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Incontro di programmazione pastorale a Scalea il 1 novembre 2011 - Scheda di lavoro La Chiesa: Casa e scuola di Comunione (2009/2011) Su quali valori costruire la speranza A noi oggi è affidata questa grave eredità sociale e spirituale, continuare un cammino che la Chiesa ha percorso in questa comunità, vivendo dedizioni spesso eroiche che noi non dobbiamo dimenticare e dalle quali abbiamo molto da imparare per continuare, come i nostri padri, l’impegno di costruire la speranza per i nostri figli che forse si sentono trascurati nelle loro attese. La nostra città, continua ad essere, come abbiamo già detto, profondamente segnata dalla tradizione religiosa cristiana e in particolare dalla profonda devozione all’Immacolata Concezione, ma nel contempo è particolarmente bisognosa, come tante comunità di antica cristianità di una nuova evangelizzazione capace di restituire ai battezzati la freschezza della novità che Gesù Cristo rappresenta per ogni uomo di ieri, di oggi e di sempre. Non dobbiamo illuderci dei trascorsi storici, né sognare situazioni idilliache che non esistono più. E’ evidente anche a uno sguardo superficiale che c’è bisogno di un lungo lavoro pastorale orientato a ricomporre il collante spirituale della città. Inoltre, soprattutto la componente giovanile è assoggettata al martellante bombardamento ideologico del materialismo, del consumismo orientato a trasformarli in consumatori, né va dimenticato che anche nei nostri ambienti è presente il dramma giovanile delle tante droghe con tutto ciò che questo determina in ordine al coinvolgimento delle famiglie sia dal punto di vista economico, sia da quello psicologico. Perciò riteniamo necessario incoraggiare a perseguire, ancora una volta con linearità e coerenza, l’impegno di annunciare la Buona Notizia della risurrezione del Signore. Questa notizia è la vera novità per la vita dell’uomo di ogni tempo, una novità che ha sempre alimentato l’anelito alla santità, e che ha incoraggiato alla speranza la comunità cristiana anche nelle situazioni più difficili da affrontare. Questa speranza che nasce dall’incontro personale con Gesù Cristo risorto si trasmette attraverso: l’Ascolto e l’Annuncio della Parola che il Signore ci ha affidato; la Vita di Comunione celebrata attorno alla Mensa del Signore; la Testimonianza dell’Amore/Carità che dobbiamo vivere e diffondere in tutti i cuori. Perseguendo fedelmente questi itinerari formativi riteniamo di poter valorizzare questi valori, che sono basilari nella vita della comunità cristiana:

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Incontro di programmazione pastorale a Scalea il 1 novembre 2011 - Scheda di lavoro

 

La Chiesa: Casa e scuola di Comunione (2009/2011)

Su quali valori costruire la speranza

A noi oggi è affidata questa grave eredità sociale e spirituale, continuare un cammino che la Chiesa ha percorso in questa comunità, vivendo dedizioni spesso eroiche che noi non dobbiamo dimenticare e dalle quali abbiamo molto da imparare per continuare, come i nostri padri, l’impegno di costruire la speranza per i nostri figli che forse si sentono trascurati nelle loro attese.

La nostra città, continua ad essere, come abbiamo già detto, profondamente segnata dalla tradizione religiosa cristiana e in particolare dalla profonda devozione all’Immacolata Concezione, ma nel contempo è particolarmente bisognosa, come tante comunità di antica cristianità di una nuova evangelizzazione capace di restituire ai battezzati la freschezza della novità che Gesù Cristo rappresenta per ogni uomo di ieri, di oggi e di sempre. Non dobbiamo illuderci dei trascorsi storici, né sognare situazioni idilliache che non esistono più. E’ evidente anche a uno sguardo superficiale che c’è bisogno di un lungo lavoro pastorale orientato a ricomporre il collante spirituale della città. Inoltre, soprattutto la componente giovanile è assoggettata al martellante bombardamento ideologico del materialismo, del consumismo orientato a trasformarli in consumatori, né va dimenticato che anche nei nostri ambienti è presente il dramma giovanile delle tante droghe con tutto ciò che questo determina in ordine al coinvolgimento delle famiglie sia dal punto di vista economico, sia da quello psicologico. Perciò riteniamo necessario incoraggiare a perseguire, ancora una volta con linearità e coerenza, l’impegno di annunciare la Buona Notizia della risurrezione del Signore. Questa notizia è la vera novità per la vita dell’uomo di ogni tempo, una novità che ha sempre alimentato l’anelito alla santità, e che ha incoraggiato alla speranza la comunità cristiana anche nelle situazioni più difficili da affrontare.

Questa speranza che nasce dall’incontro personale con Gesù Cristo risorto si trasmette attraverso:

l’Ascolto e l’Annuncio della Parola che il Signore ci ha affidato; la Vita di Comunione celebrata attorno alla Mensa del Signore; la Testimonianza dell’Amore/Carità che dobbiamo vivere e diffondere in tutti i cuori.

Perseguendo fedelmente questi itinerari formativi riteniamo di poter valorizzare questi valori, che sono basilari nella vita della comunità cristiana:

l'amore per la giustizia e la pace; l'amore per la comunità nella quale il Signore ci ha posto; la valorizzazione della persona in quanto persona;

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la disponibilità a crescere insieme nella comprensione vicendevole; la capacità di vivere l'ascolto dell'altro; la volontà inappagabile di vivere, nella gratuità più autentica, la costruzione  del Regno di Dio.

Organismi di partecipazione della Comunità

E’ ormai coscienza comune del sentire ecclesiale, sostenuto costantemente dal Magistero del Santo padre e dei nostri Vescovi, che non può esserci pastorale parrocchiale orientata alla missione senza il coinvolgimento attivo dei fedeli laici. La parrocchia, ogni parrocchia ha bisogno di Catechisti, di Animatori, di economi, di Evangelizzatori, di Cantori, di operatori della Carità, e il lavoro ministeriale è proficuo se la comunità matura nel mettersi al servizio dei fratelli e delle sorelle. Per corrispondere a questo anelito della Chiesa per il bene delle anime il lavoro del Parroco e del Parroco in Solidum è sostenuto attraverso la proposta e la verifica del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici e Consiglio Pastorale Parrocchiale. La speranza è quella di far respirare la comunità con la valorizzazione di tutto ciò che lo Spirito Santo le ha donato per la sua crescita in ordine alla ministerialità e ai carismi.

Lo Spirito Santo e la Spiritualità di Comunione

Ma allora concretamente come, nella complessità della nostra esistenza, costruire una spiritualità di comunione. Ripropongo con semplicità quanto il Santo Padre Giovanni Paolo II ci indicava nella Novo millennio ineunte:

"Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, cove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità.

Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.

Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del corpo mistico, dunque come "come uno che mi appartiene" per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio "un dono per me" oltre che per il fratello che lo ha ricevuto.

Spiritualità della comunione è saper "fare spazio" al fratello, portando "i pesi gli uni degli altri" (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie … senza questo cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita". (NMI 43)

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Sappiamo tutti che la Carità si esprime non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini e solidali con chi soffre così che il gesto di aiuto sia sentito come fraterna condivisione. Senza questa testimonianza dettata dall’amore verso gli ultimi, l’annuncio del Vangelo, che è sempre la prima carità, rischia di essere incompreso. Vogliamo ancora ricordare che la carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole. (cfr NMI 49)

Coraggio, mettiamoci in cammino

La comunità cristiana, ci chiede con ansia di corrispondere sempre con più impegno alla vita di comunione, per poter continuare a costruire e a sperare, tutti insieme superando ogni divisione, nella sinergia dei carismi di cui ogni battezzato è depositario, il bene comune. Tutti speriamo di poter vivere e testimoniare come Chiesa una maggiore serenità grazie alla pace che ci viene dal Signore, per continuare a trasmettere la fiducia in un domani migliore nel nostro cammino incontro al Signore che viene nella sua gloria.

«Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio

è di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.

Ti amo, o Dio infinitamente amabile,

e preferisco morire amandoti

piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.

Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo

è di amarti eternamente.

Mio Dio, se la mia lingua

non può dirti ad ogni istante che ti amo,

voglio che il mio cuore te lo ripeta

tante volte quante volte respiro.

Ti amo, o mio Divino Salvatore,

perché sei stato crocifisso per me,

e mi tieni quaggiù crocifisso con Te.

Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti

e sapendo che ti amo».

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* * * * *

Rabbì, che tradotto significa maestro, dove dimori? (2012/2014)

Gli orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo (n. 52-55), offrono delle indicazioni indispensabili perché ogni Chiesa Diocesana possa progettare la propria pastorale in sintonia con gli orientamenti nazionali. Vengono indicati Esigenze fondamentali e Obiettivi e scelte prioritarie. Fra le scelte prioritarie sono riportate: L’iniziazione cristiana, Percorsi di vita buona e Alcuni luoghi significativi.

La sequenza degli ambiti, per come sono proposti dagli orientamenti pastorali, incoraggiano a privilegiare: la Famiglia, la vita di Comunità, la costruzione della Società. Ci viene anche chiesto di dare maggiore centralità, nella pastorale parrocchiale, alla persona nelle sue sensibilità a riguardo del rinnovamento dell’azione ecclesiale alla formazione di laici, per come sono emerse negli ambiti del Convegno Ecclesiale di Verona ( 2006): Affettività, Lavoro e Festa, Fragilità, Tradizione, Cittadinanza. Riteniamo interessante osservare e raccogliere le impressioni sul valore e le proposte sui percorsi di vita buona. Questi ambiti presentati alla nostra attenzione e sensibilità ecclesiale diocesana sono da incarnare nei Percorsi di vita buona da incarnare nella nostra Diocesi.

Vita affettiva. È di particolare rilievo per la costruzione dell’identità personale la vita affettiva. Lavoro e festa. La capacità di vivere questo ambito come compimento della vocazione cristiana appartiene agli obiettivi dell’educazione cristiana. Fragilità. La fragilità si manifesta in tanti modi ed in tutte le età. È una «scuola» da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno.

Tradizione. Nel suo nucleo essenziale la tradizione è trasmissione di una cultura e di un patrimonio spirituale all’interno del quale crescono e si formano le persone nel volgere delle generazioni. Cittadinanza. L’attuale dinamica sociale appare segnata da una forte tendenza individualista che svaluta la dimensione sociale.

Sono temi che nella comunità parrocchiale abbiamo affrontato più volte e in diversi modi, nel lavoro orientato alla valorizzazione della presenza cristiana sia all’interno della comunità che al di fuori dell’ambito strettamente parrocchiale: la tecnica oratoriale, le missioni nei quartieri, i centri di ascolto della parola, gli incontri di formazione biblica, le tante iniziative legate alla missione e al coinvolgimento dei giovani, le attività di sensibilizzazione al sociale coordinate dalla Caritas, la promozione del sito parrocchiale, il sostegno dato a tante e varie povertà e iniziative culturali del territorio di Diamante.

Sono da valorizzare e stabilizzare. L’Apostolato Biblico, attraverso l’articolazione dei Centri di Ascolto della Parola, che, più volte proposto per la sua preziosità come strumento ordinario di evangelizzazione, a tutt’oggi stenta a diventare via ordinaria di formazione per la crescita della Chiesa nella dinamica missionaria. Gli itinerari di Catechesi per l’Iniziazione Cristiana in chiave catecumenale, per come sono stati codificati dall’Ufficio Catechistico

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della nostra diocesi. E’ il modo nuovo, adeguato alla sensibilità del nostro tempo di annunciare Cristo ai fanciulli e ragazzi, coinvolgendo attivamente le famiglie, primi responsabili della trasmissione della fede.

Come luoghi significativi certamente vanno considerati: la sinergie delle Alleanze Educative con le altre agenzie formative presenti nel territorio, si chiede di attivare, per come incoraggia il Santo Padre; il Cortile dei Gentili rivolto, nella dinamica del confronto culturale, al dialogo con coloro che, anche se non credenti, contribuiscono, con il loro impegno, alla costruzione della società.

Dobbiamo rileggerci anche nel quadro di una reimpostazione strutturale per come cammina la diocesi di San Marco Argentano – Scalea della quale siamo parte. Cambiare esige sempre un ripensare, ed è per quello che il Signore oggi sollecita, la nostra disponibilità a rileggerci in modo nuovo alla Sua sequela e al servizio della nostra Chiesa diocesana per Educare alla vita buona del Vangelo.

Si propongono come ambienti educativi significativi: la Famiglia, la Comunità e nelle relazioni ad extra, la Società.

Come generare una relazione stabile con Gesù in chi non lo conosce

Come vivere con coraggio la sequela sulla via della Carità

Cosa nella vita di oggi può spingere a vivere con gioia lo stare con Lui.

 

*  *  *  *  * 

 

Diamante 16 ottobre 2011

                                                  Ai componenti gli Organismi di Partecipazione

                                                                                                                  agli Animat

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ori Parrocchiali

 

OGGETTO: Incontro di Verifica e di Programmazione a Scalea martedì, 1 novembre presso l’Istituto delle Suore Madre Clarac in via Lauro.

"Come è bello e gioioso che i fratelli stiano insieme"

Carissimi Fratelli e Sorelle,

da circa tre anni il Signore ci chiede di vivere la vita di comunità, con molti sacrifici voi condividete con me e Don Tonino il peso degli impegni pastorali. Spesso ci siamo incontrati per ascoltarci e anche per sostenerci nel servizio al Vangelo, che il Signore ci ha affidato da testimoniare e da trasmettere nella comunità di Diamante.

Nell’intraprendere il nuovo anno pastorale avverto l’esigenza di vivere con voi un momento prolungato di fraternità e di confronto, per fare una verifica del cammino percorso nel Signore, ma anche per rilanciare gli impegni pastorali, per come la Chiesa ci chiede, nella dinamica della evangelizzazione e della comunione.

Perciò vi invito caldamente a partecipare all’incontro che vivremo a Scalea, presso l’Istituto delle Suore Madre Clarac, con le vostre famiglie. Inizieremo alle ore 10,00 con la preghiera e la meditazione, poi proseguiremo con la risonanza e l’analisi della situazione parrocchiale. Quindi consumeremo il pranzo sul lungomare al ristorante ViGrì (per il quale chiedo un contributo di € 5,00).  Dopo una breve pausa continueremo con i gruppi di interesse pastorale. Concluderemo con la celebrazione dell’Eucaristia che avrà inizio alle ore 16,00. Durante la liturgia metteremo in comune, come vero dono del Signore, quanto Lui stesso ci ha donato di vivere e di riflettere.

Nella certezza della vostra disponibilità e della vostra partecipazione, vi incoraggio a pregare instancabilmente per la vita parrocchiale, perché il Signore doni nuovi carismi, faccia emergere sempre il bene che conduce all’incontro con Lui e ci doni di rimuovere dalla nostra vita tutto ciò che è ostacolo alla vita di comunione e alla pace con tutti.

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                                                                                                                                                                                         Il Parroco

                                                                                                                                                                                Mons. Cono ARAUGIO

 

*  *  *  *  *

 

                                       Ai Genitori dei Ragazzi dell'Iniziazione Cristiana

Diamante 13 ottobre 2011

Cari Genitori,

                       nell’impostare il lavoro del nuovo anno pastorale, avverto l’esigenza di sollecitare la vostra partecipazione attiva alla trasmissione della Fede, nella quale siamo nati e nella quale abbiamo inserito i nostri figli con il dono del Battesimo. Il tempo che il Signore ci chiede di vivere, esige una maggiore collaborazione tra le persone egli enti, che hanno responsabilità educativa. Certamente chi maggiormente avverte il disagio e la complessità della formazione dei figli, siete proprio voi che li amate al di sopra di ogni altro bene.

     Perciò chiedo, a voi genitori, di vivere un incontro con me, Domenica 30 ottobre con inizio alle ore 17,00 presso il Centro Pastorale Mons. Grandinetti. La speranza è quella di coinvolgervi maggiormente nella trasmissione della Fede dei vostri figli, avendo la certezza che solo il vostro coinvolgimento attivo sortirà l’effetto di entusiasmarli a continuare a camminare con Gesù.

     Il primato educativo della famiglia. Nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può

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essere delegato né surrogato. Educare in famiglia è oggi un’arte davvero difficile. Molti genitori soffrono, infatti, un senso di solitudine, di inadeguatezza e, addirittura, d’impotenza. Si tratta di un isolamento anzitutto sociale, perché la società privilegia gli individui e non considera la famiglia come sua cellula fondamentale. Padri e madri faticano a proporre con passione ragioni profonde per vivere e, soprattutto, a dire dei "no" con l’autorevolezza necessaria. Il legame con i figli rischia di oscillare tra la scarsa cura e atteggiamenti possessivi che tendono a soffocarne la creatività e a perpetuarne la dipendenza. Occorre ritrovare la virtù della fortezza nell’assumere e sostenere decisioni fondamentali, pur nella consapevolezza che altri soggetti dispongono di mezzi potenti, in grado di esercitare un’influenza penetrante. La famiglia, a un tempo, è forte e fragile. La sua debolezza non deriva solo da motivi interni alla vita della coppia e al rapporto tra genitori e figli. Molto più pesanti sono i condizionamenti esterni: il sostegno inadeguato al desiderio di maternità e paternità, pur a fronte del grave problema demografico; la difficoltà a conciliare l’impegno lavorativo con la vita familiare, a prendersi cura dei soggetti più deboli, a costruire rapporti sereni in condizioni abitative e urbanistiche sfavorevoli … L’istituzione familiare mantiene la sua missione e la responsabilità primaria per la trasmissione dei valori e della fede. Se è vero che la famiglia non è la sola agenzia educatrice, soprattutto nei confronti dei figli adolescenti, dobbiamo ribadire con chiarezza che c’è un’impronta che essa sola può dare e che rimane nel tempo. (Educare alla vita buona del Vangelo, n.36)

     L’invito è rivolto al Papà e alla Mamma, anche perché insieme vivete la responsabilità di orientare la formazione dei vostri figli, così come è opportuno che insieme diate loro la testimonianza della vostra fede personale che vi ha spinti al matrimonio da cristiani. All’incontro vi darò un calendario degli incontri mensili che vi propongo come sostegno vicendevole per educare alla vita di fede, che ci deve accompagnare e che alimenta la nostra vita di comunione.

                                                                                                                                                                                           Il Parroco

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                                                                                                                                                                            Mons. Cono ARAUGIO

 

*  *  *  *  *

 Diamante - Città dell’Immacolata - Virgo Unitatis

 

    Fratelli e sorelle, vi invito a vivere intensamente questo tempo di grazia, in preparazione alla ricorrenza dell’Incoronazione della Vergine Santa che ci vedrà tutti riuniti attorno a Lei il 12 Agosto. Il tema formativo che si accompagnerà al nostro pellegrinaggio spirituale di quest’anno sarà quello di: Maria Madre Eucaristica. I nostri Vescovi ci chiedono di operare perché la vita buona del Vangelo sia resa presente in ogni famiglia, in ogni comunità. Chi più di Lei può aiutarci a cogliere, per l’esempio che ci ha donato nella sua missione di Madre, tutto ciò che ogni mamma deve imparare e proporre, per far incontrare i propri figli con Gesù.

    Inoltre pregheremo insieme per l’Unità del Popolo Diamantese e dell’Italia tutta. In occasione della ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia, la Chiesa, chiede a tutti noi, di affi dare alla Vergine Maria il popolo italiano. Preghiamo per la nostra amata Italia, perché vivendo con fiducia l’affidamento a Dio possa continuare a essere, nella comunione tra le diverse popolazioni che la compongono, modello di giustizia e costruttrice di pace anche per gli altri popoli.

    La nostra Città deve molto all’Unità d’Italia, è proprio grazie alla partecipazione di tanti nostri concittadini al processo di unificazione, che Diamante ha avuto una identità municipale ed ha assunto un ruolo sempre crescente nella nostra area geografica. Diamante nel 2012 sarà interessata dalle elezioni amministrative, sappiamo bene come questi momenti di partecipazione democratica, non sempre sono vissuti con la maturità necessaria, possono diventare occasione di divisioni e di inimicizie. Preghiamo perciò la Vergine Incoronata, che invochiamo con il titolo di Mater Unitatis di vitalizzare sempre più la nostra fi ducia in Dio, nel contempo contemplando la luce che promana dagli insegnamenti di Cristo possa aiutarci a vivere nella concordia e nella fraternità.

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    A Maria, Vergine Immacolata e Madre dell’Unità, che conosce le necessità dei figli, chiediamo di intercedere presso il Figlio suo, perché il nostro popolo, protetto dalla sua benevolente intercessione, possa continuare a godere, nella testimonianza della propria appartenenza a Gesù, di pace e di prosperità.

Da Mercoledì 3 Agosto a Giovedì 11 Agosto nella Chiesa Madre si svolgerà il Solenne Novenario

con inizio alle ore 18,30 S.to Rosario, Novena e Celebrazione Eucaristica

Le Meditazioni avranno come tema:

“Maria Madre Eucaristica e Virgo Unitatis ”

Nei giorni della novena terranno la predicazione: mercoledì 3 e giovedì 4 Don Fiorino IMPERIO, sabato 6 Don Fernando RANUIO, lunedì 8 Don Francesco LAURIA, martedì 9 Don

Miguel Angel ARENAS, mercoledì 10 Don Mario BARBIERO, che accogliamo con affetto e che, nella preghiera, affi diamo alla

protezione della Vergine Santa.

Venerdì 5 vivremo la Giornata Eucaristica con l’esposizione del SS. Sacramento dalle ore 8,00 alle ore 20,00 e con la

disponibilità dei Sacerdoti per le Confessioni.

DOMENICA 7 AGOSTO

Alle ore 19,00 accoglieremo in Parrocchia e presiederà per noi l’Eucaristia il nostro Vescovo S. Ecc.za Mons. Leonardo BONANNO.

Ore 21,30 Chiesa Madre: Concerto Armoniae Dei Cantores in “Cantare amantis est” - Coordina Massimiliano Silvestri

Nei giorni 3 al Parco del Sole, 4 in via Botticelli, 5 in via Bruxelles, 8 in c.da Felicetto, 9 in c.da Sagarote con inizio alle ore 21,30 vivremo un

Pellegrinaggio nei quartieri della Parrocchia.

MERCOLEDÌ 10 AGOSTO

Nella Chiesa Madre con inizio alle ore 21,30 Manifestazione: Tante voci per ricordare Ettore - Coordina Claudia Perrone.

GIOVEDÌ 11 AGOSTO

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Nella Chiesa Madre dalle ore 21,30 alle ore 24,00 Veglia di preghiera Mariana animata dalle Aggregazioni Ecclesiali.

VENERDÌ 12 AGOSTO Memoria dell’incoronazione della Vergine Immacolata

ore 08,30 - 10,30 Santa Messa

ore 19,00 Chiesa Madre Celebrazione dell’Eucaristia nella Chiesa Madre presieduta dal Padre Metropolita S. Ecc.za Mons. Salvatore NUNNARI

A conclusione seguirà la Processione per le vie cittadine

SABATO 13 AGOSTO

Ore 21,30 in Largo san Biagio II edizione del “Premio Mons. Grandinetti” Quest’anno è stato scelto il Prof. Ciro Cosenza, in questa occasione sarà presentato il suo ultimo libro: Alla ricerca della memoria perduta.

Manifestazioni esterne animate dall'Amministrazione Comunale

GIOVEDÌ 11 AGOSTO

Lungomare Santa Lucia alle ore 21,00 Concerto Bandistico animato dall’Associazione Nazionale Carabinieri

VENERDÌ 12 AGOSTO

A conclusione della processione, saranno bruciati i Fuochi d’Artifi cio dalla Ditta FORESTIERO di Buonvicino

SABATO 13 AGOSTO

Lungomare Santa Lucia, alle ore 22,30 Spettacolo di Musica Leggera

     Nel ricordare che, poiché non ci sono comitati esterni autorizzati a raccogliere le offerte, le eventuali vostre offerte saranno ricevute direttamente in Chiesa dal Consiglio per gli Affari Economici, e saranno utilizzate per organizzare i festeggiamenti esterni, per le tante esigenze caritative della comunità parrocchiale e per la riqualificazione strutturale della Chiesa Madre.

La Chiesa Madre sarà addobbata dalla ditta Domenico MONTAGNESE di Laureana di Borrello

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Accompagnerà la processione l’Orchestra dei Fiati Città di Diamante

Consiglio per gli Affari Economici

Consiglio Pastorale Parrocchiale

Diamante, 16 luglio 2011

Beata Vergine del Monte Carmelo

 

*   *   *   *   *

 Alla scuola di Cristo, maestro e pedagogo  (Rivista del Pettoruto 30 aprile 2011 -  Seconda Parte)

    Nelle nostre comunità parrocchiali si è pregato molto in questo periodo, la primavera rimane la stagione dell’attesa, è la stagione della vita che si apre alla speranza, la stagione del Risorto. La stagione delle folle che riempiono le nostre chiese. Ci si prepara, in attesa della Pentecoste, agli appuntamenti di Prima Comunione che ordinariamente significano gioia nuova per le nostre parrocchie. Il Signore alimenta in modo sempre nuovo la gioia di preparare perché ciascuno avverta il sentore di essere cercato da Dio, di sentirsi accolto dalla Vergine Santo, soprattutto nel mese di maggio a Lei tanto caro.

    Abbiamo da poco vissuto il dono della Pasqua del Signore, con le tante emozioni liturgiche pastorali che lo accompagnano, ma soprattutto l’entusiasmo di sentirsi popolo di Dio, esperienza che non sempre riusciamo a sperimentare durante l’anno liturgico. La Pasqua riesce ancora a suscitare grandi emozioni di disponibilità a sostare lungamente in ascolto del Signore, questo è un vero dono della grazia di Dio.

    Per questo ho ritenuto opportuno aprire questa riflessione sull’Educare alla vita buona del Vangelo, riprendendo l’esortazione di un sacerdote, Don Zeno, che ha scommesso tanta parte della sua vita nell’impegno delle scelte educative, una scelta impostata sulla centralità della vita familiare condivisa nel Signore. Una esperienza vissuta con coerenza anche quando ha perso la sembianza della gioia e si è colorata di sofferenza. Ma ciò che il Signore dona anche comporta gravi difficoltà per il ministero e per la sua attività pastorale, alla fine viene restituito nella gioiosità di poter cantare come Chiesa la gloria del Risorto.

La Pasqua vi porti una nuova forza, una nuova spinta al bene.

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Se anche avete fatto degli sbagli, avete fatto delle cose che non sono andate bene, rimettetevi nella Pasqua.

Risorgete alla nuova vita.

Che non passi la Pasqua come una festa qualunque, che invece è una festa grande.

Cristo ha detto: io sono la vita, io sono la resurrezione.

Così ognuno di voi sia di quelli che sentono questo spirito: io voglio essere la resurrezione,

chi avvicina me, anche se l'hanno mortificato, anche se soffre, risorgerà,

avrà da me la vita, avrà da me il ristoro, avrà da me la gioia.

Possiamo dire anche noi nel giorno della resurrezione di Pasqua:

io sono la resurrezione.

Io sono tua mamma, sono la tua resurrezione, io sono tuo figlio, mamma,

e io per te sono la tua resurrezione, ti porto il mio amore di figlio.

Sono tuo fratello, sono la tua resurrezione, ti porto la gioia del fratello.

Io sono tuo padre e quindi sono la tua resurrezione perché ti porto la vita, ti do la gioia della vita.

Ciascuno sia la resurrezione dell'altro. Questa è la Pasqua del Signore.

     Noi lo sappiamo bene, anche perché spesso ha attraversato la nostra vita: La sofferenza, se viene da Dio, non è per il male, ma per un speranza nuova. Il nostro compito rimane quello di coglierla in pienezza per poterla valorizzare ogni giorno e corrispondervi con entusiasmo.  La Chiesa ha sempre goduto di vitalità nuova nei momenti persecuzione. Forse è quello che le manca più immediatamente per essere pienamente pronta per costruire la speranza. E’ il sacrificio che fa gustare la gioia dell’incontro e la disponibilità a camminare insieme condividendo la possibilità scoprire la bellezza di una amicizia nuova nell’amico che il Signore mi pone accanto e che io, nella mia pigrizia, non avrei cercato.

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    Negli orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo, ci viene chiesto di guardare con rinnovata fiducia a Gesù Maestro e Signore della nostra vita. Il testo ci chiede di guardare con fiducia a Dio, con immagini affettuose, piene di pace, di anelito per il futuro. E’ vero occorre guardare avanti con fiducia, anche perché la storia è guidata da Dio.

    Proprio in questi giorni la liturgia ci ha ricordato con insistenza, che Gesù non ha abbandonato i discepoli nello smarrimento determinato da avvenimenti così contrastanti e disorientanti: L’accoglienza spettacolare, la gioia della cena pasquale, il dramma dell’arresto, l’abbandono il tradimento, le notizie così diversificate e turbanti della sua resurrezione.

    Con pazienza si è messo dalla parte dei discepoli incoraggiandoli a ripercorrere il cammino percorso, aiutandoli a leggerlo nella drammaticità, per come Lui lo aveva proposto e vissuto e non per come a loro piaceva intenderlo. Possiamo dire che sono stati giorni vissuti in modo molto drammatico dai suoi discepoli.

     Anche con noi Gesù usa la stessa pazienza, forse è opportuno che ne abbia ancora di più, anche perché nel nostro tempo sembra che la disponibilità all’ascolto dei suoi insegnamenti sia diminuita di molto. Il tempo va dedicato ad ogni cosa, ad ogni attività, ma si riduce inesorabilmente il tempo della vita spirituale e dell’affidamento al Signore.

    Qualora se ne sia bisogno sentiamo l’esigenza, ancora una volta di indicare l’atteggiamento della Vergine Santa, che soprattutto nei momenti del dramma e della incomprensione, cercava luce nella preghiera e nella promessa di cui il Signore l’aveva resa destinataria privilegiata, sia dal punto di vista della gioia sia dal punto di vista del dramma, su tutto emergeva sempre la certezza che il Signore è fedele e non può venire meno alle sue promesse. Anche Lei discepola del suo Figlio, cercava nell’ascolto della Parola la serenità che, alcune volte a motivo della vita che il Figlio conduceva, non riusciva a trovare nella promessa che l’angelo aveva manifestato in ordine alla benevolenza di Dio.

     Clemente Romano ci ricorda che la scuola dove Gesù insegna è la Chiesa, la Chiesa viene descritta con enfasi con le categorie della bellezza, è la manifestazione più autentica della presenza di Dio. Una presenza che va scoperta sempre nelle tante manifestazione che il sacro celebrato le dona, ma anche nelle tante emozioni che la vita comune in Cristo determina. Solo in questo modo la Chiesa viene colta nella bellezza e nella insostituibilità della sua presenza anche nel

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nostro tempo. Occorre però ricordare che anche la Chiesa deve gioire e testimoniare della presenza del risorto, una presenza che la rigenera, una presenza che le dona freschezza, una presenza che apre all’entusiasmo, per come ci ha insegnato la Vergine Santa, di vivere sempre al servizio del Signore. Nel nascondimento, nella festa, nel dolore, nelle sensazioni più intime suscitate dalla coscienza che solo nell’appartenenza a Lui è la nostra gioia piena.

    L’impegno dell’educare è sempre stato al centro delle preoccupazioni della Chiesa, già il Vaticano II ci ricordava: "La Chiesa … ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella terrena, … essa ha un suo compito specifico in ordine al progresso e allo sviluppo dell’educazione" (Gr ed, proemio).

     Ma è dal convegno di Verona che vengono delineandosi nuove linee pastorali capaci di rileggere l’esperienza ecclesiale in chiave antropologica. La Chiesa viene presentata come: Un popolo in cammino nella storia, posto al servizio della speranza dell’umanità intera.

Per il nostro tempo vengono indicate delle priorità pastorali ormai ritenute ineludibili:

Il primato di Dio nella vita e nell’azione delle nostre chiese;

La testimonianza quale forma dell’esistenza cristiana;

Una pastorale che converge sull’unità della persona;

Una pastorale capace di alimentare una speranza integrale;

Una vera attenzione alla vita;

L’unità sinergica tra le diverse vocazioni;

La valorizzazione delle molteplici soggettività ecclesiali;

Mettere in rilievo le dimensioni fondamentali dell’esperienza cristiana.

    Già in occasione del Grande Giubileo del 2000 siamo stati incoraggiati a non aver paura di prendere il largo, orientando in modo nuovo la vita pastorale più attento alla persona nella complessità della sua esistenza, confidando totalmente dell’amore del Signore che sospinge la Chiesa nei marosi della vita. Questa coscienza di essere incarnati nella storia, ha prodotto gli orientamenti del primo decennio

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del terzo millennio, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, che ci hanno accompagnati e guidati nel rendere presente Gesù, come la speranza sempre viva alla quale dobbiamo guardare, per alimentare la gioia di guardare con fiducia al futuro. Ogni giorno ci sforziamo di rendere presente Gesù mediante la preghiera, la santificazione della giornata, la condivisione della nostra vita con i più abbandonati, i figli privilegiati della Vergine Santa.

     Per rendere visibile in modo sempre nuovo questa energia dinamica della vita spirituale in Cristo, le parrocchie devono riscoprire l’entusiasmo di essere comunità missionarie, che anelano con entusiasmo a rendere presente la Chiesa come casa e scuola di comunione. Alla base del servizio educativo che la Chiesa è chiamata a testimoniare è posta la vocazione all’ascolto di tutto ciò che può concorrere alla costruzione della persona e al dialogo con tutti, nella certezza antica, ma ogni volta da riscoprire in modo nuovo, che la via di Dio è la via dell’uomo, da comprendere nelle situazioni di vita, che è chiamato ad alimentare e a vitalizzare con la propria testimonianza. Ogni battezzato deve maturare la coscienza di essere segno dell’amore misericordioso del Padre che instancabilmente lo cerca per accoglierlo nella sua casa.

     Gesù ha affidato alla Chiesa la cura del bene delle persone, per cui dobbiamo sentire come ineludibile la responsabilità di educare al gusto dell’autentica bellezza della vita. La nostra è una società che sembra voler costruire ed emancipare tutto ciò che è trasgressione: Dal punto di vista morale orientando a forme di neo paganesimo tutto ciò che è di più sacro nella crescita della persona. Dal punto di vista sociale nell’imbarbarimento, posto sotto i nostri occhi, della contrapposizione politica. Dal punto di vista educativo nella dissuasione di un relativismo che rifiuta ogni confronto sulla via della verità che Gesù Cristo ci ha annunciato.

     Questo rifiuto di tutto ciò che viene dall’alto, come gratuità dell’intervento di Dio nella storia, crea una sorta di neo paganesimo che rende l’uomo sempre più ripiegato su se stesso, nella tante forme di schiavitù che si accompagnano al nostro tempo e che purtroppo, nella dinamica della strumentalizzazione e della spersonalizzazione, coinvolgono soprattutto i nostri giovani. Al punto che lo stesso Santo Padre ha avuto modo di enunciare, come lettura complessiva, per il nostro tempo, la dinamica del peccato contro lo Spirito Santo, proprio in riferimento al rifiuto aprioristico di ogni verità che venga dall’alto e non dall’analisi scientista della realtà.

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    Il Santo Padre Benedetto XVI, nel suo intervento al Convegno di Verona ci ha ricordato che educare comporta la preoccupazione che:"siano formate in ciascuno l’intelligenza, la volontà e la capacità di amare, perché ogni individuo abbia il coraggio di decisioni definitive". In una società fortemente contrassegnata dalla frammentazione questo significa, vivere con decisione l’andare controcorrente, alcune volte è opportuno vivere il coraggio delle testimonianza anche all’interno della Chiesa, quando le situazioni che si vivono possono correre il rischio di inficiare il bene che il Signore ci ha affidato.

     Per far comprendere meglio quello che la Chiesa ci chiede di testimoniare mi preme sottolineare l’importanza di vivere la missionarietà come impegno di pastorale ordinaria, occorre annunciare la speranza dove l’uomo si trova a lottare nella quotidianità la sua vita.

     Tutto questo è stato sottolineato altre volte, ma per il nostro tempo diventa una esigenza ineludibile proprio perché oggi siamo di fronte a una grande emergenza educativa, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri, di dare un senso alla propria vita. E’ perciò necessario questo sforzo educativo comune orientato alla diffusione capillare del Vangelo attraverso l’annuncio, la gioia della vita comune e la testimonianza della carità. E’ in questa ottica che è stato impostato il lavoro della pastorale diocesana, la dinamica delle Unità Pastorali è finalizzata a generare più vita comune, questo vuol dire impostare la pastorale insieme, nella certezza che unendo le energie si riesca a fare fronte alla esigenza che emerge in tante comunità di una presenza più vigorosa e gioiosa della Chiesa.

     La speranza è che, la Chiesa, alimentata alla mensa dell’Eucaristia, tappa ineludibile per la comprensione dell’amore che ci fa incontrare e che genera in noi amore verso tutti, sappia trovare la volontà di trasmettere la gioia di vivere in compagnia del Risorto nella comunità degli uomini, nelle scuole, negli spazi di socializzazione.

    Occorre affermare che ancora troppe nostre iniziative sono celebrate e animate nei luoghi liturgici e coinvolgono poche persone. E’ l’illusione di essere pochi ma buoni a guidare tante parrocchie, quasi totalmente arroccate sulla vita tradizionale della comunità.

     E alla Chiesa di Roma ricordava come:"oggi la nostra speranza è insidiata da più parti e rischiamo di ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini senza speranza e senza Dio in questo mondo … Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile". Anche nelle nostre comunità da più tempo si

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eleva la comprensione che la parrocchia non è più il luogo naturale di aggregazione, troppi agenti educativi invadono anche gli spazi fino ad oggi preservati della Domenica con attività finalizzate al coinvolgimento dei ragazzi e dei giovani che conseguentemente si allontanano quasi naturalmente dalla vita attiva della parrocchia. Neanche vogliamo dimenticare la triste situazione di tante famiglie che stentano a vivere, alcune volte anche a motivo di fattori esterni, con continuità la dinamica della coppia cristiana. La vita morale e sociale diventa sempre più degradata soprattutto nelle fasce giovanili, il che vuol dire il nostro futuro.

    Purtroppo alla chiara coscienza di questo fenomeno che ormai è sotto gli occhi di tutti non corrisponde una dinamica pastorale più adeguata ad emozionare e a suscitare una comprensione più autentica del significato esperienziale, morale, sociale dell’appartenenza a Cristo. Ci vogliono più energie, da valorizzare meglio e soprattutto con gli adulti, nella certezza che la famiglia tutta deve essere coinvolta se si vuole guardare con fiducia alla speranza di una vitalità nuova nella nostra chiesa diocesana. Diceva un mio caro confratello che dobbiamo remare tutti, invece sembra che tutti si abbia la capacità di coinvolgersi per il bene comune. Forse occorre un po’ di preghiera in più avendo la certezza che nella preghiera il Signore genera sensazioni ed energie sempre nuove per il bene della comunità che, in Cristo, viene affidata alla nostra fragilità visitata e sostenuta dal dono dello Spirito Santo.

    Sono incoraggiati a vivere il protagonismo dell’azione educativa:"i presbiteri e quanti condividono con loro il servizio e la responsabilità educativa … aprendosi con coraggio alla fantasia dello Spirito e al soffio della missione. Questo incoraggiamento ci chiede di vivere la frontiera dell’anelito educativo, ovunque è una persona lì siamo anche noi, con l’anelito a trasmettere il grande dono della misericordia, fraternità e della pace. Sono i dono che il Risorto ha comunicato alla comunità dei Discepoli, che insieme con la Vergine santa e con gli altri che erano scesi con Lui dalla Galilea in occasione della Pasqua, vivevano con ansia i momenti successivi all’abbandono, al tradimento. Ma Gesù è disarmante, li libera immediatamente da ogni paura e dice immediatamente Pace a voi. Gesù dona lo Shalom, lo stare bene in Dio e non in virtù delle proprie capacità ma per la volontà del padre misericordioso.

    Anche a noi Gesù dona la pace e anche noi dobbiamo aiutare i fratelli a vivere nella pace. Non sempre riusciamo ad essere testimoni della pace che il Signore dona, forse alcune volte corriamo il rischio di vivere come i depositari e non i canali del dono del Signore. Stare con

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Gesù in questo tempo di Pasqua ci aiuterà ad avere confidenza con la sua Parola di Salvezza e alimenterà in noi l’attesa del dono dello Spirito Santo che come sempre susciterà i carismi che ciascuno di noi deve imparare a mettere al servizio dei fratelli.

    La comunità dei cristiani è una comunità ministeriale, una comunità di mandati dal Signore a testimoniare e a trasmettere la gioia di vivere il Vangelo. Spesso ci viene chiesto di vivere la testimonianza con il martirio altre volte nella ordinari età di una esistenza spesa per io bene della comunità della quale siamo parte. La Beatificazione del Santo Padre Giovanni Paolo II, della quale siamo stati testimoni, ha un significato universale immediatamente leggibile da parte di tutti: La Chiesa è la comunità dei Santi, i Santi si accompagnano alla nostra vita e la Chiesa vuole che i Santi siano sempre visibili nella Chiesa del nostro tempo.  Sostenuti dalla gloriosa testimonianza dei tanti Santi del nostro tempo, accompagniamoci allora alla Vergine Santa e viviamo questo mese sostenuti dalla preghiera incessante, che lei viveva e che incoraggia e vivere ancora oggi, nei tanti cenacoli delle nostre comunità parrocchiali, perché ogni parrocchia possa sperimentare la gioia di testimoniare e di educare alla vita buona del Vangelo.

 

*   *   *   *  

Il Santuario del Pettoruto luogo privilegiato per educare alla vita buona del Vangelo  (Rivista del Pettoruto 20 febbraio 2011 -  Prima Parte)

         Quando penso alla vita del Santuario del Pettoruto, non posso che accompagnarmi idealmente alle migliaia e migliaia di pellegrini che, nel corso dei secoli, si sono incamminati verso la Santa Montagna, avendo la certezza di potervi vivere un momento intenso di affidamento a Dio attraverso la contemplazione dell’immagine della Vergine Santa.

Quanta gioia, quanta disperazione, quanta festa del cuore, soprattutto quanta Fede personale ha accompagnato la vita di questo santuario a tutti tanto caro. Il pellegrinaggio è un momento di vera educazione all’appartenenza a Cristo, con tutta la famiglia ogni anno ci si incammina, fin da piccoli, accompagnando con lo sguardo e con i gesti le azioni dei più grandi, è un momento molto bello che non va trascurato di gioia familiare. La Vergine Santa troneggia sulla Santa Montagna e ci aspetta per donarci serenità, ma come accade per le persone amiche basta la certezza di esserci incontrati anche quest’anno.

E’ un gesto antico ecco perché è sempre nuovo. E’ il gesto del nomade che vive insoddisfatto la sua vita quotidiana finché non si trova davanti a colei che da sempre si accompagna alla nostra vita. Vero dono di Gesù a noi, veramente donati da Gesù a Lei. Oggi la famiglia vuole vivere la vera festa.

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Vive la festa l’Ascolto all’Altare della Parola di Dio; fa esperienza della Misericordia all’Altare della Riconciliazione, si nutre di Cristo, nel mistero più vero della Sua presenza, all’Altare dell’Eucaristia. Un momento al Trono della Vergine Santa, per contemplare il suo volto austero, immutato nei secoli, e nel contempo severo e benevolo, poi via con entusiasmo a pranzare insieme alla Fiumarella.

Gesti semplici, colti con naturalezza perché parte integrante della propria storia spirituale e sociale, anche perché vissuti con semplicità sin dall’infanzia. In questi gesti e in queste situazioni la persona trova anche nella sua età adulta la serenità che gli è necessaria per affrontare le difficoltà della vita. Anche perché quello che si fa da sempre non ha bisogno di essere riflettuto, lo si vive e questo dona pace.

Ecco perché, per cogliere in pienezza l’incoraggiamento dei nostri Vescovi che ci chiedono di mettere al centro del nostro impegno pastorale l’Educare alla vita buona del Vangelo, non possiamo che vestire anche noi i panni dei pellegrini e incamminarci verso il Santo Monte per innalzare alla Vergine Santa l’invocazione di aiuto per le difficoltà che si accompagnano al nostro tempo e alla nostra vita, ma soprattutto per affidare a Lei le comunità cristiane e delle comunità i nostri figli più fragili: i giovani, i fanciulli e i ragazzi.

Anche i nostri Vescovi, nell’incoraggiare a guardare con maggiore coraggio ai valori del Vangelo e a Gesù, nostro unico maestro, che chiede di vivere con entusiasmo alla sua sequela e di assumerci la responsabilità del Regno, non trascurano di affidare alla Vergine Santa il cammino pastorale di questo nuovo decennio che siamo incoraggiati a intraprendere incamminandoci sull’impegno dell’Educazione. I Vescovi ci chiedono questa volta di cogliere nella Vergine Santa la missione di madre, di moglie che insieme al suo sposo hanno composto la famiglia nella quale hanno accolto Gesù donandogli di vivere con semplicità e laboriosità l’inizio dell’avventura del Regno che il Padre gli aveva affidato.

Infatti quasi a conclusione degli orientamenti pastorali ci viene ricordato che: Il volto di un popolo si plasma in famiglia. È qui che “i suoi membri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano ad amare in quanto sono amati gratuitamente, imparano il rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere il volto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione”. Soprattutto grazie alla donna è possibile riscoprire i valori che rendono umana la società: ella “conserva l’intuizione profonda che il meglio della sua vita è fatto di attività orientate al risveglio dell’altro, alla sua crescita, alla sua protezione”. Maria, donna esemplare, porge alla Chiesa lo specchio in cui essa è invitata a riconoscere la propria identità, gli affetti del cuore, gli atteggiamenti e i gesti che Dio attende da lei. Con questa disponibilità, ci poniamo sotto lo sguardo della Madre di Dio, perché ci guidi nel cammino dell’educazione. (EVBV 56)

Scorrendo la vita della nostra diocesi possiamo affermare che nelle varie tappe che ne hanno scandito la vita, il Popolo di Dio ha sempre vissuto in questo Santuario, i momenti salienti che ne hanno caratterizzato il percorso

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spirituale. Per intere generazioni ogni battezzato, guidato in questo dai propri pastori, ha voluto lasciare in questo luogo il segno della sua presenza.

Una  propria impronta, quasi a voler ricordare ai propri figli che nel lungo cammino storico percorso per la crescita della chiesa diocesana all’ombra della Vergine Incoronata del Pettoruto, c’è stato anche il proprio contributo. Magari nascosto, non immediatamente significativo agli occhi degli uomini, ma la certezza che ci guida nell’analisi e che ogni pellegrino con la propria preghiera e la propria dedizione affettuosa, nei confronti della Vergine Madre, contribuisce alla crescita e alla trasmissione della fede alle nuove generazioni.

Questo sentimento di riconoscenza e questa comprensione dell’importanza dei gesti, lo ha espresso e lo esprime nella profonda devozione che nutre verso l’Incoronata, che da secoli è venerata come Madre della nostra diocesi, nella diversità delle articolazioni territoriali che ne hanno contrassegnato la sua storia.

Nelle diverse emozioni che la pietà popolare riesce a suscitare si coglie questo filiale  affetto verso la Vergine Santa che l’ha accompagnata da generazioni, solenne e maestosa, nelle diverse situazioni e nei diversi tempi che la comunità ha vissuto con sacrificio e passione nella gioia di lottare ogni giorno nel suo cammino terreno incontro al Signore che viene.

Il Popolo di Dio ha sempre sentito accanto a se la Vergine Santa e ha sempre corrisposto a questa certezza con grande passione e dedizione interiore.

La storia, come tutti sappiamo, è maestra di vita e deve essere sempre presente nella nostra memoria. Sappiamo bene che noi passiamo mentre la storia continua nel suo cammino, spesso al di là e al di sopra di come noi cerchiamo di percorrerlo. E la storia di questo luogo è rappresentata dai tanti volti di uomini, donne, adulti, fanciulli che si sono avvicendati nel corso dei secoli, cercando in questo luogo ciò che mancava per vivere con gioia la propria esperienza terrena.

Ogni volta un volto nuovo, una sensazione nuova e la Vergine Santa sempre lì, maestosa, ieratica ad accogliere con semplicità e nello stesso tempo con lo sguardo dolce la comunità dei credenti che guardava a Lei sempre con rinnovata fiducia.

Nella storia il Santuario, si è accompagnato alla vita della comunità cristiana nella diversità delle tipologia di presenza spirituale: eremo, cappella di pellegrinaggio, santuario diocesano, santuario regionale. Ogni fase è stata accompagnata e rischiarata dalla partecipazione fedele della comunità orante che vi ha sempre cercato sicurezza e stabilità anche perché spesso la storia è stata attraversata  da situazioni e ideologia che, nella loro presunzione, avrebbero dovuto e voluto cambiare il mondo intero. Ma poi tutto è passato nel silenzio del tempo che continua il suo corso al di là delle illusioni che alcune volte lo hanno accompagnato, con una unica certezza la Vergine Santa è lì ad aspettare il mio contributo, la mia invocazione, le mie lacrime, la mia gioia.

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Maturare la coscienza di questa verità, dona la capacità di vivere di valori che non appartengono al momento che stò vivendo, ma sono eterne; le sento mie perché vissute da sempre ma mi trascendono, so che non mi appartengono e né tanto meno sono vincolate alle mie scelte.

Questo modo di leggere la realtà  certamente, non svilisce il contributo che ciascuno è chiamato a dare nella parte che gli spetta perché la storia della fede continui il suo corso, ma ci incoraggia a cogliere la verità della storia e il rispetto che ci deve essere tra ciò che siamo nella preziosità degli atteggiamenti e delle attese e ciò che da tempo, nella nostra finitezza potremmo dire da sempre, è certezza per coloro che sono capaci di mettersi in cammino alla ricerca di una speranza più vera e questa speranza la coglie nella verità eterna che Gesù è venuto ad insegnarci e che ci trasmette nella nostra disponibilità a viverne gli atteggiamenti e le emozioni. Il Vangelo ci ricorda che anche Gesù, con Maria sua madre e Giuseppe suo padre terreno, tutti gli anni si recava in pellegrinaggio ai luoghi santi. Tutti gli anni gli stessi gesti, gli stessi itinerari, cogliendo in questa ripetitività la vera novità della presenza e dell’amore con il quale Dio ama l’uomo. Ma soprattutto l’amore con il quale Dio voleva manifestare attraverso di Lui l’amore verso ciascuno noi.

Tutto questo viene sintetizzato, dai nostri Vescovi, sempre negli orientamenti pastorali,  nella comprensione purificata ed evangelizzata della pietà popolare che, ci viene ricordato: costituisce anche ai giorni nostri una dimensione rilevante della vita ecclesiale e può diventare veicolo educativo di valori della tradizione cristiana, riscoperti nel loro significato più autentico. Purificata da eventuali eccessi e da elementi estranei e rinnovata nei contenuti e nelle forme, permette di raggiungere con l’annuncio tante persone che altrimenti resterebbero ai margini della vita ecclesiale. In essa devono risaltare la parola di Dio, la predicazione e la catechesi, la preghiera e i sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione e, non ultimo, l’impegno per la carità verso i poveri. (EVBV 44) Quanto, nel documento, viene colto come prezioso e ineludibile, è quello che la visita al Santuario vuole comunicare: la pace della vita familiare,  l’amore per la Parola, la gioia dell’incontro tra i fratelli, l’amore per la natura che il Signore ci ha affidato, la capacità sempre nuova di riprendere il cammino della vita avendo la certezza dell’amicizia della Vergine Santa che si è accompagnata ancora una volta ai nostri passi.

La nostra Diocesi guarda con fiducia alla Vergine Santa, la Madre che il Signore ci ha affidato e alla quale ci ha affidati e che, venerata come Madre di Dio nella diversità dei suoi titoli, venerata come patrona in quasi tutte le comunità parrocchiali, instancabilmente  continua a proteggere la nostra vita, la vita delle nostre comunità e a guidare il nostro cammino incontro al Cristo che viene.

Nel Vangelo di Matteo, ci viene ricordato che il primo invito che viene dal cielo, rivolto a Giuseppe, è ”Non temere di prendere con te Maria  … perché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1,20). Il nostro popolo da sempre accoglie con estremo entusiasmo questo annuncio, tanta parte del nostro popolo testimonia con vigore filiale che non ha timore di prendere con se Maria. La sente parte della propria vita familiare e, soprattutto nei momenti

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più difficili, nelle situazioni di sofferenza, non si stanca di elevarle affettuosamente la preghiera del Santo Rosario.

Ancora di più, possiamo affermare che nella nostra  esperienza di fede è la Vergine Santa che ci ha fatto incontrare, quasi portandoli per mano, tanta parte delle nostre comunità cristiane in occasione dei pellegrinaggi, delle feste a lei dedicate in ogni luogo. L’affidamento delle nostre comunità a Maria resta forte, la nostra gente continua a guardare a Lei come Madre di sicura speranza.

Nella nostra esperienza sacerdotale abbiamo imparato che la Vergine Santa, nella storia della salvezza, salvaguarda e realizza la vera prossimità di Dio tra gli uomini, donna dello Spirito ella ci dona l’Emanuele, il Dio con noi. Sappiamo bene che Maria è anche garanzia di umanità nella Chiesa e nel mondo, è donna e Madre.

Come tutte le madri: “Maria è buona, è tenera; ma non vi è in Lei nulla di austero né di scoraggiante, nulla di troppo sublime né di troppo brillante; vedendo lei vediamo la nostra natura pura” (G. de Montfort), come ogni madre lei possiede il senso delle persone e della diversità.

Perciò il rapporto che si crea con la Vergine Santa con la nostra gente  è sempre individuale, personale. Per questo il nostro popolo nutre tanta confidenza e fiducia nei suoi confronti, si sente amato e accolto, dalla Madre Santa, anche al di fuori e al di là dei tanti itinerari di perfezione evangelica nei quali si cerca di coinvolgerli in tutti i modi.

Lo sappiamo bene, Maria ci accoglie sempre nonostante i nostri limiti e ci prepara ad accogliere Gesù, ci chiede di essere attenti alla sua voce, ai suoi insegnamenti. Lei è attenta ai nostri aneliti anche quando stentiamo ad esprimerli.  Ci conosce troppo bene per non sapere ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Allora come sempre ci prende per mano, incoraggia ad aprire il nostro cuore e ci porta riconciliati all’incontro con Gesù. Sì, lo sappiamo troppo bene è un dono troppo prezioso. Il Signore ce ne ha fatto dono, quale nostra Madre  dall’alto della Croce, a lei ci ha affidato nel momento del dramma dell’amore non corrisposto.

La Parola di Dio nel ricordarci che: “Ciò che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo”, vuol farci capire che la potenza di Dio si manifesta pienamente nella madre di Gesù, e che l’andare verso di Lei, in nulla deve essere colto come un distrarsi dal mistero della Santissima Trinità, perché la Vergine Santa è stata creata per essere, in ogni tempo, segno della potente opera di Dio, mistero di comunione trinitaria, per la salvezza degli uomini. Contemplare la sua presenza nella nostra vita non può che far aumentare la sensibilità spirituale e avvicinarci in modo sempre nuovo alla contemplazione del mistero di amore della SS. Trinità, di cui è Lei è radiosa manifestazione.

La Chiesa, la vita familiare cellula primaria della Chiesa, si costruisce stringendosi alla Vergine Santa, la comunità dei credenti rendeva vivo il Cenacolo “… nella preghiera … con Maria la madre di Gesù …” (At 1,14) in attesa del dono dello Spirito. L’augurio che dobbiamo sentire rivolto a noi è che il nostro impegno pastorale possa suscitare nella nostra gente gli stessi frutti

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della preghiera vissuta attorno alla Vergine Santa dalla prima comunità dei credenti: nuovo entusiasmo per la fede e una sincera dedizione alla missione di salvezza.

Accompagnarsi alla vita del Santuario vuole anche esprimere la disponibilità a contemplare e a celebrare la gloria di Dio. Il nostro popolo che ogni giorno eleva le lodi al Signore mediante la recita della corona del Santo Rosario, meditando la vita di Gesù e sostenuta dalla costante compagnia di Maria, instancabilmente, possa dare serenità ai nostri sforzi e incoraggiarci a continuare con umiltà, con perseveranza, con rinnovata gioia il servizio per la crescita del Regno.

Dalla comunità cristiana, ma frequentemente anche coloro che non si dicono cristiani, ci viene chiesto con ansia di corrispondere sempre con più impegno alla vita di comunione, per poter continuare a costruire e a sperare, tutti insieme superando ogni divisione,  nella sinergia dei carismi di cui ogni battezzato è depositario, il bene comune. Camminare sulla via del bene, indicare la via del bene, far cogliere nell’incontro con Gesù il bene per ogni uomo è quanto riusciamo a sperimentare e a trasmettere vivendo la gioia di sostare in questi luoghi eterni nel messaggio di cui sono depositari e che noi dobbiamo imparare a cogliere sempre più nella sua profondità.

Solo così tutti possiamo sperare di  poter vivere e testimoniare come Chiesa una maggiore serenità grazie alla pace che ci viene dal Signore, per continuare a trasmettere la fiducia in un domani migliore nel nostro cammino incontro al Signore che viene nella sua gloria. E in questa attesa testimoniare con semplicità la bontà della vita illuminata dal Vangelo che Gesù ci ha trasmesso e indicato come il bene per la vita di ogni giorno.

E’ verso questi valori che i nostri Vescovi avvertono l’esigenza di orientare la nostra attenzione incoraggiandoci a cercare nella Tutta Santa gli atteggiamenti della sua vita terrena che l’hanno resa così simile a noi nelle mille situazioni della sua vita quotidiana.

Ci viene chiesto di elevare una invocazione alla Vergine Santa, avendo la certezza che nella sua disponibilità a condividere con noi le povertà della vita siamo incoraggiati a riflettere e a compenetrarci in Lei con le nostre vite fino a farne un tutt’uno con la sua vita, per camminare insieme sostenuti dal suo esempio e dalla sua materna benevolenza incontro a Cristo che ci chiede di guardare con fiducia al futuro della storia e della nostra vita:

 

Maria, Vergine del silenzio

non permettere che davanti alle sfide di questo tempo

la nostra esistenza sia soffocata dalla rassegnazione o dall’impotenza.

Aiutaci a custodire l’attitudine all’ascolto,

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grembo nel quale la parola diventa feconda

e ci fa comprendere che nulla è impossibile a Dio.

 

Maria, Donna premurosa,

destaci dall’indifferenza che ci rende stranieri a noi stessi.

Donaci la passione che ci educa a cogliere il mistero dell’altro

e ci pone a servizio della sua crescita.

Liberaci dall’attivismo sterile,

perché il nostro agire scaturisca da Cristo, unico Maestro.

 

Maria, Madre dolorosa,

che dopo aver conosciuto l’infinita umiltà di Dio nel Bambino di Betlemme,

hai provato il dolore straziante di stringerne tra le braccia il corpo martoriato,

insegnaci a non disertare i luoghi del dolore;

rendici capaci di attendere con speranza quell’aurora pasquale

che asciuga le lacrime di chi è nella prova.

 

Maria, Amante della vita,

preserva le nuove generazioni

dalla tristezza e dal disimpegno.

Rendile per tutti noi sentinelle

di quella vita che inizia il giorno in cui ci si apre,

ci si fida e ci si dona. (EVBV 56)

 

  *   *   *   *   *

 

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Una storia al mese: Don Cono Un servo per il Regno -  di Francesco CIRILLO

     “Un servo per il Regno è il titolo del libro scritto da Cono Araugio parroco da qualche anno della Chiesa Madre di Diamante. Un libro coraggioso prima di tutto. Perché quando una persona scrive di sè , della sua storia, delle sue origini, della sua famiglia, compie sempre un atto di coraggio in quanto mostra al pubblico che lo legge la parte nascosta, i sentimenti, i pensieri, le paure, le contraddizioni. E Don Cono non ha paura di scrivere delle sue origini umili e povere, del lavoro contadino del padre, del lavoro della madre: “ Ricordo che eravamo molto poveri,avevamo un asino e una volta si rovesciarono le ceste dove eravamo io e mio fratello e siamo andati a finire nel fiume “. Così come non ha paura di scrivere dei suoi percorsi per giungere a diventare prete “ volendo riassumere 7 anni a Sicilì (Sa), 4 annia Mezzana (Pz), 2 anni a Policastro di Bussentino (Sa),5 anni a Scalea, 3 anni a Cermenate (Co), 1 anno a Padova, 5 anni a Catanzaro, 2 anni a Napoli, 4 anni a Verbicaro, 4 anni a San Marco Argentano, 9 anni a Cirella, 9 anni a Belvedere marittimo ed adesso a Diamante “.

     Don Cono in definitiva dalla lettura del libro, non ha avuto alcuna conversione, nessuna illuminazione , non è stato altro, sin da bambino. Don Cono è nato prete, doveva fare il prete e basta, e tutto ciò che ha fatto sin dal liceo a Scalea, all’Università a Milano è stato fatto in questa unica direzione. Vive il nomadismo come un cammino nella natura, portandosi dietro l’essenziale, sfidando le insidie della ricchezza, e portandosi dietro solo uno zaino: “ la pedagogia che vive chi porta lo zaino è che non puoi mettere dentro più di quello che puoi portare in spalla”.

     Da qui nasce la sua tranquillità, il suo sorriso verso gli altri, il suo sentirsi sempre parte della comunità dove viene mandato. Accetta tutto come dono, come parte di un progetto divino, e questo gli da la forza di andare avanti anche nelle avversità nelle quali spesso si è trovato. Dalla morte dei genitori, ai sei incidenti stradali dai quali è sempre uscito indenne. Un prete che si dà agli altri , soffre di un male umano che è quello della solitudine e lo scrive più volte : “ comunque è così, forse è meglio stare soli, anziché far finta di non essere soli”. Vive la solitudine perché Don Cono da prete vero, e forse un poco tradizionalista, vede solo nella Chiesa il fulcro centrale della salvezza dell’uomo. Don Cono rifugge all’effimero. Gli piacciono poco le processioni e tutto quanto distoglie il fedele dalla vera essenza che è il cristianesimo, senz’altro simbolo della povertà e dell’umiltà piuttosto che dell’ostentazione e della ricchezza. “Dire che si preghi è un po’ eccessivo, diciamo che si recitano le preghiere, contemporaneamente ognuno tratta delle cose più disparate, la banda suona marcette da teatro, la statua avanza barcollando portata a spalla da persone che ordinariamente non si vedono in Chiesa, ma in occasione della festa avvertono l’esigenza di fare un gesto eroico, alcune volte persino fuori misura”.

    Ecco cosa cerca e vorrebbe Don Cono, l’uomo purificato dai mali della società. Don Cono avverte la mancanza di fede, nei fedeli . E’ a loro che si rivolge con il libro : “ la prima difficoltà che si riscontra è l’incapacità o la non volontà ad uscire da se stessi, dal proprio io, dalle proprie ambizioni, dalle proprie proprietà; posso dire che, almeno secondo me, questo rende

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impossibile la gioia del Natale, che chiaramente esige atteggiamenti opposti. Ma perché la gente non li vive ?”. Queste domande turbano più che il Don Cono umano, il Don Cono prete, di colui che sta fra la gente, di chi sa, tramite le confessioni, tutte le debolezze della comunità che vive, e risponde a sé stesso, sferzando i suoi fedeli : “ Prima di tutto per la poca fede, quasi nessuno rischia veramente su Gesù Cristo la propria vita e se lo fa spera in qualche ricompensa, qualche riconoscimento umano “. E poi ecco l’affondo nella stessa pagina: “ poi manca la capacità di gioire, spesso la Chiesa è piena di gente insoddisfatta che cerca consolazione, non in Dio, nel servire; ma in quello che fa, nel primeggiare. Frasi classiche che mi sento ripetere spesso: quello l’ho fatto io, quello è di mio padre, se non ci fossi io. Certo loro si attenderebbero da parte mia frasi consenzienti ma poiché non do retta in genere perdo i clienti perché questi cari fedeli trovano sempre qualche mercante che valorizza meglio la loro merce. Anche quando non si dice, si avverte che nella mente di alcuni questo è il pensiero dominante. A tutti costoro occorre aggiungere quelli che si contrappongono per partito preso e per affermare i propri fallimenti sociali. Una soluzione sarebbe facile, buttarli fuori tutti, ma forse dovrei poi uscire anche io, perché farei in questo modo una cosa che il Signore non apprezzerebbe“.

    Ma nel libro Don Cono ne ha anche per i politici, non ama l’ipocrisia e partecipando ad alcune commemorazioni scrive : “ si dovrebbe lasciar parlare i bambini loro sanno cogliere la novità nella vita delle persone…….invece in genere si alzano i soliti noti: il sindaco che blatera su attività inesistenti di impegno sociale, il professorone che elogia il nulla,gli amici che pensano a lodare se stessi facendo finta di parlare dell’altro. Incenso di qua , incenso di là, occorre dire che era anche di qualità scadente per cui il rischio era l’intossicazione “ . Certo adesso non voglio spaventare i nostri fedeli cristiani ed i nostri politici limitando la lettura del libro . Immagino già le telefonate a Don Cono. Il libro è fatto di tante altre cose belle , i lavori fatti da Don Cono, nelle Chiese di Belvedere, Cirella e Diamante, il recupero delle statue, i pellegrinaggi, ed è pieno di consigli per vivere al meglio la propria spiritualità ed il proprio percorso da credente . Una che mi è piaciuta di più è l’apprezzamento per la comunità rom di Diamante. Don Cono ha avuto modo di conoscerla durante una funzione funeraria: “ E’ stata un insieme di gioia e dolore, di solennità e di disperazione. La cosa nuova o più semplicemente antica è la partecipazione di tutti i componenti della famiglia, anche i bambini sono stati coinvolti nella ritualità. Eh si, Diamante è proprioun insieme di comunità molto diversificate e sottilmente incomunicabili, è proprio come un diamante, è bello per le tante sfaccettature, tutte ugualmente importanti e luminose “.

     Un libro che si legge di un fiato, scritto come un diario, che ricorda anche le varie feste religiose , le funzioni e le preghiere da fare giorno per giorno invitando il lettore ed il fedele a meditare sul proprio essere e sulla propria esistenza. Chiudo con una mia curiosità che proviene dalla mia formazione politica e culturale. Don Cono scrive a proposito dei suoi processi formativi : “Poi tante situazioni di vita molto diversificate tra loro. Tensioni spirituali e devianze più materiali,studi liceali,quindi accesso all’università erano i tempi degli eskimo e delle sciarpe rosse ed io ero alla Statale di Milano. Potrei narrare tanti avvenimenti ma sanno di vecchio e quindi ve li risparmio. “ Bè, qui sarei

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stato proprio curioso di sapere cosa ha combinato a Milano, ma forse ci sta preparando un nuovo libro per farci conoscere questo capitolo “misterioso” della sua vita. Ultima cosa diretta ai miei amici e compagni che mi leggono . Tranquilli, ho intervallato la lettura del libro di Don Cono con quello di Piergiorgio Odifreddi, “ Il Vangelo secondo la scienza”.

 

A integrazione per i lettori aggiungo che, purtroppo, nel nostro tempo: Vale più una bugia ripetuta che non una verità mai detta

per cui, mio malgrado, vi faccio sapere come vivo la mia responsabilità di tutore dell'arte nella Chiesa Madre. Buona lettura

 

                                                                         Alla Sovrintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici

                                                                          per le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone

                                                                                     P.zza dei Valdesi,13

                                                                                         87100 COSENZA

 

                   Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesagistici della Calabria

             Via Scylletion, 1

             88021 Roccella di Borgia (CZ)

 

OGGETTO: Comunicazione di Mons, Cono ARAUGIO, Parroco dell’Immacolata Concezione in Diamante, in riferimento ai lavori urgenti effettuali senza l’autorizzazione di codeste Sovrintendenze.

     Il sottoscritto Mons. Cono ARAUGIO, facendo seguito alla mia richiesta per un intervento di urgenza riguardante la situazione della Chiesa Immacolata Concezione in Diamante, fatta, successivamente al sopralluogo dell’Architetto Stefania BENVENUTO in data 7 gennaio 2010, all’Ufficio per l’Arte Sacra e i Beni culturali della Diocesi di San Marco Argentano – Scalea del 02/03/2010, e da quanto scrivete a voi pervenuta solo in data 12/07/2010 e alla Vostra nota 4183 del 29/11/2010; avverte l’esigenza di sottoporre alla vostra attenzione

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che nella mia vita di Parroco, ormai da ventotto anni, ho sempre avuto chiara la responsabilità di tutore del patrimonio storico artistico, percependo che tra i primi doveri del mio ministero c’è la sua conoscenza e la sua tutela, secondo le norme che regolano i rapporti tra la Conferenza Episcopale e lo Stato Italiano. A questo posso aggiungere che la gran parte del ministero sacerdotale l’ho esercitata in Chiese sotto vincolo.

     Per cui ciò che è accaduto è dovuto solo alla mia sensibilità verso la tutela del patrimonio storico/artistico,  che con la mia nomina di parroco dell’Immacolata Concezione in Diamante dal 1 settembre 2009 ho cercato di applicare all’opera monumentale che mi è stata affidata.

     La mia prima preoccupazione, aiutato ad hoc da un team di tecnici che mi collaborano nell’estensione di un progetto complessivo da sottoporre all’autorizzazione della Sovrintendenza stessa, è stata quella di conoscere bene la Chiesa che mi veniva affidata sempre per poterne valorizzare al meglio le caratteristiche sia dal punto di vista liturgico che dal punto di vista turistico. E’ inutile sottolineare che l’immobile rappresenta una delle poche opere storiche di cui la città può vantarsi, vero fiore all’occhiello per la dinamica turistica che tanto coinvolge questo centro marinaro.

     Proprio in riferimento a questa mia passione, allego la relazione del sopralluogo effettuato dall’Architetto Stefania BENVENUTO e una scheda conoscitiva sulle varie fasi che hanno caratterizzato lo sviluppo architettonico dell’immobile, che ne delineano la lenta progressione e stabilizzazione sia dal punto di vista architettonico che dal punto di vista pittorico.

     In riferimento a quanto realizzato, a mia parziale scusante, penso di poter addurre solo di aver effettuato un alleggerimento del fondo  con un colore giallo paglierino, che per quanto posso constatare, caratterizza l’intervento della Sovrintendenza in quasi tutte le chiese di tradizione neo classiche/barocche costruite tra il settecento e l’ottocento.

     Il fondo era di un travertino molto intenso e in alcune sezioni finto marmo con molte varianti di marrone circondato da pesanti dipinture anche esse finto marmo di un marrone cupo (definite dagli estensori, forse in modo troppo ampolloso, come affreschi) che comunque, nelle paraste sottostanti i capitelli corinzi, anch’essi marrone, ancora oggi percorrono nella sua circonferenza tutta la chiesa, le stesse sono state realizzate, intonacando le precedenti colonne molto più snelle nella loro impostazione iniziale.

     Le stesse paraste, sono circondate da stucchi, che anziché avere il loro colore naturale bianco sono in finto travertino, leggermente più chiaro.

     L’altro intervento è stato quello di riqualificare, in chiave conservativa, il portone di ingresso in pino rosso, che era ridotto in uno stato fatiscente per l’incuria, di chi pensava di conservarne meglio l’antichità. Inoltre la rimozione del tamburo al portone d’ingresso in formica, anch’esso verniciato in travertino e marrone che ormai rappresentava un pericolo per i fedeli sempre a motivo della scarsa manutenzione.

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     Nei saggi effettuati sulle pareti contrassegnate da crepe sono emerse le tre nicchie, chiuse nel precedente intervento degli anni cinquanta, nelle stesse sono state posizionate le tre statue senza sede: San Nicola Magno che era stato collocato dietro la porta d’ingresso, Santa Filomena e la Madonna della Salette erano state posizionate sopra il tamburo d’ingresso.

     Nell’esprimere i più sentiti  ringraziamenti per la vostra attenzione e sensibilità, dall’incontro avuto insieme ai Tecnici con la Dottoressa Mari e l’Architetto Mingrone in sopralluogo a nome delle due Sovrintendenze nei mesi di ottobre e novembre, ne sono uscito molto edificato, nell’attestare il mio più sincero dispiacere per tutti i problemi che vi ho causato, confermo la disponibilità ad ogni vostra indicazione.

     Per cui resto a vostra totale disposizione per ogni ulteriore sopralluogo conoscitivo di vostri tecnici orientato, mediante saggi esplorativi qualificati, alla riscoperta dei colori iniziali che caratterizzavano con tanta delicatezza questo luogo di culto. Tutto quanto sarà definito e richiesto, in collaborazione con le Sovrintendenze ai Beni Monumentali e Artistici, oltre tutto quello che è già stato annotato in riferimento a quanto richiesto nei sopralluoghi effettuati, sarà inserito nel progetto complessivo elaborato da Tecnici qualificati, che lentamente va definendosi, per poter così dare inizio pienamente approvato, all’intervento strutturale integrale sulla Chiesa dell’Immacolata Concezione in Diamante.

Diamante 13 dicembre 2010

                                                                                                                                         Il Parroco

                                                                                                                                (Mons. Cono ARAUGIO)

 

Relazione del sopralluogo

     La presente relazione si riferisce al sopralluogo da me effettuato presso la Chiesa dell’Immacolata Concezione di Diamante in data 7 gennaio 2010.

    La Chiesa dell'Immacolata Concezione la cui costruzione risale al XVII secolo, con un impianto molto più piccolo dell’attuale, ha avuto nel corso dei secoli, un ampliamento consistente alla fine del settecento e dell’ottocento e diversi rifacimenti, adeguamenti strutturali, aggiunte e decorazioni pittoriche negli anni cinquanta e negli anni settanta e ottanta.

     Costituita da una navata centrale, coperta con volta a botte e collegata con un ampio arco all’abside di forma rettangolare, coperta a cupola. Il fabbricato si collega ad ovest con la casa canonica e ad est con altri fabbricati. La facciata principale, a sud, è contraddistinta da una sobria veste neoclassica con ordinanze poco aggettanti.

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     Dal sopralluogo, si è potuto riscontrare che tutta la struttura nel suo insieme versa in uno stato di degrado generale, le cui cause possono essere individuate in vari fattori, ed in particolare:

-alla scarsa e/o cattiva manutenzione negli anni;

-ai fenomeni di risalita capillare dell’umidità presente nel terreno dalle murature;

-alla presenza di umidità generata dall’infiltrazione di acqua piovana dalle coperture che ormai necessitano di interventi di ripristino e di riqualificazione generale.

    Tutto quanto sopra ha comportato che le facciate esterne, soprattutto quelle laterali, si sono degradate, al punto da verificarsi fenomeni di distacco di parti di intonaci per gli evidenti segni di infiltrazione e conseguente formazione di fessurazioni e danneggiamento delle strutture (è già di diversi anni fa, l’intervento urgente di spicconatura eseguito sui cordoli di cemento lungo la linea di gronda del tetto delle facciate laterali, per eliminare le parti fatiscenti e pericolanti, lasciando a vista le armature che oggi riversano in uno stato di deterioramento, prive di copriferro e con fenomeni di carbonatazione).

    La facciata principale versa in condizioni di forte degrado, con distacchi dell’intonaco, lacune dell’intonaco e di cornici e modanature, disgregazione dell’intonaco e tracce di scialbatura cementizia sull’ordine inferiore, alterazione biologica e presenza di licheni e muffe. Così come le pareti esterne dell’abside, sul lato nord, presentano fenomeni di umidità diffusa con visibili segni di degrado e fessurazioni dell’intonaco; alterazioni materiche generate dall’infiltrazione dell’acqua piovana non canalizzata, nonché da acque disperse e soprattutto dalla risalita capillare dell’umidità presene nel terreno e quindi alle fondazioni.

    Inoltre, tale condizione di degrado è causata, oltre che dalla diretta esposizione agli agenti atmosferici, dalla mancanza di manutenzione negli anni, (la posizione in cui si trova la Chiesa, rende difficile e dispendioso qualsiasi tipo d’intervento di manutenzione anche ordinario da eseguire).

    Elementi di degrado molto importanti, per la tutela del patrimonio storico ed artistico, vi sono all’interno della Chiesa. Diffuse macchie di umidità sulla volta e nelle nicchie, dovute ad infiltrazioni d’acqua provenienti dalla copertura e dai finestroni laterali -in alluminio anodizzato- che ormai non assolvono alla propria funzione.

    All’altezza della zoccolatura intorno agli altari laterali e lungo le pareti sono presenti diverse alterazioni materiche derivanti da acque disperse e soprattutto dalla risalita capillare dell’umidità presente nel terreno. Gli effetti dell’attacco umido nelle sue diverse forme, variano a seconda della porosità dei diversi materiali permeabili e si manifestano con fenomeni quali:

Effluorescenza – formazione di sostanze, generalmente di colore biancastro, e di aspetto cristallino o polvurolento, sulla superficie delle

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pareti e delle volte. In alcuni casi di effluorescenze saline, la cristallizzazione avviene all’interno dell’intonaco, provocando il distacco delle parti superficiali.

Esfoliazione – degrado dell’intonaco con distacco, spesso seguito da caduta, di uno o più strati superficiali subparalleli tra lori (sfoglie).

Polverizzazione – decoesione dei materiali che si manifesta con la caduta spontanea del materiale sotto forma di polvere o granuli.

Rigonfiamento – sollevamento superficiale del materiale, che assume forma e consistenza variabile.

Patine – formazione di strati sottili, morbidi ed omogenei, aderenti alle superfici, di evidente natura biologica, di colore variabile, per lo più verde. La patina è costituita prevalentemente da microrganismi cui possono aderire polveri ecc..

Macchie – alterazione che si manifesta con pigmentazione accidentale e localizzata dalla superficie dell’intonaco o dell’affresco, e correlata dalla presenza di materiale estraneo al substrato, per esempio ruggine, sali di rame, sostanze organiche ecc..

Disgregazione – decoesione caratterizzata da distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche.

Deformazione – alterazione della sagoma dell’intonaco, che ne interessa l’intero spessore e che si manifesta soprattutto in elementi nastriformi.

Alterazione cromatica – alterazione che si manifesta con la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore: tinta, chiarezza, saturazione. Si presenta con morfologie diverse a secondo delle condizioni e può riferirsi a zone ampie o localizzate.

    Tutti questi fenomeni hanno provocato e provocano continuamente ingenti danni alla struttura muraria, nonché agli elementi architettonici ed artistici, agli stucchi ed ai rivestimenti in marmo e pietra.

    Inoltre, l’arco principale, posto tra la vota a botte della navata e l’imposta della volta dell’abside presenta diverse fessurazioni anche di entità consistente, così come le pareti laterali e quella di fondo dell’abside presentano lesioni sia del tipo che interessano solo lo strato superficiale (intonaco), sia aperte che interessano lo strato più interno della muratura.

    In occasione del sopralluogo, sono state rilevate sulle pareti laterali alcune lesioni verticali, la cui posizione, a distanze regolari tra loro, ha portato a pensare alla presenza di vani, presumibilmente nicchie, esistenti e successivamente chiuse con muratura più recente rispetto a quella preesistente.

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    Tali lesioni non sarebbero del tipo strutturali, come quelle sopracitate, ma dovute soltanto all’uso di materiale diverso utilizzato per murare i vani preesistenti.

    A conclusione, tutto il manufatto necessita di un urgente progetto di restauro, da concordare, che consente di ripercorrere i molteplici nessi esistenti fra conoscenza del manufatto e progetto stesso, fra diagnosi e rimedi, fra tecnologie disponibili e soluzioni messe a punto per risolvere problemi diversi; ciò per fare emergere ed evidenziare il carattere di un restauro idoneo e pertinente all’organismo architettonico della Chiesa.

                                                                                                                                                  L’Architetto

                                                                                                                                           (Stefania BENVENUTO)

 

Relazione conoscitiva sull’ampliamento e le successive modifiche Architettoniche e Pittoriche della Chiesa Madre di Diamante

di Mons. Cono Araugio

    In alto, su uno spuntone roccioso "il Timpone", nella parte più elevata, al confine dell'allora Diamante  quasi a vigilarlo, è posta la chiesa dell'Immacolata Concezione. La costruzione fu intrapresa agli inizi del XVII secolo, alcuni dicono nel 1645, inglobando una precedente piccola cappella del Purgatorio, sulla quale in seguito fu innalzato il Campanile. Fu costruita in stile romanico, molto semplice, più piccola dell’attuale immobile, in materiale povero. Nel corso dei secoli, come è accaduto per tante chiese, ha subito vari adeguamenti e rifacimenti, strutturali e pittorici.

    L'interno della Chiesa Madre è a navata unica, si presenta in stile neo classico con leggero influsso del barocco. Conserva un pregevole fonte battesimale marmoreo  del '600 proveniente dalla Chiesa di San Nicola Magno, che era situato al Torrione, nel feudo del Principe Carafa. da questa Chiesa proviene anche la statua dedicata al santo di Mira e un pregevole Cristo in Croce.   

    Nella torre campanaria sono conservate tre campane dei Principi Carafa, la più antica è del 1714, l'altra è del 1723 la più recente del 1751. Mentre nella torre campanaria vi è una campana piccola del 1515 che potrebbe indicare l'inizio delle attività liturgiche della Chiesa delle Anime Purganti. Vi è un'altra campana più recente del 1920. Sono inoltre presenti  oltre la monumentale statua lignea dell'Immacolata, dono di Tiberio Carafa alla parrocchia, le statue lignee di San Giovanni Battista, Sant'Anna e la Madonna del Carmine, Santa Lucia, San Pasquale Baylon. Le statue vestite della Vergine del SS Rosario e dell'Addolorata. Completano l'ornamento artistico della Chiesa due putti lignei capoaltare e due tele dei primo del '900 raffiguranti Gesù con i bambini e l'Immacolata con ai piedi Diamante.   

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    Di altra provenienza sono tre tele della fine del '700 e successive raffiguranti Sant'Antonio di Padova con Bambino, La Vergine del SS Rosario con i Santi Domenico di Gutzman e Caterina da Siena, la Vergine con Bambino con i Santi Francesco d'Assisi e Francesco di Paola. Una quarta tela raffigura la Misericordia di Dio con San Pio da Pietralcina, Madre Teresa di Calcutta e Papa Giovanni Paolo II circondati dai bambini.

    Tra le opere d'arte sono da ascrivere anche alcuni argenti dei primi dell'800, tra i quali, artisticamente rilevante è la croce processionale del 1876. Pezzo di particolare pregio artistico è la Corona in oro della Vergine, dei primi anni del '900 e altri calici in argento del '700. Tra le opere d'arte sono da ascrivere anche le due acquasantiere in pietra. Fino agli inizi del secolo figurava anche una tela settecentesca con le anime purganti nella cappella del Purgatorio.

    La Chiesa dell’Immacolata tra il 1787 e il 1880 è stata ampliata di tutto il Presbiterio, ed è stata elevata in altezza quasi di un terzo del suo volume iniziale, la data finale di questo intervento strutturale ritengo sia stata il 1796, data che era presente nell’arco trionfale e che è stata sostituita dalla nuova fase dei lavori con il 1950. Dall’iniziale impianto romanico, per come si evince in una delle nicchie emerse negli ultimi interventi di consolidamento, si è passati allo stile barocco molto ricco e segnato da una leggera coloritura in finto marmo rosa a imitazione dell’altare maggiore.

    Un ulteriore intervento è stato realizzato ai primi del novecento con l’inserimento, ex abrupto, della Cantoria sull’ingresso per l’organo. Questo intervento ha di fatto eliminato i sei stemmi gentilizi posizionati sulla parete di fondo della chiesa sopra l’ingresso principale. Alcuni di questi stemmi sono stati riproposti, tra gli anni trenta e cinquanta, in corrispondenza degli altari laterali, sono stati inseriti anche altri stemmi con i nobili del tempo.  

    Ancora un intervento strutturale, decorativo e pittorico è del 1954. Questo intervento ha rivisitato lo stile iniziale riqualificandolo  in stile impero. Sono stati rimossi molti stucchi, eliminati alcuni altari, riqualificate le date a carattere storico presenti.

    Negli anni settanta/duemila altri interventi sono stati realizzati immettendo sempre nella navata centrale: una pesante zoccolatura perimetrale, le finestre in alluminio anodizzato, la rimozione delle balaustre, il rifacimento del fonte battesimale. Inoltre sono stati effettuali ulteriori interventi pittorici al punto che al mio arrivo, per come si può vedere ancora oggi, la Chiesa evidenzia due livelli di pittura: uno ad altezza d’uomo, il secondo fino ai cornicioni.  

    Per come è evidente ai nostri giorni, anche in virtù di successivi e costanti interventi di riqualificazione, la navata centrale della Chiesa è connotata pittoricamente con una pesante variante di marrone, che ne percorre tutta l’ampiezza. Mentre la volta si caratterizza con un’altra tipologia pittorica sull’azzurro/celeste che la rende totalmente diversa dalla navata.

    Posso ritenere, senza paura di sbagliare, che tutto questo sia sempre accaduto senza alcun coinvolgimento di codeste Sovrintendenze e soprattutto

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senza che alcun cittadino, in questo caso lodevolmente così premurosi, abbia sollevato qualche perplessità. 

    Affermo questo non per giustificare un atteggiamento eccessivamente preoccupato della stabilità dell’immobile che, in seguito ai Vostri sollecitati sopralluoghi, è stato definito non pericoloso per l’incolumità della gente. Ma d’altra parte in via prudenziale la verifica della stabilità delle lastre marmoree percorse da pericolose crepe, la presenza costante di polvere proveniente dall’alto sui pavimenti, che peraltro continua a cadere, intonaci sollevati all’altezza della zoccolatura e ulteriori crepe a ridosso delle porte laterali di sinistra entrando avevano sollecitato la mia preoccupazione in ordine all’utilizzo dell’immobile.

    Lo stesso comunque presenta pericolose crepe in più parti sia a ridosso dell’arco trionfale sia in riferimento alla parete di fondo, come soprattutto la lesione e la caduta di tratti di intonaco di tutto il cornicione perimetrale in cemento armato realizzato negli anni settanta tutto intorno al tetto, dal quale tutt’oggi continuano a cadere calcinacci.

 

  

Cetraro il 14 ottobre 2010                                                           Aggiornamento del Clero

 

"La regola di vita come attuarla e renderla presente nel Presbiterio diocesano"

     Voglio iniziare questa comunicazione riproponendoci alcune frasi della riflessione che Mons. Vescovo ci proponeva in occasione dell’anno sacerdotale: Il racconto dei due Discepoli che, delusi, incontrano il Risorto … ci ricorda che non è necessario scorgere orizzonti lontani, basta la luce di un solo passo nella direzione giusta, in compagnia del Risorto … Quale gioia quando i sacerdoti sono liberi da ceppi che altrimenti li ingabbierebbero in un ricettacolo di compromessi e falsità! … Talora ci scopriamo scadenti e incapaci, ma sono proprio questi momenti che ci fanno rivivere le parole dell’Apostolo: è nella debolezza che riscopro la potenza di Dio … La risposta la troveremo nella capacità che avremo di abbassarci in gesti di totale e gratuita carità, in una vita di continua pazienza verso le pene e le gioie degli altri. In un rigoroso attaccamento alle precise responsabilità che il ministero esige … Voi siete la mia lettera, cari fratelli nel sacerdozio, perché in voi ho cercato sempre di intravedere quel Cristo che ha chiamato voi e me a seguirlo sulla strada dell’amore. Proprio Lui dobbiamo ancora continuare a seguire e ad amare, ogni giorno più intensamente, in qualunque situazione ci troveremo, sia dal punto di vista pastorale sia nelle nuove situazioni ecclesiali ed esistenziali che ciascuno di noi, a cominciare da me, si troverà a vivere "(D. CRUSCO, Cristo Risorto è una vita da vivere, pp. 24 - 25.112, La Poligrafica, 2009).

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     Se è vero come è vero che noi siamo la lettera del Vescovo, mi piace dire, parafrasando, che la Regola di Vita è la lettera, che è il Vescovo, per tutti noi. Chiudendo il mandato episcopale Mons. Lauro ha lasciato il suo ministero consegnandoci il documento sinodale, che contiene gli aneliti della novità dello Spirito per la nostra Chiesa di San Marco Argentano - Scalea. Nella continuità dello sforzo Sinodale, Mons. Crusco a chiusura del suo mandato episcopale ci dona una norma di vita, perché noi tutti, sua lettera in Cristo, possiamo essere quello che la Chiesa si attende da ogni Presbiterio, il segno della Comunione Trinitaria nella comunità Cristiana e nel mondo. La preoccupazione di essere l’oggi della Chiesa, nella comunione, è stata la premura costante del servizio episcopale di questi anni. La collegialità delle scelte pastorali attraverso l’articolazione in Aree del coordinamento degli Uffici diocesani e il cammino di formazione con la relativa istituzione delle Unità pastorali sono state le scelte per orientare al coinvolgimento corresponsabile e collegiale di tutto il Presbiterio nella proposta educativa diocesana. Far uscire i presbiteri dall’individualismo pastorale, coordinando sempre più le tante attività formative parrocchiali e diocesane in una sinergia di carismi orientata al bene comune, trasformare la pastorale orientandola sempre più alla missione e all’evangelizzazione sono stati obbiettivi che hanno guidato i piani pastorali che si sono succeduti con la loro scansione triennale: Alzati e va 2001/2003, Il tuo volto Signore io cerco 2004/2006, La nostra Chiesa in Missione 2007/2010.

     Gli strumenti innovativi, nella diversificazione della loro applicazione, frutto di queste scelte di fondo sono certamente: una crescita della mentalità missionaria nella pastorale ordinaria e il rinnovamento degli itinerari per la formazione all’iniziazione cristiana in chiave catecumenale.

     Si è pervenuti a questi obbiettivi mediante lo sforzo notevole fatto, ormai da almeno venti anni, per la crescita della corresponsabilità del laicato nella partecipazione alla missione della Chiesa vissuto attraverso l’Istituto di Scienze Religiose, la Scuola di Formazione Teologica e le tante iniziative formative e spirituali delle Aggregazioni ecclesiali presenti nella nostra Chiesa diocesana.

     Ma la scelta più coerente e coraggiosa che si è accompagnata alla crescita della Chiesa diocesana è stata certamente la volontà di affrontare, per codificare attraverso una Regola di Vita, la crescita formativa per il presbiterio, perché diventasse sempre più quello che la CEI ha indicato come traguardo pastorale del primo decennio del nuovo millennio: una Chiesa, casa e scuola di comunione.

     E’ come per la seconda parte del Vangelo di Luca, quando Gesù orienta con decisione il suo cammino verso Gerusalemme, così la nostra diocesi sin dal 2006 ha intrapreso questo percorso, orientato a far maturare il senso della priorità della formazione dei presbiteri n ordine alla comunione in se e con gli altri, come persona e come alter christus.

     La Regula Vitae nella sua stesura non si presenta con una veste canonica, nel senso che non fa riferimento ai tanti articoli del Codice di Diritto Canonico, che pure potevano darle una autorevolezza istituzionale. Volutamente le si è data una impostazione pastorale e personale, incoraggiando quello che Mons. Vescovo così spesso ha indicato come la via privilegiata della propria dedizione

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a Cristo: la sequela della Vergine Santa, modello insostituibile di ogni via di perfezione alla santità; l’amore per la propria vita (essere galantuomo); l’amore per la comunità cristiana e per la nostra terra (disinteressato e senza carrierismi velati o manifesti).

     E’ stata presentata nell’introduzione come frutto dell’anno sacerdotale, e deve essere accolta come un dono della preghiera che si è accompagnata alla vita del presbiterio in questo anno così particolare. Le tre articolazioni nelle quali è stato suddiviso il testo non vogliono indicare una settorializzazione, ma solo una sottolineatura per ambiti valoriali che comunque possono e debbono essere compresi in dinamica di interazione. Vuole essere uno strumento attivo per la crescita della comunione tra i presbiteri, ma da usare anche come pista di riferimento per la correzione fraterna. Alcune sottolineature, quali la direzione spirituale, l’adorazione pubblica, la disponibilità alla Riconciliazione, esigono una sincera conversione spirituale.

     E’ bene ricordare che alcuni presbiteri si relazionano, all’interno del presbiterio e anche nell’azione pastorale, ancora come liberi battitori. Certamente occorre un sincero spirito di umiltà per comprendere come immaturità vocazionale, il proprio non vivere quanto ci viene chiesto per la crescita della comunione tra i presbiteri. Così come è importante responsabilizzare nella disponibilità alla correzione fraterna tutti coloro che per elezione o per scelta del Vescovo entrano a far parte dei quadri formativi del Presbiterio diocesano. Non è certamente edificante, ne qualificante, deresponsabilizzarsi dal concorrere alla crescita della vita di comunione, facendo ricadere tutto il peso della costruzione delle relazioni di fraternità sul Vescovo.

     Abbiamo detto che la Regula Vitae si inserisce nel quadro del progetto pastorale che Mons. Vescovo ci ha chiesto di percorrere, dobbiamo perciò coglierla come l’inizio di una nuova fase, fase necessaria delle relazioni tra presbiteri. Occorre creare rapporti più autentici tra noi. Rapporti che ci donano la capacità di intervenire, quando dal nostro punto di vista il fratello non concorre alla crescita della comunione nella famiglia presbiterale.

     Insomma sarà necessario vivere, come espressione della propria maturità, relazioni più mature nella linearità della propria crescita e nella disponibilità a concorrere con le proprie capacità alla crescita del presbiterio diocesano.

     Abbiamo voluto integrare l’uscita della Regula Vitae, con l’itinerario che abbiamo percorso insieme negli anni della preparazione. La memoria delle cose fatte non sempre ci sostiene, è perciò opportuno richiamare alla mente il percorso vissuto insieme. Questi contenuti si sono accompagnati alla nostra crescita per alcuni anni, perciò ritengo che ciascuno di noi debba sentirla parte della propria vita di presbitero. Nello stesso tempo deve avvertire come un fardello necessario l’impegno di costruire l’autenticità dei rapporti di fraternità tra i presbiteri. Sarebbe tristissimo se noi chiedessimo ai fedeli cose che noi stentiamo a vivere, o ancora peggio rifiutiamo di vivere in ordine alla nostra correzione fraterna.

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     Il lavoro è stato lungo, collegiale, ha esigito la partecipazione attiva di tutti, adesso esige il coinvolgimento emotivo di tutti a incamminarsi sulla via della santità. Può sembrare strano ma è una regola che è affidata sostanzialmente alla maturità individuale, avendo chiara la coscienza che l’amore non si impone. In una sua comunicazione Mons. Vescovo ci ricordava la scelta di fondo del suo ministero in mezzo a noi: "Una cosa non potrà e non dovrà cambiare: l’amore con cui dovremo accoglierci gli uni con gli altri, quello con cui ho cercato di essere in mezzo a voi, pur con i miei immancabili limiti. E’ un amore che sebbene assuma tante forme, non può e non deve essere scambiato per semplice bonomia, perché si tratta si un amore da vivere sempre come amore di quel Cristo che è la ragione ultima della nostra speranza e di tutta la nostra vita" (D. CRUSCO, Cristo Risorto è una vita da vivere, pp. 112-113, La Poligrafica, 2009).

     Tra gli aspetti che caratterizzano la vita del Presbitero di tradizione cattolica e noi siamo e vogliamo essere Sacerdoti cattolici, è certamente il profondo attaccamento spirituale alla Vergine Santa. Possiamo dire di più, la nostra diocesi è profondamente debitrice verso la Vergine Santa. Spesso è Lei a farci incontrare le nostre comunità che, in occasione delle feste mariane, si presentano a Lei fiduciose di essere accolte, di essere ascoltate.

     Ed è sempre Lei che dona a tutti noi la serenità di essere accolti all’Altare con la certezza di essere perdonati, nonostante i limiti e le infedeltà che si accompagnano alla nostra vita nel servire il Regno. Ancora una volta vogliamo affidare a Lei questo strumento di perfezione cristiana perché ci aiuti ad accoglierlo con umiltà, e a viverne gli orientamenti in una disponibilità sincera alla fraternità e alla gioia della vita comune, per questo diciamo:

Sub tuum praesidium confugimus,

Sancta Dei Genitrix.

Nostras deprecationes ne despicias

in necessitatibus nostris,

sed a periculis cunctis

libera nos semper,

Virgo gloriosa et benedicta

 

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,

Santa Madre di Dio:

non disprezzare le suppliche

di noi che siamo nella prova,

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ma liberaci da ogni pericolo,

o Vergine gloriosa e benedetta.

 

Borsa di Studio "Mons. Pasquale Grandinetti" Regolamento

 

ART. 1 – Finalità

La Parrocchia Immacolata Concezione di Diamante, in occasione della  Festa Patronale, istituisce il Premio Culturale "Mons. Pasquale Grandinetti", finalizzato a tener sempre vivo il ricordo di un Sacerdote che nella sua lunga azione pastorale, ma anche con la preghiera nel corso della sua malattia, ha contribuito a valorizzare la solidarietà e la pace nei rapporti umani, promuovendo l'aggregazione e l’emancipazione spirituale e umana della città di Diamante. Contribuendo così, per come è universalmente riconosciuto, al suo sviluppo culturale e sociale.

 

ART. 2 – Partecipanti

Possono partecipare tutti coloro che amano la città di Diamante di qualsiasi nazionalità ed età.

 

ART. 3 – Modalità di partecipazione

La partecipazione al Premio è completamente gratuita. I partecipanti potranno scegliere tra due percorsi: quello artistico e quello letterario.

Il primo percorso prevede la realizzazione di un elaborato artistico che potrà essere, a scelta del candidato, o un dipinto, o un collage, o una scultura, o una fotografia artistica, o un video, eseguito con tecniche a scelta del candidato stesso.

Il secondo percorso prevede la stesura di un elaborato scritto che potrà essere, a scelta del candidato, o un racconto, o una poesia, o un libro di poesie o di narrativa o di altro genere.

Ogni candidato potrà partecipare al concorso con la presentazione di un solo elaborato, pertanto dovrà scegliere uno solo dei percorsi proposti.

 

ART. 4 – Tema

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Gli elaborati devono riferirsi al territorio e alla Città di Diamante. I temi sono i seguenti:

il territorio come luogo di contemplazione e viaggio;

cultura e storia;

natura e ambiente;

Art. 5 – Giuria

La Giuria del Premio è composta da componenti del mondo culturale di Diamante, selezionati per competenze sulle tematiche proposte di volta in volta ogni anno, ed è presieduta dal Parroco.

Art. 6 – Premiazioni

Il premio di € 500,00  viene assegnato ogni anno in materiale didattico, divulgativo o professionalmente legato all'opera presentata a concorso. La premiazione si effettua durante la Festa Patronale, a giudizio insindacabile e inappellabile della giuria che redige apposito verbale da depositare e conservare presso l’Archivio  Parrocchiale.

Art. 7 – Condizioni

Le opere consegnate non vengono restituite ai concorrenti. Ai sensi dell’art. 10 della Legge n. 675/96 i dati personali acquisiti sono utilizzati solo per le finalità legate al premio e per garantire il suo svolgimento.

 

Diamante, li   3 agosto 2010        

                                                                                                                                                                         Il Parroco

     Mons. Cono ARAUGIO                 

 

 

PER UNA MIGLIORE COMPRENSIONE DELLA SETTIMANA SANTA   Diamante 28 marzo 2010

La celebrazione della Pasqua ritmata nel triduo pasquale, preceduto dall’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, è radicata nella tradizione delle celebrazioni che si svolgevano fin dal secondo secolo nelle chiese costruite a Gerusalemme sui luoghi santi. Questa articolazione liturgica fu  trasmesse a

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tutta la cristianità quando la chiesa, terminate le persecuzioni, poté celebrare liberamente i riti che riguardavano gli avvenimenti principali della vita del Signore: la Cena, la Passione, la Risurrezione e infine la sua Nascita.

Questa tradizione celebrativa si rifà all’antica liturgia della Chiesa Madre di Gerusalemme. Tutto viene descritto negli appunti di pellegrinaggio che la galiziana Egeria fece alla fine del IV secolo, partecipando ai riti della Pasqua del 381.

I riti erano celebrati tutti nella mattinata, nelle chiese fatte costruire da Costantino sopra i luoghi santi. Faceva eccezione il venerdì santo, in quanto all’alba si svolgeva la liturgia al Pretorio con la riflessione della condanna, all’ora terza si venerava la Croce all’Eleona contemplando e baciandone il legno, dall’ora sesta ci si spostava al Golgota per l’agonia e la riflessione della morte all’ora nona, quindi: “Dopo il commiato, si va all’Anastasis; giunti là, viene letto il passo del Vangelo in cui Giuseppe richiede a Pilato il corpo del Signore e lo depone in un sepolcro nuovo.  Letto questo passo, si dice una preghiera, si benedicono i catecumeni, poi i fedeli, e cosi ha luogo il commiato. In quel giorno non si è fatto l’invito di continuare la vigilia all’Anastasis, perché si sa che la gente è molto stanca: però c’è ugualmente la consuetudine di continuarla in quel luogo. Cosi chi vuole o, meglio, chi può, veglia ancora; chi invece non se la sente, non rimane fino al mattino; da parte loro i membri del clero seguitano a vegliare, almeno chi è più forte o più giovane; cosi durante tutta la notte fino al mattino si dicono inni e antifone. Una folla immensa non cessa di vegliare, alcuni dalla sera, altri dalla metà della notte, secondo le forze”.

Questa veglia proprio dinnanzi al sepolcro veniva accompagnata dal più rigoroso digiuno, probabilmente è questa la radice che ha originato la tradizione delle quarant’ore nel tempo della quaresima. E’ evidente l’influsso delle celebrazioni della primitiva chiesa di Gerusalemme sull’articolazione della Settimana Santa sia nella tradizione liturgica d’oriente che in quella d’occidente.

Tra le tradizioni già presenti e testimoniate dai pellegrini che si recavano in terra santa era quella dell’offerta del grano nuovo, al cosiddetto Sepolcro del Signore presso il Calvario. Occorre affermare che in se il gesto ha le sue origini nelle grandi feste di primavera presenti nella cultura rurale, che con questo gesto intendeva ringraziare e ingraziarsi il Signore o gli Dei, per i nuovi raccolti dell’anno.

E’ bene sempre ricordare che nell’ambiente di Gesù il capodanno era festeggiato con la primavera. Durante il secolo X nella Chiesa latina gradualmente si impone, , prima nel nord germanico e da qui si estende a tutto il Sacro Romano Impero, dal 965 al 975, il rito della deposizione della croce: “essa consiste anzitutto nella erezione di un sepolcro simbolico, nel quale si depone il Crocifisso dopo la processione del Venerdì Santo”.

Questo uso divenne familiare nei nostri ambienti. Al punto che in tutte le chiese invalse l’uso dell’ornamento con il grano nei giorni di giovedì e venerdì santo. L’ambiente di riferimento in cui il sepolcro prende forma, è ancora quello

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contadino. Il riferimento all’ambiente contadino è dato dal grano che viene utilizzato per preparare il sepolcro, dal tipo di preparazione che ricorda quella del contadino che cura il campo,  e dall’uso successivo, perché è visto come segno di protezione e di assicurazione di fronte alle avversità. Il sepolcro qui può essere visto come un modo per vincere il timore della natura e per difendere il raccolto dai disastri climatici.

Le cose cambiarono tra il mille e il milleduecento, con il grande dibattito sull’Eucaristia. Siamo nel periodo della separazione tra la chiesa latina e la chiesa greca. A tutela della centralità del culto Eucaristico e per evitare una distrazione spirituale, si stabilì di mettere al centro del Sepolcro non più la Croce e i segni della morte di Cristo ma la sua presenza viva, sotto il segno del Pane Eucaristico da conservare per la comunione della Liturgia della Croce.

Per cui la Reposizione della Croce all’altare, diventato Sepolcro, si fonde con quella della riserva del Pane Eucaristico nell’Altare della Reposizione. Questa scelta segnò una distorsione dal suo significato iniziale, e nei secoli spinsero ad abbandonare il rito della deposizione della croce attorno all’altare. Infatti, nella sua comprensione più piena l’altare ricorda e rappresenta l’istituzione dell’Eucaristia e non può essere confuso con il luogo della sepoltura di Cristo, anche se in sé l’altare comporta  anche la memoria del sacrificio di Cristo sulla Croce.

Nel corso dei secoli, in seguito alle varie riforme liturgiche, si è pervenuti alla definizione dell’unico altare della reposizione cancellando definitivamente il significato dei sepolcri che per tanto tempo avevano accompagnato e sostenuto la pietà popolare che in questo periodo ornava con il grano tutte le Chiese. Dalla ritualità popolare, è rimasta la tradizione per i contadini (questo in realtà non si riscontra da noi) di ornare con il grano nuovo l’altare della reposizione.

Proprio dal luogo della Reposizione o per meglio dire anticamente al luogo del Sepolcro si celebrava il Lucernario e da lì aveva inizio la processione che apriva la solenne Veglia Pasquale vissuta nella Chiesa dell’Anastasis o della Risurrezione del Signore, con la quale si concludevano i riti della Settimana Santa.

La pratica quaresimale della memoria della passione del Signore, come Via della Croce, è legata alla pietà spirituale di San Francesco d’Assisi e alla predicazione popolare dell’ordine francescano. L’omiletica era orientata a suscitare nel popolo la commozione verso i fatti accaduti durante la passione del Signore. Nel 1294 il frate domenicano Rinaldo di Monte Crucis nel descrivere il suo pellegrinaggio in Terra Santa, per la prima volta definisce come stationes le varie tappe  della salita al Calvario: il Pretorio, l’incontro con le pie donne, la consegna della croce a Simone di Cirene, il luogo della spoliazione al Calvario, la tomba in cui fu sepolto. Per secoli il numero delle stationes non fu fissato, le stesse variavano a secondo della sensibilità del predicatore che le narrava.

Inizialmente si incoraggiavano i  fedeli a vivere un vero pellegrinaggio in Terra Santa, ma poiché non tutti potevano, si cercò di portare gli ambienti di Gerusalemme nelle Chiese. Dal 1342 tale pratica fu diffusa specialmente dai

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Minori francescani, i frati con la corda, che ebbero dal Sultano l’autorizzazione a custodire i Luoghi Santi. Era istituita con la possibilità dell’indulgenza nelle chiese dei minori osservanti e riformati. Di tali tradizioni è rimasta solo la grande processione del Venerdì Santo da noi definita come Cordata, gli stessi Statuanti, che con dedizione e sacrificio si tramandano di padre in figlio la tradizione del portare i Misteri, terminati questi riti non sentono l’esigenza di continuare la loro testimonianza cristiana nelle comunità di appartenenza. Questo lo scrivo non per sminuire la preziosità di questa partecipazione, ma per incoraggiare alla testimonianza della fede per come il nostro tempo esige.

Nel 1731 il Papa Clemente XII estese la possibilità di tale istituzione in tutte le Chiesa, sempre con l’autorizzazione dei Frati Minori. Infine nel 1750, in occasione del Giubileo, ne fu codificata la ritualità sul modello della Via Crucis romana del Colosseo. Per cui furono istituzionalizzate le quattordici stazioni e l’uso delle edicolette commemorative ad opera del padre francescano San Leonardo da Porto Maurizio.

Siamo nel frattempo al Concilio Vaticano II e la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti onde evitare ogni confusione, così si esprime in riferimento alla centralità dell’Eucaristia nel triduo pasquale:  “Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso. Non si può mai fare l'esposizione con l'ostensorio. Il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di «sepolcro»: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore”. In effetti occorre concordare che non si può confondere l’altare con il luogo della sepoltura. Nel tabernacolo, soprattutto, risiede il Cristo vivente nella specie eucaristica, mentre nel sepolcro ha trovato posto, sia pure per un breve periodo, il Cristo morto.

Nella sua comprensione liturgica, oggi il Sepolcro è rappresentato dall’Ambone e da qui si spiega il significato dell’annuncio e della proclamazione della Parola come una buona novella: Cristo è Risorto! Alleluja. Fortunatamente il Signore è venuto incontro al suo popolo, e oggi possiamo affermare che la liturgia della Chiesa viene vissuta con intensità e con partecipazione popolare. Nel contempo la partecipazione alle tradizioni si mantiene sostenuta e purificata dalle esteriorità, vera manifestazione di pietà popolare.

Per la nostra parrocchia iniziamo la Settimana Santa con l’unica celebrazione delle Palme perché si viva la gioia di essere  unica comunità parrocchiale attorno all’unico altare.  Avremo la penitenziale il Martedì Santo con il canto del Vespro. Il Mercoledì Santo in serata viene celebrato e riflettuto in particolare il tradimento di Giuda, quindi la riflessione sulla fede in Maria modello per ogni uomo  che sceglie di aderire a Cristo. Nella tradizione della Chiesa questi fatti venivano evidenziati con lo spegnimento graduale del candeliere simbolo della fede che viene meno durante il canto del Miserere, è il momento delle tenebre espresso anche con i rumori e i lamenti del popolo che riflette il proprio peccato.

Il Giovedì Santo, tutti i Sacerdoti vivono attorno al Vescovo nella Cattedrale San marco argentano la liturgia della Consacrazione degli Oli Sacri

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utilizzati nell’anno per la Celebrazione dei Sacramenti nelle varie comunità parrocchiali. In parrocchia gli Oli vengono accolti durante la Liturgia della Cena del Signore, dopo della quale all’altare della Reposizione si ha la riflessione sull’Eucaristia, sulla Croce, sulla dignità calpestata dell’uomo, sul dolore della Vergine Maria.

Il Venerdì Santo apriamo con la celebrazione dell’Ora Terza, è il momento del giudizio davanti al Pretorio quindi si snoda la processione dei misteri della passione. Nella tradizione popolare, certamente legata alla realtà marinara della nostra città, viene chiamata Cordata e si apre con questa azione che i marinai vivevano e vivono nel tirare a riva le barche e anche nei canti che si accompagnano al cammino della croce vengono conservate le Grida che servivano a coordinare gli sforzi che tale azione esige, ma anche a farsi coraggio nello sforzo che si compie nel tirare il peso. Quindi la sera con il Vespro vivremo la Liturgia della Croce e a seguire la riflessione sull’agonia del Signore. Tutto si concluderà con una processione silenziosa durante la quale con l’immagine dell’Immacolata ci porteremo al Calvario, per riflettere in silenzio il mistero del dolore del Signore.

Il Sabato Santo continua il grande silenzio della chiesa che medita la morte del Signore e l sua discesa agli inferi. Sarà interrotto nella mattinata dall’ora della Madre, ancora una volta ci stringiamo attorno alla Vergine Santa, solo lei la Madre del Signore può aiutarci a comprendere questo grande mistero di amore. Infine la notte del Sabato Santo si illuminerà di luce nuova con la liturgia del Lucernario. Apriamo così il nostro cuore alla speranza nuova che ci donerà la solenne Veglia di Pasqua.

Certamente chi guarda dall’esterno ha ancora molti motivi per sollevare perplessità, ancora molti parlano di esteriorità canore, di come viene chiamata la Madonna, della bellezza dei canti tradizionali, della bellezza del sepolcro, purtroppo probabilmente non tutti rispettano il digiuno e l’astinenza del venerdì santo.

Tutti sappiamo che il cammino di una comunità è lento, l’importante è perseguire con gradualità l’obbiettivo che la Chiesa ci indica,  e cioè suscitare nel Battezzato la nostalgia di Dio, seguendo e ascoltando l’Uomo della Croce che manifesta l’amore misericordioso del Padre fino alla gloria della Risurrezione.

E allora incoraggiamoci nel Signore a intraprendere anche quest’anno il nostro cammino, perché la conversione che il Signore ci ha chiesto di vivere durante la quaresima sia conseguita testimoniata durante i ritmi intensi delle celebrazioni di questi giorni.

 

Progetto pastorale della parrocchia  -  Bozza non definitiva

Una Chiesa: “casa e scuola di comunione”

Parrocchia Immacolata Concezione

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Via Carducci, 21 -  87022 Diamante - Telefax 0985.876966

www.parrocchiaimmacolatadiamante.it

[email protected]

1. UN PÒ DELLA NOSTRA STORIA

1.1           Il Casale sul Diamante

 

La nostra parrocchia è erede spirituale di un insediamento abitativo, documentato fin dai tempi della ripartizione feudale del nostro territorio. Con gli angioini fu assegnato ai Sangineto, infatti il fiume Diamante è indicato come confine del loro dominio. La piccola comunità viveva la sua fede attorno della Chiesa sacramentale di San Nicola Magno, presso la quale nella prima metà del ‘600, col regno dei Sanseverino, fu eretto il Torrione, a difesa dalle scorrerie dei pirati berberi che in quel tempo infestavano i mari.

La vita sacramentale di questa chiesa è attestata, nelle relazioni ad limina, dal 1622.

La storia non ha trasmesso nulla del primo insediamento canonico al Casale sul Diamante, purtroppo non si conserva neanche la memoria del sito dove la Cappella era situata. Si sa che era all’interno della proprietà feudale, cioè tra il settecentesco palazzo dei Carafa e il Torrione.

Di questa cappella sono conservati nella Chiesa Madre la statua di San Nicola Magno e il Fonte Battesimale.

1.2           Nasce la Chiesa Madre

Successivamente, a motivo di conflitti giurisdizionali e canonici tra i Governatori dei Carafa e il Vescovo del tempo, la sede fu traslata nella nuova Chiesa dedicata all’Immacolata Concezione. La costruzione risale ai primi del ‘600, fu edificata sul Timpone al di fuori delle proprietà feudali, a ridosso di una preesistente  Cappella dedicata alle Anime Purganti, nella quale fino a qualche anno fa si conservava una tela, poi trafugata.

La vita liturgica e sacramentale nella Chiesa Madre, per come si evince dai registri di battesimo e di matrimonio, ha avuto inizio nel 1666, il suo primo parroco è stato l’Arciprete Don Francesco Scaglione.

1.3           Il Castello tra ‘700 e ‘900

Grazie all’azione del Principe Tiberio Carafa, il Diamante assurse alla dignità di Castello, e a motivo della crescita della popolazione si ritenne necessario ampliare la Chiesa Madre, tra il 1738 e il 1750 fu aggiunto l’abside e fu elevata in altezza.

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E’ della seconda metà del ‘700 la Cappella di San Giuseppe, costruita immediatamente sul mare, era molto più piccola rispetto alla forma attuale. E’ stata ingrandita e impreziosita dai fedeli agli inizi del ‘900.

Quasi a ringraziare la Vergine Immacolata per la nuova dignità acquisita da Diamante che diventa Comune, nel 1882 la Chiesa Madre viene nuovamente riqualificata strutturalmente e artisticamente, e viene trasformata architettonicamente per come oggi si presenta ai nostri occhi.

 Dal 29 settembre 1917 la nostra comunità parrocchiale viene canonicamente ampliata fino al torrente Aurora (allora torrente Pietrarossa), con l’aggregazione di parte del territorio canonico della confinante Parrocchia di Cirella, Santa Maria dei Fiori.

In seguito alla divisione canonica del territorio fatta nel 1964 con l’istituzione della parrocchia di San Biagio Vescovo e Martire, la comunità che vive la testimonianza della fede nella Chiesa Madre è costituita da circa 2100 battezzati, che abitano il centro storico della città e alcune aree di sviluppo urbano e rurale.

Con il concordato del 1985 la Parrocchia Immacolata Concezione, ha avuto il riconoscimento di persona giuridica regolarmente iscritta  al RPG n.348 in data 7 novembre 1986, Gazzetta Ufficiale del 20 novembre 1986.

Dal 1 settembre 2008 il Vescovo ha nominato per nove anni Parroco della Comunità Mons. Cono ARAUGIO e Parroco in Solidum Don Tonino BIONDI.

1.4           L’Immacolata anima di Diamante

Scorrendo questo excursus storico possiamo affermare che nelle varie tappe che hanno scandito la vita della nostra città, Diamante ha sempre vissuto nella Chiesa Madre, quale punto di riferimento di tutti i cittadini, la celebrazione dei momenti storici che ne hanno accompagnato la crescita sociale e politica. Per intere generazioni ognuno vi ha lasciato la sua impronta, quasi a voler ricordare ai propri figli il lungo cammino storico percorso per la crescita della città all’ombra della Vergine Immacolata.

Ma Diamante ha anche voluto ricordare che ciò che oggi è diventato, ha quale baluardo della sua libertà, come sua guida la Vergine Santa. Questo sentimento di riconoscenza lo ha espresso e lo esprime nella profonda devozione che nutre verso l’Immacolata, che fin dall’arrivo della statua è stata venerata come Patrona della Città.

Nelle diverse emozioni che la pietà popolare riesce a suscitare si coglie questo filiale  affetto verso la Vergine Santa che l’ha accompagnata da generazioni, solenne e maestosa, nelle diverse situazioni e nei diversi tempi che la comunità ha vissuto con sacrificio e passione nella gioia di lottare ogni giorno nel suo cammino terreno incontro al Signore che viene.

La città ha sempre sentito accanto a se la Vergine Santa e ha sempre corrisposto a questa certezza con grande passione e dedizione interiore.

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La storia, come tutti sappiamo, è maestra di vita e deve essere sempre presente nella nostra memoria. Le cose e le situazioni sono nate prima di noi e continueranno anche dopo di noi.

Sappiamo bene che noi passiamo mentre la storia continua nel suo cammino, spesso al di là e al di sopra di come noi cerchiamo di percorrerlo.

Nel breve cammino delle nostre vite personali, abbiamo visto cambiare e a volte morire anche situazioni e ideologia che nella loro presunzione avrebbero dovuto e voluto cambiare il mondo intero.

Maturare la coscienza di questa verità, chiaramente, non svilisce il contributo che ciascuno è chiamato a dare nella parte che gli spetta perché la storia continui il suo corso, ma è sempre bene aver chiaro il giusto rapporto e conseguentemente il rispetto che ci deve essere tra ciò che siamo e ciò che è da tempo.

1.5 Su quali valori  costruire la speranza

A noi oggi è affidata questa grave eredità sociale e spirituale, continuare un cammino che la Chiesa ha percorso in questa comunità, vivendo dedizioni spesso eroiche che noi non dobbiamo dimenticare e dalle quali abbiamo molto da imparare per continuare, come i nostri padri, l’impegno di costruire la speranza per i nostri figli che forse si sentono trascurati nelle loro attese.

E’ ormai trascorso un anno dalla presa di possesso canonica della Comunità parrocchiale, un tempo prezioso durante il quale abbiamo cercato di cogliere i doni di grazia che il Signore ha fatto alla nostra città, ma soprattutto di comprendere con maggiore attenzione in che modo il Signore ci chiede di renderlo presente nella quotidianità.

La nostra città, continua ad essere, come abbiamo già detto, profondamente segnata dalla tradizione religiosa cristiana e in particolare dalla profonda devozione all’Immacolata Concezione, ma nel contempo è particolarmente bisognosa, come tante comunità di antica cristianità di una nuova evangelizzazione capace di restituire ai battezzati la freschezza della novità che Gesù Cristo rappresenta per ogni uomo di ieri, di oggi e di sempre.

Non dobbiamo illuderci dei trascorsi storici, né sognare situazioni idilliache che non esistono più. E’ evidente anche a uno sguardo superficiale che c’è bisogno di un lungo lavoro pastorale orientato a ricomporre il collante spirituale tra le varie famiglie che compongono il tessuto sociale della città. Tra le quali, soprattutto tra quelle storicamente cittadine sussiste una esasperata contrapposizione e un accentuato familismo.

Inoltre, soprattutto la componente giovanile è assoggettata al martellante bombardamento ideologico del materialismo, del consumismo orientato a trasformarli in consumatori, né va dimenticato che anche nei nostri ambienti è presente il dramma giovanile delle tante droghe con tutto ciò che questo determina in ordine al coinvolgimento delle famiglie sia dal punto di vista economico, sia da quello psicologico.

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Perciò riteniamo necessario incoraggiare a perseguire, ancora una volta con linearità e coerenza, l’impegno di  annunciare la Buona Notizia della risurrezione del Signore. Questa notizia è la vera novità per la vita dell’uomo di ogni tempo, una novità che ha sempre alimentato l’anelito alla santità, e che ha incoraggiato alla speranza la comunità cristiana anche nelle situazioni più difficili da affrontare.

Questa speranza che nasce dall’incontro personale con Gesù Cristo risorto si trasmette attraverso:

 

l’Ascolto e l’Annuncio della Parola che il Signore ci ha affidato; la Vita di Comunione celebrata attorno alla Mensa del Signore; la Testimonianza dell’Amore/Carità  che dobbiamo vivere e diffondere in tutti i cuori.

 

Perseguendo fedelmente questi itinerari formativi riteniamo di poter valorizzare questi valori, che sono basilari nella vita della comunità cristiana:

 

l'amore per la giustizia e la pace; l'amore per la comunità nella quale il Signore ci ha posto; la valorizzazione della persona in quanto persona; la disponibilità a crescere insieme nella comprensione vicendevole; la capacità di vivere l'ascolto dell'altro; la volontà inappagabile di vivere, nella gratuità più autentica, la costruzione  del Regno di Dio.

Solo in questo modo tutti potranno attingere alla sorgente, che è Cristo, energie sempre nuove di fiducia nei fratelli che il Signore ci pone accanto e con i quali dobbiamo camminare con gioia nell’amore eterno del Padre, verso la gloria eterna.

2. L’ASCOLTO E L’ANNUNCIO DELLA PAROLA

Riportiamo alla nostra memoria l’invito accorato di Giovanni XXIII che nell’indire il Concilio Vaticano II incoraggiava a prendere in mano gli Atti degli Apostoli e a rivivere i tempi in cui i discepoli riuniti nel Cenacolo attendevano il dono dello Spirito: “… erano assidui e concordi nella preghiera … con Maria la madre di Gesù …” (At 1,14).  Il Santo Padre chiedeva al Signore di rinnovare nella nostra epoca le meraviglie di allora: “come per una nuova Pentecoste” .

A che punto siamo nella Comunità cristiana di Diamante per quanto concerne il rinnovamento conciliare? Siamo disposti come Comunità cristiana a vivere in modo sempre nuovo la Pentecoste? O forse viviamo la fede in modo appagato, apatico, incapaci di conversione vera, troppo immersi nei nostri cammini di vita spirituale incapaci di cogliere la novità perenne dello Spirito Santo.

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Lo Spirito Santo ha bisogno della nostra costante disponibilità allo stupore, per continuare ad operare ed a rendere presente, le meraviglie sempre nuove che il Padre ha affidato alla Chiesa nel suo agire nel mondo per aprire l’uomo alla speranza.

 2.1 Lo Spirito del Risorto educa all’ascolto

         La Parola di Dio, con la quale il Signore si accompagna alla nostra vita nella città, è una Parola che, grazie al nuovo cammino di Chiesa intrapreso con il Concilio Vaticano II, fin dalla nostra giovane età abbiamo sentito risuonare come la novità perenne della presenza di Dio nell’oggi della storia dell’uomo, è capace di  illuminare di luce sempre nuova, anche la vita della Chiesa.

Mediante la Parola Gesù stesso parla al nostro cuore, e vuole orientare la nostra attenzione all’azione amante del Padre. Una azione che manifesta l’amore misericordioso del Padre che, attento alla debolezza dei suoi figli, sostiene e incoraggia la disponibilità alla costruzione del Regno con la potente azione dello Spirito Santo.

La Parola apre la nostra mente a una comprensione più vera della realtà nella quale viviamo, invita ad un modo nuovo di relazionarci, propone valori nuovi, legati alla vita nello Spirito, sui quali spendere le nostre energie ed il nostro tempo, apre all’amore vero, alla gratuità, al dono di sé: “Quando verrà il Paraclito … egli darà testimonianza di me e anche voi darete testimonianza … Lo Spirito della Verità vi guiderà a tutta la verità … egli vi annuncerà cose future … il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé …”

Queste immagini che la Parola rivitalizza nel nostro cuore, si coniugano bene con ciò che il Signore ha donato di vivere mediante il Battesimo: rendere presente l’azione dello Spirito Santo, nella disponibilità alla testimonianza, incarnando con umiltà, instancabilmente ciò che la Chiesa, in perenne ascolto della voce dello Spirito Santo, prepara per il bene della comunità umana.

Cieli nuovi e terra nuova affermerebbe l’autore dell’Apocalisse, poiché lo Spirito incoraggia a comprendere sempre come novità l’agire di Dio, che nella vita di ogni giorno si manifesta attraverso il coraggioso pellegrinare della Chiesa nel mondo.

Oggi costantemente siamo sollecitati come Battezzati, mediante l’ascolto costante della Parola e seguendo l’esempio della Vergine Immacolata, a rivisitare il nostro essere al servizio del Signore in una terra spesso provata da difficoltà obbiettivamente non sempre facili da affrontare, che da sempre si accompagnano al pellegrinare della nostra gente e che hanno sempre esigito  una grande disponibilità al sacrificio.

Come dare speranza, come incoraggiare, come educare alla gioia di sentirsi liberi, come  cercare in modo sempre nuovo il vivere la nostra disponibilità di servi costantemente in ascolto della Parola, come testimoniare l’ascolto della Parola nella disponibilità all’accoglienza delle tante voci che il nostro popolo costantemente eleva, nella speranza che qualcuno le ascolti.

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Alla comunità cristiana si  chiede, da più parti con insistenza, una maggiore attenzione ai problemi sociali e politici, che certamente esigono da parte di tutti energie sempre nuove per contribuire a umanizzare la città.

Come rispondere a queste attese, come continuare ad essere segno di speranza tra la nostra gente. 

Ma soprattutto dobbiamo porci questa domanda: che cosa lo Spirito Santo chiede di mettere al centro della nostra attenzione spirituale per costruire la pace nella comunità cristiana di Diamante.

2.2 Il Cammino della Croce

Noi sappiamo che il Pane della vita è anche il pane del sacrificio, segno dell’amore con cui Gesù ci ha amati, l’amore assume frequentemente le sembianze della croce. Questo non ci deve spaventare poiché la fede vissuta nelle nostre case, nella quale siamo cresciuti  e testimoniata dai nostri cari, ci ha insegnato che la sofferenza è germe di vita.

E’ perciò normale che le tante sofferenze che si accompagnano alla nostra vita, osservate con cristiana attenzione, vissute con dedizione nel Signore, per il cristiano aprano in modo particolarissimo alla speranza: “L’ora dello sconforto è l’ora di Dio. Non ci sono più speranze, allora è l’ora della speranza … occorre riconoscersi perduti, offrirsi perduti. Per lodare sempre più pienamente il Signore che salva” ( H.Caffarel).  

Il Signore ci chiede di invocare il dono dello Spirito del Padre, di leggere la nostra realtà alla luce di quanto lui vorrà svelarci, perché solo lo Spirito apre alla comprensione della verità tutta intera. Per vivere tale esperienza occorre riconoscere la propria condizione di povertà, ragionare secondo Dio e non secondo gli uomini, con la potenza di Dio e non tanto con le amicizie degli uomini.

Più si fa esperienza della povertà, più si vive la capacità di comprendersi totalmente ricchi in ciò che Dio ci ha donato, la sua amicizia, la sua alleanza, il vivere al suo servizio.

Il salmista ci ricorda che non siamo nulla, siamo soffio, siamo momento che passa, siamo erba che dissecca, in Dio diventiamo forza, siamo eternità.

2.3 La Missione dei Battezzati

E’ il mistero della missione che il Signore affida alla nostra fragilità, più noi cogliamo il senso della nostra finitezza e ci apriamo al dono dello Spirito tanto più lui viene incontro alle nostre paure, ci trasforma e ci apre a una comprensione del valore infinito, quasi impossibile da cogliere nella sua pienezza, dell’impegno pastorale, una comprensione che ha in Dio il suo riferimento iniziale con la chiamata, in Dio il suo compimento nel giorno dell’incontro con la sua misericordia in paradiso.

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La coscienza piena di questo progetto ci rende sereni, ci rende liberi, totalmente affidati a Dio, totalmente dediti alla missione che lui, nonostante tutti i nostri limiti, ci  affida.

Come corrispondere alle tante attese della nostra gente se non con una coraggiosa coerenza nella solidarietà e nella testimonianza, completata con il sostegno della preghiera e l’annuncio della verità che libera l’uomo da tutte le schiavitù?

Il Signore ci chiede di essere sua presenza che ama i suoi figli, che ama ogni uomo. Ci chiede di confidare nella potenza dello Spirito Santo che dona a chi lo accoglie, una libertà nuova, dona gioia, dona fiducia.

Come comunità di battezzati nel mistero di comunione della SS.Trinità diventiamo più credibili, se viviamo il messaggio che il Signore ci ha affidato con la disponibilità a incarnarlo nella testimonianza a vivere nell’amore l’impegno pastorale.

In ogni attività, in tutte le relazioni deve sempre emergere il guardate come si amano delle prime comunità del Risorto. E’ questo il  messaggio che i nostri fratelli e le nostre sorelle attendono, perché apre alla fraternità e conseguentemente alla fiducia nel futuro.

Il Signore ci incoraggia ad essere non tanto una Chiesa ripiegata su se stessa che piange il dramma dell’uomo del nostro tempo, ed eleva instancabile il suo lamento per i mali del mondo che lo circondano; ma soprattutto una Chiesa libera nello Spirito Santo che guarda con coraggio alla missione di restituire speranza all’uomo del nostro tempo, perché è sostenuta e illuminata dalla fede nel Signore Crocifisso e Risorto per sempre, segno di resurrezione per tutti coloro che lo cercano, che confidano nel suo aiuto, nella sua presenza, nella sua amicizia.

La Parola ci ricorda che ai discepoli disorientati per l’annunciata partenza del loro Maestro il Signore promette un altro Consolatore, il Paraclito: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annuncerà” (Gv 16, 13-14).

Questa parola di attesa e di speranza ha sempre alimentato e vitalizzato la comunità dei seguaci di Cristo donando in ogni tempo la certezza che nelle difficoltà della vita non si è mai soli, ma il Signore stesso, come per i discepoli di Emmaus si accompagna alla nostra storia, la rischiara e, nella nostra disponibilità a camminare in sua compagnia, le dona luminosità sempre nuova con la sua Parola che apre a una comprensione più vera dell’esistenza. 

E’ attraverso la Parola eterna del Padre, illuminata e compresa alla luce dello Spirito Santo, che noi cogliamo la preziosità di essere eletti figli di Dio. La sua presenza dona calore insostituibile. Ancora una volta, confidando nella volontà di Gesù di accompagnarsi ai nostri passi, come sempre deve fare ogni battezzato, sull’esempio dei discepoli di Emmaus vogliamo ripetere: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (Lc 24, 29).

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2.4 Iniziative di Formazione della Comunità

Formazione Biblica  - Tutte le iniziative formative e liturgiche animate dalla parrocchia saranno orientate alla formazione biblica, per venire incontro alla sete della Parola di Dio che è presente in molti cuori.

L’obbiettivo immediato che ci prefiggiamo è quello di una maggiore dimestichezza nell’uso ordinario della Parola per la propria crescita spirituale, attraverso la valorizzazione della Lectio divina.

Gli itinerari formativi, impostati sull’approfondimento biblico, sono orientati a far crescere l’amore verso la Parola di Dio e la disponibilità a viverne l’annuncio nei quartieri e nelle case della Comunità durante i tempi forti dell’anno liturgico.

Azione Cattolica - Fin dalla sua nascita, ha operato nella nostra parrocchia per la crescita e il consolidamento della fede nei battezzati, contribuendo con alcuni suoi componenti alla diffusione dell’Associazione anche nella nostra diocesi.

Continua ancora oggi, con molti sacrifici, a vivere il suo servizio educativo per la crescita della fede con gli adulti, i giovani e i ragazzi.

L’Azione Cattolica sta vivendo un profondo rinnovamento in ordine:

- alla comunione, in virtù della sua presenza capillare in ogni ambito dell’azione pastorale è chiamata ad animare la comunione nella comunità cristiana e ad alimentarla nelle relazioni con le altre presenze ecclesiali presenti nel territorio della città.

- alla formazione, dando maggiore spazio all’uso della Parola di Dio e continuando a operare, attraverso il metodo della catechesi esperienziale, la trasmissione della fede in Gesù Cristo nell’oggi della storia;

- alla missione, mediante un più attivo coinvolgimento nella vita della città attraverso la prassi delle settimane, questo concorre all’animazione della vita sociale della città, secondo quanto la Chiesa le affida di volta in volta negli itinerari formativi.

Iniziazione Cristiana - Seguendo quanto la Chiesa ci chiede di attualizzare, gli itinerari di formazione cristiana orientati alla Iniziazione Cristiana dei fanciulli, dei ragazzi e dei giovani sono impostati in chiave catecumenale.

Questo  significa che la Parola di Dio, la Liturgia della Chiesa, l’impegno nella Carità, il coinvolgimento attivo dei genitori sono parte integrante del cammino formativo.

Pur cogliendo molte resistenza da parte delle famiglie che, in buona parte distratte dai tanti interessi del nostro tempo, continuano a vivere una prassi catechistica orientata ai sacramenti, l’azione educativa viene orientata a far

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crescere l’amore per vita cristiana e l’impegno nella partecipazione attiva e gioiosa alla vita di Comunità.

Formazione per le Coppie – La nostra comunità parrocchiale è formata da circa 800 nuclei familiari. Per sostenere la crescita del protagonismo della vita cristiana nelle famiglie, e anche per rimuovere il forte arroccamento che molte famiglie vivono, si è avviato, con la partecipazione di poche coppie, un cammino formativo orientato alla comprensione ecclesiale del valore della vita familiare.

Questo itinerario prende spunto da quanto il Direttorio Pastorale dei Vescovi italiani propone sulla famiglia cristiana oggi, dove viene ricordato che la Parrocchia è la famiglia delle famiglie.

Si spera così di poter creare,  all’interno della parrocchia, un gruppo di famiglie impegnate nella propria crescita spirituale e capaci di diventare nel tempo, punto di riferimento per il coinvolgimento delle altre famiglie della comunità.

Famiglie che a loro volta si rendano disponibili, con la loro testimonianza attiva, ad accompagnarsi e a sostenere il lavoro dei catechisti, per concorrere insieme alla crescita dei figli nella fede.

3. LA VITA DI COMUNIONE

L’esperienza liberante dell’amore di Dio, trova il suo momento più vero, quando lo si vive come assemblea orante attorno all’altare. Tutti facciamo esperienza che quando ci incontriamo attorno alla mensa del Signore, per celebrare l’Eucaristia radice della comunione, viene alimentata in noi la gioia del ringraziamento.

Il ringraziamento nasce dalla coscienza di aver ricevuto un dono, il dono più grande che il Signore ci ha fatto è la comunione nella Comunità, di cui siamo segno;  e la comunione all’interno della Chiesa, di cui Gesù è segno quando ci convoca attorno alla mensa, e quando noi corrispondiamo al suo invito.

E’ sempre bello e rendere visivamente questa comunione, mettendoci vicini gli uni agli altri, e non isolandoci e disperdendoci nell’aula liturgica.

3.1 Gesù Cristo è nostro cibo e nostra bevanda

Il cammino che la nostra Comunità cristiana ha percorso, è sempre stato sostenuto dalla presenza di Cristo, Gesù stesso si è accompagnato alla vita della nostra gente con sensibilità e intensità. E’ Gesù il cuore dell’unica Comunità dei Redenti, alcune volte corriamo il rischio, in virtù dell’adesione a particolari forme di aggregazione ecclesiali, di frammentare quello che lui, mediante il sangue sparso sulla Croce per i nostri peccati, ha generato in unità.

Sappiamo bene che stare attorno alla Mensa del Signore costituisce il centro della vita cristiana. Occorre affermare che forse la comunità cristiana, ancora oggi, si frammenta in troppe celebrazioni per vivere la festa dell’incontro con Cristo nel giorno che Lui stesso ci ha donato.

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Ritrovarsi per celebrare l’unica Eucaristia della Comunità, è restituire al Signore il protagonismo nella storia della nostra città, tutti uniti attorno allo stesso altare, in questo modo noi viviamo la disponibilità all’ascolto della sua parola, alla pace che lui ci dona, alla missione che lui ci affida.

Ogni volta che il Signore ci chiede di stare con lui, noi lo sappiamo bene, lo fa per farci gustare la gioia di intrattenerci in sua compagnia, di fermarci per ascoltare la sua parola di vita che apre alla speranza eterna.

Il Maestro apre vie sempre nuove, sulle quali ci chiede di incamminarci con coraggio alla scoperta di una libertà sempre più autentica, la libertà dei figli di Dio che nell’incontrarsi tra i fratelli si sentono visitati dal Signore. Senza trascurare il cammino che la comunità ha percorso, Gesù ci chiede di guardare avanti con coraggio, come sempre, Lui ci precede e prepara i sentieri che dobbiamo percorrere con docilità per vivere alla sua sequela.

Ma ancora di più, egli  ancora una volta si dona come nostro cibo, ci chiede di condividere la nostra storia attorno a Lui. Il pane del sacrificio e del lavoro dell’uomo, grazie alla potenza dello Spirito, diventa presenza di Cristo, Pane della vita di cui tutti ci  nutriamo per poter vivere come lui.

La vita di comunione in Cristo apre a una speranza vera. Vera perché non è nostra ma ci è donata, vera perché non la possediamo ma ci possiede. Gesù stesso ci chiede di farne un dono perché tutti facciano l’esperienza della pace che nasce dall’incontro con lui, dallo stare con lui. E una speranza che  fa di noi una comunità di fratelli, e che incoraggia a una fraternità universale, da diffondere sempre con gioia e da vivere con tutti coloro che il Signore ci fa incontrare.

3.2 Lungo la via il Risorto si accompagnò ai loro passi

L’incontro con Cristo risorto ci apre a una comprensione più piena della vita di comunione. Vogliamo riflettere insieme sulla preziosità di questo dono e lo facciamo con le parole del Santo Padre Benedetto XVI, il quale citando la Pastores dabo vobis, affida alla nostra preghiera e alla nostra riflessione di parroci, in questo anno così caro alla vocazione, la grave responsabilità di testimoniare la vita di comunione: “Il ministero ordinato ha una radicale “forma comunitaria” e può essere assolto solo nella comunione dei presbiteri con il loro Vescovo. Occorre che questa comunione fra i sacerdoti e col proprio Vescovo, basata sul sacramento dell’Ordine e manifestata nella concelebrazione eucaristica, si traduca nelle diverse forme concrete di una fraternità sacerdotale effettiva ed affettiva. ” (Lettera per l’indizione di un anno sacerdotale, Libreria Editrice Vaticana 2009, p.21).

Per estensione questo principio ineludibile della comunione, in questo caso con il proprio Parroco,  vale anche per tutti voi fratelli e sorelle che nella Pastorale Biblica, nella Catechesi di Iniziazione Cristiana, nell’Azione Cattolica, nella Caritas, nel Servizio Liturgico o nel nascondimento della testimonianza quotidiana, in quanto fedeli laici in Cristo, ogni giorno rendete presente l’amore di Dio nella comunità cristiana, mettendo a disposizione di tutti i carismi che lo

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Spirito vi ha donato, e contribuendo in tal modo attivamente e cristianamente alla costruzione della città dell’uomo.

La nostra storia ci ha affidato, una città dell’uomo che, pur tra molte contraddizioni,  difficoltà sociali e spirituali, vive ancora alla presenza e  alla ricerca del Signore. Una città dell’uomo che guarda ancora con attenzione, pur fra molte contraddizioni, alla Chiesa, cercando nelle sue parole e nelle sue azioni quella capacità che le dona lo Spirito Santo di essere segno del Regno di Dio, che è sempre in divenire.

A noi è affidata la grave responsabilità di cercare le vie nuove che il Signore incoraggia a percorrere. Cercare vie nuove, non vuol mai diventare il rischio di camminare per vie inesplorate e solitarie legate a proprie scelte personali a protagonismi personali, ma vuol dire cercare in modo nuovo lo stare con Gesù, è Gesù stesso che scoraggia da simili atteggiamenti legati “al prurito di novità”  ricordando a tutti che: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

Il Signore, promettendo il dono dello Spirito Santo, quale potenza che viene dall’alto e dono del Padre ai suoi discepoli, non ha dubitato nell’affidare la missione di rendere presente il suo Regno di giustizia e di pace alla nostra fragilità. Nel contempo insistentemente ci ha messo in guardia dalla presunzione di diventarne proprietari, questo non sempre viene compreso nella comunità, è sua volontà che noi restiamo docili ai suoi insegnamenti.

Sappiamo bene che a motivo della fiducia che ha riposto in noi, si attende che ciascuno di noi corrisponda alla sua fiducia con impegno sincero; vivendo, nella fedeltà agli insegnamenti della Chiesa, la disponibilità ad essere come lui stesso ci ha insegnato e come tutti si attendono, al servizio di tutti e soprattutto al servizio degli ultimi.

3.3 Il Pane della vita alimenta la speranza dell’uomo

Alla sequela del pellegrinare di Maria che cerca l’uomo per ricondurlo alla misericordia del Padre, come Chiesa siamo chiamati ad educare che costruire l’oggi della città dell’uomo, esige  l’impegno di tutti per restituire centralità alla persona. Ricordando a se stessi che la via del Vangelo, la via della Chiesa è l’uomo.

La città dell’uomo, spesso trascinata in modo confuso e disorientante dal vortice della frenesia del nostro tempo, ha bisogno di vivere con più serenità per riscoprire che ogni uomo è persona, preziosa, insostituibile, da rispettare sempre, qualunque sia la sua condizione sociale, dalla nascita all’ultimo instante di vita, perché alla luce di quanto il Signore ci ha insegnato, noi abbiamo imparato che ogni persona è tempio dello Spirito Santo.

E’ vero ogni persona è un cumulo di fragilità da ricomporre in comunione, di sensazioni legati ai sentimenti, ogni persona vive le tensioni sociali legate ai ritmi e ai drammi che la vita ogni giorno propone e verso i quali tutti siamo incoraggiati dal Signore a investire le energie spirituali.

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Le parabole del Regno però ci ricordano che le responsabilità, i talenti, i carismi, doni dello Spirito, che ci derivano dalla fede nel Signore Gesù, vanno condivisi, vanno spesi e che, se valorizzati orientandoli gratuitamente al bene comune, fanno di ciascuno di noi la novità della storia.

Ogni storia personale diventa più vera, anche verso se stessi, se condivisa nella trasparenza con i fratelli e le sorelle che camminano con noi e che il Signore ci pone accanto, sono i cristiani della soglia, i fratelli della porta accanto, l’ammalato che abbiamo sempre trascurato; bussano con insistenza alla porta del nostro cuore e attendono da noi maggiore attenzione, più amore, meno pregiudizi, più accoglienza e attenzione ai loro problemi.

Tutti sappiamo bene, lo abbiamo imparato da Gesù, che anche la storia più nascosta agli occhi degli uomini, è una storia che Dio conosce, è una storia che è amata da Dio. Ed è questo ciò che conta perché l’amore con cui Dio ci ama è eterno, non ha mai fine, non viene mai meno.                    

3.4 Attività di Animazione Liturgica nella Parrocchia

 La liturgia della festa – La Domenica è il giorno della comunità, del ringraziamento e della lode. La Comunità cristiana sin dai primi tempi della chiesa ha vissuto questo giorno come esperienza di liberazione e di fraternità. E’ un fatto evidente a tutti la poca comprensione del significato dell’appuntamento festivo. La mancanza di una coscienza del ringraziamento verso il Signore viene evidenziata con una partecipazione frammentata e occasionale.

Un’altro dei motivi di impoverimento, per la vita di comunità, è il fatto ineludibile delle troppe messe festive che spezzettano di fatto la vita liturgica della nostra comunità. Auspichiamo di poter dimezzare, almeno in alcune occasioni festive, le tante celebrazioni per poter godere come comunità una sola celebrazione attorno all’unica mensa del Signore.

 L’Adorazione Eucaristica – Questo appuntamento settimanale è il dono che Gesù fa alla nostra comunità, stare insieme per nutrirci dell’amore contemplato nel mistero della presenza mistica di Gesù nell’Eucaristia.

E’ un momento da vivere nell’intimità con il Signore, e in questa intimità riuscire a superare, proprio in virtù della sua presenza, le tante fragilità dettate dal rispetto umano, che si accompagnano all’impegno della testimonianza nella vita di ogni giorno.

Un momento più intenso e prolungato di contemplazione del mistero eucaristico è vissuto ogni primo venerdì  del mese con la giornata eucaristica. In questa giornata i sacerdoti vivono la visita agli ammalati e si rendono più disponibili per le confessioni e la  direzione spirituale.

 Animazione Liturgica – E’ un gruppo di fedeli laici impegnato ad operare per un coinvolgimento attivo dell’assemblea liturgica festiva, personalizzando la celebrazione e valorizzando i doni dello Spirito con i quali il  Signore ci chiede di vivere il Ringraziamento.

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Si spera che questo servizio alla liturgia possa concorrere a cogliere meglio l’azione che Dio compie ogni giorno per il bene della comunità dei battezzati,   alimentando così il senso della riconoscenza e della disponibilità all’amore con il quale il Signore ci ama. 

 Cori Parrocchiali – L’azione liturgica viene celebrata e vissuta meglio se è animata e vitalizzata dai cantori. Per cui il servizio che i cori presenti in parrocchia offrono è prezioso e insostituibile.

Nel ricordare che il Coro è parte integrante dell’assemblea liturgica, per cui la posizione dei coristi va localizzata pienamente nell’Assemblea liturgica, ci si sforzerà mediante il cammino di formazione di far comprendere sempre meglio quanto la chiesa chiede di vivere per servire la liturgia.

E’ opportuno, con un lavoro coerente e metodico, cogliere l’importanza di coinvolgere tutta l’Assemblea, per le parti che le competono, nel canto liturgico. Questo permette a tutti i fedeli di sentirsi  protagonisti di questo ambito della liturgia, grazie al quale tutta la comunità cristiana diventa un inno di lode al Signore.

Gruppo dei Lettori – La proclamazione Liturgica della Parola di Dio esige una preparazione e anche un coordinamento delle disponibilità per evitare confusione, pressapochismo e per non vanificare, attraverso una proclamazione non preparata, la ricchezza che promana dall’annuncio nella liturgia. Il problema centrale non è saper leggere, ma sapere che cosa si va a leggere, o per meglio dire proclamare.

Una cura particolare sarà dedicata alle persone che chiedono di annunciare la Parola, perché, la loro crescita spirituale sia permeata dal servizio che offrono alla comunità e perché loro stessi crescano sempre più nella comprensione del particolare privilegio che il Signore dona di esercitare per il bene della comunità.

Gruppo di Preghiera di Padre Pio – La comunità per crescere ha bisogno di pregare e di essere sostenuta con la preghiera, mettendo sempre al centro della propria attenzione coloro che sono nella sofferenza.

Questo cammino spirituale, al quale Padre Pio, affidava la buona riuscita di ogni attività. sia spirituale che sociale, è prezioso perché il suo motivo di esistere è legato alla preghiera. 

La preghiera è l’anima di ogni iniziativa, è l’essenziale che deve sempre precedere e accompagnare la vita della comunità.

4. VITA DI COMUNITÀ

La Comunità dei cristiani visitata dal Risorto e animata dalla Spirito Santo di Dio, è perciò una presenza particolarmente preziosa nella società dell’uomo. Una comunità che vive con impegno il proprio battesimo nella vita di ogni giorno, senza mai dimenticare che la meta dell’esistenza è l’incontro con la misericordia del Padre, nella vita eterna.

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Questa speranza alla quale siamo  stati introdotti mediante il battesimo ricorda anche che l’esistenza terrena deve essere spesa in conformità a quanto lo Spirito suscita dentro ciascuno di noi. Liberi dalle passioni, arricchiti nella vita spirituale, nella ricerca sincera della povertà, tutti protesi alla comunione vera con Dio, anelito derivato proprio dall’incontro con Gesù risorto. E’ l’incontro con Gesù risorto che fa di noi persone nuove, persone visitate dalla gioia dell’incontro con Gesù che fanno della speranza il senso della vita.

L’essere inseriti nel Corpo Mistico di Cristo mediante il Battesimo esige da parte nostra la disponibilità a vivere secondo lo Spirito. Questo significa fare discernimento nei nostri atteggiamenti, rimuovendo ogni  falsità vero ostacolo alla comunione nello Spirito, e mettendo in risalto tutto ciò che apre a Dio, alla Grazia e manifesta la santità.

L’Apostolo ci ricorda che “Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Rm 8, 9-11).

La vita secondo lo Spirito lungi dall’essere una esistenza che rifiuta l’impegno sociale, il vivificare il mondo, è al contrario totalmente orientata alla salvezza del mondo, siamo chiamati cioè a essere per il mondo, per come ci insegna Gesù, la casa sul monte, la luce che rischiare le tenebre. Questo insegnamento del Maestro è rivolto a tutti i battezzati, ma in questa occasione voglio affidarlo soprattutto ai gruppi di vita spirituale, ai contemplativi.

Nessuna vocazione alimentata dai doni dello Spirito Santo va intesa come estraniarsi dal nostro tempo, ma va compresa sempre nell’ottica di una maggiore profondità, di un più intenso coinvolgimento nel dramma dell’uomo e noi sappiamo che questo viene vissuto maggiormente nella disponibilità, intensa e prolungata, alla ricerca interiore e alla vita di preghiera.

Nel sollecitarvi a una intensa cooperazione nella preghiera ci guida la certezza che la radice di ogni servizio orientato all’emancipazione dell’uomo è la ricerca della volontà di Dio, che ha nella preghiera e nella meditazione le vie privilegiate.

Gesù stesso ci è modello, prima di ogni scelta importante: inizio della missione, scelta dei dodici, le tentazioni dei messianismi terreni, nel Getsemani; nella sua storia di fedeltà alla volontà del Padre, si appartava anche dai suoi discepoli più cari e restava solo, lungamente  per pregare, per vivere l’intimità con il Padre.

La comunione vera si sperimenta nel cercare la volontà del Padre, non è facile in una società confusa e complessa come la nostra; ecco perché è importante seguendo l’esempio del Maestro trovare il tempo per restare con se stessi nel silenzio, nella contemplazione avendo la certezza che si fa esperienza di armonia con se stessi, di comunione vera quando ci impegniamo

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a fare la volontà del Padre, anche quando questa sembra superiore alle nostre possibilità o più semplicemente alla nostra volontà.

Quando esercitiamo l’impegno alla fedeltà nella preghiera, nella disponibilità al perdono, alla fraternità verso i fratelli e le sorelle, quando esercitiamo la solidarietà verso l’amico importuno.

 4.1 L’accoglienza del Vangelo apre alla fraternità

Il Signore si attende da noi, come segno dell’appartenenza a Lui, una profonda disponibilità alla comunione, poiché questa è la vocazione alla quale siamo chiamati e alla quale dobbiamo corrispondere: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati nel giorno della redenzione … siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4, 30.32).

Ascoltiamo Gesù, ci nutriamo di Gesù, questo vuol dire guardare con più attenzione al nostro modo di vivere la sequela. Come nella nostra vita viviamo la fedeltà a Cristo? L’incontro quotidiano con Gesù cambia la nostra vita?

Riusciamo a vivere l’emozione di sentirlo presente dentro di noi? Ci sentiamo sollecitati alla solidarietà, alla condivisione? Per amore suo rimuoviamo dalla nostra giornata tutto ciò che è ostacolo alla comunione, alla fraternità, alla gioia della vita comune?

Sono domande che chi vive al servizio del regno si pone sempre anche perché il nostro tempo, esige una nuova dinamica di evangelizzazione, nuova negli strumenti, nuova nelle forme, ma soprattutto nella valorizzazione dei carismi e dei ministeri.

Si avverte sempre più l’esigenza di rendere presente l’amore del Signore al di fuori dei luoghi di culto, la comunità cristiana è perciò incoraggiata a testimoniare il Battesimo nelle proprie case, negli ambienti di lavoro, nell’impegno della vita politica, in una maggiore attenzione verso le marginalità. Il Signore, ne siamo certi,  ci darà la forza e la gioia di rendergli testimonianza tra i più abbandonati della nostra comunità.

4.2 L’incontro con Cristo è una esperienza di  libertà

La comunità che ci è stata  affidata, vuole continuare a trovare nella chiesa, nella fede in Dio che siamo chiamati a trasmettere e a testimoniare la speranza che la società oggi non riesce a dare: alle famiglie, sempre più alla ricerca di una nuova identità, di un ruolo educativo nuovo, ai nuclei familiari in crisi.

Non è facile riconoscere ed incontrare l’autentica felicità nel mondo in cui viviamo, in cui l’uomo è spesso ostaggio di correnti di pensiero, che lo conducono, pur credendosi libero, a perdersi negli errori o nelle illusioni di ideologie aberranti.

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E’ urgente liberare la libertà (VS 86) rischiarare l’oscurità nella quale tanti nostri figli si incamminano. Si parla molto, si fanno convegni per dare più importanza e più stabilità alle politiche familiari, per fare più spazio ai giovani, per essere più attenti ai problemi legati alla disoccupazione ma obbiettivamente occorre affermare che si fa fatica a cogliere questi valori  come impegno politico e sociale vero, come l’oggi nel quale si rispecchia la vita della nostra comunità.

Ma soprattutto riteniamo sia importante vivere una maggiore attenzione verso i ragazzi e i giovani che, fortemente strumentalizzati dal nostro tempo, si allontanano dalla pratica religiosa e sempre con più difficoltà guardano alla vita di comunità come l’ambiente naturale nel quale crescere, sembra che dopo la Cresima il fatto religioso entri con difficoltà nella vita dei nostri ragazzi e giovani.

Occorre una catechesi più dinamica, capace di coinvolgere i nostri figli anche nel loro vissuto ordinario, una catechesi esperienziale capace di suscitare entusiasmo per la vita cristiana e non solo in riferimento alla recezione dei Sacramenti.

Da questa esigenza nasce l’importanza di avere catechisti dinamici non semplici trasmettitori di nozioni, ma catechisti disponibili a solidarizzare con i ragazzi e i giovani, capaci di vivere la dinamica della complicità, al punto da percepirsi vicendevolmente parte integrante della storia che il Signore chiede di vivere insieme nella diversità dei ruoli e delle situazioni.

         Spesso la catechesi viene vissuta come un doposcuola, dove si viene a fare i compiti o ad ascoltare un professore che parla di cose che spesso non emozionano, non coinvolgono.

La capacità di rendere testimonianza al Risorto nasce dalla disponibilità, che Gesù viveva così bene, del mettersi in ascolto del fratello o della sorella che Lui stesso ci fa incontrare, è verso di loro, dopo averli ascoltati nelle loro esigenze, siamo chiamati ad esprimere con i gesti e le parole la salvezza che il Signore ci ha affidato.

Come dare centralità all’accoglienza dei giovani se, come comunità d’amore, non li aiutiamo a cogliere il futuro come traguardo verso cui orientare le energie che hanno ed il protagonismo che gli è proprio?

Il Santo Padre Benedetto XVI ricordava ai giovani “Amate la Parola di Dio e amate la Chiesa … essa ha ricevuto dal Cristo la missione di indicare agli uomini il cammino della vera felicità” (Messaggio XXI GMG). In tanti nostri figli la coscienza di cercare Cristo e di trovarlo come sorgente della felicità nella Chiesa, probabilmente non è più presente.

4.3 Una Comunità corresponsabile

Di fronte alle tante povertà pastorali del nostro tempo il Signore è attento e ci sostiene con il suo Spirito, ma spesso nella comunità si guarda con difficoltà ai doni che provengono dall’alto.  Le novità ministeriali alimentate

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dallo Spirito non sempre sono accolte nella pastorale ordinaria, alcune stentano a trovare cittadinanza nel vissuto della comunità, poiché spesso si preferisce sgomitare in spazi stretti, tra i soliti noti, mentre il Signore ci sollecita ad aprirci nella dinamica della missione.

Dobbiamo fare  nostra la preoccupazione sempre più viva, già presente nelle prime comunità cristiane, della prudenza pastorale: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1Ts 5,19-21). Lo Spirito Santo alimenta costantemente la vita della Chiesa con nuovi carismi, ma nonostante le costanti sollecitazioni del magistero non sempre la ricchezza dei carismi e dei ministeri, viene colta quale primavera dello spirito nella sua preziosità.

Siamo pienamente coscienti che gli Organismi di partecipazione laicali e le Aggregazioni ecclesiali, sono un dono del Signore alla sua Chiesa per la evangelizzazione delle tante periferie del nostro tempo. Perciò sarà nostro impegno valorizzare questo dono, coltivando e dilatando giorno per giorno, con la vostra partecipazione attiva e corresponsabile, ad ogni livello gli spazi della comunione.

E ancora, lo ripetiamo con rinnovato vigore, che la comunione deve rifulgere con trasparenza in tutti gli ambiti della vita ecclesiale:

- nei rapporti interpersonali tra i Parroci, che devono improntare le loro relazioni nell’ottica dell’Unità Pastorale  con la sinergia dei carismi; facendo ogni sforzo per la realizzazione vera della pastorale integrata, superando in questo modo ogni divisione e contrapposizione negli sforzi dell’evangelizzazione della città.

- nel dialogo pastorale con  le Suore Missionarie del Sacro Costato, dono prezioso che lo Spirito ha fatto alla nostra città, occorre valorizzarne al meglio il carisma per un ulteriore arricchimento della pastorale.

- tra le varie forme di Aggregazioni laicali, che devono gareggiare nella disponibilità sempre più autentica e testimoniata all’Annuncio e non tanto nel fare i primi della classe in virtù di presunte perfezioni raggiunte e forse non sempre visibili nella testimonianza ordinaria.

La comunione è il segno luminoso che fa la differenza tra come si vive e si edifica la Chiesa e il modo di relazionarsi nella società civile. E’ tristissimo constatare che, spesso, anche persone che si ritengono impegnate nel costruire la  vita della comunità stentano a cogliere il valore ineludibile della comunione.

Dobbiamo imparare sempre più ad amare, questo ci aiuterà a comprendere la preziosità di coloro che Gesù ci mette accanto e che devono sentirsi amati, inoltre concorrerà a orientare l’impegno pastorale verso una valorizzazione vera e non strumentale degli Organismi di partecipazione ecclesiali (Consiglio  Pastorale Parrocchiale e Consiglio per Affari Economici), incoraggerà anche la dinamica della corresponsabilità e della comunione.

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La vita di comunione deve essere condivisa tra tutti coloro che in Cristo colgono il grande dono della vita comune e della partecipazione al mistero dell’appartenenza al suo Corpo mistico.

Il discepolo che Gesù amava ricorda con insistenza nel suo Vangelo e nelle Lettere che ciò Gesù si attende da noi è l’amarci con la stessa intensità con la quale lui ci ha amato. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

Il Signore ci ha posti in questa terra la cui storia, lo abbiamo già detto,  è segnata da una profonda fede in Dio e nella Vergine Santa ma anche, e noi lo sappiamo bene, da tante sofferenze e drammi umani. Ebbene la nostra gente ci insegna che non dobbiamo mai perderci d’animo, il cristiano non deve mai perdersi d’animo, nè cedere alla tentazione della disperazione e dello scetticismo, il cristiano vive con fede e nella preghiera la comprensione del progetto di Dio.

Il segreto che ci permette di mantenere intatta la capacità di leggere i segni della salvezza di Dio, che instancabilmente continua ad operare nella nostra Chiesa, sta nell’incontro fedele e perseverante con Cristo sorgente della vera gioia.

La gioia che si accompagna alla missione, non deriva dall’incoscienza, dall’illusione o dall’incapacità di leggere i drammi del nostro popolo ma dall’aver compreso che la gioia è un dono di Dio, che è un frutto dello Spirito.

La gioia, di cui noi parliamo e che abita la nostra vita nel servire il Signore, deriva ed è conseguenza del nostro dimorare in Dio, deriva dal vivere costantemente nella preghiera e dalla disponibilità sempre nuova a celebrare il suo amore per noi. Di questo facciamo esperienza se siamo coscienti della nostra appartenenza a Cristo.

Perciò con l’apostolo, ancora una volta, anche noi ripetiamo incoraggiandovi: “Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Tes 5, 16-18). La gioia cristiana, ci veniva ricordato da Paolo VI nel suo testamento spirituale, apre alla carità che significa  portare con Cristo il peso della sofferenza propria e altrui, servire la Chiesa cooperando così in modo disinteressato, gratuitamente  alla costruzione del Regno di giustizia e di pace che lui ci ha affidato.

 4.4 Una comunità di santi

All’indomani del grande giubileo, guardando al futuro con fiducia, Giovanni Paolo II affidava alla comprensione dei doni di Grazia del Signore, la capacità di valorizzare quanto il grande giubileo aveva suscitato in ordine alla grazia, alla santità e alla crescita spirituale vissuta da tutti coloro che avevano sperimentato la misericordia di Dio attraverso un pellegrinaggio interiore che li aveva condotti all’incontro con Gesù Cristo.

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Il Santo Padre sollecitava alla nostra attenzione e ci incoraggiava a cercare prima di tutto l’azione di Dio, e poi chiedeva un supplemento di impegno per corrispondere pienamente, senza porre alcun ostacolo, alla sua volontà di salvezza. L’elevazione all’altare di tanti Santi e Beati era il suo modo di farci capire che la santità abita l’oggi della storia dell’uomo, in ogni luogo, in ogni condizione sociale.

Noi facciamo costantemente esperienza di questa presenza e disponibilità alla santità ordinaria. Visitando gli ammalati nella parrocchia incontriamo tante persone che in modo eroico e nascosto dedicano tutta la vita ai loro familiari bisognosi di affetto, di solidarietà, di compagnia, di sostegno; la loro instancabile dedizione alla carità, generosa e disinteressata  incoraggia a guardare avanti con fiducia, perché ci rendiamo conto che il Signore continua a guidare la sua Chiesa.

Queste esperienze meritano la nostra attenzione soprattutto quando il nostro ragionare, l’analizzare l’oggi dell’uomo orienta altrove la nostra attenzione, e osservando atteggiamenti di interesse esasperato, di guadagno ad ogni costo, di carrierismo spesso anche all’interno della Chiesa, nella nostra vita tende a prevalere lo scoraggiamento e la stanchezza.

In queste situazioni l’apostolo Pietro ci ricorda che il nostro dovere è quello di calare sempre le reti per come e dove dice il Maestro (cfr Lc. 5,1-11), solo questa disponibilità piena e una fiducia assoluta in Gesù, permette di cogliere il significato vero della sua presenza nella nostra vita. Gesù è colui che si fa carico della nostra povertà, vitalizza la nostra stanchezza e ci chiede di ricominciare sempre, in modo sempre nuovo.

Solo Gesù che ci fa incontrare con la misericordia del Padre, è Lui che apre la nostra vita a una comprensione più piena della Grazia, nella quale, per mezzo del dono dello Spirito Santo, siamo immersi fin dal momento del nostro Battesimo.

Tutto questo deve animare in noi una sincera disponibilità al ringraziamento e ogniqualvolta lui ci chiede di sostate in sua compagnia attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia non possiamo fare altro che lodare il Signore che ancora una volta si è accompagnato alla nostra povertà e ci ha sollevato dal nostro peccato. Ancora una volta ci ha visitato con la sua grazia e chiede di incamminarci in modo deciso sulla via della santità.

E come un Padre fa con i suoi figli il Santo Padre ci ricordava e raccomandare di: “Impegnarci con maggiore fiducia, nella programmazione  che ci attende, a una pastorale che dia tutto il suo spazio alla preghiera, personale e comunitaria, significa rispettare un principio essenziale della visione cristiana della vita: il primato della grazia” (NMI 38).

La nostra è una terra di Santi, di ieri e di oggi, conosciuti e meno conosciuti, se viviamo la fede in costante compagnia di Gesù, contemplando la sua presenza amante nell’eucaristia, come ci insegnano con la loro testimonianza di totale dedizione al Signore e ai fratelli, la nostra vita anche

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nelle situazioni più complesse e difficili sarà sempre radiosa e aperta alla carità, alla speranza.

L’apostolo ricorda a tutti noi che “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

Questa parola ci ricorda che se viviamo animati e illuminati dallo Spirito Santo di Dio guarderemo sempre con fiducia avanti a noi, perché c’è una sapienza che ci è stata donata: “anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera” (Gc 3, 17), non è nostra, viene dall’alto e noi siamo suoi, le apparteniamo ed è nell’appartenere a questa sapienza che noi cogliamo il significato vero dello stare attorno alla mensa: con noi è Gesù che  ci ha convocati, ci parla, ci nutre, illumina e sostiene il cammino, dona serenità interiore e pace. Contemplando Gesù nel mistero della sofferenza, nel mistero della Croce ci apriamo alla comprensione dell’amore vero, sconosciuto all’uomo, un amore disposto a donarsi sempre senza chiedere nulla cambio (III Benedizione sugli Sposi, Nuovo Rito del Matrimonio).  

 4.5 Organismi di partecipazione della Comunità

E’ ormai coscienza comune del sentire ecclesiale, sostenuto costantemente dal Magistero del Santo padre e dei nostri Vescovi, che non può esserci pastorale parrocchiale orientata alla missione senza il coinvolgimento attivo dei fedeli laici. La parrocchia, ogni parrocchia ha bisogno di Catechisti, di Animatori, di economi, di Evangelizzatori, di Cantori, di operatori della Carità, e il lavoro ministeriale è proficuo se la comunità matura nel mettersi al servizio dei fratelli e delle sorelle.

Il Concilio ha costantemente sollecitato le gerarchie ecclesiastiche ad un sistematico e corresponsabile coinvolgimento dei laici nella missione ordinaria della parrocchia nella diversità dei ministeri e orientato alla valorizzazione vera e non strumentale dei carismi.

Per corrispondere a questo anelito della Chiesa per il bene delle anime il lavoro del Parroco e del Parroco in Solidum è sostenuto attraverso la proposta e la verifica del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici e Consiglio Pastorale Parrocchiale.

La speranza è quella di far respirare la comunità con la valorizzazione di tutto ciò che lo Spirito Santo le ha donato per la sua crescita in ordine alla ministerialità e ai carismi. Dobbiamo ammettere che il cammino da percorrere è molto lungo, la parrocchia attualmente si muove lentamente e con la mente volta più al passato che al futuro, spesso si celebra se stessi e non il Signore.

         La gente guarda con fiducia alla vita della Comunità e noi cercheremo di non deludere in nessun modo le attese che i fratelli e le sorelle ripongono nella nostra presenza. Quindi come spesso diciamo: coraggio, andiamo avanti guardando con gioia al Signore che è la nostra vita insieme  ai fratelli e alle sorelle con i quali siamo chiamati a condividere il fare festa nel Signore.

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5. LA TESTIMONIANZA DELL’AMORE/CARITÀ

Cosa vuol dire testimoniare l’amore nella nostra comunità. Il Santo Padre Benedetto XVI viene incontro alla nostra esigenza di comprensione e ci ricorda che “La carità è amore ricevuto e donato. Essa è grazia … è amore che dal Figlio scende su di noi. E’amore creatore per cui noi siamo; è amore redentore, per cui siamo ricreati. Amore rivelato e realizzato da Cristo e riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. Destinatari dell’amore di Dio, gli uomini sono costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità” (CV 5).

La comunione altro non è se non il frutto e la manifestazione di quell’amore che, sgorgando dal cuore dell’eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona, al punto da poter affermare che: “Se in noi mancasse  la carità, tutto sarebbe inutile” (1Cor 13,2)

Per orientare la pastorale nella dinamica missionaria, la Chiesa ci chiede di costruire una Chiesa, che sia casa e scuola di comunione. L’impegno è semplice e nello stesso tempo difficile da incarnare, essere ciò che il Signore ci ha fatto diventare, persone redente dalla Croce e suoi familiari mediante il dono dello Spirito, senza finzione, ne perseguimenti di interessi particolari. Questa è la grande sfida, vivere da Cristiani.

Ogni uomo è mio fratello, lo ricordiamo a noi stessi ogniqualvolta invochiamo la misericordia di Dio con la preghiera che il Signore ha insegnato comunità dei credenti. Dobbiamo con sincerità affermare che questa verità così centrale nella fede battesimale è vissuta con molta difficoltà soprattutto verso il fratello quando è povero, è solo, è ammalato ed è alla ricerca del mio aiuto e della mia disponibilità.   

5.1 Lo  Spirito Santo e  la Spiritualità di Comunione

Ma allora concretamente come, nella complessità della nostra esistenza, costruire una spiritualità di comunione. Ripropongo con semplicità quanto il Santo Padre Giovanni Paolo II ci indicava nella Novo millennio ineunte anche perché è, nello stesso tempo, disarmante nella sua semplicità e bellissimo nel contenuto: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, cove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità.

Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.

Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del corpo mistico, dunque come “come uno che mi appartiene” per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia Spiritualità della comunione  è pure capacità di vedere ciò che di

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positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio “un dono per me” oltre che per il fratello che lo ha ricevuto.

Spiritualità della comunione è saper “fare spazio” al fratello, portando ”i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie … senza questo cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita”. (NMI 43)

Ci è stato più volte ricordato che questa è l’ora di una nuova fantasia della carità, questa fantasia ha la sua sede nel mistero comunionale dell’amore Trinitario; in Dio, comunione di Persone, che instancabilmente viene incontro alla nostra debolezza, spesso determinata dalla volontà di solitudine e alimenta modi sempre nuovi di guidare la Chiesa nel tempo.

Sappiamo tutti che la Carità si esprime non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini e solidali con chi soffre così che il gesto di aiuto sia sentito come fraterna condivisione. Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come “a casa loro”.

Senza questa testimonianza dettata dall’amore verso gli ultimi, l’annuncio del Vangelo, che è sempre la prima carità, rischia di essere incompreso. Vogliamo ancora ricordare che la carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole (cfr NMI 49).

5.2 L’attenzione ai poveri e alle povertà

Questa missione, di fronte alle grandi povertà del nostro tempo, più suscitare abbattimento, è la stessa situazione che vissero i discepoli in occasione della benedizione e frazione del pane.

Gesù chiese loro di mettere a disposizione quanto potevano, e la gioia fu grande, esplosiva per tutti, fino all’inverosimile, nel constatare quanto il Signore riuscì a realizzare con la povertà condivisa. Tutti abbiamo imparato che la sorgente dell’amore è Gesù presente nel mistero Eucaristico in ogni Tabernacolo, anche nelle chiese più isolate, anche in quelle poco frequentate.

E’ una presenza che si accompagna con discrezione alla nostra vita, una presenza sempre attenta alla nostra povertà spirituale, una presenza che incoraggia ad osare sempre più sulla strada dell’amore, una presenza che invita a guardare con speranza al futuro.

Occorre sempre ricordare che la prima povertà è quella spirituale, una persona è veramente povera quando vive senza fede.  Per questo con insistenza pedante incoraggiamo all’Adorazione Eucaristica sia il Giovedì sera, quando la  preghiera è orientata alla santificazione Sacerdoti e per le vocazioni, sia alla Giornata Eucaristica ogni primo venerdì del mese, quando viviamo la preghiera per gli ammalati e ci rendiamo disponibili sia per il Sacramento della Confessione o Riconciliazione, sia per la Direzione Spirituale.

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Caritas Parrocchiale – Sono ormai passati quasi venti anni, dall’uscita degli orientamenti pastorali degli anni ‘90 Evangelizzazione e testimonianza della Carità, nei quali veniva evidenziato che la Chiesa sollecitava ogni parrocchia a creare un organismo impegnato stabilmente a operare perché ogni parrocchia potesse diventare la casa della carità.

La disoccupazione, la droga, le marginalità, gli immigrati, le povertà, la sofferenza, gli ammalati, l’impegno politico, la crescita sociale, la costruzione di una società più giusta esigono da parte dei cristiani una maggiore attenzione perché parte integrante della missione che il Signore ci ha affidato. Frequentemente questa preoccupazione pastorale  viene affidata a persone di buona volontà che estemporaneamente dedicano del tempo ai gravi problemi che si accompagnano alla vita di ogni giorni nelle comunità.

E’ stato perciò opportuno avviare questa attività pastorale che è orientata a far maturare, nella comunità cristiana, persone capaci e disponibili ad animare in un sincero spirito di fraternità una particolare sensibilità verso i temi riguardanti le tante povertà del nostro tempo.

6. MARIA,  NOSTRA MADRE 

La nostra è una città che guarda con fiducia alla Vergine Santa, la Madre che il Signore ci ha affidato e alla quale ci ha affidati e che, venerata come Madre Immacolata, instancabilmente  continua a proteggere la nostra vita, la vita della nostra comunità e a guidare il nostro cammino incontro al Cristo che viene.

Nel Vangelo di Matteo, il primo invito che viene dal cielo, rivolto a Giuseppe, è ”Non temere di prendere con te Maria  … perché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1,20). Il nostro popolo accoglie con estremo entusiasmo questo annuncio, tanta parte del nostro popolo testimonia con vigore filiale che non ha timore di prendere con se Maria.

Ancora di più, possiamo affermare che nella nostra  esperienza di fede è la Vergine Santa che ci ha fatto incontrare, quasi portandoli per mano, tanta parte delle nostre comunità cristiane in occasione dei pellegrinaggi, delle feste a lei dedicate in ogni luogo. L’affidamento della nostra comunità a Maria resta forte, la nostra gente continua a guardare a Lei come Madre di sicura speranza.

Nella nostra esperienza sacerdotale abbiamo imparato che la Vergine Santa, nella storia della salvezza, salvaguarda e realizza la vera prossimità di Dio tra gli uomini, donna dello Spirito ella ci dona l’Emanuele, il Dio con noi. Ma Maria è anche garanzia di umanità nella Chiesa e nel mondo, è donna e Madre.

Come tutte le madri: “Maria è buona, è tenera; ma non vi è in Lei nulla di austero né di scoraggiante, nulla di troppo sublime né di troppo brillante; vedendo lei vediamo la nostra natura pura” (G. de Montfort), come ogni madre lei possiede il senso delle persone e della diversità.

Perciò il rapporto che si crea con la Vergine Santa con la nostra gente  è sempre individuale, personale. Per questo il nostro popolo nutre tanta

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confidenza e fiducia nei suoi confronti, si sente amato e accolto, dalla Madre Santa, anche al di fuori e al di là dei tanti itinerari di perfezione evangelica nei quali si cerca di coinvolgerli in tutti i modi.

Lo sappiamo bene, Maria ci accoglie sempre nonostante i nostri limiti e ci prepara ad accogliere Gesù, ci chiede di essere attenti alla sua voce, ai suoi insegnamenti.

Il Signore ce ne ha fatto dono, quale nostra Madre  dall’alto della Croce, a lei ci ha affidato nel momento del dramma dell’amore non corrisposto.

La Parola di Dio nel ricordarci che: “Ciò che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo”, vuol farci capire che la potenza di Dio si manifesta pienamente nella madre di Gesù, e che l’andare verso di Lei, in nulla deve essere colto come un distrarsi dal mistero della Santissima Trinità, perché la Vergine Santa è stata creata per essere, in ogni tempo, segno della potente opera di Dio, mistero di comunione trinitaria, per la salvezza degli uomini.

La Chiesa si costruisce stringendosi alla Vergine Santa, la comunità dei credenti rendeva vivo il Cenacolo “… nella preghiera … con Maria la madre di Gesù …” (At 1,14) in attesa del dono dello Spirito, l’augurio è che il nostro impegno pastorale possa suscitare nella nostra gente gli stessi frutti della preghiera vissuta attorno alla Vergine Santa dalla prima comunità dei credenti: nuovo entusiasmo per la fede e una sincera dedizione alla missione di salvezza.

La disponibilità a celebrare la gloria di Dio che ogni giorno il nostro popolo eleva mediante la recita della corona del Santo Rosario, meditando la vita di Gesù e sostenuta dalla costante compagnia di Maria, instancabilmente, possa dare serenità ai nostri sforzi e incoraggiarci a continuare con umiltà, con perseveranza, con rinnovata gioia il servizio per la crescita del Regno.

Coraggio, mettiamoci in cammino

La comunità cristiana, ci chiede con ansia di corrispondere sempre con più impegno alla vita di comunione, per poter continuare a costruire e a sperare, tutti insieme superando ogni divisione,  nella sinergia dei carismi di cui ogni battezzato è depositario, il bene comune.

Tutti speriamo di  poter vivere e testimoniare come Chiesa una maggiore serenità grazie alla pace che ci viene dal Signore, per continuare a trasmettere la fiducia in un domani migliore nel nostro cammino incontro al Signore che viene nella sua gloria.

In questo anno dedicato alla vita sacerdotale non possiamo concludere la programmazione senza riproporre questa preghiera del Santo Curato d’Ars, che esprime bene quale amore deve abitare il nostro cuore e con quali aneliti di affetto dobbiamo corrispondere all’amore di Dio se vogliamo sperare di testimoniare con la nostra vita la fede in Gesù Cristo risorto:

«Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio

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è di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.

Ti amo, o Dio infinitamente amabile,

e preferisco morire amandoti

piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.

Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo

è di amarti eternamente.

Mio Dio, se la mia lingua

non può dirti ad ogni istante che ti amo,

voglio che il mio cuore te lo ripeta

tante volte quante volte respiro.

Ti amo, o mio Divino Salvatore,

perché sei stato crocifisso per me,

e mi tieni quaggiù crocifisso con Te.

Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti

e sapendo che ti amo».

 

7. VITA DELLA COMUNITÀ

7.1 Celebrazioni

 Santa Messa Festiva (Chiesa Madre)

 17,30 (Sabato) 9,00 – 11,00  17,30 (Orario Invernale)

19,00 (Sabato) 09,00 – 19,00 21,00 (Orario Estivo)

 Santa Messa Feriale

 08,30 Cappella San Giuseppe (Invernale/Estivo)

 17,30 Chiesa Madre  (Invernale)

19,00 Chiesa Madre  (Estivo)

 

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20,00 Chiesa Madre  (Giovedì)     

Adorazione Eucaristica

1° Venerdì del mese Giornata Eucaristica 

Dalle 8,00 alle 15,00 Chiesa Madre

 

Novena dell’Immacolata dal 29 novembre al 7 dicembre

8 dicembre Festa dell’Immacolata Concezione di Maria

Triduo di San Giuseppe dal 16 al 18 marzo

19 marzo Festa di San Giuseppe

Venerdì Santo Mattina

Commemorazione della Passione del Signore - Cordata

Triduo di Sant’Antonio di Padova dal 10 al 12 giugno

13 giugno Festa di Sant’Antonio di Padova

Novena dell’Immacolata dal 3 agosto al 11 agosto

12 agosto Memoria dell’Incoronazione - Festa Patronale

 

7.2 Formazione Settimanale  (Ottobre/Giugno)

Martedì        20,00 Canonica Catechesi Biblica

Mercoledì     17,00 Centro Pastorale Azione Cattolica Adulti

Giovedì        18,00 Centro Pastorale AC Giovani/Issimi

Venerdì        15,30 Centro Pastorale ACR/Accoglienza

Venerdì        18,30 Canonica  Animazione Liturgica 

                   19,30 Chiesa Prove di Canto

Sabato         15,30 Centro Pastorale ACR/Eucaristia

Sabato         15,30 Canonica ACR/Confermazione

 

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7.3 Formazione Mensile    (Ottobre/Luglio)

1° Lunedì      Chiesa Madre Gruppo di Preghiera Padre Pio

2° Lunedì      Centro Pastorale Incontro con i Catechisti 

4° Lunedì      Canonica Caritas Parrocchiale

4° Mercoledì  Centro Pastorale Consiglio di Azione Cattolica

4 Domenica   Centro Pastorale 18,00 Incontro Coppie          

7.4 Ufficio Parrocchiale

Per il disbrigo delle pratiche burocratiche, per tutto quanto concerne gli aspetti amministrativi e per il colloquio con il Parroco l’Ufficio Parrocchiale, situato in via G. Carducci resta aperto nei giorni di Martedì  e Sabato dalle ore 9,30 alle ore 11,00.

8. Vita Sacramentale

8.1 Battesimo

I genitori devono richiedere la possibilità di battezzare i figli con ampio anticipo per poter organizzare i momenti di formazione. Per educare a sentirsi parte della comunità parrocchiale e per comprendere che i Sacramenti sono un dono da vivere nella comunità, e non qualcosa di privato, i Battesimi saranno celebrati sempre alla presenza della comunità parrocchiale.

Per cui nella nostra parrocchia i Battesimi si celebrano  la prima Domenica del mese durante la Messa Pro Populo Dei oppure  l'ultimo Sabato del mese durante la Celebrazione Festiva della vigilia.

8.2 Cresima o Confermazione

Per ricevere il Sacramento della Confermazione, occorre essere già Battezzati, aver fatto la Prima Comunione e partecipare ordinariamente alla vita della comunità parrocchiale.

Inoltre occorre frequentare il cammino di formazione Cristiana per i tre anni nel gruppo della Confermazione e della Mistagogia. La Cresima o Confermazione, secondo quanto prescrive il cammino di formazione cristiana della nostra diocesi, si riceve nel periodo Avvento/Natale del terzo anno formativo.

Gli adulti che devono ricevere questo Sacramento sono invitati a partecipare a un itinerario di formazione biblica che inizia con l'Avvento e termina con la Quaresima.

8.3 Eucaristia

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Per poter partecipare pienamente alla Liturgia Eucaristica con la Prima Comunione, occorre aver ricevuto il Sacramento del Battesimo.

Inoltre occorre  aver frequentato il cammino di Formazione Cristiana nel gruppo dell'Accoglienza, che educa a sentirsi parte della comunità cristiana, per tre anni; e in quello dell'Eucaristia, che educa al ringraziamento per tutto quello che il Signore ci ha dato, per due anni. 

Per poter vivere in modo completo la formazione è indispensabile il pieno coinvolgimento delle famiglie dei ragazzi nelle varie fasi dell’itinerario.

Questo sacramento si riceve ordinariamente in quinta elementare.

8.4 Riconciliazione o Penitenza (Confessione)

            Il Sacramento si riceve durante una giornata penitenziale, nella Quaresima che precede la Prima partecipazione alla Comunione Eucaristica.

Questo è il dono di Gesù risorto che, alla paura presente nella condizione di peccato, manifesta la misericordia del Padre che ci ama.

Per evitare di vivere questo dono d’amore in modo frettoloso si chiede di venire per tempo in chiesa, non all’ultimo momento per una benedizione; i sacerdoti sono presenti e disponibili, almeno mezz’ora prima che inizi la Liturgia Eucaristica.

La parrocchia organizza la liturgia comunitaria della Penitenza in Avvento per prepararsi al Natale del Signore, in Quaresima per celebrare degnamente la Pasqua di Resurrezione.

Per quanto concerne gli adulti si ricorda che occorre confessare i propri peccati e non quelli degli altri, che bisogna vivere con piena disponibilità la conversione della propria vita, e operare per rimuovere il peccato dal proprio modo di parlare e di agire.

8.5 Padrini

Per poter fare da Padrini/Madrine ai Sacramenti di Iniziazione Cristiana (Battesimo e Cresima) è necessario: Aver ricevuto i Sacramenti di Iniziazione Cristiana. Aver compiuto 16 anni. Frequentare la vita della Comunità Parrocchiale. Non avere impedimenti morali, non vivere in situazioni canoniche irregolari.

8.6 Unzione dei Malati

Il Signore nella sua vita terrena è spesso intervenuto per lenire le sofferenze e guarire dalle malattie, la comunità cristiana fin dal suo sorgere ha ritenuto di dover continuare l’opera del Signore donando nell’azione pastorale una particolare attenzione ai sofferenti.

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Nella parrocchia la visita agli ammalati e agli anziani impossibilitati a muoversi si fa ogni mese, in occasione del primo venerdì. Inoltre un ambito degli operatori della Caritas è impegnato a  visitare periodicamente gli ammalati per il conforto della preghiera e per far loro sperimentare l’affetto e l’attenzione della comunità.

Per quanto concerne il Sacramento dell’Unzione si ritiene sia opportuno che il malato lo riceva mentre è cosciente del suo stato di sofferente, senza attendere gli ultimi momenti di vita, quando ormai non ha coscienza del dono che riceve nella Grazia di Dio, mediante l’azione  sacramentale della Chiesa.

8.7 Matrimonio

E’ il Sacramento della partecipazione all’azione creatrice di Dio e dell’amore sponsale, è perciò importante maturare una coscienza vocazionale del legame matrimoniale. Per la celebrazione del matrimonio occorre aver ricevuto i Sacramenti dell'iniziazione Cristiana: Battesimo, Eucaristia, Confermazione.

Inoltre è indispensabile, per una migliore comprensione del Sacramento e degli impegni canonici e civili che ne derivano, aver frequentato il cammino di formazione al Matrimonio cristiano nell’Unità Pastorale ove si ha il domicilio o la residenza.

Per le pubblicazioni occorre portare: I certificati cumulativi di Cittadinanza, Residenza e Stato Libero dei fidanzati. Se domiciliati (non necessariamente residenti) in altra parrocchia si devono portare i certificati di Battesimo e di Cresima. Se domiciliati in altra Diocesi anche  il certificato di Stato Libero

8.8 Esequie

Secondo quanto prevede il Diritto Canonico le esequie possono essere celebrate dove lo ritengono gli interessati, senza alcun vincolo legato all’appartenenza territoriale.

L’azione liturgica è uguale per tutti i defunti, onde evitare disparità tra i ricchi e i poveri.

Per quanto è possibile, la vigilia delle esequie, è celebrata una veglia di preghiera nella casa del defunto. Anche la sera delle esequie, come solidarietà nel dolore, si prega insieme con i parenti.

Per quanto concerne la celebrazione delle Esequie, il corteo nell’ambito cittadino si snoda dalla casa del defunto alla Chiesa Madre, per le aree rurali la salma dopo la benedizione è attesa nella Chiesa Madre.

L’azione liturgica termina per tutti nella Chiesa Madre.

 

9. CONSIGLIO  PARROCCHIALE AFFARI   ECONOMICI

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Diamante 13 maggio 2009 

9.1 Statuto

Art. 1

Il Consiglio Parrocchiale per gli  affari  economici  della  Parrocchia di_Immacolata Concezione in Diamante (qui di seguito più brevemente denominato (C.P.A.E.) costituito dal Parroco in attuazione del can. 537 del Codice di Diritto Canonico, è l'organo di collaborazione dei fedeli con il Parroco nella gestione amministrava della Parrocchia.

Art. 2

Il  CPAE ha i seguenti scopi:

1. coadiuvare il parroco nel predisporre il bilancio preventivo della parrocchia, elencando le voci di spesa prevedibili per i vari settori di attività e individuando i relativi mezzi di copertura;

2. approvare alla fine di ciascun esercizio, previo esame dei libri contabili e della relativa documentazione, il rendiconto consuntivo;

3. esprimere il parere sugli atti di straordinaria amministrazione;

4. curare l'aggiornamento annuale dello stato patrimoniale della Parrocchia, il deposito dei relativi atti e documenti presso la Curia diocesana (can. 1284, § 2, n. 9) e l'ordinata archiviazione delle copie negli uffici parrocchiali.

 

9.2 Regolamento

Art. 1

 Il C.P.A.E. è composto dal parroco, che di diritto ne è il Presidente, dai Vicari parrocchiali e da almeno tre fedeli nominati dal Parroco, sentito il parere del Consiglio Pastorale o, in sua mancanza, di persone mature e prudenti; i consiglieri devono essere eminenti per integrità morale, attivamente inseriti nella vita parrocchiale, capaci di valutare le scelte economiche con spirito ecclesiale e possibilmente esperti in diritto o in economia.

I loro nominativi devono essere comunicati alla Curia Diocesana almeno quindici giorni prima del loro insediamento.

I membri del C.P.A.E. durano in carica tre anni e il loro mandato può essere rinnovato.

Per la durata del loro mandato i consiglieri non possono essere revocati se non per gravi e documentati motivi.

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Art. 2

 Non possono essere nominati membri del C.P.A.E. i congiunti del Parroco fino al quarto grado di consanguineità o di affini e quanti hanno in essere rapporti economici con la parrocchia.

Art. 3

 Spetta al Presidente:

1. la convocazione e la presidenza del C.P.A.E.

2. la fissazione dell'ordine del giorno di ciascuna riunione;

3. la presidenza delle riunioni.

Art. 4

 Il C.P.A.E. ha funzione consultiva non deliberativa.  In esso tuttavia si esprime la collaborazione responsabile dei fedeli nella gestione amministrativa della Parrocchia in conformità al can. 212, § 3. Il Parroco ne ricercherà e ne ascolterà attentamente il parere, non se ne discosterà se non per gravi motivi e ne userà ordinariamente come valido strumento per l'amministrazione della Parrocchia.

Ferma resta, in ogni caso, la legale rappresentanza della Parrocchia che in tutti negozi giuridici spetta al parroco, il quale è amministratore di tutti beni parrocchiali a norma del can. 532.

Art. 5

            Il C.P.A.E. si riunisce almeno una volta al trimestre (oppure una volta al quadrimestre), nonché ogni volta che il Parroco lo ritenga opportuno, o che ne sia fatta a quest'ultimo richiesta da almeno due membri del Consiglio.

Alle riunioni del C.P.A.E. potranno partecipare, ove necessario, su invito del Presidente, anche altre persone in qualità di esperti.

Ogni consigliere ha facoltà di far mettere a verbale tutte le osservazioni che ritiene opportuno fare.

Art. 6

 Nei casi di morte, di dimissioni, di revoca o di permanente invalidità di uno o più membri del C.P.A.E., il Parroco provvede, entro quindici giorni, a nominarne i sostituti. I consiglieri cosi nominati rimangono in carica fino alla scadenza del mandato del Consiglio stesso e possono essere confermati dalla successiva scadenza.

Art. 7

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 L'esercizio finanziario della Parrocchia va dal 1°gennaio al 31 dicembre di ogni anno. Alla fine di ciascun esercizio, e comunque entro il 31 marzo successivo, il bilancio consuntivo, debitamente firmato dai membri del Consiglio, sarà sottoposto dal Parroco al Vescovo diocesano.

Art. 8

 Il C.P.A.E. presenta al Consiglio Pastorale Parrocchiale il bilancio consuntivo annuale e porta a conoscenza della comunità parrocchiale le componenti essenziali delle entrate e delle uscite verificatesi nel corso dell'esercizio nonché il rendiconto analitico dell'utilizzazione delle offerte fatte dai fedeli, indicando anche le opportune iniziative per l'incremento delle risorse necessarie per la realizzazione delle attività pastorali e per il sostentamento del clero parrocchiale.

Art. 9

Per la validità delle riunioni del Consiglio è necessaria la presenza della maggioranza dei consiglieri. I verbali del Consiglio, redatti su apposito registro devono portare la sottoscrizione del Parroco e del Segretario del Consiglio stesso e debbono essere approvati nella seduta successiva.

Art. 10

 Per tutto quanto non contemplato nel presente regolamento si applicheranno le norme del Diritto Canonico.

9.3 Componenti il Consiglio

Compongono il Consiglio per gli Affari Economici Parrocchiale per il triennio 2009/2012

Mons. Cono ARAUGIO - Presidente

Don Tonino BIONDI - Parroco in Solidum

Francesco DE LUNA - Economo

Ada  DE ROSA - Segretaria

Luciano RUSSO VITALE – Consigliere

 

10. CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE

10.1 Statuto

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale è l’organismo di comunione  e di partecipazione alla missione salvifica della Chiesa nella parrocchia  “Immacolata Concezione”  in Diamante, diocesi di San Marco Argentano –

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Scalea. Esso si propone di curare anzitutto la vita spirituale dei suoi membri e dell’intera parrocchia, con senso di grande carità, che è il segno distintivo dei discepoli di Cristo.

Art.  1

  A norma del can. 536 de Codice di Diritto Canonico e sentito il giudizio di opportunità del Vescovo diocesano, in data  8 dicembre 2009  si costituisce nella parrocchia  “Immacolata Concezione” in Diamante il C.P.P.

Art.  2

Il C.P.P. è organismo di comunione e di partecipazione responsabile alla vita della comunità. E’ organo consultivo, non ha compiti esecutivi, ed è retto dalle norme stabilite dal Vescovo diocesano.

Art.  3

Il C.P.P. studia, valuta e propone indicazioni operative su tutto ciò che riguarda l’azione pastorale della parrocchia, elaborando un piano organico di evangelizzazione che tenga conto del contesto sociale e delle molteplici esigenze spirituali e temporali dell’intera comunità.

Art.  4

Il C.P.P., nel redigere il piano pastorale, dà indicazioni operative:

1. Per diffondere la Parola di Dio in tutti gli ambienti e  sviluppare la coscienza religiosa dell’intero popolo di Dio;

2.  Per fare in modo che le celebrazioni eucaristiche, siano fonte e culmine della vita della comunità ecclesiale;

3.  Per realizzare la carità fraterna: tra i suoi membri; nel rapporto con tutta la comunità parrocchiale, creando occasioni di incontro e comunione con tutti, specie con i non praticanti al di là di ogni discriminazione sociale, culturale o credo religioso; nell’aiuto fraterno verso i poveri, gli emarginati, gli ammalati, e verso ogni forma di marginalità e bisogno.

10.2 Regolamento

Art.  1

Il C.P.P. è formato:

1.  da membri di diritto: parroco e parroco in solidum

2.  da cinque membri eletti dalla comunità;

3.  da membri designati, delegati di ogni associazione, movimenti o gruppi operanti nella parrocchia: Catechisti, Gruppo Liturgico, Caritas, Azione

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Cattolica, Formazione Biblica, Cori parrocchiali, Gruppo di Preghiera di Padre Pio.

I delegati rappresentanti le Aggregazioni decadono allo scadere dei loro mandati associativi.

Art.  2

Il C.P.P. dura in carica tre anni, a conclusione del mandato i componenti possono essere rieletti per un secondo triennio. Solo eccezionalmente per un terzo mandato esecutivo.

Art.  3

Sono  organi del C.P.P.:

1. la Presidenza, formata da: parroco, vice-presidente laico e segretario organizzativo;

2. l’Assemblea, che è composta da tutti i membri del C.P.P. che elegge un vice-presidente laico e un segretario.

Art.  4

Il C.P.P. si riunisce quattro volte all’anno su convocazione del presidente e ogniqualvolta il presidente o la maggioranza dei membri ne   faccia richiesta. Per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e la maggioranza dei membri.

Art.  5

Sono elettori e possono essere eletti, tutti i cresimati che hanno compiuto il sedicesimo anno di età e che si distinguono per testimonianza  di fede, buoni costumi e prudenza cristiana.

Art.  6

Il presidente indice le elezioni per la scelta dei membri del C.P.P., un mese prima, fissandone i tempi e le modalità.

Art.  7

Le elezioni si svolgono nei luoghi convenuti dal presidente e comunicati alla data dell’indizione delle elezioni.

Art.  8

I membri da eleggere sono  cinque; sono votati in una lista unica, formata da tutti coloro che si rendono disponibili a far parte del C.P.P. Le preferenze da esprimere sono due. Al candidato eletto che rinuncia, subentra il primo dei non eletti.

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Art.  9

L’ assemblea del C.P.P. è convocata con invito scritto, spedito o recapitato a mano a cura del segretario, che inoltre provvederà a compilare i verbali delle sedute, e curerà il registro dei medesimi che sarà custodito nell’archivio della parrocchia.

Art.  10

L’ avviso della convocazione conterrà l’ordine del giorno, la data e il luogo della seduta, con l’orario e i contenuti fissati dalla presidenza.

Art.  11

 Le persone che fanno parte del C.P.P. accettano lo statuto e il regolamento e, si impegnano, a rispettarli e a farli rispettare.

Art. 12

Il C.P.P. decade con la sede parrocchiale vacante.

Art. 13

Per tutto quanto non è contenuto nel presente statuto e regolamento, si applicano le norme del Codice di Diritto Canonico.

10.3 Componenti il Consiglio

 Per il corrente anno pastorale 2009/2010 il Parroco si avvarrà della collaborazione attiva dei Responsabili dei Gruppi ecclesiali e degli Ambiti pastorali,   in attesa di poter definire con il nuovo anno pastorale e con la componente eletta dall'assemblea il Consiglio Pastorale ad triennium.

Per cui, per il bene delle anime della Comunità parrocchiale, cooperano con il Parroco nell'analisi, nell'impostazione, nella programmazione e nella verifica  del lavoro pastorale oltre Don Tonino BIONDI (nella sua qualità di Parroco in Solidum):

Suora  delegata delle Missionarie del Sacro Costato

Antonio BENVENUTO Formazione della Famiglia

Claudia BENVENUTO ACR 9/11 Azione Cattolica Ragazzi

Rosetta BENVENUTO Segretaria Caritas parrocchiale

Raffaele BIANCO Vice Presidente Giovani Azione Cattolica

Filomena CAMPAGNA ACR 12/14 - Coordinatrice Catechisti

Ada DE ROSA Presidente Azione Cattolica

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Filomena DONATO Delegata Rinnovamento nello Spirito

Ida LEONE Vice Presidente Adulti Azione Cattolica

Maria MANISCALCO Gruppo Liturgico – Segretaria del CPP

Maria Rosaria  MAULICINO   Formazione della Famiglia

Vittoria PRESTA Presidente Gruppo Preghiera di Padre Pio

Silvana  RIENTE Catechista del Gruppo Accoglienza

Enzo RITONDALE Delegato per la Catechesi Biblica

Salvatore RINALDI Vice Presidente Adulti Azione Cattolica

Annarita SILVESTRI Delegata per i Cori Parrocchiali

Maria Luisa TRIFILIO Catechista del Gruppo Eucarestia

Antonio TIESI Manutenzione Ordinaria della Parrocchia

Mariella VACCARO Catechista del Gruppo Accoglienza

 

*   *   *   *   * 

 

DA BELLOVIDERII CASTELLO FEUDALE A BELVEDERIUM CITTÀ DEL REGNO              Parmint 11 luglio 2008

Insediamenti Bizantini - Tra il VI secolo e il XII secolo tutto il Bellum Videri è interessato da insediamenti orientali: la Badia di Sant’Antonio Abate, i Conventi di San Nicola au Palummar e di San Basilio, le Cappelle di Santo Stefano, l’Annunziata, Sant’Elia, Sant’Andrea, la Chisijella, SS. Natività, S.ta Maria ad Nives, S.ta Lucia, San Leonardo ai quattro Timponi e molte altre. È del periodo normanno (1060) il documento che traccia l’Archimandritato orientale e indica in Belvederium il suo confine inferiore.

Il Castello Angioino - Il Castello del Belvederium era difeso da una torre, situata in alto sull’abitato, e si   estendeva attorno alle Portolanie degli Orti e del Mare, con i suoi slarghi alla Vallata, alla Chisijella e al Seggio. E’ stata proprietà dei Sangineto e dei Sanseverino. Mentre gli Orsini e i Sersale ne hanno avuto il governo nel periodo del Viceregno. Il palazzo feudale è quello a ridosso della Chiesa Madre, Francesco Antonio Mistorni acquistò dai De Paula ai primi dell’800. Dalla Tassatio Angioina apprendiamo che il Bellumvedere era tassato per 540 fuochi (circa 2743 abitanti). E di questo periodo, nei suoi elementi più antichi, anche il Torrione dell’Olivella.

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L’avvenimento che esalta la storia del tempo è l’Assedio del Castello di Belvedere da Parte degli Almogaveri 1289. E’ narrato in modo romanzato dagli storici locali per mettere in risalto l’eroismo della famiglia Sangineto. E’ documentata l’indulgenza concessa dal Papa ad Avignore (1329) per la costruzione  della Chiesa Beata Mariae Novae de Belloviderii.

Nel periodo angioino vivevano a  Belvedere le famiglie Layse, Flores, (questi due nuclei familiari nel 1630 si troviamo registrati come forastieri della terra di Bello vedere, casati a Pesitano, De Oleastro, D’Hectorey, Signorello, Migalda. Nell’agglomerato urbano erano comprese le Chiese di: San Nicola Magno (1050) il cui parroco era il Dieno del castello; San Giacomo Apostolo il Maggiore (1091); Santa Maria al Seggio (1104) Jus patronato del Feudatario. Al di fuori del Castello si trovavano, oltre le cappelle di tradizione orientale, presso la Portolania degli Orti al Lanzo, una struttura  conventuale di tradizione normanna di cui attualmente non si ha traccia nei documenti. Nel 1426, presso il convento diruto di San Nicola au Palummar, è attestata la presenza dei frati Osservanti.

 La Città Aragonese - Nel 1440  cambia la storia del Castello poichè Belvedere viene incendiata e in parte distrutta nella guerra tra angioini e  aragonesi. A questo avvenimento segue la fase della ricostruzione, che comporterà uno spostamento dell’abitato verso il Castello a ridosso delle Chiese di San Nicola Magno e di San Giacomo il Maggiore.

A questo periodo sono da attribuire i palazzi nobili: De Velutiis e de Paula alla Porta di Mare, quello dei Perez con ingresso vico I San Daniele, quello dei Fasanella nel cuore della città.

Nel 1448  Belvedere viene  elevata dagli aragonesi alla dignità di Città, ed  è in questo periodo (1480/1500),  che viene realizzata la Piazza d’Armi: ampliato e fortificato a Castello la torre dei Sangineto, edificato il Palazzo del Governo, costruita la Caserma per la Guarnigione del Castello fortezza. Vengono rinforzate le Mura cittadine fortificando le torri alle Portolanie e innalzando due Bastioni lato est e ovest. Tutto viene realizzato a spese dei cittadini, che per questo vengono esentati dalle tasse per alcuni anni. Al Lanzo su un rudere preesistente nel 1446 viene costruito il Convento degli Agostiniani. Di questo periodo si conserva il Tabernacolo marmoreo, proveniente dalla chiesa feudale di Santa Maria al Seggio

 

Il Viceregno Spagnolo – E’ un periodo storico che ha inizio nel 1503 e renderà la nostra terra colonia della Spagna per circa duecento anni. Governata dai Giustiniani e in seguito nuovamente dai Sanseverino, Belvedere continua la sua crescita politica mentre decade la crescita democrafica, nel 1532 era tassata per 275 fuochi (circa 1375 abitanti). E’ in questo periodo che arrivano numerosi nuclei familiari, i più titolati erano  i Perez,  i De Paula e i De Novellis. All’Acquaro nel 1518 viene fondato il Convento dei Minimi di Gesù e Maria.

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Per decreto dell’Imperatore Carlo V le Università e le famiglie facoltose sono autorizzate a costruire le torri costiere di avvistamento per cui tra il 1525 ed il 1731 abbiamo: la torre di Santa Letterata, quella di Paolo Emilio Layse Imperatore, la torre di Capo Tirone, quella dei De Paula alle Fontanelle.

Nel 1595 viene posta la Croce del Convento dei Cappuccini di San Daniele, ultimato nella sua strutturazione essenziale nel 1605. Viene avviata nel 1610, a spese dell’Università, la costruzione della Chiesa Madre che ha comportato l’assorbimento della piazza del Seggio del Popolo, la demolizione della Chiesa di santa Maria al Seggio, del palazzo dei Signorelli, parte dei casalini De Paula e dei Perrellis, i lavori sono continuati fino ai primi del ‘700. Inoltre per dare stabilità alla struttura sono stati suturati gli archi di elevazione che snellivano e abbellivano il lato piazza.

Nel 1622 Belvedere viene dato ai Carafa della Stadera che reggeranno il feudo con loro governatori fino al 1810. Arrivano i Mistorni, gli Aurello. Per corrispondere a una nobiltà che le spettava nascono le epopee letterarie di Blanda, di Fiorello Dini, dell’Ammiraglio Cecco Pisani, del cittadino San Daniele. In un sopralluogo del 1635 la casa natale del Santo patrono veniva ubicata alla vallata sotto il palazzo dei Migalda, dai primo del 1800 è stata localizzata U Trappit sutt u Pierc, già beneficio di Sant’Anna dal 1731. A questo periodo risale anche l’apertura e con l’impostazione ad arcate, a ridosso del Bastione ovest, della rinascimentale Porta Nuova della Piazza. Nel frattempo arrivano anche i de Benedictis. Nel 1636  Vengono realizzati gli Stucchi nella Chiesa Madre dal maestro napoletano  Failla.

L’abitato, nelle sue case palazziate continua ad arroccarsi attorno al Castello fino a soffocarne la struttura non più utilizzata per la difesa della città già alla fine del ‘700. Abbiamo il palazzo del Principe, quello Servidio, il palazzo De Perellis, quello Ferraro, palazzo Nastri, Palazzo De Novellis, Riccio e altri che, a differenza di quelli di tradizione angioina, sono tutti caratterizzati dalla solenne scala nobile, all’interno di un atrio rigorosamente chiuso a fortezza, vere fortificazioni delle famiglie nobili contro i soprusi del Principe feudatario e dell’Università.  I nuovi arrivi nel 1699 porteranno la popolazione a 599 fuochi (circa 3000 abitanti).

Religiosità popolare - E’ il periodo d’oro delle Confraternite e delle tradizioni religiose: del 1446 è la Confraternita delle Grazie in oratorio proprio, dei primi del ‘500 la Confraternita del SS Rosario in San Giacomo Apostolo il Maggiore, del 1600 la Confraternita del SS. Sacramento nella Chiesa Madre, risale al 1608 la Confraternita dei Preti nella Chiesa Madre, al 1610 la Confraternita della Madonna della Pianeta nella Chiesa Madre, è del 1620 la Confraternita delle Grazie e Anime Purganti nella chiesa di San Nicola Magno, del 1625 la Confraternita di Santa Maria del Pianto al Lanzo, è del 1630 la Confraternita di Santa Maria Visita Poveri con Ospedale proprio, è attestata al 1635 la Confraternita del SS. Crocifisso al Lanzo. E’ del 1638 la Confraternita della Circoncisione del Signore nella Chiesa Madre; mentre risale al 1640 Confraternita di San Vincenzo nella Parrocchia di San Nicola Magno,

Con i Carafa Van den Eynden nel 1695, Belvedere diventa il centro politico ed economico di un territorio molto vasto che comprendeva: Diamante,

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Buonvicino, Bonifati, Sant’Agata, Mottafollone, e il Pettoruto. Nel 1707 la popolazione è tassata per 898 fuochi (circa 4490 abitanti). Nel frattempo tra i primi del 700 e la metà del secolo tutte le Chiese vengono ornate con altari di legno intarsiato, privilegi e indulgenze, e attorno alle tante reliquie veniva coltivata la pietà popolare. Sono dichiarati Patroni della città: nel 1628  San Francesco di Paola, Convento dei Minimi; nel 1629  L’Annunziata, Convento degli Agostiniani; nel 1632 (1626) San Daniele, Convento dei Cappuccini. Nel 1703 abbiamo l’Aggregazione della Confraternita delle Grazie all’Arciconfraternita dei Cinturati di Sant’Agostino.. nel 1712  La Madonna del SS. Rosario, nel Centro Storico; nel 1783  Sant’Antonio Abate per l’area rurale. La città si abbellisce di molte operare artistiche è il periodo d’oro della città.

Intanto nel 1734 arrivano i Borbone – Per una valutazione dei beni feudali orientata alla tassazione, nasce il Catasto Onciario (l’Oncia equivaleva a tre Carlini) e inizia una fase di impoverimento e di abbandono del territorio. Partono le grandi famiglie feudali e si stabilizza la nuova nobiltà terriera. Arrivano i Leo, i Palermo, i Cirio, gli Spina, i Rubino, i Libonati. La popolazione alla fine del ‘700 è di 3988 abitanti.

 

        LA PAROLA  INIZIA ALLA FEDE Cetraro  Colonia San Benedetto 2 giugno 2008

Nei lineamenta emanati in preparazione al Sinodo dei Vescovi La Parola di Dio nella Vita e nella missione della Chiesa, che si svolgerà in autunno a Roma, viene sottolineata la preoccupazione della Chiesa di rendere sempre più pastorale ordinaria l’approccio alla Parola di Dio soprattutto mediante la prassi della Lectio Divina, perché gli operatori pastorali, i responsabili associativi e i catechisti vivano la loro crescita spirituale mediante un contatto personale e vitalizzante con la Parola di Dio (L.23).

Tenendo presente quanto veniva sottolineato in riferimento alla Lectio dobbiamo convertire il nostro modo di relazionarci e di vivere il protagonismo sociale e anche ecclesiale, spesso ancora contrassegnato da una ritualità spesso tradizionalista e ripetitiva. E’ passato un altro anno liturgico, in che cosa è cambiato il modo di rapportarmi alla Parola? In che modo il fare catechesi in modo più biblico ha contribuito a trasformare la mia vita spirituale, la Parola di Dio è sempre presente nella mia vita, o continua a pensare che essere catechista coincida con il concetto di fare il catechismo.

Queste sottolineature segnano la differenza che intercorre tra chi vive il servizio come corrispondenza a una missione e chi invece lo vive come un piacere da fare a qualcuno, non è sempre chiaro per quale motivo.

Nei lineamenta del Sinodo dei Vescovi, riprendendo l’insegnamento conciliare viene affermato: E’ necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della Parola, conservino un contatto continuo con le Scritture, mediante la sacra lettura assidua e lo studio accurato, affinché non diventi “vano predicatore della Parola di Dio all’esterno colui che non

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l’ascolta di dentro” mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina (DV, 25).

Il catechista, che prima di tutto è papà ed è mamma, vive a casa con la propria famiglia quello che poi trasmette ai battezzati che gli sono affidati? Questo vuol dire che la Parola di Dio  deve essere valorizzata nella preghiera familiare, approfondita con la famiglia perché possa essere comunicata come testimonianza della propria fede nella quotidianità.

Il catechista vive questo ministero ogni giorno, ovunque si trova a vivere il proprio tempo solo in questo modo gli sarà connaturale vivere sempre al servizio della comunità nella trasmissione della volontà di Dio, attraverso la sua Parola. Poiché questo impegno, la sua testimonianza dell’essere catechista nella comunità non può essere legata a determinate ore di servizio nella parrocchia, tutta la famiglia deve sentirsi coinvolta nel servizio dell’annuncio e della catechesi.

L’essere del Catechista, vissuto con tutta la famiglia, permette di leggere questo ministero come una crescita di tutta la  propria famiglia nel servire la comunità cristiana nella quale il Signore lo ha posto. Altrimenti il rischio che si corre è quello di dividere la famiglia perché le attività catechistiche, il servizio che si offre alla parrocchia assorbe quelli che per gli altri sono gli spazi propri della festa e del tempo libero.

Quanto affermato esprime bene la sollecitazione che ha animato l’Ufficio Catechistico nell’impostare i lavori di questa giornata,  e assumendo come propria la preoccupazione con la quale i nostri Vescovi hanno impostato il cammino della chiesa in Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.

Negli orientamenti pastorali, riprendendo la prima lettera di Giovanni, ci viene ricordato che: la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture … ciò che era fin dal principio, ciò che noi abbiamo udito (1Giov 1.1) … l’ascolto dei cristiani è rivolto soprattutto alla Parola fatta carne … tale ascolto apre a una conoscenza esperienziale e amorosa, capace di incidere profondamente sulle nostre vite … che ci insegna a vivere in questo mondo (Tt 2,11-12) … Nel cuore di chi ha aderito al Signore Gesù Cristo, non può non nascere il desiderio di condividere il dono ricevuto, di amare come siamo stati amati e perciò lo annunziamo anche a voi …

Dalla gioia di vivere in compagnia di Gesù, dipende l’entusiasmo con cui ne trasmettiamo la presenza e l’importanza, la preziosità di questa presenza agli amici ovunque: nei luoghi di svago, negli ambienti di lavoro, quando andiamo in vacanza. Gesù deve sempre essere nel nostro cuore, sulle nostre labbra, nei gesti concreti di ogni giorno. Tale impostazione di vita è una realtà eloquente, che rende evidente ad ogni uomo, l’importanza di seguire la via, che suscita fiducia nel fratello e che conduce alla speranza e alla gioia … di condividere la propria storia con tutti coloro che il Signore ci pone accanto.

L’itinerario, il passaggio  dall’ascolto alla condivisione permette infatti, che gli uomini possano trovare  un senso anche alla tribolazione e alla sofferenza, confortandosi e perdonandosi a vicenda. Questo rende loro possibile godere

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pienamente della gioia … perciò il compito assolutamente primario della Chiesa è sempre la comunicazione della fede dono dell’amore di Dio, della vita in Cristo … la perla preziosa del Vangelo (Comunicare il Vangelo n.3-4).

Vivere la gioia di spendersi al servizio del Signore è l’itinerario che siamo chiamati a percorrere per manifestare, nonostante i nostri limiti, la Santità del tre volte Santo, che per manifestarsi ai fratelli ha bisogno della nostra disponibilità alla testimonianza. In questo mese appena trascorso, nelle tante manifestazioni mariane che si sono accompagnate alla vita pastorale delle parrocchie, certamente abbiamo avuto modo di riflettere nell’esempio che la Vergine Santa ci ha donato, che Dio ha bisogno di umiltà e di abbandono sfiduciale, poi saprà lui come trasformare la nostra vita per orientarla al suo progetto salvifico.

Nella sezione Aspetti Caratterizzanti l’Itinerario, per ciò che concerne l’Iniziazione Cristiana della nostra diocesi, viene sottolineato: che anche per i ragazzi si dovrà affrontare un cammino di prima evangelizzazione e di reale iniziazione alla fede (FdC n.4).

Questa preoccupazione dei Vescovi italiani è stata codificata dall’Ufficio Catechistico Diocesano con l’impostare gli itinerari di Iniziazione Cristiana ponendo come primo punto la Fedeltà alla Parola di Dio: L’itinerario è impostato in modo che la Parola di dio, consegnata ad ogni ragazzo a conclusione della prima tappa: l’Iscrizione del nome, sia usata in modo ordinario nell’attività catechistica. La Bibbia deve essere compresa per quello che è da sempre nella comunità cristiana: Il libro che conserva le verità della nostra fede. E’ quanto mai opportuno, per come sottolinea il Rinnovamento della Catechesi  e viene trasmesso attraverso i catechismi della CEI, che la Parola di Dio sia utilizzata fin dai primi momenti dell’iniziazione cristiana, in modo che anche i fanciulli e i ragazzi siano educati in modo da comprendere che:”La Parola di Dio è la radice e il fondamento della comunità. Quando la Parola di Dio è importante si entra in essa, la si senta parola di vita; insieme la si ascolta e attraverso di essa si incontra Cristo Risorto (Quaderno 30, p.15.1).

E’ inutile sottolineare che, per noi cristiani, l’impostazione di un itinerario in Tappe è una occasione privilegiata per restituire alla Parola di Dio la centralità in ogni fase del cammino formativo. Questo vuol dire che tutte le Tappe del Iniziazione devono avere, nella Parola di Dio, lo strumento privilegiato mediante il quale aprirsi alla comprensione sempre più piena dei misteri della fede. E’ importante presentare ai ragazzi Gesù nella sua vita di ogni giorno.

Come Gesù (Jehshùa) ha vissuto la crescita della testimonianza nella sua vita terrena, come ha maturato l’Amen della sua adesione totale alla volontà del Padre. Penso che tutti comprendiamo quanto sia importante parlando di Gesù di non presentare un extraterrestre, anche se gli apocrifi orientano in questo senso la narrazione dell’infanzia di Gesù, ma un bambino come tanti che assimila gradualmente nella sua famiglia e con la sua famiglia.  Quando Gesù è nato non esisteva in Palestina vita profana, la visione ebraica del mondo vedeva in ogni avvenimento il soffio dello Spirito di Dio, ogni bambino era chiamato a perpetuare la speranza d’Israele, rappresentava l’oggi della promessa di alleanza eterna del Sinai.

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Maria e Giuseppe erano di famiglia sacerdotale, appartenevano alla stirpe di Davide che non implicava necessariamente una emancipazione sociale, secondo il concetto moderno del termine.  L’ottavo giorno è stato Circonciso nel Tempio. Su Gesù in questa occasione era stata elevata la benedizione al Signore: Sii benedetto, o Eterno nostro Dio, re dell’universo, che ci ha prescritto di introdurre questo bambin nell’alleanza di Abrahamo nostro padre, e l’assemblea con Giuseppe rispose: Com’è entrato nell’alleanza di Abrahamo possa egualmente penetrare nello studio della Torah e nel compimento delle buone azioni.

Dopo quaranta giorni, terminato il periodo dell’impurità di Maria, sono saliti di nuovo al tempio e per lui sono state offerte due colombe in sacrificio, il sacrificio era donato dal padre al sacerdote officiante il sacrifico mentre la donna poteva guardare dalla galleria riservata alle donne. L’entità dell’offerta sacrificale esprime una condizione sociale modesta, i più abbienti offrivano l’agnello rituale. In questa occasione su Gesù, come su ogni bambino, nato durante il secondo tempio, si era elevata la voce del profeta che annunciava nella sua nascita il possibile Messia d’Israele.

Gesù ha frequentato la Sinagoga, ha partecipato al pellegrinaggio al Tempio in occasione delle grandi feste d’Israele e vivendo i gesti della fede del popolo di cui umanamente era parte ha maturato una comprensione sempre più profonda del messianismo che lui è venuto a rendere presente per la nostra salvezza e per quella di tutti gli uomini. Ha proclamato la Toràh nella Sinagoga di Nazareth  in occasione del dodicesimo anno e con i suoi coetanei Giacomo, Joses, Simone, Giuda ha benedetto il Signore .

Vi incoraggio a conoscere meglio la vita di Gesù per sentirlo accanto a noi nella vita di ogni giorno, e poterlo così presentare nella naturalezza della sua vita terrena e nell’anelito ad aderire sempre più intensamente con tutta la sua famiglia al piano di Dio.  

 

RITO DELLA VESTIZIONE Confraternita del SS Rosario  7 ottobre 2009

La Confraternita del SS. Rosario è presente a Belvedere M.mo presso la Chiesa parrocchiale di San Giacomo Apostolo il Maggiore dal 1571, istituzionalizzata con decreto di approvazione del 10 ottobre 1615.

Tali statuti e decreti sono stati attualizzati alla luce del Concilio Vaticano II e adeguati alle nuove normative riferite alle Aggregazioni Laicali  presenti nel CDC Can. 301,312,313 ed esplicitate in riferimento ai criteri di ecclesialità nella Christifideles laici, sono stati approvati da Vostra Ecc.za Rev.ma in data 27 maggio 2001.

La Confraternita ha avuto il riconoscimento giuridico il 26 agosto 2006 ed è iscritta Confederazione delle Confraternite delle diocesi d’Italia dal 14 marzo 2008.

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Dopo molti decenni riprende questa sera il rito della vestizione, che appartiene all’essere segno della specifica presenza ecclesiale delle confraternite. Poichè nella nostra città la pratica della vestizione era stata abbandonata agli inizi del secolo XX, è opportuno riscoprirne il suo profondo significato.

L’abito è il segno dell’appartenenza ad una confraternita che è pubblica associazione nella Chiesa e che riceve dalla Chiesa la personalità canonica, nonché la missione per il fine che intende perseguire, in nome della Chiesa stessa (Can. 313 del CJC). Tra le finalità che ha la confraternita vi è  quello assai rilevante dell’incremento del culto pubblico, che, per sua natura, è riservato alla Chiesa.

Nell’esercizio del culto pubblico della Chiesa, nelle forme solenni delle celebrazioni liturgiche e della pietà popolare, le confraternite usano il loro particolare abito, detto anche sacco o cappa. Esso, nella varietà delle forme e dei colori, ha sempre costituito motivo di grande decoro e di solennità nello svolgimento del culto pubblico, così profondamente radicato nella tradizione di ogni confratello.

I colori della Confraternita del SS Rosario richiamano la loro appartenenza alla spiritualità dell’Ordine dei Domenicani, araldi del Santo Rosario contro i pericoli del mondo.       

La Venerabile Confraternita del SS. Rosario si presenta nell’umile disponibilità dei figli che da secoli servono la Chiesa Cattolica in questo luogo, già chiesa parrocchiale di San Giacomo Apostolo ed ora Chiesa Sacramentale della parrocchia Santa Maria del Popolo e Santi Giacomo e Nicola, ma soprattutto con la ricchezza spirituale di chi, come scelta statutaria si pone al servizio degli ammalati, degli anziani e delle persone sole.

La preghiera del Santo Rosario, che da sempre caratterizza la partecipazione degli affiliati  alla vita della Chiesa, possa essere di sostegno per i Confratelli e le Consorelle nel loro costante impegno spirituale e caritativo.

Vogliamo che questa celebrazione sia anche espressione dell’animo riconoscente di chi fa memoria di tutti coloro fratelli e sorelle della Confraternita del SS Rosario, che sostenuti da una fede semplice e autentica hanno testimoniato nel tempo la loro fedeltà al Signore, mantenendo viva e attiva la venerabile confraternita del SS. Rosario, e operando instancabilmente per il decoro delle azioni di culto in questa Chiesa tanto cara alla memoria e alla vita della Confraternita.

Che l’abito ricevuto sia per tutti fratelli e sorelle del SS. Rosario, sull’esempio della gloriosa Vergine Maria che nel 1712 in questa chiesa fu incoronata Patrona della città e Regina delle Vittorie, un segno per continuare a vivere al servizio della Chiesa, percorrendo insieme con la Vergine Santa nell’umiltà la via della  perfezione evangelica.

 

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PROGETTO CULTURALE ORIENTATO IN SENSO CRISTIANO Cetraro 18 marzo 2008

Ogni qualvolta si scrive un libro, si partecipa di questo dinamismo nuovo che apre alla speranza la nostra realtà, i nostri paesi. E normalmente è una speranza che nasce dalla volontà di restituire profondità al vissuto del territorio in cui viviamo spesso ignorandone la storia, la cultura e la vocazione.

 Sappiamo tutti che ogni realtà merita di essere conosciuta per essere valorizzata, ma poi alla nostra vita si accompagna una forma di pigrizia che rende anonimi anche gli ambienti e le realtà più preziose. E’ in ordine alla conoscenza e al servizio verso il territorio che gli autori hanno espresso il loro impegno perché Cetraro sia maggiormente conosciuto e valorizzato. Per fare questo hanno usato il linguaggio più immediatamente usato nel nostro tempo, quello delle immagini, che immediatamente rende giustizia, per la bellezza che emanano, alle tante opere d’arte che nel corso della millenaria storia di questa città sono state realizzare per manifestare la fede del popolo e delle istituzioni e dei nobili nell’affidare a Dio la propria vita e la speranza del domani.

La comunità di Cetraro è inscindibilmente legata alla figura e alla spiritualità di San Benedetto e dei Benedettini e per alcuni aspetti è chiamata a rappresentare la speranza cristiana in situazioni di difficoltà che esprimono bene il periodo di questo Santo e che il Papa ha sintetizzato con queste parole: “Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo fisso verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare la città sul monte, che con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo con una speranza nuova”. (Card. Ratzinger a Subiaco 1 aprile 2005

Certo noi viviamo tempi diversi, tempi in cui sembra che la speranza per la costruzione della città dell’uomo vada riposta in altri ambienti ed è anche per questo che il sostegno alla tutela e alla divulgazione del patrimonio storico religioso è centellinata rispetto alle esigenze necessarie per tutelarlo nella sua integrità.

Ma non dobbiamo vivere di nostalgie né di rivalse, semplicemente dobbiamo valorizzare tutte le possibilità che ci vengono offerte per restituire all’uomo del nostro tempo un modo diverso di leggere la sua vita. Sollecitando in lui la capacità che gli è necessaria di aprirsi alla bellezza dell’arte e al mettersi in ascolto del messaggio di ciò che l’opera ogni opera, iniziando dalla grande opera del creata che si manifesta nella bellezza nella natura da preservare con vigore, vuole comunicare anche all’uomo di oggi.

         La diocesi cerca di operare per sostenere le iniziative volte alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio storico artistico e perciò vede in

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questa iniziative un tassello prezioso di questa opera di tutele che coraggio e linearità cerchiamo di coordinare non solo in riferimento al patrimonio monumentale ma soprattutto alla valorizzazione della spiritualità che da questo patrimonio emana e che arricchisce quotidianamente la vita del territorio e le relazioni tra le persone.

Voglio concludere con una riflessione che è la radice del progetto culturale che la Chiesa con coraggio sta portando avanti, ed è in questo alveo che va collocata ogni iniziativa tesa a emancipare il valore della presenza della Chiesa in Italia e nel mondo:”Il mio intervento era semplicemente di suscitare un vostro interesse e sollecitarvi a pensare. Perché questo è veramente importante. Bisogna tornare o, se è il caso, cominciare a pensare … un guardare la realtà, un comprenderla con amore e passione, uno studiarla con intelligenza e fatica … per rimanere fedele al mandato del Signore, per continuare a dire il Vangelo agli uomini del nostro tempo e del nostro luogo” (Mons. C. Naro, Torniamo a pensare). Per restituire la speranza alla nostra gente.  

 

PROGETTO CULTURALE ORIENTATO IN SENSO CRISTIANO Cetraro   1 marzo 2008  

Nell’introdurre questo momento di confronto su temi così importanti per la costruzione della cittadinanza  sento il dovere di aiutare a leggere l’iniziativa in un quadro d’insieme del lavoro pastorale della Diocesi e della Chiesa italiana. Questa iniziative come altre che la diocesi propone si inserisce nell’alveo del Progetto Culturale che la Chiesa italiana sta vivendo e proponendo dal 1995  (Convegno ecclesiale di Palermo). L’obbiettivo è quello di Avviare, o forse e meglio dire continuare o intensificare, il processo di rinnovamento pastorale, intrapreso con il Vaticano II e orientato a trasformare la comunità cristiana da comunità di devoti legati a tradizioni religiose a una comunità cristiana missionaria che fa della evangelizzazione il suo impegno primario.

Il progetto culturale ha alla base la  Cultura: intesa non come erudizione, per come anche ieri sera si è accennato, ma quella che riguarda tutti, perché tutti abbiamo i nostri modi di vedere, di pensare e di comportarci. Che cosa c'è dietro le mie scelte? E le scelte nostre, della collettività, del mio quartiere, della mia città?  Progettare la mia vita e le mie scelte perché siano secondo l'insegnamento di Cristo e della Chiesa. Questo metodo permette di riflettere per poi finalmente vivere e agire ''in senso cristiano''.

Si rivolge alle parrocchie, ai sacerdoti, ai religiosi, alle associazioni e ai movimenti, ai centri culturali cattolici, alle istituzioni culturali, agli operatori della cultura e delle comunicazioni sociali. 

Il lavoro che la Diocesi sta svolgendo, e che trova molte resistenza soprattutto in riferimento alla verità del fare poiché spesso si vive, anche in ambito ecclesiale, nell’esigenza di apparire,  per incarnare il progetto  culturale ha la funzione di operare una relazionalità stabile tra tutte le presenze

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pastorali, che sono altrettante risorse da valorizzare, permettendo a ciascuna di sviluppare la propria specificità, il proprio ''carisma'' all'interno di un'azione corale. E’ in questa ottica che vanno letti gli sforzi per creare la sinergia degli Uffici all’interno delle Aree e la complementarietà delle Parrocchie all’interno delle Unità Pastorali.

Gli ambiti del progetto culturale  sono il rapporto tra la fede, che ispira l'antropologia cristiana, e la situazione culturale contemporanea, con una distinzione in due livelli: 

- le grandi aree tematiche, che toccano i contenuti fondamentali della fede nel loro impatto con i nodi più vivi del pensiero e dell'ethos contemporanei;

- i temi emergenti di volta in volta nel dibattito culturale e nella vita sociale, a cui appare necessario offrire risposte evangelicamente illuminate, che orientino il pensare e l'agire comune dei cristiani e li rendano capaci di entrare in dialogo con tutti.

Come diocesi nelle convocazioni ecclesiali stiamo privilegiando questo secondo livello, lasciando alla Scuola di Formazione Teologica la trasmissione sistematica dei contenuti e l’approfondimento del primo livello.

Le tematiche che in questi anni abbiamo proposto alla riflessione e sono state affrontate in alcuni loro aspetti, hanno riguardato: l’impegno della evangelizzazione; la libertà e la responsabilità dei laici; la costruzione di un mondo più  giusto; l'etica della persona; la famiglia e i temi di bioetica, i diritti umani e la società multietnica; l’identità cristiana, il linguaggio e la comprensione della fede. 

Tutto questo serve a costruire, con le categorie di oggi, una visione del mondo cristiana, consapevole delle proprie radici spirituali e fiduciosa circa le proprie potenzialità nel dialogo con la cultura contemporanea.  Si tratta, in una parola, di essere capaci di dire in modo originale la nostra fede: su questo terreno decisivo il progetto culturale coopera in modo dinamico con l’impegno della ''nuova evangelizzazione''.