente che se lo merita, dex» (I 4).

È alla canalizzazione e al controllo dell’energia numinosa che vienedunque orien tato l’imperativo principale (‘ipotetico’, per dirla con ter-minologia kantiana, non cer to ‘assoluto’) del codice di Harry – Kill onlythe deserving, ‘uccidi solo chi se lo merita’. Tutte le altre sono norme cheil Buon Piedipiatti (the Good Cop) ha impartito a dex affinché corri-sponda scrupolosamente all’imperativo e non incappi nelle conse-guenze penali delle sue uccisioni dei ‘meritevoli’: devi essere sicuro alcento per cento che se lo meritino, spara solo per salvare una vita, staiattento, sii prudente, preparato e pre ciso, non lasciare tracce, evita coin-volgimenti emotivi, làvati, vèstiti bene, fingi, mime tìzzati, non destareattenzione, comportati normalmente, sii noioso e simili.

non mi viene in mente un termine migliore di amorale per etichet-tare un sistema normativo di questo tipo18. né lo scopo fondamentale

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forza giuridica non mediata da leggi; è un evento storico costitutivo, l’unico atto dilegittimità che conferisce significato alla legalità della mera legge in generale».18 Per una definizione di ‘amorale’ cfr. la mia Introduzione.

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né l’imperativo principale del codice mostrano la benché minima ispi-razione o aspirazione a un bene comune; i meritevoli di morte vannouccisi in ultima analisi non perché appunto meritino di morire (am-messo che qualcuno possa in generale guadagnarsi un simile ‘merito’),ma per evitare che la fame del Passeggero oscuro venga saziata da vit-time ‘immeritevoli’. cfr. il dialogo tra dexter e Brian in #112: «B: letue vittime sono tutti degli assassini? – d: sì. – B: come una specie divendicatore? – d: non è per quello che uccido».

rispetto a questa assenza di istanza morale nella codifica di una meraarbitrarietà individuale, è quindi secondario che il criterio per stabilirechi merita di morire sia la criminalità seriale conclamata, e che dextergiunga talvolta a falsificare delle prove per far assolvere il serial killerin tribunale, così da poterlo poi macellare sul tavolo al centro dellastanza Pulita del Passeggero oscuro, «imbiancata prima, spazzata, di-sinfettata per quanto possibile» (I 1).

È secondario, ma non insignificante. Il codice non contempla infattil’omicidio dei ‘semplici’ assassini, dei criminali che procurano la mortealtrui occasionalmente e per motivi contingenti, ma ha di mira la cate-goria dei predatori di uomini, coloro nel cui spirito tenebroso cova, finoa esplodere di tempo in tempo, la coazione a uccidere, quelli che sonocosì simili – i più simili – a dexter.

senza il codice di Harry, l’esplosione energetica del nigrum numendi dexter si abbatterebbe sulla realtà secondo le modalità perverse deiserial killer.

Il punto davvero importante di questo nomos (Henrici) è che, senzaalcuna pretesa di essere un codice etico, ha voluto assumere per il nomen(Dexteri) un valore di redenzione («È stato Harry a spianarmi la stradaverso la salvezza», #103), instaurando da subito, all’atto del suo pronun-ciamento, un’economia religiosa (religio nel senso di legame sacro trapadre e figlio) che ha di fatto preparato e pre-figurato il futuro vincolosacro del ragazzo con il numen (Obscuri Viatoris). sin da piccolo dex haavuto per il padre adottivo un’autentica venerazione, sfociata dopo lamorte di Harry in un culto del nomos ancora più pervasivo, perché offi-ciato quotidianamente, del culto extra-ordinario e ‘lunatico’ dedicato alnumen – due sacralità che, instauratesi in tempi e modi differenti, risul-tano in definitiva complementari19. ecco perché all’inizio della narra-

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19 l’economia ‘religiosa’ del nomos investe il dex quattordicenne nella notte stellatadi elliott key, e si consolida ulteriormente dopo la morte di Harry (cioè dopo ivent’anni); l’economia sacra del numen inizia a insediarsi nel dex diciannovennecon l’uccisione della Perfetta Infermiera (v. saggio di Macrì, § 1), per rafforzarsi eaffinarsi anch’essa progressivamente dopo la scomparsa del padre.

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zione l’esistenza di dexter ci appare segnata dal servizio a due padroni,votata senza residui a una duplice obbedienza20.

Il valore redentivo del nomos di Harry, benché di portata dichiarata-mente indivi duale, ci annuncia pure qualcosa di non banale sulla fun-zione salvifica del sacro e sul la salvazione stessa. È di moda citare a pro-posito del tema della salvezza due versi del canto Patmos di FriedrichHölderlin: «Ma dove c’è pericolo, cresce / anche ciò che sal va», ai qualimolte pagine ha dedicato Martin Heidegger nelle sue meditazioni sul-l’es senza del sacro (nella parola das Heilige, ‘il sacro’, il filosofo tedescopensa insieme l’a zione del verbo imparentato heilen, ‘sanare, salvare’).Qui mi limito a mettere in luce che se il salvare hölderliniano viene lettosolo in senso ablativo, ossia come salvezza-da (in questo caso da pericolo),allora se ne riduce drasticamente l’ampiezza; la sua dire zione più pro-fonda e duratura è invece oblativa: è il salvare-per (per rimettere a sestesso chi viene salvato) a coronare l’intera azione conferendole verapregnanza liberatrice.

ora, dexter resta eternamente grato a Harry per averlo salvato daldiventare un mostro omicida di pura perversione, dal restare in baliaesclusivamente delle risa gelide e degli stridori sinfonici del Passeggerooscuro. Il codice di Harry è solida garanzia di una salvezza ablativa.Ma per che cosa è stato salvato dexter?

7. L’inevitabile crollo di un mito e la trasformazione di un’idea in vita reale

la triade nomen numen nomos (dexter – Passeggero oscuro – codice diHarry) circo scrive compiutamente la personalità tricotomica di quelpersonaggio dividuale che a un certo punto della sua vita decide ch’ègiunto il momento di confidare a qualcuno il proprio orribile segreto –a qualcuno diverso da un serial killer steso su un tavolo e avvolto da cel-lofan nell’attimo che precede la sua morte. Et incipit narratio...21

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20 se vi aggiungiamo il tributo ineliminabile che l’ematologo forense paga – cometutti noi – alle istanze pressanti della realtà, parrebbe proprio di poterlo assimilareal ‘povero io’ freudiano servitore di tre padroni severi: il mondo esterno, il super-io e l’es (cfr. s. FreUd, Introduzione alla psicoanalisi, lez. 31). al di là della suggestionedelle corrispondenze apparenti (io=nomen, Super-io=nomos, Es=numen), i due con-testi sono molto diversi, ed è soprattutto insostenibile l’equivalenza tra es e Passeg-gero oscuro (benché quest’ultimo sia un It). resto comunque dell’avviso che un loroconfronto puntuale – impossibile da condurre in questa sede – sarebbe senz’altroproficuo per una maggiore definizione del mosaico-dexter.21 Perché dexter decide di confessarsi e di ‘narrarsi in tempo reale’ allo spettatoreal di là dello schermo? cfr. il saggio di gugliotta-Mento.

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durante il corso delle vicende narrate, le dinamiche rapportuali frai tre nomi di dexter si modificano sensibilmente, dando vita a un’evolu-zione interiore (ed esteriore) che si può definire in termini di emanci-pazione del nomen, accidentata ma progressiva, dagli influssi di numene nomos, per dar forma a un’esistenza finalmente propria.

gli eventi-chiave sono tre: 1) la reviviscenza dell’evento traumatico(I 27); 2) l’ascolto delle vecchie bobine di Harry del 1973, in cui è regi-strata anche la voce di laura Moser (#205-206); 3) la presa d’atto dellascomparsa (temporanea) del Passeggero oscuro (III 13). naturalmentenon vanno intesi come rigidi istanti puntuali o lineari, piuttosto comeintensi momenti-snodo inanellati a più catene e dimensioni temporali.

sopra ho già toccato il primo e accennato al terzo in un’ottica cono-scitiva. Infatti, poiché il processo di autoliberazione non può mai an-dare disgiunto da un’adeguata consapevolezza e conoscenza di sé e delmondo, i tre eventi corrispondono all’avvio del superamento di treignoranze dexteriane essenziali: 1) l’ignoranza tragica riguardo al pro-prio nomen, al proprio essere né bestia né uomo; 2) l’ignoranza miticasui risvolti nascosti del rapporto con il nomiurgo Harry; 3) l’ignoranzaconscia ma non problematica circa l’essenza e la provenienza delnumen.

Ho battezzato ‘mitico’ il secondo non-sapere di dexter in quanto al-l’inizio Henry Morgan è per lui un mito assoluto come uomo, comepadre di famiglia, come poliziotto.

lo sgretolamento di questo mito si avvia per caso in #109, con la no-tizia della morte del padre biologico di dex, Joseph driscoll (Harry gliaveva spacciato per morti da anni in un tragico incidente entrambi i ge-nitori, negando di averli mai conosciuti: «Harry mi diceva sempre la ve-rità... Ma ora Harry ha mentito, perché l’ha fatto?»), e viene provviso-riamente sospeso per l’incalzare dei misfatti spettacolari inscenati dalfratello Brian.

Il vero shock demitizzante dexter lo subisce qualche mese dopoaver rivissuto la scena del trauma, quando certi nastri magnetici diquasi trent’anni prima gli restituiscono le voci di un giovane HenryMorgan e della mamma laura Moser, e dai contenuti dei dialoghi, daitoni confidenziali, dai bisbigli, desume in maniera inequivoca che nonsolo il padre adottivo conosceva la sua madre biologica, ma se ne eraservito come informatrice-esca contro quei narcotrafficanti di Miamiche poi, scoprendo il suo doppio gioco, l’avrebbero uccisa (così Harrysi rivelava indirettamen te responsabile della morte orrenda dellamadre, quindi del trauma criminogeno di Brian e di dexter ecc.), eper giunta i due erano anche amanti. Mentre crolla così l’immaginedel perfetto padre di famiglia e del marito fedele, cresce invece il mi-

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stero intorno alla vera personalità di Harry e ai reali motivi dell’ado-zione e del nomos22.

Ma quello che sarà di lì a poco il colpo di grazia al mito, inferto conl’emersione dal passato dell’ennesima verità contraffatta, si trasformanella occasione per una svolta decisiva nel processo di autoliberazionedel nomen.

Harry, cardiopatico per anni, è morto a causa di un ispessimentodelle arterie coronariche: questa la versione ufficiale. Quando però in#210 il sergente doakes allude al fatto che ai piani alti del Miami MetroPolice department hanno secretato ogni cosa relativa a quella morte,dexter costringe il capitano Matthews a rivelargli la verità (consegnataallora a un referto autoptico subito fatto sparire): Harry si è suicidatocon un’overdose del suo farmaco cardiaco. «Il leggendario Harry Mor-gan, il vessillo della giustizia, l’architetto di tutto ciò che sono – suicida!non ha alcun senso». Questa delusa perplessità dura finché doakes nonusa un’espressione (Stay away from me!, «stammi lontano!») che rievocain dexter un fatto avvenuto giusto tre giorni prima della morte delpadre adottivo. Il magnaccia Juan ryness, incriminato per aver pestatoa morte una delle sue ragazze, era stato scagionato per un vizio formale,e Harry, protagonista della cattura dopo estenuanti appostamenti, avevapreso malissimo la decisione del giudice, tanto da lasciarsi scap pare asolo con il figlio un amaro «Ho fatto la cosa giusta addestrandoti. Questolo prova»; quel dexter ventenne aveva letto le parole come un’autoriz-zazione a proce dere, così aveva catturato e ucciso ryness; ma Harry, en-trato nel garage dell’omicidio nel pieno della dissezione del cadavere,era rimasto esterrefatto, poi aveva vomitato in un angolo, infine pregatoil figlio di stargli lontano. Il ricordo di tale circostanza toglie a dexterogni dubbio e perplessità, e riabilita in parte il padre adottivo (d’ora inavanti non più mi tizzato, semplicemente riumanizzato): «sono stato io.l’idea di un codice era un’idea grandiosa, una nobile causa. Ma vederlaapplicata nella realtà... Harry si è trovato di fronte ciò che aveva creato,e non poteva sopportarlo. Ho ucciso mio padre!».

le nuove acquisizioni conoscitive producono subito in dexter unaspecie di vertigine cognitiva, un disorientamento creativo, come unmagma di possibilità vitali sul punto di eruttare in forme imprevedibili.È la vertigine della libertà, per questo dexter è stato salvato: «nessuno

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22 vedi #206: «a quanto pare, mio padre adottivo e mia madre biologica avevanouna storia... Ma mi chiedo: si sentiva responsabile della sua morte? È per questoche mi prese con sé? la amava o la usava soltanto? o usava me? Ho sempre pensatoche il codice di Harry fosse un metodo rapido di risoluzione dei problemi, ma forselo aveva inventato per far regolare i conti a me».

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piange i cattivi. credo che Harry lo sapesse fin dall’inizio, ecco perchémi ha dato un codice. gli è costato la vita, ma mi ha mantenuto vivo inmezzo a incredibili difficoltà. Il codice è mio adesso, e solo mio. cosìcome le relazioni che ho coltivato [con la compagna rita e i figli astore cody]. non sono più solo dei diversivi. ne ho bisogno, anche se mirendono vulnerabile. Mio padre non approverebbe, ma non sono più ilsuo discepolo. ora sono il maestro, un’idea trasformata in vita. e quindiquesto è il mio nuovo percorso, che assomiglia molto a quello vecchio,solo che ora è mio. Per rimanere su questa via devo lavorare molto,esplorare nuovi rituali, evolvermi» (#212).

sono le parole di un esaltato, ma chiariscono a sufficienza chel’emancipazione di dexter da Harry è da interpretare come demitizza-zione (del Buon Padre e Buon Piedipiatti), non come desacralizzazione.Il legame ‘religioso’ con il nomos resta pressoché intatto, solo che da orain poi si tratterà di una religiosità adulta, criticamente vagliata, libera-mente sposata.

Più spiccato il ridimensionamento del legame sacro con il Passeggerooscuro, sulla cui energia numinosa sembra essere calata una gabbia asbarre strette o rovinata la volta di una grotta23. Mentre urla di star «vo-lando senza un codice», dexter assapora l’ebbrezza di riuscire final-mente da solo a controllare il numen («posso scatenare la bestia quandovoglio», #211) e prova un’emozione intensa per l’erompere di una po-tenza in teriore nuova («ucciderò, ma non ne sento più il bisogno: questoè potere», #206), un’ener gia non irrorata dal numen, ma proprietà delnomen che lui è ormai chiamato a essere.

8. Epilogo

rudolf otto ha confinato il timore demonico (die dämonische Scheu) inuno stadio pri miti vo di manifestazione del numinoso (c. Iva), destinatoa essere superato nei gradi storico-evolutivi più elevati e più nobili. lasua concezione implica infatti un irresi stibile affinamento e un impre-ziosimento, un divenire-storicamente-sempre-più-subli me-e-sacro delnuminoso, che ha risonanza nel corrispettivo sviluppo della disposi-zione al sacro insita a priori nell’animo umano (cc. XvI, XIX, XXII).anche la distinzione tra demone e demonio (c. XII) è enunciata nellamedesima ottica: rispetto al demonio (daimónion), che in senso stretto è

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23 In #401, il Passeggero oscuro è «un minatore intrappolato che non smette di pic-chiettare, di farmi sapere che è ancora lì, ancora vivo».

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il genio malvagio, lo spirito maligno, e costituisce solo una contraffa-zione apocrifa sorta dalle rappresentazioni fantastiche del numinoso, ildemone (daímon) è invece una concreta pre-divinità, uno stadio inferioreancora conchiuso e trattenuto in sé del numen, a partire dal quale il di-vino non può che crescere gradualmente per manifestazioni sempre piùelevate, arricchite via via dal l’in nesto di elementi razionali ed etici(nell’ambito dell’antico Testamento, all’epoca dei profeti e dei salmistila fase arcaica del timore demonico era già stata superata da moltotempo). Il culmine di questo processo, dice otto, sta nell’annuncio daparte di cristo del vangelo del regno, l’oggetto più numinoso che sipossa pensare (c. XIII).

secondo me la visione ottiana è affetta da un ottimismo eccessivo,erede in ciò dei grandi affreschi cosmostorici dell’ottocento (alla Hegele alla comte). la progressione disegnata dalla sua teologia del sacrotrionfa nel nome del numen lumen. Per lui l’evoluzione del numinosonon può non avere una direzione ascendente verso il massimamente lu-minoso (Christus Lumen mundi), e tutto quanto devia da questo corsoprincipale dell’umanità staziona infecondo nella piazzola d’uno stadioanteriore.

al contrario, sono convinto che il numinoso, tanto come ‘oggetto’quanto come disposizione umana ‘a priori’, contenga possibilità evo-lutive altrettanto raffinate (superpotenti, tremende-misteriose, fasci-nose, auguste – corroborate da speciali afflati razionali, e talvolta per-sino ‘morali’) anche lungo una differente direzione sacralizzante, il cuitermine ultimo sarebbe però un nigerrimum numen. Proprio dexterMorgan, nel raccontare il complicato rapporto con il suo numen, ci co-stringe anzitutto a guardare dritti negli occhi i rampolli delle concre-zioni numinose oscure, gli orrorifici nipotini di Jame ‘Buffalo Bill’gumb e di Hannibal lecter, e poi di rimbalzo a sostenere la vista dellenostre stesse pupille.

Il numinoso ‘soggettivo’ (la disposizione a priori nell’animo umano)è un’energia inizialmente staminale, che viene attivata e convogliata inun verso o in un altro a seconda della direzione (luminoso-angelica,oscuro-demoniaca, né-l’una-né-l’altra) dell’energia ‘oggettiva’ del numenche giunge a impattarla e a legarla a sé.

Tale circostanza impedisce allora di poter considerare il numinosoin generale, secondo la posizione di otto, come l’elemento caratteriz-zante del sacro – a meno di riconoscere la possibilità e realtà di una sa-certà oscura, in una scala di forme che vanno dal primitivo all’ipertec-nologico, dal gelosamente individuale al collettivo. se però si procedea un tale riconoscimento, non si può certo più pensare di fare del nu-minoso la precondizione essenziale del sacro cristiano. anzi, la stessa

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espressione ‘sacertà cristiana’ verrebbe a depauperarsi collocandosi ac-canto ad altre sacertà numinologicamente concorrenti, di varia lumino-sità e oscurità, incapace di esibire una vera nota distintiva del propriorapporto con il divino e di legittimare la propria missione salvifica.

In altre parole, il proprium del cristianesimo non può essere coltonella dimensione numinosa. e se si vuole continuare a parlare di sacrocristiano, si può farlo solo nella coscienza che sua precondizione origi-naria ed essenziale è cristo-logos, ‘oggetto’ più-che-numinoso, e che ilsuo a priori ‘soggettivo’ è la struttura ideale dell’essere, specchio creatu-rale privilegiato dell’essere divino24.

c’è del numinoso in ogni economia sacra, dunque, ma nel cristiane-simo questa può instaurarsi autenticamente solo a partire dall’attivazioneconsapevole nella mente umana di un a priori diverso, non emozionalema trascendentale, fonte di un’energia non psichica ma eidetica (cioèuna energia scaturente dall’eidos dell’essere): è attraverso tale a priori tra-scendentale e eidetico che si rivela il Logos cristico e che discende il suobattesimo di fuoco. l’a priori del sacro, inteso in senso cristiano, è unaforma ‘anà Lógos’, conforme al logos, e la sua struttura risulta perciò ge-nuinamente analogica. a questo legame genuino tra logos divino e aná-logon creaturale si deve se, come aveva colto Platone ed espres so ari -stotele, tutto ciò che è – ogni essente – partecipa in modo analogicodel l’essere25.

del resto, perché in generale si istituisca un legame sacro tra nomene numen non basta che si leghino e colleghino tra loro le due energienuminose (l’una ‘soggettiva’, l’altra ‘oggettiva’). occorre inoltre che, tra-mite un sistema di immagini e simboli, il vincolo venga ritualizzato, eciò non è possibile se non con l’entrata in gioco della dimensione eide-tico-analogica, che peraltro è la struttura fondamentale su cui si costrui-scono anche ogni razionalità e ogni moralità.

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24 È in senso principiale che cristo è logos, cioè nomos o nomen nominatum, ed è pressoil nominans, il cui nomen autorivelato a Mosè è: JHWH, essere. – Per l’idea (o strut-tura ideale o eidos) dell’essere, filosofema di chiara derivazione rosminiana ma cheio ripenso secondo la lezione di Filippo Bartolone e in connessione con un perso-nale approfondimento logico-speculativo dell’analogia, rinvio alla mia Introduzioneal volume: F. BarTolone, Socrate. L’origine dell’intellettualismo dalla crisi della libertà(1959), a cura di v. cicero, vita e Pensiero, Milano 1999, in particolare pp. XvII-XXIv.25 cfr. v. cIcero, Filosofia, matematica e storia in Platone, in k. gaIser, Il discorso delleMuse sul fondamento dell’ordine e del disordine, vita e Pensiero, Milano 1998, in parti-colare pp. 11-49, e s. carIaTI - v. cIcero, Tò metaphorikón. Una interpretazione delladefinizione aristotelica della metafora, gabriele corbo, Ferrara 1992, pp. 68-78.

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nel caso di dexter, il «tremendo fulgore di libertà» provato all’attodi compiere il primo delitto (della Perfetta Infermiera, I 16) è stato certolo sprigionarsi di un’energia trattenuta per lunghissimo tempo, ma seha assunto il carattere sacro dell’iniziazione («avevo ancora quella gocciadi sangue secco sul vetrino», I 17) ciò è avvenuto perché nella mentedel giovane si era già prima fissato eideticamente il legame con il co-dice: ecco allora che il legame con il numen si è potuto sacralizzare graziea un’azione eseguita secondo il nomos e per ordine diretto del nomiurgo(infatti era stato Harry ad autorizzare l’uccisione dell’infermiera serialkiller).

Il culto di dexter per il Passeggero oscuro deve tutto al culto ante-riore per il codice di Harry, e quest’ultimo legame sacro (fondamental-mente amorale) dipende a sua volta, come ogni legame in genere, dallalegge analogica dell’essere.

Dexter ci dice diverse cose che ignoravamo o facevamo finta di ignoraresul nostro rapporto con il numinoso. e credo che al riguardo la coppialindsay-Manos jr. abbia in serbo ancora altre sorprese. Perché amanospiazzarci. come nell’alienante esordio di Dexter in the Dark e nello scon-certante, imprevedibile finale della quarta stagione tv.

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