2 - Kenya: Wangui e suo fratello Wambua

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Le FIABE AFRICANE di Okombo - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER www.risparmiolandia.it 2 - Kenya: Wangui e suo fratello Wambua

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Le FIABE AFRICANE di Okombo

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Chissà quante volte la bella Wangui l’aveva detto, a suo fratello Wambua.

– Ti prego, non lasciarmi sola a casa la sera... non andartene a gozzo-vigliare coi tuoi amici fino a tardi!

– Hai forse paura del buio? – le rispondeva sghignazzando il fratello, che di lavoro faceva il pastore.

– Del buio no, ma dei malintenzio-nati che se ne vanno in giro a rapire le ragazze, di quelli ho il terrore!

– Ma se te ne stai sempre chiusa in casa a lavorare e a far da mangiare... chi vuoi che pensi a te?

– Già, sempre lì a lamentarti, tu, ma se dopo la morte dei nostri geni-tori non ci fosse tua sorella a badare a te, a prepararti il pranzo e la cena e a tenere in ordine la tua stanza, mi sai dire che fine faresti? Comunque, vattene pure, la sera, a divertirti coi tuoi amici, ma se dovesse succedermi qualcosa di brutto ricordatelo bene: io mi porterò dietro una zucca piena di grasso, che farò gocciolare lungo la strada che prenderanno i miei rapito-ri, così tu potrai seguire le mie tracce, liberarmi e riportarmi a casa!

Wambua s’era quasi dimenticato delle avvertenze di Wangui quando, rientrando una sera a casa molto tardi, non trovò nessuno! La capanna era deserta, anche il ripostiglio so-speso delle vivande, il recinto delle loro dieci pecore e quello delle loro dieci mucche e il capanno degli at-trezzi erano vuoti: Wangui era spa-rita nel nulla, rapita probabilmente

da qualche malfattore. Solo a quel punto il ragazzo si ricordò della zucca piena di grasso che Wangui di sicuro s’era portata appresso e si gettò sulle tracce di sua sorella.

Inseguì per alcuni giorni e alcune notti le gocce di grasso che Wangui aveva fatto cadere sul sentiero e che ben presto avevano fatto germoglia-re delle tenere pianticine facili da vedere anche al chiarore della luna, guidato dall’eco lontana della voce

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squillante della sorella che urlava “Corri Wambua, corri: segui le piante e vieni a salvarmi!”

Alla fine, però, il pastore si ritrovò sulle rive di un fiume difficile da attra-versare e col pensiero fisso alle sue povere bestie lasciate sole a casa: ab-bandò allora a malincuore le ricerche e fece ritorno al suo villaggio.

Il fatto è che, senza più una perso-na che pensasse a lui, Wambua non trovò più il pranzo pronto nel cestino e la cena apparecchiata in tavola, mentre la casa deperiva giorno dopo giorno soffocata da un disordine incredibile. Visto però che almeno un fuoco sapeva accenderlo, per non morire di fame il giovane cominciò ad abbattere una capra dopo l’altra e poi una mucca dopo l’altra. Quando però ebbe mangiate tutte le sue bestie, rimase con la pancia vuota come le stalle, tanto che dovette trasferirsi in un altro paese e farsi assumere come aiutante da un altro pastore.

Alcuni anni dopo Wambua, diventato nel frattempo un giovanotto grande e grosso, nel portare le capre al pascolo s’accorse che le piantine nate lungo il sentiero dal grasso lasciato cadere da sua sorella Wangui erano cresciute trasformandosi in una fila intermina-bile di alberi altissimi, sottili e frondo-si. Riconsegnò allora le capre al loro legittimo proprietario, prese la misera paga che gli spettava e s’incamminò lungo il sentiero segnato da quella

sfilata di alberi.Ben presto giunse sulle rive del

grande fiume che già una volta l’aveva bloccato e costretto a tornarsene in-dietro: lì vide due bambini che stava-no giocando sulla riva.

– Sono un povero viandante che ha una gran sete, bambini – disse Wam-bua, – potreste darmi un goccio d’ac-qua pulita da bere?

– La nostra mamma ci ha insegnato ad esser gentili coi poveri – disse il

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bimbo più grande, – perciò bevi l’ac-qua da questa zucca e poi vieni con noi: a casa nostra troverai da mangia-re e anche un tetto sotto cui dormire.

Era trascorso parecchio tempo, perciò se Wambua riconobbe subito sua sorella Wangui, la mamma dei due bambini vide in lui solo un povero viandante, affamato e debole per il lungo cammino. Wambua però s’ac-corse che il recipiente in cui la sorella aveva messo la minestra destinata a lui non era una delle belle ciotole dipinte in cui stavano mangiando gli altri, bensì una zuppiera di terracotta con gli orli sporchi e rotti. E ci rima-se male quando, per la notte, invece di ospitarlo una delle stanze da let-to della grande capanna, lo invitò a dormire su una stuoia per terra, nel ripostiglio delle sementi.

La mattina dopo, quando i due bimbi si svegliarono e andarono in cerca dello straniero,lo trovarono accovacciato lungo il muretto dell’or-to. Non visti i due piccoli si avvicina-rono e lo sentirono borbottare: – Ma guarda tu che triste storia, la mia: io ho riconosciuto mia sorella Wangui, mentre lei non s’è accorta che il suo caro fratello Wambua è finalmente venuto a cercarla e a liberarla dai suoi rapitori! Mi ha dato la minestra in una zuppiera di vecchia terracotta e questa notte mi ha fatto dormire per terra come un mendicante qualsiasi! Nessuno mi costringerà a rimanere un giorno in più in casa sua!

I due bambini corsero in cucina e riferirono alla madre quel che aveva-no sentito: – Mamma Wangui, quel signore dice di essere tuo fratello Wambua, venuto per salvarti dai rapitori…

E la donna finalmente capì. Cor-se in cortile ma non trovò nessuno. Disperata seguì le tracce del fratello e lo trovò seduto accanto al fuoco centrale del villaggio più vicino.

– Devi perdonarmi, Wambua, se non ti ho riconosciuto, ma gli anni ti hanno cambiato: io ti ricordo poco più che bambino e adesso sei un uomo fatto! Torna a casa mia, ti pre-go!

Wambua scosse la testa: – Non è stato bello vedere mia sorella trat-tarmi come fossi un mendicante qualsiasi: a causa tua io ho perso tutte le nostre capre e tutte le nostre mucche, ma ho perso anche il lavoro e la dignità… E cosa mi ritrovo come ringraziamento? Una vecchia ciotola di terracotta con l’orlo slabbrato e il duro pavimento del ripostiglio come letto! Ecco che cosa mi rimane…

– Ascolta Wambua – supplicò allo-ra la sorella, – tu resta qui mentre io torno a casa mia…

– E cosa ci vai a fare, dai tuoi figli?– Vado a chiedere a mio marito

che ti regali cinque capre e cinque mucche, così potrai riprendere il tuo vecchio lavoro…

– Quando tu sei stata rapita, avevo dieci capre e dieci mucche: ne voglio

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altrettante, altrimenti me ne andrò lontano e di me non sentirai più par-lare!

Dieci capre e dieci mucche sono un tesoro, pensò Wangui, ma voglio mettere alla prova l’amore di mio marito. Se anni fa mi fece rapire per sposarmi, vuol dire che mi voleva bene. È giunto momento di vedere se me vuole ancora!

Il marito di Wangui non ebbe esi-tazione alcuna: andò al recinto delle capre e ne liberò dieci; andò poi a quello delle mucche e ne fece uscire dieci.

– Ecco, mia bella Wangui, queste sono le bestie che mi hai chiesto, e

quello laggiù – proseguì indicando un grande prato all’ombra degli alberi della foresta, – è il luogo in cui tuo fratello potrà costruirsi una casa per sé e per la moglie che vorrà scegliere. Così voi due tornerete a vivere vicini e sarete entrambi felici!

Avvenne proprio così: Wangui e Wambua tornarono a vivere assieme da buoni fratello e sorella, mentre i più felici furono i due figli di Wangui, che da un giorno all’altro si ritrovaro-no con uno zio così simpatico che gli si poteva anche perdonare quel pizzi-co di sfacciataggine che prima l’aveva messo nei pasticci, ma che poi dai pasticci l’aveva anche tirato fuori.