1943 1947. Il Secondo Corpo d'armata Polacco in Italia

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Acura di Giuseppe Campana Regione MarcheQuaderni del Museo della Liberazione di Ancona - N. 1

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poloniaeuropae 2010

n. 1 — Ricordare la seconda guerra mondiale

1943-1947. Il secondo Corpo d’armata polacco in Italia

di Giuseppe Campana

L’articolo è ripreso da “Quaderni del Museo della Liberazione di Ancona”, n. 1,luglio 2009.

Si ringraziano l’autore e l’editore per la gentile concessione.

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Giuseppe Campana

1943-1947IL II CORPO D’ARMATA POLACCO

IN ITALIA

REGIONE MARCHE

MUSEODELLA LIBERAZIONE

DI ANCONA

Quaderni del Museo della Liberazione di Ancona - N. 1

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1943-1947

Il II Corpo d’Armata polacco in Italia

Quaderni del Museo della Liberazione di Ancona - N. 1

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Istituto regionaleper la storia del

movimento di liberazionenelle Marche

1943-1947

IL II CORPO D’ARMATA POLACCO IN ITALIA

A cura diGiuseppe Campana

Regione Marche

Quaderni del Museo della Liberazione di Ancona - N. 1

Museo della Liberazionedi Ancona

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1943-1947Il II Corpo d’Armata polacco in Italia

Prima edizione: luglio 2009

A cura diGiuseppe Campana

Ha collaboratoMario Fratesi

StampaErrebi Grafiche Ripesi - Falconara M.ma (An)

Collana editoriale: Quaderni del Museo della Liberazione di Ancona - N. 1

© Copyright 2009

SOMMARIO

5 Presentazione6 Prefazione

9 1943-1947. IL II CORPO D’ARMATA POLACCO IN ITALIA

44 Riferimenti Bibliografici

49 MUSEO DELLA LIBERAZIONE DI ANCONA

51 LUGLIO 1944: LA BATTAGLIA DI ANCONA

In copertina: il 18 luglio 1944 uno squadrone del Reggimento “Lancieri dei Carpazi”, la principale unità esplorante del II Corpod’Armata polacco, entra ad Ancona. In primo piano: a sinistra, veicolo da ricognizione White M3A1 e, a destra, Jeep. In secondopiano: autoblindo Staghound I con cannone da 37 mm. (The Polish Institute and Sikorski Museum, Londra)

In IV di copertina: il 6 ottobre 1945 la Giunta municipale di Bologna, su proposta del sindaco Giuseppe Dozza, conferisce la cittadi-nanza onoraria al gen. Anders, quale comandante delle “valorose truppe polacche che prime entrarono in Bologna, liberando la città,il 21 aprile 1945”.

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La costituzione a Offagna (An) del Museo dellaLiberazione di Ancona ha concluso la gestione diun progetto denominato Le Marche in guerra,avviato nel 2004 dalla Regione Marche edall’Istituto regionale per la storia del movimentodi liberazione nelle Marche, in collaborazione conenti ed istituti storici nazionali ed internazionali.

Il progetto, coordinato dal punto di vista scien-tifico dal dott. Giuseppe Campana, ha consentitola realizzazione di un’imponente attività di ricercae di raccolta di documenti, la creazione di un’im-portante mostra esposta in varie sedi italiane (10sedi marchigiane oltre a Roma e Venezia) ed in 6sedi estere (Varsavia, Czestochowa, Cracovia,Londra, Chicago, Adelaide) ed in altre sedidell’America Latina (Argentina), dove verrà realiz-zata a partire dal prossimo autunno.

Hanno accompagnato la mostra la realizzazionedi un bel catalogo e la realizzazione di due pub-blicazioni curate dal dott. Campana e dal dirigen-te del Servizio Cultura della Regione Marchedott. Raimondo Orsetti.

L’imponente quantità del materiale recuperato,una volta ordinato, sarà conservato presso il Museo

di Offagna. Il Museo si arricchisce così di un vero eproprio Centro di Documentazione che sarà gestitoin stretta collaborazione con l’Istituto regionale perla storia del movimento di liberazione nelle Marchee con il prezioso contributo di studiosi locali.

La presente pubblicazione, curata con la solitaperizia e competenza dal dott. GiuseppeCampana, diviene un utile strumento di cono-scenza, non solo per quanti visiteranno l’interes-sante Museo di Offagna, ma anche per quantivogliono conoscere più da vicino le vicende dellanostra terra in relazione ai tragici avvenimenti delsecondo conflitto mondiale.

La Regione Marche è orgogliosa di aver promos-so e realizzato un progetto così rilevante che, speciein riferimento alle vicende del II Corpo d’Armatapolacco, ha consentito di scrivere con maggior pun-tualità la verità storica che vide, proprio qui nelleMarche, i giovani soldati della Polonia combatterefianco a fianco ai nostri soldati ed alle divisioni par-tigiane per riconquistare la libertà perduta.

Gian Mario SpaccaPresidente della Regione Marche

PRESENTAZIONE

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La Regione Marche e l’Istituto regionale per lastoria del movimento di liberazione con il rag-giungimento dell’importante obiettivo dellaentrata in funzione del Museo della Liberazionedi Ancona ubicato ad Offagna - la cuiAmministrazione Comunale ha fornito una fon-damentale collaborazione - hanno inteso porta-re un importante contributo alla conoscenza edalla documentazione dei tragici fatti che hannoportato, nel luglio 1944, alla liberazione diAncona.

La realizzazione del Museo, la cui conduzio-ne scientifica è stata affidata all’Istituto regionaleper la storia del movimento di liberazione, nonesaurisce però il nostro compito; il proposito èquello di portare avanti una attività di ricerca sto-rica e di documentazione finalizzata ad approfon-dire tutti gli aspetti relativi agli avvenimenti cheinteressarono le Marche, e l’intera penisola,durante il secondo conflitto mondiale e nel perio-do immediatamente successivo.

Riteniamo che dare vita alla pubblicazionedi una collana - che abbiamo titolato “Quadernidel Museo della Liberazione di Ancona”, di cui“1943-1947. Il II Corpo d’Armata polacco inItalia” è il primo volume - sia il naturale corol-

lario di questa attività. Con questo agile stru-mento divulgativo intendiamo infatti ampliareed approfondire l’informazione sulle diversetematiche che sono oggetto del Museo dellaLiberazione di Ancona.

Abbiamo anche cercato di individuare gli argo-menti che saranno oggetto di approfondimento edivulgazione nei prossimi numeri dei “Quaderni”.Ne elenchiamo alcuni: l’apporto della Resistenzaalla liberazione di Ancona e delle Marche, i rap-porti tra il Comitato di liberazione regionale ed ilGoverno militare alleato, le scuole del II Corpopolacco ubicate nella nostra Regione, i matrimo-ni tra ex soldati polacchi e ragazze italiane, lo sfol-lamento da Ancona in conseguenza dei pesantibombardamenti sulla città. Interessante sarebbeanche arrivare alla redazione di una “ Guida dellabattaglia di Ancona” la quale, nell’indicare i luo-ghi dei combattimenti, sappia collegarli ad infor-mazione di carattere turistico e culturale riferiteall’oggi.

In questo primo volume Giuseppe Campana -ricercatore presso l’Istituto ed autore di prece-denti libri sul II Corpo polacco di assoluto rilievoed originalità - riassume le vicende degli oltre 100mila soldati che, dal novembre 1943 all’aprile ‘45,

PREFAZIONE

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combatterono accanto alle truppe alleate per libe-rare la nostra penisola dall’occupazione nazista,per poi - a causa della situazione che si era creatain patria - soggiornare in Italia fino ai primi mesidel 1947.

Si tratta, a nostro avviso, di un ulteriore edimportante apporto alla conoscenza di una storia

che, fino a pochi anni fa, era stata dimenticata oparzialmente distorta.

Mario FratesiVicepresidente dell’Istituto regionale

per la storia del movimentodi liberazione nelle Marche

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Il II Corpo d’Armata polacco affronta le principali batta-glie a Montecassino, Ancona, Bologna. I soldati polacchicombattono in Italia anche per la Polonia, all’insegna delmotto: “per la nostra e vostra libertà”.(Da: “Szkice do Działan 2 Korpusu we Włoszech” - Cartinedelle operazioni del II Corpo in Italia, pubblicate a Londranel 1956 dalla Sekcja Historyczna 2 Korpusu).

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di Giuseppe Campana

I precedenti. Il II Corpo d’Armata polacco nasceufficialmente in Iraq nel luglio del 1943, ma la suastoria comincia molti anni prima. L’unità è infattisoprattutto composta di cittadini polacchi che eranostati deportati e rinchiusi nei campi di lavoro forza-to e nelle prigioni dell’Unione Sovietica e che, primadi arrivare in Medio Oriente, avevano subito tuttauna serie di vicissitudini.

Il 23 agosto 1939 era stato firmato a Mosca, daGermania nazista e Unione Sovietica, il “Patto dinon aggressione tedesco-sovietico”, che prevedevanell’Europa orientale due distinte sfere territoriali diinfluenza, nelle quali i due Paesi avrebbero potutooperare senza il timore di interferenze reciproche.Neutralizzato in tal modo un eventuale interventosovietico contro la Germania, la politica aggressivadi Hitler continua con l’invasione della Polonia, cheavviene il primo settembre 1939. Segue, il 3 set-tembre, la dichiarazione di guerra alla Germania daparte di Gran Bretagna e Francia: l’Europa e poitutto il mondo verranno a mano a mano coinvolti inun sanguinoso conflitto.

Pur combattendo con valore e determinazione, letruppe polacche vengono sopraffatte dalle superiori

forze tedesche e si ritirano in parte nelle zone a suddel Paese. Ma quando, il 17 settembre, le armatedell’Unione Sovietica invadono la Polonia da orien-te, il colpo alle spalle si rivela fatale e impedisce amolti soldati di rifugiarsi in Romania e Ungheria.Già ai primi di ottobre cessano quasi del tutto icombattimenti.

La Campagna del 1939 ha dato origine a miti ederrate valutazioni - frutto di una iniziale acriticaaccettazione della propaganda bellica e poi traman-datisi da autore ad autore - che gli storici stanno orarivedendo. Non corrisponde a verità, ad esempio, laversione lungamente accettata delle “invincibilimasse corazzate tedesche” che travolgono le forzepolacche schierate in modo errato.

Nel 1939 la “Blitzkrieg” (guerra lampo), cioè l’im-piego dei mezzi corazzati tedeschi in formazioniautonome che penetrano con rapidità nelle forzenemiche disarticolandole, non è ancora ben collau-data. In particolare, non è pienamente efficiente lacooperazione tra carri armati ed aerei. Nella realtà, itedeschi subiscono perdite elevatissime da partedella Cavalleria polacca armata di cannoni contro-carro. E, a questo proposito, risulta del tutto inven-

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tato, pare da corrispondenti di guerra italiani, l’epi-sodio della Cavalleria polacca che avrebbe suonato lacarica contro i carri armati tedeschi. Il raccontoviene subito sfruttato dalla propaganda tedesca perdimostrare l’irresponsabilità degli ufficiali polacchi,falsamente accusati di avere impartito l’ordine difermare i carri armati con le sciabole. È invece veroche la Cavalleria polacca, come tutte le cavalleriedopo la Prima guerra mondiale, si sposta a cavalloma combatte a piedi e, con le sue rapide puntate,mette spesso in difficoltà i tedeschi (Sull’invasionedella Polonia si veda lo studio di Vuerich; nota: nel pre-sente testo i riferimenti bibliografici sono indicati informa abbreviata; per il riferimento in forma estesa siconsulti la bibliografia finale).

Per quanto poi riguarda l’Aviazione polacca, non èesatto che essa sia stata distrutta a terra dallaLuftwaffe, l’aeronautica militare tedesca, nei primigiorni di guerra. Gli aerei erano stati dispersi indiverse piste segrete e, anzi, i piloti polacchi riesconoa infliggere gravi perdite agli aerei tedeschi e ad attac-care anche le truppe. L’Esercito polacco, infine, vieneschierato ai confini con la Germania per tentare didifendere quella parte di territorio nazionale in cuisono concentrate industrie, risorse agricole, centrilogistici e depositi militari. L’obiettivo è quello direggere all’invasione tedesca fino all’avvio delle previ-ste e promesse azioni offensive della Francia contro laGermania, la cui frontiera occidentale è debolmentedifesa, e fino al completamento della mobilitazionepolacca, avviata in ritardo proprio a causa delle pres-sioni di Francia e Gran Bretagna, che non volevanofar precipitare la situazione con la Germania puravendo assunto in precedenza il formale impegno di

salvaguardare l’indipendenza della Polonia.I Comandi polacchi, tuttavia, pur avendo schiera-

to le truppe al confine avevano preso in considera-zione una ritirata sulla linea dei fiumi Vistola e San,che però diventa impossibile a causa dell’avanzatatedesca. Viene allora deciso di concentrare le truppenella zona sud del Paese e lì continuare la lotta, men-tre Varsavia sta impegnando notevoli forze nemiche.Ma l’attacco sovietico, unito al mancato rispettodegli impegni da parte di Francia e Gran Bretagna,pone fine al progetto. Con notevole prontezza, allo-ra, i Comandi ordinano alle formazioni superstiti dipassare in Romania - dove lo stesso Governo polac-co chiede asilo - per potere poi trasferirsi in Franciae tentare la ricostituzione dell’Esercito. E il Governofascista italiano, alleato dei tedeschi se pure nonancora in guerra, mostrerà una notevole tolleranzaverso i militari polacchi di passaggio in Italia e pro-venienti da Romania o Ungheria. Va ricordato chefra Polonia e Italia non verrà decretato lo stato dibelligeranza né verrà presentata alcuna dichiarazionedi guerra nel corso degli anni 1940-44.

In Polonia, l’occupazione di tedeschi e sovietici pro-voca conseguenze drammatiche. Il Paese, ricostituito-si solo nel 1918 dopo secoli di lotte per la libertà con-tro russi, tedeschi e austriaci, è costretto a subire unaulteriore spartizione, la quarta della sua storia. I tede-schi annettono direttamente al Reich le provinceoccidentali, mentre nel rimanente territorio polacco,che comprende le città di Varsavia, Cracovia eLublino, viene imposto un “Governatorato Generale”sotto controllo tedesco. I polacchi subiscono le bru-tali conseguenze dell’ideologia nazista. Gli ebrei sonoin parte uccisi e il resto rinchiuso nei ghetti: quasi

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l’intera comunità ebraica polacca – due milioni dipersone – verrà soppressa nei campi di sterminio nazi-sti. La classe dirigente polacca viene fisicamente eli-minata, due milioni di cittadini sono deportati nelReich, decine di migliaia di uomini di Slesia,Pomerania e della regione di Poznan sono costretti adarruolarsi nella Wehrmacht, le forze armate tedesche,mentre con la chiusura di scuole, università, musei sitenta di cancellare l’intera cultura polacca.

I territori orientali della Polonia, compresa la cittàdi Lwów, sono occupati dall’Unione Sovietica, cheprocede ad elezioni farsa e all’inserimento di cittadi-ni sovietici nel sistema amministrativo. La Poloniaorientale viene di fatto incorporata e trattata comeparte integrante dell’Unione Sovietica, che considerai residenti come propri cittadini. Nel periodo 1939– 1941 più di 400 mila persone vengono rinchiusedai sovietici nelle prigioni, nei campi di lavoro forza-to o uccise. Le deportazioni avvengono in quattroondate successive e coinvolgono contadini, famigliedei soldati polacchi catturati dall’Armata Rossa nel1939, magistrati, insegnanti, politici, uomini d’affa-ri, funzionari statali. Al tempo stesso l’UnioneSovietica incoraggia le aspirazioni di ucraini e bielo-russi, introducendo le loro lingue, accanto a quellarussa, nelle università ed eliminando tutto ciò cherappresenta la cultura polacca.

Il Governo polacco si ricostituisce il 30 settembre1939 in Francia, con sede ad Angers, dove il gen.Władysław Sikorski, eminente personalità politicadella Polonia, forma un gabinetto di unità naziona-le, subito riconosciuto da Francia, Gran Bretagna eStati Uniti. Sikorski, Primo ministro e ministrodella Guerra, si dedica alla riorganizzazione delle

Forze Armate polacche, convinto che con un fortepotere militare alle spalle possa meglio difendere gliinteressi nazionali della Polonia.

Con i militari polacchi rifugiatisi in Ungheria eRomania e fuggiti dall’internamento e con i polac-chi presenti in Francia viene decisa la formazione didiverse unità che, alla fine, inquadreranno circa 80mila soldati. Quando la Francia viene invasa dallaGermania, nel maggio del 1940, il Governo polaccosi trasferisce, con circa 20 mila soldati, a Londra,dove con il Primo ministro britannico WinstonChurchill si raggiungono accordi che portano alpotenziamento dell’Aeronautica e della Marinapolacche e alla formazione del I Corpo d’Armatapolacco, i cui reparti daranno un valido contributoallo sforzo bellico alleato in Normandia (Francia),Belgio, Olanda, Germania del nord.

L’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, comin-ciata il 22 giugno 1941, provoca in Europa un cam-biamento della situazione politica e militare. Isovietici si trovano in gravi difficoltà e ottengonol’appoggio di Gran Bretagna e Stati Uniti: questiultimi entreranno in guerra nel dicembre del 1941,ma hanno già avviato il meccanismo della leggedegli “affitti e prestiti” a favore delle nazioni amiche.

L’Esercito polacco in Unione Sovietica. Il nuovocontesto influisce anche sui rapporti tra polacchi esovietici: il 30 luglio 1941 il Governo polacco in esi-lio e una delegazione sovietica raggiungono a Londraun primo accordo, sostenuto dal Governo britannico,a cui segue il 14 agosto un patto militare. Secondotali accordi, dopo la concessione di una amnistia afavore dei polacchi trattenuti nelle prigioni e nei

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campi di lavoro forzato sovietici, con gli ex prigionie-ri verrà formato un Esercito polacco in UnioneSovietica, destinato a partecipare alla comune lottacontro la Germania nazista. Al comando dell’Esercitoil Governo polacco designa il ten. gen. WładysławAnders (1892-1970), distintosi nelle lotte per l’indi-pendenza della Polonia e nella Campagna del 1939,che i sovietici hanno fatto prigioniero e rinchiuso nelcarcere della Lubianka, a Mosca.

L’Esercito, che dipende dal Governo polacco in esi-lio ma è controllato dal punto di vista operativo daisovietici, si costituisce nella regione dell’Oremburg-Volga, con Quartier Generale a Buzuluk. Dalle carce-ri e dai campi di lavoro forzato sovietici arrivano moltipolacchi in pessime condizioni fisiche, malati, denu-triti, pressoché privi di vestiario e, con essi, bambini edonne, con parte delle quali il gen. Anders organizzaun “Servizio Ausiliario Femminile”.

Nonostante le assicurazioni sovietiche che i pri-gionieri polacchi sono solo 21 mila, a metà ottobredel 1941 gli uomini arruolati sono oltre 25 mila econtinuano ad affluire in massa, anche se i coman-danti dei campi di lavoro contrastano la liberazionedi chi è in condizioni fisiche accettabili. Inoltre, acausa della critica situazione al fronte, i sovietici pos-sono fornire armi ed equipaggiamenti per una soladivisione e razioni per 30 mila persone, quando ipolacchi raggiungono ormai il numero di 40 mila.

Nel dicembre del 1941 un accordo tra Stalin,segretario generale del Partito comunista sovietico, eSikorski prevede un Esercito polacco di 96 milauomini, con due divisioni di 11 mila uomini ognu-na organizzate secondo gli schemi sovietici e quattrostrutturate secondo il sistema britannico. Circa 25

mila uomini, inclusi tutti gli aviatori e i marinai,sarebbero stati poi evacuati in Gran Bretagna e inMedio Oriente. A Stalin vengono inoltre fatte pre-senti le difficoltà dovute alla carenza di viveri, allainadeguatezza dell’armamento, alle condizioni deisoldati – la maggior parte dei quali sono accampatiin tende e devono sopportare temperature bassissi-me – e alle conseguenti ripercussioni sull’addestra-mento. Nel gennaio e febbraio del 1942 i polacchivengono traferiti nelle repubbliche asiatichedell’Unione Sovietica: Kazakistan, Kirghizistan,Uzbekistan, con il Quartier Generale sistemato aJangi-Jul, tra Samarcanda e Taskent, e il centro dievacuazione a Krasnovodsk, sul mar Caspio.

Alla richiesta sovietica del febbraio 1942 di invia-re una divisione al fronte, Anders oppone un rifiu-to, sia perché intende impiegare l’Esercito comeforza unitaria sia perché è convinto che armamentoe addestramento sono ancora insufficienti. In parti-colare, Anders lamenta l’assenza di quadri, tanto cheun certo numero di ufficiali viene fatto venire dallaGran Bretagna, e pone il problema del mancato arri-vo nell’Esercito di numerosi ufficiali polacchi pri-gionieri dei russi, chiedendone notizia e comincian-do a nutrire forti sospetti sulla loro sorte.

I russi, agli inizi di marzo del 1942, quando ipolacchi dell’Esercito sono oltre 70 mila, riduconoper ritorsione il numero delle razioni a 26 mila.Segue subito un incontro tra Stalin e Anders cheporta a un cambiamento dell’accordo del dicembre1941: l’Unione Sovietica è in grado di fornire aipolacchi un massimo di 44 mila razioni e l’Esercitodovrà essere strutturato su tre divisioni; tutti i solda-ti in soprannumero saranno evacuati in Persia, occu-

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pata fin dall’agosto del 1941 da Gran Bretagna eUnione Sovietica. L’operazione comincia già il 24marzo e dura fino al 4 aprile del 1942: 33069 sol-dati e 10789 civili, tra cui tremila bambini, vengo-no trasferiti per ferrovia a Krasnovodsk e poi in bat-tello a Pahlevi in Persia.

All’esodo, oltre alla critica situazione in UnioneSovietica provocata dalla pressione tedesca, ha con-tribuito anche Winston Churchill: preoccupato perla sicurezza dei campi petroliferi in Persia e Iraq, chele scarse unità britanniche non sono in grado di pro-teggere, aveva insistito con i sovietici per il trasferi-mento dei polacchi. Nell’aprile del 1942 Anders sireca a Londra dove incontra sia Sikorski, che è favo-revole all’impiego in Unione Sovietica delle truppepolacche, sia Churchill: a entrambi esprime l’opi-nione che l’intero Esercito polacco debba essere tra-sferito dall’Unione Sovietica in Persia. Il generale èpreoccupato per le deficienze in razioni e nell’arma-mento e per le malattie che hanno colpito i suoiuomini, ma anche per l’atteggiamento sovietico, cheimpedisce l’arruolamento dei polacchi di origineucraina e bielorussa. L’Unione Sovietica sostiene chesi tratta di cittadini sovietici, rivendicando così i ter-ritori della Polonia già annessi nel 1939 e ora occu-pati dai tedeschi. Ritornato in Unione Sovietica,Anders insiste presso le autorità per ottenere il con-senso al trasferimento in Persia anche delle restantiunità. La richiesta viene infine accettata nel lugliodel 1942 – anche perché Stalin, attraverso gli infor-matori infiltrati tra i polacchi, sa che l’Esercito diAnders non può essere controllato dai sovietici – edal 5 al 25 agosto si compie il secondo esodo. Ipolacchi che lasciano l’Unione Sovietica in marzo e

in agosto, e in minor quantità in novembre, rag-giungono così in totale, tra civili e militari, la cifradi circa 115 mila, con i soldati che si aggirano sulle70 mila unità. Le truppe si insediano a Pahlevi e aTeheran e, dopo una serie di incontri con le autoritàbritanniche, vengono messe a punto le modalità perriorganizzare un Esercito polacco. La situazione dipartenza è molto precaria, a causa delle condizionifisiche degli ex internati nel gulag sovietico: inpoche settimane muoiono mille persone, mentremolti soldati sono affetti da febbri malariche.

L’Esercito polacco in Oriente. Circa 3500 solda-ti sono inviati in Gran Bretagna per rinforzare glisquadroni dell’Aeronautica polacca. Con i restantiuomini è costituito l’Esercito polacco in Oriente(APW) che comprende reparti polacchi già presentiin zona, l’ospedale polacco e la Brigata indipenden-te “Fucilieri dei Carpazi” del gen. StanisławKopanski, anch’essa con una lunga storia alle spalle.Nata in Siria nel maggio del 1940 e sostenuta daifrancesi, era formata da soldati polacchi fuggitiattraverso i Balcani dopo il settembre del 1939. Inseguito alla caduta della Francia, si era spostata inPalestina e poi a Tobruk e aveva preso parte con isuoi 5800 uomini, a fianco dell’Esercito inglese, aicombattimenti in Africa del Nord.

L’Esercito polacco in Oriente, organizzato secon-do gli ordinamenti inglesi e comandato dal gen.Anders, entra a far parte della Pai Force (Persia andIraq Command): si tratta di truppe britanniche eindiane che hanno il compito, oltre che di sorve-gliare i campi petroliferi, di costruire basi e di orga-nizzare il flusso verso l’Unione Sovietica dei riforni-

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menti del programma “affitti e prestiti”. I polacchidifendono i campi petroliferi e si addestrano fino ache, nel marzo del 1943, sono inviati nel norddell’Iraq, nella zona di Kirkuk, dove vengono istrui-ti sulle tecniche della guerra in montagna e delleoperazioni di sbarco.

In questo periodo arriva ad Anders la drammaticaconferma dei suoi sospetti. Nella foresta di Katyn,vicino a Smolensk, i tedeschi scoprono – nell’apriledel 1943 – delle fosse comuni con 4400 corpi. Sitratta di ufficiali polacchi fatti prigionieri dai russinel 1939 e massacrati l’anno successivo – come hariconosciuto nel 1990, dopo decenni di disinforma-zione e di mistificazioni, la stessa Unione Sovietica –dai reparti speciali del Nkvd (Commissariato delpopolo per gli affari interni, in realtà polizia politi-ca), su ordine del Politburo sovietico. In totale sono22 mila i prigionieri polacchi uccisi dai sovietici nel-l’aprile del 1940 con lo scopo di eliminare quei cit-tadini che in futuro avrebbero potuto guidare unalotta per la rinascita della Polonia. I tragici aspettiumani di questa criminale “pulizia di classe” si riper-cuotono anche sul piano diplomatico: quando ilGoverno polacco propone alla Croce Rossa interna-zionale di istituire una commissione internazionaledi inchiesta, i sovietici rompono le relazioni diplo-matiche con i polacchi. Già dopo la partenza diAnders, i rapporti si erano deteriorati: era stataimpedita l’ulteriore formazione di truppe polaccheed erano stati arrestati gli addetti al reclutamento.Le intenzioni sovietiche si rivelano in modo chiaroquando Stalin acconsente, nel maggio del 1943, allaformazione in Unione Sovietica di un Esercitopolacco comandato dal gen. Zygmunt Berling, ex

collaboratore di Anders. Il nuovo Esercito è deltutto subordinato alle autorità sovietiche, anche seformalmente dipende dalla Unione dei patriotipolacchi, un gruppo procomunista di “polacchi diMosca” che, in contrapposizione con i “polacchi diLondra”, sono favorevoli alla cessione all’UnioneSovietica delle province orientali della Polonia.Stalin può così disporre di unità polacche senzaalcun legame con il Governo in esilio e sotto strettocontrollo sovietico, che daranno comunque anch’es-se un valido contributo alla lotta contro il nazismo.

La nascita del II Corpo d’Armata. Nel giugnodel 1943 le truppe polacche in Iraq sono ispezionatedal gen. Sikorski: dopo la visita viene stabilita lanascita di una formazione tattica da chiamare IICorpo d’Armata polacco e al cui comando è desi-gnato il gen. Anders. Il II Corpo è strutturato sulmodello britannico, ma dispone di supporto direttodi artiglieria e carri armati, oltre che di servizi nonpresenti in un Corpo d’Armata britannico.L’importante decisione è seguita da una grave trage-dia dai contorni ancora oscuri. Nel ritorno a Londral’aereo di Sikorski effettua una sosta a Gibilterra e,poco dopo il decollo per la tappa finale, il 4 luglio,precipita in mare. Il gen. Sikorski muore e la Poloniaperde uno dei più decisi sostenitori degli interessinazionali, una personalità stimata dagli Alleati, a cuiaveva più volte fatto presente il problema del confi-ne orientale del Paese, e capace di mantenere la disci-plina interna. Dopo la sua morte, le strutture politi-ca e militare del Governo polacco vengono divise:Primo ministro diventa Stanisław Mikołajczyk men-tre il generale Kazimierz Sosnkowski assume il

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comando in capo delle Forze Armate. I due uominihanno idee politiche e sociali diverse: il primo è favo-revole a trattative con Mosca mentre il generale, fer-vente patriota, diffida dei sovietici.

La nuova organizzazione delle forze militari polac-che entra in vigore dal 21 luglio 1943. Il II Corpopolacco assume un ordinamento basato su due divi-sioni di fanteria e una brigata corazzata, a cui siaggiungono l’artiglieria di Corpo d’Armata, ilReggimento “Lancieri dei Carpazi”, il 10° BattaglioneGenio, l’11° Battaglione Guardie e unità di comman-do. Tale ordinamento subirà in seguito notevoli varia-zioni. Ma la struttura su due divisioni rimarrà unacostante del Corpo. E’ anche prevista una “Base”,comprendente la 7ª Divisione di riserva, strutture peraddestramento, ospedali, servizi. Nell’agosto del1943 i polacchi vengono trasferiti in Palestina, allorasotto mandato britannico, dove quasi tremila ebrei suquattromila presenti abbandonano il Corpo per par-tecipare alla lotta per la creazione di uno Stato ebrai-co. Tra essi Menahem Begin, che diventerà Primoministro d’Israele. Il gen. Anders e i comandi polac-chi, in contrasto con le autorità britanniche, rifiutanodi ricercare e perseguire i disertori.

Nel territorio tra Tel Aviv e il confine egiziano con-tinuano le manovre in terreno montuoso e in ottobreil II Corpo viene trasferito a Camp Quassasin inEgitto. I comandi britannici richiedono una divisio-ne polacca sul fronte italiano, ma il gen. Anders rifiu-ta perché fedele alla sua posizione di impiegare il IICorpo come struttura unitaria. Nel novembre del1943 è lo stesso gen. Sosnkowski, in occasione di unavisita ai reparti, a comunicare che tutto il Corpo verràutilizzato in Italia. Infine, nel dicembre del 1943, le

autorità britanniche, in accordo con quelle polacche,prendono la decisione di inviare il II Corpo in Italia.I polacchi devono sostituire i reparti che gli Alleatihanno intenzione di trasferire dall’Italia in GranBretagna per partecipare allo sbarco in Normandia,confermato per la primavera del 1944.

Il II Corpo polacco in Italia. I soldati del IICorpo vengono trasportati in treno nella regione diAlessandria e Port Said e da qui i britannici li trasfe-riscono in Italia utilizzando anche alcune navi polac-che: l’operazione prende l’avvio il 15 dicembre 1943e continua fino al mese di aprile del 1944. Mentrein Egitto rimane un comando dell’Esercito polaccoin Oriente, poi trasformato in Quartier Generaledelle Unità in Medio Oriente, i reparti destinati inItalia sbarcano soprattutto a Taranto e nei porti diBrindisi e di Napoli.

Al II Corpo è assegnata un’ampia area attorno aMasseria S. Teresa, alle spalle di Taranto lungo lastrada per Monopoli, scelta per la vicinanza al portoe ai depositi britannici. Le unità sono acquartieratein cinque campi di tende, ma in seguito i siti subi-scono costanti variazioni, in relazione all’arrivo dinuovi contingenti, che affluiscono anche nella zonadi Mòttola, dove si insedia il Quartier Generale delII Corpo. Dal punto di vista operativo, il Corpopolacco è inquadrato nell’8ª Armata britannica che,con la 5ª Armata americana, costituisce le ArmateAlleate in Italia, comandate dal gen. HaroldAlexander. Politicamente si tratta della grande unitàdi un Paese alleato indipendente, che combatte afianco della Gran Bretagna secondo gli accordi sot-toscritti dai due Governi.

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Agli inizi del 1944 i tedeschi sono attestati sullaLinea Gustav – che corre dal fiume Garigliano, sulmar Tirreno, fino al mar Adriatico a nord del fiumeSangro – con la 10ª Armata, mentre la 14ª Armatacirconda e costringe a rimanere sulla difensiva letruppe alleate sbarcate ad Anzio il 22 gennaio 1944.In questa situazione di stallo e mentre è ancora incorso il trasferimento dall’Egitto, al II Corpo polac-co viene affidato un settore sulla linea del fiumeSangro, tra Castel S. Vincenzo, a sud di Alfedena, eColledimezzo (Piano del Monte), a sud di Atessa,che costituisce la saldatura tra la 5ª Armata america-na, impegnata nel settore occidentale, e l’8ª Armatabritannica, che tiene il settore orientale della LineaGustav. I compiti del II Corpo sono di caratteredifensivo e verranno poi estesi anche al settore traCastel S. Vincenzo e le sorgenti del fiume Rapido.

Poi, nell’offensiva messa a punto nel marzo del1944, il comando alleato affida al II Corpo il com-pito di spezzare il dispositivo difensivo tedesco sullemontagne a nord di Cassino, impadronendosi dellacollina del Monastero – l’ultima barriera naturale,potentemente difesa, prima di Roma – e delle posi-zioni tedesche, affidate alla 1ª DivisioneParacadutisti e alla 5ª Divisione Alpina. L’attaccopolacco, iniziato nella notte tra l’11 e il 12 maggiocontemporaneamente alle altre forze alleate, si con-clude il 25 maggio con la conquista di Monte Cairoe Piedimonte. Nella mattina del 18 maggio 1944un reparto del 12° Reggimento esplorante “Lancieridi Podolia” innalza la bandiera polacca sulle rovinedell’abbazia di Montecassino, distrutta dagli Alleatinel bombardamento del 15 febbraio.

Dopo la conquista di Roma da parte degli Alleati,

il 17 giugno 1944 il II Corpo assume la responsabi-lità del settore adriatico. All’epoca gli effettivi del IICorpo polacco sono circa 43 mila e l’unità è forma-ta da due divisioni di fanteria (3ª Divisione “Fucilieridei Carpazi” e 5ª Divisione “Kresowa”), dalle truppedi Corpo d’Armata (artiglieria, servizi, Reggimentoesplorante “Lancieri dei Carpazi”) e dalla 2ª Brigatacorazzata, composta di tre reggimenti dotati di carriarmati Sherman e Stuart. E’ attivo anche il “ServizioAusiliario Femminile”, impegnato soprattutto nellaSanità, ma anche nelle Trasmissioni e nei Trasporti.Collaborano con i polacchi: il Corpo italiano di libe-razione, comandato dal gen. Umberto Utili e con unorganico di circa 25 mila uomini; il 7° Reggimento“Ussari”, una unità esplorante-corazzata britannica; ipartigiani, circa 400, della Banda “Patrioti dellaMaiella”, comandati da Ettore Troilo. Le forze tede-sche contrapposte sono costituite da due divisioni difanteria (278ª e 71ª) a organici ridotti, prive di carriarmati e di copertura aerea, ma dotate di una effica-ce artiglieria, di cannoni d’assalto, usati in ruolo con-trocarro, di semoventi italiani M42 e di armi contro-carro individuali. La campagna ha il suo punto cul-minante nella conquista di Ancona e del suo porto,l’obiettivo che i Comandi alleati hanno assegnato alII Corpo allo scopo di poter disporre di una baselogistica avanzata.

La città viene presa con una manovra di aggira-mento condotta dal territorio di Osimo, attraversoPolverigi e Agugliano, verso la foce del fiume Esino.Sulla fascia costiera a sud di Ancona viene imposta-ta una simultanea manovra diversiva. Lo scopo èquello di chiudere i tedeschi in una sacca. I combat-timenti sono particolarmente intensi per la conqui-

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sta di Monte della Crescia, che domina il terrenodella battaglia, e nelle zone di Torrette e di CamerataPicena, dove i tedeschi tentano di contenere l’avan-zata polacca. Il 18 luglio 1944 Ancona viene con-quistata e, ad entrare per primi in una città semidi-strutta dai bombardamenti aerei alleati, sono i“Lancieri dei Carpazi” e i volontari italiani della111a Compagnia Protezione Ponti, aggregati al IICorpo come “commando” (si vedano i saggi diTasselli e Strzałka, 2008 citati in bibliografia).

La presa di Ancona costituisce un notevole succes-so strategico perché il porto, entro pochi giorni,viene messo in grado di funzionare. Possono cosìessere sbarcati materiali vari, viveri e carburanti. Labattaglia riveste inoltre una fondamentale importan-za per i polacchi in quanto è l’unica grande opera-zione condotta in Italia in cui il II Corpo combattein modo pressoché autonomo. Per gli italiani, checooperano con i polacchi, il significato è al tempostesso militare e simbolico: soldati, partigiani, volon-tari, mostrano la loro ferma volontà di combattereper la liberazione del Paese. In particolare, il Corpoitaliano di liberazione con l’entrata ad Ascoli Piceno(18 giugno), Macerata e Tolentino (30 giugno), econ l’attacco su Filottrano (9 luglio) e la liberazionedi Jesi (20 luglio) testimonia la rinascita dell’Esercitoitaliano dopo la tragedia dell’8 settembre 1943.

Il 4 agosto i polacchi entrano a Senigallia e il 9 ago-sto prende l’avvio la Battaglia del Cesano, che si pro-pone di consolidare il possesso della Statale N. 76:questa strada deve infatti essere percorsa in sicurezzadal I Corpo canadese e dal V Corpo britannico nelloro trasferimento verso il versante adriatico, dovedovranno essere impiegati per sfondare la Linea

Gotica in base alla nuova strategia alleata che, anchea causa della conquista del porto di Ancona, prevedelo spostamento sul versante adriatico dell’asse diattacco dell’8a Armata britannica. La successivaBattaglia del Metauro si svolge dal 19 al 22 agosto edha come obiettivo la conquista, ad opera dei polac-chi, delle basi di partenza alleate per le successiveoperazioni contro la Linea Gotica. E’ considerato ilcombattimento più accanito affrontato dal II Corpodurante tutta la Campagna adriatica. Dopo l’attac-co alla Linea Gotica, sferrato il 25 agosto con le altretruppe alleate, per il II Corpo il ciclo operativo nelsettore adriatico si conclude il 2 settembre, con laliberazione dell’intera zona tra Pesaro e Gradara.

Ad entrare a Pesaro, il 2 settembre, sono i “Lancieridei Carpazi” e i “Patrioti della Maiella”. Il Corpo ita-liano di liberazione, dopo avere partecipato alla libe-razione di Urbino e di altre importanti località delpesarese, dal 30 agosto sospende ogni attività opera-tiva e viene trasferito in zona di riordinamento peressere integrato da nuove forze. Nasceranno così i“Gruppi di Combattimento”.

In ottobre, dopo un periodo di riposo, i polacchivengono trasferiti in Emilia-Romagna, dove opera-no su un terreno montuoso e in difficili condizioniatmosferiche. Il 27 ottobre, dopo duri combatti-menti, conquistano Predappio, luogo di nascita diBenito Mussolini, e cooperano alla liberazione diFaenza. Poi gli Alleati esauriscono la spinta offensi-va e sono costretti a sospendere le operazioni, men-tre il fronte si stabilizza sulla linea del fiume Senio.In questo periodo il II Corpo polacco viene note-volmente rinforzato: in particolare, le divisioni difanteria sono ora articolate su tre brigate in luogo

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delle due precedenti, mentre un reggimento di arti-glieria è dotato di pezzi di grosso calibro. Le opera-zioni offensive riprendono nell’aprile del 1945 eportano alla resa dei tedeschi e alla fine della guerrain Italia. Il II Corpo libera Imola il 14 aprile e, dopoi duri combattimenti sulla linea del torrente Gaiana,contribuisce notevolmente, il 21 aprile 1945, allaconquista di Bologna, dove i polacchi entrano perprimi alle 6 del mattino, accolti con entusiasmodalla popolazione. La bandiera polacca viene issatasul balcone del Palazzo municipale e poi sulla Torredegli Asinelli, la più alta della città. Il 6 ottobre1945 il sindaco di Bologna, Giuseppe Dozza, confe-risce la cittadinanza onoraria al gen. Anders nellasua qualità di comandante delle “valorose truppepolacche che prime entrarono in Bologna”.Analogo gesto avverrà ad Ancona l’8 dicembre 1945da parte del sindaco Luigi Ruggeri.

Durante la Campagna d’Italia, il II Corpo polac-co ha subito, tra morti, feriti e dispersi, oltre 17 milaperdite. Il numero comprende anche coloro chesono stati evacuati per aver perso l’idoneità al com-battimento e i feriti per varie cause (incidenti, ecc.).Le perdite in combattimento sono state le seguenti:2197 morti (i 4022 caduti sepolti nei cimiteri diguerra di Casamassima, Montecassino, Loreto,Bologna comprendono i soldati deceduti per ferite,malattie, incidenti), 8376 feriti e 264 dispersi (inprevalenza caduti prigionieri). Nel corso delle batta-glie che nell’estate del 1944 si sono combattute nelleMarche, dal fiume Chienti al fiume Foglia, il IICorpo polacco ha avuto 753 morti (496 per le bat-taglie di Ancona e 257 per l’attacco alla LineaGotica) e 2877 feriti (rispettivamente 1789 e 1088).

In totale, nel periodo 1944-45 il II Corpo ha com-battuto sul fronte italiano per 367 giorni, eliminan-do dal combattimento circa 50 mila soldati tedeschi.

La questione polacca. Con il contributo dato allearmate alleate i polacchi, oltre a lottare contro laGermania nazista, sperano anche di ottenere il soste-gno dei Governi britannico e statunitense per ilrecupero dei territori orientali annessi nel 1939dall’Unione Sovietica e per la ricostituzione di unaPolonia libera e indipendente. Il II Corpo, in parti-colare, avrebbe dovuto costituire l’ossatura del futu-ro esercito nazionale polacco. Ma proprio nel corsodella Campagna d’Italia - a cui i soldati polacchipartecipano con grande impegno e forza morale per-ché convinti di combattere per un ideale di libertà -gli avvenimenti prendono una via del tutto sfavore-vole alle loro aspettative.

Nel gennaio del 1944 le truppe sovietiche sonoall’offensiva, attraversano il confine anteguerra dellaPolonia e penetrano nel Paese. L’Esercitodell’Interno (Armia Krajowa), che raccoglie le forzedella resistenza polacca collegate con il Governo inesilio, attua l’“Operazione Tempesta”, che si propo-ne di offrire cooperazione ai sovietici e, al tempostesso, di dimostrare che l’Armata Rossa non è solanell’opera di liberazione della Polonia. Secondo ilpiano, l’Esercito dell’Interno avrebbe aperto le osti-lità contro i tedeschi e sarebbe poi andato incontroall’Armata Rossa come autorità legittima.L’obiettivo finale, in linea con il Governo in esilio,èquello di mantenere l’autonomia della Poloniadall’Unione Sovietica.

Alcune azioni contro i tedeschi vedono russi e

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polacchi uniti nella lotta, ma poi i comandanti dellaresistenza polacca cominciano a essere arrestati ouccisi dal Nkvd, mentre ai soldati, dopo il disarmo,viene imposta dai sovietici la scelta tra i campi dilavoro o l’entrata nelle truppe di Berling.L’insurrezione di Varsavia dell’agosto-settembre1944 contro i tedeschi costituisce l’ultimo disperatotentativo della resistenza polacca di rivendicare ilproprio ruolo. I componenti dell’Esercitodell’Interno, oltre 36 mila, riescono all’inizio a con-quistare gran parte della città, ponendosi poi sulladifensiva in attesa di aiuti dall’ovest o dai sovietici.

Le truppe sovietiche comandate dal marescialloRokossovskij, che comprendono anche la 1a Armatapolacca comandata dal gen. Berling, sono ormaiarrivate a Varsavia nel quartiere di Praga, sulla rivadestra della Vistola. Ma, a parte un tentativo fallitoda parte di elementi della 1a Armata, non mostranoalcuna volontà di intervenire a favore degli insorti.Non ci sono ancora prove certe per stabilire se Stalinabbia fermato l’offensiva sovietica allo scopo di per-mettere ai tedeschi di eliminare la resistenza polaccanon allineata con Mosca. È tuttavia accertato il fattoche nei primi giorni dell’insurrezione i sovietici nonpermettono l’atterraggio nelle loro basi agli aereialleati che portano rifornimenti agli insorti. I volialleati, molti dei quali partono da Brindisi, vengonocosì sospesi dopo gravi perdite e quando il 18 set-tembre gli aerei americani sono autorizzati all’atter-raggio in territorio controllato dai sovietici, i rifor-nimenti sganciati con i paracadute cadono per lamaggior parte in mano dei tedeschi, che ormai con-trollano vaste aree di Varsavia. In sostanza, gli occi-dentali non forniscono un adeguato apporto alla

rivolta, mentre manca completamente l’aiuto deisovietici che, oltretutto, era stato promesso quandole truppe erano in vista di Varsavia.

I tedeschi possono così scatenare la loro controf-fensiva, che vede coinvolte anche la famigerata“Brigata di Polizia”, composta di criminali comuni, ela “Brigata Kamińky”, formata da cittadini sovieticiche avevano aderito al nazismo. Dopo l’uccisione dioltre 100 mila persone, tra insorti e civili, in ottobretutto finisce con la resa e la distruzione di gran partedi Varsavia. Il risultato è la dispersione dell’Esercitodell’Interno, mentre molti polacchi perdono fiducianel Governo in esilio, che ormai non possiede piùalcun potere negoziale. L’Esercito del Popolo (ArmiaLudowa), che raccoglie le formazioni comunistedella resistenza polacca, pur avendo cominciato lapropria attività con un numero di sostenitori netta-mente inferiore a quello dell’Esercito dell’Interno,può ora sostenere di rappresentare l’intera nazionepolacca. Nel frattempo le unità sovietiche procedo-no al rastrellamento dei superstiti reparti della resi-stenza polacca non comunista. Intorno al mese difebbraio del 1945 quasi l’intero territorio polacco èstato ormai conquistato dall’Armata Rossa.

La svolta sul piano politico e diplomatico era giàavvenuta nel corso della conferenza di Teheran(novembre-dicembre 1943) tra Stati Uniti, GranBretagna e Unione Sovietica, indetta allo scopo dicoordinare la strategia dei componenti della “GrandAlliance”. Nell’incontro, il primo fra Churchill,Stalin e Roosevelt, presidente degli Usa, viene discus-so anche il futuro della Polonia. L’atteggiamentooccidentale, frutto di valutazioni di esclusiva conve-nienza politica, può essere così sintetizzato: per scon-

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figgere Hitler occorre mantenere l’alleanza conStalin; per mantenerla bisogna abbandonare laPolonia. Roosevelt e Churchill, consapevoli del ruolodecisivo che l’Armata Rossa svolge nella lotta allaGermania, privilegiano così l’amicizia con Stalin eaccettano la sua richiesta di incorporare nell’UnioneSovietica la parte orientale della Polonia, corrispon-dente all’incirca alle regioni invase dai sovietici inseguito agli accordi con la Germania nazista e che,storicamente polacche, erano state unite al Paesedopo la guerra russo-polacca (1919-20) e dopo iltrattato di Riga del 1921.

Va specificato che la cessione per Churchill è solouna proposta su cui discutere, ma Roosevelt assicuraStalin che la proposta del leader britannico nonavrebbe posto in futuro alcun problema. In tal modola diplomazia sovietica considera i colloqui di Teheransulla Polonia un vero e proprio accordo finale, che èconforme alle proprie intenzioni di controllare, aguerra finita, una vasta zona di sicurezza davanti aiconfini occidentali. Il destino della Polonia viene cosìdeciso senza coinvolgere le legittime autorità governa-tive e senza prevedere consultazioni tra le popolazioniinteressate, trattando il Paese quasi come se fosse unnemico sconfitto invece che un leale alleato delledemocrazie occidentali e, per di più, il Paese della cuiindipendenza la Gran Bretagna si era fatta garante.

Nell’incontro di Teheran i governi occidentali, oltrea privare la Polonia di quasi la metà del suo territorioin cambio di compensazioni a spese della Germania,manifestano anche la precisa scelta di non voler difen-dere gli interessi nazionali polacchi in caso di contra-sti con i sovietici. Un atteggiamento ambiguo che,tuttavia, era già emerso in precedenza (esponenti

governativi britannici avevano dichiarato che i dirittidella Polonia sui suoi territori orientali non eranocerti) e nel momento in cui era stato scoperto il mas-sacro di Katyn: di fronte alle prime notizie dellaresponsabilità sovietica e, dall’altra parte, alla neces-sità britannica di assicurarsi la cooperazione bellica diStalin, Churchill aveva deciso di accantonare la que-stione definendola “di nessuna importanza pratica”(Zaslavsky, p. 69).

Dopo Teheran, il Governo britannico, pur mante-nendo segreti gli accordi, esercita continue pressionisul Governo polacco affinché accetti il fatto com-piuto, ma le proposte vengono respinte. Nella con-ferenza di Mosca dell’ottobre 1944 Stalin eChurchill si accordano sul grado di influenza cheUnione Sovietica e Gran Bretagna avrebbero avutonei Balcani. A Mosca si discute anche del destinodella Polonia, ma il Primo ministro polaccoMikołajczyk può occuparsi solo di dettagli, in quan-to i “grandi” sono già d’accordo sul futuro confineorientale della Polonia. Ed è Molotov, il ministrodegli Esteri sovietico, a rivelare nel corso dell’incon-tro, tra l’imbarazzo di Churchill, che “... tutto èstato stabilito a Teheran” (Davies, p. 498). Le pro-vince orientali polacche, compresa la città di Lwów,verranno cedute all’Unione Sovietica. Mikołajczyknon riesce a convincere il suo gabinetto ad accettarequesti termini e il 24 dicembre 1944 si dimette.

Nelle conferenze di Jalta e Potsdam (febbraio eluglio 1945), Stati Uniti, Gran Bretagna e UnioneSovietica più che spartirsi l’Europa prendono attodella realtà derivante dalle posizioni, già concordate,raggiunte dalle rispettive Forze Armate. Per quantoriguarda la Polonia non si fa altro che confermare

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quanto già era stato deciso a Teheran. In cambiodella consegna all’Unione Sovietica delle provinceorientali polacche e del suo consenso a una Poloniache adotti un “atteggiamento amichevole verso laRussia”, Churchill chiede l’entrata nel futuroGoverno di tutti gli “elementi democratici polacchi”.

Ma l’Unione Sovietica, che ben conosce il fortesentimento nazionale polacco, prepara con cura econ apparente legalità la conquista del potere: findal loro ingresso in Polonia, i sovietici sono accom-pagnati dal Comitato polacco di liberazione nazio-nale – espressione dei “polacchi di Mosca”, contrap-posti a quelli di Londra, e della resistenza comunista– che prende poi il nome di “Comitato di Lublino”,diventando nel gennaio del 1945 Governo provviso-rio e accettando l’annessione all’Unione Sovieticadelle province orientali polacche.

Nel Governo di unità nazionale, riconosciuto il 6luglio 1945 da Stati Uniti e Gran Bretagna, eranoentrati in giugno anche alcuni “polacchi di Londra”,tra cui Mikołajczyk, ma le posizioni più importantirimangono nelle mani di persone nominate dal“Comitato di Lublino”. Il nuovo Governo è in realtàallineato con Mosca e dominato dai comunisti, men-tre ormai in tutta la Polonia stazionano le truppesovietiche. Si procede a imprigionare gli esponentidella resistenza non comunista dopo averli invitati,nel marzo del 1945, a un incontro trappola. Il gen.Leopold Okulicki, appartenente al II Corpo e ultimocomandante dell’Esercito dell’Interno, viene processa-to a Mosca e condannato a dieci anni di reclusione perpresunte attività contro l’Armata Rossa, ma nel 1946morirà in carcere in circostanze oscure. La stessa sortetocca a delegati del Governo in esilio di Londra.

I russi tentano in tal modo di screditare l’Esercitodell’Interno, facendo credere che esso ha combattu-to contro l’Armata Rossa e, al tempo stesso, elimi-nano dalla scena politica coloro che si oppongonoalla instaurazione a Varsavia di un regime vassallo diMosca. Poi, dopo aver modificato i confini delloStato, controllato gli insediamenti polacchi nei ter-ritori sottratti alla Germania, liquidato la vecchiaclasse dirigente e annientato la residua resistenzaarmata anticomunista, si tengono, nel gennaio del1947, le elezioni che sanciranno la dipendenza dellaPolonia dalla Unione Sovietica. Lo stessoMikołajczyk, impossibilitato a svolgere liberamentela propria attività politica, nell’ottobre del 1947 saràcostretto a fuggire dalla Polonia e a rifugiarsi primain Gran Bretagna e poi negli Stati Uniti. L’Esercitopolacco verrà ricostituito, sul modello di quellosovietico, con un nucleo formato dai 400 mila sol-dati che hanno combattuto sul fronte russo-tedesco.Dal 1949, a riprova della costante ingerenza russa,esso verrà posto agli ordini del marescialloRokossovskij, che aveva comandato le truppe sovie-tiche all’epoca dell’insurrezione di Varsavia.

Il dopoguerra. La maggior parte degli oltre 250mila soldati polacchi che avevano combattuto con-tro il nazismo sui fronti occidentali non accettanol’autorità del nuovo regime in Polonia e rifiutano ilrimpatrio in un Paese sotto dominio comunista,anche per il timore di essere imprigionati. I soldatidel II Corpo, in particolare, che hanno sofferto laprigionia in Unione Sovietica e che sono in granparte originari delle province polacche cedute aisovietici, guardano al comunismo con sospetto e ini-

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micizia. Il gen. Anders ritiene che Gran Bretagna eStati Uniti abbiano violato i loro obblighi assuntinei confronti della Polonia e manifesta le proprieidee negli incontri che ha con Churchill – uno deiquali si era svolto il 26 agosto 1944 nel QuartierGenerale polacco, a Senigallia – e con i comandantimilitari alleati, oltre che con esponenti del Governoin esilio. Dopo la conferenza di Jalta, che sancisce ladefinitiva cessione all’Unione Sovietica delle provin-ce orientali polacche in cambio di ampliamenti ter-ritoriali a nord e a ovest, con l’annessione di territo-ri tedeschi fino ai fiumi Oder e Neisse, il gen.Anders si fa interprete del risentimento dei suoi sol-dati, chiedendo alle autorità alleate di ritirare ireparti del II Corpo dal fronte. Ma poi i polacchicontinuano ugualmente la lotta contro la Germania,a fianco degli Alleati.

Nel dopoguerra, pur sostenendo che la Polonia è “inschiavitù” e che è ormai impossibile un ritorno “conle bandiere al vento come araldi della libertà”, il gen.Anders informa i suoi soldati che, se lo vogliono, pos-sono rientrare singolarmente nel Paese. Su una forzatotale di 110 mila effettivi, sono circa 14 mila coloroche entro la fine del 1945 scelgono di rimpatriare: sitratta soprattutto di soldati giunti da poco tra le filedel II Corpo. Al tempo stesso, l’unità diventa un polodi attrazione per i polacchi di tutta Europa: nell’Italiacentrale e meridionale vengono creati campi per i civi-li e si istituiscono corsi professionali allo scopo di for-mare specialisti da inserire, dopo il congedo, nellevarie attività lavorative. Per i bambini e gli adolescen-ti, proseguendo in un programma didattico imposta-to fin dall’inizio, si organizzano scuole sovvenzionatedagli stessi soldati. Ancona, dove ha sede il comando,

diventa il centro della vita del II Corpo e in alcunelocalità delle Marche (Amandola, Ancona, Falconara,Fermo, Jesi, Macerata, Porto Recanati, Porto S.Giorgio, Recanati, Sarnano, Senigallia, S. Ginesio, S.Severino, Urbino) sorgono scuole di vario indirizzo incui si svolgono anche “corsi di maturità” per queimilitari che non avevano potuto completare gli studia causa della guerra. Ad Alessano, in provincia diLecce, viene impiantata la prima scuola in cui si ten-gono corsi per il conseguimento della maturità licealeo ginnasiale. Ancora oggi, in Polonia, vengono chia-mati gli “Alessanesi di Polonia” coloro che li hannofrequentati.

Le sezioni “Editoria” e “Cultura e Stampa” del IICorpo producono testi militari, ma anche libri sco-lastici, saggi storici, romanzi, raccolte di poesie,mentre molti giovani possono frequentare le univer-sità di Padova, Bologna, Roma, Torino. Nel 1946,a continuazione dell’attività svolta all’interno del IICorpo, Jerzy Giedroyc (1906-2000) fonda a Romauna casa editrice (Instytut Literacki) e poi la rivista“Kultura”, molto importante per la sua influenzasulla letteratura polacca del dopoguerra. La casa edi-trice e la rivista - trasferite in seguito a Parigi - hannoavuto come cofondatore e collaboratore GustawHerling (1919-2000), soldato del II Corpo e autoredi “Un mondo a parte”, straordinaria opera lettera-ria e impressionante testimonianza sui campi dilavoro forzato sovietici. Ma anche un libro che, perle sue traversie editoriali (pubblicato in GranBretagna nel 1951, verrà quasi ignorato quando nel1958 appare nella traduzione italiana; solo dal 1994,con l’edizione Feltrinelli, il libro sarà conosciuto inItalia) costituisce un silenzioso biasimo morale per

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quegli intellettuali italiani e francesi che volevanotenere gli occhi chiusi su ciò che accadeva in UnioneSovietica. Dopo avere sposato Lidia, figlia diBenedetto Croce, Herling si è stabilito a Napoli e hadovuto subire per decenni l’ostilità dell’ambienteintellettuale italiano. Solo pochi esponenti della cul-tura lo hanno apprezzato. Tra questi: Leo Valiani,Ignazio Silone, Nicola Chiaromonte, GiovanniSpadolini, Indro Montanelli.

Nasce in Italia nel 1944-46, per merito del gen.Anders, una “Piccola Polonia”, dove i polacchi ritro-vano tutti gli elementi della vita sociale e culturaledel loro Paese. E nasce anche una letteratura del IICorpo, che diventerà una “letteratura dell’esilio”,ispirata agli eventi della guerra, alla nostalgia per lapatria lontana e alla particolare drammatica situa-zione in cui si trovano i polacchi. Ma sulla qualeinfluiscono anche gli storici rapporti di amicizia trai due Paesi e una rinnovata reciproca comprensionee conoscenza, l’arte, la natura, il sole, il paesaggioitaliano. Già durante la guerra era stato pubblicato,fin dalla permanenza in Medio Oriente, “DziennikŻołnierza APW” (Il quotidiano del soldato –Esercito Polacco in Oriente), che in Italia mantienequesta testata. Il giornale segue gli spostamenti delfronte e, per un certo periodo, viene stampato aFermo. Al quotidiano si affiancano varie testateperiodiche, tra cui il settimanale “Orzeł Biały”(L’Aquila Bianca) e pubblicazioni specifiche dellevarie formazioni del II Corpo.

Una conversazione di Gustaw Herling e JózefCzapski sul generale Anders, apparsa in “Kultura”(N. 7-8, 1970, pp. 15-25) e dal titolo “Dialog oDowódcy” (Dialogo sul Comandante) così si con-

clude : “In un periodo in cui in Polonia era negatal’esistenza a qualunque università, scuola o casa edi-trice, in cui vigeva la totale segregazione nazionale,con l’eliminazione fisica di tutta la nazione ebreasulla nostra terra, il tentativo di Anders di creareall’interno dell’Esercito in esilio una struttura socia-le viva, solida e al contempo flessibile, nella tradi-zione liberale di una società multinazionale e multi-religiosa, deve preservarsi nella nostra memoriacome il suo testamento per il futuro” (Herling,“Breve racconto di me stesso”, p. 132).

A mano a mano, come ricorda lo scrittore JanBielatowicz, il II Corpo diventa una sorta di “gran-de nave che viaggia attraverso il tempo, raccoglien-do ovunque naufraghi polacchi”, l’“ultima speran-za”, il “rifugio e il punto d’arrivo”, oltre il quale,però, si delineano presto il fallimento di tutte leaspirazioni polacche e la frustrante realtà dell’assor-bimento della Polonia nel sistema politico e militaresovietico. Una condizione psicologica che portaalcuni soldati polacchi a inscenare dimostrazioni diripulsa e di spregio nei confronti dei simpatizzantidi sinistra italiani e a compiere vere e proprie aggres-sioni contro i militanti comunisti e le manifestazio-ni del Partito comunista, soprattutto nelle Marche,ma anche in Emilia-Romagna e in Puglia.

La stampa comunista risponde con attacchi con-tro il II Corpo, ma si verificano anche reazioni vio-lente contro i polacchi. Si tratta, in sintesi , di unoscontro tra due posizioni inconciliabili, da inqua-drare nelle tensioni politiche e sociali del dopoguer-ra. E i contrasti in Italia verranno influenzati e acui-ti dai contemporanei e complessi sviluppi della poli-tica internazionale. Il Partito comunista, consapevo-

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le del ruolo importante avuto nella Resistenza e por-tatore di idee di rinnovamento totale della società –ma anche perché allineato con Mosca, dove l’utopiasociale a suo avviso si è realizzata, e permeato del“mito” dell’Armata Rossa per il contributo determi-nante dato alla lotta contro il nazismo – trova incon-cepibile l’anticomunismo e l’antisovietismo deipolacchi. I soldati polacchi, dal canto loro, sono ingran parte reduci dai campi di lavoro forzato sovie-tico – in particolare i soldati della Divisione“Kresowa”, originari delle regioni orientali – e, con-sapevoli delle intenzioni egemoniche dell’UnioneSovietica nei confronti della Polonia, identificano ilcomunismo con l’aggressione sovietica del 1939,che aveva portato alla spartizione del loro Paese conla Germania nazista. Per molti polacchi gli italia-ni,appena liberatisi da una forma di totalitarismo,appaiono intenzionati a sceglierne volontariamenteun’altra, a cui una parte dei soldati del II Corpotenta di opporsi duramente.

Nelle Marche i contrasti cominciano già subitodopo la liberazione, quando le autorità militari polac-che, seguendo gli ordini impartiti dai Comandi allea-ti, procedono con decisione al disarmo dei partigiani.I soldati e gli ufficiali polacchi, di stanza nella regione,provvedono a cancellare le scritte murali inneggianti aStalin e all’Unione Sovietica, a strappare le bandiererosse esposte nelle sezioni comuniste, a disturbare icomizi degli oratori comunisti. Le reazioni non sifanno attendere e sono altrettanto decise.

Secondo un recente saggio di G. Petracchi (vedibibliografia), i primi episodi vengono segnalati daPalmiro Togliatti, all’epoca segretario del Pci e mini-stro del Governo Bonomi, in un dossier allegato a

una lettera personale del 30 settembre 1944 indiriz-zata al presidente del Consiglio. Il leader comunistasostiene che “soldati e ufficiali polacchi... esercitanoviolenze contro il nostro partito” e cita un episodioaccaduto a Macerata in cui i polacchi “sono arrivatial punto di impedire un discorso dell’on. Molinelli”.Togliatti sostiene di aver dato al partito l’ordine di“non raccogliere queste provocazioni”, ma avverteche “se esse continueranno, non possiamo garantireche in qualche luogo non si producano incidentigravi”. Vi è nella lettera anche un riconoscimentoper la lotta che i polacchi conducono in Italia con-tro i tedeschi, ma la richiesta è precisa: il Governoitaliano deve intervenire ufficialmente presso laCommissione alleata di controllo per evitare che ipolacchi spargano “scintille di guerra civile”.

Anche se l’episodio di Macerata ha in realtà unadinamica più articolata di quella segnalata nelladenuncia (gesti provocatori da ambo le parti, sas-saiola, intervento dei carabinieri che bloccano ipolacchi), Bonomi dà seguito alla segnalazione,rivolgendosi all’ammiraglio Stone, capo dellaCommissione alleata, affinché compia i passi neces-sari presso le autorità militari. Ma gli incidenti con-tinuano e Togliatti, nel gennaio del 1945, denunciaformalmente i fatti in una lettera a Bonomi, intro-ducendo un nuovo dato: “elementi fascisti si avvici-nano ai soldati polacchi e svolgono una pericolosaopera di provocazione contro gli appartenenti aipartiti democratici”. Un accostamento, quello trapolacchi e fascisti, che sarà ampiamente e strumen-talmente sfruttato dalla propaganda comunista.

Ulteriori scontri, nel corso del 1945, avvengono inprovincia di Macerata e di Ascoli Piceno, a Urbisaglia,

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Porto Civitanova, Montelupone, Potenza Picena,Cingoli, Porto Recanati e le federazioni comunistepuntualmente li registrano e li documentano. Parri, ilnuovo presidente del Consiglio, nell’agosto del 1945si rivolge all’ammiraglio Stone che, a sua volta, richia-ma i Comandi alleati alle loro responsabilità. A talproposito, è di particolare interesse la replica del gen.Anders (9 settembre 1945) che, nel citato saggio diPetracchi, è integralmente riportata (pp. 55-56). Talelettera, indirizzata a Stone, viene poi da questi inviataal presidente Parri.

Il gen. Anders ammette che, con truppe che rag-giungono ormai un organico di oltre 100 mila unità,si possano verificare incidenti e riconosce alcuni adde-biti. Ribadisce tuttavia che le relazioni con la popola-zione locale sono cordiali e, più in generale, che haemanato disposizioni atte a proibire interferenze congli affari interni italiani. Accusa infine l’organo comu-nista “L’Unità” di diffamare i soldati polacchi parago-nandoli ai fascisti e il Partito comunista di diffonderevolantini che invitano i soldati ad abbandonare le armie a ritornare in Polonia. Tale lettera provoca un peren-torio intervento di Stone presso Parri in cui si chiede,a nome del Comandante in capo alleato, di adottareprovvedimenti volti a porre fine alla campagna distampa contro i polacchi. Ma Parri, consapevole del-l’impotenza del suo Governo ad affrontare la questio-ne, non fa altro che rivolgersi a Togliatti (lettera del 30settembre 1945) invitandolo a intervenire presso ladirezione dell’“Unità”.

La campagna raggiunge toni sempre più accesi etrova un riscontro anche nel 5o Congresso del Pci(Roma, 29 dicembre 1945-6 gennaio 1946), quandol’assemblea approva l’invito ad espellere i polacchi

dall’Italia. In precedenza (8 settembre 1945),“Bandiera Rossa”, organo marchigiano del Pci, avevascritto, a proposito dei polacchi, che “il popolo è stan-co di sopportarli” e aveva dipinto il gen. Anders come“un reazionario, legato agli interessi antinazionali deilatifondisti polacchi” (8 dicembre 1945).

Ormai contro il II Corpo polacco è in atto un attac-co proveniente da vari fronti e che mira a un precisoobiettivo. Per la sinistra italiana la questione ha assun-to un rilievo del tutto politico: oltre a difendere leposizioni di Mosca sulla questione delle frontierepolacche, la campagna per il rimpatrio si propone dieliminare dallo scenario politico italiano quelle forzeche, in caso di sommosse o disordini, avrebbero potu-to appoggiare le destre e che erano sospettate di volermettere a rischio lo svolgimento della campagna elet-torale dei partiti di sinistra per le consultazioni del 2giugno 1946. Che ci siano state aggressioni - peraltroricambiate - contro militanti comunisti da parte disoldati del II Corpo e che alcuni polacchi abbianoavuto contatti con movimenti politici italiani estremi-sti corrisponde a realtà. Ma la violenta campagna distampa contro i polacchi, che unisce abilmente ele-menti di verità a false accuse e sfrutta tutte le implica-zioni internazionali connesse alla questione, va inqua-drata nel clima politico del periodo 1945-46. Oggiessa appare del tutto strumentale.

In particolare, alla luce delle considerazioni diPetracchi nel saggio citato e di un documento acqui-sito presso il “Polish Institute and SikorskiMuseum” di Londra, grazie alla segnalazione delprof. Krzysztof Strzałka e alla collaborazione deldott. Andrzej Suchcitz, andrebbe rivista quella che èstata l’accusa principale rivolta al gen. Anders e al II

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Corpo: preparare una guerra contro l’UnioneSovietica. Il coinvolgimento di reparti polacchi nellacrisi di Trieste, una circostanza finora mai emersasegnalata da Petracchi, consente infatti di formularealcune fondate ipotesi, confermate dal documentosopra ricordato, sulla reale strategia militare e politi-ca perseguita dal gen. Anders.

Sulla questione di Trieste si rinvia alla bibliografiasegnalata da Petracchi. Si ricorda qui, in sintesi, chedopo il primo maggio 1945 truppe iugoslave aveva-no occupato tutta l’Istria e raggiunto Trieste, minac-ciando una annessione sia nei confronti della cittàsia dell’intera Venezia Giulia. Con l’arrivo degliAlleati, Trieste e parte della Venezia Giulia eranostate assoggettate a un regime di duplice occupazio-ne, britannica e iugoslava.

Tra l’indifferenza dei Comandi alleati, gli iugosla-vi avevano proceduto a uccisioni, deportazioni eviolenze nei confronti della popolazione italiana esolo nel giugno del 1945 si erano ritirati sulla basedi una spartizione provvisoria dei territori lungo laLinea Morgan (dal nome di chi l’aveva negoziata:William Morgan all’epoca è capo di Stato Maggioredel maresciallo Alexander e, dall’ottobre del 1945,lo sostituirà nella carica di comandante in capo delleForze alleate nel Mediterraneo), con la quale Triesterestava sotto controllo di un Governo militare allea-to, mentre alla Iugoslavia veniva assegnata tuttal’Istria e buona parte della Venezia Giulia (si vedaLamb, pp. 336-343). Le difficili trattative, che ave-vano coinvolto i governi britannico, americano esovietico in una certa misura segnano l’inizio della“guerra fredda” e del confronto tra Occidente, inparticolare Stati Uniti, e Unione Sovietica.

La situazione aveva portato, fin dal giugno del 1945,allo spostamento verso il Nord-est anche di reparti delII Corpo polacco e, in particolare di due brigate della5a Divisione di Fanteria “Kresowa” (a Belluno, VittorioVeneto, Treviso), del 2o Reggimento Artiglieria con-trocarro (a Pordenone), della 14a Brigata corazzata“Grande Polonia” (tra Ravenna e Mestre). In novem-bre unità del II Corpo avevano raggiunto Udine,mentre nei pressi della città era stato schierato unoSquadrone di “Spitfires” pilotato da polacchi.

Ma, nel corso della seconda metà del 1945, le ten-sioni continuano tanto che nell’autunno pervengonoai Comandi alleati ricorrenti informazioni sui prepa-rativi di un colpo di mano degli iugoslavi per rien-trare in possesso di Trieste. Ed è in questo contestoche si intensificano i contatti tra il gen. Anders e ilgen. William Morgan, il nuovo comandante in capodelle Forze alleate nel Mediterraneo, e che lo statoMaggiore del II Corpo polacco elabora il documen-to intestato “A Study of the Possibilities of theDefence of Italy” (Studio delle possibilità di difesadell’Italia). Tale documento, in lingua inglese e clas-sificato “top secret”, è datato 17 gennaio 1946 ed èaccompagnato da una lettera del gen. Anders (datata“Feb 46”) indirizzata al gen. Morgan. La lettera fariferimento a un precedente colloquio tra i due gene-rali, avvenuto a Caserta il 26 gennaio 1946.

La premessa al documento (“Lo scopo delle ForzeArmate consiste nella loro costante prontezza arespingere ogni possibile minaccia, anche la piùimprobabile”) farebbe supporre che lo “Studio” siauna generica bozza di piano preparata - come è com-pito di ogni Stato Maggiore - per eventuali futurecontingenze del tutto teoriche. La realtà sembra inve-

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ce del tutto diversa. Già nell’introduzione si accennaa una situazione politica generale che “non esclude lapossibilità di un’altra guerra” e, nell’analisi dellasituazione si individua subito il “nemico”: l’UnioneSovietica e i suoi Paesi “satelliti”, Iugoslavia, Albania,Bulgaria, Romania, Ungheria. Va poi precisato che ildocumento si occupa della difesa del “fronte sud”(Alpi e Italia). Ciò farebbe supporre l’esistenza di unulteriore piano riguardante il “fronte nord” e dunqueil coinvolgimento (da verificare) degli alti Comandialleati in Europa in un più ampio piano di difesacontro un attacco sovietico.

In sintesi, il documento polacco sostiene che l’at-tacco più probabile dovrebbe avvenire nel Nord-estdell’Italia, nella zona di Udine-Padova, e potrebbeessere condotto con forze corazzate e motorizzateopportunamente protette. Una volta raggiunta lazona Vicenza-Padova il nemico potrebbe dilagare inItalia o procedere verso il confine francese.Presupposto fondamentale dell’azione nemica diven-tano l’attraversamento del fiume Po e l’occupazionedelle vie d’uscita settentrionali degli Appennini. Ilsuccesso sovietico provocherebbe in Italia, da parte dicivili, un movimento di massa in loro favore.

Molto dettagliate risultano le informazioni sulletruppe sovietiche: alle concentrazioni di mezzicorazzati, di fanteria e di artiglieria in Ungheria,Iugoslavia, Bulgaria e Romania vanno aggiunte letruppe dei Paesi “satelliti”. Si specifica inoltre che letruppe sovietiche dispongono di una notevole capa-cità di compiere rapide operazioni di sfondamento eattacchi di sorpresa, mettendo al tempo stesso inatto tattiche diversive. Si nota poi che, dopo la finedella guerra, le autorità sovietiche non hanno sciol-

to i loro comandi di livello più elevato.Per quanto riguarda le forze alleate, le uniche

truppe disponibili sono costituite dal XIII Corpobritannico e dal II Corpo polacco, mentre altre forzebritanniche, americane e francesi sono disperse inun’area molto vasta, trovandosi così esposte ad attac-chi nemici. La conclusione è che le forze alleate nonsono in grado di mantenere, in caso di attacco, leloro posizioni. Dopo una analisi approfondita dellevarie opzioni, si giunge alla conclusione che lungo lelinee dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Piave, Brentapotranno essere attuate solo azioni ritardatrici.L’unica possibilità realistica risiede nella difesa dellalinea del fiume Po ma, anche in questo caso, si trat-terà di una azione più protratta ma sempre tempo-ranea, da esercitarsi in attesa della mobilitazionedelle forze italiane.

La resistenza effettiva, secondo il documento, deveessere organizzata sulla linea degli Appennini che vapresidiata a partire da Comacchio in modo da copriretutto il settore dalla costa, a est, fino al Piemonte e allaLiguria. La soluzione sembra dunque essere una sortadi Linea Gotica alla rovescia, da cui sarà possibile, oltreche difendersi in modo appropriato, condurre ancheazioni offensive. Ma, soprattutto, tale linea fortificataimpedirà al nemico di usare le linee di comunicazionelungo la costa adriatica, difenderà i passi appenninici epermetterà di utilizzare l’area di Bologna come centrovitale dal punto di vista logistico e tattico.

Il II Corpo verrà soprattutto impiegato nella dife-sa del settore pianeggiante e andrebbe dunque con-centrato nella zona di Rimini-Ravenna-Faenza. Ma,in ogni caso, le forze alleate non potranno essere ingrado di mantenere la linea degli Appennini per più

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di 10 giorni: di qui la necessità - esorta il documen-to nella parte finale - di provvedere subito alla ela-borazione di un piano operativo adeguato che esa-mini le varie opzioni, definisca le aree di difesa e chetenga conto della capacità di mobilitazionedell’Esercito italiano.

Lo “Studio” viene elaborato nei mesi in cui le ten-sioni per la questione di Trieste salgono di continuo,ma anche nel periodo in cui l’Unione Sovietica pro-cede con decisione al consolidamento del propriocontrollo in Bulgaria, Romania e Ungheria. Studirecenti (Aga-Rossi e Zaslavsky, vedi bibliografia)hanno messo in evidenza che, all’epoca, l’UnioneSovietica sostiene il principio delle sfere di influen-za. E tale situazione permarrà fino al 1947, quandocon la formazione del Cominform verrà incoraggia-ta un’offensiva politica decisa contro il blocco occi-dentale. Per l’Italia, in particolare, Stalin segue almomento la linea del diritto delle potenze di impor-re il proprio sistema politico sul territorio che occu-pano, al fine di poter avere mano libera nei Paesidella sfera sovietica.

Il gen. Anders valuta questo atteggiamento di carat-tere strumentale e dà corpo alla diffusa idea che laguerra non sia terminata e che l’Unione Sovieticaabbia intenzione di dare inizio a un nuovo conflitto.La strategia politico-militare del gen. Anders postuladunque una guerra difensiva per contrastare un even-tuale attacco all’Europa sferrato dall’UnioneSovietica. Egli ritiene, anzi, che l’attacco possa avve-nire entro il 1946 provocando una guerra tra lepotenze occidentali e l’Unione Sovietica. In questocontesto il II Corpo avrebbe potuto svolgere un ruolodecisivo - e qui si rivela l’obiettivo finale di Anders -

capace anche di ridare l’indipendenza alla Polonia,oltre che di contribuire a salvare l’Europa. Nella visio-ne di Anders sembrano rivivere sia l’antica concezio-ne della Polonia “antemurale” dell’Occidente sia gliechi della battaglia di Vienna contro i turchi (1683) edi quel “miracolo della Vistola” che nell’agosto del1920 aveva fermato i russi.

La posizione di Anders, che lo “Studio” lasciaintuire, è confermata da numerosi documenti, citatida Petracchi, conservati nei “National Archives”(Public Record Office) di Londra. Ulteriori proveprovengono dalle continue esercitazioni eseguite neldopoguerra e dalla stessa dislocazione dei reparti delII Corpo. Mentre i reparti avanzati sono, per cosìdire, in prima linea nel Nord-est, ad Ancona c’è ilComando del II Corpo e nelle Marche, considerataarea alle spalle della zona di azione, sono presenti ireggimenti corazzati della Divisione “Varsavia”,reparti di fanteria, di cavalleria, di artiglieria, oltreche strutture logistiche, depositi, officine, ospedali.Altre strutture importanti e l’ospedale principalesono collocati in Puglia. Inoltre, il potenziamentodel II Corpo, avviato nel settembre del 1944 permotivi legati all’impiego dell’unità nella Campagnad’Italia, prosegue con vigore anche dopo la fine dellaguerra. E quando i britannici, nel settembre del1945, impongono il limite di 85 mila effettivi, ilgen. Anders non tiene conto dell’ordine portando ilII Corpo a 120 mila uomini (novembre 1945) equindi (gennaio 1946) a 110 mila (Sarner, pp. 234-235).

Che qualche ufficiale polacco abbia sostenuto che,una volta sconfitti i tedeschi fosse stato necessariocombattere i russi, corrisponde a verità (Seton-Watson,

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pp. 229-230). Ma si tratta di un atteggiamento detta-to più dai sentimenti che dalla ragione. I soldatipolacchi dipendono, dal punto di vista logistico, daibritannici e dal luglio del 1945 sono alle dipendenzegerarchiche dell’8a Armata: una loro eventuale marciaverso est si sarebbe interrotta dopo qualche chilome-tro. È inoltre singolare che nessuno si sia chiesto comele due divisioni del II Corpo, anche se rinforzate,avrebbero potuto affrontare le forze sovietiche, for-mate da oltre 11 milioni di soldati. Come si è visto,lo stesso Anders - che pure usava in proposito espres-sioni molto decise - aveva escluso una guerra preven-tiva. Una ipotesi ragionevole è che il vero amplifica-tore della “guerra di Anders” sia stato il Nkvd sovieti-co, con una classica operazione di disinformazione.Nei suoi rapporti si parla infatti di un “pericolosocomplotto che avrebbe portato un esercito polaccoforte di un milione di polacchi in esilio, guidati dalgen. Anders, ad attraversare la Germania per opporsial dominio sovietico” (Davies, p. 557). Il tutto perscreditare Anders, alimentare la tensione internazio-nale, procedere in Polonia ad arresti indiscriminati.

La conclusione è che Anders ha un profilo umanoe morale molto più articolato di quel generale “guer-rafondaio”, “comandante della Guardia Bianca”,capo di “una armata di fascisti, di anticomunisti irri-ducibili” descritto da alcuni storici e intellettuali ita-liani, i quali “dimenticavano” nei loro scarsi studi sulII Corpo di citare il Patto di non aggressione traGermania nazista e Unione Sovietica, la prigioniadei polacchi nei campi di lavoro forzato sovietici, lacollaborazione tra Nkvd e nazisti contro la resisten-za polacca, la consegna di materie prime ai nazisti daparte dell’Unione Sovietica nel periodo 1939-1941.

Il gen. Anders è stato un soldato eccellente, con uncarattere forte e determinato, un ottimo conoscitoredella lingua russa e della realtà sovietica, un buonoratore. All’interno del II Corpo ha sempre svoltoun ruolo di mediazione tra le varie componentiideologiche, tra coloro che si rifacevano a Piłsudskie chi era contrario, tra i seguaci e gli oppositori diSikorski, intervenendo sempre con decisione controqualsiasi posizione estrema.

Anders, che dal febbraio al maggio del 1945 èstato comandante in capo delle Forze Armate polac-che dipendenti dal Governo in esilio, ha dovutoricoprire un ruolo al tempo stesso militare e politi-co, anche se il suo linguaggio diretto mal si conci-liava con le esigenze della politica. Il suo è stato uncompito di estrema difficoltà in quanto le vicendedel II Corpo sono state sempre collegate con com-plessi avvenimenti internazionali. È tuttavia un suogrande successo politico quello di essere riuscito nel1942 ad evacuare dall’Unione Sovietica, in contra-sto anche con il gen. Sikorski, un così grande nume-ro di connazionali, sia militari sia civili, donne ebambini. Basti ricordare, in proposito, che gli ultimisoldati e civili polacchi sopravvissuti al gulag sovie-tico sono stati rimpatriati solo nel 1959.

Quando il gen. Leese, comandante dell’8a Armatabritannica, gli propone di impiegare il II Corpo neldifficile compito della conquista delle alture diMontecassino e di Piedimonte, il gen. Anders com-prende subito che si tratta di un incarico difficile eche avrebbe comportato un costo altissimo in viteumane. Ma egli accetta perché si rende conto del-l’importanza per gli Alleati della presa diMontecassino (apertura della strada per Roma) e,

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soprattutto, degli effetti che la battaglia avrebbeavuto per la causa della Polonia. Churchill, nel feb-braio del 1944, aveva dichiarato alla Camera deiComuni che le rivendicazioni sovietiche sullaPolonia orientale non andavano “oltre il limite diquel che è ragionevole e giusto” e aveva annunciatocompensi alla Polonia a spese della Germania.

Anders ritiene però che sia ancora possibile contra-stare le pressioni britanniche combattendo con impe-gno contro i tedeschi. E, in effetti, a Montecassinoemerge in pieno il valore dei soldati del II Corpo e laloro condizione di Esercito che lotta anche per lalibertà della Polonia. Ma quella di Anders è una deci-sione dolorosa (la battaglia di Montecassino provoca924 morti e 2930 feriti), che però non incrina il suorapporto di fiducia e di stima con i soldati.

L’interesse primario di Anders è dunque la Polonia ela stessa battaglia di Ancona viene, ancora una volta,combattuta anche per il proprio Paese. Dopo la finedella guerra la questione, per il gen. Anders, assumeun aspetto morale, oltre che di carattere politico e stra-tegico. Il II Corpo ha combattuto in nome del con-cetto occidentale di ordine internazionale, basato sullalibertà e l’autodeterminazione dei popoli ed egli ritie-ne che il compito della formazione si possa ritenereconcluso solo quando tali condizioni verranno instau-rate in Polonia. E per Anders l’opportunità per ridarel’indipendenza alla Polonia si presenterà se e quandol’Unione Sovietica invaderà l’Europa.

Le posizioni di Anders muteranno con l’evolversidelle vicende internazionali e del II Corpo ma il gene-rale, sia per gli aiuti che fornisce ai movimenti anti-comunisti in Polonia sia per la sua attività in GranBretagna, diventerà negli anni della guerra fredda, per

la macchina propagandistica comunista, il simbolodel “nemico”. Il suo libro “Un’Armata in esilio” (tito-lo originale: “Bez ostatniego rozdziału” - Senza l’ulti-mo capitolo) verrà tradotto in numerose lingue e pro-vocherà forti polemiche in quanto denuncia il sistemaconcentrazionario sovietico e accusa i leader occiden-tali di aver tradito la Polonia. Gli attacchi controAnders assumono toni violenti e, ancora nel 1959, inPolonia verrà pubblicato un libro in cui le accuse con-tro il generale sono tante e talmente assurde da sfio-rare il ridicolo. Il fatto che l’autore avesse ricoperto ilruolo di aiutante di campo di Anders e fosse statoimprigionato in Medio Oriente come presunto infor-matore del Nkvd è tuttavia una ulteriore prova che iservizi segreti sovietici avevano infiltrato nel II Corpoalcuni uomini che possono aver agito, in determinaticontesti, anche come provocatori (Sarner, pp. 124-127; pp. 281-283).

Non sono però mancati, in Polonia, studi accura-ti sul II Corpo, frutto anch’essi però di una sorta dicompromesso - se non talora di una vera e propriacollaborazione - tra storico e regime comunista. In“I polacchi nella Campagna italiana” di Terlecki(stampato a Varsavia, nel 1977, in lingua italiana;vedi bibliografia), ad esempio, l’autore evita qualsia-si riferimento all’invasione sovietica della Polonia edefinisce “polacchi trovatisi in territorio sovietico”,senza ulteriori approfondimenti, i polacchi rinchiu-si nelle prigioni e nei campi di lavoro forzato sovie-tici nel periodo 1939-41. Manca ovviamente qual-siasi riferimento alla questione polacca e ai progettidel gen. Anders, il cui nome, in un libro di 140pagine, è citato solo pochissime volte.

L’impegno senza compromessi alla causa dell’indi-

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pendenza polacca durerà per Anders fino alla morte,quando diviene una figura emblematica e quasi miti-ca da celebrare. E dopo il 1989, con il ripristino diquella sovranità polacca a cui Anders aveva dedicatotutta la vita, i suoi meriti saranno pienamente rico-nosciuti. Sono stati pubblicati i suoi libri, che duran-te il regime comunista circolavano in forma clande-stina; gli sono stati dedicati francobolli e monete;una grande via di Varsavia porta il suo nome. Direcente in questa via è stato collocato il monumentodedicato ai combattenti e alle vittime scomparse inUnione Sovietica: un carro ferroviario pieno di croci.

L’esilio. La smobilitazione del II Corpo polaccoviene decisa dal nuovo Governo laburista britannico(Primo ministro: Clement Attlee; ministro degliEsteri: Ernest Bevin) proprio nel momento in cuinumerosi reparti sono impegnati in Venezia Giuliaper la crisi di Trieste. Il II Corpo, da un punto divista militare, costituisce il cardine del dispositivobritannico in Italia. Ma per il Foreign Office, ilMinistero degli Esteri britannico, a mano a mano lapresenza dei polacchi in Italia, nel dopoguerra, vienea costituire una fonte di contrasti con il Governopolacco di unità nazionale, e con la stessa UnioneSovietica, con cui invece Bevin, anche sotto la spin-ta della sinistra del suo partito, intende all’epocamantenere rapporti di amicizia.

Anche l’Italia aveva riconosciuto il nuovo Governopolacco ed erano riprese le relazioni diplomatiche conla Polonia: Eugenio Reale era stato inviato comeambasciatore a Varsavia ed a Roma erano venutiprima E. Markowski e poi S. Kot, già ambasciatore inUnione Sovietica e con cui il gen. Anders si era dura-

mente scontrato al momento dell’esodo dei polacchi,nel 1942, accusandolo di non aver fatto del propriomeglio per salvare i suoi connazionali. L’ambasciatapolacca si rivela molto abile nell’elaborare materialecontro Anders e nel raccogliere informazioni sugliincidenti tra polacchi e italiani e su interferenze diufficiali polacchi nella vita politica italiana. Vengonopoi preparati dei dossier da fornire ai Comandi allea-ti in Italia e alla stampa internazionale. La stampainglese, in particolare, provvede a diffondere e adamplificare tali informazioni. Il gen. Anders, il veroobiettivo della campagna diffamatoria, è accusato diimpedire il rimpatrio dei soldati del II Corpo cheintendono rientrare in Polonia, di armare i movimen-ti clandestini anticomunisti in Polonia, di alimentarele tensioni internazionali fomentando una guerracontro l’Unione Sovietica.

Secondo l’ambasciatore britannico a Roma, sirNoel Charles, Kot (che poi si rifugerà in Occidente,accusando i nuovi governanti della Polonia con unlinguaggio simile a quello di Anders) è “instancabi-le nel sostenere la campagna contro Anders... e stil-la veleno” contro il II Corpo (Sarner, p. 240).

Il Governo polacco invia continue proteste aLondra chiedendo la chiusura dei giornali e la cessa-zione delle pubblicazioni del II Corpo. Quando l’11dicembre 1945 il gen. Anders decora ad Ancona dueufficiali britannici e uno americano (Rankin,Steward, Tappin; si vedano le foto nel fondo “gen.Anders” di Regione Marche e Polish Institute andSikorski Museum) in nome del presidente (con sedea Londra) della Repubblica polacca, W. Raczkiewicz,il fatto viene duramente stigmatizzato dal Governocomunista di Varsavia.

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Di fronte a tale situazione, che potrebbe sfociarein una crisi internazionale, il Foreign Office compieuna sorta di istruttoria sul II Corpo e sul gen.Anders procedendo ad un confronto tra gli interessibritannici e le posizioni polacche. Il contrasto, inparticolare, è netto sull’intenzione britannica, incontinuità con la linea di Churchill, di puntare sul-l’entrata nel Governo polacco di alcuni rappresen-tanti del Governo in esilio di Londra. E la conclu-sione a cui arrivano le autorità britanniche è chel’apporto militare del II Corpo in Italia non com-pensa le conseguenze negative che possono riversar-si sulla politica estera della Gran Bretagna. Il IICorpo deve quindi essere ritirato dall’Italia.

Ad affrettare la decisione contribuiscono le implica-zioni internazionali sollevate dal documento elabora-to dalla Iugoslavia che, nel febbraio del 1946, il rap-presentante sovietico trasmette al Segretario generalee al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Nel documentosi sostiene che il II Corpo è schierato sulla frontieradella Iugoslavia e che, per i suoi rapporti con i “colla-borazionisti iugoslavi rifugiatisi in Italia” - reclutaticon lo “slogan combatti il comunismo in Iugoslavia”- rappresenta un grave pericolo per la pace.

E così, il 15 marzo 1946, avviene a Londra undrammatico incontro tra il Primo ministro Attlee, ilministro degli Esteri Bevin e il gen. Anders. Il gen.Anders viene messo di fronte al fatto compiuto: il IICorpo “politicamente sta diventando un imbarazzo”(Anders, p. 365) per il Governo britannico e deveessere smobilitato e trasferito dall’Italia in GranBretagna. Ancora una volta la Gran Bretagna, nellaquestione polacca, sceglie la “Realpolitik”. IlGoverno britannico garantirà l’avvenire di coloro

che non vogliono rientrare in Polonia, pur invitan-do i soldati a rimpatriare nel maggior numero pos-sibile. Nel maggio successivo viene deciso di trasfor-mare le Forze Armate polacche all’estero in unCorpo di Avviamento (Polish Resettlement Corps)che, per un periodo massimo di due anni, preparerài soldati alla vita civile mediante corsi professionali el’insegnamento della lingua inglese.

Paradossalmente, la crisi di Trieste, che aveva fattoforse intravedere ad Anders qualche possibilità che siverificassero le sue previsioni, pone fine all’esistenzadel II Corpo. L’odissea dei soldati polacchi, comin-ciata in Polonia e proseguita in Unione Sovietica e inMedio Oriente, si conclude in Venezia Giulia. E,altro paradosso, che tuttavia testimonia la divaricazio-ne tra autorità militari e politiche britanniche, termi-na quando gli Stati maggiori alleati avevano elabora-to un piano che, in accordo con lo “Studio” polaccocitato, disponeva di rifornire i soldati polacchi schie-rati sul confine giuliano per permettere loro, in casodi attacco da est, di resistere per tre settimane in atte-sa dell’arrivo di rinforzi (Petracchi, pp. 66-67).

Nell’Ordine del giorno del 29 maggio 1946, il gen.Anders, con la consueta franchezza, scrive che i sol-dati polacchi lasceranno l’Italia, ma batteranno sem-pre la “strada ignota verso la Polonia, quella Poloniaper la quale abbiamo combattuto... che nessun cuorepolacco può immaginare senza Vilno e Leopoli”.Espressioni che suscitano la reazione del ministrodegli Esteri britannico Bevin, il quale auspica che talisentimenti non vengano ripetuti da Anders indichiarazioni ufficiali, in quanto le frontiere dellaPolonia sono ormai fissate internazionalmente.

Le autorità britanniche non invitano le forze polac-

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che all’estero a partecipare alla grande Parata dellaVittoria, che si svolge a Londra l’8 giugno 1946. Ilgen. Anders risponde celebrando ad Ancona, il 15giugno, la “Giornata del soldato” del II Corpo e fatrasmettere dagli altoparlanti il “voto”: “Le forzepolacche indipendenti devono essere smobilitate,(ma)... come soldati della sovrana RepubblicaPolacca... continueremo la nostra lotta per la libertàdella Polonia”. Il 26 settembre il Governo polaccopriva Anders e altri 75 generali e ufficiali superioridella cittadinanza polacca. Il 31 ottobre 1946 il gen.Anders lascia l’Italia, dopo le visite di congedo al capoprovvisorio dello Stato Enrico De Nicola, al presi-dente del Consiglio Alcide De Gasperi, al papa PioXII, e al Quartier Generale alleato di Caserta.

Il trasferimento dei soldati del II Corpo dall’Italiaalla Gran Bretagna avviene dal giugno all’ottobre del1946 e continua, con gli ultimi piccoli contingenti,fino al febbraio del 1947. Nel corso della complessaoperazione non mancano problemi, in quanto icomponenti della 5a Divisione “Kresowa”, formatada ex deportati in Unione Sovietica e da polacchiprovenienti dai territori orientali incorporatinell’Unione Sovietica, rifiutano il trasferimento inInghilterra e si dicono pronti ad andare in Poloniaper combattere i sovietici. Ma la rivolta rientra gra-zie anche all’intervento del gen. Anders. Altri pro-blemi riguardano i soldati polacchi che avevano spo-sato ragazze italiane in quanto le autorità britanni-che impediscono il loro ingresso in Gran Bretagna.I 1400 soldati polacchi interessati sono costretti arimanere in Italia, in particolare nelle Marche, inPuglia e in Emilia Romagna, e a trovarsi un lavoronella difficile situazione di quegli anni. Alcuni di essi

emigreranno, soprattutto in Argentina. Altri polac-chi rimangono nelle città dove avevano studiato:Roma, Torino, Milano, Bologna.

Dei soldati trasferitisi in Gran Bretagna, moltirimangono nel Paese, altri emigrano negli StatiUniti, in Canada, Argentina, Australia. Tutti i sol-dati polacchi che si avviano all’esilio sono consape-voli di aver combattuto con grande determinazione,riconosciuta da tutti i comandanti alleati, per unarivincita nei confronti dell’invasione tedesca del1939, per i loro familiari rimasti in Polonia, per lasopravvivenza nazionale contro le mire sovietiche,ma anche per l’Italia. Il loro motto era stato “per lanostra e vostra libertà” e il loro riferimento ideale ilgenerale Jan Henryk Dąbrowski, che si era battuto afianco di Napoleone con una legione polacca con lasperanza di portare la libertà nel suo Paese marcian-do, appunto, “dalla terra italiana alla Polonia”, unafrase che risuona nell’inno nazionale polacco.

Ma, come 150 anni prima, il sogno non si realiz-za perché il loro Paese accanto alle violenze com-messe dai vinti deve sopportare le ingiustizie dei vin-citori. La Polonia, infatti, dopo essere stata vittimadella duplice aggressione nazista e sovietica del 1939e avere subito nel corso della guerra 6 milioni dimorti su una popolazione di 36 milioni di abitanti,diventa nel dopoguerra vittima dei nuovi equilibrieuropei. Che sono il risultato dei protocolli segretitra sovietici e tedeschi e degli accordi di Jalta trasovietici e potenze occidentali.

Nelle sue memorie (Un’Armata in esilio) il gen.Anders scrive che per la Polonia la guerra non è cessa-ta con la vittoria, come per altre nazioni alleate e cheai polacchi non resta che attendere che si compia “l’ul-

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timo capitolo di questo grande sconvolgimento stori-co”. “L’ultimo capitolo” verrà scritto dai polacchi nel1989, l’anno in cui nasce il primo governo a maggio-ranza non comunista dalla Seconda guerra mondiale.Si è trattato di una transizione pacifica che ha peròcomportato decenni di lotta, dalla rivolta operaia diPoznan del 1956, agli scontri altrettanto sanguinosi diDanzica, alla proclamazione della legge marziale, allamessa fuori legge di Solidarnosc, all’assassinio di padre

J. Popiełuszko da parte dei servizi di sicurezza.Un periodo che ha avuto momenti esaltanti come

la prima visita in Polonia, nel 1979, di GiovanniPaolo II. La lotta è terminata con la vittoria grazieanche al contributo che il gen. Anders e i soldati delII Corpo hanno dato con le loro battaglie in Italia,con i loro caduti, con la testimonianza di libertà offer-ta dal loro esilio, con il loro impegno senza compro-messi alla causa dell’indipendenza della Polonia.

1893-19821892-1970

1896-1980 1893-1954 1895-1950 1892-1975

Da sinistra a destra e dall’alto in basso: tenente generaleWładysław Anders, comandante del II Corpo polacco;generale Zygmunt Bohusz-Szyszko, vicecomandante del IICorpo; maggior generale Bronisław Duch, comandantedella 3ª Divisione “Fucilieri dei Carpazi”; maggior generaleNikodem Sulik, comandante della 5ª Divisione “Kresowa”;maggior generale Bronisław Rakowski, comandante della2ª Brigata corazzata; maggior generale RomanOdzierzynski, comandante dell’artiglieria del II Corpo.

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Nota

Costituzione organica del II Corpo polacco e materiali in dotazione

Il II Corpo d’Armata polacco è una unità operativaautonoma, costituita sul modello di un corpo di spedi-zione britannico. La sua articolazione è tuttavia moltopiù complessa comprendendo truppe di Corpod’Armata, divisioni di fanteria, un raggruppamento diartiglieria, una brigata corazzata e una vasta struttura diservizi che lo rende indipendente, oltre che dal punto divista operativo, anche da quello amministrativo. Le trup-pe di Corpo d’Armata, l’artiglieria, le formazioni coraz-zate hanno il compito generale di rinforzare e appoggia-re l’azione delle divisioni di fanteria.

La fanteria, tradizionalmente definita il “nerbo deglieserciti”, anche nel II Corpo ha il compito di svolgere leazioni di fuoco e di urto: comprende due divisioni auto-trasportate, ognuna delle quali è su due brigate, mentreogni brigata è su tre battaglioni. Il battaglione è compo-sto di 4 compagnie fucilieri e di una compagnia coman-do, alla quale spettano - oltre ai compiti amministrativi -i ruoli di supporto eseguiti per mezzo di plotoni e sezio-ni mortai, controcarro, controaerei, esploranti, trasmis-sioni, genieri. Le altre formazioni divisionali compren-dono 3 reggimenti di artiglieria da campagna, un reggi-mento di artiglieria controcarro, un reggimento di arti-glieria controaerei leggera, un reggimento esplorante, unbattaglione Genio, un battaglione Trasmissioni, un bat-taglione mortai-mitragliatrici, servizi.

In totale, la fanteria del II Corpo è composta di 12 bat-taglioni, a cui vanno aggiunti i due battaglioni dotati dimortai e mitragliatrici. I fanti hanno in dotazione: i fuci-li Lee-Enfield N. 1 Mark III e N. 4 Mark I, a ripetizioneordinaria, cal. 0,303 pollici; il moschetto automaticoThompson mod. 1928, cal. 0,45 pollici; il fucile mitra-gliatore Bren, cal. 0,303 pollici (alcuni su cingolato leg-gero, carrier, di 3,5 tonnellate - chiamato in questo casoBren Carrier - un mezzo molto versatile che serve ancheper il trasporto dei fanti e di armi di reparto); la mitra-gliatrice Vickers, cal. 0,303 pollici; il lanciabombe con-trocarro PIAT; i mortai da 2 e da 3 pollici; il cannonecontrocarro da 6 libbre (dal peso del proietto).

Fanno parte del II Corpo anche i “commando”, fantiparticolarmente addestrati per operazioni combinate ter-restri-marittime o per missioni speciali. Inizialmenteparte del Commando N. 10 interalleato, una compagniapolacca di commando combatte con i britannici sui fiumiSangro e Garigliano e nell’aprile del 1944 passa al IICorpo, combattendo a Montecassino e ad Ancona, con ilnome di 1a Compagnia autonoma Commando, impiega-ta come fanteria d’élite. I commando polacchi addestra-no la 2a Compagnia Commando o 111a CompagniaProtezione Ponti, formata da volontari italiani inquadra-ti da ufficiali e sottufficiali polacchi, che sarà uno deiprimi reparti ad entrare in Ancona il 18 luglio 1944. La

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1a e la 2a Compagnia formano il RaggruppamentoCommando.

Nel suo complesso, l’artiglieria - compreso il reggimen-to osservatori - è composta di 18 reggimenti con in dota-zione circa 600 pezzi. Ogni azione della fanteria del IICorpo può dunque contare sul potente appoggio delfuoco dell’artiglieria, che mostra una notevole versatilitàdi calibri e di specializzazioni, una buona organizzazionedi comando e un buon servizio trasmissioni.

L’artiglieria di Corpo d’Armata è formata da due reggi-menti di artiglieria media (“pesante” nella terminologiapolacca). Ogni reggimento è composto di due gruppi(“dywizjon” nella terminologia polacca), ognuno deiquali è formato da due batterie. Il singolo reggimento diartiglieria media ha in dotazione 16 pezzi da 5,5 pollici e16 pezzi da 4,5 pollici. Nel Corpo sono inoltre presentidue reggimenti di artiglieria campale (per tradizione, unodi essi è designato come artiglieria a cavallo), dotati ognu-no di 24 cannoni da 25 libbre a tiro rapido, uno dei pezzipiù usati nel corso della Seconda guerra mondiale. I 4reggimenti citati fino ad ora costituiscono la basedell’AGPA (Army Group Polish Artillery) che è una for-mazione, appunto, a livello di Corpo d’Armata, sottocomando unico, da impiegare quando sono necessari icalibri superiori ai pezzi divisionali. L’artiglieria di Corpoè inoltre costituita da: un reggimento di artiglieria con-troaerei leggera, dotato di 54 pezzi Bofors da 40 mm; unreggimento di artiglieria controaerei pesante, dotato di 24cannoni; un reggimento dotato di 24 semoventi M 10controcarro (ricavato sullo scafo del carro armatoSherman, con torretta a cielo aperto, pesa circa 30 ton-nellate ed è dotato di un cannone da 76,2 mm e di unamitragliatrice da 12,7 mm; gli inglesi sostituiranno i can-noni originari con i 17 libbre, ribattezzando il mezzoAchilles); un reggimento di osservatori di artiglieria.

L’artiglieria divisionale, cui si è accennato più sopra inriferimento alla singola divisione, è in complesso costitui-

ta da: 6 reggimenti (3 per divisione) di artiglieria campa-le, dotati ognuno di 24 cannoni da 25 libbre; due reggi-menti di artiglieria controcarro, dotati ognuno di 16 can-noni da 17 libbre e di 32 cannoni da 6 libbre; due reggi-menti di artiglieria controaerei leggera, dotati ognuno di54 cannoni Bofors da 40 mm.

La brigata corazzata ha il compito di sostenere le unitàdi fanteria e agisce come unità corazzata di fanteria. Soloin qualche caso essa opera indipendentemente come bri-gata corazzata e talora come artiglieria d’assalto. Le forzecorazzate sono raggruppate in 3 reggimenti, ognuno deiquali è dotato di 52 carri armati medi Sherman, 11 carrileggeri Stuart e 12 autoblindo. Ogni reggimento è su unosquadrone comando, di cui fanno parte 4 Sherman, gli11 Stuart e veicoli da esplorazione, e su 3 squadroni diprima linea, ognuno dei quali è composto di un plotonecomando con 4 Sherman e di 4 plotoni con 3 Shermanciascuno. In totale, quindi, in ogni squadrone di primalinea ci sono 16 Sherman. Abitualmente, è il plotonecarri (“troop” nella terminologia britannica) che affiancale unità fucilieri.

Per quanto riguarda le caratteristiche dei due carri, ilcarro leggero statunitense M3 (denominato Stuart inGran Bretagna) nasce per l’appoggio alla fanteria, ma nelcorso della guerra viene soprattutto impiegato con com-piti esploranti. Ha un equipaggio di 4 uomini e pesa circa13 tonnellate. L’armamento base è costituito da un can-none da 37 mm, con una mitragliatrice coassiale da 7,62mm e altre 4 mitragliatrici da 7,62 mm. Il carro mediostatunitense M4 (denominato Sherman in GranBretagna) ha un equipaggio di 5 uomini e pesa circa 32tonnellate, ma presenta numerose varianti. Il II Corpo hain dotazione il tipo M4A2, dotato di un gruppo propul-sore costituito da due motori diesel, e armato con un can-none da 75 mm, mitragliatrice coassiale da 7,62 mm ealtre due mitragliatrici, di cui una da 12,7 mm per la dife-sa controaerei. Troppo alto e insufficiente nella corazza-

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tura e nella potenza di fuoco, è tuttavia disponibile in unaltissimo numero di esemplari (circa 40 mila carri pro-dotti) , tanto che uno Sherman distrutto viene rapida-mente rimpiazzato. In azione spesso è protetto dai carri-sti con spezzoni di cingolo o sacchetti di sabbia. In segui-to, si provvede a potenziare la corazzatura e a utilizzare uncannone da 76 mm.

Le unità esploranti (cavalleria), che hanno il compito diraccogliere informazioni e di saggiare la consistenza quan-titativa e qualitativa del nemico, sono presenti con unreggimento sia nelle truppe di Corpo d’Armata sia inogni divisione di fanteria. Il reggimento esplorante diCorpo d’Armata (Lancieri dei Carpazi) dispone di unapotenza di fuoco superiore rispetto a quella dei reggi-menti divisionali.

I Lancieri dei Carpazi sono infatti formati da uno squa-drone comando, dotato di 6 autoblindo, di cui fanno parteun plotone controaerei, un plotone trasmissioni, una batte-ria controcarro dotata di pezzi da 17 libbre, e da 3 squadro-ni di prima linea, ognuno dei quali è costituito da un plo-tone comando, dotato di 5 autoblindo, da 5 plotoni con 4autoblindo ciascuno e da un plotone d’assalto con 5 blin-dati. In totale, il reggimento dispone di 58 autoblindopesanti Staghound, 23 veicoli da esplorazione, 26 veicoliper il trasporto del plotone d’assalto e dei cannoni.

Ognuno dei due reggimenti esploranti divisionali è cosìsuddiviso: squadrone comando, dotato di 3 autoblindo,di cui fanno parte un plotone mortai da 3 pollici, un plo-tone controcarro con pezzi da 6 libbre, un plotone moto-ciclisti, un plotone trasmissioni e 3 squadroni di primalinea. Ogni squadrone si compone di plotone comando,dotato di 2 autoblindo, di 3 plotoni, dotati di autoblin-do pesanti, veicoli da esplorazione, carrier, e di un ploto-ne d’assalto. Ogni reggimento esplorante divisionale èdotato di 28 autoblindo pesanti Staghound, 24 veicoli daesplorazione, 60 carrier, 55 motociclette.

Ai genieri spetta il compito di costruire opere difensive,

di stendere campi minati, di bonificare dalle mine, dicostruire ponti, strade, ferrovie, aeroporti, di compieredemolizioni. Nel II Corpo sono presenti con 3 battaglioni,uno nelle truppe di Corpo d’Armata e uno in ogni divisio-ne di fanteria. Anche le trasmissioni sono rappresentate da3 battaglioni, uno nelle truppe di Corpo d’Armata e uno inogni divisione di fanteria. La Polizia Militare, cui spettanocompiti di sicurezza e di controllo del traffico, è presentecon 3 compagnie, distribuite nel Corpo e nelle divisioni.

Efficienti, flessibili e notevoli per numero e addettisono i servizi. Quello più consistente è il ServizioRifornimenti e Trasporti, che ha il compito di trasporta-re munizioni, viveri, materiali dai depositi principali bri-tannici alle varie unità del II Corpo, da quelle maggiorialle minori. Il Servizio è dotato di forni da campo, mat-tatoi mobili, autocisterne.

Il Servizio di Sanità, cui spetta il controllo della salutedei militari e l’evacuazione di malati e feriti, opera constazioni mobili per lo smistamento dei feriti, unità chi-rurgiche campali, unità per trasfusioni, ambulanze cam-pali. In zona di operazioni, nei posti di medicazione avan-zati, vengono trattati i casi più lievi, mentre gli altri feritipassano al posto di medicazione principale e negli ospe-dali, situati nelle retrovie e nella Base (vedi più avanti).Negli ospedali svolgono un ruolo fondamentale le infer-miere del “Servizio Ausiliario Femminile”. Le donne sonoimpiegate anche nel Servizio Trasporti, nelle trasmissionie in altri servizi. La 316a e la 317a Compagnia Trasportisono formate esclusivamente da donne.

Nei servizi sono inseriti anche gli specialisti meccanicielettricisti, cui spetta il compito di riparare veicoli, armi eapparati per le trasmissioni. I Servizi logistici si occupanodella fornitura ai reparti di armi ed equipaggiamenti vari,per artiglieria, genio, trasmissioni, ecc. e di tutto ciò cheriguarda il vestiario. I materiali sono sistemati nei deposi-ti di Corpo d’Armata e vengono poi trasferiti dal ServizioTrasporti nei Parchi materiali logistici delle singole divi-

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sioni. Al Servizio logistico sono affidati anche i compiti diprovvedere ai bagni dei soldati e alla lavanderia.

I cappellani militari provvedono all’assistenza spiritua-le per i soldati cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei. LaSezione Benessere si occupa delle condizioni dei soldati eallestisce sale riunioni, spacci, spettacoli. Altri servizi sioccupano di: amministrazione, posta, pubbliche relazio-ni. Il Servizio Topografico provvede ai rilievi, alla ripro-duzione di mappe, alla loro distribuzione ai reparti. LeCorti Marziali, una nelle truppe di Corpo d’Armata e unaper ogni divisione, si occupano di giustizia militare. NellaBase, dove si concentrano le attività addestrative del IICorpo, sono presenti la 7a Divisione di riserva (comple-menti), la sezione stampa, tre ospedali da 600 letti ognu-no e uno da 200 letti,un convalescenziario. Nel corso del-l’avanzata verso nord, parte della struttura ospedalieraseguirà il II Corpo, mentre un ospedale principalerimarrà a Casamassima.

Nel mese di aprile del 1944, gli effettivi del II Corpoammontano a: 3156 ufficiali, 43971 tra sottufficiali etruppa, 110 ausiliarie per un totale di una forza di 47237.Nella Base sono presenti: 922 ufficiali, 5459 tra sottuffi-ciali e truppa, 1180 ausiliarie. Suddividendo il dato perspecialità e considerando la forza reale, senza i servizi, sinota che la fanteria dispone di 11309 addetti, mentrel’artiglieria ne conta 12854. Emerge così uno dei proble-mi fondamentali del II Corpo, cioè la relativamente scar-sa disponibilità di fanteria, che provoca difficoltà quandosi deve entrare nella fase di sfruttamento del successo. Atale situazione contribuisce anche l’alto grado di motoriz-zazione del II Corpo (5297 autocarri, 590 trattori di arti-glieria, 1908 mezzi speciali, 1292 autovetture, 129 ambu-lanze, 2528 motociclette, ecc. presenti già nel dicembredel 1943), che sottrae personale alle armi combattenti.

Il primo luglio del 1944, alla vigilia dei combattimentiper la conquista di Ancona, gli effettivi sono i seguenti:2872 ufficiali, 41343 tra sottufficiali e truppa, 207 ausi-

liarie, per una forza totale di 44422. Nella Base sono pre-senti: 1082 ufficiali, 8389 tra sottufficiali e truppa, 1292ausiliarie. E sarà proprio la Battaglia di Ancona a eviden-ziare i problemi di organico del II Corpo, tanto che dalmese di settembre del 1944 viene messo in atto un pianodi potenziamento dell’unità, sia in mezzi sia in uomini.

Il nuovo personale proviene dalla “prima linea”, cioè,dopo una selezione, dai polacchi di Pomerania, Slesia,Posnania incorporati nelle Forze Armate tedesche e fattiprigionieri dagli Alleati. Il progetto è approvato dalleautorità britanniche, in vista anche dell’offensiva dellaprimavera del 1945 contro i tedeschi, e porta all’inizio del1945 alla articolazione delle divisioni di fanteria su 3 bri-gate, in luogo delle 2 precedenti. La priorità viene dataproprio a questa trasformazione, in quanto i combatti-menti richiedono un contributo sempre crescente dellafanteria. Le nuove brigate, già operative da gennaio, par-tecipano all’ offensiva dell’ aprile 1945. Anche l’ artiglie-ria viene potenziata e sviluppata secondo i piani previsti:il 9° Reggimento viene dotato di pezzi da 155 mm e da7,2 pollici e diventa di artiglieria pesante (“pesantissima”nella terminologia polacca); si formano inoltre 2 nuovireggimenti di artiglieria media.

Per quanto riguarda la 2a Brigata corazzata, che ha talo-ra mostrato scarsa capacità di sfondamento, è prevista lasua incorporazione nella nuova 2a Divisione corazzata“Varsavia”, che dovrà anche comprendere la 16a Brigata diFanteria motorizzata “Pomerania”, il 2° Battaglionemotorizzato Commando e reparti di artiglieria. Della 2a

Divisione corazzata farà parte anche il Reggimento esplo-rante “Lancieri dei Carpazi”, in precedenza compresonelle truppe di Corpo d’ Armata. Ma questo complessopiano di ristrutturazione potrà essere pienamente attuatosolo nel giugno del 1945, a guerra terminata.

E’ inoltre programmata la costituzione della 14a Brigatacorazzata “Grande Polonia”, composta di 3 reggimenticorazzati. L’ addestramento si svolge in Egitto e la briga-

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ta rientra in Italia nel gennaio del 1945, ma la sua orga-nizzazione viene completata solo a guerra finita. Il poten-ziamento generale del II Corpo polacco riguarda anche ireparti esploranti, le trasmissioni e i servizi. Gli organicisalgono in totale a circa 110 mila soldati.

Da notare come i nomi dei reparti, sia prima sia dopola ristrutturazione, siano una ulteriore testimonianza deiforti legami con la Polonia e, in particolare, con le regio-ni orientali. La 3a Divisione “Fucilieri dei Carpazi” pren-de il nome dai monti Carpazi, attraverso cui molti solda-ti polacchi sono riusciti, nel 1939, a fuggire dalla Polonia.La 5a Divisione “Kresowa” richiama nel nome i reparti difrontiera (Kres=termine, limite) ed è costituita da moltisoldati originari delle zone di confine con l’ UnioneSovietica. Le sue 3 brigate sono intitolate alla regionedella Volinia e alle città di Leopoli (Lwów) e di Wilno,lituana ma nel Cinquecento unita alla Polonia. Un reggi-mento esplorante ricorda la regione della Podolia. Nella2a Brigata corazzata il 6° Reggimento è intitolato ai

“Bambini di Lwów” e rievoca la partecipazione anche deigiovani polacchi alla difesa della città, nel 1918, controgli ucraini, mentre il 1° Reggimento richiama alla memo-ria i combattimenti svoltisi nella località di Krechowce.

Il primo obiettivo della profonda ristrutturazione del IICorpo polacco è quello di conferire maggior efficacia alleforze alleate in vista dell’ offensiva finale della primaveradel 1945 contro i tedeschi. Ma è anche evidente il tenta-tivo del gen. Anders di formare i quadri di un futuro eser-cito polacco moderno, in quanto in grado di impiegaretruppe corazzate, fanteria motorizzata, artiglieria semo-vente e di disporre di servizi efficienti.

Nel momento in cui svanisce il sogno di ritornare inpatria, permane tuttavia la volontà di costituire un centrodi aggregazione dei cittadini polacchi dispersi, a causadella guerra, in tutta Europa per fornire loro - grazieanche a scuole e corsi professionale - un sostegno moralee materiale, oltre che le conoscenze e le esperienze utiliper fondare nuove comunità nei vari Paesi del mondo.

Distintivi del Comando e delle truppe di Corpo d’Armata delII Corpo polacco (sirena di Varsavia bianca su fondo rosso); della3a Divisione “Fucilieri dei Carpazi” (pino verde su fondo biancoe rosso); della 5a Divisione “Kresowa” (bisonte marrone scuro sufondo giallo chiaro); della 2a Brigata corazzata, poi 2a Divisionecorazzata (braccio armato e alato color argento su fondo cachi).

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Il documento “A Study of the possibilities of the defence of Italy” è conservato presso “The Polish Instituteand Sikorski Museum” - Londra (A. XI. 2/6).

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MUSEO DELLA LIBERAZIONE DI ANCONAVia dell’Arengo 11, OFFAGNA (Ancona)

(Scheda a cura di Mario Fratesi)

Il 24 aprile 2009 è stato inaugurato a Offagna(An) il Museo della Liberazione di Ancona.

La maggior parte dello spazio espositivo delmuseo è dedicato alle cento fotografie recuperate,dopo una paziente e meticolosa ricerca, presso imusei di guerra di Londra (The Polish Institute andSikorski Museum, Imperial War Museum).

Tali fotografie documentano tutte le fasi delle bat-taglie per la liberazione di Ancona nonché aspettilegati alla vita delle comunità locali ed alla perma-nenza nelle Marche dei soldati del II Corpo polacco.

E’ presente una collezione di armi e di equipag-giamenti militari che si riferiscono alla Campagnad’Italia della Seconda guerra mondiale: in gran parteprovengono dalle destinazioni effettuate dallaSoprintendenza per i beni storici delle Marche, e daaltre Soprintendenze, per interessamento del prof.Daniele Diotallevi; in parte provenienti dalla colle-zione privata del sig. Giuliano Evangelisti.

Una postazione mediatica consente di visionare leoltre 7.000 immagini riferite alle operazioni del IICorpo polacco nelle Marche, provenienti sempre daimusei londinesi. E’ stato anche ricostruito, con l’ausi-lio di effetti sonori, l’ambiente di un rifugio antiaereo;

luogo in cui gli anconetani erano costretti a rifugiarsinel corso dei bombardamenti a cui è stata sottopostala città dall’ottobre 1943 al giugno ’44.

Esiste inoltre il progetto di dotare il museo di unabiblioteca e di materiale documentativo sullaCampagna d’Italia e sulle conseguenze della guerrarispetto alla popolazione civile

L’allestimento del museo è stato curato dal sot-toindicato Comitato scientifico, mentre la gestionescientifica è stata affidata all’Istituto Regionale per laStoria del Movimento di Liberazione.

COMITATO SCIENTIFICO

Dott. Stefano BalzaniDott. Giuseppe CampanaProf. Daniele DiotalleviSig. Mario FratesiDott.ssa Beata JackiewiczDott. Sergio MolinelliProf. Wojciech NarebskiDott. Michael OlizarDott. Massimo PapiniProf. Henryk Swiebocki

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Informazioni - Comune di Offagna:Tel. 071.7107005 - Fax 071.7107380 - e-mail: [email protected]

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ORARI DI APERTURA

Dal 25/04 al 30/06 Sabato e Domenica 10-12,16,30-19,30Dal 01/07 al 15/09Tutti i giorni 10-12, 17-20

Dal 16/09 al 31/10 Sabato e Domenica 10-12,16.30-19.30 Dal 01/11 al 24/04 Chiuso: visitabile solo su preno-tazione

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Il 18 luglio 1944 i soldati del II Corpo d’Armatapolacco, al comando del generale W.Anders, entra-no ad Ancona. La città viene liberata dopo una bat-taglia, condotta in due fasi, che mostra notevolipunti di interesse e di originalità. Sono inoltre pre-senti alcuni aspetti di ordine simbolico che rivesto-no una fondamentale importanza e che indicano leMarche come uno dei primi luoghi in cui le ricosti-tuite Forze armate italiane, i partigiani, le istituzionilocali collaborano con gli alleati per compiere quel-la necessaria opera di ricostruzione morale che por-terà alla rinascita dell’Italia.

I soldati polacchi hanno il compito di conquistareil porto di Ancona, il cui possesso è indispensabileper rifornire le truppe alleate impegnate nell’offensi-va contro i tedeschi che segue allo sfondamentodella Linea Gustav e all’entrata degli americani aRoma. Per raggiungere l’obiettivo, il gen. Andersimposta dapprima una strategia flessibile che preve-de una manovra aggirante da condurre dalla zona diMacerata in direzione di Jesi. Tuttavia, nel caso chel’offensiva si dovesse esaurire, è prevista in subordi-ne la conquista delle posizioni dominanti diCastelfidardo, Osimo, Filottrano, Cingoli, ritenute

utili per continuare le operazioni con successo.Ed è quanto accade nelle prime due settimane del

luglio 1944. Il possesso di queste alture consente,nel periodo 17-19 luglio, l’effettiva conquista diAncona. L’operazione viene condotta a termine conuna manovra avvolgente che si sviluppa nell’entro-terra di Ancona, partendo da Osimo e procedendoin direzione di Polverigi, Agugliano, Falconara e lafoce del fiume Esino. Al tempo stesso viene impo-stata una manovra diversiva sulla fascia costiera asud di Ancona, volta a mascherare l’attacco princi-pale e a spingere i tedeschi verso nord. Lo scopofinale è quello di chiudere i tedeschi in una sacca,delimitata a sinistra dalle forze polacche e a destradal mare.

Nella manovra avvolgente c’è un massiccio impie-go di mezzi corazzati e di fanteria, mentre la mano-vra diversiva è affidata alla cavalleria. Nel suo com-plesso, l’operazione è molto ben impostata ed è pre-ceduta da una valutazione di tutti i fattori favorevo-li e contrari. In particolare, nella preparazione del-l’attacco a Monte della Crescia, la cui conquista è diestrema difficoltà ma al tempo stesso indispensabileper proseguire la manovra avvolgente, entrano in

Il contesto storico

ANCONA, LUGLIO 1944UNA BATTAGLIA PER LA LIBERTA’ DI POLACCHI E ITALIANI

(Scheda a cura di Giuseppe Campana)

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gioco le peculiari doti del comandante: esperienza,razionalità, prudenza unita al coraggio e alla capa-cità di affrontare incerte situazioni di rischio calco-lato. E quando si manifestano quegli imprevisti chesempre accompagnano le battaglie, il gen. Anderspuò intervenire con decisioni adeguate.

Anche se i tedeschi, con ridotte forze di fanteria eprivi di carri armati ma dotati di notevoli contin-genti di artiglieria, mostrano una tempestiva reatti-vità, il successo arride alla fine al II Corpo polacco.La conquista del porto di Ancona produce alcuneimportanti conseguenze. Già dopo alcuni giorni lenavi cariche di rifornimenti possono attraccare,mentre in tutta l’area di Ancona sorge una comples-sa rete di strutture logistiche, tra cui un gigantescodeposito carburanti nel territorio di Falconara.

Ma, soprattutto, è la stessa strategia alleata a subi-re un radicale cambiamento: ai primi di agosto 1944l’attacco principale alla Linea Gotica – la barrieradifensiva sistemata dai tedeschi tra sud di La Speziae Pesaro – viene spostato sulla fascia costiera adriati-ca. I polacchi dovranno proseguire l’azione contro itedeschi, spingendoli verso nord e logorandoli,mentre altre truppe britanniche e canadesi sarannoinviate verso l’Adriatico per unirsi ai polacchi.L’azione comune alleata contro la Linea Gotica verràavviata il 25 agosto 1944, alla presenza dello stessoPrimo ministro britannico W. Churchill.

Nella battaglia di Ancona il II Corpo polaccomostra tutta l’efficienza raggiunta in anni di adde-stramento. Ma c’è nei soldati polacchi anche unagrande forza morale. Essi avevano vissuto, nel set-tembre del 1939, il dramma della duplice invasionedella Polonia da parte della Germania nazista e poi

dell’Unione Sovietica. Molti di loro erano stati rin-chiusi nei campi di lavoro forzato sovietici e aveva-no subito privazioni di ogni genere. Un solo idealeunisce questi uomini: combattere i tedeschi sia perliberare l’Italia sia per potere ritornare in unaPolonia libera, indipendente e ricostituita nei suoiconfini.

La battaglia di Ancona è dunque una battagliaanche per la Polonia, volta a far conoscere la que-stione polacca e la condizione del II Corpo di arma-ta in esilio. Ma le aspettative dei polacchi sarannofrustrate proprio dagli alleati britannici e americaniche, privilegiando l’alleanza con i sovietici, permet-teranno a Stalin di incorporare nell’UnioneSovietica quelle regioni orientali della Polonia cheerano state occupate nel 1939 d’accordo con Hitler.

Si può tuttavia affermare con fondamento che ilsacrificio dei soldati polacchi ad Ancona – come aCassino nel maggio 1944 e a Bologna nell’aprile1945 -e la dignità con cui hanno in seguito affron-tato l’esilio costituiscono le premesse di quella lungalotta che nel 1989 ha portato la Polonia a diventareun Paese libero.

Nella battaglia di Ancona i polacchi non sono soli.Al loro fianco combattono gli italiani. Il Corpo ita-liano di liberazione, comandato dal gen. U. Utili,nella prima fase della battaglia ha il compito diprendere Filottrano e quindi, nella fase decisiva, diproteggere il fianco sinistro dei polacchi e di con-quistare Rustico e Santa Maria Nuova. Il CIL, purdisponendo di mezzi inadeguati, si comporta convalore e mostra che il nuovo esercito italiano stasuperando il trauma dell’otto settembre. Proprio inseguito ai risultati conseguiti dal CIL, potranno

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nascere nei mesi successivi quei Gruppi diCombattimento che daranno delle ottime prove, afianco degli alleati, nelle operazioni della primaveradel 1945 che porteranno alla sconfitta dei tedeschi.

Gli italiani fanno inoltre parte delle stesse forzearmate polacche. La 111a Compagnia ProtezionePonti è appunto formata da volontari italiani,inquadrati da ufficiali polacchi e impiegati comecommando. Con i Lancieri dei Carpazi sono tra iprimi, il 18 luglio 1944, ad entrare ad Ancona. Coni polacchi collabora poi la “Banda Patrioti dellaMaiella”, formata da partigiani abruzzesi e coman-data da E. Troilo. I partigiani di Ancona danno uncontributo rilevante alla vittoria finale combatten-do duramente, evitando la distruzione di ponti estrade minate dai tedeschi, fornendo ai polacchipreziose informazioni sul dislocamento dei tedeschie sulle strade da percorrere.

Una efficace collaborazione tra polacchi e italianisi instaura con rapidità. Dal 18 luglio, e d’accordocon i polacchi, sono gli stessi partigiani che, insieme

alle residue forze dell’ordine, presidiano la città. Ilcoordinamento è affidato a Carlo Albertini, coman-dante del 3° Corpo dei Vigili del fuoco che, con isuoi uomini, aveva svolto un ruolo fondamentalenell’opera di soccorso delle popolazioni della pro-vincia colpite dai bombardamenti angloamericanidell’ottobre-novembre 1943 e dei primi mesi del1944. Sia pure sotto tutela alleata si ricostituisce lapubblica amministrazione: il prof. FrancoPatrignani viene nominato sindaco mentre prefettodiventa l’avv. Oddo Marinelli.

Il 18 luglio 1944 non è dunque solo il giorno diun notevole successo strategico alleato, ma segnaanche la data simbolica del faticoso avvio dellademocrazia dopo la dittatura fascista e i tragici annidella guerra. E va sottolineato il fatto che alla lottaper la riconquista della libertà partecipano gli italia-ni, sia coloro che appartengono alle truppe regolarie sia i partigiani, che mostrano ad Ancona – comeaccadrà nei mesi successivi nel nord – la comunevolontà di combattere per il proprio Paese.

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17 - 19 luglio 1944:Battaglia principale diAncona (Seconda Battagliadi Ancona).

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Seconda Battaglia di Ancona, 17-19 luglio 1944: commando polacco in azione nella zona di Casenuove (Osimo).

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Cannone d’assalto tedesco StuG III distrutto dai carri armati del 6° Reggimento corazzato nella zona di S. Paterniano(Osimo).

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Il gen. Anders, comandante del II Corpo, e il gen. Sosnkowski, a destra, comandante in capo delle Forze Armate polac-che, fotografati durante le battaglie di Ancona.

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Il gen. Rakowski, comandante della 2a Brigata corazzata, è in prima linea su un carro armato nel corso dell’offensiva perla conquista di Ancona.

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La popolazione saluta i polacchi.

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La foto che è diventata il simbolo della liberazione di Ancona: i “Lancieri dei Carpazi” sfilano lungo corso VittorioEmanuele II (attuale corso Garibaldi).

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Giuseppe Campana

1943-1947IL II CORPO D’ARMATA POLACCO

IN ITALIA

REGIONE MARCHE

MUSEODELLA LIBERAZIONE

DI ANCONA

Quaderni del Museo della Liberazione di Ancona - N. 1

18 luglio 1944: liberazione di Ancona

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