(1928/2007) è

14
l.LJ I z l.LJ 12 <./) ;;;_- s => u dossier: ! l. Meditazione milanese (1928/2007) 2. La riparazione non è il restauro

Transcript of (1928/2007) è

l.LJ I ~ z ~ l.LJ

~

12 <./)

;;;_-s => u

~ dossier: ! l. Meditazione milanese (1928/2007) ~ 2. La riparazione non è il restauro

~NA H

• NUOVA SERIE SETIEMBRE 2007

Meditazione milanese, 1928

Marco Dezzi Bardeschi Carlo Emilio Gadda

Dossier: Meditazione milanese, 2007

2 6

Carlo Ginzburg, Salvatore Settis 1 O M. Castaldini, A. Gandini 13 Pierfrancesco Sacerdoti 14

F. Baldissin, F. Clemente 26

M. Carla Pazzola, Viola Servalli 38 M. Migliora, E. Penati, V. Rossetti 48 Giancarlo Borellini 58 ,. Storia e cultura della conseNazione

Marco Dezz:i Bardeschi Laura Gioeni

Storia e cultura del restauro

Teresa Ferreira

Dossier: la riparazione non è il restauro

Marco Dez:z:i Bardeschi

Cultura del progetto contemporaneo

Alessandro Castagnaro

ConseNore lo Modernità

Maria Conte

Didattica dello conseNozione

M. Castaldini, A. Gandini

Recensioni

Giuseppe Clerici Carlo Manfredi Marco Dezzi Bardeschi

70 ·74

78

96

110

128

142

158 162 165

Carlo Emilio Goddo: meditazione milanese tra permanenza e mutazione La materia e lo molteplicità, 1928

Ultim'oro: fermiamo i restauri! Cambiano lo nostro storia l. Lo Stecca degli Artigiani: ultimo otto?

Una proposta alternativo per conservare la Stecca: il progetto Porco possibile (2007}

2. Ancoro sull'Istituto Morchiondi: denuncio di un colpevole abbandono. Fino o quando?

3. Il Diurno di Porto Venezia: un riuso possibile 4. Lo Centrale de/lotte di Milano: demolito la palazzina per uffici!

A proposito della Centrale de/lotte: coso vincolare e perchè

Il valore discriminante dell'autenticità primo e dopo Naro Autenticità e materia

Sullo storia del Restauro in Portogallo: prowedimenti, protagonisti, interventi

La riparazione: conservazione e secondo vita degli oggetti in Africo

Organico/razionale: nuovi paesaggi per l'architettura mediterraneo 4 Progetti (De Giuli, Kamel, Gonzalez-Lopez, IAB 5)

L'opero di Gualtiero Galmanini ( 1909-1978) o Mantova

Un polo culturale per lo volorizzozione dello Valganna (VA)

Terrogni inedito L'atlante di Carlo Scarpa: "Xé beo, por un quadro!" john Soane, iperclassicista dandy

A PROPOSITO DELLA CENTRALE DEL LAnE: #

COSA VINCOLARE E PERCHE INTERVISTA A GIANCARLO BORELLINI, 4 LUGLIO 2007

L 'intervista all'architetto Bore/lini, responsabile del Servizio di tutelo dei Beni architettonici dello Direzione Regionale per i Beni Culturali e poesoggistici dello Lombardia, è o cura di Melissa Migliora, Eliso Penati, Valentino Rossetti. In corsivo le domande. L'accertamento del patrimonio immobiliare in appartenenza pubblica ha subìto una indubbia accelerazione a partire dal2000. Reso operativo il nuovo "Testo Unico" -gennaio-, con il successivo DPR 283- ottobre- si raggiunge in via definitiva la liberalizzazione alla vendita da parte dei Comuni (ed enti demaniali). Tutti i comuni avrebbero dovuto redigere un elenco con le loro proprietà immobiliari . Fu un fallimento totale: in Lombardia nei due anni concessi dal dispositivo normativa (da ottobre del 2000 a ottobre del 2002), su 1500 Comuni avevano risposto all'incirca il dieci percento, e di questo dieci percento solo una ventina aveva allegato una documentazione completa. Mancavano le relazioni storico-artistiche, tecnico-scientifiche e gran parte del materiale che comunque la legge i m poneva a corredo. La medesima legge riconosceva a Noi (Soprintendenza Regionale, oro Direzione Regionale) i successivi due anni per la verifica (oltre alla sospensione delle pratiche difettose). Ma il primo maggiodel2004, in anticipo pertanto sulla scadenza del DPR 283, viene emanata la nuova legge di tutela, il Decreto Legislativo 42 del 2004, "Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio", nella logica non solo di unificare e riordinare tutte le disposizioni che avevano a che fare con la protezione del patrimonio culturale (azione iniziata, come detto, a fine del 1999 e successivamente perfezionata) ma anche di rinnovarle. Il DPR 283 ne risulta totalmente assorbito; solo che ora i Comuni (e gli altri soggetti equiparati -si veda, per lo specifico, l'art. 12 -) non devono

più inoltrare un elenco-inventario compiuto (che, confesso, ci avrebbe messo un po' in difficoltà per la massiccia quantità del patrimonio pubblico esistente). Adesso si procede invece con il cosiddetto "accertamento di parte", nel senso che sono gli enti medesimi a inoltrare domanda affinché venga verificato il proprio patrimonio immobiliare, non attraverso, appunto, l'elenco ma attraverso la trasmissione di richieste per singoli immobili. Due sono i Regolamenti attuativi che ne spiegano il corretto svolgimento: il primo, Decreto dirigenziale interministeriale del 6 febbraio 2004 relativo agli Enti Pubblici (territoriali e non: Stato, Regione, Provincia, Comune, ASL, ecc.), il secondo del 25 gennaio 2005 (per gli istituti regolarmente riconosciuti, ad es. quelli religiosi, fondazioni , le onlus, ecc.). Entrambi indicano la procedura amministrativa e l'apporto scientifico indispensabili per una corretta redazione della richiesta volta alla valutazione di quel particolare immobile. L' innovazione epocale è che, con l'entrata in vigore del Codice, il Ministero ha istituito anche un attrezzato supporto digitale (tutte le informazioni nel sitodedicatowww.benitutelati. i t), che contiene i modelli per l'awio della richiesta di accertamento e, per garantirne il corretto sviluppo, è dotato di un attrezzato motore di ricerca (per l'istituendo banca dati) . Le procedure di accertamento (nei fatti finalizzate anch'esse alla redazione di elenchi­inventario dell'interesse storico-artistico, nei modi riqualificati dalle nuove tecnologie utilizzando il

58

l O. Qual è stato il vostro comportamento per quanto riguarda il caso della vecchia Fiera?

lnnanzitutto i nostri uffici sono intervenuti a seguito della trasformazione dell'azienda da società privata in fondazione (nuovo millennio). Si sono valutati solo i padiglioni con più di cinquant'anni, non potendo prendere in considerazione la Fiera nel suo insieme per i motivi già enunciati (tanto più col divieto dell'art. 12). Personalmente, ricordo che ero arrivato alla conclusione che se un interesse perdurava, fosse quello di testimonianza di microurbanistica. Ma anche qui- già detto-, la legge non consente di vincolare porzioni di territorio urbano come bene culturale indivisibile (rimando invece a quanto precedentemente espresso per lo specifico paesaggistico) . Alcuni padiglioni non sono stati ritenuti d'interesse, per svariati motivi. O perché ormai talmente trasformati da non permetterne più il riconoscimento, causa il progressivo attenuarsi del carattere identi tarie originale (penso al padiglione di Nervi, per intenderei quello ad emiciclo, che se fosse rimasto intatto, cioè conforme al progetto primitivo, probabilmente sarebbe stato notificato. Possedeva una bellissima copertura a shed a onda che illuminava, in origine, l'interno a doppia altezza. Ma a partire dagli anni Settanta, vi si interviene prima con un orizzontamento che annulla l' illuminazione naturale dal tetto; quindi con un avancorpo in aderenza fronte piazzale; più ulteriori addizioni sul retro che cancellano la sequenza di sporgenze e aiuole). O piuttosto perché sono/ erano architetture che per loro natura sono soggette a continua metamorfosi. Non a caso nella storia ultradecennale della Fiera- sono passati più d i 80 anni dalle prime esposizioni- i padiglioni espositivi hanno cambiato sede, dimensioni , stili , senza soluzione di continuità perché adeguati al parallelo

67

vivace d i nam ismo- d i evidente natura eco n o m i ca -dell'Azienda. La storica Fiera di Milano nutriva l'esigenza di espandersi, di far crescere fisicamente i propri padiglioni, bramava nuovi spazi, anno per anno, per il semplice motivo che era una macchina produttiva efficace (nel suo ruolo di vetrina commerciale principe). E noi sappiamo che l'economia milanese trainava da sola l'economia italiana, decretandone addirittura il successo (pensiamoal"boom economico"). Perché funzionava . E per questo, il sistema fieristico necessitava di trasformare continuamente i padiglioni, i quali, tuttavia, erano in realtà votati proprio a ciò. Un'esposizione fieristica, d i qualsiasi tipo, che mantiene gli stessi spazi è una fiera che non mi convince. È un'azienda che non è in grado di rispettare il ruolo che le spetta (e con essa pure il territorio di appartenenza). Comunque, per concludere, alla fine hanno ottenuto parere positivo le due Palazzine degli Orafi, l'ex Palazzo dello Sport dell'arch. Vietti Violi e la cancellata su piazza Domodossola del Mazzuccotelli.

l l. Ma non si poteva vincolare questo processo evolutivo?

Condividoilsignificatodelladomanda. Tuttavia, se la tipologia del padiglione espositivo è per sua natura in continua trasformazione, probabilmente non ha senso immobilizzarlo- come accadrebbe in caso di vincolo -, proprio perché verrebbe snaturata la sua vocazione (e la sua identità). Uno dei criteri che m i sforzo d i applicare è l'i ndividuazione dell'identità dell'edificio; dopo aver circoscritto la tipologia architettonica di appartenenza (per la produzione, residenziale, religiosa, etc). Ma la semplice appartenenza ad una classe tipologica non basta, secondo il mio modesto parere, a decretare un prowedimento di tutela.

12. Ma non sarebbe interessante mantenere i padiglioni come testimonianza del successo economico italiano?

Benissimo. Alloro andrebbe vincolata la nuova Fiera . Se voglio premiare il successo imprenditoriale della Fiera proteggiamo l'edificio di Massimiliano Fuksass proprio perché rappresenta il culmine della sua evoluzione intesa anche in termini socio/ economici. A Rho la Fiera ho aumentato la superficie e dimostrato di saper affrontare con positività il nuovo millennio. Questo ragionamento l'ho espresso anche alla DARC (competente istituzionale nel Ministero per l'architettura e l'arte contemporanea). In realtà, lo strumento che avrebbe potuto sostenere la vecchia Fiera è noto ed è fin troppo owio: il Piano Regolatore. Bisognerebbe semmai chiedere al Comune di Milano perché hanno scelto quel progetto (City Life). Il nostro ruolo è stato quello che ho cercato fin qui di spiegare, iniziando dall'episodio della trasformazione dell'Azienda in fondazione e dell'automatismo di vincolo per le proprietà immobiliari ultracinquantennali (il c.d. istituto giuridico del de iure). Sono comunque convinto che la stessa proposta, sottoposta a dieci direttori diversi, produrrebbe dieci responsi diversi: l' importante è che le risposte siano argomentate con motivazioni scientifiche e consequenziali. Se io impongo un vincolo architettonico devo usare i criteri propri previsti dalla legge, non argomentazion i paesaggistiche e tanto meno urbanistiche. La questione -come orma i è evidente-sta tutta nella discrezionalità. Quando si ha a che fare con la storia dell'arte non riesco a immaginare altri strumenti; costruire modelli matematici, seppur raffinati non aiuta; comparirà sempre un caso che non vi è incluso. Come ci si deve comportare, quindi? Con responsabilità e imparzialità (lo dice la Costituzione). Poi con tanto studio. La discrezional ità dei Soprintendenti potete interpretarla se ne comprenderete le strutture mentali.

Vi aiuteranno i documenti d 'archivio ("le modernità delle an tichità"), da Luca Beltrami, primo Soprintendente di Milano, ad oggi. La vostra domanda è una domanda realmente cruciale.

13. Possiamo consultore le valutazioni dei padiglioni dello Fiero?

Come ho spiegato prima, anche perquestoquesito la risposta è affermativa. Quando siete arrivate ero intento ad analizzare i fascicoli di diversi immobili , al fine di predisporne una prima istruttoria valutativa e mi appuntavo cosa proporre al Direttore. Forse il nostro mestiere di funzionari è bello proprio per questo, perché abbiamo questa discrezionalità, anche se foriera di responsabilità (ricordate il rischio che si possa trasformare in arbitrio?). Ma la nostra etica e la nostra intelligenza ci impediscono di cadere nell'arbitrio. Può capitare che qualcuno maldestramente adatti interessi estranei alla tutela. Il reato è penale per cui verrà giustamente pun ito dal magistrato come chi contribuisce a deturpare il paesaggio.

l . F. Fronceschini (o curo d1). Per lo so/vezzo dei beni culturali in Italia ... Roma , Colombo, 1967 - 3 voli. 2. F. N egri Arnold i, Il catalogo dei beni culturali e ambiento/i, Roma , N IS, 198 1. 3. L'istituzione dello Comm1ssione conservatrice dei monumenti d'orte e d'antichità per lo p rovincia d i Milano riporto lo do to, con Regio Decreto, del 22 febbraio 1877. G. Sovoré, Lo commissione milanese ( 1877-1890}, in: G. P. T recco n i (o curo di ). Del restauro in Lombardia ... , M ilano, G uerini , 1994 . 4. Lo testimonianza portato dal prof. Francesco Sisinni, già d irettore generale del M inistero Beni Culturali, oro docente universitario o Roma, al convegno milanese deii'ICOM OS e dello Fondazione Politecnico di M ilo no sulle problemotiche legate al restauro e olio conservazione ("Do l Restauro olio Conservazione. metodologie ed esperienze a confronto" -Milano, 14-15 giugno 2006) ricordo che lo legge Bottai del 1939 presumevo un regolamento (moi promulgato o causo delle vicende belliche - nel 1943 cadde il regime ·l che avrebbe imposto lo valutazione do porte delle Sapri n tendenze dei p ioni regolotori generai: che interessassero cose soggette o vincolo; egli ipotizzo altresì altre sinergie anche in merito o paesaggio e legge urbanistica.

68

Lo nuovo Fiero Rho-Pero di Fuksos {do· M. Fuksos, Lo nuovo fiero di Milano, Federico Motto Editore, Milano, 2005).

69

richiamato software appositamente predisposto dall'Amministrazione centrale) seguono ora questo iterprestabilito. Ma l'attuazioneèsemplice. Sottoscritto un "accordo bilaterale" con la "Direzione Regionale" competente per giurisdizione in merito all'entità massima di immobili da sottoporre via via a valutazione (cosiddetto Protocollo d'intesa), l'ente riceve la "password" che gli permette di accedere al sistema telematica del Ministero (il citato beni tutelati. i t). All 'interno troverò una scheda speditiva di catalogo (derivata per semplificazione da quelle ICCD), che prende nota in automatico delle date di arrivo e di scadenza (eventuali ritardi dell 'Amministrazione possonoessereoggettodi diffida , non più di silenzio­assenso). Preme al riguardo rievocare la proficua collaborazione tra Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia e Curia di Milano (in convergenza dell'entrata in vigore del 2o regolamento, quello del 25 gennaio 2005). Quest'ultima, per l'occasione, rappresentava l' insieme delle Curie Iom barde (owero, Regione Ecclesiastica Lombarda). Ritornando all'argomento, è necessario puntualizzare che il richiedente deve prowedere anche alla stampa e all'inoltro delle schede-richiesta a Noi e alle 2 Soprintendenze di settore (Beni Architettonici e Beni Archeologici). Ormai , a distanza di tre anni non si può che dare un giudizio positivo della iniziativa ministeriale. A perfezionamento di tutto il processo sovrasta, owiamente, la legge 24 l dell990 (cosiddetta "Legge sulla trasparenza") che ha imposto (al di là di non importa quale argomento purché in regime pubblico) che in qualsiasi fase del procedimento ci sia la possibilità , dal versante della parte interessata, di procedere in contraddittorio. Si è cioé imposto il principio esiziale della motivazione argomentata e della trasparenza negli atti degli Uffici pubblici- nel nostro caso ad esempio quando si istruisce una pratica di apposizione dell 'uso­vincolo -. L'attuabilità di contraddittorio concede

59

infatti l'opportunità all'altra parte di fare presente le proprie ragioni che comunque vanno sempre prese in considerazione. Quindi anche nella situazione indicata, nella quale si deve rispondere alla domanda -se mi è concessa una semplificazione - se un edificio è bello o brutto (se possiede o no elementi di interesse storico-artistico) . Il tutto entro il termine di 120 giorni (solo a ll'esordio, dal l o maggio 2004, per circa due anni è stato in vigore un decreto collegato alla finanziaria che imponeva il "silenzio­assenso"; c ioé, in caso di mancata risposta , quel bene dal 121 o giorno sarebbe stato automaticamente considerato privo di interesse; ma si trattò di una norma transitoria, e, comunque, qui in Lombardia non accadde) . Adesso, se non awisato entro i previsti 120 giorni, il cittadino può invece inviare un sol lecito con diffida. Questo vuoi dire che nei successivi 30 noi dobbiamo assolutamente rispondere. Il rischio è di farsi trascinare in tribunale; ma il giudice può condannare l'Amministrazione per negligenza. Ma mai sostituirsi al Ministero per una valutazione di merito. Riassumendo: prima di accedere al sistema telematica per la descrizione del bene, l'ente proprietario deve chiedere a noi l'au tor izzazione; questa viene ri lasciata , accompagnata da distinta password e- questione apparentemente spinosa- dal numero massimo di richieste al fine di regolamentarne i flussi (owiamente teniamo conto delle "dimensioni" del richiedente, in rapporto però con le nostre risorse umane e materia l i).

l . Lei conosce il caso della controversia fra il Comune di Magenta e la Soprintendenza di Milano? In quella circostanza, il Consiglio di Stato ha ritenuto le motivazioni vincolistiche della Soprintendenza infondate. Il Comune voleva intervenire con lavori di ristrutturazione per un immobile di sua proprietà al fine di realizzare un centro diurno per l'assistenza degli anziani, poi adibito a centro di aggregazione

giovanile. Nel corso dei lavori la Soprintendenza di Milano ha inviato, appunto, una nota (il5. 12.2000) nella quale veniva ricordato che l'immobile era da considerarsi a tutti gli effetti sottoposto alla disciplina dell'art. 5 del d.lgs. n. 490 del 1999 (cosiddetto "ope leg is ")e, successivamente, a fronte del persistente silenzio del Comune, un'ulteriore lettera (200 l), con la quale si ordinava l'immediata sospensione dei lavori. Citando la decisione del Consiglio di Stato che seguì (Sez. VI, 23/03/2007- C.c. l/ 12/ 200- Sentenza n. 1413), il collegio rileva che il Comune sicuramente non ha incluso il bene oggetto di controversia negli elenchi, ma rileva anche che le relazioni perita/i fatte svolgere dal Comune medesimo hanno escluso ogni interesse culturale in ordine alla villa acquisita e quindi, quand'anche avesse compilato l'elenco, non lo avrebbe incluso. Per contro la Soprintendenza non avrebbe aperto, o comunque concluso, alcun procedimento di verifica della sussistenza dell'interesse culturale, fidando evidentemente sulla "prassi della tutela" secondo cui il bene ultracinquantennale è di per se "potenzialmente e presuntivamente" vincolato.

Non sono stato messo al corrente di questo episodio. Nondimeno ho notizia di sentenze (a quel tempo soggette alla disciplina della l 089 del 1939) che non riconoscevano del tutto la presunzione legale di culturalità (parliamo sempre di beni pubblici). Con il "Codice Urbani" questa circostanza si è ulteriormente chiarita perché l'articolo 12 precisa che le cose immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che hanno più di cinquant'anni (e il cui autore sia deceduto) sono "automaticamente" sottopostealledisposizionidellaleggesinoaquando non sia stata portata a termine la verifica .Il pregiudizio di vincolo che si viene a configurare - che è bene

sottolineare, perdurava anche in quel periodo -risulta effettivamente risolto da un punto di vista giurisprudenziale nella misura in cui '1e cose immobili (indicate) sono sottoposte alle disposizioni della presente (norma) fino a quando non sia stata effettuata la verifica (di interesse)".

2. Però quello che non ci è chiaro è come funziona, in pratica, questa valutazione sull'interesse artistico del bene. Quali documenti vanno prodotti, chi si reca sul posto, quali coordinate teoriche utilizzare.

l coefficienti che usiamo, i particolari parametri di valutazione necessari a stabi li re - per utilizzare la semplificazione di prima- se l'edificio è bello o brutto, si possono ricavare dalla legge medesima. In particolare dall'articolo 29, che tratta delle misure d i conservazione. Per deduzione logica, la lettura integrata degli artt. l O e l l ci insegna, poi, che vanno considerati tre gradi di interesse: semplice, particolare, eccezionale (e, comunque, un interesse specifico su quel singolo bene deve essere in ogni caso rintracciato, altrimenti non possiamo agire. Diciamo così; che dobbiamo sempre operare una selezione).

3. Tralasciando il Codice, ci può dare altri esempi?

lo sostengo e continuerò sempre a sostenere che non deve esistere un manuale che spieghi cosa s'intende per bello e per brutto (e fortunatamente non è attualmente d isponibile), perché secondo il mio modestissimo parere, se mai dovesse essere dato alle stampe, esso sarebbe un disastro (o, semplicemente, già superato da nuove teorie). Storicamente, ritengo che ci siano dei precedenti illuminanti a sostegno di questa mia teoria: pensiamo al regime nazista, totalitario, e alla sua politica controi'"Artedegenerata".

60

Sotto quel sistema politico il criterio estetico era stabilito per legge e come tale, non concedeva alternative. Poi, a costo di sembrare qualunquista, mi vengono in mente i paesi del socialismo reale, che impedivano di fatto la libera espressione artistica a favore di uno stile prestabilito. Ripeto. Non ci sono criteri prefissati; la leggeasserisce(richiamo, in aggiunta ai precedenti articoli di legge, anche quelli della 24 l del 1990) che tutti gli atti pubblici debbano essere motivati e consequenziali. Ma già la carta

costituzionale, all'articolo97, invocava (e invoca) per il funzionario pubblico imparzialità e responsabilità. In un settore come il nostro che dovrebbe avere come riferimento disciplinare la storia dell'arte, l'architettura, la filosofia, l'estetica, sempre in continua evoluzione, non va neanche trascurata la natura mutevole del

gusto. Mi spiego. Prima di accusare sempre i nostri predecessori che negli anni Trenta e Quaranta o anche Cinquanta e Sessanta hanno autorizzato la demolizione delle chiese sussidiarie- parlo in astratto -; prima di colpevolizzarli, cerchiamo di calarci nel contesto culturale e socio-economico del loro tempo. E di interpretarne le strutture mentali. Scopriremo che nella dottrina crociana - semplifico, owiamente -prevaleva la netta opposizione fra ciò che era considerato "bello" ed il"brutto". Ed anche la tutela seguiva questo criterio: si vincolava solo l'eccellenza

(anche perché il paesaggio risultava di fatto già protetto - almeno fino alla fine della guerra -

dall'integrale destinazione agricola del territorio, allora vero motore dell'economia nazionale, ii"Primario").

La grossa rivoluzione culturale in Italia c'è stata con la Commissione Franceschini che negli anni Sessanta introduce la rinnovata definizione di bene culturale. Gli Atti di riferimento (l ) hanno depositato le basi per una nuova nozione (ancora attuale) di bene culturale, nozione che, ampliando le tradizionali categorie di

beni archeologici, beni architettonici, beni storico­artistici vedeva (e vede) allargati i propri confini a

61

molteplici altri settori disciplinari , estendendo l'interesse a tutto ciò che rappresentasse una testimonianza d'arte, storia, cultura, unitamenteallelorocontestualità e alle loro interrelazioni (2). Sono argomentazioni che ritrovavano (e ritrovano) le loro radici nella cosiddetta pratica della storia globale (accezione elaborata per la prima volta, alla fine degli anni Venti, dalla scuola francese delle" Annales" -e dall'omonima rivista storica- e ancora attualissime; scuola e rivista introdussero nello studio della storia una visione

interdisciplinare - meglio: infradisciplinare - aperta alle scienze economiche e sociali, utilizzando metodi quantitativi di ricerca - ad es. ricostruendo la vita quotidiana del passato-). Fino a quel momento le leggi di tutela parlavano di "cosa", peraltro declinata

per la sua radice latina. Ora è impossibile utilizzare la parola "cosa", ma non perché indichi povertà di vocabolario da parte di chi la usa. Il bene culturale ci permette invece di lavorare sulla memoria storica in quanto testimonianza. Testimonianza avente valore di civiltà (art. 2). Tutto questo per cercare di spiegare che il nostro ruolo di vigilanti sul patrimonio, che, come si sa, si imposta sullo strumento della discrezionalità, deve coniugare l'evidenza storico­

critica e quella giuridico-amministrativo. E non è facile, soprattutto per la lampante rigidezza di quest'ultima. Noi siamo come i magistrati; i magistrati

<;Jpplicano la legge, hanno discrezionalità assoluta. E chiaro che come tutti i pubblici ufficiali che lavorano beneficiando della discrezionalità, dobbiamo evitare che la discrezionalità diventi arbitrio. Se c'è arbitrio

è giusto che il nostro operato vengo denunciato, se c'è discrezionalità si ricade ne l già ci tato

comportamento del buon padre di famiglia, per cui dobbiamo sempre - ce lo reclama la legge -

motivare le nostre scelte. E ciò appare quasi un' owietà.

4. Allo luce di queste considerazioni, come vi comportate quando vi trovate di fronte od un edificio che richiede

un accertamento? Vi recate in prima persona sul posto, mandate tecnici specializzati o cosa?

Il Soprintendente per la Lombardia occidentale, con sede operativa a Mi lano, è l'arch. A lberto Artioli; per la Lombard ia orientale- province di Mantova, Cremona, Brescia - responsabile è l'arch. Luca Rinaldi , con uffici in quest'ultima città. Direttore Regionale (ufficio periferico del MiBAC a livello dirigenziale generale) è l'arch. Carla Di Francesco. E chiaro che, a ll'interno della strutturo piramidale tipica degl i uffici statali, qualsiasi capo d i un isti tuto operi con l'ausilio d i una squadra d i tecnici professionisti, i funzionari. In questa logica, la Direzione Regionale per i beni cul turali e paesaggistici dello Lombardia è suddivisa in settori che afferiscono, di fa tto, alle diverse tipolog ie di bene cultura le (beni archeologici, architettonici, storico artistici). A capo di ogni settorec'èowiamente un funzionario (archeologo, architetto, storico dell'arte, etc.) che opera coadiuvato da altri col leghi e/o collaboratori generici (questi ultim i per l'aspetto d iciamo così più operativo). Per quanto ri guarda la valutazione storico/ artistica di un immobile, il capo di istituto - nel nostro caso l'arch. Di Francesco - delega il funzionario preposto al settore- nella fattispecie il sottoscritto- a portare a termine la pratica di riferimento (diventando così co-responsabi le dell'istruttoria), il quale, una volta conclusa, si reca dal Direttore motivando le sue scelte. È owio che il Direttore considera innanz itutto se sono stati misurati correttamente tutti gli aspetti, se sono stati altrettanto correttamente utilizzati i coefficient i va lutativi anche in connessione a casi simili, e conseguentemente decide se approvare la pratica o restituirla per ulteriori approfondimenti. Più o meno la stessa d inamica si attua nel le Soprintendenze.

Ouesto all'interno della Direzione Regionale? Esattamente. Sto sempre ragionando in termini generali, per cercare d i far ca p i re come si applichi concretamente questa discrezionalità, che, è bene ripetere, nel nostro caso si colloca tra storia dell'arte, storia dell'architettura, attraverso tutti i suoi segmenti che comprendono anche il restauro. D'altronde Tafuri, dallo I.U.A.V. , dichiarava con perentorietà che il restauro appartiene alla storia dell'architettura (io mi sono laureato all 'interno del suo Dipartimento).! restauratori , per contro, non accettanC? di buon grado questa gerarchia. E non solo loro. E evidente che, a seconda della peculiarità della pratica e dell'inteNento, ci sono valutazioni che spettano per regolamento (mi riferisco al DPR 173 del 2004, organizzazione del Ministero) alla Soprintendenza di settore e valutazioni che spettano esclusivamente alla Direzione Regionale. Ad esempio, i progetti su beni vincolati competono alle Soprintendenze di settore (se immobili alla SBAP Mi), la valutazione dell'interesse storico artistico di un edificio pubblico spetta a noi, la pratica di una valutazione storico-artistica di un edificio privato nasce in seno alla Soprintendenza di settore che in seguito la inoltra a noi. La Direzione Regionale è unica responsabile per quello che concerne la proprietà pubblica (ed equiparata: art 12 del Codice) ed istruisce il fascicolo chiedendo contestualmente alle Soprintendenze di settore (Beni architettonici ed Beni archeologici) un proprio parere. Insomma. Ci sono varie combinazioni, come potete faci lmente intuire. Ma anche in queste situazioni, la valutazione storico/ artistica, sia essa esclusiva del singolo ufficio, sia essa condivisa con altri uffici, è una valutazione che non viene applicata secondo un manuale; semmai, secondo la consuetudine. Quella consuetudine ormai ultracentenaria che distingue le Soprintendenze, nate, dopo l'Unità d' Ital ia, col nome d i "Soprintendenze agli scavi", poi "Commissioni conseNatrici dei monumenti e delle opere d'arte" (3); nell889: "Commissariati regionali

62

per le antichità e belle arti", trasformati nel l 891 in "Uffici regionali per la conservazione dei monumenti". Non sono vere norme giuridiche; piuttosto siamo di fronte a "regole di esperienza", il cui profilo è in ogni caso assimilabi le. E spero seriamente chela procedura rimanga sempre così. Quando verrà pubblicato un manuale valutativo con tabelle, prospetti , formule algoritmi che che consentiranno di calcolare l'interesse in modo oggettivo sarà un giorno infausto, non solo per noi funzionari ma anche per tutta la collettività.

5. Quindi è sempre un funzionario che valuta?

Diciamo che il funzionario valuta per delega del Capo d'Istituto (ma l'ultima parola spetta solo a quest'ultimo. Gli esperti di diritto la chiamano "delega imperfetta"). Dipende anche dalla disponibilità dell'ufficio. Ora, in Lombardia, siamo decisamente sottodimensionati rispetto alle reali esigenze e anche il Soprintendente Artioli - che frequento sia per contiguità geografica oltre che per affinità elettiva -ha i nostri stessi problemi (forse peggio). So che per quanto riguarda la valutazione dei progetti i funzionari di quella Soprintendenza hanno di competenza una o più province (questo vuoi dire che un funzionario­architetto, da solo, deve seguire anche più di 160 comuni ! Se mi è concessa una replica polemica, sarei curioso di conoscere quanti comuni sorvegliano i funzionari di una Soprintendenza del centro-sud!). All'interno della provincia assegnata, loro stabiliscono se il progetto rispetta le categorie del restauro conservativo oppure no (il citato art. 29). Utilizzando parametri di base in realtà non molto distanti da quelli che usiamo noi della Direzione Regionale per la valutazione storico-artistica di un edificio. Anche per essi vale la riflessione manifestata prima. In fin dei conti stiamo parlando sempre della stessa disciplina. Ma la firma è sempre e solo quella del Capo d 'Istituto.

63

6. Nel caso in cui la verifica dell'interesse si conclude con esito negativo e viene abbattuto?

Significa che l'edificio è stato considerato privo d'interesse. Attenzione. Stiamo sempre parlando dell'interesse di legge (quindi, quella caratteristica decl inazione di in teresse semplice, particolare, eccezionale secondo il testo dei"Codice"). Non dell ' interesse che scatur irebbe (comunque e legittimamente) da ricerche storiche finalizzate a ~tudi di qualsivoglia natura. E di grande qualità, però, ribadire una volta per tutte che in Italia sono operativi altri vincoli, comunque affini, come, ad esempio, quelli del Piano Regolatore. Il Piano Regolatore produce per sua natura dei "vincoli" nella misura in cui per vincolo si deve intendere la speciale limitazione cui sono sottoposti, per effetto di legge, determinati beni, mobili e immobili, di proprietà pubblica o privata (che poi in Lombardia i Piani Regola tori siano tutti impostati alla luce della totale deregulation, questa è un'altra storia). La legge urbanistica italiana trova scaturigine proprio nelle prime norme ottocentesche d i esproprio.

7. Possiamo farLe un esempio concreto? Noi stavamo studiando la Centrale del Latte di Milano ...

L'altro giorno, mi ha fatto la stessa domanda uno del la Circoscrizione di zona. Se non ricordo male (è passato più di un anno) l'istruttoria ha avuto esito negativo.

8. Non ricorda chi ha fatto la valutazione?

Ovviamente, il settore della Direzione Regionale che coordino.

9. Possiamo fare una richiesta per visionare i documenti?

Ne avete facoltà. In d i rizzate la richiesta alla Direzione Regionale per accedere al nostro Archivio, e alla consultazione del fascicolo della Centrale. Credo d i non sbagliare se posiziono l'edificio nei pressi della Bocconi. Esatto. Hopresenteorachenediscutemmo, in ufficio, e che alla fine ritenemmo fosse una documentazione architettonica posseditrice di semplice interesse tipologico, pur riconoscendone l'appartenenza alla fenomenologia dell'archeologia industriale. Ma non di quell'interesse specifico ed identitaria che la norma di tutela pretende. Cercherò d i eh i ari rm i con un altro esempio. Anche se sbrigativo. Le baite, pur di epoca storica, pur assegnabili alla memoria dell'architettura rurale e della civiltà materiale, sono tutte uguali. La legge di tutela impone che, in qualsiasi modo, sia fatta una selezione. Non possono essere vincolate nel loro insieme (quasi fossero elementi singoli di una collezione-sul serio; mi è capitato anni fa a Livigno, quando ricoprivo la carica di ispettore della Valtellina. Ma per fortuna, lì, l'amministrazione comunale si dimostrò molto sensibile-). Altra ipotesi. Nei centri storici di impianto medioevale dove il paesaggio urbano è fissato in base al fitto reticolo di strade, strette e sinuose, utilizzando come quinta teatrale la cosiddetta architettura diffusa, di connessione (ad esempio, tra una chiesa e un palazzo si osseNano spesso tutte queste facciate non particolarmente ricche di elementi architettonici- perché in origine destinate per lo più a residenza popolare-, tuttavia identiche). Orbene, la legge di tutela non solo non prevede il vincolo dell'intero centro storico o di settori urbani (sto ragionando sempre in termini di tutela architettonica; altra cosa è la tutela paesaggistica che, va da sé, può toccare anche il "paesaggio urbano", ma - è cosa risaputa -, essa spetta a Regione e Comune), bensì espressamente richiede una selezione tra beni immobili che appartengano alla stessa categoria. Anche in questa circostanza

mi troverei privo di elementi tecnico \scientifici e, soprattutto, giuridico \amministrativi sufficienti a notificare una unità abitativa, perché consapevole che le case confinanti sono di fatto tali e quali. Quindi, se per noi questo edificio ha solo un interesse che potremmo contraddistinguere ti polog i co non vuoi dire però che sia privo di culturalità. Se da noi non è ritenuto di sufficiente interesse per la tutela, non vuoi dire- se mi è concesso il termine- che sia una" schifezza". Potrebbe (anzi dovrebbe) essere in ogni caso protetto magari con altri mezzi , quali per l'appunto il Piano Regolatore. Il PRG sarebbe, guarda caso, lo strumento adatto per vincolare gran parte di quanto non supera le nostre selezioni, proprio come l'esempio delle facciate poc'anzi proposto (i comuni lombardi intendono il Piano Regolatore solo come insieme di coefficienti numerici, come volumetrie per cui gli edifici si possono demolire e ricostruire; credo di non incorrere in errore se affermo che parte della responsabilità dello scempio del territorio si possa far ricadere su di loro, e sulla Regione titolare). Il parlamento italiano ha impiegato quasi venticinque anni per istituire le Regioni e trasferiNi le competenze previste (inclusa l'urbanistica): sarebbe interessante confrontare le norme legislative emanate in materia dalla Regione Lombardia- e le sue applicazioni -a partire dagli anni Settanta, con la pari attività istituzionale delle Soprintendenze negli anni precedenti (si sa che nelle more di applicazione dell'art. 117 della Costituzione, i piani regolatori erano validati da quest'ultime). Owero, da quando l'urbanistica è in mano alle Regioni , come si è evoluto il Piano Regolatore nei confronti della "memoria storica", tenendo conto che la città è "memoria storica", ma anche che il paesaggio, in Italia totalmente antropizzato, è un documento (e pertanto un " monumento")? Abbiamo già accennato all'altra congiuntura che vede transitare la

64

Il nuovo progetfo Fiero City/ife degli orchh. Hodid, /sozoki, liebeskind, Maggioro (do: www.msocerdoli.it).

65

paesaggistica dal Ministero alle Regioni (col DPR 616dell977). È troppo semplice rivolgersi sempre agli uffici del MiBAC, in quanto istituzioni che di norma si attivano ininterrottamente e con tempestività (quasi fossimo la Croce Rossa). lo personalmente mi rifiuto di proporre un vincolo solo perché lo strumento urbanistico manifesta tangibili carenze. Non sarei un bravo funzionario. Non si tratta di essere reticenti . Rispondere ad una precisa domanda, apparentemente ingenua (ma io mi ci riconosco del tutto) come la vostra: «che criteri usiamo per sapere se un edificio è bello o brutto» permette in realtà di affrontare la questione alla radice. Se già è stato detto della nobile consuetudine routinaria delle Soprintendenze ultracentenarie, preme semmai riflettere su questo conflitto tra "legge urbanistica" e "legge di tutela". In Italia "paesaggio e sviluppo urbanistico" e "tutela del patrimonio culturale", sono per ordinamento giudiziario "separati in casa" (i primi assegnati alle Regioni - e subdelegati ai comuni-, la seconda appunto allo Stato, attraverso gli uffici del MiBAC). E quella che, abitualmente, viene denominata pratica del doppio binario, che tiene tipi (simili) di normative separate e distinte con palesi svantaggi in efficienza, e con frequenti occasioni di sovrapposizione, interferenza, conflitti .... Nelle società più avanzate le norme di carattere urbanistico e paesaggistico tendono, invece, a essere unificate in strumenti legislativi organici (ma il ragionamento dovrebbe coinvolgere evidentemente il regime tutorio di tutti i beni culturali, come già risolto teoricamente dalla "Commissione Franceschini"). Per rispondere al vostro quesito vi potrei far vedere una vecchia missiva conservata in archivio. Già nei primissim i giorni del 1902 (l l gennaio) alcuni preoccupatissimi soprintendenti scrivono infatti , per il tramite della Direzione Generale Antichità e Belle Arti , a Sua Eccellenza il Ministro della Pubblica Istruzione. Oggetto

della missiva è la ConseNazione dei Monumenti. Il testo vuole sensibilizzare i vertici politici dell'immane minaccia che sta scendendo sui centri storici italiani (tra i firmatari riconosciamo D'Andrade, soprintendente di Torino, Berchet, d i rettore di Venezia, ecc.), riferendosi chiaramente al Ministero dei Lavori Pubblici, che già stava autorizzando sventramenti nelle città approfittando della circostanza che all'interno della Commissione tecnica non era prevista la presenza di alcun rappresentante delle belle arti. La lettura integrale del documento permetterà di capacitarsi della sua "modernità" (le "modernità" delle "antichità" di vercelloniana memoria). La legge Bottai del '39 per i beni culturali non fu mai corredata da un Regolamento attuativo, a causa delle vicende belliche (a differenza di quella coeva per il paesaggio). Mario Serio, raffinato studioso oltre che ex Direttore Generale, anni fa ne ha ritrovato la bozza. In questo documento si diceva ad es.­art. 32- che i progetti di Piani Regolatori che interessano cose soggette ai vincoli devono essere sottoposti all'esame delle Soprintendenze (4). Chissà. Se il Regolamento fosse stato promulgato, adesso, forse, non persisterebbe questo conflitto. Non voglio scaricare di responsabilità la Direzione Regionale (o la Soprintendenza), né apparire riluttante, ma non è facile spiegare quali siano i criteri per stabilire se un edificio è di interesse o meno. La legge, come accennato, richiede sempre un interesse (semplice se è di proprietà pubblica, particolare se di proprietà privata; oltre a quelli eccezionali). Se la legge prevedesse invece che tutto ciò che ha più di cinquant'anni è automaticamente vincolato, anche ciò che è "brutto", e di volta in volta, il Ministero dei Beni Culturali , stabilisse cosa declassare ma la normativa vigente non è così.

66