2 LUGLI 2021 n.24 21 MAGAZINE Dove guardare le Inaugurati ...

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MAGAZINE n.249 / 21 26 LUGLIO 2021 Netflix produrrà videogiochi mobile. La concorrenza spinge 16 31 31 Panasonic JZ2000 L’OLED dà spettacolo Diprogress Duo, due telecomandi è megli o IN PROVA IN QUESTO NUMERO Arriva la TV Academy di DDAY.it Prima puntata: dal 4K all’8K Siete sicuri di sapere tutto sul formato 8K? Nella prima puntata di TV Academy scopriremo storia, potenzialità e vantaggi del nuovo formato 05 Amazon Alexa cresce ancora Tutte le novità in arrivo Amazon mette a disposizione più di 50 nuove feature per rendere Alexa ancora più completa. La voce resta la regina, ma non basta più: arrivano anche i widget 08 Inaugurati i MediaWorld Smart di Roma e Torino 09 TIMVision Box anche per i non clienti TIMVision Box anche per i non clienti Tutte le FAQ e le risposte sul servizio Tutte le FAQ e le risposte sul servizio Dal 15 luglio TIM Vision è sottoscrivibile da tutti senza alcun vincolo di operatore, anche da chi non è cliente TIM. L’offerta completa e tutte le info Apple iMac 24” M1 Non per tutti 22 22 Sony Xperia 1 III Unico, come il prezzo Audiogamma distribuirà in esclusiva JBL, Mark Levinson e Arcam 04 15 37 37 28 28 26 26 Auricolari B&W PI7 Auricolari B&W PI7 Ecco come suonano Ecco come suonano 42 42 Dove guardare le Olimpiadi: Discovery+ TIM Vision e Rai 02 Mercedes-Benz Mercedes-Benz 100% elettrica 100% elettrica entro la fine del 2030 entro la fine del 2030

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Netflix produrrà videogiochi mobile. La concorrenza spinge 16

3131

Panasonic JZ2000 L’OLED dà spettacolo

Diprogress Duo, due telecomandi è meglio

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Arriva la TV Academy di DDAY.it Prima puntata: dal 4K all’8K Siete sicuri di sapere tutto sul formato 8K? Nella prima puntata di TV Academy scopriremo storia, potenzialità e vantaggi del nuovo formato

05

Amazon Alexa cresce ancora Tutte le novità in arrivoAmazon mette a disposizione più di 50 nuove feature per rendere Alexa ancora più completa. La voce resta la regina, ma non basta più: arrivano anche i widget

08

Inaugurati i MediaWorld Smart di Roma e Torino 09

TIMVision Box anche per i non clientiTIMVision Box anche per i non clienti Tutte le FAQ e le risposte sul servizio Tutte le FAQ e le risposte sul servizio Dal 15 luglio TIM Vision è sottoscrivibile da tutti senza alcun vincolo di operatore, anche da chi non è cliente TIM. L’offerta completa e tutte le info

Apple iMac 24” M1 Non per tutti

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Sony Xperia 1 III Unico, come il prezzo

Audiogamma distribuirà in esclusiva JBL, Mark Levinson e Arcam04

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Auricolari B&W PI7 Auricolari B&W PI7 Ecco come suonano Ecco come suonano

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Dove guardare le Olimpiadi: Discovery+ TIM Vision e Rai

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Mercedes-Benz Mercedes-Benz 100% elettrica 100% elettrica entro la fine del 2030entro la fine del 2030

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto PEZZALI

TIM ha annunciato, ufficialmente, la nuova stagione

di TIM Vision. A partire dal 15 luglio, inoltre, TIM Vi-

sion sarà sottoscrivibile da tutti senza avere alcun

vincolo di operatore: anche chi non è cliente TIM potrà

sottoscrivere TIM Vision, che di fatto diventa un’offerta

che aggrega i contenuti nativi della piattaforma creata

da TIM negli anni scorsi, come alternativa a Netflix e Pri-

me Video, ai contenuti di partner proposti in bundle a

prezzo scontato. Per sottoscrivere l’offerta, nel caso in

cui un cliente sia cliente per la parte di connettività di un

altro operatore e voglia mantenere il suo operatore per-

ché si trova bene è necessario, per motivi anagrafici e di

pagamento, recarsi nei negozi TIM. I già clienti potran-

no fare tutto tramite call center. TIM Vision è diventata,

come detto, una piattaforma che aggrega più contenuti,

e proprio per questo motivo sono previsti diversi piani

con diversi prezzi, che saranno comunque configurabili

a seconda delle esigenze del cliente con opzioni e ag-

giunte a partire soprattutto dal secondo anno, quando

finiscono le promozioni.

I CONTENUTI DISPONIBILI TRAMITE TIM VISION E TRAMITE I VARI SERVIZI COLLEGATITim Vision (inclusa in tutti i piani)Cresciuta negli ultimi anni come piattaforma per film e

Serie TV, nel 2021 Tim Vision diventa ancora più grande.

Arriveranno oltre 80 pellicole di cinema internazionale

di Sony Pictures, molte delle quali in prima finestra di

visione pay.

Grazie all’accordo siglato con Sony ci sarà anche una

selezione dei film Sony più importanti di prossima uscita

in sala, che saranno successivamente disponibili in pri-

ma finestra di abbonamento su TimVision senza costi

aggiuntivi. Prossimamente arriveranno anche in esclu-

siva due docu-film sulla vita e la carriera di due icone

italiane: Ennio Morricone e Salvatore Ferragamo: ‘En-

nio: il maestro’, diretto e raccontato dal regista premio

Oscar Giuseppe Tornatore e ‘Salvatore: Shoemaker of

ENTERTAINMENT Cresciuta come piattaforma per film e serie TV, nel 2021 Tim Vision diventa ancora più grande. Ecco l’offerta completa

TIM Vision, offerta aperta a tutti gli operatori Tutte le domande e le risposte sul servizioDal 15 luglio l’offerta è aperta a tutti, anche a chi non vuole cambiare operatore. E da adesso può abbonarsi ugualmente

Dreams’ diretto da Luca Guadagnino. Per le serie TV il

19 agosto arriverà ‘The Good Fight’ con la quinta stagio-

ne (la serie completa è disponibile solo su TimVision)

mentre prossimamente, sempre in anteprima esclusi-

va, arriverà ‘The North Water’ con Colin Farrell, basata

sull’omonimo romanzo di Ian McGuire.

Dal prossimo autunno sarà disponibile inoltre la serie

TV in anteprima esclusiva ‘Chapelwaite’ con Adrien

Brody ispirata al racconto ‘Jerusalem’s Lot’ di Stephen

King mentre il catalogo si arricchirà nei prossimi mesi

anche di importanti successi TV comunque già passa-

ti su altri cataloghi pay TV come ‘Orphan Black’, ‘The

Good Doctor’, ‘Timeless’ e ‘The Shield’.

Spazio anche per i più piccoli, ad agosto ad esempio

arriveranno 128 episodi rimasterizzati di ‘Holly e Benji’, e

spazio alle produzioni originali.

Ad accompagnare il campionato ci sarà uno show de-

dicato al Fantacalcio: otto talent provenienti dal mondo

dello sport, dello spettacolo e della musica, appassiona-

ti di calcio, analizzeranno i risultati della giornata prece-

dente, stileranno la classifica, studieranno le formazioni

e lo stato fisico dei giocatori. TimVision continuerà a es-

sere anche la casa della Serie A Femminile, trasmetten-

do in diretta tutti i match del campionato – di cui cinque

in esclusiva e uno in co-esclusiva -, le final four di Super-

coppa e quarti, semifinali e finale di Coppa Italia, per un

totale di oltre 140 partite.

DAZN (inclusa in tutti i piani)Su DAZN sarà visibile la Serie A TIM, la UEFA Europa

League e alcune partite della UEFA Conference League,

la Serie BKT, la Liga spagnola, la FA Cup inglese, il Mo-

toGP, la NFL, l’UFC, Matchroom, GGG e Golden Boy per

la boxe e Indycar.

Infinity+ (inclusa in tutti i piani solo per 12 mesi)Tutti i film e le serie TV di Infinity oltre ai 104 match di

UEFA Champions League a stagione e alle 17 partite di-

sponibili in chiaro su Canale 5.

Discovery+ (inclusa in tutti i piani)Tutti i contenuti del piano intrattenimento di Discovery+,

inclusi gli originals.

Eurosport (inclusa in tutti i piani solo per 12 mesi)La programmazione completa dei Giochi Olimpici Tokyo

2020 incluso il canale in alta definizione Eurosport 4K, i

tre grandi Giri, il tennis con i tornei del Grande Slam, la

Serie A di basket, i Giochi Olimpici di Pechino 2022 e

tutti gli sport invernali, il golf con le esclusive del PGA

Tour e l’European Tour, i motori delle 24 ore di Le Mans e

molti altri importanti appuntamenti da non perdere.

Disney+ (incluso solo in alcuni piani)Il catalogo completo di Disney+, con i canali Star Wars,

Marvel, Disney, Pixar e Star

segue a pagina 03

Le offerte sono valide solo per chi attiverà TIM Vision fino al 28 luglio. Agosto, nel caso dei due piani base, sarà interamente offerto da TIM e si inizierà a pagare da settembre per 12 mesi, al termine dei quali si può decidere di continuare, a prezzo pieno, o di disdire senza penali. Si dovrà restituire solo il TIM Vision Box che sarà offerto in comodato gratuito. L’attivazione costa 9.99 euro.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Netflix (incluso solo in alcuni piani)Il catalogo completo di Netflix in versione HD (non 4K).

Per avere la versione 4K si deve pagare una opzione

aggiuntiva.

TUTTE LE RISPOSTE A TUTTE LE DOMANDEEcco tutte le FAQ sul servizio TIM Vision:

Cosa include l’offerta da 19.99 euro /meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro

• Costo fino a fine agosto: gratis

• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-

bre 2022: 19.99 euro

• Costo dal 1 ottobre 2022: 34,99 euro

Contenuti• Tim vision

• DAZN

• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata

una nuova offerta che si potrà scegliere se accettare

o no)

• Discovery+

• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-

cata una nuova offerta che si potrà scegliere se ac-

cettare o no)

Cosa include l’offerta da 24.99 euro/meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro

• Costo fino a fine agosto: gratis

• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-

bre 2022: 24.99 euro

• Costo dal 1 ottobre 2022: 39,99 euro

Contenuti• Tim vision

• DAZN

• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata

una nuova offerta che si potrà scegliere se accettare

o no)

• Discovery+

• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-

cata una nuova offerta che si potrà accettare o no)

• Disney+

Cosa include l’offerta da 29.99 euro/meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro

• Costo fino a fine agosto: 10 euro

• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-

bre 2022: 29.99 euro

• Costo dal 1 ottobre 2022: 44,99 euro

Contenuti• Tim vision

• DAZN

• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata

una nuova offerta che si potrà accettare o no)

• Discovery+

• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-

cata una nuova offerta che si potrà scegliere se ac-

cettare o no)

• Netflix HD

Cosa include l’offerta da 34.99 euro/meseCosti• Costo attivazione: 9.99 euro

• Costo fino a fine agosto: 10 euro

• Costo per 12 mesi dal 1 settembre 2021 al 1 settem-

bre 2022: 34.99 euro

• Costo dal 1 ottobre 2022: 49,99 euro

Contenuti• Tim vision

• DAZN

• Infinity+ per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubblicata

una nuova offerta che si potrà scegliere se accettare

o no)

• Discovery+

• Eurosport per 12 mesi (dopo i 12 mesi sarà pubbli-

cata una nuova offerta che si potrà scegliere se ac-

cettare o no)

• Netflix HD

• Disney+

Come sarà il TIM Vision Box?Secondo TIM il nuovo set top box sarà il più evoluto de-

coder mai dato da un operatore pay TV. Il telecomando

sarà bluetooth, ci sarà la ricerca vocale, sarà abilitato

come dispositivo Chromecast e avrà anche il Play Store

per scaricare tutte le altre app.

Avrà anche un tuner digitale terrestre DVB-T2 per il ca-

nale di backup e sarà abilitato per la ricezione dei con-

tenuti in Multicast. Sarà anche l’unico modo per vedere i

contenuti in 4K di Eurosport.

Il canale di backup del digitale terrestre funzionerà a tutti anche senza rete TIM?Si, il canale di backup funzionerà quando la connessio-

ne non è sufficientemente stabile. Sarà un canale aperto

a tutti, anche chi è cliente di un altro operatore ma ha

sottoscritto TIM Vision e preso in comodato d’uso il TIM

Vision Box.

Il canale di backup sarà il HD?Si, il canale di backup sarà un canale in alta definizione.

Se ci sono più partite in contemporanea il canale di backup le farà vedere tutte?Il canale di backup ci sarà solo sulle partite che DAZN

avrà in esclusiva e se ci sono più partite in contempo-

ranea sarà DAZN a scegliere quella da distribuire sul

canale DVB-T che sarà quindi un solo canale.

Ci saranno partite in 4K?TIM è pronta a trasmettere grazie al Multicast e tramite

il suo decoder eventi in 4K. La dimostrazione è il canale

olimpico, che sarà in 4K. La scelta tuttavia per gli altri

canali spetta agli editori che li producono: se DAZN ren-

derà disponibili i flussi 4K o Infinity renderà disponibili

anche i canali 4K TIM tramite Multicast e tramite il suo

set top box trasmetterà alla massima qualità.

Il multicast sarà fruibile solo tramite TIM Vision Box?TIM lo ha abilitato per la sua rete e a partire da ieri

sera ha distribuito un aggiornamento a tutti i TIM Vi-

sion Box, anche quelli già installati, per permettere

la ricezione di contenuti in Multicast, quindi con una

trasmissione “uno” a “molti” che dovrebbe evitare

congestioni di rete e problematiche. Altri operatori po-

trebbero fare lo stesso, ma al momento non abbiamo

notizie a riguardo.

Con l’offerta TIM Vision si avrà accesso a Discovery+ con Eurosport, quindi tutti i canali delle olimpiadi?Si, per 12 mesi sarà inserita negli abbonamenti l’intero

pacchetto Eurosport, quindi sia i canali di base sia tutti

i canali aggiuntivi previsti per le Olimpiadi.

Quando uno sottoscrive un piano arrivano gli account separati per i vari servizi? Posso usare l’account DAZN su altri dispositivi?Si, ogni servizio, che sia Disney+, Infinity, DAZN o

Netflix avrà le sue credenziali di accesso che un uten-

te può usare per le smart TV, per smartphone e tablet,

con i limiti di condivisioni dei singoli provider. TIM Vi-

sion si limita ad aggregare offerta e fatturazione.

Non sono interessato al calcio posso sottoscrivere ugualmente TIM Vision?Si, esistono tre piani base che includono tutto tranne

il calcio di DAZN. C’è un piano solo TIM Vision, Disco-

very e Disney+ a 9.99 euro al mese, un piano TIM Vi-

sion, Discovery e Netflix a 14.99 euro al mese e un

piano con TIM Vision, Discovery, Netflix e Disney+ a

19.99 euro al mese. Questi piani non sono in promo-

zione per 12 mesi, quello che si paga è fisso per sem-

pre. Sono semplicemente piani scontati rispetto agli

abbonamenti singoli.

Sono andato in negozio ma mi chiedono di sottoscrivere una SIM TIM con Ricarica Automatica. Perchè?La SIM è inclusa nei 9.99 euro di attivazione e serve

solo per pagamento e fatturazione. È una SIM di servi-

zio per identificare e gestire il cliente, non ha costi di

attivazione ne’ costi ricorrenti. Si può anche tenere in

un cassetto.

Si può acquistare semplicemente il TIMVISION Box se uno vuole un bel decoder Android e non vuole il comodato con il servizio streaming?Il TIMVISION Box è dato in comodato d’uso gratuito ai

clienti che attivano una delle offerte TIMVISION Calcio

e Sport. Non è possibile acquistare solo il prodotto de-

coder TIMVISION Box senza attivare una delle offerte

TIMVISION.

I decoder che TIM sta spedendo ai nuovi clienti sono ancora i vecchi decoder TIM Vision? Tutti i decoder TIMVISION Box sono Android e con-

sentono la fruizione di tutti i contenuti Calcio e Sport

e di intrattenimento, sia TIMVISION che di tutti nostri

partner. E sono stati aggiornati per il multicast. I nuovi

decoder stanno arrivando in queste settimane, e qual-

cuno poterbbe ricevere ancora il modello attuale.

ENTERTAINMENT

TIM Vision, le FAQ e le rispostesegue Da pagina 02

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto PEZZALI

L’appuntamento con le Olimpiadi, dal

23 luglio all’8 agosto, è un appun-

tamento particolare: un po’ perché

siamo in piena estate, quindi in periodo

di vacanze, un po’ perché la 32esima

edizione dei Giochi Olimpici si svolge

a Tokyo e la maggior parte delle gare è

concentrata durante la notte o la mattina

presto. La storia vuole, soprattutto se par-

liamo di Olimpiadi, che si possa accende-

re la TV e vedere tutto senza problemi.

Purtroppo non è più così: Discovery sarà

l’unica emittente che, tramite Discovery+,

trasmetterà tutto l’evento. Per la precisio-

ne, saranno oltre 3000 le ore live che la

piattaforma trasmetterà nei 17 giorni di

competizione, fino a 30 canali in contem-

poranea dedicati a tutte le 48 discipline e

a tutti i 339 eventi previsti, dall’inizio alla

fine della premiazione, senza interruzio-

ni. Con un occhio speciale alla squadra

azzurra.

Le diverse opzioni: gratuite e a pagamentoDove possono vedere gli italiani le Olim-

piadi? Ecco uno specchietto riepilogativo.

Discovery+: 3000 ore e 30 canaliGli abbonati a Discovery+ avranno ac-

cesso in streaming a tutti i contenuti e

a tutte le gare, con un numero di canali

variabili che arriverà anche a 30 canali

nei momenti di necessità. Chi si iscriverà

dal 19 luglio al 1 agosto (scaricando l’app

su tutti i principali store o visitando disco-

veryplus.it) potrà godere di 3 giorni di

free trial e, oltre alla sottoscrizione men-

sile, potrà scegliere di abbonarsi per 12

mesi a 29,99 euro complessivi.

L’app di Discovery Plus è presente sul-

la maggior parte dei dispositivi e delle

Smart TV, e il prezzo è assolutamente

ragionevole se si calcola che è comun-

que un abbonamento annuale e che, al

termine delle Olimpiadi, ci saranno co-

munque altri eventi sportivi. Tra questi i

Grandi Giri di ciclismo (con la Vuelta in

esclusiva), i tre Grandi Slam del tennis

(Us Open, Australian Open e Roland

Garros), la serie A di basket, gli sport

invernali, il golf e la 24 Ore di Le Mans.

Saranno inclusi anche i Giochi Olimpici

ENTERTAINMENT Le complessità dei diritti TV e degli accordi di distribuzione tengono banco

Dove vedere le Olimpiadi, gratis e a pagamento Da Discovery+ a TIM Vision e Rai, ecco la guidaSolo Discovery+ farà vedere tutto, ma i canali Eurosport sono disponibili anche su altre piattaforme

Invernali Beijing 2022 e tutta la parte di

intrattenimento di discovery+ originals.

Eurosport Player Si vede tuttoColoro che sono abbonati a Eurosport

Player hanno accesso a tutti i contenuti.

Per i nuovi clienti è ovviamente consiglia-

to passare da Discovery+ per fruire dello

sconto promozionale.

RAI: 200 ore su digitale terrestre e satellite, niente streamingLa Rai ha preso i diritti per il broadcasting

tradizionale ma non ha preso i diritti per

lo streaming. Questo vuol dire che potrà

trasmettere circa 200 ore su Rai Sport

ma solo tramite digitale terrestre o satel-

lite (Tivusat). Non ci sarà quindi Rai Play,

e non sarà possibile guardare le gare da

smartphone o in differita.

DAZN: due canali gratis per chi è abbonato con i momenti salientichi è abbonato a DAZN può vedere sen-

za costi aggiuntivi i due canali Eurosport

1 HD e Eurosport 2 HD. Su questi canali

verrà trasmessa una sintesi degli eventi

principali.

Amazon Prime Video Tutto l’evento ma si paga di piùDiscovery+ è disponibile anche come

“Channel” per gli abbonati di Amazon

Prime Video. Chi si abbona tramite Ama-

zon pagherà con il suo account Amazon

e avrà accesso a tutti i contenuti e a tutti

i 30 canali, quindi sarà come avere l’app

di Discovery+. L’unico limite è che si pa-

gano 3,99 € al mese, quindi niente offer-

ta annuale, e si è vincolati al passaggio

tramite l’app Amazon Prime Video per

poter accedere ai contenuti che saranno

di fatto “integrati”.

Sky: niente Olimpiadi al momento, i canali Eurosport trasmetteranno altroNonostante Sky abbia un accordo che

prevede i canali Discovery sulla sua

piattaforma, il contratto che ha stipulato

con Discovery esclude al momento la

visione delle Olimpiadi. Questo vuol dire

che mentre i due canali Eurosport HD

su DAZN trasmetteranno la sintesi e gli

eventi principali, su Sky verrà trasmesso

altro, ma non le Olimpiadi. In queste setti-

mane le cose potrebbero cambiare: è un

semplice accordo economico, Discovery

chiede a Sky di pagare i diritti aggiuntivi.

Se lo facesse avrebbe gli stessi contenu-

ti di DAZN, quindi la sintesi.

TIM Vision: tutte le 3000 ore, e pure il canale 4K in esclusivaGli abbonati a TIM Vision avranno ac-

cesso senza pagare nulla di più all’intera

programmazione di Discovery+. Quindi a

tutte le 3000 ore di contenuti. Non solo:

attraverso il TimVision Box Eurosport tra-

smetterà in esclusiva il canale Eurosport

4K, con le migliori gare della manifesta-

zione in Ultra HD. Sarà un canale solo,

ma sarà l’unico modo per vedere parte

dell’evento in 4K. Rai, anche tramite Ti-

vùsat, non ha i diritti per il 4K.

Fastweb: i clienti fibra e mobile le vedranno gratisL’operatore è main partner del Coni e

dell’Italia Team: tutti gli abbonati fibra e

mobile di Fastweb hanno accesso gratu-

itamente per tre mesi a tutti i contenuti

di Discovery+, compresi quindi i Giochi

Olimpici di Tokyo 2020. Vedranno tutti i

canali e tutti gli eventi.

Jeff Bezos è andato nello spazio. Ed è tornato dopo 10 minuti. Via ai viaggi turistici spazialiIl viaggio nello spazio dell’uomo più ricco del mondo oltre i 100 km dalla Terra provando l’esperienza dell’assenza di peso ha segnato l’inizio di un’epoca di Sergio DONATO

Jeff Bezos è andato nello spazio a bordo della capsula del sistema di lancio New Shepard. Ha oltrepas-sato la quota di 100 km in un volo suborbitale ed è atterrato dopo cir-ca 10 minuti in una zona desertica del Texas insieme ai tre compagni di volo: il fratello di Bezos, Mark, l’ex aviatrice Wally Funk di 82 anni e il diciottenne Oliver Daemen, il primo turista pagante della storia della Blue Origin. Daemen e Funk sono diventati rispettivamente l’astronauta più giovane e più an-ziano al mondo. Blue Origin è la compagnia spaziale fondata da Jeff Bezos, già fondatore ed ex CEO di Amazon, nonché attual-mente uomo più ricco del mondo. Il viaggio suborbitale NS16 a cui ha partecipato Bezos è stato anche il primo della Blue Origin con perso-nale umano dopo le 15 missioni di test del sistema di lancio New She-pard. Al’interno della capsula in cima al modulo c’erano solo i quat-tro turisti spaziali, poiché il viaggio della New Shepard è completa-mente automatizzato e non richie-de la presenza di piloti o ingegne-ri. Nella capsula, i 4 hanno potuto provare l’esperienza dell’assenza di peso per circa 4 minuti mentre si godevano il paesaggio della Terra vista da una quota di oltre 100 km.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Paolo CENTOFANTI

Benvenuti al primo appuntamento con la TV Aca-

demy, una nuova serie di approfondimenti in cui

ci addentreremo in alcune delle ultime tecnologie

in ambito TV: HDR, HDMI 2.1, Mini LED, Quantum Dots,

e molto altro ancora. Nostro partner in questo viaggio è

Samsung, interessata come noi ad aumentare la com-

petenza e la consapevolezza tecnologica degli utenti. I

contenuti, in ogni caso, rimangono approfondimenti in-

dipendenti di DDay.it, certamente illustrati con immagini

Samsung, ma privi di condizionamenti.

Dopo questa doverosa precisazione, siamo pronti per

partire con questo primo episodio in cui parleremo di 8K,

formato che rappresenta l’ultima frontiera dell’evoluzio-

ne degli standard TV, ma le cui caratteristiche e obiettivi

sono ancora poco compresi, portando spesso a sottova-

lutarne le potenzialità. Ne ripercorriamo brevemente la

storia e cercheremo di soddisfare ogni curiosità.

Il formato video “definitivo” che nacque prima del 4K

Lo sapevate che l’idea del formato 8K nasce ben prima

dell’avvento dei TV 4K? Siamo abituati a pensare all’8K

come il successore del 4K, ma a dirla tutta, le prime ricer-

che su uno standard televisivo 8K risalgono addirittura

al 1995, prima ancora che si affacciassero sul mercato

i primi televisori in alta definizione. L’invenzione dell’8K

la dobbiamo agli ingegneri giapponesi dei laboratori

della mitica emittente nipponica NHK, che a partire dalla

seconda metà degli anni ’90 iniziarono i lavori sullo svi-

luppo di quella che battezzarono Super Hi-Vision, evolu-

zione dell’Hi-Vision, come veniva chiamata in Giappone

l’alta definizione, paese che avviò per primo trasmissioni

regolari con definizione superiore a quella standard.

Mentre in Europa si gettavano le basi per l’avvento della

TV digitale, l’NHK voleva creare uno standard televisivo

definitivo, con caratteristiche cioè che avrebbero rag-

giunto i limiti del sistema percettivo umano e avrebbero

TV E VIDEO Siete sicuri di sapere tutto sul formato 8K? E se vi dicessimo che non è il successore del 4K, ma anzi il suo progenitore?

TV Academy, prima puntata: dal 4K all’8K Storia, potenzialità e vantaggi del nuovo formatoIn questo primo episodio, andremo alla scoperta del formato, delle sue origini e vantaggi, in un viaggio che ha diverse sorprese

reso futile in futuro lo sviluppo di ulteriori formati. Pun-

tarono quindi direttamente ad un formato televisivo da

oltre 4000 linee di scansione (all’epoca si ragionava an-

cora in termini di tubi catodici) e con audio 3D, pensato

per offrire un angolo di visione di 100 gradi su schermi

da almeno 100 pollici.

La prima presentazione di un sistema Super Hi-Vision av-

venne nel 2002, quando NHK mostrò all’inaugurazione

dei suoi Science & Technology Research Laboratories

un sistema con risoluzione di 7680 x 4320 pixel e au-

dio a 22.2 canali. Il primo video fu presentato nel 2003

attraverso un sistema prototipo che sfruttava 16 video

recorder HD per riprendere le immagini da 4 sensori con

risoluzione di 3840x2048 pixel opportunamente combi-

nati per creare un fotogramma da 7680 x 4320 pixel.

Occhio a questi numeri, che ci dicono le caratteristiche

principali del formato 8K: il sistema presentato da NHK

offriva infatti una risoluzione pari a 16 volte quella di un

segnale HD, e 4 volte quella del formato che oggi comu-

nemente chiamiamo 4K, che ha una risoluzione vicina

a quella di quei primi sensori di immagine, 3840x2160

pixel. Nasce ufficialmente il nuovo formato Super Hi-Vi-

sion. Nel 2005, NHK porterà il suo Super Hi-Vision a

EXPO 2005 in Giappone, per la prima presentazione

al grande pubblico, mentre nel 2008 verrà presentata

la prima trasmissione sperimentale satellitare in Super

Hi-Vision all’IBC di Amsterdam, con la collaborazione di

RAI e BBC. NHK ha acceso le prime trasmissioni satelli-

tari 8K in Giappone nel 2018, in anticipo rispetto ai piani

originari presentati agli inizi degli anni 2000.

Ma da dove arrivano le sigle 8K e 4K?Nel 2007 la SMPTE (Society of Motion Picture and Te-

levision Engineers) formalizzerà ufficialmente il nuovo

formato promosso dalla NHK definendo per la prima

volta l’Ultra High Definition Television o UHDTV nelle

due risoluzioni che sono quelle che oggi conosciamo:

UHDTV1 con risoluzione di 3840x2160 pixel e UHDTV2

con risoluzione 7840x4320 pixel. Oggi vengono co-

munemente indicate rispettivamente come 4K e 8K,

lab

video

Presentazione in Giappone da parte di NHK del formato Super Hi-Vision nel 2005 con uno dei primi video 8K della storia. Per la vi-sualizzazione all’epoca venivano utilizzati due videoproiettori custom D-ILA 4K opportuna-mente allineati per avere risoluzione 8K sul verde e 4K su rosso e blu.

Dai nostri archivi. Nel 2006, Pioneer presentò al CEATEC di Tokyo un prototipo di pannello al pla-sma da 18 pollici con pixel da 0,36 x 0,36 mm di dimensione. Avrebbe dovuto essere il mattoncino alla base dei futuri televisori al plasma 8K da 125 pollici, che però non videro mai la luce. Fu Panasonic invece a presentare un plasma da 145 pollici 8K ben 6 anni dopo, nel 2012, sempre in collaborazione con NHK.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

ma perché? Le sigle hanno il dono della brevità, ma

il legame con la storia della Super Hi-Vision e le riso-

luzioni di cui sopra potrebbe non sembrare così ovvio.

Anche se come abbiamo visto l’Ultra HD affonda le sue

radici nel mondo del Broadcasting, le diciture 4K e 8K

rispecchiano in realtà quello che è il vocabolario dell’in-

dustria cinematografica. Se nel primo caso si ragionava

in termini di risoluzione verticale e linee di scansione

per analogia al tubo catodico, nel mondo del cinema

il riferimento era costituito dalla pellicola e in particola-

re dalla sua larghezza (i famosi 35 mm e 70 mm). Con

l’avvento del digitale, anziché misurare la larghezza del

fotogramma in mm si cominciò a contare i pixel, cioè la

risoluzione orizzontale: in ambito cinema il 4K è definito

con una risoluzione di 4096x2160 pixel, quindi quattro

mila pixel circa in larghezza, da cui appunto il 4 seguito

dalla K intesa come simbolo delle migliaia. In ambito vi-

deo i pixel sono 3840, un po’ meno di 4000, ma la sigla

4K funziona lo stesso. Per l’8K il discorso è esattamente

lo stesso: 7680 sono infatti quasi 8000 pixel e anche

in questo caso nel cinema c’è un formato leggermente

più largo, con 8192 pixel in orizzontale. Sarà proprio il

cinema a sancire l’affermazione del 4K come tappa tran-

sitoria verso l’8K, formato che venne adottato per la riso-

luzione grossolanamente comparabile a quella media di

una pellicola a 35 mm ( in realtà dare un numero preciso

alla risoluzione in pixel della pellicola è particolarmente

arduo a causa dei numerosi fattori di cui tenere conto),

oltre naturalmente che per i limiti tecnologici dell’epoca

che non consentivano di spengersi oltre.

8K non solo per immagini più definite, ma per una maggiore immersioneCome abbiamo visto l’obiettivo degli ingegneri giappo-

nesi era quello di creare un ultimo formato “definitivo”

per qualità di immagine, ma anche per angolo di visione.

Il sogno che inseguivano i giapponesi all’epoca dello

sviluppo della Super Hi-Vision era infatti quello di creare

un giorno schermi grandi come pareti e che avessero

una risoluzione tale da apparire come vere e proprie fi-

nestre su un altro mondo, creando un senso di totale im-

mersione e “presenza”. Le principali dimostrazioni della

Super Hi-Vision nei primi anni 2000 erano accompagna-

te da materiale illustrativo che dipingevano classici ap-

partamenti giapponesi (rinomatamente non molto ampi),

con finestre “elettroniche” che ne allargavano artificial-

mente gli orizzonti. Un’immagine 8K è composta da 33

milioni di pixel, un numero che consente di avvicinarsi

moltissimo allo schermo senza percepire i singoli pixel

e quindi, in un certo senso, di “non vedere” lo schermo

per quello che è.

Avvicinarsi allo schermo ha come conseguenza diretta

quella di aumentare l’angolo di visione, cioè la porzione

del nostro campo visivo che sarà occupata dall’imma-

gine da esso proiettata. Maggiore è l’angolo di visione,

superiore è il coinvolgimento suscitato nello spettatore

e l’obiettivo dell’8K è quello di creare una sensazione di

presenza realistica.

Tradizionalmente, l’SMPTE ha sempre raccomandato

un angolo di visione ideale di almeno 30 gradi per una

buona esperienza cinematografica; secondo le racco-

mandazioni THX invece l’angolo dovrebbe essere di al-

meno 40 gradi. Ma l’8K permette di arrivare ad angoli di

visione molto più elevati prima di arrivare al limite della

risoluzione del nostro occhio. Quant’è quindi l’angolo di

visione ottimale per uno schermo 8K? Se l’alta definizio-

ne era stata concepita in modo tale che la distanza di

visione ottimale fosse pari all’incirca a tre volte l’altezza

segue Da pagina 05

Le raccomandazioni dell’I-TU in termini di distanza di visione per i vari formati video.

Il The Wall di Samsung è quanto di oggi ci sia di più si-mile all’originale visione di NHK, schermi ultra definiti e capaci di immergere completamente gli spettatori nell’esperienza di visione.

dello schermo, con un angolo di visione di circa 30 gra-

di, nel caso degli schermi 8K la distanza ottimale è pari

a circa 0,8 volte l’altezza dello schermo, per un angolo

di visione di ben 96 gradi (come riferimento, l’angolo di

visione di un visore VR come l’Oculus Quest 2 è di 90

gradi). L’angolo di visione dell’uomo è di circa 200 gradi

considerando la vista periferica monoculare e di circa

120 gradi in termini di visione binoculare, per cui siamo

davvero vicini al concetto di immersione totale.

Stessa distanza, ma schermi sempre più grandiPer capire come l’8K può cambiare l’esperienza di visio-

ne vediamo qualche esempio concreto. Parametri come

dimensione e risoluzione dello schermo, sono intrinse-

camente legati alla distanza tra display e spettatore e

quindi all’angolo di visione, parametri che vanno com-

binati in modo da garantire un buon coinvolgimento e

allo stesso tempo permettere di apprezzare il livello di

dettaglio, ma senza superare la soglia oltre cui la griglia

dei pixel diventi evidente. Con l’8K ci si scontra - come

da obiettivi degli ingegneri che hanno lavorato alla Su-

per Hi-Vision - con i limiti del sistema percettivo umano.

Prendiamo uno schermo da 65 pollici (altezza di circa

80 cm e larghezza di 144 cm) e mettiamoci nel caso

ideale di avere una vista da 10/10 (o 20/20). La bontà

della nostra vista determina infatti la nostra capacità di

percepire i dettagli e in base a ciò l’ITU-R ha pubblicato

una raccomandazione (BT.1845) in cui ha specificato di-

stanza e angolo di visione ottimali per i principali formati

di immagine.

Rifacendoci alle linee guida dell’ITU, nel caso di un di-

splay in alta definizione (1920x1080 pixel) la distanza

di visione ottimale sarebbe di circa 2,6 metri. Passan-

do ad una risoluzione 4K (3840x2160 pixel), la soglia

si dimezza a circa 1,3 metri. Saliamo ancora, fino all’8K

(7680x4320 pixel), e la distanza oltre cui comincerem-

mo a percepire la griglia di pixel diminuisce fino ad

appena 0,6 metri circa. Ora consideriamo l’angolo di

visione: passeremmo dai 31° del full HD, ai circa 58° del

4K per finire con i 96° dell’8K. Possiamo approcciare

l’argomento anche da un altro punto di vista, mante-

nendo fissa la distanza di visione, cioè la distanza tra il

nostro divano e lo schermo. Prendiamo rispetto all’e-

sempio appena visto come riferimento una distanza di

2,5 metri. Con un TV full HD, abbiamo visto, il polli-

segue a pagina 07

TV E VIDEO

TV Academy: Dal 4K all’8K

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

ciaggio ideale è di circa 65 pollici. Con il 4K possiamo

spingerci già fino ad un massimo di 126 pollici, uno

schermo con la ragguardevole base di quasi 2,8 metri.

E con l’8K? Lo schermo ottimale avrebbe un’altezza di

circa 3,1 metri e una larghezza di circa 5,5 metri, per

una diagonale di oltre 170 pollici: un’intera parete di

casa come immaginato dagli ingegneri dell’NHK e da

quella distanza non percepiremmo i singoli pixel con

un risultato straordinario. Oggi non esistono TV con

queste caratteristiche, ma lo sviluppo della tecnologia

MicroLED potrebbe consentire tra qualche anno di

raggiungere davvero un simile risultato.

Quanto abbiamo visto fino ad ora è vero per contenuti

pensati per sfruttare appieno un tale angolo di visione

e la raccomandazione ITU che abbiamo citato è proprio

rivolta ai creatori affinché tengano conto della distanza

di visione ottimale. Ma la maggior parte dei contenuti di

oggi non sono ancora concepiti per una simile fruizio-

ne. L’effetto sarebbe come quello che si ottiene quan-

do ci si siede in prima fila al cinema: dovremmo girare

Il MicroLED, con la possibilità di essere completamente modulare, permetterà di costruire schermi su misura, luminosi e con risoluzione 8K. In questo senso, Samsung è stata pioniera con il lancio della prima gamma di prodotti MicroLED anche per il mercato consumer, seppure i prezzi siano ancora quelli di beni di lusso.

TV E VIDEO

TV Academy: Dal 4K all’8Ksegue Da pagina 06

la testa da un lato all’altro dello schermo e avremmo

difficoltà a seguire il quadro di insieme con uno scher-

mo così grande. Con i contenuti tradizionali, in realtà,

un angolo di visione di circa 70 gradi viene considerato

il massimo per ottenere una visione confortevole, per

una distanza di visione di circa 1,27 volte l’altezza dello

schermo. Prendendo come esempio un tipico schermo

8K che si trova oggi in commercio da 85 pollici (1,88

x 1,06 metri), la distanza di visione ottimale per avere

un angolo di 70 gradi è di circa 1,3 metri, la stessa che

abbiamo visto essere ottimale per uno schermo 4K da

65 pollici. Detto in altri termini, il passaggio da 4K a 8K

a parità di distanza di visione di 1,3 metri, ci consenti-

rebbe già oggi di aumentare la diagonale del TV da 65

pollici a 85 pollici senza introdurre una percezione di

perdita di qualità e aumentando il nostro coinvolgimen-

to con un angolo di visione confortevole.

Con l’avvento dell’upscaling basato su Intelligenza Artificiale, l’8K ha senso anche in assenza di contenuti nativiL’obiezione classica che spesso accompagna le di-

scussioni sull’8K è legata alla disponibilità dei contenu-

ti in questo formato. Giustamente viene infatti fatto os-

servare che a parte rare eccezioni (come la partnership

stretta da Samsung con Chili ad esempio) la maggior

parte dei servizi di video on demand non offrono an-

cora video in 8K, mentre un nuovo formato di supporto

ottico capace di supportare la massima risoluzione Ul-

tra HD difficilmente vedrà la luce nell’immediato futuro.

E allora, a parte i benefici in termini di dimensione dello

schermo e coinvolgimento, tutti pixel sprecati? C’è un

aspetto molto importante di cui tenere conto e da non

sottovalutare ed è quello dei passi da gigante che sono

stati fatti nelle tecnologie di elaborazione del segnale

grazie all’avvento di tecniche di intelligenza artificiale

come machine learning e deep learning. Queste tec-

niche vanno al di là della “semplice” interpolazione

dei pixel, grazie alla capacità di riconoscere ciò che

ritrae un fotogramma e di ricostruire meticolosamente i

pixel mancanti in modo adattativo in base al contenuto

dell’immagine. Ad esempio, questi algoritmi consento-

no di identificare il viso di un soggetto e di applicare la

migliore tecnica di upscaling grazie all’addestramento

del software su centinaia di immagini simili.

Per capire il livello di evoluzione raggiunto da questi

algoritmi basti pensare che Samsung quest’anno ha

introdotto un nuovo processore con 16 reti neurali ad-

destrate per altrettanti aspetti dell’immagine.

Questi algoritmi consentono di creare un’immagine

8K a partire da un’immagine 4K in grado di sfruttare

la maggiore risoluzione dello schermo per riprodurre

un’immagine più realistica.

La versione 4K di un filmato “upscalata” su TV 8K e la stessa versione nativa 8K. L’8K è più dettagliato, ma l’upscaler basato su intelligenza artificiale ci arriva molto vicino.

Fotogramma in 4K su TV 4K. Si tratta di una porzione di un video 8K disponibile su YouTube.

Lo stesso fotogramma “upscalato” da 4k in 8K su TV Samsung Q950TS, il top di gamma 8K del 2020. Si noti la maggiore precisione delle linee sulla torre sulla destra.

clicca sulle immagini per l’originale

Negli esempi qui sotto, abbiamo confrontato un video nativo 8K su YouTube riprodotto in 4K su un TV 4K, in 4K su un TV 8K in upscaling e infine in 8K su un TV 8K. La prova è stata effettuata con il QLED top di

gamma Samsung dello scorso anno, l’ottimo Q950TS. In questo caso è possibile vedere come l’immagine “upscalata” sul TV 8K risulti comunque più detta-gliata della versione 4K su un TV con quella risoluzione nativa.

Ciò è importante nel momento in cui la visione avviene con uno schermo più grande e molto più ravvicinata. Ma è interessante osservare anche il minimo divario che c’è tra la versione 4K “upscalata” e l’8K nativo.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Franco AQUINI

MediaWorld continua a credere nella formula dei

negozi “smart” e ci crede così tanto da aprirne

altri due nella stessa giornata: il primo in pieno

centro a Torino, nella centralissima Piazza Castello, e il

secondo nel popolare quartiere Tuscolano a Roma. I due

negozi fanno parte di un mini-lotto di negozi “smart” di

nuova apertura e portano a quattro gli store MediaWorld

di questo tipo già operativi in Italia.

DDAY.it era presente all’inaugurazione del negozio di

Torino, andando a curiosare all’interno di questa nuova

concezione di negozio, che sta a metà tra il punto di ri-

tiro e il negozio di prossimità. Un negozio fisico dove si

può acquistare sia quello che c’è in esposizione e in ma-

gazzino, sia online, tramite una TV touch in bella vista.

Lo “scaffale infinito” è virtuale ma assistitoUn MediaWorld Smart è un negozio dalle dimensioni più

piccole di quelli a cui ci ha abituato la catena. Quello di

Torino, per esempio, è di 400 mq tra area espositiva e

magazzino, contro i 1.500-2.000 e più di un megastore

convenzionale. Dentro, disposta su due piani, c’è l’espo-

sizione di tutte le tipologie di prodotti (TV, smartphone,

computer, lavatrici, frigoriferi, etc.); c’è il personale de-

dicato a dare assistenza ai clienti e un magazzino per

poter garantire la pronta consegna dei prodotti. A colpo

d’occhio non mancano merceologie, è come se si trat-

tasse di un negozio più “denso”. In più, però, c’è anche

l’esperienza online. Grazie a un grande schermo touch

- MediaWorld lo chiama “scaffale infinito” - il cliente può

acquistare online con il supporto di un addetto. Il tutto

nel rispetto della privacy: il cliente non ha bisogno di

fare l’accesso col suo account, ma sarà il personale a

concludere l’acquisto online. Chi invece ha già piena di-

mestichezza con il sito MediaWorld e ha già un account,

probabilmente comprerà da casa, ma potrà usare il Me-

diaWorld Smart come punto di ritiro.

Tutto ciò che viene acquistato online può essere, ov-

viamente, consegnato sia a casa che direttamente nel

negozio, così da rappresentare un punto strategico sia

per il servizio di pickup che per il pick&pay.

MediaWorld Smart quindi è un concetto di negozio

nuovo, figlio anche della pandemia e delle chiusure

che hanno costretto la grande distribuzione a ripensa-

re completamente non soltanto il canale di vendita, ma

anche il rapporto col cliente. Un negozio di prossimità,

di dimensioni più piccole, ha una densità di personale

più alta, può venire incontro più facilmente alle esi-

genze della clientela e magari sfruttare una diffusione

più capillare rispetto ai classici negozi dalle metrature

più ampie. Per l’occasione abbiamo scambiato qual-

che parola con Emanuele Cosimelli, Country Manager

Finance di Mediamarket.

DDAY.it: È un negozio più piccolo rispetto a quello che siamo abituati a vedere, però sembra esserci tuttoEmanuele Cosimelli: “Si, l’obiettivo è proprio quello di

avere un assortimento completo, che possa rispondere

alle esigenze della nostra clientela, in uno spazio che è

molto diverso rispetto ai nostri format tradizionali.”

DDAY.it: Per dare l’idea di un’attenzione maggiore alla clientela?Cosimelli: “Si, senza tuttavia snaturare lo spirito Me-

diaWorld, che è quello di un vasto assortimento che

è possibile trovare anche qui, il numero di prodotti in

esposizione è molto elevato.”

DDAY.it: Quindi quello che c’è in esposizione si può comprare direttamente, non solo online?Cosimelli: “Sì, questo tra l’altro risponde anche alla logi-

ca di pickup point e alla omnicanalità sulla quale stiamo

puntando da anni: avere un negozio che non è solo di

prossimità, ma che offre anche la possibilità di effettua-

re pickup in una zona di uffici e di shopping.”

DDAY.it: Vi aspettate un tipo di clientela differente da questo format rispetto a quella che frequenta i negozi tradizionali?Cosimelli: “Sicuramente la nostra clientela tradizionale

ci riconosce e il fatto di essere arrivati in centro città ci

rende più vicini, aumenta la nostra presenza sul territo-

rio. Dall’altro lato, intercettare nuove tipologie di clien-

tela, appunto quella di prossimità degli uffici, ma anche

turisti o clienti residenziali, va ad aggiungersi alla nostra

clientela classica.”

DDAY.it: Si può dire che la densità di personale per cliente in questo tipo di negozi è molto alta?Cosimelli: “Assolutamente si, questo infatti risponde

a una delle finalità primarie di questo tipo di negozio,

che è quella di dare servizio. Ovviamente il personale

da un valore aggiunto unitamente allo scaffale infinto

che mette a disposizione dei nostri clienti la totalità del

catalogo. In questo senso è una nostra scelta voluta.”

DDAY.it: In pratica volete abbattere il problema prin-cipale del consumatore, che spesso è quello di non sapere cosa comprare.Cosimelli: “Sì, l’idea è quella di passare da transazio-

ne a relazione. Da questo punto di vista il MediaWorld

Smart è fondamentale.”

DDAY.it: Abbiamo visto anche un’area post vendita per le riparazioni di smartphone e altro.Cosimelli: “Sì e questo è di nuovo un vantaggio del ne-

gozio di prossimità: un cliente che ha un problema può

entrare e avere il telefono riparato o l’assistenza su un

prodotto.”

DDAY.it: Per concludere: che programmi avete per questo tipo di negozi nel 2021?Cosimelli: “Intanto apriamo anche a Roma ed è una

cosa molto importante visto il periodo. Siamo molto con-

tenti di come sta andando il progetto pilota di Varese,

con tante soddisfazioni sia in termini numerici che per

la clientela. Torino e Roma sono sicuramente dei passi

importanti per il consolidamento del format sul quale

puntiamo, perché indubbiamente ci consente di essere

più capillari, soprattutto nel centro delle città”.

MERCATO DDAY.it è andata a curiosare all’inaugurazione del nuovo MediaWorld Smart di Piazza Castello a Torino. Ecco le novità

Inaugurati i MediaWorld Smart di Roma e Torino Tanti prodotti, assistenza e lo “scaffale infinito” Il negozio ha una concentrazione molto alta di prodotti e di personale. E c’è quello che MediaWorld chiama lo “scaffale infinito”

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

Audiogamma fa filotto e ha annunciato la distribu-

zione in esclusiva in Italia di tre aziende storiche

della diffusione e dell’amplificazione del suono:

Mark Levinson, JBL e Arcam.

Mark Levinson e la sua scapigliata libertà sonoraMark Levinson affonda le sue radici nel Connecticut;

l’anno è il 1972. Fu fondata dal suo omonimo, bassista e

ingegnere del suono. Passando tra le decadi attraverso

gli storici finali ML2, ML20.6, ML29 e il finale verticale

33 del 2004, si arriva ai giorni nostri, con Mark Levinson

che fa parte della rosa dei marchi del gruppo Harman

International, e Audiogamma che si accinge a distribu-

ire in Italia i suoi prodotti. Tre gli amplificatori integrati,

N°5802, N°5805 e N°585.5 in grado di erogare rispet-

tivamente 2 X 125W i primi due e 2 X 200W il top di

gamma, tutti su 8 ohm e in classe AB. N°5802 ha solo

con ingressi digitali, mentre il N°5805 ha anche gli RCA,

XLR e Phono MM/MC. Sono dotati dello stesso converti-

tore D/A 32bit/384KHz compatibile DSD 11.2MHz, MQA

e con connettività Bluetooth aptX HD. Sono tre anche i

preamplificatori, N°5206, N°523 e N°526. N°5206 ha un

design circuitale in pura classe A, stadio phono MM/MC,

DAC 32bit/384KHz Bluetooth con aptX HD e ingressi/

uscite XLR/RCA e uscita cuffia 6,3 mm in classe A.

Anche i finali si raggruppano in un terzetto: N°5302,

N°536 e N°534. 2 X 135 W il più piccolo, con possibilità

bridged, trasfor-

matore toroidale

da 1.100 VA e con-

densatori di filtro

da 10.000 uF per

canale. N°534,

stereo, è invece

capace di erogare

2 X 250 W su 8 ohm con una polarizzazione molto spin-

ta, sezione di alimentazione da 1800 VA e connettori

di uscita Hurricane. N°536 è la sua versione mono con

400 W su 8 ohm.

Tra le sorgenti digitali di Mark Levinson distribuite da Au-

diogamma c’è N°5101: un lettore CD/SACD, e streamer

di rete con DAC 32/192 incorporato e stadio di uscita

PurePath con uscite RCA e XLR; e N°519, lettore CD,

Streamer di rete e DAC con display TFT da 5” già pronto

per Roon. Ha connettività Bluetooth, Spotify, Tidal, Qo-

buz, Deezer, Rhapsody, Napster e Radio internet, con 2

ingressi USB-A per HDD e uscita cuffia 6,3 mm.

C’è anche il giradischi, N°5105, con braccio da 10” re-

golabile in altezza in fibra di carbonio e headshell in-

tegrato in alluminio. Piatto da 30cm del peso di 6Kg

e regolazione elettronica della velocità. Anche nella

versione N°5105MC con testina Ortofon Quintet Black

premontata.

MERCATO Audiogamma ha comunicato che diffonderà sul mercato italiano tre grandi nomi del settore audio mondiale

Audiogamma distribuirà tre storici brand audioJBL, Mark Levinson e Arcam in esclusiva per l’ItaliaPer JBL, distribuirà le linee HDI, Classic, Studio Monitors, Summit e Conceal, per Levinson gli storici amplificatori integrati e altro

JBL, un colosso del suono distribuito da AudiogammaNata nel 1927, JBL è un’azienda dedita alla diffusione

sonora molto conosciuta anche dai non appassionati

perché riesce a soddisfare le esigenze dell’ascolto ama-

toriale e professionale. Acquistata nel 2017 da Samsung

insieme al resto del gruppo Harman, Audiogamma avrà

cura della distribuzione in Italia delle linee HDI, Classic,

Studio Monitors, Summit e Conceal.

La serie HDI è caratterizzata dall’utilizzo combinato della

tecnologia brevettata High Definition Imaging (HDI), con

i driver a compressione 2410H-2, anch’essi brevetto di

JBL. La linea è composta da un diffusore bookshelf, HDI-

1600, un due vie in bass reflex con un woofer da 16,5

cm. Due diffusori da pavimento, HDI-3600 e HDI-3800,

entrambi 2,5 vie in

bass refelex, con

3 woofer ciascuno

rispettivamente

da 16,5 cm e 20

cm. Completano

la gamma un ca-

nale centrale, HDI-

4500, 2,5 vie in bass reflex con quadruplo woofer da 13

cm, e un subwoofer, HDI-1200P, dotato di un woofer da

30 cm e di una potenza di 1000W in classe D.

La gamma Classic comprende - oltre alla leggendaria

L100 Classic, rivisitazione della L100 dei primi anni ’70

- L82 Classic, un due vie con woofer da 20 cm, e infine

L100 Classic 75 e SA750, entrambi prodotti per cele-

brare il 75° anniversario dell’azienda. L100 Classic 75 è

una versione speciale e celebrativa delle L100, mentre

SA750 è un amplificatore integrato estremamente evo-

luto ed esteticamente ispirato a SA600 (il suo gemello

degli anni 60). È dotato di DSP con DIRAC e funzioni

Network, e può erogare erogare 120 W per canale su 8

ohm. La serie Studio Monitors introduce i prodotti pro-

sumer. Quattro i modelli, a partire dalla 4312G, diffusore

a 3 vie dotato di un woofer da 30 cm e un driver da 12,5

cm. Poi la 4309, la più piccola con tromba esponenziale

a compressione con driver in Teonex da 2,5 cm per i

medio-alti, doppio reflex e woofer da 16,5 cm. 4349 è

invece la prima dotata di tromba HDI in Sonoglass con

doppio driver D2415K da 3,8 cm, il woofer è da 30 cm e

con una bobina mobile da ben 3 pollici. Chiude la fila la

top di gamma 4367, dotata di doppio driver D2430 da

75mm per i medio alti e woofer da 38 cm con magnete

in neodimio. Quattro modelli anche per la serie Sum-

mit, di diverse dimensioni e prezzo, che rappresenta

l’apice del catalogo JBL. Si comincia con S3900, che è

il modello di ingresso: doppio woofer da 25 cm, 1 twe-

eter da 5 cm e un supertweeter da 1,9 cm.. Segue la

S4700, che adotta lo stesso woofer della 4367, ma con

le alte frequenze riprodotte da una coppia di driver a

compressione in titanio in un gruppo a doppia tromba

SonoGlass con tweeter da 2 pollici e supertweeter in

titanio da 0,75 pollici. La vetta si fa più vicina con la K2

S9900, con un woofer da 38 cm in alnico e un gruppo

motore dal peso di ben 16 kg e tweeter-supertweeter

con cupola in berillio e magneti in neodimio. Infine, il

top della gamma JBL, massima espressione del co-

struttore: le Everest DD67000. Tre vie con due woofer

a tre strati da 38 cm in alnico, tweeter a compressione

in berillio da 10 cm e un super-tweeter da 2,5 cm che

arriva fino a 60 kHz. La serie Conceal è la più riservata

del gruppo: è una linea di prodotti da incasso compo-

sta da tre modelli e un subwoofer, tutti caratterizzati da

rivestimento esterno verniciabile Fidelity Glass. C62 è

un 2 vie con woofer da 16,5 cm e tweeter a cupola da

2,5 cm. Gli somiglia molto C83, che si differenzia solo

per la gamma bassa, adottando driver da 20 cm. C86

è invece composto da due differenti unità, una ospita

il solo woofer da 20 cm, e l’altra è dotata di quatto mi-

drange da 3 cm e un tweeter a cupola da 2,5 cm. Infine

il subwoofer C82W con due unità separate con woofer

da 20 cm l’una.

Arcam, da Albione all’ItaliaAudiogamma ha comunicato anche che distribuirà in

esclusiva i prodotti Arcam, storico marchio britannico

e appartenente anch’esso al grande gruppo Harman

International Industries.

N°536

EVEREST DD67000

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

L’Autorità per le Garanzie nelle Co-

municazioni (AGCOM), nel suo Os-

servatorio sulle Comunicazioni del

12 luglio, ha tirato le somme al 12 marzo

2021 sulla situazione delle connessioni

italiane, sui risultati dell’editoria, delle

televisioni e anche del settore postale.

In Italia ci sono 2,1 milioni di connessioni FTTHIl Garante ha detto che se nel marzo

2017 oltre l’80% degli accessi alla rete

fissa era in rame, dopo quattro anni

questi sono scesi al 33% (con una fles-

sione di 9,93 milioni di linee). Sono con-

seguentemente aumentati gli accessi

FTTC (+7,11 milioni di unità), FTTH (+1,65

milioni) e FWA (+ 0,70 milioni). Il totale

delle connessioni in FTTH (Fiber To The

Home) in Italia a fine marzo 2021 è di

2,1 milioni. Le linee con velocità pari o

superiori ai 100 Mbit/s tra marzo 2017

e marzo 2021 sono passate dal 5,6 al

55,1% del totale. TIM è il maggiore ope-

ratore con il 42,2%, seguito da Vodafo-

ne con il 16,4%, Fastweb con il 15,1% e

WindTre con il 13,9%.

Osservando l’utilizzo di internet,

AGCOM ha scoperto che, nel mese di

marzo 2021, 44 milioni di utenti medi

giornalieri hanno navigato in rete per un

totale di 66 ore di navigazione mensi-

le a persona. Tra i social, Facebook ha

avuto 35,9 milioni di utenti unici e una

dinamica in contrazione su base an-

nuale (-2,5 milioni di navigatori), ma si

conferma la principale piattaforma uti-

lizzata dagli utenti. Sorprendentemente

Pinterest segna +3,1 milioni di utenti e

Tik Tok +3,4 milioni di utenti.

Gli italiani consumano 11,6 GB di dati al meseNel settore della rete mobile, le sim

complessive superano i 104 milioni re-

gistrando una crescita su base annua di

1,2 milioni di unità. Sono aumentate in

modo consistente le SIM M2M (Machine

to Machine), spinte da un +2 milioni di

schede SIM nello stesso periodo.

Tim guida il mercato con il 29,0%, se-

guita da Vodafone, 28,7% e Wind Tre

25,3%, mentre Iliad si prende il 7,2%. Se

si escludono le M2M e si considerano

solo le SIM usate dalle persone, Iliad

tocca il 9,7% di quota di mercato di SIM

con una crescita del 2,3% su base an-

nua. Interessante il dato sul consumo

medio unitario mensile di dati nel primo

trimestre dell’anno, che è stato stimato

in circa 11,6 GB/mese, in crescita di oltre

il 40% su base annua, mentre nel pri-

mo trimestre del 2021 oltre il 72% delle

linee usate da persone ha effettuato

traffico dati.

Comanda Mamma RaiNel settore televisivo la Rai guarda tutti

dall’alto con 4,3 milioni di telespetta-

tori nel giorno medio e raggiunge uno

share del 37,5% rispetto a marzo 2020.

Mediaset si prende il secondo posto:

3,7 milioni di telespettatori nel giorno

medio ma registra una diminuzione del-

la propria quota (-0,3 %) che si attesta

al 31,8%. Nello stesso periodo, calano

leggermente Comcast/Sky (-0,6%) e

La7 (-0,6%), mentre stabile risulta quel-

la di Discovery. Complessivamente gli

altri operatori evidenziano una dato in

controtendenza con +2 punti percen-

tuali di ascolti che complessivamente

raggiungono il 14,2%. Il TG1 e il TG5

sono i telegiornali più seguiti: 11,3 mi-

lioni di spettatori totali tra i due. Al ter-

zo posto l’informazione rizomatica del

TG3 Regionale serale che ha uno share

del 15,3%.

I quotidiani calano. In tre anni vaporizzato il 42% delle copie cartaceeNell’editoria i quotidiani cartacei e di-

gitali confermano la tendenza in calo

di copie vendute, registrando su base

annua una flessione del 9% e un totale

di copie vendute di 50 milioni.

AGCOM ha anche osservato l’anda-

mento da marzo 2017 a marzo 2021.

In questo periodo le copie giornaliere

cartacee complessivamente vendute

passano da 50 a 29 milioni, con una

contrazione del 42%.

Sempre più corrieri per le strade. Crescono le consegne domesticheIl settore postale è in crescita. I ricavi

rispetto a marzo 2020 sono cresciuti di

ben il 25,5%. Se il servizio di corrispon-

denza registra -7,9% su base annua,

comprensibilmente cresce la conse-

gna dei pacchi: +41,9% su base annua,

con i servizi di consegna nazionali che

evidenziano una crescita non lontana

dal 50%. Se si guarda ai volumi invece

che ai ricavi, i servizi di corrispondenza

mostrano un calo del 6%, mentre i pac-

chi movimentati gonfiano il petto con

un +62,9% e tenendo conto solo delle

consegne domestiche.

Il principale operatore è il Gruppo Po-

ste Italiane con il 36,1%, sebbene mo-

stri una flessione del 5,7% su base an-

nua, seguito da BRT con il 13,6%, e da

Amazon che, con una crescita del 4,3%

rispetto a marzo 2020 sale al 12,4%.

MERCATO In tre anni sono calate le connessioni in rame mentre crescono FTTC, FTTH, e FWA

In Italia 2,1 milioni di linee FTTH totali Spedizioni +63%. I dati di AGCOMGli italiani navigano per 11,6 GB al mese e le consegne domestiche sono aumentate del 63%

Intel, voci di trattative per GlobalFoundries L’acquisto per 30 miliardi di dollariIntel starebbe trattando l’acquisto di GlobalFoundries per circa 30 miliardi di dollari. GlobalFoundries produce processori per terzi ed è la terza fonderia al mondo per quote di mercato. La voce dell’acquisto di GlobalFoundries arriva dal Wall Street Journal, che ha potuto sentire persone informate sulle trattative. Tuttavia, le intenzioni di acquisto sembrerebbero non includere i dirigenti di GlobalFoundries, ha riferito un portavoce della società. GlobalFoundries è nata 12 anni fa, quando è stata scorporata da AMD. Soprattutto dopo l’arrivo del nuovo CEO, Pat Gelsinger, Intel sta spingendo molto per recuperare una posizione di punta nello sviluppo e nella realizzazione di processori. L’eventuale acquisto di GlobalFoundries potrebbe anche essere letta come la volontà di Intel di fare fronte con le proprie forze alla carenza di semiconduttori che lo stesso Gelsinger ha detto che “durerà ancora diversi anni”.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

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n. 308 del’8 novembre 2017

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

Il National Institute of Information and

Communications Technology giap-

ponese (NICT) ha raggiunto l’impres-

sionante velocità di trasmissione di 319

Tb/s (terabit al secondo) su una distanza

di 3.001 km usando una fibra ottica mul-

ti-core coupled da 4 core, cioè compo-

sta da quattro fasci di fibre ottiche.

Il NICT di Tokyo non è per niente nuovo

a questi record: nell’aprile del 2020 era

già riuscito a trasmettere per 2.040 km a un velocità di 172 Tb/s su una fibra

multi-core coupled da 3 core. Le fibre

multi-core coupled hanno una pluralità

di nuclei (i fili di fibra ottica) e un rive-

stimento che li circonda. I nuclei sono

disposti in modo tale che le superfici

periferiche dei nuclei adiacenti siano in

contatto tra loro.

319 Tb/s su 3.001 km: velocità pazzesche per un cavo da 4 coreI ricercatori del NICT hanno ottenuto

quindi un altro record: sono riusciti a tra-

smettere le bande S, C e L (differenzia-

te in base alla lunghezza d’onda della

luce) con un data rate di 319 Tb/s su una

distanza di 3.001 km usando un cavo

multi-core coupled da 4 core standard

(diametro di 0,125 mm) e multiplazione

a divisione di lunghezza d’onda (Wa-

velength Division Multiplex, WDM) con

un particolare metodo di amplificazione

del segnale chiamato Raman.

Questa comprensibile complessità nel

tradurre il risultato ottenuto dai ricerca-

tori può essere spiegata se prendiamo

degli esempi più concreti. I ricercato-

ri hanno detto che il risultato è ottimo

in vista dei cavi SDM ai quali sarà ri-

chiesta una capacità di trasmissione

sempre maggiore. Già, ma cosa sono i

cavi SDM (Space Division Multiplexing,

ovvero multiplazione a divisione di spa-

zio)? Sono speciali cavi sottomarini che

si dipanano sotto gli oceani per dare

vite alle note dorsali di internet. Uno

degli ultimi posati è il cavo Dunant di Google nell’Atlantico, srotolato lungo

6.400 km da Virginia Beach negli Stati

Uniti a Saint-Hilaire-de-Riez in Francia,

e composto da 12 paia di nuclei di fibre

ottiche; che gli danno una capacità di

trasmissione di 250 Tb/s.

I cavi sottomarini più tradizionali sono

composti da 4 a 8 coppie di nuclei di

fibre. Gli SDM possono essere da 12,

come il Dunant di Google, o da 16 coppie

di nuclei. Ottenere una capacità di tra-

smissione di 319 Tb/s su 3.000 km usan-

do un cavo multi-core da 4 nuclei, ma

con la tecnica WDM invece della SDM,

permetterebbe di triplicare le attuali ca-

pacità di trasmissione massime usando

cavi dello stesso diametro complessivo.

Il NICT fa sapere che il cavo multi-core

da 4 core con diametro di placcatura

standard è attraente per la nuova tecno-

logia delle fibre SDM in high-throughput

e i collegamenti a lunga distanza, dal

momento che è compatibile con l’infra-

struttura dei cavi convenzionali e do-

vrebbe avere un’affidabilità meccanica

paragonabile alle fibre monomodali.

MERCATO Il NICT di Tokyo ha raggiunto l’incredibile velocità di 319 Tb/s su 3.001 km di distanza

Fibra ottica a velocità record: 319 Tb/s Su distanza di 3.001 km e cavo da 4 coreHa usato una fibra ottica multi-core coupled da 4 core, cioè composta da 4 fasci di fibre ottiche

Addio ad Albino Sonato, storico presidente di Euronics e Aires. Più di tutti ha creduto all’ associazionismoAddio ad Albino Sonato, protagonista a cavallo tra i due secoli del mercato dell’elettronica di consumo

di Gianfranco GIARDINA

Albino Sonato è scomparso ad 81 anni. È stato un grande imprendi-tore del nostro settore con la Derta SpA, con diversi negozi in Trivene-to; ma soprattutto aveva un talen-to particolare nel fare sistema, nel mettere assieme forze buone del mercato per associare realtà in fer-ma concorrenza tra loro ma trop-po piccole per poter confrontarsi da pari con le grandi catene che stavano via via affermandosi. Fu seguendo questi principi di unione che Sonato nel 1999 ispirò e tenne a battesimo la nascita di Euronics Italia, di cui fu presidente ininterrot-tamente per vent’anni, dopo aver collaborato alla creazione di Euro-nics International. Ma non solo: con una grande intuizione, nel 2005 fondò, con Pierluigi Bernasconi, Aires, l’associazione dei retailer specializzati, che spezzò l’assen-za dei rivenditori di elettronica dai tavoli istituzionali. Di Aires Sonato fu presidente per lunghi anni. Ri-cordiamo Albino Sonato come un grande tessitore di rapporti e di reti di fiducia attorno ai quali gettare ponti per unire realtà altrimenti di-stanti; e quando è stato il momen-to, è stato capace di fare un passo indietro e passare dai protagonisti agli spettatori del mercato, senza mai cadere nella tentazione di ac-cettare un ruolo da comparsa pur di essere sul palcoscenico.

MERCATO L’emendamento chiedeva di alzare di molto i limiti

I limiti del 5G non saranno alzati Bocciato emendamento di Italia Viva

di Massimiliano DI MARCO

I limiti delle emissioni del 5G non si toc-

cano. La commissione alla Camera ha

infatti bocciato un emendamento pro-

mosso da Italia Viva, che mirava a equi-

parare i limiti di emissioni italiani a quelli

suggeriti dalla Commissione Internaziona-

le sulla Protezione per le Radiazioni Non

Ionizzanti (ICNIRP). L’emendamento era stato presentato al DL Recovery, ma,

riporta l’Ansa, è stato bocciato insieme a tutti gli altri emendamenti che non sono

stati esaminati e su cu non era stato espresso un esplicito parere dei relatori e del

Governo. Attualmente in Italia i limiti delle emissioni elettromagnetiche è di 20 V/m,

che scende a 6 V/m nelle aree ad alta densità abitativa. L’ICNIRP ha suggerito un

limite, già precauzionale, di 61 V/m, che è adottato in vari Paesi esteri, fra cui Stati

Uniti e Francia, mentre altri hanno preferito un approccio intermedio: in Grecia il

limite è di 47 V/m, mentre in Belgio è di 31 V/m.

In Italia, insomma, è stato scelto un limite delle emissioni dieci volte più basso di

quello precauzionale suggerito dall’ICNIRP.. Cosa comporta avere un limite così

basso? Le antenne per le reti mobili devono avere un’intensità molto limitata; quin-

di, per garantire una copertura omogenea, come ci si aspetta per una rete mobile, è

necessario installare molte più antenne di quanto sarebbe necessario se i limiti fos-

sero più alti e quindi anche le emissioni delle antenne. Ciò comporta più richieste

di permessi, un impatto ambientale maggiore e, sintetizzando, costi di sviluppo più

alti per l’implementazione del 5G in Italia. Un problema che gli operatori del settore

hanno presentato in più occasioni.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Massimiliano DI MARCO

Il 6 luglio il Parlamento Europeo ha votato a favore di

una specifica deroga alla direttiva ePrivacy. L’obiettivo?

Permettere ai fornitori di servizi di messaggistica e non

solo di scansionare automaticamente le email e le chat

(da Messenger a Gmail) per verificare ed eventualmente

segnalare la presenza di materiale pedopornografico.

La deroga è stata approvata con 537 voti a favore, 133

voti contrari e 24 astenuti.

Patrick Breyer, europarlamentare del Partito Pirata, no-

toriamente contrario a tale regolamento, ha definito la

deroga “l’adozione del primo regolamento nell’Unione

Europea per la sorveglianza di massa”.

Per parlare delle implicazioni di questa deroga, di cosa

implichi per gli utenti e di come si comporteranno nel

prossimo futuro le piattaforme social e le applicazioni

di messaggistica, abbiamo intervistato Matteo Navac-

ci, consulente per la protezione dei dati e co-fondatore

dell’associazione Privacy Network, associazione che

vuole sensibilizzare sulla protezione dei dati personali

e i diritti digitali.

DDAY.it: Cosa prevede la deroga, nota anche come regolamento “Chat Control”?Matteo Navacci: “Il regolamento prevede qualcosa che

viene, in realtà, già fatta. L’Unione Europea ha previsto

un quadro normativo temporaneo che garantisce la

legittimità di alcune operazioni che vengono fatte dai

fornitori di servizi di telecomunicazione. Sostanzialmen-

te si tratta della scansione automatizzata dei messaggi,

delle chat, della posta elettronica e qualsiasi altro tipo di

servizio di comunicazione, compresi gli OTT, tipo What-

sApp, Instagram, Direct.

Si è reso necessario per un motivo formale. A dicembre

2020 è entrato in vigore il nuovo Codice europeo delle

comunicazioni elettroniche, che per la prima volta ha in-

serito tra gli operatori a cui si rivolge anche gli OTT. Così

facendo a queste entità si è applicata anche la direttiva

ePrivacy, cioè quella direttiva europea che dispone il

divieto della sorveglianza, dell’intercettazione dei mes-

saggi e delle comunicazioni delle persone senza il loro

consenso o senza un’autorizzazione specifica.

Quindi è stato necessario fare questo regolamento tem-

poraneo in deroga alla direttiva ePrivacy per permette-

re a questi operatori di scansionare le chat e i servizi di

messaggistica alla ricerca di contenuti illeciti. In partico-

lare, lo scopo è quello di ricercare e segnalare contenuti

pedopornografici.”

DDAY.it: Le piattaforme social e i fornitori di servizi di messaggistica potranno scansionare i messaggi a pre-scindere?Navacci: “Nell’ambito dei paletti messi da regolamento.

Per esempio, si parla soltanto di contenuti multimedia-

MERCATO Il Parlamento Europeo ha approvato una deroga per i fornitori di servizi di comunicazione, per contrastare la pedopornografia

Email e chat saranno controllate nell’Unione EuropeaCosa cambia per le piattaforme social e per gli utenti?Abbiamo intervistato Matteo Navacci, consulente per la protezione dei dati e co-fondatore dell’associazione Privacy Network

li, soprattutto foto e video e non l’audio, che è escluso

espressamente”.

DDAY.it: Giusto per essere chiari: nel caso di un’email, quindi, verrebbero scansionati gli allegati se fossero foto e video o anche il testo?Navacci: “Sarebbero scansionati gli allegati. Questo al-

meno è l’ambito legale. Quello tecnico, invece, ci dice

che questo regolamento può essere un pericolo per la

crittografia, fra le altre cose. L’aspetto più diretto è che

potrebbe compromettere lo sviluppo e la commercializ-

zazione di prodotti con crittografia forte, quindi end to

end, nell’ambito dell’Unione Europea perché per scan-

sionare i contenuti delle comunicazioni bisogna elimina-

re il limite della crittografia end to end.

Quando c’è la crittografia end to end i contenuti delle

comunicazioni sono crittografati prima che lascino di-

spositivo: nessuno può intercettarli e scansionare i con-

tenuti perché vengono decifrati solo nel momento in cui

arrivano al dispositivo del destinatario. Quindi la stra-

tegia indiretta del Consiglio dell’Unione Europea e del-

la Commissione Europea è anche di trovare modi per

bypassare il “problema” della crittografia end to end.

C’è una risoluzione del Consiglio Europeo che si chia-

ma “Security through encryption and security despite

encryption” (la sicurezza attraverso la crittografia e la

sicurezza nonostante la crittografia, ndr). Lo scopo è

trovare un bilanciamento tra il fatto che la crittografia

forte è una misura di tutela per i diritti fondamentali delle

persone e per la sicurezza delle infrastrutture critiche

europee, ma è anche un ostacolo a questa attività di

ricerca di contenuti illegali e all’attività di perseguimento

del crimine. Hanno già fatto una ricerca tecnica e sono

trapelati dei documenti che mostrano tantissime opzio-

ni tecniche su come bypassare questo problema della

crittografia.”

DDAY.it: Un esempio?Navacci: “Ce n’è uno che prevede di accedere ai conte-

nuti prima che vengano crittografati.”

DDAY.it: Penetrare nel dispositivo che sta inviando l’al-legato insomma.Navacci: “Esatto. Dare la possibilità a questi provider

di servizi di inserire delle backdoor o degli spyware nei

dispositivi delle persone in modo tale che si possa au-

tomaticamente scansionare la memoria del dispositivo

alla ricerca di contenuti illegali.”

DDAY.it: Insomma, nel dubbio io ti intercetto perché tu potresti, forse, inviare un allegato che è illegale.Navacci: “È l’assurdità di qualsiasi attività di sorveglian-

za di massa, non solo questa della comunicazione elet-

troniche. Capovolgi i principi costituzionali italiani ed eu-

ropei. Le intercettazioni si fanno su gravi indizi di reato,

mentre qua si fa il contrario: io ti intercetto per cercare

indizi di reato”.

DDAY.it: Chi è autorizzato a fare queste scansioni au-tomatiche degli allegati delle email, dei messaggi di testo e in generale di foto e video?Navacci: “Sono autorizzati tutti i provider di comunica-

zione e gli OTT. Tutti i soggetti che rientrano nel Codice

europeo delle comunicazione elettroniche sono so-

Matteo Navacci, co-fondatore di Privacy Network

segue a pagina 13

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

stanzialmente autorizzati da questo regolamento che

deroga la direttiva ePrivacy. Nel codice si parla di “num-

ber-independent interpersonal communication servi-

ces” (servizi di comunicazione interpersonali e indipen-

denti da un numero di telefono), che sostanzialmente è

quello di cui abbiamo parlato. In realtà sono attività che

loro già facevano, specialmente se si parla di OTT tipo

Facebook. Facebook è uno di quelli che fa più segnala-

zioni in assoluto: tipo 16 milioni all’anno.”

DDAY.it Diciamo che l’Unione Europea si è creata da sola un ostacolo nel momento in cui ha inserito gli OTT nel codice delle comunicazioni elettroniche euro-pee e quindi nella direttiva ePrivacy. Ha dovuto copri-re un buco che si era autocreata.Navacci: “Si è messa i bastoni fra le ruote da sola e

poi ha deciso di togliere il bastone. Questo regolamen-

to è temporaneo, durerà circa tre anni, e non obbliga i

provider fare questa attività. Semplicemente si limita a

dire “continuate a fare quello che stavate facendo, noi

siamo contenti e ve lo rendiamo anche legale perché

non si applica la direttiva ePrivacy. Ma la volontà della

Commissione Europea è quella di fare un regolamen-

to permanente, che vada a obbligare questi operatori

a fare queste cose e disciplini le modalità con cui fare

queste attività.”

DDAY.it: Da quando sarà in vigore?Navacci: “Il ChatControl è stato approvato, ma non è

ancora in vigore. Per quello permanente, invece, i lavori

inizieranno nella seconda metà del 2021.”

DDAY.it: Ciò come va a influenzare l’utente? Ora un utente deve avere più o meno timore per la propria privacy rispetto a prima?Navacci: “Nel breve termine cambierà poco: sono at-

tività che già facevano. Sicuramente sappiamo che

da parte della Commissione Europea c’è una spinta

per incentivare questa attività. È molto probabile che

data la forte spinta politica ci siano anche degli incen-

tivi per aumentare queste attività di scansione. Anche

chi prima non le faceva perché non era il suo interesse,

magari adesso, sapendo che c’è un regolamento che

lo renderà obbligatorio, è possibile che inizi già ad im-

plementare dei sistemi per farlo.

A lungo termine c’è la questione sul problema della crit-

tografia, che potrebbe portare altri problemi ancora più

gravi alle persone.”

DDAY.it: In che modo il sistema capisce che sto invian-do la foto di mia nipote a un parente e non sto distri-buendo materiale pedopornografico?Navacci: “Neanche gli interessa di capire a chi la stai

mandando. Tendenzialmente quell’informazione, cioè a

chi la stai mandando, potrebbe anche non rientrare nei

parametri di licealità. L’interesse è di intercettare il più

possibile contenuti pedopornografici, rimuoverli dalla

rete e segnalarli alle autorità. Come fanno? Gli algoritmi

scansionano le immagini e creano un hash, cioè una

stringa alfanumerica, che viene acquisita dall’operatore

e confrontata con dei database che contengono altre

stringe di quel tipo e che rappresentano immagini pe-

dopornografiche già presenti nell’archivio. Nelle inten-

zioni dell’Unione Europea per agevolare questa attività,

c’è la creazione di un database europeo di immagini

pedopornografiche. Non significa che nel database

ci saranno le immagini di per sé, ma quelle immagini

saranno trattate attraverso delle funzioni di hashing: le

immagini potranno poi essere confrontate dagli opera-

tori che fanno l’attività di scansione. Nel momento in cui

c’è un match positivo, quella immagine viene segnalata

alle autorità e inizia tutto il processo, anche di indagine.”

DDAY.it: Il regolamento ChatControl come interagisce con il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati Personali (noto come GDPR)?Navacci: “Qui si parla di sorveglianza delle comunica-

zioni elettroniche, quindi la normativa primaria e che si

applica è la ePrivacy. La direttiva ePrivacy parla di pri-

vacy, di riservatezza nelle comunicazioni elettroniche. Il

GDPR riguarda la protezione dei diritti delle persone nel

trattamento dei loro dati personali. Ovviamente il GDPR

si applica ai soggetti interessati, ma significa semplice-

mente che, per esempio, io devo informare le persone

di questa attività. Pur nella sua semplicità, è un punto

abbastanza critico. Informare le persone vuol dire far

arrivare le informazioni in maniera comprensibile e

io vorrei capire come faranno a informare le persone

che sono sottoposte a sorveglianza continuativa e alla

scansione delle immagini e dei video.

Il secondo problema è relativo agli algoritmi di ricerca e

scansione. Presumo che saranno adottati anche siste-

mi di apprendimento automatico e Intelligenza Artificia-

le. In quel caso si applicherebbe l’articolo 22 del GDPR,

che prevede specifiche garanzie e tutele nell’ambito

delle scansioni. Per esempio poter contestare la deci-

sione e ottenere l’intervento umano. Al momento è tutto

molto vago e non ci sono indicazioni chiare.”

DDAY.it: Prima hai collegato la questione del Cha-tControl alla crittografia, che da una parte viene vista come una difesa per la privacy, ma anche come un ostacolo al lavoro delle forze dell’ordine. Spesso si dice “lasciate una porta aperta per l’autorità” senza capire che una porta aperta è aperta per chiunque e non soltanto per una persona. Su questo punto, quin-di, non può esistere un compromesso?Navacci: “Una sorta di accesso solo per autorità o solo

nei casi in cui sia davvero necessario è una stupidata

perché è stato dimostrato più volte da tantissimi ricer-

catori nel mondo della crittografia che non funziona,

perché quella stessa porta può essere usata poi anche

da chi quella porta non deve usarla. Possono essere

cybercriminali o anche fornitori di servizi nel caso in cui

le chiavi siano in possesso dei provider di servizi. Può

essere abusata dalle autorità stesse.

La legge non è scritta su pietra: le leggi cambiano, i go-

verni cambiano. Oggi la necessità è la lotta alla pedo-

pornografia, domani può essere l’antiterrorismo e poi i

crimini ideologici. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro

e inserire una backdoor per un accesso eccezionale

da parte dell’autorità comporta anche tutti questi rischi.

Una volta che rompi la crittografia rimane rotta.”

DDAY.it: Se ci sono strumenti dotati di crittografia end to end che possono essere usati dai criminali, questo regolamento a cosa serve esattamente?Navacci: “Finisce sempre così con queste restrizioni

sugli strumenti di tutela come la crittografia che ov-

viamente, come qualsiasi altra tecnologica, vengono

usate anche dai criminali. Alla fine a farne i conti sono

le persone per bene. Esistono già protocolli open

source, come Matrix, che spesso viene usato dai mi-

litari in Francia o in Germania, ma possono essere

usati da chiunque.Si dice spesso che la crittografia

avvantaggia il crimine, ma è retorica. Tutta la tecno-

logia, dall’alba dei tempi, è nata per avvantaggiare

l’uomo. È chiaro che avvantaggiando l’umanità intera

si avvantaggia anche il crimine. Si potrebbe dire che

anche le auto abbiano reso più facile fare una rapina,

ma non per questo bandiamo le auto.”

La retorica della crittografia come strumento per i criminali può essere anche uno strumento politico per attecchire a persone poco avvezze al digitale e che poi vanno a votare gli europarlamentari...Navacci: “Sì. Il regolamento ChatControl è passato

in sordina, non ne ha parlato quasi nessuno, non c’è

stato dibattito politico. È chiaro che se fai passare il

messaggio che la crittografia è cattiva perché così

non permette di rintracciare i criminali, è chiaro che la

persona media che non ne capisce è d’accordo.

Nessuno sano di mente direbbe “no non voglio com-

battere la pedopornografia” o “non voglio combattere

il terrorismo”: è retorica fine a sé stessa perché non è

così.Ogni stato nel mondo ha una sua concezione di

terrorismo: quello che per me è un patriota, magari

per te è un mafioso. Quindi che vuol dire lotta al ter-

rorismo? È tutto molto fosco. Sono cose che possono

cambiare da un momento all’altro. Nel momento in cui

stabilisci un obbligo istituzionale di inserire una back-

door o uno spyware o quello che ti pare per superare

la crittografia, stai sicuro che prima o poi verrà abusa-

to perché è un potere enorme.

Molti non si rendono conto che, dal punto di vista

tecnico, le conversazioni sono riservate soltanto nel

momento in cui tu hai certezza di usare il meccanismo

di crittografia forte end to end che non sia compro-

messo”.

DDAY.it: in definitiva, rispetto a prima del regolamen-to ChatControl la situazione è migliore, è peggiore o è uguale per chi comunica attraverso le applicazioni messaggistica?Navacci: “Come percezione, secondo me dovrebbe

essere peggiore. Chi adesso sa che c’è questo rego-

lamento e sa che vengono effettuate alcune attività

dovrebbe prendere in considerazione i rischi che ne

derivano. Dal punto di vista tecnico invece cambia

poco perché già lo facevano anche prima. Sul lungo

termine sicuramente andranno ad aumentare le inter-

cettazioni fino ad arrivare al momento in cui saranno

obbligatorie: a quel punto la situazione sarebbe sicu-

ramente peggiorativa.

Nel momento in cui ti rendo obbligatorio scansionare

le comunicazioni, allora vuol dire che ti devo dare an-

che gli strumenti per farlo. Per cui si torna al discorso

della crittografia e ai modi di superarla, altrimenti non

può essere obbligatorio.”

SOCIAL MEDIA E WEB

Email e chat saranno controllate nell’Unione Europeasegue Da pagina 12

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torna al sommario 14

MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Huawei P50, presentazione il 29 luglio. Il CEO Richard Yu: “Aprirà una nuova era nel settore fotografico”Il top di gamma sarà presentato il 29 luglio e punterà fortissimo sul comparto fotografico. L’obiettivo è quello di risollevare le vendite di P. AGIZZA

Il P50, prossimo telefono di fascia alta di Huawei, sarà presentato il 29 luglio. A comunicarlo è la stes-sa azienda cinese, tramite i suoi account ufficiali di Twitter e Weibo.Oltre all’appuntamento per quella data, non è stata rilasciata nessu-na informazione sul dispositivo. Su Weibo, però, il CEO Richard Yu ha pubblicizzato il prodotto parlando di “una nuova era nel settore della fotografia”, rendendo così palese quale sarà il settore su cui Huawei punterà forte. L’annuncio ufficiale sull’arrivo di P50 ha diradato al-cune nubi: la difficoltà a produrre i chip Kirin, combinate alle sanzioni americane, avevano fatto teme-re un ridimensionamento in casa Huawei. Il P50 è un modello at-tesissimo: la società cinese punta sul top di gamma per invertire una tendenza che, dal famoso ban di Trump e dalla successiva impossi-bilità di utilizzare i servizi Google in poi, l’ha vista precipitare nei dati di vendita. Secondo le rilevazioni di Canalys, Huawei non è più nem-meno fra i primi cinque produttori per vendite nel Q2 2021. Nello stesso periodo del 2020, Huawei aveva operato uno storico sorpas-so su Samsung, posizionandosi al primo posto per dispositivi venduti.

di Sergio DONATO

Samsung sta conducendo ricerche

tecnologiche sulle metalenti, cioè

su lenti composte non da vetro, ma

da nanoparticelle di altri materiali che

consentono di ridurre lo spessore delle

ottiche, e che quindi sarebbero adat-

te per l’impiego nelle fotocamere degli

smartphone. A riferire della ricerca è sta-

to il direttore del Corporate R&D Institute

di Samsung durante un’intervista a mar-

gine dell’evento Nano Korea 2021 che si

è tenuto a Seul. Samsung sta ricercando

modi di applicare la nanotecnologia alle

lenti e di inserire i risultati in un contesto

produttivo, dato che gli “stampi” per otte-

nere le metalenti richiedono la difficile ge-

stione di dimensioni nanometriche. Sam-

sung è già riuscita a produrre ottiche con

MOBILE Le metalenti sono lenti su scala nanometrica fatte da materiali che riducono lo spessore delle ottiche

Samsung fa ricerche sulle metalentiMetterà “nano-obiettivi” negli smartphone Samsung pensa a come metterle in produzione e usarle per le fotocamere per gli smartphone

7 elementi, cioè composte da 7 metalenti.

Samsung sta anche cercando di applica-

re la nanotecnologia ai suoi condensatori

per renderli più sottili e quindi ottenere un

vantaggio su tutto il modulo della fotoca-

mera, e non solo. Si è iniziato a parlare di

metalenti nel 2016, quando uno studio di Harvard guidato dal ricercatore italiano

Federico Capasso le portò alla ribalta e

spinse il World Economic Forum a inserir-

le nel 2019 tra le prime dieci tecnologie

emergenti al mondo. Una metalente non

è fatta di vetro ma, almeno nello studio di

Harvard, di nanoparticelle di biossido di ti-

tanio, che se organizzato in nanostrutture

è stato visto avere caratteristiche ottiche

simili al vetro, in quanto non assorbe o di-

sperde la luce.

La nanostruttura di una metalente è da

vedere come un insieme di nano-pilastri

di biossido di titanio, che nel loro com-

plesso sono distesi su uno strato nano-

metrico, e organizzati in modo tale che

ogni tipo di “costruzione” del pilastro sia

in grado di gestire in modo diverso le

onde luminose che lo attraversano.

Nello studio di Harvard del 2016, i risul-

tati sulle metalenti offrivano una qualità

di obiettivi allo stato dell’arte, con il van-

taggio di essere su scala nanometrica e

con ingrandimenti fino a 170x. In quello

studio ci si riferiva soprattutto ad appli-

cazioni sulla microscopia e la spettrosco-

pia. Avere in uno smartphone un gruppo

“nano-ottico” formato da metalenti signifi-

cherebbe avere un recupero consistente

nello spessore dell’intero modulo della

fotocamere senza perderne le caratte-

ristiche ottiche. Abbiamo visto che per

ottenere particolari lunghezza focali i pro-

duttori hanno dovuto stendere orizzontal-

mente gli obiettivi nei telefoni inventan-

dosi i moduli periscopici.

Le ottiche per gli smartphone, che fanno

comunque parte dell’innovativo settore

fotografico dei dispositivi mobili, sono un

sottocampo di ricerca che nell’ultimo pe-

riodo sta avendo un’accelerazione inte-

ressante e che ha portato Xiaomi a crea-

re la lente liquida, e soprattutto a inserirla

in un processo produttivo che ha portato

all’annuncio del Mi Mix FOLD.

MOBILE Avrà lo stesso sensore principale del OnePlus 9 Pro

OnePlus Nord 2 ufficiale Quello che serve al giusto prezzo

di Roberto PEZZALI

È arrivato il giorno di OnePlus Nord 2. La pri-

ma impressione è che OnePlus abbia fatto

un ottimo lavoro, dimostrando che è que-

sta la fascia dove può esprimere il meglio del

suo potenziale. Riteniamo il OnePlus 9 Pro un

ottimo telefono, ma resta comunque un prezzo

di listino davvero ambizioso che lo colloca in un

segmento difficile. Il produttore cinese, sempre

più inglobato all’interno della casa madre Oppo, mette sul piatto lo stesso sensore prin-

cipale del OnePlus 9 e del OnePlus 9 Pro unito ad un processore Mediatek che, rea-

lizzato da TSMC a 6 nanometri, rappresenta uno scomodo competitor per i SoC top di

gamma Qualcomm, che quest’anno hanno sofferto la produzione Samsung portando

in dote una efficienza energetica non troppo alta e un surriscaldamento elevato per

alcuni elementi, vedi la GPU. Non solo: il sensore principale che sul OnePlus 9 non era

stabilizzato sul nuovo Nord guadagna addirittura la stabilizzazione, che non dovrebbe

fare una grossa differenza nel 90% dei casi ma sugli scatti con pochissima luce aiuta a

ridurre di qualche stop il tempo di posa portando la sensibilità minima ad 1 lux. Il punto di

forza del Nord 2 è la fotocamera, che è rimasto ormai l’unico punto di differenziazione

tra i vari produttori. Qui il sensore principale è il Sony IMX766 da 50 megapixel, che se-

condo OnePlus è in grado di catturare il 56% di luce in più rispetto al Sony IMX586 del

primo Nord. Il telefono ricalca nel design il OnePlus 9, nel tentativo di mantenere una

certa identità di linguaggio visivo. Lo schermo è un altro componente già visto su altri

modelli, AMOLED da 6.43” con fotocamera nello schermo e 2400 x 1080 pixel, aspect

ratio 20:9. 6, 8 e 12 GB i tagli di RAM, 128 GB e 256 GB i tagli di storage UFS 3.1: in Italia

la versione da 6 GB non è al momento prevista. La batteria è a due celle e da 4500

mAh: grazie a Warp Charge 65 si carica dallo 0-100% in meno di 35 minuti.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto PEZZALI

Vedere in Alexa un semplice assistente vocale,

che risponde dall’altoparlante di un Echo o da

un telefono con l’app dedicata, è assolutamente

riduttivo. Amazon, in questi anni, ha disegnato attorno

ad Alexa quello che è un vero ecosistema progettato e

arricchito dal contributo di oltre 900.000 sviluppatori in

tutto il mondo. Quando si pensa ai tanto criticati store, il

primo pensiero va ad AppStore di Apple e al Play Store

di Google, ma se chiamiamo le skill con il loro nome, ap-

plicazioni a interazione vocale, e guardiamo il numero

di skill disponibili, più di 130.000, possiamo iniziare ad

inquadrare dove sta andando e come sta cambiando

Alexa. Amazon ha un vero AppStore di app vocali, che

possono essere anche acquistate (con il classico split

70/30) e che dispongono anche di in-app purchase,

proprio come le vere app a cui siamo abituati.

All’Alexa Live Developer Day, il colosso di Seattle ha

messo in scena, virtualmente, quello che è stato il suo

più grande evento dedicato agli sviluppatori degli ultimi

anni e ha introdotto oltre 50 diverse funzionalità che ar-

riveranno sui dispositivi Alexa nei prossimi mesi. In Italia,

ma non è una sorpresa, non arriverà ovviamente tutto:

come sempre, la distribuzione delle funzioni è legata a

criteri di distribuzioni geografica, anche se gli sviluppa-

tori di skill italiani avranno comunque accesso a quelle

che sono le tre funzioni a nostro avviso più importanti.

La prima di queste ci mostra quella che è la visione di

Amazon per Alexa in futuro, una sua naturale evoluzio-

ne rivolta a quei dispositivi dotati di schermo. Alexa è

nata come assistente vocale, e parte delle sue interazio-

ni sono legate, e continueranno ad esserlo, a richieste

fatte tramite il linguaggio che viene analizzato dalla rete

neurale, scomposto e interpretato dalla skill.

La voce, per Alexa, è il “touch screen” dei tablet o degli

smartphone, il mouse e la tastiera dei desktop, e questa

resterà sempre la modalità di interazione principale. Ne-

gli ultimi anni sono comparsi tuttavia gli Echo Show: alle

richieste con la voce si affiancano elementi interattivi

sullo schermo, pensati per dare informazioni aggiuntive

che la voce, per ovvi limiti, non può dare.

APL Widgets arrivano anche sugli smart speaker con displayAmazon ha annunciato gli APL Widgets: i widget a cui

siamo abituati sui vari sistemi operativi arrivano anche

sugli smart speaker con display. Gli sviluppatori potranno

creare una vista dinamica e interattiva che permetterà di

interagire con le skill senza necessariamente chiamarle:

si potrà modificare un to-do, o semplicemente eliminare

un oggetto dalla lista della spesa senza dover passare

dal comando vocale che richiederebbe più tempo. I wi-

dget diventeranno assolutamente interessanti in chiave

smart home: oggi sono circa 140.000 i dispositivi che

si possono controllare con Alexa, e molti utenti hanno

costruito sulla base offerta da Amazon tutto il sistema

di comando e routine per accendere luci, tapparelle, in-

serire allarmi e gestire termometri. Grazie ai widget si

potranno costruire veri pannelli di controllo “touch” per

attivare rapidamente una sequenza di comandi, spe-

gnere tutte le luci o selezionare scenari predefiniti.

Alexa Shopping ActionsAltra grande novità che arriverà in Italia sono le Alexa

Shopping Actions, o banalmente i comandi “compra su-

bito” o “metti nel carrello”.

Gli sviluppatori potranno iniziare a creare skill per Echo

che prevedono l’acquisto di prodotti disponibili sul nego-

zio di Amazon. Ogni marketplace potrà quindi realizzare

skill per vendere i prodotti del proprio negozio, e sarà

interessante vedere cosa gli sviluppatori si inventeran-

no per far decollare l’e-Commerce a comando vocale. Il

sistema funziona già oggi quando si chiede ad Alexa di

acquistare qualcosa, ma in futuro grazie a questa novità

si potrà restringere la ricerca ad oggetti specifici o anche

ad un singolo oggetto. La skill del Trivial Pursuit potreb-

be ad esempio chiedere all’utente se vuole comprare

Trivial su Amazon dopo ogni partita. Trattandosi di acqui-

sto, e quindi un qualcosa di sensibile che richiede anche

una transazione economica, Amazon ci ha assicurato

che questa modalità sfrutterà tutti i criteri di protezione

già presenti per la funzione di acquisto attuale, per im-

pedire che un bambino possa ordinare, a voce, decine

di cose senza l’autorizzazione dei genitori.

Dalle analisi delle abitudini di utilizzo nei vari paesi, il

team di Alexa ha capito che uno degli utilizzi principali

fatti dalle persone su Echo e altri dispositivi compatibili

è quello relativo alla richiesta di musica, podcast o sta-

zioni radio. Per questo motivo ha introdotto due nuovi

componenti: il primo si chiama Interactive Media Skill e

ridurrà il tempo necessario per ascoltare brani o podcast

tramite le skill, il secondo è lo Song Request Skill Com-

ponent ed è pensato proprio per la richiesta dei brani.

Cosa vuol dire? Un po’ come si faceva con i jukebox,

uno sviluppatore potrà creare applicazioni interattive

che mettono in collegamento le richieste di più dispositi-

vi in contemporanea: si pensi ad esempio alla skill di una

emittente radio, alla quale gli utenti in ascolto possono

chiedere le canzoni e queste automaticamente vengo-

no mixate dal DJ in studio, in tempo reale, a seconda di

quelli che sono i desideri degli ascoltatori.

Food Skill API e Send to PhoneAltre due novità sono legate al food delivery e all’intera-

zione tra smart speaker e smartphone. Grazie alla Food

Skill API potranno nascere tutta una serie di skill legate

alla consegna del cibo a domicilio, integrate con il siste-

ma di pagamento, con la gestione degli ordini e con la

consegna. Si potrà, per esempio, ordinare una pizza tra-

mite Alexa senza dover telefonare al ristorante se que-

sto ristorante sarà previsto una skill. I vari servizi come

Deliveroo o Just Eat sono i principali destinatari di que-

sta nuova libreria: una persona potrà chiedere ad Alexa

un cibo particolare e l’assistente vocale gli risponderà

con l’elenco dei ristoranti che possono consegnarglielo,

indicando anche il prezzo e i tempi. Se i comandi vocali

non dovessero bastare, vuoi perché serve una auten-

ticazione, arriva il “Send to Phone”: Alexa potrà usare

lo smartphone dell’utente per finalizzare alcune ope-

razioni o collegarsi a specifiche app sullo smartphone.

Un esempio di skill che sfrutta questa funzionalità verrà

pubblicata da McDonald in Inghilterra: tramite la skill una

persona potrà usare la voce per trovare il ristorante più

vicino e sapere quali sono le offerte, ma per poter sfrut-

tare i coupon verrà inviato un link allo smartphone, trami-

te push Notification, che collegherà le informazioni della

skill alle informazioni presenti nell’applicazione stessa.

Non tutto arriverà in Italia. Amazon ha però conferma-

to che Matter, il nuovo protocollo di interoperabilità che

unirà finalmente tutti gli ecosistemi smart permettendo

ad Alexa di dialogare con HomeKit di Apple e con Go-

ogle Home, sarà disponibile nei prossimi mesi anche

sugli Echo italiani.

SMARTHOME All’Alexa Live Developer Day, Amazon mette a disposizione più di 50 nuove feature, per rendere Alexa sempre più completa

Alexa cresce ancora: tutte le novità in arrivo La voce resta la regina, ma non basta più: arrivano anche i widget, che diventeranno interessantissimi in chiave smart home

Send to phone

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Netflix produrrà videogiochi mobile. La concorrenza sempre più forte spinge la società ad agireSta calando l’interesse verso i contenuti di Netflix, che ha quindi annunciato che si espanderà anche nei videogiochi cominciando da quelli mobile di Massimiliano DI MARCO

Netflix ha confermato che inclu-derà anche i videogiochi nei suoi abbonamenti. Nella lettera agli investitori con cui ha annunciato i risultati fiscali del secondo trime-stre 2021, la società ha spiegato di essere “nella fase iniziale” dell’e-spansione nei videogiochi, che ha paragonato a quella già avvenuta nei documentari e nei film di ani-mazione. I giochi faranno parte dell’abbonamento senza costi ag-giuntivi. Con i videogiochi, Netflix punta ad aumentare il coinvolgi-mento degli abbonati e quindi ad alzare le probabilità che continui-no a pagare la loro mensilità. Allo stesso tempo, Netflix non sembra aver istituito degli studi interni di sviluppo, il che lascia presume-re che farà produrre dei giochi a terze parti su licenza delle sue popolari serie TV e film, e non ha nemmeno riferito dell’entità dell’investimento sui videogiochi.La concorrenza nel settore è sem-pre più forte: Prime Video, Apple TV+, Disney+ e, all’estero, anche Hulu, HBO Max e Paramount+. WarnerMedia e Discovery saran-no fuse in un unico grande polo dello streaming. Netflix ha previ-sto di aggiungere 3,5 milioni di abbonati entro la fine del terzo trimestre, al di sotto delle aspetta-tive di 5,5 milioni.

di Pasquale AGIZZA

Konami ha svelato eFootball, simula-

tore calcistico sviluppato con Unreal

Engine gratuito. Il gioco sarà disponi-

bile quest’autunno e arriverà su PS5, PS4,

Xbox Series X|S, Xbox One e PC. Previste

anche due versioni mobili – per iOS e An-

droid – che saranno pronte per il periodo

invernale. Di fatto, sostituisce la serie Pro

Evolution Soccer, che negli ultimi anni, ap-

punto, era stata rinominata eFootball PES.

Il gioco sarà sviluppato con il motore gra-

fico Unreal Engine. L’utilizzo del motore

grafico, in combinazione con le animazio-

ni revisionate e migliorate promettono un

importante passo avanti in termini di gra-

fica. Le animazioni dei calciatori saranno,

secondo quanto dichiarato dall’azienda,

il punto forte di eFootball, con l’utilizzo di

una nuova tecnica che converte la vasta

gamma di movimenti che i giocatori ese-

guono in campo in una serie di animazio-

ni selezionando, poi, quella più accurata

in tempo reale. L’altra grande novità è

quello dell’utilizzo della formula gratuita:

si potrà giocare liberamente a eFootball,

ma l’azienda metterà in vendita alcune

modalità di gioco come DLC opzionali.

GAMING Sarà gratuito in locale e online (ma alcune modalità di gioco saranno vendute come DLC)

PES si chiamerà eFootball e sarà gratuito Tutto ciò che sappiamo sulla rivoluzione PESGli utenti PlayStation potranno sfidare quelli Xbox e PC e viceversa. In inverno versioni iOS e Android

eFootball è un progetto che si svilupperà in tre fase: la prima versione a ottobreNel trailer di presentazione la casa giap-

ponese ha anche mostrato la tabella di

marcia che seguirà nello sviluppo del

gioco. Per l’inizio dell’autunno eFootball

consentirà di giocare online in modalità

cross-generation (un utente PS5 potrà

sfidare un utente PS4, un utente PC o un

utente Xbox e viceversa) e di giocare in

locale delle amichevoli utilizzando alcu-

ne squadre selezionate, fra cui Juventus,

Manchester United, Arsenal e Barcellona.

Ad autunno inoltrato si aggiungeranno

anche le funzioni di Team Building per

creare da zero un proprio team e le fun-

zioni Campionati Online, che consenti-

ranno di scegliere la nostra squadra del

cuore ed utilizzarla per competere a livel-

lo mondiale.

Infine, il gioco prenderà la sua forma

definitiva nel periodo invernale, quando

arriverà anche il supporto ai controller

per dispositivi Mobile, saranno estese

le funzionalità cross-generation anche a

smartphone e tablet e prenderanno il via

i tornei eSport professionali e amatoriali.

Sono previste novità più semplici, ma

altrettanto trasformative: per correre bi-

sogna tenere premuto il grilletto destro,

ossia come accade in FIFA, simulazione

calcistica di Electronic Arts. Per anni inve-

ce PES ha preferito configurare questo

movimento al dorsale destro, una delle

principali differenze sul campo virtuale fra

le due serie.

Saranno Lionel Messi e Neymar i testimo-

nial di eFootball. Ma lo sviluppo del gioco

potrà contare anche sui suggerimenti dei

due assi spagnoli Andres Iniesta e Gerard

Piqué. Il producer della serie, Seitaro Ki-

mura, ha riferito a IGN che i lavori per la

trasformazione di PES sono iniziati circa

due anni fa e hanno coinciso con l’immi-

nente transizione alla nuova generazione

di console e ai “cambiamenti del merca-

to”. Per Kimura, l’edizione mobile di PES,

anch’essa gratuita, ha dimostrato che si

può raggiungere una soddisfacente so-

stenibilità con questa formula.

“Speriamo che gli appassionati di calcio

di tutto il mondo - ha detto Kimura - si

godranno il gioco come un’esperienza

completamente nuova anziché vederlo

solo come un aggiornamento di ciò che

è arrivato prima”.

GAMING Valve annuncia Steam Deck. Ricorda Nintendo Switch

Steam Deck è un PC portatileAnche se sembra una console

di Pasquale AGIZZA

Valve ha annunciato Steam Deck,

un PC portatile che, per forma e di-

mensioni, è molto simile a Nintendo

Switch. All’interno sono inclusi un proces-

sore AMD Zen 2 quad-core, con scheda

video integrata AMD RDNA 2, e 16 GB di

memoria RAM LPDDR5. È dotato di uno

schermo touch LCD da 7” a 800p 16:10.

Rispetto a Nintendo Switch, Steam Deck può contare su un ricchissimo parco di

opzioni di controllo. Tramite porta USB Type-C, con il giusto cavo Steam Deck può

essere collegato a un monitor o un televisore. Deck utilizzerà una nuova versione

di SteamOS pensata appositamente per il dispositivo. Anche se il sistema è quindi

basato su Linux, sarà possibile eseguire gran parte dei giochi che girano su Win-

dows grazie a Proton, lo strumento di compatibilità sviluppato dalla stessa Valve.

L’utilizzo di un sistema operativo basato su Linux vuol dire anche che Steam Deck

può essere usato come qualsiasi altro computer. Il modello più economico di Steam

Deck avrà 64 GB di spazio di archiviazione eMMC e sarà venduto a 419 euro.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Massimiliano DI MARCO

Fare videogiochi è complesso: permettere agli altri

di farlo un po’ meno. Google ha imparato a sue spese che per costruire l’infrastruttura aziendale

necessaria alla produzione dei progetti multimilionari

che servono per creare esclusive di valore ci vogliono

anni e potrebbe non portare a niente. Così, per Stadia ha

deciso di seguire la strada di Android: una piattaforma

dove fosse facile arrivare e remunerativo restare. Le no-

vità per Stadia e per Android 12 presentato al Google for

Games Developer Summit hanno indicato la strada della

società per ampliare il catalogo di giochi sulle due piat-

taforme e per ottimizzare l’esperienza per gli utenti finali.

Android 12: nuova dashboard e più controlloPer Android 12, Google ha annunciato alcune novità

per gli sviluppatori, che semplificano la configurazione

dell’esperienza per gli utenti e rispondono ad alcune

delle richieste che erano state fatte.

Su selezionati dispositivi Android nel 2021 - gli altri se-

guiranno nel 2022 - sarà accessibile una nuova dashbo-

ard nei videogiochi. Google ha spiegato che è stata ide-

ata per agevolare alcune funzioni come la cattura delle

schermata e la registrazione dei video; ma servirà anche

per attivare la modalità non disturbare. Quest’ultima

non è quella di sistema: si disattiverà automaticamente

quando l’utente esce dal gioco. In maniera simile, l’uten-

te potrà scegliere fra tre diverse opzioni per bilanciare le

prestazioni e il consumo energetico:

• la modalità Prestazioni servirà per massimizzare i fo-

togrammi per secondo, anche a costo di consumare

più rapidamente la batteria

• la modalità Risparmio Batteria serve prevedibilmen-

te a ridurre il carico sul System on Chip per salva-

guardare l’autonomia

• la modalità Standard è quella bilanciata.

L’utente potrà decidere che configurazione usare per

ogni singolo gioco: in tal modo, può scegliere quali gio-

chi spingere al massimo e per quali invece non serve.

Per fare ciò, gli sviluppatori dovranno integrare le Game Mode API.Durante le sessioni, Google ha snocciolato alcuni dei

dati che riguardano i videogiochi su Android. L’utilizzo

su tablet è aumentato del 30% su base annua e sul Play

Store sono stati registrati 2,5 miliardi di utenti attivi ogni

mese. I Paesi in cui è stata registrata la crescita mag-

giore sono i “BRIIIM”. Brasile, Russia, India, Indonesia e

Messico. I generi più popolari sono stati sport, sparatut-

to in prima persona e Multiplayer Online Battle Arena

(come Honor of Kings di Tencent e League of Legends:

Wild Rift di Riot Games).

Un’altra novità interessante riguarda la possibilità di ini-

ziare a giocare anche mentre il sistema sta scaricando il

gioco. Si tratta di un meccanismo già presente su altre

GAMING Al Google for Games Developer Summit la società ha annunciato alcune novità per Android 12 e Stadia

Google, le novità per Stadia e per Android 12 Google vuole restare al centro dei videogiochiSu mobile si potrà iniziare a giocare prima di aver finito il download. Editori e sviluppatori guadagneranno di più fino al 2023

piattaforme, come PlayStation e Xbox: il sistema inizia a

scaricare gli asset essenziali per poter avviare le prime

ore di gioco, mentre finisce il download di tutto il pac-

chetto. La funzione sarà introdotta da Android 12. Ciò, ha

spiegato Greg Hartrell, product manager di Google Play

e Android, servirà a permettere agli utenti di giocare

nel giro di pochi secondi anziché minuti. È normale che

più aumentano le aspettative degli utenti e più gli svi-

luppatori devono proporre una veste grafica avanzata;

ma asset in alta definizione prevedono anche download

più lunghi. Secondo le stime di Google, con questa fun-

zione ci vorrà meno della metà del tempo per iniziare a

giocare. Per raggiungere questo risultato, il sistema stu-

dia automaticamente le sessioni anonimizzate dei primi

utenti che scaricano il gioco, riconoscendo quali asset

servono per iniziare a giocare. A quel punto, ottimizza il

download in modo da ridurre il tempo necessario. Que-

sta funzione sarà un’esclusiva di Android 12 perché è

parte di un aggiornamento del file system previsto con

la nuova versione del sistema operativo.

Inoltre, Google ha previsto una serie di strumenti per gli

sviluppatori per contrastare il cheating e gli utilizzi delle

applicazioni non autorizzate, unificate nelle Play Integri-

ty API. Il server del gioco, in breve, può verificare se il

gioco può verificare il dispositivo usato e il pacchetto del

gioco installato. Il tutto avviene in tempo reale. Il server

del gioco fa una chiamata al gioco a seguito di un’azione

da parte dell’utente (per esempio ha effettuato l’accesso

a una partita online). A quel punto, il gioco comunica con

il server di Play, che dà il suo verdetto al gioco che a sua

volta lo invia al server. A seconda del risultato della veri-

fica (cioè se l’utente è “valido” o no), lo sviluppatore può

prevedere varie azioni, fra cui cacciare l’utente.

Stadia: percentuali più alte ai giochi fino a 2 milioni di dollariGoogle ha inoltre annunciato che ridurrà la sua quota

sui ricavi di alcuni giochi. In particolare, fino ai 3 milio-

ni di dollari di fatturato Google tratterrà il 15% anziché il

30%, lasciando il resto allo sviluppatore. Ciò varrà fino

dal prossimo 1° ottobre alla fine del 2023.

Inoltre, il 70% dei ricavi generati dall’abbonamento a

Stadia Pro, che abilita funzioni aggiuntive come lo stre-

aming in 4K HDR e l’audio surround 5.1, sarà con gli svi-

luppatori sulla base del tempo speso dagli utenti nei vari

giochi. A ulteriore aggiunta, nel 2022 Google introdur-

rà la funzione Click to Play. Gli streamer, per esempio,

potranno condividere un link per permettere ad altri di

accedere al gioco e iniziare la prova gratuita di Stadia: se

diventeranno abbonati a Stadia Pro, gli streamer riceve-

ranno 10 dollari per ogni utente. Ciò significa che Google

sta spingendo sia per rendere Stadia più remunerativo

per gli sviluppatori e gli editori di videogiochi sia per gli

streamer più popolari, in modo che possa guadagnare

dalla visibilità che danno alla piattaforma. A oggi Stadia

include oltre 180 giochi, ha comunicato Careen Yapp del

team di sviluppo del business di Stadia.

Stadia ha bisogno di ulteriori giochi, però, e di titoli che

possano anche evidenziare i vantaggi di operare in

cloud. Il beneficio più grande di una piattaforma di stre-

aming è poter avere un gioco accessibile su smartpho-

ne, smart TV, computer Windows, Apple e Chromebook

e tablet. Per gli sviluppatori, però, ciò significa anche

dover testare il gioco su tanti dispositivi; qualcosa che,

infatti, tendenzialmente non viene fatto, ha sottolineato

Elisabeth Morant, producer manager di Stadia: meno del

1% dei test viene fatto su Chromecast, ossia dove effetti-

vamente molte persone useranno Stadia.

Perciò, Google ha semplificato il lavoro degli sviluppa-

tori e già all’interno di Visual Studio sarà più semplice

verificare le prestazioni e l’interfaccia del proprio gioco

su vari dispositivi. Per raggiungere lo stesso obiettivo -

facilitare il lavoro degli editori e degli sviluppatori e am-

pliare il catalogo di Stadia - Google intende semplificare

le operazioni di certificazione: ha rimosso 30 parametri,

ritenuti non impattanti sull’esperienza dell’utente, e ne

ha semplificati altri 25. Per Stadia l’obiettivo è quello,

quindi, di creare un equivalente di Android in streaming,

ma per giochi a budget più alto: una piattaforma trasver-

sale e neutrale, anziché un diretto concorrente di Play-

Station, Nintendo e Xbox (come, in realtà, Google aveva

volutamente posizionato Stadia nel 2019).

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

Non è la prima volta che vediamo

Windows disponibile come siste-

ma operativo nel cloud: Microsoft

stessa lo ha offerto come opzione nei

piani di Azure usando il nome di Azure

Virtual Desktop, e ci sono aziende come

Citrix che da anni offrono ai loro clienti

questa possibilità. Tuttavia con Windows

365 Microsoft vuole rendere molto più

semplice l’adozione di una soluzione

simile: per una azienda basteranno due

click per creare un nuovo computer e as-

segnarlo ad una persona o ad un collabo-

ratore in remoto.

Un computer già configurato per l’ac-

cesso alle reti aziendali, con tutti i criteri

di dominio e sicurezza già importati e

pronto all’uso, che non richiede neppure

troppi accorgimenti a livello di sicurezza

come una VPN perché si tratta di una ses-

sione nel cloud che è già sicura e protetta

dall’infrastruttura Microsoft.

Oltre alla facilità di “deploy”, Microsoft

punta anche alla facilità di accesso: il

sistema è ottimizzato per funzionare

all’istante con ogni browser moderno,

quindi Windows sbarcherà, in versione

cloud, anche su Android o iPhone. Da

smartphone, da tablet, da workstation

Linux: ogni sistema che avrà un browser

moderno permetterà l’accesso comple-

PC Funziona con ogni dispositivo. Anche con Fire TV Stick o iPad. Microsoft punta sulla facilità di utilizzo

Windows 365 ufficiale. Completamente in cloudSarà disponibile per le aziende a partire dal 2 agosto con a bordo Windows 10 o Windows 11

to e veloce a Windows. La soluzione è

dedicata esclusivamente alle aziende e

sarà disponibile a partire dal prossimo

2 agosto, con un costo singolo per ogni

sessione (o computer) che verrà creato.

Microsoft inizialmente lo proporrà con la

versione Business o la versione Enterpri-

se di Windows, e ci saranno diverse con-

figurazioni hardware: in tutto ci saranno

12 tipologie diverse di sessioni che pos-

sono essere create, partendo da quella

con una sola CPU, 2 GB di RAM e 64

GB di storage per arrivare a quella con 8

CPU, 32 GB di RAM e 512 GB di storage,

quindi dal “thin client” alla workstation

più potente. Ci saranno anche diverse

configurazioni intermedie con prezzi

variabili, prezzi che saranno ufficializzati

quando la soluzione sarà in vendita.

Sebbene in lavoro di Microsoft sia al

momento indirizzato verso gli ambienti

lavorativi, e si sposa alla perfezione con

le esigenze di molte aziende che sfrut-

teranno nei prossimi anni modalità di

lavoro ibrido, è evidente, come nel caso

di GamePass e xCloud, che il futuro di Mi-

crosoft passi dal cloud, e una soluzione

simile la potremo vedere in futuro anche

abbinata ad un piano consumer, quindi

con monitor dotati di mouse e tastiera

capaci di connettersi a Windows da ogni

posto del mondo.

Già oggi Windows 365 potrebbe esse-

re usato su una Fire TV Stick, su un TV

Samsung o su una Xbox, senza alcun

problema. E senza un costoso hardware

da mantenere che vecchia rapidamente

con il passare del tempo.

Clubhouse, basta inviti: il social network ora è aperto a tuttiClubhouse punta a portare subito tutti gli utenti in coda (si parla di 10 milioni) all’interno del social. Servirà a dare nuova linfa a un social che sembra essersi avvitato su sé stesso? di Pasquale AGIZZA

Grandi novità per Clubhouse, il social network con chat audio: l’uscita dalla fase beta si tradurrà nell’abbandono del sistema a inviti. Tutti gli utenti interessati potranno dunque registrarsi ed accedere al social. Secondo quanto dichiarato dai fondatori Paul Davison e Rohan Seth, la lista d’attesa per ottenere l’ingresso al social è composta da 10 milioni di utenti circa, a cui sarà gradualmente data la possibilità di accedere. L’eliminazione del siste-ma su invito non è l’unica novità. È stato inaugurato il nuovo logo e un nuovo personaggio nell’icona dell’applicazione: Justin “Meezy” Williams, manager di alcuni rapper sulla cresta dell’onda in America. L’eliminazione della “coda” per entrare nel social network, insie-me all’allargamento ai dispositivi Android e alla novità delle chat testuali sembrano essere l’ultimo tentativo per dare freschezza ad un’app che sembra vicino al decli-no. Dopo essere stata, insieme a Zoom e le altre app per le video-chiamate, l’app simbolo del 2020, dai 9 milioni di utenti al mese che scaricavano l’app nel periodo del boom, si è scesi a poche centinaia di migliaia di nuovi utenti. Netto il calo anche per l’utenza attiva. Non si può dimenticare poi come la concorrenza abbia risposto pron-tamente a Clubhouse con iniziati-ve molto simili senza però gli strin-genti paletti messi da Clubhouse.

di Sergio DONATO

In una demo presentata alla GDC 2021, Nvidia ha mostrato per la prima

volta una scheda grafica RTX 3060

usata su un sistema con un processore

Arm di Mediatek: una soluzione che apre

le porte ai Chromebook con GPU RTX di

Nvidia. Le demo sono state in realtà due

e hanno mostrato di cosa è capace una

RTX 3060 su un processore Arm. Per far

girare le demo è stato usato il SoC Media-

Tek Kompanio 1200 da 6 nm con quattro

CPU Cortex-A78 e quattro Cortex-A55. Al

posto della GPU Mali-G57 integrata nel

PC Nvidia ha mostrato una RTX 3060 all’opera su un processore Mediatek con architettura Arm

Le schede RTX Nvidia funzionano con processori ArmLe vedremo presto sui prossimi Chromebook?Ray tracing e DLSS aprono le porte dei Chromebook con Mediatek Arm e schede Nvidia RTX dedicate

SoC, per dare vita alla grafica del-

le due demo e ai calcoli del moto-

re di gioco idTech di id Software,

è stata usata per la prima volta

una scheda separata: una nuova

GeForce RTX 3060 che si è oc-

cupata anche della gestione del

ray tracing e del DLSS di Nvidia.

La linea di SoC Kompanio di Mediatek,

che è sempre stata una soluzione Arm,

dal 2016 accompagna la maggior parte

dei Chromebook sul mercato; e il top di

gamma Kompanio 1200 troverà posto nei

prossimi modelli di Chromebook di fascia

alta. Questo non significa che i prossimi

Chromebook avranno tutti una GPU RTX

dedicata, ma che ora è uno scenario plau-

sibile. Inoltre, l’acquisto di Arm da parte di

Nvidia per 40 miliardi di dollari è in una si-

tuazione di stallo; l’interesse di Nvidia nei

SoC Arm potrebbe essere valutato come

un diretto coinvolgimento economico.

Page 19: 2 LUGLI 2021 n.24 21 MAGAZINE Dove guardare le Inaugurati ...

torna al sommario 19

MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto PEZZALI

La VPN di Mozilla arriva anche in Italia: ora si potrà

sottoscrivere in tre diversi piani, che prevedono il

pagamento mensile di 9.99 euro ogni mese, di 6.99

euro al mese se si paga ogni 6 mesi e di 4.99 euro al

mese se si sottoscrive per un anno intero.

Il piano annuale costa quindi 60 euro all’anno, e garan-

tisce una navigazione sicura e senza vincoli di sorta:

Mozilla promette di non bloccare né i download né lo

streaming video, e neppure di ridurre la velocità di na-

vigazione che resterà sempre quella massima possibile

in relazione ovviamente alla disponibilità di banda sui

server.

A cosa serve una VPN? Di fatto è un travestimento, che

permette di navigare liberamente senza essere rico-

nosciuti. Mozilla ha lanciato la sua VPN per un motivo

molto semplice: milioni di persone oggi si affidano per la

navigazione a quelli che sono hotspot pubblici. C’è chi

lavora dai bar, chi invece lavora come “ospite” presso

altri uffici: tutto il traffico che facciamo con il nostro com-

puter, anche se ormai su connessione criptata e sicura,

può essere intercettato da chi gestisce quell’hotspot e

quella connessione. La VPN protegge così la privacy

e permette una navigazione in totale sicurezza. Mozil-

la più volte specifica che la sua VPN è pensata per chi

viaggia e usa spesso hotspot pubblici, ma ovviamente

la soluzione è adatto anche a chi solitamente naviga da

casa e vuole semplicemente nascondere a terzi le sue

abitudini.

Usarla è semplicissimo: scegli il server e vaiL’utilizzo della VPN di Mozilla è assolutamente semplice:

basta scaricare il client, inserire le proprie credenziali e

far partire la navigazione protetta. Il numero massimo di

dispositivi supportati è 5 e ci sono al momento circa 400

server a cui appoggiarsi in giro per il mondo: Mozilla si

appoggia a Mullvad come fornitore di VPN, e tra i server

di Mullvad (800) si connette a quelli sui quali è installato

WireGuard come servizio VPN (sugli altri c’è OpenVPN).

PC Dopo Francia e Inghilterra è il turno dell’Italia: Mozilla VPN è disponibile nel nostro Paese, sottoscrivibile in tre diversi piani

Mozilla VPN è ora disponibile anche in ItaliaPrivacy e sicurezza a 5 euro al mese. La provaPermetterà di navigare in modo sicuro e protetto da ogni dispositivo: iOS, Android e computer Linux, Mac e Windows

La lista dei server è disponibile sul sito di Mullvad, ma è

anche inutile guardarla: alcuni server sono 10 Gbps e

altri a 1 Gbps, ma il server viene scelto random dal client

a seconda della disponibilità e per rendere il sistema più

sicuro, l’utente può solo scegliere la location.

Perché WireGuard? Perché è decisamente più veloce e

più avanzato di OpenVPN: i codice open di WireGuard

ha poco più di 4000 linee di codice, pochissime se

consideriamo che OpenVPN ne ha quasi 70.000 e che

IPSec, altra soluzione, ne ha 112.000. Su una soluzione

che deve garantire la massima sicurezza dei dati avere

meno linee vuol dire avere anche un maggior control-

lo su eventuali bug. Non solo: WireGuard è molto più

veloce nella fase di “handshake”, visto che lavora più o

meno come SSH e si scambia le chiavi pubbliche, ed è

anche molto più leggero.

Mozilla con Firefox da anni spinge per la privacy e la si-

curezza in rete, e ovviamente un fornitore di VPN deve

prima di tutto dare “fiducia”: se è vero che non diamo

più i nostri dati a chi gestisce gli hotspot e i server, è

anche vero che li stiamo dando a chi gestisce la VPN.

Qui l’azienda ci mette la faccia, e promette che “non

mantengono alcun registro delle attività in rete, non

tracciano e non condividono questi dati” con nessuno.

E, ovviamente, non li rivendono. “Raccogliamo solo ciò

di cui abbiamo bisogno, cercando, quando possibile, di

rendere anonimi i dati raccolti ed eliminandoli quando

non sono più necessari” spiegano nelle FAQ. L’uso del-

la VPN è semplicissima: basta scaricare il client, inserire

username e password, scegliere il server e connettersi.

In meno di due secondi il tunnel è attivo, e per tutti i

client, cosa non da poco, è presente anche la funzione

“kill switch” attiva di default.

Il Kill Switch è una funzione molto nota a chi usa una

VPN: blocca ogni i tipo di connessione nel caso in cui la

VPN cada o sia instabile, per evitare che vengano fatte

chiamate in chiaro. Questo è un aspetto spesso sotto-

valutato quando si usa una VPN, ma in molti casi se la

VPN cade il client e il server continuano a scambiarsi

dati usando la normale connessione non protetta, e l’ef-

ficacia della VPN viene meno. Il Kill Switch evita questo,

e su tutti i client Mozilla lo ha integrato attivo di default.

Le prestazioni sono legate molto al server scelto e

anche al tipo di client: collegandosi allo stesso server

da Linux o da macOS si riesce a spuntare una velocità

leggermente superiore rispetto a Windows, e la stes-

sa cosa vale per iOS rispetto ad Android. La latenza è

comunque decisamente ridotta, e la connessione ci è

sembrata assolutamente stabile.

Su Android, volendo, è presente anche lo Split Tunnel:

permette di scegliere quali app navigano in modo sicu-

ro e quali no. Probabilmente è questo l’elemento che

impatta leggermente sulle performance a livello di traf-

fico e latenza.

Una cosa dev’essere ben chiara: la VPN di Mozilla è una

VPN pensata per chi vuole tutelare la propria privacy e

per chi vuole navigare in modo sicuro e protetto. Non

è pensata per chi vuole effettuare “abusi”: Netflix, ad

esempio, da molte “location” riesce a rilevare la pre-

senza della VPN e soprattutto non esistono client per

FireTV Stick o per Smart TV, cosa che di fatto disinnesca

segue a pagina 20

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torna al sommario 20

MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

PC

Mozilla VPN, la provasegue Da pagina 19

l’utilizzo come VPN per proteggere una eventuale visio-

ne IPTV “pezz8 style”.

Mozilla infatti, sebbene tuteli la privacy degli utenti, chie-

de comunque una registrazione tramite carta di credito

al servizio, quindi non è del tutto anonima come altre

VPN che offrono anche il multi-hop e sono pensate per

proteggere attività illecite. Trattandosi poi di una azien-

da americana è comunque soggetta alla giurisdizione

degli Stati Uniti, e deve fornire i pochi dati raccolti nel

caso in cui le vengano chiesti. Mozilla è molto chiara

nella gestione del dati richiesti da chi usa la VPN. Ecco

quali dati raccoglie.

• Informazioni sull’account Firefox: indirizzo email, le

impostazioni locali e l’indirizzo IP.

• Informazioni sulla posizione. Mozilla VPN riceve

il tuo indirizzo IP dal tuo account Firefox quando ti

registri e usi il servizio. Usiamo l’indirizzo IP per in-

dividuare la tua posizione approssimativa in quanto

Mozilla VPN attualmente è disponibile solo in alcuni

Paesi.

• Informazioni sul pagamento. Quando ti iscrivi a

Mozilla VPN, il tuo addebito sarà gestito tramite

uno dei nostri fornitori terzi di servizi di pagamento:

Stripe, Apple, PayPal o Google Pay. Mozilla riceve

un record del tuo account (che include l’indirizzo di

fatturazione e le ultime quattro cifre del tuo meto-

do di pagamento) e lo stato del tuo abbonamento.

Mozilla non memorizza i dettagli completi del pa-

gamento.

• Dati relativi alle interazioni. Mozilla riceve dati sulle

tue interazioni con Mozilla VPN, incluso quando ef-

fettui l’accesso e quando richiedi l’elenco dei server.

• Dati tecnici. Mozilla riceve informazioni di base da

Mozilla VPN in merito alla versione VPN installata

e ai dispositivi su cui è installata, incluso il sistema

operativo e la configurazione hardware. Quando

Mozilla VPN si connette ai nostri server per autenti-

care e aggiornare il tuo account Mozilla VPN, il tuo

indirizzo IP viene raccolto temporaneamente come

parte dei log del server. Quando usi il servizio Mo-

zilla VPN, il nostro partner Mullvad non mantiene

alcun log sul server con le tue attività sulla rete.

Nel complesso la soluzione Mozilla è un ottimo com-

promesso tra facilità, velocità e prezzo. Non ci sono

costi nascosti, non si paga a traffico: con un abbona-

mento che viene venduto ad un prezzo tutto somma-

to contenuto, 60 euro all’anno, una persona può pro-

teggere la sua navigazione e tutelare la sua privacy

con tutti i dispositivi che usa, dal tablet allo smartpho-

ne passando per i PC vari, sia di casa che dell’ufficio.

Un account è sufficiente anche per i dispositivi di una

intera famiglia, ma si deve comunque stare attenti al

numero: massimo 5, su questo Mozilla è abbastanza

inflessibile.

Connessione non protetta.Connessione VPN su nodo di New York.

di Sergio DONATO

Il mondo dell’internet delle cose (IoT,

Internet of Things) potrebbe ricevere

a breve una scossa epocale. Arm Re-

search e PragmatIC hanno realizzato

PlasticArm, il primo processore Arm non

in silicio al mondo che introduce sviluppi

concreti dell’elettronica flessibile; e che

potrebbe essere adottata anche per gli

imballaggi o per la medicina. Non è la

prima volta che l’elettronica si fa flessibile,

esistono già dei prototipi di sensori, me-

morie o diodi con questa caratteristica,

ma finora è mancato un processore che

fosse anch’esso flessibile e che potesse

seguire la “natura” degli altri componenti.

Arm Research è quella parte di Arm che

con una combinazione di ricerca interna

e collaborazione con partner accademici

e industriali cerca di trovare soluzioni tec-

nologiche che sfruttino l’architettura Arm.

PragmatIC è invece la piattaforma tecno-

logica di circuiti integrati flessibili che ha

SMARTHOME Imballaggi o etichette intelligenti, ma anche sistemi di monitoraggio monouso per la salute: è il futuro dell’IoT

Scossa nell’IoT: è nato il primo processore Arm flessibile Servirà (anche) per etichette e imballaggi intelligentiIl futuro dell’IoT sembra più luminoso ora che Arm ha creato il primo SoC flessibile funzionante non basato su wafer di silicio

anche un sistema di produzione chiamato

FlexLogIC capace di realizzare TFT, cioè

Thin Film Transistor, i transistor a film sotti-

le. Entrambe collaborano fin dal 2013 pro-

prio per esplorare la fattibilità di un pro-

cessore flessibile basato su Arm, e che in

parte aveva già ottenuto un risultato con

la presentazione nel 2015 di un prototipo

non funzionante. Oggi invece, il proces-

sore è una realtà concreta, perché quello

che è uscito dallo studio pubblicato an-

che su Nature è un SoC Arm flessibile

che funziona. I dispositivi elettronici flessi-

bili, a differenza dei dispositivi a semicon-

duttore convenzionali, sono costruiti su

substrati alternativi come carta, plastica o

fogli di metallo. Utilizzando materiali semi-

conduttori a film sottile come ossidi di me-

tallo o silicio amorfo, ma anche organici,

si hanno una serie di vantaggi rispetto al

silicio, tra cui la sottigliezza, l’adattabilità e

i bassi costi di produzione.

PlasticArm è un SoC basato su Cortex-M0

a 32 bit, con soli 128 byte di RAM e 456

byte di ROM. Il parti-

colare interessante

è che PlasticARM è

fabbricato usando

una linea di produ-

zione commerciale

‘fab-in-a-box’, FlexLo-

gIC21. Quindi, la sua

produzione in scala

ha già tutte le tecno-

logie necessarie per

poter essere attivata. I circuiti TFT IGZO

sono realizzati utilizzando attrezzature

convenzionali per la lavorazione dei se-

miconduttori adattate e configurate per

produrre dispositivi su un substrato fles-

sibile di poliammide con uno spessore

inferiore a 30 μm. Hanno una lunghezza

del canale di 0,8 μm e una tensione di ali-

mentazione minima di 3 V. PlasticArm è

funzionante e ha eseguito tutti e tre i pro-

grammi di test scritti in modo tale che le

istruzioni provassero tutte le unità funzio-

nali all’interno della CPU. L’attuale imple-

mentazione della ROM non permette di

cambiare o aggiornare il codice del pro-

gramma dopo la fabbricazione, anche se

potrebbe essere possibile in implemen-

tazioni future; per esempio, tramite ROM

programmabili. John Biggs, ingegnere di

Arm Research che ha contribuito alla rea-

lizzazione di PlasticArm, ha detto: “Quan-

do i microprocessori a bassissimo costo

diventeranno commerciabili, si apriranno

tutti i tipi di mercati con interessanti casi

d’uso come sensori intelligenti, etichette

intelligenti e imballaggi intelligenti.”

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto PEZZALI

L’iMac da 24” non è un computer per tutti. E’ un Mac

per famiglie, è un computer che mette davanti in

primo piano il design, e può farlo perché grazie al

processore M1 riesce comunque a garantire prestazioni

che sono sovra-abbondanti per la maggior parte degli

acquirenti tipo. L’iMac da 24” vuole anche essere un

computer che non offre preoccupazioni di sorta: out of

the box, chi lo compra, si troverà il classico prodotto Ap-

ple, costruito in modo impeccabile, e una volta acceso si

renderà conto che ha tutto quello che gli serve per usa-

re un computer in modo sicuro, semplice e immediato.

La forza dell’iMac da 24” è il suo essere un computer

che nessun altro a breve riuscirà ad imitare: se non fosse

per il processore M1 e macOS, perfettamente cucito su

quel processore, sarebbe stato impossibile condensare

l’intero computer in soli 11 mm di spessore, invece le pre-

stazioni del processore fatto in casa lo hanno permesso.

Nei prossimi anni sicuramente troveremo sul mercato

processori altrettanto validi, e con una altrettanto eccel-

lente resa in termini di prestazioni e consumi, ma l’iMac

da 24” può contare su un secondo elemento che con-

ferma ulteriormente la sua unicità e lo rende difficilmen-

te imitabile: il colore.

Se pensiamo a quelli che possono essere i difetti di

questo iMac, crediamo che il più grande sia l’impossi-

bilità di avere alcuni colori, quelli forse più belli, nella

configurazione di base. Per avere l’arancio, ad esempio,

o il viola, si deve pagare di più: la versione base costa

1.499 euro e prevede solo quattro colori, quella interme-

dia costa 1.719 euro e permette di scegliere i tre colori

più particolari, oltre ovviamente ad avere anche alcuni

vantaggi come un core in più lato GPU, la porta ether-

net sull’alimentatore (ma si può avere anche sulla base

pagando), due porte USB aggiuntive che, vedremo poi,

non sono fondamentali. C’è anche la Magic Keyboard

con TouchID, anche lei a nostro avviso non fondamen-

tale ma comoda. L’importanza data da Apple al colore

lo si vede anche nei dettagli: non è solo il desktop ad

essere colorato, la scocca in alluminio, ma anche tutti gli

accessori abbinati lo sono, incluso il cavo di alimentazio-

ne e il cavo di ricarica degli accessori. Se si calcolano

le 7 varianti cromatiche e tutti gli accessori abbinati, e si

TEST Un prodotto che rispecchia a pieno la filosofia dell’azienda: cura nei minimi dettagli, prestazioni e un prezzo che resta premium

Apple iMac 24” M1. Per molti, ma non per tuttiUn computer ineguagliabile, sia per l’immagine che offre, sia per il design, legato alla presenza di un processore senza eguali

calcola che per le tastiere serve comunque una tastiera

diversa a seconda delle diverse localizzazioni, lo sforzo

in termini di supply chain per mettere sul mercato un

prodotto simile è un qualcosa che solo Apple può soste-

nere. Resta da capire se la gestione di eventuali ricambi

sarà immediata: l’alimentatore usa infatti un cavo dedi-

cato, lo vedremo dopo, ed il cavo ha lo stesso colore del

desktop, sia il filo stesso sia il connettore. Se si brucia

per un sovraccarico il trasformatore di un MacBook con

porta Type C lo si cambia al volo, anche con uno di ter-

ze parti, ed è disponibile come ricambio ovunque, se si

Apple iMac 24” M1IL PERFETTO COMPUTER DA FAMIGLIA. PREZZO ALTO, MA È UN INVESTIMENTO CHE SI AMMORTIZZA

1.499,00 €

L’iMac 24” è un computer fa famiglia, quel computer che può anche essere esibito al centro di un monolocale moderno senza apparire fuori posto. Oggi non esistono computer simili: ci sono tanti all in one, ma nessuno offre quello che Apple può garantire. E non stiamo parlando solo del design sottile, ma anche dell’essere Apple: la “mela” è ormai uno status symbol e piazzare un iMac colorato, subito identificabile, sulle scrivanie di un ufficio, ad una reception o in un soggiorno è diverso da piazzare un seppur ottimo PC. L’iMac da 24” tuttavia non è solo design: offre le stesse prestazioni dei MacBook con processore M1 e sono prestazioni che oggi, se guardiamo anche ai consumi, un desktop all in one riesce a raggiungere. E stiamo parlando sia degli altri iMac sia dei PC, indifferentemente. Con la maggior parte delle applicazioni riscritte nativamente per Apple Silicon, e a breve l’arrivo di Monterey che offre alcune feature uniche per i processori fatti in casa, l’iMac da 24” riesce ad essere anche uno dei computer più veloci nella sua classe. Un computer che ha sicuramente un costo non indifferente, ma che questo costo lo mantiene anche nel tempo grazie ad aggiornamenti costanti e al valore del brand. Ancora oggi ci sono iMac del 2013 che funzionano benissimo, e questo iMac da 24” potrebbe durare anche lui una decina di anni senza problemi, con un costo che alla fine, se diluito, non è poi così alto. Usarlo tutti i giorni è un piacere, e chi arriva dal vecchio 21.5” o da un iMac da 27” avrà la sensazione di aver fatto un salto enorme, anche in termini di prestazioni. L’unico dubbio che avrà, con il passare dei giorni, è se lo schermo da 24” non sia alla fine un po’ troppo piccolo.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 10 9 9 88.9

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESchermo, webcam e audio di ottima qualitàDesign e varietà di colori: al momento è un prodotto unicoIl processore M1 garantisce eccellenti prestazioni unite a consumi decisamente bassi

Tre colori sono disponibili solo spendendo di piùUna politica di upgrade hardware aftermarket sarebbe graditaEssendo fortemente personalizzato sia i ricambi sia acquisti aggiuntivi sono da ordinare

segue a pagina 23

Per avere le tre finiture più particolari si devono met-tere sul piatto 200 euro in più

lab

video

Page 23: 2 LUGLI 2021 n.24 21 MAGAZINE Dove guardare le Inaugurati ...

torna al sommario 23

MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

TEST

Apple iMac 24” M1segue Da pagina 22

brucia il caricatore dell’iMac da 24” viola non è certo che

ci sia il ricambio disponibile: dev’essere ordinato presso

la rete di assistenza. La stessa cosa vale si sei vuole ad

esempio la tastiera con TouchID after market del colore

dell’iMac, anche lei come ogni accessorio deve essere

ordinato. Vantaggi e svantaggi della eccessiva persona-

lizzazione.

Memoria e storage, quale prendere?Se il colore è oggi la scelta più difficile per chi deve ac-

quistare un Mac, soprattutto in virtù dei vincoli messi da

Apple ad alcune finiture, c’è anche la questione stora-

ge e RAM. Di base Apple nei negozi vende tre versioni

da 1.499, 1.719 e 1.949 euro, ma sul sito come sempre è

possibile personalizzare l’acquisto. La nota particolare è

la presenza, per tutte e tre le versioni preconfigurate, di

8 GB di RAM come base: il processore M1 al momento

viene venduto solo con 8 GB o 16 GB di RAM, e le me-

morie sono saldate sopra il SoC. Abbiamo fatto decine

di prove, e per il modo in cui il processore usa la me-

moria sono davvero rare le volte in cui servono più di 8

GB. Potremmo citare ad esempio la virtualizzazione, la

compilazione di certi progetti di sviluppo o altri task, ma

sono tutti ambiti per i quali l’iMac da 24” non è certo la

macchina adatta. Ad uno sviluppatore consiglieremmo

cento volte un Mac mini da 16 GB con un monitor ester-

no, non certo questo computer.

L’istinto sarebbe quello di dire: “Compralo con 16 GB

perché poi non si possono più aggiungere” ma ci siamo

resi conto che spesso le configurazioni di Apple sem-

brano pensate per far spendere alla gente più di quanto

realmente serve, con il pensiero fisso che “in futuro” più

RAM, o uno storage più grande, potrebbero servire.

La stessa cosa vale per lo storage, che di base è di 256

GB ma anche nella versione da 1.949 euro è di 512 GB.

Restiamo convinti che, anche guardando l’ingombro

delle app più comuni, 256 GB siano più che sufficienti

per la maggior parte delle persone, anzi, aiutano anche

a tenere ordinato il Mac senza avere file, anche pesanti,

abbandonati all’interno del disco. Riteniamo più utile in-

vestire nello spazio di iCloud, soluzione che garantisce

il perfetto allineamento di risorse tra i vari device Apple:

note, mail, foto e anche i documenti possono essere

raggiunti da ogni dispositivo. Il “nostro” iMac da 24”,

quindi, se non fosse per la mancanza di alcuni colori,

sarebbe quello base da 1.499 euro: se serve la porta di

rete basta aggiungere 26 euro in più, ma per il resto è un

computer che offre grandissime soddisfazioni e rispetto

alle altre versioni, per il target a cui è destinato, non mo-

stra alcun punto debole.

Prima il design, poi tutto il restoUn processore come l’M1 è finito all’interno di un iPad

Pro: batterie, spessore di pochi millimetri e schermo mini

LED. Per Apple non è stato troppo faticoso inserirlo all’in-

terno di un iMac, e probabilmente poteva osare ancora

di più sul fronte dello spessore, ma aveva un limite “fisi-

co” da rispettare: quello dei connettori Thunderbolt sul

retro. Tutto il processo di ingegnerizzazione e le soluzio-

ni adottate infatti sono legate alla necessità di avere un

computer che sia sottile. Il più sottile che si poteva crea-

re. Per non rinunciare al jack audio, e onestamente non

capiamo perché Apple non ci abbia rinunciato visto che

ormai ha spinto tutti coloro che hanno un loro prodotto

ad acquistare le AirPods, il jack audio è stato inserito di

profilo, sul fianco. La sua lunghezza, infatti, impediva di

inserirlo diretto. Ci sono stati invece, per una frazione

di millimetro, le prese Thunderbolt / USB 4.0, due nel

nostro esemplare, e le prese USB 3.0, anche qui due.

Sull’utilità di avere quattro prese di questo tipo su un

iMac da 24” nutriamo qualche dubbio: su una worksta-

tion servono, non ci piove, ma su un computer da fami-

glia dove ormai quasi tutto viene fatto tramite wireless,

anche il trasferimento dei file con AirDrop, avremmo

quasi preferito avere lo slot per la card SD sul fianco in-

sieme al jack e una sola USB sempre di lato. Sul retro

queste porte sono scomode, e se si tratta di un accesso-

rio il cavo che penzola rischia di sporcare una linea che

è stata pensata per essere il più pulita possibile. Ne è

dimostrazione la porta di rete, che Apple avrebbe volen-

tieri omesso non fosse stato per il fatto che questo iMac

è perfetto in una reception o negli uffici: la porta ether-

net non ci sarebbe mai stata negli 11 mm di spessore

ed è stata così messa nell’alimentatore. I dati della rete

vengono trasmessi al Mac usando dodici piccoli contat-

ti sferici nel connettore circolare: dovrebbero essere 8

per l’ethernet, tuttavia ci sono 4 contatti aggiuntivi per

rendere il collegamento funzionante anche con il con-

nettore ruotato di 180°.

L’alimentatore è esterno, e anche questa scelta è legata

allo spessore. Non tanto dell’alimentatore, c’è tanto di

quello spazio libero all’interno che l’alimentatore ci sa-

rebbe anche stato, ma del connettore di alimentazione.

Se Apple avesse inserito l’alimentatore nella scocca

avrebbe dovuto inserire nel Mac o il connettore femmi-

na a 2 poli di alimentazione classico o quello a 3 poli dei

vecchi iMac: solo il connettore occupava 2 centimetri.

Non potendo standardizzare un nuovo connettore a

220V o a 110V, le procedure di sicurezza e standardiz-

zazione avrebbero richiesto anni, ha preferito tenere

l’alimentatore esterno e creare un nuovo connettore

MagSafe compatto che trasporta corrente continua a

basso voltaggio. Non si poteva usare USB Type C? Te-

oricamente si, anche perché con il display alla massima

luminosità e con il volume al massimo, sotto sforzo, non

passiamo i 100 watt massimi che l’USB Type C può tra-

sportare. La nostra misura dice 83 watt a pieno carico

con il volume al massimo e lo schermo alla massima

luminosità. Tuttavia l’alimentatore che viene dato, da

143 watt, considera anche eventuali accessori che si po-

trebbero collegare e forse il Type C era sufficiente per il

solo computer ma non se c’era un iPad Pro collegato ad

una presa sul retro, che assorbe in ricarica circa 30 watt.

L’iMac da 24” è costruito attorno al design: la sua base, il

suo snodo, il profilo e anche la linea scelta. Che può pia-

cere o non piacere, perché il “mento” sotto lo schermo

è un qualcosa che Apple se voleva poteva togliere sen-

za problemi. Rientra tuttavia nell’iconicità del prodotto,

un po’ come il notch sull’iPhone. Lo abbiamo visto con

i televisori prima e gli smartphone dopo: la sparizione

delle cornici li sta facendo apparire tutti uguali, e oggi è

proprio grazie alla tacca dell’iPhone che si riesce subito

a riconoscere un melafonino tra dieci smartphone An-

droid. Per l’iMac vale lo stesso: il mento c’è, e se non pia-

ce si possono sempre attaccare i post-it. Senza sarebbe

apparso forse troppo anonimo. Una nota: sarebbe stato

bello avere un MagSafe per ricaricare un iPhone o le Air-

Pods nella base: lo spazio c’era, e avrebbe evitato uno

scomodo e antiestetico filo sul retro.

Audio e video al massimo: quello che tutti si aspettanoAlla fascia di utenza alla quale questo computer è desti-

Il magnete è centrale e porta anche il polo posi-tivo. I 12 piccoli contatti sferici all’interno sono quelli del cavo ethernet, con 4 contatti aggiuntivi perché il connettore può essere inserito anche ruotato a 180°

La porta di rete è inserita nell’alimentatore. Inizial-mente pensavamo utilizzare Power Over Ethernet, invece è un vero cavo di rete che passa tramite contatto e coppie incrociate.

segue a pagina 24

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torna al sommario 24

MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

nato non serve affatto un eccesso di potenza. Non vuo-

le processori con decine di core, e nemmeno una sche-

da grafica da primo della classe: vuole una interfaccia

che non si blocchi e applicazioni che siano rapidissime

ad aprirsi, e sull’iMac da 24” lo sono, ma vuole soprat-

tutto ottimo video, ottimo audio e un’ottima webcam.

Spesso nel mondo degli all-in-one si tende a privile-

giare quelle che sono le specifiche del computer salvo

poi trascurare aspetti ritenuti magari secondari, che

invece sono per un pubblico famigliare fondamentali.

Si pensi ad esempio alla webcam: durante la pande-

mia decine di persone hanno provato in ogni modo

ad avere un’immagine decorosa durante le sessioni di

videoconferenza. Le videocamere 720p dei notebook,

incluse quelle dei notebook Apple, offrono una qualità

ben al di sotto delle aspettative di ciascuno. La camera

montata sull’iMac da 24” non è una webcam Logitech

Brio 4K, ma è in assoluto la webcam con la miglior qua-

lità mai vista su un iMac.

Meglio ancora di quella dell’iMac da 27” recentemente

rinnovato, perché sebbene entrambe condividano lo

stesso sensore 1080p sul modello che stiamo provan-

do ora l’ISP (Image Processor) del SoC M1 risolve tutti

i problemi di posizionamento e di illuminazione. Apple

usa lo stesso riconoscimento del volto usato anche

sugli iPhone, applica gli effetti di smoothing e le luci

ritratto oltre al tone mapping per avere un viso sempre

perfettamente visibile anche in condizioni di luminosità

difficile, come una finestra di lato o alle spalle. Unica

cosa forse un eccesso di sharpening, ma non è una

foto, è una webcam. Con macOS Monterey, che ab-

biamo provato, arriva anche la sfocatura con machine

learning che funziona molto meglio di quella integrata

all’interno delle varie app, spesso approssimativa. Per

molti utenti evoluti questa può sembrare una scioc-

chezza, ma il fatto di apparire bene nelle webcam du-

rante le riunioni per molti è più importante che avere 4

core in più o 16 GB di RAM in aggiunta.

A questo si aggiunge anche una resa audio davvero di

buona qualità se pensiamo allo spessore del prodot-

to: sono addirittura più grandi i diffusori della scheda

L’alimentatore da 143 Watt è pensato non solo per il Mac, che consuma molto meno, ma anche per eventuali accessori collegati.

Un magsafe nella base per ricaricare il telefono o le AirPods sarebbe stata una chicca ben gradita.

logica. Buono l’apporto di bassi, buona la pressione

sonora senza distorsioni, buona la “presa” audio, non

da podcast ma comunque più che adeguata per tene-

re una videochiamata mentre si passeggia per la stan-

za. Infine c’è lo schermo: Apple ha inserito un LCD da

23.5” che va a sostituire quello del 21.5”. Ricordiamoci

infatti che questo iMac sostituisce la versione picco-

la dell’iMac, quella anche meno venduta. Riducendo

la cornice Apple ha tenuto praticamente le stesse di-

mensioni del vecchio modello, ma ha un pannello più

grande con una risoluzione più alta: 4480 x 2520 al

posto di 4096 x 2304. La densità, tuttavia, è esatta-

mente la stessa. Non nascondiamo che essendo abi-

tuati all’iMac da 27”, è quello più diffuso, lo schermo di

questo iMac non sembra enorme, un pollice in più non

avrebbe fatto male, ma resta comunque una dimensio-

ne ben bilanciata per lavorare da vicino. Non solo: 24”

sono la dimensione perfetta per funzionare in un mo-

nolocale sia come computer sia come schermo TV da

guardare dal letto, grazie anche ad AirPlay finalmente

integrato dentro Monterey.

Lo schermo è luminoso, arriva quasi a 500 nits (476

nits), e ci troviamo davanti al solito pannello wide co-

lor con un’ottima resa in termini di angolo di visione

e con True Tone per compensare la luce ambiente.

L’unica nota è una leggerissima e appena percettibile

vignettatura su un lato, quello dove non arriva la luce

dell’edge led: si nota soprattutto su schermate bian-

che quando si lavora completamente al buio. C’è un

ultimo aspetto da trattare, che apparentemente riguar-

da il design ma che invece è più legato allo schermo

stesso e alla visione, ovvero la cornice bianca. Esiste

un motivo se oggi gli iMac hanno una grossa cornice

nera, e se la cornice su molti monitor professionali non

sparisce: la cornice nera aiuta chi sta lavorando ad iso-

larsi completamente. Chi sviluppa ama il tema scuro,

perché può lavorare la sera, senza distrazioni, immer-

so nel suo monitor e con lo schermo che rappresen-

ta l’unico elemento visibile, quello che richiede tutta

la nostra concentrazione. Le cornici nere dei monitor

rappresentano la barriera tra quello che succede nel

computer e quello che succede fuori. Apple ha messo

sugli iMac la cornice bianca, e sicuramente è una scelta

voluta e ragionata più volte. Non è solo una questione

di design, ma è più un segno di connotazione per il

prodotto: l’iMac da 24” deve vivere e far parte di un

ambiente, non deve essere un qualcosa di isolato. Non

è quel Mac pensato per la massima concentrazione e

per il lavoro, è semplicemente un computer. Non perso-

nal, ma family, dove ogni persona accede al suo profilo

usando il touch ID.

Le prestazioni che ti aspettiPer questo iMac da 24” vale tutto quello che abbiamo

già detto nella lunghissima prova del MacBook Pro fatta

a novembre, e la velocità del processore M1, ora che la

maggior parte delle applicazioni sono ottimizzate, non

si discute: difficile trovare un all in one che vada così

veloce a parità di prezzo.

Esistono sicuramente computer più veloci, ma non sono

certo family PC da esporre in soggiorno e sono pensati

per altro. Hanno anche, giusto dirlo, altri consumi.

All’interno dell’iMac da 24” Apple ha inserito una coppia

di ventole (una nella versione base) che in altre soluzioni

basate su M1 non sono state inserite: in realtà servono

più a far circolare l’aria calda generata inevitabilmen-

te dal pannello LCD che a tenere fresco il processore.

Apple M1, come si è visto sul MacBook Air e sull’iPad,

segue a pagina 25

TEST

Apple iMac 24” M1segue Da pagina 23

Qui sopra, la differenza tra MacBook Pro da 16” e iMac da 24”, nelle stesse identiche condizioni.

LA WEBCAM DELL’IMAC DA 24” LA WEBCAM DEL MACBOOK PRO DA 16”

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Cambiare una sola schedina è un lavoro da meno di un’ora. Apple potrebbe iniziare a pensare agli upgrade aftermarket

non scalda neppure tanto. Con la dissipazione di tipo

attivo l’iMac da 24” riesce comunque a tenere i core

Firestorm al massimo del clock per lungo tempo senza

mai piegarsi.

Ci teniamo a precisare che questo processore, per

quanto ottimo, non fa miracoli: questo è un all in one

pensato per lavorare come elemento singolo, e se ini-

ziamo ad usare configurazioni multi-monitor ovviamen-

te inizia a far fatica, soprattutto lato grafico se abbiamo

così poca RAM. Sarebbe sciocco, tuttavia, prendere

una macchina simile per affiancare ad un monitor che

non si abbina esteticamente, meglio a quel punto un

Mac Mini. Si può usare per sviluppare foto RAW, per

fare editing musicale, per fare editing fotografico e vi-

deo e per programmare. Quanto? Gestisce benissimo

i filmati 4K con due o tre tracce sulla timeline, ma se

iniziamo a mettere video di altissima qualità in ProRes

soffre un pelo. L’utente tipo di questo iMac lavora con il

4K, ma è probabile che i suoi file di partenza siano i file

di un iPhone in 4K a 60p, che l’iMac si divora con disin-

voltura. Stessa cosa per lo sviluppo: Xcode è veloce,

molte librerie funzionano bene, ma resta comunque

un MacBook con un monitor enorme. È un computer

per le famiglie, non è una workstation e non pretende

nemmeno di esserlo, tuttavia con molte applicazioni

funziona meglio di molte workstation e avendo una

doppia porta Thunderbolt qualcuno potrebbe anche

essere tentato di usarlo con Logic o con Final Cut.

Il teardown di iFixit ci mostra che, come sui MacBook,

anche sugli iMac RAM e SSD sono saldati e insosti-

tuibili. Sulla RAM non si può dire nulla: è per forza di

cose saldata sul SoC, anche per una questione di pre-

stazioni. C’è però un aspetto che ci preme sottoline-

are: un tempo un iMac era un prodotto complesso da

smontare, oggi tutto il computer è una piccola schedi-

na alta 4 cm e lunga 20. Bene che per una questione

di prestazioni sia tutto saldato e compatto, ma Apple

ormai è una azienda talmente grande e con una rete

di assistenza presso gli Apple Store talmente effi-

ciente da poter permettersi una politica di upgrade di

TEST

Apple iMac 24” M1segue Da pagina 24

Persino l’interno dei connettori USB Type C al posto di essere nero è colorato dello stesso colore della scocca

SSD e RAM aftermarket. La sostituzione della piccola

scheda di un iMac richiede meno di mezz’ora di ma-

nodopera, e qualcuno potrebbe anche apprezzare.

Inoltre, sempre per un azienda molto attenta all’am-

biente, sarebbe stato intelligente pensare a questa

soluzione all-in-one come ad una soluzione aggior-

nabile per qualche anno: tra tre anni saranno pochi

coloro che pensano di cambiare questo iMac, andrà

ancora benissimo, ma potrebbe esserci qualcuno di-

sposto a spendere anche 600 euro per cambiare la

scheda all’interno con una versione più veloce.

Dispiace sempre, dopo un po’ di anni, trovarsi negli

iMac con una parte “computer” datata e una parte

display che invece è ancora migliore di molti monitor

che si possano acquistare a parte. Anche l’iMac da

24”, come tutti gli ultimi iMac prodotti da Apple, non

permette di usare i display come monitor Thunder-

bolt esterno per una questione puramente tecnica,

che comunque Apple, se avesse voluto, avrebbe po-

tuto in qualche modo gestire. Sempre dal teardown

di iFixit c’è una piccola chicca che mostra in modo

evidente la differenza tra Apple e decine di altre

aziende: la parte interna dei connettori USB Type C

è in tinta con il resto del corpo. Una parte minuscola,

che praticamente nessuno vede, che poteva essere

nera senza alcun problema: Apple ha curato anche

quel piccolo dettaglio, e a chi spende così tanto per

un computer alla fine questa meticolosità quasi esa-

gerata non può che far piacere.

Consumi, sicurezza e software: all inclusiveSpesso un All-in-one non è veramente all-in-one: c’è

l’hardware, ma manca la componente software.

Chi compra un all-in-one Windows si trova spesso a

dover installare una serie di applicazioni, cercando

anche la soluzione migliore, per riuscire a portarlo al

giusto livello di produttività. Microsoft, purtroppo, non

può per ovvi motivi inserire suite complete all’interno

di Windows e i partner, che dovrebbero dare all’uten-

te una esperienza completa, si guardano bene dal

farlo: alcuni danno delle trial che poi vanno pagate.

Chi compra un Mac lo paga sicuramente di più, ma si

trova dentro tutto quello che gli serve.

Ci sono Pages, Numbers e Keynote che svolgono la

funzione di Office, e sebbene non siano perfetti come

la versione Microsoft (Pages a volte non tiene la for-

mattazione nella conversione in doc) restano comun-

que applicativi completi e gratuiti. C’è Foto per l’orga-

nizzazione degli album e lo sviluppo dei RAW, ci sono

Garageband e iMovie per musica e video, c’è Swift

Playground per approcciarsi al coding oltre ad una se-

rie di utility gratuite e ben fatte scaricabili dallo store.

A questo si aggiunge anche la sicurezza di avere ag-

giornamenti garantiti nel tempo, versioni gratuite del

sistema operativo ogni anno, perfetta integrazione

con gli altri prodotti della famiglia Apple che sicura-

mente, chi guarda a questo prodotto, o ha già o sarà

invogliato a comprare per chiudere il cerchio.

Un utente Windows, se escludiamo la pirateria, ha

solo due soluzioni: o paga per avere programmi equi-

valenti, ma spesso è anche difficile trovare il prodotto

giusto per un utente non troppo esperto, o si affida

all’opensource, ma anche qui l’utente famigliare po-

trebbe trovarsi disorientato da logiche e interfacce

non troppo user friendly.

Per l’editing video ci sarebbe ad esempio Resolve

che è gratis, ma non è certo un programma in stile

iMovie. Photoshop Elements e Premiere Elements,

che possono essere gli equivalenti di iMovie e Foto,

costano comunque 150 euro se presi insieme.

C’è anche un aspetto legato ai consumi: anche se l’a-

limentatore è da 143 watt, noi non siamo mai riusciti

ad andare oltre gli 80 watt durante l’utilizzo dell’iMac

con un accessorio collegato.

È un computer che, rispetto a molti altri PC, consuma

davvero pochissimo.

ll grafico mostra un benchmark del processore M1 montato sull’iMac da 24” confrontato con quello dell’iPad Pro e con quello dei due MacBook, Air e Pro. Questo iMac non è un computer da “produzione”, ma il grafico serve semplicemente per far capire che il processore viene gestito esattamente allo stesso modo su un tablet, su un micro-computer e su un all-in one. Viene gestito così anche sul MacBook Pro a batteria, stessi consumi, stessi limiti termici, stesse prestazioni.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto FAGGIANO

Il mercato degli auricolari di fascia elevata è ormai

quasi affollato come quello dei modelli più econo-

mici, la richiesta di qualità è tanta e ogni marchio

cerca di conquistare la sua fetta di profitti. Buona ul-

tima arriva Bowers & Wilkins con la coppia PI5 e PI7,

questi ultimi sono i top di gamma e con i loro 399 euro

di prezzo di listino si rivolgono a chi desidera il meglio

in assoluto. I PI7 non sono solo i classici auricolari con

Bluetooth ma hanno pure l’esclusiva della possibilità

di collegare una qualsiasi sorgente alla loro custodia,

che poi provvederà a trasmettere la musica senza fili

agli auricolari. Inoltre troviamo la riduzione del rumore

con tecnologia adattiva per tenere conto delle condi-

zioni ambientali, regolando il circuito di conseguen-

za; ulteriori regolazioni si possono aggiungere anche

dall’applicazione di controllo. L’estetica è molto per-

sonale, con dimensioni esuberanti e finiture in parte

metalliche molto accurate. Per gli incontentabili non

manca la possibilità di usare gli assistenti vocali.

In dotazione troviamo due cavetti USB, il primo è

quello solito di tipo C per la ricarica ma il secondo

ha da un lato un terminale minijack per collegare la

custodia a una qualsiasi sorgente musicale. Con que-

sta modalità la trasmissione wireless avviene dalla

custodia agli auricolari, una modalità unica che può

far comodo a chi desidera usare i PI7 anche in casa

con dispositivi senza Bluetooth oppure aggirando il

Bluetooth di vecchia generazione di altri dispositivi.

Inoltre, cosa non da poco, permette l’uso in aereo.

Il risultato dovrebbe essere una migliore resa musi-

cale, primario obiettivo di ogni prodotto B&W. Se sia

davvero utile o vada considerato come un gadget lo

dirà la prova d’ascolto, tuttavia si tratta di una esclusi-

va assoluta di questi auricolari.

L’autonomia non è da record per la categoria, 4 ore

per gli auricolari e 20 ore compresa la riserva dispo-

nibile nella custodia con riduzione del rumore attiva;

l’autonomia residua precisa è visibile tramite l’appli-

cazione dedicata. La ricarica si può effettuare tramite

TEST In prova gli auricolari più prestigiosi del marchio britannico. Funzionano in modalità wireless, ma si può usare anche il filo

Auricolari wireless B&W PI7, la recensione Come suonano gli auricolari dallo storico brand Si può anche collegare una qualsiasi sorgente alla custodia, che poi provvederà a trasmettere la musica senza fili agli auricolari

cavo o in modalità wireless. La finitura è disponibile in

versione bianca o nera.

I dettagli tecniciI PI7 utilizzano il meglio della tecnologia disponibile

nella costruzione acustica e nella trasmissione wire-

less. Per quanto riguarda gli altoparlanti viene usato

un sistema a due vie con un trasduttore dinamico da

9,2 mm e un minuscolo tweeter inserito in una strut-

tura tubolare con un piccolo miracolo di progettazio-

ne per far stare il tutto nello spazio disponibile. Per il

bluetooth oltre ai classici codec base e AAC è pre-

sente anche l’aptX in versione HD Adaptive e bassa

latenza. Utilizzando uno smartphone compatibile con

processore Qualcomm la trasmissione tra il dispositi-

vo e i due auricolari avviene a 24 bit.

Per la riduzione del rumore e per la funzione vivavo-

ce vengono usati complessivamente sei microfoni

mentre il sistema di cancellazione del rumore è già

predisposto per adattarsi ai rumori esterni e si può ul-

teriormente regolare tramite l’applicazione B&W He-

adphones. Quest’ultima è decisamente essenziale,

manca soprattutto qualsiasi possibilità di modificare

la risposta in frequenza.

Qualche problema con il bluetoothDopo avere descritto le qualità tecniche di questi auri-

colari bisogna anche dire che i PI7 non sono esenti da

problemi pratici. Iniziamo dai fondamentali: le istruzio-

ni rapide si esauriscono in un foglietto illustrato trop-

po semplice e non molto chiaro; per esempio il tastino

da usare per stabilire il primo collegamento con il tele-

fono non è ben disegnato e può essere confuso con il

più grande tasto frontale che ha altre funzioni, inoltre

è davvero molto piccolo e chi ha dita poco affusolate

o con unghie corte potrebbe avere molta difficoltà a

premerlo. Per capire bene ogni dettaglio delle funzio-

ni bisogna scaricare il PDF dal sito e scaricare anche

l’applicazione dedicata per usufruire delle diverse

modalità di riduzione del rumore.

Una volta scoperto il tastino giusto il collegamento

bluetooth sembra quello di una decina di anni fa, con

fischi, sibili, interruzioni, sganci e gracchiamenti che

poi in genere cessano dopo qualche secondo (ma a

volte bisogna rifare la procedura per avere un colle-

gamento pulito). Non accade sempre e non sembra

neppure dipendere da un eccesso di dispositivi nel-

lo stesso ambiente, dato che si è ripetuto in diverse

situazioni. Stesso inconveniente utilizzando il colle-

gamento via cavo alla custodia che poi trasmette il

segnale agli auricolari.

Altro problema pratico è l’ingombro degli auricolari

che, pur essendo molto leggeri, riempiono fisicamen-

te l’orecchio, anche se per fortuna ci sono in dota-

zione tre diverse misure di adattatori. I vari comandi

vanno impostati con un tocco rapido sulla superficie

esterna dell’auricolare sinistro e destro, una zona

molto grande che si può toccare per sbaglio molto

facilmente. Inoltre la conferma delle operazioni avvie-

ne con un semplice suono sempre uguale e senza

indicazioni vocali, un’altra caratteristica sgradevole

su auricolari di questo prezzo.

L’ascolto mette tutti d’accordoFinite le lagnanze passiamo ai lati positivi perchè

questi auricolari suonano davvero bene, non siamo

ai livelli delle cuffie B&W ma ci siamo molto vicini.

La musica arriva in modo pulito, dinamico, naturale,

tridimensionale e senza asprezze o rimbombi. Forse

la gamma bassa resta leggermente indietro ma que-

sto è un bene con lo streaming compresso. Usando

musica Flac l’ascolto è un vero piacere e invita a

continuare a lungo tempo nonostante la presenza

piuttosto ingombrante degli auricolari stessi. La pro-

lab

video

segue a pagina 27

Non solo gli auricolari sono grandi ma pure la custodia è più grande della media.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

fondità della scena è notevole e si possono cogliere

le differenze nelle registrazioni, con voci sempre ben

in primo piano e mai sibilanti, gli acuti sono squillanti

solo quando serve. Sempre con le migliori registra-

zioni si vorrebbe qualche basso in più ma la dinamica

è comunque corretta e si può ascoltare con soddi-

sfazione anche musica classica. Abbiamo provato

anche il collegamento via cavo usando l’uscita cuffia

con volume regolabile del nostro lettore CD. Per pri-

ma cosa bisogna regolare quasi al minimo il livello di

uscita per evitare la saturazione, poi la musica giunge

in modo praticamente uguale alla modalità wireless e

cioè sempre benissimo.

La riduzione del rumore avviene in primo luogo per l’i-

solamento acustico fisico creato dagli stessi auricola-

ri, però ottenere un silenziamento totale è impossibile

- come su tutti gli auricolari d’altronde - e la variante

disponibile tramite app non cambia di molto le cose.

Più che di cancellazione dobbiamo parlare di attenua-

zione mentre la modalità adattativa in base ai rumori

esterni è efficace soprattutto se si rimane fermi in un

TEST

B&W PI7segue Da pagina 26

ambiente con lo gli stessi rumori, meno se ci si muove

o cambiano rapidamente gli influssi esterni. In com-

penso non ci sono fruscii o altri fastidiosi effetti, non è

comunque questo il punto di forza dei PI7.

I PI7 sono auricolari da scegliere soprattutto per

ascoltare musica in modo impeccabile, se la cosa

non vi interessa o volete una riduzione del rumore

eccellente dovete rivolgervi altrove. Con questa pre-

messa gli auricolari valgono il loro prezzo e la trovata

del collegamento via cavo sulla custodia può essere

molto utile. La concorrenza però è molto forte e non

si può battere con la sola tradizione.

di Roberto FAGGIANO

I suoni a 360° vanno di moda ma lascia-

no molto perplessi gli appassionati di

musica. Un marchio come Yamaha che

ha inventato il DSP e le elaborazioni am-

bientali, però, non poteva lasciarsi scap-

pare l’occasione di dire la sua in materia.

Ecco quindi le nuove YH-L700A, nell’a-

spetto classiche cuffie over ear, che in-

troducono il concetto di suoni 3D a 360°

per diverse situazioni ambientali. Dall’ap-

plicazione di controllo infatti si può sce-

gliere tra diverse modalità di ascolto:

Cinema. Drama e video musicale per la

riproduzione di filmati, Audio Room. Mu-

sica di sottofondo, Outdoor live e Con-

cert Hall per l’ascolto musicale.

Le diverse elaborazioni creano un suono

immersivo e coinvolgente che porta nel

migliore posto a sedere al cinema o tra

il pubblico di un concerto dal vivo. Ol-

tre a questo la funzione Head Tracking

controlla e segue la posizione della te-

sta dell’ascoltatore rispetto al dispositivo

che funge da riproduttore e regola di

conseguenza la modalità di riproduzione

avvolgente. Il risultato dovrebbe essere

un suono che porta la centro della scena,

indipendentemente dai contenuti e dalla

sorgente, quindi anche con musica o fil-

mati in semplice modalità stereo. A que-

ste innovative caratteristiche si aggiunge

la funzione di riduzione e cancellazione

del rumore, con le consuete diverse

modalità per non isolarsi completamen-

te dall’esterno e il Listening Care tipico

di Yamaha, che garantisce buona resa

sonora e dinamica anche senza alzare

troppo il volume. Passando alle caratte-

ristiche tecniche più consuete troviamo

ampi padiglioni imbottiti con la tipica

forma squadrata delle cuffie Yamaha,

trasduttori da 40 mm, Bluetooth 5.0

con aptX Adaptive, compatibilità con

HI FI E HOME CINEMA Yamaha propone delle nuove cuffie con elaborazione sonora 3D per svariate situazioni ambientali

Yamaha YH-L700A, le cuffie con suono 3D e Head TrackingLe diverse elaborazioni creano un suono coinvolgente che porta nel migliore posto al cinema o tra il pubblico di un concerto dal vivo

assistenti vocali Siri e Google, oltre

alla possibilità di usare anche il colle-

gamento cablato (con il quale la cuffia

diventa Hi-Res compatibile). Interes-

santi i dati sull’autonomia: 34 ore con

sistema di cancellazione del rumore

attivo, che crollano a 11 ore se si attiva

pure il circuito 3D Sound Field. Il prez-

zo di listino che è fissato a ben 549

euro, superiore a quello di molte cuffie

di livello assoluto.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto FAGGIANO

Nei televisori di fascia alta è molto comune trovare

in dotazione due telecomandi, uno completo di

tutte le funzioni e un altro semplificato in modo

da evitare la classica lotta da divano per il dominio sullo

“strumento di potere” e anche per facilitare le cose a

chi davanti alla tv si limita a cambiare canale e volume.

Proprio la stessa cosa accade con il decoder Diprogress

DPT207HD Duo (prezzo di listino 49 euro), un aggior-

nato apparecchio pronto per lo switch-off e approvato

per il Bonus Tv da 50 euro, che ha appunto in dotazio-

ne due telecomandi. Il primo telecomando è il classico

della categoria, economico nella fattura ma con buona

ergonomia, il secondo ha solo i tasti essenziali numerici,

i tasti direzionali per cambio canale e volume e anche

due tasti programmabili per il tv. La dotazione di due

telecomandi sarà particolarmente utile in una famiglia

dove ci sono persone esperte e altre a digiuno di tec-

nologia, ognuno userà il telecomando più adatto. Sul

telecomando completo i tasti dedicati al televisore con

apprendimento degli impulsi permettono di variare il

volume, selezionare la sorgente e accendere o spegne-

re l’apparecchio mentre sul telecomando semplificato

le funzioni sono ridotte all’accensione/spegnimento e

alla scelta della sorgente. Il decoder ha una presa USB

frontale per la riproduzione di file multimediali ma non

è abilitato alla registrazione o al Time Shift. Disponibile

invece un timer per accendere e spegnere il decoder

agli orari prestabiliti.

Il pannello frontale del decoder è particolarmente ricco

di comandi perchè, oltre al display e alla presa USB c’è

una minuscola tastiera con tasti direzionali per svolgere

ogni funzione direttamente. I tasti sono davvero piccoli

ma in caso di emergenza con i telecomandi è meglio

che niente. Ricco anche il retro, con ingresso d’antenna

e uscita passante, uscite HDMI e Scart, uscita audio di-

gitale coassiale, una presa di rete cablata e il connettore

per l’alimentatore esterno. In dotazione ci sono le pile

per un telecomando ma nessun cavo di collegamento.

Le istruzioni sono complete e ben redatte anche se

stampate con caratteri piuttosto piccoli.

Inizio facile ma la ricerca è davvero lentaL’inizio dell’installazione è molto semplice e propone su-

TEST Diprogress DPT207HD Duo è dotato di un telecomando standard e di uno semplificato ma entrambi utilizzabili anche per il TV

Decoder Diprogress DPT207HD Duo in prova Il decoder DVB-T2 con doppio telecomandoIl decoder è affidabile, semplice da usare e con il gadget del doppio telecomando che aumenta il valore del rapporto qualità/prezzo

bito la ricerca canali, un OK sul telecomando e l’utente

meno esperto ha finito i suoi compiti. il tempo di ricerca

delle emittenti tv è di circa 3 minuti mentre lo zapping

tra i canali è praticamente immediato con un attimo di

attesa per il passaggio tra canali SD e HD.

Il menù su schermo ha una bella grafica ed è in buon ita-

liano, ci sono tutte le consuete voci dedicate alla ricerca

canali, impostazioni del tv e lettura file multimediali da

chiavette USB. L’aggiornamento del firmware è via USB

o etere mentre il collegamento web - solo cablato - è

dedicato a ricevere un’applicazione sul meteo e le app

di news di Yahoo e BBC, funzioni forse eccessive e non

essenziali su un decoder di questo tipo. Per quanto ri-

guarda il tempo di accensione del decoder dallo stand-

by è di circa 20 secondi, non proprio rapidissimo ma

nella media della categoria.

Incerta la ricezione del televideo che presenta una

strana grafica allungata con caratteri non standard e

ha tempi molto lunghi di caricamento delle pagine con

tanto di scritta “Please wait”; il televideo è accessibile

solo dal telecomando completo e le pagine accessibi-

li con i tasti colorati non sono standard, chi usa molto

questo strumento di aggiornamento non trova qui il suo

decoder ideale. Le immagini televisive sono di buona

qualità con il collegamento HDMI, colori naturali e det-

tagli abbastanza nitidi, abbiamo visto di peggio. La ri-

produzione di file multimediali è stata molto buona, con

acquisizione rapida dei contenuti e altrettanto rapida

riproduzione dei file musicali MP3, immagini JPEG e fil-

mati AVI, MP4 e MKV. Il Diprogress DPT207HD Duo si

è dimostrato un buon decoder, affidabile, semplice da

usare e con il gadget del doppio telecomando che au-

menta il valore del rapporto qualità/prezzo.

lab

video

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto FAGGIANO

Riguardo i diffusori della svedese Audio Pro si è sem-

pre parlato bene dal punto di vista acustico, mentre

frequenti erano le critiche sulle funzioni multimedia-

li, spesso poco aggiornate.

Per rimediare ecco la nuova versione del già noto C10, il

diffusore di punta che ora guadagna il suffisso MkII e si

presenta in regola con le esigenze minime di un moder-

no diffusore destinato al multiroom: ora ci sono Chrome-

cast, Wi-Fi, AirPlay 2, Spotify Connect e Bluetooth. È sta-

ta modificata anche l’estetica sin troppo originale, con

la semplice aggiunta di una griglia frontale in tessuto.

Abbandonata anche la vistosa maniglia per il trasporto,

forse poco utile per un diffusore che non è proprio un

portatile, se non altro perché è alimentabile solo a rete

e non ha una batteria. Ora sul pannello superiore c’è

una elegante tastiera con finitura metallica che racchiu-

de tutti i comandi principali e sei tasti di preselezione

per richiamare subito i servizi di streaming più utilizzati.

Il prezzo di listino è di 399 euro: non pochi ma in linea

con i migliori concorrenti. L’estetica ha guadagnato solo

una griglia frontale, ma è indubbio che il diffusore cam-

bi completamente tra la versione senza griglia e quella

con, solo questione di gusti ma con la griglia il diffusore

è elegante e discreto mentre senza griglia gli altoparlan-

ti lo rendono molto più vistoso e personale. Anche sen-

za la griglia i delicati tweeter sono comunque protetti da

una robusta rete metallica. La finitura del mobile in legno

è disponibile in colore bianco, nero e grigio con la griglia

coordinata; alla base si notano i piedini conici in gomma

come su un vero diffusore per eliminare le vibrazioni e

quelli frontali sono più alti di quelli posteriori, in modo da

orientare leggermente il diffusore verso l’alto e migliora-

re la dispersione sonora.

In tema di collegamenti abbiamo già parlato di quelli

senza fili, ma al C10 MkII si possono collegare anche sor-

genti fisiche tramite un ingresso rca stereo e c’è anche

l’uscita per un eventuale subwoofer, cavallo di battaglia

del marchio svedese. Quindi il diffusore si può usare

anche con un lettore CD, con un televisore o con un

giradischi dotato di stadio phono. Sul lato posteriore tro-

viamo anche il vistoso accordo reflex per gli altoparlanti,

cosa che implica molta attenzione nel collocamento in

ambiente per non falsare la resa in gamma bassa. Per il

controllo del diffusore si possono usare diverse applica-

zioni, prima di tutto la sua proprietaria, ma poi il diffusore

è presente anche in Chromecast e da Spotify. I formati

supportati vanno dall’MP3 fino al Flac, passando Apple

lossless, WMA e AAC.

Un diffusore solo per una configurazione stereoIl C10 MKII utilizza un sistema di altoparlanti stereo in

accordo reflex, vengono utilizzati due tweeter a cupola

da 2 cm e un midwoofer da 13 cm; per pilotarli ci sono

tre amplificatori in classe D con potenza di 2 x 20 + 40

W. Quindi un buon spiegamento di forze per una resa

sonora senza compromessi. Il mobile è in legno con

TEST La versione aggiornata del diffusore scandinavo, ora completo di Wi-Fi, Chromecast, AirPlay2 e Bluetooth. Rivisto anche il design

Audio Pro C10 MkII, il diffusore tuttofare in provaL’estetica è più elegante con la griglia frontale. il C10 merita un ascolto ma per dare il meglio di sé esige un posizionamento preciso

finitura satinata, più robusto che raffinato ma molti lo

preferiranno ai mobili in plastica di molti concorrenti. Le

dimensioni sono compatte ma non trascurabili, abbiamo

32 x 16 x 18 cm (L x A x P) che richiamano l’ingombro di

un buon diffusore da scaffale, quindi per posizionarlo

serve un ripiano solido (il peso è di quasi 4 kg) e con

la possibilità di distanziarsi dalla parete posteriore di al-

meno 15-20 cm per non rischiare rimbombi sui bassi.

Dall’applicazione di controllo si possono variare i toni

alti e bassi ma comunque è meglio trattare il C10 come

un vero diffusore che non va collocato dove capita. Per

le connessioni senza fili c’è il Wi-Fi dual band e il Blue-

tooth 4.2.

Da solo o in multiroom resta sempre un ottimo diffusorePer il collegamento iniziale scegliamo l’applicazione di

Audio Pro, che sarà utile anche per gestire la musica

dalle diverse applicazioni di streaming, da eventuali

server musicali o di quella semplicemente archiviata su

smartphone e tablet. Si può volendo iniziare con Goo-

gle Home, e poi passare all’app proprietaria.

La grafica è molto semplice e chiara, ci sono i servizi

di streaming più diffusi, le radio internet, regolazione

volume e toni, impostazione delle preselezioni e la

gestione di eventuali altri diffusori Audio Pro nel mul-

tiroom.

Se dal punto di vista estetico la griglia fa la differenza,

non ci sono conseguenze invece sulla resa acustica,

fermo restando che il doppio tweeter comporta una

migliore resa stereofonica se ci si posiziona esatta-

mente davanti al centro del diffusore.

Iniziamo l’ascolto con Spotify e la resa non è delle

migliori: troppi bassi e musica complessivamente non

adeguata al prezzo di listino anche se abbiamo posto il

diffusore in condizioni ideali. Poi però ci basta cambia-

re brano scegliendo musica meglio registrata e tutto

cambia, la gamma bassa diventa molto meglio control-

lata e si possono apprezzare il dettaglio sugli strumenti

e ottime voci; la ricostruzione tridimensionale dipende

molto dal punto di ascolto perchè se si lascia il centro

esatto del diffusore la scena si restringe e perde defini-

zione, pur restando ascoltabile e in linea con la classe

di prezzo. L’ascolto di brani Flac conferma che il C10 è

un vero diffusore ed esalta la musica meglio registrata,

mettendo viceversa impietosamente in primo piano i

difetti o l’eccessiva compressione delle registrazioni

scadenti. Abbiamo anche collegato via cavo il nostro

lettore CD e la resa è stata molto buona, pur rimanen-

do una piccola preferenza per il medio basso che non

sempre è gradevole. Con il semplice Bluetooth la resa

rimane buona e con lo streaming non ci sono partico-

lari differenze nella resa sonora.

La potenza è più che sufficiente anche per un locale di

medie dimensioni e si può spingere sul volume senza

rischiare distorsioni; al limite si può abbassare di un

paio di tacche il livello dei bassi tramite l’app per ripor-

tare un equilibrio degno di un vero diffusore passivo di

pari prezzo. La gamma acuta non predomina e anzi po-

trà sembrare arretrata se non si dispone bene il diffuso-

re. Certo i concorrenti non mancano e con la stessa cifra

si può anche avere una coppia stereo sempre adatta al

multiroom (Sonos One SL), però il C10 ha una sua preci-

sa personalità e merita un ascolto anche se per dare il

meglio di sé esige un posizionamento piuttosto preciso

e non va messo a caso su un ripiano.

lab

video

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Roberto FAGGIANO

Si chiama Facile il decoder DVB-T2 di Telesy-

stem che si rivolge al pubblico meno attratto

dalla tecnologia e dalle sue complicazioni, già

il fatto di non aver utilizzato una delle solite astruse

sigle alfanumeriche ci dice lo sforzo fatto dal marchio

italiano per avvicinarsi alle esigenze del pubblico

che ha bisogno di un nuovo decoder in vista dello

switch-off ma ne avrebbe fatto volentieri a meno. Il

prezzo di listino è di quelli tra i più accessibili - 36,90

euro - e può anche usufruire del bonus di 50 euro

per i soggetti che ne hanno i requisiti. In tal caso si

prende gratis.

L’aspetto è molto semplice e compatto: sul frontale

solo un display che indica il canale o l’ora esatta ol-

tre alla presa USB per chiavette di memoria utili per

la riproduzione multimediale o per la funzione Time

Shift. Sul retro l’ingresso antenna e le uscite scart

e HDMI oltre alla presa per l’alimentatore esterno.

Molto interessante il telecomando, studiato per la

massima semplicità: tasti molto grandi, tastiera nu-

merica e tasti a freccia per cambio canale e volume

con conferma centrale e qualche altro tasto per le

poche funzioni accessorie; non è previsto l’utilizzo

diretto per un televisore per evitare complicazioni.

In complesso un telecomando utilizzabile senza diffi-

coltà veramente da tutti. In fatto di semplicità forse si

è esagerato con le istruzioni, che si concludono con

un foglietto di quattro facciate dove manca l’illustra-

zione del telecomando. Niente di grave perché l’in-

stallazione è guidata tramite il menu su schermo e in

pochi minuti è tutto pronto. Volendo ci sono anche

funzioni non essenziali come la guida programmi e

le impostazioni video se non si vuole sfruttare l’im-

postazione automatica. Quasi inutile ricordare che il

decoder arriva al consumatore privo delle pile del

telecomando e senza alcun cavo di collegamento.

Avvio rapido, zapping veloceVeniamo ora alla fase dell’installazione con la rela-

tiva tempistica: il tempo complessivo della ricerca

TEST Abbiamo provato il decoder DVB-T2 di Telesystem, che è particolarmente indicato per chi è a digiuno di tecnologia

Decoder DVB-T2 Telesystem Facile, la recensione Il decoder da 36 euro semplice di nome e di fattoTelesystem Facile è un oggetto facile da installare e con le sole funzioni essenziali. In evidenza il telecomando semplificato

canali è di circa 3 minuti, non pochissimi perchè il

decoder su ogni frequenza cerca separatamente le

emittenti in DVB-T e DVB-T2; poi bisogna anche ri-

solvere eventuali conflitti LCN. I canali 100 e 200 si

vedono e la buona sensibilità in antenna potrà fare

comodo a chi non ha un impianto da manuale. Se

non si desidera seguire l’ordinamento standard LCN

si possono realizzare liste di canali preferiti. Dopo la

prima impostazione il tempo di accensione è di 15

secondi, quindi abbastanza rapido, lo zapping tra i

canali è praticamente immediato con il solito pic-

colo ritardo passando da canali SD a HD. Maggiori

incertezze con il televideo, le cui pagine vengono

caricate lentamente, inoltre mancano i tasti colorati

e quindi bisogna procedere pagina per pagina con i

tasti freccia oppure impostando ogni volta la pagina

desiderata.

L’aggiornamento del firmware può essere fatto solo

via chiavetta usb. Da notare un certo riscaldamento

del decoder durante l’utilizzo, in mancanza di ferito-

ie di aerazione sarà meglio evitare posizionamenti

troppo incassati, ma il decoder è talmente piccolo

(14 x 3 x 9 cm, L x A x P le dimensioni) che troverà fa-

cilmente spazio accanto al tv. Per quanto riguarda la

riproduzione di file multimediali abbiamo riscontrato

l’impossibilità di collegare il nostro piccolo hard disk

esterno che usiamo per i test e che mai finora era

stato rifiutato da altri decoder.

Rimediamo copiando i file su una semplice chiavet-

ta e tutto torna a funzionare. Musica MP3, immagini

JPEG e filmati MP4, AVI e MKV vengono riprodotti

rapidamente e con buona qualità anche se proba-

bilmente questa funzione nemmeno interesserà al

tipico utente di un decoder come questo.

La qualità delle immagini televisive è molto buona

utilizzando il collegamento HDMI, nulla da invidiare

a quelle del nostro tv di riferimento di piccola taglia

usato per l’occasione.

Il Telesystem Facile si è quindi dimostrato un buon

decoder per lo switch-off, come dice il suo nome

adatto al pubblico meno interessato alla tecnologia.

Visto il prezzo di listino, non sarebbe stata sgradita

la dotazione di batterie per il telecomando e cavo di

collegamento al tv.

lab

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

Sono quasi due smartphone gemelli, diversi soprat-

tutto nelle dimensioni e in alcun dettagli. Stiamo

parlando di Xperia 1 III e di Xperia 5 III: 6.5” il primo

e 6.1” il secondo. Tra le nostre mani, per questa recen-

sione, ci è finito l’Xperia 1 III, il modello di punta. Sony

chiede 1.299 euro per quello che è il suo flagship, e il

prezzo difficilmente cambierà nel tempo per la distri-

buzione molto selettiva e il numero di pezzi comunque

ridotto che Sony produce. Xperia 1 III, inutile girarci attor-

no, è come gli altri smartphone Xperia annunciati negli

ultimi anni una sorta di segnaposto nel mondo mobile:

Sony vuole restare con un piede in un settore impor-

tantissimo, ma al momento si accontenta di presidiare il

suo piccolo spazio senza sgomitare e senza allargarsi.

A prima vista, se guardiamo il mondo degli smartphone

di oggi e quello che viene offerto da molti produttori,

soprattutto cinesi, il Sony Xperia 1 III appare totalmente

fuori mercato: non solo per il prezzo alto, ma anche per

alcune soluzioni adottate che non sono forse le migliori

che si potevano scegliere. Ci riferiamo, e lo vedremo

dopo, alla scelta ad esempio di uno schermo 4K energi-

voro, o alla forma molto stretta e allungata con le cornici

sopra e sotto. Per capire l’Xperia 1 III bisogna tuttavia

capire un po’ i giapponesi, e il loro modo puro e onesto

di approcciare la tecnologia. Un modo che funziona in

tutti quei settori, come quello delle TV e della fotografia,

che non sono stati contaminati dalla folle ricorsa al mar-

keting voluta dai produttori cinesi e dove non c’è una

Apple che detiene la fascia premium.

Sony non accetta quelli che possono essere compro-

messi fuori dai classici dogmi, e difficilmente vedremo

sui telefoni di fascia alta un notch, o una fotocamera

all’interno dello schermo: piuttosto restano le cornici,

sottili, e resta quella forma a telecomando che molti cri-

ticano ma che alla fine non è poi così scomoda.

Sony ha comunque il suo nutrito gruppo di sostenitori, e

se lo scorso anno abbiamo aspramente criticato Xperia

1 II per alcune mancanze legate proprio a quello che è il

DNA di Sony, ricordiamo ad esempio i ritratti scattati con

il grandangolo, quest’anno Sony ha corretto tutti i pro-

blemi e ha anche portato qualche novità che nessuno,

in questi anni, ha proposto.

Ci riferiamo ad esempio al tele periscopico con doppia

focale.

TEST Lo smartphone di punta Sony è una versione rivista e corretta del modello che non ci aveva fatto impazzire lo scorso anno

Sony Xperia 1 III. Unico, ma il prezzo è davvero altoSony cambia poco, ma cambia dove serve. Resta purtroppo un prezzo fuori mercato. La prova con il test di autonomia

Stile che piace non si cambia: 21:9 ma con Snapdragon 888Xperia 1 III arriva con il suo formato 21:9 e con un peso

che, sebbene sulla bilancia registri 186 grammi, non si

avverte. Lo spessore da 8,2 mm viene nascosto dallo sti-

le “a mattonella” del telefono che dichiara le sue inten-

zioni di design in modo netto. Schermo piatto (evviva!),

cornici sottili e fronte e mento contenuti. C’è anche la

notifica LED, che è un di più sempre apprezzato quando

c’è. Snapdragon 888, 12 GB di RAM e 256 GB di spazio

di archiviazione sono i “numeri” del telefono con An-

droid 11, che quindi si presenta pronto all’etichetta “top

di gamma” di Sony. Il cassetto Dual SIM ibrido (quindi

può ospitare anche una scheda SD) non ha bisogno del-

la clip metallica e si tira fuori con l’unghia. Una scelta che

potrebbe non piacere a tutti: a noi sì, perché chi vuole

rubare una SIM si porta comunque dietro una clip me-

Sony Xperia 1 IIIUN OTTIMO TELEFONO, MA IL PREZZO STONA. SOPRATTUTTO CON SOLI DUE ANNI DI AGGIORNAMENTO

139,00 €

Sony fa bene a chiamarlo Xperia 1 III, perché ricordando la nomenclatura spesso usato per le fotocamere ci troviamo davanti ad una versione rivista e corretta dell’Xperia 1 II. Corretta dove serve: lo schermo OLED grazie ad una gestione più conservativa non solo consuma di meno, ma risulta anche molto più leggibile alla luce del sole. Allo stesso modo la sezione fotocamera e videocamera è oggi organizzata meglio, e chi ha “mano” con l’Xperia si divertirà parecchio. Un telefono pensato soprattutto per l’utente Sony che ha anche una fotocamera Alfa, con una serie di chicche che sono veri e propri inediti: il tele a doppia focale è un tuttofare ottimo che risolve il problema attuale di molti top di gamma, ovvero una focale troppo spinta e l’assenza di un 3x intermedio da usare per i ritratti. A questo si aggiunge una forma pratica, un LED di stato, un ottimo audio e tanti altri piccoli dettagli. Bisogna sempre ricordarsi che è un telefono Sony, e non è facile, e forse neppure giusto, paragonarlo ad alti smartphone che invece puntano tutto su quelli che sono i trend del momento. Ha una forma insolita, ma pratica, ha uno schermo allungato e piatto preciso e fedele nella riproduzione, senza notch e sensori sotto lo schermo. Il suo problema è il prezzo: 1.299 euro sono un prezzo davvero alto e sarebbe difficile consigliarlo anche se avesse avuto 4 anni di aggiorna-menti garantiti. Il problema vero è che non li ha: al momento Sony garantisce i classici due anni per sicurezza e sistema, e questa decisione è difficile da giustificare e da digerire.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 7 7 7 7 67.5COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESchermo di ottima qualitàDesign pulito, minimale e originaleTante regolazioni nell’app foto e video di default

Prezzo decisamente elevatoPolitica di aggiornamento non al livello del prodottoRicezione migliorabile

lab

video

segue a pagina 32

tallica per perpetrare l’atto criminale, e di solito non fa

parte delle persone che si frequentano.

I tasti fisici sono tutti a destra. Bilanciere, tasto di stan-

dby con sensore per le impronte, tasto per l’assistente

Google e tasto per lo scatto fotografico. Non c’è quindi il

sensore per le impronte sotto lo schermo OLED e nem-

meno il riconoscimento del viso. Il sensore di impronte

laterale è un po’ sensibile al sudore.

C’è la porta jack audio da 3,5 mm, e lo diciamo subito,

dato che siamo in tema: Xperia 1 III è uno dei telefoni

con la migliore qualità audio che ci è capitato di provare

recentemente. E non stiamo parlando solo del DAC per

le cuffie ma anche dell’ascolto tramite i due altoparlan-

ti stereo. La connessione jack è stata provata con file

FLAC e MP3. L’ascolto è “morbido” e preciso senza sof-

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

TEST

Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 31

ferenze dovute a distorsioni o a frequenze taglienti. Il

palcoscenico è ampio e la gamma bassa è corposa.

Lo schermo, come abbiamo già detto, è un 4K da 120

Hz selezionabili. Quindi la frequenza di aggiornamento

dello schermo non è adattiva ma la si deve scegliere ap-

positamente tra 60 Hz e 120 Hz. Una soluzione più che

comprensibile se si pensa che non a tutti interessano e

che se non si attivano i 120 Hz si risparmia anche batte-

ria, che è da 4.500 mAh, e si è dimostrata abbastanza

capace nel nostro specifico test.

L’uso quotidiano ha confermato i valori delle nostre

routine di test automatizzate. Se si scatta e si riprende

come se non ci fosse un domani, la batteria va giù in

fretta, ma se si fa un uso anche sostenuto del telefono

trattandolo da “smartphone”, la giornata si copre con

rilassatezza.

Tornando allo schermo 4K, sulla carta 3.840 x 1.644 pixel

sono eccessivi, però due persone su tre a cui abbiamo

fatto vedere il telefono hanno detto: “Bello, lo schermo!”

Si riferivano soprattutto alla qualità dell’OLED, capace

di gestire i 10 bit, ma che Sony indica con precisione

essere in realtà un 8 bit con 2 bit di dithering.

C’è inoltre da precisare che il telefono non “va sempre

a 4K”, sceglie in base ai contenuti e purtroppo non pos-

siamo dire quale siano le variabili di cui tiene conto. Può

scegliere tra 2.560 x 1.096 e 3.840 x 1.644 entrambe a

60 Hz o 120 Hz per un totale di quattro modalità diverse.

L’app di Netflix si ferma per specifiche solo all Full HD.

Alla piena luce del sole lo schermo si comporta benissi-

mo, così come con i contenuti HDR10 delle piattaforme

di streaming o HLG di YouTube. Un bel passo in avanti

rispetto al modello precedente che risultava poco visibi-

le alla luce del sole.

La ricezione si è dimostrata nella media per la fascia di

appartenenza di Xperia 1 III, senza però stupire più di

tanto. In ogni caso, non abbiamo mai avuto problemi nel

chiamare o nel ricevere, e le conversazioni hanno sem-

pre avuto un’ottima qualità audio e una buona qualità di

segnale. L’accuratezza del GPS in condizioni difficili è di

circa 4,5 metri: un risultato più che buono.

Il riscaldarsi dello Snapdragon 888 non ha inciso duran-

te le telefonate e l’uso normale del telefono, conside-

rando anche che la nostra prova si è svolta in estate.

Dopo un’intensa sessione di foto o video, però, se si

riceve una chiamata il calore all’orecchio si fa notare.

Un telefono pensato per “fare immagini”Xperia 1 III è indubbiamente un telefono che punta mol-

tissimo sulle sue capacità fotografiche e video. E sono

due le grandi novità di questa terza iterazione: l’app

per la fotocamera che finalmente ingloba sia i comandi

“pro” sia la modalità chiamata BASIC per il punta e scat-

ta quotidiano adatto a tutti; e poi la lente periscopica a

doppia lunghezza focale, che può funzionare come tele

da 70 mm o come tele da 105 mm equivalenti.

Sony la chiama “Variable Telephoto Lens”. Non è un

zoom ottico: si limita a far scegliere con un solo “ele-

mento” periscopico due lunghezze focali ottiche. Nulla

però vieta di zoomare digitalmente tra le due lunghez-

ze, e anche oltre, perché si può arrivare fino a 300 mm.

Cerchiamo però di andare con ordine e presentiamo i

moduli delle fotocamere posteriori disposti verticalmen-

te quasi sul bordo. Tutti i moduli, come ormai da tradi-

zione della linea, hanno sensori da 12 MP, e sono Exmor

Rs di Sony, quindi niente pixel binning con sensori da

48, 64, o 108 MP che accoppiano i pixel adiacenti per

recuperare luminosità: soluzione usata ormai da quasi

tutti i telefoni Android. Recentemente è sfuggito a que-

sta scelta solo il Samsung Galaxy S20 FE.

Tutte le fotocamere hanno l’autofocus Dual Pixel a rile-

vamento di fase. A guidare il terzetto, in cima a tutte, c’è

la ultra grandangolare da 16 mm equivalenti con aper-

tura F2.2. Il sensore è grande 1/2.5”. A scendere c’è la

camera principale da 24 mm F1.7 con sensore da 1/1.7”,

pixel da 1.8 μm e stabilizzazione ottica.

Buon ultima la camera “periscopica” a doppia focale:

70 mm F2.2 e 105 mm F2.8, al servizio di un sensore

da 1/2.9”, e anch’essa con stabilizzatore ottico. In mezzo

alle tre c’è il sensore ToF da 0.3 MP che viene sfrutta-

to dal “Real Time Tracking” per valutare la distanza dal

soggetto e, grazie al machine learning, gestire anche

soggetti che escono temporaneamente dalla scena ipo-

tizzando una possibile posizione di rientro nel quadro.

Tutte le lenti sono Zeiss con tecnologia di rivestimento

T*. Usando Xperia 1 III per scattare, al di là dei punti di

forza dell’una o dell’altra ottica, si nota quasi immedia-

tamente una caratteristica che accomuna tutte le foto:

Sony non fa uso dell’effetto “pennellata a olio” sui par-

ticolari per dare l’impressione di maggior dettaglio, ma-

gari incrementando anche il contrasto sui bordi.

Questa tecnica è usata sempre più spesso dalla foto-

grafia computazionale degli smartphone, e con risultati

altalenanti. Le foto di Xperia 1 III sembrano invece “sem-

plicemente” foto scattate da una macchina fotografica

digitale. Lo si nota se si zooma su uno qualsiasi degli

scatti di questa recensione. Al di là di qualche impasta-

mento per la focale da 105 mm con poca luce, la “pen-

nellata a olio” è totalmente assente: ed è un gran pregio.

L’app della fotocamera si chiama “Photography Pro” e,

come abbiamo detto, questa volta ha “tutto dentro”: il

punta e scatta adatto a qualsiasi utente, ma anche i set-

taggi per i più esperti.

La modalità base si chiama BASIC e le varie focali sono

rappresentate con i soliti numeri seguiti dal segno “X”

per indicare la moltiplicazione dell’ingrandimento rispet-

to alla camera principale da 24 mm equivalenti: quindi

0,7x per il 16mm, 1x per la 24 mm, 2,9x per la 70 mm

e 4,4x per la 105 mm. Ognuna delle quattro focali ha

un ingrandimento digitale che arriva fino a quando non

passa la palla all’ottica che le è superiore. La focale da

105 mm può però arrivare fino a 12,4x, cioè a circa 300

mm equivalenti avendo la possibilità di gestire l’interpo-

lazione anche con l’intelligenza artificiale.

Nella modalità BASIC si può modificare il bilanciamento

del bianco, l’esposizione, il numero di scatti consecutivi

(fino a 20 fps), l’autoscatto, il flash e la risoluzione della

foto scegliendo di conseguenza anche il formato, 4:3,

16:9, 1:1, o 3:2. La risoluzione piena da 12,2 MP (4.032 x

3.024) è data dal rapporto 4:3.Esempio di uno zoom digitale della camera 1x fino a 2,9x.

La “Variable Telephoto Lens” da 70 mm e 105 mm.

segue a pagina 33

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

In alto a sinistra c’è il menu “Altro” che introduce alla mo-

dalità video “Rallentatore” (solo a 720p), il “Selfie ritratto”

per gli autoscatti con bokeh, il “Panorama” per le omoni-

me fotografie e l”Effetto creativo” per scorrere una serie

di 19 filtri che daranno un carattere particolare ai nostri

scatti. Toccando la scritta BASIC, si può scegliere tra le

altre modalità di scatto che comprendono AUTO, P, S, M,

e MR per richiamare un’impostazione manuale settata in

precedenza. Per chi mastica un po’ di fotografia, si tratta

di nomenclature facili da comprendere, ma che hanno

caratteristiche proprie perché i sensori e le ottiche che

devono gestire sono quelli di uno smartphone e non di

una fotocamera. Per qualsiasi modalità al di fuori della

BASIC, il telefono si predispone allo scatto in orizzontale

e quindi l’interfaccia grafica seguirà questa decisione

progettuale. Per scattare si dovrà usare il tasto fisico

apposito, che a quel punto si troverà in alto a destra sul

bordo del telefono. Ovviamente, sarà possibile scattare

anche tenendo lo smartphone in verticale, ma la UI non

seguirà il nuovo orientamento.

In tutte queste modalità di scatto l’interfaccia avrà sulla

destra un serie di regolazioni affini a quelle delle mac-

chine fotografiche Sony, anche per aspetto grafico. Si

potrà scegliere il modo di avanzamento (dallo scatto

singolo alla raffica da 20 fps, fino allo scatto temporizza-

to di 10 secondi), e poi il tipo di autofocus (se continuo,

singolo o manuale), l’area della messa a fuoco (centro o

grandangolo), la compensazione dell’esposizione, il va-

lore ISO, il modo di misurazione dell’esposizione, il flash,

il blocco dell’esposizione, il bilanciamento del bianco,

l’autofocus sugli occhi/volto, il formato del file (JPEG,

RAW o RAW+JPEG), le proporzioni della foto (4:3 – 12

MP, 16:9 – 9 MP, 1:1 – 9 MP, 3:2 – 10 MP), e infine la scelta

tra gamma dinamica automatica o HDR automatico.

Se si sceglie la modalità P (Program), oltre a tutti gli altri

parametri, si potrà decidere con più facilità tramite menu

di scelta apposito la compensazione manuale dell’espo-

sizione. In modalità S (Shutter), si potrà scegliere la velo-

cità di scatto dell’otturatore. Tuttavia, trattandosi di uno

smartphone, che quindi avrà sempre un diaframma fisso

a seconda dell’ottica scelta, impostare la velocità di 1/50

in una giornata di pieno sole per provare ad avere l’effet-

to di un soggetto in movimento, avrà come risultato una

scena completamente sovraesposta perché la velocità

di 1/50 non potrà essere bilanciata da un diaframma più

chiuso che, per esempio, per la camera principale da 24

mm sarà sempre a F1.7. Stessa cosa per la modalità M: si

può intervenire su tutti i parametri tranne che sull’aper-

tura del diaframma.

Che foto fa Xperia 1 III?Con il titolo generico di questo paragrafo vogliamo evi-

denziare due elementi che ci hanno colpito subito negli

scatti di Xperia 1 III: i colori e la luce. Le foto scattate dal

nuovo top di gamma Sony hanno colori incredibilmente

fedeli alla realtà. Lo strumento per verificarlo sono stati

i nostri occhi, ma per tentare di fare capire anche ai let-

tori la bontà della resa dei colori abbiamo fatto un test:

abbiamo scattato lo stesso soggetto con Xperia 1 III e

con un telefono che ha ottiche curate specificamente da

Zeiss: Vivo X60 Pro (che ha un modulo principale con

focale da 25 mm, e molto vicina ai 24 mm del Sony).

Il risultato, sebbene tocca comunque fidarsi della nostra

percezione, è che soprattutto il rosso dello scivolo è più

naturale nella foto scattata da Xperia 1 III, perché in real-

tà è un rosso che tende all’arancione. Ma anche i verdi

sono più vicini alla realtà, per non parlare della luce com-

plessiva. Era una giornata uggiosa, la luce che si vede

nella foto di Xperia era quella che si percepiva stando

lì, nel parco. Una cosa che si nota subito di quando si

scatta con Xperia 1 III è che, a prima vista, l’anteprima

ripresa dallo schermo di quella che poi sarà la foto la-

scia interdetti perché l’immagine può apparire sfocata e

priva di dettagli. È come se si vedesse la scena prima di

qualsiasi tipo di processo di acquisizione e conversione.

TEST

Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 32

segue a pagina 34

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l’originale

16 e 24 mm, ottiche su cui poter contare sempreLa camera da 16 mm e 24 mm hanno comportamenti

molto simili e riescono a produrre foto molto ben bilan-

ciate per colori, dettaglio e gamma. Il dettaglio non è

così incisivo come in altri telefoni che lo spingono a for-

za. È però molto preciso e “naturale”, verrebbe da dire.

Il 16 mm, però, perde un po’ di dettaglio ai bordi della

scena, che risultano più morbidi: un comportamento

non completamente nuovo per questo tipo di focali usa-

te sugli smartphone.

Il 24 mm è la “camera principale”, la 1x in modalità BA-

SIC, e dà al fotografo tantissima sicurezza.

Sebbene durante le nostre sortite fotografiche abbiamo

quasi sempre trovato brutto tempo, quando non bruttis-

simo, il 24 mm di Xperia 1 III ci ha restituito esattamente il

SONY XPERIA 1 IIIVIVO X60 PRO

16 MM

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torna al sommario 34

MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

TEST

Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 33

segue a pagina 33

ricordo di quei momenti quando abbiamo rivisto le foto.

Per fortuna ci sono state anche giornate di sole per po-

ter mettere alla prova le abilità fotografiche del Sony, e

soprattutto per testare il suo HDR.

70 mm e 105 mm, la Variable Telephoto Lens di SonyLa fotocamera periscopica di Sony può gestire otti-

camente la focale da 70 mm e quella da 105 mm, più

le interpolazioni digitali tra le due e quelle oltre i 105

mm, che possono arrivare fino circa 300 mm, anche

con anche l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

Apriamo con una foto da 70 mm (che purtroppo ab-

biamo dovuto ruotare leggermente a causa dell’o-

rizzonte non allineato), per evidenziare l’ottimo com-

portamento della lente in una situazione con soggetti

illuminati e sfondi in ombra e penombra.

Con un’illuminazione più canonica, i risultati non cam-

biano. Il 70 mm è una buonissima lente che può rega-

lare grandi soddisfazioni.

70 MM

70 MM

In questa foto, scattata con un rapporto di 16:9 invece di 4:3, la corona luminosa rap-presentata dalla nuvo-la dietro il campanile della chiesa ha scelto di sfidare Xperia 1 III, e ci sembra che il telefono di Sony ne sia uscito vincitore. Era una foto difficilissima da portare a casa.

Abbiamo provato a stressare il 16 mm in una chiesa molto buia e lui ci ha premiato con delle foto da applausi; considerando anche che in entrambe c’erano zone cariche di luce provenienti dalle vetrate.

clicca per l’originaleI NOSTRI SCATTI DI PROVA

16 MM16 MM

Con un’illuminazione più canonica, i risultati non cambiano. Il 70 mm è una buonissima lente che può regalare grandi soddisfazioni. Abbiamo incluso anche uno scatto con un cielo nuvoloso che avrebbe potuto mettere in difficoltà obiettivo e sensore, ma i dettagli sono stati conservati.

70 MM

70 MM

Abbiamo voluto mettere alla prova il 70 mm in condizioni di pochissima luce. Nella chiesa che già ci ha ospitato per gli scatti del 16 mm e 24 mm, abbiamo usato il 70 mm per immortalare gli affreschi. All’inizio siamo rimasti un po’ delusi, ma poi abbiamo capito che la mancanza di dettaglio e la moribidezza dell’immagine derivava dalle pen-nellate degli affreschi. Se si guardano le colonne e le cornici, i dettagli ci sono, ma sempre nello stile Sony, cioè in modo non artificiale.

Per passare a parlare del 105 mm, l’altra focale ottica ospitata dal modulo periscopico abbiamo voluto fare uno scatto di confronto con lo stesso soggetto ripreso a 70 mm e a 105 mm. I risultati ci sembrano ottimi.

105 MM

clicca per l’originaleI NOSTRI SCATTI DI PROVA

segue a pagina 35

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Effetto bokeh fino a 105 mmIl 105 mm può aprirci le porte di un altro argomento

di discussione e recensione: Xperia 1 III finalmente

offre l’effetto bokeh su tutte le focali ottiche tranne

il 16 mm. In questo scatto abbiamo provato il bokeh

computazionale con il 105 mm, ma trattandosi di una

focale già lunga di per sé e un’opzione che può esse-

re anche messa da parte. Lo abbiamo quindi provato

con il 70 mm e, a scendere, con la camera principa-

le da 24 mm. Trattandosi di un bokeh digitale, conta

molto quanto “effetto viene caricato” tramite l’appo-

sita barra di regolazione. Con il 24 mm lo abbiamo

accentuato anche per vedere la capacità di scontorno

dei capelli. Sul 70 mm siamo stati più cauti e la foto ha

infatti un risultato migliore. In caso di focali già lunghe

come la 70 mm, il nostro consiglio è di lasciar fare

allo sfocato derivato dalla lunghezza focale che, va

da sé, avrà un risultato molto più naturale. Xperia 1 III

ha anche il tracciamento dei soggetti, che vengono

matenuti a fuoco anche se si muovono sulla scena e

scompaiono momentaneamente dietro un ostacolo,

per esempio. Il comportamento di questa funzione ha

avuto risultati altalenanti con sganci saltuari. L’autofo-

cus del viso e degli occhi invece è eccezionale. Che

si abbiano gli occhiali o si sia in casa in penombra, per

Xperia 1 III non c’è alcun problema, riesce a trovare

visi e occhi ovunque ci siano. Ci ha davvero stupiti.

peria 1 III non ha una modalità “Scatto notturno” in

quanto tale, ma si adatta alla scena esaminando cosa

ha di fronte come per tutti gli scatti. Non è possibile

disattivare questa “attitudine IA”, è sempre attiva ma,

come si è visto anche negli scatti precedenti, non ha

comportamenti innaturali come in altri telefoni, per

esempio: non aumenta la saturazione dei colori. Il

telefono si accorge che è notte osservando la lumi-

nosità ambientale e, non inserendo a forza la luce nei

posti in cui ce n’è poca, al calar della sera gli scat-

ti ancora una volta replicano quello che il fotografo

vede (se non si interviene manualmente sui parametri

di scatto con l’apposita modalità “M”).

Video in 4K, 2.39:1 H.265 e HLG con Cinema ProSi sono due modi per registrare video con Xperia 1 III,

dall’app della fotocamera o da quella chiamata Cinema

Pro che, come si intuisce dal nome, è dedicata a un uso

più professionale. Xperia 1 III riesce a registrare a una

risoluzione di 4K 30p con tutte le focali. Il Full HD può

arrivare a 60p. Dettaglio non da poco: per nessuna del-

le risoluzioni viene effettuato un crop dell’immagine.

Cinema Pro può registrare video in 2K e in 4K, con il 4K

che può anche spingersi fino a 120 fps per i “filmati al

rallentatore”, ma che può anche restare nei territori più

conosciuti dei frame rate da 24, 25, 30 e 60 fps. Il for-

mato di acquisizione è sempre e solo 2.39:1, così come

si registra sempre in H.265 e l’HLG non è disattivabile.

TEST

Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 34

105 MM 300 MM DIGITALI SENZA IA

Dato che il 105 mm può essere usato anche per raccogliere i particolari di un monumento, anche al chiuso, lo abbiamo testato nella stessa situazione di stress della chiesa. Anche in questo caso, le pennellate dell’affresco sono morbide, ma colonne e cornici matengono l’incisività, sebbene leggermente inferiore a quella del 70 mm.

Il 105 mm può spingersi con gradualità anche fino ai 300 mm “digitali”. Lo può fare con o senza l’aiuto dell’IA. Gli scatti sostenuti dall’intelligenza artificiale hanno più dettagli sui bordi dell’immagine, ma si tratta pur sempre di un’interpolazione in entrambi i casi, e questa focale da 300 mm digitale ha più che altro una funzione di “emergenza”, per portare a casa il soggetto altrimenti irraggiungibile.

300 MM DIGITALI CON IA

Selfie dalla fotocamera frontale da 8 MP con stabiliz-zazione ottica.

70 MM

Il 70 mm e il 105 mm non sembrano

soffrire troppo la notte. Portano il

risultato a casa a patto che ci sia una

buona illumina-zione.

Xperia 1III Test Parco - Sony Xperia 1 III 4K (29,97 FPS)

lab

video

Un video in 4K, sempre girato con Cinema Pro in HDR, ma a 120 fps, cioè al rallentatore.

Xperia 1III Test Cinema Pro 4K 2 391 120 fps HLG

lab

video

Il formato di acquisizione è sempre e solo 2.39:1, così come si registra sempre in H.265 e l’HLG non è disattivabile.

segue a pagina 36

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

In considerazione di questi elementi, la post produzio-

ne dei filmati può essere fatta correttamente solo da

chi ha la capacità di poter gestire il flusso di lavoro in

H.265 con HLG. Per esempio, DaVinci Resolve, nella

versione gratuita, può importare video in H.265, ma

l’output sarà in H.264. Noi, anche per mettere alla pro-

va la “mobilità” dello smartphone, abbiamo fatto tutto

dal telefono. È possibile scegliere anche delle “pelli-

cole” per dare un tono particolare al girato: c’è anche

il VeniceCS che simula la telecamera professionale

omonima di Sony. Girati i filmati, usando anche focali

diverse, li abbiamo tagliati e poi montati, tutto attraver-

so Cinema Pro. Naturalmente, è un montaggio sempli-

ce, senza testo ed effetti, perché l’app non lo consente.

Nella nostra prova abbiamo colpevolmente disattivato

per errore la stabilizzazione, che altrimenti svolge il

proprio lavoro egregiamente.

Autonomia molto buona I risultati del test di laboratorioCon uno schermo 4K OLED a 120 Hz e una batteria da

soli 4500 mAh non ci aspettavamo un risultato eccezio-

nale in termini di autonomia, e invece ci dobbiamo ricre-

dere: nella configurazione di default fa segnare le 10

ore sul test più pesante, che salgono a 13 in quello ad

uso medio. Un risultato simile, nonostante all’interno

ci sia un processore Snapdragon 888, è legato so-

prattutto alla configurazione abbastanza conservativa

di Sony: è vero che lo schermo è un OLED 4K, ma è

anche vero che la risoluzione di rendering è ben più

bassa e gli stessi 120 Hz sono disabilitati di default, un

utente li deve attivare a mano. Una pratica, questa,

che sempre più produttori stanno adottando: se un

utente non è un super appassionato e non è consape-

vole della presenza di questa funzione probabilmen-

te lo smartphone resterà sempre a 60 Hz, perché la

funzione ad alto refresh viene annegata nella funzioni

avanzate del display.

DDay Heavy - 9 ore e 53 minutiIn modalità Heavy il Sony non si comporta affatto

male. Non è il migliore, ma crediamo che se avesse

avuto uno schermo QHD al posto di 4K avrebbe gua-

dagnato almeno un’altra ora. Sony ha fatto un ottimo

lavoro di ottimizzazione, anche in relazione alle tem-

perature di esercizio.

DDay Medium - 13 ore e 12 minutiIn modalità Medium esce ovviamente tutto più sem-

plice. Sony passa tranquillamente le 13 ore, il che

vuol dire che porta senza problemi a fine giornata

con una buona riserva di energia.Resta sempre l’ot-

timo comportamento in stand-by, con assorbimento

praticamente nullo quando il telefono è spento. Le

temperature, visto il test meno provante, scendono di

qualche grado, e se avessimo fatto il test in inverno

probabilmente sarebbero state ancora più basse.

TEST

Sony Xperia 1 IIIsegue Da pagina 35

Nel test del videogame vediamo come anche Sony abbia inserito alcu-ni sistemi che cercano di ottimizzare i consumi dosando la potenza dello Snapdragon. In qualche caso parte a 35/37 fps e poi, quando si rende conto che il gioco chiede di spingere, va a 60 fps. Essendo di fabbrica impostato a 60 Hz non arriva mai ai 120 fps della versione rinnovata del nostro giochino “gpu stress”.

La curva di assorbimento istanta-neo ci mostra come il telefono non abbia mai picchi enormi, ma sia comunque abbastanza conservativo nel consumo. Questo perché Sony ha limitato la luminosità di picco dell’OLED che è ben più bassa di quella di molti competitor che oggi puntano anche ai 1300 nits. Inoltre in modalità stand-by il battery drain è praticamente nullo.

La temperatura va rapportata a quelle che sono le temperature di oggi esterne, comunque molto alte. Il fatto che passi di poco i 40° non preoccupa affatto. Il sensore è sulla batteria, e dobbiamo dire che Sony ha gestito bene il raffreddamento dell’accumulatore al litio, molto importante, separandolo da quello del SoC che invece in qualche caso scalda parecchio.

DDAY HEAVY - 9 ORE E 53 MINUTI

DDAY MEDIUM - 13 ORE E 12 MINUTI

In modalità Medium, arriva senza problemi a fine giornata con una buona riserva di energia.

Le temperature scendono di qualche grado e se avessimo fatto il test in inverno probabilmente sarebbero state ancora più basse.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

di Paolo CENTOFANTI

Anche quest’anno Panasonic ha rinnovato la

sua gamma di TV OLED con diverse serie che

passano dalla sigla HZ dello scorso anno alla

JZ. Il top di gamma è sempre rappresentato dal nume-

ro 2000 ed è sempre contraddistinto da un pannello

OLED custom: Panasonic è stata infatti la prima azienda

a mettere le mani sul pannello di LG Display per spin-

gerne al limite le prestazioni. Quest’anno c’è una novi-

tà, perché sono due le serie nel catalogo Panasonic a

sfoggiare il pannello custom, JZ1500 e JZ2000. Il top

di gamma, oggetto di questa prova, ha un qualcosa in

più rispetto allo scorso anno e alla serie inferiore, un

nuovo dissipatore che permette di spingere ancora un

po’ più in là il pannello OLED, che però non è quello di

nuova generazione sviluppato da LG Display e adottato

quest’anno da Sony ed LG Electronics. Panasonic ha

infatti deciso di continuare con il collaudato display che

ben conosce e che ormai ha ben imparato a padroneg-

giare. Per il resto le novità sono in realtà ben poche:

il sistema audio Technics diventa ancora più completo

per meglio supportare le colonne sonore Dolby Atmos,

cambia la forma della staffa, c’è una nuova funzione de-

finita MyScenery e fa il suo ingresso l’ormai immanca-

bile Intelligenza Artificiale. Ma è anche un TV che sotto

certi aspetti è l’antitesi dell’evoluzione, che ripresenta lo

stesso design di due anni fa e una piattaforma software

che comincia a sentire il peso del tempo che passa.

Fuori nulla cambia o quasiEsteticamente il TV JZ2000 è essenzialmente iden-

tico ai modelli che si sono succeduti negli ultimi anni.

Un design classico e inconfutabilmente... Panasonic. Il

pannello ha una cornice nera spessa pochi millimetri

intorno alla parte attiva e sotto il bordo inferiore trova

posto la soundbar che corre lungo tutta la larghezza del

televisore e che il piedistallo tiene a circa 3 cm massimo

dal filo del piano d’appoggio. Linee squadrate, molto

classiche, senza orpelli. Il piedistallo è costituito da una

piantana circolare e che permette di ruotare lo scher-

TEST Il nuovo TV top di gamma Panasonic si dimostra l’OLED più luminoso sul mercato, con una qualità di immagine che ha pochi pari

TV Panasonic OLED JZ2000, la recensione Immagini spettacolari, ma sguardo al passatoLa piattaforma software sente il peso del tempo che passa e il design è uguale da anni. Per Panasonic è ora di evolvere

mo, simile a quella del TV HZ1500 che abbiamo testato

lo scorso anno. Il posteriore è più massiccio rispetto ad

altri televisori OLED per la presenza del sistema audio

integrato che è composto oltre che dai tre speaker

frontali e dai due “top” speaker che già trovavamo sul

modello dello scorso anno, anche da due altoparlanti

posteriori laterali, che contribuiscono a restituire l’audio

tridimensionale Dolby Atmos o virtualizzato da quello

che Panasonic definisce 360° Soundscape PRO. A ciò

si aggiunge un potente subwoofer sempre sul retro.

Come risultato lo spessore del TV raggiunge i 7 cm su

buona parte della superficie.

A livello di connessioni non abbiamo particolari novità in

numero degli ingressi disponibili, con 4 porte HDMI e 3

USB (di cui una 3.0 e due 2.0), a cui si aggiungono usci-

ta audio digitale ottica, uscita per le cuffie, terminali di

antenna, doppio slot Common Interface e porta di rete.

Sul fronte delle porte HDMI i primi due ingressi suppor-

Panasonic TX-55JZ2000EIMMAGINI DA PRIMO DELLA CLASSE, MA A QUESTO PREZZO ANCHE IL RESTO DEVE ESSERE AL TOP

2999,00 €

La qualità di immagine che il nuovo JZ2000 sa esprimere - come già lo era per la gamma OLED dello scorso anno - è ai vertici della categoria, al pari del Sony A90J e forse anche un pelo sopra. Più che discreto anche il sistema audio integrato che sa restituire bassi corposi come ben pochi altri TV sul mercato. Ma sotto gli altri punti di vista, il divario che si sta creando tra i prodotti Panasonic e la concorrenza si allarga sem-pre più. La piattaforma software dell’azienda nipponica, quella che gestisce i menù di sistema e le funzionalità di base per intenderci, salvo piccoli ritocchi rimane da anni sempre la stessa, così come il design del prodotto, mentre il resto del mondo evolve. Anche la sezione smart TV mostra da tempo segni di immobilità e pur avendo diversi pregi - tra cui immediatezza d’uso e la velocità - non ha la ricchezza e la versatilità di altri ecosistemi. Se il prezzo fosse pari o inferiore a quello della concorrenza si potrebbe anche chiudere un occhio, ma con un listino di 400 euro superiore al più diretto concorrente, che offre prestazioni comparabili ma con un prodotto decisamente più completo, queste mancanze cominciano a pesare. Per chi la qualità di immagine viene prima di tutto, a qualsiasi costo.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

10 9 7 8 9 78.7COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità di immagine superlativaCalibrazione di fabbrica precisaSezione audio da non sottovalutare

Passano gli anni ma il software non evolve e si vedePrezzo elevato

lab

video

segue a pagina 38

tano finalmente specifiche HDMI 2.1 come VRR, ALLM

e segnali 4K fino a 120 Hz, seppure con un asterisco di

cui tenere conto: inizialmente il TV visualizzerà video 4K

a 120 Hz o VRR fino a 120 fps con risoluzione verticale

dimezzata, fino all’uscita più avanti nel corso dell’anno

di un apposito aggiornamento firmware che sbloccherà

la piena risoluzione.

Il motivo di ciò non è chiaro, ma Panasonic dice che la

questione non dipende solo dall’azienda, il che lascia

presupporre che ci possa essere un problema da risol-

vere o con il fornitore del controller HDMI o di compati-

bilità con alcune sorgenti (forse le console?).

Unica vera novità sotto il profilo del design riguarda il

telecomando, che almeno lui finalmente si rinnova. Il

telecomando in dotazione con il JZ2000 è di dimensio-

ni generose e anche contraddistinto da un bel peso. Il

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

pannello superiore è metallico e i tasti ben distanziati

ma purtroppo non retroilluminati. Come ormai di moda,

troviamo ben quattro tasti per le principali app video, più

un quinto tasto personalizzabile. Anche il tasto dedicato

per il Filmmaker Mode può essere personalizzato e as-

segnato ad un’altra modalità di immagine.

Piattaforma Smart TV e Menù: serve un cambio di passoChi sperava in novità su questo fronte rimarrà deluso.

Con una certa ostinazione, anche la line up 2021 di TV

Panasonic sfoggia la piattaforma di smart TV basata su

ciò che rimane di FirefoxOS e soprattutto il sistema di

menù che bene o male accompagna i TV Pansonic da

dieci anni a questa parte. Quanto meno si è rinnovato il

telecomando. Diciamolo subito: a livello di funzionalità e

regolazioni non manca davvero quasi nulla. Se togliamo

l’assenza soprattutto dell’app Disney+ (su cui però Pa-

nasonic dice di essere al lavoro) e la nuova Mediaset In-

finity+, o la compatibilità con AirPlay 2 di Apple, c’è qua-

si tutto quello che serve davvero. C’è la funzione PVR,

DLNA, possibilità di condividere sulla rete locale il flusso

in uscita dai tuner DVB, e c’è pure la compatibilità con

gli assistenti vocali di Google e Amazon. È l’esperienza

d’uso nel suo complesso che è ormai incredibilmente

fuori moda. I menù di sistema sono molto classici, grafi-

camente grigi e molto “densi” e cominciano ad apparire

un po’ troppo vecchi rispetto alla concorrenza.

Panasonic è consapevole di questo, e la giustificazione

ufficiale di questa scelta è che tutto il know how accu-

mulato negli anni sugli algoritmi di video processing,

nonché alcune funzionalità specifiche, sono costruiti su

delle librerie profondamente integrate nella piattaforma

che gestisce anche i menù di sistema. Inoltre, sempre

secondo Panasonic, alcune di queste funzionalità non

sarebbero facilmente traducibili su un nuovo sistema

come Android TV. Si potrebbe obiettare che gli inge-

gneri di Sony non sembrano aver avuto tutti questi pro-

blemi a fare altrettanto, ma non ci resta che prendere

atto della posizione di Panasonic. Nella sua semplicità

l’interfaccia MyHomeScreen ha i suoi aspetti positivi:

la piattaforma è estremamente leggera, la schermata

principale rimane in sovraimpressione senza interrom-

pere la fruizione dei contenuti, le app si aprono istanta-

neamente, la grafica è molto essenziale ma funzionale.

La novità principale introdotta quest’anno è la nuova

funzionalità MyScenery, che per certi versi ricorda una

versione evoluta della schermata di idle di Android TV.

Si tratta di una modalità che visualizza immagini salva-

schermo o animazioni in combinazione ad un sottofon-

do musicale rilassante e con la visualizzazione di data e

ora. In alternativa, oltre ai contenuti pre-caricati è pos-

sibile utilizzare immagini o filmati personali da unità di

memoria connesse alle porte USB. Il limite maggiore

per la piattaforma è lo stesso che contraddistingue altri

tentativi analoghi di portare avanti soluzioni proprietarie,

cioè il supporto da parte degli sviluppatori, che va di pari

passo con le quote di mercato; l’ecosistema di Panaso-

nic non ha gli stessi numeri di Android TV, ma nemmeno

di Tizen o WebOS e lo “store” delle applicazioni è un

po’ stantio. Per quanto riguarda gli altri aspetti, come la

gestione dei canali TV, ritroviamo gli stessi menù essen-

ziali che ben conosciamo, che su un prodotto di questa

fascia stonano davvero. Panasonic ha integrato l’app

Xumo per rimpiazzare l’essenziale guida TV classica

della sua vecchia piattaforma, ma l’utente deve innan-

zitutto scegliere in fase di installazione se associarla a

digitale terrestre o satellite, visto che non funziona con

entrambe. Ma l’app non ci è parsa né particolarmente

bella né molto stabile a dire il vero, tanto quasi da prefe-

rire piuttosto il buon vecchio menù.

Il JZ2000 è un TV che non necessita di calibrazione: è già perfetto cosìDove siamo sicuri di non trovare brutte sorprese con il

nuovo top di gamma Panasonic è invece sul versante

della qualità video e già i primi rilievi strumentali ci danno

buone indicazioni. Il nuovo JZ2000 è uno di quei TV che

non richiede di alcun ritocco rispetto alle impostazioni di

fabbrica, nonostante tra l’altro i menù offrano una note-

vole profondità in termini di regolazioni possibili. Per i più

pigri e meno pignoli Panasonic ha integrato quest’anno

un algoritmo di IA che sceglie le impostazioni migliori

di immagine in funzione del contenuto visualizzato, una

funzione che oggi tutti devono avere più per ragioni di

marketing che per soddisfare il target di un televisore

come questo. Anche perché con il JZ2000, una volta ac-

ceso e completata la configurazione iniziale, infatti, ba-

sta come modalità di immagine selezionare il Filmmaker

Mode o il preset Professionale 1 o 2 per godere di una

perfetta calibrazione di fabbrica. Il Filmmaker Mode è

molto buono ma forse un po’ troppo conservativo in ter-

TEST

TV Panasonic OLED JZ2000segue Da pagina 37

La schermata principale di MyHomeScreen 6 è semplice e funzionale e soprattutto non nasconde il contenuto in riproduzione.

L’interfaccia non si è evoluta granché negli ulti-mi anni, ma anche il supporto degli sviluppatori stenta a decollare.

I menù sono molto completi e il design e layout non sono cambiati rispetto ai modelli degli scorsi anni. Compare però questa nuova barra di accesso rapido, personalizzabile e che consente di confi-gurare al volo le impostazioni di uso più comune.

mini di luminosità massima, tarata su circa 90 cd/mq, un

valore che mortifica un po’ troppo le potenzialità del TV.

Professionale 1 e 2 corrispondono rispettivamente a mo-

dalità giorno, con un gamma di 2.2, e notte/scura che

invece utilizza la curva BT.1886. Entrambe sono estre-

mamente precise sotto tutti i punti di vista, come testi-

moniato dai nostri grafici, con un valore medio di DeltaE

talmente basso che a nostro avviso non giustifica alcun

tentativo di cercare di fare di meglio.

Passando alla modalità HDR il TV risulta invece meno

preciso, con un risultato sicuramente buono, ma non

ai livelli di accuratezza dei preset SDR. Panasonic offre

banchi di memoria separati per SDR e HDR ed è possibi-

le accedere a diverse regolazioni anche in quest’ultima

modalità. Di default, abbiamo notato che il tone mapping

eseguito dal processore si tenga leggermente al di sotto

della curva PQ per buona parte del range coperto dal

TV, il che porta a riprodurre toni meno luminosi rispetto

al riferimento. Le impostazioni da questo punto di vista

sono un po’ ambigue, perché in modalità HDR perman-

gono i controlli del gamma con gli stessi riferimenti e

livelli della modalità SDR. Di fatto, è bastato portare l’im-

postazione del gamma da 2.2 a 2.1 per ottenere una mi-

gliore aderenza alla curva PQ da parte dell’algoritmo di

Tone Mapping, ottenendo i buoni risultati che mostriamo nell’immagine 2. Anche i modelli di quest’anno sono ca-

librabili automaticamente con Calman e apposito colo-

rimetro, con connessione al TV attraverso la semplice

connessione alla rete locale. Abbiamo ottenuto risultati

poco consistenti con questa procedura e addirittura, la

calibrazione automatica ha peggiorato i già buoni para-

metri di default, segno che qualcosa a livello software (o

lato Calman o lato TV) non è ancora pronto.

segue a pagina 39

L’app XUMO a scelta può sostituire la guida TV di “sistema” per DVB-T o DVB-S, ma non per tutti e due. Il servizio include alcuni canali in streaming gratuiti internazionali.

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MAGAZINEn.249 / 2126 LUGLIO 2021

Con il Luminance Booster si superano i 1500 nitsNelle normali misure della scala di grigio, il TV Panasonic

ha esibito senza problemi una luminosità di picco intor-

no alle 830 cd/mq con finestra del 10% e preset Profes-

sionale 1 o 2 allineati al punto di bianco D65. Con una

finestra del 2% e dando tempo al pannello di “scaldarsi”

(mantenendo visualizzato cioè il pattern per diversi se-

condi) il TV arriva agilmente fino a 950 cd/mq prima che

intervenga il limitatore. Panasonic ha implementato sulla

serie JZ2000 quello che ha battezzato Luminance Bo-

oster, un ulteriore miglioramento nella dissipazione del

calore del pannello che consente di spingere per alcuni

istanti oltre i 1000 nits la luminosità massima esprimibile.

Panasonic ha riprogettato il dissipatore, con una nuova

lamina più leggera che non fa utilizzo di rame e che

costituisce la principale differenza con la nuova serie

JZ1500 che è più assimilabile all’HZ2000 dello scorso

anno. Quello che possiamo dire è che in effetti impo-

stando il TV sul preset di immagine Dinamico, abbiamo

visto il JZ2000 toccare la ragguardevole (per un OLED,

ma non solo) cifra di 1530 cd/mq. Ora, va precisato che

in questa modalità le immagini sono praticamente in-

guardabili, ma si tratta senza dubbio di un record per

un TV OLED (con l’A90J di Sony avevamo toccato in

condizioni simili circa 1300 cd/mq). Con contenuti reali e

corretta calibrazione delle immagini, abbiamo registrato

valori molto più vicini a quelli ottenuti con i segnali test,

vale a dire tra le 800 e le 900 cd/mq, ma la visione di un

film dall’alta gamma dinamica come Mad Max in Ultra

HD Blu-ray, ci fa pensare che i riflessi accecanti delle

cromature riescano a spingersi tranquillamente oltre, in

modo simile a quanto abbiamo visto di recente sul Sony

A90J. Valgono le stesse considerazioni che abbiamo

fatto per il G1 e in parte per l’A90J: è difficile misurare

l’impatto reale delle potenzialità in termini di massima

luminosità esprimibile dal pannello. Lo schermo può tec-

nicamente spingere, ma lo fa in condizioni particolari e

in modo che non è così scontato cogliere se non in un

confronto side by side. Quello che possiamo dire è che

sotto questo aspetto, il JZ2000 appartiene alla stessa

classe del Sony A90J e uno step sopra al G1 di LG.

Qualità video spettacolareDescrivere le performance video del nuovo JZ2000 di

Panasonic è molto semplice: si tratta di un TV pratica-

mente perfetto. Potremmo chiudere i nostri commenti

qui, perché tutto quello che segue è veramente cerca-

re il pelo nell’uovo e andare oltre quello che il grande

pubblico è in grado forse di apprezzare. Nonostante le

misure strumentali possano dipingere un quadro anco-

ra migliorabile, almeno per quanto riguarda i contenuti

in formato HDR, la realtà è che il nuovo top di gamma

Panasonic offre immagini straordinariamente appaganti

con qualsiasi tipo di contenuto. Per certi versi non sap-

piamo neanche spiegare nel dettaglio in quale aspetto

in particolare è superiore ad altri TV che abbiamo visto

TEST

TV Panasonic OLED JZ2000segue Da pagina 38

Misure “out of the box” con preset Professionale 1.

fin qui quest’anno, ma il quadro di insieme dipinge una

resa che soddisfa sotto ogni punto di vista: contrasto,

dinamica, naturalezza della resa cromatica, tridimensio-

nalità della scena, precisione delle ombre, pulizia delle

immagini, livello di dettaglio. Anche l’uniformità del pan-

nello (almeno per l’esemplare giunto in redazione per

la prova) è davvero esemplare. La resa con i contenuti

HDR è assolutamente spettacolare e il TV brilla (lette-

ralmente) per dinamica con i contenuti che spingono

maggiormente. Nel complesso, il TV ci è parso sullo

stesso livello dell’A90J di Sony sul fronte della qualità

video, con forse una maggiore precisione sulle sfuma-

ture nelle scene più scure (il Sony presentava un leg-

gero effetto di contouring che sul Panasonic è assente).

Sul fronte video solo due punti ci sentiamo di portare

all’attenzione. A differenza di altri produttori, Panasonic

non ha ancora del tutto risolto la comparsa di qualche

artefatto di blocking nelle sfumature più scure prossime

al nero in presenza di materiale compresso con i princi-

pali servizi di streaming. Capita di rado e in modo poco

evidente, ma può succedere. Inoltre abbiamo notato,

sempre parlando di compressione, almeno con le app di

streaming integrate, una certa tendenza a rendere ben

visibili gli artefatti quando presenti (in particolare con

Netflix e Amazon Prime Video) e soprattutto con i canali

TV sia via digitale terrestre che via satellite. L’upscaling

è di ottima qualità. Con i canali TV non è in grado di fare

miracoli e anche quelli in alta definizione appaiono un

po’ impastati, ma con Blu-ray e contenuti in strreaming

la resa è senza dubbio ottima. Per quanto riguarda ulte-

riori dettagli che vale la pena menzionare, la risoluzione

in movimento, senza ricorrere a motion interpolation e

black frame insertion si attesta sulle classiche 300 linee

circa, che più che raddoppiano ingaggiando uno dei

due sistemi già su impostazione minima. I risultati miglio-

ri si ottengono con sia l’interpolazione dei fotogrammi

che l’inserimento di fotogrammi neri su minimo, senza

un’eccessiva perdita di luminosità e senza particolari

artefatti di movimento. L’Intelligent Frame Creation (così

La scala di grigio aderisce alla curva PQ fino a circa il 55% di stimolo a patto di impostare il parametro gamma su 2.1, dopo di che si tiene leggermente al di sotto. Il Tone Mapping mantiene i dettagli sulle alte luci fino a livello di segnale di 1000 nit.

21

chiama Panasonic il suo algoritmo di interpolazione) è

piuttosto “delicato” e solo con i contenuti 24p diventa un

po’ più evidente come effetto. Da notare che ingaggian-

do già su minimo l’IFC, il flickering introdotto dai valori

più alti di black frame insertion scompare completamen-

te. Molto interessante la resa del sistema audio che ci ha

stupiti soprattutto per la capacità di risposta sulle basse

frequenze, con un livello di profondità che è difficile ri-

scontrare con i diffusori integrati nei televisori. Anche la

spazialità del suono è notevole e seppure non si possa

parlare di un vero e proprio sistema surround, è possibi-

le percepire un fronte sonoro molto ampio e profondo.

La risposta in frequenza ci è parsa molto ampia, così

come la gamma dinamica è in grado di ben supportare

le colonne sonore più movimentate. L’unico aspetto che

non ci ha convinto appieno è la resa dei dialoghi, che ci

sono parsi sempre un filo inscatolati e poco incisivi, an-

che giocando con le varie impostazioni a disposizione.

Rimane comunque un buon sistema audio, seppure un

TV di questa classe meriti un impianto audio dedicato.

Nell’attesa di decidersi a investire anche su questo fron-

te, l’audio integrato può tamponare dignitosamente.

Il tone mapping segue già appastanza da vicino la curva PQ, ma è possibile disabilitarlo impostando un taglio netto al livello di segnale e luminosità che si preferisce. In ogni caso il limite massimo rimane 1000 nit.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

Annuncio che apre una nuova ep-

oca per la Stella a tre punte. Entro

la fine del 2030 Mercedes-Benz

sarà completamente elettrica. Per riuscir-

ci, tutte le nuove architetture lanciate dal

2025 in poi saranno soltanto elettriche.

L’accelerazione nel passaggio della fi-

losofia costruttiva e di alimentazione di

Mercedes-Benz sarà progressivo e co-

stante, e metterà in campo investimenti

per oltre 40 miliardi dal 2022 al 2030.

AUTO ELETTRICA Entro fine 2030 tutte le auto e i van Mercedes saranno alimentati a batteria

Mercedes-Benz tutta elettrica entro il 2030 L’annuncio che dà il via ad una nuova eraDal 2025 ci saranno piattaforme solo elettriche e in 8 anni Mercedes investirà 40 miliardi di euro

Dal 2025 solo piattaforme elettricheEntro il 2022 Mercedes-Benz avrà a listi-

no veicoli elettrici a batteria in tutti i seg-

menti in cui è presente. Poi, dal 2025, la

Stella a tre punte ha già pianificato l’u-

scita di tre piattaforme esclusivamente

elettriche:

• MB.EA sarà usata per la fascia del

segmento medio e large;

• AMG.EA, come il nome fa già inten-

dere, sarà una piattaforma per veicoli

elettrici ad alte prestazioni a marchio

AMG;

• VAN.EA sarà la base elettrica per i

nuovi van elettrici e veicoli commer-

ciali leggeri.

Per dare una spinta al suo passaggio

completo all’elettrico, Mercedes-Benz

ha dichiarato che acquisirà la società di

motori elettrici YASA con sede nel Regno

Unito: si tratta di un’azienda con una gran-

de competenza nei motori a flusso assia-

le attraverso la quale Mercedes vuole svi-

luppare motori ad alte prestazioni. I motori

elettrici interni, come l’eATS 2.0, sono una

parte fondamentale della strategia con

una chiara attenzione all’efficienza e al

costo complessivo dell’intero sistema,

inclusi inverter e software. In modo mol-

to netto, Mercedes dice di guardare alla

Cina per riuscire nella sua svolta elettrica.

Ha affidato al grande mercato cinese dei

veicoli a nuova energia “un ruolo chiave

nell’accelerazione della strategia di elet-

trificazione di Mercedes-Benz.”

Nulla è lasciato al caso: sviluppo di batterie e sistemi di ricaricaMercedes non può gestire un passaggio

così epocale senza avere cura anche del-

lo sviluppo delle batterie. La società ha

fatto sapere che avrà bisogno di una ca-

In arrivo per le nuove auto elettriche motori 800V con la tecnologia della Formula EGKN Automotive, ha annunciato un’accelerazione nello sviluppo di powertrain da 800V con tecnologia derivata dal mondo delle corse

di C. STELLARI

L’azienda britannica GKN Auto-motive, recentemente salita agli onori delle cronache per i licen-ziamenti nel nostro Paese, ha an-nunciato un’accelerazione nello sviluppo di sistemi di propulsione di nuova generazione. I nuovi sistemi di propulsione elettrica GKN, compatibili con powertrain a 800V, sono in avanzata fase di messa a punto e saranno ba-sati su tecnologia derivata dal mondo delle corse: GKN è infatti impegnata in Formula E a fianco di Jaguar Racing. I nuovi motori elettrici di GKN saranno più leg-geri, compatti e più efficienti, questo permetterà di aumentare l’autonomia e di utilizzare batte-rie più piccole e meno costose. Liam Butterworth, CEO di GKN Automotive a tal proposito ha dichiarato: “Questi motori com-patibili con architetture a 800 Volt contribuiranno allo sviluppo di auto elettriche con maggiori prestazioni e minori consumi. Ma permetteranno anche di abbas-sare i costi, perché motori più efficienti permettono di adottare batterie più piccole e meno care”.Secondo quanto dichiarato da GKN, i nuovi sistemi di propul-sione elettrica sono prossimi ad entrare in produzione e saranno disponibili sulle auto elettriche di larga produzione tra tre anni.

pacità della batteria di oltre 200 Gigawat-

tora e prevede di creare otto Gigafabbri-

che per la produzione di celle, insieme ai

suoi partner in tutto il mondo. Le nuove

fabbriche si aggiungeranno alla già pia-

nificata rete di nove impianti dedicati alla

realizzazione di sistemi di batterie.

Mercedes lavorerà con partner come Si-

laNano per aumentare la densità di ener-

gia utilizzando il composito silicio-carbo-

nio nell’anodo. In questo modo intende

aumentare l’autonomia e ridurre i tempi

di ricarica.

Molta cura sarà data anche alla standar-

dizzazione, tale per cui Mercedes vuole

che le batterie siano adatte all’uso in oltre

il 90% di tutte le auto e van di sua pro-

duzione. Se si parla di batterie si parla di

ricarica. Infatti. Mercedes sta lavorando

alla definizione di nuovi standard nella

ricarica come “Plug & Charge”, che con-

sentirà ai clienti di collegare, caricare e

scollegare senza ulteriori passaggi ne-

cessari per l’autenticazione e l’elabora-

zione dei pagamenti. Plug & Charge en-

trerà in funzione con il lancio sul mercato

dell’EQS entro la fine del 2021.

Continua la collaborazione con Shell che

entro il 2025 porterà i clienti Mercedes

ad avere un accesso migliore alla rete Re-

charge di Shell composta da oltre 30.000

punti di ricarica in Europa, Cina e Nord

America, inclusi gli oltre 10.000 caricab-

atterie ad alta potenza in tutto il mondo.

Mercedes, al termine della sua pianifica-

zione elettrica da qui al 2030 e oltre, ha

voluto ricordare il lavoro che sta facendo

sulla Vision EQXX che avrà la sua prima

mondiale nel 2022. Si tratta di un’auto

elettrica con un’autonomia reale di oltre

1.000 chilometri, puntando a un valore ad

una sola cifra per kWh per 100 chilometri

(oltre 9,6 km per kWh) a velocità di guida

autostradali normali.

Tesla rivende Maxwell Technologies dopo averle preso gli elettrodi a secco per le celle 4680Dopo averla acquistata nel maggio del 2019 per 235 milioni di dollari, Tesla ha rivenduto Maxwell Technologies, azienda esperta in ultracondensatori a una società in parte composta da ex dirigenti di Maxwell, la UCAP Power. Quando Tesla ha acquistato Maxwell Technologies, ha integrato il business degli ultracondensatori dell’azienda, ma in realtà si è scoperto che probabilmente era più interessata alla tecnologia di elettrodi a secco per le celle che Maxwell aveva appena finito di sviluppare in quel periodo. Tesla ha usato gli elettrodi a secco ideati da Maxwell Technologies per le nuove celle 4680, che comporranno la nuova batteria strutturale; il numero, ricordiamo, si riferisce alle dimensioni della singola cella di un pacco. La cella 4680 di Tesla è un cilindro con un diametro di 46 mm e una lunghezza di 80 mm. Dopo avere usato gli elettrodi a secco “acquistati” insieme a Maxwell Technologies, Tesla ha quindi deciso di vendere il marchio e la tecnologia degli ultracondensatori di Maxwell Technolo-gies alla UCAP Power.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

La nuova Opel Astra è venuta al

mondo portando con sé, fin da su-

bito, due versioni ibride plug-in. La

sesta generazione della celebre com-

patta è stata completamente ridisegna-

ta sulla piattaforma EMP2 di Stellantis e

sarà per Opel la prima del segmento a

incontrare l’alimentazione elettrica.

Due versioni ibride fino a 165 kW e 60 km di autonomia in elettricoTuttavia, Opel è rimasta un po’ abbot-

tonata sulle due versioni ibride plug-in.

Se la potenza delle versioni benzina

e diesel è rispettivamente di 81 kW

(110 CV) e 96 kW (130 CV), alle ibride

plug-in è stata accostata una potenza

fino a 165 kW (225 CV). Tra queste due

versioni ibride, il modello di punta sarà

senza dubbio quello da 165 kW di po-

tenza di sistema, che dovrebbe essere

raggiunta combinando il motore a ben-

zina a uno elettrico da 80 kW. La versio-

AUTO ELETTRICA Due le versioni ibride plug-in con potenze di sistema fino a 165 kW

La nuova Opel Astra si rifà il trucco Arriverà in due versioni ibride plug-inAlla mascherina Vizor e alle forme asciutte e muscolose si abbina la nuova filosofia elettrica

ne meno spinta, non essendoci ancora

indicazioni precise, potrebbe ispirarsi

alla Peugeot 308 e quindi avere una

potenza di sistema di 180 CV, mante-

nendo lo stesso motore elettrico. La

batteria dovrebbe essere per entrambe

le PHEV Astra la stessa da 12,4 kWh di

Peugeot che garantisce 60 chilometri

di autonomia in elettrico.

Muscoli asciuttiOpel ha dato all’Astra linee tutte nuove,

sebbene sia più lunga di soli 4 millimetri

rispetto alla generazione che l’ha prece-

duta: 4,374 metri con un passo però al-

lungatosi di 13 mm. È larga 1,86 metri e il

bagagliaio è da 422 litri.

Lo stile dell’Astra è asciutto e muscoloso

e porta avanti il nuovo volto della casa

con quell’Opel Vizor che stravolge la

mascherina frontale già incontrato sulla

Mokka. È disponibile anche una verni-

ciatura bicolore come optional, cioè la

mascherina nera sul frontale combinata

con un tetto dello stesso colore. I fari arri-

vano direttamente dai segmenti premium

e sono gli Intelli-Lux Pixel Light hanno 84

LED per elemento e quindi illuminano

la strada con un totale di 168 LED. Opel

dice che il fascio luminoso si adegua in

pochi millisecondi non accecando gli altri

automobilisti. Le vetture in avvicinamen-

to o che precedono sono “tagliate fuori”

da un cono d’ombra lasciando l’illumina-

zione al massimo tutto intorno. Portata e

direzione della luce variano in base alla

situazione di guida e all’ambiente circo-

stante. Gli interni dicono addio agli stru-

menti analogici.

Anche nella nuova Astra si aprono le

porte agli schermi panoramici completa-

mente digitali: due da 10”. Tra i sistemi di

assistenza alla guida ci sono telecamere

e sensori integrati con connettività e-ho-

rizon nel sistema Intelli-Drive. Ancora

nEssuna indicazione sui prezzi, ma Opel

fa sapere che gli ordini saranno aperti il

prossimo autunno e le consegne delle

vetture cominceranno a inizio 2022.

DMOVE Probabilmente in Europa senza modifiche sostanziali

Rivian conferma ufficialmenteNel 2022, R1T e R1S in Europa

di M. ZOCCHI

Rivian, finanziata anche da Amazon, dovrebbe essere vicinissima alle prime

consegne in terra statunitense. In effetti l’ultima tempistica offerta ai clienti in

attesa parlava di luglio 2021, e ancora non ci sono novità in merito.

Nel frattempo però Rivian ha confermato, rispondendo via mail a clienti interessati,

il futuro approdo in Europa. In realtà già nel gennaio 2020 Rivian ci aveva confer-

mato la volontà di arrivare nel Vecchio Continente, anche in Italia, durante una

chiacchierata informale a Las Vegas. Ora la tempistica appare più chiara e dovreb-

be svolgersi secondo queste tappe.

Se effettivamente le consegne americane non verranno ulteriormente postici-

pate, a luglio i clienti in USA verranno accontentati, e saranno seguiti da quelli

canadesi in novembre. Gli ordini europei dovrebbero invece essere aperti in un

momento non meglio precisato dell’inizio del 2022, con consegne che seguiran-

no successivamente. Nessuna menzio-

ne, per ora, per la vociferata fabbrica

in Europa, il che lascerebbe pensare

che almeno in una prima fase i mezzi

arriverebbero direttamente dagli Sta-

ti Uniti, come fatto da Tesla per tanti

anni, prima di decidere di aprire una

fabbrica locale a Berlino.

Volkswagen, l’elettrico decolla nel 2021. ID.4 in testa e ibride da recordIl rapporto di Volkswagen sui primi sei mesi del 2021 fotografa un successo sempre più dirompente per quel che riguarda l’elettrico

di Pasquale AGIZZAPiù di 170mila veicoli venduti in sei mesi, con un +165,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e prospettive per il futuro ancora migliori. Sono questi gli eccezio-nali numeri del comparto elettrico di Volkswagen, messi in evidenza dal marchio tedesco stesso con il consueto rapporto sulle vendite di metà anno. La conferma di Herbert Diess come CEO dell’azienda a fine 2020, con il lancio della stra-tegia Together 2025+ dove l’elet-trico è priorità assoluta, aveva già resa chiara la visione del futuro di Volkswagen. E i dati di vendita stanno dando ragione. Sono stati infatti consegnati 170.939 modelli BEV in tutto il mondo nei primi sei mesi dell’anno, con un +165,2% ri-spetto ai primi sei mesi del 2020. Particolarmente alti i dati riguar-danti il Q2 del 2021, chiuso con ben 110.991 unità consegnate (+259,7% rispetto al Q2 2020). Ottimi anche i dati dell’ibrido plug-in, con 171.300 unità consegnate nei primi sei mesi del 2021 e un +204,2% rispet-to ai primi sei mesi del 2020. La ID.4 sta macinando ottimi numeri: il SUV tedesco è infatti il modello più venduto della casa in questo 2021, con 37,292 vetture consegnate nei primi sei mesi dell’anno. Secondo posto per la ID.3, con 31,177 vettu-re consegnate, seguono poi Audi e-tron, Porsche Taycan e Volkswa-gen e-up.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

La Commissione Europea ha presen-

tato il pacchetto clima, per ridurre

del 55% le emissioni di CO2 entro

il 2030, e azzerarle completamente en-

tro il 2050. Non si tratta di un attacco

alla mobilità privata, ma certamente è un

settore su cui Bruxelles vuole intervenire

duramente.

Dal 2023 verrebbe applicato un nuovo

sistema di tassazione, che non considera

più solo i volumi, ma anche il contenuto

energetico dei combustibili, e di conse-

guenza le possibili emissioni di CO2. E

la Commissione rivela che tramite una

simulazione delle nuove norme ci sareb-

be un innalzamento della tassazione mi-

nima sulla benzina, passando da 0,359 a

0,385 centesimi al litro, e stessa sorte per

il gasolio, da 0,330 a 0,419 centesimi al

litro. Allo stesso tempo però ci sarà uno

sconto notevole per l’energia elettrica, le

cui imposte passerebbero da un euro a

AUTO ELETTRICA L’UE cala l’asso: si va verso lo stop alla vendita di auto con motore a combustione

UE: stop auto a benzina e diesel nel 2035Più tasse su combustibili, meno su energiaNel pacchetto clima dell’UE, sono previsti inoltre più incentivi per l’acquisto di auto elettriche

Megawatt/ora a 58 centesimi.

Ma non è tutto, perché per la prima volta

viene ufficializzata la data in cui nei Pa-

esi dell’Unione verrebbe vietata la ven-

dita di auto con motore a combustione:

2035. E come fare dunque per accelera-

re il ricambio del parco circolante? Con

le stesse nuove tasse di cui sopra, che

confluirebbero in un fondo sociale, che si

stima in 70 miliardi in 7 an ni (dal 2023)

che a sua volta servirebbe per finanziare

incentivi all’acquisto di auto elettriche,

efficientamento energetico degli edifici

ed altri interventi. La Presidente della

Commissione, Ursula Von Der Leyen ha

dichiarato: “è il nostro compito genera-

zionale, che ci deve unire e incoraggiare.

Non si tratta solo di assicurare il benes-

sere della nostra generazione, ma anche

quella dei nostri figli e nipoti. Non c’è un

compito più grande e più nobile di que-

sto e l’Europa è pronta a guidare”.

Rotativo Wankel, Mazda ci ripensa: non sarà il range extender della MX-30Sembra che la casa giapponese abbia accantonato l’idea di utilizzare il motore Wankel come piccolo REX nella MX-30 elettrica. Tuttavia il progetto resta aperto per applicazioni future di M. ZOCCHI

Sembrava ormai fatta per il ritor-no del motore rotativo Wankel, lo stesso che nei decenni scorsi aveva decretato il grande succes-so della Mazda RX-7 e successiva-mente anche il premio di motore dell’anno per la Mazda RX-8. E proprio Mazda doveva riportarlo in vita, utilizzandolo come range extender per la sua prima vettu-ra elettrica, la MX-30. La vettura infatti monta una batteria da soli 35,5 kWh, e l’idea era di renderla più appetibile per chi desiderasse autonomia più alte. Tuttavia una fonte vicina all’azienda ha fatto sapere che sembrerebbe che il progetto sia stato accantonato, per una questione di costi, dato che era prevista anche una batte-ria leggermente più grande. L’uso del Wankel resta però aperto per utilizzi futuri, anche se non su auto elettriche. Piuttosto Mazda pensa di utilizzarlo per ibride seriali, dove la leggerezza del Wankel, e la pos-sibilità di farlo girare a regimi fissi, potrebbero essere l’ideale, per alimentare batterie in questo caso più piccole. Sempre che nel frat-tempo siano stati risolti gli storici problemi della camera di scoppia ellittica, ovvero il consumo di olio e la fuoriuscita di incombusti, oltre all’usura degli apici.

di S. DONATO

Gruppo Volkswagen e Enel X

formeranno una joint venture

(50/50) per portare sul territorio

italiano più di 3.000 punti di ricarica fino

a 350 kW in circa 700 località.

Nonostante l’ingresso di Volkswagen nel

progetto, la rete sarà disponibile per tut-

te le auto elettriche e sarà sviluppata da

Enel X, la società del Gruppo Enel che

gestisce la omonima rete di ricarica e i

relativi servizi a essa associati. L’installa-

zione dei 3.000 punti di ricarica in Italia

sarà realizzata tra il 2021 e il 2025. La

joint venture eserciterà le sue funzioni in

Italia come operatore di punti di ricarica

(Charging Point Operator, “CPO”) pos-

sedendo, investendo, e gestendo una

rete di punti di ricarica ad alta potenza

(High Power Charging, HPC). Enel X e

Volkswagen hanno fatto sapere che la

RETE DI RICARICA Il piano conta di completare i lavori entro il 2025 in 700 località italiane

Enel X e Volkswagen insieme in una joint venture 3.000 colonnine ultra-fast in Italia entro il 2025Le 3.000 colonnine HPC potranno essere usate da qualsiasi veicolo elettrico

joint venture si concentrerà sui centri

urbani, sulle tratte principali più utilizzate

dai pendolari e sulle principali strade ex-

tra-urbane. Gli obiettivi principali sono di

incrementare l’adozione di veicoli elet-

trici tra gli automobilisti urbani che non

dispongono di parcheggi privati, ridurre

l’”ansia da ricarica legata alle distanze”

specialmente per i pendolari che percor-

rono le tratte più lunghe, e fornire un’e-

sperienza di ricarica veloce. Volkswagen

fa l’esempio di una ID.3 carica in soli 20

minuti. La joint venture è stata firmata

dalle rispettive società, ma ora si aspetta

il perfezionamento dell’operazione con

l’autorizzazione amministrativa relativa

alla procedura di golden power presso

la Presidenza del Consiglio dei Ministri

italiano e i nulla osta rilasciati dalle com-

petenti Autorità Antitrust.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di P. AGIZZA

Con il caldo asfissiante, è impossibi-

le non notare quanto il raffredda-

mento dell’abitacolo pesi sui con-

sumi e in special modo, sull’autonomia

delle auto elettriche.

Anche Daikin, la famosissima azienda

giapponese di condizionatori d’aria,

si è posta il problema, sviluppando un

particolare tipo di liquido refrigerante

per auto elettriche capace di rendere

l’utilizzo del condizionatore meno ener-

givoro e migliorare sensibilmente, di

conseguenza, l’autonomia dei veicoli.

Nello specifico, il liquido refrigerante di

Daikin riduce la potenza richiesta per la

compressione del liquido – il meccani-

smo alla base del raffreddamento o del

riscaldamento del veicolo – consuman-

do quindi meno energia.

Secondo i calcoli degli ingegneri giap-

ponesi, l’autonomia sprecata da un’auto

AUTO ELETTRICA Il refrigerante è pensato per impattare il meno possibile sull’autonomia delle auto

Daikin, il segreto in un nuovo refrigerantePiù autonomia con il climatizzatore acceso L’arrivo del refrigerenate è previsto nel 2025, sarebbe l’esordio di Daikin nel settore dell’automotive

elettrica con il condizionatore in funzio-

ne potrebbe migliorare addirittura del

50% utilizzando il loro liquido refrige-

rante rispetto a quello attualmente in

uso. Prima di arrivare sul mercato, però,

il liquido refrigerante di Daikin dovrà

passare una lunga serie di test interni

e delle autorità. L’azienda prevede di

mettere in vendita il suo prodotto entro

la fine del 2025. In chiusura una curio-

sità: nonostante Daikin sia il più grande

produttore di condizionatori d’aria giap-

ponese e fra i più importanti al mondo,

non ha nessuno sbocco nel mercato

automobilistico.

Il refrigerante più utilizzato per le auto,

infatti, è un prodotto sviluppato con-

giuntamente dalle aziende americane

Honeywell e Chemours. Il futuro utilizzo

del liquido Daikin potrebbe portare quin-

di l’azienda giapponese ad esordire nel

mondo delle autovetture.

Volkswagen annuncia il SUV elettrico ID.8. Sarà lungo più di cinque metri, con ottima autonomiaLe dimensioni saranno simili a quelle della Atlas, un SUV commercializzato in Nord America e Cina. Tanto spazio dovrebbe significare anche ottima autonomia di P. AGIZZA

Volkswagen è al lavoro su un nuo-vo SUV elettrico, che si chiamerà ID.8 ed avrà dimensioni molto im-portanti. È quanto annunciato dal colosso tedesco, che continua nel suo proposito di ottenere la lea-dership nel settore dell’elettrico.Anche se il veicolo è stato annun-ciato ufficialmente, l’unica notizia certa è che l’ID.8 utilizzerà la po-liedrica piattaforma MEB alla base degli altri modelli elettrici del mar-chio tedesco. Per quel che riguar-da le dimensioni, ID.8 dovrebbe essere molto simile all’Atlas, il SUV che Volkswagen commercializza in Nord America e Cina. Parliamo, dunque, di una lunghezza di poco superiore ai cinque metri, con un passo di circa tre metri. Nessuna notizia certa per quel che riguar-da motorizzazione o prezzo della futura soluzione Volkswagen. Le ipotesi sono molte, e parlano di un motore da 300-400 cavalli ed un’autonomia da record agevola-ta dalle dimensioni imponenti del mezzo. Le indiscrezioni parlano di un arrivo sul mercato europeo previsto per i primi mesi del 2023 ma dal produttore tedesco non è trapelata nessuna informazione ufficiale.

di G. FAVETTI

Come si apprende dal comunicato sul sito ufficiale Saipem, il na-

scente hub energetico offshore

Agnes, che sorgerà al largo della costa

adriatica di Ravenna grazie alla partner-

ship con QINT’X, società operante nel

settore delle rinnovabili, sarà il primo caso

di applicazione di SUISO, una tecnologia

di nuova generazione nata dall’esigenza

di produrre idrogeno senza creare CO2,

che integra in uno stesso sistema diverse

fonti di energia rinnovabile quali l’eolico

galleggiante, il solare flottante e l’energia

marina con l’obiettivo di alimentare, insie-

me o singolarmente, elettrolizzatori per la

produzione di idrogeno verde installati su

piattaforme offshore già esistenti.

Francesco Caio, Amministratore Delega-

to di Saipem, ha commentato: “Il marchio

SUISO è un esempio della capacità di

Saipem di offrire soluzioni innovative e

FONTI RINNOVABILI Il sistema di cogenerazione coniuga eolico, solare ed energia marina

Saipem presenta l’innovativa tecnologia SUISO Una soluzione per la produzione di idrogeno verdeVerrà utilizzato per la prima volta all’interno del progetto Agnes al largo della costa ravennate

sostenibili per accompagnare i propri

clienti nella transizione energetica. La so-

luzione è adattabile a molteplici tipologie

di siti marini e alle diverse necessità di

produzione. Il know-how maturato nella

progettazione e realizzazione di infra-

strutture e impianti tecnologicamente

avanzati consente a Saipem di coprire

la catena del valore legata alla produ-

zione di idrogeno verde e di essere un

partner strategico nel percorso verso la

net zero economy”. L’ampia versatilità di

SUISO permetterebbe la riconversione

di infrastrutture marine nel settore oil&-

gas ormai giunte alla fine del loro ciclo

di vita ed inoltre l’ossigeno rilasciato dal

processo produttivo dell’idrogeno verde

potrà essere utilizzato in vari ambiti come

l’acquicoltura o la produzione di alghe. Il

marchio è stato depositato presso l’Uffi-

cio dell’Unione Europea per la Proprietà

Intellettuale (EUIPO) e potrebbe segnare

un importante passo in avanti verso la

decarbonizzazione del nostro Paese.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

Tesla ha lanciato l’abbonamento

mensile chiamato Full Self-Driv-

ing che, al costo di 199 dollari al

mese, o di 99 dollari al mese per coloro

che avevano già acquistato il pacchetto

Autopilot avanzato, darebbe finalmente

accesso a una guida autonoma più avan-

zata. Un’offerta, però, che chiede anche

1.500 dollari di spesa aggiuntiva se non si

possiede un veicolo con un computer di

bordo FSD con Hardware 3.0.

Guida autonoma avanzata a 199 dollari al meseIl Full Self-Driving è già disponibile come

acquisto una tantum al prezzo di 7.500

euro anche in Italia. Tesla ha aggiunto la

possibilità di averlo come abbonamen-

to mensile al prezzo di 99 dollari o 199

dollari – in base alla presenza o meno

dell’Autopilot avanzato – ma chieden-

do un consistente sacrificio economico

proprio a coloro che avevano creduto in

Tesla più di tutti gli altri. Stiamo parlando

della spesa aggiuntiva di 1.500 dollari per

l’aggiornamento del computer di bordo.

La disponibilità del nuovo abbonamen-

to mensile è comparso sull’app di Tesla

con il messaggio: “La capacità Full Sel-

f-Driving è ora disponibile come abbona-

mento mensile. Aggiorna la tua [Modello

e VIN dell’auto, ndr] per 199 dollari al

mese (tasse escluse) per sperimentare

caratteristiche come Navigare con il pilo-

ta automatico, Cambio di corsia automa-

tico, Auto Park, Summon e Controllo dei

semafori e dei segnali di stop.”

Attualmente, tutti i modelli Tesla sono

dotati dell’Autopilot di base, una serie di

funzioni di assistenza alla guida e di si-

curezza che includono il mantenimento

automatico della corsia, il cruise control

consapevole del traffico e altre caratteri-

stiche di sicurezza standard come l’assi-

stenza alla frenata d’emergenza.

Il pacchetto “Full Self-Driving” (FSD) va

oltre e aggiunge altre caratteristiche di

assistenza alla guida che permettono

all’auto di prendere più decisioni da sola

e includono la navigazione con il pilo-

AUTO ELETTRICA Ora si può ricevere il Full Self-Driving sulle Tesla con un abbonamento mensile

Tesla lancia l’abbonamento Full Self-Driving 1500 $ chiesti anche ai vecchi proprietari Poi ci ripensa e il prezzo scende a 1000 $Tesla chiedeva 1.500 dollari per un aggiornamento hardware a chi non aveva il pacchetto FSD Ma le lamentele dei vecchi proprietari Tesla hanno fatto scendere il prezzo a 1.000 dollari

ta automatico, il cambio automatico di

corsia, il parcheggio automatico, il “Sum-

mon” e il controllo dei semafori e dei

segnali di stop. In futuro saranno abilità

completamente autonome, ma per il mo-

mento è ancora richiesta l’attenzione del

conducente.

C’è da precisare però che anche i vecchi

proprietari di Tesla - prodotte prima della

metà del 2019 - che avevano acquistato il

pacchetto completo FSD (in Italia si chia-

ma “Guida autonoma al massimo poten-

ziale” e costa 7.500 euro) stanno riceven-

do l’upgrade hardware gratuitamente.

L’extra di 1.500 dollari è per chi vuole

usare la modalità in abbonamento ma

non aveva preso il pacchetto completo

FSD con la vettura. Tuttavia, gli fu detto

che la vettura aveva già tutto per la guida

autonoma avanzata, ed è comunque una

spesa imprevista.

Tesla, probabilmente spinta dalle lamen-

Smart pensa in grande con un nuovo SUV tutto elettricoSmart Automobile ha svelato le immagini di un concept che ritraggono un SUV elettrico: il debutto è atteso al salone di Monaco a settembre, l’arrivo del modello definitivo sul mercato è previsto nel corso del 2022 di C. STELLARI

Smart non è nuova al mondo elet-trico, ma a quanto pare ora ha deciso di pensare “più in grande” con un SUV elettrico le cui dimen-sioni si possono ipotizzare in circa 4 metri di lunghezza. Nelle imma-gini, svelate con un teaser, si nota il tetto panoramico caratterizzato da una cornice oro opaco chiama-ta Ring of Light (cerchio di luce) che circonda il grande cristallo pa-noramico dotato di illuminazione dedicata. Oltre alle dimensioni più generose, è evidente la ricerca di un nuovo stile: “smart evolve, diventa più premium e high-tech, acquisendo un livello di sofistica-zione e qualità ancora più eleva-to”, ha dichiarato Kai Sieber, Head of Design smart nel team di Gor-den Wagener. L’intenzione da par-te di smart è evidentemente quel-la di aprirsi verso nuovi segmenti.La piattaforma utilizzata dovrebbe essere quella modulare SEA, che Geely impiegherà in futuro anche per il nuovo SUV Volvo XC20. Inoltre, non è difficile ipotizzare l’adozione di un sistema di info-tainment tra i più avanzati, dotato di una piena connettività e con assistente vocale. Ne sapremo di più al Salone di Monaco, a settem-bre; l’arrivo del modello definitivo sul mercato è invece previsto nel corso del 2022.

tele nate in rete dopo l’annuncio, ha

deciso di ridurre il costo dell’aggiorna-

mento hardware per questi proprietari a

1.000 dollari.

Il caos nato da un post sul blog del 2016Per poter far completamente luce sulla

vicenda bisognerebbe leggere il contrat-

to di vendita in mano ai possessori delle

vecchie Tesla, perché finora le proteste

nascono dalla riesumazione di un vec-chio post di Tesla del 2016 nel quale

la società diceva: “Siamo entusiasti di

annunciare che, a partire da oggi, tutti i

veicoli Tesla prodotti nella nostra fabbri-

ca - compresa la Model 3 - avranno l’har-

dware necessario per la piena capacità

di guida autonoma a un livello di sicurez-

za sostanzialmente superiore a quello di

un conducente umano.” Il titolo del post

era: “Tutte le auto Tesla in produzione

ora hanno il Full Self-Driving”. Un titolo

che poteva essere fuorviante.

Se però si va a leggere la pagina di sup-porto relativa all’FSD, anche in italiano,

Tesla dice chiaramente che: “Se hai ac-

quistato la funzione Guida autonoma

completa e disponi di computer Autopi-

lot 2.0 o 2.5, potrai ricevere un’installa-

zione gratuita del nostro computer FSD

(Hardware 3.0, ndr).”

Resta da capire quanto questa infor-

mazione fosse chiara a chi comprò una

Tesla nel 2016 e fino alla metà del 2019,

dato che nel 2016 i dubbi di Tesla circa

le mancanza di capacità degli Autopilot

dell’epoca nel gestire l’FSD non erano

ancora venuti a galla.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Pasquale AGIZZA

Greyp è un’azienda croata di bici-

clette elettriche che si sta facen-

do notare sul mercato per le sue

soluzioni di alto livello e l’utilizzo di un

gran numero di soluzioni tecnologiche.

Costola di Rimac, l’obiettivo della società

è quello di portare lo stesso approccio

che contraddistingue l’azienda automo-

bilistica nel mondo delle biciclette.

Uno degli ultimi modelli lanciati da Greyp

è la e-SUV T5 che, come lascia intende-

re il nome, coniuga un design pensato

per il trekking ad alcune soluzioni pen-

sate per l’utilizzo in città.

Il primo aspetto da notare è che la T5 è la

prima bicicletta elettrica di Greyp a non

utilizzare un telaio in carbonio: la biciclet-

ta è infatti composta di alluminio, con un

manubrio largo in stile mountain-bike e

una geometria pensata per stare a metà

fra l’esigenza di agilità e comodità. A bor-

do abbiamo un motore a trazione centra-

le MPF con velocità massima limitata a

25 chilometri orari, cambio a dodici ve-

locità e un set di freni a disco idraulici a

doppio pistone. Molto interessanti i dati

riguardanti l’autonomia: grazie all’utilizzo

di una batteria da 700 Wh fatta in casa,

BICI ELETTRICA La casa croata svela il modello T5 pensato per coniugare trekking ed utilizzo in città

Greyp pensa anche al trekking con T5 L’eBike high-tech sempre connessaCosta più di 4mila euro, ha una e-SIM per essere sempre connessi e fa più di 100 km con una carica

la T5 ha un’autonomia di 100 chilometri

con la pedalata assistita. La batteria, uti-

lizzata anche in altri modelli del marchio,

è posizionata in un supporto ancorato

al tubo obliquo. Per quel che riguarda

invece la parte trekking, T5 integra una

forcella RockShox Debonair con 100 mm

di sospensione capace, grazie anche

alla ruota anteriore da 29 pollici, di offri-

re un’ottima maneggevolezza anche sui

terreni più accidentati.

A bordo una e-SIM per essere sempre connessiCome detto in apertura, tutti i modelli di

e-bike di Greyp possono contare su una

dotazione tecnologia di prim’ordine, e la

T5 non fa eccezione: a bordo troviamo,

ad esempio, una e-SIM integrata grazie

alla quale la bicicletta è sempre connes-

sa. Fulcro centrale dell’esperienza è poi

l’applicazione di Greyp, che può funzio-

nare in due modi distinti: c’è la modalità

Dashboard che, come lascia intende-

re il nome, trasforma il cellulare in una

dashboard estesa capace di mostrare

ad esempio una mappa con navigatore

passo-passo.

L’altra modalità si chiama Remote, e

rende lo smartphone più simile ad un

telecomando per la bicicletta. In questa

modalità sarà possibile bloccare la bici-

cletta da remoto, spegnerla completa-

mente o scattare una foto.

Così come la sua casa madre Rimac,

Greyp si rivolge ad una nicchia ben pre-

cisa del mercato: il prezzo di partenza

della T5 è fissato infatti a 4.499 euro.

Honda porta le sue batterie estraibili per moto anche in una mini scavatrice elettricaHonda e Komatsu hanno trasformato una mini scavatrice in mezzo elettrico, usando le batterie intercambiabili per moto e scooter di M. ZOCCHI

Honda mira a creare un ecosiste-ma condiviso, con protagoniste le sue batterie estraibili ed intercam-biabili, originariamente sviluppate per moto e scooter elettrici. Per far ciò, ha iniziato ad elettrificare diversi veicoli e macchinari, anche ad uso industriale e civile. Come la scavatrice Komatsu PC 01, che ha detto addio al motore a combustio-ne, per accoglierne uno elettrico, sempre di Honda, accompagnato da una coppia delle suddette bat-terie. La scavatrice è stata modifi-cata con un vano posteriore per aggancio batterie, e il motore elet-trico alimenta sia gli spostamenti, sia la parte idraulica della scavatri-ce. Honda ha rilasciato una dichia-razione: “Aggiungendo un’ampia varietà di attrezzature per l’inge-gneria civile e l’edilizia elettrificate all’operazione di alimentazione intelligente che include già i pro-dotti di mobilità e alimentazione elettrificati di Honda, Honda sta cercando di stabilire un’ampia rete di sistemi di condivisione della bat-teria basati sul sistema MPP. (Mo-bile Power Packs) Perseguendo ulteriormente l’azzeramento delle emissioni e l’utilizzo di energia rinnovabile nei cantieri dei propri clienti, Honda continuerà a dare il proprio contributo alla realizza-zione di una società sostenibile e “circolare” che punta a un impatto ambientale zero”.

di P. AGIZZA

Progettate specificatamente per auto

elettriche, con la capacità di soppor-

tare il peso maggiore dovuto alle

batterie ma offrendo, al tempo stesso,

una bassissima resistenza al rotola-

mento. Sono queste le caratteristiche di

P-ZERO HL, i nuovi pneumatici di Pirelli

che debutteranno con la Lucid Air a fine

anno.

Come intuibile, l’HL della sigla (High

Load) indica che questi pneumatici ad

alto carico sono in grado di supportare il

20% in più di peso rispetto a uno pneu-

matico standard della casa italiana e il 9%

AUTO ELETTRICA Sviluppate in collaborazione con Lucid, debutteranno sulla Air a fine anno

Pirelli, pneumatici specifici per auto elettriche Si chiamano P-ZERO HL, debutto con la Lucid AirSopportano fino al 20% di peso in più rispetto agli pneumatici standard della casa milanese

in più di peso rispetto

ad uno pneumatico XL

della stessa grandezza.

Gli pneumatici P-ZERO

HL integreranno an-

che la tecnologia Pirelli

Elect, grazie alla quale

potranno contare su

una bassissima resi-

stenza al rotolamento.

Inoltre saranno realizzati con una parti-

colare mescola progettata per migliorare

l’aderenza e per gestire meglio la coppia

istantanea fornita dai propulsori elettrici.

Nello sviluppo degli pneumatici Pirelli si

è avvalsa della collaborazione di Lucid

Motors, e come detto debutteranno pro-

prio sull’attesissima Lucid Air, nelle misu-

razioni HL 245/35R21 per l’anteriore e HL

265/35R21 per il posteriore.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Giulia FAVETTI

Dopo un lungo processo di se-

lezione i vertici dell’olandese Li-

ghtyear hanno individuato nella

casa automobilistica Valmet il partner

perfetto con cui proseguire il cammino

per la produzione di auto elettriche so-

lari. “La nostra esperienza come produt-

tore di automobili e la nostra attenzione

alla mobilità elettrica e ai sistemi di bat-

terie ci rendono predestinati a processi

in cui la mobilità deve essere ridefinita.

Siamo pronti per entrare in nuove aree

nella produzione di automobili e siamo

quindi lieti che Lightyear ci abbia scelto

come partner di produzione”, ha orgo-

gliosamente affermato Olaf Bongwald,

CEO di Valmet Automotive.

La casa automobilistica, che da Ottobre

2020 ha deciso di concentrarsi solo ed

esclusivamente sulla mobilità elettrica,

sta investendo molto nell’ampliamento

della sua capacità di produzione di batte-

rie puntando a ricoprire un ruolo chiave

come produttore a contratto e l’accordo

AUTO ELETTRICA Il contratto verrà finalizzato ad agosto, la produzione inizierà il prossimo anno

Lightyear stringe un accordo con ValmetSaranno partner per produrre Lightyear OneI vertici di Lightyear hanno individuato in Valmet il partner perfetto per produrre elettriche solari

con Lightyear, a cui verrà probabilmen-

te dedicata una linea di assemblaggio

specifica per la produzione del Lightyear

One, è indubbiamente una forte spinta

verso quel traguardo.

Nelle intenzioni dei vertici della start up

olandese, nata dal team solare di TU Ein-

dhoven, cui abbiamo dedicato diversi

articoli (l’ultimo dei quali pubblicato solo

poche settimane fa proprio sul Lightye-

ar One) c’è una corposa riduzione del

prezzo dei propri veicoli, che al momento

supera i 100.000 €, con il lancio di una

versione più economica con un costo in-

feriore di due terzi dell’attuale, ed è molto

probabile che la partnership con Valmet

giocherà un ruolo importante in tal sen-

so. Secondo quanto trapelato a Gennaio

2020 la Società prevede di aumentare

la produzione di auto solari a 100.000

unità annuali a partire dal 2023, cia-

scuna con un prezzo di vendita di circa

50.000 euro; oltre all’accordo con Val-

met, Lightyear sta raccogliendo capitale

attraverso vari investitori, arrivando a

raccogliere 48 milioni di dollari a Marzo.

Un secondo finanziamento azionario è

previsto entro la fine dell’anno.

Il gigante delle flotte commerciali elettrificate XL Fleet investe in eNow. Presto l’acquisizione?XL Fleet fornirà batterie e sistemi di elettronica di potenza per le nuove unità di refrigerazione di eNow. Ma potrebbe esserci molto di più: le due aziende hanno già stipulato un accordo per l’acquisto di eNow ad un prezzo stabilito di P. AGIZZA

Il gigante della gestione di flotte commerciali elettriche ed ibride XL Fleet ha annunciato una col-laborazione con l’azienda spe-cializzata in sistemi di energia rin-novabile per autocarri e rimorchi pesanti eNow. In base all’accordo, XL Fleet fornirà batterie e sistemi di elettronica di potenza per le pri-me 1.000 nuove unità di refrige-razione per il trasporto elettriche eTRU di eNow, pensate specifica-tamente per il mercato dei rimor-chi commerciali di classe 8.Oltre alla collaborazione nell’am-bito delle unità di refrigerazione, l’accordo prevede anche un cor-poso investimento di XL Fleet in eNow: si parla di tre milioni di dollari per una parte della so-cietà, con l’accordo che prevede anche la possibilità, per XL Fleet, di acquistare tutta eNow ad un prezzo già concordato. XL Fleet è la più grande realtà americana nel campo della gestione di flotte commerciali elettriche. eNow è invece un’azienda specializzata in sistemi di energia rinnovabile per autocarri e rimorchi pesanti.

di M. ZOCCHI

La nuova berlina elettrica di XPeng,

la P5, sembra essere davvero una

“game changer”, proprio come era

stata presentata allo scorso salone di

Shangai. Questo almeno stando ai prezzi

annunciati dal costruttore: la P5 sarà infatti

in vendita sul mercato cinese da 160,000

a 230.000 yuan (24.600 – 35.400 $ cir-

ca), a seconda della versione, prezzi sulla

carta decisamente inferiori a quelli della

Tesla Model 3, con la qual la P5 si mette

naturale competizione: la Model 3 è infatti

in vendita in Cina a partire da 250,900

yuan ($38,650). La XPeng P5 sarà dispo-

nibile in Cina in ben 6 versioni. 460G,

460E, 550G, 550E, 550P e 600P, in or-

dine crescente di dotazione; l’autonomia

AUTO ELETTRICA Produzione al via il prossimo settembre. Aperti i preordini per il mercato cinese

Prezzi aggressivi per la nuova berlina XPeng P5 In Cina si parte da meno di 25.000 dollariSi parte da 160.000 yuan (24.600$) nella versione base per arrivare a 230.000 yuan (35.400$)

dichiarata secondo il ciclo NEDC va da

460km a 600 km. La tecnologia Lidar, su

cui XPeng aveva messo l’accento duran-

te la presentazione della P5, sarà dispo-

nibile in realtà solo sulle versioni 550P

e 600P, grazie all’utilizzo di due sensori

Lidar abbinati all’hardware del sistema di

guida XPILOT 3.5. L’XPILOT 3.0 della P5

550E si avvale invece di sensori radar

con lunghezza d’onda pari a 5 mm, di 12

sensori ultrasonici e di 13 videocamere

per l’assistenza alla guida. Tutte le ver-

sioni arrivano “di serie” sul mercato con

l’XPILOT 2.5: gli utenti che desiderano le

versioni più avanzate dell’ADAS XPILOT

dovranno effettuare un upgrade pagan-

do di tasca propria un importo aggiuntivo,

al momento non noto. La produzione del-

la XPeng P5 inizierà il prossimo settem-

bre, con le prime consegne sul mercato

cinese previste a ottobre. Sono già aperti

i preordini riservati ai clienti cinesi.

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MAGAZINEn.81 / 2126 LUGLIO 2021

di Sergio DONATO

La Commissione europea ha pre-

sentato la proposta “Fit for 55” che,

nell’ambito del Green Deal euro-

peo, mira a ridurre le emissioni nette

di gas a effetto serra di almeno il 55 %

entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Nel pacchetto di 13 proposte ce n’è una

che tocca con precisione le stazioni di

ricarica e l’obbligo per gli Stati membri

di garantire un livello minimo di potenza

di ricarica sul territorio.

Stazioni di ricarica ogni 60 kmLa proposta è quella che riguarda la revisione del regolamento sull’infra-

struttura per i combustibili alternativi, e

che impone agli Stati membri non solo

di aumentare la capacità di ricarica in

linea con le vendite di autovetture a

emissioni zero, ma regolamenta anche

la disposizione delle stazioni di ricarica

sul territorio.

Secondo la proposta, lungo rete stra-

dale transeuropea dei trasporti TEN-T

(Trans-European Transport Network)

che raccoglie le vie di comunicazione

più importanti dell’Europa, per le auto

elettriche dovrà essere installata una

stazione di ricarica ogni 60 km e in en-

trambi i sensi di marcia con queste spe-

cifiche caratteristiche:

Gli Stati membri devono garantire al-

meno 300 kw di capacità installata,

compreso almeno un punto di ricarica

da 150kW, ogni 60 km in ogni direzione

sulla rete centrale TEN-T entro il 2025

e 600kW di capacità installata, compre-

si almeno due 150kW in ogni direzione

sulla rete centrale (core) TEN-T entro il

MOBILITÀ SOSTENIBILE Obblighi e regole sono compresi in una proposta della “Fit for 55”

La richiesta della Commissione europea Obbligo installazione di stazioni di ricaricaStazioni di ricarica ogni 60 km in entrambi i sensi di marcia, e c’è spazio anche per l’idrogeno

2030. Inoltre, gli Stati membri devono

garantire ogni 60 km sulla rete globale

(comprehensive) TEN-T 300 kW di ca-

pacità installata, di cui almeno uno da

150kW, entro il 2030 e 600kW di capa-

cità installata, di cui almeno due punti di

ricarica da 150kW, entro il 2035.

Spieghiamo con una mappa di ANAS, la differenza tra la rete centrale (core)

e la rete globale (comprehensive) della

rete TEN-T in Italia.

Per quanto riguarda la ricarica dei ca-

mion (HDV, heavy-duty vehicles), le spe-

cifiche sono le seguenti, e ovviamente

non obbliga ad avere stazioni di ricarica

separate, che quindi nello stesso luo-

go possono accogliere anche le auto,

sebbene con le potenze viste in prece-

denza:

Per i camion gli Stati membri devono

garantire almeno 700kW di capacità in-

stallata, con punti di ricarica da 350kW

(o superiori), ogni 60 km in ogni dire-

zione sulla rete centrale TEN-T entro

il 2025 e 1.400 kW di capacità instal-

lata con punti di ricarica da 350kW (o

superiori) entro il 2030. Inoltre, gli

Stati membri devono garantire almeno

700kW di capacità installata, con punti

di ricarica da 350kW (o superiori) ogni

100 km sulla rete globale TEN-T entro

il 2030 e 1400 kW di capacità installata

con punti di ricarica da 350kW (o supe-

riori) entro il 2035.

Gli Stati membi devono garantire che il

parcheggio notturno sicuro per i veicoli

pesanti abbia almeno una stazione di

ricarica di almeno 100kW entro il 2030.

Inoltre, devono garantire un minimo di

capacità di ricarica elettrica (600 kW in-

stallati nel 2025 e 1,2 kW installati nel

2030 attraverso punti di ricarica di al-

meno 150 kW ciascuno) in ogni nodo ur-

bano della rete TEN-T come definito nel

regolamento sugli orientamenti TEN-T,

in particolare per servire i camion di

consegna urbani.

C’è spazio anche per l’idrogenoPer i veicoli che vanno a idrogeno, la

proposta dice che gli Stati membri de-

vono garantire ogni 150 km sulla rete

centrale TEN-T almeno una stazione

che serva entrambe le direzioni per i

veicoli pesanti a 700 bar (mentre 350

bar è opzionale) entro il 2030. I veicoli

leggeri devono essere abilitati a rifornir-

si in tutte le stazioni. Le stazioni devono

fornire una capacità minima giornaliera

di 2 tonnellate. Gli Stati membri devono

garantire che almeno una stazione di ri-

fornimento di idrogeno sia installata per

ogni nodo urbano della rete TEN-T con

una capacità di 2 tonnellate di idrogeno

al giorno entro il 2030.

Inoltre, gli Stati membri devono garan-

tire che ogni 450 km sulla rete TEN-T

una stazione di rifornimento di idrogeno

serva idrogeno liquido ai camion e che

l’idrogeno liquido sia servito in almeno

un terzo dei nodi urbani.

Colonnine ben indicate e metodi di pagamento alternativiLa proposta europea sull’infrastruttura

dei combustibili alternativi nel Fit for 55

prevede anche l’uso di sepcifici segnali

stradali con i quali dovranno essere in-

dicate le colonnine installate in città e

nei parcheggi delle autostrade.

Saranno inoltre rinnovati i metodi di pa-

gamento che comprenderanno l’uso di

carte di credito - anche contactless - e il

QR code, oltre ai sistemi di abbonamen-

to già implementati.

Supercharger Tesla aperti ad auto di altri costruttori entro la fine dell’anno, parola di Musk. Ma come e dove?Entro la fine di quest’anno si potrà caricare la propria auto elettrica utilizzando la rete Supercharger, anche se non è una Tesla, ma al momento i dettagli non sono ancora chiari di Claudio STELLARI

Solo chi possiede una Tesla può utilizzare la rete Supercharger per caricare la propria auto, que-sto almeno finora. A breve però le cose potrebbero cambiare: Elon Musk ha infatti confermato che la rete di ricarica esclusiva Tesla sarà aperta entro la fine dell’anno anche ad auto di altri costruttori. In realtà non si tratta di una novità del tutto inattesa: Tesla aveva già manifestato più volte l’intenzione di aprire i propri Supercharger alle auto di altri costruttori, lo scorso mese in particolare Tesla aveva confermato al governo norvegese che prevedeva di apri-re la propria rete ad altre case au-tomobilistiche, per ottenere l’ac-cesso ai sussidi previsti; anche il Governo Tedesco ha chiesto l’a-pertura della rete Supercharger. Il piano di apertura è ambizioso, soprattutto considerata la time-line molto stretta, con l’apertura fissata entro la fine dell’anno. Ci sono infatti diversi aspetti da mettere a punto: Tesla dovrà ade-guare la propria app e, problema non da meno, dovrà affrontare il discorso dei costi di carica e del sistema di pagamento.