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LLLEEE ORMEORMEORME DELLEDELLEDELLE PAROLEPAROLEPAROLE Silvano Trolese
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Illustrazioni: Fulvia Morganti Progetto grafico: Angela Boscardin Marzo 2015
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LLLEEE ORMEORMEORME DELLEDELLEDELLE PAROLEPAROLEPAROLE
Continuità Scuola dell’infanzia – Scuola primaria
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In un tempo molto lontano, nel profon-
do di una foresta, viveva un famosissi-
mo mago di nome Alfa.
Il mago era conosciuto da tutti per le
sue innumerevoli scoperte, oltre che
per le sue formidabili magie.
Una sua famosa invenzione era l'imbu-
to.
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Voi direte: - Che bella scoperta, l'im-
buto, noi lo vediamo usare sempre
dalla mamma o dal papà, e non ci
sembra un oggetto così formidabile! -
Ai tempi di Alfa però, non c'erano gli
imbuti e le bottiglie erano state inven-
tate da poco.
Provate a pensare quindi, come potes-
se il mago, o chiunque altro, andare a
prendere l'acqua con il secchio e riem-
pire poi le bottiglie: risultava un'opera-
zione impossibile.
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Un giorno, passando accanto al ruscello che attraversava la foresta,
Alfa vide un orsetto lavatore, o meglio, un procione che si lavava le orecchie
con l’acqua: il mago si avvicinò e vide che rimanevano piene di acqua.
Alfa volle provare a lavarsi le orecchie allo stesso modo e così si riempì
anche lui le orecchie con l'acqua. Si accorse, però, che l'acqua non usciva
più e questo gli dava fastidio.
Provò a scrollare la testa come il procione, ma niente, l'acqua non voleva
proprio uscire.
Allora pensò: - Se potessi farmi un buchetto nell'orecchio per fare uscire
l’acqua dall'altra parte, sarebbe tutto più facile. Però non posso bucarmi
l’orecchio, l’acqua poi mi entrerà nella testa, tra le due orecchie, e allagherà
tutti i miei pensieri! -
Si fermò, guardò il procione e d’improvviso cacciò un urlo che fece spaventa-
re a morte il povero animaletto, il quale scappò via con il pelo così ritto da
sembrare un porcospino.
Perché Alfa aveva urlato?
Cosa era successo alle sue orecchie?
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Alfa continuava a saltare e gridare poi, improvvisamente prese una foglia da
una quercia, la arrotolò, prese una bottiglietta dal suo borsone e avvicinandosi
a una cascatella, mise la foglia arrotolata nel collo della bottiglia che mise
sotto l’acqua.
La bottiglia si riempì in un batter d’occhio e senza spandere neanche una goccia.
Ecco perché Alfa aveva urlato!
Aveva capito che, se avesse trovato qualcosa a forma di orecchio e con un buco,
avrebbe potuto finalmente riempire le bottiglie di acqua senza dover perdere, ogni
volta, interi pomeriggi e soprattutto senza bagnarsi tutto da capo a piedi.
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Questa dell'imbuto era una delle tante
invenzioni del nostro Alfa: aveva in-
ventato anche il martello, i chiodi e
tanti altri utensili.
Si dice anche che fosse un bravissimo
farmacista, medico e cuoco.
Si racconta, inoltre, che fosse lui l'in-
ventore della pizza e dei bignè.
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Era cosí conosciuto che tutti gli abitanti della foresta e del regno si recavano
da lui per chiedere consigli e per risolvere qualsiasi problema.
Molte donne andavano da lui di nascosto, per farsi dare le ricette delle sue
nuove pietanze e lui, ogni giorno, era costretto a ripetere la ricetta della pizza,
quella dei bignè e tante altre, dalle cento alle duecento volte.
Pensate al povero mago che doveva ogni giorno buttare al vento migliaia e
migliaia di parole! Questo era l'unico problema che il mago non riusciva a
risolvere.
Aveva provato ad assumere degli apprendisti ai quali ripeteva le ricette dei
suoi manicaretti e dei medicamenti, ma la quantità di parole era tale che,
dopo alcuni giorni, gli apprendisti scappavano con la testa che scoppiava.
Solo Alfa riusciva a ricordare tutto, aveva una memoria straordinaria, in grado
di tenere a mente centinaia, migliaia, milioni e persino miliardi di parole.
Cominciava però a essere vecchio e ogni tanto aveva qualche piccola dimenti-
canza: la sua memoria, infatti, qualche volta faceva cilecca.
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Un giorno, ad esempio, mentre spie-
gava al cuoco del regno in cui lui
abitava la ricetta della pizza alle
acciughe, dimenticò di ripetere
due ingredienti: la mozzarella e il
sale.
Provate a immaginare cosa successe
quella stessa sera al sontuoso palaz-
zo del re: tutti gli ospiti erano seduti
al tavolo e aspettavano di mangiare
quella rara pietanza, ma dopo che fu
servita e dopo i primi morsi si inco-
minciarono a vedere, tra gli invitati,
facce disgustate e mani alla bocca.
Persino l’educatissima regina che
dava sempre il buon esempio, sputò
il suo boccone sul piatto e gridò:
- Cos'é questa cosa immangiabile?
Portatemi subito il colpevole! -
Il mago fu costretto ad andare a
palazzo, perché non voleva che il
cuoco venisse incolpato a causa sua.
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Si accorse ancora una volta che una
piccola dimenticanza aveva causato
un incidente diplomatico gravissimo.
Il re e la regina, adirati, vollero spie-
gazioni di quanto era successo e
minacciarono il mago di cacciarlo
dalla foresta.
Alfa sapeva di avere un po' di colpa:
si scusò umilmente e promise che ciò
non sarebbe più accaduto.
Questi episodi, però, si erano ripetuti
più e più volte, e ormai il re e la regi-
na erano stanchi di lasciare gli invitati
a pancia vuota e di fare quelle figu-
racce davanti ad ambasciatori e
regnanti di altri paesi.
Questa volta, severissimi, i due
sovrani gli dissero:
- Se dovesse capitare ancora una
volta, sarà sicuramente l'ultima! -
Il povero mago uscì da palazzo con le
spalle curve, si sentiva triste e senza
forze e non era più sicuro della sua
ormai stanca memoria.
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Andò nella sua piccola casa in mezzo al bosco, aprì una porticina, entrò nella
stanza nella quale faceva i suoi esperimenti, il famoso laboratorio. Si mise a
camminare su e giù velocemente con passo nervoso.
La stanza era piena di alambicchi, di fumo e vapore, di fuocherelli sempre accesi
per mantenere calde le tisane per la tosse, per il mal di gola e altri intrugli vari.
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Tra i tanti oggetti, c’era una specie di stoffa bianca e sottile, dalla particolare
consistenza, che il mago aveva inventato un giorno, per caso, mentre cercava di
confezionare un vestito con una stoffa speciale.
Era Carnevale e voleva farsi un vestito con un tessuto resistente.
Ma come aveva fatto il mago a inventare questo tipo di stoffa?
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Un giorno aveva provato a raccogliere delle cortecce d’albero, ma nessuna di
queste calzava a pennello. Ne provò di tutte le misure: per le braccia, per le
spalle, per le gambe, ma nessuna gli andava bene.
Preso dalla rabbia perché a Carnevale non poteva vestirsi come desiderava,
cominciò a sbatacchiare tutto e a pestare le cortecce fino a ridurle in polvere.
La rabbia però non gli passava e così ruppe delle bottiglie d’acqua e ancora, non
contento, strappò tutti i sacchi di farina che aveva in casa.
Immaginatevi che confusione in quella piccola stanza, sembrava che vi fosse
entrato un uragano di formidabile potenza. Stremato dalla fatica, dopo che ebbe
esaurito tutte le sue energie, Alfa si adagiò con tutto il corpo sul tavolo e cadde
in un lungo sonno.
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Il mattino seguente, una volta sve-
glio si stropicciò gli occhi, si sgran-
chì braccia e gambe e scese dal
tavolo e, appena appoggiò il pie-
de sul pavimento, sentì uno strano
rumore: non era il solito scricchio-
lio del legno!
Guardò per terra e, sbalordito, si
accorse che il pavimento era rico-
perto da un sottile strato bianco.
Ne sollevò un lembo e si accorse
che il legno sbriciolato, che lui
aveva gettato per terra, aveva
formato, insieme all'acqua e alla
farina, una sorta di stoffa rigida, che
però si poteva anche un po' piega-
re.
Felice per tutto ciò, utilizzò questa stoffa per farsi un vestito di Carnevale.
Si vestì da Cavaliere Bianco.
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La sera se ne andò a dormire e durante la notte fece un sogno alquanto strano:
sognò tante orme di animali. Sognò tracce di procione, d’orso, di gallina e di tanti
altri animali.
La mattina si svegliò, fece colazione e poi andò a passeggiare all'aperto,
pensando allo strano sogno.
Pensava tra sé: - Cosa saranno tutte quelle orme che ho visto questa notte? -
Il mago era molto saggio e sapeva che la notte portava sempre buoni consigli e
soluzioni ad alcuni dei suoi problemi.
Quella mattina però, era troppo preoccupato per quello che il re e la regina gli
avevano detto e non prestò più attenzione a quello che aveva sognato.
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Mentre camminava, pensava: - Come
riuscirò a fare ricordare quelle ricette,
tutte quelle parole? Come faccio a
pretendere che un uomo tenga a
mente tutte quelle cose? -
Ci voleva dunque una soluzione e al
più presto!
La prima idea che gli venne in mente
fu quella di raccogliere in qualche
modo quelle parole e metterle da
qualche parte: ma come fare a racco-
gliere le parole? Le parole sono leggere
come l'aria, forse di più, sono dei ru-
mori, dei suoni: - Come faccio a pren-
derle, a fermarle per raccoglierle insie-
me? - Non era un problema così sem-
plice da risolvere, non é così facile
come riempire le bottiglie d'acqua con
l’imbuto, e proprio in quell'istante gli
venne in mente che le parole pote-
vano, forse, essere raccolte con
l'imbuto.
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Prese quindi subito una foglia, l’arrotolò,
la portò alla bocca e cominciò a urlarci
dentro, ma purtroppo dall'altra parte non
ne uscì che aria.
Il nostro Alfa era disperato!
Mentre rimuginava, vicino al ruscello
passò di lì un ragazzino che rincorreva
con un retino una bellissima farfalla, una
falena.
Guardando quella scena pensò: - Le far-
falle sono leggere come l’aria, sono come
le parole, forse posso anch'io catturarle
con una rete, magari un po' più fitta. -
Andò di corsa a prendere delle cordicelle
nel suo laboratorio e si mise a intrecciare
una piccola rete fitta fitta.
Quando l’ebbe finita provò a portarsela
alla bocca e urlò:- cipollaaaaaaaacipollaaaaaaaacipollaaaaaaaa -
con tutto il fiato che aveva in corpo, ma
nulla accadde, niente compariva nella
rete, tranne il fumo bianco del suo ali-
to, dato che si stava avvicinando l'in-
verno e cominciava a fare molto fred-
do.
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Poco dopo andò in cucina per prepararsi
un boccone da mangiare, prese delle
uova e le cucinò in un pentolino.
Dopo mangiato si coricò sul letto e si
rimise a pensare a come risolvere quel
dannato problema, che ormai era di-
ventato un'ossessione.
Pensa e ripensa - Forse ho preso il mate-
riale sbagliato per raccogliere le parole, la
rete fatta di corda non può andar bene,
l’aria può passare, forse se uso la stoffa
bianca...?! -
Detto, fatto, si alzò dal letto, la prese,
costruì un piccolo contenitore di forma
quadrata e incominciò a gridarci dentro
come un ossesso, ma ancora una volta si
rese conto che non era la soluzione giusta
per risolvere quel problema: il contenitore
infatti rimase completamente vuoto.
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Stanco di pensare, si accorse che era giunto l'imbrunire e i colori della stanza
stavano piano piano diventando di un grigio scuro scuro, come se gli altri colori
stessero per scomparire.
Allora si alzò, accese il fuoco dentro il camino e si sdraiò sul letto; non c'è biso-
gno di dire che tutto quel pensare e la preoccupazione per le parole del re e
della regina l'avevano ridotto a uno straccio.
Triste e malconcio, appoggiò la testa sul cuscino e in un secondo si addormentò
come un sasso.
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La mattina seguente si svegliò, uscì per lavarsi il viso al ruscello e vide con grande
gioia che era nevicato.
Tutto era silenzioso e bianco, si vedevano solamente alcuni passeri che volavano
veloci nell'aria fredda e alcuni cerbiatti che zampettavano nella neve.
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Rientrò in casa, si mise ai piedi dei pezzi di pelliccia d’orso per stare più caldo e
uscì a fare la sua solita passeggiata mattutina.
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Si guardava in giro e ascoltava con piacere il silenzio e la calma intorno.
Guardava gli alberi tutti coperti di neve che sembravano infagottati in cappottoni
bianchi e gonfi d’aria.
Mentre fantasticava sui cappotti degli alberi, una volpe gli passò accanto,
camminò un po' con lui e poi si mise a corrergli davanti, si fermò, ritornò
indietro e così fece più volte.
A Alfa piaceva giocare con le volpi e così si mise a rincorrerla e a farsi rincorrere.
A un certo punto, il mago si nascose dietro un albero e aspettò.
La volpe, che non lo vedeva più arrivare, tornò indietro e cominciò a cercarlo.
Quando fu vicina all'albero, il mago la agguantò e le fece il solletico sotto la
pancia, tanto che la volpe rimase senza respiro con la lingua tutta fuori.
Dopo avere giocato un po', la volpe si divincolò e corse via, lasciando dietro di sé
le sue orme.
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A questo punto il mago si fermò e i suoi occhi brillarono. Qualcosa era successo
nella sua testa: era nato qualcosa di nuovo.
Ma che cosa? - Le orme, le orme! Le orme, le orme! Le orme, le orme! - urlò
- Ora ho capito! Tutti gli animali lasciano le orme, i miei piedi lasciano le orme,
anche le parole devono poter lasciare le orme! Orme, orme, tracce...- continuò a
urlare correndo per la foresta.
- Orme!!! Orme!!! Orme!!! - continuava a urlare con la bocca che sfiorava la neve, ma non
compariva nessuna traccia.
La volpe gli si avvicinò e, piano piano con la zampa, gli spinse la testa nella neve.
- Sciocca! - le urlò - Non vedi che sto cercando di inventare le orme delle parole,
non ho tempo per giocare ora! -
Si avvicinò di nuovo alla neve con la bocca, ma si fermò, perché vide la sua bocca
stampata sul manto bianco. Ebbe un lampo di genio... aveva trovato la prima
traccia della parola che stava pronunciando.
Con le dita tracciò il contorno della sua bocca e, stampato sulla neve, comparve un
cerchio.
Aveva scoperto la prima traccia del suono OOO. Poi provò con gli altri suoni: con la
MMMMMMMMM, con la BBB BBB BBB … ma dopo un po' si accorse che era impossibile trovare tutte
le tracce dei suoni lasciati sulla neve dalla sua bocca.
Volle tenere però la prima traccia, quel cerchio gli piaceva.
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Tornato a casa pensò: - Dove posso fissare questa orma? La neve in primavera
si scioglierà sicuramente e le orme scompariranno. -
Pensò allora a qualcosa di bianco e ancora una volta riprese la stoffa sottile e
rigida che un tempo gli era servita per il vestito di Carnevale.
Con il dito provò a tracciarvi sopra la OOO, ma niente, la stoffa era troppo dura.
Provò ad ammorbidirla con l'acqua, ma si sciolse.
In quel momento, entrò dalla finestra un merlo, che, svolazzando all'interno del
laboratorio in cerca di qualcosa di buono, si andò a posare prima sul tavolo, poi
sulla stufa, poi sul carbone ammucchiato vicino al camino e infine sulla sottile
cosa bianca.
Quando spiccò di nuovo il volo per uscire, il merlo lasciò le proprie orme nere su
quella stoffa scricchiolante.
Alfa urlò nuovamente: la sua felicità era alle stelle.
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Quante volte aveva visto le orme delle zampe degli uccellini o di altri animali e
mai ci aveva fatto caso.
Quel giorno, tuttavia, quelle piccole orme significavano tantissimo, perché
finalmente davano la risposta alla sua domanda: - Come far ricordare alle
persone tante parole? -
Con il carbone, infatti, poteva tracciare sulla stoffa le orme dei suoni.
Cominciò con la OOO, ma poi non seppe come andare avanti, e cosi chiamò tutti i
suoi amici maghi, mandando segnali di fumo dalla cima del monte più alto del
regno.
Passarono i giorni e i maghi incominciarono ad arrivare da tutto il mondo,
perché erano incuriositi da questa invenzione.
Quando furono tutti insieme nella sua casa, parlarono stupiti della sua nuova
scoperta. Dopo lunghi giorni di discussione e di abbuffate di pizze e bignè,
decisero che i segni dovevano inventarli loro e cominciarono a tracciarne alcuni
sulla stoffa: ± ¥ ≠ ± ¥ ≠ ± ¥ ≠ ma nessuno di questi piaceva a Alfa; a lui piaceva solo
la sua OOO di orma.
La OOO era come un cerchio, che lui spezzò in due parti. Si mise a giocare con
questi due pezzi e si accorse che, messi uno sopra l'altro, gli ricordavano una
bocca chiusa vista di fianco, ci aggiunse poi una piccola asta per tenerli uniti ed
ecco la BBB di bocca.
Nel frattempo gli altri maghi erano tornati alle loro case poiché, a loro, quell'in-
venzione non sembrava così importante.
Tutti si chiedevano a cosa servisse sporcare con del carbone una stoffa bianca,
che tra l'altro non era neanche morbida.
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Il nostro vecchio mago, invece, continuò per giorni e mesi a cercare le orme
delle parole.
Vide una rana e provò a seguirne il profilo: ed ecco la R R R di Rana; seguendo i
contorni di una mela, trovò la MMM di Mela e cosi via fino a trovarle tutte.
Aveva intanto tracciato sul telo bianco O R MO R MO R M, mancava però un ultimo suono.
Si guardò intorno e vide la tenda che usava per ospitare i suoi amici e decise
che quella forma andava bene per l’ultimo suono mancante, la AAA, che era anche
l’ultimo suono della parola tenda.
Aveva finalmente tracciato la sua prima parola: O R M AO R M AO R M A.
Aveva trovato un nuovo modo di raccogliere tutte le parole delle sue ricette e
invenzioni e quindi non doveva più ricordarle tutte a memoria.
Nei mesi seguenti raccolse sulla stoffa bianca tutte le parole delle sue ricette, gli
ingredienti e le dosi dei medicamenti, le formule delle pozioni magiche.
Poi portò tutto al palazzo del re e della regina e disse loro di custodire tutte
quelle parole in un luogo sicuro.
I due regnanti, stupiti, si fecero spiegare bene tutta la storia e alla fine, felici di
potersi finalmente fidare, non più della memoria del mago, ma delle orme delle
sue parole, lo premiarono e lo nominarono: Mago Supremo del Regno.
In seguito, tutti impararono a decifrare le orme delle parole e a tracciarle su
quella stoffa così speciale.
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Il nostro Mago Supremo aveva inventato una cosa molto,
molto importante:
Secondo voi che cosa aveva scoperto Alfa?
Ma, ripensandoci bene, era veramente un mago?
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