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PRIMO PIANO www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 10 febbraio 2009 - N. 3 IL SOLE 24 ORE 3 Tutti gli abbonati che devono ancora registrarsi possono farlo direttamente nel sito di ambiente&sicu- rezza cliccando su “registrati”, “nuovo utente”, e ricordarsi che per completare la registrazione occorre il “codice utente” stampato sul cellophane della rivista. Per ulteriori Informazioni Rivolgersi al Servizio clienti 02 o 06 30225680 PREVENZIONE E PROTEZIONE l Focus TU/Approfondimenti Stress: l’intervento psicologico come fattore di sviluppo ARTICOLO A PAG. 15 Con il Testo unico più incisività al ruolo del RLS ARTICOLO A PAG. 18 Le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008 sulle tubazioni in pressione ARTICOLO A PAG. 24 AMBIENTE E RISORSE l Proroghe Dalle discariche ai RAEE tutti i rinvii del D.L. n. 208/2008 COMMENTI DA PAG. 70 - TESTO A PAG. 72 l Tutela ambientale I nuovi profili penali nella direttiva 2008/99/CE ARTICOLO A PAG. 86

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PRIMO PIANO

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30225680

PREVENZIONE E PROTEZIONE

l Focus TU/ApprofondimentiStress: l’intervento psicologicocome fattore di sviluppo

ARTICOLO A PAG. 15

Con il Testo unico più incisività al ruolo del RLS

ARTICOLO A PAG. 18

Le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008sulle tubazioni in pressione

ARTICOLO A PAG. 24

AMBIENTE E RISORSE

l ProrogheDalle discariche ai RAEEtutti i rinvii del D.L. n. 208/2008

COMMENTI DA PAG. 70 ­ TESTO A PAG. 72

l Tutela ambientaleI nuovi profili penalinella direttiva 2008/99/CE

ARTICOLO A PAG. 86

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NOVITÀ

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GAZZETTA UFFICIALE: GLI ULTIMI 15 GIORNI

GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATO INAria Comunicato del Ministero

dell’Ambientee della Tuteladel territorio e del mare

«Approvazione della deliberazione del Comitato nazionale digestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE»

Gazzetta Ufficialedell’8 gennaio 2009, n. 5

In sintesi a pag. 98

Igienedi alimentie bevande

Ordinanza del Ministerodel Lavoro, della Salutee delle Politiche sociali10 dicembre 2008

«Misure urgenti in materia di produzione, commercializzazio­ne e vendita diretta di latte crudo per alimentazione umana»

Gazzetta Ufficialedel 14 gennaio 2009, n. 10

In sintesi a pag. 95

Rifiuti Decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri18 dicembre 2008

«Dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dei rifiutiurbani nel territorio della regione Calabria»

Gazzetta Ufficialedel 2 gennaio 2009, n. 1

In sintesi a pag. 97

Ordinanza del Presidentedel Consiglio dei Ministri29 dicembre 2008,n. 3724

«Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteg­giare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiutinella regione Campania»

Gazzetta Ufficialedel 15 gennaio 2009¸ n. 11

In sintesi a pag. 97

Legge 30 dicembre 2008,n. 210

«Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settoredello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonchémisure urgenti di tutela ambientale»

Gazzetta Ufficialedel 3 gennaio 2009, n. 2

In sintesi a pag. 98

Tutelaambientale

Ordinanza del Presidentedel Consiglio dei Ministri29 dicembre 2008,n. 3723

«Ulteriori interventi diretti a fronteggiare la situazione dicriticità determinatasi a seguito delle esplosioni verificatesinella raffineria “Umbria Olii s.p.a.” sita nel comune diCampello sul Clitumno»

Gazzetta Ufficialedel 15 gennaio 2009, n. 11

In sintesi a pag. 99

GAZZETTA UFFICIALE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO PUBBLICATO IN

Aria «Direttiva 2008/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di includere le attività di trasporto aereo nelsistema comunitario di scambio delle quote di emissioni dei gas ad effetto serra»

G.U.C.E. L13 gennaio 2009, n. 8

In sintesi a pag. 96

Igiene di alimentie bevande

«Regolamento (CE) n. 1331/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16dicembre 2008 che istituisce una procedura uniforme di autorizzazione per gliadditivi, gli enzimi e gli aromi alimentari»

G.U.C.E. L del31 dicembre 2008, n. 354

In sintesi a pag. 91

«Regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16dicembre 2008 relativo agli enzimi alimentari che modifica la direttiva 83/417/CEE delConsiglio, il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, la direttiva 2000/13/CE, ladirettiva 2001/112/CE del Consiglio e il regolamento (CE) n. 258/97»

G.U.C.E. L31 dicembre 2008, n. 354In sintesi a pag. 91

«Regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16dicembre 2008 relativo agli additivi alimentari»

G.U.C.E. L31 dicembre 2008, n. 354In sintesi a pag. 92

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NOVITÀ

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com10 febbraio 2009 ­ N. 3 IL SOLE 24 ORE5

Igiene di alimentie bevande

«Regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlmaneto eropeo e del Consiglio del 16dicembre 2008 relativoagli aromi e ad alcuni ingredienti alimentari con proprietàaromatizzanti destinati ad essere utilizzati negli e sugli alimenti e che modifica ilregolamento (CEE) n. 1601/91 del consiglio, i regolamenti (CE) n. 2232/96 e (CE) n.110/2008 e la direttiva 2000/13/CE»

G.U.C.E. L del 31dicembre 2008, n. 354

In sintesi a pag. 93

Sicurezzadei trasporti

«Direttiva 2008/114/CE del Consiglio dell’8 dicembre 2008 relativa alla individuazionee alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione dellanecessità di migliorarne la protezione»

G.U.C.E. L23 dicembre 2008, n. 345

In sintesi a pag. 93

Sostanzepericolose

«Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16dicembre 2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio dellesostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CEe che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006»

G.U.C.E. L31 dicembre 2008, n. 353

In sintesi a pag. 94

«Direttiva 2009/2/CE della Commissione del 15 gennaio 2009 recante trentunesimoadeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglioconcernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari edamministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dellesostanze pericolose»

G.U.C.E. L16 gennaio 2009, n. 11

In sintesi a pag. 95

«Decisione della Commissione del 2 dicembre 2008 n. 2009/10/CE che definisce unmodello per la comunicazione degli incidenti rilevanti ai sensi della direttiva 96/82/CEdel Consiglio sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinatesostanze pericolose»

G.U.C.E. L10 gennaio 2009, n. 6

In sintesi a pag. 96

LA SICUREZZADEGLI IMPIANTILa nuova disciplina degli impianti tecnologici el’efficienza energetica degli edificiDi Giulio BenedettiCon il decreto n. 37/2008 in vigore dal 27 marzo 2008 il legislatore,proseguendo sulla linea dei decreti legislativi n. 192/2005 e n. 311/2006,ha posto dei pesanti vincoli al trasferimento del bene energivoro od insicuro,arrivando a prevedere in questi casi addirittura la nullità relativa deicontratti di vendita o di locazione a far data dall'1 luglio 2009.Scopo dell'opera è di fornire al lettore una sintetica bussola giuridica chegli permetta di apprezzare rapidamente e con assoluta tranquillità ifondamenti delle normative rilevanti nelle materie attinenti agli impianti,al risparmio energetico, alla sicurezza ed alla tutela del consumatore.

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Aggiornato al Decreto delMinistero dello Sviluppoeconomico n. 37/2008

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SOMMARIO

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SOMMARIO

PREVENZIONE E PROTEZIONE

l Focus TU/Approfondimenti

La legge scopre lo stress: l’intervento psicologico come fattore di sviluppodi Simona Fazio e Chiara Montingelli .........................................................................................15

Il ruolo più incisivo del RLS rafforza i diritti dei lavoratoridi Mario Gallo ...........................................................................................................................18

Tubazioni in pressione: modalità per l’esercizio, classificazione e normativadi Casto Di Girolamo, Mario Di Carlo e Maria Bonacci ...............................................................24

l Sicurezza del lavoro

Uso dei DPI in ambienti severi freddi: dalla teoria normativa alla prassidi Daniela Freda, Michele del Gaudio e Paolo Lenzuni ...............................................................42

Il Ministero del Lavoro rilancia la filosofia preventiva in materia di attività ispettivadi Pietro Verna...........................................................................................................................56

l Sicurezza in cantiere

Interferenze verticali: il caso del grande cantiere per la Regione Lombardiadi Damiano Romeo, Antonio Rognoni e Roberta Pasinetti..........................................................59

GRANDI RISCHI

lAntincendio

Ampliamento di un’attività commerciale/ Idranti UNI 70 soprasuoloa cura di Mario Abate................................................................................................................68

RIFIUTI E BONIFICHE

l In apertura/Proroghe

Con il D.L. n. 208/2008 termini ancora differiti per le discariche di rifiutidi Luciano Butti ........................................................................................................................70Decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 .................................................................................72

Bonifiche e danno ambientale: definite le nuove proceduresu controversie e risarcimentidi Federico Peres ......................................................................................................................76

Sistema di gestione dei RAEE: ancora proroghe per l’avviodi Mara Chilosi ..........................................................................................................................79

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SOMMARIO

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RASSEGNERassegna di legislazionea cura di Sabrina Apicella...................................................................................................91a cura di Marco Fabrizio .....................................................................................................96

Rassegna di giurisprudenzaa cura di Pierguido Soprani...............................................................................................100a cura di Maria Melizzi.....................................................................................................105

Rassegna di delibere e leggi regionalia cura di Sabrina Apicella.................................................................................................109

RUBRICHE

Ultime in Gazzetta Ufficiale ............................................................................................4In sintesi............................................................................................................................9Scadenzarioa cura di Marco Fabrizio.....................................................................................................13Le news di A&Sa cura di Maria Luisa Felici................................................................................................116

AMBIENTE E RISORSEl Proroghe

Autorità di bacino idrico: il nuovo rinvio dei termini prolunga lo stato di precarietàdi Serena Corbetta.............................................................................................................83

l Tutela ambientale

La tutela penale dell’ambiente nella direttiva 2008/99/CEdi Angelo Merlin................................................................................................................86

Norme, progetti, appalti, mercati.

Informazioni e abbonamenti al sito http://vetrina.ilsole24ore.com/ediliziaterritorio

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SOMMARIO

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Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO

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SINTESI

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IN SINTESI

PREVENZIONE E PROTEZIONE

La legge scopre lo stress: l’intervento psicologico coma fattore di sviluppo ­Tradizionalmente, la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ha sempredisciplinato i rischi di natura chimica, fisica e biologica. Negli ultimi cinquant’anni si sono aggiunti i rischi dinatura ergonomica e psicosociali. Con l’emanazione del D.Lgs. n. 81/2008 è stata sottolineata l’importanza el’urgenza di porre molta attenzione alle modalità di tutela della salute psicologica del lavoratore alla luce,soprattutto, del progressivo aumento delle cause di stress e delle patologie stress-correlate.

Articoloa pag. 15

Diritti dei lavoratori rafforzati con la maggiore incisività del ruolo del RLS ­ Ildecreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con l’art. 50 ha ripreso sostanzialmente il contenuto del’art. 19, D.Lgs. n.626/1994, confermando i compiti consultivi e di controllo del RLS, con il diritto, da parte di questo soggetto, aricevere le informazioni dagli organi di vigilanza. In particolare, è stato ribadito il diritto del RLS a ricevere copiadel documento di valutazione dei rischi dietro apposita richiesta e questo diritto è stato esteso anche al DUVRI.Sull’attuazione di questo sistema di consultazione e partecipazione sono nate alcune criticità in fase di primaapplicazione del TU sicurezza che è necessario approfondire, soprattutto per quanto riguarda gli adempimentigestionali del datore di lavoro, la questione delle aziende nelle quali il RLS è assente e la comunicazione all’INAIL.

Articoloa pag. 18

Tubazioni in pressione: modalità per l’esercizio, classificazione e normativa ­ Ladirettiva prodotto 97/23/CE ha regolamentato a livello europeo la fabbricazione, la garanzia di conformità deirequisiti essenziali di sicurezza e i vari aspetti della commercializzazione di apparecchiature e di insiemi fissisoggetti a una pressione massima ammissibile superiore ai 50 kPa. Dopo il recepimento di questa direttiva con ilD.Lgs. n. 93/2000 e la pubblicazione del regolamento n. 329/2004 inerente alle norme per la messa in serviziodelle attrezzature in pressione, in seguito all’emanazione del D.Lgs. n. 81/2008, occorre comprendere qualisono, attualmente, le regole fissate per l’esercizio in sicurezza di questi impianti.

Articoloa pag. 24

Uso dei DPI in ambienti severi freddi: dalla teoria normativa alla prassi ­ Definitodalla linea guida del Coordinamento tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Provinceautonome e dell’ISPESL, come «il complesso dei parametri fisici ambientali che caratterizzano l’ambiente locale(manonnecessariamenteconfinato) e che, assiemeaparametri individuali quali l’attivitàmetabolicae l’abbiglia-mento, determinano gli scambi termici fra l’ambiente stesso e gli individui che vi operano», il microclima è statoinserito, dall’art. 180, Titolo VIII, D.Lgs. n. 81/2008, tra gli agenti fisici dai quali devono essere protetti i lavoratori.L’esposizione ad ambienti freddi può comportare un reale pericolo per il lavoratore, anche con ripercussioni chepossono portare alla morte del soggetto esposto. È necessaria, quindi, una opportuna valutazione del rischio alfine di poter individuare le misure idonee per garantire la tutela della salute del lavoratore.

Articoloa pag. 42

Il Ministero del Lavoro rilancia la filosofia preventiva in materia di attivitàispettiva ­ Il Ministero del Lavoro, con il decreto 18 settembre 2008, in seguito alla eliminazione dei libri pagae matricola e degli altri libri obbligatori e all’introduzione del libro unico del lavoro, ha voluto rilanciare «lafilosofia preventiva e promozionale» che deve caratterizzare l’attività ispettiva e di vigilanza. Secondo il Dicaste­ro, quest’attività deve prevenire gli abusi e sanzionare le irregolarità sostanziali, tralasciando ogni impostazionedi carattere puramente formale e burocratico di intralcio all’efficienza del sistema produttivo e senza alcuncontributo alla tutela del lavoratore (in Gazzetta Ufficiale del 12 novembre 2008, n. 265).

Articoloa pag. 56

Interferenze verticali: la Regione Lombardia gestisce un grande cantiere ­ LaRegione Lombardia sta realizzando una nuova sede dei propri uffici, una torre di 40 piani per 161 m di altezza, ilgrattacielo più alto di Italia. L’opera è realizzata in ciclo continuo con turni avvicendati e si compone da sei corpibassi che circondano la torre. Una costruzione così complessa comporta molti problemi inerenti agli aspetti dellasicurezza sul lavoro, uno dei quali è certamente la gestione delle interferenze verticali tra le diverse lavorazioni e lediverse imprese esecutrici. È necessaria, quindi, una costante attività di organizzazione e di programmazione chepossa garantire la tutela dei lavoratori impegnati nelle diverse attività del cantiere.

Articoloa pag. 59

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SINTESI

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Sintesida pag. 91

Enzimi, additivi e aromi alimentari ­ I regolamenti (CE) 16 dicembre 2008, n. 1331/2008, n.1332/2008, n. 1333/2008 e n. 1334/2008, hanno stabilito alcune particolari norme relativamente agli enzimi agliadditivi e agli aromi alimentari destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti, al fine di assicurare l’efficacefunzionamento del mercato interno, garantendo al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e diprotezione dei consumatori, comprese la tutela dei loro interessi e le prassi leali nel commercio alimentare (inG.U.C.E. L del 31 dicembre 2008, n. 354).

Sintesia pag. 93

Infrastrutture stradali ­ La direttiva 2008/114/CE del Consiglio 8 dicembre 2008 ha stabilito, per ciascunoStato membro, una procedura di individuazione e di designazione delle infrastrutture critiche europee che permetta ildelinearsi di un approccio comune sulla valutazione della necessità di migliorarne la protezione, contribuendo, così,alla tutela delle persone. Il provvedimento ha previsto l’obbligo, per ciascuno Stato membro, di individuare, secondouna apposita procedura specificamente indicata nell’Allegato III alla direttiva, le potenziali ECI e, quindi, comunicareagli altri Statimembri chepossonoessere interessati inmodosignificativodaunapotenzialeECIqualeè l’infrastrutturainquestioneequali le ragioniperdesignarla cometale (inG.U.C.E. Ldel23dicembre2008,n.345).

Sintesia pag. 95

Latte crudo per alimentazione ­ Con l’ordinanza 10 dicembre 2008, il Ministero del Lavoro, dellaSalute e delle Politiche sociali ha dettato alcune disposizioni urgenti in materia di produzione e di commercializza­zione di latte crudo destinato al consumo umano (in Gazzetta Ufficiale del 14 gennaio 2009, n. 10).

Massima e notaa pag. 100

Cantiere: responsabilità di appaltatore e subappaltatore ­ L’appaltatore risponde penalmentedegli eventidannosidipendentidall’attività svoltadal subappaltatore,quandosi sia ingeritonell’esecuzionedell’operamedianteunacondotta cheabbiadeterminatooconcorsoadeterminare l’inosservanzadinormeprevenzionistiche.Qualora i lavori di subappalto si svolgano nello stesso cantiere predisposto dall’appaltatore, in esso inserendosianche l’attività del subappaltatore per l’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, e non venendo menol’ingerenza dell’appaltatore e la diretta riconducibilità anche a lui dell’organizzazione del comune cantiere, inquanto investito dei poteri direttivi generali inerenti alla propria qualità, sussiste la responsabilità di entrambi talisoggetti in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla loro osservanza ed alla dovuta sorveglianza al riguardo.Un’esclusione della responsabilità dell’appaltatore è configurabile solo qualora al subappaltatore sia affidato losvolgimentodi lavori, ancorchédeterminati e circoscritti, che svolga inpienaedassolutaautonomiaorganizzativaedirigenziale rispetto all’appaltatore, e non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggettiescluda l’estromissione dell’appaltatore dall’organizzazione del cantiere. Peraltro la cooperazione non può inten­dersi come obbligo del committente di intervenire in supplenza dell’appaltatore tutte le volte in cui costui ometta,per qualsiasi ragione, di adottare misure di prevenzione prescritte a tutela soltanto dei suoi lavoratori, risolvendosiin un’inammissibile ingerenza del committente nell’attività propria dell’appaltatore.Quando, per la natura e le caratteristiche dell’attività commissionata, questa non si può svolgere in una zona o inun settore separato, coinvolgente solo i dipendenti dell’appaltatore (ovvero del subappaltatore), il datore di lavorocommittente, il quale è ex lege il coordinatore della cooperazione, deve essere in grado di rendersi contodell’insufficiente contributo tecnico dell’appaltatore medesimo e cooperare perché, di fatto, le condizioni di lavorosiano sicure; con la conseguenza che, verificatosi un infortunio, l’eventualmente inadeguato apprestamento dellemisure precauzionali non può non essere ascritto ad entrambi, in quanto garanti e destinatari dell’obbligo dipredisporre sicure condizioni di lavoro.Ilpericoloderivantedallamancataprotezionedell’ambientedi lavoro (nella specie:assenzadeidispositivi anticaduta)èriconoscibile da chiunque, senza necessità di una specifica competenza tecnica settoriale, e non attiene alla categoriadei “rischi specifici” propri dell’attività oggetto del subappalto. (Cassazione penale, sez. IV, 9 luglio 2008, n. 27965 enella sezione“Documentazione integrativa”del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)

Massima e notaa pag. 103

D.Lgs. n. 758/1994: pagamento tardivo ­ In tema di contravvenzioni antinfortunistiche, il paga­mento della somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa deveessere effettuato, secondo quanto dispone l’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 758/1994, entro trenta giorni dalladata in cui l’organo di vigilanza ha accertato l’adempimento della prescrizione. Una lettura coordinata dell’articolo24, comma 1, e dell’articolo 21, comma 2, chiarisce che il contravventore può godere solo dello spazio temporaleconcesso dalla legge anche per provvedere al pagamento.Anulla rilevachenonsianopreviste sanzioniper ilmancato rispettodel termine inesame,attesoche tutto l’ecceziona­le procedimento estintivo disciplinato dal D.Lgs. n. 758/1994 è ispirato a sequele procedimentali aventi il caratteredella perentorietà (la Corte ha ritenuto che «anche la ratio della legge, tendente ad una sollecita rimozione dellasituazione antigiuridica, fa propendere per la interpretazione secondo la quale la estinzione del reato sia collegata alpagamentoeffettuatonel terminenormativamenteprevisto»). (Cassazionepenale, sez. IV,11 luglio2008,n.28831enella sezione“Documentazione integrativa”del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)

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SINTESI

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GRANDI RISCHI

Ampliamento di un’attività commerciale/ Idranti UNI 70 soprasuolo ­ In questo numeroAmbiente&Sicurezza propone due chiarimenti in materia di antincendio. Nel primo quesito è presentato il caso diristrutturazione e di ampliamento di un’attività commerciale, contigua ad altre attività commerciali, per la quale ènecessario stabilire le caratteristiche di resistenza al fuoco che devono possedere le strutture di separazione. Ilsecondo chiarimento è inerente, invece, alle caratteristiche degli idranti UNI 70.

Quesitisull’antincendio

a pag. 68

Sostanze pericolose ­ Il regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008,n. 1272/2008, è stato emanato al fine di elevare il grado di protezione della salute umana e dell’ambiente eassicurare la libera circolazione delle sostanze chimiche (in G.U.C.E. L del 31 dicembre 2008, n. 353).La direttiva n. 2009/2/CE della Commissione 15 gennaio 2009, ha parzialmente modificato l’Allegato I alla direttiva67/548/CEE che contiene l’elenco delle sostanze pericolose oltre che le informazioni dettagliate sulla classificazio­ne e l’etichettatura di ognuna di esse (in G.U.C.E. L del 16 gennaio 2009, n. 11).

Sintesida pag. 94

Comunicazioni nazionali ­ La decisione della Commissione 2 dicembre 2008, n. 2009/10/CE reca il contenutominimorelativoalle informazionichegliStatimembridevonoinviareallaCommissioneCEin ipotesidiaccadimentodiunincidenterilevanteai sensidell’art.15,paragrafo2,decisionen.96/82/CE(inG.U.C.E.Ldel10gennaio2009,n.6).

Sintesia pag. 96

RIFIUTI E BONIFICHE

Gestione emergenziale. Calabria ­ Il D.P.C.M. 18 dicembre 2008 dilaziona al 31 dicembre 2009 ladichiarazione dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Calabria (in GazzettaUfficiale del 2 gennaio 2009, n. 1).

Sintesia pag. 97

Gestione emergenziale. Campania ­ L’O.P.C.M. 29 dicembre 2008, n. 3724 affronta sotto il profiloeconomico la nota situazione emergenziale in atto nella Regione Campania in materia di smaltimento di rifiuti (inGazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2009, n. 11).

Sintesia pag. 97

Gestione emergenziale. Campania e territorio nazionale ­ Tra le modifiche apportatedalla legge30dicembre2008,n.210, in sededi conversionedelD.L.6novembre2008,n.172, relativaall’emergen­za nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e altre misure urgenti di tutela ambientale sisegnalano la previsione dell’avvio di un progetto pilota, il potenziamento degli aspetti informativi relativi allagestione della nota crisi socio­economico­ambientale della Campania e l’ampliamento degli incentivi per la realizza­zione degli inceneritori su tutto il territorio nazionale (in Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2009, n. 2).

Sintesia pag. 98

Abbandono di rifiuti speciali pericolosi ­ Il reato di abbandono di rifiuti è reato commissivoeventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa con l’ultimo abusivo conferimento di rifiuti (Cassazionepenale, sezione III, 7 novembre 2008, n. 41848/08 e nella sezione “Documentazione integrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)

Massima e notaa pag. 105

AMBIENTE E RISORSE

Proroghe:conilD.L.n.208/2008nuovidifferimenti inmateriaambientale ­ Ildecreto-leg-ge 30 dicembre 2008, n. 208 ha introdotto «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezionedell’ambiente». In particolare: gli artt. 5 e 6 contengono un’ulteriore proroga sino al 31 dicembre 2009 dei terminiprevisti da alcune disposizioni in materia di discariche di rifiuti, compreso il conferimento di rifiuti con potere calorificoinferiore­PCI ­maggioredi13.000kJ/kg; l’art.2detta laproceduraper lacomposizionedelle liti relativeal risarcimentodel danno ambientale e alla rifusione degli oneri di bonifica e ripristino in relazione ai siti di bonifica di interessenazionale; l’art. 7 ha posticipato al 31 dicembre 2009 il termine per l’avvio del sistema di gestione dei RAEE “nuovi” eha ridefinito la nozione di “produttore”; l’articolo 1 ha stabilito un’ulteriore proroga alle Autorità di bacino di rilievonazionale, protraendo così, di fatto, lo stato di precarietà che fino a ora ha caratterizzato una delicata materia quale èquella della tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo. Sul n. 2/2009 è già stato commentato l’art. 5 in meritoall’ennesimoslittamentodell’avviodelpassaggioTARSU­TIA (inGazzettaUfficialedel31dicembre2008,n.304).

Commentida pag. 70

Testoa pag. 72

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SINTESI

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 10 febbraio 2009 ­ N. 3IL SOLE 24 ORE 12

Articoloa pag. 86

La tutela penale dell’ambiente nella direttiva comunitaria 2008/99/CE ­Mancando uno standard normativo minimo o un consolidato acquis comunitario relativo ai reatiambientali, soltanto l’introduzione di sanzioni penali può assolvere a un grado sufficiente di deterren­za, in maniera ben più pregnante e qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative o aimeccanismi risarcitori propri del diritto civile. Queste le premesse sulle quali la Commissione haemanato la direttiva 2008/99/CE del 19 novembre 2008, con l’obiettivo dichiarato di ottenere che gliStati membri introducano, nel proprio diritto penale interno, disposizioni che possano garantire una piùefficace tutela dell’ambiente. Tra i reati sanzionabili lo scarico, l’emissione o l’immissione illecitinell’aria, nel suolo o nelle acque, di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti, fino allaproduzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducanolo strato di ozono.

Sintesia pag. 96

Emissioni di gas ad effetto serra. Settore aereo ­ La direttiva 2008/101/CE delParlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 amplia notevolmente il campo applicativodella celebre direttiva 2003/87/CE istitutiva di un sistema comunitario per lo scambio di quote diemissioni dei gas a effetto serra, includendo nella stessa anche le emissioni provenienti da parte di unaeromobile esercente una delle attività di trasporto aereo elencate nell’Allegato I alla direttiva (inG.U.C.E. L del 13 gennaio 2009, n. 8).

Sintesia pag. 98

Emissioni di gas a effetto serra. Autorizzazioni ­ Il comunicato del Ministero dell’Am-biente e della Tutela del territorio e del mare dà notizia dell’avvenuta pubblicazione sul sito web delMinistero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare (http://www.minambiente.it) delledeliberazioni nn. 021/2008 e 022/2008 del Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva2003/87/CE (in Gazzetta Ufficiale dell’8 gennaio 2009, n. 5).

Sintesia pag. 98

Decreto “milleproroghe” ­ Tra le numerose proroghe introdotte dal decreto legge 30 dicembre2008, n. 207 si segnala, a valenza ambientale, il rinvio al 31 dicembre 2009 del termine relativoall’emanazione di un decreto interministeriale di fissazione dei limiti di riferimento per individuare lecondizioni di qualità delle acque tali da imporre il divieto di balneazione (in Gazzetta Ufficiale del 31dicembre 2008, n. 304).

Sintesia pag. 99

Gestione emergenziale ­ L’O.P.C.M. 29 dicembre 2008, n. 3723 identifica il 30 settembre 2009quale termine finale entro il quale il presidente della Regione Umbria ­ Commissario delegato exO.P.C.M. n. 3558/2006 ­ dovrà provvedere al completamento delle iniziative programmate e già incorso di attuazione per il definitivo superamento del contesto di criticità determinatosi a seguito delleesplosioni verificatisi nella raffineria “Umbria Olii S.p.A.” nel Comune di Campello sul Clitumno (inGazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2009, n. 11).

Massima e notaa pag. 106

Acque reflue da impianto sportivo ­ Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti ireflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alleattività domestiche (Cassazione penale, sezione III, 7 novembre 2008, n. 41850/08 e nella sezione“Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)

Massima e notaa pag. 107

Acque reflue da attività di allevamento ­ Lo scarico non autorizzato di reflui provenientidal laboratorio di trasformazione del latte, anche se annesso all’azienda di produzione, costituiscesenza alcuna incertezza scarico di ”acque reflue industriali” in quanto i caseifici sono consideratiinsediamenti produttivi (Cassazione penale, sezione III, 7 novembre 2008, n. 41845/08 e nella sezione“Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)

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SCADENZARIO

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com10 febbraio 2009 ­ N. 3 IL SOLE 24 ORE13

OBBLIGHI, ADEMPIMENTI, SCADENZEa cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma

Carni bovine: etichettaturaLe organizzazioni in possesso di disciplinari di etichettatura delle carni bovine, approvati ai sensi dell’art. 9,decreto ministeriale 30 agosto 2000, devono trasmettere entro il 28 febbraio 2009, al Ministero dellePolitiche agricole e forestali, i dati sintetici della banca dati e gli elenchi dei partecipanti ai diversi segmentidella filiera. (Art. 3, decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali 13 dicembre 2001)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Organizzazioni autorizzate all’etichettatura delle carni bovine Annuale 28 febbraio 2010

28FEBBRAIO

Invio della relazione annuale degli utilizzatori di amiantoIl 28 febbraio 2009 è il termine entro il quale le imprese che utilizzano amianto, anche indirettamente, neiprocessi produttivi, o che svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto, devono inviare alleRegioni o alle Province autonome territorialmente competenti, nonché alle relative AUSL, una relazioneindicante: 1) i tipi e i quantitativi di amianto utilizzati e dei rifiuti di amianto che sono oggetto di attività dismaltimento o di bonifica; 2) le attività svolte, i procedimenti applicati, il numero e i dati anagrafici degliaddetti, il carattere e la durata delle loro attività e le esposizioni all’amianto alle quali sono stati esposti; 3) lecaratteristiche degli eventuali prodotti contenenti amianto; 4) le misure adottate ai fini della tutela dellasalute dei lavoratori e dell’ambiente. A carico dei trasgressori è prevista la sanzione amministrativa pecuniariada euro 2.582,28 a euro 5.164,57. (Art. 9, comma 1, legge 27 marzo 1992, n. 257; circolare 17 febbraio1993, n. 124976)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Titolari di imprese che utilizzano amianto, anche indirettamente,nei processi produttivi, o che svolgono attività di smaltimento o dibonifica dell’amianto

Annuale 28 febbraio 2010

Dichiarazione annuale delle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azotoIl 28 febbraio 2009 è il termine entro il quale gli esercenti dei Grandi Impianti di Combustione (GIC, secondole definizioni di cui all’art. 17, comma 29, legge n. 449/1997, ed ex art. 1, D.P.R. n. 416/2001) devonopresentare agli Uffici tecnici di finanza, competenti per territorio, la dichiarazione annuale contenente i datirelativi alle emissioni di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx) dell’anno precedente. In particolare,la dichiarazione dovrà contenere: a) la denominazione della ditta, la sede sociale, la partita IVA, il codicefiscale e le generalità di chi la rappresenta legalmente e negozialmente; b) il comune, la via e il numero civico ola località in cui si trova l’impianto; c) la costituzione di grande impianto di combustione nonché la descrizionee le caratteristiche dei singoli impianti; d) la qualità e quantità complessiva di ciascun combustibile utilizzato,anche risultante dalla documentazione fiscale; e) la quantità complessiva rispettivamente di SO2 e NOxemessa e la relativa metodologia di calcolo. L’esercente dovrà conservare per almeno cinque anni ladocumentazione attestante la veridicità della dichiarazione. A carico dei trasgressori è previsto: a) per ilritardato versamento, l’indennità di mora e gli interessi ex art. 3, comma 4, D.Lgs. n. 504/1995; b) perl’omesso pagamento, oltre l’indennità di mora e gli interessi di cui al precedente punto, anche la sanzioneamministrativa pecuniaria dal doppio al quadruplo della tassa dovuta; c) per gli ulteriori tipi di inosservanza, lasanzione amministrativa pecuniaria da euro 258,23 a euro 1.549,37. (Art. 17, commi 29 e 30, legge 27dicembre 1997, n. 449; D.P.R. 26 ottobre 2001, n. 416)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Esercenti dei grandi impianti di combustione (GIC, secondo ledefinizioni di cui all’art. 17, comma 29, legge n. 449/1997, ed exart. 1, D.P.R. n. 416/2001)

Annuale 28 febbraio 2010

Rapporto annuale dei gestori del servizio di acquedotto e di fognaturaIl 28 febbraio 2009 è il termine entro il quale il gestore del servizio di acquedotto e/o di fognatura devetrasmettere all’Osservatorio dei servizi idrici il rapporto annuale relativo ai dati sul volume d’acqua degliimpianti di acquedotto e di fognatura nonché il valore dei parametri di valutazione delle perdite. Il rapportodeve essere redatto secondo gli standard indicati nel punto 4, Allegato al D.M. n. 99/1997. (Art. 3, D.M. 8gennaio 1997, n. 99)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Gestore del servizio di acquedotto e/o di fognatura Annuale 28 febbraio 2010

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SCADENZARIO

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28FEBBRAIO

Osservatorio nazionale rifiuti: invio della relazione annualeIl 28 febbraio 2009 scade il termine entro il quale l’Osservatorio nazionale sui rifiuti deve approvare etrasmettere, al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, dello Sviluppo economico,della Salute e a quello dell’Economia e delle Finanze, la relazione annuale sulle attività svolte, i risultaticonseguiti e le risorse impegnate nel corso dell’anno precedente, sulla base dei dati forniti dal dirigente dellastruttura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, competente al supportoamministrativo e contabile dell’Osservatorio medesimo. (Art. 4, comma 3, D.M. 18 aprile 2000, n. 309)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Osservatorio nazionale sui rifiuti Annuale 28 febbraio 2010

Invio delle schede informative sui dati di produzione e di vendita dai titolari di stabilimenti diproduzione, di autorizzazioni e di esercizi di vendita di prodotti fitosanitari e di coadiuvanti diprodotti fitosanitari, destinati all’uso agricolo o all’esportazioneI titolari degli stabilimenti di produzione, delle autorizzazioni e degli esercizi di vendita di prodotti fitosanitari edi coadiuvanti di prodotti fitosanitari, destinati all’uso agricolo o all’esportazione, devono inviare, entro il 28febbraio 2009, all’autorità regionale territorialmente competente, le schede informative sui dati di produzio­ne e di vendita relativi all’anno precedente. Queste “schede informative” dovranno contenere almeno: a) leinformazioni relative al dichiarante (ragione sociale o cognome e nome, se si tratta di persona fisica, partitaIVA e codice fiscale, sede e recapito telefonico o fax o e-mail) nonché la specificazione se si tratta diintestatario della registrazione o di intermediario o di terzista o di assimilato; b) le informazioni relative aiprodotti fitosanitari o ai coadiuvanti di prodotti fitosanitari, quali denominazione, numero di registrazione,quantità espresse in chilogrammi o litri, acquirenti. Dovrà essere utilizzata la modulistica allegata alla circolaredel Ministero delle Politiche agricole e forestali 30 ottobre 2002, compilata secondo le istruzioni descritte.(Art. 42, D.P.R. 23 aprile 2002, n. 290; circolare 30 ottobre 2002)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Titolari degli stabilimenti di produzione, delle autorizzazioni edegli esercizi di vendita di prodotti fitosanitari e di coadiuvanti diprodotti fitosanitari, destinati all’uso agricolo o all’esportazione

Annuale 28 febbraio 2010

Gas a effetto serra: assegnazione delle quoteIl 28 febbraio 2009 scade il termine entro il quale il comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva2003/87/CE deve rilasciare le quote di emissioni di gas a effetto serra a favore dei gestori di ciascun impiantoautorizzato che, al 1° gennaio dell’anno in corso, non si trovi in stato di chiusura o di sospensione ai sensidell’art. 21, D.Lgs. n. 216/2006 (Art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 216/2006).

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva2003/87/CE Annuale 28 febbraio 2010

Relazione mensile sull’inquinamento acustico aeroportualeEntro il 28 febbraio 2009 le Regioni devono trasmettere al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorioe del mare nonché al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la relazione mensile sul monitoraggio delrumore aeroportuale. Questo al fine di verificare il rispetto da parte degli eventuali voli notturni compresi nellafascia oraria dalle ore 23.00 alle ore 6.00 locali, dei requisiti acustici previsti dal capitolo 3, parte II, volume I,Allegato XVI alla Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale, stipulata a Chicago il 7 dicembre1944 e ratificata in Italia con legge n. 561/1956. Da queste prescrizioni risultano esentati, comunque, i voli diStato, sanitari e di emergenza. (Art. 1, D.P.R. 9 novembre 1999, n. 476)

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA

Regioni Mensile 31 marzo 2009

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PREVENZIONE E PROTEZIONEFocus TU ­ Articolo

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N egli ultimi anni anche in Italia è aumentato l’interesse verso la tematica dello stress inambito occupazionale e la nuova normativa in materia di tutela della salute e dellasicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) ha esplicitato in modo incisivo l’obbligo

di valutare i rischi «anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato». Lo stress legato all’attivitàlavorativa è un rischio reale e di impatto crescente per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Inquesto contesto si definisce l’importanza di affiancare ai tradizionali interventi strutturati in otticaorganizzativa l’intervento dello psicologo clinico, quale figura competente della salute e delbenessere della persona.

l di Simona Fazio, psicologa, e Chiara Montingelli, psicologa

All’attività lavorativa sono stati tradizional­mente collegati rischi di natura chimica, fisicae biologica. A questi si sono aggiunti, nel cor­so degli ultimi cinquant’anni, i rischi di naturaergonomica e psicosociale, cioè legati all’orga­nizzazione del lavoro e alle relazioni umane,che possono influire negativamente sulla sta­bilità psicofisica del lavoratore.Oggi giungono da molte direzioni segnali cheindicano l’importanza e l’urgenza di porre at­tenzione alla strategia di tutela della salute edella sicurezza psicologica del lavoratore an­che in ragione del progressivo aumento dellecause di stress e delle patologie stress­correlate.I problemi riguardanti lo stress investono inmaniera sempre più consistente il mondo dellavoro ed è aumentata la consapevolezza deilavoratori nei confronti dei rischi connessi.Sono più di 40 milioni i lavoratori dell’Unioneeuropea affetti da stress, con costi annui sti­mati di circa 20 miliardi di euro secondo le

valutazioni dell’European Foundation for theImprovement of Living and Working Condition.

La revisione legislativaAnche in Italia negli ultimi anni è aumentatol’interesse verso questa tematica, atteggia­mento che trova un recente riscontro anche inambito legislativo attraverso il nuovo Testounico sicurezza (D.Lgs. n. 81/2008). Nelcomma 1, art. 28 (si veda il riquadro 1), aitradizionali rischi per la salute dei lavoratori siaggiungono, infatti, quelli collegati allo stresslavoro­correlato, secondo i contenuti dell’ac­cordo europeo 8 ottobre 2004.La legge riflette una nuova concezione delrischio sul lavoro, consolidatasi a livello inter­nazionale, che si allarga a comprendere an­che i fattori che incidono sul benessere psico­fisico della persona, nonché, di conseguenza,sul raggiungimento degli obiettivi lavorativi.Questa nuova concezione si pone alla base

l Igiene del lavoro. Nel TU anche i fattori che incidono sul benessere psicofisico

La legge scopre lo stress:l’intervento psicologicocome fattore di sviluppo

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PREVENZIONE E PROTEZIONEFocus TU ­ Articolo

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dell’accordo siglato a Bruxelles nel 2004 daCes (sindacato europeo), Ueapme (associazio­ne europea artigianato e Pmi), Ceep (associa­zione europea delle imprese partecipate dalpubblico e di interesse economico generale).Nel documento è stato riconosciuto che lostress, potenzialmente, può colpire in qualun­que luogo di lavoro e qualunque lavoratore aprescindere dalle dimensioni dell’azienda, dalcampo di attività, dal tipo di contratto o dirapporto di lavoro e si accompagna a malesse­re e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali.L’accordo europeo è il risultato della ricerca diuna nuova strategia comunitaria per la salutea la sicurezza condotta dalla Commissionedelle Comunità europee che, già nel 2002,aveva sottolineato che «I cambiamenti nell'or­ganizzazione del lavoro, in particolare le moda­lità più flessibili di organizzazione dell'orario dilavoro e una gestione delle risorse umane piùindividuale e maggiormente orientata al risulta­to hanno un'incidenza profonda sui problemilegati alla salute sul luogo di lavoro o, più ingenerale, sul benessere sul luogo di lavoro».Le malattie considerate emergenti quali lostress, la depressione o l'ansia, nonché la vio­lenza sul luogo di lavoro, le molestie e l'intimi­dazione, rappresentano ben il 18% dei pro­blemi di salute legati al lavoro, un quarto deiquali comporta un'assenza dal lavoro pari osuperiore alle due settimane[1].

All’accordo europeo seguono ulteriori comu­nicazioni che hanno evidenziato la relazionefra la salute mentale e la produttività; mentrela salute mentale incentiva la capacità lavora­tiva e la produttività, cattive condizioni dilavoro, comprese le intimidazioni da parte deicolleghi, comportano problemi psichici, as­senze per malattia e maggiori costi. Fino al28% dei lavoratori dipendenti europei segna­la situazioni di stress sul lavoro[2].Sulla stessa linea l’OMS ha segnalato che,entro il 2020, la depressione diventerà lacausa principale di inabilità al lavoro; pertan­to, il luogo di lavoro costituisce l’ambienteprivilegiato per la prevenzione dei disturbipsicologici. Interventi volti a promuovere lacapacità individuale e a ridurre i fattori distress nell’ambiente di lavoro migliorano lasalute e favoriscono lo sviluppo economico.

L’intervento psicologicoLa novità dell’accento posto sulla salute psico­fisica del lavoratore e la complessità delletematiche affrontate in termini di rischio psi­cosociale e di stress hanno chiamato in causaconoscenze e competenze che coincidonocon quelle dello psicologo clinico, in quantofigura tradizionalmente impegnata nella pro­mozione del benessere della persona attra­verso l’attenzione ai processi emotivi, motiva­zionali e alle dinamiche relazionali.

1) Comunicazione della Commissione 11 marzo 2002, COM(2002) 118, «Adattarsi alle trasformazioni del lavoro edella società: una nuova strategia comunitaria per la salute e sicurezza 2002­2006».

2) Documento della Commissione 18 ottobre 2005, COM(2005) 484, «Libro verde. Migliorare la salute mentale dellapopolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea».

l Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, art. 28, commi 1 e 2, lettera a)

«Oggetto della valutazione dei rischi1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze odei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per lasicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cuianche quelli collegati allo stress lavoro­correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelliriguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151,nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi.2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa econtenere:una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale sianospecificati i criteri adottati per la valutazione stessa».

Riquadro 1

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PREVENZIONE E PROTEZIONEFocus TU ­ Articolo

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com10 febbraio 2009 ­ N. 3 IL SOLE 24 ORE17

In un’ottica multidisciplinare, la figura dellopsicologo clinico si affianca ad altre professio­nalità già impegnate nella tutela dello sviluppoorganizzativo e della qualità dei servizi offertidall’organizzazione. In altri termini, al fine disalvaguardare il buon funzionamento del­l’azienda, occorre concepire un’azione sinergi­ca fra chi si occupa essenzialmente di salute edi efficienza dell’organizzazione e chi si occu­pa di prevenzione del rischio psicosociale e,quindi, di tutela della salute dei lavoratori.L’esperienza e la ricerca internazionale solle­citano da tempo a porre l’attenzione su inter­venti di tipo psicologico centrati sul singololavoratore e il suo benessere, evidenziandocome intervenire sulla persona non solo pre­venga e riduca i fattori di stress a livello indivi­duale, aumentando l’efficienza e l’efficacia,ma abbia una ricaduta significativa sull’azien­da in termini di maggiore produttività, minoreassenteismo, minore numero di errori in favo­re di una migliore qualità dei beni o dei servizie di una buona immagine dell’azienda stessa.In termini operativi, la figura professionale del­lo psicologo clinico può fornire, alle aziende e aisingoli dipendenti, un servizio avente lo scopo

di monitorare il grado di disagio e di stress inambito professionale e poter fornire immediatee specifiche possibilità di intervento quali:l formazione/informazione di gruppo;l valutazione del rischio psicosociale;l colloqui individuali o di gruppo;l sostegno psicologico;l diagnosi e invio a strutture e a servizi com­

petenti.L’attuazione di queste azioni di prevenzione edi intervento permette all’azienda, quindi, diacquisire vantaggi in termini aziendali, indivi­duali e di adempimenti legislativi.Una corretta valutazione del ruolo di unaprofessione d’aiuto come quella dello psicolo­go clinico comporta, pertanto, considerarla apieno titolo fattore di sviluppo, di competizio­ne e di crescita.La revisione legislativa ha offerto, dunque,un’importante occasione per concepire e at­tuare un nuovo modello di intervento, ancorapoco presente nella realtà aziendale italiana,che individua nel benessere psicofisico delsingolo una delle chiavi fondamentali per losviluppo organizzativo. l

l Stralcio dell’accordo europeo 8 ottobre 2004

«2. ObiettivoL’obiettivo di questo accordo è di offrire ai datori di lavoro e ai lavoratori un modello che consenta di individuare e di prevenire ogestire i problemi di stress da lavoro.5. ResponsabilitàIn base alla direttiva quadro 89/391, tutti i datori di lavoro sono obbligati per legge a tutelare la sicurezza e la salute deilavoratori. Questo dovere riguarda anche i problemi di stress da lavoro in quanto costituiscono un rischio per la salute e lasicurezza. Tutti i lavoratori hanno il dovere generale di rispettare le misure di protezione decise dal datore di lavoro. I problemiassociati allo stress possono essere affrontati nel quadro del processo di valutazione di tutti rischi, programmando una politicaaziendale specifica in materia di stress e/o attraverso misure specifiche mirate per ogni fattore di stress individuato.6. Prevenire, eliminare o ridurre i problemi di stress da lavoroPer prevenire, eliminare o ridurre questi problemi si può ricorrere a varie misure. Queste misure possono essere collettive,individuali o tutte e due insieme. Si possono introdurre misure specifiche per ciascun fattore di stress individuato oppure lemisure possono rientrare nel quadro di una politica anti­stress integrata che sia contemporaneamente preventiva e valutabile.Dove l’azienda non può disporre al suo interno di competenze sufficienti, può ricorrere a competenze esterne in conformità alleleggi europee e nazionali, ai contratti collettivi e alle prassi. Una volta definite, le misure anti­stress dovrebbero essereriesaminate regolarmente per valutarne l’efficacia e stabilire se utilizzano in modo ottimale le risorse disponibili e se sono ancoraappropriate o necessarie. Queste misure possono comprendere ad esempio:l misure di gestione e di comunicazione in grado di chiarire gli obiettivi aziendali e il ruolo di ciascun lavoratore, di assicurare un

sostegno adeguato da parte della direzione ai singoli individui e ai team di lavoro, di portare a coerenza responsabilità econtrollo sul lavoro, di migliorare l’organizzazione, i processi, le condizioni e l’ambiente di lavoro;

l la formazione dei dirigenti e dei lavoratori per migliorare la loro consapevolezza e la loro comprensione nei confronti dellostress, delle sue possibili cause e del modo in cui affrontarlo, e/o per adattarsi al cambiamento;

l l’informazione e la consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti, in conformità alla legislazione europea enazionale, ai contratti collettivi e alle prassi».

Riquadro 2

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N el processo di riforma dell’obbligazione di sicurezza operata attraverso il D.Lgs. 9 aprile2008, n. 81, il legislatore ha tentato di rafforzare i meccanismi di compartecipazionepuntando, soprattutto, su un ruolo più incisivo del rappresentante dei lavoratori per la

sicurezza (RLS). Questa figura della prevenzione appare ora dotata di nuovo vigore per effettodi alcune importanti innovazioni introdotte nell’art. 47 e seguenti e la sua funzione primaria èquella di garantire ai lavoratori l’esercizio dei diritti di partecipazione e di controllo in materia disalute e di sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento alle scelte fondamentali da parte deldatore di lavoro.

l di Mario Gallo, professore di Diritto del Lavoro nell’Università degli Studi di Cassino

L’art. 50, D.Lgs. n. 81/2008, ha ripresosostanzialmente il contenuto dell’art. 19,D.Lgs. n. 626/1994, e ha confermato i com­piti consultivi e di controllo, con il diritto, daparte del RLS, a ricevere le informazionidagli organi di vigilanza (si veda il riquadro1); in particolare, è stato ribadito il dirittodel RLS a ottenere una copia del documentodi valutazione dei rischi (DVR) previsto da­gli artt. 17 e 28, D.Lgs. n. 81/2008, previaapposita richiesta.Il comma 5 ha esteso questo diritto anche aldocumento unico di valutazione dei rischida interferenze (DUVRI), disciplinato oradall’art. 26, la cui copia potrà essere richie­sta sia dal RLS dell’impresa committente siadal RLS delle imprese appaltatrici. Questoquadro normativo è integrato dalla previsio­

ne di un ruolo attivo della contrattazionecollettiva che può introdurre ulteriori attri­buzioni e una disciplina particolare perquelle elencate nell’art. 50.Di questo sistema di consultazione e di par­tecipazione, che cerca di dare attuazioneanche ai principi contenuti nell’art. 46,Cost., e nell’art. 9, legge n. 300/1970 (co­siddetto Statuto dei lavoratori)[1], appare op­portuno approfondire alcune criticità emer­se in sede di prima applicazione del cosid­detto Testo unico sicurezza, per quantoriguarda gli adempimenti gestionali del da­tore di lavoro, la questione delle aziendenelle quali il RLS è assente e la comunica­zione all’INAIL (art. 18, comma 1, letteraaa), anche alla luce delle disposizioni del

l Sicurezza del lavoro. In tutte le aziende deve essere eletto il rappresentante

Il ruolo più incisivo del RLSrafforza i diritti dei lavoratori

1) L’art. 9 della legge n. 300/1970 stabilisce che i lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllarel’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca,l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.

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D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (cosiddetto“milleproroghe”) che ha concesso solo unaparziale proroga di alcuni delicati obblighiprevisti dal D.Lgs. n. 81/2008 che non era­no ancora entrati in vigore il 15 maggio2008.

L’elezione del RLS:il ruolo del datore di lavoroL’art. 47, comma 2, ha stabilito che in tutte leaziende, o unità produttive, è eletto o designatoil rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.In particolare, in quelle nelle quali sono occu­

l D.Lgs. n. 81/2008, art. 50«Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»

1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programma­zione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzioneincendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’articolo 37;e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzionerelative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione eagli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall’articolo 37;h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute el’integrità fisica dei lavoratori;i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;l) partecipa alla riunione periodica di cui all’articolo 35;m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;o) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;p) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottatedal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salutedurante il lavoro.2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senzaperdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciute­gli, anche tramite l’accesso ai dati, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Nonpuò subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stessetutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l’espletamento della sua funzione, riceve copia deldocumento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a).5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delleimprese appaltatrici, su loro richiesta e per l’espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento divalutazione dei rischi da interferenze (DUVRI) di cui all’articolo 26, comma 3.6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione deirischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processilavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni.7. L’esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabileo addetto al servizio di prevenzione e protezione.

Riquadro 1

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pati fino a 15 lavoratori, il rappresentante deilavoratori per la sicurezza è di norma elettodirettamente dai lavoratori al loro interno op­pure è individuato, per più aziende, nell’ambitoterritoriale o del comparto produttivo, secondoquanto previsto dall’art. 48. Invece, in quellenelle quali sono occupati più di 15 lavoratori, ilrappresentante dei lavoratori per la sicurezza èeletto o designato dai lavoratori nell’ambitodelle rappresentanze sindacali in azienda(RSA) e, qualora le stesse siano assenti, il rap­presentante è eletto dai lavoratori della aziendaal loro interno. Spetta alla contrattazione collet­tiva stabilire il numero[2][3], le modalità di desi­gnazione o di elezione, nonché il tempo di lavo­ro retribuito e gli strumenti per l’espletamentodelle funzioni, e il comma 6 ha introdotto an­che l’election day stabilendo, appunto, che l’ele­zione deve avvenire di norma in corrisponden­za della giornata nazionale per la salute e lasicurezza sul lavoro, individuata, nell’ambitodella settimana europea per la salute e sicurez­za sul lavoro, con decreto del Ministro del Lavo­ro, sentite le confederazioni sindacali dei datoridi lavoroedei lavoratori comparativamentepiùrappresentative sul piano nazionale. Pertanto,appare evidente che questi adempimenti sonoposti a carico della collettività dei lavoratori enon del datore di lavoro che, viceversa, consi­derando anche la disciplina contenuta nellacontrattazione collettiva, è tenuto solo a infor­mare gli stessi in ordine alla disciplina in mate­ria di consultazione e di partecipazione (art. 36,

comma 2, lettera a) e, successivamente, a ga­rantire alRLS la formazione (art. 37, commi10,11 e 12), l’esercizio delle attribuzioni stabilitedall’art. 50 (art. 18, comma 1, lettera s) oltre chea comunicare annualmente all’INAIL il nomi­nativo. Questi obblighi sorgono in capo al dato­re dal momento in cui lo stesso è venuto aconoscenza dell’avvenuta elezione.

Le incompatibilitàRispetto al D.Lgs. n. 626/1994, che avevaintrodotto un modello prevezionistico basatosul principio della cooperazione pura tra lediverse figure della prevenzione, il D.Lgs. n.81/2008, invece, sembra proporre un mo­dello tendenzialmente conflittuale, di con­trapposizione tra i diversi soggetti interessati;esempi emblematici, in tal senso, sono i rinno­vati ruoli del preposto e del medico compe­tente, l’esaltazione dell’esercizio del poteredisciplinare e le nuove incompatibilità dettateper l’elezione a RLS. Infatti, riprendendo undiscutibile orientamento espresso dalla Cortedi Cassazione[4], il legislatore ha stabilito, alcomma 7, art. 50, che l’esercizio delle funzio­ni di rappresentante dei lavoratori per la sicu­rezza è incompatibile con la nomina di re­sponsabile del servizio di prevenzione e pro­tezione (RSPP) e con quella di addetto alservizio di prevenzione e protezione (ASPP).Pertanto, a titolo esemplificativo, un lavorato­re designato dal datore di lavoro come addet­to all’antincendio o al primo soccorso azien­

l Nota INAIL 18 luglio 2008Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: comunicazioni all’INAIL

Il D.Lgs. n. 81/2008 (art. 18, comma 1, lettera aa), impone di comunicare annualmente all’INAIL i nominativi deirappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.I datori di lavoro non devono ancora effettuare alcun adempimento in quanto sono in corso di definizione le modalità e itermini di comunicazione.Non appena possibile saranno rese note tutte le indicazioni utili, per le quali si assicura fin da ora la massimasemplificazione operativa.

Riquadro 2

2) Si osservi che l’art. 47, comma 7, fissa il numero minimo dei rappresentanti dei lavoratori: a) un rappresentante nelleaziende ovvero unità produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201a 1.000 lavoratori; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende o unità produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali aziendeil numero dei rappresentanti è aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o dalla contrattazionecollettiva.

3) Cfr. Accordo Interconfederale del 22 giugno 1995, Confindustria e CGIL­CISL­UIL.4) Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 19965 del 15 settembre 2006.

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dale (artt. 43 e seguenti) può legittimamenteessere eletto come RLS, invece, l’elezione diun RSPP o di un ASPP determina un’ipotesidi decadenza dalla nomina.

La mancata elezionedel RLS internoQualora i lavoratori non eleggano il proprioRLS, le funzioni saranno esercitate dai rap­presentanti territoriali o di sito (artt. 48 e49), salvo diverse intese tra le associazionisindacali dei lavoratori e dei datori di lavorocomparativamente più rappresentative sulpiano nazionale, e in questo caso il datore dilavoro dovrà anche contribuire all’appositofondo previsto dall’art. 52, istituito pressol’INAIL (art. 48, comma 3). In particolare,per quanto riguarda la figura del rappresen­tante dei lavoratori per la sicurezza territo­riale (RLST), i criteri per l’elezione sonoindividuati dagli accordi collettivi nazionali,interconfederali o di categoria, stipulati alleassociazioni dei datori di lavoro e dei lavora­tori comparativamente più rappresentativesul piano nazionale; in mancanza di questiaccordi, le modalità di elezione o di designa­zione sono individuate con decreto del Mi­nistro del Lavoro.Una questione molto delicata riguarda lemicro imprese che occupano un solo lavora­tore; in queste fattispecie, molto diffuse, ènecessario comprendere se lo stesso possaassumere l’incarico di rappresentante o se,invece, debba necessariamente realizzarsil’intervento del RLST. In effetti, bisognaconsiderare che il RLS ha, per sua natura,funzioni di rappresentanza di una collettivi­tà definita, come emerge anche dalla stessadefinizione contenuta nell’art. 2, comma 1,lettera i), che parla di «persona eletta o desi­gnata per rappresentare i lavoratori per quan­to concerne gli aspetti della salute e dellasicurezza durante il lavoro», con una caratte­rizzazione in senso non conflittuale e parte­cipativa[5] e, nel caso estremo in questione,

non sussistendo alcun divieto o vincolo nelD.Lgs. n. 81/2008[6], in linea di principioappare ammissibile che l’unico lavoratoreassuma il ruolo di rappresentante, fermorestando l’assolvimento da parte del datoredi lavoro di tutti gli obblighi in materia e nelrispetto di quanto previsto dalla contratta­zione collettiva in quanto applicabile.Sarebbe auspicabile, tuttavia, un interventocorrettivo del legislatore per disciplinarequesta ipotesi e rendere più agevole l’assol­vimento degli obblighi da parte delle microimprese.

Il potere di accessodel RLST in aziendaPer l’esercizio delle proprie attribuzioni, ilRLST può accedere ai luoghi di lavoro nelrispetto delle modalità e del termine di pre­avviso individuati dagli accordi di cui alcomma 2, art. 48. Il termine di preavvisonon opera in caso di infortunio grave. Inquesta ultima ipotesi, l’accesso avviene pre­via segnalazione all’organismo paritetico.Qualora il datore di lavoro impedisca l’ac­cesso del RLST, quest’ultimo lo comunicaall’organismo paritetico o, in sua mancanza,all’organo di vigilanza territorialmente com­petente (ASL o Direzione provinciale dellavoro).

La VdR nelle aziende senza RLSL’articolato quadro delle attribuzioni deline­ato dall’art. 50 comporta anche molteplicidifficoltà operative per quelle aziende nellequali i lavoratori non hanno eletto il propriorappresentante e l’organismo paritetico (ilFondo previsto dall’art. 52 non è ancoraoperante) non ha ancora comunicato il no­minativo del RLST; queste difficoltà rischia­no di amplificarsi ulteriormente a causa del­la mancata proroga dell’obbligo di valuta­zione dei rischi secondo il D.Lgs. n.81/2008, che non è stata inserita nel D.L. n.207/2008. Questa situazione risulta molto

5) In tal senso si veda Biagi, Dalla nocività conflittuale alla sicurezza partecipata: relazioni industriali e ambiente dilavoro in Europa verso il 1992, in Biagi (a cura di), Tutela dell’ambiente di lavoro e direttive CEE, 1991. Si vedaanche Viscomi, Cresce la partecipazione con le norme sulla sicurezza, in Lav. Inform., 1995, n. 11.

6) Infatti, come già rilevato gli unici vincoli in tal senso posti dal D.Lgs. n. 81/2008 sono contenuti nell’art. 47 che alcomma 4 prevede che solo nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il RLS è individuato prioritariamentenell’ambito delle RSA.

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diffusa nelle piccole imprese a causa siadell’atteggiamento particolarmente osticoche si rileva ultimamente tra i lavoratori ­che spesso, nel timore d’incorrere in respon­sabilità penali, non sono disponibili a rico­prire l’incarico ­ sia degli inevitabili tempi dimessa a regime del nuovo sistema impernia­to sulla figura del RLST, in molti casi ancoraallo stato embrionale.Poiché la consultazione e la partecipazioneda parte del rappresentante dei lavoratori èconsiderata determinante in numerose deci­sioni prevenzionistiche da parte del datoredi lavoro come, per esempio, la valutazionedei rischi o le nomine del RSPP e del medicocompetente, l’effetto immediato che sembraricavarsi da una prima lettura della norma èche, qualora questa figura sia mancante perle predette ragioni, il datore di lavoro nonpotrebbe procedere agli adempimenti attri­buiti allo stesso e a quelli ulteriori previstidall’art. 50.Tuttavia, un’interpretazione del genere sa­rebbe in netto contrasto sia con i principicostituzionali di tutela del diritto alla salutedel lavoratore (artt. 32 e 41, Cost.) sia conquello sancito dall’art. 2087, c.c., oltre checon le stesse misure di tutela definite dal­l’art. 15, D.Lgs. n. 81/2008.Pertanto, vista la natura della figura del rap­presentante dei lavoratori per la sicurezza,appare lecito ritenere, invece, che in questafattispecie il datore di lavoro, preso attodella mancata elezione del RLS e della man­cata comunicazione del RLST, deve comun­que procedere a osservare gli adempimentiprevisti dal D.Lgs. n. 81/2008 e, sotto ilprofilo procedurale, dovrà garantire la par­tecipazione e la consultazione di tutti i lavo­ratori in sede di riunione periodica previstadall’art. 35, verbalizzando sia la situazioneche si è venuta a creare sia le osservazionidei partecipanti, rinviando a un successivoatto di ratifica delle decisioni adottate daparte del rappresentante non appena lo stes­so sarà eletto o comunicato.

Il contributo obbligatorioper le imprese senza RLS internoLa mancata elezione da parte dei lavorato­ri del RLS comporta anche l’obbligo, acarico del datore di lavoro, del versamento

del contributo annuale a un apposito Fon­do di sostegno alla PMI, ai RLST e allapariteticità, la cui gestione è affidata al­l’INAIL e opera per tutte quelle “realtà”nelle quali i CCNL e la contrattazione inte­grativa «non preveda o costituisca sistemi dirappresentanza dei lavoratori e di paritetici-tà migliorativi o, almeno, di pari livello».La norma è poco chiara e ha individuato gliobiettivi del fondo nel finanziamento delleattività dei RLST, della formazione dei da­tori di lavoro delle PMI e del sostegno alleattività degli organismi paritetici. L’importoche deve essere versato è pari a due orelavorative annue per ogni lavoratore occu­pato presso l’azienda ovvero l’unità produt­tiva; sarà un apposito decreto interministe­riale a stabilire la modalità di funziona­mento del fondo.

La comunicazione annualeall’INAILUn altro aspetto controverso della nuovadisciplina è l’introduzione dell’obbligo, peril datore di lavoro e il dirigente, di comuni­care annualmente all’INAIL i nominatividei rappresentanti dei lavoratori per la si­curezza (art. 18, comma 1, lettera aa). Negliultimi mesi si è molto discusso circa l’esten­sione di questo adempimento, in particola­re per quanto riguarda sia la scadenza ­secondo alcuni la prima coincideva con il31 dicembre 2008 ­ sia il contenuto dellacomunicazione da presentare e alla sedeINAIL destinataria.Un esempio emblematico, in tal senso, è lamodulistica proposta da qualche softwarehouse che prevede uno schema di comuni­cazione che, tuttavia, non appare in sinto­nia con le finalità della norma. Infatti, pre­messo che l’adempimento ha natura pretta­mente amministrativa ed è, pertanto,sanzionato non penalmente ma con unasanzione amministrativa pecuniaria di euro500 (art. 55, comma 4, lettera o), la suaratio è quella sia di monitorare la presenzadegli RLS nelle aziende, anche ai fini dialtri interventi, sia di costruire nel tempoun banca dei RLS.Per evitare inutili allarmismi e soluzioni“fantasiose”, occorre ricordare che lo stes­so INAIL, con nota 18 luglio 2008 (si veda

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il riquadro 2), ha precisato che i datori dilavoro non devono ancora effettuare alcunadempimento in quanto sarà lo stesso Isti­tuto assicuratore a stabilire le modalità e itermini di comunicazione in un’ottica dimassima semplificazione operativa.Probabilmente, questo adempimento saràinserito nella procedura di autoliquidazio­ne annuale del premio o sarà attratto dalnuovo sistema informativo nazionale per laprevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro,che dovrebbe prendere il via prossimamen­te (art. 8).

ConclusioniNel nuovo sistema di consultazione e di par­tecipazione definito dal D.Lgs. n. 81/2008si annidano diverse anomalie che rischiano

di avere ricadute negative soprattutto sullemicro e piccole imprese. In particolare, laprevisione generalizzata di figure esterne alcontesto aziendale, pur se funzionale in am­biti particolari come il settore dell’edilizia, inmolti altri rischia, invece, di generare nuovecontrapposizioni senza considerare, poi, inuovi costi a carico delle aziende ­ come, peresempio, il contributo al Fondo ex art. 52 ela formazione ­ che appaiono sempre piùpoco sostenibili.A questo si aggiunge un meccanismo di com­partecipazione eccessivamente frastagliatoche per i suddetti motivi deve essere necessa­riamente rivisto, e in tal senso la sede naturaleappare l’emanazione del decreto correttivo alD.Lgs. n. 81/2008 che dovrebbe essere pub­blicato nei prossimi mesi. l

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U na delle direttive di maggiore interesse per la sicurezza dei prodotti nell’ambito delmercato UE-27 è sicuramente la direttiva di prodotto 97/23/CE. Il provvedimentocomunitario ha regolamentato, a livello europeo, la fabbricazione, la garanzia di

conformità ai requisiti essenziali di sicurezza e i vari aspetti della commercializzazione, in sensolato, di apparecchiature e di insiemi fissi soggetti a una pressione massima ammissibile superioreai 50 kPa quali i serbatoi, le caldaie, le tubazioni e le condotte forzate, gli scambiatori di calore, leparti pressurizzate di impianti chimici e farmaceutici, i componenti in pressione di macchine tessiliecc. Dopo il recepimento della direttiva con il D.Lgs. n. 93/2000 e la pubblicazione delregolamento n. 329/2004, inerente alle norme per la messa in servizio delle attrezzature inpressione, in seguito all’emanazione del D.Lgs. n. 81/2008, occorre comprendere quali sianoattualmente le regole fissate per l’esercizio in sicurezza di questi impianti.

l di Casto Di Girolamo, docente a contratto nell’Università dell’Insubria,Mario Di Carlo, direttore di Agrolinz Melamine International Italia S.p.A.,e Maria Bonacci, docente a contratto nelle Università di Torino e Perugia

È necessario sottolineare che, nell’ambitoUE, l’Italia si colloca tra i maggiori produt­tori di attrezzature a pressione, facendoregistrare in questo settore, nell’anno2007, un fatturato dell’ordine di 7.800milioni di euro, con un incremento del 4%rispetto al 2006, e una previsione di 8.200milioni di euro per il 2008, impegnandocirca 147 milioni di euro di investimenti edando occupazione, a vario titolo, a circa30.000 addetti[1].

Le esportazioni hanno rappresentato un ele­mento chiave per questa categoria, che hamostrato un rapporto export/fatturato convalori prossimi al 59%.Il legislatore italiano, sensibile all’esigenza dinon frapporre ostacoli alla libera commercia­lizzazione di questi prodotti e conscio dell’im­portanza di attuare il processo di armonizza­zione dettato dalle disposizioni europee in ma­teria di attrezzature a pressione con quellenazionali, ha recepito, in una prima fase, con il

l Sicurezza degli impianti. Con il TU, le regole per l’utilizzo in sicurezza

Tubazioni in pressione:modalità per l’esercizio,classificazione e normativa

1) Fonte Anima (Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica varia ed Affine), dati presentatiall’assemblea dei soci in data 16 luglio 2008.

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D.Lgs n. 93/2000[2], la direttiva europea 97/23/CE[3] e, successivamente, tentato di com­pletare questo processo con la pubblicazionedel decreto del Ministero delle Attività Produt­tive 1° dicembre 2004, n. 329[4], riguardantele norme per la messa in servizio delle attrez­zature in pressione o degli insiemi e le prescri­zioni volte ad assicurare la permanenza dei

requisiti di sicurezza durante il loro utilizzo.Una delle principali novità di quest’ultimo re­golamento è sicuramente quella concernentele modalità procedurali, organizzative e ge­stionali volte ad assicurare l’esercizio in sicu­rezza delle tubazioni[5] di nuova installazione edi quelle già in servizio al 29 maggio 2002,non sottoposte ad alcun controllo di legge,

Tabella 1

• Tubazioni in esercizio rientranti nell’art. 16, D.M. n. 329/2004

AttrezzaturaFluido

Caratteristiche** Fluido (tipo)Stato fisico Gruppo*

Tubazioni

Gas, vapori(Pref_Pa > 50 kPag)

j DN > 80

Ossigeno, metano, acetilene,butano, ossido di carbonio, aci­do solfidrico, anidride solforosa,ecc.

k DN > 250 e PS x DN > 5.000 Aria, azoto, argon, elio, ecc.

Liquidi surriscaldati(Pref_Pa > 50 kPag)

j DN > 80Fluidi frigorigeni pericolosi (R32, R 50, R 143a, ecc.)

k DN > 250 e PS x DN > 5.000Acqua surriscaldata con T >110 °C, fluidi frigorigeni nonpericolosi (R 22, R 134a, ecc.)

Liquidi (non surriscaldati)(Pref_Pa > 50 kPag)

j DN > 80 e PS x DN > 2.000Olio diatermico e altri liquidiinfiammabili con flash point a T< TS*** della tubazione

k ­ ­

Legenda* I fluidi sono suddivisi in due gruppi, i fluidi pericolosi j, tutti gli altri k, secondo quanto stabilito dalla direttiva PED all’art. 9, punti 2.1 e2.2.** PS individua la pressione massima ammissibile per la quale l’attrezzatura è progettata (espressa in bar); DN rappresenta la dimensionenominale che caratterizza la sezione della tubazione.*** TS rappresenta la temperatura massima ammissibile di progetto della tubazione, specificata dal fabbricante, DN è la dimensionenominale.

2) In S.O. n. 62 alla Gazzetta Ufficiale del 18 aprile 2000, n. 91. Questo regolamento dispone, tra l’altro, che, a partire dal29 maggio 2002, possono essere immesse sul mercato apparecchiature a pressione o insiemi di apparecchiature apressione che soddisfino i requisiti essenziali di sicurezza di cui all’Allegato I alla direttiva PED, che siano oggetto divalutazione di conformità e di marcatura CE.

3) Si fa riferimento alla cosiddetta direttiva PED (Pressure Equipment Directive), emanata il 27 maggio 1997, entrata invigore in regime facoltativo sino al 29 novembre 1999 e la cui applicazione, nell’ambito UE, è divenuta obbligatoria dal30 maggio 2002; a partire da quest’ultima data sono cessate tutte le operazioni di omologazione di apparecchi apressione di nuova costruzione.

4) In S.O. n. 10 alla Gazzetta Ufficiale del 28 gennaio 2005, n. 22.5) Per tubazioni si intendono «i componenti di una conduttura destinati al trasporto dei fluidi, allorché essi sono

collegati al fine di essere inseriti in un sistema a pressione. Le tubazioni comprendono in particolare un tubo o uninsieme di tubi, condotti, accessori, giunti a espansione, tubi flessibili o altri eventuali componenti sottoposti apressione. Gli scambiatori di calore costituiti da tubi per il raffreddamento o il riscaldamento di aria sono parificatialle tubazioni» (definizione di cui all’art. 1, comma 2.1.2, direttiva 97/23/CE).

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ricadenti nel campo di applicazione del prece­dente regolamento. Infatti, tra i compiti deldatore di lavoro, vi è quello di mettere a dispo­sizione dei lavoratori questi prodotti industria­li, destinati a contenere fluidi pressurizzati,verificandone l’esercizio in sicurezza a unadeterminata pressione e temperatura. Saran­no analizzate le regole fissate per l’esercizio insicurezza delle tubazioni di un impianto pres­surizzato alla luce delle disposizioni dettatedal decreto ministeriale 1° dicembre 2004, n.329, e di quanto ora previsto dal Titolo II,D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81[6], relativamentealla gestione delle attrezzature di lavoro.

Requisiti di sicurezzae modalità d’usoIl datore di lavoro ha l’obbligo di mettere adisposizione dei lavoratori attrezzature di la­voro conformi ai requisiti di sicurezza di cuiall’art. 70, D.Lgs. n. 81/2008 (cosiddetto Te­sto unico sicurezza), idonee ai fini della salutee della sicurezza e adeguate al lavoro da svol­

gere o adattate a questi scopi. Le attrezzaturea disposizione del datore di lavoro possonorisultare, alternativamente:l conformi alle specifiche disposizioni legi­

slative e regolamentari derivanti dalle nor­me di recepimento delle direttive comuni­tarie riguardanti i prodotti;

l costruite in assenza delle disposizioni legi­slative e regolamentari esposte al puntoprecedente, ovvero messe a disposizionedei lavoratori antecedentemente alle me­desime disposizioni di recepimento delledirettive comunitarie di prodotto.

Nel caso di attrezzature che risultino conformiai requisiti di sicurezza, idonee ai fini della sicu­rezza e della salute dei lavoratori, adeguate allavoro da svolgere ovvero opportunamenteadattate a questi scopi, deve essere verificato,da parte del datore di lavoro, che le stesse sianoutilizzate conformemente a quanto riportatodalle disposizioni di recepimento delle direttivedi riferimento comunitarie.In assenza, invece, di specifiche norme e per

Tabella 2

• Frequenze di riqualificazione periodica delle tubazioni

Attrezzatura

Fluido

Categoria *

Verifica di riqualificazione

Stato fisico GruppoVerifica

di funzionamento(in anni)

Verificadi integrità

(in anni)

Tubazioni

Gas, vaporij I, II, III 5 10

k III ** 5 *** 10

Liquidi surriscaldatij I, II, III 5 10

k III ** 5 *** 10

Liquidi(non surriscaldati)

j I, II, III 5 10

k I, II - -

Legenda:

* Si riferisce alla classificazione delle tubazioni per categoria, in base all’Allegato II al D.Lgs. n. 93/2000, in ordine crescente di rischio (da I aIII). Le tubazioni per cosi dire “meno pericolose”, in relazione al rischio derivante dall’energia immagazzinata, appartengono alla categoria I.** Le tubazioni contenenti i fluidi classificati nella I e II categoria sono escluse, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera h), D.M. n. 329/2004,dalla riqualificazione periodica.*** È richiesta la verifica quinquennale solo nel caso in cui la tubazione sia destinata a contenere fluidi la cui temperatura massimaammissibile TS supera i 350 °C. In caso contrario non è richiesta la verifica di funzionamento.

6) In S.O. n. 108 alla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2008, n. 101.

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Tabella 3

• Elenco delle principali tipologie di discontinuità rilevabili nell’esame visivo di tubazioni1) 2)

Descrizione Definizione

Abrasione Danneggiamento della superficie per asportazione meccanica di particelle metalliche

Ammaccatura Depressione accidentale di superficie

Bolla Sollevamento locale di uno strato di metallo con formazione alla superficie di una protuberanzasotto la quale è rilevabile una cavità

Corrosione Fenomeno di natura chimico­fisica che provoca il graduale decadimento delle caratteristiche delmateriale con il concorso (sfavorevole) dell’ambiente che lo circonda

Corrosione puntiforme Corrosione diffusa che si manifesta con piccoli crateri di corrosione isolati tra loro

Corrosione sotto pelle Corrosione in cui l’attacco ha inizio sulla superficie esposta e si propaga al di sotto della superficie

Cratere di corrosione Cavità prodotta sulla superficie del materiale metallico da fenomeno di corrosione, qualora laprofondità di essa risulti del medesimo ordine di grandezza delle sue dimensioni

Cricca Discontinuità prodotta da una rottura locale allo stato solido

Cricca affiorante Discontinuità prodotta da una rottura locale che si manifesta con una sottile linea di fratturasulla superficie

Erosione Fenomeno di danneggiamento superficiale dovuto all’azione meccanica di un fluido

Erosione/corrosione Danno locale ovvero generalizzato prodotto dall’azione combinata dell’attacco di agenti chimiciambientali con caratteristiche di aggressività e di elevata velocità all’interfaccia fluido­superficie

Fessurazione caustica,fragilità caustica

Fessurazione intercristallina dovuta agli effetti combinati di sollecitazioni e di corrosione insoluzioni alcaline

Filature, venature Piccoli solchi longitudinali e sottili

Graffi e rigature Lacerazioni superficiali di estensione limitata, di origine meccanica, senza asportazione di materiale

Incrostazioni Depositi di vario tipo che aderiscono alle superfici

Paglie Squame di metallo, derivanti dal processo di fabbricazione, che restano aderenti alla superficie

Pustola di corrosione,pitting

Rilievo sulla superficie del materiale metallico, derivante dall’accumulo di precipitati esovrastante un cratere di corrosione

Ripiegature Porzioni di materiale che nella laminazione si sovrappongono senza saldarsi completamente

Rugosità Stato della superficie presentante lievi depressioni e sporgenze di varia forma e dimensioneoriginate da cause diverse

Scaglia Strato di ossido ricoprente la superficie

Scheggia Distacco di zone corticali sulla superficie

Sdoppiatura, apertura Fessurazione alle estremità o lungo i bordi di un laminato, che talvolta può portare al distacco totale

Sfaldatura Distacco di zone corticali sugli spigoli e smussi

Sfogliatura Distacco di frammenti dalla superficie, a volte accompagnati da corrosione degli stratisuperficiali

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le attrezzature già utilizzate prima dell’ema­nazione di questi provvedimenti di recepi­mento, le attrezzature di lavoro dovranno es­sere conformi ai requisiti generali di sicurezzadi cui all’Allegato V al D.Lgs. n. 81/2008. Inquest’ultimo ambito, per l’esercizio delle at­trezzature si deve far riferimento innanzituttoalla parte I, riguardante i requisiti generaliapplicabili a tutte le apparecchiature in rela­zione ai diversi rischi connessi con l’uso. Laseconda parte dell’Allegato V, invece, ha det­tato le prescrizioni supplementari applicabiliad attrezzature specifiche come, per esempio,quelle esercite a pressione. In particolare, se­condo quanto riportato al punto 1.1, parte II,«Le attrezzature, insiemi ed impianti sottopostia pressione di liquidi, gas, vapori, e loro miscele,devono essere progettati e costruiti in conformi-tà ai requisiti di resistenza e idoneità all’usostabiliti dalle disposizioni vigenti in materia,valutando in particolare i rischi dovuti allapressione ed alla temperatura del fluido nei ri-guardi della resistenza del materiale della at-trezzatura e dell’ambiente circostante alla at-trezzatura stessa». Inoltre, in relazione all’uti­

lizzazione, il datore di lavoro, per l’art. 71,comma 8, deve provvedere affinché:l le attrezzature di lavoro, la cui sicurezza di­

penda dalle condizioni di installazione, sianosottoposte a un controllo iniziale (dopo l’in­stallazione e prima della messa in esercizio)e a un controllo dopo ogni montaggio in unnuovo cantiere o in una nuova località diimpianto, al finedi assicurarne l’installazionecorretta e il buon funzionamento;

l le attrezzature soggette a fluidi di processoche possono provocare deterioramenti su­scettibili di dare origine a situazioni perico­lose, siano sottoposte:

­ a controlli periodici, secondo frequenze sta­bilite in base alle indicazioni fornite dai fab­bricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica,o, in assenza di queste ultime, desumibili daicodici di buona prassi[7];­ a controlli straordinari al fine di garantire ilmantenimento di buone condizioni di sicu­rezza, ogni volta che intervengano eventi ec­cezionali che possano avere conseguenze pre­giudizievoli per la sicurezza delle attrezzaturedi lavoro, quali riparazioni, trasformazioni,

Solchi, ripiegature Si formano prevalentemente quando alcuni difetti del semilavorato vengono allungati ed estesidurante il processo di laminazione

Strappo Rottura del metallo, che appare durante la lavorazione plastica, dovuta ad eccessivasollecitazione o a caratteristiche inadatte del materiale

Taglio o scanalatura Impronta di taglio dove il metallo è stato rimosso o ridistribuito

Tensocorrosione Danno prodotto da sforzi di tensione in specifici ambienti corrosivi. Gli sforzi possono esseregenerati dall’applicazione di carichi, da tensioni residue generate dai processi di lavorazione, odalla combinazione di entrambi

Trafilamento Fuoriuscita, perdita di fluido

Tubercolo Accumulo di aspetto tondeggiante sulla superficie del materiale metallico di precipitati dovutialla corrosione

Ulcera di corrosione Cavità prodotta dalla corrosione sulla superficie del materiale metallico, qualora la profonditàdella cavità sia piccola in confronto alle sue dimensioni trasversali

Vaiolature Piccole cavità superficiali a forma di calotte sferiche

Legenda:1) Tabella tratta dall’Appendice C, linea guida per l’esame visivo su attrezzature a pressione ai fini delle verifiche di costruzione e di esercizio,edizione ISPESL, 2006.2) La lista deve essere presa in considerazione a titolo puramente indicativo; non è, quindi, esaustiva di tutte le tipologie di discontinuitàrilevabili in sede di esecuzione dell’esame.

7) Ovvero controlli effettuati secondo la frequenza dettata dalla manutenzione preventiva, predittiva e dal condition­monitoring.

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incidenti, fenomeni naturali o periodi prolun­gati di inattività;l i controlli di cui ai precedenti due punti

siano volti ad assicurare il buono stato diconservazione e l’efficienza ai fini di sicu­rezza delle attrezzature di lavoro e debba­no essere effettuati da persona competente.

Nel nuovo TU, all’art. 71, comma 11, è statoconfermato, rispetto al sistema previgente, l’ob­bligo per il datore di lavoro di far sottoporre leattrezzaturedi lavoro ritenutea rischiomaggioreper gli operatori durante il loro esercizio[8], pun­tualmente riportate nell’Allegato VII, alle verifi­chedimessa in servizio eperiodichedapartedeisoggetti pubblici quali l’ISPESL o l’ASL, ovvero

di soggetti pubblici o privati abilitati a supportodi questi ultimi. Il datore di lavoro ha l’onere,quindi, di far sottoporre le apparecchiature, conspese a suo carico, a verifica obbligatoria secon­do le periodicità previste dall’Allegato VII alD.Lgs. n. 81/2008. Di particolare importanza,sotto quest’ultimo profilo, l’introduzione di alcu­ne tipologie di tubazioni in pressione quali at­trezzature da sottoporre alle verifiche periodi­che, non riportate in precedenza nell’elenco del­l’Allegato XIV[9] al D.Lgs. n. 626/1994, cheaveva elencato le apparecchiature consideratecritiche per la sicurezza dei lavoratori e assog­gettate a verifiche di prima installazione, succes­sive o periodiche, da parte del datore di lavoro,

8) Deve essere inteso come uso di una attrezzatura di lavoro «qualsiasi operazione lavorativa connessa ad unaattrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, latrasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio» (art. 69, comma 1, lettera b), D.Lgs. n.81/2008).

9) Allegato aggiunto dall’art. 7, D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 19 ottobre 1999, n. 246.

Tabella 4

•Modalitá per la classificazione delle discontinuitá *

Classificazione Tipologia delladiscontinuità

Evoluzionedella discontinuità

Tipologiadi intervento richiesto

i Alcuna discontinuità n.a. Non è richiesto alcun intervento specifico

j Discontinuità non ri­levante

n.a. Non è richiesto alcun intervento specifico

k Discontinuità con ca­ratteristiche di stabili­tà

Non può evolvere verso condi­zioni di rischio significativo sinoalla successiva ispezione pro­grammata

È obbligatoria la registrazione della disconti­nuità rilevata ma non è richiesto alcun inter­vento specifico

l Discontinuità con ca­ratteristiche di insta­bilità

Può evolvere verso condizioni dirischio non trascurabili primadella successiva ispezione

Monitoraggio continuo, ispezioni di tipostraordinario, ulteriori accertamenti mediantealtri metodi di prova non distruttivi (NDC)

m Discontinuità con ca­ratteristiche di insta­bilità

Può evolvere nell’immediato ver­so condizioni di rischio non tra­scurabili

Ispezione immediata e obbligo di ulterioriaccertamenti mediante altri metodi di provanon distruttivi, nel caso intervento di ripara­zione

n Discontinuità rilevan­te con caratteristichedi instabilità

Può evolvere nell’immediato ver­so condizioni di rischio non tra­scurabili

Messa fuori servizio dell’attrezzatura, del com­ponente o dell’elemento interessato

Legenda:* Tabella tratta dall’Appendice D, linea guida per «L’esame visivo su attrezzature a pressione ai fini delle verifiche dicostruzione e di esercizio», edizione ISPESL, 2006.

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Tabella 5

• Principali tipologie di controlli non distruttivi utilizzati per tubazioni

Casi per tipologiadi discontinuitá * Tecniche di controllo **

Bolle o blisteringSono causate dalla diffusione dell’idro­geno atomico nel materiale che, per lasua dimensione e in presenza di micro­cavità, si trasforma in idrogeno mole­colare provocando elevatissime pressio­ni, che causano il distacco del materia­le con formazione di bolle

• esame visivo (EV) o (VT): è possibile solo se il blistering si forma sul lato visibile(preservice inspection e inservice inspection);• esame visivo (VT) assistito da fibroscopio/video endoscopio: per verificare laformazione del blistering all’interno del tubo (preservice inspection);• UT (ultrasuoni): consentono di verificare la dimensione del blistering e didelimitarne l’area interessata (preservice inspection e inservice inspection) con lalimitazione che la temperatura superficiale esterna della tubazione non superi i 180°C (evaporazione del gel).

Corrosione o erosione uniformeÈ causata dalla particolare aggressivitàdel fluido contenuto, dal pH, dallaconducibilità, dall’alta velocità, dallacoesistenza di più fasi dello stessofluido ecc.

• ultrasuoni (UT): controlli spessimetrici che devono essere effettuati seguendocriteri legati all’estensione e all’ubicazione del fenomeno corrosivo/erosivo. Gli UTsono applicabili anche su tubazioni in esercizio (preservice inspection e inserviceinspection)• radiografie analogiche o digitalizzate (RT): controlli spessimetrici che consentonodi rilevare gli spessori delle tubazioni in una determinata sezione. Questo metodo èparticolarmente apprezzabile allorquando vi è la presenza di una camicia all’esternodel tubo di processo (non accessibilità) e nella verifica delle curve. In altre parole leRT consentono di verificare:­ gli spessori delle camicie; e dei tubi di processo;­ la qualità e gli spessori delle saldature;­ gli spessori degli estradossi delle curve (assottigliamenti intrinseci derivanti dalprocesso di fabbricazione mediante curvatura e dall’esaltazione dell’erosione comeconseguenza della forza centrifuga).Per la loro metodica di esecuzione le RT sono applicabili sia al preservice inspectionche all’inservice inspection. L’utilizzo delle RT digitalizzate consente una facilearchiviazione, la condivisione dei file, il facile confronto in periodi successivi.

Corrosione puntiformeo localizzataÈ causata dall’assenza locale, per causameccanica o chimica, del film protetti­vo costituito da ossidi, dalla non uni­forme struttura cristallina del materialecome la presenza di inclusioni nonmetalliche ecc.

• ultrasuoni (UT): consentono agevolmente la determinazione della dimensionedell’anomalia nota la sua posizione (preservice inspection e inservice inspection);• radiografie analogiche o digitalizzate: la determinazione della dimensionedell’anomalia avviene osservando la variazione della densità radiografica delmetallo; la determinazione dell’estensione richiede tempi relativamente lunghi(preservice inspection e inservice inspection);• magnetoscopia (MT): eseguibile con temperature superficiali massime fino a 300°C e solo su materiali ferromagnetici (preservice inspection e inservice inspection);liquidi penetranti (PT): consentono di controllare superfici molto estese, ma hanno illimite dell’accessibilità e della massima temperatura superficiale consentita perl’esecuzione (200 °C). Per quanto detto questa metodica è applicabile sia per ilpreservice inspection che per l’inservice inspection.

CriccheSono causate da fatica, tensocorrosio­ne, stress meccanici, stress termici ecc.

• liquidi penetranti (PT): occorre utilizzare un tempo sufficientemente lungo dipenetrazione, in modo che il rilevatore penetri in profondità e dia la massima sensibilitàal metodo; il limite è l’accessibilità e la temperatura massima superficiale (200 °C).Metodo applicabile sia per il preservice inspection che per l’inservice inspection;• magnetoscopia (MT): eseguibile con temperature superficiali massime fino a 300°C e su materiali ferromagnetici. Particolare attenzione deve essere posta allaprocedura di testing in quanto le cricche possono avere dimensioni anche piuttostopiccole (preservice inspection e inservice inspection);

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allo scopo di assicurarne la corretta installazionee il corretto funzionamentodurante l’uso. In rela­zioneall’individuazioneealla classificazionedel­le apparecchiature a pressione da sottoporre averifica, l’Allegato VII al D.Lgs. n. 81/2008, harimandatoalD.Lgs. n.93/2000,ossiaalle speci­fiche disposizioni legislative previgenti in mate­ria di attrezzature a pressione. Successivamente,attraverso il D.M. n. 329/2004 è stata data par­ziale attuazione alle cosiddette norme per lamessa in servizio e l’utilizzazione delle attrezza­ture apressioneedegli insiemi soggetti alla diret­tiva di prodotto 97/23/CE. Questo regolamen­to ha individuato le tipologie di attrezzature dasottoporre alle verifiche regolamentari per lamessa in servizio, i criteri per la corretta utilizza­zione da parte degli utilizzatori e, non ultime, leprescrizioni volte ad assicurare la permanenzadei requisiti di sicurezza durante l’esercizio apressione. Da osservare come già quest’ultimedisposizioni, in relazione alla frequenza delle ve­rifiche, avevano preso in considerazione le tuba­zioni destinate a contenere:l fluidi del gruppo 1[10] e classificate nella I,

II e III categoria[11];l fluididelgruppo2eclassificate incategoria III.Allo stesso modo il D.M. n. 329/2004 avevaescluso dai controlli di messa in servizio e

dalle verifiche periodiche obbligatorie, peresempio, tutte le tubazioni aventi una pressio­ne massima di esercizio non superiore a 50kPa, le tubazioni destinate a contenere fluididel gruppo 2 e classificate nella categoria I eII, le tubazioni con dimensione nominale[12]

non superiore a 80, le tubazioni di collega­mento, all’interno di un sito industriale, fraserbatoi di stoccaggio e impianti di produzio­ne o di esercizio, a partire dall’ultimo limitedell’impianto stesso (giunto flangiato o salda­to), le tubazioni destinate al riscaldamento oal raffreddamento dell’aria ecc.

Classificazione delle tubazionie normativa di riferimentoIl D.M. n. 329/2004 aveva individuato, tral’altro, la tipologia di tubazioni che devono esse­re assoggettate alla riqualificazione periodi­ca[13] e gli adempimenti posti a carico dell’utiliz­zatore per la gestione in sicurezza delle stesse.In particolare, l’art. 16 fa riferimento alle tuba­zioni già poste in esercizio alla data del 29maggio2002,mai assoggettate aomologazionio a controlli di legge e non certificate secondo leprocedure dettate dal D.Lgs. n. 93/2000, le cuicaratteristiche tecniche rientrano tra quelle cheindividuano le condizioni di obbligatorietà alla

10) I fluidi sono suddivisibili in due gruppi:­ uno utilizzato per classificare i fluidi pericolosi, come le sostanze e i preparati definiti all’art. 2, comma 2, D.Lgs. n.52/1997 (per esempio, infiammabili, esplosivi, tossici, comburenti ecc.), da tutti gli altri fluidi;­ un gruppo nel quale sono considerati i non pericolosi e, pertanto, non rientranti nel gruppo precedente.

11)Si riferisce alla classificazione delle tubazioni per categoria, secondo criteri di rischio crescente, ai sensi dell’art. 9, D.Lgs.n. 93/2000.

12)Rappresenta la designazione numerica comune a tutti i componenti di un sistema di tubazione diversi dai componentiindicati dai diametri esterni o dalla filettatura. Si tratta di un numero arrotondato per fini di riferimento e non è in strettarelazione con le dimensioni di fabbricazione. È contrassegnata dalle iniziali DN seguite da un numero.

13)L’art. 1, comma 2, lettera c), D.M. n. 329/2004, ha definito le verifiche di riqualificazione periodica come le «verifiche daeffettuare successivamente alla messa in funzione dell’attrezzatura a pressione ad intervalli di tempo predeterminati».

Difetti di saldaturaLe saldature causano alterazioni strut-turali, discontinuità, tensioni indotteecc. che possono innescare fenomenidi rotture locali allo stato solido

• devono essere effettuati i medesimi controlli previsti al punto precedente per lecricche.

Legenda:* I casi corrispondenti alle discontinuità riportate nella tabella sono solo alcuni di quelli riscontrabili nell’esame di tubazioni e di componentiin pressione. Questa lista deve essere considerata, pertanto, indicativa e assolutamente non esaustiva di tutte le situazioni riscontrabili nellapratica applicativa.** Vale la stessa precisazione di cui alla nota precedente per quanto riguarda le tipologie di metodi NDC utilizzabili, le zoneda sottoporre a indagine e le percentuali dei controlli che devono essere effettuati per l’ispezione di sistemi di tubazioni apressione.

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riqualificazione periodica (si veda la tabella 1).Quest’ultima comprende sia le verifiche di inte­grità, sia le verifiche di funzionamento in occa­sione delle verifiche periodiche.Le prime cosiddette verifiche di integrità delleattrezzature, in occasione delle verifiche perio­diche, secondo le previsioni dell’art. 12, decretoministeriale n. 329/2004, consistono nel­

l’ispezione delle varie membrature mediantel’esame visivo eseguito dall’esterno e dall’inter­no, dove possibile, in controlli spessimetrici edeventuali altri controlli che si rendano necessaria fronte di evidenti situazioni di danno dellemedesime membrature. Quando l’attrezzaturapresa in esame ha caratteristiche tali da nonconsentire adeguate condizioni di accessibilità

Tabella 6

• Esempi d’applicazione di alcuni controlli eseguiti su tubazioni

Tipologia Documentazione grafica Esito/rilievi

Radiografia digitalizzata di tubazionecon camicia

Controllo degli spessori e dellesaldatureAssenza di difetti

Radiografia digitalizzata di tubazionecon camicia

Controllo degli spessori e dellesaldatureSi nota un attacco corrosivo su unasaldatura di camicia e la riduzione dispessore nell’estradosso della tubazionedi processo (riduzione dovuta, in parte,alla distensione delle fibre per la fabbri-cazione della curva e, in parte, all’azioneerosiva del fluido).

Esame visivo assistito da videoendosco-pio digitale

Si osservano superfici lisce, esenti sia dacorrosione che da depositi

Liquidi penetranti Si osserva l’assenza di cricche sui duecordoni di saldatura

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all’interno o risulta, comunque, non ispeziona­bile esaustivamente[14], l’ispezione è integrata,limitatamente alle camere non ispezionabili,con una prova di pressione a 1,125 volte lapressione PS[15] che può essere effettuata utiliz­zando un fluido allo stato liquido. Nel caso delletubazioni in esercizio la verifica di integrità non

comporta obbligatoriamente né la prova idrau­lica, né l’ispezione visiva interna, ma opportunicontrolli non distruttivi per l’accertamento del­l’integrità della struttura (membratura).La verifica di funzionamento delle attrezzatu­re in occasione delle verifiche periodiche con­siste, invece, nella constatazione:

14)La non completa ispezionabilità può essere conseguente alla presenza, su parti rappresentative dell’attrezzatura, di masseinterne o rivestimenti interni o esterni inamovibili, anche parzialmente, o la cui rimozione risulti pregiudizievole perl’integrità delle membrature o dei rivestimenti o delle masse stesse.

15)PS rappresenta la pressione massima ammissibile per la quale l’attrezzatura è stata progettata, specificata dal fabbricante(art. 1, comma 2.3, direttiva 97/23/CE).

Tabella 7

•Alcuni esempi di interventi configurabili come riparazioni1)

Tipologiadi intervento Condizioni/restrizioni richieste

Sostituzionesenza modifiche

Membrature principali e secondarie saldate o imbullonate aventi medesimi materiali e identichedimensioni e, inoltre, eventuali procedimenti di saldatura compresi tra quelli già oggetto diqualifica in sede di progetto originario, ovvero già nuovamente qualificati per i materiali da saldare.

Membrature principali e secondarie costituite da materiali simili (appartenenti allo stesso gruppodi saldatura), aventi simili caratteristiche tecnologiche e i cui spessori non siano inferiori alle partida sostituire, né siano molto superiori e tali da dover essere sottoposti a trattamenti termici nonprevisti in sede di progetto iniziale.

Oltre quanto sopra riportato, la sostituzione di membrature scambianti calore (fasci tubieri,surriscaldatori, tubi per forni, evaporatori ecc.) non deve alterare in maniera significativa i flussitermici originari (di progetto) dell’attrezzatura e non deve modificare le temperature massime eminime previste in progetto o durante l’esercizio a pressione.

Sostituzionecon modifichenon importanti

I tronchetti e i bocchelli possono avere un diametro superiore a quello originario solo nel caso incui il nuovo diametro (ovvero la nuova posizione del bocchello) e la compensazione2) della nuovaapertura (o di nuove aperture adiacenti) risultino già verificati in sede di progetto originario e senon varia la presenza (o l’assenza) di piastre di rinforzo.

I fondi piani imbullonati e le flange cieche possono essere di dimensioni e di materiali diversi,purché compatibili con le sollecitazioni in gioco, le temperature e i fluidi di servizio dellaattrezzatura originaria, e compatibili con le sollecitazioni massime sopportabili dalla flangiacollegata, dalla guarnizione e dai bulloni previsti originariamente (in sede di progettazione).

Gli ancoraggi, i supporti e le parti non in pressione, purché non sia modificata “in peggio” ladistribuzione delle sollecitazioni localizzate indotte sulla attrezzatura a pressione e purché lesaldature che devono essere effettuate siano compatibili con le parti in pressione interessate, inaccordo al progetto originario

Legenda:1) Estratta dalla lettera-circolare dell’Ispesl 6 dicembre 2005, n. 14, «Applicazione del DM n.329/2004 di attuazione dell’art. 19 del D.Lgs.n. 93/2000. Chiarimenti e precisazioni sulle riparazioni».2) Si riferisce all’indebolimento meccanico indotto da aperture per bocchelli, tronchetti ecc., che richiede spesso l’apporto di opportunomateriale di rinforzo distribuito in modo idoneo nell’intorno dell’apertura stessa.

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l della rispondenza delle condizioni di effet­tivo utilizzo con quanto indicato nella di­chiarazione di messa in servizio, nelle istru­zioni d’uso del fabbricante e, dove prescrit­to, nell’attestazione, contenuta nelladichiarazione di messa in servizio;

l della funzionalità, anche mediante prove albanco o simulazioni, degli accessori di sicu­rezza. La verifica di funzionalità di questiaccessori di sicurezza può essere effettuataanche, dove non pregiudizievole per le con­dizioni di esercizio, determinandone l’inter­vento in opera degli stessi. In particolare, perle valvole di sicurezza, la verifica può consi­stere nell’accertamento di avvenuta taraturaentro i limiti temporali stabiliti dal fabbrican­te e, comunque, entro i limiti relativi alleperiodicità delle verifiche di riqualificazione.

Infine, occorre mettere in evidenza che laperiodicità dei controlli delle attrezzature, aifini della loro riqualificazione periodica, èstabilita in base alle tabelle riportate negliAllegati A e B al D.M. n. 329/2004 o dall’Al­legato VII al D.Lgs. n. 81/2008. Nel casodelle tubazioni in pressione, deve essere op­portunamente chiarito che le verifiche, obbli­gatorie, di funzionamento, devono essere ef­fettuati a scadenza relativamente ravvicinata(cinque anni), le verifiche d’integrità, invece,ogni dieci anni in relazione alla categoria diappartenenza[16] e alla tipologia di fluido con­tenuto (si veda la tabella 2). In conclusione,qualora nel manuale d’uso e manutenzionepredisposto dal fabbricante la frequenza deicontrolli risulti inferiore a quella stabilita dal­la tabella di pertinenza, a seconda del fluidocontenuto, la frequenza di riqualificazionestessa deve essere conseguentemente adatta­ta alle indicazioni fornite dal costruttore.

Compiti dell’utilizzatoree modalità di denunciaL’art. 16, D.M. n. 329/2004, ha individuatol’obbligo a carico dell’utilizzatore di denun­

cia[17] delle tubazioni in esercizio, non certi­ficate secondo PED, mai assoggettate aomologazioni e/o a controlli di legge, le cuicaratteristiche tecniche siano tali da render­le oggetto di riqualificazione periodica. Ilprovvedimento, quindi, pena l’ulteriore uti­lizzazione delle tubazioni stesse, ha richie­sto all’utente di denunciare l’esercizio delleattrezzature, rientranti tra quelle preceden­temente richiamate. La documentazione ri­chiesta, ai fini della denuncia, deve contene­re (obbligatoriamente):l una descrizione sintetica della tubazione

(impianto, identificazione, anno di installa­zione, condizioni di esercizio, fluido conte­nuto, dimensioni nominali, accessori di si­curezza);

l la classificazione dell’attrezzatura secondoi fluidi e le categorie previste dal decretolegislativo n. 93/2000;

l una valutazione sullo stato di conservazio­ne ed efficienza dell’attrezzatura[18].

Deve seguire, poi, entro e non oltre il 12febbraio 2009, l’inoltro della denuncia stes­sa alla sede dell’ISPESL, competente perluogo di installazione, delle linee di tubazio­ni già in servizio e oggetto di riqualificazioneperiodica.Le modalità operative utili alla predisposizionedella denuncia delle tubazioni a pressione daparte dell’utente, possono essere riassunte con:l il censimento delle tubazioni o delle linee e

raccolta dei dati caratteristici d’impiantomediante ispezione in campo;

l la classificazione secondo le modalità pre­viste dalla direttiva PED e l’individuazionedelle attrezzature rientranti nelle condizio­ni di obbligatorietà alla riqualificazione pe­riodica;

l l’elaborazione dei documenti di riferi­mento e di identificazione dell’attrezza­tura (sketches costruttivi, P&Id e specifi­

16)Si riferisce alla classificazione delle attrezzature a pressione di cui al medesimo art. 9, direttiva 97/23/CE, e del D.Lgs. n.93/2000.

17)Alla sede territorialmente competente dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL).18)La lettera-circolare dell’ISPESL 10 novembre 2008, n. A00-09/5411, ha chiarito che per valutazione dello stato di

conservazione debba intendersi il «giudizio sulle condizioni fisiche in cui l’attrezzatura si trova in un dato momento,rispetto alla sua stabilità (strutturale) ai valori PS e TSmax e/o TSmin», mentre per valutazione dello stato di efficienzadebba intendersi il «giudizio che, basato sulla valutazione dello stato di conservazione e in relazione all’azioneevolutiva dei meccanismi di danno noti e prevedibili in funzione del tempo, è finalizzato all’accertamento dellecondizioni di esercizio in sicurezza della attrezzatura fino alla successiva verifica periodica di integrità».

(segue)

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che di fabbricazione, condizioni di servi­zio, fluidi contenuti ecc.)[19];

l la valutazione della linea o delle linee ditubazioni e dello stato di conservazione edefficienza delle stesse, compresa l’idoneitàdegli accessori di sicurezza, dei dispositividi controllo posti a protezione delle stesse.

In relazione a quest’ultimo punto, nella rela­zione tecnica allegata alla denuncia, la valuta­zione dello stato di conservazione deve ripor­tare l’indicazione della data di riferimento(DRVC) della valutazione stessa e, conse­guentemente, la valutazione dello stato di effi­cienza dovrà contenere l’indicazione del suc­cessivo periodo di tempo di esercizio in sicu­rezza dell’attrezzatura stessa; questo periododeve risultare comunque non superiore ai 10anni a partire dalla data di riferimento dellavalutazione dello stato di conservazione.Il legislatore ha previsto che, a seguito della de­nuncia di cui all’art. 16, D.M. n. 329/2004, ilsoggetto preposto alla verifica periodica dovràeffettuare, presso l’utente, un sopralluogo perl’esecuzione di quanto previsto per la riqualifica­zione periodica dell’attrezzatura denunciata.Riguardo quanto richiesto ai punti precedenti,l’ISPESL, nelle more della emanazione dellespecifiche tecniche di cui all’art. 3, D.M. n. 329/2004, ha opportunamente fornito alcuni utilichiarimenti[20] in merito alla corretta presenta­zione della denuncia stessa. Si riportano, di se­guito, alcune precisazioni relative ai precedentiprimi tre punti. Nel dettaglio, relativamente alladescrizione sintetica della tubazione, è statochiarito che «Per procedere all’identificazione del­la tubazione occorre fornire uno schema dell’im­pianto in cui essa è inserita» e ancora che «unatubazionedovrà essere dotatadi flange terminali innumero sufficiente affinché la tubazione stessa siaintercettabile o comunque definibile; per tubazionicon connessioni terminali a saldare su recipienti (osu altre tubazioni) tali saldature costituiranno illimite fisico della tubazione stessa». Inoltre, «in

linea con la direttiva PED (97/23/CE), tutte letubazioni oggetto della citata procedura e facentiparte di un unico impianto e/o di un unica lineapossono riportare complessivamente un unico nu­mero di fabbrica, purché la documentazione di ac­compagnamento fornita dall’Utente, che deve ri­guardare tutte le tubazioni citate, definisca conchiarezza il confine di installazione». Infine, «nelladescrizione dell’attrezzatura devono essere sempreindicati i dispositivi di controllo e di sicurezza postia protezione dell’attrezzatura, anche quando nondirettamente applicati su di essa, ma destinati aproteggere l’impianto». Per quanto attiene, inve­ce, alla classificazione dell’attrezzatura secondo ifluidi e le categorie riportate dalla direttiva 97/23/CE (cosiddetta categorizzazione secondo laPED), «La classificazione va fatta tenendo contodel fluido contenuto, del diametro del tratto di tuba­zione con il diametro maggiore. Allorché un’attrez­zatura contenga più fluidi, ad esempio nelle diversefasi in cui si svolge l’esercizio, deve essere classifica­ta in base al fluido che comporta la categoria piùelevata. La determinazione della classificazione deifluidi e della categoria dell’attrezzatura va effettua­ta dall’utilizzatore su sua responsabilità».In conclusione, per quanto concerne la valu­tazione sullo stato di conservazione e di effi­cienza dell’attrezzatura presa in esame, l’uti­lizzatore è tenuto a:l «effettuare un’attenta analisi delle condizioni

dell’attrezzatura all’atto della denuncia, peraccertarsi dell’effettivo esercizio in sicurezzadella stessa»;

l «presentare (all’ISPESL) un elaborato tecni­co che accerti e dimostri la stabilità[21] dellaattrezzatura alle attuali condizioni di eserci­zio (utilizzando le reali dimensioni e le carat­teristiche tecniche dei materiali della attrez­zatura ed indicando anche l’eventuale sovra­spessore di corrosione residuo), tenendopresente anche i carichi localizzati e condi­zioni di fatica, di creep, di ancoraggi, ecc,qualora presenti»;

l «illustrare, anche, i criteri scelti per eventuali

19)Nella descrizione dell’attrezzatura devono essere indicati, qualora presenti, i dispositivi di sicurezza posti a protezione dell’attrez­zatura (anche nel caso in cui non siano direttamente applicati su di essa, ma destinati a proteggere anche altre attrezzaturedell’impianto) e i loro valori di intervento (lettera­circolare dell’Ispesl 10 novembre 2008, n. A00­09/5411).

20)Si fa riferimento alla lettera­circolare 27 aprile 2007, n. A00­09/1673, «Procedura per la valutazione e laaccettazione di recipienti per liquidi e tubazioni già in esercizio alla data del 12/2/2005, commercializzati primadel 30 maggio 2002 e non certificati PED, in accordo all’art.16 del D.M. n. 329/2004», ora sostituita dallalettera­circolare, di pari oggetto, 10 novembre 2008, n. A00­09/5411.

21)«L’accertamento della stabilità di una linea di tubazioni può essere dimostrato anche riferendosi soltanto al “rating”della linea (esempio: secondo API 510, ANSI B 31.3, ecc.) qualora esistente e sufficiente per tutte le sollecitazioni daprendere in considerazione».

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controlli periodici effettuati durante l’eserci­zio dell’attrezzatura; in particolare i controllidi esercizio devono far riferimento sia allecondizioni normali che a quelle anomale e diemergenza»;

l «esaminare ed evidenziare, anche, possibilimeccanismi di danneggiamento in atto sullaattrezzatura (corrosioni, vibrazioni, fatica,creep, carichi localizzati variabili, ecc.) e, inconseguenza dei risultati di opportuni accer­tamenti determinati a sua scelta (es. controllinon distruttivi, controlli periodici oppurecontrolli e verifiche ad hoc già effettuate,pregresse esperienze documentate, esami acampione, utilizzo delle norme sulle tubazio­ni (es. API 510, API 570, ecc.) per esprimereuna valutazione dell’ attuale stato di conser­vazione ed efficienza (intesa come idoneitàall’ulteriore esercizio) della attrezzatura».

Comunque, è ancoraprevisto che«nel caso in cuiunaattrezzatura risultagiàassoggettataperiodica­mente ad un piano di controlli ed ispezioni (secon­do quanto previsto da una norma tecnica specificaoppuredaprocedure internedi controllo), èpossibi­le utilizzare l’esito delle ultime verifiche effettuateper ricavarne una valutazione sul suo stato di con­servazione ed efficienza; è necessario però che irisultati di tali verifiche diano la garanzia per l’in­tervallo temporale previsto dalla frequenza dei con­trolli prescritta dallo standard tecnico utilizzato» e,infine, che «in tutti i casi, deve comunque accertar­si e dichiarare che lo stato di conservazione dell’at­trezzatura non pregiudica l’esercizio della stessaper il periodo di tempo intercorrente fino alla suc­cessiva riqualificazione periodica».Ènecessario sottolineare che sedalle analisi con­dotte sull’impianto l’utilizzatore ritiene che imeccanismi di danneggiamento rilevati sullemembrature sottoposte a esame e i sistemi dicontrollo da lui applicati non siano sufficienti perl’esercizio in sicurezza della tubazione nell’inter­vallodi tempoprefissato compreso tradueverifi­che di riqualificazione periodica, lo stesso devefissare tempi di verifica ridotti rispetto a quellistabiliti dalle tabelleAeB,D.M. n. 329/2004, odall’Allegato VII Al D.Lgs. n. 81/2008, per l’at­trezzatura a pressione ricadente sotto la sua ge­stione.

Valutazione dello statodi conservazione di tubazioniIn generale, per la valutazione dello stato diconservazione della tubazione devono te­nersi in debito conto le condizioni di servizioattuali della stessa, le condizioni di funziona­mento precedenti la verifica e quelle relativeall’esercizio futuro della medesima attrezza­tura, definendo un piano di ispezione miratoper questa tubazione. Quest’ultimo deve te­nere conto dei probabili meccanismi di dan­neggiamento in atto sull’attrezzatura (corro­sione, erosione, tensocorrosione, vibrazioni,fatica, creep, carichi localizzati variabili ecc.),delle tecnologie di ispezioni applicate, dellafrequenza e dell’estensione dei controlliispettivi sulla tubazione in esame. In genera­le, a valle della fase di valutazione dei possi­bili meccanismi di danno deve essere predi­sposto un piano di controlli non distruttivi(NDT o NDC)[22], a livello di screening o didettaglio, a seconda della configurazionedelle linee di tubazioni, della ripetibilità, del­la rapidità e dell’efficacia del metodo utiliz­zato, del rapporto costi/benefici nell’applica­zione dell’esame prescelto ecc.; nel casod’ispezione di grandi quantità di impiantiche coprono vaste estensioni, come, peresempio, le linee di processo dell’industriapetrolchimica, emerge la necessità di adotta­re metodi di prove non distruttive rapidi edefficaci, adatti a un approccio di screeningche consenta il controllo in tempi brevi, se­guiti, eventualmente, da ulteriori accerta­menti diagnostici di dettaglio.Alcuni schemi ispettivi di base prevedono, rela­tivamente alle tubazioni, l’esame visivo ester­no/interno generale, misure di controllo spessi­metrico delle membrature, controllo delle vi­brazioni e di movimento delle linee, eventualicontrolli supplementari di dettaglio. In partico­lare, riguardo ai criteri e alle metodologie dicarattere generale di esecuzione e di valutazio­ne dei risultati mediante esame visivo (EV oVT), in sede di esercizio, si può fare riferimentoa quanto riportato nella linea guida[23] predi­sposta da un gruppo di ricerca dell’ISPESL. Si

22)L’obiettivo delle prove non distruttive, in questo ambito, è quello di tenere sotto controllo determinate quantità fisicheadottando metodi di rilevazione dei sintomi di danneggiamento nei materiali costituenti i manufatti a pressione, senza chesi abbiano alterazioni strutturali degli stessi.

23)L’esame visivo su attrezzature a pressione ai fini delle verifiche di costruzione e di esercizio. Linea guidadell’ISPESL, 2006.

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fa notare che l’esame visivo può essere condot­to sia sulle superfici esterne delle attrezzaturesia sulle superfici interne, salvo per oggettiviimpedimenti di accessibilità delle stesse. In ge­nerale, le tipologie di esame possono esseredistinte in:l esame visivo in sede d’esercizio ­ volto

ad accertare che l’attrezzatura a pressione,il componente e/o l’elemento non abbiasubito danni durante il trasporto e/o ilmontaggio sul luogo d’impianto;

l esame visivo nell’ispezione periodicaordinaria ­ mirato all’accertamento dellostato di conservazione dell’attrezzatura,del componente o dell’elemento, in relazio­ne alla stabilità per le condizioni di eserci­zio assegnate;

l esame visivo nell’ispezione di riqualifi­cazione periodica (verifica d’integrità) ­concorre a stabilire lo stato di integrità del­l’attrezzatura, del componente o dell’ele­mento ai fini della riconferma dell’idoneitàall’esercizio in condizioni di sicurezza dellamedesima apparecchiatura a pressione;

l esame visivo nell’ispezione straordina­ria ­ circoscritto, in casi particolari, a singolicomponenti o elementi dell’attrezzatura apressione, per esempio, a seguito di inter­venti di riparazione.

L’Appendice B, linea guida dell’ISPESL, perl’esame visivo eseguito su tubi[24], ha previ­sto alcune raccomandazioni di carattere ge­nerale secondo le quali «I tubi dovrebberoessere esaminati individualmente ed è oppor­tuno che non siano rivestiti in alcun modo.L’EV della superficie interna può essere con­dotta illuminando con luce radente. Se la lun­ghezza del tubo non è eccessiva, la sorgenteluminosa può essere posizionata anche in op­posizione al punto di osservazione evitandoabbagliamenti. Nel caso di tubi più lunghi, ocon curvature o gomiti, o di scarsa accessibili­tà interna, è raccomandato condurre l’EV as­sistito mediante boroscopi, fibroscopi, ecc.».Inoltre, relativamente alle problematiche didanneggiamento, è posto in evidenza che:

l per i tubi senza saldatura, «I difetti tipicidi questo tipo di elementi possono essere ge­nerati sia da quelli già presenti nel semilavo­rato (barra), sia prodursi in fase di lavorazio­ne. Difetti tipici sono: cricche, inclusioni, pa­glie, filature o venature, ripiegature,rientranze, incisioni di trafila, sdoppiature,stratificazioni, strappi, impronte di corpoestraneo impresse sulla superficie durante ilprocesso di laminazione, ecc. Le estremitàdevono essere libere da bave»;

l per i tubi saldati, «Oltre ai difetti tipici disaldatura, questi elementi possono presenta­re difetti dovuti al processo produttivo comead esempio rientranze (fold) causate da ec­centricità del tubo o da temperature moltoalte, scollature causate da mancanza di fu­sione, saldatura incompleta (a tratti), rigatu­re causate da cilindri di riduzione. Possono,inoltre, riproporsi difetti presenti nel lamina­to di origine (cricche, paglie, inclusioni nonmetalliche, sdoppiature, ecc.). Il sovrametallodi saldatura sulla superficie esterna dovrebbeessere completamente asportato, ovvero am­messo nei limiti di accettabilità. Le estremitàdevono essere libere da bave».

Nella tabella3 sono riportate alcunedelledefini­zioni relative alle discontinuità rilevabili in seded’esame ispettivo di attrezzature a pressione.Allo scopo di fornire all’utente un possibileapproccio per la classificazione delle disconti­nuità rilevate in sede d’esercizio delle attrez­zature, all’Appendice D, linea guida, è riporta­to un diagramma di flusso mediante il quale èpossibile assegnare un voto alle discontinuitàrilevate (si veda la tabella 4) e stabilire i neces­sari interventi. È opportuno far rilevare chenel corso delle ispezioni è consentito aumen­tare o ridurre la classe di appartenenza delladiscontinuità rilevata in relazione alla suaprobabile evoluzione nel tempo ovvero al tipodi azione che l’utente intende intraprendere(per esempio, riparazione, modifica delle con­dizioni di funzionamento, declassamento del­l’attrezzatura a pressione ecc.).Per quel che concerne, invece, i controlli didettaglio delle tubazioni di processo, sonodegne di nota principalmente le tipologie di

24)Per tubo deve intendersi un prodotto finito di un certo materiale, le cui caratteristiche sono stabilite dallo standard diappartenenza, che può essere utilizzato per diverse costruzioni (tronchetti, condotte, scambiatori ecc.). A tal proposito èbene precisare che la linea guida europea, relativa all’applicazione della PED, in particolare la guideline n. 9, sezione 1,ha chiarito che «un singolo tubo o una rete di tubi, per una specifica applicazione, può essere classificato come“tubazione”, dimostrando che siano state portate a termine tutte le adeguate operazioni di fabbricazione, quali lapiegatura, lo stampaggio, la flangiatura e il trattamento termico».

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metodi NDC elencate nella tabella 5. Questicontrolli devono essere scelti a seconda chequeste attrezzature siano:l in fase di fabbricazione;l depressurizzate e bonificate (in questi casi

si parla di preservice inspection) ovvero inesercizio (inservice inspection).

Gli NDC sono stabiliti, inoltre, in funzionedelle diverse condizioni di installazione e difunzionamento, dell’entità e della tipologiadei fenomeni degradanti le stesse, dell’effica­cia del metodo utilizzato ecc. A tal proposito,nella tabella 6, sono riportati alcuni esempi dicontrolli effettuati su tubazioni in servizio.Comunque, è necessario ribadire che, a valledella valutazione dello stato di conservazio­ne, debba seguire l’analisi dello stato di effi­cienza dell’attrezzatura a pressione presa inesame.

Valutazione dello statodi efficienza delle tubazioniGli standard maggiormente utilizzati per la va­lutazione dello stato di conservazione e di effi­cienza delle tubazioni in esercizio fanno riferi­mento ai codici internazionali ASME­API; que­sti ultimi, pur orientati alle applicazioni delsettore petrolchimico, sono diffusamente adot­tati anche in ambiti applicativi diversi. In parti­colare, relativamente ai meccanismi di danneg­giamento delle tubazioni e alla valutazione del­la vita residua del componente a pressione, sipuò fare riferimento a quanto riportato, peresempio, dagli standard API 570 e API RP579. Il primo codice, relativamente ai meccani­smi di danno che comportano una riduzioneuniforme dello spessore[25] della membratura odella parete del componente in pressione, ri­porta la relazione valida per la determinazionedella vita residua:

RL =

nella quale:­ RL rappresenta la vita residua del compo­nente (espressa in anni);­ CR indica il rateo di corrosione (espresso inmillimetri/anno);

­ s_act rappresenta lo spessore minimo, peruna determinata posizione, misurato in seded’ispezione (espresso in millimetri);­ s_req riporta lo spessore minimo richiesto insede di progetto, per la medesima posizione,al netto della tolleranza di fabbricazione e delsovraspessore di corrosione (espresso in mm).È possibile attribuire ai componenti esaminatianche altri due ratei di corrosione, rispettiva­mente, a lungo termine (LT) e a breve termine(ST), attraverso l’applicazione delle relazioni:

LT =

ST =

In queste relazioni, oltre al simbolo già ri­portato per lo spessore minimo rilevato insede d’ispezione (s_act), sono indicati con:­ s_ini lo spessore, per una data posizione,misurato in sede di messa in servizio o inpresenza di un nuovo rateo di corrosione(espresso in millimetri);­ s_prev lo spessore, per la medesima posizio­ne di misura prevista per s_ini, rilevato du­rante una o più ispezioni precedenti (ripor­tato in millimetri);­ Δt1 l’intervallo di tempo tra l’ispezioneiniziale e quella attuale (espresso in anni);­ Δt2 l’intervallo temporale intercorso tral’ispezione precedente e quella attuale (ri­portato in anni).Come precisato nel codice API 570, sezione7, le formule precedenti possono essere ap­plicate secondo un approccio di tipo statisti­co allo scopo di valutare i ratei di corrosionee la vita residua del sistema di tubazioni.Molta attenzione deve essere posta affinchél’analisi statistica dei dati risultanti dalleispezioni rifletta fedelmente le condizionireali dei componenti costituenti la tubazio­ne; in questo ambito, è opportuno eviden­ziare che l’analisi di tipo statistico derivantedai rilievi puntali di spessore non risultaapplicabile alle tubazioni soggette a mecca­nismi non prevedibili di corrosione localiz­

25)Per esempio come l’assottigliamento dello spessore della membratura derivante da fenomeni di corrosione generalizzatauniforme.

1CR

(s_act – s_req)

1Δt1

(s_ini – s_act)

1Δt2

(s_prev – s_act)

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zata. Inoltre, per quanto riguarda i ratei dicorrosione a breve e lungo termine, è neces­sario precisare che essi devono essere con­frontati tra loro allo scopo di valutare e diselezionare quale dei due possa meglio rap­presentare le condizioni del componente inesame in termini di vita residua.In presenza di altre forme di danneggiamen­to derivanti, invece, da fenomeni di pitting,da cricche, da corrosione localizzata o selet­tiva ecc., si rimanda all’approfondimentodella norma API RP 579.In ultima analisi, l’obiettivo dell’utilizzato­re in merito alla valutazione dell’efficienzadelle linee di tubazioni è quello di stabilirela cadenza ispettiva delle stesse e, quindi,verificare se questa periodicità risulta com­patibile con quanto previsto dalle tabelle Ae B allegate al D.M. n. 329/2004 o all’Al­legato VII al D.Lgs. n. 81/2008. In conclu­sione, è opportuno sottolineare che dal­l’analisi dello stato di conservazione dellatubazione deve scaturire se i meccanismi didanneggiamento in atto possano incideresulla stabilità strutturale della stessa. Inquesto caso occorre determinare il periododi ulteriore esercibilità a pressione dellatubazione in esame, durante il quale è ga­rantito, per quest’ultima, il requisito di sta­bilità strutturale. È opportuno rilevare chenel caso in cui sia riscontrato che la varia­zione del difetto possa portare a una critici­tà strutturale della tubazione, occorre valu­tare gli opportuni interventi di riparazione,di modifica o di sostituzione della membra­tura a pressione.

Riparazioni e modifichedi attrezzature e tubazioniIl regolamento per la messa in servizio e l’uti­lizzazione delle attrezzature a pressione, al­l’art. 14, ha definito la riparazione come l’in­tervento «consistente nella sostituzione di partedi un’attrezzatura a pressione oppure nella ri­

parazione, con o senza saldatura, senza varia­zione alcuna del progetto originario»[26]. A me­ro titolo di esempio, nella tabella 7 sono ripor­tate alcune tipologie d’intervento, individuatetra quelli più ricorrenti, per le quali si puòragionevolmente ritenere possa applicarsi ilconcetto di riparazione nel senso espresso. Daun punto di vista operativo, la riparazione èintesa come l’operazione che deve essere ef­fettuata su una attrezzatura a pressione che ègià a disposizione di un utente, il quale, dopoaver valutato i rischi inerenti alle conseguen­ze di questo intervento[27], propone[28] unacerta tipologia di operazione al soggetto inca­ricato della verifica. Può accadere, per esem­pio, che l’utente abbia la necessità di:l realizzare un intervento di riparazione su

un’attrezzatura già certificata ai sensi delD.Lgs n. 93/2000. In questa situazione ilriparatore, prima dell’intervento tecnico,comunica al soggetto preposto le operazio­ni che devono essere effettuate e le relativeprocedure di collaudo previste dalla nor­mativa tecnica con la quale il componenteè stato realizzato; successivamente, il sog­getto preposto esegue le verifiche di collau­do previste dalla normativa di riferimento;

l ffettuare una riparazione per una tubazio­ne collaudata dall’ISPESL secondo la nor­mativa previgente al 29 maggio 2002 eoggetto di riqualificazione periodica. Inquesta circostanza vale quanto già riferitoal punto precedente;

l eseguire un intervento di riparazione, giàriportato dal fabbricante nel manualed’uso e manutenzione ovvero in uno speci­fico documento tecnico allegato ai docu­menti della certificazione CE. In tal casol’intervento può considerarsi un’operazio­ne di manutenzione prevista dal costrutto­re ed effettuabile dall’utente senza richie­sta di alcuna valutazione da parte del sog­getto preposto;

l procedere alla riparazione di alcuni tratti diuna tubazione, già in esercizio alla data di

26) In particolare la PED’s Guideline n. 3, sezione 1, fa intendere che se una membratura a pressione, dopo la messa inservizio, ha subito delle modifiche non importanti che non ne cambiano il contenuto e lo scopo principale è il sistema disicurezza, questo intervento può essere considerato una riparazione.

27)A tal fine, un criterio di valutazione può essere quello mediante il quale l’utente dimostra che l’intervento tecniconecessario per la riparazione non comporta un peggioramento del coefficiente di sicurezza globale risultante in sede diprogetto dell’attrezzatura in questione.

28) In realtà, il soggetto proponente la riparazione può essere lo stesso utilizzatore dell’attrezzatura ovvero il fabbricante dellamembratura di ricambio incaricato dall’utilizzatore stesso, oppure terzo soggetto, opportunamente delegato da uno deidue soggetti anzidetti.

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entrata in vigore della direttiva PED e noncollaudata secondo la normativa previgente,rientrante tra quelle ora oggetto di riqualifica­zione periodica. In questa situazione, se l’in­tervento non va a modificare il progetto origi­nario delle membrature, il riparatore può se­guire le procedure di collaudo previste dallanormativa tecnicacon laquale l’attrezzaturaèstata realizzata in origine.

In particolare, per quanto riguarda la ripara­zione delle tubazioni per liquidi, l’utilizzatoreè tenuto a osservare la seguente procedura:«a) comunica al soggetto preposto le operazionida effettuare per i liquidi del gruppo 1 contenutiin attrezzature di categoria II e III. In tal caso ilsoggetto preposto esegue le verifiche di collaudopreviste dalla normativa di riferimento;b) per i liquidi e le categorie non elencati alla letteraa) non deve inviare alcuna comunicazione».Inoltre, in entrambi i casi di cui alle precedentilettere a) e b), deve predisporre la registrazio­ne, sulla documentazione di impianto, dellariparazione effettuata completa delle certifi­cazioni relative ai controlli eseguiti dopo l’in­tervento tecnico.Dopo il buon esito della riparazione e leprove finali eventualmente previste dallaregolamentazione originaria, sarà rilascia­to, dal soggetto preposto, il nulla osta alla

ripresa dell’esercizio dell’attrezzatura.A differenza della riparazione, la modificadi un’attrezzatura può essere definita comequell’operazione, realizzata su parti a pres­sione dopo la messa in servizio della stessa,che non può essere individuata come ripa­razione intesa nel senso anzidetto; in realtà,il decreto ministeriale n. 329/2004 ha de­finito la modifica come l’intervento tecnicoche«ha cambiato le caratteristiche originali,la destinazione e il tipo o solamente il tipo,dopo la messa in servizio»[29]. In particolare,in quest’ambito, per esempio, sono conside­rate modifiche importanti gli interventitecnici realizzati su attrezzature a pressio­ne, in esercizio, che richiedano la revisionedei dati di targa stabiliti dal fabbricante perla variazione della pressione di esercizioovvero la trasformazione delle temperatured’esercizio. A differenza del caso preceden­te, la modifica di un’attrezzatura a pressio­ne deve essere gestita in conformità alledisposizioni applicabili per le nuove costru­zioni, assoggettando la stessa, a secondadella categoria, a una procedura di valuta­zione di conformità in ottemperanza aquanto richiesto dalla direttiva PED, qua­lunque sia stato il codice di costruzioneoriginario adottato. l

29)È il caso, per esempio, della sostituzione del fluido cui l’attrezzatura è destinato a contenere con un altro dissimile e didiverso livello di pericolo, che può comportare rischi di corrosione, di instabilità chimica ecc. aggiuntivi a quelli del fluidoprevisto in origine e che sia comunque incompatibile con i materiali costituenti la tubazione; in questo caso la natura delnuovo fluido comporta l’aggiornamento del gruppo di fluido e il passaggio dell’attrezzatura a una categoria superiorerispetto a quella del progetto originario.

l Bibliografia

l Decreto del Ministero per il Lavoro e la Previdenza sociale 21 maggio 1974, «Norme integrative del regolamen-to approvato con R.D. 12/5/1927, n. 824, e disposizioni per l’esonero di alcune verifiche e prove stabilite per gliapparecchi a pressione»;

l Codice PIVG, «Impianti a pressione di vapore e gas», edizione ISPESL, 1991;l API RP 579, «Recommended Practice for Fitness-for-Service», American Petroleum Institute, prima edizione, 2000;l ANSI/ASME B31, «ASME Code for pressure piping», American Society of Mechanical Engineers, 2001;l UNI EN 473, «Prove non distruttive. Qualificazione e certificazione del personale addetto alle prove non distruttive.

Principi generali», 2001;l EN 13480­5, «Metallic industrial piping - part. 5: Inspection and testing», 2002;l Decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, «Attuazione della Direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a

pressione»;l EN 1330­10, «Non-destructive testing. Terminology. Terms used in visual testing», 2003;l Decreto del Ministero delle Attività produttive 1° dicembre 2004, n. 329, «Regolamento recante norme per la

messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all’art. 19 del decreto legislativo 25febbraio 2000, n. 93»;

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l Linea guida dell’ISPESL, «L’esame visivo su attrezzatura a pressione ai fini delle verifiche di costruzione e diesercizio», edizione ISPESL, 2006;

l EN 13445­5, «Unfired Pressure Vessels - part.5: Inspection and testing», Add. 5, 2006;l ANSI/API 510, «Pressure Vessel Inspection Code: Maintenance Inspection, Rerating, Repair and Alteration», Ameri-

can Petroleum Institute, nona edizione, 2006;l API 570, «Piping Inspection Code: Inspection Rapair, Alteration and Rerating of In-Service piping System», American

Petroleum Institute, seconda edizione, A. 4, 2006;l Bozza di specifica tecnica nazionale UNI­ISPESL, «Tubazioni e recipienti per liquidi in esercizio», revisione aprile

2008;l Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di

tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro».

Fotografie di Casto Di Girolamo e Mario Di Carlo su gentile concessione di Agrolinz Melamine International Italia S.p.A.

EFFICIENZA ENERGETICADI EDIFICI E IMPIANTI TERMICIdi C. De TrizioIl volume suggerisce, con un taglio pratico-operativo, lo studio e la ricerca di nuovesoluzioni tecnologiche da mettere in atto, già in fase di progettazione, per poterapprontare progetti ecoefficienti, basati sulla scelta di materiali più idonei e facendoleva sulle migliori tecniche costruttive.Nel testo, vengono indicati i calcoli delle dispersioni termiche degli spazi riscaldati,degli apporti gratuiti di calore, delle perdite di emissione, di regolazione, di distribu-zione e di produzione per giungere a stabilire il fabbisogno di energia primaria equello della prestazione energetica dell'edificio.A completamento della materia sono stati calcolati i rendimenti termici utile mediomensile e globale medio stagionale e il rendimento di produzione medio stagionale.Il tutto come dettato dal D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 e come modificato dal D.Lgs.29 dicembre 2006, n. 311.Nel CD-Rom viene riportata un'utile raccolta normativa contenente gli allegati alD.Lgs. n. 311/2006 (di modifica al D.Lgs. 19 agosto 2995, n. 192) e ai due D.M. 19febbraio 2007 sulle detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimo-nio edilizio esistente e alle modalità per incentivare la produzione di energia elettricamediante conversione fotovoltaica della fonte solare.

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USO DEI DPI IN AMBIENTI SEVERI FREDDI:DALLA TEORIA NORMATIVA ALLA PRASSIl di Daniela Freda e Michele del Gaudio

Dipartimento Igiene del Lavoro - ISPESLe Paolo LenzuniDipartimento di Firenze - ISPESL

L’art. 180, Titolo VIII, D.Lgs. n. 81/2008, al comma 1 ha citato, fra gli agenti fisici daiquali devono essere protetti i lavoratori, anche il microclima, definito, dalla lineaguida del Coordinamento tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regionie delle Province autonome e dell’ISPESL, come «il complesso dei parametri fisici

ambientali che caratterizzano l’ambiente locale (ma non necessariamente confinato)e che, assieme a parametri individuali quali l’attività metabolica e l’abbigliamento,determinano gli scambi termici fra l’ambiente stesso e gli individui che vi operano».L’esposizione ad ambienti freddi può comportare un pericolo reale per la salutedel lavoratore esposto, anche con ripercussioni che possono portare alla mortedello stesso. È necessario, quindi, effettuare un’opportuna valutazione del rischio e,in funzione di questa, adottare le misure idonee al fine di garantire la salutee la sicurezza del lavoratore addetto esposto a questa tipologia di rischio.

L’esposizione ad ambienti freddipuò comportare, per il lavoratore,un reale pericolo per la salute, conconseguenze patologiche che, incasi estremi, possono divenire an-che letali[1]. In riconoscimento del-la rilevanza del rischio termico, lalegislazione italiana[2] ha incluso,infatti, il microclima fra gli agentifisici per i quali deve essere predi-

sposta una specifica valutazionedel rischio. La relativa proceduraconsigliata per gli ambienti fred-di[3] deve effettuare il controllo delrischio agendo principalmente suitempi di esposizione e sull’isola-mento termico fornito dall’abbi-gliamento indossato, secondo unoschema sviluppato e illustrato nel-la norma UNI EN ISO 11079[4].

Esiste purtroppo un gap significati-vo fra le informazioni richieste perl’applicazione di questa norma e,dunque, per una corretta valuta-zione del rischio e le informazionifornite dai produttori di indumentiprotettivi. In particolare, non èchiaro come combinare in un unicodato né i valori di isolamento ter-mico, né i dati relativi alla permea-

1) Per un approfondimento si veda, di AAVV, Fisiologia dell’uomo, Edi-Ermes, 2006.2) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della

sicurezza nei luoghi di lavoro».3) Si veda il documento di linea guida del Coordinamento tecnico delle regioni e delle province autonome e dell’ISPESL, «Linee Guida

Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro. Requisiti standard. Indicazioni operative e progettuali», 2006.4) UNI EN ISO 11079:2008, «Ergonomia degli ambienti termici - Determinazione e interpretazione dello stress da freddo mediante

l’uso dell’isolamento richiesto (IREQ) e di effetti locali di raffreddamento».

Osservatorioa cura dell’UfficioRelazioni con il Pubblico

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bilità all’aria dei diversi indumentiindossati. La verifica dell’adegua-tezza di un insieme di indumenti èanch’essa non banale e la scelta fradiversi possibili insiemi di indu-menti è totalmente lasciata alla di-screzionalità del valutatore. Que-sta circostanza spiega, anche senon giustifica, perché le odierne va-lutazioni del rischio termico in am-bienti freddi siano estremamentelacunose e perché la congruenza fral’isolamento termico effettivamen-te presente e quello richiesto siatutt’altro che accertata. A questasituazione contribuiscono anche:l l’ingiustificata, ma diffusa, sot-

tostima del rischio, la qualeconduce a ritenere che, a parterarissimi casi estremi, il rischiotermico possa essere tenuto sot-to controllo con soltanto un piz-zico di buon senso;

l il fatto che soltanto nel 2008 lanormativa tecnica internazio-nale per la valutazione del ri-schio termico in ambienti freddiabbia finalmente superato la fa-se sperimentale.

Comunque, la modestissima sensibili-tà nei confronti del rischio termico inambienti freddièassaipreoccupante,considerata la diffusione di ambientilavorativi di questo tipo (dalle catenedel freddo alimentari ai lavori inver-nalioutdoor).L’obiettivo di questo lavoro è sem-plificare la valutazione del rischiotermico in ambienti freddi e, inparticolare, l’individuazione del-l’insieme di capi di abbigliamentopiù adeguato a ciascuna specificarealtà lavorativa. Questo obietti-vo è stato perseguito medianteuna sequenza così articolata:

l creazione di una piccola bancadati di indumenti certificatiquali DPI per ambienti freddi,assemblata a valle di una indagi-ne dei prodotti reperibili on lineda distributori italiani;

l determinazione del metodo piùaccurato per combinare le in-formazioni relative all’isola-mento termico dei diversi indu-menti;

l definizione di un criterio di otti-mizzazione nella scelta dell’ab-bigliamento protettivo;

l valutazione del ruolo della per-meabilità all’aria nel definirel’isolamento termico efficace;

l sviluppo di metodi per trattaresituazioni nelle quali l’uso di DPIcertificati non risulta possibile;

l verifica dell’adeguatezza del-l’abbigliamento protettivo sele-zionato.

DISPOSITIVI DI PROTEZIONEINDIVIDUALEREQUISITI DI LEGGEIn ambienti freddi il forte squili-brio fra la temperatura corporeae la temperatura ambientale de-termina una rapida perdita di ca-lore corporeo da parte dell’orga-nismo, che può condurre a unasituazione di ipotermia. L’essereumano, di per sé, non è in grado difar fronte a situazioni termichemolto fredde; per un uomo convestiario leggero (0,6 clo) impe-gnato in un’attività di medio di-spendio metabolico (M = 1,4 met),la durata massima dell’esposizio-ne a un ambiente indoor a 0 °C èinferiore a 20 minuti.Sistemi di controllo antropici, qua-li vasocostrizione e brividi, posso-

no portare qualche beneficio pertempi brevi e in ambienti pocofreddi, ma sono del tutto ineffi-cienti nella generalità dei casi.Inoltre, i termorecettori perifericiimpiegano un certo tempo a rece-pire le condizioni termiche e a co-municare con i gangli e i centri su-periori deputati alla termoregola-zione. Il periodo di attivazione èestremamente soggettivo perchélegato alle condizioni fisiche delsoggetto esposto[5].Gli ambienti freddi, sia indoor siaoutdoor, sono ambienti di tipovincolato[6], nei quali, quindi, lequantità microclimatiche nonpossono essere alterate. Tantomeno può essere modificata l’at-tività metabolica, che è legata al-la mansione svolta. È chiaro, per-tanto, che, a parte i casi nei qualila durata dell’esposizione non èlegata a specifiche esigenze pro-duttive e può, di conseguenza, es-sere opportunamente ridotta incaso di necessità, la protezionedel lavoratore non può che essereaffidata a un abbigliamento ingrado di fornire un’opportuna re-sistenza al fluire del calore dalcorpo verso l’ambiente. La legi-slazione vigente ha indicato chia-ramente che, una volta esauriti isistemi di prevenzione e di prote-zione collettiva, i rischi residuidevono essere gestiti utilizzando idispositivi di protezione indivi-duale (DPI). Con questo termine ilD.Lgs. n. 475/1992[7] aveva indi-cato «qualsiasi attrezzatura de-stinata ad essere indossata e te-nuta dal lavoratore allo scopo diproteggerlo contro uno o più ri-schi suscettibili di minacciarne la

5) Per maggiori informazioni sul tema si veda, di Bignetti E., Il termometro, vi assicuro, è meglio metterlo in bocca!, Ann. Fac. Medic. Vet. diParma, Vol. XXIV, pag. 417, 2004.

6) Per un approfondimento si veda di del Gaudio Michele e Lenzuni Paolo, La valutazione del rischio termico in ambienti moderabilifreddi, Giornale degli Igienisti Industriali n. 3/2006, pag. 220.

7) D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475, «Attuazione della direttiva 89/686/CEE del consiglio del 21 dicembre 1989 in materia diriavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale».

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sicurezza o la salute durante illavoro». La legislazione ha fissa-to, inoltre, i requisiti progettualidei DPI, ascrivendo al produttorele relative responsabilità e impo-nendo al datore di lavoro, al diri-gente, al preposto e al lavoratoreun utilizzo corretto degli stessi. IDPI sono classificati in 3 categoriein funzione del livello di rischiodal quale devono proteggere, dallivello di rischio più basso – la pri-ma categoria – a quello più eleva-to – la terza categoria. Tutti i DPIdevono rispondere ai requisiti es-senziali di sicurezza il che, inpratica, anche se a rigore non for-malmente, implica l’aderenza al-

le norme armonizzate EN. Per po-ter essere immessi sul mercato,devono essere dotati, pertanto,di marcatura CE e di dichiarazionedi conformità. La dichiarazione diconformità, per i DPI di II e di IIIcategoria, è subordinata al pre-ventivo controllo, da parte di un“organismo notificato”, il cui nu-mero identificativo (codice nu-merico di quattro cifre) deve es-sere indicato sull’etichetta delDPI insieme alla marcatura CE, al-l’indicazione del fabbricante, delmodello, della taglia, del pitto-gramma identificativo della pro-tezione fornita e delle norme eu-ropee di riferimento, come mo-

strato nella figura 1. Accanto airequisiti generali, un DPI deve an-che rispettare i requisiti di prote-zione particolari dettati da una opiù norme specifiche di prodotto.

DISPOSITIVI DI PROTEZIONECONTRO IL FREDDOLe norme armonizzate alle qualidevono rispondere i DPI per am-bienti freddi sono la UNI EN 342[8],per completi o insiemi di indumen-ti in grado di proteggere l’interocorpo, e la UNI EN 14058[9], per isingoli indumenti. Entrambe que-ste norme precisano che le quanti-tà maggiormente rilevanti ai finidella caratterizzazione della pre-stazione di un DPI sono il valore di

8) UNI EN 342:2004, «Indumenti di protezione - Completi e capi di abbigliamento per la protezione contro il freddo».9) UNI EN 14058:2004, «Indumenti di protezione - Capi di abbigliamento per la protezione contro ambienti freddi».

Figura 1

Numero dell’Organismo

Fabbricante

Norma Europeadi riferimento

Norma Europeadi riferimento

Simbolo perprotezione controi rischi e relativilivelli diprotezione

Marcaturadi conformità Modello

TagliaT9

ABCD

XYZW0000

0000

EN 340:2004 EN 342:2004

Etichetta identificativa del DPI

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isolamento termico statico (Icl an-che indicato con Icle), la cui misuraavviene secondo la procedura illu-strata nella UNI EN ISO 15831[10], ein secondo luogo il valore di perme-abilità all’aria (p anche indicatacon AP), la cui misura avviene se-condo la procedura illustrata nellaUNI EN ISO 9237[11]. È necessariosottolineare che la permeabilitàall’aria spesso non è quantificatanumericamente, ma semplicemen-te mediante l’indicazione dellaclasse (1, 2, 3). La norma UNI EN340[12] ha precisato, infine, che ilpittogramma identificativo per laprotezione dal freddo è quello in-dicato nella figura 2.

LA VALUTAZIONEDEGLI AMBIENTI FREDDILa norma tecnica di riferimentoper la valutazione degli ambientifreddi è la UNI EN ISO 11079, laquale ha affrontato la valutazionedel rischio risolvendo l’equazione

dell’equilibrio energetico del sog-getto esposto. Questa norma puòessere applicata in due direzioni,“diretta” e “inversa”.

APPLICAZIONE DIRETTAApplicando la norma in senso “di-retto”, l’abbigliamento è assuntonoto a priori e si determina la dura-ta dell’esposizione attraverso leseguenti fasi:l misurazione dei parametri mi-

croclimatici (fisici) dell’am-biente, ovvero ta, tr, va, UR;

l identificazione dell’attivitàmetabolica M del soggettoesposto;

l calcolo dell’isolamento effet-tivo (o dinamico) Icl,r (anche in-dicato con Icler) fornito dall’ab-bigliamento selezionato. Quasitutti i valori di isolamento ter-mico riportati dal fabbricantesono misurati con un manichinotermico statico. L’isolamentoeffettivo Icl,r, che questi indu-menti offrono quando sono in-dossati, risulta inferiore al va-lore statico Icl a causa del flussod’aria fra gli indumenti, indot-to dal movimento del soggettoe/o dalla presenza di motid’aria nell’ambiente. La perdi-ta di isolamento dipende dallapermeabilità all’aria p, an-ch’essa misurata dal fabbri-cante, e aumenta all’aumenta-re di p;

l calcolo dell’isolamento termicorichiesto per una esposizione di8 ore; mediante l’utilizzo di unsoftware o di un metodo graficosono ricavati due valori, uno(IREQneutro) tale da mantenerel’equilibrio termico, l’altro(IREQmin) tale da mantenere la

perdita di energia entro limiticompatibili con un accettabilestrain fisiologico;

l confronto di Icl,r con IREQmin eIREQneutro mediante la tabella 1.

APPLICAZIONE INVERSASe la norma è applicata in senso “in-verso”, la durata dell’esposizione èassunta nota e si determinano le ca-ratteristiche dell’abbigliamento, inparticolare, le due quantità Icl, p,attraverso le seguenti fasi:l misura dei parametri microcli-

matici dell’ambiente ovvero ta,tr, va, UR;

l identificazione dell’attività me-tabolica M del soggetto esposto;

l individuazione della durata del-l’esposizione Dexp a partire dal-l’analisi del ciclo lavorativo;

l calcolo dell’intervallo di accet-tabilità per l’isolamento termi-co effettivo Icl,r associato allospecifico valore di Dexp indivi-duato al punto precedente;

l selezione degli insiemi di indu-menti caratterizzati da valori[Icl, p] in grado di fornire un iso-lamento termico effettivo Icl,r

compreso nell’intervallo di ac-cettabilità definito al puntoprecedente.

Poiché la durata dell’esposizione ègeneralmente dettata da specifi-che esigenze produttive e/o logi-stiche, in pratica, sarà la procedu-ra inversa a essere adottata nellamaggioranza dei casi.

CALCOLO DELL’INTERVALLODI ACCETTABILITÀ PER Icl,r

I primi tre punti dell’applicazioneinversa non dovrebbero presenta-re problemi. Maggiore attenzionemerita, invece, il quarto punto. A

10) UNI EN ISO 15831:2005, «Indumenti ­ Effetti fisiologici ­ Misurazione dell’isolamento termico per mezzo di un manichinotermico».

11) UNI EN ISO 9237:1997, «Tessili. Determinazione della permeabilità all’aria dei tessuti».12) UNI EN 340:2004, «Indumenti di protezione ­ Requisiti generali».

Figura 2

Pittogrammaidentificativo dei DPI per la protezionecontro il freddo

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questo proposito si procede inse-rendo nel software utilizzato i da-ti relativi al metabolismo M, al la-voro meccanico eseguito W e aiparametri fisici misurati nell’am-biente. Nel caso più comune nelquale si faccia uso del softwareIREQalfa2007, i dati relativi al me-tabolismo M e al lavoro meccanicoeseguito W devono essere inseritinelle caselle 1 e 2 della relativapagina web[13], e i dati relativi aiparametri fisici misurati nell’am-biente nelle caselle 3, 4, 7, 8. Siinserisce poi nella casella 5 un va-lore della permeabilità dell’ariamolto basso (indicativamentecompreso fra 0,2 e 1 lm-2s-1) in mo-do da ottenere lo stesso intervalloper le due quantità “InsulationRequired, IREQ” e “REQUIRED ba-sic clothing insulation (ISO 9920),Icl” che il software fornisce in usci-ta. Si aggiusta, poi, il valore diisolamento termico (casella 9) fi-no a ottenere una durata limitedell’esposizione (Duration Limi-ted Exposure) pari alla durata rea-le Dexp. Quest’ultimo passo è ripe-

tuto due volte per ottenere que-sto risultato prima su una e poisull’altra delle due caselle dellariga “Duration Limited Exposu-re”. I due valori di isolamento ter-mico così ottenuti rappresentanogli estremi dell’intervallo di ac-cettabilità per Icl,r.Questa procedura, anche un po’complessa, si rende necessariaperché il software IREQalfa2007non fornisce in uscita valori diIREQneutro e IREQmin per durate ar-bitrarie dell’esposizione, ma sol-tanto per esposizioni di durata pa-ri a 8 ore.Utilizzando come base di partenzai risultati, riportati nella tabella 2,di alcune delle misure eseguite nelcorso di una campagna sperimen-tale condotta in ambienti freddi in-door nell’estate 2007, la figura 3illustra chiaramente come a espo-sizioni di durata minore corrispon-dano valori inferiori di Icl,r.

BANCA DATIUna volta identificato l’intervallodi accettabilità di Icl,r, il punto

successivo è capire come valoriinterni a questo intervallo possa-no essere ottenuti in pratica. Perraggiungere questo obiettivo de-vono essere risolti diversi proble-mi. Il primo è che la disponibilità,in Italia, di DPI per ambienti fred-di è decisamente limitata e le in-formazioni a riguardo non sonosempre semplici da reperire. Lanorma per la valutazione del ri-schio fa esplicito riferimento, perl’abbigliamento, alla norma UNIEN ISO 9920[14]. Tuttavia, questodocumento appare formalmenteinadeguato a un’applicazione inambienti freddi, dato che sia gliinsiemi (tabelle A.4 e A.5) sia gliindumenti singoli (tabella B.2) so-no privi di indicazioni relative auna eventuale conformità allenorme armonizzate. Come talinon possono essere definiti DPI edi conseguenza non possono esse-re accettati come misure di pre-venzione del rischio in ambientidove si configura un potenzialepericolo per la salute.Per ovviare a questa carenza, è

13) Per meggiori dettagli sul software IREQalfa2007, versione 4.1, all’indirizzo http://wwwold.eat.lth.se/Forskning/Termisk/Ter-misk_HP/Klimatfiler/IREQ2002alfa.htm, o all’indirizzo http://www.fisicatecnica.altervista.org/IREQ2002alfa_ita.htm.

14) UNI EN ISO 9920:2007, «Ergonomia degli ambienti termici - Valutazione dell’isolamento termico e della resistenza al vaporeacqueo dell’abbigliamento».

•Valutazione del rischio in ambienti freddiCondizione Rischio Azione

IREQmin ≤ Icl,r ≤ IREQneutro Nessuno Nessuna strettamente richiesta; si racco-manda che il soggetto adatti il suoabbigliamento secondo i criteri di otti-mizzazione proposti per gli ambientipoco freddi

Icl,r < IREQmin Raffreddamento progressivo del cor-po (possibile ipotermia)

L’esposizione deve essere limitata a unadurata massima Dlim

Icl,r > IREQneutro Surriscaldamento e sudorazione, conconseguente ulteriore sottrazione dicalore e diminuita resistenza termicadell’indumento

L’isolamento termico dell’insieme utilizza-to deve essere ridotto

Tabella 1

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stata messa a punto una banca datiche raccoglie le informazioni at-tualmente disponibili relative allecaratteristiche meccaniche, ter-miche e commerciali dei DPI da

freddo certificati secondo la UNIEN 342 o la UNI EN 14058. La bancadati, continuamente aggiornatacon i dati forniti dai produttori e/odai distributori di tutto il mondo,

sarà prossimamente pubblicata sulsito web dell’ISPESL.

COMPOSIZIONEDELL’ABBIGLIAMENTOISOLAMENTO TERMICO STATICOIl secondo problema è quello di in-dividuare la corretta strategia diselezione dell’abbigliamento infunzione del regime di temperatu-ra in cui si opera. È necessario divi-dere, pertanto, gli ambienti ter-mici freddi in ambienti poco freddio molto freddi, utilizzando comediscrimine una temperatura del-l’aria ta = -5 °C. Questo valore de-riva dai campi di applicazione del-le due norme armonizzate UNI EN342 e UNI EN 14058, che certifica-no i DPI rispettivamente nell’in-tervallo ta < -5 °C e nell’intervallota > -5 °C.

1. Ambienti poco freddiNegli ambienti poco freddi (ta > -5°C) sono certificati come DPI sol-tanto i singoli indumenti e non icompleti. Pertanto, la disposizio-ne di legge che i rischi residui sianoaffrontati mediante DPI deve esse-re interpretata richiedendo chel’abbigliamento contenga almeno

• Risultati sulle misure sperimentali in ambienti freddi

ta = tr UR va M IREQmin IREQneu

(°C) (%) (m/s) (met) (clo) (clo)

1 ­20,5 95 0,93 1 6,5 6,9

2 ­20,7 95 0,07 2 2,9 3,2

3 ­17,8 95 1,22 2 2,8 3,1

4 ­33,8 95 0,52 1,6 4,9 5,3

5 ­1,1 86,9 0,06 1 3,9 4,3

6 4 76,5 0,04 2 1,2 1,5

Tabella 2

Figura 3

15) Per un approfondimento sul tema si veda, di D’Ambrosio F.R., L’abbigliamento e il comfort termico: quale relazione, 1° convegnonazionale “Tessile e Salute”, Biella, 17­18 marzo 2005.

Isolamento termico effettivo in funzione della durata dell’esposizione (in tabella 2, misure 1, 2 e 6)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Durata dell'esposizione (ore)

Iso

lam

ento

ter

mic

o e

ff. I

clr (

clo)

1- IREQmin 1- IREQneu2- IREQmin 2- IREQneu3- IREQmin 3- IREQneu

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• Caratteristiche base degli insiemi di indumenti adeguati per ambienti freddi

Riferimento UNIEN ISO 9920

Isolamentotermico statico Massa Fattore

di coperturaPermeabilità

all’aria

Tabella/n. Icl (clo) M (g) fcl p (lm-2s-1)

A.4/127 1,36 1.841 1,25 126

A.4/128 1,5 2.172 1,27 126

A.4/400 1,11 1.286 1,18 241

A.4/401 1,2 1.363 1,27 1.577

A.4/402 0,85 1.205 1,22 1.577

A.4/404 1,88 2.564 1,4 24

A.4/405 2,13 2.641 1,42 24

A.4/406 2,41 2.490 1,42 24

A.4/407 1,4 2.449 1,22 1.588

A.4/408 1,38 2.445 1,22 1.588

A.4/409 2,22 2.631 1,42 1.588

A.4/410 2,17 2.884 1,42 1.588

A.4/411 2,16 2.566 1,42 1.577

A.4/436 1,53 2.618 1,36 204

A.4/438 1,18 2.326 1,3 204

A.4/439 1,46 2.618 1,35 204

A.4/482 1,43 1.970 1,32 -

A.4/441 1,23 2.404 1,36 1.577

A.4/442 1,54 2.726 1,35 1.577

A.4/472 2,26 3.257 1,45 204

A.4/473 2,3 3.697 1,48 204

A.4/474 2,48 3.697 1,49 204

A.4/475 2,15 4.405 1,49 80

A.4/476 1,86 3.783 1,42 80

A.4/477 1,87 4.223 1,45 -

A.4/478 2,02 3.965 1,45 -

A.4/479 1,86 3.783 1,42 -

Tabella 3

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A.4/484 1,42 1.780 1,35 -

A.4/491 1,63 2.920 1,43 -

A.4/492 2,34 3.720 1,49 -

A.4/493 2,55 4.390 1,48 -

A.4/494 1,6 3.552 1,43 -

A.4/495 2,36 4.352 1,48 -

A.5/601 3,67 2.804 1,5 -

A.5/602 1,6 2.357 1,28 -

A.5/603 1,97 2.494 1,27 -

A.5/604 2,3 2.943 1,34 -

A.5/604a 1,77 2.683 1,32 -

A.5/605 3,28 2.916 1,47 -

A.5/606 2,45 3.322 1,52 -

A.5/607 1,68 2.283 1,4 -

A.5/608 1,12 1.707 1,25 -

A.5/609 1,19 913 1,29 -

A.5/610 1,34 1.370 1,29 -

A.5/611 1,24 1.665 1,36 -

A.5/612 1,67 1.990 1,37 -

A.5/613 1,81 2.466 1,37 -

A.5/614 1,51 1.833 1,27 -

A.5/615 1,15 1.940 1,26 -

A.5/616 2,98 4.386 1,5 -

A.5/616a 2,13 3.683 1,48 -

A.5/617 1,03 1.024 1,25 -

A.5/618 1,63 2.954 1,46 -

A.5/619 1,33 2.568 1,42 -

A.5/620 1,22 2.435 1,41 -

A.5/621 1,1 1.960 1,53 -

A.5/622 1,19 1.774 1,31 -

Fonte: UNI EN ISO 9920, tabelle A.4, A.5

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un capo certificato come DPI aisensi della UNI EN 14058. Per cal-colare l’isolamento termico com-plessivo di un insieme di indumentiesistono diverse opzioni, comeben illustrato da altri autori[15]. Ilmetodo più affidabile apparequello “differenziale”, suggeritodalla norma UNI EN ISO 9920, che siarticola come segue:l 1. all’interno della tabella A.4

(33 insiemi) e della tabella A.5(24 insiemi), norma UNI EN ISO9920, si seleziona un insiemeche si ritiene ipotizzabile perl’uso. La selezione dell’insiemedi partenza è critica e deve es-sere fatta tenendo fermi alcunipunti:

- l’isolamento termico deve esse-re inferiore a quanto richiesto, invista dell’incremento che potrà es-sere realizzato con le sostituzionidi cui al successivo punto;- a parità di isolamento termico,

devono essere privilegiati gli insie-

mi con fattore di copertura fcl mag-giore, nell’ipotesi che questo cor-risponda a una copertura corporeapiù omogenea;- a parità di isolamento termico edi fattore di copertura, devono es-sere privilegiati insiemi con massapiccola che, pur assicurando unacopertura adeguata e omogenea,interferiscono meno con l’attivitàda svolgere e sono, quindi, più er-gonomici;l si operano le opportune modifi-

che, introducendo almeno unoo, eventualmente, più indu-menti presenti nella banca datiin aggiunta o in sostituzione diuno o più indumenti presentinell’insieme originale identifi-cato al punto precedente;

l si calcola la differenza dell’iso-lamento termico pari a

dove Iclu’ è l’isolamento termico di

ciascun indumento introdotto e Iclu

è l’isolamento termico di ciascunindumento sostituito;l si calcola il valore dell’isola-

mento termico statico comples-sivo dell’insieme modificato,mediante l’algoritmo

dove Icl,A è l’isolamento termicostatico complessivo dell’insiemeoriginale.È essenziale sottolineare comel’utilizzo di valori di isolamentotermico estratti dalla banca datie, quindi, forniti originariamentedal produttore (secondo punto),costituire un grande punto di for-za di questo schema, per tre di-versi motivi:l rappresenta un grande incentivo

per i produttori a migliorare l’of-ferta di DPI e a rendere accessi-bili al pubblico le loro caratteri-stiche, mediante un sistemasemplice come la banca dati;

l consente all’utilizzatore di se-lezionare l’indumento più ade-guato all’interno di un panora-ma molto vasto;

l rende la trattazione degli ef-fetti dei DPI per ambienti ter-mici coerente con le analoghetrattazioni esistenti per gli altriagenti fisici, dove l’attenuazio-ne della pressione sonora dovu-ta a un DPI acustico, così comelo smorzamento delle vibrazio-ni dovute a un DPI anti-vibran-te, è quantificata a partire daidati certificati e forniti dal pro-duttore.

In definitiva, questa proceduraconsente di ottenere un risultatodi buona affidabilità e, allo stessotempo, di sfruttare al meglio leinformazioni disponibili. Non nedevono essere taciuti, tuttavia, ilimiti:l la norma stessa suggerisce che

le modifiche associate alle so-

Figura 4

Valore dell’isolamento termico statico Icl in funzione della permeabilità all’aria p per due diverse condizioni espositive

33,5

44,5

55,5

66,5

77,5

8

2 5 10 20 50 100 200 500

Iso

lam

ento

ter

mic

o I c

l (cl

o)

8 ore - IREQ min8 ore - IREQ neutral2 ore - IREQ min2 ore - IREQ neutral

Permeabilità all’aria p (l m-2 s-1)

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stituzioni/integrazioni siano te-nute “al minimo”;

l l’algoritmo non tiene conto delfatto che l’effetto dell’aggiun-ta di un capo dipende molto dadove è posizionato, su una zonagià abbondantemente copertaè virtualmente nullo, mentresu una zona nuda è molto signi-ficativo.

2. Ambienti molto freddiNegli ambienti molto freddi (ta <-5 °C) la protezione deve essereassicurata da DPI certificati talisecondo la UNI EN 342. Non è pos-sibile far ricorso, quindi, alle ta-belle della UNI EN ISO 9920 e deveessere utilizzato il valore fornitodal fabbricante, senza alcuna pro-cedura di combinazione o di sosti-tuzione. Purtroppo, mentre lequantità fcl e M risultano disponi-bili per gli insiemi contenuti nella

UNI EN ISO 9920, queste sono as-senti per gli insiemi contenuti nel-la banca dati. Per questi ultimi, diconseguenza, la scelta si deve ba-sare unicamente sul valore di iso-lamento termico.

PERMEABILITÀ DELL’ARIAIl terzo problema è che la normaUNI EN ISO 9920 ha dedicato moltaattenzione alla resistenza alla tra-spirazione, ma non altrettanta neha dedicato alla permeabilità al-l’aria. La figura 4 mostra che l’ef-fetto della permeabilità all’ariasull’isolamento termico staticonecessario, sebbene non enorme,è comunque significativo (circa il10% nell’intervallo praticamenterilevante per p). Quindi, è impor-tante che anche questa quantitàsia considerata attentamente nelselezionare l’insieme ottimale de-gli indumenti. La norma UNI EN ISO9920 non ha proposto nessun me-

todo per combinare in un unico da-to globale le informazioni relativealla permeabilità all’aria dei sin-goli indumenti. Tuttavia, il softwa-re IREQalfa2007, che fornisce ilsupporto applicativo alla normaUNI EN ISO 11079, richiede proprioun singolo dato di p relativo all’in-tero abbigliamento.Considerato che nella UNI EN ISO9920 la permeabilità all’aria èsempre citata con riferimento aldato degli indumenti più esterni,appare logico procedere in questosenso. In ogni caso, anche con que-sta semplificazione, il metodo conil quale la UNI EN ISO 9920 ha asso-ciato un valore di permeabilità al-l’aria a un determinato insieme èestremamente involuto e sicura-mente in grado di scoraggiare an-che l’utente più tenace.Per superare questo ostacolo, sono

Figura 6

Temperatura minima accettabile (°C), in funzione della durata dell’esposizione (h), per diversi valori dell’isolamento termico da 0,5 clo (a) a 3,5 clo (g).

6.a M = 90 Wm-2 (1,4 met) 6.b M = 115 Wm-2 (2 met) M = 115 Wm-2 (2 met)

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state raccolte, nella tabella 3, le ca-ratteristiche termiche e meccani-che utili in questo contesto, di tuttigli insiemi presenti nelle tabelleA.4, A.5, norma UNI EN ISO 9920, lacui permeabilità dell’aria è stata ri-cavata dalla tabella B.2. Nel caso incui i diversi indumenti dello stratoesterno, che poi sono quasi sempre isoli “veri” DPI presenti nell’insie-me, presentino valori diversi di per-meabilità all’aria, il valore com-plessivo è stato calcolato come lamedia di questi. Infine, seguendo laraccomandazione che la norma UNIEN ISO 11079 fa a questo proposito,nel caso il valore di permeabilità al-l’aria non sia fornito, si è assunto unvalore caratteristico dei tessuti an-ti-vento, ovvero 8 lm-2s-1; valore chedeve essere preso con qualche cau-tela, visto che nessun tessuto pre-

sente nella tabella B.3, norma UNIEN ISO 9920, possiede una permea-bilità all’aria così bassa.

VERIFICA DELL’ADEGUATEZZAIl passo finale consiste nel verifi-care che i valori di Icl, p relativi aun dato insieme di indumenti cor-rispondano a un valore di isola-mento termico effettivo all’inter-no dell’intervallo di accettabili-tà. A questo scopo si utilizzanuovamente il software IREQal-fa2007. Accanto ai parametri fisi-ci e al metabolismo, si inserisco-no, nelle caselle 9 e 5, rispettiva-mente, i dati di Icl, p e siottengono in uscita nella riga “Du-ration Limited Exposure”, due va-lori di durata identificati come D1

e D2. Si aprono, a questo punto trepossibilità, in funzio\ne della du-rata reale dell’esposizione.

ISOLAMENTO ELEVATOQuando la durata reale dell’espo-sizione è inferiore a entrambi i va-lori, ossia Dexp > D2 > D1, l’isolamen-to ottenuto è troppo alto e deveessere abbassato. Le modalità perprocedere dipendono dal tipo diambiente nel quale si opera.

1. Ambienti poco freddiPer diminuire l’isolamento in am-bienti poco freddi esistono due op-zioni:l si assume un insieme di parten-

za con un valore di isolamentotermico più basso;

l si sceglie, all’interno della ban-ca dati, un indumento di minoreisolamento da sostituire a un in-dumento dell’insieme originale,secondo la procedura preceden-temente descritta per l’isola-mento termico statico in am-bienti poco freddi.

Naturalmente, se non è stata ope-

• Caratteristiche termo-meccaniche degli insiemi del caso 1

Proprietà Simbolo Insieme Insieme

A.4/407 A.4/127

Isolamento termico Icl 1,40 clo 1,36 clo

Massa M 2.449 g 1.841 g

Fattore di copertura fcl 1,22 1,25

Permeabilità all’aria p 1.588 (lm-2s-1) 126 (lm-2s-1)

Tabella 4

• Caratteristiche termo-meccaniche degli insiemi del caso 2

Proprietà Simbolo Insieme DPI

A.4/128 Indumento in Banca Dati

Isolamento termico Icl 1,68 clo 1,78 clo

Massa M 2.283 g -----

Fattore di copertura fcl 1,4 -----

Permeabilità all’aria p ----- 500 (lm-2s-1)

Tabella 5

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rata alcuna sostituzione, rimaneaperta solo la prima opzione. Si ri-petono i calcoli e si verifica nuova-mente come si posiziona Dexp ri-spetto a D1, D2, eventualmente ite-rando la procedura fintantochénon si cade nel caso di un isolamen-to adeguato.Il possibile problema è riscontrabi-le nella norma UNI EN 14058, laquale richiede che, per poter esse-re certificato come DPI, un indu-mento deve possedere un isola-mento termico minimo Iclu = 0,190m2KW-1 (pari a 1,23 clo). È facileche, in ambienti nei quali si è valu-tato un rischio termico da freddo,ma con ta > -5 °C, si abbia IREQneutro

< 1,23 clo oppure IREQneutro sia pocosuperiore a 1,23 clo, ma comun-que incompatibile con un insiemeche contenga almeno un indumen-to con Iclu > 1,23 clo.La figura 6.a (tratta dalla normaUNI EN ISO 11079) mostra, peresempio, che per un’attività meta-bolica relativamente modesta co-me la lavorazione carni (M = 1,4met), un isolamento statico di 1,6clo è sufficiente a mantenere con-dizioni accettabili per 8 ore allatemperatura richiesta, in questocaso 4 °C. Nel caso di lavorazioni dibreve durata, un isolamento di soli1,2 clo è sufficiente a mantenerecondizioni accettabili per 1 ora a -3°C. Questo effetto è ancora piùevidente per attività metabolichepiù sostenute (M = 2 met), per lequali la figura 6.b indica che ancheun isolamento statico di soli 1,2 clorisulta sufficiente fino a circa 0 °Cper 4 ore, e fino a -4 °C per 2 ore.Le curve mostrate nella figura 6sono state calcolate imponendo Icl

= IREQneutro. Imponendo Icl = IREQmin

si ottengono temperature ancorapiù basse.In tutti questi casi, nei quali l’usodi un DPI certificato condurrebbeall’impossibilità di rispettare for-

malmente l’obbligo di legge di for-nire dei DPI per controllare il ri-schio termico, si procede utiliz-zando direttamente gli insiemicontenuti nelle tabelle A.4 e A.5,norma UNI EN ISO 9920 (si veda latabella 3), senza operare sostitu-zioni. Tuttavia, è opportuno ricor-dare che la corrispondenza tra ildato di isolamento termico conte-nuto nella UNI EN ISO 9920 e quellodell’abbigliamento realmente in-dossato deve essere ancora dimo-strata ed è sicuramente molto in-certa. È auspicabile che l’attualepovertà di indumenti certificatisecondo la UNI EN 14058 sia colma-ta dai produttori in tempi ragione-voli. Al tempo stesso la norma UNIEN 14058 dovrebbe essere rivistaper abbassare sensibilmente il li-mite minimo di isolamento termi-co necessario per la certificazionedi un indumento.

2. Ambienti molto freddiIn ambienti molto freddi l’unicaopzione è scegliere un insieme conisolamento termico inferiore. Co-me in precedenza, si ripetono i cal-coli e si verifica nuovamente la di-suguaglianza, iterando eventual-mente la procedura fintantochénon si cade nel caso di isolamentoadeguato.La norma UNI EN 342 richiede cheun completo possieda un isola-mento termico minimo di 0,310m2KW-1 (pari a 2 clo) per poteressere certificato come DPI. Per-tanto, non è possibile scenderesotto questo limite. È in linea diprincipio possibile che, anche inambienti a temperature inferioria -5 °C, in presenza di attivitàmetaboliche sufficientementeelevate, l’isolamento termico ri-chiesto sia inferiore a 2 clo. Lafigura 6.b mostra che, per M = 2met, un isolamento termico di 1,5clo è sufficiente per 2 ore a -9 °C,mentre un isolamento di 1,8 clo è

sufficiente per 4 ore a -10 °C e per2 ore a -15 °C.Nel caso risulti impossibile ottenereuna soluzione accettabile utilizzan-do indumenti certificati secondo laUNI EN 342, qualsiasi soluzione al-ternativa implica una deroga alle vi-genti disposizioni. Fra le diversepossibilità la più sensata apparel’uso di indumenti certificati secon-do la UNI EN 14058, anche se a rigorequesti ultimi sono certificati soltan-to per l’uso sopra i -5 °C. Ancor piùche nel caso di ambienti poco fred-di, è auspicabile che l’attuale as-senza di completi adeguati ad am-bienti non estremi sia colmata daiproduttori in tempi rapidi, data lacriticità delle situazioni termichenelle quali si va a intervenire.

BASSO ISOLAMENTOSe la durata reale dell’esposizione èsuperiore a entrambi i valori, ossiaD2 < D1 < Dexp, l’isolamento ottenutoè troppo basso; in questo caso si agi-sce come illustrato appena soprama naturalmente in senso opposto.Poiché, tuttavia, scompaiono tutti iproblemi legati all’assenza, nellabancadati, di indumenti edi insiemicon basso isolamento termico, ite-rando la procedura si dovrebbe rag-giungere sempre un risultato finaleche ricade nel caso di isolamentoadeguato.

ISOLAMENTO ADEGUATOLa durata reale dell’esposizione ècompresa fra i due valori, ossia D2 <Dmax <D1, l’isolamentoottenutoèade-guatoe ilprocedimentohatermine.

NESSUNA SOLUZIONENel caso limite in cui risulti impos-sibile individuare un insieme di in-dumenti che soddisfi la condizioneD2 < Dmax < D1, deve essere selezio-nato un insieme che fornisce unisolamento insufficiente e operarel’opportuna diminuzione del tem-po di esposizione, come determi-nata dal software IREQalfa2007.

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Questo rende accettabili insiemicaratterizzati da isolamento ter-mico inferiore a quello inizialmen-te richiesto.

ESEMPI

AMBIENTI POCO FREDDI – CASO 1Si analizzi la situazione termica de-scritta nella misura 6 della tabella2, per una permanenza di 4 ore. Lasequenza attraverso la quale sigiunge alla selezione di un insiemeadeguato è la seguente:l si inseriscono nella pagina web

del software IREQalfa2007 i datirelativi ai parametri fisici misu-rati nell’ambiente termico e almetabolismo. Si inserisce, poi,un valore della permeabilitàdell’aria pari a 0,3 (lm-2s-1), e siaggiusta l’isolamento termicofino a ottenere in output, primanell’una e poi nell’altra casella,una durata limite dell’esposi-zione pari a quella effettiva (inquesto caso 4 ore). Si determi-nano, in questo modo, gli estre-mi dell’intervallo di accettabili-tà (Icl,r)min 1,02 clo e (Icl,r)max =1,32 clo;

l la temperatura dell’aria misura-ta è 4 °C. Pertanto si tratta di unambiente poco freddo e si seguela procedura descritta per que-sta tipologia di ambiente. All’in-terno della banca dati non esi-stono attualmente indumenticon un isolamento termico infe-riore a 0,239 m2K/W, ovvero1,63 clo, e, pertanto nessuno diquesti indumenti, una volta in-serito nell’insieme prescelto,può garantire il rispetto dell’in-tervallo di accettabilità. Ci sitrova, quindi, nel caso proble-matico dell’isolamento elevato.Si opera, pertanto, sui soli daticontenuti nelle tabelle A.4 oA.5, UNI EN ISO 9920 (si veda latabella 3), selezionando un in-sieme con isolamento termico

vicino al margine superiore del-l’intervallo di accettabilità ot-tenuto al precedente punto 1.Infatti, la presenza di una per-meabilità all’aria non nulla ridu-ce l’isolamento termico effetti-vo Icl,r rispetto all’isolamentostatico. Si sceglie, per esempio,l’insieme A.4/407, le cui carat-teristiche sono riportate perchiarezza nella tabella 4;

l si inseriscono nel software IRE-Qalfa2007 i valori (Icl = 1,40 clo,p = 1588 lm-2s-1), ottenendo i duevalori limite di durata D1 > 8 ore,e D2 = 2,1 ore;

l il valore della durata dell’espo-sizione Dexp = 4 ore è interno al-l’intervallo ottenuto al punto 3.Formalmente è stata ottenutauna soluzione accettabile. Tut-tavia, si tratta di un insiemepiuttosto pesante e una sceltamigliore può essere fatta, peresempio, con l’insieme A.4/127. I due valori D1 > 8 ore e D2 =1,9 ore, che si ottengono inse-rendo nel software IREQal-fa2007 i valori caratteristici diquest’ultimo (si veda la tabella3), confermano la validità dellasoluzione.

AMBIENTI POCO FREDDI – CASO 2Si assume di dover analizzare la si-tuazione termica descritta nellamisura 5 della tabella 2, per unapermanenza di 2 ore. La sequenzaattraverso la quale si giunge allaselezione di un insieme adeguato èla seguente:l si inseriscono nella pagina web

del software IREQalfa2007 i datirelativi ai parametri fisici misu-rati nell’ambiente termico. Siinserisce, poi, un valore dellapermeabilità dell’aria pari a 0,5(lm-2s-1) e si aggiusta poi il valoredi isolamento termico fino a ot-tenere valori della durata limitedell’esposizione pari a quellaeffettiva (in questo caso 2 ore).

Si determinano in questo modogli estremi dell’intervallo di ac-cettabilità (Icl,r)min = 2,68 clo e(Icl,r)max = 2,96 clo;

l la temperatura dell’aria misura-ta è -1,1 °C. Pertanto, si trattanuovamente di un ambiente po-co freddo. Al contrario di quan-to discusso al punto preceden-te, i valori di isolamento termi-co richiesto sono piuttosto alti,consentendo l’utilizzo dellabanca dati. Si parte selezionan-do dalle tabelle A.4 o A.5, nor-ma UNI EN ISO 9920, un insiemecon isolamento termico sostan-zialmente inferiore a quello ri-chiesto, per esempio, l’insiemeA.4/128. È necessario consulta-re, poi, la banca dati alla ricercadi uno o più indumenti da sosti-tuire a quelli presenti nell’insie-me originale, allo scopo di as-semblare un insieme che sia allostesso tempo sostanzialmenteadeguato (ovvero interno all’in-tervallo di accettabilità identi-ficato al punto 1) e formalmentecorretto, contenendo almenoun indumento certificato comeDPI. Si seleziona l’indumento lecui caratteristiche sono presen-tate nella tabella 5 e lo si ag-giunge all’insieme originale;

l questa modifica porta l’isola-mento termico statico dell’in-sieme dal valore originale di1,68 clo, a 1,68 + 0,835 x 1,78 =3,17 clo. Poiché sono state cam-biate (in parte) le caratteristi-che degli indumenti più esterni,anche la permeabilità all’ariacambia, passando a (8+500)/2 ≈250 (lm-2s-1), dove la permeabili-tà all’aria dell’insieme A.4/128,non specificata nella norma, èstata posta pari a 8 lm-2s-1;

l 4. si inseriscono nel softwareIREQalfa2007 i valori (Icl = 3,17clo, p = 250 lm-2s-1) dell’insiememodificato, ottenendo i due va-lori limite di durata D1 = 2,3 ore

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e D2 = 1,7 ore;l 5. il valore della durata del-

l’esposizione Dexp = 2 ore è inter-no all’intervallo determinato alpunto precedente. La soluzioneottenuta è, dunque, accettabi-le.

AMBIENTI MOLTO FREDDIAssumiamo di dover analizzare lasituazione termica descritta nellamisura n. 2 della tabella 2, per unapermanenza di 2,5 ore. La sequen-za attraverso la quale si giunge allaselezione di un insieme adeguato èla seguente:l si inseriscono nella pagina web

del software IREQalfa2007 i datirelativi ai parametri fisici misu-rati nell’ambiente termico. Siinserisce, poi, un valore dellapermeabilità dell’aria pari a 0,3(lm-2s-1) e si aggiusta il valore diisolamento termico fino a otte-nere valori della durata limitedell’esposizione pari a quellaeffettiva (in questo caso 2,5ore). Si determinano in questomodo gli estremi dell’intervallodi accettabilità (Icl,r)min = 2,40clo e (Icl,r)max = 2,69 clo;

l la temperatura dell’aria misura-ta è -20,7 °C. Pertanto, si trattadi un ambiente molto freddo.Seguendo le indicazioni forniteper gli ambienti di lavoro moltofreddi viene ricercato all’inter-no della banca dati un insieme diindumenti adeguato. Il comple-to più vicino alle esigenze delcaso è caratterizzato da isola-mento termico Icl = 0,454 m2K/W, pari a 2,93 clo. La permeabi-lità all’aria è dichiarata in clas-se 2 ed è stata posta pari al valo-re medio 50 lm-2s-1 indicato nelsoftware IREQalfa2007;

l si inseriscono nel software IRE-Qalfa2007 i valori (Icl = 2,93 clo,p = 50 lm-2s-1), ottenendo i duevalori limite di durata D1 = 4,6ore e D2 = 2 ore;

l il valore della durata reale del-l’esposizione Dexp = 2,5 ore è in-terno all’intervallo determinatoal punto precedente. La soluzio-ne ottenuta è, quindi, accetta-bile.

CONCLUSIONIL’esposizione ad ambienti freddi,praticamente identificabili negliambienti con temperature chevanno da circa 12 °C, negli stabili-menti di lavorazione di prodottialimentari, fino a -30 °C, nelle cel-le per la surgelazione e la conser-vazione degli stessi, compreso ov-viamente l’outdoor nella stagioneinvernale, interessa moltissimi la-voratori, ai quali deve essere ga-rantita un’idonea protezione me-diante DPI adeguati. Sfortunata-mente, nella grande maggioranzadei casi la scelta dei DPI è fatta,ancora oggi, con criteri approssi-mativi e affidandosi a prodotti lecui caratteristiche tecniche sonomal conosciute e, comunque, prividi certificazione. I motivi possonoessere ascrivibili ad aspetti sia legi-slativi sia tecnici.È stata sviluppata e illustrata unaprocedura che guida, passo perpasso, l’utente verso la selezionedi un abbigliamento in grado disoddisfare tutti i criteri, sia formalisia sostanziali, per la protezione inambienti freddi, attraverso alcunipunti più significativi.Le norme tecniche di riferimentoUNI EN 14058, per singoli indumen-ti, e UNI EN 342, per completi, con-tengono dei vincoli in virtù dei qualile aree vicine ai limiti “caldi” deirispettivi campi di applicazione(approssimativamente ta > 0 per laprima, -10 °C < ta < -5 °C per laseconda) restano “scoperte”, ovve-ro senza la possibilità di selezionareun DPI adeguato, dato che i prodotticertificati risultano quasi sempretroppo protettivi. Le soluzioni pro-

poste dipendono dalla severità del-l’ambiente termico considerato,ma sempre nell’ottica di fornire lemassime garanzie al lavoratore.Accanto all’isolamento termico so-no stati introdotti altri parametri(come il fattore di copertura e lamassa) che aiutano a ottimizzarela scelta dell’insieme da utilizzare.Il calcolo delle caratteristiche deiDPI non può prescindere dal consi-derare la permeabilità all’aria, le-gata principalmente alle caratteri-stiche degli indumenti più esterni,poiché abbassa l’isolamento ter-mico effettivo. Su questo punto lanormativa è lacunosa (non contie-ne un metodo per combinare lapermeabilità all’aria di diversi in-dumenti di un insieme) e imprati-cabile (il metodo con cui è associa-ta una permeabilità all’aria a uninsieme di indumenti è estrema-mente complicato). Le soluzioniproposte dovrebbero semplificarenotevolmente il lavoro di chi ese-gue la valutazione del rischio.Pur assumendo una buona familia-rità con i metodi illustrati nella nor-ma UNI EN ISO 11079 per il calcolodel valore di isolamento termico ri-chiesto, la verifica dell’adeguatez-za dell’insieme alle condizioni ter-miche nelle quali si opera non èbanale. È stata messa punto, dun-que, una sequenza operativa cheguida l’utente verso il risultato.Un ulteriore aiuto ai datori di lavoronella scelta del prodotto più adattoalle proprie esigenze arriverà dallabanca dati che l’ISPESL ha messo apunto, con le caratteristiche deiDPI reperibili sul mercato. È auspi-cabile che questa banca dati, chesarà pubblicata sul sito web del-l’Istituto e aggiornata continua-mente, possa anche spingere i pro-duttori verso un ampliamento dellaloro gamma di prodotti e verso unmaggiore approfondimento delleinformazioni tecniche ai clienti. l

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I l Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, con direttiva 18 settembre 2008, harilanciato la «filosofia preventiva e promozionale» che deve caratterizzare l’attività ispettiva e divigilanza, soprattutto in seguito alla eliminazione dei libri paga e matricola e di altri libri

obbligatori sostituiti con il libro unico del lavoro. Questa attività dovrà essere diretta a prevenire gliabusi e a sanzionare i fenomeni di irregolarità sostanziale, abbandonando ogni altra impostazionedi carattere puramente formale e burocratico che possa essere un impedimento inutile all’efficienzadel sistema produttivo senza apportare alcun contributo effettivo alla tutela del lavoratore.

l di Pietro Verna, pubblicista

A poche settimane dall’esordio del libro unicodel lavoro, che dal 1° gennaio 2009 sostituirà ilibri paga e matricola e gli altri libri obbligatori,la direttiva del Ministro del Lavoro, della Salutee delle Politiche sociali 18 settembre 2008 hapuntato a razionalizzare l’attività degli ispettoridel lavoro. L’obiettivo è duplice, il primo è quel­lo di sanzionare le irregolarità sostanziali, «ab-bandonando ogni residua impostazione di carat-tere puramente formale e burocratico, che intral-cia inutilmente l’efficienza del sistema produttivosenza portare alcun minimo contributo concretoalla tutela della persona che lavora»; il secondoscopo del documento è di distinguere il tra­sgressore occasionale dal soggetto che perse­gue disegni criminosi o elusivi, ferma restandol’adozione dei provvedimenti di polizia giudi­ziaria previsti dall’art. 15, decreto legislativo n.124/2004 (prescrizione obbligatoria).Di qui la raccomandazione rivolta alle Direzio­ni provinciali e regionali del lavoro di evitaresovrapposizioni con gli altri organismi prepostiall’attività di vigilanza e di rilanciare la filosofia

preventiva promossa dal decreto legislativo n.124/2004, «Razionalizzazione delle funzioniispettive in materia di previdenza sociale e dilavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14febbraio 2003, n. 30». Compito dell’ispettoreè di tutelare il lavoratore, ma anche di assicu­rare una leale concorrenza tra le imprese e,quindi, di promuovere la cultura della legalità,contrastando, senza indugi, le aziende che ri­corrono al lavoro sommerso o all’uso distortodi fattispecie contrattuali. All’ispettore è chie­sto di modificare il proprio modus operandi sianei confronti dei lavoratori, verso i quali deveporsi come “colui che chiede aiuto”, sia neiconfronti dei datori di lavoro e dei rispettiviconsulenti, con i quali deve instaurare un cli­ma collaborativo. Ne consegue che deve pre­valere il principio della “giusta punizione”, inparticolare ai fini della sospensione dell’attivi­tà d’impresa, provvedimento che gli ispettoripossono adottare qualora accertino:l gravi violazioni in materia di tutela della

salute e della sicurezza (si veda la tabella 1);

l Sicurezza del lavoro. Privilegiati i controlli programmati su quelli “a vista”

Il Ministero del Lavororilancia la filosofia preventivain materia di attività ispettiva

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l l’impiego di lavoratori in nero in misurapari o superiore al 20% del totale di quellipresenti sul luogo.

A questo scopo, la direttiva ministeriale hadisposto che la sospensione dell’attività d’im­presa deve scattare dalle ore 12.00 del giornosuccessivo all’accesso ovvero, nell’edilizia e inagricoltura, dalla cessazione dell’attività incorso che non può utilmente essere interrotta,salvo che vi sia pericolo imminente o graverischio per la salute dei lavoratori o di terzi.Questo fermo restando il principio che la so­spensione non deve creare intollerabili discri­minazioni né «penalizzare esasperatamente lemicroimprese». A queste ultime, infatti, la so­spensione non si applica se sono trovate conun solo dipendente irregolarmente occupato(circolare Direzione generale per l’attivitàispettiva 12 novembre 2008, n. 30).

Aspetti organizzativiPartendo dal presupposto che la denuncia ano­nima non deve essere presa in considerazione

perché contraria ai principi di correttezza e ditrasparenza dell’azione della pubblica ammini­strazione, la direttiva ha bocciato, tout court, lerichieste di intervento anonime, a meno cheemerga con palese evidenza la particolare gra­vità e attendibilità dei fatti denunciati. La strate­gia è quella di privilegiare l’ispezione program­mata, rispetto all’ispezione “a vista”. Lo scopo èorganizzare l’attività di vigilanza in modo uni­forme su tutto il territorio, secondo precise li­nee di priorità e, soprattutto, con la massimatrasparenza (si veda la tabella 2).D’altro canto, l’ispezione programmata rien­tra nelle previsioni dell’art. 6, decreto diretto­riale 20 aprile 2006, «Codice di comporta-mento ad uso degli ispettori del lavoro», dalquale si evince che la stessa deve essere pre­ceduta da una fase preparatoria mirante araccogliere tutte le informazioni e la docu­mentazione inerente al soggetto da sottopor­re a controllo (precedenti provvedimenti san­zionatori, verifiche ispettive espletate ecc.), alfine di evitare inutili rallentamenti durante

Tabella 1

• Gravi violazioni ai fini dell’adozione del provvedimentodi sospensione dell’attività imprenditoriale * (art. 14, D.Lgs. n. 81/2008)

Violazioni che espongonoa rischi di carattere generale

Violazioni che espongonoal rischio di caduta dall’alto

• mancata elaborazione del documento di valutazione deirischi• mancata elaborazione del piano di emergenza ed evacua-zione• mancata formazione e addestramento• mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezio-ne e nomina del relativo responsabile• mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordina-mento (PSC)• mancata elaborazione del piano operativo di sicurezza(POS)• mancata nomina del coordinatore per la progettazione• mancata nomina del coordinatore per l’esecuzione

• mancato utilizzo della cintura di sicurezza• mancanza di protezioni verso il vuoto

Violazioni che espongonoal rischio di seppellimento

• mancata applicazione delle armature di sostegno, fattesalve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica diconsistenza del terreno

Violazioni che espongonoal rischio di elettrocuzione

• lavori in prossimità di linee elettriche• presenza di conduttori nudi in tensione• mancanza di protezione contro i contatti diretti e indiretti(impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttoredifferenziale)

Violazioni che espongonoal rischio d’amianto

• mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’iniziodei lavori che possono comportare il rischio di esposizionead amianto

* L’inottemperanza dell’ordine di sospensione è punito con l’arresto fino a sei mesi.

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l’accertamento. In definitiva, l’ispezione deveessere condotta «abbandonando ogni logicaformalistica del passato, fondata sul numerodelle violazioni riscontrate e sulla natura for-male delle stesse» e puntare, invece, sulla valo­rizzazione della qualità dell’attività di vigilan­za in senso stretto. Per esempio, le verifichesulle collaborazioni coordinate e continuativee sulle associazioni in partecipazione con ap­porto di lavoro devono concentrarsi esclusi­vamente sui contratti che non siano già statisottoposti al vaglio di una delle commissionidi certificazione costituite ai sensi dell’art. 76,decreto legislativo n. 276/2003, «Attuazionedelle deleghe in materia di occupazione e merca-to del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,n. 30», salvo che non si evinca con evidenzaimmediata e incontrovertibile l’incongruenzatra il contratto certificato e le modalità diesecuzione del rapporto di lavoro. In questo

contesto, la direttiva ha “scommesso” sulleazioni di promozione e di prevenzione di cuiall’art. 8, decreto legislativo n. 124/2004. Sitratta di iniziative che le Direzioni regionali eprovinciali del lavoro possono organizzarepresso le associazioni di categoria o le singoleaziende, durante le quali il personale ispettivonon esercita funzioni di polizia giudiziaria, mafornisce chiarimenti e indicazioni operative alfine di assicurare la corretta applicazione del­la normativa di settore. Un approccio, que­st’ultimo, aderente al «Codice di comporta-mento» in base al quale:l i rapporti tra personale ispettivo e soggetti

ispezionati devono essere improntati aiprincipi di collaborazione e di rispetto reci­proco (art. 4);

l il personale ispettivo deve rispondere nelmodo più completo, chiaro e accurato pos­sibile alle richieste di informazioni che so­no poste (art. 10). l

Tabella 2

• Condotta degli ispettoriAtti trasparenti All’accesso in azienda gli ispettori devono redigere il “verbale di primo accesso”,

avendo cura di consegnarne l’originale al soggetto ispezionato. Questo atto deveevidenziare:• l’elenco dei lavoratori presenti, con relative mansioni, e delle attività svolte nelmomento dell’ispezione (abbigliamento da lavoro, cartellini identificativi, attrezzatu­re/macchine utilizzate);• il resoconto delle operazioni compiute;• le richieste documentali che si muovono all’ispezionato o al centro di assistenzadell’associazione di categoria alla quale si è affidato.Il verbale di primo accesso deve anche fare espressa riserva di contestazione enotificazione degli illeciti amministrativi riscontrati al termine degli accertamenti.Le conclusioni finali del verbale di accertamento devono essere motivate.

Acquisizione delle dichiarazioni * Le dichiarazioni rese dai lavoratori devono essere acquisite durante il primo accesso.Qualora necessario, il personale ispettivo raccoglie anche le dichiarazioni:• delle rappresentanze sindacali aziendali, delle rappresentanze sindacali unitarie, dalcomitato delle pari opportunità, del consigliere di parità e, nel campo della vigilanzatecnica, delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza;• dei lavoratori, anche al di fuori del posto di lavoro, previo consenso degli stessi, salvoche si proceda con funzioni di polizia giudiziaria. Queste dichiarazioni devono essereacquisite soltanto dopo avere rivolto domande chiare e comprensibili, tali da non dareluogo a dubbi interpretativi (non è ammessa la presenza del datore di lavoro).Le dichiarazioni acquisite in sede ispettiva devono essere riscontrate con elementioggettivi risultanti dalla documentazione esaminata o da altre dichiarazioni rese daprestatori di lavoro o da terzi.Nessuna copia delle dichiarazioni deve essere rilasciata al lavoratore e/o al soggettoispezionato in sede di ispezione e sino alla conclusione degli accertamenti.

* Si veda l’art. 12, decreto direttoriale 20 aprile 2006, «Codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro».

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U na torre di 40 piani per 161 metri di altezza, il grattacielo più alto in Italia è in fase dicostruzione e ospiterà la nuova sede della Regione Lombardia.In questa grande opera le interferenze verticali tra diverse lavorazioni rappresentano uno

degli aspetti più importanti di safety. La verticalità delle lavorazioni (grattacielo), infatti,unitamente alle attività da eseguirsi nei corpi bassi, crea le condizioni per il manifestarsi dimolteplici interferenze. Queste sovrapposizioni spaziali e temporali hanno come aggravante unospazio di cantiere esiguo e una stretta continuità con il tessuto edificato circostante.Operare sotto carichi sospesi, carichi in fase di movimentazione, effettuare operazioni di armaturae di disarmo ecc., non è facile; per alcuni aspetti l’opera non rappresenta un cantiere tradizionalema un sistema industrializzato del costruire.

l di Damiano Romeo, CSE del cantiere, Antonio Rognoni Responsabile dei LavoriInfrastrutture Lombarde S.p.A. e Roberta Pasinetti Direttore Lavori di InfrastruttureLombarde S.p.A., cantiere ASRL.

La Regione Lombardia sta realizzando unanuova sede dei propri uffici, un edificio dicirca 200.000 m2 che ospiterà più di 3.000addetti. L’opera, composta da sei corpi bassi euna torre, con struttura in cemento armato evetro, è realizzata in ciclo continuo medianteturni avvicendati; le opere strutturali dell’ele­mento verticale sono eseguiti con un casserorampante, sul quale è posizionata una pompaper il getto del calcestruzzo con la gru ancora­ta alla torre che sale in abbinamento allastessa.Di particolare rilevanza è la torre (si veda lafigura 1), un grattacielo di 40 piani per unaltezza di 161 metri, con struttura in cemen­to armato gettato in opera e solai alleggeriticon un nuovo sistema che vede l’impiego, al

posto dei tradizionali sistemi di alleggeri­mento, di palloni di plastica riciclata (si vedala figura 2).I corpi bassi sono mediamente alti 9 piani,con una struttura architettonicamente com­plessa e dalla forma ondeggiante, che ridise­gna il tessuto urbano riconnettendo l’edifica­to circostante e disegnando un importantesistema di piazze e di porticati che ospiteran­no servizi aperti al pubblico in un sistemafruibile sulle 24h.Molto innovativa è anche la parte impiantistica,caratterizzata dalla presenza di pompe di calo­re con utilizzo di acqua di falda, vaste superficidi pannelli fotovoltaici, una cella a idrogeno eun sistema passivo complessivamente caratte­rizzato dal muro climatico della facciata.

l La sicurezza nella costruzione del grattacielo più alto di Italia

Interferenze verticali:il caso del grande cantiereper la Regione Lombardia

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La realizzazione dell’opera è prevista in cir­ca 36 mesi dall’inizio lavori, con consegnaprogrammata entro la fine del 2009.

La sicurezza del cantiereUna costruzione così complessa realizzata incosì poco tempo comporta non pochi proble­mi inerenti agli aspetti di sicurezza sul lavoro;uno di questi è senz’altro la gestione delleinterferenze verticali tra diverse lavorazioni etra diverse imprese esecutrici.La tecnologia utilizzata per costruire l’operaprevede l’impiego di casserature orizzontaliprefabbricate (tavoli) dotati di mensola e diparapetti e non prevede l’uso dei ponteggi. Agetto dei solai avvenuto, prima delle opera­zioni di disarmo dei casseri, sono posizionatidei parapetti interni inseriti in asole che a lorovolta sono state posizionate nel getto del ce­mento armato della struttura orizzontale; suc­

Rendering della torreFigura 1

Sistema di alleggerimento - Palloni di plastica riciclataFigura 2

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Tabella 1

• Procedura di modifica e integrazione del PSCProcedura n. 3 ­ Data di emissione 15 settembre 2008 Livello di revisione 00

Cantiere di Milano ASRL Via Melchiorre Gioia

Impresa Affidataria: Consorzio Torre ­ Milano

CSE: Damiano Romeo

Procedura trasmessa a: Consorzio Torre ­ Milano e imprese esecutrici

Scopo:

La presente procedura ha lo scopo di gestire le interferenze verticali tra diversi fabbricati o tra i lavori dei fabbricati in elevazione e ilavori effettuati a livelli inferiori tra cui la piazza (o occhio).

Normativa di riferimento:

D.Lgs. n. 81/2008

Attività, area, fabbricato, core, oggetto della procedura:

Opere di carpenteria civile, opere di facciata, opere esterne in genere eseguite nei vari fabbricati/core della sede oggetto delpresente PSC.

Rischi presenti:

Caduta dall’alto dei lavoratori, caduta dall’alto di materiali, caduta di armature, di attrezzature, di oggetti ecc., interferenze conattività esistenti a livelli inferiori e/o superiori.

Modalità di esecuzione delle attività in sicurezza:

1. In via generale le attività sui giunti tra i vari fabbricati, tra i fabbricati e la piazza, tra livelli diversi di fabbricati ecc. devono essereeseguite in assenza di altre lavorazioni in proiezione verticale, questo al fine di ridurre i rischi da caduta di materiale dall’alto.

2. In caso di presenza di lavorazioni con operai in opera a livelli inferiori, i capi squadra che operano ai livelli superiori dovrannoastenersi dall’inizio delle attività finché, ai livelli inferiori, i lavoratori non hanno abbandonato le aree a rischio.

3. Le attività di movimentazione e di posa dei tavoli di armatura e di disarmo dei solai sul profilo dei giunti tra i vari fabbricati, trafabbricati e piazza, o tra lavorazioni diverse deve essere coordinata tra i vari preposti delle imprese coinvolte. In particolare, le suddetteattività sui profili esterni devono essere precedute da un contatto, anche via radio, tra i capi squadra i quali daranno indicazione allemaestranze che operano ai livelli inferiori di abbandonare l’area dove potenzialmente potrebbero cadere dei materiali, degli attrezziecc., utilizzati per armare e disarmare. Ad area abbandonata, posta al livello inferiore, potranno iniziare le attività ai livelli superiori.

4. Le attività di cui al punto precedente possono avvenire esclusivamente con la presenza di una persona nella zona sottostante (adistanza di sicurezza) incaricata di segnalare e interdire alle persone presenti in cantiere il passaggio nell’area sottostante allalavorazione. I passaggi dal solaio alla piazza o altre aree di cantiere in corrispondenza delle suddette lavorazioni devono esseresegnalati mediante nastro bianco e rosso tirato sui pilastri perimetrali degli edifici in modo da agevolare l’operato della persona acontrollo dell’area interdetta.

5. Eventuali precedenze, o altre necessità, sono oggetto di riunione settimanale di coordinamento.

Formazione, informazione, addestramento:

I lavoratori devono essere informati della presente procedura.

DPI da utilizzare:

Cinture di sicurezza, elmetti di protezione e DPI relativi ai rischi della mansione.

Note ed eventuali osservazioni:

La mancata applicazione della presente procedura è causa di audit straordinario con, in via provvisoria e cautelativa, sospensionedell’attività in corso.

Firma CSE

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cessivamente, sono posizionati i pannelli invetro della facciata che fungono da protezio­ne definitiva contro la caduta nel vuoto.La complessità della realizzazione e le tempi­stiche di costruzione contratte hanno compor­tato la necessità di una attività costante diorganizzazione e di programmazione, con ladefinizione di aree operative che hanno vistolo sviluppo degli edifici secondo uno schemaprevalentemente verticale, che ha comportatola necessità di mantenere “aperta” l’area discavo della piazza centrale e dei due pianiinterrati sottostanti, al fine di mantenere attival’unica area di logistica disponibile e di megliogestire l’approvvigionamento dei materiali ele attività di getto dei cementi armati (ingressodi autobetoniere, autogru, autocarri ecc.).Questa scelta organizzativa e funzionale hacomportato inevitabilmente l’insorgere, inmodo significativo, di una serie di attività in­terferenti tra le quali quelle in proiezione ver­ticale sono le più problematiche.

Le interferenze verticaliProvando a dare una definizione di “interfe-renze verticali” si può dire che sono quelleattività di cantiere svolte in altezza, che vedo­no più lavori e/o attività lavorative eseguite adiverse quote con movimentazione di mate­riali, di attrezzature, di manufatti e la presen­za di lavoratori, attività che sono svolte nellostesso tempo, nello stesso luogo e general­mente su asse verticale tra di loro.In termini di valutazione del rischio, questofenomeno necessita di particolare attenzione;infatti, l’eventuale caduta di materiale dall’al­to (caduta accidentale, crolli improvvisi, cadu­ta durante le operazioni di disarmo, movi­mentazione dei carichi ecc.) potrebbe esserecausa di pericolo grave per più lavoratori (pre­senti ai diversi livelli inferiori a quello dove siverifica l’evento) e/o per più imprese che po­trebbero essere negativamente coinvolte dalmateriale o dalle cose cadute.La gestione coordinata delle attività vertical­mente interferenti diventa, quindi, elemento

Figura 3 Evidenza delle attività interferenti

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Tabella 2

• Procedura di modifica e di integrazione del PSCProcedura n. 2 ­ Data di emissione 15 settembre 2008 Livello di revisione 00

Cantiere di Milano ASRL Via Melchiorre Gioia

Impresa Affidataria: Consorzio Torre ­ Milano

CSE: Damiano Romeo

Procedura trasmessa a: Consorzio Torre – Milano e imprese esecutrici

Scopo:

La presente procedura ha lo scopo di prevedere la modalità di montaggio delle staffe utilizzate per la posa della facciata.

Normativa di riferimento:

D.Lgs. n. 81/2008, UNI 795

Attività, area, fabbricato, core, oggetto della procedura:

Posa delle facciate e relative staffe lungo il perimetro dei vari corpi di fabbrica presenti.

Rischi presenti:

Caduta dall’alto dei lavoratori, caduta dall’alto di materiali, di attrezzature, di oggetti ecc., interferenze con attività esistenti a livelliinferiori e/o superiori.

Modalità di esecuzione delle attività in sicurezza:

1. L’accesso oltre il parapetto posto a protezione lungo i vari solai dei corpi di fabbrica può avvenire a due condizioni:

a) che i lavoratori usino cinture di sicurezza con doppio cordino o con dispositivo retrattile da collegare ai montanti del parapettoesistente;

b) che sia preventivamente posata una linea vita sui pilastri perimetrali in modo parallelo alla linea delle facciate, dove i lavoratori sipotranno collegare con le cinture di sicurezza.

2. Prima dell’inizio delle attività di posa delle staffe, andranno sospese tutte le altre attività svolte in proiezione verticale al fine diridurre i rischi di caduta di materiali dall’alto. Nel contempo, eventuali altre attività svolte da altre imprese a livelli superiori dovrannoessere sospese.

3. In caso di attività interferenti con altre lavorazioni si dovrà provvedere a determinare le modalità esecutive in sede dicoordinamento settimanale.

4. Le staffe, le minuterie, gli attrezzi ecc., al fine di evitare che possano cadere dall’alto, dovranno essere tenuti all’interno di secchiposizionati all’interno dei solai, è vietato lasciare sul solaio bulloni, chiavi, attrezzi ecc.

Formazione, informazione, addestramento:

Assicurarsi che tutti i lavoratori che usano le cinture di sicurezza siano formati per l’utilizzo dei DPI di III categoria.

DPI da utilizzare:

Cinture di sicurezza con bretelle e cosciali, linee vita o dispositivi retrattili conformi alla UNI 795.

Note ed eventuali osservazioni:

La mancata applicazione della presente procedura è causa di audit straordinario con, in via provvisoria e cautelativa, sospensionedell’attività in corso.

Firma CSE

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di implementazione del PSC, integrazionedello stesso, nonché l’attività principale delcoordinamento a cura del CSE e della direzio­ne lavori, questo al fine di conciliare la safetycon gli aspetti operativi e lo stesso programmalavori.Nella figura 3 in cui è proposta una fase inter­ferente, è possibile sintetizzare le seguenti at­tività sovrapposte:l opere di fondazione all’interno della piazza

del complesso;l opere di realizzazione del primo solaio­box

interno alla piazza;l opere di realizzazione del secondo solaio­

box interno alla piazza;l attività di deposito e di stoccaggio interni

alla piazza sui solai già eseguiti;l opere di carpenteria nei piani superiori

della piazza;l posa delle facciate continue interne alla

piazza.Quindi, è possibile riscontrare, nella situazio­ne proposta nella figura 3, sei potenziali atti­vità interferenti presenti sul profilo verticale.È vero che difficilmente le sei attività sarannocontemporanee ma è altrettanto vero che du­rante le normali giornate lavorative media­mente tre/quattro attività si possono svolgeresimultaneamente. Da qui la necessità di gesti­re i rischi da interferenze verticali.I principali pericoli che queste attività

possono generare sono:l la caduta dall’alto di persone, di materiali,

di attrezzature, di manufatti, di utensili e dicose in genere;

l i crolli di parte delle opere in fase di realiz­zazione, di armature e/o dei casseri;

l la caduta dall’alto dei materiali in fase dimovimentazione mediante l’uso degli ap­parecchi di sollevamento.

Le misure preventiveLa necessità di accedere alle diverse quotecon i carichi manovrati dalle gru ha impeditodi poter pensare e/o programmare la messain esercizio di protezioni orizzontali quali, peresempio, impalcati, tettoie, tunnel, protezioniin genere. Gli interventi di prevenzione e diprotezione previsti sono stati sviluppati su piùaspetti, tra i quali:l la costruzione di una mantovana a sbalzo

interna alla piazza (si veda la figura 4) fina­lizzata a raccogliere la caduta di eventualemateriale minuto dall’alto;

l l’informazione degli addetti sui rischi gene­rati dalla verticalità delle lavorazioni me­diante apposite riunioni di cantiere;

l la pianificazione di riunioni di coordina­mento settimanali, con specifica program­mazione di lavori volta a individuare tuttele interferenze tra attività da svolgere nellasettimana successiva (si veda la figura 5,

Tabella 3

•Misure preventive in cantiere

N. Aspettodi safety Misure previste

1 Protezione fisica Coordinamento delle attività di armatura e di disarmo mediante la presenza della figura di“moviere”, finalizzata a sospendere temporaneamente le attività interferenti. Realizzazione di unamantovana parasassi sul perimetro dell’opera al fine di trattenere la caduta accidentale di oggetti.

2 Informazione Informazione dei lavoratori; messa a disposizione, da parte delle imprese, di figure tecniche(movieri) quali assistenti preposti alle attività di coordinamento, con attribuzione di specificicompiti, tra i quali la possibilità di sospendere temporaneamente le attività interferenti.

3 Coordinamento Riunioni settimanali di coordinamento delle attività interferenti, analisi del programma lavori, dellarelativa rappresentazione planimetrica (si vedano le figure 5 e 6) ecc.

4 Pianificazione Aggiornamento del PSC mediante apposite procedure di dettaglio sulle attività sovrapposte,interferenti ecc.

5 Controllo Controllo del CSE o degli assistenti all’ufficio CSE e direzione lavori anche mediante il safety-tutor.

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Montaggio di una mantovana Figura 4

nella quale sono evidenziate le planimetriedelle inteferenze);

l la messa a disposizione di due o più capisquadra con funzione di preposti, dotati diradio trasmittente, al fine di seguire alcuneparticolari opere di armatura e di disarmoin quota; la funzione di questi soggetti èstata quella di promuovere e di garantire lasospensione delle attività soggette a poten­ziale caduta di materiali dall’alto durante lefasi di armatura e di disarmo o durante lafase di movimentazione dei pannelli dellefacciate;

l la predisposizione di apposite procedureintegrative e complementari del PSC al fi­ne di gestire le interferenze in fase esecuti­va tenendo conto delle effettive condizionidel cantiere (si vedano le tabelle 3 e 4 inmerito alla gestione delle interferenze ver­ticali e di posa delle staffe per i pannelli difacciata);

l le azioni di controllo quotidiano da partedel CSE o di un assistente del coordinato­

re con funzioni di safety-tutor (per tale siintende una figura di supporto operativodel CSE che, vista la complessità dell’ope­ra, svolge la sua funzione all’interno delcantiere praticando l’attività di controllo,di verifica, di intervento sulle potenzialicause di incidente, promuovendo in cam­po azioni di coinvolgimento, di informa­zione, di azioni di formazione on the jobdei lavoratori e, quando il caso lo richie­de, azioni mirate di addestramento incampo).

Le azioni sopra indicate hanno permesso diagire sui diversi fronti della sicurezza, inparticolare quelle riportate nella tabella 3.L’impostazione merita un approfondimentoin merito alle procedure di sicurezza integra­tive al PSC. Quest’ultimo, essendo predispo­sto in fase di progettazione, non sempre rie­sce a raccogliere e a individuare corretta­mente le peculiarità e il modificarsi delleattività interferenti. Per esempio, il ritardo ol’anticipo di una fornitura di materiali (gab­

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Planimetrie delle interferenze

)

Figura 5

bie di armatura, solai prefabbricati, pannelliin vetro delle facciate ecc.) può modificare, insenso sia negativo sia positivo, i rischi interfe­renziali.Le procedure in armonia con l’art. 100,D.Lgs. n. 81/2008, e relativo Allegato XV, sipropongono di individuare in modo coeren­te e corretto le sequenze delle singole opera­zioni e lavorazioni sovrapposte, stabilendo ilegami tra le stesse. Legare alcune attività tradi loro significa prescrivere cosa si fa prima ecosa si fa dopo, cosa accertare prima di ini­ziare una lavorazione, chi ha la precedenzaecc. A titolo di esempio, si riportano alcunilegami:l fine - inizio ­ la seconda attività inizia solo

alla fine della prima;l inizio - inizio ­ le due attività iniziano

contemporaneamente;l fine - fine ­ le due attività finiscono con­

temporaneamente;l inizio - fine ­ la prima attività inizia solo

alla fine della seconda.Questo tipo di impostazione consente di pro­grammare sul posto le microattività, di indivi­

duare la corretta sequenza, di fissare le pre­scrizioni di sicurezza, di fare per quanto possi­bile prevenzione.

ConclusioniLa gestione in fase di esecuzione del cantierepresenta elementi di complessità che, al finedi individuare soluzioni volte a salvaguarda­re la vita dei lavoratori, vedono costretti tuttigli attori del sistema a confrontarsi quotidia­namente. La scelta di predisporre procedureintegrative del PSC (si vedano le tabelle 1 e 2)è una scelta che mira a dare poche ma essen­ziali informazioni a coloro che operano. Vo­lutamente, quindi, le procedure sono sempli­ci, condensate generalmente in un singolofoglio di carta, con poche ma indispensabiliinformazioni.L’esperienza dei grandi cantieri sta eviden­ziando, infatti, una sorta di rifiuto da partedei preposti e degli addetti, all’eccessivo vo­lume di carta prodotto per la sicurezza, conla conseguente distanza tra chi produce la“regola”, spesso ripetitiva e addirittura a vol­te contraddittoria, e coloro che la devono

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PREVENZIONE E PROTEZIONEArticolo

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Area di interferenza

)

applicare, che necessitano di strumenti sem-plici, efficaci e funzionali. Quindi, sono ne-cessarie poche ma chiare regole, strumentinoti a tutti e ampiamente condivisi, sentiticome necessari da chi opera e non solo da

chi controlla, e dialogo costante tra control-lori e controllati, tra addetti all’esecuzione eaddetti alla prevenzione, con lo scopo priori-tario di migliorare le condizioni di vita e dilavoro di tutti. l

Figura 6

Ambiente&Sicurezza è ilquindicinale de Il Sole 24 ORErivolto ad imprese, enti pubblici,consulenti e professionistitecnici che operano nei settoridell’ambiente, dell’igienee della sicurezza sul lavoro.

A partire dal 2008 Ambiente&Sicurezza si presenta con una nuova struttura editoriale, una grafica funzionale e, per un’informazione ancora più specialistica e mirata, due nuovi supplementi periodici di approfondimento:· Tecnologie&Soluzioni per l’ambiente· Lavoro Sicuro

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GRANDI RISCHIDomande e risposte

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Quesiti sull’antincendio

l a cura di Mario Abate, Direttore vice dirigente, Comando provinciale VVF - Milano

DOMANDA

Si sta ristrutturando e ampliando una attività commerciale ubicata all’interno di un edificio nel centro di una città.L’attività si sviluppa su due piani fuori terra (piano terra e primo piano) e un locale interrato (utilizzato comedeposito) la cui superficie complessiva lorda supera il limite dei 400 m2.Il grande magazzino è contiguo ad altre attività commerciali, con i quali ha alcune pareti in comune; superiormen­te ci sono appartamenti e il vano scala di un edificio di civile abitazione alto 8 piani, mentre al piano interrato unaparete del locale magazzino è adiacente alla centrale termica.Le strutture di separazione tra l’attività commerciale e le restanti attività (alcune soggette e altre non soggette aicontrolli dei Vigili del Fuoco) quali caratteristiche di resistenza al fuoco devono possedere?

A breve dovrebbe essere promulgato un nuo­vo decreto di prevenzione incendi per questatipologia di edifici ma, a oggi, la prevenzioneincendi nei centri commerciali è ancora nor­mata dalla ormai obsoleta circolare del Mini­stero dell’Interno 3 luglio 1967, n. 75.La circolare n. 75/1967, ha contemplato va­lori ben definiti di resistenza al fuoco (REI180) solamente per le strutture orizzontali diseparazione tra i locali adibiti alla scorta mer­ci e i sovrastanti locali dell’attività commer­ciale.Per quanto riguarda, invece, le caratteristichedi resistenza al fuoco degli elementi di separa­zione tra la stessa attività commerciale e i localia diversa destinazione delle consentite attivitàcontigue, la circolare si limita a prescriverneuna generica resistenza al fuoco senza stabilir­ne i valori minimi. Qualora le attività contiguea quelle commerciali siano disciplinate da spe­

cifica normativa antincendio che preveda de­terminati requisiti di resistenza al fuoco dellestrutture di separazione, questi valori costitui­scono il quadro di riferimento.Negli altri casi, premesso che le situazioni pro­gettuali dovrebbero essere valutate, caso percaso, avvalendosi del parere del ComandoVVF, la resistenza al fuoco delle strutture diseparazione può essere determinata in funzio­ne del carico d’incendio secondo le indicazionipreviste dal decreto ministeriale 9 marzo2007, «Prestazioni di resistenza al fuoco dellecostruzioni nelle attività soggette al controllo delCorpo nazionale dei vigili del fuoco», il quale hastabilito i criteri per determinare le prestazionidi resistenza al fuoco che devono possedere lecostruzioni nelle attività soggette al controllodel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, aesclusione delle attività per le quali le presta­zioni di resistenza al fuoco sono espressamentestabilite da specifiche regole tecniche di pre­venzione incendi.

RISPOSTA

Ampliamento di un’attività commerciale

DOMANDA

Spesso è possibile notare le protezioni esterne con idranti UNI 70 soprasuolo sprovvisti di cassetta conmanichette.

Idranti UNI 70 soprasuolo

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GRANDI RISCHIDomande e risposte

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Secondo il punto 6.4, norma tecnica UNI10779:2007, «Impianti di estinzione incendi- Reti di idranti - Progettazione, installazioneed esercizio», gli idranti a colonna soprasuolodevono essere conformi alla UNI EN14384.Per ciascun idrante deve essere prevista,secondo le necessità di utilizzo, una o piùtubazioni flessibili di DN 70 conformi allaUNI 9487 complete di raccordi UNI 804,lancia di erogazione e con le chiavi di ma­novra indispensabili all’uso dell’idrantestesso.Queste dotazioni devono essere ubicate inprossimità degli idranti, in apposite cassettedi contenimento dotate di sella di sostegno,o conservate in una o più postazioni accessi­bili in sicurezza anche in caso d’incendio eadeguatamente individuate da apposita se­gnaletica.Premesso questo, quando il getto pieno escedalla lancia, si genera una forza che ha versocontrario al flusso idrico (reazione di efflus­so) che può essere valutata con la seguenteespressione:

Reazione di efflusso = ρQ Vdove:- ρ è la densità dell’acqua;­ Q è la portata;­ V è la velocità ;

ovvero con la seguente espressione speri­mentale:

R = 1,5 x p xD2

dove:- R è la reazione del getto (Kg);- p è la pressione a monte della lancia (Kg/

cm2);- D è il diametro del bocchello (cm).Applicando la formula a una lancia di 70 mm,con bocchello da 16 mm, e con pressione amonte di 4 Kg/cm2, la reazione del getto sarà:

R = 1,5 x 4 x 1,62 = 15.36 KgIl valore massimo ammissibile della reazionedel getto, per un operatore, non dovrebbesuperare i 12 Kg (120 N).In uno stendimento antincendio, oltre allareazione di efflusso, agiscono altre forze, inparticolare, in corrispondenza di ogni curvadella tubazione flessibile; di queste forze e, inparticolare di quelle in vicinanza dell’operato­re si deve tenere conto nella determinazionedella sollecitazione sull’operatore che sostie­ne la lancia idrica.La forza effettiva che sollecita l’operatoreVVF potrà comunque essere inferiore allaforza teorica prima considerata, tenendo pre­sente che alcune sollecitazioni che sono carat­teristiche dell’installazione si possono scarica­re, in parte, attraverso la stessa tubazione, cheè in contatto con il terreno, o anche attraversospecifici supporti. l

RISPOSTA

Secondo la normativa vigente sono i Vigili del Fuoco che si attaccano con le loro lance oppure, in ogni caso,ogni idrante deve avere la sua cassetta con lancia e tubazione?È vero che è necessario saper utilizzare correttamente un idrante UNI 70 (a colonna o a parete) perchéaltrimenti, a causa della ”potenza” di spruzzo, c’è il pericolo di essere sbalzati dalla manichetta?

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Gli artt. 5 e 6 del decreto-legge n.208/2008 contengono un’ulterio-re proroga sino al 31 dicembre

2009 dei termini previsti da alcunedisposizioni in materia di discari-che di rifiuti. In particolare:

l l’art. 5 proroga il regime transi-torio previsto per le discarichedall'articolo 17, commi 1, 2 e 6,

l di Luciano Butti, B&P Avvocati

l Per effetto, le scadenze sono state rinviate fino al 31 dicembre 2009

PROROGHECon il D.L. n. 208/2008termini ancora differitiper le discariche di rifiuti

Analogamente a quanto già avvenuto in passato, il D.L. n. 208/2008 haintrodotto nuove proroghe (fino al 31 dicembre 2009) sul regime transitorioprevisto per le discariche ex D.Lgs. n. 36/2003 e sul divieto di ammettere in

discarica i rifiuti con potere calorifico inferiore ­ PCI ­ maggiore di 13.000 kJ/kg.L’unica novità rispetto al pregresso è la sentenza della Cassazione, III sezione penale, 3ottobre 2008, n. 37559, in base alla quale la proroga riguarda solo la disciplina suirequisiti di ammissibilità dei rifiuti in discarica, mentre è ormai definitivamente entratain vigore la restante disciplina del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, e, inparticolare, la disciplina di cui all’art. 11, che stabilisce gli obblighi di documentazionee di controllo gravanti rispettivamente sul detentore dei rifiuti conferiti e sul gestoredell’impianto. Conseguentemente, il gestore dovrà basare la propria attività di verificaprincipalmente sui dati forniti dal produttore e non potrà essere chiamato arispondere, sulla base dei principi generali del diritto, per effetto di informazioni falsefornite dal produttore che non fossero riconoscibili attraverso l‘ordinaria diligenza.

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decreto legislativo 13 gennaio2003, n. 36[1] (con esclusione,come già nella precedente proro­ga, delle discariche di II catego­ria, tipo A, ex ”2A”, e delle disca­riche per rifiuti inerti, cui si con­feriscono materiali di matricecementizia contenenti amianto);

l l’art. 6 proroga il divieto di am­mettere in discarica i rifiuti conpotere calorifico inferiore ­ PCI­maggiore di 13.000 kJ/kg[2].

Le precedenti proroghe

In occasione di una precedente pro­roga ­ alla quale integralmente sirinvia[3] ­ sono stati dettagliatamen­te esaminati:l il contenuto dei termini proro­

gati, il primo dei quali si riferisce:­ alle discariche già autorizzate al­la data di entrata in vigore delD.Lgs. n. 36/2003, che possonocontinuare a ricevere i rifiuti per lequali erano state autorizzate sullabase della previgente disciplina;­ alle discariche nuove, nel rispettodella deliberazione del comitatointerministeriale 27 luglio 1984 edelle deliberazioni regionali con­nesse alle discariche di prima cate­goria, di seconda categoria di tipoB e C e di terza categoria.

l la disciplina nazionale e comu­nitaria della discarica “mono­rifiuto” o comunque della indi­viduazione di sottocategoriedi discariche (con deroghe ri­spetto ai limiti di accettabilitàstabiliti, in via generale, dallanormativa sulle discariche) che ­una volta definitivamente sca­duti i termini ora nuovamenteprorogati ­ dovrà essere utilizza­

ta per far fronte alle esigenzedegli operatori del settore;

l la circostanza che, da un punto divita strettamente ambientale, ilconferimento in discarica di rifiu­ti con potere calorifico maggioredi 13.000 kJ/kg non aumental’impatto ambientale dellosmaltimento, né il rischio diinquinamento legato alla ge­stione dell’impianto, in quantoil limite del PCI è legato esclusi­vamente all’opportunità di nonsprecare risorse di energia.

Le novità

Rispetto a quanto sopra, merita uncenno solamente un’importante no­vità giurisprudenziale intervenutanel corso del 2008. Si tratta dellasentenza della Cassazione, IIIsezione penale, 3 ottobre 2008,n. 37559, la quale ha stabilito (conriferimento alla precedente proro­ga, identica a quella di cui ora sidiscute) che:l «la proroga di cui si discute non ha

alcuna incidenza sulle disposizio­ni dei commi 3 e 4 dell’art. 17 delD.Lgs. n. 36/2003, e in particola­re sul termine semestrale previstodal comma 3 per la presentazionedel piano di adeguamento;

l ciò che è prorogato è solo la disci­plina sulle condizioni e i limiti diaccettabilità prevista dalla Delibe­razione Comitato Interministeriale27 luglio 1984;

l per quanto riguarda le discarichepreesistenti, la ulteriore proroga ri­guarda la facoltà di ricevere rifiutisecondo le condizioni e i limitiprevistinella autorizzazione già ottenuta».

Dunque, secondo la Cassazione, la

proroga riguarda solo la disciplinasui requisiti di ammissibilità dei ri­fiuti in discarica, mentre è ormaidefinitivamente entrata in vigo­re la restante disciplina del decretolegislativo 13 gennaio 2003, n. 36,con particolare riferimento alla di­sciplina di cui all'art. 11, che stabili­sce gli obblighi di documentazio­ne e di controllo gravanti rispet­tivamente sul detentore deirifiuti conferiti e sul gestoredell'impianto.Il gestore della discarica, in parti­colare, incontra, secondo la Cassa­zione, una serie di obblighi che loconfigurano come corresponsabi­le della ammissione dei rifiuti, inquanto titolare del potere­dovere dicontrollare la caratterizzazione delrifiuto effettuata dal produttore chelo conferisce. In particolare, ricordala Cassazione, il gestore deve:l controllare la documentazione

relativa al rifiuto;l verificare la conformità ai criteri

di ammissibilità nella discaricadelle caratteristiche dei rifiuti in­dicate nel formulario di identifi­cazione;

l effettuare l'ispezione visiva diogni carico di rifiuto conferito,prima e dopo lo scarico, verifi­candone la conformità alle carat­teristiche indicate nel formulariodi identificazione;

l effettuare le verifiche analitichedella conformità del rifiuto ai cri­teri di ammissibilità.

Tutti questi compiti sonomegliopreci­sati nell’art. 2, D.M. 3 agosto 2005[4],

che disciplina la caratterizzazione dibase, a carico del produttore.Si può solo osservare, in relazionea questa sentenza, che necessa­riamente il gestore baserà la

1) «Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti» (in S.O. n. 40 alla Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2003, n. 59). Sivedano i nn. 7­8­9­10/2003 di Ambiente&Sicurezza.

2) Si veda anche l’approfondimento a firma di M. Chilosi a pag. 77.3) Si veda M .Chilosi, Discariche: tra Finanziaria 2007 e Milleproroghe slittamenti per il periodo transitorio e PCI in Ambiente&Sicurezza n.

2/2007, pag. 60, ripreso sul n. 3/2007, pag. 54.4) «Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica» (in Gazzetta Ufficiale del 30 agosto 2005, n. 201).

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AMBIENTE E RISORSECommento

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propria attività di verifica prin­cipalmente sui dati forniti dalproduttore e non potrà esserechiamato a rispondere, sulla basedei principi generali del diritto, pereffetto di informazioni false forni­te dal produttore che non fosseroriconoscibili attraverso la ordina­ria diligenza.

La delibera del Veneton. 2254/2008

Per analogia di argomento, si segna­la infine la recente deliberazionedella Giunta regionale del Veneto 8agosto 2008, n. 2254, che forniscechiarimenti da tempo attesi in meri­to alla questione della non putre­scibilità dei rifiuti, cui alcune

norme regionali subordinano lapossibilità di realizzare discari­che di rifiuti al di sotto di deter­minate distanze dalle abitazioni.La deliberazione prende atto delleconclusioni dei lavori di un tavolotecnico in merito a:l definizione di “putrescibilità”: “la

tendenza della materia organica asubire reazioni di degradazionebiologica con produzione di meta­boliti di varia natura e composti aridotto peso molecolare che si svi­luppano in tempi brevi, ossia nellaprima parte della biodegradazio­ne, in cui vengono attaccati dagliorganismi le sostanze più facil­mente biodegradabili”;

l individuazione dell’indice di re­spirazione dinamico potenziale(IRDP) quale parametro di riferi­

mento in Regione Veneto per lavalutazione della putrescibilitàdei rifiuti ­ al fine di accertarnel’accettabilità in discarica ­ da ef­fettuarsi secondo la metodica dicui alla D.G.R.V. n. 568/2005 ­Allegato D, paragrafo 3 «MetodoA ­ indice di respirazione dinami­co potenziale»;

l individuazione del valore di1.000 mg O2 x KgSV­1 x h­1 qualevalore limite dell’IRDP per defi­nire un rifiuto biologicamentestabile e di conseguenza “non pu­trescibile” in analogia a quantogià riconosciuto per l’utilizzo co­me terra di copertura giornalieranelle discariche del biostabilizza­to prodotto dagli impianti di trat­tamento biologico dei rifiuti(BD). l

LEGISLAZIONE

Decreto­legge 30 dicembre 2008, n. 208

Misure straordinarie in materia di risorse idrichee di protezione dell’ambiente.

in Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2008, n. 304

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di porre rimedioalla frammentarietà e alla lacunosità del quadro normativonecessario per fronteggiare le emergenze nel settore dellerisorse idriche, nonché in tema di tutela ambientale;Considerato che occorre assicurare la continuità e la funzio­nalità dell’esercizio delle delicate funzioni di alcuni organismiistituzionali operanti nel sistema della tutela ambientale edella protezione civile, anche con riferimento al tempestivosvolgimento delle procedure di autorizzazione all’apertura diimpianti di smaltimento e conversione energetica di rifiuti,nonché in funzione di un più efficace contrasto dell’inquina­mento delle acque;Considerato che non risulta ulteriormente prorogabile l’attua­le sospensione dell’attività delle Autorità di bacino e che vaconvalidata l’attività posta in essere dalle stesse e disciplinato

il periodo di transizione sino all’adozione della nuova norma­tiva prevista dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;Considerata l’urgenza di garantire la certezza del diritto inrelazione al diffuso contenzioso in materia di danno ambien­tale, nonché agli obiettivi di bonifica, di risanamento e dirisarcimento dell’ulteriore danno ambientale provocato, conriferimento ai siti contaminati di interesse nazionale;Ritenuto che occorre predisporre misure indilazionabili perassicurare la funzionalità di base di alcuni organismi operantinel sistema della tutela ambientale, evitando la dispersione diprofessionalità adeguate e garantendo la disponibilità dellerisorse finanziarie per il funzionamento;Ritenuto necessario un differimento dell’entrata in vigoredelle disposizioni concernenti la nuova tariffa integrata am­bientale, in relazione all’imminente scadenza del precedenteregime transitorio, nonché di alcune disposizioni concernenti

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

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AMBIENTE E RISORSELegislazione

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lo smaltimento di rifiuti non pericolosi in discarica, per con­sentire la gestione delle emergenze in atto in funzione dellapredisposizione di adeguate misure esecutive e dello sviluppodelle strutture impiantistiche necessarie;Ritenuto infine che occorra urgentemente modificare alcunedisposizioni concernenti il regime delle responsabilità e degliobblighi del produttore in relazione ai rifiuti di apparecchiatu­re elettriche ed elettroniche;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nellariunione del 18 dicembre 2008;Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e delMinistro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione el’innovazione e dell’economia e delle finanze;

Emanail seguente decreto­legge:

Art. 1Autorità di bacino di rilievo nazionale

1. Il comma 2­bis dell’articolo 170 del decreto legislativo 3aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente: «2-bis. Nellemore della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo IIdella Parte terza del presente decreto e della eventuale revisionedella relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cuialla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alladata di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consigliodei Ministri di cui al comma 2, dell’articolo 63 del presentedecreto.».2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 170, comma 2­bis,del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituitodal comma 1, sono fatti salvi gli atti posti in essere dalleAutorità di bacino di cui al presente articolo dal 30 aprile2006.3. Fino alla data di cui al comma 2, le Autorità di bacino dirilievo nazionale restano escluse dall’applicazione dell’artico­lo 74 del decreto­legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fermirestando gli obiettivi fissati ai sensi del medesimo articolo 74da considerare ai fini dell’adozione del decreto del Presidentedel Consiglio dei Ministri di cui al comma 2.

Art. 2Danno ambientale

1. Nell’ambito degli strumenti di attuazione di interventi dibonifica e messa in sicurezza di uno o più siti di interessenazionale, al fine della stipula di una o più transazioni globali,con una o più imprese, pubbliche o private, in ordine allaspettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica, deglioneri di ripristino, nonché del danno ambientale di cui agliarticoli 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e 300 deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e degli altri eventua­

li danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possanorichiedere il risarcimento, il Ministero dell’ambiente e dellatutela del territorio e del mare può, sentita la Commissione divalutazione degli investimenti e di supporto alla programma­zione e gestione degli interventi ambientali (COVIS) di cuiall’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 14maggio 2007, n. 90, predisporre uno schema di contratto,che viene comunicato a regioni, province e comuni e resonoto alle associazioni ed ai privati interessati mediante idoneeforme di pubblicità nell’ambito delle risorse di bilancio dispo­nibili per lo scopo.2. Entro trenta giorni dalle comunicazioni e pubblicazioni dicui al comma 1, gli enti ed i soggetti interessati possono farepervenire osservazioni sullo schema di contratto, senza obbli­go di risposta.3. Previa assunzione, sullo schema di transazione, del pareredell’Avvocatura generale dello Stato, il Ministero dell’ambien­te e della tutela del territorio e del mare svolge, nei successivitrenta giorni, una conferenza di servizi decisoria, fra i soggettipubblici aventi titolo, per acquisire e comporre gli interessi dicui ciascuno risulti portatore, ai sensi dell’articolo 14­ter dellalegge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto applicabile. Le deter­minazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono atutti gli effetti ogni atto decisorio comunque denominato dicompetenza delle amministrazioni partecipanti, o comunqueinvitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta confe­renza.4. Acquisite le determinazioni di cui al comma 3, lo schema dicontratto di transazione, sottoscritto per accettazione dallaimpresa obbligata, è trasmesso alla Presidenza del Consigliodei Ministri per l’autorizzazione da parte del Consiglio deiMinistri, sulla proposta del Ministro dell’ambiente e dellatutela del territorio e del mare.5. La stipula del contratto di transazione, non novativo, con­forme allo schema autorizzato ai sensi del comma 4, compor­ta abbandono del contenzioso pendente e preclude ogni ulte­riore azione per rimborso degli oneri di bonifica e di ripristinoed ogni ulteriore azione risarcitoria per il danno ambientale,ai sensi dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, odella Parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,nonché per le altre eventuali pretese risarcitorie azionabilidallo Stato e da enti pubblici territoriali, per i fatti oggettodella transazione. Sono fatti salvi gli accordi già stipulati o dicui sia comunque in corso, prima della data di entrata invigore del presente decreto, il procedimento per la definizionetransattiva della lite pendente.6. Nel caso di inadempimento, anche parziale, da parte deisoggetti privati delle obbligazioni dagli stessi assunte in sede ditransazione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territo­rio e del mare, previa diffida ad adempiere nel termine di trentagiorni, può dichiarare risolto il contratto di transazione. In talcaso, le somme eventualmente già corrisposte dai suddetti sog­getti privati sono trattenute dal Ministero dell’ambiente e della

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tutela del territorio e del mare in acconto dei maggiori importidefinitivamente dovuti per i titoli di cui al comma 1.7. I proventi di spettanza dello Stato, derivanti dalle transazio­ni di cui al presente articolo, sono versati all’entrata del bilan­cio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministrodell’economia e delle finanze, allo stato di previsione delMinistero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare,per le finalità previamente individuate con decreto del Mini­stro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, diconcerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.8. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 14 e 16 deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, all’avvio delle pro­cedure di cui alla Parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006,n. 152, provvede il Ministro dell’ambiente e della tutela delterritorio e del mare se il danno ambientale è quantificabile inun ammontare uguale o superiore a dieci milioni di euro,ovvero i titolari dei competenti uffici dirigenziali generali sel’ammontare del danno ambientale è inferiore.9. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivarenuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 3Funzionalità dell’Istituto superiore

per la protezione e la ricerca ambientale1. L’articolo 1, comma 347, della legge 24 dicembre 2007, n.244, si interpreta nel senso che l’autorizzazione ad assumereivi prevista spiega effetto nei confronti dell’Istituto superioreper la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) fino alcompletamento delle relative procedure, a condizione che lestesse siano concluse entro il 31 dicembre 2009.2. Nel limite delle disponibilità dei posti di cui al citato articolo1, comma 347, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,l’ISPRA è autorizzato ad assumere il personale risultato vinci­tore di concorsi pubblici a tempo indeterminato inserito ingraduatorie ancora vigenti e non ancora assunto.3. Per fare fronte ai propri compiti istituzionali ed alle esigen­ze connesse con la protezione civile, fino al 30 giugno 2009l’ISPRA è autorizzato, con oneri a carico del relativo bilancio,ad avvalersi del personale in servizio alla data di entrata invigore del presente decreto con contratto di collaborazionecoordinata e continuativa.

Art. 4Continuità operativa della commissione tecnica

di verifica dell’impatto ambientale1. Al fine di rendere disponibili sin dall’inizio di ogni eserciziofinanziario le risorse occorrenti per il funzionamento dellaCommissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale ­VIA e VAS di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente dellaRepubblica 14 maggio 2007, n. 90, il Ministro dell’economiae delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti,sulla proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela delterritorio e del mare, le occorrenti variazioni di bilancio sullacorrispondente unità previsionale di base, a titolo di anticipa­

zione e nei limiti del trenta per cento delle somme impegnateper le medesime finalità nell’anno precedente, con utilizzo delfondo di cui all’articolo 2, comma 616, della legge 24 dicem­bre 2007, n. 244, iscritto nello stato di previsione del Ministe­ro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Art. 5Tariffa per lo smaltimento

dei rifiuti urbani1. All’articolo 1, comma 184, della legge 27 dicembre 2006,n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:a) alla lettera a), le parole: «e per l’anno 2008» sono sostituitedalle seguenti: «e per gli anni 2008 e 2009»;b) alla lettera c), le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituitedalle seguenti: «31 dicembre 2009».2. All’articolo 195, comma 2, lettera e), secondo periodo, deldecreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole: «entro unanno» sono sostituite dalle seguenti: «entro diciotto mesi».

Art. 6Rifiuti ammessi in discarica

1. All’articolo 6, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 13gennaio 2003, n. 36, le parole: «31 dicembre 2008» sonosostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2009».

Art. 7Apparecchiature elettriche ed elettroniche

1. All’articolo 3, comma 1, lettera m), del decreto legislativo25 luglio 2005, n. 151, il numero 4) è sostituito dal seguente:«4) per le sole apparecchiature elettriche ed elettroniche destinateesclusivamente all’esportazione, il produttore è considerato taleai fini degli articoli 4, 13 e 14. Ai fini del presente decreto non èconsiderato produttore chi fornisce finanziamenti esclusivamen­te sulla base o a norma di un accordo finanziario, salvo cheagisca in qualità di produttore ai sensi dei numeri 1), 2) e 3); ».2. All’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 25 luglio2005, n. 151, le parole: «31 dicembre 2008» sono sostituitedalle seguenti: «31 dicembre 2009».

Art. 8Disposizioni in materia di protezione civile

1. Per fronteggiare in termini di somma urgenza le esigenzederivanti dalle situazioni emergenziali oggetto del decreto delPresidente del Consiglio dei Ministri in data 18 dicembre2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 24 di­cembre 2008, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro, daassegnare al Dipartimento della protezione civile della Presi­denza del Consiglio dei Ministri.2. Alla ripartizione delle risorse di cui al comma 1 si provvede conordinanzedelPresidentedelConsigliodeiMinistri, adottateai sensidell’articolo5, comma2,della legge24 febbraio1992,n.225.3. Alla copertura degli oneri di cui al presente articolo, paricomplessivamente a 100 milioni di euro per l’anno 2008, siprovvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizza­zione di spesa di cui all’articolo 1, comma 50, della legge 23dicembre 2005, n. 266.

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4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato adapportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.5. L’articolo 5, comma 5­bis, della legge 24 febbraio 1992, n.225, è sostituito dal seguente:«5­bis. Ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, iCommissari delegati titolari di contabilità speciali, ai sensidegli articoli 60 e 61 del regio decreto 18 novembre 1923, n.2440, e dell’articolo 333 del regio decreto 23 maggio 1924,n. 827, rendicontano, entro il quarantesimo giorno dallachiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o delloro incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l’inter­vento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggettibeneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema dastabilire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze,d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da adot­tare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore delpresente comma. Il rendiconto contiene anche una sezionedimostrativa della situazione analitica dei crediti, distinguen­do quelli certi ed esigibili da quelli di difficile riscossione, e deidebiti derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionateassunte a qualsiasi titolo dai commissari delegati, con l’indica­zione della relativa scadenza. Per l’anno 2008 va riportataanche la situazione dei crediti e dei debiti accertati al 31

dicembre 2007. Nei rendiconti vengono consolidati, con lestesse modalità di cui al presente comma, anche i dati relativiagli interventi delegati dal commissario ad uno o più soggettiattuatori. I rendiconti corredati della documentazione giustifi­cativa sono trasmessi, per i relativi controlli, al Ministerodell’economia e delle finanze ­ Dipartimento della Ragioneriagenerale dello Stato ­ Ragionerie territoriali competenti eall’Ufficio bilancio e ragioneria della Presidenza del Consigliodei Ministri. Le ragionerie territoriali inoltrano i rendiconti,anche con modalità telematiche e senza la documentazione acorredo, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e all’ISTAT.Per l’omissione o il ritardo nella rendicontazione si applical’articolo 337 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827.».

Art. 9Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della suapubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italia­na e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inseritonella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblicaitaliana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e difarlo osservare. l

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L’ art. 2, decreto legge 30 dicembre 2008 n. 208, definisce la procedura per la stipula diuna o più transazioni globali ­ con una o più imprese (pubbliche o private) ­ in ordine allaspettanza e alla quantificazione degli oneri di bonifica e di ripristino, nonché del danno

ambientale e degli altri eventuali danni di cui lo Stato o altri enti pubblici territoriali possanorichiedere il risarcimento. In particolare, lo strumento è costituito dal contratto di transazione cheverrà predisposto dal Ministero dell’Ambiente, sentita la COVIS e assunto il previo pareredell’Avvocatura generale dello Stato. Altre disposizioni importanti riguardano la proroga delperiodo transitorio per le discariche (art. 5) e l’ammissione in discarica dei rifiuti con PCI maggioredi 13.000 kJ/kg.

l di Federico Peres, B&P Avvocati

Nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre2008, n. 304 è stato pubblicato il decretolegge 30 dicembre 2008, n. 208, recante «Mi­sure straordinarie in materia di risorse idriche edi protezione dell’ambiente»; in particolare,l’art. 2 detta un’articolata procedura per lacomposizione delle liti relative al risarcimen­to del danno ambientale e alla rifusione deglioneri di bonifica e ripristino in relazione ai sitidi bonifica di interesse nazionale. Il ricorsoallo strumento del decreto legge è stato impo­sto dalla «urgenza di garantire la certezzadel diritto in relazione al diffuso contenzio-so in materia di danno ambientale, nonchéagli obiettivi di bonifica, di risanamento e di

risarcimento dell’ulteriore danno ambientaleprovocato, con riferimento ai siti contaminati diinteresse nazionale».Questa particolare procedura (che andrà co­ordinata con quella prevista dall’art.252­bis, D.Lgs. n. 152/2006)[1] detta, dun­que, il percorso per la stipula di una o piùtransazioni globali, con una o più imprese,pubbliche o private, in ordine alla spettanzae alla quantificazione degli oneri di bonificae di ripristino, nonché del danno ambientalee degli altri eventuali danni di cui lo Stato oaltri enti pubblici territoriali possano richie­dere il risarcimento (comma 1). Lo strumen­to è, pertanto, costituito dal contratto di

l Proroghe. L’art. 2, D.L. n. 208/2008, interviene sui siti di interesse nazionale

Bonifiche e danno ambientale:definite le nuove proceduresu controversie e risarcimenti

1) La norma, dettata per i siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, prevede, infatti, lasottoscrizione di un Accordo di programma con il responsabile dell’inquinamento allo scopo di definire gli interventi dibonifica e di chiudere l’eventuale contenzioso sul danno ambientale.

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transazione che verrà predisposto dal Mini­stero dell'Ambiente[2], sentita la Covis[3] e

assunto il previo parere dell’Avvocatura ge­nerale dello Stato.

l Discariche: proroga del periodo transitorio e PCI

a cura di Mara Chilosi, B&P Avvocati

L’art. 5, D.L. n. 208/ 2008, modificando l’art. 1, comma 184, legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007), ha disposto loslittamento di un anno ­ ossia fino al 31 dicembre 2009 ­ del cosiddetto “periodo transitorio” della normativa sullediscariche di cui all'art. 17, commi 1, 2 e 6, D.Lgs. n. 36/2003.La proroga non si applica alle discariche di II categoria, tipo A, ex ”2A“ e alle discariche per rifiuti inerti in cui siconferiscano materiali di matrice cementizia contenenti amianto, mentre si applica:l alle discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2003, che possono continuare a ricevere i

rifiuti per le quali erano state autorizzate sulla base della previgente disciplina;l alle discariche nuove, nel rispetto della deliberazione del comitato interministeriale 27 luglio 1984 e delle deliberazioni

regionali connesse alle discariche di prima categoria, di seconda categoria di tipo B e C e di terza categoria. In questaparte, la norma potrebbe peraltro sollevare dubbi di legittimità costituzionale per le discariche autorizzate dopo lascadenza del termine di trasposizione nell’ordinamento nazionale della direttiva comunitaria 1999/31/CE in materia(16 luglio 2001).

La Corte di Cassazione, con la sentenza 3 ottobre 2008, n. 37559, ha chiarito che la proroga al 31 dicembre 2008 delmedesimo termine prevista con legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008) riguarda solo condizioni e limiti diaccettabilità di cui alla delibera 27 luglio 1984. È, al contrario, a tutti gli effetti applicabile il nuovo regime sulle discariche(in particolare la disciplina concernente i criteri di accettabilità dei rifiuti in impianto di cui agli artt. 11, D.Lgs. n. 36/2003 e2, 3 e 4, D.M. 3 agosto 2005) anche per le discariche “vecchie”, se previsto nel provvedimento di approvazione del pianodi adeguamento. In particolare, la Corte ha affermato che «il comma 3 dell’art. 11 del D.Lgs. 36/2003 - che è entrato invigore senza proroghe - pone a carico del gestore una serie di obblighi precisi che lo configurano come principaleresponsabile della ammissione dei rifiuti, in quanto spetta al gestore il potere-dovere di controllare la caratterizzazionedel rifiuto effettuata dal produttore che lo conferisce. In particolare, il gestore deve controllare la documentazionerelativa al rifiuto, verificare la conformità ai criteri di ammissibilità nella discarica delle caratteristiche dei rifiuti indicate nelformulario di identificazione, effettuare l’ispezione visiva di ogni carico di rifiuto conferito, prima e dopo lo scarico, everificarne la conformità alle caratteristiche indicate nel formulario di identificazione, effettuare le verifiche analitichedella conformità del rifiuto ai criteri di ammissibilità. Tutti questi compiti sono meglio precisati nell’art. 2 (che disciplina lacaratterizzazione di base, a carico del produttore), nell’art. 3 (che disciplina la verifica di conformità a carico del gestore) enell’art. 4 (che disciplina la verifica in loco, a carico del gestore) del D.M. 3 agosto 2005. Secondo tale disciplina “i rifiutisono ammessi in discarica solo se risultano conformi a quelli che sono stati sottoposti alla caratterizzazione di base e allaverifica di conformità” e “se sono conformi alla descrizione riportata nei documenti di accompagnamento” (comma 3dell’art. 4). Queste verifiche di conformità competono al gestore della discarica».Va, inoltre, considerato che l’art. 14 della direttiva comunitaria impone agli Stati membri di adottare misure idoneeaffinché le discariche preesistenti possano essere mantenute in esercizio soltanto se siano presentati e approvati specificipiani di riassetto (corrispondenti ai piani di adeguamento previsti dal D.Lgs. n. 36/2003) che permettano l’adeguamentoalla nuova disciplina entro il 16 luglio 2009.Da ultimo, va rilevato che l’art. 6 del medesimo D.L. n. 208/2008 ha prorogato al 31 dicembre 2009 anche il termine,stabilito dall'articolo 6, D.Lgs. n. 36/2003, a partire dal quale non saranno più ammessi in discarica i rifiuti con poterecalorifico inferiore ­ PCI ­ maggiore di 13.000 kJ/kg.

2) All’avvio della procedura per il risarcimento del danno ambientale di cui alla Parte VI al D.Lgs. n. 152/2006 (eprobabilmente per quanto riguarda la competenza ad avviare la procedura per l’eventuale transazione) provvede il Ministrodell’Ambiente se il danno ambientale è quantificabile in un ammontare uguale o superiore a dieci milioni di euro, ovvero ititolari dei competenti uffici dirigenziali generali se l’ammontare del danno ambientale è inferiore (comma 8).

3) Commissione di valutazione degli investimenti e di supporto alla programmazione e gestione degli interventi ambientalidi cui all’art. 2, D.P.R. n. 90/2007.

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Lo schema proceduraleLa procedura è improntata alla concerta-zione:1. lo schema di contratto andrà comunicato aregioni, province e comuni e reso noto alleassociazioni e ai privati interessati medianteidonee forme di pubblicità (comma 1);2. entro trenta giorni, gli enti e i soggetti inte­ressati potranno fare pervenire osservazioni,senza, peraltro, che sia stato previsto un obbli­go di risposta (comma 2);3. nei successivi trenta giorni il Ministerodell'Ambiente svolgerà una conferenza diservizi decisoria (art. 14­ter, legge n. 241/1990) fra i soggetti pubblici con lo scopo diacquisire e comporre gli interessi di cui cia­scuno risulti portatore. Le determinazioni as­sunte all’esito della conferenza sostituiranno,a tutti gli effetti, ogni atto decisorio comunquedenominato di competenza delle amministra­zioni partecipanti alla conferenza o comun­que invitate a partecipare ma risultate assenti;4. acquisite le determinazioni di cui sopra, loschema di transazione, sottoscritto per ac-cettazione dalla impresa obbligata, saràtrasmesso alla Presidenza del Consiglio deiMinistri per l’autorizzazione da parte del Con­siglio dei Ministri.

Gli effettiQuanto agli effetti, il comma 5 prevede checon la stipula di questo contratto di transazio­ne ­ definito «non novativo» ­ si avrà l’abban­dono del contenzioso pendente e la preclu-

sione di ogni ulteriore azione per il rim-borso degli oneri di bonifica e diripristino e di ogni ulteriore azione risar-citoria per il danno ambientale (ai sensi siadell'art. 18, legge n. 349/1986 sia della ParteVI del D.Lgs. n. 152/2006), nonché di ognialtra eventuale pretesa risarcitoria azionabiledallo Stato e da enti pubblici territoriali, per ifatti oggetto della transazione.In caso di inadempimento, anche parzia-le, da parte del privato firmatario[4], il Mi­nistero dell'ambiente, previa diffida adadempiere nel termine di trenta giorni, potràdichiarare risolto il contratto e trattenere lesomme già corrisposte dai privati quale ac­conto sui maggiori importi definitivamentedovuti per i titoli di cui al comma 1 (il chedesta perplessità, atteso infatti che la risolu­zione del contratto ha effetto retroattivo). Lesomme percepite dallo Stato saranno versateall'entrata del bilancio dello Stato per essereriassegnate, con decreto del Ministrodell'Economia e delle Finanze, allo stato diprevisione del Ministero dell'ambiente, per lefinalità previamente individuate con decretodel Ministro dell'Ambiente, di concerto con ilMinistro dell'Economia e delle Finanze. Èprevista, infine, una disposizione transito-ria che fa salvi gli accordi già stipulati o di cuisia comunque in corso, prima della data dientrata in vigore del decreto (31 dicembre2008), il procedimento per la definizionetransattiva della lite pendente (comma 5). l

4) Si rileva che mentre, ai sensi del comma 1, la transazione può essere sottoscritta «con una o più imprese, pubbliche oprivate», la diffida ad adempiere finalizzata alla risoluzione è prevista dal comma 6 esclusivamente nei confronti deisoggetti privati.

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C on il D.L. n. 208/2008, sono state apportate alcune modifiche al D.Lgs. n. 151/2005 inmateria di apparecchiature elettriche ed elettroniche. In particolare, l’art. 7 deldecreto-legge ha posticipato al 31 dicembre 2009 il termine per l’avvio del sistema di

gestione dei RAEE “nuovi”, per cui, sino a questa data, continueranno ad applicarsi le disposizionidi cui all’art. 10 per i RAEE storici domestici e all’art. 12, comma 2, per i RAEE storici professionali.L’art. 7 ha inoltre modificato l’art. 3, comma 1, lettera m), numero 4), D.Lgs. n. 151/2005 (chedefinisce il “produttore” delle apparecchiature elettriche ed elettroniche ai fini dell’applicazionedegli obblighi stabiliti dal decreto legislativo), chiarendo che i prodotti destinati al mercato esteronon concorrono alla quantificazione dell’”immesso sul mercato” ai fini dell’applicazione deldecreto legislativo.

l di Mara Chilosi, B&P Avvocati

Con il decreto­legge 30 dicembre 2008, n.208, recante «Misure straordinarie in materiadi risorse idriche e di protezione dell’ambien-te»[1], sono state apportate alcune modifiche alD.Lgs. n. 151/2005 in materia di apparec­chiature elettriche ed elettroniche (AEE) erifiuti di apparecchiature elettriche ed elettro­niche (RAEE).In particolare, l’art. 7 del decreto­legge incommento ha posticipato al 31 dicembre2009 il termine per l’avvio del sistema digestione dei RAEE “nuovi”, per cui, sino aquesta data, continueranno ad applicarsi lesole disposizioni di cui:l all’art. 10, per i RAEE “storici” domestici;

l all’art. 12, comma 2, per i RAEE “storici”professionali.

Il D.Lgs. n. 151/2005e il “sistema RAEE”Il D.Lgs. n. 151/2005 ha introdotto il princi­pio della responsabilità del produttoredelle AEE per la gestione della fase di “finevita” dei propri prodotti immessi sul mercatoitaliano; in particolare, i produttori devonofarsi carico del finanziamento e dell’organiz­zazione del sistema di gestione dei RAEE inmodo differente a seconda che essi siano «do-mestici»[2] oppure «professionali»[3]. Il decretolegislativo differenzia, inoltre, i RAEE storici

l Proroghe. Modificata la definizione di “produttore” ex D.Lgs. n. 151/2005

Sistema di gestione dei RAEE:ancora proroghe per l’avvio

1) In Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2008, n. 304.2) I RAEE provenienti da nuclei domestici sono intesi come «i RAEE originati dai nuclei domestici e i RAEE di origine

commerciale, industriale, istituzionale e di altro tipo analoghi, per natura e per quantità, a quelli originati dai nucleidomestici» [ art. 3, comma 1, lettera o)].

3) I RAEE professionali sono definiti come «i RAEE prodotti dalle attività amministrative ed economiche, diversi daquelli di cui alla lettera o)», ossia non “assimilabili” ai RAEE domestici [art. 3, comma 1, lettera p)].

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da quelli nuovi, ovvero quelli derivanti daapparecchiature immesse sul mercato dopo il13 agosto 2005.I produttori possono adempiere ai propri ob­blighi attraverso sistemi individuali, collettivio misti, dovendo, peraltro, necessariamenteaderire a un sistema collettivo per quantoriguarda i RAEE “storici” provenienti da nu­clei domestici (ossia i rifiuti derivanti da AEEa uso domestico immesse sul mercato ante­riormente al 13 agosto 2005) e ­ sino alloscadere del periodo transitorio di cui all’art.20, comma 4 ­ per i RAEE “nuovi” provenien­ti da nuclei domestici (ossia i rifiuti derivantida AEE a uso domestico immesse sul mercatodopo il 13 agosto 2005).Per quanto riguarda i RAEE domestici, l’art.11, D.Lgs. n. 151/2005 prevede, in particola­re, che:l il finanziamento delle operazioni di tra­

sporto dai centri di raccolta, di trattamento,di recupero e di smaltimento ambiental­mente compatibile sia a carico del produt­tore delle AEE, che ne assume l’onere per iprodotti che ha immesso sul mercato apartire dal 13 agosto 2005;

l il produttore adempia al predetto obbligoindividualmente ovvero attraverso l’adesio­ne a un sistema collettivo o misto adeguato;

l a questo fine, il produttore costituisca, nelmomento in cui una AAE è immessa sulmercato, un’adeguata garanzia finanziaria,secondo quanto previsto dall’articolo 1,legge 10 giugno 1982, n. 348, o secondomodalità equivalenti;

l per le AEE immesse sul mercato dopo il 13agosto 2005, il produttore non possa indi­care separatamente all’acquirente, al mo­mento della vendita, i relativi costi di rac­colta, di trattamento e di smaltimento (art.11, comma 3), non sia, cioè, ammissibile lacosiddetta “visibile fee”, vale a dire l’ecocon-tributo RAEE applicato separatamente enon inglobato nel prezzo del prodotto.

L’art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 151/2005 stabi­lisce, tuttavia, un periodo transitorio duran­te il quale il finanziamento della gestione deiRAEE “nuovi” domestici debba essere assoltodai produttori con le medesime modalità sta­bilite dall’art. 10, comma 1, relativamente aiRAEE “storici” domestici, ossia attraversoun sistema collettivo, nel quale i produttorifinanziano la gestione dei RAEE in proporzio­ne alla propria quota di mercato (facendosidunque carico anche dei rifiuti “orfani”, deri­vanti dall’utilizzo di apparecchiature prodot­te/importate da soggetti non più presenti sulmercato italiano). Questo periodo transitorioè individuato nelle more della definizionedi un sistema europeo di identificazionedei produttori secondo quanto indicato dal­l’art. 11, comma 2, direttiva 2002/96/CE(condizione imprescindibile per l’avvio del si­stema di gestione dei RAEE “nuovi”, che pre­suppone la costituzione di adeguate garanziefinanziarie sulle apparecchiature immesse daun determinato produttore sul mercato e,dunque, l’istituzione di un adeguato sistemadi “tracciabilità”) e, comunque, dovrà cessa­re entro e non oltre il 31 dicembre 2009,

Tabella 1

•Art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 151/2005: confronto tra le modifiche

Art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 151/2005come mod. dal D.L. n. 81/2007

e dal D.L. n. 248/2007

Art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 151/2005come mod. dal D.L. n. 208/2008

«Nelle more della definizione di un sistema europeo diidentificazione dei produttori, secondo quanto indicatodall’articolo 11, paragrafo 2, della Direttiva 2002/96/CE, e, comunque entro e non oltre il 31 dicembre2008, il finanziamento delle operazioni di cui all'artico-lo 11, comma 1, viene assolto dei produttori con lemodalità stabilite all’articolo 10, comma 1 e il finanzia-mento delle operazioni di cui all'articolo 12, comma 1,viene assolto dai produttori con le modalità stabiliteall'articolo 12, comma 2».

«Nelle more della definizione di un sistema europeo diidentificazione dei produttori, secondo quanto indicatodall'articolo 11, paragrafo 2. della Direttiva 2002/96/CE, e, comunque entro e non oltre il 31 dicembre2009, il finanziamento delle operazioni di cui all'artico-lo 11, comma 1, viene assolto dei produttori con lemodalità stabilite all'articolo 10, comma 1 e il finanzia-mento delle operazioni di cui all'articolo 12, comma 1,viene assolto dai produttori con le modalità stabiliteall'articolo 12, comma 2».

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termine da ultimo così prorogato dal D.L. n.208/2008 in commento.Per quanto concerne, invece, i RAEE profes-sionali, l’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 151/2005prevede che i produttori o i terzi che agisconoin loro nome debbano organizzare e gestire, subase individuale o collettiva o “mista”, soste­nendone i relativi costi, sistemi adeguati di rac­colta separata. A questo fine, possono avvalersidelle strutture di raccolta differenziata comu­nali, previa convenzione con l’amministrazio­ne interessata [si veda l’art. 188, comma 2,lettera b), D.Lgs. n 152/2006]. L’art. 12, D.Lgs.n. 151/2005 precisa che:l per i RAEE professionali “nuovi” (ossia deri­

vanti da AEE immesse sul mercato dopo il13 agosto 2005), il finanziamento delleoperazioni di raccolta, di trasporto, di trat­tamento, di recupero e di smaltimento am­bientalmente compatibile è a carico delproduttore che ne assume l’onere per iprodotti che ha immesso sul mercato apartire dal 13 agosto 2005;

l per i RAEE professionali storici, il finanzia­mento delle medesime operazioni è a carico:

­ del produttore, nel caso di fornitura di unanuova apparecchiatura elettrica ed elettro­nica in sostituzione di un prodotto di tipoequivalente e adibito alle stesse funzionidella nuova apparecchiatura fornita;­ del detentore negli altri casi.

A ogni modo, i produttori e gli utenti diversi dainuclei domestici possono sottoscrivere accordivolontari che individuino modalità alternativedi finanziamento della gestione dei RAEE pro­fessionali, purché siano rispettate le finalità e leprescrizioni del D.Lgs. n. 151/2005.Anche per la gestione dei RAEE professionalil’art. 20, comma 4, D.Lgs. n. 151/2005, comemodificato dal D.L. n. 208/2008, prevede chesi applichi l’art. 12, comma 2 sui RAEE “stori­ci” professionali indipendentemente dalla datadi immissione sul mercato delle apparecchiatu­re sino alla «definizione di un sistema europeo diidentificazione dei produttori» e «comunque en-tro e non oltre il 31 dicembre 2009».

La nuova definizione di produttoreL’art. 7, D.L. n. 208/2008 ha, inoltre, mo­dificato l’art. 3, comma 1, lettera m), nume­

Tabella 2

•Art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 151/2005: confronto tra le modifiche

Art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 151/2005 Art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 151/2005come mod. dal D.L. n. 208/2008

«m) “produttore”: chiunque, a prescindere dalla tecnica divendita utilizzata, compresi i mezzi di comunicazione adistanza di cui al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185,e successive modificazioni:1) fabbrica e vende apparecchiature elettriche ed elettroni-che recanti il suo marchio;2) rivende con il proprio marchio apparecchiarne prodotte daaltri fornitori; il rivenditore non è considerato ”produttore” sel’apparecchiatura reca il marchio del produttore a norma delpunto 1;3) importa o immette per primo, nel territorio nazionale,apparecchiature elettriche ed elettroniche nell’ambito diun’attività professionale e ne opera la commercializzazione,anche mediante vendita a distanza;4) chi produce apparecchiature elettriche ed elettroni­che destinate esclusivamente all’esportazione è pro­duttore solo ai fini degli articoli 4, 13 e 14. Ai fini delpresente decreto non è considerato produttore chi forniscefinanziamenti esclusivamente sulla base o a norma di unaccordo finanziario, a meno che non agisca in qualità diproduttore ai sensi dei punti 1), 2) e 3)»

«m) “produttore”: chiunque, a prescindere dalla tecnica divendita utilizzata, compresi i mezzi di comunicazione adistanza di cui al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185,e successive modificazioni:1) fabbrica e vende apparecchiature elettriche ed elettronicherecanti il suo marchio;2) rivende con il proprio marchio apparecchiarne prodotte daaltri fornitori; il rivenditore non è considerato ”produttore” sel’apparecchiatura reca il marchio del produttore a norma delpunto 1;3) importa o immette per primo, nel territorio nazionale,apparecchiature elettriche ed elettroniche nell’ambito diun’attività professionale e ne opera la commercializzazione,anche mediante vendita a distanza;4) per le sole apparecchiature elettriche ed elettronichedestinate esclusivamente all’esportazione, il produtto­re è considerato tale ai fini degli articoli 4, 13 e 14. Aifini del presente decreto non è considerato produttore chifornisce finanziamenti esclusivamente sulla base o a normadi un accordo finanziario, salvo che agisca in qualità diproduttore ai sensi dei punti 1), 2) e 3)»

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ro 4), D.Lgs. n. 151/2005 (che definisce il“produttore” delle apparecchiature elettri­che ed elettroniche ai fini dell’applicazionedegli obblighi stabiliti dal decreto legislati­vo), sostituendo le parole «chi produce ap­parecchiature elettriche ed elettroniche desti­nate esclusivamente all’esportazione è pro­duttore solo ai fini degli articoli 4, 13 e 14»con «per le sole apparecchiature elettriche edelettroniche destinate esclusivamente al­l’esportazione, il produttore è considerato ta­

le ai fini degli articoli 4, 13 e 14 (…)».La modifica normativa chiarisce che per leapparecchiature destinate al mercato estero iproduttori non sono tenuti agli adempimentistabiliti dal D.Lgs. n. 151/2005[4], ad eccezio­ne di quelli riguardanti la progettazione deiprodotti (art. 4), gli obblighi di informazione(art. 13) e l’iscrizione al registro nazionaleproduttori (art. 14). A questi prodotti si appli­cherà, comunque, la normativa dello Stato didestinazione. l

4) Sembra, dunque che i prodotti esportati non concorrano alla formazione dell’“immesso sul mercato” riferito a chi liproduce in Italia (che ha comunque l’obbligo di iscriversi al registro) e ciò rileva anche ai fini della responsabilità“collettiva” del produttore per i RAEE storici domestici; sui prodotti destinati al mercato estero non è, in particolare,applicabile il meccanismo di finanziamento delineato dall’art. 10, D.Lgs. n. 151/2005 per la gestione dei RAEE storicidomestici e, pertanto, non è ammessa l’applicazione della visibile fee. Questi prodotti saranno, semmai, sottoposti alregime di contribuzione stabilito nel Paese di destinazione in attuazione della direttiva 2002/96/CE.

LE MALATTIE PROFESSIONALI:I SOGGETTI PENALMENTE RESPONSABILIAggiornato con le recenti modifiche del diritto della prevenzione(legge 3 agosto 2007, n. 123 - Legge delega per il Testo unico dellasicurezza sul lavoro e circolare 24 novembre 2007, n. 14)

di G. Lageard e M. GebbiaIl volume è stato appositamente studiato per fornire una guida alla individuazionedei soggetti responsabili della sicurezza nell'ambito delle imprese.Il tema assume rilevanza centrale sia perché il dibattito giurisprudenziale è ancoralontano dal fornire indicazioni univoche in merito a tutta una serie di questionirilevanti, sia perché a incrementare e a rendere estremamente attuale il problemacontribuiscono le recenti modifiche del diritto della prevenzione (legge 3 agosto 2007n. 123 e circolare 24 novembre 2007, n. 14), che hanno esteso la responsabilitàdell'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, anche ai reati di omicidio colposo e lesionicolpose gravi e gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunisticheo di igiene sul lavoro.L'intento è quello di esaminare le problematiche sotto un profilo pragmatico, dedi-cando quindi attenzione prevalente agli orientamenti emersi dalla copiosa giurispru-denza e dalla prassi degli enti di controllo.

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L’ articolo 1 del decreto­legge 30 dicembre 2008, n. 208 ha stabilito un’ulteriore prorogaalle Autorità di bacino di rilievo nazionale, protraendo così, di fatto, lo stato di precarietàche fino a ora ha caratterizzato una delicata materia quale è quella della tutela delle

risorse idriche e della difesa del suolo e rimandando ulteriormente la soluzione all’incertezza checaratterizza il difficile passaggio dal sistema della legge n. 183/1989 a quello immaginato (ma nonancora pienamente attuato) dal D.Lgs. n. 152/2006, limitandosi, ancora una volta, a dettare unasemplice proroga a tempo indeterminato.

l di Serena Corbetta, B&P avvocati

L’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.208 (recante «Misure straordinarie in materia dirisorse idriche e di protezione dell’ambiente») ha sta­bilito un’ulteriore proroga alle Autorità di bacinodirilievo nazionale, protraendo così, di fatto, lo statodi precarietà che fino a ora ha caratterizzato unadelicata materia quale è quella della tutela dellerisorse idriche e della difesa del suolo.È opportuno ricordare che le Autorità di bacino dirilievo nazionale furono istituite dalla legge 18maggio 1989, n. 183[1], la quale disponeva, all’ar­ticolo 12, che, all’interno di ciascun bacino idro­grafico, considerato come un «ecosistema unita-rio», fosse individuata, appunto, un’Autorità cheoperasse con lo scopo di assicurare:l la difesa del suolo;l il risanamento delle acque;l la fruizione e la gestione del patrimonio idri­

co per gli usi di razionale sviluppo economicoe sociale;

l la tutela degli aspetti ambientali a essi con­nessi.

Successivamente, la legge delega ambientale(legge n. 308/2004) aveva previsto una rivisi­tazione integrale della legge 18 maggio 1989, n.183, introducendo, in particolare, fra i criteridirettivi in materia, quello di conseguire la pienaoperatività degli organi amministrativi e tecnicipreposti alla tutela e al risanamento del suolo edel sottosuolo, superando la sovrapposizione trai diversi piani settoriali di rilievo ambientale ecoordinandoli con i piani urbanistici [art. 1,comma 9, lettera c), legge delega].Coerentemente con i predetti obiettivi, l'articolo63, comma 3, decreto legislativo 3 aprile 2006,n. 152 (meglio noto come “Codice dell’ambien­

l Proroghe. Il D.L. “congela” il processo innovativo abbozzato dal TUA

Autorità di bacino idrico:il nuovo rinvio dei terminiprolunga lo stato di precarietà

1) «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo» (in Gazzetta Ufficiale del 25 maggio 1989,n. 120).

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te”) soppresse, con decorrenza dal 30 aprile2006, le Autorità di bacino.A distanza di pochi mesi, il primo decreto “corret­tivo” del Codice (D.Lgs. n. 284/2006) ha proro­gato le Autorità di bacino «fino alla data di entratain vigore del decreto che definisca la disciplina deidistretti idrografici» (lo stabilisce il nuovo comma2­bis introdotto nell’articolo 170, D.Lgs. n. 152/2006).Questa normademandava, dunque, a unodei decreti “correttivi” da adottarsi entro due annidalla entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006(vale a dire, entro il 29 aprile 2008) la disciplinadelle Autorità di bacino, al dichiarato fine di evita­re un vuoto normativo e di assicurare «la continui-tà e funzionalità dell’esercizio delle delicate funzionidi alcuni organismi istituzionali operanti nel siste-ma della tutela ambientale».Essendo inutilmente decorso il predetto termi­ne, l’art. 1, D.L. n. 208/2008, proroga nuova­mente le Autorità di bacino «fino all’entrata invigore del Decreto del Presidente del Consiglio deiMinistri, di cui al comma 2 dell’articolo 63 delD.lgs. 152/2006»[2].Tenendo conto dell’inevitabile situazione di in­certezza derivatane, la suddetta disposizione ­analogamente all’art. 1, comma 4, del D.Lgs.284/2006 ­ prevede un regime transitorio inforza del quale sono fatti salvi gli atti posti inessere dalle Autorità di bacino dal 30 aprile2006. In più, rispetto alla precedente prorogadisposta dal D.Lgs. n. 284/2006, il D.L. n. 208/2008 stabilisce che le Autorità di bacino dirilievo nazionale restano escluse dall’applicazio­

ne dell’articolo 74, D.L. 25 giugno 2008, n.112, così come convertito con modifiche dallalegge 6 agosto 2008, n. 133. In particolare, essenon saranno soggette:l al ridimensionamento degli assetti organizza­

tivi esistenti;l alla riduzione del personale;l alla rideterminazione delle dotazioni organi­

che ivi previste,fermo restando comunque il rispetto degli obiettivigenerali di efficienza, razionalità ed economicità.

ConclusioniÈ appena il caso di osservare come il D.L. n. 208/2008, lungi dal risolvere la già protratta situazionedi incertezza che caratterizza il difficile passaggiodal sistema della legge n. 183/1989 a quello im­maginato (ma non ancora pienamente attuato) dalD.Lgs n. 152/2006, si limiti ancora una volta adettare una semplice proroga a tempo indetermi­nato delle Autorità di bacino, in questo modo con­traddicendo, peraltro, la condivisibile constatazio­ne riportatanelpreambolodeldecreto stesso, incuiviene dato atto della «straordinaria necessità e ur-genza di porre rimedio alla frammentarietà e allalacunosità del quadro normativo necessario per fron-teggiare le emergenze nel settore delle risorse idriche»e del fatto che «non risulta ulteriormente prorogabilel’attuale sospensione dell’attività delle Autorità di ba-cino e che va convalidata l’attività posta in essere dallestesse e disciplinato il periodo di transizione sinoall'adozione della nuova normativa prevista dal de-creto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». l

2) Si rileva, peraltro, che il citato articolo 63, comma 2, mai formalmente abrogato, stabilisce che il D.P.C.M. in questioneavrebbe dovuto essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte III del D.Lgs. n. 152/2006, edefinire i criteri e le modalità per l’attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie,salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.

Tabella 1

• Confronto D.Lgs. n. 152/2006­D.L. n. 208/2008

Art. 170, comma 2­bis, D.Lgs. n. 152/2006(come modificato dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 284/2006)

Art. 1, comma 1, D.L. n. 208/2008

«Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo IIdella Parte Terza del presente decreto e della revisione della relativadisciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autoritàdi bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sonoprorogate fino alla data di entrata in vigore del decretocorrettivo che, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della legge n.308/2004, definisca la relativa disciplina.»

«Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo IIdella Parte Terza del presente decreto e della eventuale revisionedella relativa disciplina legislativa, le Autorità di bacino di cui allalegge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla datadi entrata in vigore del decreto del Presidente del Consigliodei Ministri di cui al comma 2 dell'articolo 63 del presentedecreto.»

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AMBIENTE E RISORSEArticolo

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N ella convinzione che, in assenza di uno standard normativo minimo o di un consolidatoacquis comunitario relativo ai reati ambientali, soltanto l’introduzione di sanzioni penalipossa assolvere a un grado sufficiente di deterrenza, in maniera ben più pregnante e

qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori propri deldiritto civile, è stata pubblicata la direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del19 novembre 2008, al fine di ottenere che gli Stati membri introducano, nel proprio diritto penaleinterno, disposizioni che possano garantire una più efficace tutela dell’ambiente. I reatisanzionabili coprono un vasto “ventaglio”, andando dallo scarico, l’emissione o l’immissioneilleciti nell’aria, nel suolo o nelle acque, di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti, finoalla produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze cheriducano lo strato di ozono.

l di Angelo Merlin, avvocato, NCTM Studio Legale Associato, vice-presidente ASSORECA

Nella G.U.C.E. L del 6 dicembre 2008, n.328, è stata pubblicata la direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consi­glio del 19 novembre 2008 con l’obiettivodichiarato di ottenere che gli Stati membriintroducano, nel proprio diritto penale inter­no, disposizioni che possano garantire unapiù efficace tutela dell’ambiente (si veda ilconsiderando 14 e l’art. 1).La direttiva è stata emanata sulla convinzio­ne che, in assenza di uno standard normati­vo minimo (infatti, dagli studi svolti dallaCommissione[1] è emerso come sussistanoampie disparità tra gli Stati membri nella

definizione dei reati ambientali e come inmolti di essi i livelli delle sanzioni sianoinsufficienti) o di un consolidato acquis co­munitario[2] relativo ai reati ambientali, sol-tanto l’introduzione di sanzioni penalipossa assolvere a un grado sufficientedi deterrenza, in maniera ben più pre-gnante e qualitativamente diversa ri-spetto alle sanzioni amministrative o aimeccanismi risarcitori propri del dirittocivile.Questo “salto metodologico” sulla strada dellaeffettività della tutela penale[3] è stato resopossibile anche a seguito di due innovative

l Il provvedimento fa seguito anche a due sentenze della Corte di Giustizia

La tutela penale dell’ambientenella direttiva 2008/99/CE

1) I principali studi su questo tema possono essere consultati sul sito web della DG Ambiente al seguente indirizzohttp://ec.europa.eu/environment/crime/index.htm#studies.

2) Insieme dei diritti e degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membridell’Unione europea e che devono essere accolti senza riserve dai paesi che vogliano entrare a farne parte (dahttp://it.wikipedia.org/wiki/Acquis_comunitario).

3) Si veda A. Montagna, I crimini ambientali, relazione tenuta presso il Consiglio Superiore della Magistratura a Roma il2-4 luglio 2008, pag. 44, www.csm.it/.

Il testo integrale della

direttiva 2008/99/CE

del Parlamento

Europeo e del Consiglio

del 19 novembre 2008

è disponibile

nella sezione

“Documentazione

integrativa” del sito

www.ambientesicu­

rezza.ilsole24ore.com

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sentenze della Corte di Giustizia[4] che hannoesplicitamente riconosciuto la competenzadella Comunità europea ad adottare disposi­zioni che possano recare, per gli Stati membri,l’obbligo di “incriminare” determinate con­dotte laddove ciò si riveli necessario ad assi­curare l’efficacia delle disposizioni adottatenell’ambito delle politiche, come quella am­bientale, rientranti nel suo ambito di compe­tenze, ai sensi del Trattato istitutivo dellaCommissione europea.Pur confermando il tradizionale e consolidatoprincipio in forza del quale, in linea generale,«la legislazione penale e le regole di procedurapenale non rientrano tra le competenze comuni­tarie», la Corte ha affermato, nelle due citateoccasioni, che questa constatazione non po­trebbe precludere alla legislazione comunita­ria ­ quando l’applicazione di sanzioni penalieffettive, proporzionate e dissuasive da partedelle autorità nazionali competenti costitui­sca una misura «indispensabile» per lottarecontro i comportamenti gravemente pregiudi­zievoli per l’ambiente ­ di adottare misurecollegate al diritto penale degli Stati membri eche siano considerate «necessarie» per garan­tire la piena efficacia delle norme che essovenga a emanare in materia di protezionedell’ambiente.La direttiva in commento risulta inserita in uncontesto di strumenti internazionali tra i qualiva ricordata la Convenzione di Basilea sulmovimento transfrontaliero di rifiuti; inol­tre, i crimini ambientali risultano inclusi sianella lista dei reati per i quali può essereemesso il mandato di arresto europeo (de­cisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002,n. 2002/584/GAI) sia in quella relativa al-l’esecuzione nell’Unione europea deiprovvedimenti di blocco dei beni o di se-questro probatorio (decisione quadro delConsiglio 22 luglio 2003, 2003/577/GAI).

Si tratta, altresì, di crimini per i quali Europoled Eurojust possono attivare le proprie com­petenze nei casi in cui le investigazioni coin­volgano più paesi dell’Unione europea.

Le violazioni che gli Stati membridovranno considerare reatiLa direttiva contiene, all’articolo 3, un elencodi nove tipi di comportamenti illeciti[5] chedovranno essere considerati reati da partedegli Stati membri, allorché vengano posti inessere intenzionalmente (cioè con coscienzae volontà) o con grave negligenza:l lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti

nell’aria, nel suolo o nelle acque, di unquantitativo di sostanze o radiazioni ioniz­zanti che provochino o possano provocareil decesso o lesioni gravi alle persone odanni rilevanti alla qualità dell’aria, delsuolo, delle acque, della flora, della fauna;

l la raccolta, il trasporto, il recupero o losmaltimento di rifiuti, comprese la sorve­glianza di queste operazioni e il controllodei siti di smaltimento successivo alla lorochiusura, nonchè l’attività di gestione dirifiuti effettuata dal commerciante o inter­mediario che provochino o possano provo­care il decesso o lesioni gravi alle persone odanni rilevanti alla qualità dell’aria, delsuolo, delle acque, della flora, della fauna;

l la spedizione di rifiuti transfrontalieri effet­tuata in quantità non trascurabile inun’unica operazione o in più operazioniche risultino fra di loro connesse;

l l’esercizio di un impianto in cui sono svolteattività pericolose o nelle quali siano depo­sitate sostanze o preparati pericolosi cheprovochino o possano provocare il decessoo lesioni gravi alle persone o danni rilevan­ti alla qualità dell’aria, del suolo, delle ac­que, della flora, della fauna;

l la fabbricazione, il trattamento, il deposito,

4) Si vedano le sentenze: Corte di Giustizia delle Comunità europee, grande sezione, 13 settembre 2005, causa C-176/03,con la quale è stata annullata la decisione quadro relativa alla protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale(2003/80/GAI), affermando che la Comunità, anche se non dispone si una competenza normativa “generale” in materiapenale, può adottare provvedimenti finalizzati al riavvicinamento delle legislazioni penali nazionali in materia diambiente, ove ciò risulti necessario a garantire piena efficienza al diritto comunitario; Corte di Giustizia delle Comunitàeuropee, grande sezione, 23 ottobre 2007, causa C-440/05, per l’annullamento della decisione quadro 2005/667/GAI intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell’inquinamento provocato dalle navi.

5) Cioè in violazione: (1) di una delle 69 direttive comunitarie emanate a protezione dell’ambiente e adottate in base alTrattato CE, dettagliatamente elencate nell’Allegato A; (2) delle attivita previste nel Trattato Euratom e delle 3 direttiveadottate in base al trattato Euratom ed elencate nell’Allegato B; (3) di un atto legislativo, un regolamento o una decisioneadottata da una autorità competente di uno Stato membro che dia attuazione alla legislazione comunitaria indicata aipunti (1) e (2).

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l’uso, il trasporto, l’esportazione o l’impor­tazione di materiali nucleari o di altre so­stanze radioattive pericolose che provochi­no o possano provocare il decesso o lesionigravi alle persone o danni rilevanti allaqualità dell’aria, del suolo, delle acque, del­la flora, della fauna;

l l’uccisione, la distruzione, il possesso o ilprelievo di quantità non trascurabili di spe­cie animali o vegetali selvatiche protette;

l il commercio di quantità non trascurabili diesemplari di specie animali o vegetali sel­vatiche protette o di parti di esse o di pro­dotti derivati;

l il significativo deterioramento di un habi­tat all’interno di un sito protetto;

l la produzione, l’importazione, l’esportazio­ne, l’immissione sul mercato o l’uso di so­stanze che riducano lo strato di ozono.

Gli Stati membri dovranno considerare reatianche il favoreggiamento e l’istigazione acommettere dolosamente i sopraindicati com­portamenti (art. 4).L’intervento penale “minimo” (considerando12) che la direttiva richiede agli Stati membrisi presenta modulato:l sia sulla tutela della persona, nella misu­

ra in cui il comportamento illecito è idoneoa provocare il decesso o le lesioni gravi deisingoli;

l sia sulla tutela del “bene ambiente”, lad­dove si richieda che la condotta illecitaabbia provocato un danno rilevante allecomponenti naturali dell’ambiente.

La tecnica di incriminazione prescelta in sedecomunitaria, con riferimento alla tuteladell’integrità fisica, si espone a tutte quellecritiche avanzate da autorevole dottrina sulledifficoltà probatorie, che rischiano di paraliz­zare dal punto di vista processuale la tutelapenale, inerenti al rapporto di causalità[6].In particolare, viene evidenziato come nelsettore dell’esposizione alle sostanze inqui­nanti immesse nell’ambiente il «diritto penalenon funziona per la impossibilità di provare lacausa individuale», essendo, normalmente,impraticabile l’utilizzazione di un concetto di

causa generale o di idoneità causale o, ancora,di aumento del rischio, in sostituzione dellaconditio sine qua non a cui è pervenuta lagiurisprudenza[7].Per il diritto penale occorre stabilire che lostato fisico di una specifica persona è statocausato da una specifica sostanza e che questacondotta va ascritta a quello specifico soggetto;il che significa, a differenza delle scienze me­diche e naturali ­ le quali possono muoversiutilizzando parametri di “sufficienza”, “proba­bilità”, “possibilità”, “idoneità” ­ che il dirittopenale, essendo chiamato a emettere un giu­dizio di responsabilità attraverso la dimostra­zione del nesso causale, necessita di meto­dologie che non ammettono margini di oscil­lazione[8].Ben difficilmente i risultati delle scienze me­diche ­ non tradotti in leggi scientifiche dicopertura ­ potranno essere utilizzati per spie­gare il nesso causale. Ciò non toglie che resi­duino casi in cui la dimostrazione tra esposi­zione alla sostanza inquinante e danni allasalute potrebbe essere di più facile dimostra­zione, sulla base di rilevazioni medico­scienti­fiche[9], senza per questo legittimare il model­lo (difficilmente accettabile) di sostituzionedell’evento con il rischio[10]. La materia è, co­munque, altamente problematica e mette indiscussione la razionale capacità del dirittopenale di affrontare situazione di questo tipo,caratteristiche della cosiddetta “società del ri­schio”.Per ciò che, invece, concerne l’inquinamentodelle singole matrici ambientali (aria, suolo,acque, flora, fauna) non sembra sussistanoparticolari difficoltà nel sostenere che ognisingolo sversamento o immissione producanoun danno alle stesse.La direttiva in commento prevede che si deb­ba utilizzare la sanzione criminale solo in casidi “danni rilevanti” alle singole matrici am­bientali. Ciò rimanda ad altre questioni (quan­do il danno può dirsi “rilevante”? La “rilevan­za” va rapportata alle condizioni generali del­l’ambiente, oppure con riferimento alla

6) A. Manna, Struttura e funzione dell’illecito penale. Le caratteristiche della normativa sovranazionale, in Relazioneall’incontro tenutosi al CSM dal titolo “La tutela penale dell’ambiente”, Palermo, 5 Giugno 2004, in www.csm.it/.

7) Si veda F. Stella, Giustizia e modernità, Giuffrè, 2003, pagg. 353 e 354.8) Si veda F. Stella, Giustizia e modernità, cit., pag. 228 e segg.9) E. Lo Monte, Diritto penale e tutela dell’ambiente. Tra esigenze di effettività e simbolismo evolutivo, Giuffrè, 2004,

pag. 255.10)A. Alessandri, Attività d’impresa e responsabilità penali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2005, 2, 534.

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determinata zona in cui si è verificato l’even­to?) che, insieme ad altre (ad es. l’inserimentoo meno delle disposizioni incriminatrici intema di reati ambientali nel sistema del codi­ce penale), andranno risolte dallo Stato italia­no all’atto della formulazione delle singolefattispecie in sede di recepimento della diret­tiva, così come il tipo e il livello delle sanzionipenali applicabili in funzione dei danni chequesti reati abbiano cagionato alla qualitàdelle matrici ambientali o alle persone.La direttiva, su questo aspetto, ha solamentestabilito che le sanzioni penali dovranno esse­re «efficaci, proporzionate e dissuasive» (siveda oltre), non avendo competenza la Co­munità nella determinazione del tipo e dellivello delle sanzioni applicabili[11].Si ricorda, inoltre, che la direttiva «non puòavere l’effetto, di per sè ed indipendentemente dauna norma giuridica di uno Stato membro adot­tata per la sua attuazione, di determinare o diaggravare la responsabilità penale di coloro cheagiscono in violazione delle sue disposizioni»[12].

La responsabilitàdelle persone giuridicheLa direttiva 2008/99/CE introduce, all’art. 6,la corporate liability, vincolando gli Statimembri a prevedere sanzioni «efficaci, propor­zionate e dissuasive» (art. 7) in capo alle perso­ne giuridiche[13] per le ipotesi di realizzazione(nonchè di agevolazione o istigazione), a lorovantaggio e da parte di qualsiasi soggetto cheagisca individualmente o in quanto parte di unorgano dell’ente ­ il quale detenga una posizio­ne preminente in seno alla stessa basata «sulpotere di rappresentanza della persona giuridicao sul potere di prendere decisioni per conto dellapersona giuridica, o sul potere di esercizio delcontrollo in seno a tale persona giuridica» ­ deireati indicati agli artt. 3 e 4.Il secondo comma dell’art.6 introduce, altresì,una responsabilità da reato dell’ente «per ca­renza di sorveglianza o controllo» da parte diuno dei soggetti aventi la posizione preminen­

te sopracitata, che abbia reso possibile la per­petrazione dei suddetti reati a vantaggio dellapersona giuridica da parte di una personasoggetta alla sua autorità.Il comma 3 dell’art. 6 precisa come la respon­sabilità dell’ente non escluda l’azione penalenei confronti delle persone fisiche che sianoautori, incitatori o complici dei reati di cui agliartt. 3 e 4.L’opzione adottata in sede comunitaria, di pre­vedere in materia ambientale ipotesi di respon­sabilità da reato per le persone giuridiche, rap­presenta una scelta dall’indubbia valenzaeuristica, nonchè programmatica[14].Non vi è alcun dubbio che il diritto penale“individuale” abbia subito, nel corso degli an­ni significativi aggiramenti.Nel settore del diritto penale dell’ambiente si èassistito alla diffusione di sanzioni pecuniarieparticolarmente elevate e di invasive sanzioniinterdittive accessorie (chiusura di stabilimenti,interdizioni dallo svolgimento di una attività,ecc.) che restituiscono l’immagine di un sistemache, pur “parlando” formalmente in direzionedella persona fisica, si rivolge alla societas.Quindi, il coinvolgimento delle persone giuri­diche nella materia ambientale è reclamatadalla stessa “natura delle cose”; in altri termini,sono le persone giuridiche ­ gli enti economiciche svolgono attività industriale ­ i veri sog­getti attivi nel cui interesse vengono colposa­mente o dolosamente compiute le aggressioniall’ambiente; sono ancora le persone giuridi­che i soggetti destinatari dei provvedimentidella PA di “fare” o di “non fare”, soprattuttoquando comportano l’impiego di risorse eco­nomiche che solo la persona giuridica è ingrado di sopportare[15].Nel sistema giuridico italiano l’introduzionedella responsabilità da reato delle personegiuridiche è avvenuta con il decreto legislati­vo 8 giugno 2001, n. 231 in attuazione dellalegge delega 29 settembre 2000, n. 300.La previsione della legge delega [art. 11 com­ma 1, lettera d)] di estendere la responsabilità

11)Si veda la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, grande sezione, 23 ottobre 2007, causa C­440/05,che nega alla Comunità il potere di definire la tipologia e la misura delle pene attraverso atti normativi vincolanti inossequio al principio di legalità nazionale e ai principi comunitari di proporzione e sussidiarietà.

12)Si veda la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 11 novembre 2004, causa C­457/02.13)Nozione che include espressamente un rinvio recettizio alla qualifica e alla disciplina della personalità giuridica degli

ordinamenti interni [art. 2, lettera d)].14)Si veda A. Manna, Struttura e funzione dell’illecito penale. Le caratteristiche della normativa sovranazionale, cit.15)Si veda G. Azzali, La tutela penale dell’ambiente. Una indagine di diritto comparato, Cedam, 2001, pag. 367.

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da reato anche ai reati in materia di tuteladell’ambiente e del territorio, che siano puni­bili con una pena detentiva non inferiore nelmassimo a un anno anche se alternativa allapena pecuniaria, non è stata rispettata dalLegislatore delegato che ha preferito, perlo­meno inizialmente, operare un taglio sul cata­logo dei reati presupposti limitando l’operati­vità della legge ad altri settori.Questa importante mutilazione, che ha sensi­bilmente svilito l’impatto non soltanto quanti­tativo, ma anche qualitativo, della riforma, èstato giustificato dal Governo con l’opportuni­tà di favorire un radicamento progressivo del­la cultura della legalità all’interno delle impre­se che, ove imposto con riferimento all’interaorbita dei reati contemplati dalla delega,avrebbe potuto provocare non trascurabilidifficoltà di adattamento. Una ragione diequilibrio, dunque, sarebbe stata alla basedell’autoriduzione del numero degli illeciti.Allo stato l’unico richiamo alla responsabilitàdell’ente sul tema dell’ambiente sembra esserequello contenuto al comma 4 dell’art. 192 delD.Lgs. n. 152/2006 che, tuttavia, oltre a limi­tare il riferimento agli amministratori o rappre­sentanti delle persone giuridiche, sembrereb­be far espresso riferimento unicamente allaprevisione del comma 3 dell’art. 192 citato,che ha per oggetto gli obblighi di rimozione deirifiuti nel caso di abbandono incontrollato[16].Ora, il Legislatore italiano dovrà ­ entro il 26dicembre 2010 ­ prevedere l’espansione del­la responsabiltà penale degli enti anche aireati ambientali che saranno introdotti nelnostro sistema giuridico.

Ed anche per le persone giuridiche lo Statodovrà introdurre sanzioni efficaci, propor-zionate e dissuasive (art. 7).Quasi certamente l’ossatura delle sanzioni sirifarà a quella predisposta dal D.Lgs. n. 231/2001 che individua ­ essenzialmente ­ unsistema binario imperniato sulla distinzionetra sanzioni pecuniarie e sanzioni interdittive,situandosi al di fuori di questo perimetro laconfisca e la pubblicazione della sentenza dicondanna.

ConclusioniLa direttiva 2008/99/CE segna un profondocambiamento che subisce il sistema delle fontinormative del diritto penale ambientale, isti­tuendo un livello minimo di armonizzazione inrelazione alle attività che devono essere consi­derate reati e un sistema di responsabilità pe­nale simile per tutte le persone giuridiche; essafaciliterà, inoltre, la cooperazione tra gli Statimembri in tutti i casi in cui il reato ambientaleabbia implicazioni transfrontaliere.Può essere condivisibile che, a fronte di graviviolazioni che si traducono in un’offesa a benigiuridici di rilevante significatività (come lasalute e l’ambiente), debba essere attivato lostrumento del diritto penale, soprattutto conriferimento alla responsabilità delle personegiuridiche, anche se, nello specifico settoredella protezione dell’ambiente, qualunque in­tervento esclusivamente repressivo svolgeràsempre un ruolo marginale se non si verifi­cherà quella «conversione delle coscienze» ingrado di «rovesciare l’imperversante culturadella morte nell’etica della vita»[17]. l

16)Si veda la sentenza della Cassazione sez. III penale, 6 novembre 2008 (udienza 7 ottobre 2008), n. 41329.17)F. Mantovani, Criminalità sommergente e cecità politico­criminale. (Segni anch’essi di una civiltà decadente?), in Riv.

it .dir. proc. pen., 1999, pag. 1246.

Norme, progetti, appalti, mercati.

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LEGISLAZIONE

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RASSEGNA DI LEGISLAZIONEa cura di Sabrina Apicella, avvocato, NCTM Studio Legale Associato

l EUROPA

Enzimi, additivie aromi alimentariRegolamento (CE)del Parlamento europeoe del Consiglio16 dicembre 2008, n. 1331/2008

«Regolamento (CE) n. 1331/2008 del Parla-mento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre2008, che istituisce una procedura uniforme diautorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gliaromi alimentari» (G.U.C.E. L del 31 dicembre2008, n. 354)

Il regolamento ha stabilito una procedura unifor­me per la valutazione e l’autorizzazione degli addi­tivi alimentari, degli enzimi alimentari, degli aromialimentari e dei materiali di base di aromi alimen­tari, nonché dei materiali di base di ingredientialimentari con proprietà aromatizzanti, utilizzati odestinati a essere utilizzati nei o sui prodotti ali­mentari, così da contribuire, non solo alla liberacircolazione degli alimenti nella Comunità, ma an­che a elevare il livello di tutela della salute umana edi protezione dei consumatori, compresa la tuteladei loro interessi.Sono esclusi dalla normativa gli aromatizzanti diaffumicatura che rientrano, invece, nell’ambito diapplicazione del regolamento (CE) del Parlamentoeuropeo e del Consiglio 10 novembre 2003, n.2065/2003, relativo agli aromatizzanti di affumi­catura utilizzati o destinati a essere utilizzati negli osugli alimenti.Il provvedimento ha previsto che ­ nel quadro diciascuna legislazione alimentare settoriale ­ le so­stanze di cui è autorizzata l’immissione sul mercatonella Comunità siano inserite in un apposito elencoil cui contenuto è definito da questa legislazione(«elenco comunitario»), aggiornato dalla Commis­sione, nonché pubblicato nella Gazzetta Ufficialedell’Unione europea.La procedura uniforme che porta all’aggiornamen­to dell’elenco comunitario potrà essere avviata suiniziativa della Commissione o a seguito di unaapposita domanda presentata da uno Stato mem­

bro o da una persona interessata («richiedente»). Inogni caso, dovrà essere preventivamente richiestoil parere della Autorità europea per la sicurezzaalimentare, che dovrà esprimersi entro nove mesidal ricevimento della domanda. A seguire, la Com­missione provvederà ad adottare un apposito rego­lamento con il quale aggiornare l’elenco comunita­rio.Il provvedimento troverà applicazione per ognilegislazione alimentare settoriale, a decorrere dalladata di applicazione delle misure di attuazione chedovranno essere individuate dalla Commissione(art. 9) relativamente a:l il contenuto, la redazione e la presentazione

della domanda;l le modalità di controllo;l la natura delle informazioni che devono figura­

re nel parere dell’Autorità.

Regolamento (CE)del Parlamento europeoe del Consiglio16 dicembre 2008, n. 1332/2008

«Regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parla-mento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre2008, relativo agli enzimi alimentari e che modi-fica la direttiva 83/417/CEE del Consiglio, il re-golamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, ladirettiva 2000/13/CE, la direttiva 2001/112/CEdel Consiglio e il regolamento (CE) n. 258/97»(G.U.C.E. L del 31 dicembre 2008, n. 354)

Il regolamento ha stabilito alcune norme per disci­plinare gli enzimi alimentari utilizzati negli alimen­ti, compresi gli enzimi utilizzati come coadiuvantitecnologici, al fine di assicurare l’efficace funziona­mento del mercato interno, garantendo al contem­po un elevato livello di tutela della salute umana edi protezione dei consumatori, comprese la tuteladei loro interessi e le prassi leali nel commercioalimentare.A tali fini, il nuovo regolamento ha previsto:l un elenco comunitario degli enzimi alimentari

autorizzati (gli unici che possono essere immes­si sul mercato in quanto tali e utilizzati neglialimenti);

Testo disponibileon-line nella sezione”Notizie normative”del sitowww.ambienteesicu­

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l le condizioni per l’uso degli enzimi alimentarinegli alimenti;

l le norme relative all’etichettatura degli enzimialimentari commercializzati come tali.

Il provvedimento ha previsto l’esplicito divieto diimmettere sul mercato enzimi alimentari o alimen­ti nei quali sia stato impiegato un enzima alimenta­re, qualora l’impiego dello stesso non sia conformeal nuovo provvedimento comunitario e alle relati­ve misure di attuazione.A tal fine, è precisato che un enzima alimentarepuò essere incluso nell’elenco comunitario sola­mente se soddisfa le condizioni che seguono:l sulla base dei dati scientifici disponibili, il tipo

d’impiego proposto non pone problemi di sicu­rezza per la salute dei consumatori;

l il suo impiego risponde ragionevolmente a unanecessità tecnologica;

l il suo impiego non induce in errore i consumatori.Un enzima che soddisfa le condizioni dei puntiriportati sopra può essere incluso, quindi, nel­l’elenco comunitario secondo la procedura di cui alregolamento (CE) n. 1331/2008, previa presenta­zione di una apposita domanda e successivo parereda parte dell’Autorità europea per la sicurezzaalimentare.Per ogni enzima alimentare incluso nell’elenco co­munitario dovranno essere indicati:l la sua denominazione;l le sue caratteristiche specifiche, compresi l’ori­

gine, i criteri di purezza e ogni altra informazio­ne necessaria;

l gli alimenti ai quali esso può essere aggiunto;l le condizioni del suo impiego;l se del caso, le eventuali restrizioni alla sua ven­

dita diretta ai consumatori finali;l se necessario, le prescrizioni particolari relative

all’etichettatura dell’alimento in cui l’enzima ali­mentare è stato impiegato, affinché i consuma­tori finali siano informati della condizione fisicadell’alimento o del trattamento specifico cheesso ha subito.

Il nuovo regolamento è entrato in vigore il ventesi­mo giorno successivo alla sua pubblicazione nellaGazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il31 dicembre 2008.In ogni caso, è previsto che, sino a quando non saràdata attuazione all’elenco comunitario, continue­ranno a trovare applicazione negli Stati membri ledisposizioni nazionali già in vigore riguardanti l’im­missione sul mercato e l’utilizzo degli enzimi ali­

mentari e degli alimenti prodotti con enzimi ali­mentari.

Regolamento (CE)del Parlamento europeoe del Consiglio16 dicembre 2008, n. 1333/2008

«Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parla-mento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre2008, relativo agli additivi alimentari» (G.U.C.E.L del 31 dicembre 2008, n. 354)

Il regolamento ha dettato alcune apposite normeper quanto concerne gli additivi alimentari utiliz­zati negli alimenti, al fine di assicurare un efficacefunzionamento del mercato interno, garantendo alcontempo un elevato livello di tutela della saluteumana e di protezione dei consumatori, compresela tutela dei loro interessi e le prassi leali nel com­mercio degli alimenti.A tal fine, il nuovo regolamento ha previsto:l gli elenchi comunitari degli additivi alimentari

autorizzati, figuranti negli Allegati II e III alprovvedimento;

l le condizioni d’uso degli additivi negli alimenti,anche negli additivi alimentari, e negli enzimialimentari contemplati dal regolamento (CE) n.1332/2008 e negli aromi alimentari contem­plati dal regolamento (CE) del Parlamento euro­peo e del Consiglio 16 dicembre 2008, n.1334/2008;

l le norme relative all’etichettatura degli additivialimentari commercializzati come tali.

Il provvedimento ha specificamente previsto che so­lamente gli additivi alimentari inclusi nell’elenco co­munitario di cui all’Allegato II e III possano essereimmessi sul mercato in quanto tali e utilizzati neglialimenti alle condizioni d’impiego specificate.A tal fine, un additivo alimentare può essere inclu­so negli elenchi comunitari degli Allegati II e IIIsolo qualora soddisfi le condizioni che seguono:l sulla base dei dati scientifici disponibili, il tipo

d’impiego proposto non pone problemi di sicu­rezza per la salute dei consumatori;

l il suo impiego può essere ragionevolmente con­siderato una necessità tecnica che non può esse­re soddisfatta con altri mezzi economicamentee tecnologicamente praticabili e il suo impiegonon induce in errore i consumatori.

Inoltre, per essere incluso negli elenchi comunitari

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degli Allegati II e III, un additivo alimentare devepresentare vantaggi e benefici per i consumatori e,quindi, contribuire al raggiungimento di uno o piùdei seguenti obiettivi:l conservare la qualità nutrizionale degli alimenti;l fornire gli ingredienti o i costituenti necessari

per la fabbricazione di alimenti destinati a con­sumatori con esigenze dietetiche particolari;

l accrescere la capacità di conservazione o lastabilità di un alimento o migliorarne le proprie­tà organolettiche, a condizione di non alterarela natura, la sostanza o la qualità dell’alimentoin modo da indurre in errore i consumatori;

l contribuire alla fabbricazione, alla lavorazione,alla preparazione, al trattamento, all’imballag­gio, al trasporto o alla conservazione di alimen­ti, compresi gli additivi alimentari, gli enzimialimentari e gli aromi alimentari, a condizioneche l’additivo alimentare non sia utilizzato peroccultare gli effetti dell’impiego di materie pri­me difettose o di pratiche o di tecniche inappro­priate o non igieniche nel corso di una di questeoperazioni.

Il nuovo regolamento è entrato in vigore il ventesi­mo giorno successivo alla sua pubblicazione nellaGazzetta Ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il31 dicembre 2008 e, salvo alcune eccezioni debi­tamente previste al paragrafo 3, art. 35, dovràessere applicato a decorrere dal 20 gennaio 2010.

Regolamento (CE)del Parlamento europeoe del Consiglio16 dicembre 2008, n. 1334/2008

«Regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parla-mento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre2008, relativo agli aromi e ad alcuni ingredientialimentari con proprietà aromatizzanti destinatiad essere utilizzati negli e sugli alimenti e chemodifica il regolamento (CEE) n. 1601/91 delConsiglio, i regolamenti (CE) n. 2232/96 e (CE)n. 110/2008 e la direttiva 2000/13/CE»(G.U.C.E. L del 31 dicembre 2008, n. 354)

Il regolamento ha stabilito alcune particolari nor­me relativamente agli aromi e agli ingredienti ali­mentari con proprietà aromatizzanti destinati aessere utilizzati negli e sugli alimenti, al fine diassicurare l’efficace funzionamento del mercatointerno, garantendo al contempo un elevato livellodi tutela della salute umana e di protezione dei

consumatori, comprese la tutela dei loro interessi ele prassi leali nel commercio alimentare.A tali fini, il nuovo provvedimento ha previsto:l un elenco comunitario di aromi e di materiali di

base di cui è autorizzato l’utilizzo negli e suglialimenti, debitamente riportato nell’Allegato I;

l le condizioni per l’uso degli aromi e degli ingre­dienti alimentari con proprietà aromatizzantinegli e sugli alimenti;

l le norme relative all’etichettatura degli aromi.È stato specificamente previsto che possono essereutilizzati negli o sugli alimenti solo gli aromi o gliingredienti alimentari con proprietà aromatizzantiche soddisfano le seguenti condizioni:l in base ai dati scientifici disponibili non presen­

tano un rischio per la salute dei consumatori;l il loro uso non induce in errore il consumatore.Un aroma che soddisfa le condizioni di cui soprapotrà essere incluso, quindi, nell’elenco comunita­rio secondo la procedura di cui al regolamento(CE) n. 1331/2008 ed essere immesso sul merca­to nella sua forma originale o utilizzato negli o suglialimenti alle condizioni d’impiego specificate.Il regolamento è entrato in vigore il ventesimo gior­no successivo alla sua pubblicazione nella GazzettaUfficiale dell’Unione europea, avvenuta il 31 dicem­bre 2008 e troverà applicazione a decorrere dal 20gennaio 2011 (fatta eccezione per alcuni obblighi lacui applicazione varierà a seconda della data di ap­plicazione dell’elenco comunitario e per alcune di­sposizioni in materia di etichettatura).

Infrastrutture stradaliDirettiva 2008/114/CEdel Consiglio8 dicembre 2008

«Direttiva 2008/114/CE del Consiglio dell’8 di-cembre 2008, relativa alla individuazione e alladesignazione delle infrastrutture critiche euro-pee e alla valutazione della necessità di miglio-rarne la protezione» (G.U.C.E. L del 23 dicem-bre 2008, n. 345)

La direttiva ha stabilito, per ciascuno Stato mem­bro, una procedura di individuazione e di designa­zione delle infrastrutture critiche europee (“ECI”,definite dall’art. 2, paragrafo 1, lettera b), comequelle «infrastrutture critiche ubicate negli Statimembri il cui danneggiamento o la cui distruzione

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avrebbe un significativo impatto su almeno due Statimembri. La rilevanza dell’impatto è valutata in ter-mini intersettoriali. Sono compresi gli effetti derivantida dipendenze intersettoriali in relazione ad altri tipidi infrastrutture»), che permetta il delinearsi di unapproccio comune sulla valutazione della necessi­tà di migliorarne la protezione, contribuendo, così,alla tutela delle persone.Il provvedimento ha previsto l’obbligo, per ciascunStato membro, di individuare, secondo una appositaprocedura specificamente individuata nell’AllegatoIII alla direttiva, le potenziali ECI e ­ conseguente­mente ­ comunicare agli altri Statimembri cheposso­no essere interessati in modo significativo da unapotenziale ECI quale è l’infrastruttura in questione equali le ragioni per designarla come tale.La direttiva ha richiesto, inoltre, a ciascun Statomembro, di verificare l’eventuale esistenza perogni ECI di un “piano di sicurezza per gli operato­ri” (“PSO”) che individui gli elementi della ECI e lesoluzioni di sicurezza esistenti o in corso di attua­zione per la loro protezione. Qualora sia riscontra­ta l’inesistenza del PSO, è previsto che lo Statomembro adotti i provvedimenti opportuni per ac­certarsi che questo PSO sia predisposto.Il provvedimento ha previsto, infine, che ciascunoStato membro nomini un punto di contatto per laprotezione delle ECI (“punto di contatto PICE”), ilquale dovrà coordinare le questioni legate alla prote­zione delle ECI all’interno dello Stato membro congli altri Stati membri e con la Commissione.Il provvedimento è entrato in vigore il ventesimogiorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzet-ta Ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 23 di­cembre 2008, e gli Stati membri hanno temposino al 12 gennaio 2011 per adottare le misurenecessarie per conformarsi allo stesso.

Sostanze chimicheRegolamento (CE)del Parlamento europeoe del Consiglio16 dicembre 2008, n. 1272/2008

«Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parla-mento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre2008, relativo alla classificazione, all’etichetta-tura e all’imballaggio delle sostanze e delle mi-scele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al rego-

lamento (CE) n. 1907/2006» (G.U.C.E. L del 31dicembre 2008, n. 353)

Il regolamento è stato emanato al fine di elevare ilgrado di protezione della salute umana e dell’am­biente, nonché, di assicurare la libera circolazionedelle sostanze chimiche, delle loro miscele e dialcuni articoli specifici, rafforzando nel contempola competitività e l’innovazione.A tal fine, il provvedimento ha:l armonizzato i criteri per la classificazione delle

sostanze e delle miscele e le norme relativeall’etichettatura e all’imballaggio delle sostanzee delle miscele pericolose;

l prescritto:­ per i fabbricanti, gli importatori e gli utilizzato­ri a valle, l’obbligo di classificare le sostanze e lemiscele immesse sul mercato;­ per i fornitori, l’obbligo di etichettare e di imbal­lare le sostanze e le miscele immesse sul mercato;­ per i fabbricanti, i produttori di articoli e gliimportatori, l’obbligo di classificare le sostanzenon immesse sul mercato soggette all’obbligo diregistrazione o di notifica ai sensi del regola­mento (CE) n. 1907/2006 (REACH);

l prescritto l’obbligo per i fabbricanti e gli im­portatori di sostanze di notificare all’Agenziaeuropea per le sostanze chimiche queste clas­sificazioni ed elementi dell’etichettatura, qua­lora questi non siano stati comunicati al­l’Agenzia nelle domande di registrazione aisensi del regolamento (CE) n. 1907/2006(REACH);

l stabilito un elenco di sostanze con le rispettiveclassificazioni armonizzate e i rispettivi elemen­ti di etichettatura armonizzati a livello comuni­tario, figurante nell’Allegato VI, parte 3;

l istituito un inventario delle classificazioni edelle etichettature di sostanze, costituito datutte le notifiche, le registrazioni e le classifi­cazioni armonizzate e gli elementi di etichet­tatura armonizzati di cui ai precedenti duepunti.

Il provvedimento ha previsto l’esplicito obbligo,per i fabbricanti, gli importatori e gli utilizzatori avalle, di classificare le sostanze e le miscele, primadi immetterle sul mercato, in conformità delle pre­scrizioni di cui al Titolo II del regolamento. Inoltre,è stato specificato che, se una sostanza o una mi­scela è classificata come pericolosa, i fornitori deb­bono assicurare che la stessa sia etichettata e im­ballata conformemente ai Titoli III e IV del regola­mento, prima di essere immesse sul mercato.

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Inoltre, ciascuno Stato membro deve designarel’autorità o le autorità competenti alle quali spette­rà presentare le proposte di classificazione e dietichettatura armonizzate nonché le autorità allequali spetterà far rispettare gli obblighi prescrittidal regolamento. Inoltre, ciascuno Stato membrodovrà istituire servizi nazionali di assistenza tecni­ca per comunicare ai fabbricanti, agli importatori,ai distributori, agli utilizzatori a valle e a qualsiasialtro soggetto interessato, informazioni sulle re­sponsabilità e sugli obblighi rispettivi che competo­no loro in forza del regolamento.Infine, è richiesto a ciascun Stato membro di adot­tare ogni misura necessaria, compresa l’istituzionedi un sistema di controlli ufficiali, affinché nonsiano immesse sul mercato sostanze e miscele chenon siano state classificate, etichettate, notificate eimballate in conformità del regolamento.Ogni cinque anni, entro il 1° luglio, gli Stati membridovranno presentare all’Agenzia una relazione suirisultati dei controlli ufficiali e delle altre misure diattuazione adottate. La prima relazione dovrà es­sere presentata entro il 20 gennaio 2012 e la stessasarà poi trasmessa alla Commissione.Gli Stati membri dovranno stabilire, infine, qualisanzioni irrogare in caso di inosservanza del rego­lamento che, a loro volta, dovranno essere efficaci,proporzionate e dissuasive. Le disposizioni adotta­te dovranno esser comunicate alla Commissioneentro il 20 giugno 2010 e, a seguire, ogni successi­va modifica delle stesse.Il provvedimento ha disposto l’abrogazione delladirettiva 67/548/CEE (sulla «classificazione, im-ballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose»)e della direttiva 1999/45/CE (sulla «classificazio-ne, imballaggio ed etichettatura dei preparati perico-losi») con effetto dal 1° giugno 2015, prevedendo,comunque, delle disposizioni di natura transitoria.In particolare, ha previsto che:l sino al 1° dicembre 2010 le sostanze siano

classificate, etichettate e imballate in conformi­tà alla direttiva 67/548/CEE;

l sino al 1° giugno 2015 le miscele siano classifi­cate, etichettate e imballate in conformità alladirettiva 1999/45/CE;

l a decorrere dal 1° dicembre 2010 e sino al 1°giugno 2015 le sostanze siano classificate inconformità sia alla direttiva 67/548/CEE sia alnuovo regolamento e che siano, invece, etichet­tate e imballate conformemente a quest’ultimoprovvedimento.

Il regolamento è entrato in vigore il ventesimo gior­no successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta

Ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 31 dicem­bre 2008, con la precisazione, comunque, che iTitoli II (classificazione), III (etichettatura) e IV (im­ballaggio) del provvedimento troveranno applicazio­ne a decorrere dal 1° dicembre 2010 per le sostanze,mentre, per le miscele, dal 1° giugno 2015.

Direttiva n. 2009/2/CEdella Commissione15 gennaio 2009

Direttiva n. 2009/2/CE della Commissione15 gennaio 2009

La direttiva ha parzialmente modificato l’Allega­to I alla direttiva 67/548/CEE, che contienel’elenco delle sostanze pericolose, oltre che leinformazioni dettagliate sulla classificazione el’etichettatura di ognuna di esse, al fine di aggior­nare lo stesso con l’inserimento delle nuove so­stanze che sono state notificate e adeguarlo alprogresso tecnico per quanto concerne alcunevoci già esistenti.La direttiva ha previsto che ciascuno Stato mem­bro metta in vigore le disposizioni legislative, rego­lamentari e amministrative necessarie per confor­marsi alla direttiva entro il 1° giugno 2009, dando­ne pronta comunicazione alla Commissione.Il provvedimento comunitario entrerà in vigore ilventesimo giorno successivo alla sua pubblicazio­ne nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, av­venuta il 16 gennaio 2009.

l ITALIA

Latte crudoper alimentazioneOrdinanza del Ministerodel Lavoro, della Salutee delle Politiche sociali10 dicembre 2008

«Misure urgenti in materia di produzione, com-mercializzazione e vendita diretta di latte crudoper alimentazione umana» (in G.U. del 14 gen-naio 2009, n. 10)

Con l’ordinanza, il Ministero del Lavoro, della Salu­te e delle Politiche sociali ha dettato alcune disposi­zioni urgenti in materia di produzione e di com­

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mercializzazione di latte crudo destinato al consu­mo umano.In particolare ha previsto:l che le macchine erogatrici di latte crudo riportino

in rosso l’indicazione, chiaramente visibile, “pro­dotto da consumarsi dopo bollitura” e che la stes­sa sia apposta sul frontaledellamacchinaerogatri­ce e abbia caratteri di almeno quattro centimetri;

l che la data di scadenza del latte crudo, che deveessere indicata a cura del produttore, non superii tre giorni dalla data della messa a disposizionedel consumatore;

l il divieto di commercializzare latte crudoattraverso macchine erogatrici non rispon­denti ai predetti requisiti;

l che il responsabile della macchina erogatriceescluda la disponibilità di contenitori destinatial consumo in loco del prodotto;

l che in caso di cessione diretta di latte crudo dalproduttore al consumatore finale, il produttore informi ilconsumatore con idonei mezzi circa la necessitàdi consumare il latte previa bollitura;

l il divieto di somministrare latte crudo nell’ambi­to della ristorazione collettiva, comprese lemense scolastiche.

Il provvedimento, già pienamente operativo, avràvalidità sino al 14 gennaio 2011 (ovvero per venti­quattro mesi dalla data di pubblicazione in Gazzet-ta Ufficiale, avvenuta il 14 gennaio 2009). l

a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma

l EUROPA

ComunicazioninazionaliDecisione della Commissione2 dicembre 2008, n. 2009/10/CE

«Decisione della Commissione del 2 dicembre2008 n. 2009/10/CE che definisce un modelloper la comunicazione degli incidenti rilevanti aisensi della direttiva 96/82/CE del Consiglio sulcontrollo dei pericoli di incidenti rilevanti con-nessi con determinate sostanze pericolose»(G.U.C.E. L del 10 gennaio 2009, n. 6)

La decisione reca il contenuto minimo relativo alleinformazioni che gli Stati membri devono inviarealla Commissione CE in ipotesi di accadimento di unincidente rilevante ai sensi dell’art. 15, paragrafo 2,decisione n. 96/82/CE. Queste informazioni, defi­nite nell’Allegato alla decisione in oggetto, partonodalle notizie generali relative all’incidente (data, ora,autorità intervenute, attività industriale ecc.), per poiapprofondire la relazione sull’incidente (sez. II, Alle­gato), dagli eventuali effetti domino o trasfrontaliericagionati agli eventi principali scatenanti (rilascio digas/vapore, liquidi ecc.), dall’eventuale insorgenzadiincendio (in caso positivo con dovizia di particolari inmerito alla configurazione dello stesso ­ ad esempioconflagrazione, poll fire, jet flame ecc.) alle eventualiesplosioni, dagli effetti sui trasporti, ai particolari sul­l’impianto/processo presso il quale l’evento si è veri­

ficato, fino alle informazioni in merito alle sostanzepericolose coinvolte e, non ultimo, a una breve rela­zione (parte4, sez. II citata) sulle causedell’incidente(fattore umano, disfunzione organizzativa, fattori/guasti esterni) e le conseguenze cagionate, sia intermini di danni alle cose chealle persone cheall’am­biente (ecosistemi coinvolti ecc.) e relativi costi. L’ulti­ma parte della comunicazione dovrà riferirsi allemodalità di risposta all’emergenza (sia interna cheesterna allo stabilimento), alle misure correttive in­traprese, agli «insegnamenti appresi», da ultimo coneventuali notizie riservate che lo Stato autore dellacomunicazione desidera non siano rese di pubblicodominio ai sensi dell’art. 20 della direttiva “Seveso”.La nuova modulistica dovrà essere utilizzata, retroat­tivamente, a far data dal 1° dicembre 2008, con unperiodo di prova in questo senso di cinque mesi.Destinatari della decisione risultano, come prevedi­bile, tutti gli Stati membri.

Emissioni di gasad effetto serra.Settore aereoDirettiva 2008/101/CEdel Parlamento europeoe del Consiglio19 novembre 2008

«Direttiva 2008/101/CE del Parlamento euro-peo e del Consiglio del 19 novembre 2008 chemodifica la direttiva 2003/87/CE al fine di inclu-

Testo disponibileon-line nella sezione”Notizie normative”del sitowww.ambienteesicu­

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dere le attività di trasporto aereo nel sistemacomunitario di scambio delle quote di emissionidei gas ad effetto serra» (G.U.C.E. L del 13gennaio 2009, n. 8)

La direttiva in questione amplia notevolmente ilcampo applicativo della celebre direttiva 2003/87/CE istitutiva di un sistema comunitario per loscambio di quote di emissioni dei gas a effettoserra, includendo nella stessa anche le emissioniprovenienti da parte di un aeromobile esercenteuna delle attività di trasporto aereo elencate nel­l’Allegato I alla direttiva, come noto recante le«Categorie di attività» soggette alla disciplina inquestione, per l’occasione integrato con la nuovavoce «trasporto aereo» (da intendersi quale «voliin partenza da o in arrivo a un aereodromo situatonel territorio di uno Stato membro soggetto alledisposizioni del trattato», eccezion fatta per unacasistica significativa di voli esentati ­ ad esempiovoli di Stato, voli militari, per ricerca o soccorso,con emissioni annue inferiori a 10.000 tonn/an­no o con meno di 243 voli per periodo per treperiodi di quattro mesi consecutivi ecc.).La ratio dell’inclusione anche del settore aereonella disciplina sui limiti alle emissioni di gas aeffetto serra risulta ben leggibile nel XIX conside­rando della nuova direttiva 2008/101/CE, a te­nore del quale «il trasporto aereo incide sul climaplanetario attraverso l’emissione di biosssido dicarbonio, ossidi di azoto, vapore acqueo, particelledi solfati e particolato carbonioso» e valutandocome «l’impatto globale del trasporto aereo sulclima è attualmente da due a quattro volte superioreall’effetto delle sole emissioni di biossido di carbo­nio prodotte in passato».Attualmente, il gas serra oggetto di contrasto è ilbiossido di carbonio; ne discende l’inserimentoin calce alla direttiva 2003/87/CE di un nuovoCapo II, dopo l’articolo 3, dedicato, appunto, ai«trasporti aerei» (articoli 3­bis e seguenti), condefinizione della quantità totale di quote asse­gnate al trasporto aereo (art. 3­quater), che, tra il1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2012 saràequivalente al 97% delle emissioni storiche deltrasporto aereo, l’indicazione della vendita al­l’asta quale metodologia per la parziale assegna­zione delle quote al trasporto aereo (art. 3­quin­quies), pari al 15% delle quote, l’indicazione dellemodalità di assegnazione delle quote agli opera­tori aerei (domande da inviare alla Commissione

entro 21 mesi dal periodo al quale si riferiscono oentro il 31 marzo 2011 per il primo periodo diassegnazione del 2012) (art. 3­sexies), con unariserva speciale per taluni operatori stranieri (ar­ticoli 3­septies e 25­bis). Gli Stati membri dovran­no adattare i propri ordinamenti entro il 2 feb­braio 2010.

l ITALIA

Gestioneemergenziale.CalabriaD.P.C.M. 18 dicembre 2008

«Dichiarazione dello stato di emergenza nelsettore dei rifiuti urbani nel territorio della regio-ne Calabria» (G.U. del 2 gennaio 2009, n. 1)

Il decreto dilaziona al 31 dicembre 2009 ladichiarazione dello stato di emergenza nel setto­re dei rifiuti urbani nel territorio della RegioneCalabria.

Gestioneemergenziale.CampaniaO.P.C.M. 29 dicembre 2008,n. 3724

«Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civi-le per fronteggiare l’emergenza nel settore dellosmaltimento dei rifiuti nella regione Campania»(G.U. del 15 gennaio 2009, n. 11)

L’ordinanza in questione affronta sotto il profiloeconomico la nota situazione emergenziale inatto nella Regione Campania in materia di smalti­mento di rifiuti, in particolare vincolando la som­ma di euro 25 milioni già assegnati dalla deliberaCIPE n. 3/2006, alla realizzazione dell’impiantodi termodistruzione nel comune di Salerno, an­corché dette somme non siano state ancora impe­gnate o programmate in ambito di accordi pro­gramma quadro già sottoscritti, anche in derogaall’art. 6­quater, D.L. n. 112/2008, convertito,con modificazioni, dalla legge n. 133/2008.

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Gestioneemergenziale.Campania e tuttoil territorio nazionaleLegge 30 dicembre 2008, n. 210,di conversione del D.L.6 novembre 2008, n. 172

«Misure straordinarie per fronteggiare l’emer-genza nel settore dello smaltimento dei rifiutinella regione Campania, nonché misure ur-genti di tutela ambientale» (G.U. del 3 gennaio2009, n. 2)

Tra le modifiche, inserite nel decreto in sede diconversione in legge, si segnala in particolare: 1)la previsione dell’avvio di un progetto pilota, acura del sottosegretario di Stato delegato e del­l’ARPA Campania, volto a garantire la piena trac­ciabilità dei rifiuti in Campania, in modo da otti­mizzare la gestione integrata (art. 2, comma2­bis, D.L. in oggetto); 2) l’inedita interpretazioneautentica del comma 2 dell’art. 8, D.L. n. 90/2008, quanto alle tipologie di rifiuti di cui èammesso lo scarico al fine di essere preparati peril successivo trasporto in un impianto di recupe­ro, trattamento o smaltimento, nonché di cui èammesso lo stoccaggio in attesa di smaltimento(rifiuti aventi i codici CER 19.12.10, 19.12.12,19.05.01, 19.05.03, 20.03.01 e 20.03.99) dainterpretarsi quale autorizzazione allo stoccaggiodegli stessi, in attesa dello smaltimento, nonchéautorizzazione al deposito presso qualsiasi areadi deposito temporaneo (art. 2­ter, D.L. in ogget­to); 3) il potenziamento degli aspetti informativirelativi alla gestione della nota crisi socio­econo­mico­ambientale della Campania (art. 7, commi4 e 5), con il formale inserimento dell’educazio­ne ambientale nei programmi scolastici dellascuola dell’obbligo, con rinvio a un futuro decre­to ministeriale quanto alle definizione delle mo­dalità attuative in tal senso, disposizione validasu tutto il territorio nazionale (art. 7­bis, D.L. inoggetto); 4) l’ampliamento degli incentivi per larealizzazione degli inceneritori su tutto il territo­rio nazionale, tra l’altro attestando in via provvi­soria al 51% della produzione complessiva laquota di produzione di energia elettrica imputa­bile a fonti rinnovabili nel caso di impiego dirifiuti urbani a valle della raccolta differenziata,ovvero nel caso di impiego di CDR prodottoesclusivamente da rifiuti urbani (nuovo art. 2,

comma 143, legge n. 244/2007) e demandan­do, altresì, alla Presidenza del Consiglio dei Mini­stri la definizione, entro 12 mesi dalla data dientrata in vigore della legge di conversione, di unpiano nazionale degli inceneritori di rifiuti urba­ni residuati dalla raccolta differenziata (art. 9­terinedito); 5) la soluzione, infine, di un incresciosoaspetto interpretativo relativo alla possibilità (omeno) di avviare i rifiuti organici, scarti alimenta­ri, in fognatura, oggi possibile a determinate con­dizioni (al riguardo l’art. 107, comma 3, D.Lgs. n.152/2006, oggi modificato, era stato modificatodue volte in maniera apparentemente difformedal D.Lgs. n. 4/2008, con dubbi in merito allapossibilità di avviare siffatti rifiuti al sistema fo­gnario; art. 9­quater del D.L. in oggetto).

Emissioni di gasa effetto serra.AutorizzazioniComunicato del Ministerodell’Ambiente e della Tuteladel territorio e del mare

«Approvazione della deliberazione del Comi-tato nazionale di gestione e attuazione delladirettiva 2003/87/CE» (G.U. del 8 gennaio2009¸ n. 5)

Il comunicato dà notizia dell’avvenuta pubblica­zione sul sito web del Ministero dell’Ambiente edella Tutela del territorio e del mare (http://www.minambiente.it) delle deliberazioni nn. 021/2008 e 022/2008 del Comitato nazionale digestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE, inerenti l’aggiornamento delle autorizzazio­ni e il rilascio dell’autorizzazione a emettere gasad effetto serra ai sensi del D.Lgs. n. 216/2006 esuccessive modifiche e integrazioni.

DecretomilleprorogheDecreto legge30 dicembre 2008, n. 207

«Proroga di termini previsti da disposizioni legi-slative e disposizioni finanziarie urgenti» (G.U.del 31 dicembre 2008, n. 304)

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Nell’ambito del consueto decreto di fine anno re­cante proroga di termini vari si segnala, a valenzaambientale, quanto previsto in particolare dall’art.30, D.L. n. 207/2008, rinviante al 31 dicembre2009 il termine (già fissato al 31 dicembre 2008)relativo all’emanazione di un decreto interministe­riale di fissazione dei limiti di riferimento per indi­viduare le condizioni di qualità delle acque tali daimporre il divieto di balneazione, nonché degliulteriori criteri, modalità e specifiche tecniche perl’attuazione del D.Lgs. n. 116/2008 «Attuazionedella direttiva 2006/7/CE relativa alla gestione del-la qualità delle acque di balneazione e abrogazionedella direttiva 76/160/CEE», anche in relazione ainuovi indirizzi comunitari (nuovo art. 17, comma4, D.Lgs. n. 116/2008 citato); si segnala, altresì,l’ulteriore proroga, sempre al 31 dicembre 2009,del termine già previsto dall’art. 159, comma 1,periodi 2 e 4, D.Lgs. n. 42/2004, quanto allavalidità del regime transitorio ivi previsto in temadi rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (art.38, D.L. in oggetto).

GestioneemergenzialeO.P.C.M. 29 dicembre 2008,n. 3723

«Ulteriori interventi diretti a fronteggiare la situa-zione di criticità determinatasi a seguito delleesplosioni verificatesi nella raffineria “Umbria Oliis.p.a.” sita nel comune di Campello sul Clitumno»(G.U. del 15 gennaio 2009, n. 11)

L’ordinanza in questione identifica il 30 settem­bre 2009 quale termine finale entro il quale ilpresidente della Regione Umbria ­ Commissariodelegato ex O.P.C.M. n. 3558/2006 ­ dovràprovvedere al completamento delle iniziativeprogrammate e già in corso di attuazione per ildefinitivo superamento del contesto di criticitàdeterminatosi a seguito delle esplosioni verifica­tisi nella raffineria “Umbria Olii s.p.a.” nel comu­ne di Campello sul Clitumno (PG). l

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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZAa cura di Pierguido Soprani, avvocato

Cantiere: responsabilitàdi appaltatoree subappaltatore

Cassazione penale, sez. IV,(ud. 5 giugno 2008)9 luglio 2008, n. 27965,Pres. Marini, Rel. D’Isa

Prevenzione Infortuni ­ Cantiere edile ­ Ap­palto e subappalto ­ Obblighi dei datori dilavoro dell’impresa appaltatrice e subap­paltatrice ­ Individuazione delle rispettiveposizioni di garanzia ­ Casistica.Rischi specifici propri dell’attività oggettodel subappalto ­ Individuazione

L’appaltatore risponde penalmente deglieventi dannosi dipendenti dall’attività svoltadal subappaltatore, quando si sia ingeritonell’esecuzione dell’opera mediante unacondotta che abbia determinato o concorsoa determinare l’inosservanza di norme pre­venzionistiche.Qualora i lavori di subappalto si svolganonello stesso cantiere predisposto dall’appal­tatore, in esso inserendosi anche l’attività delsubappaltatore per l’esecuzione di un’operaparziale e specialistica, e non venendo menol’ingerenza dell’appaltatore e la diretta ri­conducibilità anche a lui dell’organizzazionedel comune cantiere, in quanto investito deipoteri direttivi generali inerenti alla propriaqualità, sussiste la responsabilità di entrambitali soggetti in relazione agli obblighi antin­fortunistici, alla loro osservanza e alla dovutasorveglianza al riguardo.Un’esclusione della responsabilità dell’appal­tatore è configurabile solo qualora al subap­paltatore sia affidato lo svolgimento di lavori,ancorché determinati e circoscritti, che svolgain piena e assoluta autonomia organizzativa edirigenziale rispetto all’appaltatore, e non nelcaso in cui la stessa interdipendenza dei lavorisvolti dai due soggetti escluda l’estromissionedell’appaltatore dall’organizzazione del can­

tiere. Peraltro la cooperazione non può inten­dersi comeobbligodel committentedi interve­nire in supplenza dell’appaltatore tutte le voltein cui costui ometta, per qualsiasi ragione, diadottare misure di prevenzione prescritte a tu­tela soltanto dei suoi lavoratori, risolvendosi inun’inammissibile ingerenza del committentenell’attività propria dell’appaltatore.Quando, per la natura e le caratteristichedell’attività commissionata, questa non sipuò svolgere in una zona o in un settoreseparato, coinvolgente solo i dipendenti del­l’appaltatore (ovvero del subappaltatore), ildatore di lavoro committente, il quale è exlege il coordinatore della cooperazione, deveessere in grado di rendersi conto dell’insuffi­ciente contributo tecnico dell’appaltatoremedesimo e cooperare perché, di fatto, lecondizioni di lavoro siano sicure; con la con­seguenza che, verificatosi un infortunio,l’eventualmente inadeguato apprestamentodelle misure precauzionali non può non es­sere ascritto ad entrambi, in quanto garanti edestinatari dell’obbligo di predisporre sicurecondizioni di lavoro.Il pericolo derivante dalla mancata protezio­ne dell’ambiente di lavoro (nella specie: as­senza dei dispositivi anticaduta) è riconosci­bile da chiunque, senza necessità di una spe­cifica competenza tecnica settoriale, e nonattiene alla categoria dei “rischi specifici”propri dell’attività oggetto del subappalto.

Il legale rappresentante e il responsabile dicantiere di una società, che aveva ricevuto inappalto i lavori di impermeabilizzazione dellecoperture dei fabbricati già realizzati e avevaceduto in subappalto le opere di messa inposa di pannelli e di rotoli di materiale imper-meabilizzante, erano stati condannati allapena di un anno di reclusione ciascuno perl’infortunio del dipendente del subappalta-tore. Questi, mentre si trovava sul tetto, pri-vo di dispositivi anticaduta, per eseguire ilavori di posizionamento delle guaine imper-meabilizzanti, era precipitato da una altezzadi sette metri, cadendo attraverso una aper-

Testo disponibileon-line nella sezione”Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicu-

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tura di 2 m per 0,70 m, ed era deceduto acausa delle lesioni riportate.Gli imputati erano stati condannati nei duegradi di merito per la violazione dell’art. 12,comma 3, D.Lgs. n. 494/1996 (obbligo per leimprese appaltatrici di attuare quanto previ­sto nel PSC), e dell’art. 68, D.P.R. n. 164/1956 (le aperture dei solai devono esserecircondate da parapetto e tavola fermapie­de, oppure coperte con tavolato solidamen­te fissato qualora le aperture siano usate peril passaggio di materiali o di persone, con unlato almeno del parapetto costituito da unabarriera mobile, non asportabile, aperta sol­tanto per il tempo strettamente necessario alpassaggio), atteso che tutte le aperture pre­senti sulla copertura erano prive delle neces­sarie protezioni (essendo coperte da palletssolo appoggiati al solaio) e l’apertura dallaquale era precipitato il lavoratore era priva diprotezione.Il piano di sicurezza e di coordinamento ave­va previsto il posizionamento di reti antica­duta nei vani dei lucernari e non risultava chegli imputati avessero avvertito il responsabiledella sicurezza dell‘impresa committentedella impossibilità ­ allegata per la prima vol­ta in sede giudiziaria ­ di attenersi alle pre­scrizioni del piano, mentre il direttore delcantiere aveva sollecitato inutilmente, agliimpermeabilizzatori, la posa delle reti di pro­tezione.Il Giudice di primo grado aveva ritenuto, di­sattendendo le relative argomentazioni di­fensive, che gli imputati non avessero trasfe­rito il rischio infortunistico sulla sola dittasubappaltatrice, stante la natura pubblicisti­ca e, quindi, inderogabile, delle norme diprevenzione. D’altro canto, era risultato chei materiali e la maggior parte delle attrezza­ture (salvo la dotazione dei DPI) erano statiforniti dal committente, e che le impreseartigiane subappaltatrici prestavano attivitàdi mera manodopera, non avendo l’idoneitàtecnico­professionale per organizzare i lavoriin piena autonomia, tanto che gli imputatiavevano fornito tutte le indicazioni per losvolgimento dei lavori, e uno di essi la matti­na del sinistro si era recato presso il cantiereper sollecitare l’inizio dei lavori di posaturadelle guaine, senza rilevare la situazione dievidente pericolo per la mancanza dei presi­di anticaduta.

Il giudizio della Cassazione si è concentratosulla questione relativa alla verifica della sus­sistenza di una posizione di garanzia degliimputati, nonostante il subappalto e l’infor­tunio occorso a un dipendente del subappal­tatore.I ricorrenti già davanti alla Corte di appelloavevano posto in evidenza il fatto che, trat­tandosi di successivo e di parziale subappal­to, il primo subappaltatore non potesse as­sumere nei confronti del secondo subappal­tatore alcuna posizione di garanzia, tantopiù nel difetto di concrete azioni di ingeren­za. I Giudici di merito richiamarono, invece, ilprincipio secondo il quale il trasferimento delrischio a carico del subappaltatore può avve­nire soltanto nel caso in cui i lavori sianosubappaltati per intero; infatti, in questaevenienza non può ipotizzarsi alcuna inge­renza da parte del subcommittente sul su­bappaltatore. Ma questo, secondo la Cortedi appello, non è quanto era avvenuto nelcaso di specie, dove il subappalto aveva ri­guardato solo i lavori di messa in posa dipannelli e di rotoli di materiale impermeabi­lizzante sul tetto del fabbricato e la circo­stanza che al committente fosse rimasto uneffettivo potere di ingerenza nel processolavorativo era dimostrata dal fatto che, lamattina dell’infortunio, aveva sollecitatopersonalmente la posa delle reti di protezio­ne per gli impermeabilizzatori.Secondo la difesa degli imputati, al contra­rio, la loro società non aveva ricevuto in ap­palto l’intera costruzione dei prefabbricati,ma soltanto il subappalto dei lavori di imper­meabilizzazione, che a sua volta aveva par­zialmente subappaltato con riguardo ad al­cune lavorazioni (messa in posa di pannelli edi rotoli di materiale impermeabilizzante);dunque, in questo contesto di fatto, il princi­pio, elaborato dalla Giurisprudenza di legitti­mità e richiamato dalla Corte di appello, nonpoteva trovare applicazione. In realtà, anchela Società degli imputati era esposta, comel’impresa successiva nella catena del subap­palto, all’ingerenza dell’appaltatore princi­pale, il quale, chiamato soltanto alla realizza­zione dell’intera opera, per questo aveva ilpotere di ingerenza sopra tutte le lavorazionie la conseguente responsabilità funzionale egiuridica.Ulteriormente si era argomentato che, aven­

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do la Corte di appello individuato la fontenormativa della posizione di garanzia, rispet­to all’infortunio, nell’art. 12, D.Lgs. n. 494/1996, questo comportava l’automatica con­seguenza che gli obblighi di coordinamentoe di sicurezza dovevano necessariamente es­sere posti a carico del committente (e delresponsabile dei lavori eventualmente nomi­nato) da un lato, e del datore di lavoro dellavoratore infortunato dall’altro. Posto chel’art. 12, D.Lgs. n. 494/1996, ha posto acarico dei datori di lavoro delle imprese ese­cutrici l’obbligo “di attuare” quanto previstonel PSC (comma 3), e anche l’obbligo delcoordinatore per l’esecuzione dei lavori di«verificare, con opportune azioni di coordi-namento e controllo, l’applicazione, da par-te delle imprese esecutrici e dei lavoratoriautonomi, delle disposizioni loro pertinenticontenute nel piano di sicurezza e di coordi-namento di cui all’articolo 12» (art. 5 com­ma 1, lettera a), D.Lgs. n. 494/1996); in que­sta prospettiva, il rimprovero specificamenterivolto nell’imputazione di aver consentito«che i lavori di impermeabilizzazione inizias-sero senza avere installato o comunque mes-so a disposizione (del subappaltatore) e deisuoi dipendenti le apposite reti anticadutaper i vani dei lucernari piani posti sulla som-mità dei prefabbricati come previsto invecedal piano per la sicurezza» appariva manife­stamente illogico. Era il datore di lavoro dellavittima colui il quale avrebbe dovuto metterea disposizione dei suoi dipendenti le apposi­te reti anticaduta ed era il CSE designato dalcommittente che avrebbe dovuto poi proce­dere alla verifica dell’applicazione delle di­sposizioni contenute nel piano di sicurezza edi coordinamento ”da parte delle impreseesecutrici e dei lavoratori autonomi”, a nullarilevando, al riguardo, la serie dei subappalti,irrilevanti ai fini dell’esatta individuazionedelle rispettive posizioni di garanzia previstedalle norme.La Cassazione non ha condiviso questa im­postazione difensiva. Muovendo dalla preli­minare considerazione che i ricorrenti «noncontestano le omesse misure antinfortunisti-che ma solo la posizione di garanzia» e valu-tando il carattere accessorio e specialisticodel contratto di subappalto stipulato dagliimputati, che riguardava la opere di messa inposa di pannelli e di rotoli di materiale imper-

meabilizzante, accessorie alla operazione diimpermeabilizzazione delle coperture degliedifici realizzati a essi commissionata dal-l’appaltatore principale, ha ritenuto che imedesimi «mantenevano i poteri direttivigenerali inerenti alle loro qualità» e, nel casodi specie, «li esercitavano realmente, se-guendo le varie fasi di installazione del mate-riale impermeabilizzante, come emergevaanche dall’istruttoria dibattimentale all’esitodell’escussione dei testimoni indicati nell’im-pugnata sentenza, anche in ordine alla circo-stanza, rimasta provata, che i materiali e lamaggior parte delle attrezzature, salvo le do-tazioni individuali, erano forniti dal commit-tente (nel caso subappaltatore a sua volta)».Nella sostanza, la Suprema Corte ha ritenutoche l’appaltatore risponde penalmente deglieventi dannosi comunque determinatisi, du­rante e a causa dell’attività di esecuzione deilavori svolta dal subappaltatore, quando sisia ingerito nell’esecuzione dell’opera me­diante una condotta che abbia determinatoo concorso a determinare l’inosservanza dinorme di legge, regolamento o prudenziali,poste a tutela dell’altrui incolumità. Qualora,poi, i lavori di subappalto si svolgano nellostesso cantiere predisposto dall’appaltatore(nella specie, la società degli imputati, a suavolta subappaltante), inserendosi in esso an­che l’attività del subappaltatore per l’esecu­zione di un’opera parziale e specialistica, enon venendo meno l’ingerenza dell’appalta­tore e la diretta riconducibilità (quanto me­no) anche a lui dell’organizzazione del co­mune cantiere, in quanto investito dei poteridirettivi generali inerenti alla propria qualità,sussiste la responsabilità di entrambi questisoggetti in relazione agli obblighi antinfortu­nistici, alla loro osservanza e alla dovuta sor­veglianza al riguardo. Un’esclusione della re­sponsabilità dell’appaltatore, secondo laCassazione, è configurabile solo qualora alsubappaltatore sia affidato lo svolgimentodei lavori, ancorché determinati e circoscritti,che svolga in piena e assoluta autonomiaorganizzativa e dirigenziale rispetto all’ap­paltatore e non nel caso in cui la stessa inter­dipendenza dei lavori svolti dai due soggettiescluda ogni estromissione dell’appaltatoredall’organizzazione del cantiere.Nella ricorrenza delle anzidette condizioni,essendo il modello di gestione della catena

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dell’appalto e del subappalto governato danorme di diritto pubblico (art. 26, D.Lgs. n.81/2008, già art. 7, D.Lgs. n. 626/1994), lequali non possono essere derogate da deter­minazioni pattizie, non potrebbero avere ri­levanza operativa, per escludere la responsa­bilità dell’appaltatore, neppure eventualiclausole di trasferimento del rischio e dellaresponsabilità intercorse tra questi e il su­bappaltatore.Quanto all’obbligo di dotazione del lavorato­re infortunato della cintura di sicurezza (con­testazione ritenuta in sentenza ma non con­tenuta nel capo di imputazione), secondo gliimputati si trattava di un obbligo di controlloposto in via esclusiva a carico del solo datoredi lavoro dell’infortunato. Sul punto i Giudicidi legittimità, pur richiamando il principio(espresso per la prima volta da Cass. pen., sez.IV, 20 settembre 2002) secondo il quale, inmateria di cooperazione tra committente eappaltatore, il principio, valevole anche nel­l’ipotesi dei rapporti tra subappaltante e su­bappaltatore, che la cooperazione non puòintendersi come obbligo del committente diintervenire in supplenza dell’appaltatore tut­te le volte in cui costui ometta, per qualsiasiragione, di adottare misure di prevenzioneprescritte a tutela soltanto dei suoi lavoratori,risolvendosi in un’inammissibile ingerenza delcommittente nell’attività propria dell’appalta­tore, hanno valutato che, peraltro, nel caso dispecie, per la natura e le caratteristiche del­l’attività commissionata, questa non si potevasvolgere in una zona o in un settore separato,coinvolgente solo i dipendenti dell’appaltato­re (ovvero del subappaltatore), quindi, il dato­re di lavoro committente, il quale è ex lege ilcoordinatore della cooperazione, doveva es­sere in grado di rendersi conto dell’insuffi­ciente contributo tecnico dell’appaltatoremedesimo e cooperare perché, di fatto, lecondizioni di lavoro fossero sicure; con la con­seguenza che, verificatosi un infortunio,l’eventualmente inadeguato apprestamentodelle misure precauzionali non può non esse­re ascritto a entrambi in quanto garanti edestinatari dell’obbligo di predisporre sicurecondizioni di lavoro. Per di più, secondo i Giu­dici, non si verteva in presenza di rischi specifi­ci propri dell’attività oggetto del subappalto,essendo il pericolo derivante dalla mancataprotezione dell’ambiente di lavoro riconosci­

bile da chiunque, senza necessità di una spe­cifica competenza tecnica settoriale; corretta­mente, quindi, era stata riconosciuta la sussi­stenza, a carico degli imputati, dell’obbligo inordine all’attuazione di quelle misure volte agarantire la sicurezza del lavoro e la protezio­ne dai rischi, con sussistenza di una loro posi­zione di garanzia e di controllo sull’adozionedelle misure di prevenzione.

D.Lgs. n. 758/1994:pagamento tardivo

Cassazione penale, sez. IV,(ud. 15 maggio 2008)11 luglio 2008, n. 28831,Pres. De Maio, Rel. Squassoni

Contravvenzioni antinfortunistiche ­ Accer­tamento ­ Prescrizione a fini di regolarizza­zione ­ Ammissione al pagamento dellasanzione ­ Individuazione della data di de­correnza del termine per il pagamento exart. 21, D.Lgs. n. 758/1994 ­ Decorre dalladata di verifica dell’adempimento dellaprescrizione ­ Natura perentoria del termi­ne di pagamento ­ Valutazione ­ È tale

In tema di contravvenzioni antinfortunisti­che, il pagamento della somma pari al quar­to del massimo dell’ammenda stabilita per lacontravvenzione commessa deve essere ef­fettuato, secondo quanto dispone l’art. 21,comma 2, del D.Lgs. n. 758/1994, entrotrenta giorni dalla data in cui l’organo divigilanza ha accertato l’adempimento dellaprescrizione. Una lettura coordinata dell’ar­ticolo 24, comma 1, e dell’articolo 21, com­ma 2, chiarisce che il contravventore puògodere solo dello spazio temporale concessodalla legge anche per provvedere al paga­mento.A nulla rileva che non siano previste sanzioniper il mancato rispetto del termine in esame,atteso che tutto l’eccezionale procedimentoestintivo disciplinato dal D.Lgs. n. 758/1994è ispirato a sequele procedimentali aventi ilcarattere della perentorietà (la Corte ha rite­nuto che “anche la ratio della legge, tenden­te ad una sollecita rimozione della situazione

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antigiuridica, fa propendere per la interpre­tazione secondo la quale la estinzione delreato sia collegata al pagamento effettuatonel termine normativamente previsto”).

Il Tribunale aveva condannato alla pena digiustizia un datore di lavoro responsabile divarie violazioni alla normativa sulla preven­zione degli infortuni sul lavoro (D.P.R. n. 547/1955 e D.P.R. n. 164/1956).Con il ricorso in Cassazione, l’imputato ave­va rilevato che il fatto di non aver perfezio­nato l’oblazione in sede amministrativa (puravendo ottemperato alle prescrizioni impar­titegli dall’organo di vigilanza), a fronte diun tardivo pagamento, da parte sua, dellasomma dovuta, non doveva essere di osta­colo alla declaratoria di estinzione dei reatiaccertati a suo carico. In realtà, la proceduradi estinzione amministrativa delle contrav­venzioni disciplinata al Capo II, D.Lgs. n.758/1994, ha previsto un termine perento­rio per l’adempimento delle prescrizioni, manon per il pagamento della cosiddetta obla­zione amministrativa (pagamento che, inbase a una lettura sistematica della normati­va, può essere utilmente effettuato entro iltermine complessivo dei 120 giorni che l’or­gano di vigilanza ha per la comunicazione alPubblico Ministero ex art. 21, comma 2,circa l’esito della procedura sanzionatoria);d’altro canto il D.Lgs. n. 758/1994 (art. 24,comma 3) ha precisato che un non perfettoo tardivo adempimento delle prescrizioni èvalutabile ai fini dell’oblazione “speciale” dicui all’art. 162­bis, c.p.; quindi, questa previ­sione, per non creare disparità di trattamen­to, deve essere riservata anche all’ipotesi delnon tempestivo pagamento della sommadovuta.La Corte Suprema è stata di diverso avviso,osservando che, secondo le previsioni delD.Lgs. n. 758/1994, l’effetto estintivo deireati in materia di sicurezza e di igiene sullavoro si perfeziona in due fasi:l il contravventore deve eliminare, prima, la

violazione con le modalità e nei termini pre­scritti dall’organo di vigilanza;

l una volta accertato il tempestivo e puntualeadempimento, deve provvedere al paga­mento della oblazione entro l’arco di trenta

giorni decorrenti dal momento in cui è am­messo alla definizione in via amministrativa(art. 21, comma 2).

Dalla lettura del testo dell’art. 24, comma 1,risulta chiaro che, secondo la Cassazione,«l’inosservanza dell’una o dell’altra condi­zione impedisce la trasformazione dei reatiin illeciti amministrativi».Questa esegesi della norma trova conforto,per i Giudici di legittimità, anche nel succes­sivo art. 24, comma 2, a mente del quale ilPubblico Ministero richiede l’archiviazionesolo quando la contravvenzione è estinta inesito all’adempimento delle prescrizioni edella corresponsione della somma determi­nata a questo scopo.In tale contesto normativo, l’imputato avevaritenuto che il termine debba essere rispetta­to solo per l’eliminazione della violazione;secondo la Corte, questa interpretazione«non è corretta, dal momento che una lettu­ra coordinata dell’articolo 24, comma 1 edell’articolo 21, comma 2 chiarisce che ilcontravventore può godere solo dello spaziotemporale concesso dalla legge anche perprovvedere al pagamento».A nulla rileva, poi, che la norma non commi­ni espresse sanzioni per il mancato rispettodel termine in esame, atteso che «tutto l’ec­cezionale procedimento estintivo disciplina­to dal Decreto Legislativo n. 758 del 1994 èispirato a sequele procedimentali aventi ilcarattere della perentorietà». Del resto, «an­che la ratio della legge, tendente ad unasollecita rimozione della situazione antigiuri­dica, fa propendere per l’interpretazione se­condo la quale la estinzione del reato siacollegata al pagamento effettuato nel termi­ne normativamente previsto».Infine, la Suprema Corte ha ritenuto insussi­stenti elementi di incoerenza del sistema, «inquanto sia il tardivo adempimento delle pre­scrizioni sia il non tempestivo pagamento deldovuto lasciano aperta la possibilità dellaoblazione a sensi dell’articolo 162­bis c.p.».In ordine alla natura perentoria del terminedi pagamento dell’oblazione amministrativaprevista dall’art. 21, D.Lgs. n. 758/1994, laGiurisprudenza di legittimità è pressochéunanime (ex multis, Cass. pen., sez. III, 4giugno 2007, n. 21696; Cass. pen., sez. III, 3luglio 2003, n. 28504). l

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Abbandono di rifiutispeciali pericolosi

Cassazione penale, sezione III,7 novembre 2008, n. 41848/08Pres. De Maio

Rifiuti - Rifiuti speciali pericolosi - Materia-le ferroso - Eternit - Oli esausti - Abbando-no - Natura del reato - Art. 51, comma 2,D.Lgs. n. 22/1997 - Art. 650 c.p.

Il reato di abbandono di rifiuti è reato com-missivo eventualmente permanente, la cuiantigiuridicità cessa con l’ultimo abusivoconferimento di rifiuti.

Ribadendo un consolidato orientamentogiurisprudenziale (si veda la sentenza dellaCassazione, sez. III, 7 febbraio 2008, n.6098), la Cassazione ha accolto parzialmen­te il ricorso avanzato dall’imputato avversola sentenza emessa dalla corte d’appello deL’Aquila che aveva, tra l’altro, condannatoun imprenditore alla pena di quattro mesi diarresto ed euro.4.000,00 di multa, in ordineal reato di cui all’articolo 51, comma 2,D.Lgs. n. 22 /1997, per avere, nella sua quali­tà di legale rappresentante di una S.r.l., ab­bandonato in modo incontrollato, nell’areadel dismesso stabilimento industriale socie­tario, rifiuti speciali anche pericolosi, costitu­iti tra l’altro da rottami ferrosi, lastre di eter­nit e olio combustibile esausto.Avverso questa sentenza della Corte di meri­to proponevano ricorso i difensori dell’im­prenditore, i quali, sotto i profili della viola­zione di legge e del vizio di motivazione,eccepivano anche la estinzione per prescri­zione dell’accertato reato di cui all’articolo51, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997, tenutoconto che lo stabilimento aziendale (ex for­nace) era stato chiuso «alla fine degli anni’70» e che, da quell’epoca, nessun materialeera stato più scaricato in quel sito.In ogni caso, sempre a dire della difesa, non

sarebbe stata configurabile una situazione di”abbandono incontrollato”, in quanto nonpoteva considerarsi tale «il mero deposito, inuna zona chiusa, non accessibile ad estranei,non costituente pericolo sotto il profilo am-bientale né sotto quello pratico, di materiali,ancorché disordinatamente accumulati».La Cassazione, con la sentenza in esame, haritenuto fondato il ricorso limitatamente all’ec­cepita estinzione del reato per prescrizione.Nella parte motiva, la Corte ha evidenziato chei giudici del merito hanno ravvisato la respon­sabilità penale dell’imputato in relazione allacontravvenzione di abbandono incontrollatodi rifiuti (articolo 51 comma 2, D.Lgs. n. 22/1997), affermando che si sarebbe trattato direato permanente, «posto che l’abbandono èavvenuto in area appartenente alla società fa-cente capo al prevenuto, area che era sotto ilsuo controllo e sulla quale in ogni momentoavrebbe potuto intervenire per rimuovere lasituazione di illiceità perdurante», ritenendoirrilevante, conseguentemente, la «possibileverificazione della immissione del materiale inepoca pregressa, addirittura precedente al-l’entrata in vigore della normativa di settore inmateria di rifiuti».La Cassazione non ha ritenuto condivisibili leaffermazioni dei Giudici di Appello sullascorta del sopra richiamato principio di dirit­to, in base al quale «il reato di abbandono dirifiuti è reato commissivo eventualmentepermanente, la cui antigiuridicità cessa conl’ultimo abusivo conferimento di rifiuti».Nella fattispecie in esame, i giudici del meritohanno evidenziato che i rifiuti erano statiaccumulati nell’area dello stabilimento pri­ma che lo stesso venisse dimesso (cioè inun’epoca ben anteriore a quella dell’accerta­mento), senza che vi siano stati ulteriori suc­cessivi sversamenti.La Suprema Corte, pertanto, ha annullato lasentenza impugnata senza rinvio, perchè ilreato residuo deve ritenersi estinto per inter­venuta prescrizione, risultando manifesta­mente infondata, invece, l’eccezione rivoltaad escludere la natura di «rifiuti abbandona-ti» dei materiali ammucchiati eterogenea­

a cura di Maria Melizzi, consulente legale

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mente e alla rinfusa sul piazzale aziendale.La Cassazione, infine, non ha ritenuto sussi­stenti i requisiti per una più favorevole for­mula di proscioglimento, ex articolo 129c.p.p., ritenendo la prescrizione del reatopreclusiva della valutazione delle doglianzeriferite dal ricorrente e relative a pretese ca­renze di accertamenti fattuali, il cui eventua­le accoglimento avrebbe imposto un nonconsentito annullamento con rinvio dellasentenza impugnata.

Acque reflueda impianto sportivo

Cassazione penale, sezione III,7 novembre 2008, n. 41850/08,Pres. De Maio

Acque - Acque reflue industriali - Acquereflue domestiche - Smaltimento - Art. 51,comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 22/1997 - art.59, D.Lgs. n. 152/1999

Nella nozione di acque reflue industriali rien-trano tutti i reflui derivanti da attività che nonattengono strettamente al prevalente meta-bolismo umano ed alle attività domestiche.

In ossequio al sopra richiamato principio didiritto, la Suprema Corte ha accolto il ricorsoavanzato dalla difesa di due imputati con­dannati in prima istanza dal Tribunale di Lec­ce ciascuno alla pena di euro 2.000,00 diammenda per il reato previsto e punito dal­l’articolo 59, D.Lgs. n. 152/1999.Gli imputati venivano tratti in giudizio (il pri­mo nella sua qualità di amministratore di uncentro sportivo e il secondo in qualità diproprietario del fondo su cui era stato realiz­zato l’impianto sportivo) perché, a dire deltribunale, effettuavano attività illecita dismaltimento di rifiuti e, precisamente, di ac­que reflue contaminate da residui fecali nellaprivata proprietà di un vicino.Nell’impugnare la sentenza di merito i ricor­renti avevano lamentato la violazione di leg­ge per errata applicazione del articolo 2,

comma 1, lettere g) e h), D.Lgs. n. 152/1999(così come confluito nell’articolo 74, comma1, lettera g), D.Lgs. n. 152/2006) e dell’arti­colo 59, D.Lgs. n. 152/1999 (così come con­fluito nell’articolo 137, comma 1, D.Lgs. n.152 del 2006).Gli imputati avevano dedotto che il giudicedi merito aveva ritenuto sussistente il reatoloro contestato, avendo erroneamente equi­parato le acque provenienti dalle docce e daiservizi igienici del centro sportivo ai refluiindustriali.La Suprema Corte, nella sentenza in esame,ha ritenuto il motivo avanzato dalla difesafondato ed ha annullato la sentenza impu­gnata senza rinvio perchè «il fatto non sussi-ste».La Cassazione nella motivazione ha eviden­ziato che l’articolo 2, decreto legislativo 11maggio 1999, n. 152, nella definizione ri­prodotta nell’articolo 74, decreto legislativo3 aprile 2006, n. 152 [che, quindi, si pone incontinuità normativa con il primo decreto,abrogato dall’articolo 175, comma 1, letterab) del secondo], definisce le acque refluedomestiche come le «acque reflue prove-nienti da insediamenti di tipo residenziale eda servizi e derivanti prevalentemente dalmetabolismo umano e da attività domesti-che».Richiamando la giurisprudenza consolidata(si veda, per tutte, la sentenza della Cassa­zione penale, sez. III, 24 ottobre 2002, n.42932, Barattoni), la Corte ha precisato che«nella nozione di acque reflue industriali rien-trano tutti i reflui derivanti da attività che nonattengono strettamente al prevalente meta-bolismo umano ed alle attività domestiche,atteso che a tal fine rileva la sola diversità delrefluo rispetto alle acque domestiche».Rientrano, quindi, tra le acque reflue industria­li quelle che possiedono qualità necessaria­mente legate alla composizione chimico fisicadiverse da quelle proprie delle acque metabo­liche domestiche, mentre le acque domestichecomprendono tutti i reflui derivanti da attivitàche attengono strettamente alla coabitazionee alla convivenza delle persone.Nel caso in esame, lo scarico oggetto delcapo di imputazione è relativo soltanto alleacque che derivano dalle docce e dai serviziigienici dei campi di calcetto e di tennis, nonrisultando, nel corso del giudizio di merito, la

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GIURISPRUDENZA

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presenza di alcuna altra attività (ad esempiogestione di una piscina) idonea a produrrescarichi di altre sostanze, inquinanti o meno(ad esempio cloro).La Suprema Corte, dunque, ha escluso lasussistenza stessa del fatto reato in capo airicorrenti considerando che le acque deri­vanti dallo scarico di docce e servizi non sonodiverse da quelle che comunemente vengo­no scaricate dalle abitazioni civili e che, quin­di, alla luce della normativa sopra esposta,vanno qualificate come acque provenientidal metabolismo umano o, come detto, daattività domestica.

Acque reflue da attivitàdi allevamento

Cassazione penale, sezione III,7 novembre 2008, n. 41845/08,Pres. De Maio

Acque ­ Acque reflue ­ Acque reflue da atti­vità di allevamento ­ Acque reflue prove­nienti da insediamenti industriali ­ Acquereflue domestiche ­ Elemento soggettivo delreato ­ Colpa ­ Art. 59, comma 1, D.Lgs. n.152/1999

Lo scarico non autorizzato di reflui provenientidal laboratorio di trasformazione del latte, an-che se annesso all’azienda di produzione, co-stituisce senza alcuna incertezza scarico di”acque reflue industriali” in quanto i caseificisono considerati insediamenti produttivi.

Il Tribunale monocratico di Sulmona, con sen­tenza 17 ottobre 2007, aveva affermato laresponsabilità penale di un soggetto in ordineal reato previsto e punito dall’articolo 59,comma 1, D.Lgs. n. 152/1999, per avere ­quale titolare di un allevamento di ovini conannesso laboratorio per la trasformazione dellatte ­ effettuato, attraverso un’unica condut­tura, scarichi non autorizzati nel sottosuolodei reflui prodotti e, riconosciute circostanzeattenuanti generiche, lo condannava alla pe­na di euro 4.000,00 di ammenda.

Avverso questa sentenza aveva proposto ri­corso l’imputato, il quale ­ sotto i profili dellaviolazione di legge e del vizio della motiva­zione ­ aveva eccepito la erroneità della equi­parazione alle cosiddette ”acque reflue in­dustriali” degli scarichi provenienti dall’im­presa agricola da lui gestita, prospettandoche sarebbe stata incongruamente esclusal’assimilabilità di tali scarichi alle ”acque re­flue domestiche”; aveva eccepito, da ultimo,l’insussistenza dell’elemento soggettivo delreato.La Corte Suprema, sulla scorta del sopra cita­to principio di diritto, accoglieva parzialmen­te il ricorso rinviando, relativamente al reatoresiduo efferente gli scarichi ritenuti “indu­striali”, al tribunale di Sulmona per la deter­minazione della pena.La Cassazione, nella parte motiva della sen­tenza, ha ritenuto oramai sanzionato solo invia amministrativa, ai sensi dell’articolo 133,comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, lo scaricosenza autorizzazione degli effluenti di alleva­mento, evidenziando come l’unica eccezio­ne rimanesse quella ­ richiamata ad exclu-dendum dall’articolo 101, comma 7 ­ dell’ar­ticolo 112, D.Lgs. n. 152/2006, che regolal’«utilizzazione agronomica» come definitadall’articolo 74, lettera p), D.Lgs. n. 152/2006, nozione che continua a mantenererilevanza penale, ex articolo 137, comma 14,nelle ipotesi in cui avvenga al di fuori dei casie delle procedure previsti.La Corte, nel caso in esame, però ha ritenuto(pur nella consapevolezza di qualche diver­gente interpretazione dottrinaria) che anchela tabella 6 dell’Allegato 5 alla parte III delD.Lgs. n. 152/2006 è stata implicitamenteabrogata per effetto della modifica dell’arti­colo 101, comma 7, lettera b).La sentenza impugnata, di conseguenza, èstata annullata senza rinvio ­ limitatamenteallo scarico non autorizzato di reflui prove­nienti dall’allevamento zootecnico ­ perché ilfatto non è previsto dalla legge come reato.La Cassazione ha, invece, rigettato il ricorsoin relazione alla contestata condotta di scari­co non autorizzato di reflui provenienti dallaboratorio di trasformazione del latte an­nesso all’azienda di produzione, che costitui­scono senza alcuna incertezza ”acque reflueindustriali” (i caseifici erano gia’ stati consi­derati insediamenti produttivi dalle sentenze

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GIURISPRUDENZA

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della Cassazione, sez. III, 21 giugno 1994,Scauri; 21 giugno 1993, Magnani; 17 mag­gio 1990, Campana).Il Supremo collegio ha posto in evidenza chedella contravvenzione di cui all’ articolo 59,comma 1, D.Lgs. n. 152/1999 (attualmentearticolo 137, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006),si risponde anche a titolo di colpa.Per la sussistenza dell’elemento soggettivo èsufficiente, quindi, che il comportamento il­lecito sia derivato da imperizia, imprudenzao negligenza.L’ignoranza della legge penale scusa l’auto­re dell’illecito soltanto se incolpevole a ca­

gione della sua inevitabilità (sentenza dellaCorte Costituzionale 23 marzo 1998, n.364) e, nella fattispecie in esame, corretta­mente è stato escluso che l’imputato abbiaassolto, con il criterio dell’ordinaria diligen­za, al cosiddetto ”dovere di informazione”,attraverso l’espletamento di tutti quegli ac­certamenti necessari ed utili per conseguirel’esatta conoscenza della normativa vigen­te. Né il convincimento della liceità dellapropria condotta può essere tratto da com­portamenti e da atti di organi amministrati­vi diversi da quelli preposti all’espletamentodella procedura autorizzatoria. l

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DICEMBRE 2008 ­ GENNAIO 2009Regione Ambito Estremi e nota

IGIENE E SICUREZZA

TOSCANAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 24 novembre 2008, n. 971«Approvazione linee d’indirizzo per la verifica dei controlli in materia di sicurezza alimentare»(in B.U. Toscana 3 dicembre 2008, n. 51)

MOLISEIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 19 settembre 2008, n. 932«Accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome, relativo a “Lineeguida applicative del Regolamento CE n. 853/2004 sull’igiene dei prodotti di origine animale(Repertorio atti n. 2477 del 9 febbraio 2006)” - Disposizioni Regionali per il riconoscimentodegli stabilimenti di produzione, lavorazione e deposito dei prodotti di origine animale»(in B.U. Molise 16 dicembre 2008, n. 28)

LIGURIAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1488«Intesa ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, leRegioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente l’attuazione del Piano diemergenza per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi»(in B.U. Liguria 17 dicembre 2008, n. 51)

LIGURIAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1489«Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulla proposta delMinistero della Salute concernente il “Piano Nazionale Integrato dei controlli 2007-2010 sullasicurezza alimentare»(in B.U. Liguria 17 dicembre 2008, n. 51)

LIGURIAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1490«Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano su “Lineeguida relative applicazioni Reg. CE della Commissione europea n. 2073/2005 che stabilisce icriteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari»(in B.U. Liguria 17 dicembre 2008, n. 51)

LIGURIAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1491«Intesa ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra Governo, leRegioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano su “Linee Guida vincolanti per lagestione operativa del sistema di allerta rapida per mangimi»(in B.U. Liguria 17 dicembre 2008, n. 51)

LIGURIAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1493«Intesa tra Governo, Regioni e PP.AA. TN e BZ su “Linee guida per l’esecuzioni dei controllitesi a garantire la sicurezza alimentare nell’ambito produzione e immissione sul mercato lattedestinato al trattamento termico e alla trasformazione»(in B.U. Liguria 17 dicembre 2008, n. 51)

RASSEGNA DI DELIBERE E LEGGI REGIONALIa cura di Sabrina Apicella, avvocato, NCTM Studio Legale Associato

Il contenuto è disponibile on­line all’indirizzowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com@

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LEGISLAZIONE

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LIGURIAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1494«Intesa ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 tra il Governo, leRegioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano in materia di vendita diretta di lattecrudo per l’alimentazione umana»(in B.U. Liguria 17 dicembre 2008, n. 51)

EMILIAROMAGNA

Igiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 17 novembre 2008, n. 1896«Semplificazione del Sistema HACCP per alcune imprese del settore alimentare»(in B.U. Emilia Romagna 17 dicembre 2008, n. 163)

MARCHEIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione Giunta Regionale 9 dicembre 2008, n. 1803«Recepimento dell’intesa, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della L. n. 31/2003, tra il Governo, leRegioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, n. 6/CSR del 24 gennaio 2008concernente l’attuazione del Piano per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi»(in B.U. Marche 19 dicembre 2008, n. 118)

TOSCANAIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione 15 dicembre 2008, n. 1067«Approvazione delle “Direttive per l’esecuzione dei controlli tesi a garantire la sicurezzaalimentare nell’ambito della produzione e immissione sul mercato del latte destinato altrattamento termico e alla trasformazione»(in B.U. Toscana 24 dicembre 2008, n. 54)

MARCHEIgiene dialimenti

e bevande

Deliberazione 15 dicembre 2008, n. 1858«Recupero d’intesa, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge n. 131/2003, tra Governo, leRegioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministero del lavoro,della salute e delle politiche sociali di modifica dell’intesa 15 dicembre 2005 (Rep. Atti n.2395) recante “Linee Guida per la gestione operativa del sistema di allerta per alimentidestinati al consumo umano»(in B.U. Marche 29 dicembre 2008, n. 120)

PIEMONTESicurezzadel lavoro

Legge Regionale 22 dicembre 2008, n. 34@ «Norme per la promozione dell’occupazione, delle qualità, della sicurezza e regolarità dellavoro»(in B.U. Piemonte 24 dicembre 2008, n. 52)

VALLED’AOSTA

Sicurezzadel lavoro

Decreto 12 dicembre 2008, n. 562«Composizione Comitato regionale di coordinamento in materia di sicurezza e salute sul lavoroai sensi dal D.P.C.M. 21 dicembre 2007 approvato con deliberazione della Giunta regionale n.3211 del 7 novembre 2008»(in B.U. Valle d’Aosta 30 dicembre 2008, n. 53)

PIEMONTESicurezzadel lavoro

Deliberazione Giunta Regionale 9 dicembre 2008, n. 8­10241«Modifica ed integrazione della D.G.R. n. 27-25387 del 2 settembre 1998 di istituzione delComitato regionale di coordinamento, già previsto dall’art. 27 del D.Lgs. 19 settembre 1994,n. 626, sostituito dall’art. 7 del D.Lgs. n. 81/2008, e delle successive DGR n. 28 - 2478 del 19marzo 2001 e n. 3 - 7933 del 28 dicembre 2007»(in B.U. Piemonte 31 dicembre 2008, n. 53)

UMBRIASicurezzadel lavoro

Deliberazione Giunta Regionale 10 dicembre 2008, n. 1718«L.R. 27/1994 e L.R. 1/2004. Progetto generale e di I Stralcio: “Campagna di informazione aidiversi soggetti in materia di sicurezza nei cantieri e D.U.R.C.”(in B.U. Umbria 31 dicembre 2008, n. 61)

LIGURIASicurezzadel lavoro

Deliberazione Giunta Regionale 28 novembre 2008, n. 1588«Comitato Regionale di Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia disalute e sicurezza sul lavoro ai sensi del D.P.C.M. 21 dicembre 2007 (Delib. G.R. 801/2008) -nomina componenti»(in B.U. Liguria 24 dicembre 2008, n. 52)

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LEGISLAZIONE

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PIEMONTESicurezzadel lavoro

Decreto Dirigenziale 29 ottobre 2008, n. 703«Istituzione di un gruppo temporaneo di lavoro cui attribuire l’obiettivo specifico di provvederealla definizione delle linee di indirizzo nonché alle valutazioni necessarie al fine dellapianificazione e del coordinamento delle attività di vigilanza degli SPreSAL nei luoghi di lavoro»(in B.U. Piemonte 8 gennaio 2009, n. 1)

TOSCANASicurezzadel lavoro

Deliberazione 22 dicembre 2008, n. 1155«D.Lgs. 81/2008 tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro ­ Approvazione schema progetto pilotaintegrato “Impresa sicura”»(in B.U. Toscana 8 gennaio 2009, n. 1)

LOMBARDIASostanzepericolose

Decreto Direttore Generale 18 novembre 2008, n. 13237@ «Approvazione del ‘Protocollo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperturein cemento amianto’ e contestuale abrogazione dell’algoritmo per la valutazione dellecoperture esterne in cemento amianto di cui alla D.G.R. n. 7/1439 del 4 ottobre 2000»(in B.U. Lombardia 9 dicembre 2008, n. 50)

LOMBARDIASostanzepericolose

Avviso di Rettifica n. 51/01 Se.O. 2008«Direzione Generale Sanità: D.D.G. n. 13237 del 18 novembre 2008 “Approvazione del‘Protocollo per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture in cemento amianto’e contestuale abrogazione dell’algoritmo per la valutazione delle coperture esterne in cementoamianto di cui alla D.G.R. n. 7/1439 del 4 ottobre 2000” pubblicato in BURL n. 50 SeriaOrdinaria del 9 dicembre 2008»(in B.U. Lombardia 15 dicembre 2008, n. 51)

AMBIENTE

TRENTINO A­AProvincia

autonomadi Bolzano

Acqua

Deliberazione Giunta Provinciale di Trento 17 ottobre 2008, n. 2671«Attuazione di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 35 della LP 27 agosto 1999, n. 3, comemodificato dall’art. 50 della LP 20 marzo 2000, n. 3, e successivamente integralmentesostituito dall’art. 28 della LP 22 marzo 2001, n. 3, concernenti criteri e modalità perl’applicazione delle tariffe del servizio di depurazione delle acque di rifiuto provenienti dainsediamenti civili e produttivi»(in B.U. Trentino Alto­Adige 2 dicembre 2008, n. 49)

FRIULIVENEZIAGIULIA

Acqua

Decreto Direttore centrale risorse agricole, naturali e forestali 21 novembre 2008,n. 3025«DPReg. 27 ottobre 2008, n. 0295/Pres. “Approvazione del Programma d’azione della regioneFriuli Venezia Giulia per la tutela ed il risanamento delle acque dall’inquinamento causato danitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zone vulnerabili, ai sensi del decretolegislativo n. 152 del 3 aprile 2006 e del decreto ministeriale 7 aprile 2006, lett. a), p. 2 art. 8,lett. b), p. 2 art. 9 e p. 1 art. 12: deroga al divieto temporale dell’utilizzazione agronomica deiletami, dei liquami, dei concimi azotati e degli ammendanti organici»(in B.U. Friuli Venezia Giulia 10 dicembre 2008, n. 50)

PIEMONTE Acqua

Decreto della Presidente della Giunta Regionale 16 dicembre 2008, n. 17/R«Regolamento regionale recante “Disposizioni in materia di progettazione e autorizzazioneprovvisoria degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane (Legge regionale 29dicembre 2000, n. 61)»(in B.U. Piemonte 18 dicembre 2008, n. 51)

PIEMONTE Acqua

Deliberazione Giunta Regionale 16 dicembre 208, n. 20­10277«Regolamento regionale recante “Disposizione in materia di progettazione e autorizzazioneprovvisoria degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane (Legge regionale 29dicembre 2000, n. 61)”. Approvazione»(in B.U. Piemonte 18 dicembre 2008, n. 51)

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LEGISLAZIONE

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TRENTINO A­AProvincia

autonomadi Bolzano

Acqua

Determinazione del Dirigente 21 novembre 2008, n. 238«Criteri per la fissazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni delle normein materia di utilizzazione delle acque pubbliche»(in B.U. Trentino Alto­Adige 23 dicembre 2008, n. 52)

TRENTINO A­AProvincia

autonomadi Bolzano

Acqua

Determinazione del Dirigente 9 dicembre 2008, n. 250«Modifica della determinazione n. 238 dd. 21 novembre 2008 avente ad oggetto “Criteri perla fissazione delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione delle norme in materia diutilizzazione della acque pubbliche»(in B.U. Trentino Alto­Adige 23 dicembre 2008, n. 52)

PIEMONTE Acqua

Decreto del Presidente della Giunta Regionale 22 dicembre 2008, n. 19/R«Regolamento regionale recante: “Ulteriori modifiche al regolamento 29 ottobre 2007, n. 10/R(Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli affluenti zootecnici e delle acque refluee programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (Legge regionale 29dicembre 2000, n. 61)”»(in B.U. Piemonte 18 dicembre 2008, n. 51)

PIEMONTE Acqua

Deliberazione Giunta Regionale 22 dicembre 2008, n. 99­10418«Regolamento regionale recante: “Ulteriori modifiche al regolamento regionale 29 ottobre2007, n. 10/R. (Disciplina generale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici edelle acque reflue e programma di azione per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)(Legge regionale 29 dicembre 2000, n. 61”)»(in B.U. Piemonte 18 dicembre 2008, n. 51)

BASILICATA Acqua

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008, n. 1888«D.Lgs. 152/06 art. 121 Piano regionale di tutela delle acque. Adozione»(in S.O. al B.U. Basilicata 16 dicembre 2008, n. 57)

VENETO Acqua

Deliberazione Giunta Regionale 9 dicembre 2008, n. 3825“Lr 27 marzo 1998, n. 5, art. 13, comma 6-bis. Ciclo integrato dell’acqua. Annualità 2008.Approvazione del programma annuale e modalità per la concessione di contributi: definizioneobiettivi prioritari in materia di ciclo integrato dell’acqua comma 1, lett. a), art. 48, Lr 3/2000 edefinizione interventi e iniziative che la Regione intende prioritariamente finanziare, comma 1,lett. c), art. 48, Lr 3/2000»(in B.U. Veneto 6 gennaio 2009, n. 2)

LAZIO Acqua

Deliberazione Giunta Regionale 24 ottobre 2008«Autorizzazioni generali per le emissioni in atmosfera ai sensi dell’art. 272, comma 2, per gliimpianti e le attività ricadenti nell’elenco di cui alla parte II dell’allegato IV alla parte V delD.Lgs. n. 152/2006. Provvedimento generale per la comunicazione di messa in esercizio e diavvio attività per gli impianti e attività di cui all’art. 272, comma 1 ed elencate nella parte Idell’allegato IV alla parte V del D.Lgs. n. 152/2006 e per gli impianti di cui al comma 14dell’articolo 269 del suddetto decreto»(in B.U. Lazio 13 dicembre 2008, n. 46)

PUGLIA Acqua

Legge Regionale 19 dicembre 2008, n. 44«Norme e tutela della salute, dell’ambiente e del territorio: limiti alle emissioni in atmosfera dipoliclorodibenzodiossina e policlorodibenzofurani»(in B.U. Puglia 23 dicembre 2008, n. 200)

TRENTINO A­AProvincia

autonomadi Bolzano

Acqua

Deliberazione Giunta Provinciale di Bolzano 24 novembre 2008, n. 4440«Aggiornamento deli allegati “A” e “B” della legge provinciale 16 marzo 2000, n. 8 “Normeper la tutela della qualità dell’aria»(in B.U. Trentino Alto­Adige 30 dicembre 2008, n. 53)

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LEGISLAZIONE

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TOSCANA Bonifica

Legge Regionale 30 dicembre 2008, n. 72«Modifiche alla legge regionale 5 maggio 1994, n. 34 (Norme in materia di bonifica)»(in B.U. Toscana 31 dicembre 2008, n. 46)

LIGURIA Certificazione

Deliberazione Giunta Regionale 21 novembre 2008 n. 1522«Supporto alla certificazione ambientale degli enti locali. Approvazione criteri e bando SGA2008-bis»(in B.U. Liguria 10 dicembre 2008, n. 50)

LOMBARDIA Energia

Deliberazione Giunta Regionale 22 dicembre 2008, n. 8/8745«Determinazione in merito alle disposizioni per l’efficienza energetica in edilizia e per lacertificazione energetica degli edifici»(in S.S. n. 2 del 15 gennaio 2009 al B.U. Lombardia 12 gennaio 2009)

VENETO IPPC

Deliberazione Giunta Regionale 9 dicembre 2008, n. 3826«Primi criteri per l’individuazione delle tariffe da applicare alle istruttorie di cui al decretolegislativo 18 febbraio 2005, n. 59. D.Lgs. n. 152/2006 s.m. ed i., D.Lgs. n. 59/2005 e D.M. 24aprile 2008»(in B.U. Veneto 19 dicembre 2008, n. 104)

LOMBARDIA IPPC

Deliberazione Giunta Regionale 30 dicembre 2008, n. 8/8831«Determinazioni in merito all’esercizio uniforme e coordinato delle funzioni trasferite alleprovince in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (art. 8, comma 2, L.r. n. 24/2006)»(in B.U. Lombardia 12 gennaio 2009, n. 2)

ABRUZZO IPPC

Deliberazione Giunta Regionale 27 novembre 2008, n. 1154«Delibera di Giunta Regionale 3 maggio 2006 n. 461 e successive modifiche ed integrazioniavente ad oggetto: D.Lgs. n. 59/2005 concernente “Attuazione integrale della direttiva96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento” e DeliberazioneGiunta Regionale 9 agosto 2004 n. 686 avente ad oggetto: D.Lgs. n. 372/99, concernente“Attuazione della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inqui-namento”: art. 4 punti 1), 2) e 3); art. 5); art. 9) punti 2) e 3); art. 15 punti 2) e 3).Adeguamento al Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare del24 aprile 2008»(in B.U. Abruzzo 16 gennaio 2009, n. 4)

LOMBARDIA Rifiuti

Decreto Direttore Generale 2 novembre 2008, n. 12868«Approvazione dell’atto di indirizzo recante “Definizione degli obiettivi di recupero degliimpianti di trattamento rifiuti urbani e speciali»(in B.U. Lombardia 1° dicembre 2008, n. 49)

CALABRIA Rifiuti

Ordinanza Commissario Delegato per il superamento della criticità ambientalenel territorio della Regione Calabria 7 novembre 2008, n. 7449«O.C. 4905/06 - Istituzione del Fondo per le misure di compensazione ambientale a favoredei Comuni solidali, sede di impianti di trattamento rr.ss.uu. e/o discariche pubbliche»(in B.U. Calabria 1° dicembre 2008, n. 23)

LAZIO Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 24 ottobre 2008, n. 755«Approvazione del documento tecnico “Criteri generali riguardanti la prestazione dellegaranzie finanziarie previste per il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio delle operazioni dismaltimento e recupero dei rifiuti ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006, dell’art. 14 delD.Lgs. n. 36/2003 e del D.Lgs. n. 59/2005”. Revoca deliberazione Giunta regionale n.4100/1999»(in B.U. Lazio 6 dicembre 2008, n. 45)

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LEGISLAZIONE

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BASILICATA Rifiuti

Legge Regionale 24 novembre 2008, n. 28«Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 febbraio 2001, n. 6 disciplina delle attivitàdi gestione dei rifiuti ed approvazione del relativo piano»(in B.U. Basilicata 1° dicembre 2008, n. 55)

PUGLIA Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 18 novembre 2008, n. 2197«Modalità di recupero della frazione secca da rifiuti solidi urbani residuali da attività di raccoltadifferenziata. Modifica e integrazione del Piano di gestione dei rifiuti in Puglia approvato condecreti commissariali n. 41 del 6 marzo 2001, n. 296 del 30 settembre 2002 e n. 187 del 9dicembre 2005. Adozione definitiva»(in B.U. Puglia 18 dicembre 2008, n. 197)

LOMBARDIA Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 3 dicembre 2008, n. 8/8571«Atto di indirizzo alle province per il rilascio delle autorizzazioni in merito alle attività dimiscelazione dei rifiuti»(in B.U. Lombardia 22 dicembre 2008, n. 52)

TOSCANA Rifiuti

Decreto 12 dicembre 2008, n. 5972@ «L.R. 25/98 s.m.i. ­ modifica decreto dirigenziale n. 4336 del 26/09/2008 “L.R. 25/1998 art.30­bis ­ Certificazione dell’efficienza della raccolta differenziata dei rifiuti urbani relativaall’anno 2007 finalizzata al pagamento del tributo in discarica»(in B.U. Toscana 24 dicembre 2008, n. 54)

LIGURIA Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 28 novembre 2008, n. 1567«Indirizzi operativi per lo svolgimento delle funzioni connesse alle procedure semplificate diautorizzazione alle attività di recupero di rifiuti non pericolosi e pericolosi di cui agli artt. 214e seguenti del D.Lgs. n. 152/2006»(in B.U. Liguria 24 dicembre 2008, n. 52)

PUGLIA Rifiuti

Determinazione del Dirigente servizio finanze 4 dicembre 2008, n. 65«Approvazione e pubblicazione modello di dichiarazione fiscale per tributo speciale per ilconferimento in discarica di rifiuti»(in B.U. Puglia 24 dicembre 2008, n. 201)

MARCHE Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 15 dicembre 2008, n. 1829«Attuazione commi 2 e 4 art. 2 L.R. n. 15/1997 “Disciplina del tributo speciale per il depositoin discarica dei rifiuti solidi” così come modificata dalla LR n. 20/2008 ­ Individuazione deglistandard operativi ed applicativi degli impianti di recupero dei rifiuti ­ Revoca D.G.R. n.340/2008»(in B.U. Marche 29 dicembre 2008, n. 120)

TRENTINO A­AProvincia

autonomadi Bolzano

Rifiuti

Deliberazione Giunta Provinciale di Bolzano 6 ottobre 2008, n. 3626«Iscrizione nella categoria 2 dell’albo nazionale gestori ambientali per la raccolta e il trasportodi rifiuti non pericolosi inviati ad impianti autorizzati ai sensi dell’art. 26 della LP n. 4/2006»(in B.U. Trentino Alto­Adige 30 dicembre 2008, n. 53)

ABRUZZO Rifiuti

Determinazione 10 dicembre 2008, n. DN3/334«L.R. 19 dicembre 2007, n. 45 e s.m.i. ­ Art. 8, comma 4, lett. a). “CARIREAB” WebApplication. Catasto Rifiuti Regione Abruzzo. Approvazione ed avvio del sistema dal 1°gennaio 2009»(in B.U. Abruzzo 14 gennaio 2009, n. 3)

ABRUZZO Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 4 dicembre 2008, n. 1190«L.R. 19.12.2007, n. 45. Protocollo d’intesa denominato: “100% compostaggio domestico” ­Progetto sperimentale per la realizzazione di un sistema integrato domiciliare di raccolta deirifiuti urbani. Approvazione»(in B.U. Abruzzo 14 gennaio 2009, n. 3)

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LEGISLAZIONE

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ABRUZZO Rifiuti

Deliberazione Giunta Regionale 4 dicembre 2008, n. 1192«L.R. 19.12.2007, n. 45 commi 10, 11 e 12 “Direttive in materia di varianti degli impianti dismaltimento e/o recupero di rifiuti»(in B.U. Abruzzo 14 gennaio 2009, n. 3)

PUGLIATutela

ambientale

Legge Regionale 19 dicembre 2008, n. 41«Integrazione alla legge regionale 14 giugno 2007, n. 17 (Disposizioni in campo ambientale,anche in relazione al decentramento delle funzioni amministrative in materia ambientale)»(in B.U. Puglia 23 dicembre 2008, n. 200)

FRIULIVENEZIAGIULIA

Tutelaambientale

Legge Regionale 5 dicembre 2008, n. 16«Norme urgenti in materia di ambiente, territorio, edilizia, urbanistica, attività venatoria, rico-struzione, adeguamento antisismico, trasporti, demanio marittimo e turismo»(in S.O. n. 27 al B.U. Friuli Venezia Giulia 10 dicembre 2008, n. 50)

PIEMONTETutela

ambientale

Deliberazione Giunta Regionale 24 novembre 2008, n. 22 ­ 10126«Intesa istituzionale di programma - Accordi di Programma Quadro in materia di risorse delFondo Aree sottoutilizzate e dai Piani di Tutela ambientale. Approvazione nuovi interventi adintegrazione dell’Accordo di Programma Quadro in materia di Risorse idriche del 18 dicembre

2002»(in B.U. Piemonte 18 dicembre 2008, n. 51)

FRIULIVENEZIAGIULIA

Tutelaambientale

Decreto del Presidente della Regione 12 dicembre 2008, n. 0335/Pres.«Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione ai Comuni dei finanziamentiprevisti dall’art. 37, comma 1, della legge regionale 18 giugno 2007, n. 16 (Norme in materiadi tutela dall’inquinamento atmosferico e dall’inquinamento acustico)»(in B.U. Friuli Venezia Giulia 24 dicembre 2008, n. 52)

PIEMONTETutela

paesaggistica

Legge Regionale 1° dicembre 2008, n. 32«Provvedimenti urgenti di adeguamento al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codicedei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)»(in B.U. Piemonte 4 dicembre 2008, n. 49)

LIGURIATutela

paesaggistica

Deliberazione Giunta Regionale 22 dicembre 2008, n. 1788«L.r. 4 luglio 2008, n. 24: individuazione degli enti che esercitano le funzioni amministrative inmateria di vincolo idrogeologico»(in B.U. Liguria 14 gennaio 2009, n. 2)

Ambiente&Sicurezza è ilquindicinale de Il Sole 24 ORErivolto ad imprese, enti pubblici,consulenti e professionistitecnici che operano nei settoridell’ambiente, dell’igienee della sicurezza sul lavoro.

A partire dal 2008 Ambiente&Sicurezza si presenta con una nuova struttura editoriale, una grafica funzionale e, per un’informazione ancora più specialistica e mirata, due nuovi supplementi periodici di approfondimento:· Tecnologie&Soluzioni per l’ambiente· Lavoro Sicuro

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ATTUALITÀ

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LE NEWS DI A&Sa cura di Maria Luisa Felici, giornalista

SICUREZZA SUL LAVORO

Rapporto Regionale INAIL della Basilicata(http://www.inail.it/repository/ContentManagement/information/N1185789323/RappBasilicata07.pdf)

Il Rapporto Regionale INAIL della Basilicata evi­denzia una diminuzione del numero degli infortu­ni, passati dai 6.833 del 2006 ai 6.497 del 2007,con una diminuzione del 4,92%. Il Rapporto sot­tolinea la necessità di mettere in relazione questidati con due fattori fondamentali: in primo luogocon il sistema economico lucano, in fase di sta­gnazione, in secondo luogo, con la ridotta occu­pazione. Inoltre, se nelle medie e grandi imprese illivello di sicurezza è abbastanza elevato, non cosìpuò dirsi nelle piccole imprese, in cui è anchealtrettanto elevato il ricorso al lavoro sommerso.Esaminando le denunce presentate all’INAIL Basi­licata, il settore con il maggior numero di infortuniè quello dell’Industria e Servizi, con 5.106 eventi,di cui 13 mortali, seguito da Agricoltura, con1.105 casi, e Dipendenti Conto Stato, con 286eventi. Il settore Industria, in particolare, ha tota­lizzato 2.019 infortuni nel corso del 2006, di cui 5mortali, Artigianato 849 eventi di cui 2 mortali, ilTerziario 976, con 3 mortali, e Altre Attività 743,con 2 mortali. Le attività economiche con il mag­gior numero di infortuni sul lavoro denunciatiall’INAIL Basilicati nel periodo 2005­2007 e in­dennizzati al 30 aprile 2008 sono state: costruzio­ni, pubblica amministrazione, industrie fabbrica­zione mezzi di trasporti, trasporti e comunicazionie altre attività economiche non determinate.Il fenomeno degli infortuni in itinere è in forteascesa, essendo il pendolarismo da e per le zoneindustriali estremamente diffuso anche su per­corsi particolarmente lunghi, in particolare nellaprovincia di Potenza, caratterizzata dalla pre­senza di rilevanti insediamenti industriali, sia peril settore Agricoltura che per quello dell’Indu­stria e Servizi. Complessivamente sono stati de­nunciati all’INAIL 1.439 eventi, a cui occorreaggiungere gli infortuni stradali che ammonta­no a 584, di cui 6 mortali. Anche in questo casoPotenza è la provincia che registra il maggiornumero di eventi infortunistici. Il numero di in­fortuni legati alla presenza di stranieri è in au­

mento sia nella provincia di Matera che in quelladi Potenza, con complessivamente 48 casi, 9 inpiù rispetto al 2006, nel settore Agricoltura, e229 casi, con una differenza di 15 unità rispettoall’anno precedente, nell’Industria e Servizi.Gli infortuni legati ai lavoratori parasubordinati e agliinterinali sono in diminuzione, rispettivamente 23 e83, con un decremento del 32,35% e del 54,64%.Le malattie professionali rappresentano uno deifenomeni legati all’età industriale e sono in conti­nuo aumento a causa dei rischi derivanti dalle ma­nipolazioni di sostanze nocive alla salute. Nel 2007le denunce presentate sono state 18 nel settoreAgricoltura e 314 per il settore Industria e Servizi, dicui, rispettivamente, 4 e 131 per la provincia diMatera e 14 e 183 per la provincia di Potenza.

***ACQUE

Rapporto ISPRA “Residui di prodotti fitosanita­ri nelle acque ­ Rapporto annuale, dati 2006”(http://www.apat.gov.it/site/_files/pubblicazioni/Resi-dui_prodotti_fitosanitari_acque_prima_parte.pdf)

Proseguendo l’attività dell’APAT­Agenzia Protezio­ne Ambiente e Territorio iniziata nel 2003 con ilcoordinamento del piano nazionale di monitorag­gio dei fitosanitari nelle acque, l’ISPRA­Istituto Su­periore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ilnuovo ente subentrato all’APAT nel corso del 2008,ha pubblicato un Rapporto in cui si espone la situa­zione della contaminazione delle acque italiane adopera dei prodotti comunemente utilizzate per laprotezione delle piante.I fitosanitari sono sostanze chimiche adatte acombattere organismi nocivi per le produzioniagricole, ma potenzialmente pericolosi anche pergli organismi viventi e per l’essere umano. Nelnostro Paese ogni anno sono utilizzato 300 tipi disostanze diverse per un quantitativo totale pari acirca 150.000 tonnellate all’anno.Il Rapporto è stato realizzato utilizzando i dati tra­smessi da 18 regioni, per un totale di 3.403 punti dimonitoraggio, 11.703 campioni e 439.305 deter­minazioni analitiche, con un aumento, rispetto aglianni precedenti, della copertura territoriale e dellasignificatività delle indagini.

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ATTUALITÀ

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Leacquesuperficiali, indagateattraverso1.123pun­ti di monitoraggio, 6.968 campioni e 280.622 misu­re, presentano residui di prodotti fitosanitari in 644siti, pari al 57,3% del totale, e 2.655 campioni. Nel36,6% dei siti, ovvero 411 punti di monitoraggio, leconcentrazioni di alcuni fitosanitari sono superiori ailimiti previsti dalla legge per le acque potabili.Le acque sotterranee sono state invece oggetto di2.280 punti di monitoraggio, 4.735 campioni e158.683 determinazioni analitiche. Di questi, 707siti, pari al 31,5% del totale, e 1.085 campionisono risultati contaminati da prodotti fitosanitari.Complessivamente sono state ricercate nelle acque331 sostanze: 315 nelle acque superficiali e 275 inquelle sotterranee. 131 le sostanze rilevate: 125nelle acque superficiali e 53 in quelle sotterranee.Tra esse, 78 erbicidi, 58 insetticidi e 29 fungidici. Nel91,5% delle 9.477 misure positive totali per le ac­que superficiali e sotterranee l’inquinamento derivada erbicidi. Le sostanze più rilevate nelle acque su­perficiali sono: Quinclorac, Terbutilazina e il suometabolita Terbutilazina­desetil, Glifosate, Atrazinae il suo metabolita Atrazina­desetil, Simazina, Me­tolaclor, Cloridazon Oxadiazon, Promicidone, Ben­tazone, Azinfos­metile. Le acque sotterranee mo­strano invece evidenti segni di inquinamento daTerbutilazina, Bentazone, Terbutilazina­desetil,Atrazina, Atrazina­desetil, Simazina, 2,6­dicloro­benzammide, Metolaclor, Esazinone.Tra gli inquinanti più diffusi, la Terbutilazina èimpiegata nella coltura del mais e del sorgo einteressa in particolare l’area padano­veneta e ilcentro­sud. L’Atrazina, invece, è una sostanza or­mai da molto tempo fuori commercio e l’inquina­mento rilevato può dipendere da un residuo dellaforte contaminazione avvenuta nel passato.Una considerazione a parte meritano le miscele disostanze diverse, la cui presenza nei campionianalizzati e le lacune conoscitive sui possibili ef­fetti cumulativi che possono derivarne impongo­no una necessaria cautela anche verso i livelli dibassa contaminazione.

***TUTELA AMBIENTALE

Indicatori ambientali per il territoriodella provincia di Novara(http://www.arpa.piemonte.it/index.php?modu-le=ContentExpress&func=display&ceid=804)

Facendo seguito al programma operativo appro­vato dal Comitato di Coordinamento provinciale

per l’anno 2008, l’ARPA Piemonte ha realizzatoun rapporto riguardante lo stato dell’ambientedella provincia di Novara, la prima pubblicazioneche analizza la situazione a livello provinciale.Gli indicatori ambientali selezionati per predispor­re il documento evidenziano alcuni punti signifi­cativi. Ad aprile 2008 risultavano complessiva­mente 25 gli stabilimenti a rischio di incidenterilevante, che ponevano la provincia di Novara alsecondo posto in Piemonte per numero, dopoTorino. A seguito di una recente modifica inter­pretativa della normativa di settore, gli insedia­menti nel territorio provinciale sono diventati 28.Per quanto riguarda i rifiuti urbani, tutti i comunidella provincia novarese hanno raggiunto e supe­rato l’obiettivo di raccolta differenziata del 45%stabilito dal D.Lgs. n. 152/2006 per l’anno 2008,con punte tra il 70 e il 75%. Relativamente ai rifiutispeciali pericolosi, la provincia di Novara si collocaseconda in Piemonte per quantità prodotta, seb­bene la maggior parte siano avviati al recupero.L’Anagrafe Regionale dei siti contaminati al 2007,anno di riferimento per il rapporto, contava 164siti in provincia di Novara, circa il 20% del totalepiemontese, 71 classificati come siti con interven­to non necessario, 20 con approvazione definitivadel progetto di bonifica e 12 con iter concluso.Rapportando il numero dei siti alla popolazioneresidente o alla superficie, i valori ottenuti sonodecisamente superiori alla media piemontese, inparte dovuti alla presenza di un fitto tessuto pro­duttivo, in parte all’efficacia delle indagini messein campo negli ultimi anni.Le emissioni sonore rumorose sono state oggettodi numerosi esposti e segnalazioni pervenuti adArpa Piemonte nel periodo 2005­2007 tramiteComuni, Provincia, Prefettura, Magistratura, indi­cando una situazione critica nel capoluogo, inalcuni comuni della fascia est della provincia e nelborgomanerese. Le sorgenti principali sono costi­tuite dalle attività produttive, ma è significativo ilcontributo di pubblici esercizi e circoli privati, atti­vità di servizio/commerciali, discoteche e anchedai sorvoli degli aeromobili in partenza dal limitro­fo aeroporto di Malpensa, in Lombardia.I Piani di Classificazione Acustica sono strumentifondamentali per affrontare il problema della ri­duzione e del contenimento dell’inquinamentoacustico nel territorio. A fine 2007, il 63% deicomuni della provincia ha ottenuto l’approvazio­ne del piano, mentre il 31% ha presentato laproposta di zonizzazione.Per quanto riguarda i campi elettromagnetici, ilterritorio provinciale evidenzia un notevole incre­

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ATTUALITÀ

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mento delle installazioni per telefonia mobile,con una densità (impianti/km2) superiore alla me­dia regionale, sebbene la densità degli impiantirispetto alla popolazione residente sia in linea conil valore del territorio piemontese.La qualità dell’aria, con i dati riferiti al 2007, con­ferma la tendenza ad un generale miglioramentodei livelli di inquinamento da monossido di carbo­nio, anidride solforosa, piombo, benzene e unasituazione relativamente costante o di leggero de­cremento per i livelli di ossidi di azoto e PM10 neiperiodi invernali e dell’ozono nei periodi estivi. Leconcentrazioni delle polveri PM10 risultano elevatesu tutto il territorio provinciale con superamenti dellimite annuale, 40 µg/m³, nell’area urbana del ca­poluogo, nel comune di Oleggio e in quello diCerano. Le concentrazioni riscontrate per il biossi­do di azoto presentano valori elevati in alcune sta­zioni, vedi Novara, Oleggio e Biandrate, e valoriprossimi al limite di 40 µg/m³ in altre località.I dati relativi ai corsi d’acqua monitorati nellaprovincia di Novara rilevano come negli ultimi

anni i siti con uno stato ”buono” e ”sufficiente”siano in aumento, sebbene nessun punto moni­torato raggiunga lo stato ”elevato”.Positiva è la qualità dei laghi e la balneabilità, consoli due punti critici.Lo stato chimico delle acque sotterranee presentapiù del 60% dei punti monitorati in classe 1(40%) e classe 2 (24%), quindi con buone carat­teristiche idrochimiche e a ridotto impatto antro­pico. La falda superficiale presenta invece il 33%dei punti filtranti in classe 4, apparentementeesposti a compromissione qualitativa, ma in realtàcausati da una modifica del protocollo analitico,che, abbassando il limite di quantificazione, haportato ad un aumento dei casi di inquinamento.Tuttavia circa il 50% dei siti monitorati rientranelle classi 2 (impatto antropico ridotto e buonequalità idrochimiche) e 1 (qualità pregiata).Per quanto riguarda la certificazione ambientale,si registrano, nel 2006, 3 certificazioni EMAS, 41ISO 14001, 1 con etichetta ECOLABEL Europeo e1 EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto). l

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Klimahouse a BolzanoIl successo dell’efficienza energetica e della sostenibilità in edilizia

“Klimahouse 09” ritorna a Fiera Bolzano, forte del successo ottenuto nell’edi-zione di gennaio 2008, dal 22 al 25 gennaio 2009 con un ricchissimo programmadi contorno. Il cuore della manifestazione è il quarto congresso internazionale“Costruire il Futuro” con relatori di fama internazionale. Nei padiglioni di FieraBolzano presso il forum gli espositori di “Klimahouse“ che lo vorranno, pos-sono presentare agli operatori il meglio della propria produzione. Per proget-tisti, architetti e per tutti quelli che operano nel mondo dell’edilizia sono inprogramma visite guidate a case clima presenti sul territorio (edifici unifamiliari,condomini ed edifici pubblici).Nel settore delle costruzioni esistono alternative tecniche ed economiche per ilrisparmio energetico e la salvaguardia ambientale, a “Klimahouse” 380 aziendedall’Italia e dall’estero espongono, su una superficie di 25.000 m², per offrire le so-luzioni più adatte nel campo dell’edilizia abitativa e nel rispetto dell’ambiente.

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Alivello mondiale le abitazioni sono responsabili per il 40per cento del consumo energetico. In Italia addiritturapiù dell’80 per cento delle abitazioni evidenziano gravi

carenze dal punto di vista energetico. Ed è proprio qui che conil nostro modello “Casaclima” – ideato, pensato e realizzato inAlto Adige – riusciamo a dare la giusta risposta a questa sfidadell’efficienza energetica. Per quantoriguarda le nuove costruzioni già da qualche anno abbiamo rag-giunto, tramite una rigorosa legislazione provinciale, la nostrameta di far diventare standard un’alta efficienza energetica.Adesso dobbiamo puntare con forza al risanamento energetico degli edifici vecchi – di al-meno ogni quarta abitazione esistente. Questo può funzionare però soltanto, se i citta-dini riconoscono la necessità di un intervento energeticamente efficiente, se i presuppostilegislativi e fiscali siano favorevoli e se viene prestata una forte dose di informazione econsulenza in merito.La nostra politica energetica già parecchi anni fa con grande previsione e responsabilità ha in-trapreso la strada giusta per un futuro all’insegna dell’era solare. Con l’istituzione di un’appo-sita Agenzia CasaClima sussiste ora il garante per uno sviluppo professionale del modello

CasaClima – anche aldilà dei confiniprovinciali. L’omonima fiera Klima-house rappresenta ormai la piattaformaideale a far conoscere questo knowhow altoatesino, a mettere in rete ope-ratori e mondo imprenditoriale. L’obiet-tivo è chiaro: dare le risposte giuste allesfide centrali quali la tutela del clima, lagaranzia dell’approvvigionamentod’energia e la sostenibilità, per non par-lare del rinforzo della concorrenzialitàdelle nostre imprese. Perché accanto aidue pilastri di una moderna politicaenergetica che sono il risparmio ener-getico e le energie rinnovabili, il terzopilastro va cercato nell’incremento del-l’efficienza energetica nel settore edili-zio. E la nostra chiave di successo inquest’ambito si chiama CasaClima!

Dott. Michl LaimerL’assessore provinciale all’urbanistica,

energia e ambiente

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Klimahouse 09: Gli highlights del convegno internazionale

Si intitola “Costruire il futuro” il tradizionale convegno internazionale di “Klimahouse”,fiera internazionale specializzata per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia,che si svolgerà a Fiera Bolzano dal 22 al 25 gennaio 2009. “Costruire il futuro” è un ti-tolo che racchiude più significati: l’edilizia abitativa è per tutti, è nel passato, ma è anchenel presente e soprattutto nel futuro; l’edilizia comunica la sua azione, progettuale e so-ciale e l’architettura CasaClima si fa conoscere soprattutto per i valori che comunica.

Gli highlights del congresso 2009 “Costruire il futuro”sono estremamente ambiziosi e stimolanti. Si parleràdi materiali innovativi, nuove tecnologie e metodolo-

gie attraverso esempi pratici che forniranno informazioni inmerito agli ultimi materiali introdotti sul mercato e alle ultimetecnologie sviluppate per il riscaldamento e per il raffresca-mento degli edifici e saranno presentate anche moderne me-todologie di costruzione. Un’altro dei principali obiettivi della quarta edizione delcongresso è proprio quello di proporre alle centinaia di isti-tuzioni, cooperative ed organi, ma anche agli operatori,progettisti ed imprese, un’immagine diversa dell’ediliziaabitativa sociale e di dimostrare che l’edilizia si situa in uncontesto sociale ed è davvero di tutti e per tutti. Il terzo pilastro sul quale verterà questa quarta edizione del congresso internazionale è difondamentale importanza per lo sviluppo dell’edilizia abitativa nel rispetto ambientale; at-traverso esempi concreti saranno fornite nuove idee e nuove strade da percorrere per riuscirea sensibilizzare a tutti i livelli, dallo Stato alle Regioni e ai Comuni fino ai singoli cittadini, sul-l’importanza di costruire e ristrutturare case ed edifici rendendoli energeticamente efficientie sostenibili. Saranno proposti nuovi accorgimenti per fare in modo che ognuno di noi sisenta responsabile di trovare soluzioni per risparmiare energia, presupposto che ad oggi è

pressoché essenziale.“Klimahouse 09” sarà accessibile dal 22 al 25gennaio 2009 dalle ore 9 alle ore 19. I primi duegiorni di fiera sono riservati ai soli operatoriprevia registrazione, mentre sabato 24 e do-menica 25 gennaio 2009 la fiera è aperta a tutti.Le iscrizioni al convegno sono aperte ad uncosto di: 30 euro (1 giorno), 50 euro (2 giorni) e70 euro (3 giorni).Tutte le informazioni su Klimahouse 09 sonosempre aggiornate alla pagina www.klima-house.it

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Giovedì, 22 gennaio 2009 / ore 14.00 - 18.00

APPLICAZIONI INNOVATIVE DI RISPARMIO E DI EFFICIENZAENERGETICA NELL’EDILIZIA SOCIALE.

ore 14.00 - 14.15 - KONRAD BERGMEISTER (Presidente dell’AgenziaCasaClima)Saluto e introduzione.

ore 14.15 - 14.30 - ALBERT PÜRGSTALLER (Presidente dell’Istitutoper l’Edilizia Sociale della Provincia di Bolzano / IPES)Introduzione

ore 14.30 - 15.00 - BRUNO GOTTER (Direttore della RipartizioneTecnica dell’IPES)Strategia di risparmio energetico nell’ Edilizia Sociale in Provinciadi Bolzano.

ore 15.00 - 15.30 - LUIGI FAZARI (Ripartizione Tecnica ATC Torino)Intervento di riqualificazione energetica in un quartiere di Torino.

ore 15.30 - 16.00 - GIANFRANCO MINOTTI (Direttore Tecnico IPES)Risanamento energetico di un edificio esistente a Bolzano concaratteristiche CasaCLima B.

ore 16.00 - 16.30 PAUSA CAFFÈ

ore 16.30 - 17.15 - WOLFGANG RITSCH (Libero professionista aDornbirn - Austria)Esempi ed esperienze di risparmio energetico nell’edilizia residen-ziale Austria, Svizzera, Germania.

ore 17.15 - 17.30 - LUCA DEVIGILI (Agenzia CasaClima)ATER Perugia a Spolento - Progetto pilota CasaClima per un’ediliziaresidenziale pubblica ad elevato risparmio.

ore 17.30 - 18.00 - Resumè e discussione.

Venerdì, 23 gennaio 2009 / ore 9.00 - 18.00

COSTRUIRE NELLA SOSTENIBILITÀ.

ore 9.00 - 9.30 - MICHL LAIMER (Assessore provinciale all’urbanistica,ambiente ed energie)Saluto e introduzione.

ore 9.30 - 10.00 - MATTEO THUN (Architetto e Designer, Milano)Architettura nelle Alpi.

ore 10.00 - 10.30 - GEORG REINBERG (ufficio architettura ReinbergZT GmbH)Architettura come mezzo per la sostenibilità e sostenibilità comemezzo per una nuova architettura.

ore 10.30 - 11.00 - PAUSA CAFFÈ

ore 11.00 - 11.30 - ARIO CECCOTTI (Ivalsa)Sofie - La casa che registe a terremoti ed incendi.

ore 11.30 - 12.00 - SIEGFRID CAMANA (Presidente ANAB)Costruire biologicamente - un investimento per il benessere.

ore 12.00 - 12.30 - ULRICH KLAMMSTEINER (Responsabile repartotecnico dell’ Agenzia CasaClima)XClima - Il sistema online innovativo con numerosi strumenti di lavoroper il settore edile.

ore 12.30 - 14.30 - PAUSA PER UNA VISITA IN FIERA

ore 14.30 - 15.00 - TILMANN E. KUHN (Fraunhofer Institut für SolareEnergiesysteme ISE)Sistemi solari integrati in struttura trasparenti.

ore 15.00 - 15.20 - EVELYN SELVA (Responsabile reparto formazionedell’Agenzia CasaClima)CasaClima Oro - Nuove offerte di formazione per costruzioni sostenibili.

ore 15.20 - 15.50 - HILDEGUND MOETZL (IBO Vienna - Austria)KlimaHaus Nature - Materiali ecologici nella CasaClima Natura.

ore 15.50 - 16.10 - ANDREAS FRANZELIN (Responsabile repartoComunicazione dell’Agenzia CasaClima)Prodotti CasaClima - La finestra certificata CasaClima.

ore 16.10 - 16.30 - PAUSA CAFFÈ

ore 16.30 - 16.50 - ANDREA MIORANDI (Idecom)Sportello Energivivo CasaClima - Uno strumento di comunicazioneper le pubbliche amministrazioni.

ore 16.50 - 17.05 - KURT SCHÖPFER (Wolf Haus)Asilo in Bioedilizia (Bologna).

ore 17.05 - 17.30 - HELMUTH PROFANTER (Product Manager delladitta Röfix)Direttiva di posa per i sistemi di isolamento termico - Applicazionipratiche.

ore 17.30 - 17.45 - FRANCESCA RIGHETTI (Glas Müller Vetri Spa)Vetri tripli e giunto caldo: miglioramento dell’ efficienza energeticadella finestra.

ore 17.45 - 18.00 - ANDREA FERRO (Celenit Spa)Soluzioni di isolamento in lana di legno mineralizzata per il benes-sere abitativo, risparmio energetico e comfort acustico.

Sabato, 24 gennaio 2009 / ore 9.00 - 13.00

L’ INNOVAZIONE A SERVIZIO DELLA SOSTENIBILITÀ ENERGETICA.

ore 9.00 - 9.30 - NORBERT LANTSCHNER (Direttore dell’AgenziaCasaClima)Il manifesto per la sostenibilità: un decalogo per i progettisti.

ore 9.30 - 10.00 - CONRAD LUTZ (Lutz conrad architecte, Givisiez)Costruire e risanare con MINERGIE-P e MINERGIE-ECO - Esempi dicase ed uffici realizzate.

ore 10.00 - 10.30 - STEFAN HITTHALER Della CasaClima al territorio clima.

ore 10.30 - 10.45 - PAUSA CAFFÈ

ore 10.45 - 11.15 - MANUEL BENEDIKTER (Architetto e relatoredell’ Agenzia CasaClima)Visto da vicino - Esempi di riqualificazione energetica.

ore 11.15 - 11.45 - GERHARD MAHLKNECHT e KURT EGGER(Architetti)L’asilo di Monguelfo - Un esempio per il risanamento.

ore 11.45 - 12.15 - NORBERT KLAMMSTEINER (Ingeniere, liberoprofessionista e docente)Applicazioni di impiantistica innovativa - Presentazione di un progetto.

ore 12.15 - 12.30 - DAVID HERZOG (Hoval Italia)Il risparmio energetico, le nuove energie per il clima.

ore 12.30 - 12.45 - STEPHAN REISIGL (Alpi Fenster)La finestra nel contesto del basso consumo energetico.

ore 12.45 - 13.00 - DIETMAR HOLZNER (Istituto Tecnico Industriale"Oskar von Miller", Merano)Progetto di ricerca "Climacubes" - Presentazione del progetto eprimi risultati di misurazione.

Programma Convegno

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