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Copyright OIC OIC ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ PRINCIPI CONTABILI del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri modificati dall’OIC in relazione alla riforma del diritto societario Il patrimonio netto 30 maggio 2005 Sostituisce il principio n. 28 dell’ottobre 1999

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OIC – ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ

PRINCIPI CONTABILI

del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri modificati dall’OIC in relazione alla riforma del diritto societario

Il patrimonio netto

30 maggio 2005

Sostituisce il principio n. 28 dell’ottobre 1999

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I

PRESENTAZIONE

L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) nasce dall’esigenza, avvertita dalle principali parti private e pubbliche italiane, di costituire uno “standard setter” nazionale dotato di am-pia rappresentatività con il fine di esprimere le istanze nazionali in materia contabile.

L’OIC si è costituito, nella veste giuridica di fondazione, il 27 novembre 2001. Esso predispone i principi contabili per la redazione dei bilanci d’esercizio e consolidati

delle imprese, dei bilanci preventivi e consuntivi delle aziende non profit e delle amministra-zioni pubbliche, nazionali e locali. Inoltre, l’OIC, coordinando i propri lavori con le attività degli altri “standard setter” europei, nel rispetto delle norme di legge e regolamentari vigenti, fornisce il supporto tecnico per l’applicazione in Italia dei principi contabili internazionali e delle direttive europee in materia contabile. L’OIC svolge altresì un’opera di assistenza al legislatore nazionale nell’emanazione delle norme in materia contabile e connesse per l’adeguamento della disciplina interna di bilancio alle direttive europee e ai principi contabili internazionali omologati dalla Commissione Europea.

L’OIC si propone infine la promozione della cultura contabile ed il progresso della prassi aziendale e professionale con la pubblicazione di documenti e ricerche in materia, nonché con l’organizzazione di convegni, seminari e incontri di studio.

Per il conseguimento dei compiti assegnati, i Fondatori hanno concepito e realizzato un assetto istituzionale in grado di assicurare, negli organi che governano la Fondazione, una equilibrata presenza delle parti sociali – private e pubbliche – interessate all’informazione contabile e, al contempo, atta a garantire il soddisfacimento dei requisiti di imparzialità e in-dipendenza delle scelte. Il conseguimento dell’autorevolezza necessaria per influire effica-cemente in ambito nazionale e internazionale sulla disciplina dell’informazione contabile è infatti maggiore quanto più ampia e rappresentativa è la composizione dei soggetti investiti dei ruoli decisionali.

Il governo dell’OIC è attribuito ai seguenti organi: Collegio dei Fondatori, Consiglio di Amministrazione, Comitato Esecutivo, Comitato Tecnico-Scientifico e Collegio dei Revisori dei Conti.

I principi contabili dell’OIC sono soggetti al parere della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e dei Ministeri competenti nella fattispecie.

L’eventuale parere negativo delle istituzioni anzidette è pubblicato congiuntamente al principio contabile approvato dal Comitato Esecutivo.

I principi contabili nazionali sono pubblicati dall’OIC nelle seguenti due serie:

la serie OIC con nuova numerazione di cui il primo è l’OIC 1 I principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio d’esercizio;

la precedente serie a cura dei Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri (attualmente in vigore dal n. 11 al n. 30) che hanno mantenuto la prece-dente numerazione anche nella versione modificata dall’OIC in relazione alla riforma del diritto societario, allo scopo di facilitarne l’uso da parte del lettore.

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II

INDICE

SCOPO E CONTENUTO ........................................................................................................ 1

IL PATRIMONIO NETTO NELLA LEGISLAZIONE CIVILISTICA .................................. 2 NORME CIVILISTICHE ......................................................................................................................... 2 IL PATRIMONIO NETTO NEL BILANCIO CONSOLIDATO ...................................................................... 6

IL PATRIMONIO NETTO: DEFINIZIONE E COMPOSIZIONE ........................................ 7 A) DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE ................................................................................................ 7 B) INDIVIDUAZIONE DELLA NATURA DELLE VOCI FACENTI PARTE DEL PATRIMONIO NETTO ........... 7 C) CLASSIFICAZIONE DELLE QUOTE IDEALI DEL PATRIMONIO NETTO .............................................. 9 D) CONTENUTO DELLE SINGOLE VOCI ............................................................................................... 9

LA FORMAZIONE E LE VARIAZIONI DELLE POSTE DEL PATRIMONIO NETTO .. 14 I.LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ: CONFERIMENTI IN DENARO E IN NATURA ............................. 14

1.Procedura di costituzione ........................................................................................................................ 14 2.Sottoscrizione del capitale ....................................................................................................................... 14 3.Versamento dei decimi vincolati e dell'eventuale soprapprezzo delle azioni (o quote) ........................... 14 4.Richiamo degli ulteriori decimi e versamento degli stessi ....................................................................... 15 5.Conferimento di valori, diversi dal denaro .............................................................................................. 15 6.Revisione della stima peritale dei beni e dei crediti conferiti .................................................................. 16

II.LE VARIAZIONI DEL CAPITALE SOCIALE ....................................................................................... 17 A)Gli aumenti .............................................................................................................................................. 17

1.Aumento reale ...................................................................................................................................... 17 1.1.Aumento mediante conferimenti: fasi e relativi effetti contabili ................................................... 17 1.2.Aumento mediante conversione di obbligazioni ........................................................................... 19

2.Passaggio di riserve a capitale .............................................................................................................. 19 B)Le riduzioni ............................................................................................................................................. 19

1.Riduzione per decisione volontaria dei soci ......................................................................................... 20 2.Riduzione per perdite ........................................................................................................................... 20 3.Riduzione per recesso del socio ........................................................................................................... 21 4.Riduzione per riscatto delle azioni ....................................................................................................... 23 5. Riduzione per esclusione del socio ..................................................................................................... 23 6.Riduzione per morosità ........................................................................................................................ 23 7.Riduzione per mancato rispetto delle norme che disciplinano l'acquisto di azioni proprie (art. 2357 c.c.) e della società controllante (artt. 2359-ter e 2359-quater c.c.) ........................................................ 24 8.Riduzione per revisione della perizia di stima ............................................................................................... 24

III.ALTRE VARIAZIONI DELLE POSTE DEL PATRIMONIO NETTO ....................................................... 25 A)La destinazione dell'utile d'esercizio ....................................................................................................... 25

1.Destinazione a specifiche riserve ......................................................................................................... 25 2.Destinazione a particolari classi di soggetti ......................................................................................... 25 3.Vincoli alla distribuzione ..................................................................................................................... 25 4.Corresponsione di acconti sui dividendi .............................................................................................. 26

B)La destinazione delle riserve ................................................................................................................... 26 1.Destinazione delle riserve alla copertura delle perdite ......................................................................... 26 2.Destinazione delle riserve all'aumento nominale del capitale .............................................................. 27 3.Destinazione delle riserve alla distribuzione tra i soci ......................................................................... 27

IV. ANALISI DEI MOVIMENTI NELLE VOCI DI PATRIMONIO NETTO .................................................. 28

LA NOTA INTEGRATIVA .................................................................................................. 32

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SCOPO E CONTENUTO

L’OIC – Organismo Italiano di Contabilità - ha curato la revisione del Principio contabi-le 28, emanato nel mese di ottobre 1999, a cura del Consiglio Nazionale dei Dottori Com-mercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri, per aggiornarlo alle nuove disposizioni legislative.

Con il decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, era stata data attuazione alle Direttive CEE n. 78/660 e n. 83/349 in materia societaria relative rispettivamente al bilancio d'eserci-zio e al bilancio consolidato. La disciplina di bilancio è stata ora modificata con il D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni, recante la riforma del Diritto So-cietario in attuazione alla legge Delega 3 ottobre 2001, n. 366.

Il Principio riedito riporta, dunque, le modifiche resesi necessarie per effetto delle novità legislative introdotte con il D. Lgs. n. 6/2003. Non sono stati curati altri aggiornamenti nor-mativi o di prassi contabile. Nella stesura del Principio si è provveduto al coordinamento del testo con le regole contabili indicate nel Principio OIC 1 e nell’Appendice di aggiornamento all’OIC 1.

Dal Principio contabile 28 dell’ottobre 1999 sono state eliminate, oltre la normativa fi-scale ormai superata, anche le parti che sintetizzavano il raffronto tra i principi in esso enun-ciati ed i principi contabili internazionali in vigore alla data suddetta; infatti, numerosi prin-cipi contabili internazionali sono stati oggetto di modifica. Al riguardo, l’OIC si fa parte atti-va nell’elaborazione di proposte di modifiche da apportare alla disciplina civilistica del bi-lancio, finalizzate anche al recepimento delle norme comunitarie in materia di armonizzazio-ne con i principi contabili internazionali e destinate alle imprese che non sono tenute alla ap-plicazione dei principi contabili internazionali. La finalizzazione di tali proposte e il loro e-ventuale recepimento da parte del legislatore nell’ordinamento civilistico nazionale richiede-rà un conseguente riesame del presente Principio contabile.

Il presente Principio ha lo scopo di definire il patrimonio netto ed i principi contabili re-lativi alla rilevazione, misurazione e rappresentazione in bilancio degli elementi di cui si compone. Esso si applica alle imprese industriali, mercantili e di servizi, con esclusione di quelle bancarie ed assicurative.

I principi contenuti in questo documento assumono come presupposto quanto formulato nei precedenti principi contabili, circa la rilevazione delle operazioni che fanno insorgere specifiche poste del patrimonio netto. Tra queste rientrano, ad esempio, l'acquisto di azioni proprie e la valutazione delle partecipazioni con il metodo del Patrimonio netto.

Questo documento esula dalla trattazione dei principi contabili inerenti gli apporti deri-vanti dall’emissione degli strumenti finanziari partecipativi introdotti con la recente riforma del diritto societario che sarà oggetto di un documento separato1.

Questo Principio non si occupa inoltre del trattamento contabile dei patrimoni destinati, delle stock options e delle altre forme di partecipazione agli utili di dipendenti, amministra-tori e altri percettori, nonché –data la loro particolarità - dei conferimenti nel capitale di una s.r.l. di prestazioni d’opera o di servizi, che saranno oggetto di un altro documento separato.

1 Sull’informativa da fornire in nota integrativa in tema di strumenti finanziari, si rinvia al Principio contabile 12.

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IL PATRIMONIO NETTO NELLA LEGISLAZIONE CIVILISTICA

NORME CIVILISTICHE

Le principali norme civilistiche relative alla rappresentazione in bilancio del patrimonio netto e delle sue parti ideali vengono qui di seguito brevemente richiamate.

Principi generali

Valgono per le voci del patrimonio netto i principi generali della chiarezza e della rap-presentazione veritiera e corretta previsti dall'art. 2423 c.c., nonché gli obblighi di informa-zioni complementari e di deroghe previsti dallo stesso articolo.

Classificazione

L'art. 2424 c.c. stabilisce che le voci del patrimonio netto vengano indicate nel passivo dello stato patrimoniale secondo il seguente schema:

A) Patrimonio netto:

I — Capitale.

II — Riserva da soprapprezzo delle azioni. III — Riserve di rivalutazione. IV — Riserva legale. V — Riserve statutarie. VI — Riserva per azioni proprie in portafoglio. VII — Altre riserve, distintamente indicate. VIII — Utili (perdite) portati a nuovo. IX — Utile (perdita) dell'esercizio. Totale

Nota integrativa

In base al disposto dell'art. 2427 c.c., le informazioni minime concernenti il patrimonio netto da fornire nella nota integrativa riguardano:

— l’indicazione in modo analitico delle voci di patrimonio netto, con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi (n. 7 bis);

— le variazioni intervenute nella consistenza delle singole voci, nonché le indicazioni sulla loro formazione e sul loro utilizzo (n. 4);

— il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società ed il nu-mero ed il valore nominale delle nuove azioni della società sottoscritte durante l'esercizio (n. 17);

— le azioni di godimento, con specificazione del loro numero e dei diritti che esse attri-buiscono (n. 18);

— il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società, con l’indicazione dei diritti patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali carat-teristiche delle operazioni relative (n. 19);

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— l’illustrazione del valore e della tipologia dei beni e dei rapporti giuridici compresi in ciascun patrimonio destinato, ivi inclusi quelli apportati da terzi, dei criteri adottati per l’imputazione degli elementi comuni di costo e di ricavo, nonché il corrispondente regime di responsabilità (n. 20);

— l’indicazione della destinazione dei proventi derivanti da uno specifico affare cui si è destinata parte del patrimonio di cui al terzo comma dell’art. 2447-decies c.c. e dei vincoli sui beni strumentali destinati alla sua realizzazione (n. 21).

Inoltre, la nota integrativa deve fornire, nel caso di responsabilità illimitata della società per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, l’indicazione dell’impegno da ciò derivante deve risultare in calce allo stato patrimoniale e formare oggetto di valutazione secondo criteri illustrati nella nota integrativa (art. 2447-septies, 4° comma).

Principali disposizioni civilistiche relative ai singoli elementi

1. Capitale

1.1. Il valore complessivo attribuito convenzionalmente ai conferimenti dei soci, o a quella quota dei conferimenti che viene destinata a capitale e così assoggettata alla relativa disciplina, costituisce il “capitale” (nominale). Esso esercita una funzione di garanzia dei creditori sociali circa i mezzi che risultano stabilmente vincolati alla società. Infatti, ai sensi dell'art. 2433 c.c., qualora vi sia una perdita del capitale sociale, non possono essere distri-buiti utili finché il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.

1.2. I conferimenti dei soci rappresentano uno degli elementi essenziali del contratto so-cietario (art. 2247 c.c.). La disciplina relativa ai beni e servizi conferibili ed alla loro valuta-zione è contenuta, per le società di persone, negli artt. da 2253 a 2255 c.c. e, per le società di capitali, negli artt. da 2342 a 2345, e da 2464 a 2466 c.c..

1.3. Il legislatore impone dei limiti quantitativi minimi all'ammontare del capitale delle società per azioni e di quelle a responsabilità limitata, stabiliti rispettivamente in 120.000 Euro (art. 2327 c.c.) e 10.000 Euro (art. 2463 c.c.), salvo che per le società costituite prima del 1° gennaio 2004 con un capitale sociale inferiore (100.000 Euro) le quali possono con-servare la forma della società per azioni per il tempo statutariamente stabilito per la loro du-rata anteriormente alla data del 1° gennaio 2004 (art. 223-ter del D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6).

1.4. Nelle società di capitali, il capitale sociale è diviso in parti che prendono il nome di azioni, se trattasi di società per azioni ed in accomandita per azioni, e di quote, se trattasi di società a responsabilità limitata.

Le azioni rappresentano parti uguali, astrattamente definite nell'atto costitutivo, del capi-tale sociale; sono indivisibili; attribuiscono ai loro possessori uguali diritti (artt. da 2346 a 2348 c.c.). Tuttavia, è possibile emettere categorie di azioni fornite di diritti diversi rispetto a quelli delle azioni ordinarie (artt. 2348, 2349 e 2350 c.c.). A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L’atto costitutivo può prevedere una diversa asse-gnazione delle azioni (art. 2346 c.c.).

Le quote sono parti del capitale di una società a responsabilità limitata determinate in funzione della loro appartenenza ad un soggetto. Il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale (art. 2464 c.c.).

1.5. Il capitale, in quanto elemento essenziale del contratto di società, ha un carattere formale: le sue modificazioni devono essere deliberate in sede di assemblea straordinaria.

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Il patrimonio netto nella legislazione civilistica

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2. Riserve

2.1. Dall'art. 2430 c.c. deriva l'obbligo di costituire la riserva legale mediante l'accanto-namento di una somma corrispondente almeno alla ventesima parte degli utili netti annuali, finché detta riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.

2.2. A norma dell'art. 2431 c.c., “Le somme percepite dalla società per l'emissione di a-zioni ad un prezzo superiore al loro valore nominale, ivi comprese quelle derivate dalla con-versione di obbligazioni, non possono essere distribuite fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il limite stabilito dall'art. 2430”.

2.3. L'art. 2423 c.c. prescrive l'obbligo di accantonare gli eventuali utili derivanti dalle deroghe, di cui al penultimo comma del medesimo articolo, in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.

2.4. Il n. 4 dell'art. 2426 c.c., con riferimento alla valutazione delle partecipazioni con il metodo del Patrimonio netto, prescrive l'accantonamento in una riserva non distribuibile del-le eventuali plusvalenze derivanti dall'applicazione del metodo stesso rispetto al valore indi-cato nel bilancio dell'esercizio precedente.

2.5. Il n. 8 bis dell’art. 2426 c.c., con riferimento alla contabilizzazione di utili netti su cambi derivanti dall’iscrizione delle attività e delle passività in valuta al cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio, ne prescrive l’accantonamento in una riserva non distribuibile fino al loro realizzo.

2.6. Ai sensi dell'art. 2357-ter (ultimo comma), vi è l'obbligo di costituire una riserva indisponibile di importo pari a quello delle azioni proprie iscritte all'attivo e di mantenerla finché le stesse azioni non vengano trasferite oppure annullate. Analoghe previsioni sono stabilite per le azioni della controllante possedute dalla controllata (art. 2359-bis c.c.).

2.7. Ai sensi dell’art. 2413 Cod. Civ. la società che ha emesso obbligazioni nel caso di riduzione obbligatoria del capitale sociale o di diminuzione delle riserve in conseguenza di perdite non può utilizzare le riserve esistenti per la distribuzione di utili sinchè l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione2.

Sempre ai sensi dello stesso articolo la società non può ridurre volontariamente il capita-le sociale o distribuire riserve se rispetto all’ammontare delle obbligazioni in circolazione non risulti più rispettato il limite di cui all’art. 2412 c.c..

3. Destinazione dell'utile di esercizio

3.1. Le partecipazioni agli utili dei promotori, dei soci fondatori e degli amministratori sono regolate:

dagli articoli 2340 e 2341 c.c., dove si stabilisce che l'atto costitutivo può riservare ai promotori ed ai soci fondatori una partecipazione agli utili, comunque non superiore com-plessivamente ad un decimo dell'utile netto risultante dal bilancio e per un periodo non ecce-dente i cinque anni dalla costituzione;

dall'art. 2389 c.c., in base al quale le eventuali partecipazioni agli utili degli ammini-stratori sono stabilite all'atto della nomina o dall'assemblea;

dall'art. 2432 c.c., che stabilisce che le quote di partecipazione da destinarsi ai promo-tori, ai soci fondatori ed agli amministratori vanno computate sugli utili netti risultanti dal bi-lancio, previa deduzione della quota da accantonarsi alla riserva legale.

2 Così modificato dal decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 37.

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3.2. La partecipazione agli utili eventualmente spettante ai dipendenti deve essere de-terminata, ai sensi dell'art. 2102 c.c., in base agli utili netti risultanti dal bilancio regolarmen-te approvato e pubblicato. L'art. 2349 consente l'assegnazione straordinaria di utili ai presta-tori di lavoro dipendente, attraverso l'attribuzione totalmente o parzialmente gratuita agli stessi di speciali categorie di azioni, previo aumento, di pari importo, del capitale sociale.

3.3. La distribuzione dell'utile ai soci è deliberata dall'assemblea, ai sensi dell'art. 2433 c.c. (comma 1). Lo stesso articolo (comma 3) vieta la ripartizione di utili ai soci nei casi in cui dal bilancio risulti una perdita del capitale sociale, a meno che quest'ultimo non sia rein-tegrato o ridotto in misura corrispondente.

3.4. Ai sensi dell'art. 2426, n. 5, c.c., qualora dal bilancio approvato risultino iscritti nell'attivo costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità, si può procedere alla distribuzione di dividendi solo se l'ammontare delle riserve disponibili, che residua dalla distribuzione, è almeno pari all'importo dei costi non ancora ammortizzati.

3.5. Ai sensi dell'art. 2350 c.c., ogni azione attribuisce il diritto ad una parte proporzio-nale degli utili netti, fatti salvi i diritti o le limitazioni stabilite con riferimento a speciali ca-tegorie di azioni. In particolare:

gli articoli 2346, 2348, 2349 e 2350 c.c. riconoscono la possibilità che lo statuto, o sue successive modificazioni, attribuisca privilegi nella ripartizione degli utili, a favore di spe-ciali categorie di azioni e di altri strumenti finanziari, diversi dalle azioni, forniti di diritti pa-trimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale, detenuti da soci o da terzi che apportino opera o servizi. Tali privilegi possono essere riconosciuti an-che alle azioni e agli strumenti finanziari emessi a favore dei prestatori di lavoro, di cui all'art. 2349 c.c.;

l’art. 2350, fuori dai casi in cui si costituiscano dei «patrimoni destinati ad uno speci-fico affare», stabilisce che i possessori delle azioni munite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività aziendale in un determinato settore, possano percepire dividendi nella misura in cui risulteranno utili dal bilancio della società;

l'art. 2353 c.c. stabilisce che le azioni di godimento possono essere remunerate solo dopo che sia stato riconosciuto alle altre categorie di azioni un dividendo almeno pari all'in-teresse legale.

3.6. L'art. 2433-bis c.c. riconosce che le società sottoposte all'obbligo di revisione del bilancio possano prevedere, per statuto, la corresponsione di acconti sui dividendi. Essa deve essere deliberata dagli amministratori, previa approvazione del bilancio dell'esercizio prece-dente, sempre che da questo non si evincano perdite relative all'esercizio o a esercizi prece-denti.

3.7. Nel caso di recesso del socio e mancato collocamento presso terzi delle sue azioni ai sensi della procedura di cui all’art. 2437-quater c.c., le azioni vengono rimborsate median-te acquisto da parte della società utilizzando riserve disponibili anche in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 2357 c.c.. In assenza di utili e riserve disponibili, oc-corre provvedere alla riduzione del capitale sociale ovvero allo scioglimento della società (art. 2437-quater c.c.). Analoga procedura è prevista per le s.r.l. (art. 2473 c.c.).

Per le società a responsabilità limitata, ai sensi dell’art. 2478-bis c.c., valgono le norme riportate sopra ai punti 3.3. e 3.4..

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IL PATRIMONIO NETTO NEL BILANCIO CONSOLIDATO 3

Il Patrimonio netto che viene esposto in un bilancio consolidato è strutturato come se-gue:

I — Capitale sociale II — Riserva da sovrapprezzo delle azioni (o quote) III — Riserve di rivalutazione IV — Riserva legale V — Riserve statutarie VI — Riserva per azioni o quote proprie VII — Altre riserve

Riserva di consolidamento Riserva da differenze di traduzione

VIII — Utili (perdite) portati a nuovo IX — Utile (perdita) d'esercizio del gruppo = Totale Patrimonio netto del gruppo X — Capitale e riserve di terzi XI — Utile (perdita) dell'esercizio di pertinenza di terzi = Totale Patrimonio netto di pertinenza di terzi = Totale Patrimonio netto consolidato

3 Si rinvia al Principio contabile 17 Il bilancio consolidato.

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IL PATRIMONIO NETTO: DEFINIZIONE E COMPOSIZIONE

Dopo aver considerato la normativa civilistica, l’evoluzione della tecnica in materia di bilanci e tenuto conto del Principio contabile 11 Bilancio d’esercizio – finalità e postulati, vengono enunciati i principi contabili indicati nei paragrafi successivi, ritenuti corretti ed atti a rilevare, misurare e rappresentare il patrimonio netto nel bilancio d'esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi, in un sistema contabile tradizionale a valori storici, nonché atti per l'interpretazione e l'integrazione tecnica delle norme di legge in materia.

A) DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE

Il patrimonio netto è la differenza tra le attività e le passività di bilancio. Sul piano contabile, tale definizione ha origine nell'esigenza di bilanciamento tra le se-

zioni “Attivo” e “Passivo” dello stato patrimoniale, secondo la nota identità Attività = Passi-vità + Patrimonio netto.

Nell'ottica finanziaria della struttura del capitale di bilancio, la suddetta identità esprime la necessaria uguaglianza tra gli “Impieghi” o “Investimenti” di mezzi monetari (Attività), osservati ad una certa data, e le “Fonti” di tali mezzi monetari, distinte in “Capitale di terzi” (Passività) e “Capitale proprio” (Patrimonio netto) alla medesima data.

Sotto questo profilo, il patrimonio netto rappresenta, in via fondamentale, l'entità mone-taria dei mezzi apportati solitamente dalla proprietà o autogenerati nell'impresa, indistinta-mente investita, insieme ai mezzi di terzi, nelle attività patrimoniali.

In altra accezione, il patrimonio netto esprime la misura dei diritti patrimoniali che può essere soddisfatta “in via residuale” attraverso le Attività, dopo che siano stati soddisfatti i diritti dei terzi creditori della società. In tale significato, il patrimonio netto è visto come ca-pitale di “pieno rischio”, la cui remunerazione ed il cui rimborso sono subordinati al priorita-rio soddisfacimento delle aspettative di remunerazione e di rimborso del capitale di credito.

Il patrimonio netto non è determinabile indipendentemente dalle attività e dalle passività. Ne consegue che non può parlarsi di valutazione del patrimonio netto. Oggetto di distinte

valutazioni, in sede di redazione del bilancio, sono i singoli elementi attivi e passivi che compongono il patrimonio.

Il patrimonio netto, quale valore differenziale, è unitario, anche se per finalità pratiche e giuridiche risulta suddiviso in quote “ideali”.

Va, altresì, posto in evidenza che il patrimonio netto si contrappone ad una parte indi-stinta delle attività. Pertanto, le norme di legge che stabiliscono relazioni tra acquisto di spe-cifici beni e quote del patrimonio netto (come l'art. 2359-bis, c.c.) vanno interpretate nel sen-so del divieto ad investire nell'acquisto dei beni in parola somme eccedenti l'importo delle ri-chiamate quote ideali del patrimonio netto.

B) INDIVIDUAZIONE DELLA NATURA DELLE VOCI FACENTI PARTE DEL PATRIMONIO NETTO

Il problema della chiara individuazione delle voci di bilancio facenti parte del patrimonio netto trova oggi soluzione alla luce dello schema di stato patrimoniale definito nell'art. 2424 c.c.. La rigida distinzione che tale articolo ha introdotto tra le poste costituenti parte del pa-trimonio netto (iscritte sotto la lettera A) e le diverse classi di passività (iscritte sotto le lette-re B, C, D ed E) impedisce l'utilizzo di poste dal significato non univoco che, in passato, tro-

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vavano collocazione incerta, in un'ambigua area di confine tra le passività ed il Patrimonio netto.

L'esigenza di una netta separazione tra passività e patrimonio netto, imposta dalla legge, richiede di utilizzare criteri univoci ed omogenei per stabilire se un determinato accadimento interessi le voci del patrimonio netto oppure le voci figuranti tra le varie classi di passività individuate dal legislatore.

Sul piano pratico, il problema si pone in primo luogo con riferimento alla classe “Fondi per rischi ed oneri”, di cui alle lettera B) del passivo, ed alla voce “Altre riserve”, di cui al punto VII, lettera A) della stessa sezione.

Considerata la natura “residuale” del patrimonio netto, la soluzione del problema richie-de di delimitare, preliminarmente, le situazioni che giustificano accantonamenti ai “Fondi per rischi ed oneri” o che, più in generale, danno luogo alla iscrizione in bilancio di una pas-sività. Detta soluzione va individuata sulla base del disposto dell'art. 2424-bis e del principio contabile 19Fondi per rischi ed oneri. Il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. I debiti per quanto in particolare concernente i “Fondi per rischi ed oneri”, cui si fa rinvio.

Nell'ambito della problematica relativa alla separazione tra le Passività ed il Patrimonio netto, particolare rilevanza assume l'analisi della natura dei versamenti che i soci decidono di effettuare, anche senza procedere a formali aumenti del capitale sociale.

I versamenti in questione, a seconda dei casi, possono assumere la natura di veri e propri conferimenti a titolo di dotazioni patrimoniali, oppure di finanziamenti a titolo di capitale di credito. In via generale, si possono individuare alcune tipologie di versamenti da parte dei soci:

1. Versamenti a titolo di finanziamento; 2. Versamenti a fondo perduto; 3. Versamenti in conto futuro aumento di capitale; 4. Versamenti in conto aumento di capitale.

1. I “Versamenti a titolo di finanziamento” sono quelli per i quali la società ha obbligo di restituzione. Si tratta di importi che devono trovare collocazione in bilancio tra le passivi-tà, alla lettera D), punto 3) “debiti verso soci per finanziamenti”. Al riguardo, non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né l'eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione: l'elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate.

Ne consegue che per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a capitale necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasformando così il fi-nanziamento in apporto. Ha così natura di riserva di capitale quella che viene ad essere costi-tuita con la rinuncia al credito vantato dai soci, sia per partecipare alla copertura della perdi-ta, sia per futuri aumenti di capitale.

2. I “Versamenti a fondo perduto” si hanno quando i soci, pur non volendo procedere ad un formale aumento di capitale, decidono di sopperire al fabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti. In tali casi, manca una specifica ed esplicita pattuizione da cui sca-turisca un obbligo di restituzione ai soci dei versamenti effettuati. Questi si configurano, per-tanto, come vere e proprie riserve di capitale, da collocare in bilancio all'interno del patrimo-nio netto, al punto VII “Altre riserve”, in voci denominate di solito “Versamenti in conto ca-pitale”, oppure “Versamenti a copertura perdite”, se il conferimento è effettuato per coprire perdite di esercizio.

3. I “Versamenti in conto futuro aumento di capitale” sono quelli effettuati in via anti-cipata in previsione di un futuro aumento di capitale. Si tratta, pertanto, di riserve di capitale aventi uno specifico vincolo di destinazione.

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4. I “Versamenti in conto aumento di capitale” si hanno in presenza di un aumento a pagamento del capitale sociale già deliberato, nelle more dell'iscrizione nel registro delle im-prese dell'attestazione degli amministratori dell'avvenuto aumento del capitale sociale (art. 2444 c.c.). Poiché l'aumento del capitale non può essere menzionato negli atti della società fino a quando non sia avvenuta la suddetta iscrizione, i versamenti già effettuati dai soci vengono rilevati in un conto transitorio acceso ad una riserva di capitale (“Versamenti in conto aumento di capitale” oppure “Azioni sottoscritte per aumento di capitale”), che verrà poi imputata al capitale sociale, una volta perfezionata l'intera operazione. Ovviamente, es-sendo i versamenti destinati ad uno scopo ben preciso, se la procedura di aumento non giun-ge a perfezionamento secondo i dettami di legge, i soci hanno diritto alla loro restituzione.

C) CLASSIFICAZIONE DELLE QUOTE IDEALI DEL PATRIMONIO NETTO

I criteri di classificazione delle poste “ideali” del patrimonio netto sono molteplici e ri-spondono a diverse finalità conoscitive. I due principali fanno riferimento, rispettivamente, all'origine ed alla destinazione delle poste.

Secondo il primo criterio, si distinguono “riserve di utili” e “riserve di capitale”. Le ri-serve di utili traggono origine dal “risparmio” di utili d'esercizio (come nel caso della riserva legale e della riserva statutaria). Esse sono generalmente costituite in sede di riparto dell'utile netto risultante dal bilancio d'esercizio approvato, mediante esplicita destinazione a riserva, o mediante semplice delibera di non distribuzione: “utili a nuovo”.

Le riserve di capitale sono costituite in sede di ulteriori apporti dei soci o di conversione di obbligazioni in azioni (riserva da soprapprezzo azioni o quote), di rivalutazione monetaria (riserva di rivalutazione monetaria), di donazioni da parte dei soci o di rinuncia di crediti da parte dei soci, di rilevazione di differenze di fusione.

Seguendo il criterio della destinazione, assume rilievo la differente disciplina che regola l'utilizzo, evidentemente sul piano contabile, delle poste del patrimonio netto. Divengono preminenti, in tal senso, il regime giuridico e le decisioni dell'organo assembleare che vinco-lano singole poste a specifici impieghi.

Sul piano pratico, la tassativa elencazione contenuta nell'art. 2424 c.c. risolve alla radice il problema della modalità espositiva delle voci del patrimonio netto.

Considerato, tuttavia, che l'elencazione imposta dal legislatore non è di per sé necessa-riamente sufficiente a soddisfare le finalità conoscitive di tutti i destinatari del bilancio, nella nota integrativa dovranno essere fornite le informazioni riguardo alle condizioni di libera di-stribuibilità e disponibilità di tali voci, nonché alla loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi4, in conformità con l’art 2427, n. 7-bis) del c.c..

D) CONTENUTO DELLE SINGOLE VOCI

Sulla base dello schema di stato patrimoniale previsto dall'art. 2424 c.c., si esaminano le voci del patrimonio netto contenute nella classe A) del passivo.

I - Capitale Questa voce accoglie il valore nominale dei conferimenti operati a tale titolo dai soci

nonché il valore delle riserve destinate a capitale sociale nel corso del tempo. 4 Si veda il capitolo “La formazione e le variazioni delle poste del patrimonio netto”, sezione IV “Analisi dei movimenti nelle voci di patrimonio netto”.

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Essa esprime il capitale sociale sottoscritto, anche se non ancora interamente versato cui si contrappone il valore dei versamenti ancora dovuti (con separata indicazione della parte già richiamata) viene iscritto nella sezione dell'attivo, nella classe A) “Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti”.

L'accensione del conto “Capitale” avviene all'atto della costituzione della società. Le successive variazioni in aumento o in diminuzione possono essere rilevate secondo i criteri indicati al capitolo II: “Le variazioni del capitale sociale”.

II - Riserva da soprapprezzo delle azioni (o quote) Questa riserva accoglie l'eccedenza del prezzo di emissione delle azioni o delle quote ri-

spetto al loro valore nominale. In tale riserva vanno ricomprese anche le differenze che emergono a seguito della con-

versione delle obbligazioni in azioni. La riserva da soprapprezzo delle azioni o delle quote non può essere distribuita ai soci,

fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale (art. 2431 c.c.). Essa può essere utilizzata per la copertura di perdite, per l'aumento gratuito del capitale so-ciale, nonché per l'aumento della riserva legale.

III - Riserve di rivalutazione Questa voce accoglie le riserve di rivalutazione previste da leggi speciali in materia.

IV - Riserva legale La costituzione della riserva legale è resa obbligatoria dall’art. 2430 c.c., che impone

l’accantonamento di almeno la ventesima parte degli utili netti annuali, sino a quando l'im-porto della riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. Nell’ambito di tale limi-te, la riserva legale è una riserva indisponibile. Essa può essere utilizzata (indipendentemente dall'entità raggiunta) solo per la copertura di perdite. In tal caso dovranno essere preventi-vamente utilizzate tutte le altre riserve disponibili ed indisponibili.

Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, l'importo della riserva legale scenda al di sotto del limite del quinto del capitale sociale occorre provvedere al suo reintegro col progressivo ac-cantonamento di almeno il ventesimo degli utili netti. Se è stato emesso un prestito obbliga-zionario ed il capitale è stato ridotto in conseguenza di perdite, la riserva legale deve essere reintegrata finché l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve dispo-nibili non sia pari alla metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione (art. 2413 c.c.).

V - Riserve statutarie Le riserve statutarie trovano il loro fondamento nelle disposizioni contenute nello statuto

della società. Le condizioni, i vincoli e le modalità di formazione e movimentazione delle ri-serve in esame sono disciplinate dallo statuto.

Lo statuto può prevedere la costituzione di diverse tipologie di riserve; in tal caso, dell'ammontare relativo a ciascuna deve essere data informazione nella nota integrativa, a seconda della specifica disciplina prevista dallo statuto.

VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio Questa riserva è costituita in occasione dell' acquisto di azioni proprie da parte della so-

cietà, con la funzione di salvaguardare l'integrità del capitale e, dunque, di evitare che l'ope-razione di acquisto di azioni proprie si traduca in una distribuzione della parte indisponibile del patrimonio netto. Essa può essere iscritta solo dopo che le azioni sono entrate nel patri-

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monio della società ed è destinata ad accogliere il valore delle azioni proprie iscritte all'attivo dello stato patrimoniale.

È indisponibile fino a che le stesse azioni non vengano trasferite o annullate (art. 2357-ter c.c.)5.

Se l'importo delle azioni proprie in portafoglio si riduce per qualsiasi motivo, la corri-spondente parte della suddetta riserva si rende libera e può, così, essere distribuita ai soci, oppure girata in aumento di una o più riserve disponibili.

VII - Altre riserve Le riserve di più comune utilizzo possono avere una destinazione generica o specifica.

Solitamente sono alimentate in sede di destinazione di utile netto risultante dal bilancio ap-provato. Esse sono:

— Riserva straordinaria o facoltativa. In assenza di specifica destinazione deliberata dall'assemblea ordinaria, la riserva straordinaria è di tipo generico ed il suo utilizzo è sotto-posto alle formalità richieste per il futuro atto di destinazione.

L'assemblea può discrezionalmente individuare una specifica destinazione per la riserva di cui trattasi, rimanendo ferma la possibilità che tale destinazione sia successivamente va-riata con deliberazione dell'assemblea ordinaria.

— Riserva per rinnovamento impianti e macchinari. Essa è costituita nella prospettiva della sostituzione degli impianti e macchinari attualmente in uso.

— Riserva per acquisto azioni proprie. Essa può essere costituita, nei casi nei quali l'as-semblea deliberi il futuro acquisto di azioni proprie, in misura corrispondente al corrispettivo massimo autorizzato per l'acquisto, ai sensi dell'art. 2357, comma 1, c.c.6.

Le altre riserve iscrivibili alla voce VII del patrimonio netto hanno origine e scopi distin-tamente indicati di seguito.

— Riserva da deroghe ex art. 2423 c.c. Si costituisce nei casi eccezionali in cui l'appli-cazione di una disposizione degli articoli del Codice Civile, riguardante le regole di redazio-ne del bilancio d'esercizio, sia incompatibile con il principio di rappresentazione veritiera e corretta. In tali casi, gli eventuali utili derivanti dall’applicazione della deroga, ai sensi dell'art. 2423, comma 4, c.c., devono essere iscritti in una riserva non distribuibile, se non in misura pari agli importi recuperati tramite l'ammortamento o il realizzo.

Nella nota integrativa si dovrà indicare sia il motivo della deroga ed i suoi effetti sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico, sia il divieto di distribuzione ai sensi dell'art. 2423, comma 3.

— Riserva azioni(quote) della società controllante. Accoglie l'importo delle azioni della società controllante possedute dalla controllata, ai sensi dell'art. 2359-bis c.c.. In nota inte-grativa va esplicitata l’indisponibilità di tale riserva.

— Riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni. Deriva dall'adozione del metodo del patrimonio netto nella valutazione delle partecipazioni7. L'iscrizione può av-venire soltanto nel bilancio successivo a quello in cui i rispettivi componenti positivi di red-dito hanno contribuito all'emersione di un utile e nella misura in cui detto utile si è manife-stato (art. 2426, n. 4, c.c.). Va precisato in nota integrativa che tale riserva non è distribuibi-le.

5 Si rinvia al Principio contabile 20 Titoli e partecipazioni. 6 Si rinvia al Principio contabile 20 Titoli e partecipazioni. 7 Per le modalità di istituzione e di utilizzazione di tale riserva si rinvia al Principio contabile 21 Il metodo del patrimonio netto.

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— Versamenti in conto aumento di capitale. È una riserva di capitale, con un preciso vincolo di destinazione, che accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio. In Nota integrativa va esplicitata l’indisponibilità di tale riserva.

— Versamenti in conto futuro aumento di capitale. È una riserva di capitale avente uno specifico vincolo di destinazione. Accoglie i versamenti effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale. In nota integrativa va esplicitato il vincolo di desti-nazione che contraddistingue la riserva.

— Versamenti in conto capitale o Versamenti a copertura perdite. Si tratta, a prescinde-re dalla differente denominazione, di riserve di capitale che accolgono il valore di nuovi con-ferimenti operati dai soci, pur in assenza dell'intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale. Nel caso dei versamenti a copertura perdite, il conferimento viene effettuato, di norma, dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione. In nota integrativa va esplicitata l’esistenza di una siffat-ta destinazione.

Non è consentita l’iscrizione dei versamenti effettuati dai soci durante l'esercizio a pre-scindere dalla loro destinazione, direttamente nel conto economico.

— Riserva da riduzione capitale sociale. Accoglie la differenza tra l'ammontare della riduzione operata nel capitale sociale e la perdita coperta, o la parte della riduzione del capi-tale non restituita ai soci (art. 2445 c.c.).

— Riserva avanzo di fusione. Com'è noto, l'avanzo di fusione può essere un avanzo “da concambio” o un avanzo “da annullamento”.

Al primo la dottrina attribuisce la natura di riserva di capitale. Il secondo può costituire sia una riserva di capitale sia una posta rettificativa del valore del patrimonio netto della so-cietà incorporata. Ciò dipende dall'origine dell'avanzo e dalla sua natura economica.

— Riserva contributi in conto capitale. È una riserva di capitale costituibile solo nel ca-so in cui il contributo in c/capitale sia effettivamente destinato ad integrare il patrimonio net-to e non concorra né direttamente né indirettamente alla formazione del reddito d'esercizio.

— Riserve da condono fiscale. Le leggi sul condono fiscale hanno previsto la possibilità di iscrivere nel Patrimonio netto riserve tassate costituite in esercizi precedenti8.

— Riserva da utili su cambi. L'art. 2426, punto 8 bis, richiede che, qualora dal processo di valutazione ai cambi della chiusura dell'esercizio delle poste in valuta emerga un utile net-to, tale valore deve essere accantonato in un'apposita riserva non distribuibile fino al realiz-zo. Tale riserva ha la funzione di non consentire la distribuzione ai soci (e quindi il depaupe-ramento del patrimonio societario) di un provento non ancora materialmente realizzato. In-fatti, in assenza di un contratto di copertura del rischio di cambio, la sua determinazione de-finitiva dipenderà dal tasso di cambio in vigore al momento dell'effettivo incasso o pagamen-to del credito o debito in valuta.

Pertanto è necessario che degli utili netti su cambi risultanti dal conto economico venga data indicazione, in nota integrativa, della componente valutativa non realizzata.

L'importo dell'eventuale utile netto derivante dall'adeguamento ai cambi di fine esercizio delle poste in valuta concorre alla formazione del risultato d'esercizio e, in sede di approva-zione del bilancio e conseguente destinazione del risultato (la destinazione a riserva legale è prioritaria), è iscritto, per la parte non assorbita dalla eventuale perdita d'esercizio, in una ri-

8 Sui problemi contabili posti dalla disciplina per le definizione agevolata dei rapporti tributari di cui alla Legge 27 dicembre 2002, n. 289 e sue successive modificazioni, si rinvia al documento interpretativo n. 1 dell’OIC, Profili contabili della recente disciplina per la definizione agevolata dei rapporti tributari: cd. condono fiscale.

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serva non distribuibile sino al momento del successivo realizzo. Tale riserva, tuttavia, può essere utilizzata, fin dall'esercizio della sua iscrizione a copertura di perdite di esercizi pre-cedenti.

Come detto circa la priorità di destinazione, qualora il risultato netto dell'esercizio sia una perdita o un utile di misura inferiore all'utile netto non realizzato sulle poste in valuta, l'importo che deve essere iscritto nella riserva non distribuibile è pari alla quota della suddet-ta componente non realizzata non assorbita dalla perdita conseguita dalla società.

VIII - Utili (perdite) portati a nuovo In questa voce vengono iscritti i risultati netti di esercizi precedenti, che non siano stati

distribuiti, accantonati ad altre riserve o le perdite non ripianate.

IX - Utile (perdita) dell'esercizio Questa voce accoglie il risultato netto del periodo, così come risulta dall'ultima voce del

conto economico. Se durante l'esercizio è stata in tutto o in parte ripianata la perdita del peri-odo, da un punto di vista formale si perde la citata coincidenza tra l'importo della voce di conto economico e quella inclusa nel patrimonio netto. In tali circostanze, per il principio della rappresentazione veritiera e corretta, è necessario fornire una esplicita ricostruzione delle variazioni intervenute, come segue.

In ossequio all'art. 2423-ter, comma 3, in ciascuno dei due casi è utile aggiungere una voce specifica; conseguentemente nel caso di copertura della perdita, nello stato patrimoniale si ha:

IX - Utile (perdita) dell'esercizio: Perdita dell'esercizio (10) Copertura parziale 4 Perdita residua (6)

b) Nel caso di acconti sui dividendi, nello stato patrimoniale si ha:

IX - Utile (perdita) dell'esercizio: Utile dell'esercizio 10 Acconti su dividendi (4) Utile residuo 6

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LA FORMAZIONE E LE VARIAZIONI DELLE POSTE DEL PATRIMONIO NETTO

I. LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ: CONFERIMENTI IN DENARO E IN NATURA

1. Procedura di costituzione

Se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro. Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato almeno il venticinque per

cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare.

Nelle società a responsabilità limitata il versamento può essere sostituito, per un importo almeno corrispondente, da una polizza di assicurazione o da una fideiussione bancaria9; in tal caso il socio ha la facoltà in ogni momento di sostituire la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in denaro.

Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni (artt. 2342 e 2464 c.c.).

I momenti che assumono rilevanza ai fini della rilevazione contabile possono essere così schematizzati:

a) sottoscrizione del capitale; b) versamento dei decimi vincolati e dell'eventuale sovrapprezzo delle azioni (o quo-

te); c) richiamo e successivo versamento degli ulteriori decimi, per quanto concerne i

conferimenti in denaro; d) conferimento di valori diversi dal denaro; e) revisione della valutazione peritale dei beni e dei crediti conferiti.

2. Sottoscrizione del capitale

Con la sottoscrizione dell'intero capitale da parte degli azionisti, al credito verso i soci corrisponde la variazione in aumento del “Capitale sociale”, che sarà accolta nel conto allo stesso intestato, e la eventuale costituzione della “Riserva sovrapprezzo azioni (o quote)”10.

Per la specifica previsione del n° 7 dell'art. 2427 c.c. si rinvia alla sezione del presente documento relativa alla nota integrativa.

3. Versamento dei decimi vincolati e dell'eventuale soprapprezzo delle azioni (o quote)

Il versamento obbligatorio di almeno il venticinque per cento dei conferimenti in denaro e dell'eventuale soprapprezzo, per l'intero importo, determina una pari riduzione del credito verso gli azionisti per le azioni (o quote) sottoscritte.

9 Aventi le caratteristiche determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. 10 Il legislatore ha stabilito che la sottoscrizione delle azioni non può essere effettuata ad un valore complessi-vamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale (art. 2346 c.c.). Tuttavia, è possibile che gli am-ministratori fissino un prezzo di sottoscrizione complessivamente superiore all’ammontare globale del capitale sociale.

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4. Richiamo degli ulteriori decimi e versamento degli stessi

Il richiamo dei decimi comporta la rilevazione nel conto “Crediti v/soci per decimi ri-chiamati” e successivamente l'estinzione del credito con l'avvenuto versamento dei decimi richiamati.

Qualora, al termine del periodo amministrativo, non siano stati ancora richiamati (o ri-chiamati in parte) i rimanenti decimi, nello stato patrimoniale bisognerà esporre l'intero valo-re del capitale sottoscritto; per la parte non versata risulterà iscritto il credito verso soci (per versamenti ancora dovuti), appostato all'attivo nella classe A.

5. Conferimento di valori, diversi dal denaro

Nell'ipotesi di conferimento di beni o di crediti11, si osservano le disposizioni degli arti-coli 2254 e 2255 c.c.. I soci provvedono alla integrale liberazione delle quote di capitale sot-toscritte, trasferendo alla società, contestualmente alla sottoscrizione, i diritti sui beni o i cre-diti conferiti (art. 2342, comma 3 c.c.).

La relazione giurata del perito designato dal presidente del tribunale, presentata dal socio che apporta i beni in natura e i crediti, ha funzione di garanzia sulla congruità del valore ad essi assegnato ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo corrisposto.

L'avvenuto trasferimento alla costituenda società dei diritti sui beni conferiti richiede la contabilizzazione del valore dei beni medesimi in contropartita dell'estinzione del credito verso il conferente sottoscrittore.

In caso di apporto di un complesso aziendale, la valutazione del conferimento dovrà te-ner conto delle strette relazioni di complementarietà e di interdipendenza esistenti tra gli e-lementi patrimoniali, evidenziando l'eventuale avviamento positivo o negativo.

Non possono formare oggetto di conferimento al capitale delle società per azioni, le pre-stazioni di opere o di servizi (art. 2342 c.c.), tuttavia il sesto comma dell’art. 2346 c.c. pre-vede che la società possa, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emettere strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti ammini-strativi, escluso il voto nell’assemblea generale12.

Nelle società a responsabilità limitata, il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di opere o servizi13, a condizione che gli obblighi assunti dal socio stesso siano assistiti da polizza di assicurazione o da fideiussione bancaria che tuteli la società dall’inadempimento, per l’intero valore ad essi assegnato. L’avvenuta prestazione della ga-ranzia a favore della società richiede la contabilizzazione del valore garantito in un conto de-nominato “Crediti garantiti verso il socio in c/sottoscrizione Capitale Sociale” in controparti-ta dell'estinzione del credito verso il conferente sottoscrittore. Se prevista dall’atto costituti-vo, resta ferma anche qui la possibilità per il socio di operare, in sostituzione della polizza o della fideiussione, il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in danaro.

11 È da ritenersi ammissibile anche il conferimento di diritti — reali o personali — di godimento. 12 Si ricorda che l’art. 7 della Direttiva comunitaria 77/91/CEE prevede che: “Il capitale sottoscritto può essere costituito unicamente da elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica. Tali elementi dell’attivo possono tuttavia essere costituiti da impegni di esecuzione di lavori o di prestazione di servizi”. 13 L’art. 2464 c.c. sancisce che possono “essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica”.

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La formazione e le variazioni delle poste del patrimonio netto

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6. Revisione della stima peritale dei beni e dei crediti conferiti

Gli amministratori devono, entro 180 giorni dalla iscrizione della società controllare le valutazioni fornite dal perito14 ed eventualmente, se sussistono fondati motivi, rettificarle. Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai conferi-menti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società.

Quest’obbligo riguarda le società per azioni, mentre non è previsto per le società a re-sponsabilità limitata (art. 2465 c.c.).

Sotto il profilo contabile, i problemi emergenti vanno risolti combinando le disposizioni degli artt. 2342 e 2343 Cod. Civ., per le società per azioni, e degli artt. 2464 e 2465 c.c. per le società a responsabilità limitata. L’art. 2465, secondo comma, prevede che quanto dispo-sto riguardo alla relazione giurata di un esperto o di una società di revisione, si applichi in caso di acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del ca-pitale sociale, di beni o di crediti dei soci fondatori, dei soci e degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese.

Se il valore dei beni apportati, in sede di revisione della stima, risulta maggiore di quello attribuito dal perito, non si ritiene esistano le condizioni per una rettifica incrementativa del valore del bene conferito, con conseguente costituzione di una riserva di rivalutazione.

Le norme impongono un adeguamento proporzionale del capitale al valore dei conferi-menti, accertato dagli amministratori, se quest'ultimo risulta inferiore, di oltre un quinto, a quello peritale (art. 2343 Cod. Civ.).

Di fatto, si possono ipotizzare le seguenti situazioni: a) riduzione proporzionale del capitale sociale, con annullamento delle azioni che risul-

tano scoperte; b) recesso del socio, con rimborso in denaro del valore del conferimento risultante dalla

revisione della stima, se il bene o il credito non può essere restituito; c) recesso del socio, con restituzione del bene o credito conferito; d) integrazione in denaro da parte del socio della differenza rimasta scoperta. Nel caso sub a), la società deve rettificare il valore dei beni o crediti conferiti e ridurre il

capitale sociale sottoscritto. L'importo corrispondente alla differenza tra il valore originariamente iscritto in contabi-

lità e quello determinato dagli organi sociali è iscritto in un conto denominato “Minusvalen-za da apporto di beni in natura”, da contrapporre all'accreditamento del conto acceso al bene apportato.

Tale “Minusvalenza da apporto” risulterà iscritta in apposita voce — ex art. 2423-ter, comma 3 — a rettifica del patrimonio netto.

Essa consente di evidenziare immediatamente, in contabilità, il minor valore del Patri-monio netto, senza movimentare il conto “Capitale sociale” fino a che siano note le decisioni del socio conferente i beni in natura.

Se le azioni sono state emesse alla pari, la soluzione sub a) implica la riduzione del capi-tale sociale di un importo pari alla differenza tra il loro valore nominale e il valore assegnato al conferimento in sede di revisione della stima, a fronte dello storno della minusvalenza da apporto; una corrispondente porzione delle azioni emesse vengono annullate.

In caso di recesso del socio, si incorrerà in un’altra delle ipotesi di riduzione del capitale sociale, e qualora le azioni fossero state emesse alla pari comporta la riduzione del capitale 14 Nelle società per azioni la nomina dell’esperto è di competenza del presidente del tribunale, senza che siano previsti rigidi requisiti soggettivi; il contrario accade invece per le società a responsabilità limitata, dove l’esperto deve necessariamente essere iscritto nell’albo dei revisori contabili o deve trattarsi di società di revi-sione.

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sociale per l'intero valore nominale delle azioni emesse a fronte del conferimento; in contro-partita va stornata la minusvalenza da apporto e per la parte eccedente sorge un debito nei confronti del socio.

Lo stesso dicasi per la soluzione sub c), in questo caso anziché sorgere un debito nei confronti del socio, viene stornato per intero il conto acceso al bene conferito.

Nell'ipotesi, invece, in cui l'emissione delle azioni sia avvenuta sopra la pari, si tratta di ridurre sia il capitale sociale sia il soprapprezzo in proporzione della diminuzione di valore subita dal bene conferito, rispetto al valore iniziale di emissione.

Alla data di chiusura dell'esercizio può verificarsi che la revisione da parte degli ammi-nistratori non sia stata ancora effettuata e che la stessa possa essere definita entro il termine per la redazione del bilancio oppure oltre tale termine.

Nel primo caso, nel bilancio di esercizio devono essere riflessi gli effetti della revisione di valore, nel secondo, nell'ambito dei contenuti della nota integrativa occorre indicare che è in corso la revisione della stima.

Può, altresì, verificarsi che la revisione della stima sia stata effettuata e che il socio con-ferente, entro il termine di redazione del bilancio, non abbia ancora operato la scelta. In tal caso, si dovrà fornire notizia nella relazione sulla gestione tra i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio, oltre che in nota integrativa a commento della revisione della stima peritale.

II. LE VARIAZIONI DEL CAPITALE SOCIALE

A) Gli aumenti

Le variazioni in aumento del capitale sociale possono essere reali, nominali e miste.

1. Aumento reale

L'aumento reale comporta la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione, da parte dei soci o di terzi ed implica l'obbligo ad effettuare nuovi conferimenti in denaro, in natura, in crediti o mediante il consolidamento di debiti.

1.1. Aumento mediante conferimenti: fasi e relativi effetti contabili La sottoscrizione dell'aumento di capitale può intervenire contestualmente all'assunzione

della relativa delibera, oppure entro il termine stabilito dalla delibera medesima. Il divieto ex art. 2444, comma 2, c.c., di menzionare negli atti della società l'aumento del

capitale sociale, fino a quando l'attestazione dell'eseguito aumento non sia iscritta nel regi-stro delle imprese, fa nascere, sotto il profilo contabile, la necessità di utilizzare un conto di-verso dal “Capitale sociale”, al fine di accogliere gli importi di capitale sottoscritti dai soci. Qualora, al momento della chiusura dell'esercizio, sia ancora in corso il termine per la sotto-scrizione del capitale, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, gli importi sottoscritti do-vranno essere accreditati al conto “Versamenti in conto aumento del capitale sociale”, che costituisce una riserva di capitale con un preciso vincolo di destinazione. Infatti, successiva-mente alla iscrizione nel registro delle imprese dell'attestazione di cui all'art. 2444 c.c., da parte degli amministratori, si provvederà a girare tale riserva al conto “Capitale sociale”.

Invece, in ipotesi di aumento di capitale inscindibile, gli importi sottoscritti dovranno es-sere accreditati ad un conto di debito verso i sottoscrittori denominato “Azioni (o quote) sot-toscritte per aumento di capitale”, in quanto, se l'importo complessivamente sottoscritto ri-

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sulterà inferiore a quello deliberato dall'assemblea, i conferimenti dovranno essere restituiti ai sottoscrittori.

Nel caso dei conferimenti in denaro, contestualmente alla sottoscrizione, deve rilevarsi il versamento di almeno il 25% della parte di capitale sottoscritta, più l'intero soprapprezzo nel caso in cui esso sia stato fissato (artt. 2439, comma 1, e 2481-bis, comma 4, c.c.).

Nel caso dei conferimenti in natura e di crediti, le azioni sottoscritte devono essere inte-ramente liberate contestualmente alla sottoscrizione.

Quando l'aumento di capitale è attuato in corso di esercizio, se si tratta di un'emissione alla pari, il prezzo di emissione può comprendere (oltre al valore della parte di aumento di capitale sottoscritta) a titolo di rimborso, le spese relative all'aumento stesso e un importo a titolo di conguaglio degli utili in corso, allo scopo di realizzare, in sede di riparto degli utili, parità di trattamento delle azioni o quote in circolazione. L'importo dell'eventuale rimborso spese dovrà essere portato a riduzione dei relativi costi.

Il rateo di dividendo da versare, a titolo di quota integrativa dell'utile in corso di forma-zione, confluisce nella “Riserva da conguaglio utili in corso”, iscritta tra le “Altre riserve” del patrimonio netto.

Le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offer-te in opzione agli azionisti in proporzione al numero delle azioni da essi possedute (art. 2441 c.c.), salvo le ipotesi di esclusione o limitazione del diritto di opzione previste dalla legge. Analoghe disposizioni sono previste per le quote di nuova emissione da parte di società a re-sponsabilità limitata (art. 2481-bis c.c.)15.

Nel caso in cui gli azionisti non esercitino il diritto di opzione o non lo cedano ad altri soggetti, l'art. 2441, comma 3, stabilisce che, se le azioni non sono quotate in mercati rego-lamentati, i soci che hanno esercitato il diritto di opzione hanno diritto di prelazione nell'ac-quisto; se invece le azioni sono quotate in mercati regolamentati, i diritti di opzione non e-sercitati devono essere offerti sul mercato per almeno cinque riunioni, entro il mese succes-sivo alla scadenza del termine stabilito a norma del 2° comma. Nelle società a responsabilità limitata, la possibilità di offrire le partecipazioni inoptate ad altri soci o a terzi presuppone una specifica deliberazione, che ne disciplini le modalità, in assenza di una specifica previ-sione dell’atto costitutivo.

Se i diritti di opzione sono venduti, trattandosi di operazione sul capitale, il ricavato in-crementa la “Riserva soprapprezzo azioni (o quote)” al netto dell'eventuale effetto fiscale.

Qualora la vendita dei diritti di opzione non si realizzi, si configura l'ipotesi in cui le a-zioni o quote di nuova emissione non sono tutte sottoscritte entro il termine previsto dalla deliberazione. Se da questa espressamente previsto, l'aumento si avrà esclusivamente per l'importo corrispondente alle sottoscrizioni raccolte. In caso contrario l'aumento non potrà considerarsi eseguito neanche per le sottoscrizioni ottenute (artt. 2439, comma 2, e 2481-bis, comma 3, c.c.) e la società dovrà restituire ai sottoscrittori i conferimenti già eseguiti.

Contabilmente si rileverà l'insorgenza di un debito nei confronti dei sottoscrittori, lo storno dei valori precedentemente accreditati nel conto “Azioni (o quote) sottoscritte per aumento di capitale sociale” (ed, eventualmente, nei conti “Riserva da soprapprezzo azioni (o quote)” e “Riserva conguaglio utili in corso”) ed il ripristino dei Costi d'impianto e d'am-pliamento.

15 Art 2481-bis, 2° comma: “La decisione di aumento di capitale prevede l’eventuale sopraprezzo e le modalità ed i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere infe-riori a trenta giorni dal momento in cui viene comunicato ai soci che l’aumento di capitale può essere sottoscrit-to. La decisione può anche consentire, disciplinandone le modalità, che la parte dell’aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta dagli altri soci o da terzi”.

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1.2. Aumento mediante conversione di obbligazioni La contabilizzazione di un prestito obbligazionario convertibile è trattata nel principio

contabile 19 I fondi per rischi ed oneri. Il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. I debiti.

L'aumento del capitale sociale viene deliberato contestualmente all'emissione del prestito obbligazionario convertibile.

Alla scadenza del diritto di opzione per la conversione delle obbligazioni in azioni, gli amministratori danno parziale attuazione all'aumento di capitale, con diminuzione del valore nominale del prestito obbligazionario, per la parte per la quale è stato esercitato il diritto di opzione, ed un corrispondente aumento del capitale sociale.

Se il valore delle obbligazioni convertite è superiore a quello delle azioni emesse, l'ecce-denza va accreditata alla riserva soprapprezzo azioni.

2. Passaggio di riserve a capitale

L'aumento nominale del capitale viene attuato mediante l'attribuzione al capitale sociale di altre poste ideali del patrimonio netto.

Le parti ideali del patrimonio netto che possono essere trasferite ad incremento del capi-tale sociale sono rappresentate dalle riserve “disponibili”, nell'ampio significato di cui agli artt. 2442 e 2481-ter c.c. Si rinvia, sul punto alla sezione III B di questo documento.

L’aumento del capitale può attuarsi in forma mista, parte con assegnazione gratuita e parte a pagamento.

A seguito della delibera di aumento si rileva, per la parte gratuita, l'incremento del capi-tale sociale e la diminuzione di una o più poste ideali del patrimonio netto. Per la parte a pa-gamento, l'iscrizione dell'aumento è subordinata alla conclusione della procedura, secondo quanto illustrato in precedenza.

B) Le riduzioni

Alle riduzioni del capitale sociale si applicano gli articoli 2365, 2436, 2480 c.c.. I casi di riduzione espressamente previsti dalla normativa sono i seguenti: riduzione per decisione volontaria dei soci (artt. 2445 e 2482 c.c.); riduzione per perdite (artt. 2446, 2447, 2482-bis e ter c.c.); riduzione per recesso del socio (artt. 2437 e 2473 c.c.); riduzione per riscatto delle azioni (art. 2437-sexies c.c.); riduzione per esclusione del socio (art. 2473-bis c.c.); riduzione per morosità (artt. 2344 e 2466 c.c.); riduzione per mancato rispetto delle norme in tema di acquisto di azioni proprie (art.

2357, comma 4, c.c.) o per possesso di azioni da parte di società controllate in misura ecce-dente i limiti di legge (artt. 2359-ter e quater c.c.);

riduzione per revisione della perizia di stima dei conferimenti in natura (art. 2343, comma 4, c.c.).

Nella fattispecie della riduzione volontaria rientra anche la riduzione “facoltativa” per perdite, se esse risultino di ammontare tale da non ricadere nella fattispecie di riduzione “ob-bligatoria” (artt. 2446, 2447, 2482-bis e ter c.c.)16.

16 L'argomento è dibattuto in dottrina ed in giurisprudenza, soprattutto in relazione alla disciplina cui assogget-tare questo caso “atipico” di riduzione del capitale per perdite: la soluzione che, come si avrà modo di illustrare in seguito, appare preferibile è quella che suggerisce l'applicazione della normativa prevista nel caso di riduzio-

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1. Riduzione per decisione volontaria dei soci

Gli artt. 2445 e 2480 c.c. consentono la riduzione del capitale sociale, sia mediante libe-razione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci.

Si tratta di una fattispecie di riduzione reale del capitale facoltativa, perché lasciata alla discrezionalità dei soci, nei limiti imposti dalla normativa17.

La proposta di riduzione del capitale sociale deve essere motivata e deve prevedere le modalità tecniche di attuazione18.

La rilevazione contabile della riduzione del capitale sociale avviene alla fine del previsto iter procedurale. Qualora intervenga la chiusura dell'esercizio prima che tale iter sia comple-tato, il capitale sociale deve essere esposto in bilancio al valore originario, ed una dettagliata informazione circa i motivi e le modalità della riduzione deve essere fornita nella nota inte-grativa.

Concretamente, la riduzione del capitale può avvenire attraverso una delle seguenti mo-dalità:

1) liberazione dei soci dall'obbligo dei conferimenti ancora dovuti; 2) rimborso del capitale ai soci; 3) acquisto e successivo annullamento di azioni proprie. La contabilizzazione, è ovvio, è confacente alle modalità di cui innanzi. Per la riduzione del capitale attraverso l'acquisto e l'annullamento delle azioni proprie,

contemplata dall'art. 2357-bis c.c.19, si rinvia a quanto già esposto nel Principio contabile 20 Titoli e partecipazioni.

2. Riduzione per perdite

La riduzione del capitale sociale per perdite è obbligatoria o facoltativa. Si ha riduzione obbligatoria quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conse-

guenza di perdite e tale situazione perdura anche nell'esercizio successivo (artt. 2446 e 2482-

ne obbligatoria per perdite. Di conseguenza, l'esame delle fattispecie sopra richiamate esaurisce, di fatto, il campo delle possibilità. 17 Tali limiti sono i seguenti:

a) il minimo legale del capitale sociale di una S.p.a. (120.000 Euro) o di una S.r.l. (10.000 Euro), a meno che non venga decisa la contestuale trasformazione in un altro tipo di società;

b) nel caso in cui la società abbia emesso un prestito obbligazionario, non può ridurre volontariamente il capi-tale sociale o distribuire riserve se rispetto all’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione non risulta più rispettato il limite stabilito dall’art. 2412 primo comma, pari al doppio del capitale sociale, della riserva le-gale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato (art. 2413 c.c.); se la riduzione del capi-tale sociale è obbligatoria, o le riserve diminuiscono in conseguenza di perdite, non possono distribuirsi utili finché l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non eguagli la metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione;

c) se la società possiede azioni proprie, occorre che a seguito della riduzione volontaria queste non eccedano la decima parte del capitale sociale;

d) nel caso in cui siano state emesse obbligazioni convertibili, non è consentito deliberare la riduzione volon-taria del capitale, salvo che agli obbligazionisti sia stata data la possibilità di esercitare anticipatamente il diritto di conversione. 18 La norma non ne richiede la redazione e presentazione all’assemblea, né di una relazione degli amministrato-ri. 19 L’art. 2357-bis prevede che le limitazioni contenute nell’art. 2357 non si applicano quando l’acquisto di a-zioni proprie avvenga in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni.

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bis c.c.), oppure quando, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disot-to del minimo legale (artt. 2447 e 2482-ter c.c.).

Si ha riduzione facoltativa quando le perdite risultano inferiori al terzo del capitale socia-le.

Su questo argomento, si rinvia agli approfondimenti contenuti nel Principio contabile 30 Bilanci intermedi.

Contabilmente, occorre distinguere tra le seguenti scelte che l’assemblea può essere chiamata a prendere, sulla base delle informazioni che gli amministratori o il consiglio di ge-stione sono tenuti a fornire in base alla legge:

a) immediata riduzione del capitale sociale; b) riporto a nuovo della perdita20; c) copertura della perdita.

Nel caso a), la delibera di riduzione del capitale sociale per perdite è immediatamente ef-ficace. Ne consegue che, ai fini contabili (e così anche negli atti sociali), occorre procedere subito alla rettifica dell'importo del “Capitale sociale”.

Nel caso sub b), in cui l'assemblea delibera il riporto a nuovo della perdita, alla fine dell'esercizio successivo, se la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve obbliga-toriamente deliberare la riduzione del capitale sociale in proporzione delle perdite accertate oppure, in mancanza di una delibera in tale senso, gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere che la riduzione venga disposta dal tribunale.

Nel caso in cui le azioni o quote emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previ-ste per l’assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente paragrafo sia deliberata dal consiglio di amministrazione.

Se in base al disposto degli articoli 2446 e 2482-bis c.c., è stata redatta la situazione pa-trimoniale infrannuale e sono stati adottati i provvedimenti relativi, nel bilancio di fine eser-cizio occorre darne un'adeguata rappresentazione contabile integrata dalla opportuna infor-mativa.

Nel caso c), la perdita può essere coperta da versamenti in conto capitale effettuati in precedenza, o con versamento, a fondo perduto, di somme tali da ripianare la perdita, o con la rinunzia, sempre da parte di uno o più soci, a crediti vantati nei confronti della società. Nel primo caso, non si realizza (secondo l'opinione prevalente in giurisprudenza e in dottrina) la fattispecie alla quale l'art. 2446 c.c. ricollega l'obbligo di convocare l'assemblea e di sotto-porle la relazione sulla Situazione patrimoniale; lo stesso può accadere anche negli altri due casi, se il versamento a fondo perduto o la rinuncia al credito avvengono prima che gli am-ministratori o il consiglio di gestione abbiano convocato l'assemblea.

3. Riduzione per recesso del socio

Il socio può recedere dalla società, ottenendo il rimborso delle proprie azioni, quando non abbia concorso alle delibere riguardanti: a) il cambiamento dell'oggetto sociale, che con-sente un cambiamento significativo dell’attività della società; b) la trasformazione della so-cietà; c) il trasferimento della sede sociale all’estero; d) la revoca dello stato di liquidazione; e) l’eliminazione di una o più cause di recesso previste dal secondo comma dell’art. 2437 c.c. ovvero dallo statuto; f) la modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in

20 L'assemblea potrebbe anche deliberare la trasformazione della società, oppure il suo scioglimento, ma ai fini del presente documento tali provvedimenti non sono presi in considerazione.

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caso di recesso; o g) le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipa-zione.

Ha altresì il diritto di recedere il socio che, salvo indicazione contraria disposta dallo sta-tuto, non ha concorso all’approvazione delle delibere riguardanti la proroga del termine o l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari, ottenendo il rim-borso delle proprie azioni (art. 2437-ter c.c.).

Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio può pre-vedere ulteriori cause di recesso(art. 2437, quarto comma c.c.).

L’art. 2437-quinquies prevede poi che se le azioni sono quotate in mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione.

La procedura di riduzione del capitale per recesso del socio prende avvio dalla comuni-cazione della dichiarazione di recesso21. Gli amministratori devono offrire in opzione le a-zioni del socio recedente agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute, nel rispetto delle indicazioni previste dall’art. 2437-quater. Per le azioni rimaste inoptate la so-cietà può scegliere tra:

a) il collocamento presso terzi; b) l'acquisto delle azioni proprie dal socio che recede, anche in deroga al 3° comma

dell’art. 2357 c.c. in base al quale il valore nominale delle azioni proprie acquistate non può eccedere la decima parte del capitale sociale, tenendo conto anche delle azioni possedute da società controllate;

c) la riduzione del capitale per importo corrispondente alla quota posseduta dal socio uscente. In caso di rimborso superiore al valore nominale la differenza deve gravare sugli u-tili e sulle riserve disponibili,22 o in mancanza, deve essere convocata l’assemblea straordina-ria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società.

Nel caso sub c), l'assemblea straordinaria che delibera la riduzione del capitale sociale deve, pertanto, stabilire le modalità in base all’art. 2437-quater c.c., e l'entità del rimborso della quota di capitale posseduta dal socio receduto23, nel rispetto dell'art. 2437- ter c.c.

Nella società a responsabilità limitata, il diritto di recesso compete al socio che non ha consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società o alla sua fusione o scissione o alla revoca dello stato di liquidazione al trasferimento della sede all’estero e alla eliminazio-ne di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo o al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’art. 2468, quarto comma (art. 2473 c.c.).

Il relativo rimborso può avvenire o mediante acquisto da parte degli altri soci, propor-zionalmente alle loro partecipazioni o da parte di un terzo concordemente individuato. Ove ciò non avvenga il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili o in mancanza me-diante riduzione del capitale sociale nel rispetto delle disposizioni dell’art. 2482 c.c. al quale rimanda l’art. 2473, quarto comma c.c., e qualora non risulti possibile il rimborso, la società viene posta in liquidazione (art. 2473 c.c.). 21 Essa deve avvenire non oltre quindici giorni dalla data di iscrizione della deliberazione nel registro delle im-prese. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio (art. 2437-bis c.c.). 22 Se le riserve sono insufficienti la differenza grava sul conto economico. Nell'ipotesi in cui il corrispettivo del recesso sia inferiore al valore nominale la differenza verrà accreditata alle perdite a nuovo o a riserva. 23 La dottrina giuridica prevalente sostiene che, qualora l'assemblea si rifiuti od ometta di deliberare la riduzio-ne (obbligatoria) del capitale sociale, gli amministratori o i sindaci devono chiedere al tribunale il decreto di ri-duzione del capitale, secondo il procedimento previsto dal secondo comma dell'art. 2446 c.c..

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Dal punto di vista contabile, a seguito della delibera di riduzione del capitale sociale o delle riserve, per una qualunque delle cause sopra elencate, sorge un debito nei confronti del socio receduto (Soci c/ rimborsi oppure Soci c/recessi) per un importo pari al valore assegna-to alla partecipazione posseduta.

4. Riduzione per riscatto delle azioni

Nelle società per azioni, lo statuto può prevedere l’emissione di categorie di azioni per le quali sia previsto un potere di riscatto da parte della società o dei soci, al verificarsi di de-terminati eventi. Per esse, la norma prevede che il valore di riscatto sia determinato secondo le modalità previste per i casi di recesso, ovvero secondo i criteri di determinazione del valo-re e il procedimento di liquidazione di cui agli articoli 2437-ter e quater c.c.. Dal punto di vista contabile, si rinvia pertanto alle considerazioni riportate a proposito del recesso.

5. Riduzione per esclusione del socio

Nelle società a responsabilità limitata l’atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tal caso, la norma prevede che il valore di esclu-sione sia determinato secondo le modalità previste per i casi di recesso, ovvero secondo i cri-teri di determinazione del valore e il procedimento di liquidazione di cui agli articoli 2437-ter e quater c.c.. Non può tuttavia prevedersi la possibilità di rimborsare la partecipazione mediante riduzione del capitale sociale.

Dal punto di vista contabile, si rinvia alle considerazioni riportate a proposito del reces-so, salvo che per la non praticabile ipotesi di riduzione del capitale sociale.

6. Riduzione per morosità

Nel caso in cui socio non esegue il pagamento dei decimi richiamati, gli amministratori possono scegliere tra l'azione per l’esecuzione del conferimento ed il procedimento previsto dall'art. 2344 c.c.. La messa in mora del socio genera la riclassificazione del credito nei con-fronti degli azionisti “Azionisti c/decimi richiamati” in conto “Azionisti morosi c/decimi ri-chiamati”. Nell'ambito della nota integrativa, se gli importi sono significativi, è necessario fornire adeguata informazione circa la parte del capitale relativa ai decimi richiamati, per i quali gli azionisti si sono resi inadempienti.

Trascorsi quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della diffida al pa-gamento, gli amministratori offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della loro parte-cipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte, possono far vendere le azioni, rispetto alle quali il socio è in mora nei versamenti, “a suo rischio e per suo conto”. All'acquirente vengono consegnate nuove azioni, in corrispon-denza di quelle del socio moroso, che vengono annullate.

L'ammontare realizzato dalla vendita dei titoli copre il credito verso il socio inadempien-te, comprensivo eventualmente del rimborso dei danni subiti dalla società.

Se l'importo realizzato è diverso dall’ammontare di tale credito, l’eccedenza costituisce un debito (e la differenza in meno un credito) nei confronti del socio.

Diverso è il caso in cui invece, per mancanza di acquirenti, non sia possibile vendere le azioni del socio moroso. In tale ipotesi, l'art. 2344 prevede che gli amministratori possano dichiarare “decaduto” il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei mag-giori danni.

Se entro la fine dell'esercizio in cui vi è stata la dichiarazione di decadenza, non si è riu-sciti a collocare le azioni del socio decaduto, occorre provvedere al loro annullamento. Il ca-

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pitale sociale e l’eventuale riserva di soprapprezzo azioni vengono, pertanto, ridotte di un ammontare corrispondente al valore delle azioni annullate; a fronte di tale riduzione, viene stornato il credito vantato nei confronti del socio decaduto (per i decimi da lui ancora dovu-ti). La differenza tra la riduzione del patrimonio e i decimi che il socio aveva versato (diffe-renza che viene trattenuta dalla società) confluisce in una riserva di capitale.

Nella società a responsabilità limitata si applica la procedura prevista dell’art. 2466 c.c..

7. Riduzione per mancato rispetto delle norme che disciplinano l'acquisto di azioni proprie (art. 2357 c.c.) e della società controllante (artt. 2359-ter e 2359-quater c.c.)

Dall'annullamento delle azioni proprie in portafoglio, a fronte della corrispondente ridu-zione del capitale sociale, ex art. 2357, comma 4 c.c., possono scaturire differenti conse-guenze contabili, a seconda che il valore di bilancio delle azioni proprie sia uguale, maggiore o minore del valore nominale.

Nel primo caso, all'eliminazione del valore delle azioni proprie iscritto all'attivo si con-trappone, per lo stesso importo, la riduzione del capitale sociale; allo stesso tempo, la riserva azioni proprie in portafoglio (costituita in occasione dell'acquisto di queste ultime) diviene libera, interamente disponibile e va accreditata alle riserve da cui ha avuto origine.

Nel caso in cui, invece, il valore di bilancio delle azioni proprie sia superiore al valore nominale, la differenza deve essere imputata a riduzione della riserva azioni proprie in porta-foglio; la parte residuale della riserva azioni proprie in portafoglio diviene libera e disponibi-le.

Infine, nel caso in cui il valore di bilancio delle azioni proprie sia inferiore al valore no-minale, la differenza genera una riserva disponibile; in aggiunta a ciò, anche la riserva azioni proprie in portafoglio diviene libera e interamente disponibile.

Gli articoli 2359-ter e 2359-quater c.c. disciplinano i casi nei quali, a seguito di viola-zione dei limiti all'acquisto delle azioni della controllante da parte di società controllate di cui all'art. 2359-bis, ed, in assenza di alienazione delle stesse la società controllante è tenuta a procedere ad una corrispondente riduzione di capitale, con annullamento di azioni.

Il rimborso delle medesime avviene secondo quanto disposto dell'art. 2437-ter, cioè al prezzo medio riferito ai sei mesi precedenti la pubblicazione ovvero ricezione dell’avviso di convocazione dell’assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso, per le sole società quotate in mercati regolamentati, o lo statuto può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione come ad esempio, in proporzione al patrimonio sociale risultante dal bilancio dell'ultimo esercizio.

Per la società controllata, il verificarsi di tale ipotesi comporta la liberazione della riserva per azioni della società controllante, che diviene disponibile, con accredito alle riserve da cui ha avuto origine. Il rimborso delle azioni della controllante può dar luogo alla rilevazione di proventi o oneri di natura straordinaria, per la eventuale differenza tra valore di rimborso e costo di acquisto delle azioni.

Per la società controllante, gli effetti contabili variano a seconda che si sia proceduto all’alienazione ovvero all’annullamento delle azioni, nonché a seconda che il valore di rim-borso delle azioni sia uguale, maggiore o inferiore al loro valore nominale.

8. Riduzione per revisione della perizia di stima

Si è già detto, a proposito dei conferimenti in natura, della revisione di stima che gli amministratori devono effettuare entro 180 giorni dall’iscrizione della società o dell'aumento di capitale. Per i relativi effetti contabili si rinvia pertanto al Capitolo 6.

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III. ALTRE VARIAZIONI DELLE POSTE DEL PATRIMONIO NETTO

A) La destinazione dell'utile d'esercizio

L'utile dell'esercizio è iscritto nella voce IX del Patrimonio netto. In sede di sua destinazione, esso può essere: a) accantonato in una o più delle riserve, di

cui alle voci IV, V, VI e VII del Patrimonio netto; b) attribuito ai soci fondatori, ai promoto-ri, agli amministratori ed ai dipendenti e ai possessori (soci o terzi) degli strumenti finanziari emessi a seguito del loro apporto di opere o servizi; c) utilizzato a copertura di perdite pre-gresse; d) portato ad aumento del capitale sociale; e) rinviato ai futuri esercizi; f) distribuito ai soci.

1. Destinazione a specifiche riserve

La destinazione a specifiche riserve dell'utile di esercizio è effettuata in ossequio all'art. 2430 c.c., alle regole presenti nello statuto e alle delibere assembleari.

L'assemblea dei soci di una società per azioni può deliberare la destinazione dell'utile di esercizio alla Riserva per acquisto azioni proprie, di cui all'articolo 2357-ter c.c..

2. Destinazione a particolari classi di soggetti

Ai promotori ed ai soci fondatori, l'atto costitutivo può riservare una partecipazione agli utili (artt. 2340 e 2341 c.c.). Analogamente, l'assemblea può stabilire che gli amministratori siano remunerati attraverso una partecipazione all'utile di esercizio (art. 2389 c.c.).

Le quote di partecipazione da destinarsi ai soggetti sopra richiamati vanno computate sull'utile netto di esercizio, previa deduzione della quota da accantonarsi alla riserva legale (art. 2432 c.c.).

Gli accordi contrattuali possono prevedere la partecipazione agli utili dei dipendenti (art. 2102 c.c.).

Lo statuto può attribuire privilegi nella ripartizione degli utili, a favore dei detentori di speciali categorie di azioni e di altri strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali (articoli 2346, 2348 e 2350 c.c.). Con riferimento all’assegnazione di utili ai prestatori di lavoro, l’art. 2349 c.c., stabilisce che, se previsto dallo statuto, l’assemblea straordinaria può deliberare l’emissione di speciali categorie di azioni da assegnare individualmente ai prestatori di lavo-ro, per un ammontare corrispondente agli utili stessi e conseguente aumento del capitale so-ciale. Può inoltre deliberare l’assegnazione ai dipendenti di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, forniti di diritti patrimoniali o anche amministrativi. I dividendi a favore dei detentori di azioni munite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività aziendale in un deter-minato settore, possono essere erogati a condizione che risultino utili dal bilancio della so-cietà.

3. Vincoli alla distribuzione

Nella distribuzione degli utili occorre rispettare il disposto degli articoli 2433 e 2426, numero 5, c.c.. Per le sole società per azioni, bisogna, inoltre, tener conto dei vincoli deri-vanti da diritti particolari, di natura patrimoniale, riconosciuti ad alcune categorie di azioni e altri strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali (artt. 2346, 2348, 2349, 2350, 2353, 2468 c.c., art. 145 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), nonché degli specifici vincoli posti dai patrimoni destinati che siano eventualmente costituiti ai sensi degli artt. 2447-bis e de-cies.

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4. Corresponsione di acconti sui dividendi

L'art. 2433-bis c.c. consente, esclusivamente alle società per azioni sottoposte all'obbligo della revisione del bilancio "da parte di società di revisione iscritte all’albo speciale”, la di-stribuzione di acconti sui dividendi, a condizione che questa sia prevista dallo statuto.

L’ammontare di tali acconti non può superare la minore somma tra l’importo degli utili in corso, al netto della quota destinata a riserva legale e statutaria, e quello delle riserve di-sponibili.

La possibilità della distribuzione di acconti sui dividendi deve risultare da un prospetto contabile e da una relazione, assoggettati al parere della società di revisione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consenta tale distribu-zione.

Si ritiene che il prospetto contabile debba essere costituito dallo stato patrimoniale e dal conto economico, redatti secondo gli schemi edittali, non necessariamente accompagnati dal-la nota integrativa. Infatti i due citati documenti offrono una rappresentazione della situazio-ne patrimoniale, economica e finanziaria dell’azienda sociale. I due documenti devono esse-re aggiornati onde offrire un’informazione tempestiva e debbono essere corredati da infor-mazioni e dati complementari onde consentire di prendere consapevolmente la decisione ri-chiesta dalla fattispecie in esame.

La relazione dovrà evidenziare i criteri di valutazione applicati nella redazione dei do-cumenti citati; tali criteri devono essere quelli che sovrintendono alla formazione del bilan-cio d’esercizio. Nella relazione dovrà essere comunicato l’importo degli utili in corso, al net-to e al lordo dell’effetto fiscale, e messo in relazione detto importo, al netto dell’effetto fisca-le, con le riserve distribuibili al fine di determinare la somma massima disponibile per un ac-conto sul dividendo. La relazione infine illustrerà la proposta formulata all’assemblea, ovve-ro l’acconto proposto e la sua compatibilità con le risultanze di bilancio.

In sede di formazione del bilancio d'esercizio, la società che, nel corso del periodo am-ministrativo, abbia distribuito acconti sui dividendi, deve iscrivere tali acconti, con il segno meno, nella voce IX del patrimonio netto. Ne consegue la scomposizione della voce IX in due sottovoci: a) Utile risultante dal conto economico; b) (meno) Acconti sui dividendi.

B) La destinazione delle riserve

Le riserve, come si è ricordato in precedenza, sono poste ideali del patrimonio netto e possono essere di utili o di capitale.

Nella prima ipotesi, la loro iscrizione nel passivo dello stato patrimoniale richiede, salvo eventuali rilevazioni previste da specifiche disposizioni normative, l'approvazione del bilan-cio di esercizio e la successiva delibera sulla destinazione dell'utile conseguito e, pertanto, dette riserve si potranno iscrivere solo nel bilancio successivo a quello da cui quell'utile e-mergeva. Le riserve di “capitale” e quelle previste da specifiche disposizioni normative si i-scrivono, invece, direttamente nel progetto di bilancio nell'esercizio in cui esse si sono mani-festate.

Dopo che l'assemblea dei soci ha approvato il bilancio ed ha, ex art. 2433 c.c., deliberato sulla distribuzione degli utili, le riserve da esso risultanti sono suscettibili delle diverse de-stinazioni specificate di seguito.

1. Destinazione delle riserve alla copertura delle perdite

Le perdite sofferte dall'impresa ne riducono automaticamente il patrimonio netto. L'as-semblea, in sede di approvazione del bilancio, nel prendere atto di tale riduzione, stabilisce

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quali poste del patrimonio netto dovranno essere intaccate per prime per la copertura della perdita. A tal riguardo, occorre tener conto che alcune riserve sono soggette a vincoli circa la loro disponibilità per la distribuzione ai soci.

Per il principio della tutela dei creditori, si dovranno utilizzare per prime le riserve di-sponibili esistenti: se il loro ammontare complessivo supera quello della perdita, la delibera assembleare deve anche stabilire quali riserve ridurre. Se si devono utilizzare anche le riser-ve vincolate si dovrà tenere conto del diverso grado di vincolo, ad iniziare da quelle per le quali esso è meno rigido.

2. Destinazione delle riserve all'aumento nominale del capitale

A norma degli artt. 2442 e 2481-ter c.c., è possibile trasferire a capitale parti disponibili delle riserve: in tal modo una o più poste del netto, che sino al momento del detto trasferi-mento erano sottoposte alla disciplina specifica delle riserve in cui erano incluse, vengono assoggettate alla più rigida disciplina del capitale sociale.

La riserva legale non può essere trasferita a capitale.

3. Destinazione delle riserve alla distribuzione tra i soci

È possibile destinare delle riserve alla distribuzione fra i soci, ad “integrazione” dell'utile d'esercizio. In tale caso occorre:

a) individuare le riserve distribuibili; b) stabilire le condizioni ed i momenti nei quali la distribuzione possa avvenire; c) tenere conto della presenza di particolari categorie di azioni, quali azioni privilegiate

o di godimento. In merito al punto a), non sono distribuibili la riserva legale e la parte della riserva da

sovrapprezzo azioni corrispondente all'ammontare mancante alla riserva legale per raggiun-gere il quinto del capitale sociale (art. 2431 c.c.).

Non è distribuibile la riserva statutaria, salvo che lo statuto, nel sanzionarne la costitu-zione, le abbia assegnato una funzione di “conguaglio dividendi”, ovvero che abbia previsto che detta riserva, una volta raggiunto un dato livello, debba necessariamente restare “a di-sposizione dell'assemblea”.

Al di fuori delle predette ipotesi, la distribuzione della riserva statutaria richiede una de-libera in merito, da parte dell'assemblea straordinaria.

Le riserve di rivalutazione previste da leggi speciali si possono distribuire soltanto osser-vando la procedura imposta dai commi 2 e 3 dall'art. 2445 c.c.24.

Le riserve assimilabili a quella da sovrapprezzo azioni (come, ad esempio, la riserva da conversione obbligazioni) sono distribuibili in conformità a quanto stabilito dall'art. 2431 c.c..

La riserva versamento soci in conto capitale è distribuibile in conformità alla disciplina di cui all'art. 2431 c.c..

La riserva da utili su cambi, ai sensi dell’art. 2426 c.c., n. 8 bis, può essere distribuita so-lo dopo che l’utile netto su cambi è stato realizzato25.

Sono sempre distribuibili le riserve facoltative costituite con utili.

24 Previsto così, da ultimo, dall’art. 13, comma 2° della legge 21 novembre 2000, n. 342. Disposizione richia-mata anche dalle precedenti leggi di rivalutazione, a partire dall’art. 23 della Legge 2 dicembre 1975, n. 576 di rivalutazione monetaria dei beni d’impresa. 25 Sulle modalità di alimentazione delle riserve su cambi, si rinvia al Principio contabile 26.

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Nel caso di emissione di obbligazioni alla distribuzione delle riserve disponibili si appli-cano i limiti indicati dall’art. 2413.

In merito al momento in cui la distribuzione delle riserve disponibili possa essere delibe-rata (punto b), si devono considerare due ipotesi:

1) la prima, del tutto ammissibile, è quella di una distribuzione in più riprese, delibera-ta dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio;

2) la seconda è quella riferibile alla distribuzione di riserve approvata da un'assemblea successiva a quella che ha approvato il bilancio. Questa ipotesi è ammissibile, purché risulti che non sono sopravvenute perdite, dalla data di approvazione del bilancio a quella della de-libera in discorso, che abbiano ridotto la riserva che si intende distribuire.

In merito al punto c), la presenza di particolari categorie di azioni è, in genere, ininfluen-te nei confronti della misura in cui le riserve vadano distribuite tra i soci.

Per le azioni privilegiate, lo statuto prevede in genere priorità sugli utili e non sulle riser-ve.

Le azioni di godimento, invece, concorrono anche nella ripartizione delle riserve, dopo che alle azioni ordinarie sia stata assegnata una somma pari all'interesse legale (art. 2353 c.c.).

IV. ANALISI DEI MOVIMENTI NELLE VOCI DI PATRIMONIO NETTO

Il numero 4 dell'articolo 2427 c.c. prevede che “le variazioni intervenute nella consisten-za delle altre voci dell'attivo e del passivo; in particolare, per le voci del Patrimonio Netto, per i fondi e per il trattamento di fine rapporto, la formazione e le utilizzazioni”, mentre il successivo numero 7-bis stabilisce che “le voci di Patrimonio Netto devono essere analitica-mente indicate, con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di uti-lizzazione e distribuibilità, nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi”.

Le disposizioni danno attuazione all'art. 6, lett. b) della legge delega ove si richiedeva l'introduzione di “una regolamentazione delle poste del Patrimonio Netto che ne assicuri una chiara e precisa disciplina in ordine alla loro formazione e al loro utilizzo”.

Anzitutto il legislatore ha chiesto una informativa sulle variazioni intervenute nella con-sistenza delle voci del patrimonio netto nel corso dell’esercizio oggetto di rappresentazione in bilancio.

A ciò va aggiunta la richiesta dell'analisi della composizione del patrimonio netto con ri-ferimento alla disponibilità e distribuibilità. Il distinguo è necessario poiché la nozione di di-stribuibilità della riserva può non coincidere con quella di disponibilità. Se la disponibilità riguarda la possibilità di utilizzazione della riserva (ad esempio per aumenti gratuiti di capi-tale), la distribuibilità riguarda invece, la possibilità di erogazione ai soci (ad esempio sotto forma di dividendo) di somme prelevabili in tutto o in parte dalla relativa riserva.

Pertanto, disponibilità e distribuibilità possono coesistere o meno; infatti una riserva può essere disponibile per l'aumento di capitale, ma non distribuibile (ad esempio la riserva da soprapprezzo azioni sinché la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale socia-le).

Nel disciplinare gli aspetti informativi relativi alle voci di patrimonio netto l'art. 2427, n. 7 bis prevede l'indicazione analitica delle singole voci del patrimonio netto distinguendole in relazione alla disponibilità, alla loro origine ed infine alla loro avvenuta utilizzazione in pre-cedenti esercizi.

La norma non indica il numero degli esercizi precedenti per i quali fornire l’informazione dell’avvenuta utilizzazione delle voci di patrimonio netto. La specificazione

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di tale lasso temporale deve avvenire in coerenza con l’impianto normativo in materia e, dunque, nel rispetto dei principi generali di bilancio. Tra i principi generali, occorre avere particolare riguardo al postulato della significatività e rilevanza dei fatti economici ai fini della loro presentazione in bilancio, su cui si rinvia al Principio contabile 11. Analogo prin-cipio è statuito dagli Iasb nel par. 26 e seg. del quadro sistematico. Da questo principio si ri-trae che un’eccessiva informazione di bilancio può rivelarsi, oltre che di scarsa utilità, in ta-luni casi addirittura fuorviante. È ragionevole assumere che un’informazione riferita agli uti-lizzi delle poste di patrimonio netto avvenuti negli ultimi tre esercizi possa di per sé essere sufficiente. Il termine indicato è anche in linea con i limiti temporali introdotti dalla riforma societaria riguardo all’azione di nullità delle deliberazioni (art. 2379 comma 1, c.c.). Qualora vi fossero particolari situazioni, è ragionevole includere un’informazione riferita a un nume-ro di esercizi superiore ai tre indicati.

A titolo esemplificativo delle varie riserve che potrebbero interessare l'analisi di cui si parla, i dati richiesti dal legislatore possono essere riportati in un prospetto redatto (per sem-plicità espositiva, con riferimento ad alcune delle riserve che potrebbero essere indicate nello schema di stato patrimoniale ex art. 2424 c.c.)26 come quello presentato nella tabella che se-gue:

26 La corretta ed analitica classificazione delle riserve secondo la loro disponibilità e distribuibilità potrebbe in-fatti essere modificata da particolari clausole statutarie o specifiche deliberazioni assembleari.

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Natura/descrizione Importo Possibilità di

utilizzazione27 Quota

disponibile

Riepilogo delle utilizzazioni effettuate nei tre precedenti

esercizi:28

per copertura perdite

per altre ragioni

Capitale 10.000

Riserve di capitale:

Riserva per azioni proprie 100 --- ---

Riserva per azioni o quote di società controllante 100 --- ---

Riserva da soprapprezzo a-zioni 2.000 A, B, C 2.00029

Riserva da conversione ob-bligazioni 2.000 A, B, C 2.00029

Riserve di utili:

Riserva legale 2.000 B ---

Riserva per azioni proprie 50

Riserva da utili netti su cambi 400 A, B 400

Riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del Patrimonio Netto 100 A, B 100

Riserva da deroghe ex comma 4 dell’art. 2423 100 A, B 100

Utili portati a nuovo 700 A, B, C 700

Totale 5.300

Quota non distribuibile30 1.800

Residua quota distribuibile 3500

Legenda: A: per aumento di capitale B: per copertura perdite C: per distribuzione ai soci

27 Salvo ulteriori vincoli derivanti da disposizioni statutarie, da esplicitare ove esistenti. 28 Le utilizzazioni sono state fornite dall’anno xxxx, in assenza dei dati necessari per periodi precedenti. 29 Ai sensi dell’art. 2431 c.c., si può distribuire l’intero ammontare di tale riserva solo a condizione che la riser-va legale abbia raggiunto il limite stabilito dall’art. 2430 c.c.. 30 Rappresenta l’ammontare della quota non distribuibile per effetto: della riserva da utili netti su cambi (400), della riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto (100), della riserva da dero-ghe ex comma 4 dell’art. 2423 (100) e della parte destinata a copertura dei costi pluriennali non ancora ammor-tizzati ex art. 2426, n. 5 (1.200).

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Infine, la rappresentazione dei movimenti intervenuti nelle voci di patrimonio netto31 può fornirsi con un prospetto così redatto:

Capitalesociale

RiservaLegale

Riserve32

Risultato

dell'esercizio Totale

All'inizio dell’esercizio precedente

Destinazione del risultato dell'esercizio:

- Attribuzione di dividendi (€… per azione)

- Altre destinazioni

Altre variazioni:

Risultato dell'esercizio precedente

Alla chiusura dell'esercizio precedente

Destinazione del risultato dell'esercizio:

- Attribuzione di dividendi (€… per azio-ne)

- Altre destinazioni

Altre variazioni:

Risultato dell'esercizio corrente

Alla chiusura dell'esercizio corrente

Ovviamente le informazioni che riguardano l'esercizio si desumono dalla delibera di ap-provazione del bilancio e in cui si decide sulle utilizzazioni delle poste di patrimonio netto dell'esercizio (distribuzione del dividendo, aumenti di capitale ed altro).

31 Il D. Lgs. 310/04 ha aggiunto all’art. 2504-bis quanto segue: “Se dalla fusione emerge un avanzo, esso è i-scritto ad apposita voce del patrimonio netto, ovvero, quando sia dovuto a previsione di risultati economici sfa-vorevoli, in una voce dei fondi per rischi ed oneri”. L’avanzo manifesta la presenza di un valore di libro della partecipazione dell’incorporante nella società incorporata (ovvero di un valore del capitale emesso dall’incorporante al servizio del concambio delle azioni/quote della incorporata) di importo inferiore al valore della corrispondente quota del patrimonio netto contabile della incorporata medesima. Quando tale “avanzo” è originato dalla previsione di futuri risultati economici sfavorevoli della incorporata, esso deve essere allocato a un “fondo oneri futuri”, utilizzabile a fronte delle perdite attese. Quando, all’opposto, in assenza di prospettive di risultati economici sfavorevoli dell’incorporata, tale avanzo rappresenta la conseguenza di un’acquisizione ben negoziata (“buon affare”), esso deve essere imputato ad una specifica riserva del patrimonio netto della so-cietà risultante dalla fusione. Il trattamento contabile previsto è analogo a quello adottato per la rilevazione del-le differenze negative (avanzo) di consolidamento di cui all’art. 33 del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127. Poiché le tabelle sopra esposte sono solo esemplificative, per semplicità in esse non si sono esposte le voci in questione. 32 Indicare in colonne distinte le diverse riserve, come da prospetto esemplificativo precedente.

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LA NOTA INTEGRATIVA

Nella nota integrativa devono essere fornite le seguenti informazioni di dettaglio (che con riferimento all’analisi richiesta dal legislatore richiederà la predisposizione anche di appositi prospetti):

(a) Le variazioni intervenute nella consistenza delle voci del Patrimonio netto (art. 2427, n. 4 c.c.)

Esso ha lo scopo di mostrare analiticamente per ogni voce del patrimonio netto le varia-zioni, incrementi e utilizzi rispetto ai saldi finali dell’esercizio precedente, con separata in-dicazione dei movimenti attinenti alla loro formazione ed utilizzazione. Queste informazioni possono assumere la forma tabellare riportata nel paragrafo in cui sono analizzati i movi-menti nelle voci di patrimonio netto.

(b) La composizione della voce “Altre riserve” (art. 2427, n. 7 c.c.) E’ necessario indicare la composizione della voce in oggetto e i movimenti analitici ri-

spetto all’esercizio precedente. Le informazioni relative ai movimenti dell’esercizio incluse nella tabella riportata nel paragrafo in cui sono analizzati i movimenti nelle voci di patrimo-nio netto.

(c) Le voci di patrimonio netto devono essere analiticamente indicate con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi (art. 2427, n. 7-bis c.c.)

Le informazioni relative all’avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi dei conti di pa-trimonio netto, potranno essere riportate in appositi “di cui” delle consistenze iniziali e finali riportate nella tabella del capitolo precedente.

Le informazioni circa la disponibilità ed ai vincoli di ciascuno dei conti di patrimonio netto (riserve distribuibili, riserve vincolate dalla legge, dallo statuto o dalla volontà assem-bleare) potranno essere rese nello stesso prospetto riportato nel paragrafo in cui sono analiz-zati i movimenti nelle voci di patrimonio netto, a mezzo di note specifiche, oppure in appo-siti separati prospetti.

(d) Il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società, nonché il numero e il valore nominale delle nuove azioni della società sottoscritte durante l'eserci-zio (art. 2427, n. 17 c.c.)

Tale informazione, in caso di azioni prive dell’indicazione del valore nominale, ai sensi dell’art. 2346, terzo comma, c.c., devono essere rese con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni in circolazione. In tal caso, si ritiene che la proporzione delle azioni emesse durante l’esercizio debba essere determinato rispetto al totale delle azioni in circola-zione all’inizio dell’esercizio.

(e) Il numero delle azioni di godimento ed i diritti che queste attribuiscono (art. 2427, n. 18 c.c.)

(f) Il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società, con l'indicazione dei diritti patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali ca-ratteristiche delle operazioni relative” (art. 2427, n. 19 c.c.)

(g) L’illustrazione del valore e della tipologia dei beni e dei rapporti giuridici compresi in ciascun patrimonio destinato ai sensi della lettera a) del primo comma dell’art. 2447-bis, ivi inclusi quelli apportati da terzi, dei criteri adottati per l’imputazione degli elementi co-muni di costo e di ricavo, nonché il corrispondente regime di responsabilità (art. 2427, n. 20 c.c.)

Qualora la deliberazione costitutiva del patrimonio destinato preveda una responsabilità

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La nota integrativa

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illimitata della società per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, l’impegno da ciò derivante deve risultare in calce allo stato patrimoniale e formare oggetto di valutazione secondo criteri da illustrare nella nota integrativa.

(h) L’indicazione, alle voci di bilancio relative, della destinazione dei proventi di cui al terzo comma dell’art. 2447-decies richiamato dall’art. 2427, n. 21 c.c. e dei vincoli sui beni strumentali destinati alla realizzazione di uno specifico affare ai sensi della lettera b) del primo comma dell’art. 2447-bis.

In aggiunta a quelle indicate, in base alle disposizioni dell'art. 2423, 3o comma c.c. sulle informazioni complementari, devono essere fornite le seguenti ulteriori informazioni:

composizione della voce “Riserve di rivalutazione”, in modo da evidenziare le riser-ve formatesi in dipendenza di ciascuna delle rivalutazioni monetarie operate e le riserve da rivalutazioni non monetarie33;

composizione della voce “Riserve statutarie”, qualora lo statuto preveda la costitu-zione di diverse tipologie di tali riserve.

33 In nota integrativa vanno evidenziati i beni ancora in patrimonio su cui sono state effettuate rivalutazioni monetarie. L’art. 11 della legge n. 342/2000 richiede che nell’esercizio in cui la rivalutazione è eseguita venga indicato anche il prezzo di costo con le eventuali rivalutazioni eseguite, in conformità a precedenti leggi di riva-lutazione, dei beni rivalutati, così come previsto dalle precedenti disposizioni in materia.