2004-02-28 Canzonette

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(segue dalla prima pagina) M a sarà altrettanto vero che alla fine ci fanno compagnia solo le Pau- sini e i Ramazzotti? E allora come la mettiamo con la lirica di Bob Dylan, i giorni di Woodstock, il rock estremista, la canzone poli- tica, l’insurrezione “no future” dei punk? Non sarà che alla fine ci aspetta un compito revisioni- sta anche sulla musica leggera? Se restiamo in Italia e ci con- centriamo sulla musica di con- sumo, quella che fa i conti con l’industria e il mercato, viene vo- glia di sostenere una interpreta- zione non proprio standard. Cioè non la linea battuta da pionieri come Gianni Borgna, che con i suoi libri si è danna- to per dimostrare che nel potere “abietto” della can- zone (Pier Paolo Pasolini) si realizza un rispecchia- mento della mutazione sociale, e che insomma la “grande evasione” di Sanremo è un riflesso della grande trasforma- zione dalla fine dei Cin- quanta in avanti. Rovesciamo lo schema: le canzoni non si limitano a rispecchiare. Mina, Adriano Celentano, Do- menico Modu- gno, Gino Paoli non sono sem- plici sensori di qualcosa che cambia. Un’i- potesi possibile è che alcune canzoni, certe tendenze, qualche auto- re, sono degli acceleratori della trasfor- mazione. Non rappresentano il cambiamen- to, lo determi- nano. Quando nel 1963 Gino Paoli sfonda con Sapore di sale, non ripro- duce soltanto un’evoluzione dei comporta- menti erotici degli italiani: fornisce anche un manuale, un nuovo galateo dei rapporti fra uomini e don- ne. Spiega al pubblico che un ba- cio a labbra salate, la fisicità del- l’amore, addirittura il contatto con “la pelle”, costituiscono la perfetta normalità di un incon- tro estivo su una spiaggia. Gli intellettuali potevano ap- prezzare Laura Betti che cantava le strofette di Arbasino, «Ossige- narsi a Taranto è stato il primo er- rore», oppure un amore di Fran- co Fortini, consumato nell’hin- terland al riparo di vetri appan- nati. I più politicizzati, Per i mor- ti di Reggio Emilia di Fausto Amodei, il Cantacronache, le tammurriate della Nuova Com- pagnia di Canto Popolare. Ma al popolo del juke-box, ai giovani del boom, il cantautore Paoli of- friva un discorso amoroso che dissolveva le ipocrisie, e che san- zionava l’assoluta praticabilità del “fare l’amore”, senza nem- meno il bisogno di un innamora- mento e di giuramenti che giusti- ficassero lo strappo rispetto ai tabù. C’era già stato lo sgarro gene- razionale e comportamentale di LA REPUBBLICA 33 SABATO 28 FEBBRAIO 2004 D IA R IO di COSA è venuta prima la musica o la soffe- renza? Ascoltavo la musica perché soffrivo? O soffrivo perché ascolta- vo la musica? Sono tutti quei dischi che rendono ma- linconici? La gente si preoccupa perché i ragazzini giocano con le rami, perché gli adolescenti guardano film vio- lenti; c’è la paura che nei giovani finisca per imporsi una specie di cultura della violenza. Nessuno si preoccupa dei ragazzini che ascolta- no migliaia di canzoni – migliaia, letteralmente – che parlano di cuori spezzati, e di abbandoni e sofferen- za e perdita. le persone più infelici che conosco, di- co in senso amoroso, sono anche quelle pazze per la musica pop; e non sono sicuro che la musica pop sia stata la causa della loro infelicità, ma so per cer- to che sono persone che hanno ascoltato can- zoni tristi più a lungo di quanto non siano durate le loro tristi storie. NICK HORNBY CANZONETTE. Mina e Celentano, che avevano trasferito l’America in Italia so- prattutto sul piano di una ge- stualità teppistica, un dinami- smo sfrontato, un look giovanili- sta che faceva a pezzi il perbeni- smo del cantante confidenziale. Come scrisse più tardi il “cantau- tore dell’autonomia” Gianfran- co Manfredi, mentre per inter- preti convenzionali come Toni- na Torrielli l’amore era una quie- ta faccenda domestica, per Mina la stessa canzone (Tua), strillata da urlatrice, diventava una sco- patina leggera, disimpegnata, senza spasimi e senza ingorghi emotivi. Non c’è solo il paradigma amoroso. Arrivati sulla scia dei Beatles e dei Rolling Stones al- l’età del beat, dei “complessi”, delle chitarre e delle batterie, i produttori di musica nostrana avrebbero poi fiutato tutte le mode e tutte le proteste. «C’era qualcosa nell’aria», come avreb- be detto uno protagonisti degli anni Sessanta, Shell Shapiro, la voce dei Rokes, che preludeva al- le rivoluzioni, al Sessantotto, rein- terpretava la pro- testa in chiave for- se provinciale ma offrendo parole e ritmi per un impeto istintivo e colletti- vo, per dire “noi” («che colpa abbia- mo noi», «e se noi non siamo come voi una ragione forse c’è»). In questo intreccio di mercato, di mestie- re e di creatività, var- rebbe anche la pena di chiedersi chi abbia avuto un ruolo socio- politico più incisivo: i cantautori, gli impe- gnati, o i trafficoni della rima e del sound? Gucci- ni, De Andrè, De Gregori, oppure l’educazione sentimentale scandita dai versi di Mogol? Il gior- no dopo la scomparsa di Lucio Battisti, Ernesto Galli della Loggia, sulla Stampa, scrisse che le sue canzoni avevano interpre- tato il mutare dei rapporti fra i sessi, offrendo un lessi- co per parlare d’amore nel- la società che si modernizza. Ora, è fuori dubbio che va- rie generazioni si sono edu- cate al sentimento della poli- tica grazie all’anticonformi- smo talora esplicito e talora un po’ fumoso dei cantautori. Si risente ancora nell’aria il canto anarchico di De Andrè, con i suoi ladri, puttane, impic- cati, morti per amore e destino. Ma se dobbiamo individuare quali sono gli slogan cantati che hanno ac- compagnato le nottate pulsan- ti in discoteca, si staglia con violenza più immediata e ri- conoscibile il nichilismo lu- dico di Vasco Rossi, vita spe- ricolata, sballi, amori bruciati nella realtà del- la vita e non in- tasati dalla let- teratura. Oppure il romanticismo pa- dano di Luciano Ligabue, «certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei», fino alla so- ciologia on the road della provin- cia lombarda di Max Pezzali, si parva licet, con le sue storie di bar, «immense compagnie» di quartiere, ideologie pallonare, codici estetici modaioli (con l’imperdibile prescrizione serale di «un body a balconcino che ti tiene su un seno che così non si era mai visto prima»). Una delle prove più palesi del- la funzione prescrittiva delle canzonette è offerta dal successo perdurante del revival e dai tor- mentoni della nostalgia in tv: il che fa pensare che a distanza di anni gran parte della dedizione obbligata ai miti e agli emblemi dell’impegno ha ceduto il passo a quelle sciocche canzoni, d’a- more o di speranza, di dispera- zione o di euforia, che hanno modellato dei pezzi di esistenza, e hanno insegnato a maneggiare quelle che tu chiamale se vuoi emozioni. Il Festival di Sanremo è il trionfo del canoro ma che cosa si nasconde sotto l’innocente e banale mix di musica e parole? La musica di consumo, il cambio dei generi e l’industria culturale Certe canzoni o certe tendenze musicali hanno agito da grande trasformazione sociale Quellavogliadieducazionesentimentale EDMONDO BERSELLI ANTROPOLOGIA DI UN FENOMENO DI MASSA C ANZONET TE C ANZONET TE VOLARE Con “Nel blu dipinto di bluDomenico Modugno vinse il Festival del 1958

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(segue dalla prima pagina)

Ma sarà altrettanto veroche alla fine ci fannocompagnia solo le Pau-

sini e i Ramazzotti? E allora comela mettiamo con la lirica di BobDylan, i giorni di Woodstock, ilrock estremista, la canzone poli-tica, l’insurrezione “no future”dei punk? Non sarà che alla fineci aspetta un compito revisioni-sta anche sulla musica leggera?

Se restiamo in Italia e ci con-centriamo sulla musica di con-sumo, quella che fa i conti conl’industria e il mercato, viene vo-glia di sostenere una interpreta-zione non proprio standard.Cioè non la linea battuta dapionieri come Gianni Borgna,che con i suoi libri si è danna-to per dimostrare che nelpotere “abietto” della can-zone (Pier Paolo Pasolini)si realizza un rispecchia-mento della mutazionesociale, e che insomma la“grande evasione” diSanremo è un riflessodella grande trasforma-zione dalla fine dei Cin-quanta in avanti.

Rovesciamo lo schema:le canzoni non si limitanoa rispecchiare.Mina, AdrianoCelentano, Do-menico Modu-gno, Gino Paolinon sono sem-plici sensori diqualcosa checambia. Un’i-potesi possibileè che alcunecanzoni, certet e n d e n z e ,qualche auto-re, sono deglia c c e l e r a t o r idella trasfor-mazione. Nonrappresentanoil cambiamen-to, lo determi-nano. Quandonel 1963 GinoPaoli sfondacon Sapore disale, non ripro-duce soltantoun’evoluzionedei comporta-menti eroticidegli italiani:fornisce ancheun manuale, unnuovo galateodei rapporti frauomini e don-ne. Spiega al pubblico che un ba-cio a labbra salate, la fisicità del-l’amore, addirittura il contattocon “la pelle”, costituiscono laperfetta normalità di un incon-tro estivo su una spiaggia.

Gli intellettuali potevano ap-prezzare Laura Betti che cantavale strofette di Arbasino, «Ossige-narsi a Taranto è stato il primo er-rore», oppure un amore di Fran-co Fortini, consumato nell’hin-terland al riparo di vetri appan-nati. I più politicizzati, Per i mor-ti di Reggio Emilia di FaustoAmodei, il Cantacronache, letammurriate della Nuova Com-pagnia di Canto Popolare. Ma alpopolo del juke-box, ai giovanidel boom, il cantautore Paoli of-friva un discorso amoroso chedissolveva le ipocrisie, e che san-zionava l’assoluta praticabilitàdel “fare l’amore”, senza nem-meno il bisogno di un innamora-mento e di giuramenti che giusti-ficassero lo strappo rispetto aitabù.

C’era già stato lo sgarro gene-razionale e comportamentale di

LA REPUBBLICA 33SABATO 28 FEBBRAIO 2004

DIARIOdi

COSA è venuta primala musica o la soffe-renza? Ascoltavo la

musica perché soffrivo? O soffrivo perché ascolta-vo la musica? Sono tutti quei dischi che rendono ma-linconici?

La gente si preoccupa perché i ragazzini giocanocon le rami, perché gli adolescenti guardano film vio-lenti; c’è la paura che nei giovani finisca per imporsiuna specie di cultura della violenza.

Nessuno si preoccupa dei ragazzini che ascolta-no migliaia di canzoni – migliaia, letteralmente – cheparlano di cuori spezzati, e di abbandoni e sofferen-za e perdita. le persone più infelici che conosco, di-co in senso amoroso, sono anche quelle pazze perla musica pop; e non sono sicuro che la musica popsia stata la causa della loro infelicità, ma so per cer-to che sono persone che hanno ascoltato can-zoni tristi più a lungo di quanto non siano duratele loro tristi storie.

NICK HORNBY

CANZONETTE.

Mina e Celentano, che avevanotrasferito l’America in Italia so-prattutto sul piano di una ge-stualità teppistica, un dinami-smo sfrontato, un look giovanili-sta che faceva a pezzi il perbeni-smo del cantante confidenziale.

Come scrisse più tardi il “cantau-tore dell’autonomia” Gianfran-co Manfredi, mentre per inter-preti convenzionali come Toni-na Torrielli l’amore era una quie-ta faccenda domestica, per Minala stessa canzone (Tua), strillata

da urlatrice, diventava una sco-patina leggera, disimpegnata,senza spasimi e senza ingorghiemotivi.

Non c’è solo il paradigmaamoroso. Arrivati sulla scia deiBeatles e dei Rolling Stones al-

l’età del beat, dei “complessi”,delle chitarre e delle batterie, iproduttori di musica nostranaavrebbero poi fiutato tutte lemode e tutte le proteste. «C’eraqualcosa nell’aria», come avreb-be detto uno protagonisti degli

anni Sessanta,Shell Shapiro, lavoce dei Rokes,che preludeva al-le rivoluzioni, alSessantotto, rein-terpretava la pro-testa in chiave for-se provinciale maoffrendo parole eritmi per un impetoistintivo e colletti-vo, per dire “noi”(«che colpa abbia-mo noi», «e se noinon siamo come voiuna ragione forsec’è»).

In questo intrecciodi mercato, di mestie-re e di creatività, var-rebbe anche la pena dichiedersi chi abbiaavuto un ruolo socio-politico più incisivo: icantautori, gli impe-gnati, o i trafficoni dellarima e del sound? Gucci-ni, De Andrè, De Gregori,oppure l’educazionesentimentale scanditadai versi di Mogol? Il gior-no dopo la scomparsa diLucio Battisti, ErnestoGalli della Loggia, sullaStampa, scrisse che le suecanzoni avevano interpre-tato il mutare dei rapportifra i sessi, offrendo un lessi-co per parlare d’amore nel-la società che si modernizza.

Ora, è fuori dubbio che va-rie generazioni si sono edu-cate al sentimento della poli-tica grazie all’anticonformi-smo talora esplicito e taloraun po’ fumoso dei cantautori.Si risente ancora nell’aria ilcanto anarchico di De Andrè,con i suoi ladri, puttane, impic-cati, morti per amore e destino.Ma se dobbiamo individuare

quali sono glislogan cantatiche hanno ac-compagnato lenottate pulsan-ti in discoteca,si staglia conviolenza piùimmediata e ri-conoscibile ilnichilismo lu-dico di VascoRossi, vita spe-ricolata, sballi,amori bruciatinella realtà del-la vita e non in-tasati dalla let-teratura.

Oppure il romanticismo pa-dano di Luciano Ligabue, «certenotti la macchina è calda e doveti porta lo decide lei», fino alla so-ciologia on the road della provin-cia lombarda di Max Pezzali, siparva licet, con le sue storie dibar, «immense compagnie» diquartiere, ideologie pallonare,codici estetici modaioli (conl’imperdibile prescrizione seraledi «un body a balconcino che titiene su un seno che così non siera mai visto prima»).

Una delle prove più palesi del-la funzione prescrittiva dellecanzonette è offerta dal successoperdurante del revival e dai tor-mentoni della nostalgia in tv: ilche fa pensare che a distanza dianni gran parte della dedizioneobbligata ai miti e agli emblemidell’impegno ha ceduto il passoa quelle sciocche canzoni, d’a-more o di speranza, di dispera-zione o di euforia, che hannomodellato dei pezzi di esistenza,e hanno insegnato a maneggiarequelle che tu chiamale se vuoiemozioni.

Il Festival di Sanremo èil trionfo del canoro

ma che cosa si nascondesotto l’innocente e banale

mix di musica e parole?

La musica diconsumo, il cambio

dei generi el’industria culturale

Certe canzoni o certetendenze musicalihanno agito da grandetrasformazione sociale

Quella voglia di educazione sentimentaleEDMONDO BERSELLI

ANTROPOLOGIA DI UN FENOMENO DI MASSA

CANZONETTECANZONETTE

VOLARECon “Nel blu dipinto

di blu” DomenicoModugno vinse ilFestival del 1958

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34 LA REPUBBLICA SABATO 28 FEBBRAIO 2004D I A R I O

Al filosofo della scienza Giulio Gio-rello le canzonette piacciono mol-to. Adora i canti partigiani, quelli

degli esuli politici, le canzoni di CaterinaCaselli. Tanto per fare dei nomi. «Sono lecompagne delle nostre piccole odissee»,dice. «Io per esempio le ascolto soprattut-to alla radio, le canticchio sotto la doccia,in macchina. Sono la sublime banalitàdella nostra esistenza. Lo scopo di unacanzonetta è restituirci uno stato d’ani-mo, comunicarci in modo semplice checosa siamo. Esse fanno della nostra vitaun tessuto particolarmente coerente.Consentono alle nostre esperienze com-pletamente dissociate di stare bene insie-me. Ci danno a volte la traccia di un ricor-do, colorano la nostra nostalgia, sollecita-no desideri di conciliazione con il mondo.

«Non c’è praticamente civiltà in cui ilsenso immediato della musica non siaprima o poi venuto alla luce. Viviamo an-

che attraverso la musica. A volte per lamusica. Apparentemente una canzonet-ta non ci rivela verità profonde e ci ac-compagna dolcemente sulle superficidella psiche. Talvolta la nota di una can-zone fa scoccare risonanze profonde: o èun passato che torna o è un futuro che siavvicina, oppure un presente che imma-giniamo diverso da quello che viviamo.

«La canzonetta vive di ripetizione. Nonè solo il ritornello che si ripete. I nostri at-ti si ripetono, sono spesso scontati. Nonrichiedono una puntuale coscienza delloro svolgersi. Una canzone li può rende-re meno ovvi, meno pesanti, meno noio-si. E poi c’è il riascolto. Quante volte ria-scoltiamo un motivo? E quante volte locantiamo? La ripetizione ci dà la sicurez-za del già noto, ci fa assaporare la dolcez-za della parola che conosciamo. È comesentirsi a casa. Non è irrilevante che lecanzonette parlino soprattutto d’amore.

IL PICCOLO MIRACOLO

DELLA BANALITÀ CHE AMIAMO

PARLA GIULIO GIORELLO/ NON SONO SOLO CANZONETTE

Un certo ritornelloinsopportabile, che ogniorecchio ben educatorifiuta di ascoltare, haaccolto in sé il tesoro dimigliaia di anime, conservail segreto di migliaia di viteI piaceri e i giorni1896

MARCEL PROUST

La canzone stessa è già unsalto: salta dal caos a unprincipio d’ordine nel caos,e rischia di smembrarsi adogni istante. C’è sempreuna sonorità nel filo diArianna. O il canto d’OrfeoSul ritornello1997

GILLES DELEUZE

ANTONIO GNOLI

LE TAPPE

PRINCIPALI

LA CANZONE NAPOLETANA ’800

La canzone napoletana è un prodottopopolare ma colto, opera di scrittori emusicisti di estrazione accademica, comeDi Giacomo (Marechiare, Era de Maggio) oCapurro (O’ sole mio)

IL BLUES ANNI ‘20

Il blues ha influenzato tutta la musicapopolare americana, dal Rhythm & blues,al soul, al rock. Lo stile di canto dei neriarriva al successo negli anni ’20 concantanti come Ma Rainey e Bessie Smith

LA CHANSON FRANCESE ANNI 40’

Edith Piaf è la figura di raccordo tra lacanzone ‘classica’ francese e lasuccessiva generazione deglichansonnier (Yves Montand, CharlesAznavour, Leo Ferrè)

I LIBRI

MANLIO

SGALAMBRO

Teoria dellacanzone,Bompiani1997

GIANNI

BORGNA

Storia dellacanzoneitaliana,Mondadori1996

T.W.

ADORNO

Introduzionealla sociologiadella musica,Einaudi 1971

L. COVERI

(A CURA DI)

Parole inmusica.Lingua epoesia nellacanzoned’autoreitaliana,Interlinea1996

M. INNOCENTI

Parlamid’amoreMariù, Mursia1998

FELICE

LIPERI

Storia dellacanzoneitaliana, Ed.Rai-Eri 1999

STEFANO

PIVATO

La storialeggera. L’usopubblico dellastoria nellacanzoneitaliana, ilMulino 2002

PAOLO

JACHIA

La canzoned’autoreitaliana.Avventuredella parolacantata,Feltrinelli 1998

WOLF

BIERMAN

Canzoneprivata,canzonepolitica,Donzelli 1996

NICK

HORNBY

31 canzoni,Guanda 2003

CLASSIFICACon “Papaverie papere” Nilla

Pizzi siclassificò

seconda alFestival del

1952, chevinse però conun altro brano,

“VolaColomba”

che operano sull’inconsciocollettivo, che riescono ad ag-gregare. Ma accade, quasi sem-pre, per caso, al di la della vo-lontà dell’autore. Non c’è unprocedimento scientifico. An-zi, personalmente non sonocosì favorevole alla canzonepopolare come metodo: vogliodire che si pensa che sia validoil sillogismo che la canzone po-polare sia a favore del popolo,ed invece a volte accondiscen-dendo ai bassi istinti si crea undanno superiore, non si è affat-to a favore del popolo».

Ci sono anche le canzoni“impegnate”.

«Bisogna avere un grande so-

LE CANZONI STUPIDE

CHE RUBANO L’ANIMA

INTERVISTA A FRANCO BATTIATO/ IL DESTINO DELLA MUSICA LEGGERA

Franco Battiato è un autoredi canzoni. Canzoni po-polari, non c’è dubbio, ma

anche brani raffinati e partico-lari, così come brani destinati aldivertimento e alla leggerezza.Lui, l’arte della canzonetta laconosce bene. «Si, la conosco»,dice lui «e sinceramente ho tro-vato sempre insopportabile chidice che la musica leggera è va-lida solo se parla di cose futili,come chi dice che deve esserefatta solo da autori. In una can-zone c’è molto dipiù, ci puòessere unepoca, unsentimento.Basta pensa-re a Nino Ro-ta con “Otto em e z z o ” :quello che hascritto non èpiù un bel mo-tivetto, ha im-prigionato ilcostume di unpopolo in unmomento stori-co, come unamacchina foto-grafica e lo haracchiuso in unamelodia».

Lei ha fatto unpercorso partico-lare, è partito dalla vittoria alpremio Stockhausen, è passa-to per la performing art, perl’elettronica, per approdarealla canzone...

«E l’approdo alla canzone loconsidero tuttora una conqui-sta. L’arte è come un albero, hatanti rami. Chi appartiene a unramo crede che quello sia l’al-bero intero, ma si sbaglia. E co-sì vale per la canzone: la canzo-ne d’autore è un ramo, poi ci so-no molti altri tipi di canzone. Ea volte una canzoncina leggeraè molto più profonda di un te-ma d’impegno. L’impegnoquando è buono, quando è ve-ro, non ha problemi di pesan-tezze, di noia. Le faccio unesempio: in questi tempi, lavo-rando per il mio prossimo film,ho fatto un grande lavoro di ri-cerca che mi ha portato a sco-prire compositori minori tra il’500 e l’800. Ho scoperto nomisconosciuti, compositori note-volissimi, magari un lituano oun compositore dell’est coevodi Mozart o altri, musicisti cheutilizzerò nel mio prossimofilm. Bene, questi musicistihanno un descrittivismo cosìleggero, sganciato dalla pesan-tezza ideologica di un Wagner,che li fa essere in questo mo-mento, per me, migliori. Ho fat-to un disco come “Fleur” pro-prio perché quando ti prenditroppo sul serio ogni cosa di-venta un masso».

Truffaut in “La signora dellaporta accanto” fa dire ad unodei suoi personaggi: «Le can-zoni sono stupide. Più sonostupide, più sono vere». E’ unaffermazione che ha un senso,per lei?

«Ha un forte senso, pur rin-graziando e inchinandoci da-vanti alla scienza, il nostromondo è governato ancora damisteri insondabili. Quindisuccede a volte che attraversouna canzone stupida passinosegnali sotterranei importanti,che hanno, se mi si passa l’esa-gerazione, un valore esoterico,

ci sia nulla di male nel volersidivertire, anzi. Se vogliamo es-sere larghi, tutte le canzoni et-niche hanno questa natura lu-dica, hanno l’obbiettivo dispingere alla danza, all’aggre-gazione, alla festa».

E’ ancora vero che le canzo-nette, al di la della loro qualità,raccontano il loro tempo?

«Non c’è dubbio, le canzo-nette raccontano il loro tempo,è un equazione matematica.Però bisogna distinguere tra

canzoni vere ecanzoni fal-se. Noi ab-biamo mi-gliaia diesempi dicanzoni as-solutamenteinutili, chenon hannoniente dentroe hanno ungrande succes-so perché è il lo-ro autore chepiace. Quandoun autore riescead avere una re-lazione forte conil pubblico è luiche conta, piùdelle sue canzoni.E’ importante,quindi, se si lascia

con la moglie o lei gli fa le corna,sono fattori determinanti allariuscita, al successo, alla popo-larità».

Questo, spesso, è più veronello star system americanoche in Italia…

«I personaggi americanihanno un successo extraterri-toriale e i loro comportamentisono rilevanti più della musicache fanno. Esprimono indi-pendenza, mancanza di limiti,si credono liberi, si vestono inun certo modo, si muovonocon gesti particolari, stabilisco-no parametri di appannaggiosessuale, e promuovono tutto

questo al di sopra della musicastessa. Ogni tanto vedo i video-clip, per documentarmi, e ve-do, ad esempio, la grande starche si comporta come se fossebellissima, e invece è bruttina,si veste malissimo e c’è chi lepalpa il culo, è terribile. Io cre-do che avendo un minimo diserietà sarebbe saggio metteredei limiti. Voglio dire che comenon puoi andare in strada aschiaffeggiare uno che ti sta an-tipatico, come non puoi per-metterti di fare tutto quello cheti pare, c’è bisogno di regole an-che in queste cose. Ci sono ge-sti che sono segno di deprava-zione, come quelli dei rappers:

spetto per le canzoni che ingag-giano motti per combattere ilpadrone o chi vuoi tu. Io hosempre avuto grandi dubbi sul-la canzone politica».

Lei di canzoni popolari ne hascritte molte. Lo ha fatto so-prattutto per divertimento?

«Tutto il mio periodo di suc-cesso popolare nascondevaquesto desiderio spudorata-mente ludico. Cucurucucu, adesempio, l’ho fatta in due mi-nuti, era un parafrasi di unacanzone celeberrima. Certo,anche in questi casi cerchi dimettere dentro cose di un certospessore, o che almeno io hoconsiderato tali. Ma non trovo

ERNESTO ASSANTE

LE IMMAGINILe copertine di dischi degli anni ’60 riprodot-te qui sottosono tratte dal libro “100 dischid’oro”, di Fernando Fratarcangeli, Coniglioeditore. Le altre immagini del sillabario sonocopertine di spartiti di canzoni famose chehanno partecipato alla competizione canoradi Sanremo e, in basso, un manifesto del Fe-stival

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LA REPUBBLICA 35SABATO 28 FEBBRAIO 2004 D I A R I O

Amori che finiscono o che nascono; amo-ri contrastati o furtivi, amori sovrastatidalla passione, o dalla gelosia. Il reperto-rio è ampio, direi quasi infinito, ma glistrati di pelle che lo compongono sonoquattro o cinque in tutto: la lontananza, lafuga, l’altra o l’altro minaccioso che ir-rompe nel rapporto di coppia e crea spac-cature insanabili, la sostituzione, ossiaimmaginarsi che ne è della nostra vitasenza più lei o lui. Tutto è governato dallanostalgia. qualche volta dall’ironia. Me-glio se beffarda.

«La canzonetta è un’esperienza socia-le. La si possiede singolarmente o in grup-

po. La cantiamo in casa o all’osteria. Re-stituirla con il ritmo giusto, con le parolegiuste, con la giusta atmosfera - in una pa-rola con intonazione corretta - suscitaammirazione in chi ascolta.

«Non so se esistono canzoni intelligen-ti e sceme. È probabile di sì. Ma non è suquesto piano che passa la differenza fon-damentale. Parole che recitate fanno rab-brividire, messe su un sottofondo musi-cale cambiano il respiro e la qualità. È unpiccolo miracolo estetico, di una esteticadi massa, dal quale mi è difficile staccar-mi.

«Fra tutte le canzoni, personalmenteamo quelle che cantavano gli esuli politi-ci, i perseguitati. Hanno il giusto tasso diretorica e in passato hanno aiutato a crea-re coesione. La musica in generale è coe-sione e identità di un popolo. Prima dellacanzonetta, questo ruolo è stato svoltodal melodramma».

Il manifesto dellascorsa edizione del“Festival dellaCanzoneItaliana”, dizioneufficiale della piùfamosa competizionemusicale italiana

La funzione più importantedella musica di consumo èforse tacitare il dolore nelpieno delle mediazioniuniversali, quasi che sivivesse ancora guardandosinegli occhiIntroduzione alla sociologiadella musica 1971

THEODOR W. ADORNO

Sorseggiavo un tè speziatoe passavo la notte adascoltare dischi. Era faciletrovare nei negozi di HighStreet la musica che tipiaceva. Queste notti ero inun mondo diversoIl Buddha delle periferie1990

HANIF KUREISHI

ROCK E POP ANNI ’50 E ’60 Con Elvis Presley il rhythm & blues nero sidiffonde tra il ricco pubblico bianco: è ilboom del rock and roll. Poi, negli anni ’60, ibritannici Beatles diventeranno unfenomeno su scala planetaria

LA PROTESTA E I CANTATUTORICon i folksinger, e poi con Bob Dylan eJoan Baez, si inaugura negli Usa lastagione del canto di protesta. In Italia,sempre negli anni ’60, nasce la grandestagione dei cantatutori

IL RAP ANNI ’70-‘80Nato sul finire degli anni ’70 è lo stilemusicale degli afroamericani statunitensi,elemento centrale della cultura hip-hopurbana nera. Il rap ha influenzato tutta lamusica popolare contemporanea

quello che chiama la sua agen-zia “Assassini Spa”, l’altro cheporta sempre la pistola. Non siincrimina, qui, la canzone, chesganciata da questi modelli chepuò essere anche carina, ma ipersonaggi che la promuovo-no. E’ come quando vediSchwarzenegger: che è davveroun gran fascista, lo si poteva giàcapire dai suoi film, dove eser-citava già la sua idea di sopraf-fazione, non era divertimento,non era un muscoloso buono».

Anche il rap è figlio dei tem-pi

«E’ vero, tutto cambia, non sipuò fermare niente. Seguiamotutti gli stessi modelli, a Catania

o a Lucca o in Giappone, i ra-gazzi sono tutti vestiti allo stes-so modo e cantano le stessecanzoni, non sai più dove sei,sono in pochi a urlare la loro di-versità in un epoca di globaliz-zazione cieca. Ma allo stessotempo è un’epoca meraviglio-sa, al di la dei problemi e dei pe-ricoli che pone, proprio per legrandi possibilità che ti mette adisposizione. Ad esempio timetti a lavorare in Internet etrovi qualsiasi cosa, hai vogliadi leggere qualcosa di interes-sante, non ti va di prendere unlibro e trovi articoli di GastonBachelard, e scopri cosa pensaquesto filosofo...».

Ho conosciuto un uomoche credeva di viverenelle canzoni di Lucio

Battisti. O, meglio, lui credevache le canzoni di Lucio Battistifossero la sua vita. «Libera-mente ispirate» alla sua vita,come si legge all’inizio di qual-che film (ma non nei dischi inquestione). Aldo, così si chia-mava, sosteneva di essere sta-to amico di Lucio fin dall’in-fanzia, di averlo messo a partedi ogni confidenza, senza vo-cali e senza consonanti, senzanascondersi, manifestandosi.Prime emozioni: amore, gelo-sia, amor di borghesia; illusio-ni («non è questione di cellule,ma della scelta che si fa, la miaè di non vivere a metà, io, co-munque io, comunque vada,sia molto in alto, che nella stra-da») e intime convinzioni («seè vero o no che credo in Dio»).Insieme, facevano grandiosiprogetti: nel libro dell’avveni-re salavano le parole e le figure.Lucio, diceva lui, prendeva ap-punti, seriamente, strimpella-va due accordi, annuiva, poiandava da Mogol, gli spiegavala situazione, quello arronzavae, di lì a tre mesi, usciva un al-bum che raccontava una nuo-va stagione della vita di Aldo. El’intellighentsia giù a discute-re se era “di destra o di sini-stra”. Anche dopo la fuga dalmondo di Lucio, assicurava Al-do, si erano tenuti in contatto.Lui, raccontava, era l’unicoammesso nel rifugio segreto,che mai svelò. Continuava adaggiornarlo e Lucio a prendereappunti. L’unica differenzaera che, alla fine, poi convoca-va Panella e quello, invece dicomporre, scomponeva, co-sicché Aldo riconosceva la suavita sì, ma come l’interprete diun film dopoché la pellicola èpassata nella sala montaggiodi un cieco.

Aldo aveva delusioni amo-rose a catena. Conosceva unaragazza e subito le giurava:

te», e continuava a camminarelasciandola attrice di ieri. A Al-do non importava se program-mare una vita in un giorno vuoldire morire quel giorno con te.La notte successiva si avviava aripetere lo schema con un’al-tra, dicendosi: «A quest’ora,cosa vuoi, mi va bene pure lei».

Giocavamo a pallone, maera il solito scarpone. Lavoravapoco, il suo vecchio editorel’ha sempre fatto arrabbiare. Sirese antipatico, sempre me-glio che ipocrita, ma le sue pa-role diventarono coltelli, sup-posizioni folli. Quando prese apugni un uomo solo perché erastato un po’ scortese nacquel’esigenza di sfuggirsi, per nonferirsi di più. Aveva, nella men-te i suoi tarli. Cercai di parlarglidi scuoterlo dalla sue fantasie,ma riuscii solo a dirgli: «Vedevinecessario che quanto vai in-ventando oggi non te lo ritro-vassi sempre vivido tra i pieditale e quale esatto nel reale coni particolari talmente precisiun domani da non credere chei fatti siano intrisi di te cosìprofondamente». Si fece unpianto, lacrimoni come len-zuola, poi si riprese, coi sorrisifece croquettes. «Lucio se n’èandato – disse – anch’io non hopiù senso». E s’avviò verso ilsuo ornamentale destino: sulpredellino salì sapendo chedurano soltanto i finali.

Preoccupato, dopo qualchetempo andai a cercarlo all’in-dirizzo a cui mi aveva detto diabitare. C’era un’unica porta,nessuna targa al campanello.Mi aprì una donna anziana, lamadre immaginai: indossavail suo vestito più bello, quellonero con i fiori non ancora ap-passiti. Alle sue spalle un uo-mo sensibile: portava perfinocalzoni dai risvolti umani. Ilpadre, pensai. Mi dissero che ilfiglio se n’era andato. Dove? Lamadre mise il dito sull’atlante,l’indice come un pulsante, ac-cese una nazione in cui, mi sa,a quell’ora era piena notte omolto nuvoloso. Raccontò chenon avrebbero mai voluto unaltro bambino, un arrivato co-struttore, un presidente daonorare, un uomo comunqueda invidiare. Stavo per andar-mene perplesso.

«Di vostro figlio non ho maisaputo neppure il cognome:era Aldo Ponche o Punch?». Ilpadre sorrise: «Né l’uno né l’al-tro e neppure Aldo. Aveva unnome molto bello, molto illesoche se lo ricordo si apre un fico,gelosamente arreso se lo dico.Per cui i nomi se li inventava: èstato Tristo Fato, Quinto Gra-do, Erminio Pasta e Pio Semi,Facoffi Borza e Aldo Ponche oPunch, ma nessuno di loro.Erano soltanto i suoi immagi-nari, equivoci amici. Quelli ve-ri eravate lei e il ragazzo con lachitarra».

«Quale ragazzo?». «Uno che veniva a trovarlo

da quando erano piccoli. A uncerto punto aveva una testacome un cespuglio, poi si ta-gliò i capelli e ingrassò. Scom-parivano di là, in camera, lisentivo strimpellare e ridere.Un giorno ho chiesto a mio fi-glio: ma cosa sei, un artista?».

«E cosa le rispose?» «L’artista non sono io, sono

il suo fumista».Il vero è nella memoria e nel-

la fantasia.

«Non sarà un’avventura». Do-po una notte d’amore, dolce-mente stanco come un medicoche ha operato fino al mattino,la svegliava porgendole fiorirosa, fiori di pesco e procla-mando: «Ora che quest’avven-tura sta diventando una cosavera, spero tanto tu sia since-ra». All’ora di pranzo la porta-va al mercato e le chiedeva didiventare sua moglie. Lei loguardava a occhi sbarrati. Luipensava: «Non vorrei aver sba-gliato la mia spesa, o la miasposa». Quando lei, incerta,balbettava: «Io vorrei, non vor-rei, ma se vuoi», lui, deluso,sentenziava: «Un affetto non siprova, s’indossa direttamen-

SPARTITOLo spartito di“Vecchioscarpone”,canzonedi gustonostalgicochepartecipò aSanremo nel1953

L’UOMO CHE CREDEVADI ESSERE LUCIO BATTISTI

SE UNA VITA IMITA I VERSI DI UN CANTAUTORE

GABRIELE ROMAGNOLI

IL CANTANTEDI JAZZUn ragazzoebreo, figlio diun cantore disinagoga,sogna didiventarecantante dijazz. E ciriuscirà. Ilprimo filmsonoro dellastoria delcinema con AlJolson, regiadi AlanCrosland, del1927

LA SIGNORADELLAPORTAACCANTOL’ “amourfou” tra dueex amanti chesi ritrovanocasualmentevicini di casa,scandito daitesti di alcunecanzonid’amore. DiFrançoisTruffaut, conGerardDepardieu eFanny Ardant.Del 1981

STRAZIAMIMA DI BACISAZIAMIL’amorecontrastatofra duegiovani diprovincia chesi sonodichiaratileggendositesti dicanzonette disuccesso.Regia di DinoRisi, con NinoManfredi, UgoTognazzi ePamela Tiffin.Del 1968

PAROLE,PAROLE,PAROLE…Commediasentimentalee degliequivoci. Concanzonifamose cheirrompono neidialoghi fra ipersonaggima con le vocioriginali deicantanti. Del1997, di AlainResnais, conSabineAzema

I FILMGLI AUTORIFranco Battiato, musicista e cantante nei suoidischi intitolati “Fleurs” ha riproposto vecchiecanzoni di successo. Edmondo Berselli è diret-tore della rivista “Il Mulino”. Giulio Giorello èfilosofo della scienza. Il brano di Nick Hornbyche appare nel “Sillabario” è tratto da “Alta Fe-deltà”, edito da Guanda.

Page 4: 2004-02-28 Canzonette

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40228

CSDODGDGDMI pm: perquisizioni necessarie. Il premier torna ad accusare la Prima Repubblica “infiltrata nelle istituzioni”. Casini la difende

Calcio, l’attacco di Berlusconi“Si va a uno Stato di polizia”. Ecco le carte sui bilanci in nero

CON REPUBBLICA

Il 54°volumedellaCollanadel fumettoa soli 4,90euro in più

Quell’Italia della canzonettaEDMONDO BERSELLI

ALZI la mano chi ricorda ecanticchia una canzonedelle ultime dieci edizioni

del Festival di Sanremo. Questoper dire che il dibattito sulla di-mensione storica e sociale delle“canzonette” è un esercizio permolti versi di archeologia cultu-rale. È vero che l’etichetta esattae implacabile di Paul McCart-ney, “silly love songs”, sciocchecanzoni d’amore, stride con i di-luvi di memoria che hanno inon-dato la mentalità di massa.

SEGUE A PAGINA 33ASSANTE, GNOLI e ROMAGNOLI

ALLE PAGINE 33, 34 e 35

I carabinieri dei Nas ordinanoil sequestro della struttura

“È pericolosoe sporco”

chiuso l’ospedaledi CatanzaroPANTALEONE SERGI

A PAGINA 21

Confermato Bonomi (Lega) alla presidenza. Il neo-ad: “Subito il nuovo piano di salvataggio”

Compromesso sull’Alitalia in crisiTocca a Zanichelli. Mengozzi: “Bisognava privatizzare”

Faccia a faccia tra i due candidatialla vigilia del supermartedì elettorale

Duello finaleKerry-Edwards

“Siamo noila coppia ideale

per battere Bush”ALBERTO FLORES D’ARCAIS

A PAGINA 17

IL GIOCO POPULISTADEL CAVALIERE

MASSIMO GIANNINI

SONO passati appena una decina di giorni dall’i-nizio della campagna “presidenziale” di Berlu-sconi, in vista delle europee e delle amministra-

tive di giugno, e l’impetuosa marcia del premier hagià lasciato sul campo una cospicua quantità di ma-cerie. La forza devastante della sua comunicazionepolitica cresce in misura inversamente proporziona-le alla debolezza deprimente della sua azione di go-verno. Per recuperare consensi, non può rivolgersi al-la testa degli elettori delusi, che non ci cascherebbe-ro: gli aveva promesso meno tasse e più ricchezza, gliha portato l’aumento dei tributi locali e la recessione.

SEGUE A PAGINA 15

IL DECLINO CHE LASCIAIL PAESE SENZA ALI

FEDERICO RAMPINI

ABITO in California: da due anni e mezzo non ci sonpiù voli diretti per l’Italia, da San Francisco e LosAngeles. Due settimane fa ero a Shanghai e per

andare a Milano ho dovuto fare scalo a Parigi volandocon Air France. Cina e California son due centri dellanuova economia globale: il Paese più popoloso del mon-do e con la più forte crescita del Pil; lo Stato americanocon la massima concentrazione di tecnologie avanzate.Sono destinazioni lontane e scomode per gl’italiani,mentre hanno collegamenti diretti e veloci con Londra,Parigi, Francoforte, perfino Amsterdam (scalo d’un Pae-se con meno d’un terzo degli abitanti dell’Italia). Il tra-collo dell’Alitalia è molto più d’un disastro aziendale.

SEGUE A PAGINA 15BOGO, BORRIELLO e TITO ALLE PAGINE 8 e 9

ROMA — Il giorno dopo le perquisizioni a tappetoche hanno scosso il mondo del calcio italiano, inter-viene Silvio Berlusconi che attacca: «È un’operazionestrana, si va allegramente verso uno Stato di polizia».Poi torna ad accusare «le infiltrazioni della Prima re-pubblica nelle istituzioni». Sul fronte delle indagini,ecco le carte che svelano i bilanci in nero dei club. I pmdicono: «Perquisizioni motivate».

BIANCHI, VINCI e ZUNINO ALLE PAGINE 2, 3 e 4

Interviene D’Alema. Interrogato Volpe

“Telekomora fuori

i mandanti”

La Commissione Telekom

ROMA — Massimo D’Alema inter-viene sul caso Telekom: «È stata unacalunnia costruita», e chiede che«ora vengano trovati i mandanti».Ed è tutto il centrosinistra a ripeterela richiesta di azzeramento dellaCommissione d’inchiesta. Ma ilpresidente della Camera Pier Ferdi-nando Casini ha dichiarato: «Lecommissioni hanno una particola-re autonomia, ma non vanno stru-mentalizzate a fini politici». Intantolungo interrogatorio in carcere peril faccendiere Volpe.

GIUSTETTI e JERKOVALLE PAGINE 6 e 7

Luca Cordero di Montezemolo TROPEA ALLE PAGINE 10 e 11

Dopo la vittoria all’Assolombarda resta l’unico candidato alla presidenza

Confindustria, Tognana si ritiravia libera a Montezemolo

John Kerry e John Edwards

DIARIO

Ritoccata al rialzo (2,4%)

L’Istatsi correggel’inflazionesale ancora

GRION A PAGINA 25

In Europa caloall’1,6%, ai minimida 4 anni. Palazzo

Chigi: colpa dell’euro

Il ministro dell’Interno Pisanu

“Non servonogli sceriffi

sugli aerei”

Giuseppe Pisanu

DOSSIER ALLE PAGINE 12 e 13

L’INTERVISTA

‘‘

,,

Preferiamo laprevenzione con unrigido controllo delle

fasi d’imbarco e illavoro d’intelligence

Dopo l’11settembretra i partner europeisono state assuntediverse iniziative

di sicurezza comuni

PAOLO GARIMBERTI

A PAGINA 13

Anche la maggioranza si spacca

La Lega critica il Papa“Inquietanti le sue frasi

in romanesco”LA ROCCA e POLITI A PAGINA 4

È in edicolail fumetto

“L’arte di Toppi”

Anno 29 - Numero 50 sabato 28 febbraio 2004€ 0,90 in Italia

SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,legge 662/96 - Roma.

PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Austria € 1,85; Belgio € 1,85; Canada $ 1; Danimarca Kr. 15; Finlandia € 2,00; Francia € 1,85; Germania € 1,85;Grecia € 1,60; Irlanda € 2,00; Lussemburgo € 1,85; Malta Cents 50;Monaco P. € 1,85; Norvegia Kr. 16; Olanda € 1,85; Portogallo € 1,20 (Isole

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