1954 – 2014 60° ANNI DI AUTONOMIA E PLURALISMO SINDACALE...

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NUMERO XCV GENNAIO 2014 00186—ROMA Via del Collegio Romano, 27 Tel. 06 67232348 Fax.06 6785552 e-mail. [email protected] - www.unsabeniculturali.it Giuseppe Urbino Segretario Nazionale Confsal-Unsa Beni Culturali Sommario: REGGIO CALABRIA - IL SOPRINTENDENTE AI BENI ARCHITETTONICI VIOLA UN ACCORDO FIRMATO 5 PROGETTI LOCALI NEGLI ISTITUTI TORINESI I LAVO- RATORI PAGANO LA “COERENZA” DI LOR SIGNO- RI 6 SCAVI DI POMPEI, SINDA- CATI: “SULLE ASSUNZIONI VIGILEREMO MA C’È DIALO- GO CON L’AMMINISTRAZIO- NE” 9 GOVERNO SENZA ALTER- NATIVE IL PAESE PRETEN- DE UNA AUTENTICA CAPA- CITÀ DI GOVERNARE 10 TURISMO UN’INDUSTRIA IN ATTIVO CHE RISCHIA DI MORIRE SOTTOVALUTATO UN PIL DA 30 MILA MILIARDI 12 MANAGER PUBBLICI I DIRI- GENTI ITALIANI SONO I PIÙ PAGATI NELL’UE 14 I NOSTRI PRIMI SES- SANT’ANNI… 15 BIBLIOTECA CENTRALE NAZIONALE DI FIRENZE DEMANSIONAMENTO DEI FUNZIONARI 16 SE PERDO UNA CAUSA COSA SUCCEDE? 17 CASSAZIONE: MOBBING E VALUTAZIONE “MEDIOCRE” DEL DIPENDENTE NELLE NOTE DI QUALIFICA DEL DATORE 18 INFORTUNIO IN ITINERE: NON INDENNIZZABILE QUANDO IL TRAGITTO È DIVERSO DA QUELLO DI CASA-LAVORO. 19 ASSENZA PER VISITA SPE- CIALISTICA IMPUTATA A MALATTIA: A DISTANZA DI DUE ANNI SI CAMBIA, MA NON TUTTO È CHIARO. 20 TRAFFICHINI ALLO SBARA- GLIO": RECENSIONE DI AMERICAN HUSTLE 22 SINDACATO CULTURA LAVORO NOTIZIARIO ON-LINE DI CARATTERE GENERALE AD USO DEI QUADRI SINDACALI 1954 – 2014 60° ANNI DI AUTONOMIA E PLURALISMO SINDACALE PER LO SVILUPPO E LA CRESCITA DELL’ITALIA Il lungo cammino della Federazione Confsal-Unsa e le tappe del sindacato autonomo nei Beni Culturali Quest’anno ricorre il 60° anniversario della Federazione Confsal-Unsa e il 28 gennaio p.v. dal- le ore 10.00 lo fe- steggeremo, tutti insieme a Roma presso il Conferen- ce-Center Via Ali- bert, 5 (Piazza di Spagna). Infatti nel 1954, na- sceva l’Unsa (Unio- ne Nazionale dei Sindacati Autono- mi). Sin dai primi mo- menti, l’Unsa si ca- ratterizzava come una forte Organiz- zazione sindacale autonoma, presente nei Ministeri ed En- ti Pubblici, con quella che era l’allo- ra Federstatali. Da quel momento, l’Unsa si è svilup- pata ed ha contri- buito alla storia dei movimenti sindacali in Italia, ma soprat- tutto ha dimostra- to, che si può dav- vero fare il sindaca- to in modo diverso, senza diventare “cinghie di trasmis- sione dei partiti” e cioè difendere gli interessi dei lavora- tori, al di là delle posizioni politiche. Per quanto ci con- cerne, noi del Coor- dinamento Naziona- le Beni Culturali, non possiamo esi- merci dal ricordare, quanto sia stato de- terminante, l’azione svolta dai vari sin- dacati di settore, che durante tutti questi lunghi anni, hanno contribuito enormemente al successo della Fe- derazione Confsal- Unsa. Vale qui la pena spendere due paro- le, anche sulla no- stra storia di sinda- cato di settore, dal momento che, an- che l'attuale Coor- dinamento Naziona- le Beni Culturali, discende dallo sto- rico Sindacato Na- zionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali, che, a sua volta, nasce uf- ficialmente il 3 no- vembre 1978, per iniziativa di alcuni dipendenti dell’allo- ra Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ex snab- ca, con sede in Ro- ma, Largo dei Lom- bardi n. 21, presso la sede dell'allora Federstatali-Unsa. Il Sindacato Nazio- nale Autonomo Beni Culturali e Ambientali, si pro- pone sin dall’inizio di aderire all’Unsa e la rappresentanza viene provvisoria- mente affidata agli otto promotori dell’iniziativa. Il Mi- nistero per i Beni Culturali e Ambien- tali, con circolare n. 22/79 del 23 feb- braio 1979, a firma del Sottosegretario di Stato, prende at- to della costituzione del Sindacato Na- zionale Autonomo Beni Culturali e Continua→→ →→ →→ →→

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NUMERO XCV GENNAIO 2014

00186—ROMA Via del Collegio Romano, 27 Tel. 06 67232348 Fax.06 6785552 e-mail. [email protected] - www.unsabeniculturali.it

Giuseppe Urbino Segretario Nazionale Confsal-Unsa Beni Culturali

Sommario:

•REGGIO CALABRIA - IL SOPRINTENDENTE AI BENI ARCHITETTONICI VIOLA UN ACCORDO FIRMATO

•5

•PROGETTI LOCALI NEGLI ISTITUTI TORINESI I LAVO-RATORI PAGANO LA “COERENZA” DI LOR SIGNO-RI

•6

•SCAVI DI POMPEI, SINDA-CATI: “SULLE ASSUNZIONI VIGILEREMO MA C’È DIALO-GO CON L’AMMINISTRAZIO-NE”

•9

•GOVERNO SENZA ALTER-NATIVE IL PAESE PRETEN-DE UNA AUTENTICA CAPA-CITÀ DI GOVERNARE

•10

•TURISMO UN’INDUSTRIA IN ATTIVO CHE RISCHIA DI MORIRE SOTTOVALUTATO UN PIL DA 30 MILA MILIARDI

•12

•MANAGER PUBBLICI I DIRI-GENTI ITALIANI SONO I PIÙ PAGATI NELL’UE

•14

•I NOSTRI PRIMI SES-SANT’ANNI…

•15

•BIBLIOTECA CENTRALE NAZIONALE DI FIRENZE DEMANSIONAMENTO DEI FUNZIONARI

•16

•SE PERDO UNA CAUSA COSA SUCCEDE?

•17

•CASSAZIONE: MOBBING E VALUTAZIONE “MEDIOCRE” DEL DIPENDENTE NELLE NOTE DI QUALIFICA DEL DATORE

•18

•INFORTUNIO IN ITINERE: NON INDENNIZZABILE QUANDO IL TRAGITTO È DIVERSO DA QUELLO DI CASA-LAVORO.

•19

•ASSENZA PER VISITA SPE-CIALISTICA IMPUTATA A MALATTIA: A DISTANZA DI DUE ANNI SI CAMBIA, MA NON TUTTO È CHIARO.

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•TRAFFICHINI ALLO SBARA-GLIO": RECENSIONE DI AMERICAN HUSTLE

•22

SINDACATO CULTURA LAVORO NOTIZIARIO ON-LINE DI CARATTERE

GENERALE AD USO DEI QUADRI SINDACALI

1954 – 2014 60° ANNI DI AUTONOMIA E

PLURALISMO SINDACALE PER LO SVILUPPO E LA CRESCITA DELL’ITALIA Il lungo cammino della Federazione Confsal-Unsa e le tappe del sindacato autonomo nei Beni Culturali

Quest’anno ricorre il 60° anniversario della Federazione Confsal-Unsa e il 28 gennaio p.v. dal-le ore 10.00 lo fe-steggeremo, tutti insieme a Roma presso il Conferen-ce-Center Via Ali-bert, 5 (Piazza di Spagna). Infatti nel 1954, na-sceva l’Unsa (Unio-ne Nazionale dei Sindacati Autono-mi). Sin dai primi mo-menti, l’Unsa si ca-ratterizzava come una forte Organiz-zazione sindacale autonoma, presente nei Ministeri ed En-ti Pubblici, con quella che era l’allo-ra Federstatali. Da quel momento, l’Unsa si è svilup-pata ed ha contri-buito alla storia dei movimenti sindacali in Italia, ma soprat-tutto ha dimostra-to, che si può dav-vero fare il sindaca-to in modo diverso,

senza diventare “cinghie di trasmis-sione dei partiti” e cioè difendere gli interessi dei lavora-tori, al di là delle posizioni politiche. Per quanto ci con-cerne, noi del Coor-dinamento Naziona-le Beni Culturali, non possiamo esi-merci dal ricordare, quanto sia stato de-terminante, l’azione svolta dai vari sin-dacati di settore, che durante tutti questi lunghi anni, hanno contribuito enormemente al successo della Fe-derazione Confsal-Unsa. Vale qui la pena spendere due paro-le, anche sulla no-stra storia di sinda-cato di settore, dal momento che, an-che l'attuale Coor-dinamento Naziona-le Beni Culturali, discende dallo sto-rico Sindacato Na-zionale Autonomo Beni Culturali e

Ambientali, che, a sua volta, nasce uf-ficialmente il 3 no-vembre 1978, per iniziativa di alcuni dipendenti dell’allo-ra Ministero per i Beni Culturali e Ambientali ex snab-ca, con sede in Ro-ma, Largo dei Lom-bardi n. 21, presso la sede dell'allora Federstatali-Unsa. Il Sindacato Nazio-nale Autonomo Beni Culturali e Ambientali, si pro-pone sin dall’inizio di aderire all’Unsa e la rappresentanza viene provvisoria-mente affidata agli otto promotori dell’iniziativa. Il Mi-nistero per i Beni Culturali e Ambien-tali, con circolare n. 22/79 del 23 feb-braio 1979, a firma del Sottosegretario di Stato, prende at-to della costituzione del Sindacato Na-zionale Autonomo Beni Culturali e

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Ambientali e informa i Di-rettori Generali degli Uffici Centrali e Periferici del Mi-nistero. Tale iniziativa provoca ac-cese contestazioni da parte dei già costituiti e ben con-solidati Sindacati Confede-rali di settore Cgil, Cisl e Uil i quali, di fronte a que-sta insolita prassi, conte-starono la diffusione da parte del Ministero della circolare in discorso. Giova contestualizzare il tutto nel periodo storico particolar-mente delicato poiché stia-mo parlando della seconda metà degli ani ’70, ovvero dei cosiddetti “anni di piombo”, durante i quali il dibattito politico-sindacale era particolarmente aspro e spesso anche violento. La nascita di un sindacato di categoria, che si ripro-metteva di essere una forza nuova e dirompente, non era quindi ben vista dal po-tere politico-sindacale e bu-rocratico-amministrativo. Nonostante tutto, la nasci-ta del Sindacato Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali, viene ben ac-colta da molti dipendenti del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e, in tempi alquanto brevi, inizia a crescere nel numero di adesioni, la maggior parte delle quali provengono pro-prio da dipendenti del Mini-stero precedentemente iscritti ai sindacati confede-rali e scontenti dell’operato di queste Organizzazioni Sindacali. Inizialmente il nucleo di ag-gregazione al sindacato era formato in prevalenza da appartenenti al ruolo dei

custodi e guardie notturne che provenivano a loro vol-ta dalla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione. Questi colleghi, portandosi dietro i loro vecchi mansio-nari, si trovarono inizial-mente ad operare in ruoli di specificità diverse da quelle di loro provenienza. A seguito di ciò, iniziarono alcune lotte sindacali per superare proprio l’accesso ai nuovi mansionari del neo costituito Ministero per i Beni Culturali e Ambientali che, come sappiamo, nasce nel 1975 su iniziativa del Senatore Giovanni Spadoli-ni. Infatti, si cercò di risol-vere l’annoso problema dei custodi portieri (poco tute-lati e mal retribuiti) ed ele-vare il titolo di studio per l’ammissione al concorso per custode e guardia not-turna, rivendendone ovvia-mente l’aspetto salariale, differenziato per i servizi espletati. Non pochi erano infatti i problemi da risolve-re e non solo per i custodi, poiché il Ministero pretta-mente di natura tecnica, era sorto sulla provenienza di varie figure professionali di altre amministrazioni dello Stato quali, per il set-tore Archivi, il Ministero degli Interni, per il settore bibliografico, l’ Ente Nazio-nale Biblioteche Popolari e Ministero della Pubblica Istruzione nonché , per quanto riguarda i musei e aree archeologiche, sempre dalla Pubblica Istruzione, per la precisione dalla sum-menzionata Direzione Ge-nerale Antichità e Belle Ar-

ti. Successivamente il Sin-dacato Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali estende la sua sfera d’ azio-ne ad altre categorie, tra le quali quella dei commessi, coadiutori, assistenti, fun-zionari ecc. Vengono prese valide iniziative di lotta sin-dacale per l’ evoluzione del-le figure professionali allora esistenti, ricorrendo anche ad azioni di sciopero in al-cuni siti particolarmente importanti come, ad esem-pio, gli scavi di Pompei, il Museo Egizio di Torino, il Museo Archeologico di Na-poli. Di pari passo il Sinda-cato Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambienta-li, ricorre anche nelle sedi giurisdizionali, al fine di impugnare legalmente i provvedimenti ministeriali che ledevano gli interessi dei lavoratori rappresentati. Non di meno il Sindacato faceva ricorso anche a più referenti politici, che si di-mostravano sensibili alle problematiche del settore, al fine di porre in essere apposite interrogazioni par-lamentari e disegni di legge per migliorare l’aspetto isti-tuzionale e ridare dignità ai lavoratori, anche se su que-sto aspetto vi erano forti dubbi nel credere possibile un aggiustamento legislati-vo, se non quello della lotta segnatamente sindacale. In questo modo, il Sindaca-to, nel corso del suo svilup-po, intenderà risolvere pa-rallelamente i gravosi e molteplici problemi che af-fliggono il Dicastero in ma-niera burocratica ed autori-taria.

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A tale scopo, infatti, si infit-tisce una nutrita corrispon-denza tra il Sindacato e il Ministero e tra il Sindacato e gli Istituti Periferici, non-ché una capillare diffusione a tutti gli iscritti e tutti gli Istituti del Ministero di ap-positi notiziari, riviste e co-municati di natura giuridi-ca, politica e sindacale. Di li a poco si perverrà ad un notevole incremento de-gli iscritti, che poi arriverà a quadruplicarsi negli anni 1985-1986, con l’avvento di

nuovi ingressi e la nomina a Segretario Nazionale del Dirigente Sindacale Giu-seppe Urbino. Il nuovo Segretario Nazio-nale, darà un rinnovato “input” anche sotto l’aspet-to funzionale e amministra-tivo, nonché più marcata-mente politico-sindacale. In questa opera si avvarrà anche di vari collaboratori, che a loro volta, avevano abbandonato i sindacati di provenienza per aggregarsi a questa nuova forza sinda-

cale: tra i quali, corre l’ob-bligo di citare l’attuale Vice Segretario Nazionale Stefa-no Innocentini, nonché i Dirigenti Sindacali Adele Quercia, Guido Lombardo, Salvatore De Cristofaro, a cui poi si unirono tanti al-tri, e sono molti, che per ragioni di spazio non pos-siamo certamente nomen-clarle tutte. Il Sindacato si infoltirà di sempre più iscritti e simpa-tizzanti, ottenendo un con-senso sempre più consi-stente sul piano nazionale e attiverà una moltitudine di quadri che presenzieran-no sempre di più la ribalta ministeriale, visto che pro-prio in quegli anni si arri-verà a gestire la contrattua-lizzazione del pubblico im-piego e in particolare modo, il Ministero dei Beni Cultu-rali, con l’avvento del Mini-stro Scotti, introdurrà la prima Contrattazione de-centrata. Una cosa molto importante, che merita di essere ricor-data, è che nel 1989, il Sin-dacato Nazionale Autono-mo Beni Culturali e Am-bientali, presentandosi per il rinnovo del Consiglio Na-zionale del Ministero, riu-scirà a ottenere circa 2800 voti facendo eleggere Giu-seppe Urbino, e scalzando la Uil, che per la prima vol-ta non otteneva il seggio. Nel 1991 il Segretario Na-zionale Giuseppe Urbino, a seguito del mandato rivesti-to con atto del Notaio Alex Gambelare, provvederà alla riformulazione del nuovo atto costitutivo del Sinda-cato Nazionale

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Autonomo Beni Culturali e Ambientali per rinnovare la struttura sia in campo na-zionale che in periferia. Con l’avvento della privatizzazio-ne del pubblico impiego, il Sindacato Nazionale Auto-nomo Beni Culturali e Am-bientali, purtroppo ha dovu-to rivedere la propria strate-gia, sia per consolidare quel patrimonio culturale, politi-co — sindacale, che ovvia-mente salvaguardare l’espe-rienza accumulata di centi-naia di persone, che si sono avvicendate nel corso degli anni. Con il ritmo di crescita sin-dacale, il ruolo del Sindaca-to Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali si stava attestando su un livel-lo organizzativo superiore alla Uil, che all’epoca rap-presentava la terza forza sindacale all’interno del Mi-nistero e quindi si delinea-vano nuovi scenari che ri-baltavano le forze in campo, quasi a determinare il “replay” per l’imminente rin-novo del Consiglio di Ammi-nistrazione, che avrebbe vi-sto anche in questo caso il Sindacato Nazionale Auto-nomo Beni Culturali e Am-bientali, sottrarre ancora una volta, il seggio alla Uil e un forte ridimensionamento degli altri sindacati. Purtroppo, a seguito del De-creto Legislativo n. 29/93 venivano abolite le presenze dei rappresentanti sindacali all’interno dei Consigli di Amministrazione, il confron-to sul piano della competi-zione elettorale non è potuto avvenire. Si avvicina cosi il momento di più stretta attualità, che vede il Sindacato Nazionale

Autonomo Beni Culturali e Ambientali, sempre più at-tento e sensibile alle proble-matiche dei lavoratori del Ministero dei Beni Culturali, che proprio nell’ultimo quin-quennio, per l’effetto del principio dell’alternanza dei poteri politici e partitici, è stato protagonista di ben tre riforme (e ne arriveranno al-tre) che hanno stravolto l’i-dentità e la configurazione ministeriale, apportando no-tevoli disagi per i lavoratori e peggiorando di fatto le re-lazioni sindacali. Di ultimo, dal 2007, il Sin-dacato Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali, si è ulteriormente attrezzato per la sfida del futuro sotto il motto “protagonisti per co-struire il domani”, ripropo-nendo cosi un moderno sin-dacato federato alla "Federazione Confsal-Unsa" che nel Comparto Ministeri è il sindacato maggiormente rappresentativo sia per il numero dei lavoratori iscrit-ti, sia per la capillare pre-senza su tutto il territorio nazionale (attraver-so le ri-spettive Segreterie Regionali e Provinciali, nonché le rap-presentanze di sede e le RSU.). La Federazione Confsal-

Unsa aderisce alla Confsal (Confederazione Generale Sindacati Autonomi Lavora-tori), che è la maggiore orga-nizzazione sindacale autono-ma a livello nazionale. Inoltre, a seguito degli ac-cordi sulla rappresentatività prevista dall' articolo 6 del C.C.N.Q. del 24/09/2007, che ha sostituito l' articolo 19 del precedente C.C.N.Q., del 07/08/1998, il Sindaca-to Nazionale Autonomo Beni Culturali e Ambientali ha assunto la nuova denomina-zione in Coordinamento Na-zionale Beni Culturali e, quindi, divenuto emanazio-ne diretta della Federazione Confsal-Unsa. Pertanto, il Coordinamento Nazionale Beni Culturali, benché ristrutturatosi nel suo assetto organizzativo e funzionale, ha posto alle sue basi la riaffermazione di quei principi e quei valori intrinseci nella sua iniziale carta costituzionale, quale associazione apolitica com-posta di donne e uomini che riconoscono nel lavoro e nel-la famiglia i valori fonda-mentali "della convivenza civile della solidarietà" un momento d’impulso delle qualità individuali.

Giuseppe Urbino

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Siamo in contrattazione per porre in essere i progetti locali relativi al 2013. La riunione si svolge in un clima sereno, l’Amministra-zione presenta la propria proposta e si sviluppa un confronto durante il quale tutte le parti espongono il rispettivo parere. Su propo-sta della Confsal-Unsa, condivisa da tutti i presen-ti, vengono apportate modi-fiche al progetto di parte pubblica. Si firma l’accordo e, visto il periodo quasi prenatalizio, ci si lascia con i tradiziona-li auguri di buone feste. Nulla lasciava presagire quanto sarebbe successo di

lì a poco. Infatti, dopo alcu-ni giorni e subito prima di “scomparire” per le ferie, il Soprintendente invia una nota con cui, in aperta vio-lazione di quanto sotto-scritto, stravolge unilate-ralmente l’accordo e “decide” di attribuire le ri-sorse in base ad altri e per-sonalissimi criteri. Pronta e dura la reazione della Segreteria Provinciale Confsal-Unsa, che protesta formalmente, diffida il So-printendente e preannun-cia azioni legali per com-portamento antisindacale, se l’amministrazione doves-se perseverare in tale atteg-giamento.

Nella sua nota la Confsal-Unsa ribadisce che è anche possibile, pur se inopportu-no, modificare le proprie posizioni, ma correttezza e regole contrattualmente co-dificate vogliono che si ri-convochino le parti per ten-tare di raggiungere un nuo-vo accordo. Riportiamo, di seguito, il testo integrale della nota con cui la Segreteria Pro-vinciale CONFSAL-UNSA di Reggio Calabria espone an-che i riferimenti normativi che supportano le decisioni prese in accordo fra le parti e ribadisce l’illegittimità dell’atteggiamento del So-printendente.

Quando manca la correttezza nelle relazioni sindacali REGGIO CALABRIA - IL SOPRINTENDENTE AI BENI ARCHITETTONICI VIOLA UN ACCORDO FIRMATO

Dura presa di posizione della CONFSAL-UNSA

Si riporta la nota inviata al Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le pro-vince di Reggio Calabria e Vibo Valentia, al Segre-tario Generale Confsal-Unsa e al Coordinatore Nazionale Confsal-Unsa Beni Culturali: Riunione sindacale del 5/12/2013 – contratta-zione progetti locali –

violazione degli accordi.

Nel corso della riunione specificata in oggetto, le parti (pubblica e sindaca-le), dopo attenta valutazio-ne delle proposte, hanno raggiunto un accordo che è stato sottoscritto da tutti i partecipanti. Orbene, dal verbale non

risulta che vi sia stata al-cuna “proposta sindacale di ripartizione a pioggia”, così come da Lei asserito n e l l a n o t a d a t a t a 17/12/2013 ma, anche se così fosse stato, sarebbe stata condivisa anche dall’amministrazione che, con la propria firma, avreb-be attestato tale condivisio-ne. Il sistema delle relazioni sindacali, pur compren-dendo una pluralità di ti-pologie, non prevede che uno dei sottoscrittori deci-da improvvisamente di adottare una diversa linea di azione, senza un nuovo confronto. Certamente è possibile mo-dificare le proprie posizioni ma, in tal caso, è previsto che si riconvochino le parti

al fine di ricontrattare me-todi e finalità. In assenza di un nuovo in-contro, ogni sottoscrittore si obbliga ad ONORARE la propria firma, rispettando in toto l’accordo. Chiariti i limiti procedurali e comportamentali, entria-mo nel merito del testo del verbale, non tralasciando di rilevare che il rifiuto del-la distribuzione “a pioggia” delle competenze è una precisa volontà delle orga-nizzazioni sindacali che, nell’art. 4 c.2 del CCNL 16/2/1999 precisano che ”il contratto collettivo inte-grativo regola i sistemi di incentivazione del persona-le sulla base di obbiettivi e programmi di incremento della produttività e di

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miglioramento della qualità del servizio …”. Ed appunto “la misurazio-ne dei servizi erogati deve divenire lo strumento con cui valutare il conseguimen-to degli obbiettivi” (art. 21 CCNL 14/9/2007). Inoltre, così come recita l’art. 2 c. 2 del CCNL 23/1/2009, le amministra-zioni si dotano di strumenti idonei a consentire una ge-stione orientata al risultato che comporta in via priorita-ria, una puntuale fissazione degli obbiettivi …” ed un giudizio UNILATERALE ed ESCLUSIVO del dirigente sicuramente non ottempe-ra a tali indicazioni, anche alla luce dell’art. 23 c. 4 del CCNL 14/9/2007, nel quale si stigmatizza che “la contrattazione integrativa definisce la graduazione dei compensi incentivanti, la produttività collettiva ed in-dividuale in relazione alla percentuale di raggiungi-mento degli obbiettivi asse-gnati” nonché del successi-vo comma 6, il quale preve-de che “i criteri per l’eroga-zione delle componenti ac-cessorie da attribuire ai di-pendenti di ciascun ufficio, dopo aver verificato il grado di raggiungimento degli ob-biettivi attribuiti, saranno definiti dalla contrattazione integrativa”. Nel nostro caso la contrat-tazione ha determinato che: Le attività devono essere svolte da gruppi di lavoro ed a tal proposito ha voluto che si unificassero i proget-ti (proposti dall’ammini-strazione), composti da una sola unità;

L’unico strumento di valu-tazione è il raggiungimento dell’obbiettivo assegnato a ciascun gruppo, dal mo-mento che ogni partecipan-te contribuirà indipenden-temente dal proprio profilo professionale e per questo motivo ha valutato che il compenso debba essere corrisposto al lordo in mi-sura uguale, anche nella considerazione che siffatto metodo di lavoro fa sì che si arricchiscano le cono-scenze di ogni lavoratore che, necessariamente, ver-rà a contatto con professio-nalità di diverse aree, sup-plendo, in tal modo, alle carenze formative dell’am-ministrazione. Naturalmente il capo dell’ufficio, responsabile dei progetti, valuterà il rag-giungimento o meno degli obbiettivi concordati in se-de di contrattazione decen-trata e potrà individuare unità che non hanno con-tribuito sufficientemente al loro completamento sia per assenze prolungate, che per mancanza di volontà. In tal caso dovrà stendere una relazione dettagliata su ogni partecipante, moti-vando le proprie considera-zioni e trasmettendole alle organizzazioni sindacali ed alla RSU in apposita ses-sione di lavoro, per una va-lutazione congiunta. Infine occorre precisare che, qualora Ella, a conclu-sione delle attività, volesse procedere autonomamente ad una valutazione di “apporto professionale indi-viduale, disponibilità mani-festata, grado di partecipa-zione, contributo organizza-

tivo” così come precisato nella nota inviata alle orga-nizzazioni sindacali, signifi-cherebbe che è venuta me-no ai suoi compiti di re-sponsabile dei progetti e cioè: Determinare periodicamen-te il livello di raggiungi-mento degli obbiettivi; Riunire periodicamente i gruppi di lavoro ed eviden-ziare le criticità; Stimolare quei lavoratori che esercitano un’azione frenante rispetto al proprio gruppo, individuarne le motivazioni e rimuoverle. Come vede, dirigere è un compito complesso, non può essere ridotto a sem-plici valutazioni generiche e per questo viene retribui-to in misura decisamente superiore al tabellare dei livelli. Alla luce di quanto sopra esposto, la CONFSAL-UNSA La invita a procedere nella esecuzione delle atti-vità progettuali così come concordato o, in alternati-va, a convocare con estre-ma urgenza le parti sociali firmatarie di quell’accordo per proporre una nuova in-terpretazione. Il mancato rispetto della procedura contrattualmen-te prevista dovrà essere in-terpretata come violazione di accordo e comportamen-to antisindacale, con le conseguenze giuridiche previste dalle vigenti norme del codice civile. Distinti saluti. IL SEGRETARIO PROVINCIALE

(Alfredo Lutri)

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All’inizio di dicembre siamo stati impegnati nelle con-trattazioni relative ai pro-getti locali 2013 in applica-zione dell’accordo nazionale 19 novembre 2013. I progetti decorrono dalla firma dell’accordo naziona-le ( 19 novembre 2013 ) e devono durare almeno 3 mesi, sono soldi FUA 2013 (soldi dei Lavoratori ). La nostra posizione in tutte le contrattazioni è stata quella che i progetti devono terminare entro il 28 feb-braio 2014 come potrete notare la nostra posizione non è stata condivisa da Cgil-Cisl-Uil e RSU (non tutti) al guinzaglio, che hanno preferito asseconda-re quanto le voglie dei Diri-genti. Vogliamo ricordare che si tratta di FUA 2013 ( soldi dei lavoratori 2013), e di lavoratori che da 5 anni non vedono rinnovato il contratto. Non firmare accordi palese-mente non rispondenti alle prerogative ed a volte con-tro i lavoratori non vuol di-re far saltare i progetti co-me vanno propagandando Cgil-Cisl-Uil per coprire ac-cordi indecenti che hanno sottoscritto, ma mettere i Dirigenti di fronte alle loro responsabilità quando pro-pongono progetti senza ca-po ne coda e far esplodere le contraddizioni, per ricon-durre i progetti a quello che sono e tenere conto sia del-le voglie dei Dirigenti che delle necessità dei lavorato-

ri. Per fare questo necessita autonomia di giudizio e so-prattutto essere liberi ovve-ro non dover restituire fa-vori e non dover chiedere favori al Dirigente chi si ha di fronte. Dialogare per trovare il punto d’incontro è l’essen-za della contrattazione, ma quando il punto d’incontro è sempre quello voluto dal Dirigente con Cgil-Cisl-Uile RSU al guinzaglio ( non tut-ti) che firmano fregandose-ne degli interessi dei lavo-ratori, allora non siamo più nella contrattazione ma nel baratto e le nostre organiz-zazioni non firmano baratti a discapito degli interessi dei lavoratori. In alcuni uffici ci è stato spiegato dai Dirigenti, Cgil-Cisl-Uil con RSU al guinza-glio che i progetti devono coprire attività fino a giu-gno o almeno fino ad aprile 2014. Dobbiamo chiarire che non ci hanno convinti, non tan-to i Dirigenti che “legittima-mente” vogliono usare i sol-di dei lavoratori per fare più iniziative possibili, ma non ci hanno convinto la tesi di Cgil-Cisl-Uil, con RSU al guinzaglio genufles-si davanti alle tesi dei Diri-genti. Prima di elencare ufficio per ufficio la “coerenza di lor signori” occorre chiarire quali sono le azioni che la contrattazione sui progetti consente. In sede di contrattazione

locale: •vengono definiti i criteri per l’inserimento del perso-nale nei programmi di in-centivazione ; •si definiscono i criteri per la valutazione dei risultati e la graduazione dei compen-si in relazione al grado di raggiungimento degli obiet-tivi assegnati. Questo legittimamente è il ruolo che in contrattazione sui progetti spetta al sinda-cato, ovvero i progetti li ela-bora il Dirigente, l’inseri-mento nei progetti con as-segnazione formale dell’o-biettivo individuale e collet-tivo è compito del Dirigen-te. In qualche Soprintendenza si è dedicato molto tempo a discutere nel merito dei progetti, in altre la RSU ha elaborato i progetto, preso le adesioni, fatto opera di convincimento su progetti da loro elaborati, ecc., con il risultato ovvio che al ta-volo di trattativa si sono trasformati da rappresen-tanza dei lavoratori a “cinta d’ernia del Dirigente”. Passiamo ora all’analisi dei progetti, forzatamente som-maria ma che sicuramente permetterà di verificare le coerenze ed individuare le fregature. SOPRINTENDENZA BENI ARTISTICI: dal verbale si evince che il. 3/12/2013 dopo le 15.00 hanno con-cordato per gli uffici una parte in ordinario (Quanto?) e 8 ore

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PROGETTI LOCALI NEGLI ISTITUTI TORINESI I LAVORATORI PAGANO LA “COERENZA” DI LOR SIGNORI

fuori orario; per area vigilanza prolunga-mento aperture 20.00 – 24.00 (Quante?) fuori orario e le aperture diurne (Quante?) in orario ordinario. Non abbiamo firmato questo papocchio SOPRINTENDENZA AR-CHEOLOGICA: progetto dal 2 gennaio 2014 al 30 aprile 2014 ( ricordiamo che sono soldi FUA 2013, soldi dei la-voratori ); 24 ore durata progetto di cui 18 ore fuori orario e 6 in ora-rio di servizio; il personale tecnico, ammini-strativo, e di supporto le 24 ore del progetto in giornate feriali; il personale di vigilanza ( solo quello che opera in museo) le 24 ore le presterà in giornate festive. Di fatto Cgil-Cisl-Uile RSU (a maggioranza) al guinzaglio, dopo aver deciso che il supe-ro dei festivi dal 33% al 50% per una parte del personale di vigilanza è obbligatorio, hanno aggiunto un’altra per-la di saggezza che il lavoro festivo ha la stessa valenza retributiva del lavoro feriale. Di fronte a tanto non abbia-mo firmato, Cgil-Cisl-Uil e la maggioranza della RSU han-no firmato. SOPRINTENDENZA MONU-MENTI; accordo decorre dalla firma e termina il 30 aprile; 18 ore fuori orario in giorna-te feriali; Le eventuali prestazioni serali di 4 ore saranno equiparate a 6 ore diurne; I lavoratori (area vigilanza ) possono scegliere se effettua-re la prestazione diurna, se-rale, diurna e serale. La dirigenza proponeva che i progetti terminassero a giu-gno, dopo una lunga discus-sione abbiamo concordato che terminano il 1° maggio,

per questo e per una serie di opportunità che i lavoratori hanno a disposizione , vedi la opportunità per il personale di vigilanza di optare per il turno diurno e/o serale ab-biamo posto la firma sull’ac-cordo. ARCHIVIO DI STATO DI TO-RINO: il progetto parte dal 19 novembre 2013 e dura 100 giorni,. Quello che abbiamo sostenu-to in tutte le sedi , progetti dal 19 novembre a fine feb-braio e per questo siamo stati derisi da Cgil. Cisl. Uil all’ar-chivio di stato di Torino lo abbiamo firmato, ma anche “lor signori “lo hanno firma-to!!!!!!!!!!!!!!!!!! BIBLIOTECA NAZIONALE: il progetto termina il 20 feb-braio. Accordo da noi firmato ma firmato anche da “LOR SI-GNORI” che in questo caso non hanno avuto nulla da eccepire sul progetto che ter-mina il 20 febbraio. BIBLIOTECA REALE: accor-do non prevede inizio proget-to e non prevede fine progetto ma una verifica intermedia a febbraio. Per noi un accordo sui progetti senza inizio e senza fine, senza aver con-cordato i criteri di inserimen-to nelle fasce e concordato i criteri di valutazione dei ri-sultati e la graduazione dei compensi, non può essere sottoscritto ed è il segno dell’incapacità di questa Diri-genza. Per Cgil-Cisl-Uil e RSU al guinzaglio si può firmare non importa cosa si firma a pre-scindere senza nessuna tute-la per i lavoratori che sono lasciati ostaggi della Dirigen-za. DIREZIONE REGIONALE: Il progetto dal 6 dicembre al 30 aprile, in orario di lavoro. I responsabili dei servizi valu-

teranno il raggiungimento degli obiettivi. Non avendo individuato la contrattazione i criteri per individuare il raggiungimento degli obiettivi , gli stessi sa-ranno lasciati all’arbitrio dei responsabili di servizio. Noi non firmiamo accordi che non contengono le minime salvaguardie per i lavoratori, ovvero che non abbiano defi-niti i criteri per l’inserimento del personale nei progetti e siano definiti i criteri per la valutazione dei risultati, ov-viamente Cgil-Cisl-Uil hanno firmato. Come potete vedere da que-sta sintetica esposizione non è vero che i progetti non pote-vano iniziare il 19 novembre e terminare a fine febbraio, come Cgil-Cisl-Uil con RSU al guinzaglio (non tutti) hanno sostenuto ai Beni Artistici, Monumenti, Archeologica, Direzione Regionale, Bibliote-ca Reale e firmato in Bibliote-ca Reale e Archivio di Stato. Riteniamo che il capolavoro di “Coerenza” è quello che sono riusciti a creare nello stesso palazzo (Palazzo Chia-blese), dove lavoratori che la-vorano di fatto fianco a fianco avranno queste situazioni : Soprintendenza Archeologica: progetto di 24 ore di cui 18 fuori orario e 6 in orario di lavoro; Soprintendenza Monumen-to : 18 ore fuori orario di la-voro; Direzione Regionale: non si sa quante ore, ma tutte in orario di lavoro. Una domanda sorge sponta-nea: SONO FESSI ? SONO INCAPACI ? SONO IN MALAFEDE ? SONO VENDUTI ?

A cura di Antonio Scocozza

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N. 95 — GENNAIO — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 9

SCAVI DI POMPEI, SINDACATI: “SULLE ASSUNZIONI

VIGILEREMO MA C’È DIALOGO CON L’AMMINISTRAZIONE”

Post nubila Phoebus. Così i sindacati descrivono il nuovo clima di dialogo instaurato con la neonata gestione del sito, ma gli occhi sono puntati sulle assunzioni annunciate, per cui le OO. SS. assicurano massima vigilanza. “Dopo tre anni di assoluta mancanza di dialogo con l’amministrazione, – sostengo-no Antonio Pepe (Cisl), Maria Rosa Rosa (Uil), e Vincenzo Sabini (Unsa) – in due incon-tri informali avuti nell’arco di pochi giorni, abbiamo potuto riscontrare la disponibilità della dirigenza della nuova Soprintendenza a dialogare con il sindacato. Nei due col-loqui avuti sia con il Generale Nistri che con il Direttore Ge-nerale Luigi Malnati, attual-mente Soprintendente di Pompei per avocazione, abbia-mo riscontrato, da parte di

entrambi, la volontà a voler valorizzare i lavoratori pom-peiani, che a detta loro rap-presentano un’eccellenza nel panorama del ministero dei Beni Culturali, e a risolvere le problematiche che affliggo-no tutta l’area archeologica”. Archiviati i pregiudizi nei con-fronti dei lavoratori, il nuovo tandem Nistri – Malnati è at-teso dai sindacati alla prova dei fatti. Prima sfida, le as-sunzioni del personale di vigi-lanza. Due i punti su cui insi-stono Cisl, Uil e Unsa: operai per la manutenzione ordina-ria del sito e attenzione alle esigenze occupazionali regio-nali. “L’unica cosa che ci lascia perplessi – affermano Pepe, Rosa Rosa e Sabini – è l’inten-zione manifestata di assume-re personale di vigilanza e amministrativo attraverso l’A-

les, una società in house del nostro Ministero, perché se è vero che a Pompei mancano custodi per garantire l’apertu-ra al pubblico di tutte le do-mus agibili, è anche vero che il problema principale è rap-presentato dalla totale man-canza di operai da adibire co-stantemente sia alla manu-tenzione ordinaria del bene archeologico, sia al restauro degli affreschi, dei mosaici e al consolidamento di stucchi e murature. Sulla partita delle assunzioni ci teniamo a precisare – con-cludono i rappresentanti delle OO.SS. – che il sindacato vi-gilerà affinché questa partita si giochi sul territorio campa-no, che è quello che attual-mente ha uno dei tassi di di-soccupazione più alto dell’in-tera penisola”.

Claudia Malafronte

NOTIZIE DALLA CONFEDERAZIONE CONFSAL

GOVERNO SENZA ALTERNATIVE Il Paese pretende una autentica capacità di governare Bisogna superare la stabilità governativa basata su impercettibili passi

La Confsal, a fine 2013, do-po l’approvazione da parte del Parlamento della Legge di Stabilità 2014-2016 e la dec r e ta z i one “m i l l e -proroghe” 2013-2014, chie-se al Governo un immedia-to e concreto cambio di passo su lavoro e occupa-zione, fisco e riforme strut-turali e al Parlamento, rin-novato nella sua configura-zione a seguito della scom-posizione di importanti gruppi politici e all’avvento di nuove leadership politi-che, di intensificare l’attivi-tà legislativa riguardo alla legge-delega sulla riforma del fisco, alle riforme costi-tuzionali, istituzionali e strutturali e alla riduzione del costo della politica. In sintesi, auspicammo l’e-manazione degli attesi provvedimenti equi e effica-ci per l’occupazione, il re-cupero del potere d’acqui-sto delle retribuzioni e delle pensioni, il sostegno alla ripresa della crescita eco-nomica e il risanamento della finanza pubblica. Sottolineammo, altresì, l’importanza del Semestre europeo a guida italiana in funzione della crescita eco-nomica e occupazionale e del raggiungimento di im-portanti obiettivi sul fronte dell’integrazione, a comin-ciare da quella del credito. Indicammo, infine, la via alternativa delle elezioni politiche anticipate da te-

nersi con una nuova legge elettorale, atta a garantire la governabilità del Paese e un adeguato livello di rap-presentanza della società civile in Parlamento. In effetti, eravamo consape-voli che, in assenza di una forte discontinuità nell’atti-vità di Governo, l’economia italiana non potesse uscire dalla preoccupante situa-zione di recessione e l’occu-pazione di giovani, donne e over 50 non avrebbe regi-strato una inversione di tendenza. Lo scenario poli-tico di questi primi giorni del 2014 si è rivelato oltre-modo complesso al punto che non si intravedono chiare prospettive per lavo-ro e occupazione, fisco e riforme strutturali. L’azione governativa sembra subire il pesante condizionamento delle dinamiche del conte-sto politico generale. La stabilità dell’Esecutivo e la governabilità reale del Pae-se sono messe a dura prova dall’incalzare di iniziative partitiche e proposte politi-che che appaiono più alter-native che convergenti. Sul-la questione centrale del lavoro e dell’occupazione esiste una proposta al-quanto generica del “Jobs Act” del Partito Democrati-co e il “Piano per il lavoro” del Nuovo Centro Destra. Le due proposte dei mag-giori partiti “governativi" confliggono chiaramente in

più punti e di conseguenza la mediazione politica del Governo “Letta” si presenta alquanto difficoltosa, se non di improbabile realiz-zazione. Pertanto, il Gover-no è obbligato a riprendere l’iniziativa politica e legisla-tiva con rinnovata energia e maggiore coraggio, renden-dosi promotore del prean-nunciato “Impegno 2014”, affinché le forze politiche di maggioranza con i relativi gruppi parlamentari possa-no sottoscrivere in tempi brevi il “Patto di coalizione” su lavoro e occupazione, economia reale, spending review, investimenti pubbli-ci e riforme strutturali, co-me quelle del fisco e della giustizia civile. In altri termini, il Governo deve abbandonare la strada dei piccoli e impercettibili passi e, per dirla con una espressione del Premier Letta, del “cacciavite” e so-prattutto deve evitare prov-vedimenti sterili e confusi, come quelli riguardanti la tassazione sulla casa e la decurtazione/reintegro del-le retribuzioni del persona-le della scuola. Al contrario, il Governo de-ve cambiare approccio sia nel metodo, armandosi di prontezza e coraggio, sia nel merito, puntando a centrare rilevanti e incisivi obiettivi politici.

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PAGINA 10 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

A nostro parere, necessita decisione e autorevolezza governativa per una svolta che le giovani generazioni e il Paese tutto si aspetta-no. Noi non vediamo altra prospettiva per questo Go-verno. Infatti, l’agenda di un “governo di servizio” per il Paese non può non inclu-dere la realizzazione di ri-forme strutturali per il la-voro e l’occupazione, lo sviluppo, la finanza pub-blica e l’equità sociale, va-le a dire quelle riforme ve-re e reali che al momento il Governo Letta non può vantare. E’ anche vero che si può tentare la costituzione di un “nuovo” governo vinco-lato al raggiungimento di determinati obiettivi con-creti in tempi relativamen-te medio-brevi e comun-que utili e in funzione di

una illuminata e incisiva guida italiana del Seme-stre europeo. Nel contempo il Parlamen-to dovrebbe conseguire al-meno due obiettivi mini-mi, quali l’approvazione della legge-delega sulla ri-forma del fisco e il varo di una nuova legge elettorale che coniughi le ragioni forti della governabilità e della rappresentanza poli-tica del Paese. La Confsal individua nell’occupazione, nel pote-re d’acquisto delle retribu-zioni e delle pensioni, nel fisco e nelle riforme strut-turali i campi irrinuncia-bili e decisivi di un inter-vento legislativo per Go-verno e Parlamento. In altre parole, per la Confsal, in questo mo-mento non è importante la configurazione della com-pagine governativa, bensì la capacità dell’Esecutivo

di governare, centrando obiettivi rilevanti, e di gui-dare un impegnativo e proficuo Semestre euro-peo. Con questa ferma convin-zione, chiediamo al Gover-no l’immediata apertura di un confronto costruttivo e trasparente con tutte le Forze Sociali rappresenta-tive del Paese, da tenersi ovviamente nel rigoroso rispetto dei ruoli istituzio-nali, sull’agenda governa-tiva e sul progetto-azione del Governo per l’Unione Europea e l’Eurozona du-rante il prossimo Seme-stre a guida italiana. La Confsal, con riferimen-to al suo Manifesto politi-co-sindacale, è pronta a dare il proprio contributo di idee, di proposte e di impegno, con particolare riferimento a lavoro, occu-pazione e welfare.

Marco Paolo Nigi

N. 95 — GENNAIO — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 11

Nessun Paese come l’Italia è capace di attrarre turisti. È un dato di fatto universal-mente riconosciuto perché l’eccellenza in fatto di storia, opere d’arte, musei, siti ar-cheologici, bellezze naturali, gastronomia, artigianato, accoglienza, rende il nostro Paese meta più che deside-rabile per qualsivoglia turi-sta alla ricerca di cultura e contestualmente di svago. E l’Italia proprio per questo è stata sempre e in parte lo è ancora un Polo di attrazione turistico di primaria rilevan-za nel mondo. Tuttavia da qualche anno a questa parte, pur essendo sempre assai vivo in loro l’interesse, i turisti nel no-stro Paese vanno rarefacen-dosi sempre più. L’Italia, dal dopoguerra ad alcuni decenni orsono, aveva

il primato assoluto per pre-senze turistiche che le con-sentiva di incamerare mone-ta pregiata e le garantiva con i suoi introiti il 16 per cento del Pil. In pratica era, e in maniera ridotta lo è ancora, la prima industria nazionale, unica nel suo genere spe-cialmente in questo periodo di drammatica crisi econo-mica particolarmente italia-na, a chiudere i conti in atti-vo. Tutto questo fra l’indiffe-renza generale della politica nazionale che ha sempre considerato il turismo come un settore autoreferenziale e quindi si è ben guardata dal tutelarne e garantirne la cre-scita. E così, malgrado il grande impegno di tutti gli operatori, il turismo italiano ha cominciato a perdere ine-vitabilmente colpi, anche per la spietata concorrenza dei

tanti Paesi stranieri a pro-pensione turistica, ed è sci-volato dal primo posto che occupava a buon diritto fin dal dopoguerra ad un poco rassicurante, perché insidia-tissimo dai Paesi emergenti, quinto posto preceduto ap-punto da Francia, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Cina. Un vero e proprio declino certificato da Federalberghi che quantifica come di con-seguenza nel 2013 siano di-minuiti in ambito turistico-alberghiero 10 mila posti di lavoro nonché altri 40 mila a livello aggregato di settore. Il fatto è che la politica dell’autoreferenzialità non basta più perché i mali del nostro Paese sono talmente tanti da disincentivare i de-sideri anche dei turisti più volenterosi.

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TURISMO UN’INDUSTRIA IN ATTIVO CHE

RISCHIA DI MORIRE SOTTOVALUTATO UN PIL DA 30 MILA MILIARDI

Roma, Musei capitolini

PAGINA 12 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

Prezzi troppo alti in tutti i settori, benzina più cara d’Europa, tassisti e ristora-tori truffaldini, borseggiatori e scippatori, nomadismo dif-fuso, abusivismo commer-ciale, accattonaggio, traffico caotico, inquinamento, spor-cizia, scarsa vigilanza, sono solo alcuni dei problemi che il turista straniero ma anche italiano deve affrontare se intende visitare il Bel Paese. Così molti rinunciano e ne hanno ben donde. Le conseguenze di un simile stato di cose sono a dir poco drammatiche per il nostro turismo. Lo si deduce in par-ticolare dagli incassi delle migliaia di Musei sparsi per tutto il territorio nazionale che, sia per la modestia del costo dei biglietti d’ingresso che per lo sparuto numero di visitatori, sono semplice-mente risibili. Né potrebbe essere diversa-mente dal momento che, ad esempio, in Campania paga il biglietto un visitatore su due, in Friuli uno su dieci. Emblematico il caso di Rava-nusa (Agrigento) che nel 2009 ha registrato un solo visitatore. Per i Musei e i Siti archeolo-gici calabresi, poi, il bilancio degli incassi è un disastro assoluto: 24.823 euro incas-sati nel corso di un intero anno. E se si escludono le città d’arte, Venezia, Firenze e principalmente Roma che anno dopo anno registra un aumento medio di visitatori del 10/12 per cento, la si-tuazione del turismo su sca-la nazionale è proprio que-sta. Basti dire che tutti i Musei del nostro Paese messi insie-me registrano incassi infe-

riori a quelli del solo Louvre. Per Stato, Regioni e Comuni si tratta di una perdita eco-nomica secca pari al 95 per cento perché i Beni culturali necessitano di custodia, ma-nutenzione, sofisticati anti-furto, personale professio-nalmente preparato, locali idonei. Il tutto costa, e tanto, mentre le uscite sono di gran lunga inferiori alle en-trate. A questo punto, toccato il fondo, non resta che cercare di risalire anche perché, al di là della convenienza pura-mente economica, non dob-biamo dimenticare mai che il Patrimonio culturale del no-stro Paese, consistente nel 70 per cento delle opere d’arte esistenti al mondo, appartiene all’intera umani-tà ed è nostro dovere morale conservarlo. S’impone pertanto una deci-sa e radicale inversione di tendenza con una presa di coscienza collettiva ma prin-cipalmente con l’intervento primario ed ineludibile di co-loro che ci governano. Il che fino ad oggi non è ac-caduto tant’è che gli stanzia-menti per i Beni culturali, già molto esigui ed inade-guati, sono stati ulterior-mente ridotti di due terzi. Tagli per ben 13 milioni di euro nell’ultimo anno. Eppure la via maestra per la rinascita c’è. Prima di tutto è necessario rivedere l’intera l’organizzazione dei Beni cul-turali che, per avere un fu-turo, deve necessariamente essere affidata ad un centro propulsivo nazionale che possa operare liberamente svincolato dagli egoismi lo-calistici e che, per quanto è possibile, limiti la polverizza-zione dei Siti culturali attra-

verso la creazione di Poli tu-ristici integrati specialmente nel Mezzogiorno in modo da garantire una maggiore e più agevole accessibilità alle opere d’arte. È ovvio che tale intervento per essere efficace deve poter contare anche ed essenzialmente sulla ricetti-vità alberghiera e su un’ade-guata preparazione del per-sonale. In tempi di magra quali sono gli attuali per l’occupazione una politica illuminata che si preoccu-passe di entrambi i settori potrebbe garantire anche 500 mila nuovi posti di lavo-ro con un aumento del Pil di 30mila miliardi di euro. Molto ci sarebbe ancora da fare come per esempio rivita-lizzare l’Enit, assicurare ai visitatori collegamenti ade-guati, operare un capillare controllo di prezzi e tariffe per evitare abusi, garantire la sicurezza dei turisti con appositi interventi non ne-cessariamente statali e quant’altro. non resta che attendere che qualcuno dall’alto del suo seggio dorato si accorga che, indipendentemente dai moti-vi culturali che per la politi-ca passano con regolarità in secondo piano e forse non esistono affatto, ci sono an-che altri modi per impingua-re le casse dello Stato e non solo attraverso la tassazione indiscriminata e selvaggia dei cittadini. Tra l’altro i nostri politici po-trebbero rendersi conto che solo incrementando il turi-smo, autentica ed inesauri-bile miniera d’oro a cielo aperto, sarebbe possibile puntare realisticamente alla ripresa economica della na-zione.

Fdl

N. 95 — GENNAIO — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 13

MANAGER PUBBLICI I dirigenti italiani sono i più pagati nell’Ue

Indipendentemente dai risultati conseguiti

L’andamento economico del no-stro Paese è decisamente pessi-mo. Ce ne siamo accorti tutti a nostre spese e ne è consapevole anche lo stesso governo che cer-ca con mille espedienti di chiu-dere le voragini che si aprono di giorno in giorno sui conti dello Stato. Tiriamo tutti la cinghia per an-dare avanti e, spesso, anche per sopravvivere dal momento che siamo in preda alla furia di un ciclone economico che ha tutta l’intenzione di volerci travolgere. Situazione decisamente critica, dunque, ma non per tutti. Ci sono infatti, anche coloro che vivono e prosperano al sicuro nell’occhio del ciclone dove ap-punto regna la calma più asso-luta e nulla può l’inclemenza atmosferica. Si tratta dei manager italiani delle Aziende pubbliche che qualsivoglia evento accada nel Paese e nel mondo dell’economia continuano a percepire super retribuzioni e liquidazioni stra-tosferiche senza rischiare decur-tazioni o ridimensionamenti di alcun genere. Questo malgrado non ci sia in Italia una sola azienda pubblica che in vario modo non denunci pesanti sofferenze oppure non sia addirittura sull’orlo della chiusura e quindi del fallimento. Guadagnano moltissimo i mana-ger pubblici italiani. Sono i più pagati dell’Ocse con retribuzioni anche triple rispetto ai loro colleghi europei che pure dirigono aziende non in stato fallimentare se non addirittura floride. Hanno uno stipendio medio di 650mila euro a fronte della me-dia Ocse che è di 232mila euro, andando così ad appesantire ulteriormente la spesa pubblica che nel 2012 è arrivata al 50 per cento del Pil contro il 45,4 per cento della media Ocse e il debi-to pubblico al 120 per cento con

oltre 40 punti percentuali in più della media che si attesta al 79 per cento. È giusto che chi garantisce una maggiore produzione accompa-gnata da conseguenti utili abbia tutti i diritti di essere proporzio-nalmente retribuito, ma il caso dei manager italiani è semplice-mente paradossale perché que-sti ultimi vengono retribuiti in-dipendentemente dai risultati conseguiti e dalle dimensioni dell’azienda che possono essere anche modeste. E quello che meraviglia, e non poco, è che questi manager mi-lionari per grazia ricevuta, non si sa bene da chi e perché anche se la Politica ha in merito un ruolo non certo marginale, non sono chiamati a rispondere in alcun modo dei fallimenti delle aziende che dirigono. Anzi quando queste ultime chiu-dono i dipendenti finiscono in cassa integrazione o vengono licenziati, mentre i manager non solo non ne ricevono alcun dan-no ma, pur oggettivamente re-sponsabili del fallimento, addi-rittura vengono confermati nel loro precedente incarico presso qualche altra azienda pubblica che, viste le loro capacità diri-genziali, avrà vita assai breve. Quanti siano questi manager non è dato sapere, ma sono cer-tamente moltissimi tant’è che dalla Corte dei conti vi è stato un puntuale richiamo per l’inci-denza eccessivamente elevata della spesa dovuta agli oggettivi sprechi nella gestione del perso-nale con una elevatissima per-centuale di attribuzione di posi-zioni organizzative e di alta pro-fessionalità. Il problema delle alte retribuzio-ni dei manager non è tuttavia solo italiano. Recentemente la Svizzera ha cercato di risolverlo indicendo un apposito referendum deno-minato “l’iniziativa 1:12” con il

quale si doveva affermare il principio per il quale nessuno avrebbe potuto guadagnare in un mese più di quanto percepi-sce il dipendente meno pagato nel corso di un anno. In pratica si trattava di una piccola varian-te alla norma adottata dall’Im-prenditore Adriano Olivetti per la quale “nessun dirigente, neanche il più alto in grado, può guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario mini-mo”. Il referendum, che doveva racco-gliere il consenso del 50 per cen-to più uno degli abitanti di al-meno 15 cantoni, avendo incon-trato la netta opposizione degli ambienti economici spaventatati per la possibile perdita di miliar-di di franchi e per i forti dubbi palesati dalla sinistra circa la bontà dell’iniziativa referenda-ria, è stato poi bocciato. Ciò non toglie che il tentativo svizzero aveva una sua oggettiva validità, tentativo che nel nostro Paese si è ben lungi solo dall’im-maginare. Tuttavia non sarebbe fuori luogo tentare una via meno drastica per combattere il fenomeno. Ad esempio, in caso di cattiva con-duzione dell’azienda, i manager dovrebbero essere obbligati al-meno a rifondere i danni provo-cati per incapacità o, nel caso vengano accertati a loro carico, costretti a pagare anche con la galera per comportamenti frau-dolenti o gravi responsabilità personali. Per concludere. Un corretto modo di procedere da parte di una politica fino ad oggi indifferente, se non addirit-tura complice di tante nomine troppo spesso discutibili, non dovrebbe essere che uno solo: mandare a casa i manager inef-ficienti e troppo costosi con tanti saluti e ringraziamenti da parte di tutto il popolo italiano.

Federico de lella

PAGINA 14 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

NOTIZIE DALLA FEDERAZIONE CONFSAL-UNSA

I nostri primi sessant’anni…

Sono trascorsi quasi ses-sant’anni dal momento in cui un gruppo di nostri colleghi, che sapevano guardare ben oltre il proprio ombelico, con una lungimiranza degna di miglior causa ebbe la splendi-da intuizione che era inevita-bilmente giunto il momento di costituire un sindacato che fosse effettivamente sganciato dai partiti politici di riferimen-to (cosa, in quel periodo, niente affatto scontata “in al-tri lidi”). Fu proprio in quella antivigilia della notte di Capodanno del 1954 che si assistette alla ge-nesi dell’UNSA (Unione Nazio-nale Sindacati Autonomi), che da quel momento iniziò la sua entusiasmante avventura, in quanto da “neonata” del mon-do del sindacalismo in gene-rale, è riuscita a dar vita ad un’organizzazione sindacale autonoma che, col passare degli anni, acquisiva sempre più credibilità e consensi so-prattutto nel mondo del pub-blico impiego, fino a diventar-ne oggi una delle prime e più apprezzate espressioni. Certo che se il suo patrimonio genetico non fosse stato ricco di responsabilità e professio-nalità, non disgiunte dal di-namismo dei suoi Dirigenti,

da spirito di sacrificio e, so-prattutto, da passione vera nel fare qualcosa di concreta-mente utile per i lavoratori, la nostra Federazione non avrebbe raggiunto gli assai soddisfacenti risultati che in-vece oggi può vantare, grazie anche all’appartenenza alla nostra Confederazione di rife-rimento: la Conf.s.a.l. Possiamo sicuramente affer-mare, con un certo orgoglio, che per noi parla la nostra storia, che è anche un valo-re assoluto, una garanzia per il nostro futuro. Dobbiamo tuttavia espandere il nostro ruolo per poter sod-disfare le esigenze di una so-cietà che sta cambiando sotto la spinta della c.d. globalizza-zione. Come in tutte le vicende terre-ne, il cammino per arrivare a ciò che oggi siamo e rappre-sentiamo non è stato scevro di momenti poco brillanti, an-che a causa di una sorta di ostracismo posto in essere da parte di chi riteneva, la no-stra, un’invasione di campo arbitraria. Erano i tempi in cui alcune parti sociali pretendevano due tavoli di trattative, dove,alla faccia della democrazia, “gli autonomi” non potevano se-dere. Ma paradossalmente furono proprio quelle circo-stanze a certificare la nostra autentica autonomia dai par-titi. Non eravamo “allineati”, quindi niente tavolo unico (!). Poi, però, la crescita progres-siva della nostra Federazione (che si espandeva sempre più all’interno dei comparti pub-blici) e la feroce determinazio-ne dei nostri Dirigenti nazio-nali a non voler piegare il ca-po davanti a simili prepotenze

hanno ricondotto a più miti consigli chi, metaforicamente parlando, avrebbe voluto ri-servarci solo uno strapuntino e non un posto in prima fila. Ad oggi la Federazione Confsal-Unsa ha allargato il suo raggio d’azione in tutti i comparti del pubblico impie-go, in alcuni dei quali è forza di prima grandezza. La “politica del fa-re” (locuzione di cui oggi qualcuno straparla…) è sem-pre stata la nostra arma vin-cente perché, può piacere o meno, è sempre riuscita a portare dei risultati concreti di cui le lavoratrici ed i lavo-ratori ci hanno dato ampio riconoscimento in sede di ele-zioni delle RSU. Se possiamo concludere que-ste poche righe “celebrative” con un’altra metafora, possia-mo dire che la Federazione Confsal-Unsa ha seguito la strategia della formica: ovvero tanto lavoro e poche ciance. Contrariamente alle scelte di chi chiacchiera in continua-zione ma...raccoglie ben poco! Non possiamo né, tanto me-no, vogliamo che i risultati raggiunti da Confsal-Unsa vengano considerati come un punto d’arrivo; sarebbe un errore esiziale. Semmai gli obbiettivi raggiun-ti fino ad oggi non sono che un punto di partenza verso altri e ancora più entusia-smanti traguardi che, solo la-vorando con serietà e passio-ne, potremo raggiungere. E ciò, se ci è consentito com-mettere un piccolo peccato di presunzione, sarà un bene di valore inestimabile per tutto il mondo del pubblico impiego.

Massimo Battaglia

N. 95 — GENNAIO — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 15

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

A proposito del demansiona-mento dei Funzionari presso la Biblioteca Nazionale Cen-trale di Firenze per lo svolgi-mento del servizio di "Spulciatori-fattorini" (vedi ns. Notiziario di Agosto 2013, pag. 5) in data 2 gennaio 2014 (ore 22:21) riceviamo la mail dal dottor Domenico Pa-netta, Funzionario Biblioteca-rio Direttore presso la BNCF ed attuale responsabile dell'Ufficio Ammissione che, in proposito, ci illustra lo "stato dell'arte". Preg.ma Dr.ssa Sebastiani, ci risiamo! Questo Ufficio Am-missione, che non urla e non crea problemi, viene lasciato nuovamente nei guai: il nuo-vo orario, valido per il primo semestre 2014, è stato inviato via APE il 30 dicembre u.s., consentendo, evidentemente, solo a pochi Colleghi di pren-derne visione e così oggi, 2 gennaio, mi sono ritrovato solo. Mi chiedo come mai io non sia stato informato in an-ticipo di tale nuovo orario, consentendomi di fare pre-sente alla Direzione le difficol-tà di alcuni Funzionari a con-ciliare i turni con il lavoro da svolgere nell'ufficio di appar-tenenza, evidenziando alcune situazioni di sovrapposizione di impegni. Dopo aver svolto questo lavo-ro, in concreto, da solo e per parecchio tempo (e su ciò stendo un velo pietoso), final-mente da Lei era stata ricono-sciuta all'Ufficio Ammissione la giusta importanza, deci-dendo di farvi lavorare TUTTI

i Funzionari della Biblioteca: non capisco perché, allora, se mi viene dato il cambio anche per pochi minuti, ciò venga considerato quasi un favore personale! Inoltre, era stato specificato che il Funzionario assente per ferie avrebbe dovuto provve-dere per tempo alla propria sostituzione: ciò non sempre è avvenuto ed io spesso mi sono trovato a lavorare da so-lo per l'intera giornata. Al contrario, in violazione di ogni regola di privacy e di buonsenso, se io mi ammalo devo preoccuparmi di avvisa-re direttamente il Funzionario che dovrebbe arrivare alle 10,30 e chiedergli di sostituir-mi sin dalle 8,30, quando sa-rebbe più logico e corretto che di ciò si occupasse l'Ufficio Amministrazione, nel rispetto delle rispettive competenze. Le chiedo anche perché, nel calendario del primo semestre 2014, sia stato scritto che l'Ufficio Ammissione fa capo all'Ufficio Informazione: Le faccio notare di essere il più alto in grado nel Dipartimen-to "Informazioni e Servizi al pubblico" e, benché tutti sap-piano che non sono interessa-to al "potere", non trovo cor-retto dovermi farei validare il timeweb da un Funzionario di livello inferiore al mio. Faccio notare inoltre che aspetto da quasi un anno un Suo ordine di servizio che dia continuità a quello della pre-cedente Direzione e che pre-vedeva la mia diretta dipen-denza dalla Direzione stessa.

Le ricordo altresì che già da settembre scorso, in un paio di occasioni, Le avevo chiesto di non affidare le sostituzioni "improvvise" all'Ufficio Infor-mazioni, evitando di aggrava-re il lavoro di tale Ufficio. Infine, pur nell'ovvio rispetto della Sua libertà di prendere le decisioni che ritiene oppor-tune, mi permetto di suggeri-re la creazione di un gruppo di impiegati che volontaria-mente scelgano il contatto con il pubblico in quanto con-sapevoli del valore di arricchi-mento derivante dallo scam-bio con gli utenti della Biblio-teca, con la loro varietà e pe-culiarità. Io stesso, negli anni, ho sem-pre più apprezzato il valore di tale scambio e sono convinto che anche altri Colleghi la pensino come me, per cui per la Biblioteca potrebbe costi-tuire un valore aggiunto la creazione di un gruppo per il quale il lavoro all'Ufficio Am-missione sia piacevole e non rappresenti una condanna alla crocifissione, come è per altri. Ho ritenuto opportuno infor-mare anche i Rappresentanti sindacali di tale situazione perché, avendo sicuramente idee più pratiche delle mie e conoscendo a fondo i proble-mi relativi al rapporto di lavo-ro, possano dare il loro fattivo contributo. Con i più cordiali saluti

Domenico Panetta.

PAGINA 16 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

BIBLIOTECA CENTRALE NAZIONALE DI FIRENZE DEMANSIONAMENTO DEI FUNZIONARI A

“SPULCIATORI-FATTORINI”

RACCOLTA INFORMATIVA GIURIDICA—LEGALE In questa rubrica pubblichiamo gli articoli che rivestono particolare importanza, per il loro

contenuto giuridico-legale a cura di M. Antonietta Petrocelli

Se perdo una causa cosa succede?

In caso di soccombenza nel processo, è necessario pagare le spese di controparte ed eventualmente la condanna per lite temeraria. Tra i vari modi con cui si può chiudere una causa (clicca qui per l’elenco completo), vi è quello di una amara sconfitta. “Amara” per diverse ragioni: per il tempo che avete perso, per i costi affrontati e per tutti quelli ancora che si andranno ad affrontare. Preparatevi, quindi, a mettere mano al portafoglio. Chi perde la causa (gli avvo-cati dicono “la parte soccom-bente”) deve pagare innanzi-tutto il proprio avvocato se-condo quanto concordato con questi. Oltre a ciò deve versare anche alla controparte le spese di causa da questa anticipate. È la regola della cosiddetta “soccombenza”: in pratica, chi perde paga per tutti. Una re-gola che, comunque, conosce anche delle eccezioni. Il giudi-

ce, infatti, potrebbe ritenere comunque apprezzabili le vo-stre ragioni e disporre la “compensazione” delle spese: in pratica, ciascuno paga per sé (sul punto, leggi l’approfon-dimento: “Spese processuali: chi paga la causa? La compensazione va sempre motivata in sentenza”). Il rimborso alla controparte deve avvenire in base all’im-porto liquidato dal giudice nella sentenza; ma l’avvocato di controparte potrebbe – le-gittimamente – chiedervi an-che il pagamento di ulteriori somme per spese successive alla pubblicazione della sen-tenza. Così, per esempio, la tassa di registrazione della sentenza, ulteriori diritti e onorari ma-turati dopo la sentenza, diritti e onorari dell’atto di precetto eventualmente notificatovi, ecc. In particolare, per quanto ri-guarda le spese di registrazio-ne della sentenza, sebbene

l’agenzia delle entrate invii la richiesta di pagamento a en-trambe le parti di causa, l’o-nere deve essere sostenuto da chi ha perso. Per un approfondimento sul tema leggi l’articolo: “Chi paga le spese di registrazione della sentenza”. Non è tutto. Se, a detta del giudice, avete agito in causa o resistito alla citazione di con-troparte con mala fede o colpa grave, la sentenza potrebbe condannarvi (su richiesta del vostro avversario) non solo al rimborso delle spese del giu-dizio (in base al principio del-la soccombenza), ma anche al risarcimento dei danni nei confronti del vostro avversa-rio. E ancora, secondo una recen-te riforma in vigore dal 2009, il giudice, anche se non lo ri-chiede il vostro avversario, può condannarvi al pagamen-to di un’ulteriore somma che determina secondo equità [1]. Credete di aver finito? Per niente. Se durante la causa il giudice ha nominato un C.T.U. (ossia un consulente tecnico d’uffi-cio) siete voi a doverlo pagare per intero, rimborsando alla controparte l’eventuale antici-po da quest’ultima eventual-mente versato nel corso del giudizio. Si tratta di importi che, spesso, raggiungono di-versi “zeri”. È bene quindi che vi facciate ben consigliare prima di in-traprendere una causa, poi-ché le conseguenze di tipo economico, in caso di sconfit-ta, non sono di poco conto.

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CASSAZIONE: MOBBING E VALUTAZIONE “MEDIOCRE” DEL DIPENDENTE NELLE NOTE DI QUALIFICA DEL DATORE

La Corte di Cassazione, con sen-tenza n. 898 del 17 gennaio 2014, ha ribadito che "in riferi-mento al regime precedente all'art. 4 D.lgs. n. 216/2003 che alla fattispecie in esame non si applica ratione temporis, per "mobbing" si deve intendere una condotta del datore di la-voro che, in violazione degli obblighi di protezione di cui all'art. 2087 c.c., consiste in reiterati e prolungati comporta-menti ostili, di intenzionale di-scriminazione e di persecuzione psicologica, con mortificazione ed emarginazione del lavoratore. Ossia si intende (...) una condot-ta del datore di lavoro o del supe-riore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'am-biente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comporta-menti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazio-ne o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortifi-cazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua persona-lità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di la-voro rilevano i seguenti elementi, il cui accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabi-le in sede di legittimità se logica-mente e congruamente motivato: a) la molteplicità dei comporta-menti a carattere persecutori o,

illeciti o anche leciti se conside-rati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo mi-ratamente sistematico e prolun-gato contro il dipendente con in-tento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziolo-gico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio." Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che le allegazioni esposte nel ricorso introduttivo del giudizio - relativo all'illegitti-mità delle note di qualifica (mediocre) attribuite dal datore di lavoro e all'illegittimità della condotta di mobbing di cui era stata vittima la lavoratrice ricor-rente, nonché al risarcimento del danno biologico, del danno esi-stenziale e del danno alla profes-sionalità, danni tutti, questi, as-sunti come causati dalla illegitti-ma condotta persecutoria del datore di lavoro - non fossero idonee a fondare una pronunzia favorevole alla lavoratrice in rela-zione alla genericità delle mede-sime. La Corte d'appello ha confermato questa valutazione con motiva-zione ampia, puntuale ed immu-ne da vizi logici. E' mancata - secondo la Corte territoriale - la specificazione del-le circostanze di luogo, di tempo e dei singoli soggetti che avreb-bero realizzato i singoli compor-

tamenti denunziati. E' mancato nel ricorso introduttivo ogni rife-rimento alla correlazione tra pro-fessionalità precedentemente ac-quisita e le nuove mansioni. In particolare la lavoratrice nulla ha detto sulla personalizzazione e specifica discriminazione in suo danno rispetto ai colleghi di lavo-ro inseriti nelle medesime artico-lazioni organizzative; e comun-que - aggiunge la Corte territo-riale - ogni intento persecutorio risultava escluso posto che la lavoratrice fu trasferita e sposta-ta dall'uno all'altro dei settori o uffici unitamente agli altri colle-ghi di lavoro per ragioni organiz-zative che erano risultate docu-mentate. Inoltre generica, perché priva di riferimenti temporali, era l'allega-zione relativa alla mancata con-cessione dei permessi nelle gior-nate richieste. La Corte d'appello ha poi condivi-so la valutazione di merito del Tribunale secondo cui i singoli fatti denunziati come ascrivibili ad un unico intento persecutorio ciascuno in sé considerato non presentavano il carattere della ritorsività ed ostilità. La Suprema Corte, rigettando il ricorso della dipendente, ha escluso la condotta di mobbing - perché non puntualmente e spe-cificamente dedotta, e quindi non provata - con conseguente assor-bimento delle censure relative al risarcimento del danno. Quanto alla condotta più specifi-ca - quella dell'errata attribuzio-ne della qualifica di "mediocre" - La Corte d'appello con tipico ap-prezzamento di merito ha ritenu-to la inidoneità delle allegazioni in punto di verificazione dei dan-ni, comunque genericamente in-dicati come biologico, esistenzia-le, patrimoniale ed alla professio-nalità, riferiti - complessivamen-te ed indistintamente - alla alle-gata condotta mobbizzante e non già distintamente (oltre che a quest'ultima anche) al riconosci-mento per alcuni anni della nota di qualifica di "mediocre".

PAGINA 18 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

Infortunio sul lavoro, letteral-mente, è quello che si verifica durante un'attività lavorativa. Così originariamente un lavora-tore che subiva un incidente stradale veniva tutelato solo se avvenuto durante l'attività lavo-rativa (ad es. un camionista, un conducente di autobus, ecc.). Tuttavia, già prima del 2000, va-rie sentenze giurisprudenziali hanno allargato la casistica dell'infortunio sul lavoro, consi-derando tale anche l'incidente stradale nel tragitto casa-lavoro, in quanto lo spostamento veniva considerato connesso alla pre-stazione lavorativa. Con l'articolo 12 del decreto legi-slativo 38/2000 viene introdotta, frutto di una vasta casistica giu-risprudenziale, la copertura assi-curativa per gli infortuni subiti dai lavoratori assicurati: - durante il normale percorso di andata e ritorno dall'abitazione al posto di lavoro (sono esclusi dalla tutela gli infortuni occorsi entro l'abitazione, comprensiva delle pertinenze e delle parti con-dominiali); - durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro ad un altro, nel caso di rapporti di lavoro plurimi; - durante l'abituale percorso per la consumazione dei pasti qualo-ra non esista una mensa azien-dale. Le eventuali interruzioni e devia-zioni del normale percorso non rientrano nella copertura assicu-rativa ad eccezione dei seguenti casi: - interruzioni/deviazioni effettua-te in attuazione di una direttiva del datore di lavoro; -interruzioni/deviazioni "necessitate" ossia dovute a cau-sa di forza maggiore (es.: guasto meccanico) o per esigenze essen-ziali ed improrogabili (es.: soddi-sfacimento di esigenze fisiologi-che) o nell'adempimento di obbli-ghi penalmente rilevanti (es.: prestare soccorso a vittime di incidente stradale); - le brevi soste che non alterano le condizioni di rischio.

L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo di un mezzo di trasporto privato, a condizione che sia necessitato l'uso (es: ine-sistenza di mezzi pubblici che colleghino l'abitazione del lavora-tore al luogo di lavoro; incon-gruenza degli orari dei servizi pubblici con quelli lavorativi; di-stanza minima del percorso tale da poter essere percorsa a piedi). Rimangono esclusi dall'indenniz-zo gli infortuni direttamente cau-sati dall'abuso di sostanze alcoli-che e di psicofarmaci, dall'uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni nonché dalla man-canza della patente di guida da parte del conducente. Orbene, premesso quanto innan-zi esposto, nel caso de quo la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 475 del 13 gennaio 2014 ha ritenuto che non è qualificabile come inciden-te "in itinere" quello occorso al lavoratore di ritorno dalle ferie in quanto verificatosi su tragitto diverso da quello casa-lavoro. Nell vicenda in esame, la Corte di appello di Napoli rigettava l'ap-pello proposto dal ricorrente nei confronti dell'INAIL avverso la sentenza del Tribunale di Napoli che, con sentenza dell'8.6.20105, aveva rigettato la domanda diret-ta alla costituzione di una rendi-ta in relazione all'incidente oc-corsogli il 23.8.1999 mentre l'ap-pellante ritornava dalle ferie an-nuali, incidente qualificato dallo stesso come "in itinere". La Corte territoriale osservava che in relazione all'epoca dell'in-cidente doveva applicarsi la di-sciplina di cui al DPR n. 1124/1965 che non offre una definizione di incidente in itinere e quindi occorreva rifarsi alla nozione elaborata dalla giuri-sprudenza di legittimità. In so-stanza si doveva verificare se il sinistro si era verificato lungo il percorso normalmente seguito dall'infortunato per recarsi al la-voro o tornare nella propria abita-zione. Al riguardo, I giudici della Supre-ma Corte danno atto alla Corte d'Appello di aver correttamente

ritenuto applicabile alla contro-versia, la normativa vigente al momento in cui si è verificato l'incidente; invero, non si vede per quale ragione la novella suc-cessivamente entrata in vigore debba avere una efficacia re-troattiva, né al ricorso vengono offerti elementi di rilievo a soste-gno di questa tesi. Non è richia-mata alcuna disposizione del D. Lvo n. 38/2000 idonea a giustifi-care direttamente o indiretta-mente una efficacia diversa da quella ordinaria della novella del 2000. Per meglio dire, la Corte di ap-pello ha ricostruito la giurispru-denza di legittimità formatasi sul DPR n. 1124/1965 che non con-teneva una definizione esplicita dell'infortunio in itinere ed ha accertato che l'evento di cui è pro-cesso non può qualificarsi effetti-vamente come in itinere, posto che si è verificato non lungo il tra-gitto che ordinariamente il ricor-rente percorreva per recarsi dalla propria abitazione al posto di la-voro. Alla luce della giurispru-denza di legittimità (cfr. cass. n. 13376/2008) l'incidente non rientra, quindi, tra quelli defini-bili come in itinere perché non occorso nel normale spostamen-to tra abitazione e luogo di lavoro e perché accaduto in orari non collegabili necessariamente con l'orario di lavoro (l'incidente è delle 00,20 mentre il ricorrente doveva riprendere il lavoro alle ore 8,00 del giorno successivo), secondo circostanze in cui è evidente l'imprudenza del lavo-ratore con l'assunzione incon-testabile di un rischio elettivo da parte di quest'ultimo. Concludendo, gli Ermellini, con-formemente alla sentenza impu-gnata, hanno ritenuto che non è qualificabile come incidente "in itinere" quello occorso al lavorato-re di ritorno dalle ferie in quanto verificatosi su tragitto diverso da quello casa-lavoro; inoltre, non si è verificato nel normale sposta-mento tra abitazione e luogo di lavoro ed è accaduto in orari non collegabili necessariamente con l'orario lavorativo.

INFORTUNIO IN ITINERE: NON INDENNIZZABILE QUANDO IL TRAGITTO È DIVERSO DA QUELLO DI CASA-LAVORO.

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PAGINA 20 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

Assenza per visita specialistica imputata a malattia: a distanza di due anni si cambia, ma non tutto è chiaro.

Vediamo perché

Articolo 55 -septies, comma 5 -ter Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165

dal 31 ottobre 2013 COME E'

come modificato dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 “5 -ter. Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazio-ni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attesta-zione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal me-dico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmessa da que-sti ultimi mediante posta elettronica .”.

al 30 ottobre 2013 COME ERA “5 -ter. Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, presta-zioni specialistiche od esami diagnostici l'assenza è giustificata mediante la presentazione di attestazio-ne rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione.”.

La legge di Stabilità interviene sulle assenze per visita specia-listica imputata a malattia. Finora nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, tera-pie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza è giustificata mediante la pre-sentazione di attestazione rila-sciata dal medico o dalla strut-tura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione

Ci lasciano quindi un po’ per-plessi quelle modifiche conte-nute nel nuovo articolo: “l’assenza è giustificata” con “il permesso è giustificato” e quanto aggiunto “anche in or-dine all’orario”, quest’ultima facendo presupporre che ai fini della reale fruizione del “permesso” bisogna indicare l’orario della visita.

Il decreto legge 101 [art. 4, comma 16-bis], convertito nel-la legge 125 del 30 ottobre 2013 (legge di stabilità) ha mo-dificato il comma 5-ter dell’art. 55-septies del D.Lgs. 165/2001 il quale finora in base alla legge n. 111/2011 ha previsto che nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specia-

listiche od esami diagnostici l’as-senza è giustificata mediante la presentazione di attestazione ri-lasciata dal medico o dalla strut-tura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione. Le assenze dal lavoro per effet-tuare visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici sono state più volte oggetto di approfondimento nel nostro ser-vizio di consulenza (“chiedilo a Lalla”) e in altri articoli apparsi in home page (es. Assenze per malattia e personale della scuo-la: la visita specialistica). Abbiamo così puntualmente con-statato come la materia sia stata oggetto di modifica negli anni e, solo a partire dal 2011, nel caso in cui l’assenza per malattia ab-bia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specia-listiche od esami diagnostici, sia stata inserita in un’apposita leg-ge e anche semplificata. Fino al 2011, infatti, quando l’assenza per visite specialistiche veniva imputata a malattia, per sapere le modalità con le quali il dipendente poteva fruirne biso-gnava fare riferimento alla Circo-lare Ministeriale n. 301/1996, a quella del Ministero del Lavoro n. 8/2008 e a diversi Orientamenti ARAN in materia.

Tutti comunque concordi nello specificare che gli accertamenti diagnostici e clinici e le visite mediche potevano essere equipa-rate alla malattia SOLO se con particolari caratteristiche e re-quisiti: 1. impossibilità di essere effet-tuati fuori dall'orario di lavoro 2. richiesta del medico 3. certifica-zione della struttura. Sennonché l'art. 55-septies, comma 5-ter, del D.lgs. n. 165/2001 (modifiche recate dall'art.16, comma 9, del D.L. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011) ha stabilito: “Nel caso in cui l'assenza per malattia ab-bia luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specia-listiche od esami diagnostici l'as-senza è giustificata mediante la presentazione di attestazione ri-lasciata dal medico o dalla strut-tura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione”. Ciò è stata per così dire una svolta in quanto finalmente si è reso chiaro (e soprattutto inseri-to in una legge) ciò che prima era legato solo a delle circolari o ad orientamenti ARAN in materia. La legge, infatti, così come affer-mato successivamente dalla stessa ARAN (e come evidenziato

Continua→→→→→→→→

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anche dalla circolare del Diparti-mento della Funzione Pubblica n. 10/2011), ha stabilito che ai fini della giustificazione dell'as-senza per visite o prestazioni specialistica come assenza per malattia è sufficiente la presen-tazione da parte del dipendente della semplice attestazione rila-sciata dal medico o dalla struttu-ra anche privati che le hanno effettuate, senza alcun ulteriore adempimento o formalità aggiun-tive. Cadeva così l’obbligo di giustifi-cazione, ad esempio, che le me-desime potevano essere effettua-te SOLO IN ORARI COINCIDEN-TE CON QUELLO DI LAVORO. (di Paolo Pizzo) Legge 30/10/2013, n. 125

Conversione in legge, con mo-dificazioni, del d.l.

31/08/2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il per-seguimento di obiettivi di ra-zionalizzazione nelle pubbliche

amministrazioni. Art. 4 Disposizioni urgenti in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concor-si, nonché di limitazioni a pro-

roghe

16-bis. All'articolo 55-septies, comma 5-ter, del decreto legisla-tivo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modifica-zioni: a) le parole: «l'assenza è giustifi-cata» sono sostituite dalle se-guenti: «il permesso è giustifica-to»; b) dopo le parole: «di attestazio-ne» sono inserite le seguenti: «, anche in ordine all'orario,»; c) sono aggiunte, infine, le se-guenti parole: «o trasmessa da questi ultimi mediante posta elet-tronica». A distanza di due anni si cam-bia, ma non tutto è chiaro. Ve-diamo perché. Il decreto legge 101 [art. 4, comma 16-bis], convertito nella legge 125 del 30 ottobre 2013 (legge di stabilità) ha modificato il comma 5-ter dell’art. 55-septies del D.Lgs. 165/2001 e ora prevede testualmente:

“Nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per l'esple-tamento di visite, terapie, presta-zioni specialistiche od esami dia-gnostici il permesso è giustifi-cato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmessa da que-sti ultimi mediante posta elet-tronica.” Bisogna subito notare come sia rimasto inalterato l’incipit dell’articolo ovvero “in cui l’as-senza per malattia…”. Quindi non c’è dubbio che si continua a parlare di “assenza per malattia” ovvero quando il dipendente decide di imputare l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esa-mi diagnostici a “malattia”. A questo punto, per comprende-re meglio il nostro ragionamento finale, è utile ricordare ciò che il Ministero del Lavoro con circola-re n. 8/2008 indicava: se l’as-senza per effettuare visite specia-listiche, cure o esami diagnostici è imputata a malattia, si applica il nuovo regime sia per quanto concerne le modalità di certifi-cazione, sia per quanto riguarda la retribuzione.

Pertanto, le assenze in questione saranno trattate dall’amministra-zione come assenze per malattia ai fini della applicazione della relativa disciplina prevista dal d.lgs. n. 112 del 2008.

esse, quindi, debbono essere considerate per la decurtazione retributiva ai fini dell’art. 71, comma 1,

e debbono essere calcolate quali giornate di malattia ai fini della applicazione dell’art. 71, comma 2 [ora abrogato dal d.lgs. 27/10/2009, n. 150]. In poche parole, se l’assenza per effettuare visite specialistiche, cure o esami diagnostici è impu-tata a malattia, tale GIORNO rientrerà nel periodo di comporto (artt. 17 e 19 del CCNL/2007) e la scuola dovrà altresì applicare al dipendente la trattenuta “Brunetta”. Ci lasciano quindi un po’ per-plessi quelle modifiche contenute

nel nuovo articolo: “l’assenza è giustificata” con “il permesso è giustificato” e quel “anche in ordi-ne all’orario”, quest’ultima facen-do presupporre che ai fini della reale fruizione del “permesso” bisogna indicare l’orario della visita. Quindi ci domandiamo: se l’as-senza continua ad essere consi-derata “malattia” (“Nel caso in cui l'assenza per malattia”…) e quindi rientra nel periodo di comporto e si ha la trattenuta “Brunetta”, che senso ha parlare di “permesso”? Esiste forse la malattia “ad ore” o per la quale si ha bisogno di chiedere un “permesso”? Non a caso gli Orientamenti ARAN in materia (richiamati an-che dalla Circolare Ministeriale n. 301/1996) hanno sempre af-fermato che “Viene escluso, inol-tre, il frazionamento della giorna-ta di assenza per malattia. La malattia, infatti, deve neces-sariamente essere intesa per l’in-tera giornata e non può certo essere ad “ore”. Inoltre, non ne-cessita di un “permesso”. È, appunto, “malattia”. Giova inoltre ricordare, così co-me specificato nella Circolare Ministeriale e in quella del Mini-stero del lavoro sopra citate, che quando il dipendente non vuole imputare la visita specialistica a malattia (con tutto ciò che quindi comporta: periodo di comporto e trattenuta “brunetta”), può sem-pre fruire dei permessi per motivi familiari e personali (artt. 15 e 19 CCNL/2007) o ad ore (art. 16 CCNL/2007). In poche parole nel caso le assenze in questione sia-no inferiori o pari alla metà della durata dell'orario di lavoro gior-naliero, il dipendente potrà usu-fruire, a richiesta, oltre che dell’assenza per malattia, anche di un permesso a recupero. Insomma: o è giorno di malattia o è permesso. Pertanto, dal momento che la modifica apportata potrebbe dare adito a interpretazioni non uni-voche da parte delle scuole, at-tendiamo fiduciosi un chiarimen-to da parte del Ministero del La-voro.

RUBRICA DI CINEMA E CULTURA VARIA PAGINA 22 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 95 — GENNAIO — 2014

“L’apparenza inganna” L’antico adagio scelto come sot-totitolo della versione italiana del film lo riassume alla perfezione. La pellicola si inscrive diretta-mente nel novero di quelle “svelte” sui truffatori, da “Prova a prendermi” con Di Caprio a “Il mago della truffa” in cui brillò Nicholas Cage, giusto per citarne un paio delle più recenti. La trama è una libera reinterpre-tazione dell’operazione poliziesca “Abscam”, realmente avvenuta alla fine degli anni ’70 negli USA. Nell’ultima fatica del regista new-yorkese David Owen Russell il ruolo del protagonista si sdoppia nel “pataccaro” ebreo di mezza tacca Irving Rosenfeld e nell’a-gente italoamericano dell’F.B.I. Richie Di Maso che lo incastra e lo usa per arrivare ai piani più alti della corruzione statuniten-se, diventando a sua volta un falsario. Magistralmente inter-pretati rispettivamente da Chri-stian Bale e Bradley Cooper, i due co-protagonisti sono proba-bilmente l’immagine riflessa delle due etnie che convivono nel regi-

sta – ascendenza materna italia-na e paterna ebrea -, non a caso di Irving si vedrà solo il padre e di Ritchie solo la madre. Anche sceneggiatore, quindi; di tutti i suoi film come da tradizio-ne personale, Russel già si era distinto in passato per il surreale “I love Huckabees” e l’agguerrito “The fighter”, forse la sua opera migliore, anche quella basata su fatti reali. American hustle è una concate-nazione di vicende rocambole-sche in cui i personaggi non san-no mai di chi fidarsi: esemplari la prima battuta del film proferi-ta dall’agente Di Maso in una prolessi: “Che fai? Trami alle mie spalle?” e l’ultima, ovviamente del suo alter ego: “L’arte di so-pravvivere è un’avventura che non finisce mai”; ma ancora pri-ma che si odano voci già iniziano le contraffazioni: la prima scena ci mostra Irving in tutto il suo lardume (Bale è un genio nel mo-dellare il proprio corpo a seconda della parte che recita), i peli del petto parzialmente rasati, mentre si sistema in testa qualche ciuffo

di stoppia su cui incolla il ripor-to. Il suo curriculum criminale comprende traffico di falsi d’arte e strozzinaggio, per cui viene in-castrata la compagna Sydney Prosser, ex-spogliarellista che a sua volta si finge Lady Edith Greensly, inglese con entrature nel mondo finanziario della City, al secolo Amy Adams. Con le spalle al muro, la coppia si vede costretta a collaborare con l’a-gente Di Maio che è affamato di arresti e alza sempre più la mira, in un climax che giunge a mafio-si di spicco come Victor Tellegio, interpretato da un De Niro appo-sitamente invecchiato che per l’occasione sentiamo recitare perfino in arabo, e ai massimi livelli delle istituzioni statuniten-si. Come in un raggiro all’ennesima potenza, la pellicola si distingue per scene come il dialogo telefo-nico tra Sydney e Richie, tradito-ri dei propri fidanzati, che deci-dono dove incontrarsi mentre si acconciano i capelli coi bigodini o per il suddetto luogo d’appunta-mento, una discoteca in puro stile settantino perfettamente ricostruita. Note di merito, a pro-posito, per la colonna sonora che spazia dai successi d’allora al jazz di Duke Ellington, pretesto della conoscenza tra Irving e Sid-ney. È tutto un gioco di scatole cinesi al contrario, che invece di ma-scherare scarnifica i personaggi conducendoli ai loro destini, che ovviamente non sveliamo. Se do-vessi scegliere la battuta più rap-presentativa di American hustle, che in fondo non brilla tanto per originalità quanto per il ritmo incalzante, citerei sicuramente la seguente uscita dalle labbra del-la fascinosa Edith: “Tutti s’im-brogliano a vicenda per ottenere quello che vogliono”.

Fabio Giagnoni

"Traffichini allo sbaraglio": recensione di American hustle