2004 02 26 Fidel Castro

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LA REPUBBLICA 41 GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2004 Poco più di mezzo secolo fa cominciò la rivoluzione castrista che si affermò nel 1959 Intervista a Guillermo Cabrera Infante Quell’utopia osannata a sinistra si è risolta in un fallimento G uillermo Cabrera Infante ha visto per l’ultima volta il suo paese il 3 ottobre del 1965. Quel giorno, sull’aereo che lo ripor- tava a Bruxelles, dove lavorava co- me attachè culturale dell’amba- sciata cubana, decise che non sa- rebbe più tornato all’Avana fino a quando Fidel Castro sarebbe rima- sto al potere «semplicemente per- ché, come decine di in- tellettuali e artisti cu- bani dopo di me, avevo capito che non sarei più stato libero né di scrivere, né di parlare. Anzi, che non sarei sta- to neppure più libero di pensare». Autore di due romanzi straordinari (Tre tristi tigri e L’Ava- na per un infante defunto), nel 1959 Cabrera aveva abbracciato la Rivo- luzione come tanti giovani della sua generazione. Nominato diret- tore di “Lunes de Revolucion”, la ri- vista culturale dei “barbudos”, venne costretto a dimettersi dalla “censura rivoluzionaria” nel 1961, anno in cui lasciò per la prima vol- ta l’isola accettando l’incarico di- plomatico in Belgio. Nel 1965 fuggì in esilio prima in Spagna, dove il re- gime franchista rifiutò di concede- re a lui e alla sua famiglia l’asilo po- litico, e poi in Gran Bretagna, a Lon- dra, dove, ormai quarant’anni do- po, vive tutt’ora. Lei fu tra i primi intellettuali di sinistra cubani a fuggire in cerca di libertà mentre in Europa e in Ame- rica Latina artisti, scrittori e gior- nalisti, compivano il cammino in- verso schierandosi dalla parte di Fidel Castro, un dittatore che alcu- ni di loro ancora difendono«Per quattro decenni questi cac- ciatori di utopie mascherate da fu- turo hanno chiuso gli occhi di fron- te alla realtà, hanno fatto finta di non vederla inseguendo chissà quale arcobaleno. Quando Castro finalmente cadrà e i suoi orrori non potranno più essere nascosti, cer- cheranno un’altra utopia, un’altra isola dove addormentarsi con le lo- ro illusioni. Dal 1959 i sogni degli intellettuali europei, a Cuba non sono altro che incubi». Come descriverebbe la situa- zione attuale dell’isola e questa agonia di un paese dove, anche la maggior parte dei membri della nomenclatura al potere, sembra- no soltanto in attesa della “solu- zione biologica”, dell’uscita di sce- na “naturale” di Castro? «La situazione attuale di Cuba si può misurare con l’opportunismo di Fidel Castro che pur di restare al potere è disposto a fare qualunque cosa. Negli ultimi 45 anni il suo uni- co contributo all’ideologia sociali- sta è l’eterno slogan di “Patria o Morte”. Però si è sempre riservan- do per sé la parte di “patria” e ha la- sciato a tutti gli altri la “morte”. Più diventa lunga l’agonia del suo regi- me, più diventa evidente il suo ca- rattere immorale. La soluzione bio- logica passa attraverso la morte di Fidel Castro, ma in ogni caso, come dice un proverbio spagnolo, questa agonia del regime sarà sempre troppo lunga e il cambiamento ar- riverà sempre troppo tardi. Anche se, evidentemente, Fidel Castro è mortale, come tutti gli uomini». Per molto tempo, e in qualche misura anche oggi, il mito che si è generato intorno alla rivoluzione cubana ha occultato la verità sul regime. In fondo, ancora adesso, ci sono persone che, nei riguardi di Castro, pensano: “è un dittatore però è antiamericano”«Il mito dell’ideologia comuni- sta ha favorito l’occultamento del- la reale natura del castrismo ma or- mai credo che la verità si stia imponendo ovunque». Che cosa la convin- se a fuggire? «La svolta totalita- ria, la censura, i pro- cessi e le condanne contro gli oppositori politici che avevano partecipato alla guerriglia. Come molti cubani credetti nelle buone intenzioni di Castro fino a quando, dopo averle promesse per aprirsi la strada verso il potere, non disse che le elezioni democratiche erano su- perflue. Tardai qualche anno nel disfarmi dei legami perché è molto più difficile abbandonare il proprio paese che rinunciare all’apparte- nenza ad un partito. E, per me, a quell’epoca, uscire dal partito po- teva significare solo l’esilio, un lunghissi- mo esilio». Uno degli aspetti meno conosciuti della dittatura cubana ri- guarda i sistemi di controllo e il modo in cui, con la politica del “bastone e la carota”, ha costruito forme molto sofisti- cate di consenso politico. Che cosa ne pensa? «Che c’è stata una politica op- portunista che è diventata un vero e proprio sistema. La sua politica va molto al di là della semplice dicoto- mia del “bastone e la carota” con la quale si sono festeggiati i suoi falsi successi. Grazie alla propaganda e al beneficio del dubbio che in Euro- pa gli è stato sempre concesso la sua immagine ha conservato aspetti positivi anche per i demo- cratici più onesti. Ma non è così. Castro ha sempre fucilato i suoi ne- mici o li ha costretti all’esilio. E, mentre vendeva la favola del gover- no di una piccola isola perseguita- to da un nemico grande e potente (l’America), ha trasformato Cuba in un enorme campo di concentra- mento e, in alcuni casi, di stermi- nio. Le misure di controllo della po- polazione, per le quali il regime spende la maggior parte delle sue risorse, sono incredibili anche se soltanto coloro che le subiscono riescono a percepirle. Il sistema politico, i servizi segreti, le forme di repressione delle libertà indivi- duali, i gulag dove sono imprigio- nati i dissidenti politici. Ognuna di queste cose è stata copiata, letteral- mente copiata, dall’Unione Sovie- tica». Come giudica la politica dell’U- nione Europea nei confronti di Cuba? «Penso che per trop- po tempo è stato con- cesso a Fidel Castro un aiuto e un sostegno economico ingiustifi- cato. Ora, finalmente, l’Unione Europea non ha potuto chiudere gli occhi davan- ti ai suoi ultimi crimini contro il po- polo cubano. Un anno fa, Fidel Ca- stro, ha approfittato della confu- sione internazionale prodotta dal- la guerra in Iraq per mettere in car- cere i dissidenti più pericolosi per la continuità del suo regime. Ha se- guito, come sempre, (e mi riferisco- no in particolare al caso del poeta Raul Rivero, condannato per crimi- ni che non ha mai commesso), la politica della menzogna e della persecuzione degli avversari politi- ci». Come s’immagina il futuro del- l’isola? In questi mesi a Cuba si no- ta una intensificazione del con- trollo delle Forze armate. Si parla di continui rastrellamenti ma- scherati da prove di difesa nazio- nale contro una invasione ameri- cana? «La maggior parte delle misure prese dal governo sono azioni pre- ventive di controllo del paese in ca- so di morte di Fidel Castro. Sono le prove generali. Fidel ha promesso la “mano dura” pur di garantire un futuro al regime e pensa di lasciare il potere a suo fratello Raul. Questo vuol dire semplicemente che l’e- sercito, che Raul controlla dal suo ministero, prenderà il potere con maggior forza di quella impiegata finora. Ma penso che dobbiamo ri- cordarci dell’esempio di un altro ti- ranno e di un altro regime. Anche Francisco Franco disse, prima di morire, che ogni cosa, ossia la con- tinuità del potere dopo di lui, era stata “legata e ben legata”. E quan- to durò? Un regime personale è molto più vulnerabile di qualsiasi democrazia, anche della più debo- le. Ciò che Fidel Castro cerca è una garanzia di continuità dopo la sua morte. Naturalmente è impossibi- le che la ottenga. Nonostante speri di lasciare ogni variabile prevista, e il suo regime ben solido, molto me- glio di Franco». UN BILANCIO DI REPRESSIONE ESILIO, CARCERE E MORTE LA PRIMA volta che lo vidi con questi miei occhi misericordio- si fu proprio in quell’anno gran- de e incerto del 1959. Allora aveva trentadue anni ed era ossuto e pallido, con la stessa barba da adolescente che non si è mai infittita, e dava l’impressione che il suo corpo non potesse contenere quella forza fisica e quel- la volontà granitica, ma qualcosa nello sguardo tradiva la debolezza recondita di un cuore infantile. Erano i tem- pi della didattica ossessiva e implacabile, quando ap- pariva in televisione senza preavviso per spiegare un problema concreto e difficile della Rivoluzione inci- piente, e parlava senza tregua dalle quattro di pome- riggio a mezzanotte, senza bere un goccio d’acqua, senza concedere a nessuno nemmeno una pausa per orinare, e sezionava la questione e la rivoltava al dritto e al rovescio fino a renderla di una semplicità elemen- tare, mentre le signore cubane prendevano la cioc- colata con i biscotti e completavano i loro ardui la- vori a punto e croce davanti alla televisione. GABRIEL GARCIA MARQUEZ CASTRO. Illungoautunnodeldittatore CASTRO CASTRO OMERO CIAI D IA R IO di CHE COSA RESTA DEL REGIME CUBANO

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LA REPUBBLICA 41GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2004

Poco più dimezzo

secolo facominciò larivoluzione

castristache si

affermò nel1959

Intervista aGuillermoCabreraInfanteQuell’utopiaosannataa sinistra si èrisolta in unfallimento

Guillermo Cabrera Infante havisto per l’ultima volta il suopaese il 3 ottobre del 1965.

Quel giorno, sull’aereo che lo ripor-tava a Bruxelles, dove lavorava co-me attachè culturale dell’amba-sciata cubana, decise che non sa-rebbe più tornato all’Avana fino aquando Fidel Castro sarebbe rima-sto al potere «semplicemente per-ché, come decine di in-tellettuali e artisti cu-bani dopo di me, avevocapito che non sareipiù stato libero né discrivere, né di parlare.Anzi, che non sarei sta-to neppure più libero dipensare». Autore di due romanzistraordinari (Tre tristi tigri e L’Ava-na per un infante defunto), nel 1959Cabrera aveva abbracciato la Rivo-luzione come tanti giovani dellasua generazione. Nominato diret-tore di “Lunes de Revolucion”, la ri-vista culturale dei “barbudos”,venne costretto a dimettersi dalla“censura rivoluzionaria” nel 1961,anno in cui lasciò per la prima vol-ta l’isola accettando l’incarico di-plomatico in Belgio. Nel 1965 fuggìin esilio prima in Spagna, dove il re-gime franchista rifiutò di concede-re a lui e alla sua famiglia l’asilo po-litico, e poi in Gran Bretagna, a Lon-dra, dove, ormai quarant’anni do-po, vive tutt’ora.

Lei fu tra i primi intellettuali disinistra cubani a fuggire in cerca dilibertà mentre in Europa e in Ame-rica Latina artisti, scrittori e gior-nalisti, compivano il cammino in-verso schierandosi dalla parte diFidel Castro, un dittatore che alcu-ni di loro ancora difendono…

«Per quattro decenni questi cac-ciatori di utopie mascherate da fu-turo hanno chiuso gli occhi di fron-te alla realtà, hanno fatto finta dinon vederla inseguendo chissàquale arcobaleno. Quando Castrofinalmente cadrà e i suoi orrori nonpotranno più essere nascosti, cer-cheranno un’altra utopia, un’altraisola dove addormentarsi con le lo-ro illusioni. Dal 1959 i sogni degliintellettuali europei, a Cuba nonsono altro che incubi».

Come descriverebbe la situa-zione attuale dell’isola e questaagonia di un paese dove, anche lamaggior parte dei membri dellanomenclatura al potere, sembra-no soltanto in attesa della “solu-zione biologica”, dell’uscita di sce-na “naturale” di Castro?

«La situazione attuale di Cuba sipuò misurare con l’opportunismodi Fidel Castro che pur di restare alpotere è disposto a fare qualunque

cosa. Negli ultimi 45 anni il suo uni-co contributo all’ideologia sociali-sta è l’eterno slogan di “Patria oMorte”. Però si è sempre riservan-do per sé la parte di “patria” e ha la-sciato a tutti gli altri la “morte”. Piùdiventa lunga l’agonia del suo regi-me, più diventa evidente il suo ca-rattere immorale. La soluzione bio-logica passa attraverso la morte diFidel Castro, ma in ogni caso, comedice un proverbio spagnolo, questaagonia del regime sarà sempretroppo lunga e il cambiamento ar-riverà sempre troppo tardi. Anchese, evidentemente, Fidel Castro èmortale, come tutti gli uomini».

Per molto tempo, e in qualchemisura anche oggi, il mito che si ègenerato intorno alla rivoluzionecubana ha occultato la verità sulregime. In fondo, ancora adesso, ci

sono persone che, nei riguardi diCastro, pensano: “è un dittatoreperò è antiamericano”…

«Il mito dell’ideologia comuni-sta ha favorito l’occultamento del-la reale natura del castrismo ma or-mai credo che la veritàsi stia imponendoovunque».

Che cosa la convin-se a fuggire?

«La svolta totalita-ria, la censura, i pro-cessi e le condannecontro gli oppositoripolitici che avevanopartecipato alla guerriglia. Comemolti cubani credetti nelle buoneintenzioni di Castro fino a quando,dopo averle promesse per aprirsi lastrada verso il potere, non disse chele elezioni democratiche erano su-

perflue. Tardai qualche anno neldisfarmi dei legami perché è moltopiù difficile abbandonare il propriopaese che rinunciare all’apparte-nenza ad un partito. E, per me, aquell’epoca, uscire dal partito po-

teva significare solol’esilio, un lunghissi-mo esilio».

Uno degli aspettimeno conosciuti delladittatura cubana ri-guarda i sistemi dicontrollo e il modo incui, con la politica del“bastone e la carota”,

ha costruito forme molto sofisti-cate di consenso politico. Che cosane pensa?

«Che c’è stata una politica op-portunista che è diventata un veroe proprio sistema. La sua politica va

molto al di là della semplice dicoto-mia del “bastone e la carota” con laquale si sono festeggiati i suoi falsisuccessi. Grazie alla propaganda eal beneficio del dubbio che in Euro-pa gli è stato sempre concesso lasua immagine ha conservatoaspetti positivi anche per i demo-cratici più onesti. Ma non è così.Castro ha sempre fucilato i suoi ne-mici o li ha costretti all’esilio. E,mentre vendeva la favola del gover-no di una piccola isola perseguita-to da un nemico grande e potente(l’America), ha trasformato Cubain un enorme campo di concentra-mento e, in alcuni casi, di stermi-nio. Le misure di controllo della po-polazione, per le quali il regimespende la maggior parte delle suerisorse, sono incredibili anche sesoltanto coloro che le subiscono

riescono a percepirle. Il sistemapolitico, i servizi segreti, le forme direpressione delle libertà indivi-duali, i gulag dove sono imprigio-nati i dissidenti politici. Ognuna diqueste cose è stata copiata, letteral-mente copiata, dall’Unione Sovie-tica».

Come giudica la politica dell’U-nione Europea nei confronti di

Cuba?«Penso che per trop-

po tempo è stato con-cesso a Fidel Castro unaiuto e un sostegnoeconomico ingiustifi-cato. Ora, finalmente,l’Unione Europea non

ha potuto chiudere gli occhi davan-ti ai suoi ultimi crimini contro il po-polo cubano. Un anno fa, Fidel Ca-stro, ha approfittato della confu-sione internazionale prodotta dal-la guerra in Iraq per mettere in car-cere i dissidenti più pericolosi perla continuità del suo regime. Ha se-guito, come sempre, (e mi riferisco-no in particolare al caso del poetaRaul Rivero, condannato per crimi-ni che non ha mai commesso), lapolitica della menzogna e dellapersecuzione degli avversari politi-ci».

Come s’immagina il futuro del-l’isola? In questi mesi a Cuba si no-ta una intensificazione del con-trollo delle Forze armate. Si parladi continui rastrellamenti ma-scherati da prove di difesa nazio-nale contro una invasione ameri-cana?

«La maggior parte delle misureprese dal governo sono azioni pre-ventive di controllo del paese in ca-so di morte di Fidel Castro. Sono leprove generali. Fidel ha promessola “mano dura” pur di garantire unfuturo al regime e pensa di lasciareil potere a suo fratello Raul. Questovuol dire semplicemente che l’e-sercito, che Raul controlla dal suoministero, prenderà il potere conmaggior forza di quella impiegatafinora. Ma penso che dobbiamo ri-cordarci dell’esempio di un altro ti-ranno e di un altro regime. AncheFrancisco Franco disse, prima dimorire, che ogni cosa, ossia la con-tinuità del potere dopo di lui, erastata “legata e ben legata”. E quan-to durò? Un regime personale èmolto più vulnerabile di qualsiasidemocrazia, anche della più debo-le. Ciò che Fidel Castro cerca è unagaranzia di continuità dopo la suamorte. Naturalmente è impossibi-le che la ottenga. Nonostante speridi lasciare ogni variabile prevista, eil suo regime ben solido, molto me-glio di Franco».

UN BILANCIODI REPRESSIONEESILIO, CARCEREE MORTE

LA PRIMA volta che lo vidi conquesti miei occhi misericordio-si fu proprio in quell’anno gran-

de e incerto del 1959. Allora aveva trentadue anni ed eraossuto e pallido, con la stessa barba da adolescenteche non si è mai infittita, e dava l’impressione che il suocorpo non potesse contenere quella forza fisica e quel-la volontà granitica, ma qualcosa nello sguardo tradivala debolezza recondita di un cuore infantile. Erano i tem-pi della didattica ossessiva e implacabile, quando ap-pariva in televisione senza preavviso per spiegare unproblema concreto e difficile della Rivoluzione inci-piente, e parlava senza tregua dalle quattro di pome-riggio a mezzanotte, senza bere un goccio d’acqua,senza concedere a nessuno nemmeno una pausa perorinare, e sezionava la questione e la rivoltava al drittoe al rovescio fino a renderla di una semplicità elemen-tare, mentre le signore cubane prendevano la cioc-colata con i biscotti e completavano i loro ardui la-vori a punto e croce davanti alla televisione.

GABRIEL GARCIA MARQUEZ

CASTRO.

Il lungo autunno del dittatoreCASTROCASTRO

OMERO CIAI

DIARIOdi

CHE COSA RESTA DEL REGIME CUBANO

Page 2: 2004 02 26 Fidel Castro

42 LA REPUBBLICA GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2004D I A R I O

LE TAPPE

PRINCIPALI

IL REGIME DI BATISTA 1952-1959

Nel 1952 il sergente Fulgencio Batistaprende il potere con un colpo di Stato.Durante il suo regime Batista sospende legaranzie costituzionali e dà l’avvio a vere eproprie esecuzioni di massa

LA RIVOLUZIONE 1959

Dopo una guerriglia durata tre anni nellanotte di capodanno i rivoluzionaricostringono Batista alla fuga. Un mesedopo Castro è nominato primo ministro: èla vittoria della rivoluzione cubana

LA BAIA DEI PORCI 1961

Il 17 aprile 1500 mercenari appoggiatidagli Usa, sbarcano sull’isola, nella Baiadei Porci, con lo scopo di raggiungerel’Avana e rovesciare il regime castrista.L’azione fallisce

LO SPORTFidel Castro

ama mostrarsimentre pratica

diversi sport(basket,

baseball, golf).Qui sopra

gioca a pingpong fra

alcuni studentistatunitensinell’ottobre

del 1963

AMICIZIAUn

francobolloche celebra

l’amicizia traCuba e

l’UnioneSovietica inoccasionedella visitadi Leonid

Breznev nel1974

A CENA CON FIDELUOMO SOLO AL COMANDO

L’INCONTRO A CUBA FRA IL GRANDE DRAMMATURGO E IL LÍDER MAXIMO

ARTHUR MILLER

I LIBRI

VOLKER

SKIERKA

Fidel,Fandango2003

CLAUDIA

FURATI

La storia miassolverà, IlSaggiatore2002

JOSE

LATOUR

Lontano daCuba, Rizzoli2000

GUILLERMO

CABRERA

INFANTE

Mea Cuba, IlSaggiatore1997

ANGELO

TRENTO

Castro eCuba. Dallarivoluzione aoggi, Giunti1998

ROBERTO

MASSARI

Storia diCuba: societàe politca dalleorigini allarivoluzione,EdizioniAssociate1987

PIERRE

GALENDORF

Un comunistanelle prigionidi FidelCastro,Sugarco1978

LEONARDO

PADURA

FUENTES

Passatoremoto,Tropea 1999

ARTURO

ARANGO

Listad’attesa, Fazi2001

JOSÉ

LEZAMA

LIMA

Paradiso,Einaudi 2001

ALVAR

GONZALES

PALACIOS

Le tre età,Longanesi1999

L’arcangelo Gabriele appare

nel cielo sopra l’Avana. Le

guardie del corpo svegliano

Castro e allora lui monta su un

elicottero e sale in cielo

Underworld1997

DON DE LILLO

Quasi tutte le foto di Castro

sono scattate dal segretario-

medico, perché soltanto un

medico fotografo rispetta il

segreto professionale assoluto

E Dio entrò all’Avana1999

MANUEL VAZQUEZ MONTALBAN

(segue dalla prima pagina)

All’epoca del nostro incon-tro, il futuro di Cuba era ilgrande punto interrogativo

per chi aveva a cuore il paese. Il no-stro gruppo non faceva eccezione.Ne facevano parte, oltre mia mo-glie e ed io, William Luers, ex diret-tore del Metropolitian Museum ofArts di New York, nonché amba-sciatore, prima in Venezuela quin-di in Cecoslo-vacchia, suamoglie, Wendy,attivamente im-pegnata nellacampagna per ilrispetto dei di-ritti umani, il ro-manziere Wil-liam Styron conla moglie Rose,l’agente lettera-rio Morton Jank-low e sua moglieLinda, e PattyCisneros, pro-motrice unafondazione fi-lantropica per las a l v a g u a r d i adella culturaamazzonica. Gli unici insieme ame a non parlare spagnolo eranogli Styron e gli Janklow.

Avendo in programma di faresemplicemente i turisti e incontra-re forse qualche scrittore, fummocolti di sorpresa, il giorno dopo ilnostro arrivo, dall’invito di Castroa cenare con lui. In seguito sco-primmo che l’artefice di questaospitalità era stato con tutta pro-babilità Gabo (Gabriel García Mar-quez) , amico e sostenitore di Ca-stro, nonché amico di Bill Styron.Personalmente nutrivo, come glialtri, grande curiosità nei confron-ti di Castro, ma improntavo le mieaspettative ad una certa prudenza.

Al nostro arrivo al Palazzo dellaRivoluzione per la cena, a mia mo-glie venne immediatamente chie-sto di consegnare la sua Leica pri-ma dell’incontro con Castro. L’uo-mo che la prese in consegna la la-sciò cadere dall’alto cestino sul pa-vimento di pietra. Il palazzo è instile pre-Castro, molto moderno edi un’opulenza aggressiva, con pa-reti di pietra nera e lucidi pavi-menti a scacchi, il tutto curatissi-mo. Fummo introdotti in un’anti-camera che conduceva alla sala dapranzo e ad un tratto ecco Castro,non in uniforme, come apparesempre nelle foto, ma in un gessa-to blu che, non stirato com’era,non doveva essere stato indossatomolto spesso. Malgrado l’abito, lamia prima impressione fu che senon fosse stato un rivoluzionarioavrebbe potuto essere benissimouna star del cinema. Possedevaquel totale egocentrismo quel bi-sogno di amore e di intesa e l’op-primente sete di potere che si ac-compagna all’approvazione gene-rale. Nell’affollata anticamera imembri del suo entourage comeaccade ovunque con gran parte deileader, mostrarono somma cor-dialità ed era immediatamentepercepibile la loro assoluta sotto-missione al leader. Comunque sia,Castro (all’epoca settantaquat-trenne) è un personaggio affasci-nante e avrebbe potuto forse averesuccesso sul grande schermo.

Luers, che fungeva da capo-gruppo, ci presentò in spagnolo eGabo aggiunse qualche parola permeglio chiarire a Castro le nostreidentità. García Marquez è decisa-mente basso di statura mentre ilresto di noi uomini superava l’unoe ottanta, così guardava noi e Ca-stro da sotto in su come un nuovoscolaro, più piccolo degli altri. Gra-

zie al suo rapporto di amicizia conStyron e al suo inglese la conversa-zione tra loro due, Castro, Luers esua moglie Wendy, Patty Cisnerose Inge, prese subito il via in un fra-stornante brusio. Ad un tratto Ca-stro mi guardò sopra le teste deglialtri e quasi urlando mi chiese:«Quando è nato?».

«Il 17 ottobre 1915», risposi, dis-simulando lo stupore.

Castro allora si puntò alla tem-pia destra l’indice affusolato. Cad-de il silenzio. Con l’indice semprepuntato, il suo volto assunse un’e-spressione di penetrante acume.Rilevai una forzatura, ma poi mivennero in mente i ritratti del Ca-valiere dalla Triste Figura di Cer-vantes, gli occhi al cielo, la barbaincolta, le sopracciglia oblique,l’oscura antica mestizia spagnola,e Castro iniziò ad apparirmi natu-rale. Alzò il dito come un inse-gnante severo. «Lei ha 11 anni, cin-que mesi e quattordici giorni più dime» (Non ricordo le cifre esatte,ma dovrebbe tornare). Festosiscoppi di risa distesero l’atmosfe-ra. Questa dimostrazione della suaabilità nel calcolo aveva un che dicommovente e vi si leggeva unavolta di più la brama infantile di es-sere al centro dell’attenzione. Pen-

sai a come aveva idolatrato He-mingway, un’altra star che, ne so-no certo, provò la stessa urgenzainteriore. Era facile immaginarequanto dovessero stimarsi a vicen-da.

Poi, con una luce maligna negliocchi, Castro si rivolse a WendyLuers. A metà pomeriggio ella ciaveva fatto trasbordare tutti dalminibus fornito dal governo in deitaxi, che ci avevano condotto a ca-sa di un dissidente, Elizardo San-chez. Lì prendemmo atto di unarealtà piuttosto ovvia, cioè che no-nostante i ripetuti arresti per la ste-sura e la distribuzione di pubblica-zioni anti-governative, Sanchezera al momento libero, ma privo diqualunque ravvisabile influenza.Pur consapevole che la sua abita-zione era controllata da microspiesi sentiva libero di dire tutto ciò chevoleva, tanto le sue posizioni eranoben note. Se mai avessimo imma-ginato di essere in incognito, subi-to saremmo stati strappati alle no-stre illusioni dall’amichevole ca-meraman televisivo che ci foto-grafò in strada quando andammovia. Tutto per aver preso il taxi alposto del pulmino del governo.

Rivolto quindi in primo luogo aWendy Luers, Castro, chinandosi,

mezza avvertii i primi segni distanchezza e mi sovvenne che Ca-stro, che sembrava acquistareenergia ad ogni istante, amava sta-re in piedi tutta la notte perché dor-miva per gran parte del giorno.Non ero il solo ad essere semprepiù spossato, l’entourage, che in-dubbiamente aveva più volteascoltato i suoi racconti e le suebattute in precedenza, faceva fati-ca a tenere gli occhi aperti. Si fecemezzanotte e mezzo, e inevitabil-mente l’una e mezzo, e Castrosprizzava energia, grazie forse allesue speciali pillole vitaminiche (in

seguito ne diede unsacchetto a ciascu-no di noi). Vidi cheGarcia Marquez siera appisolato, im-pettito sulla sedia.Castro ormai eradecollato, portatoin volo da una sortadi esaltato esibi-zionismo. Che sitrattasse di unascoperta scientifi-ca perfettamentenota o di una

qualsivoglia intelligenteintuizione, Castro ne parlava co-me se la stesse esponendo perso-nalmente per la prima volta. Ma inmodo affascinante, non privo diironica autocritica, e di un certospirito. Continuava inesorabile,chiaramente ansioso di invadere ilpiù possibile lo spazio intorno. Co-me poteva essere altrimenti, riflet-tei, dal momento che era capo distato da quasi mezzo secolo, mol-to più a lungo di qualunque re opresidente dell’era moderna, ec-cetto forse l’imperatore FrancescoGiuseppe d’Austria. Che effettoaveva prodotto il suo interminabi-le dominio sui cubani, molti deiquali non erano neppure natiquando prese il potere? In realtà inoccasione del nostro incontro congli scrittori avevo chiesto notiziesul genere di passaggio che atten-deva il paese, da Castro a chi o co-sa gli fosse succeduto, ma il disagiotra i presenti era tangibile e nessu-no si arrischiò a rispondere. Men-tre stavamo andando via un tiziomi si accostò e mi disse: «L’unicasoluzione è biologica».

Giunti alle due del mattino miresi conto che quella briosa loco-motiva era capace di aspettarsi cherestassimo fino all’alba. Preda diun disperato bisogno di sonno,prima di riflettere alzai la mano e

disse : «Ci è giunta voce che sietespariti tutti quanti per un paio d’o-re oggi pomeriggio. Siete andati afar compere?». Un lampo di feroceironia gli balenò sul volto primache si unisse alla nostra risata. An-dammo quindi a cena.

C’erano dei gamberi fantastici euno spettacolare arrosto di maiale,per cui i cubani vanno famosi. (Ca-stro però mangiò solo verdure, in-tenzionato a vivere in eterno). I

membri del no-stro gruppo era-no seduti me-scolati a cubani,ministri di go-verno e funzio-nari, molti deiquali donne.Styron sedevaaccanto a Castroe alla sua favolo-sa interprete si-multanea, che loassiste ormai daun quarto di se-colo. Il tavolo eraal centro di ungiardino tropi-cale di plastica,splendidamen-te illuminato,

pensato forse per ricordare lagiungla da cui aveva preso il via larivoluzione.

Divenne presto chiaro che inluogo di una conversazione ciaspettava una serie di approcci piùo meno ufficiali a svariate idee sca-turite dalla mente del leader. Essesfuggono in gran parte alla miamemoria, ma ricordo l’espressio-ne severa che Castro assunse ad untratto parlando della stupida osti-nazione mostrata dai russi in ognicircostanza e l’imitazione che fecedelle loro voci da basso quando in-sistevano su alcune assurde asser-zioni contro ogni evidenza. Sem-brava rimproverare loro soprat-tutto un comporta-mento sleale, equi-parato a perfidia, pernon aver tenuto durocome era dovere deiveri rivoluzionari.Ma Luers, che il gior-no dopo avrebbe avu-to con Castro unaconversazione durataore, apprese che ilmaggior motivo di re-criminazione era il ri-fiuto da parte sovieticadi sostenere i tentatividi Castro tesi a scatenare rivoluzio-ni in vari paesi dell’America Latinae altrove. I russi volevano evitare ilconfronto con gli Usa e, ai suoi oc-chi, erano spregevoli antirivolu-zionari.

Durante la cena Castro lanciòun paio di frecciate alla Cia e ai nu-merosi tentativi compiuti per as-sassinarlo ma ostentò di essernepiù divertito che irritato, se non al-tro perché si erano ritorti contro gliamericani. Non sfuggiva inoltre inlui un certo atteggiamento confi-denziale, persino arrogante neiconfronti dell’America. Quasi co-me se Cuba fosse la grande poten-za e l’America una sorta di impre-vedibile adolescente che periodi-camente tirava sassi alle sue fine-stre. Si dice tuttavia che Castro nondorma mai due sere di seguito nel-la stessa casa e che solo un nume-ro assai ristretto di individui sia aconoscenza dei suoi movimenti.Ciò che ricordo bene è che dopoaver sfogliato un libro di fotografiedi Inge, donatogli quella sera, or-dinò immediatamente che le fosserestituita la macchina. E non si op-pose a che lei lo fotografasse pertutto il resto della serata.

Ci eravamo seduti a tavola allenove e mezza circa. Alle undici e

‘‘

,,

La sua impetuosa

ascesa al potere

sembrò all’inizio

portare una ventata

d’aria pulita

‘‘

,,

Una volta dileguato il

fumo rivoluzionario

emerse una realtà

diversa fatta di

durissima repressione

Page 3: 2004 02 26 Fidel Castro

LA REPUBBLICA 43GIOVEDÌ 26 FEBBRAIO 2004 D I A R I O

L’ADDIO DI CHE GUEVARA 1965Il 2 ottobre nasce il partito comunistacubano. Il giorno dopo Castro legge inpubblico l’addio di Guevara a Cuba. Il Chevuole portare la rivoluzione in Bolivia doveverrà ucciso nell’ottobre 1967

LA NUOVA COSTITUZIONE 1976Nel 1976 Castro assume la carica dipresidente del Consiglio di Stato e l’annodopo diventa anche il capo militare. Nel1980 120mila cubani fuggono all’esterodurante una momentanea liberalizzazione

Fidel Castro era una figura non

inconsueta: un giovane

carismatico, che proveniva da

una buona famiglia, con idee

politiche piuttosto confuse

Il secolo breve1994

ERIC J. HOBSBAWM

La rivoluzione castrista iniziò

dopo il 1959. E, con essa,

iniziava un nuovo terrore…

Bastava una delazione e la

gente veniva fucilata

Prima che sia notte1993

REINALDO ARENAS

dissi: «Presidente la prego, mi per-doni, ma ricorderà di aver detto alnostro arrivo che io avevo 11 anni,cinque mesi e 14 giorni più di lei».Mi bloccai, colpito dal suo improv-viso sguardo sorpreso e persinolievemente allarmato per l’inter-ruzione. «Ormai i giorni sono di-ventati 15».

Alzò le mani. «Ho passato il se-gno». Con una risata si alzò, po-nendo fine alla cena. Accomiatan-doci fummo applauditi in stradadalla scorta riconoscente.

Il giorno dopo eravamo a pran-zo in aperta campagna, sulla ve-randa del rustico edificio sede diun istituto di rimboschimento chenegli anni aveva piantato centi-naia di acri di alberi di svariate spe-cie sui dolci rilievi circostanti. L’a-ria era pura e il silenzio ristoratore.All’improvviso si udì un rombo dimotori e in una nuvola di polveretre grandi Mercedes ultimo mo-dello frenarono la loro corsa, laporta dell’auto al centro si spa-lancò e ne uscì Castro, stavolta inuniforme verde. Salì sulla verandatra i saluti generali, prese una sediae si accomodò.

Il fulcro del suo interesse sem-brava questa volta essere Styron.Castro gli chiese di elencare i mi-

gliori autori americani, ma del di-ciannovesimo secolo, spiegandocon un sorriso che voleva evitare distimolare il nostro istinto compe-titivo.

Non aveva mai studiato seria-mente la letteratura americana,disse, e ne sapeva molto poco.Questa ammissione suonò strana,visto lo status di icona attribuito adHemingway a Cuba, la sua abita-zione trasformata in un vero e pro-prio santuario. In effetti portava ainterrogarsi se per Castro l’ideache il nemico abbia una letteratu-ra o una vita spirituale avesse unche di proibito. Quando Styron,colto di sorpresa da questa osten-tazione di distanza da parte di Ca-stro nei confronti della cultura co-stante oggetto della sua condanna,cercò di improvvisare una breveconferenza sulle vette della lette-ratura americana, mi chiesi se eraplausibile che Castro fosse tantodistante dal suo paese quanto loera dal nostro. Si attribuisce sem-pre al potere una saggezza fondatasulla conoscenza, ma di fronte aduna cornice di stenti un governan-te saggio, che verrebbe senza dub-bio rieletto anche in una libera ele-zione, non farebbe forse meglio ariconoscere che dopo quasi 50 an-

ni di supremo controllo è giunto iltempo di far spazio ad un regimecon personaggi nuovi e idee possi-bilmente più efficaci?

Di fronte a noi a pranzo – man-giò due foglie di lattuga – c’era unvecchio solo, bramoso di qualchenuovo contatto umano, che potràsolo diventare sempre più raro,con l’avanzare degli anni. Era unuomo perfettamente in grado divivere una vita attiva per altri diecianni, forse anche più a lungo, co-me, a quel che si dice, i suoi genito-ri, e mi trovai a domandarmi checosa lo trattenesse dall’uscire ele-gantemente di scena guadagnan-dosi forse addirittura la gratitudi-ne dei suoi connazionali.

Sarebbe stato troppo aspettarsiche, dopo mezzo secolo al potere,Castro non diventasse in qualchemisura un anacronismo, un belvecchio orologio che non segnapiù l’ora giusta e si mette a rintoc-care a casaccio nel cuore della not-te, turbando la quiete della casa.Nonostante tutti i suoi sforzi l’uni-ca parvenza di rivolta dei poveri èrappresentata dall’ondata islami-ca, anti-moderna, che dal punto divista marxista fluttua in un sognomedioevale. Con noi si mostrò ma-linconicamente bramoso di unqualsiasi contatto umano. Consi-derando la sua genialità e lo spiritoe l’intraprendenza del suo popoloil suo eterno dominio è paragona-bile ad una vite robusta che avvi-luppa con le sue radici il paese e,mentre lo difende dagli elementi,ne soffoca la crescita naturale. Ecosì la sua personale. Ideologia aparte, Castro mantiene apparen-temente le illusioni che diederocorpo ai suoi successi politici an-che se non contennero mai molteverità; ancora oggi, ad esempio,egli parla dello scioglimento del-l’Unione Sovietica sotto Gorba-ciov come di un atto non necessa-rio, di un “errore”.

In breve, ai suoi occhi non c’eranessuna contraddizione fatale in-sita nel sistema sovietico che lo fe-ce crollare come non c’è nulla nelsistema che ha creato o nel suo im-patto sulla realtà che dia origine al-la dolorosa povertà dell’isola. E’stato l’embargo Usa a causare sudue piedi questa povertà, insiemeai russi che lo hanno abbandona-to. E’ Don Chisciotte che combattecontro mulini a vento, che, peggioancora, sono crollati nella polvere.

Traduzione di Emilia Benghi

Il primo gennaio 1959 Cuba era infesta, la festa della libertà: dopo seicruenti anni di lotta contro il golpe

di Batista e contro la sua dittatura, cheaveva distrutto la democrazia, erava-mo liberi.

Io ero uno dei protagonisti di quel-le lotte, ma ero assillato da seriepreoccupazioni, perché durante lamia convivenza di sette mesi nellaSierra Maestra, avevo scoperto che ilnostro Coman-dante in Capo eraun caudillo e unmilitare.

Dopo la fuga diBatista, il suo pri-mo atto fu di mar-ciare da Santiagodi Cuba a L'Avana– Fidel era un buonconoscitore diMussolini -: il suoarrivo nella capi-tale, otto giornidopo, fu un’apo-teosi; le folle infer-vorate e affascina-te applaudivano lajeep della vittoria,sulla quale viag-giavano soltanto icomandanti bar-buti e neppureuno dei dirigenticivili della clande-stinità; la popolarerivista Bohemia,nel frattempo, loproclamava i lnuovo Cristo rivo-luzionario. Il suoprimo mito consi-stette nel far assur-gere i suoi Dodiciguerriglieri degliinizi a protagonistidella vittoria, conun solo colpo dispugna sarebberosparite le grandi edecisive azioniche si erano svoltenelle città: le mi-glia di sabotaggi,di proteste, discioperi, di asten-sioni elettorali;l’invio di uomini edi armi alla Sierra;le loro migliaia dimorti - quelli nellemontagne eranostati soltanto qual-che centinaio.

E su tutti tro-neggiava il Co-mandante, il qua-le, con la sua aria didio greco, ebbe labenedizione, inquel suo primo at-to, persino della colomba della pace.

Non salii sul carro della vittoria, némi aggregai alla Marcia, né accettai didiventare ministro, come voleva ilComandante, anche se ne nominaiquattro. Me ne andai a occuparmi di“Revolución”, il periodico clandesti-no che avevo fondato nel 1956 per fa-re rivivere il 26 [luglio 1953, attacco al-la caserma Moncada, ndr] e poi fattosparire da Fidel assieme al Direttorio,con l’illusione di esserci e di non es-serci, nella certezza che ci sarebbestato da lottare molto presto contro ilnuovo caudillo e futuro dittatore diidee tradizionali, anche secondo ilparere di persino Guevara e Raúl Ca-stro.

Ci sbagliavamo. Il 26 luglio 1959, L’Avana fu invasa

da decine di migliaia di contadini, inuovi eroi, cui la rivoluzione dava leterre e la giustizia promesse.

E fu la seconda festa e il secondomito.

Inaspettatamente, i ricchi, la classemedia e tutti gli abitanti della città cheli avevano sempre disprezzati, li ac-coglievano e li ospitavano nelle lorocase. Fu un bel momento di genero-sità collettiva in cui tutta Cuba tentòdi riparare alle ingiustizie commessee di avviare le riforme necessarie.

E così, tra luci e ombre, arriviamo al1960, e allora il Comandante ci ven-dette il terzo mito: il mito della rivolu-

zione, scatenandoallo stesso tempola guerra dei colpie dei contraccolpicon gli Stati Uniti,a partire dal casodi un presunto pe-trolio venezuela-no, in realtà russo,che le «raffinerieimperialiste si ri-fiutavano di raffi-nare, violando lasovranità nazio-nale».

Cosa rese possi-bile il mito della ri-voluzione? Nellacoscienza cubanaera sempre statolatente l’amoreper la rivoluzionefrancese, per quel-la di Simón Boli-var, per quelle cu-bane del ’68, del’95 e del ’33, questeultime due fattefallire da interven-ti militari e politicidegli Stati Uniti. Eanche se, dopo l’a-brogazione dell’e-m e n d a m e n t oPlatt che autoriz-zava gli interventinordamericani, lerelazioni con gliStati Uniti si eranonormalizzate, era-no fruttifere dalpunto di vista eco-nomico – seppurfrustranti da quel-lo politico -, e an-che se gli Stati Uni-ti avevano decre-tato, nell’aprile del1958, l’embargodelle armi a Batista- uno dei fattoriche condusseroalla resa del suoesercito -, nell’iso-la sussisteva sem-pre un sentimentodi nazionalismo edi antiamericani-smo.

Nel 1961, dopoaver respinto l’in-

vasione della Baia dei Porci, Castro sitolse la maschera e si dichiarò “marxi-sta-leninista” e, scambiando la muc-ca yanquee con la capra russa, portòCuba a diventare parte del mondo co-munista.

Da quel momento, anche se tardi,cominciai, come tanti altri - anchequelli che avevano cominciato primae che erano morti o finiti in prigione onel lungo esilio, a lottare, prima nelpaese, poi dall’Italia e dall’esilio, con-tro i miti dei castrismo il quale, invecedi cambiare Cuba, l’ha trasformatanel carcere e nella rovina che è oggi.

Quarantacinque anni dopo tantelotte, il castrismo si autodistrugge,come si sono autodistrutti il suo pa-dre putativo sovietico, mentre decinedi migliaia di cubani, nelle prigioni ofuori, lottano per la prima volta con lasolidarietà mondiale, soprattutto eu-ropea, per la libertà della patria schia-va.

Traduzione di Guiomar Parada

QUEL MITOCHE L’AVANA

ESPORTÒ

IL FASCINO AMBIGUO DI UNA RIVOLUZIONE FINITA IN DISPOTISMO

GLI AUTORIGuillermo Cabrera Infante, scrittore cuba-no, è in esilio dal 1965. Carlos Franqui, gior-nalista, è stato uno degli uomini più vicini aFidel Castro. Il testo di Gabriel Garcia Mar-quezè tratto da “A ruota libera”, Mondado-ri. Tra le opere più famose di Arthur Millerdrammi come “Morte di un commessoviaggiatore” e “Uno sguardo dal ponte”

LE IMMAGINILa Cuba castrista è pervasa da imma-gini celebrative del “líder máximo”,che occupano manifesti, murales, ta-belloni, francobolli. Qui sopra, l’acco-glienza all’Avana nel 1959; nella co-pertina, un vecchio pittore “restaura”il volto del dittatore al potere da 45 an-ni

CARLOS FRANQUI

ILCOMANDANTECuba, gli StatiUniti e illeadermassimo. Unritratto-documentariodi FidelCastro Di OliverStone (2003)

CUBAL’esercito di Batistaassolda un militareinglese contro i guerrigliericastristi. Mal’uomosceglierà diappoggiare larivoluzione. DiRichardLester, conSeanConnery(1979)

HAVANAL’amore trauno yankee ela moglie diun “barbudo”alla vigiliadellarivoluzione.Con RobertRedford,regia diSidneyPollack, del1990

IL DITTATOREDELLO STATOLIBERO DIBANANASUn giovaneamericanogoffo ecomplessatodiventapresidente di uno Statoche somigliaalla Cubacastrista. DiWoody Allen(1971)

MATINÉEDurante lacrisi deimissili del1962 inFlorida lapaura dellaguerraatomica siintreccia allevicende di unregista di filmhorror.Di Joe Dante(1993)

I FILM

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Il castrismo si sta

autodistruggendo come si è

autodistrutto il suo padre

putativo rappresentato

dall’impero sovietico

Page 4: 2004 02 26 Fidel Castro

ALVOHXEBbahaajA9 770390 107009

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Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

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Anno 29 - Numero 48 giovedì 26 febbraio 2004€ 0,90 in Italia (con “POESIA ITALIANA” VOLUME n. 4 € 10,80)

Il provvedimento della Procura di Torino: collegamenti con i servizi segreti. Bufera sul presidente della Commissione Trantino

Telekom, fu un complottoArrestato anche il faccendiere Volpe. Prodi: “Mi chiedano scusa”

RESTITUIRE L’ONORE

AL PARLAMENTOGIUSEPPE D’AVANZO

PER i lettori di Repubblica non sarà unasorpresa apprendere che la commis-sione d’inchiesta parlamentare Te-

lekom Serbia è stata ingranaggio di unaGrande Trappola contro il presidente del-la Commissione europea, il leader delmaggior partito di opposizione, un ex pre-sidente del Consiglio. Di quel disegno po-litico, perché di questo si tratta, Repubbli-ca ha provato a indicare, fin da settembrescorso, gli attori, i comprimari e le mosse.Ora uno dei protagonisti dell’affare – Anto-nio Volpe – è in carcere, con Igor Marini, ac-cusato di calunnia contro Prodi, Fassino eDini. La magistratura farà il suo lavoro, ac-certerà e attribuirà le responsabilità, ma ladecisione del giudice di Torino pone fin daora una domanda e due questioni. La do-manda interpella il governo. Antonio Vol-pe non è un uomo senza storia. È la muffadi un sistema che si immaginava seppelli-to per sempre.

SEGUE A PAGINA 17

Aznar si prepara

a dare la Spagna

al suo delfino

SANDRO VIOLA

MADRID

ACENA alla “Trainera”, unatrattoria della calle Laga-sca che frequento da qua-

si una vita, tre amici spagnoli midicono in coro: «José Maria Az-nar è il nostro Berlusconi. La stes-sa protervia, la stessa vocazioneautoritaria». Ma il giudizio èprofondamente sbagliato. È ve-ro, i due hanno qualche tratto incomune. L’aggressività nel con-fronto con gli avversari politici,l’intolleranza delle critiche, l’au-tosoddisfazione. Ma per il resto,quante ed enormi differenze.L’uno, lo spagnolo, è proprioquel che Berlusconi detesta: unpolitico di professione, freddo,scostante, che s’è man mano ri-velato come uno dei più rocciosie capaci uomini di governo ap-parsi in Europa da molto tempo aquesta parte. Mentre l’italianoresta, dieci anni dopo, quel cheera al momento della sua “entra-ta in campo”. Un politico im-provvisato, e perciò arruffone.Un dilettante che s’affida esclu-sivamente al suo istinto populi-sta. E tutto sommato molle: tra-cotante solo a parole, nei fatti in-capace di tener testa sinanche alleghista Calderoli. No, José Ma-ria Aznar è fatto di un’altra pasta.E i successi dei suoi governi dicentrodestra sono indiscutibili:stabilità politica, crescita econo-mica, prestigio internazionale.

SEGUE A PAGINA 15

REPORTAGE

Quella cena

con Castro

dittatore

solitario

ARTHUR MILLER

COME molti altri ho nutritonegli ultimi decenni unmisto di sentimenti nei

confronti di Cuba. Oltre che dal-le cronache, avevo appreso dagente del cinema che aveva sog-giornato nell’isola per lavoro,come la società di Batista fosseirrimediabilmente corrotta, unluogo di villeggiatura della Ma-fia, un bordello per americani ealtri stranieri. Così l’impetuosaascesa di Castro al potere fecel’effetto di una ventata d’ariapulita a spazzar via il degrado el’asservimento al dollaroYankee. Ma, una volta dileguatoil fumo, emerse ovviamente unarealtà diversa e, pur avendoscelto di non dimenticare i mo-tivi che furono alla base della ri-voluzione di Castro, la repres-sione esercitata da questo regi-me guidato da un solo uomo hamesso a dura prova le mie sim-patie. Allo stesso tempo, lo spie-tato blocco imposto dagli Usa suordine, almeno apparente, diuna classe sconfitta di sfruttato-ri che non avevano mai avutoproblemi con la dittatura prece-dente, faceva pensare a qualco-sa di diverso da una resistenzamotivata da principi democra-tici. Il fulcro di tutte queste con-traddizioni era Castro in perso-na; lui, in realtà, era Cuba, maquando mia moglie, la fotografaInge Morath ed io fummo invi-tati nel marzo del 2000 ad unirciad un piccolo gruppo di personeper una breve “visita culturale”,ci accodammo senza minima-mente pensare di poter incon-trare il leader, solo per vederequalcosa del paese. Finì inveceche, come scoprimmo subitodopo il nostro arrivo, Castro ciinvitò a cena e il giorno seguen-te si presentò all’improvvisonella località di campagna in cuistavamo pranzando per prose-guire la conversazione.

SEGUE A PAGINA 42CARLOS FRANQUI e OMERO CIAI

ALLE PAGINE 41, 42 e 43

DIARIO

Il postino e i segreti

della Corona di ferro

CARLO BONINI

CHIè davvero Antonio Volpe? A chi que-sto manovale della Grande TrappolaTelekom, questo “postino” dello scar-

tafaccio su “Mortadella” (Prodi) “Ranoc-chio” (Dini), “Cicogna” (Fassino) che dovevasostenere le frottole di Igor Marini, ha reso erendeva conto nel tempo? Chi commissionòi suoi servizi? Nel giorno in cui la magistratu-ra di Torino ne ordina la cattura, conviene ri-proporre queste domande, perché nelle pos-sibili risposte si potrà forse afferrare “il filo diuna calunnia” che, in queste ore, un investi-gatore definisce «lungo». Dunque, ancora datessere. E per farlo, vale la pena raccontarecosa accade una notte di settembre del 2003.Il 2, un martedì, quando, al civico 23 di via Ve-nezia, ad Ardea (in provincia di Roma), agen-ti della Guardia di Finanza perquisiscono itre piani della sua abitazione.

SEGUE A PAGINA 3CUSTODERO e FUSANI ALLE PAGINE 2 e 3

IL PERSONAGGIO

Il capo dei pm: “Su di lui nulla di concreto”. Altri trentasette indagati

Fazio, divisa la Procura di TraniCARLUCCI, FAZZO, FOSCHINI, GRECO e MENSURATI A PAGINA 4

Il presidente della Commissione europea Romano Prodi

Mariano Rajoy e José Maria Aznar

Ancora scontro nel governo sul dopo-Mengozzi. Il senatur boccia la riforma della previdenza: paga sempre il Nord

“L’Alitalia non sarà venduta”Il premier: sì alla cassa integrazione. Pensioni, Bossi attacca

Il vicepresidente Mediaset

Berlusconi jr

“La Rai

spende troppo

per farci

concorrenza”ANTONIO DIPOLLINA

A PAGINA 13

ROMA — Il presidente del Con-siglio esclude l’ipotesi di priva-tizzare l’Alitalia: «È previsto so-lo un cambio dei vertici», ha det-to ieri Silvio Berlusconi, confer-mando che si sta pensando diestendere la cassintegrazione alsettore del trasporto aereo. «Cisono compagnie aeree che han-no perso anche 10mila addetti»,ha aggiunto, «qui si parla di1.500 esuberi e c’è il finimon-do». Sul fronte delle pensioni, siriaccende lo scontro nel gover-no. Ieri Umberto Bossi ha dettoche «come sempre è il Nord apagare»; subito gli ha replicatoGianfranco Fini: «La riformadelle pensioni non è una inizia-tiva studiata per le prossime ele-zioni, ma è un dovere e un ob-bligo».BORRIELLO, DE GENNARO e TITO

ALLE PAGINE 7 e 8

L’INTERVISTA IL CASO

LUISA GRION A PAGINA 9

Tagliati i fondi alle amministrazioni locali. Il Sud perde fino al 15%

Stangata record sui Comuni

così rincarano autobus e asili

La stanza vuota delle tre religioni

LE IDEE

CON REPUBBLICA

Domani

il fumetto

“L’arte di Toppi”Il 54°volumedella collanadel fumettoa richiestaa soli 4,90euro in più

Oggi in edicola

il 4° volume

della Poesia italianaLa poesiadell’Ottocentoa richiestaa 9,90 euro in più

In edicolail romanzo“Le affinitàelettive”

PIETRO CITATI

PARLARE della religione d’Abra-mo, cioè dell’ebraismo, del cri-stianesimo e dell’Islam, è quasi

impossibile. Sono religioni complica-tissime, e ognuna d’esse si divide in sot-to-religioni - giudeo-cristianesimo, cri-stianesimo paolino, cristianesimo neo-platonico, gnosi, luteranismo, calvini-smo, controriforma: fariseismo, esseni-smo, ebraismo apocalittico, Zeloti, Ca-bala, chassidismo: Islam sunnita, sciita,sufi; e ho accennato appena a un cente-simo di queste definizioni, nelle qualis’è espressa la grandiosa fantasia reli-giosa dell’uomo - la forma più sublimedelle nostra immaginazione creatrice.

SEGUE A PAGINA 46