1969-1972 da Piazza Fontana · la strategia della tensione ha anche gravemente compromesso...

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Primo tempo: gli anni della strategia della tensione in Italia 1969-1972 da Piazza Fontana all’omicidio Calabresi

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Primo tempo: gli anni della

strategia della tensione in Italia 1969-1972

da Piazza Fontana all’omicidio Calabresi

I fatti Il 12 dicembre 1969, al termine di

una stagione di scioperi e lotte operaie, scoppia a Milano, nella sede della Banca dell’Agricoltura, una bomba che uccide 17 persone;

due giorni dopo la polizia arresta un anarchico, Pietro Valpreda, che i giornali presentano all’opinione pubblica come l’autore dell’attentato;

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il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, convocato nella notte del 12 dicembre in questura per accertamenti e trattenuto per tre giorni, la notte del 15 dicembre precipita dall’ufficio della finestra del commissario Luigi Calabresi: del fatto si daranno ben tre versioni diverse. Pinelli muore poco dopo il ricovero all’ospedale;

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http://www.youtube.com/watch?v=zrIqLIZQBgg

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sopra: Pietro Valpreda

(1933-2002) a ds:

Giuseppe Pinelli (1928-1969)

http://www.youtube.com/watch?v=NO-VPln2ZKY

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17maggio 1972: Calabresi viene ucciso con due colpi di pistola sotto il portone di casa. Nel 1990 Adriano Sofri, leader di Lotta Continua, viene condannato come il mandante dell’omicidio.

Adriano Sofri (1942) Luigi

Calabresi

http://www.youtube.com/watch?v=Hkz0l_wU1bs

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Gli antefatti

Come si arrivò alla stagione delle bombe e degli attentati?

La risposta sta negli anni immediatamente precedenti: come si è visto (vedi lez.prec.), un periodo di grande fermento sociale, la più grande stagione di azione collettiva nella storia d’Italia…

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Di fronte a questi cambiamenti epocali nella società italiana, una “mano invisibile” tentò di impedire la trasformazione politico-sociale del nostro paese, inaugurando una stagione di sangue i cui responsabili sono ancora impuniti e che ha ritardato la crescita democratica dell’Italia, oltre che screditare un intero sistema politico accusato di usare lo stragismo come strategia di dominio.

La strategia della tensione

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In realtà, la stagione delle stragi di stato si fa iniziare vent’anni prima, con l’eccidio di Portella delle Ginestre il 1 maggio 1947, quando il bandito Salvatore Giuliano, per conto della mafia, dei latifondisti e (forse?) di agenti americani (preoccupati dall’avanzata della sinistra in Italia), sparò sulla folla di contadini del Blocco del Popolo che festeggiavano la Festa dei Lavoratori.

11 morti e 65 feriti: i mandanti politici della strage non furono mai processati.

http://www.youtube.com/watch?v=zsct_uE5CNc lucio celot - Strategia della tensione e

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L’episodio di Portella si inserisce nel quadro più ampio della guerra fredda e della contrapposizione tra i blocchi: in marzo era stata resa nota la dottrina Truman e gli americani manifestavano la loro preoccupazione per una possibile ascesa delle sinistre in Italia:

- vendita di armi moderne all’Italia a prezzo simbolico;

- richiamo a De Gasperi affinché governasse senza l’appoggio dei comunisti.

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Dopo l’arresto di Valpreda (prosciolto da ogni accusa solo nel 1985) e la morte di Pinelli (le cui vere cause sono ancora oggi ignote) iniziò a farsi strada un’ipotesi più allarmante:

le indagini portarono a due neofascisti, Freda e Ventura, in stretti rapporti con un agente del SID (Servizio Informazioni Difesa), Giannettini (simpatizzante del MSI)…

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Giovanni Ventura (1944-2010)

Franco Freda (1941)

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…emerse, insomma, un quadro inquietante sui rapporti tra organi segreti di stato fuori da ogni controllo istituzionale e eversione neofascista:

SI STAVA TRAMANDO UN COMPLOTTO AI DANNI DELLA DEMOCRAZIA, FACENDO SI’ CHE UNA SERIE DI ATTENTATI E DI ALTRI CRIMINI PROPAGASSERO PANICO E INCERTEZZA, CREANDO LE CONDIZIONI PER UN COLPO DI STATO AUTORITARIO O, ALMENO, PER UNA SVOLTA A DESTRA DELLA POLITICA ITALIANA. lucio celot - Strategia della tensione e

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Nonostante le insistenze della stampa e dell’opposizione politica affinché si aprisse un’inchiesta sull’attività dei servizi segreti italiani, ai magistrati inquirenti venne impedito l’accesso ai documenti del SID sulle attività di Giannettini con il pretesto del “segreto di stato” e della “sicurezza nazionale”.

Dopo 7 processi e 38 anni, nel 2005 sono stati assolti definitivamente gli ultimi indagati: nessuna condanna per la strage è mai stata emessa.

http://www.youtube.com/watch?v=YzkrnPtrfC4 lucio celot - Strategia della tensione e terrorismo rosso 15

Pur avendo messo in luce le responsabilità di gruppi eversivi dell’estrema destra, le inchieste non hanno mai portato a conclusioni certe; le complicità dei servizi segreti non sono mai state del tutto provate:

la strategia della tensione ha anche gravemente compromesso l’immagine della giustizia, poiché i magistrati non hanno potuto, saputo o voluto indagare su un ceto politico che inquinava la vita democratica del nostro paese.

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A Milano, così come in Sicilia, e nel resto d’Italia negli anni successivi, si intrecciarono l’eredità della dittatura fascista, strutture paramilitari volute dagli americani nell’ambito della guerra fredda, servizi segreti italiani e stranieri “deviati”, terroristi, mafiosi, logge massoniche deviate, interessi politici ed economici minacciati dai conflitti sociali esplosi in quegli anni.

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La strategia della tensione ha rappresentato il “lato oscuro” della politica italiana, disposta all’uso del terrore pur di fermare l’avversario…

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E non finisce qui:

17 maggio 1973: strage alla Questura di Milano (4 morti)*;

28 maggio 1974: strage di Brescia (8 morti);

4 agosto 1974: strage sul treno Italicus a S.Benedetto Val di Sambro (12 morti);

2 agosto 1980: strage alla stazione di Bologna (85 morti)*;

23 dicembre 1984: strage sul treno rapido 904 a S.Benedetto Val di Sambro (17 morti)* lucio celot - Strategia della tensione e

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Secondo tempo: gli anni di piombo e il terrorismo rosso.

1970-1980: Compromesso storico,

gruppi extraparlamentari, Brigate rosse.

Il quadro politico: il compromesso storico.

Dopo una breve parentesi di centro-destra (1972-1973), la politica italiana fu caratterizzata dall’avvicinamento del PCI alla DC, il cosiddetto «compromesso storico»: il progetto fu lanciato dal segretario del PCI, Enrico Berlinguer, in seguito al golpe dei militari in Cile, dove Salvador Allende, a capo di un governo socialista e democratico, fu rovesciato e ucciso.

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Sappiamo, come mostra ancora una volta la tragica esperienza cilena, che questa reazione antidemocratica tende a farsi più violenta e feroce quando le forze popolari cominciano a conquistare le leve fondamentali del potere nello stato e nella società.

(E.Berlinguer, Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile, 1973)

Enrico Berlinguer (1922-1984).

Fu segretario del PCI dal 1972 alla morte.

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Per contrastare una tendenza già in atto in Italia con la «strategia della tensione», il PCI proponeva una grande alleanza con DC e PSI simile a quella antifascista degli anni ‘43-’47.

A livello sociale, l’alleanza voleva sottolineare l’importanza di un legame più stretto tra la classe operaia e i settori del ceto medio, per evitare in quest’ultimo ogni tentazione reazionaria.

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La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una via sicura di sviluppo […] rendono sempre più urgente che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande «compromesso storico» tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano.

A sin. E.Berlinguer. A ds. A.Moro (1916-1978), cinque volte Presidente del

Consiglio e Presidente della DC ai tempi del

compromesso storico

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Il superamento graduale del capitalismo poteva avvenire, secondo Berlinguer, attraverso il valore, comune ad entrambi gli schieramenti, dell’austerità:

Una società più austera può essere una società più giusta, meno diseguale, realmente più

libera, più democratica, più umana.

Attraverso questa strategia che mirava ad un comune codice morale tra comunisti e cattolici, il PCI pensava che alla lunga sarebbe emerso un nuovo blocco storico egemonizzato dalla classe dei lavoratori che avrebbe sventato qualsiasi tentativo autoritario da parte dei ceti medi. lucio celot - Strategia della tensione e

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La sinistra parlamentare italiana prese atto dell’impossibilità di andare a uno scontro frontale con la borghesia perché questo avrebbe provocato una reazione di tipo fascista: il compromesso rappresentava una prospettiva di «solidarietà nazionale», una congiunzione di tutte le forze sociali.

Da un punto di vista teorico, significava il passaggio, per il PCI, da Marx a Gramsci: lucio celot - Strategia della tensione e

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Rispetto all’astrattezza delle posizioni rivoluzionarie di tipo marxista-leninista, preso atto della forza del capitalismo e dell’impossibilità di una nuova rivoluzione d’ottobre in Occidente, il PCI vuole trovare una via concreta al potere politico operaio:

è la via gramsciana dell’egemonia, del processo organico e «molecolare» attraverso cui una classe esercita la propria direzione intellettuale e morale sulla società.

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Sul piano concreto, però, le cose stanno diversamente: privilegiare l’egemonia piuttosto che la «dittatura del proletariato» significa privilegiare il momento istituzionale piuttosto che quello della contrapposizione, della lotta: per proporsi come forza di governo credibile, il PCI assunse un atteggiamento di difesa delle istituzioni opposto a quello del movimento del ’68, critico e antistituzionale.

La scissione tra carica rivoluzionaria e utopica da una parte e avvicinamento «tattico» alla DC dall’altra determinò delusione tra molti militanti e aprì a sinistra del PCI uno «spazio politico» che fu riempito dai gruppi extraparlamentari.

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Il quadro economico: la crisi.

Dall’autunno del ‘73, si verificò la crisi economica più grave dell’Occidente dopo il ‘29, che condizionò le politiche economiche nazionali per tutti gli anni ‘70.

Tutto inizia quando i paesi dell’OPEC (produttori di petrolio) decidono un aumento del 70% del prezzo del barile e diminuiscono del 10% le quote esportate:

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aumento dei costi della produzione industriale

aumento del prezzo del prodotto finito

caduta dei profitti

diminuzione degli scambi con l’estero

contrazione mondiale della domanda

aumento della disoccupazione

aumento della marginalità sociale lucio celot - Strategia della tensione e

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La lotta armata

In questo clima, in cui erano diffusi la pratica del sabotaggio, il pestaggio dei capi-reparto, la distruzione di auto dei dirigenti, i cortei interni, i «processi proletari», si inseriscono le prime azioni delle BR nel 1970 che utilizzano la lotta armata come forma di lotta contro i padroni sul loro stesso terreno.

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Renato Curcio, Margherita Cagol, Alberto Franceschini sono i fondatori delle BR. La lotta sostanzialmente legale che era stata praticata contro il potere e il capitale fino ad ora appare ai brigatisti come una via senza sbocchi: lucio celot - Strategia della tensione e

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un’azione violenta, illegale, armata «portata al cuore dello stato» avrebbe inasprito le contraddizioni del capitalismo e reso inevitabile lo scontro tra sfruttatori e sfruttati. lucio celot - Strategia della tensione e

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La provenienza sociale e ideologica dei brigatisti è diversificata: università di sociologia di Trento (voluta dalla DC), FGCI, cattolicesimo, gruppi rivoluzionari, famiglie operaie o piccolo-borghesi.

I modelli di riferimento sono quelli dei movimenti di guerriglia sudamericana, in particolare i Tupamaros in Uruguay, e i partigiani italiani: esempio di una minoranza giovanile (tradita nel dopoguerra) che usava le armi per scopi giusti.

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Quali sono i fattori che determinarono il fenomeno del terrorismo?

1) La crisi e lo scioglimento dei gruppi rivoluzionari, con la conseguente delusione dei militanti;

2) La frattura tra PCI e ceto giovanile urbano e universitario: i giovani di sinistra erano delusi dall’avvicinamento del PCI alla DC e al suo trasformarsi in un partito difensore dell’ordine e della repressione;

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3) L’inspiegabile incapacità e debolezza delle forze dell’ordine, che allentarono la vigilanza attorno alla metà degli anni ‘70 pensando che il fenomeno fosse ormai finito; o forse si preferì alimentare un clima di violenza che condizionasse pesantemente il clima politico;

4) La netta sensazione che fosse alle porte un progetto reazionario di destra, se non addirittura un colpo di stato: si avvertiva a sinistra la necessità di dotarsi di strutture di difesa politico-militari;

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5) La strage di piazza Fontana e la strategia della tensione vengono interpretate dalle BR come la decisione della borghesia di porre lo scontro sul piano militare: Nel collettivo si cantava, si faceva teatro, si tenevano mostre […] Era una continua esplosione di giocosità e invenzione. Con la strage il clima improvvisamente cambiò. Siamo arrivati a un livello di scontro molto aspro, ci dicemmo. Si tratta di una svolta che ci lascia aperte solo due strade: mollare tutto, oppure andare avanti, ma attrezzandoci in modo del tutto nuovo. (R.Curcio, A viso aperto, 1993) lucio celot - Strategia della tensione e

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Le prime azioni delle BR, dal 1970 in avanti, ebbero come obiettivi sindacalisti di destra, amministratori e capisquadra delle fabbriche milanesi della Pirelli e della Siemens. Poi iniziarono i rapimenti: il primo fu Idalgo Macchiarini (1972), un dirigente Siemens; poi toccò al giudice Mario Sossi (1974), a Genova, tenuto prigioniero per 35 giorni. Le BR iniziarono ad avere notorietà a livello nazionale. lucio celot - Strategia della tensione e

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Il Movimento del ‘77 A partire dalla crisi della militanza, sia dentro il PCI sia dentro i gruppi extraparlamentari, una nuova «generazione movimentista» appare a partire dal 1975: è la cosiddetta area dell’autonomia, un movimento variegato e differenziato al proprio interno ma accomunato dal desiderio di fare politica in modo nuovo, opponendo lo scontro violento alle politiche riformiste e all’inasprimento delle leggi sull’ordine pubblico: lucio celot - Strategia della tensione e

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Famiglia e sesso, condizione giovanile e femminile, repressione affettiva e intellettuale, emarginazione di chi non è «normale» sono la concretezza quotidiana in cui si manifesta la schiavitù di fabbrica e di vita imposta dal capitale […] Basta con la società del vivere per lavorare […] E’ necessario un salto qualitativo dalla logica del gruppo alla logica del movimento. La critica e l’abolizione della ideologia della sinistra extraparlamentare ne sono una condizione […] Formazione di organismi autonomi di fabbrica e di scuola […] movimenti autonomi di giovani, delle donne, di strati sociali emarginati, repressi e sfruttati dal capitale […] (doc. di scioglimento del Gruppo Gramsci, 1973) lucio celot - Strategia della tensione e

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giovani studenti, disoccupati, proletari, donne, strati sociali emarginati in genere, rifiutando interpretazioni della realtà ideologicamente precostituite, si immergono nelle tensioni della realtà giovanile e operaia italiana: una vera politicizzazione di massa che trova nella famiglia e nella scuola i due obiettivi da combattere…

Il ‘77 non fu come il ‘68. Il ‘68 fu contestativo, il ‘77 fu radicalmente alternativo […] (Balestrini-Moroni, L’orda d’oro).

Ovvero: nel ‘68 il sistema è contestato da chi ne fruisce; nel ‘77 da chi è escluso, emarginato, umiliato dalla ristrutturazione del capitale.

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L’Italia è percorsa da nord a sud da un movimento di massa antistituzionale, la cui composizione è prevalentemente di «precari», «non garantiti», figure sociali escluse dal mercato del lavoro, che sindacati e partiti non seppero o vollero capire. lucio celot - Strategia della tensione e

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La protesta del ‘77 non è più solo politica, ma anche sociale, economica, esistenziale: se il ‘68 ha preso avvio dall’invivibilità della «condizione studentesca», il ‘77 nasce dall’invivibilità della «condizione urbana» complessiva, fatta di alienazione, mancanza di spazi di aggregazione, periferie degradate in balìa di droga e spacciatori: Riprendiamoci la vita! era lo slogan del movimento che poneva il problema globale di una vita diversa. lucio celot - Strategia della tensione e

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Questo movimento, «autonomo e di massa», aveva al proprio interno diverse anime:

- Autonomia Operaia: autonomia dalla egemonia del capitale, dalle politiche riformiste, dai sindacati attraverso lo scontro diretto con le centrali del monopolio economico. Da qui, l’autoriduzione, l’esproprio proletario, «più salario meno lavoro»…E’ l’ala fautrice della militarizzazione dello scontro;

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- Indiani metropolitani: sono l’area creativa del movimento, quella irriverente, ironica, poco legata ai collettivi politici…

-Basta col vizio di mangiare, vogliamo produrre e lavorare!

-Presto presto tutto il potere a Paolo VI!

-I carabinieri sono solo biricchini, siamo noi i veri assassini!

-Meno case popolari, più centrali nucleari! lucio celot - Strategia della tensione e

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Da febbraio a maggio, a Roma, Bologna e Milano gli scontri tra forze dell’ordine e autonomi sono all’ordine del giorno e sempre più violenti, e culmineranno con la morte di Francesco Lorusso (11 marzo) a Bologna e Giorgiana Masi (12 maggio) a Roma uccisi dai carabinieri che spararono - lo hanno stabilito i giudici - senza necessità.

Il 2 febbraio 1977, a seguito di scontri a fuoco tra polizia e autonomi a Roma, uno studente resta ferito: ecco l’immagine nella quale il ragazzo ferito viene soccorso da un compagno armato di pistola.

E’ l’inizio della grande rivolta…

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Una vignetta di Forattini: Cossiga, Ministro degli interni (qui a ds.), vestito come il poliziotto infiltrato nella foto di Tano d’Amico.

Poliziotto in borghese durante gli scontri che terminarono con la morte di Giorgiana Masi (foto di Tano d’Amico)

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Milano, 14 maggio 1977. Le due foto «icona» degli anni di piombo

Maggio 1977.wmv

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Nel ‘77 divampò la generalizzazione quotidiana di un conflitto politico e culturale che si ramificò in tutti i luoghi del sociale, esemplificando lo scontro che percorse tutti gli anni settanta, uno scontro duro, forse il più duro che si sia mai verificato dall’unità d’Italia. Quarantamila denunciati, quindicimila arresti, quattromila condannati a migliaia d’anni di galera, e poi morti e feriti da entrambe le parti. Questo scontro fu un appuntamento obbligato […] un conflitto diretto e frontale per la rideterminazione di nuove regole di potere.

(N.Balestrini e P.Moroni, L’orda d’oro 1968-1977) lucio celot - Strategia della tensione e

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Le BR e l’»operazione Fritz». Il rapimento e l’omicidio

di Aldo Moro. Le BR pensavano che il movimento del ‘77 avrebbe esteso e generalizzato la lotta armata. Nonostante lo spegnersi graduale dell’esperienza del movimento già dal settembre ‘77, le BR continuarono a reclutare uomini e donne e a intensificare le proprie azioni: tra il ‘77 e il ‘78 misero in atto la «strategia dell’annientamento»: lucio celot - Strategia della tensione e

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furono colpiti indiscriminatamente «servi dello stato» (giudici, poliziotti, secondini, magistrati) e giornalisti.

Obiettivo principale non era solo la DC come forza di governo ma anche il PCI colpevole di «socialdemocrazia», cioè di tradire la causa rivoluzionaria.

Sopra: Indro Montanelli, direttore del «Giornale», «gambizzato» dalle BR

nel giugno del 1977.

A fianco: Carlo Casalegno, Vicedirettore de «La Stampa», ucciso dalle BR nel novembre del 1977 lucio celot - Strategia della tensione e

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Il 16 marzo 1978, il giorno in cui Andreotti avrebbe presentato alla Camera il nuovo governo con i comunisti inseriti nell’»area di governo», le BR rapirono, dopo avere ucciso i cinque uomini della scorta, Aldo Moro, il Presidente della DC. Per 54 giorni le BR, sotto la direzione di Mario Moretti, tennero in scacco le forze dell’ordine e sottoposero il prigioniero, in un nascondiglio segreto, ad un «processo» davanti ad un «tribunale del popolo»…

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Roma, 16 marzo 1978: alcune immagini di via Fani dopo l’uccisione della scorta e il rapimento di Aldo Moro. lucio celot - Strategia della tensione e

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Una delle tante immagini di Moro che le BR recapitarono ai giornali insieme ai «comunicati» con cui informavano sull’andamento del «processo» al prigioniero…

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BR, «Campagna Moro», comunicato n.2, 25 marzo 1978:

L’interrogatorio […] verte: a chiarire le politiche antimperialiste e antiproletarie di cui la DC è portatrice; a individuare con precisione le strutture internazionali e le filiazioni nazionali della controrivoluzione imperialista, a svelare il personale politico-militare sulle cui gambe cammina il progetto delle multinazionali, ad accertare le dirette responsabilità di A.M. per le quali, con i criteri della giustizia proletaria, verrà giudicato.

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Lo Stato doveva trattare con le BR per salvare la vita di Moro o scegliere la via della fermezza rifiutando ogni patteggiamento? Fu questo il dilemma che divise opinione pubblica e mondo politico: i socialisti di Craxi si dichiararono favorevoli ad un atto umanitario; DC e PCI, pur tra divisioni interne, rifiutarono ogni cedimento e non trattarono.

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I processi e le indagini hanno messo in evidenza che i servizi segreti italiani contrattarono con le BR non per la salvezza dell’ostaggio ma per entrare in possesso delle trascrizioni e, forse, delle riprese video degli «interrogatori» di Moro (mai ritrovati), durante i quali egli rivelò nomi e segreti scottanti della politica interna della DC in oltre trent’anni di governo. lucio celot - Strategia della tensione e

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La decisione da prendere è terribile, perché si tratta di sacrificare la vita di un uomo o di perdere la Repubblica. Purtroppo, per i democratici la scelta non consente dubbi.

(E.Scalfari, «La Repubblica» del 21 aprile 1978)

A fianco, il dattiloscritto dell’ultimo comunicato delle BR che annuncia il termine del «processo» a Moro e la condanna a morte.

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BR, «Campagna Moro», comunicato n.9, 5 maggio 1978.

[…] la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro è arrivata alla sua conclusione. Dopo l’interrogatorio ed il Processo Popolare al quale è stato sottoposto, il Presidente della DC è stato condannato a morte […] Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio di prigionieri politici perché venisse sospesa la condanna […] dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della DC, del governo e dei complici che lo sostengono […]

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Roma, via Caetani, 9 maggio 1978: il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro

Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo eseguendo la sentenza con cui Aldo Moro

è stato condannato. Moro -via Caetani.wmv

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Sono, ancora oggi, molti i punti oscuri della vicenda:

i mai tutti identificati membri del gruppo di fuoco di via Fani, compreso il misterioso sparatore di precisione (un killer o un malavitoso prezzolato?)

il percorso di allontanamento da via Fani verso la prigione;

la prigione era davvero a via Montalcini, alla periferia di Roma?

come mai le condizioni fisiche generali di Moro al momento della morte erano buone, nonostante le dichiarazioni dei BR (prigione angusta, poca aria, Moro non camminò mai, non c’era acqua corrente, etc)?

quando e chi sparò a Moro il 9 maggio e come fu possibile portare un cadavere al centro di una città presidiata da migliaia di poliziotti?

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La crisi del terrorismo prese l’avvio proprio dall’uccisione di Moro: le BR furono lacerate da dissensi al loro interno, anche se continuarono gli assassinii negli anni successivi:

Guido Rossa, operaio, 1979

Walter Tobagi, giornalista, 1980

Vittorio Bachelet, docente universitario, 1980

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L’approvazione della legge sui pentiti approvata nel 1980, unitamente all’offensiva anti-terroristica messa in atto dal generale Dalla Chiesa, contribuì a smantellare progressivamente le colonne BR.

Nonostante la diffusa sfiducia nei confronti dei governi, le BR non riuscirono a convincere più di qualche centinaio di persone sull’utilità della lotta armata nelle condizioni dell’Italia contemporanea.

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Bibliografia essenziale N.Balestrini-P.Moroni, L’orda d’oro 1968-

1977, Milano 20116;

P.Casamassima, Il libro nero delle Br, Milano 2012;

G.Galli, Piombo rosso, Milano 2007;

L.Sciascia, L’affaire Moro, Milano 1994;

G.Bianconi, Eseguendo la sentenza. Roma, 1978, Torino 2007;

C.Vecchio, Ali di piombo, Milano 2007;

L.Annunziata, 1977. L’ultima foto di famiglia, Torino 2007.

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