Scheler, Max (1874-1928)

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1 Scheler, Max (1874-1928) scheda informativa Fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/max-scheler/ Scheler šéelër›, Max. - Filosofo (Monaco di Baviera 1874 - Francoforte sul Meno 1928). Professore nelle univ. di Jena, di Monaco, di Colonia e di Francoforte. Dopo un saggio ispirato ancora alle prospettive del suo maestro R. Eucken ( Die transzendentale und die psychologische Methode, 1900), S. si avvicinò alla fenomenologia husserliana, sviluppandola anzitutto in direzione dell'etica con una serie di scritti tra cui il più celebre e importante è Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik (1916). Il metodo fenomenologico consente infatti, secondo S., d'individuare degli oggetti completamente inaccessibili all'intelletto e disposti tra loro in un ordine eterno e gerarchico: i valori. L'accertamento del loro ordine, mediante un'intuizione "sentimentale", porta alla scoperta di leggi altrettanto precise ed evidenti di quelle della logica e della matematica e tali da rendere possibile la fondazione dei fenomeni morali, in contrasto con l'etica puramente formale di Kant. I valori devono poi essere accuratamente distinti nei loro diversi piani (o modalità), che vanno da quello dei valori connessi alla sensibilità (come il gradevole e lo sgradevole), a quelli vitali (come il benessere, il malessere, la salute, ecc.), a quelli spirituali (il bello, il giusto, il vero, i valori culturali in generale) e infine a quelli religiosi (il sacro).

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Scheler, Max (1874-1928)

scheda informativa

Fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/max-scheler/

Scheler ‹šéelër›, Max. - Filosofo (Monaco di Baviera 1874 - Francoforte sul

Meno 1928). Professore nelle univ. di Jena, di Monaco, di Colonia e di Francoforte.

Dopo un saggio ispirato ancora alle prospettive del suo maestro R. Eucken (Die

transzendentale und die psychologische Methode, 1900), S. si avvicinò alla

fenomenologia husserliana, sviluppandola anzitutto in direzione dell'etica con una serie

di scritti tra cui il più celebre e importante è Der Formalismus in der Ethik und die

materiale Wertethik (1916). Il metodo fenomenologico consente infatti, secondo S.,

d'individuare degli oggetti completamente inaccessibili all'intelletto e disposti tra loro

in un ordine eterno e gerarchico: i valori. L'accertamento del loro ordine, mediante

un'intuizione "sentimentale", porta alla scoperta di leggi altrettanto precise ed evidenti

di quelle della logica e della matematica e tali da rendere possibile la fondazione dei

fenomeni morali, in contrasto con l'etica puramente formale di Kant. I valori devono

poi essere accuratamente distinti nei loro diversi piani (o modalità), che vanno da

quello dei valori connessi alla sensibilità (come il gradevole e lo sgradevole), a quelli

vitali (come il benessere, il malessere, la salute, ecc.), a quelli spirituali (il bello, il

giusto, il vero, i valori culturali in generale) e infine a quelli religiosi (il sacro).

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All'approfondimento di quest'ultimo tipo di valori tende la filosofia della religione,

sviluppata soprattutto in Vom Ewigen im Menschen [L’eterno nell’uomo] (1921), dove

S. si avvicinò al cattolicesimo mettendo al centro della sua filosofia la concezione

dell'amore come rapporto essenziale della persona umana con il Dio-persona. Su questa

centralità della persona e dell'amore è pure fondata la sociologia di S., trattata

soprattutto nel volume Die Wissensformen und die Gesellschaft [Le forme del sapere e

la società] (1926) e rivolta a una critica serrata della civiltà moderna, accusata di aver

rovesciato in modo utilitaristico e pragmatistico quei valori di corresponsabilità e

solidarietà sui quali soltanto si può sviluppare una "comunità personale" autentica.

Negli ultimi anni della sua vita S. lavorò alla costruzione di un'antropologia filosofica,

di cui pubblicò i primi risultati nel volume Die Stellung des Menschen im Kosmos [La

posizione dell’uomo (= della persona umana) nel Cosmo] (1928) e che rimase interrotta

per la sua morte. In quest'ultima fase del suo pensiero S. si allontanò dalla concezione

cristiana di Dio come pura trascendenza, attribuendo anche alla divinità quella dualità

e quell'opposizione tra lo spirito, come razionalità, e l'istinto, come impulso, che sono

costitutive dell'uomo, e considerando la storia come sviluppo del loro conflitto in vista

della piena realizzazione del divino attraverso l'uomo e nell'uomo. Tra le altre opere di

S. vanno ricordate: Vom Umsturz der Werte (1915), Wesen und Formen der

Sympathie (1923), Schriften zur Soziologie und Weltanschauungslehre (1923-

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Leggeremo passi dalle seguenti opere

1. Recensione a Uexküll (1914), Bausteine einer biologischen Weltanschauung

2. L’idea dell’uomo [Zur Idee des Menschens] (1913), in Scheler, La posizione dell’uomo nel

cosmo, a c. di M. T. Pansera, Roma, Armando 2006.

3. La posizione dell’uomo nel cosmo [Die Stellung des Menschens im Kosmos] (1928) in

Scheler, La posizione dell’uomo nel cosmo, a c. di M. T. Pansera, Roma, Armando 2006.

Una nuova ed. ital. della Stellung è stata data da Guido Cusinato nel 2000 (Angeli editore).

Secondo Cusinato “l’attuale edizione in lingua tedesca, accolta anche nei Gesammelte Werke, è

in realtà il frutto di un rimaneggiamento della moglie di Scheler, effettuato nel 1948, che non

trova riscontro nel Nachlass di Scheler”, ed occorre pertanto rifarsi al testo originale del 1928,

che presenta parecchie differenze rispetto al testo “tràdito”. Una introduzione generale al pensiero

di S. nel citato volume a cura di Pansera. Una presentazione critica delle tematiche inerenti

Scheler è offerta da Cusinato in numerosi saggi, e in forma molto accessibile in una conferenza

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tenuta a Napoli, presso l’Istituto Italiano per gli Studi filosofici nel 2018. La potete ascoltare al

seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=JwmU58knDs0

TESTO n. 1

A proposito di Uexküll (da un articolo del 1914, tratto da “Die weissen Blaetter”, numero di

marzo, pp. 19-21. Si tratta di una recensione a J. v. U. Bausteine einer biologischen

Weltanschauung “Fondamenti di una concezione biologica del mondo”, trad. S. GENSINI, con

tagli)

<<Uno dei problemi centrali del presente è dare alla biologia un fondamento filosofico, grazie al

quale essa divenga consapevole della sua unità e autonomia rispetto alla scienza della natura

inorganica e alla psicologia. Si tratta di un compito che in ultima analisi può essere raggiunto solo

attraverso la collaborazione di biologia e filosofia. Assieme a Roux, Driesch e Bergson, nessuno

sembra più vocato interiormente e più competente del Barone von Uexküll, per via del suo sapere

molteplice unito alle sue proprie ricerche circa la meccanica dell’evoluzione. [In Germania si

assiste a una reazione al darwinismo, alla luce degli studi genetici di Mendel, e Uexküll si colloca

in essa, fino a essere “storicamente ingiusto nei confronti di Darwin”]. Fra i risultati positivi di

Uexküll desidero mettere evidenza – sia pure in modo cursorio – i seguenti, come particolarmente

degni di considerazione: (1) la sua ben compiuta lotta contro la “visione notturna” meccanicistico-

materialistica, che vuole venderci un mondo astratto, costruito dalla fisica, fatto di pezzetti mobili

come fosse la realtà “vera e propria” – come se ogni passo della uniforme sensibilità al gusto di

uno dei più semplici animali allontanasse la vita dall’universo, anziché portagliela più vicino.

Obiettivamente, questa battaglia in Uexküll non è a sufficienza fondata da un punto di vista

filosofico. Occorrerebbe a tal fine mostrare in modo esatto l’origine i limiti della riduzione

meccanica delle qualità; (2) la più popolare differenza che Uexküll – in modo tuttavia

estremamente calzante – propone (ad es. nel suo recente libro Umwelt und Innenwelt der Tiere

[1909]) fra la “Umwelt” obiettivamente operante [cioè l’ambiente esterno] e il “mondo

percettivo” [Merkwelt] che si dà all’animale stesso, che non coincide in nessun mondo con le

sensazioni soggettive, spirituali degli animali. Questi “mondi percettivi” possono essere indagati

senza alcun tipo di malcerta “Psicologia animale”. Ad esempio, la stella marina, nemica del

pettine di mare, è per quest’ultimo (che la vede attraverso i suoi cento occhi) solo “qualcosa di

una certa grandezza e movimento” e oltre a ciò un qualcosa che ha un certo odore che di per sé

non si distingue da tutti gli altri possibili effetti chimici. Per noi [umani] la stella marina è qualcosa

che ha una certa forma, un certo colore ecc. ma senza caratteristiche olfattive. Nel disegnare questi

mondi percettivi, che corrispondono esattamente al sistema delle azioni dell’animale, Uexküll

mostra un particolare talento, di tipo artistico. Negli studi sull’adattamento vi è sempre questo

“mondo percettivo” dell’animale, grazie al quale l’animale distingue solo ciò che gli è proprio

dall’insieme dell’universo, trasformandolo nella sua Umwelt, ma esso non va messo alla base del

nostro speciale “intorno” [Umgebung] umano: come viceversa facevano Darwin e Spencer, i quali

con ciò ipostatizzavano solo l’ “intorno” dell’essere umano e lo facevano erroneamente coincidere

col Mondo [Welt] in sé. Come si allarga la Natura, tramite questa idea, e come cresce la sua

interna ricchezza! E come si rivela filistea, strettamente antropomorfica, la visione della Natura

di Darwin e Spencer, che pure combattevano così accesamente l’ “antropomorfismo”! Anche qui

non è tutto preciso in termini filosofici, ma la direzione in cui Uexküll si muove è essenzialmente

giusta. (3) […] Uexküll racconta la storiella di una tinozza il cui senso (…) chiarisce il conflitto

fra meccanicismo e vitalismo nella biologia. Una contadinella bavarese chiede: “Ma papà dove

ha messo ieri la tinozza?”. Lo ha portato nel profondo del bosco - dice il fratellino – e sta appeso

ai rami di un albero, come la mela nel nostro giardino. D’altra parte, una piccola cameriera

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berlinese racconta alla padrona come diamine siano fatte le tinozze. Ma, le chiede, allora come si

fa il legno? E la padrona: lo prendono dagli alberi che stanno nel Tiergarten [un parco pubblico

di Berlino]. Ma allora, come si fa a fare gli alberi? Mah, dice la ragazzina, in qualche modo li

avranno fatti. Ecco dunque due mondi. In uno ci si spiega ciò che è già fatto per analogia con ciò

che è divenuto. Nell’altro mondo, lo spirito ha la tendenza opposta. Nel mondo in cui tutto “si

origina” e “cresce” si collocano le persone che, comicamente, credono che tutto in qualche modo

sia stato “fatto”. Esse restano cieche all’ “essenziale e alla grande, mirabile coerenza dell’insieme

in divenire”. Nell’altro mondo si trovano quegli stupidi sognatori che non vogliono lavorare e che

non hanno alcun senso del “Futuro”. La meccanica e il darwinismo sono immagini della vita,

immagini che le persone hanno “ben dovuto fare”, che vivono nel mondo del “fare”. Essi volgono

categorie dell’intelletto (che si sono raffigurate nella dominazione artistica del morto mondo, in

lavoro e fabbricazione) in un qualcosa dinanzi alla cui proprietà queste debbono frantumarsi: la

vita. Anche nella natura vivente immettono il “futuro”. Uexküll per spirito, carattere e origine

appartiene interamente al mondo dove tutto nasce e cresce. Questo può spesso un poco limitare

la sua obiettività. Ma al tempo stesso mette in piena luce la non minore “soggettività” delle

dominanti scuole meccaniciste, i cui rappresentanti si ritengono “obiettivi” sono perché fanno

parte della maggioranza>>.

Testo n. 2

Nel Saggio L’idea dell’uomo Scheler spiega che le moderne teorie biologiche e filosofiche, e in

particolar modo il positivismo, hanno smarrito la domanda filosofica centrale, che accompagna

la storia del pensiero fin dall’antichità: quella intorno all’essenza dell’umano. (Si ricordi che in

tedesco Menschen è termine neutro, che indica non il maschio o la femmina, ma la persona umana

in generale).

In particolare, egli critica l’immagine dell’homo faber che ha sostituito quella greca e tradizionale

dell’homo sapiens, in quanto l’idea che l’individuo umano si realizzi attraverso il lavoro, la

“fabbrilità” è gravemente difettosa: costruire strumenti, per quanto raffinati, è solo un modo di

vincere le proprie deficienze, non esprime ancora quel principio di unità spirituale, di finalità

indipendente da mero strumentalismo, che contraddistingue la mente umana da ogni possibile

animale, per quanto evoluto.

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Leggiamo la parte del saggio che riguarda in modo particolare il problema linguistico. Citiamo

dal volume a c. di M. T. Pansera prima ricordato.

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“Ora Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente (phronimotaton) degli animali grazie

all’aver mani; è invece ragionevole (eulogon) dire che ha ottenuto le mani perché è il più

intelligente. Le mani sono infatti uno strumento (organon) e la natura, come farebbe un uomo

intelligente (phronimos) attribuisce sempre ciascuno di essi a chi può servirsene” (trad. Vegetti

con una modifica).

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Cfr. W. v. Humboldt, “Sullo studio comparato del linguaggio” (1820), in Id., Scritti sul

linguaggio, a cura di A. Carrano, Napoli, Guida 1989, p. 125.

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H. op. cit. ed. cit., p. 119

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H., op. cit., ed. cit., pp. 124-25.

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Testo n . 3

Da La posizione dell’uomo nel Cosmo (1928)

Tr. di M. T. Pansera

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Modificazione intuitiva = anschauliche Umstellung

Impulsi tendenziali = Triebimpulse

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Differenza di essenza = Wesen-unterschied

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Regione = Vernunft

Pensiero ideativo = Ideen-denken

Intuizione = Anschauung

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Spirito = Geist

Aperto al mondo = weltoffen

“Lo spirito è dunque Sachligkeit, determinabilità attraverso l’esser così e così (So-sein) delle

cose stesse”

Rovesciamento = Umkehrung

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Quiddità è l’essere “così e così” delle cose (So-sein)

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“non è in grado di trasformare in oggetto (Gegenstand) codesto ambiente”

in modo

Ciò che è tradotto “unione” è piuttosto “raccolta” (Sammlung), e l’atto umano è pertanto un

“Sichsammeln”, un “raccogliersi”.

Autocoscienza = Selbstbewußst-sein

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Trieb “impulso”

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UNA CURIOSITà, PER CHI SIA CURIOSO: SCHELER CONCLUDE CON LA CITAZIONE:

“Der Mensch ist das Tier, das Versprechen kann”

In realtà N. scrive “un animale cui sia consentito (darf, NON kann) fare promesse

La citazione di Nietzsche è tratta dalla Genealogia della morale, saggio 2ndo, cap. 1, dove

leggiamo:

(….)

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