2010 09 14 Alberto Sola 0000311954 Etica e Fotogiornalismo

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Tesina per l'esame di Comunicazione Giornalistica. Prof. Mauro Sarti

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Universit degli studi di Bologna Facolt di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo

Corso di Comunicazione Giornalistica a.a. 2009/2010

Etica e fotogiornalismo Alberto Sola 0000311954

Introduzione Il paradigma dellimpronta La falsa prova Conclusioni Immagini Bibliografia

pag. 01 pag. 02 pag. 06 pag. 12 pag. 15 pag. 34

Introduzione A cosa serve una grande profondit di campo se non c unadeguata profondit di sentimento? Eugene W. Smith

noto sin dallantichit il potere che hanno le impressioni visive di suscitare in noi emozioni. NellArs Poetica Orazio scriveva che lo spirito viene stimolato pi lentamente dallorecchio che dallocchio preferendo leffetto delle rappresentazioni teatrali a quello dei racconti orali. Lo stesso Cicerone considerava la vista il pi acuto dei nostri sensi poich capace di una ricezione ed elaborazione pi agevole. Per i Greci il verbo vivere significa vedere cos come morire equivale a perdere la vista. Aristotele si spinge oltre affermando che i dati raccolti attraverso la vista, attivit perfetta poich compiuta in ogni momento del suo darsi, forniscono informazioni e producono la conoscenza delle cose. La stessa etimologia del termine fotografia deriva dal greco e riassume in s latto fotografico: scrittura eseguita mediante la luce che, come tale, prevede alcune regole, tecniche e linguistiche, per poter essere usata correttamente. Alla fotografia per, rispetto ad unaltra impressione visiva di qualsivoglia natura, viene assegnato il compito di fornire prove che il mondo davvero cos come lo vediamo. Tale pretesa di autenticit considerata sin dalla sua nascita la sua forza e la sua debolezza. Questa ambiguit strutturale si manifesta gi nel 1840 quando Hippolyte Bayard (fig. 1), per protestare contro il misconoscimento del suo fondamentale apporto allinvenzione del daghrrotipo, pubblica una fotografia nella quale lo si vede seminudo, con gli occhi chiusi mentre una didascalia recita: Autoritratto da annegato. Per Gisle Freund la forza della fotografia, e anche il suo pericolo, sta nella sua immediatezza. Ansel Adams affermer che la realt solo un elemento nel processo di produzione di una fotografia. Sappiamo inoltre come, dal punto

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di vista pragmatico, qualunque atto di comunicazione sia dotato di una componente di azione limmagine non si limita a dire qualcosa, ma fa anche qualcosa che ottiene un effetto che va aldil delloggetto rappresentato. Oggigiorno, grazie alle novit tecnologiche offerte dallera digitale, il dibattito sullo statuto di veridicit della testimonianza fotografica nuovamente aperto, soprattutto nellambito del giornalismo fotografico che, pi di tutti, possiede uno spazio determinante la cui forza veridittiva pu essere usata per condizionare o manipolare la realt. I tempi cambiano, insomma, ma i problemi morali, proprio perch base necessaria alla convivenza umana, si pongono sempre e si aggiornano con il mutare del paesaggio storico e ideologico. Letica un fattore puramente culturale, frutto di lunghi e complessi processi storici, sociali, tecnologici che si concretizzano in leggi, regole di vita e tab. Gli interrogativi ai quali siamo oggi chiamati a rispondere riguardano sempre pi se e quanto sia giusto manipolare unimmagine fotografica e quali possano essere i paletti da fissare per un medium ed una professione cos delicati. Il paradigma dellimpronta Eugene W. Smith sosteneva che fino al momento dello scatto il fotografo lavora indubbiamente in modo soggettivo. Con la scelta della tecnica di ripresa, con la scelta degli elementi del soggetto da includere nellimmagine e con la decisione del momento critico dello scatto, egli riesce a fondere tutte le varianti interpretative in un tutto emotivo. Affrontando lanalisi di unimmagine da un punto di vista semiotico considerando cio il modo in cui i segni producono il senso , si pu tentare di stabilire se esistano categorie di segni differenti e in quale modo esse agiscano con proprie leggi di organizzazione e particolari procedimenti di significazione. La voce della fotografia spesso infatti quella delloratoria. La tradizione retorica fornisce

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una base a questo modo di parlare: pu utilizzare la ragione e la narrativa, la rievocazione e la poesia pur mantenendo lo scopo principale di convincere il fruitore della validit di un determinato punto di vista. Cicerone insegna che tutta lenergia e labilit delloratore si applicano a cinque punti [] Per prima cosa egli deve reperire gli argomenti, quindi organizzarli e disporli non solo secondo criteri di ordine logico, ma anche in base a criteri di importanza e di opportunit; poi rivestirli con gli ornamenti dello stile, fissarli nella memoria, e infine pronunciare il suo discorso con dignit e grazia. Lesperienza di circa duemila anni di ulteriore storia e la conoscenza di Sigmund Freud unite alla consapevolezza del legame tra potere e conoscenza, fede e ideologia danno ragione di credere che la retorica non sia la figlia bastarda della logica, bens la sua maestra. Questo significa che esiste una sorta di grammatica degli effetti della comunicazione visiva volta a trasmettere informazioni e scatenare emozioni. Le immagini sono infatti legate a regole e convenzioni duso e il giudizio di chi guarda unimmagine in ogni caso di tipo comparativo. Il primo filtro che si pone ad interpretare la realt da parte del fotografo linquadratura, cio il prelievo di una porzione di spazio in un dato momento volto a trasmettere informazioni, unoperazione per nulla innocente. Lewis Hine rimasto famoso per la sua frase con la quale sostiene che la fotografia non sa mentire, ma i bugiardi sanno fotografare. Allinquadratura vanno poi aggiunti schemi di raffigurazione, regole compositive, meccanismi retorici che un bravo fotografo sa padroneggiare per riuscire ad esprimere un determinato sentimento, presumibilmente aderente alla realt dei fatti, sebbene frutto di una sensibilit soggettiva. Augusto Pieroni, storico e critico darte contemporanea, durante i suoi corsi di fotografia nelle universit italiane invita gli studenti a riuscire a fotografare un oggetto inanimato (ad esempio un accendino) in modo banale, triste, allegro, antico, moderno o tecnologico. Si pu riuscire dunque ad interpretare la realt anche senza ricorrere a ricostruzioni o ad interventi manipolatori pi espliciti. Come considerare

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altrimenti la fotografia di Robert Frank al Ranch Market di Hollywood (fig. 2) contenuta nel suo libro The Americans? Il taglio ardito al collo della ragazza e laccostamento allusivo tra il suo volto e il rotondo faccione felice di Santa Claus riflettono inequivocabilmente la visione del sogno americano del fotografo. Michele Smargiassi nel suo libro Unautentica bugia riassume: la strada che conduce alla produzione di unimmagine fotografica costellata di scelte. Il fotografo guida la fotocamera attraverso una serie di incroci, biforcazioni e svincoli che cominciano prima dello scatto, rispuntano durante lo scatto, dopo lo scatto e continuano a presentarsi anche pi tardi quando la fotografia viene impacchettata come un prodotto, rilasciata ed immessa nel canale che la porter alla sua destinazione comunicativa. Sandro Iovine, anchegli storico e critico della fotografia, si chiesto pubblicamente pi volte perch nelle scuole non venga insegnato il linguaggio fotografico alla pari di come linsegnate spiega lanalisi logica e grammaticale di un testo scritto dato che, nonostante ci sia un gran vociferare sulla crisi dellimmagine, mai come oggi i giornali, i rotocalchi sono ricchi di immagini fotografiche; mai come oggi la foto costituisce un elemento linguistico imprescindibile del discorso sociale. Eppure Walter Benjamin ci avvert ancora nel lontano 1936 che non colui che ignora l'alfabeto, bens colui che ignora la fotografia sar l'analfabeta del futuro. Un altro tipo di manipolazione lassenza stessa di una fotografia come ci mostra William Klein nel cortometraggio Contacts (fig. 3) rivelando che limpressione che la fotografia abbia ormai preso tutto fa parte delle autoillusioni imperialiste e presuntuose dellideologia del mezzo: ogni fotografia fatta avrebbe potuto essere una fotografia non fatta. Prima ancora di intervenire sui meccanismi di ripresa e di stampa possibile inoltre intervenire sulla stessa scena reale che si prester allobbiettivo. Mettere in posa persone od oggetti inanimati si rivela tecnicamente ed esteticamente pi semplice ma eticamente assai pi problematico. Celeberrimo lepisodio che vede coinvolto Arthur Rothstein, fotografo della

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Farm Security Administration, organismo assistenziale del New Deal roosveltiano che si occupa della crisi rurale negli anni della Grande Depressione. Nel suo saggio del 1942 The Complete Photographer egli rivendica come legittimo tutto il processo produttivo di unimmagine ed convinto che il fotografo possa anche essere scenografo, drammaturgo e regista [] Ammesso che i risultati siano una riproduzione fedele di ci che il fotografo crede di aver visto. Cos, quando lungo una strada del South Dakota simbatte in un cranio bovino, sapendo bene cosa crede di aver visto mette in scena la metafora evocativa dei piccoli contadini costretti a fuggire dalle loro terre. Si spinge addirittura a spostare lo stesso cranio su diversi sfondi (fig. 4). Quando la destra repubblicana si accorge del falso cavalca lo scandalo facendone uso in campagna elettorale per denigrare il New Deal. La cosa probabilmente pi inquietante che per Rothstein non ha fotografato gli effetti di un disastro ecologico e sociale ma ha scattato la foto in maggio, nel deserto salino permanente delle Badlands, che nessun contadino ha mai provato a dissodare. Nelle didascalie originali onestamente Rothstein non parla infatti di siccit: si tratta per lui di immagini emblematiche alle quali il valore documentario viene accollato solo a posteriori dallapparato di propaganda del quale egli non responsabile. C poi il celeberrimo ritocco in postproduzione. Una presenza costante, stabile attraverso tutti gli aggiornamenti tecnici, lungo tutto larco dellevoluzione del medium. Aborrito da Henri Cartier-Bresson come da moltissimi altri fotografi, accettato da altri come comune prassi nel processo di realizzazione di unimmagine fotografica. probabilmente la pi esplicita forma di manipolazione e, sicuramente, la pi discussa, nonostante si cerchi di renderla invisibile. Qual il confine tra lecito ed illecito? Tra riproduzione della realt e falsificazione? Tra fotogiornalismo ed arte? Un fotografo che utilizzi le tecniche di mascheratura o bruciatura, in camera oscura come con Photoshop, lasciando integri contesti e soggetti si pu ritenere reo di ingannarci? Tanti sono i dubbi e le perplessit che muovono anche la vicenda di Patrick Schneider, reo di aver alterato i colori di unimmagine. La foto

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incriminata immortalava un vigile del fuoco allopera e sullo sfondo un sole splendente su un cielo arancione, che nelloriginale si presentava per grigio e scuro (fig. 5). Il fotografo si giustificato sostenendo che la sua alterazione non intendeva ingannare i lettori ma solo restaurare la tonalit effettiva del cielo persa a causa dellesposizione al bagliore del sole. Se confrontate con le tecniche di un altro grande fotografo, Eugene W. Smith, le tecniche utilizzate da Schneider non sembrano poi tanto scandalose. Anche Smith infatti era solito tendere al massimo le corde del suo strumento, permettendosi in camera oscura di aggiustare la realt per farla aderire meglio alla verit. A Smith concesso ci che a Schneider costato la revoca di un prestigioso premio e la sospensione temporanea dello stipendio. Egli ritenuto colpevole di tecniche tonali aggressive dalla National Press Photographers Association. Come considerare allora limmersione nel buoi del volto di un malato haitiano da parte di Eugene W. Smith (fig. 6)? Rispetto al negativo originale tutto cambiato eppure, se il delitto la modifica in s, pi che il suo effetto, allora quanti premi avrebbero dovuto ritirare ad Ansel Adams, inventore e teorico del sistema zonale che consente di previsualizzare, impostare e modificare anche profondamente i neri ed i bianchi a piacere. Probabilmente non sempre una manipolazione comporta la condanna del manipolatore. La falsa prova Quale lo scopo del fotogiornalismo? Quali sono i parametri di riferimento della comunicazione per immagini? Quali i suoi confini? La storia dellinformazione per immagini sempre stata accompagnata da tali interrogativi. Alberto Papuzzi afferma che ci si rende subito conto che la fotografia rappresenta uno strumento di persuasione forte: temuta dai governi e il pi delle volte, per questo, manipolata. Fotomontaggi, elaborazioni, scelte editoriali, valutazioni fotografiche in fase di scatto sono tutte occasioni suscettibili di un apporto personale, quindi soggettivo e per

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definizione non obiettivo. Una fotografia vale pi di mille parole, si dice. La fotografia pu essere una notizia, pu essere un commento. Ha la stessa dignit giornalistica di un testo scritto del quale devessere il contrappunto, il rafforzamento intelligente, non la ripetizione pedissequa. La fotografia giornalistica deve fornire il contesto visivo di un accadimento, deve rappresentare un fatto, non lidea di un fatto. Essa deve informare, non illustrare. Nel 2009 la legittimit dei ritocchi digitali venne affrontata dalla giuria del World Press Photo, il pi prestigioso e famoso premio per il mondo del fotogiornalismo, che inser una postilla ad hoc dedicata alla manipolazione digitale: the content of an image must not be altered. Only retouching which conforms to currently accepted standars in the industry is allowed. The jury is the ultimate arbiter of these standards and may at its discretion request the original, unretouched file as recorded by the camera or an untoned scan of negative or slide. Poco prima anche un altro prestigioso concorso internazione, il Picture of the Year, aveva inserito una speciale postilla: photos submitted to Picture of the Year must be a truthful represention of whatever happened in front of the camera during exposure. You may post-process the images electronically in accordante with good practice. That is cropping, burning, dodging, converting to black and white as well as normal exposure and color correction, which preservs the images original expression. The Judges and exhibition committee reserve the right to see the original raw image files, raw tape, negatives and/or slide. In cases of doubt, the photographer can be pulled out of competition. Proprio la giuria danese, infatti, squalific nel 2009 il fotogiornalista Klavs Bo Christensen per eccessiva manipolazione (fig. 7). I codici etici delle grandi agenzie fotografiche sono legittimamente molto restrittivi e, nel caso di manipolazione manifesta, introducono sanzioni nei confronti dei responsabili come accadde nel giugno del 2006 al fotografo Adnan Haji che Reuters cacci per aver aggiunto del fumo posticcio alla Beirut bombardata dallaviazione israeliana (fig. 8). Il caso di Klavs Bo Christensen

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risulta tuttavia di difficile valutazione poich non sono riscontrabili secondi fini e lintervento sembrerebbe essere di ordine puramente estetico. Tutto questo trambusto introduce nuove domande relative allinterpretazione del mezzo digitale e agli strumenti ad esso legati. Il file Raw pu considerarsi il nuovo negativo, la prova ultima della verit? Come si giudica la vera immagine digitale e chi pu giudicarla? Le nuove regole del World Press Photo parlano di standard: quali sono, chi li ha stabiliti e sulla base di quali criteri? Per avere una definizione aggiornata dei termini usati sufficiente sbirciare le dichiarazioni relative alletica della postproduzione pubblicate sul sito di 10b Photography, centro polifunzionale diretto dal pluripremiato fotogiornalista italiano Francesco Zizola, dove si postproducono quotidianamente le immagini di molti professionisti del reportage fotografico: Il Raw a tutti gli effetti un negativo, e la sua stampa deve seguire un processo di elaborazione, di raw conversion e di digital enhancing. La registrazione da parte della fotocamera avviene senza nessun intervento di software, ed i bit che ne derivano sono puri, appunto immodificabili. Arriviamo cos alla definizione dellimmagine latente nellera digitale. Linganno, insomma, deriverebbe dal fatto che, a differenza della pellicola (che doveva per forza di cose devessere sviluppata e che, a seconda dei rivelatori, della tempistica e della temperatura, pu essere gi interpretata), i file Raw sono visibili in tempo reale come anteprime. Una soluzione diversa stata trovata da un fotografo al quale basterebbe esibire il marchio di qualit del proprio cognome come garanzia: Gianni Berengo Gardin. Egli applica sul retro delle sue fotografie un timbro dal tono apparentemente polemico: Vera fotografia non corretta, modificata o inventata al computer. Questo, pi che un impegno di fedelt, sembra una vera e propria dichiarazione di stile che per ipotizza una condizione mitica e naturale della visione corretta rischiando di confermare lidea che tutte le altre fotografie siano false, riducendo il range a due modalit: vero o falso, eliminando tutta una gamma di sfumature con unampia zona crepuscolare nel

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mezzo. Anche Tom Glocer, chief executive officer di Reuters ha annunciato nel 2008 una collaborazione con Adobe e Canon per sviluppare un sistema di autentificazione delle immagini digitali. A complicare le cose ci hanno pensato comunque due studenti della Scuola Superiore delle Arti Decorative di Strasburgo, Guillame Chauvin e Remi Hubert, che dopo aver vinto nel 2009 il premio fotogiornalistico riservato agli studenti della rivista Paris Match hanno rivelato che il reportage non era altro che una messa in scena artistica per illustrare le reali difficolt nel mantenersi agli studi di alcuni coetanei (fig. 9). Ecco dunque una finta studentessa che si prostituisce, uno studente che dorme in unautomobile, il ragazzo di colore che lavora di notte o lo studente che fruga nei cassoni tra gli scarti del mercato. Abbiamo spinto i clich al limite, hanno spiegato i due studenti pensavamo che la cosa fosse cos palesemente banale da non poter vincere [] Volevamo aprire una discussione sul modo di operare di quei media che ritraggono la sofferenza umana con compiacimento e voyeurismo. Se fossimo stati studenti di giornalismo non ci saremmo mai permessi uniniziativa simile. Aldil delle provocazioni capita spesso di imbattersi in casi nei quali la realt viene modificata in modo rilevante. Esemplare il caso de Il manifesto, quotidiano italiano che da fa un uso molto speciale della fotografia in prima pagina. Il 10 ottobre del 2000 arriva in redazione unimmagine molto forte dellintifada palestinese scattata dal fotografo Jerome Delay: un insorto in kefiah si prende la testa tra le mani (che stringono ancora una fionda), gesto di protezione e di universale disperazione umana, mentre il titolo recita La caccia di Nazareth (fig. 10). In quella fotografia manca per un particolare: non compare la figura di un altro palestinese che, in secondo piano, sta ancora lanciando sassi. Il manifesto ammette lintervento con una nota editoriale il giorno successivo: S, labbiamo manipolata. Non si dovrebbe fare, in realt volevamo procedere ad uno scontorno, cio evidenziare il particolare che ci interessava. [] Limmagine dellaltro palestinese labbiamo cancellata non solo perch rovinava a nostro giudizio una bella foto ma anche perch non

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aggiungeva nulla al fatto, non certo perch ci vergogniamo dei palestinesi che tirano le pietre. Il 15 ottobre, non essendosi ancora esaurita la polemica, Il manifesto affida ad uno studioso di comunicazione, Franco Carlini, unanalisi pi articolate che risulta, nella sostanza, una rivendicazione del diritto dei media a giocare con le immagini: La polemica dei giorni scorsi sulla foto tagliata e ritoccata da questo quotidiano, offre un altro tassello al nostro provvisorio elenco di temi culturali che dovrebbero essere approfonditi e studiati in un ipotetico programma di alfabetizzazione alle nuove culture digitali e multimediali. La nostra tesi questa: l'epoca digitale obbliga chi scrive con le immagini a nuovi codici e dovrebbe spingere chi le legge ad assumere verso di esse un diverso atteggiamento mentale [] Nellepoca del digitale questa presunzione di verit deve finire e di fronte ad ogni immagine occorrer imparare a leggerla e a diffidarne. Dal punto di vista puramente fotografico, la cosa interessante che nella fotografia originale il secondo palestinese non rovina affatto una foto altrimenti bella, bens nel fotogiornalismo dellera della complessit i tagli violenti, cos come altri effetti connotativi come lutilizzo del mosso, dello sfocato o dellorizzione inclinato, possono essere un efficace stilema per sintetizzare visivamente una situazione violenta, confusa o semplicemente concitata e dinamica. Il secondo palestinese in secondo piano in realt ci che rende efficace questa foto, proprio perch le dona una complessit di lettura e di decifrazione. Volendo spezzare una lancia in favore de Il manifesto doveroso aggiungere che il lettore abituale della testata conosce lo stile del giornale e soprattutto del trattamento grafico della prima pagina. Il manifesto, in questo caso, non compie un atto di autocensura, opera piuttosto una scelta comunicativa corretta secondo schemi che appartengono alla pubblicit commerciale che prevede la trasmissione di un messaggio chiaro, semplice ed unico alla volta. Schemi che per sembrano andare stretti ad un genere come il fotogiornalismo e contro il patto di fiducia che ogni testata ha, o dovrebbe avere, con i propri lettori, abituali ed occasionali.

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Dulcis in fundo si deve constatare che loperazione del mostrare una fotografia non si rivela affatto neutra: ne costituisce il significato poich la fotografia non possiede un senso compiuto ed autosufficiente. Il potere di attestazione dellimmagine fotografica riesce a darci solo una testimonianza sul modo in cui le cose appaiono, non riesce a comunicarci cosa le cose fanno. La censura amministrata da unautorit forse la forma pi scontata di manipolazione selettiva su un corpus fotografico. I casi pi famosi di questo tipo di intervento si ritrovano ad esempio nelle fotografie di regime. Ecco dunque i ritocchi alla fotografia di Stalin e Nikolai Yezhor dove questultimo scompare dopo la sua esecuzione nel 1940 (fig. 11) o, prima ancora, le fotografie della Guerra di Crimea inviate dal fronte da Roger Fenton (fig. 12), al quale la casa reale inglese aveva commissionato esclusivamente fotografie in grado di smentire le notizie sulle terribili condizioni dei soldati. Ma neppure in democrazia un corpus fotografico arriva al pubblico nella sua interezza: non c vera informazione senza selezione. La selezione un filtro di significato, una dogana del senso, soprattutto quando le fotografie dialogano tra loro in una serie. Parlano da sole le due fotografie scattate rispettivamente da Joe Roshental ad Iwo Jima (fig. 13) e da Evgenij Chaldej sul tetto del Reichstag (fig. 14) in una Berlino avvolta dalle fiamme durante la Seconda guerra mondiale, entrambe destinate a diventare icone del ventesimo secolo. Pi sottile ancora quando attorno ad una fotografia viene tacitamente creato un contesto esplicativo ambiguo o del tutto fuorviante. Accade ad esempio in Cina dove la fotografia del giovane rivoltoso che ferma i carri armati in piazza Tian An Men (fig. 15), conosciuta dai cinesi e promossa dal potere per restaurare la propria credibilit ostentando la magnanimit dellesercito per aver fermato i tank e non aver investito il ragazzo. Anche il caso della fotografia di Eddie Adams scattata durante la guerra del Vietnam (fig. 16), divenuta icona del pacifismo, risulta paradossale: il fotografo si infatti ribellato allinterpretazione pacifista che la sua immagine assunse vincendo il Pulitzer. Adams sostenne infatti che il generale Loan, poi espatriato negli Stati Uniti, era un eroe: a volte una fotografia inganna perch non racconta tutta la storia. Secondo la ricostruzione di Adams infatti il generale Loan, in quello

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scatto, condanna a morte un uomo che ritiene colpevole di aver sterminato una famiglia intera di suoi conoscenti. Sappiamo inoltre che Adams non si trovava nei paraggi per caso, ma che era stato invitato nella pagoda An Quang quel 3 febbraio del 1968 dalla polizia di Saigon per documentare unoperazione di controllo. Qualcuno ha sostenuto la tesi che questa fotografia non sia altro che unesecuzione mediatizzata. Se nessun obbiettivo fosse stato presente Loan avrebbe comunque premuto il grilletto? Cosa stiamo davvero guardando quando ci imbattiamo in una delle infinite riproduzioni di questicona, lorrore della guerra o le responsabilit dei media? Con la guerra del Vietnam il rettangolo fotografico si trasforma anchesso in un campo di battaglia, terreno di conflitto tra poteri e contropoteri. Oggigiorno, nellepoca della New War, il potere militare sembra per aver ripreso il controllo sullimmagine della guerra. Al pesante vuoto visuale della prima Guerra del Golfo le offensive in Afghanistan e Iraq post-11 settembre si rivelano un coktail sapiente di censura, controllo degli accessi con lintroduzione della figura del fotografo embedded e una massa di immagini autoprodotte dai militari stessi. Lautoritratto della guerra puro e semplice che per difficilmente danneggia se stesso. Ogni guerra, da un ventennio oramai, apre un secondo fronte: quello delle immagini, siano esse le decapitazioni trasmesse da Al Jazeera (fig. 17) o le foto-ricordo dei soldati statunitensi dal carcere di Abu Ghraib (fig. 18). Conclusioni Eugene W. Smith ha persino potuto dichiarare che se la causa buona queste manipolazioni sono legittime; se la causa cattiva, allora un delitto. Egli per uno dei pochi, anzi pochissimi, nella storia della fotografia e del fotogiornalismo, che ha contribuito ad esempio con i suoi reportage sui campi di prigionia americani per i soldati giapponesi o sulle responsabilit industriali nellinquinamento di Minamata a far correggere alcune situazioni

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di ingiustizia, mostrate e dimostrate dalle sue fotografie. Ferdinando Scianna sostiene che non sempre lambiguit morale nel fotogiornalismo frutto di malafede o di cinismo. probabile che i sentimenti di impotenza, vergogna e furore causati dalle situazioni che si trovano a fotografare suscitino in alcuni la tentazione, per molti la scelta, di usare le loro fotografie come strumenti per tentare di cambiare il mondo, armi al servizio delle proprie opzioni ideologiche. Per Scianna la soluzione al delicato rapporto tra etica e fotogiornalismo si pu cercare nellaspirazione ad essere credibili. Credibilit che si costruisce e si legittima nel tempo. Gi negli anni Ottanta il docente di etica giornalistica Ken Kobre proponeva una semplice griglia fondata su due domande: A chi giova questa modifica? Sarei a mio agio rivelando al lettore ci che ho modificato?. Infine, Scianna e Smargiassi concordano nellaffermare che anche il lettore deve imparare ad essere meno inerme dinanzi alle immagini in tempi di bombardamenti giornalistici, pubblicitari e televisivi. Lipersaturazione distrugge il senso di ogni cosa, prosegue Scianna ed probabilmente questa la causa pi importante per cui la fotografia sul punto di perdere, non solamente dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto sul terreno culturale, la propria funzione di traccia, di documento della realt. [] per vero che dentro questo blob melmoso ed indifferenziato di immagini tutto si trasforma e si superficializza in spettacolo. E aumenta il disagio. A me pare che gli uomini del mondo di oggi non sentano molto una grande esigenza di realt. Preferiscono, preferiamo gli abitanti del mondo ricco la finzione, il sogno. [] Tutto questo ha provocato una mutazione dello sguardo giornalistico, per cui tutta quella retorica sul fotogiornalismo come finestra sul mondo si trasformata in una sorta di autoreferenzialit estetica. [] Dentro il mondo del fotogiornalismo troviamo gli esteti filantropi, certo, i filantropi furbi, gli imbecilli, i mascalzoni, le persone per bene, i grandi fotografi, i mediocri, gli onesti artigiani. Ma ogni giorno questi ci offrono immagini attraverso le quali spetta a noi il difficile compito di dare un senso, anche etico, al mondo.

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Probabilmente doveroso interrogarsi sul limite al quale deve fermarsi non solo la macchina fotografica, ma prima ancora la nostra ansia di vedere e di mostrare. Si tratta di una riflessione pi ampia sulla pretesa di dare corpo ad un super occhio, ad un occhio ciclopico che governa lordine del visibile confondendolo con lordine del reale. Rinunciare alle virt della fotografia a causa dei vizi dei suoi pigmalioni pu rivelarsi una follia. Volenti o nolenti faremo ancora per molto tempo i conti con quello che Luigi Ghirri chiamava lenigma fotografia [], unimmagine impossibile, misteriosamente, enigmaticamente ambigua.

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Fig. 1 Hippolyte Bayard, Autoritratto da annegato, 1840

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Fig. 2 Robert Frank, Ranch Market, Hollywood, 1956

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Fig. 3 William Klein, Contacts, 1983

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Fig. 4 Arthur Rothstein, Teschio bovino inaridito, 1936

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Fig. 5 Patrick Schneider, la fotografia manipolata oggetto della controversia, 2003

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Fig. 6 Eugene W. Smith, prima e dopo lintervento in camera oscura sul volto di un malato di mente haitiano, 1958

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Fig. 7 Elaborazione grafica di una delle fotografie di Klavs Bo Christensen oggetto di controversie: a sinistra il file raw originale e a destra le impostazioni del fotografo, 2009

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Fig. 8 Adnan Haji, Beirut bombardata dallaviazione israeliana (sopra) e anche con Photoshop (sotto), 2006

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Fig. 9 Guillame Chauvin, Remi Hubert alcune immagini del finto reportage apparso su Paris Match, 2009

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Fig. 10 la prima pagina de Il manifesto del 10 ottobre 2000

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Fig. 11 Anonimo, la manipolazione di unimmagine da parte dellapparato di propaganda sovietico: dopo il 1940 scompare la figura di Nikolai Yezhov

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Fig. 12 Roger Fenton, il generale Sir George Brown e il suo stato maggiore, 1855

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Fig. 13 Joe Roshental, alzabandiera ad Iwo Jima, 1945

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Fig. 14 Evgenij Chaldej, la bandiera sovietica issata sul Reichstag di Berlino, 1945

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Fig. 15 Jeff Widener, il rivoltoso sconosciuto di piazza Tien An Men, 1989

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Fig. 16 Eddie Adams, esecuzione di un vietcong, Saigon, 1968

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Fig. 17 il traduttore sudcoreano rapito dalle milizie irachene in un video rilasciato ad Al Jazeera prima della sua esecuzione, 2004

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Fig. 18 alcune delle fotografie scattate dai marines statunitensi allinterno del carcere iracheno di Abu Ghraib, 2004

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Bibliografia Papuzzi Alberto, 2003, Professione giornalista. Tecniche e regole di un mestiere, Roma, Donzelli Editore Smargiassi Michele, 2009, Unautentica bugia. La fotografia, il vero, il falso, Roma, Contrasto Due Pieroni Augusto, 2008, Leggere la fotografia. Osservazioni e analisi delle immagini fotografiche, Roma, Edup Branzaglia Carlo, 2003, Comunicare con le immagini, Milano, Paravia Bruno Mondadori Editore Joly Martine, 1999, Introduzione allanalisi dellimmagine, Torino, Lindau Marra Claudio, 2006, Limmagine infedele. La falsa rivoluzione della fotografia digitale, Milano, Paravia Bruno Mondadori Editore Carlotti Anna Lisa (a cura di), 2000, Usi e abusi dellimmagine fotografica, Milano, I.S.U. Universit Cattolica Sontag Susan, 2003, Davanti al dolore degli altri, Milano, Arnoldo Mondadori Editore Barthes Roland, 2003, La camera chiara. Nota sulla fotografia, Torino, Giulio Einaudi Editore Scianna Ferdinando, 2010, Etica e fotogiornalismo, Milano, Mondadori Electa

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